Fund Raising Magazine
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Fundraising.it
Per donare alla cultura rendiamola un po’ più coinvolgente!!
Paola Mattei sul numero di Vita del 18 luglio 2008 ha riportato alcuni dati
allarmanti sul FUNDRAISING CULTURALE e specialmente sulle donazioni
delle aziende private alla cultura.
Nel 2006 le donazioni di imprese private ad iniziative culturali è stata di 30
milioni di euro con un calo di 2 milioni rispetto al 2005. Considerano che secondo
la legge 342 del 2000 vige la piena deduciilità dal reddito d’impresa dei
contributi erogati all’arte e allo spettacolo non è questo un grande risultato.
C’è una soluzione a tutto questo? Forse gli USA ci possono insegnare a
come rendere istituzioni culturali, solitamente vicini ad un pubblico adulto,
maggiormente attraenti per un pubblico più giovanee più funzionali ed
interattive con i loro principali utenti.
Qualche settimana fa la New York Philharmonic durante un concerto all’aperto
(61.000 presenze) al Central Park di New York ha chiesto al pubblico di votare
via sms quale volessero che fosse la musica che concludesse quel concerto, le
opzioni erano due:
• Jimi Hendrix- “Purple Haze”
• Rimsky-Korsakov - “Flight of the Bumblebee
Ha vinto la prima opzione (74% dei voti) e l’orchesta ha suonato quello che
il pubblico in quel momento desiderava. Ma questa orchestra non si limita
ad usare il telefono cellulare per questo genere di coinvolgimento ma fa anche:
• raccolta fondi vendendo suonerie di famose arie classiche per cellulare sul
proprio sito (vedi qui)
• possibilità di ricevere via sms aggiornamenti sulla realizzazione delle
serate all’aperto (ad esempio: se piove se e dove si terrà il concerto o
quando verrà rimandato)
Inoltre questa orchestra utilizza Flickr per condividere foto dei suoi eventi.
E in Italia? Ci sono esempi simili? O la cultura è ancora divisa fra cultura
classica e cultura alternativa? Non è forse giusto iniziare a rendere più vicine ai
futuri donatori certe istituzioni? Il Teatro alla Scala di Milano ad esempio ha
creato il sito Scala Giovani, peccato che sia fermo alla stagione 2006/07!!!
Questo articolo fa parte della Categoria Osservatorio Donazioni che
contraddistingue un osservatorio informale e aperto ai commenti sulle donazioni
in Italia. Per leggere altri articoli dell’Osservatorio Donazioni clicca qui o per un
bel sunto di come siamo messi in Italia sulle donazioni al nonprofit clicca qui.
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I 5 errori nello scrivere una email al donatore
Errore n° 1 - Un pessimo “Oggetto” dell’email
Anche se il testo della tua email è perfetto ed anche la richiesta di azioni o
donazione pure, se hai un oggetto che non attrae nessun lettore aprirà la tua
email. La linea dell’oggetto deve essere corta (non più di 40 caratteri spazi
inclusi), comunicare velocemente e in modo diretto.
OGGETTO NEGATIVO: Vuoi aiutare la nostra organizzazione? Informazioni
per donare
OGGETTO POSITIVO: Il tuo aiuto per portare acqua in [nome paese o regione]
Errore n° 2 - Mettere sempre in secondo piano il sito internet
dell’organizzazione
Un errore comune a molte newsletter di organizzazioni nonprofit è di inserire
troppo testo nell’email senza mai un rimando al sito internet dell’organizzazione.
Nel sito infatti si possono inserire più fotografie, video di eventi e di progetti.
L’email deve servire come esca per attirare nel sito dell’organizzazione nonprofit.
Dunque non va solamente inserita all’interno del testo dell’email magari in testa
o in coda ma deve essere un rimando continuo nel corpo dell’email a specifiche
sezioni o landing page costruire ad hoc.
