COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE E ADERENZA TERAPEUTICA NELL’INFEZIONE DA HIV: UN APPROCCIO PSICOSOCIALE Fabrizio Starace, Francesco Embrione, Maria Luigia Fusco Servizio Psichiatria di Consultazione ed Epidemiologia Comportamentale A. O. "D. Cotugno" - Napoli Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Fabrizio Starace Servizio Psichiatria di Consultazione ed Epidemiologia Comportamentale A.O. "D. Cotugno" Via G. Quagliariello, 54 80131 Napoli T. 081 5908202 F. 081 5908430 Email: [email protected] Riassunto. Il tema dell’aderenza terapeutica riveste un interesse centrale nella ricerca sull’educazione e la promozione della salute nelle persone con infezione da HIV: ottenere l’adesione dei pazienti ai trattamenti antiretrovirali rappresenta, a tutt’oggi, l’unico modo per preservare o migliorare il loro livello di qualità della vita. Il modello biopsicosociale di malattia offre una cornice concettuale di riferimento entro cui gli aspetti biologici, psicologici e sociali assumono la medesima importanza nell’interpretazione dei comportamenti di aderenza ai protocolli di trattamento. In questo articolo, vengono passate in rassegna critica le principali teorie su cui si fonda il modello biopsicosociale con particolare riferimento ai fattori individuali, sociali e ambientali che influiscono sui comportamenti di aderenza. È stato quindi enfatizzato il tema della comunicazione medico-paziente, considerata il luogo privilegiato della negoziazione che esita nella scelta dei comportamenti volti a mantenere livelli ottimali di aderenza. In questo contesto, un fallimento nella trasmissione o nel ricordo delle informazioni da parte del paziente può gravemente inficiare la possibilità di mettere in atto comportamenti che preservino il loro stato di salute. Vengono infine fornite indicazioni per l’implementazione di un modello operativo in grado di migliorare la comunicazione tra medico e paziente e, di conseguenza, l’aderenza terapeutica. Parole chiave: aderenza, HAART, modello biopsicosociale, comunicazione medico paziente. Summary. The issue of medication adherence has gained an increasing interest in the field of health about education and promotion for persons living with HIV infection: achieving patients’ adherence to antiretroviral regimens is the way to preserve and to improve, their quality of life. The biopsychosocial model offers a theoretical a framework where biological, psychological and social factors have equal importance in the interpretation ofadherence behaviours. In this paper, a critical review of the most important theories concurring to the biopsychosocial model is carried out, with particular attention to individual, social and environmental factors influencing adherence behaviour. Moreover, the issue of doctorpatient communication is explored. As a matter of fact, this is the context where an ineffective transmission of information or a recall difficulty may seriously compromise patient’s chances to opt for healthy behaviours. Finally, recommendations are made to implement an operational model likely to improve doctor-patient communication and, consequently, to promote medication adherence. Key words: communication. adherence, HAART, biopsychosocial model, doctor-patient INTRODUZIONE La modificazione dei comportamenti e delle condizioni che aumentano il rischio di non aderenza alle terapie antiretrovirali è, allo stato attuale, una delle maggiori sfide che la sanità pubblica deve raccogliere nella lotta contro l'AIDS. La mancata aderenza ai trattamenti prescritti, infatti, è la più frequente causa di fallimento terapeutico ed accresce significativamente il rischio di progressione della malattia1. La condivisione e l’aderenza al regime terapeutico sono ad oggi le modalità che offrono le maggiori probabilità di fronteggiare in maniera adeguata i vari stadi della malattia e, conseguentemente, raggiungere e mantenere livelli di qualità di vita accettabili. È stato ampiamente documentato, tuttavia, che per agire un comportamento aderente non è sufficiente avere informazioni su i rischi e i benefici di quel comportamento2. Il comportamento di aderenza è fortemente influenzato, infatti, da fattori di natura