Errore n° 3 - Non andare subito al punto
Tergiversare, proporre altre soluzioni, non capire il fulcro del discorso è un
errore da non fare mai. Se si scrive ad un donatore che ha appena effettuato una
donazione non parliamogli della mission dell’organizzazione allo stesso modo in
cui se ne parla sul sito, magari invece lo ringraziamo, gli diciamo come sarà
utilizzato il suo contributo, gli indichiamo, se c’è, quale sia la pagina del sito
internet dell’organizzazione nonprofit dovre potrà avere nuove informazioni
relativamente al contributo.
Errore n° 4 - Fare una email troppo lunga o troppo corta
Non bisogna cadere nella paura della lunghezza dell’email. Il più a volte è come
la si scrive, anche graficamente. Utilizzare invece gli elenchi puntati, numerosi
rimandi al sito dell’organizzazione sono trucchi utili per attirare l’attenzione del
lettore su specifiche notizie e dargli la possibilità allo stesso tempo di scegliere
quali approfondire e quali no andando o meno sul sito
Errore n° 5 - Scrivere una email noiosa
A volte arrivano delle newsletter dove si trova la parola “Editoriale” spesso
scritto dal Direttore dell’organizzazione nonprofit. Già la presenza di un
editoriale nel testo di una email anticipa un contenuto noioso e molto più da
quotidiana di carta stampata. Quando si scrive il testo di una email oltre ad
avere delle minime competenze riguardanti la scrittura (acquista questo
libro e leggi la mia recensione se ti interessa ad esempio) è necessario anche
capire che chi leggerà l’email deve essere attirato ed anche divertito (un video ad
esempio può far riflettere ed allo stesso tempo divertire) da ciò che legge.
[Foto di doubleaf sotto licenza creative commons]
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Fare cause related marketing mi aiuta a fare conoscere
l’organizzazione?
Questo articolo è il n° 3 di n° 3 articoli dello speciale Cause Related Marketing
FAQ
Attraverso la partnership con una azienda profit, l’organizzazione non profit
riesce ad accedere a mezzi promozionali e divulgativi che determinano un ritorno
in termini di visibilità e quindi di affermazione della causa sociale, difficilmente
raggiungibile sfruttando unicamente i propri mezzi.
E’ solo attraverso il binomio fondamentale del cause related marketing,
collaborazione fra impresa profit e organizzazione non profit, che il pubblico viene
a contatto con le iniziative di carattere sociale attivate dagli enti stessi.
L’organizzazione non profit, infatti, sfrutta il fatto che il pubblico,
rappresentante il bacino d’utenza per le imprese profit e quindi potenziali clienti,
debba necessariamente venire in contatto con le realtà d’impresa per il
soddisfacimento dei propri bisogni; in questo modo, attraverso la partnership,
riesce ad ottenere facilmente un’ampia visibilità .
E’ difficile pensare che tutte le organizzazioni non profit che attualmente
risultano avere un’ampia visibilità, sia a livello nazionale che internazionale,
potessero ambire a tali risultati contando esclusivamente sulle proprie forze
finanziarie. Di converso è possibile avere numerosi esempi di organizzazioni non
profit che, per quanto nobile ed importante la causa sociale che li accomuna e li
spinge ad operare, non adottando le strategie di partnership con imprese profit,
non riescono ad espandere il proprio ambito d’azione, rimando quindi legati a
realtà locali.
Perché il meccanismo della partnership fra organizzazione non profit ed impresa
generi gli effetti sperati, è necessario che la stessa non derivi da un incontro
casuale ma sia il frutto di una studiata e calcolata strategia di marketing
basata sulla conoscenza reciproca e sulla condivisione degli intenti e delle
modalità di esecuzione.
L’organizzazione non profit, infatti, otterrà dalla partnership un aumento di
visibilità e conseguentemente uno slancio nella diffusione della propria mission,
direttamente proporzionale alla capacità della impresa profit di essere presente
nel tessuto economico-sociale, nonché nell’attrarre i propri clienti ed i potenziali
tali, alla causa medesima.
In virtù delle considerazioni appena effettuate si può facilmente intuire che
l’individuazione del partner rappresenta il momento più importante nella
definizione di una strategia di cause related marketing, infatti, solo
attraverso l’azione congiunta i partner riusciranno a raggiungere gli obiettivi
inizialmente definiti; entrambe le parti hanno, quindi, un ruolo fondamentale ed
imprescindibile all’intero del virtuoso meccanismo della strategia comune.
Dall’analisi delle iniziative di cause related marketing, e più in generale di tutte
le iniziative di corporate giving, si evince che la scelta della causa da sostenere da
parte dell’impresa e l’individuazione del partner profit effettuata dall’ente non
sono mai casuali, ma determinate con criteri ben precisi. Gli elementi che creano
una connessione logica tra l’azienda, prodotto ed ente non profit, sono elencati di
seguito.
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• Valori aziendali, ossia la mission e i valori di fondo dell’azienda promossi
dall’azienda sono coerenti con la causa sociale o con i valori promossi
dall’organizzazione non profit; un esempio è la condivisione del valore
“rispetto per l’ambiente”.
• Caratteristiche e sensibilità del target, in questo caso il prodotto e la causa
sociale sostenuta sono rivolti alla stessa tipologia di target (ad esempio
un’azienda che produce giocattoli può decidere di sostenere una raccolta
fondi in favore di bambini) oppure la scelta della causa è determinata
dalla sensibilità del target del prodotto verso un determinato tema sociale.
Per esempio, il target di prodotti per la pulizia della casa è composto
principalmente da donne, di conseguenza, l’azienda può decidere di
sostenere una causa legata all’universo femminile (ad esempio programmi
per ridurre la mortalità del parto).
• Caratteristiche del prodotto, in questo caso la causa sociale sostenuta ha
una connessione diretta con la tipologia di prodotto, un esempio è
un’iniziativa di cause related marketing promossa da un’azienda che
produce latte che sostiene una causa per fornire terapia nutrizionale ai
bambini nei paesi in via di sviluppo.
• Elementi geografici, quando l’azienda o l’area di distribuzione del prodotto
e la causa sociale sostenuta condividono la stessa area geografica.
• La partnership, infine, implica una joint-venture nella quale entrambi i
soggetti condividono rischi e guadagni, perseguendo parallelamente ai
propri obiettivi anche le finalità comuni.
Ogni partner deve apprezzare tutte le opportunità e le minacce che l’operazione
presenta assumendo uno spirito collaborativo; per questo è necessario che siano
condivisi alcuni principi internazionalmente riconosciuti che devono essere
adottati in ogni iniziativa di CRM: integrità, trasparenza, sincerità, rispetto
reciproco e benefici reciproci.
Se ti interessano libri su questo argomento visita questo sito e naviga alla
ricerca di libri sul marketing e sul cause related marketing, noi te ne abbiamo
selezionati due ( 1- 2)
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Ma quale evento per raccogliere fondi posso creare? Idee,
idee, idee
Questo articolo è il n° 5 di n° 6 articoli dello speciale Eventi per fare fundraising
Eventi, eventi, eventi. Ma quanto costano? Ma quanti ce ne sono in
Italia?
Prima di farsi prendere dall’affanno dell’organizzazione dell’evento e dallo
scoramento nel pensare che solo chi ha grandi budget o grandi donatori può fare
un grande evento, ragioniamo un po’ su quale evento creare, specialmente in
relazione alle caratteristiche dell’organizzazione nonprofit che rappresentiamo.
1. Corse, camminate, nuotare, biciclettate
Queste quattro tipologie di eventi solitamente durano una giornata o anche
meno, sono non competitivi e creati per la più ampia partecipazione possibile.