psicologica, sociale, culturale e ambientale che incidono contemporaneamente e inevitabilmente sulla scelta del paziente. Tale scelta, inoltre, risulta gravemente inficiata se il paziente non ha a disposizione la totalità delle informazioni o le percepisce informazioni in maniera distorta. È fondamentale, quindi, che esista un efficace processo di comunicazione medico-paziente (MP) in grado di porre il paziente in condizioni di operare una scelta sulla base di una corretta acquisizione e gestione delle informazioni. In questo articolo: 1) saranno passati in rassegna critica le principali teorie sociopsicologiche che caratterizzano gli interventi volti alla promozione di comportamenti sani; 2) verranno analizzati gli aspetti del processo di comunicazione M-P che risultano determinanti nella scelta di un paziente di aderire o meno al trattamento prescritto; 3) sarà delineato un modello di intervento che tenga conto delle variabili di natura psicologica, sociale, culturale e ambientale che influiscono sul comportamento di aderenza. TEORIE E MODELLI SOCIOPSICOLOGICI PER LA PREVENZIONE E LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEL CONTESTO DELL’INFEZIONE DA HIV Tra i modelli per la promozione della salute nel contesto dell’infezione da HIV possono essere distinti quelli che si concentrano sui fattori psicologici individuali, quelli che sottolineano l’importanza dei fattori sociali e quelli che, infine, danno maggiore enfasi ai fattori strutturali e ambientali nell’influenzare la scelta del paziente di agire o meno un comportamento aderente3. TEORIE BASATE SUI PROCESSI PSICOLOGICI INDIVIDUALI I comportamenti di non aderenza vengono compresi nell’ambito di costrutti teorici centrati sulle caratteristiche cognitivo-attitudinali ed affettivo-motivazionali che orientano un individuo all’assunzione ed al mantenimento di comportamenti a rischio. Tali teorie non considerano l’interazione dei fattori sociali, culturali ed ambientali quali variabili indipendenti dai fattori individuali. Alcuni dei più importanti modelli teorici appartenenti a tale categoria sono l’Health Belief Model (HMB), il modello dell’azione ragionata, la teoria sociocognitiva, il modello del comportamento pianificato e il modello Information-Motivation-Behavioral Skills (IMB). L’Health Belief Model Sviluppato negli anni ’50 da Rosenstock, l’HBM postula che il comportamento sia una funzione delle caratteristiche sociodemografiche, delle conoscenze e delle attitudini di un individuo4. Tale modello è stato utilizzato per predire le risposte individuali dei pazienti ai programmi di prevenzione ed operare un adattamento di questi programmi alle attitudini dei pazienti5. Applicato all’analisi dei comportamenti di aderenza terapeutica, l’HBM evidenzia come fattori che influiscono sulla scelta o l’evitamento di un comportamento aderente: la suscettibilità individuale percepita verso una malattia (per esempio: la probabilità di contrarre infezioni opportunistiche), la percezione del paziente della gravità della propria malattia, la percezione dei benefici derivanti dal comportamento preventivo, gli ostacoli che impediscono al paziente di entrare in azione. Alla luce di queste considerazioni, il paziente metterà in atto un comportamento aderente nel momento in cui riterrà che i benefici ottenibili siano superiori ai rischi e quando, allo stesso tempo, percepirà che il comportamento richiesto non è troppo faticoso o complicato da mettere in atto, o quando percepirà la gravità della sua malattia. Il modello dell’azione ragionata Sviluppata negli anni ’60 e estesa e completata con il modello del comportamento pianificato6, la teoria dell’azione ragionata7 sostiene che il comportamento di un soggetto dipende dalla sua predisposizione verso un comportamento, dalle sue convinzioni, dalle norme soggettive (la considerazione delle aspettative altrui rispetto al proprio comportamento), dalle sue intenzioni comportamentali (la decisione di impegnarsi in un determinato comportamento), dalla percezione di poter esercitare un controllo su quel comportamento. Simile in molti aspetti all’HBM, il modello del comportamento pianificato assume che gli esseri umani sono generalmente razionali e fanno uso delle informazioni