2. Maratone, triathlon e simili
In questo caso più che l’organizzazione è la partecipazione di utenti delle
organizzazioni nonprofit a delle maratone ed altri grandi eventi di corsa podistica
allo scopo di raccogliere fondi e dimostrare che anche persone sofferenti di
malattie e disabilità possono farcela (non ci credi? Guarda che programma ha
messo in piedi la Arthritis Foundation). In questo modo questa fondazione fa
comunicazione, raccoglie fondi e coinvolgi i suoi utenti, i suoi beneficiari!!!
3. Eventi nel weekend (2-4 giorni)
Gli eventi elencati al punto 1) possono anche essere spalmati su più giorni. Ciò
però richiede un maggiore sforzo organizzativo in termini di costi e di personale,
volontario e non, che contribuisca alla gestione dell’evento.
La maggior durata dell’evento fa anche salire il costo di partecipazione (e spesso
anche i fondi raccolti). Ad esempio il Weekend to End Breast Cancer (Canada)
può arrivare a costare anche $2,000.
4. Trekking all’avventura
E’ il caso di Oxfam Irlanda (Virginia dicci qualcosa!) che proprio di questa
tipologia di eventi si fa portatrice. Proprio ora c’è attivo il Trek Kilimnjaro dove
10 persone (fra cui anche membri dello staff di Oxfam) hanno cercato di
raggiungere in 12 la cima del Monte Kilimanjaro scalare. Un evento come questo
ha trovato sponsor tecnici in aziende interessate ed inoltre fornisce la possibilità
di organizzare eventi collegati proprio per raccogliere fondi.
Questa metodologia di raccolta fondi ha avuto dei ricavi netti in paesi come
Gran Bretagna e Australia tra i 50.000 e i 500.000 dollari. Ovviamente Oxfam ti
dice anche quanto ha raccolto per questo progetto di raccolta fondi, guarda qui!!
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Disabilità vs animalisti: che campagna di comunicazione!
Questa storia inizia nel Gennaio 2007: l’organizzazione nonprofit Enable
Scotland lancia una campagna di comunicazione in Inghilterra dove critica
sostanzialmente il modo di donare di molti inglesi.
Dice il manifesto che leggete qui sopra: “che tu ci creda o no le organizzazioneni
nonprofit che hanno a che fare con gli animali ricevono il doppio delle donazioni
di quelle che si occupano di disabilità “. Mentre la scritta più evidente dice: “Se
mangiassi dalla ciotola di un cane ti piacerei di più?”
Un giornalista scozzese a suo tempo ha scritto nel suo blog che il rischio di una
campagna come questa è di essere controproduttiva, cioè più una comunicazione
anti-onp “animaliste” che una comunicazione a favore delle onp che si occupano
di disabilità.
In Italia che effetto avrebbe una campagna simile? (oltre al fatto che non
credo si possa dire che in Italia le ong che si occupano di animali raccolgano più
fondi di quelle che si occupano di disabilità o no?) E’ troppo eccessiva? Riesce
a far passare il messaggio? Quale messaggio passa secondo voi?
Che ne pensate di questa modalità di comunicazione?
Commenti
• 16 Luglio 2008, Fabio Latino writes: L'uso della domanda nella
comunicazione è sempre molto delicato, perché alla domanda non ci si può
sottrarre. Il nostro cervello elabora fulmineamente una prima risposta,
anche senza che noi la identifichiamo consapevolmente. Poi forse
razionalmente ne elaboreremo una seconda, più fredda. La risposta che ha
suscitato in me questa domanda è stata "no". Poi la deformazione del
mestiere mi ha portato a soffermarmi con più attenzione e ho avuto
l'impressione che la domanda contenesse una presupposizione implicita:
"io non ti piaccio" o, se vogliamo (ma in modo meno immediato) "io non ti
piaccio abbastanza". Questa presupposizione implicita è associata
all'immagine in modo molto forte. Altre considerazioni si potrebbero fare
sulle emozioni che vengono veicolate dalle scelte cromatiche e
dall'espressione del volto, ma non è il caso... per rispondere alla domanda,
penso che questa modalità di comunicazione mostra, come spesso accade,
poca padronanza del mezzo e che l'effetto che ottiene non né quello di
favorire le ong animaliste né quello di favorire le ong pro-disabilità. E'
piuttosto quello di evocare un pregiudizio e di radicare, là dove sia
presente, una posizione di disprezzo. Ecco la risposta dura ma franca alla
domanda del poster che mi è stata data da un giovanotto mio compagno di
viaggio al quale ho appena sottoposto il tutto: "no, saresti sempre la solita
10
•
•
•
•
faccia di merda di mong....". La comunicazione è una questione molto,
molto delicata.