disponibili in un determinato contesto prima di decidere se agire o meno un dato comportamento. La teoria sociocognitiva (SCT) La teoria sociocognitiva (presentata in questa sezione per comodità di esposizione, ma che per contenuti si colloca a cavallo tra le teorie psicologiche individuali e quelle sociali) discende direttamente della teoria dell’apprendimento sociale. Quest’ultima sostiene che il comportamento e la personalità si strutturano tramite la socializzazione (processo attraverso il quale vengono insegnate le regole sociali) e l'imitazione (riproduzione di comportamenti appresi tramite il rinforzo di modelli significativi). Un decisivo contributo alla nascita della teoria sociocognitiva è stato apportato da A. Bandura, il quale ha iniziato a considerare il comportamento umano come il frutto di una mediazione esistente tra determinanti cognitive individuali e determinanti ambientali8,9. Due sono i concetti introdotti da Bandura che evidenziano il ruolo determinante dei fattori cognitivi nella messa in atto di comportamenti specifici: • L’imitazione. Il comportamento può essere imitato non solo tramite il rinforzo ma anche attraverso una semplice osservazione del modello10. Perché un modello possa esercitare un’influenza diretta sull’osservatore, un comportamento deve essere considerato auspicabile (deve cioè possedere una valenza affettiva), non deve apparire troppo complesso, deve essere proposto più volte (prevalenza), si deve dimostrare efficace (deve avere, cioè, un valore funzionale). • Autoefficacia. Un’altra modalità attraverso cui l’attività cognitiva influenza il comportamento è il senso di autoefficacia, ovvero la percezione che ogni individuo ha di poter mettere in atto, con successo, determinati comportamenti. Apprendimento di un comportamento e performance non sono, però, eventi necessariamente consequenziali. Il soggetto, infatti, può apprendere un comportamento e sentirsi autoefficace e allo stesso tempo non entrare in azione. Per agire un comportamento l’individuo deve sentirsi motivato e deve attribuire al comportamento in questione dei valori in grado di farlo agire. Appare chiaro come, in quest’ottica, un comportamento aderente possa essere ottenuto tramite l’imitazione di un modello significativo (ad esempio, attraverso l’imitazione di un riferimento che si trovi nella stessa condizione patologica del paziente in trattamento) e attraverso il miglioramento del senso di autoefficacia, cioè attraverso il rafforzamento della convinzione del paziente che il comportamento possa essere messo in atto con successo. Programmi basati sulla SCT utilizzano le informazioni e la modificazione degli atteggiamenti per aumentare la motivazione ed il rinforzo vicariante per far assumere e conservare comportamenti di riduzione del rischio e migliorare l’autoefficacia. Il modello Information-Motivation-Behavioural Skills (IMB) Tale modello11, inizialmente concepito in relazione alla prevenzione dei comportamenti a rischio, sostiene che esistono tre fondamentali fattori di riduzione del rischio di contagio per HIV: le informazioni, la motivazione e le risorse comportamentali. Le informazioni sulle modalità della trasmissione dell’infezione, sulla sua prevenzione e sul suo trattamento sono considerate decisive per la riduzione dei comportamenti a rischio. Nel contesto dell’aderenza ai trattamenti con farmaci antiretrovirali, la disponibilità di informazioni su come e quando assumere i medicinali, sugli effetti della loro mancata assunzione, sui costi della non aderenza e sui benefici di un comportamento aderente, sull’interazione fra i medicinali e sui loro effetti collaterali, vengono ritenute essenziali per potere ottenere un comportamento aderente. L’individuo, inoltre, deve essere altamente motivato, personalmente e socialmente, ad adottare un comportamento meno rischioso: la motivazione all’aderenza è influenzata dai costi percepiti dell’aderenza da parte del paziente, dalla percezione delle difficoltà ad attuare il comportamento richiesto, dalla compatibilità con il regime individuale di trattamento, dalla fiducia nel medico, dalla rete dei rapporti sociali, dalla qualità dell’interazione M-P, dalla percezione di vulnerabilità alle conseguenze negative di un comportamento non aderente. L’informazione e la motivazione rendono disponibili le risorse comportamentali necessarie alla messa in atto di un comportamento aderente al regime terapeutico. TEORIE E MODELLI SOCIALI ED AMBIENTALI I modelli sociali e ambientali utilizzati nell’HIV/AIDS per ottenere e mantenere comportamenti sani sono orientati al cambiamento dei comportamenti a livello di gruppi e di comunità, piuttosto che dei singoli individui che la compongono. Alcuni dei più importanti modelli utilizzati nell’infezione da HIV sono: la teoria dell’influenza sociale, la teoria della diffusione dell’innovazione, il modello dell’empowerment. La teoria dell’influenza sociale Tale modello ritiene cruciale nella determinazione di un comportamento individuale l’influenza che può esercitare il gruppo di appartenenza12. Applicato alla problematica dell’aderenza terapeutica, il modello dell’influenza sociale propone di esporre i destinatari degli interventi volti alla modifica dei comportamenti di non aderenza alla pressione del gruppo sociale di appartenenza (“peer education”), esercitata ad esempio da coetanei con infezione da HIV aderenti al trattamento, e al tempo stesso di intervenire per fornire strumenti informativi e comportamentali utili alla gestione di tale pressione. Teoria della diffusione dell’innovazione La teoria della diffusione dell’innovazione13 si concentra sui processi comunicativi attraverso i quali una nuova idea o un nuovo prodotto viene conosciuto ed usato in una data popolazione5. Il comportamento sarà influenzato dalle caratteristiche dell’idea o dell’informazione nuova, dalle modalità attuate per la comunicazione, dal sistema sociale di appartenenza e dal tempo a disposizione. Due sono i principi di diffusione dell’innovazione largamente utilizzabili allo scopo di ottenere una maggiore aderenza dei pazienti: 1) il rinforzo della consapevolezza che l’infezione in atto va monitorata ed adeguatamente gestita e che vi sono modalità efficaci di fronteggiamento della malattia; 2) l’uso di opinion leaders capaci di influenzare atteggiamenti e comportamenti dei pazienti finalizzati all’aderenza13,14,15. Il modello dell’empowerment L’empowerment è definito come “il processo attraverso cui persone svantaggiate lavorano assieme per assumere controllo dei fattori che determinano la propria salute e la propria esistenza”16. La teoria delle modificazioni comportamentali che si fonda su tale costrutto afferma che i cambiamenti sociali si realizzano attraverso il dialogo ed il confronto critico tra le forze culturali, politiche e sociali che definiscono la realtà, allo scopo di individuare ed agire contro quelle forze che vengono riconosciute oppressive. In sostanza, l’empowerment può essere considerato una modalità di problem solving partecipativa (Israel et al., 199417. E’ possibile identificare un processo di empowerment individuale (simile al concetto di autoefficacia e di autostima), un empowerment delle organizzazioni (attraverso cui le organizzazioni – ad esempio le associazione degli utenti o i gruppi di auto-aiuto- influenzano le politiche e le decisioni di una comunità). Elemento centrale degli interventi nel contesto della promozione dei comportamenti di aderenza ai trattamenti antiretrovirali è la convinzione che la presenza dei pazienti nella pianificazione ed implementazione delle attività contribuisca in maniera decisiva ad ottenere il comportamento aderente. REVISIONE CRITICA DEI MODELLI PSICOSOCIALI UTILIZZATI NEL CONTESTO DELL’ADERENZA AI TRATTAMENTI CON FARMACI ANTIRETROVIRALI Le teorie e i modelli psicologici e sociali passati in rassegna sui fattori che influenzano il comportamento dei pazienti in termini di aderenza hanno contribuito all’implementazione di interventi informativi e di miglioramento dell’aderenza. Tuttavia essi non hanno consentito l’individuazione di fattori predittivi attendibili e validi di cambiamento del comportamento18. I modelli psicologici individuali fondano i loro assunti sull’idea di un uomo estremamente razionale, capace in ogni momento di calcolare in maniera lucida i rischi e i benefici di un dato comportamento e allo stesso tempo in grado di esercitare un continuo controllo