16 Luglio 2008, Loredana writes: Ciao a tutti. Se scrivo un commento a
questo post, evidentemente il manifesto pubblicato comunica qualcosa,
quanto meno non lascia indifferenti. La domanda è: ma cosa comunica? A
me personalmente, la sensazione di volere prendere una distanza dalle
modalità espressive del messaggio che passa, che a dire il vero risulta
essere alquanto confuso. Mi verrebbe da chiedere: è una campagna pro
disabilità o contro le associazioni di animalisti? Le risposte potrebbero
essere almeno 2:o il manifesto è una trovata sensazionale per richiamare
l'attenzione su entrambe le onp, (anche grazie alla conflittualità delle
informazioni veicolate); 2)oppure, e io opto per questa soluzione, è il
tentativo mal riuscito di destare un interesse verso la disabilità, tuttavia
attraverso la antica tecnica della denigrazione di quello che in quel
momento storico viene scelto come antagonista ..(su base quantitativa o
qualitativa) Io credo che una campagna pro qualcosa debba comunicare un
messaggio positivo e propositivo, senza rinunciare al tentativo di suscitare
una qualche curiosità anche attraverso una domanda.. In questo
manifesto, al contrario, mi sembra abbia cittadinanza un modo di
comunicare che utilizza un linguaggio e un codice "negativi",
paradossalmente forieri di disagio e confusione.. ...Ma da quale parte
dobbiamo andare? Loredana
17 Luglio 2008, Francesco writes: Ciao Loredana, la domanda che mi
pongo io è: ma le onp che trattano di temi che vanno "poco" sui mass
media (come la disabilità) come fanno a comunicare quello che fanno al di
là della semplice comunicazione agli utenti dei loro servizi ed ai loro
familiari? Parlo non solo di realtà nazionali ma anche di realtà locali come
le tante cooperative sociali che si occupano di disabilità. Come fanno a
fare comunicazione per raccogliere fondi in modo da uscire dalla morsa del
finanziamento preponderante da convenzioni con enti pubblici? Io credo
che i donatori prima di tutto dovrebbe essere più attenti ad un maggior
numero di cause sociali, ma questa è una cultura che in Italia non esiste
in quanto per anni la delega al sociale era data dal cittadino
esclusivamente allo stato o altri enti pubblici o religiosi.
17 Luglio 2008, Simona writes: Io credo che sia un messaggio molto forte e
molto realistico. E la spiegazione che gli do è forse cruda, ma quasi
matematica. La sensibilità verso gli animali nasce dal fatto che il legame
più o meno diretto con loro riguarda una gran fascia della popolazione. Il
mondo della disabilità (per fortuna da un lato) è un mondo che coinvolge
spesso solo i diretti interessati: le persone disabili, le loro famiglie e i
tecnici dei servizi. Pertanto la scelta di fare donazioni ad associazioni a
tutela animalista è più vicina, in una logica di numeri, a un numero di
persone molto più ampio e diversificato.
19 Luglio 2008, luciano zanin writes: Mah.... ho letto i commenti, tutti
molto interessanti ed approfonditi.... ma siamo sicuri, noi fundraisier, che
la "gente" quella di tutti i giorni, si ponga tutte queste domande e faccia di
queste analisi così sofisticate ed articolate? O ancora una volta, come
11
purtroppo spesso accade ci stiamo avvitando sulle nostre pippe mentali!