sulla scelta di mettere in atto un comportamento. Se è vero che i pazienti selezionano e memorizzano le informazioni in funzione di personali schemi cognitivi preesistenti, è anche vero che in contesti altamente ansiogeni quale quello dell’HIV/AIDS tale capacità può venire a mancare. Inoltre, tali teorie non tengono conto delle variabili sociodemografiche che incidono sul comportamento aderente: molti adolescenti e giovani adulti, ad esempio, sviluppano una radicata convinzione di “invulnerabilità” comportandosi in maniera rischiosa e tutt’altro che razionale14. D’altra parte le teorie e i modelli sociali e ambientali sono fondati sull’idea di un uomo facilmente influenzabile da gruppi di riferimento (modello dell’influenza sociale), attivamente impegnato nella costruzione di un ambiente di vita migliore (modello dell’empowerment) che ha sempre libero accesso alle informazioni rilevanti (teoria della diffusione sociale). L’infezione da HIV è, tuttavia, una condizione che, tra le numerose conseguenze negative che esercita sulla vita delle persone, conduce molto spesso a situazioni marginali; molte persone sieropositive non appartengono a gruppi significativi da cui poter essere influenzati, non sono sempre coinvolte in un impegno comune per la risoluzione dei loro problemi e soprattutto non hanno tutte la stessa possibilità di accesso alle informazioni. In definitiva le teorie e i modelli psicologici individuali, sociali e ambientali utilizzati per gli interventi di promozione dell’aderenza non tengono conto delle variabili demografiche (età, sesso, razza) socioeconomiche e culturali del loro target di riferimento5,18. In alcune culture, essere uomo o donna, appartenere ad una classe socioeconomica alta o bassa, possedere o meno un elevato livello culturale può incidere in maniera significativa sull’accesso alle informazioni e sulla capacità individuale di decodificazione delle stesse. È evidente come, per l’implementazione di un modello efficace di prevenzione e promozione della salute nel contesto dell’infezione da HIV sia necessario non sottovalutare le caratteristiche di complessità che il processo di comunicazione assume e la maniera rilevante in esso incide sulla scelta o il rifiuto di un comportamento aderente. È per questo che risulta di particolare importanza focalizzare l’attenzione su uno dei canali comunicativi preferenziali attraverso cui passa la gran parte delle informazioni sull’infezione da HIV e la conseguente possibilità di ottenere l’aderenza ai trattamenti prescritti: la relazione medico-paziente. I modelli discussi sono tutti caratterizzati dal medesimo limite: essi, infatti, non sottolineano a sufficienza l’importanza di un’efficace comunicazione tra medico e paziente per il raggiungimento di un comportamento aderente. Nella comunicazione tra medico e paziente, tuttavia, le modalità di trasmissione delle informazioni da parte dei medici e la capacità di recepire e ricordare le informazioni ricevute dai pazienti costituiscono aspetti cruciali nella scelta del comportamento da agire. Nel paragrafo seguente, verranno analizzate le variabili che caratterizzano una comunicazione efficace mirante all’ottenimento di livelli ottimali di aderenza. Sarà infine proposto un modello di intervento volto al miglioramento della comunicazione medico-paziente. COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE E ADERENZA ALLA TERAPIA È stato argomentato che la scelta da parte del paziente di mettere in atto o meno un comportamento aderente può dipendere da vari fattori quali la percezione della gravità della propria malattia, i benefici percepiti del trattamento, il senso di autoefficacia rispetto al comportamento da agire19,20 la compatibilità individuale con il comportamento di aderenza21, la motivazione11, il tipo di influenza sociale12 le variabili sociodemografiche22, le variabili culturali23,24,25. Tali fattori possono giocare un ruolo determinante nella scelta di un comportamento aderente o non aderente solo nel momento in cui il paziente è in possesso di solide basi sulle quali operare tale scelta: le informazioni rappresentano tali basi. È stato ampiamente documentato che i pazienti non sempre posseggono informazioni riguardo la loro malattia e che se le ottengono, come anche il modello IMB sostiene, queste non sono sempre sufficienti per ottenere un comportamento aderente. Tale constatazione introduce al tema della comunicazione medico-paziente: infatti un miglioramento della comunicazione M-P può influire in maniera decisiva sul comportamento aderente dei pazienti2; la corretta trasmissione e comprensione delle informazioni da parte del paziente deve essere quindi un obiettivo prioritario nell’ambito dell’interazione M-P in quanto ciò produce estremi benefici in termini di aderenza e migliore qualità della vita2,26,27. Più in dettaglio, appare essenziale rendere le informazioni comprensibili ai pazienti e fare in modo che tali informazioni, quando comprese, non siano dimenticate. Uno dei principali motivi del fallimento della comunicazione nell’interazione M-P è da ricercarsi nei modelli di comunicazione più frequentemente adottati nella pratica medica28. In particolare, il modello paternalistico della “non rivelazione” delle notizie adottato fino a pochi anni fa dalla maggior parte dei medici italiani, si sostanzia in un tipo di comunicazione che priva il paziente di importanti informazioni sulla sua salute, sulla base dell’assunto che solo il medico debba decidere cosa è meglio fare per il paziente. Allo stesso modo, il modello della “totale rivelazione” delle notizie (particolarmente diffuso nell’area anglosassone), prevede che i pazienti debbano essere informati su ogni cosa riguardo la loro malattia, senza tener conto degli stati emotivi o della predisposizione dei pazienti a ricevere determinate informazioni. I due modelli, anche se partono da assunti diversi, hanno un’alta probabilità di esitare in una trasmissione delle informazioni fallimentare, con conseguenze negative per l’aderenza dei pazienti ad un trattamento specifico. Solo recentemente sta diffondendosi nella pratica clinica un modello più articolato di comunicazione che tiene conto della individualità dei pazienti, del loro bisogno di informazione e della loro predisposizione ad accoglierle. Tale modello della comunicazione individualizzata della notizia assume che i pazienti non hanno tutti la stessa esigenza o voglia di conoscere tutte le informazioni che riguardano la loro malattia e, soprattutto, non sono tutti pronti, nello stesso momento, a ricevere le informazioni; ne consegue che il medico deve essere attento ad individuare i bisogni, i desideri e i tempi di ogni singolo paziente relativi alla ricezione delle informazioni28,29. Ispirandosi a questo modello, è possibile evitare che i messaggi informativi vadano dispersi o confusi, con il conseguente indesiderato risultato che si verifichi un comportamento non aderente del paziente. Una comunicazione M-P efficace, infatti, apporta benefici in termini di più elevata soddisfazione del paziente, riduzione dello stress e dell’ansia, migliore cooperazione tra medico e paziente, elementi tutti concorrenti ad ottenere un comportamento cooperativo ed aderente dal paziente2. È responsabilità del medico, dunque, fare in modo che i pazienti siano soddisfatti delle loro consultazioni cliniche: tale soddisfazione è direttamente associata alla capacità del medico di stabilire un rapporto empatico con il paziente, con un atteggiamento accogliente e meno burocratico, con la disponibilità di tempo dedicato al paziente per consentirgli la piena espressione dei propri vissuti. Anche la mancata comprensione o il fraintendimento delle informazioni possono inficiare un’ottimale aderenza al trattamento. Tra le principali cause di incomprensione delle informazioni va citato l’uso, da parte dei medici, di termini troppo tecnici30 e l’esistenza di convinzioni dei pazienti sulla natura, le cause e le modalità di cura della propria malattia che li portano ad escludere informazioni mediche dissonanti con tali convinzioni31. I pazienti, inoltre, non pongono domande per avere chiarimenti32,33,34 e i medici, non sentendosi porre alcuna domanda, credono di essere stati efficaci e comprensibili, concludendo che i pazienti non hanno bisogno di ulteriori informazioni. Modalità interattive di tal genere non consentono ai pazienti di disporre delle informazioni necessarie per poter valutare