(scusate la franchezza). Io ho lavorato e lavoro per ONP che si occupano di
disabili (ops.. pardon... persone con disabilità) ed magari una campagna
simile si riuscisse a fare in Italia, significherebbe un po' di cose: 1) che le
onp che operano con e per persone con disabilità hanno smesso di autocensurarsi e finalmente sono "uscite dal buco nero culturale" nel quale
sono ancora spesso rinchiuse; 2) Che finalmente qualcuno prova a fare
qualcosa di nuovo (e come tutte le cose nuove è molto facile sbagliare....ma
inevitabile); 3) che qualcuno comincia anche a considerare il punto di vista
del donatore e non solo quello del beneficiario; 4) che finalmente c'è un po'
di consapevolezza dle fatto che non tutti saranno d'accordo, ma qualcuno
sì e son quelli che dobbiamo cercare...non si può piacere a tutti. 5) che
come esiste la pubblicità comparativa, esiste anche unacocmunicazione
fund raising oriented comparativa. Inoltre pernso che non si possa
valutare una singola campagna, ma vada inserita nel contesto (temporale,
ambientale, culturale, sociale ed economico) nel quale la stessa si svolg,
altrimenti discutiamo di ipotesi. Il mio pensiero? Campagne di questo,
fanno più bene dentro al mondo della disabilità, che fuori!!! Grazie
Francesco, sono lampi di speranza! Ciao
• 19 Luglio 2008, Francesco writes: grazie luciano per il tuo commento.
Forse di pubblicità comparativa nel fundraising ce ne vorrebbe per fare
crescere le eccellenze. Fu fatta una volta (da parte dello Ior - istituto
oncologico romagnolo con l'Airc come controparte) ma fu più il polverone
sollevato che il resto (leggete qui http://beta.vita.it/news/view/39516/) ciao
• 19 Luglio 2008, Alberto writes: Luciano, ho trovato il tuo intervento molto
interessante, anche se non lo condivido del tutto (ma è normale: in fondo
stiamo facendo un dibattito, no?): in particolare trovo significativa una tua
frase: "Campagne di questo, fanno più bene dentro al mondo della
disabilità, che fuori!!!". è vero, una strategia di comunicazione di questo
tipo potrebbe "galvanizzare" chi ha a che che fare con la disabilità, sia
come operatore che come donatore. ma quante NUOVE persone si
riuscirebbero a coinvolgere? Quanti invece, che magari si curano dei
problemi dell'ambiente, non penserebbero "allora si arrangino da soli". è
vero, avere dei nemici esterni rafforza l'unione di un gruppo: ma a lungo
andare ti rende solo. Che ne pensate?
• 19 Luglio 2008, luciano zanin writes: Ciao Francesco, rammento quella
occasione, ero a Milano ad un corso dalla Beatrice Lentati.... caspita son
già passati 4 anni! Come spesso accade in Italia il tutto finì in nulla....
mah.. ne abbiamo di strada da fare!!! Ciao
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Fundraising.it - Versione estiva
Inizia così l’estate di Fundraising.it. Una ventata di aria fresca nella grafica e
nelle possibilità di condividere idee e opinioni sul fundraising.