tutti i benefici del trattamento prescritto. Inoltre, anche se le informazioni vengono fornite in modo comprensibile ciò non significa vengano ritenute in memoria. Ricerche sull’argomento hanno dimostrato che la quantità di informazioni dimenticate dipende dalla modalità di presentazione e che a influire positivamente sul ricordo non è tanto il tempo che trascorre tra l’acquisizione e l’utilizzo35,36,37 e nemmeno l’età36,37,38, quanto piuttosto la presenza di livelli di ansia medio-alti36,39,40, di conoscenze mediche pregresse36, nonché la percezione soggettiva dell’importanza delle informazioni. È dimostrato inoltre che le informazioni presentate per prime vengono ricordate41,2. È utile per il medico, dunque, tenere in considerazione le variabili che influiscono sulla probabilità che l’informazione rilevante sia percepita e decodificata dal paziente per realizzare una comunicazione che possa influire con successo sulla scelta di un comportamento aderente. MIGLIORARE L’ADERENZA ATTRAVERSO IL MIGLIORAMENTO DELLA COMUNICAZIONE MEDICO-PAZIENTE Migliorare la comprensione e il ricordo delle informazioni L’applicazione di alcuni semplici accorgimenti può ottenere effetti positivi nel migliorare la comprensione e il ricordo delle informazioni e quindi nel determinare livelli ottimali di aderenza terapeutica: • le informazioni che il medico ritiene più essenziali devono essere presentate all’inizio della consultazione per favorire l’”effetto primacy”; • il medico può presentare informazioni semplificate usando frasi e parole più brevi che facilitano il ricordo e la comprensione; • il medico potrebbe annunciare il tipo di informazione che sta per dare al paziente (es.: la diagnosi, il trattamento, ecc.) per sottolineare la loro importanza e ottenere maggiore attenzione; • il medico dovrebbe ripetere le informazioni più volte o farle ripetere al paziente per assicurarsi che abbia compreso; • il medico può dovrebbe appuntamenti specifici (es.: data precisa, orario) e non generali (es.: tra un mese) per aumentare la probabilità che vengano rispettati; • l’uso del telefono (o degli avvisi postali) può aumentare la probabilità che gli appuntamenti vengano rispettati; • il medico dovrebbe promuovere nei pazienti l’uso di opuscoli, libretti informativi, prescrizioni, redatti con parole brevi e semplici, che evidenzino la relazione di causa ed effetto tra comportamenti del paziente e malattia. La scelta del contenuto delle informazioni È stato ampiamente dimostrato che i pazienti vogliono avere informazioni riguardo la loro malattia, anche in caso di malattie terminali: la consapevolezza, dopo i primi momenti di scoramento, riduce l’ansia e prepara all’azione28. I medici, per ottenere aderenza, dunque, dovrebbero comunicare le informazioni, nel rispetto dell’individualità del paziente. Inoltre, affinché il paziente possa partecipare attivamente al processo decisionale che riguarda il suo iter terapeutico, dovrebbe essere messo al corrente delle eventuali terapie alternative, con i relativi esiti probabili con e senza trattamento, dei costi e dell’impegno che richiede ogni trattamento. Durante il colloquio, il medico avrà cura di definire i comportamenti necessari affinché il paziente possa raggiungere un’aderenza ottimale, tentando di motivare il paziente a realizzarli, tenendo presente il significato che per ogni individuo assume il comportamento aderente in termini di percezione dell’utilità dei consigli ricevuti, di costi materiali e psicologici del comportamento da adottare, del senso di autoefficacia, della percezione dei rischi, della possibile contraddizione dei valori culturali e delle abitudini sociali. Il comportamento del medico nella relazione con il paziente Gran parte della probabilità di aderenza dei pazienti dipende dalla possibilità che si stabilisca un’efficace relazione M-P, una relazione basata sul calore, l’accoglienza e la fiducia reciproca. Per questo, il medico dovrà essere una fonte chiara e sincera di informazioni, disponibile a dedicare al paziente tutto il tempo di cui necessita. Egli sarà anche una risorsa di continuo sostegno per i momenti di sconforto, un professionista capace di essere empatico e in grado di ascoltare, un uomo capace di contenere la rabbia e la disperazione del paziente28. Solo in questo clima di accoglienza e di accettazione incondizionata è possibile che si sviluppi una relazione M-P in grado di aumentare e migliorare la possibilità che un paziente sia aderente al trattamento prescrittogli. CONCLUSIONI I fattori di natura psicologica, sociale, ambientale e culturale influiscono significativamente sulla scelta dei pazienti di mettere in atto o meno un comportamento aderente al trattamento: tale scelta, però, risulta gravemente inficiata e/o compiuta su basi distorte se non si realizza nell’ambito di una totale disponibilità di informazioni e di un’efficace atmosfera comunicativa. A livello macrosociale, è di fondamentale importanza considerare le profonde influenze culturali che guidano i comportamenti di salute e di malattia degli individui. Appare davvero ingenuo credere che i programmi di prevenzione e promozione della salute nati e pensati nei Paesi occidentali possano risultare efficaci anche in culture assai diverse come quella africana, quella sudamericana o quella orientale. Interventi miranti a rinforzare il locus di controllo interno del benessere che, nei Paesi occidentali, è regolato dal Sé, sono condannati al fallimento in altri contesti culturali dove il locus di controllo del benessere è percepito come qualcosa di esterno alla volontà del singolo individuo5. A livello microsociale, è del tutto evidente che il canale comunicativo privilegiato capace di elicitare un comportamento aderente del paziente sia il processo di comunicazione M-P. In quest’ottica, non è più plausibile ritenere il paziente un semplice contenitore di informazioni che può essere riempito a piacimento senza considerare le sue attitudini, i suoi bisogni, le sue paure, i suoi desideri: il paziente, in definitiva, non è un semplice recettore del messaggio emesso dal medico. È necessario che il medico tenga conto dei tempi necessari al paziente per poter gestire tutte le informazioni sulla sua malattia. È necessario, altresì, che il paziente sia messo in grado di scegliere le terapie che più si confanno alle sue abitudini28. Il medico che determina aderenza è un professionista in grado di dedicare tempo, guidare e sostenere il paziente in ogni momento della malattia in una relazione che non è mai unidirezionale ma reciprocamente e attivamente costruita da entrambi gli attori. La modificazione dei comportamenti di non aderenza richiede, attraverso il miglioramento della comunicazione M-P, l'applicazione di interventi basati su modelli e strategie psicosociali coerenti ed integrate che, nella considerazione delle diversità culturali individuali, mirino a cambiare nel singolo come nella comunità, la percezione del concetto di salute/malattia, i meccanismi ed i processi decisionali e di scelta, i processi motivazionali, i contesti relazionali, la percezione della gravità della malattia, gli aspetti emotivi ed affettivi (autostima, senso di autoefficacia, disagio psicologico). L'analisi dei modelli e delle strategie psicosociali sin qui applicate per migliorare l’aderenza terapeutica evidenzia che la prevenzione di un comportamento complesso e culturalmente influenzato come quello di non aderenza ai trattamenti farmacologici rischia di fallire se non si considera la complessità e la totalità dei fattori e delle variabili che influiscono su tale comportamento. Alla base della scelta individuale di aderire o meno alle prescrizioni mediche vi è il possesso delle informazioni adeguate relative ai vantaggi e agli svantaggi associati alle differenti opzioni. In tutti i casi, occorre considerare che la disponibilità di informazioni costituisce condizione necessaria ma non sufficiente ad ottenere aderenza. Un’efficace comunicazione M-P è il canale privilegiato attraverso cui è possibile, impegnando tempo ed offrendo accoglienza, sostegno e guida, promuovere comportamenti di aderenza. In questa prospettiva, la formazione e la supervisione del medico alle abilità comunicative appaiono strumenti essenziali per ottenere, attraverso il miglioramento della qualità della relazione medico-paziente, una migliore aderenza terapeutica. BIBLIOGRAFIA 1. 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