Le novità:
• possibilità di aggiungere la propria immagine ai commenti (basta
registrarsi gratis sul sito Gravatar.com per apparire con la propria
immagine nei commenti ai post)
• inserite nella guida al fundraising (dove sono cambiati i menu di
navigazione) subito leggibili le 47 Faq sul Fundraising (molto specifiche e
fatte veramente bene) e le Faq sulla privacy per il fundraising (utili
veramente per evitare problemi legati alla gestione della privacy)
• possibilità di condividere attraverso servizi di social bookmarking
attraverso il pulsante “Share This” posto alla fine di ogni singolo articolo
• nuovo pay-off del sito che crediamo sposi in pieno la logica del fundraising
e della condivisione di idee che sta alal base di Fundraising.it
• possibilità di inviare ad amici e stampare i singoli articoli grazie ai
pulsanti presenti alla fine di ogni singolo post
Abbiamo anche altre sorprese fra le quali alcune che stiamo terminando e che
vi avevamo annunciato a gennaio:
• Un software per gestire il database della tua organizzazione nonprofit (e
per “tararlo” sulle vostre esigenze avremo bisogno del vostro aiuto)
• Le faq del cause related marketing
• Guida al management di una organizzazione nonprofit (come gestirla,
cosa fare se…)
• Una guida alle erogazioni liberali semplice semplice, per capire cosa
comunicare della deducibilità ai tuoi donatori e come dirlo
E poi ce ne sono anche altre ma per ora non le sveliamo ci stiamo lavorando
sopra e siamo ancora all’inizio.
Commenti
• 15 Luglio 2008, Alberto writes: Quando decisi di avvicinarmi al mondo del
nonprofit, come prima cosa cercai su google "fundraising". fundraising.it
fu il primo risultato che venne fuori e da quel momento non me ne sono
più staccato. Grazie a questo sito ho imparato moltissimo, e tanto ancora
voglio imparare e condividere con gli altri lettori. Quindi vivi complimenti
a Francesco e a tutto lo staff per questo bellissimo sito e il suo nuovo look!
anche se le foto ad ogni articolo non mi dispiacevano... alla prossima!
• 16 Luglio 2008, Nicla writes: Ciao, volevo complimentarmi anch'io con
Francesco e tutto il suo staff per il bellissimo lavoro che stanno facendo.
bello il look che avete dato al nuovo sito. molto fruibile e semplice.
complimenti ancora e buon lavoro. nicla
14
• 16 Luglio 2008, Francesco writes: ciao alberto e ciao nicla, sulle foto per
ogni articolo posso dire che torneranno, forse non più tante come prima
ma torneranno specialmente con una maggiore relazione all'articolo e che
posson descrivere meglio quello che racconta l'articolo
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Integrare il fundraising online e offline
E’ oramai necessario pensare che la comunicazione di una organizzazione
nonprofit, di piccole dimensioni o di grandi dimensioni, con poche centinaia di
donatori a migliaia di donatori, deve per forza essere integrata.
Ma cosa vuol dire questa parola integrata?
Quando si avvia una operazione di direct mail è sempre necessario inserire i
riferimenti del proprio sito internet perchè magari il potenziale donatore vuole
approfondire il progetto che gli presenti anche sul sito dell’organizzazione dove la
stessa onp potrà approfondire idee e progetti che sicuramente non si riesce a fare
tramite il cartaceo (pensiamo solamente alla possibilità di inserire foto e video).
In questo senso conviene sempre inserire nel direct mail un link che possa essere
tracciato dal software di analisi del sito per vedere quante delle persone che
hanno ricevuto la lettera di richiesta donazione hanno poi visitato il sito internet.
A tale proposito negli Stati Uniti è stata svolta una ricerca da parte di Convio e
StrategicOne sul tema dell’integrazione fra online e offline. Cosa hanno scoperto?
• che i donatori che conoscono l’onp tramite molteplici canali di
comunicazione donano di più durante l’anno e sono più fedeli nel tempo
(continuano a donare anche successivamente)
• i donatori che conoscono l’onp tramite il direct mail ma si tengono in
contatto anche tramite e-newsletter ed il sito rinnovano la donazione
aumentandola di volta in volta
• i donatori che donano di più e più spesso sono quelli che donano sia online
sia via mail
• i donatori che hanno iniziato a donare solo via internet o via mail e dopo
sono stati ricontattati tramite un differente canale di comunicazione
hanno donato di più nel corso dei 12 mesi successivi
Cosa puoi fare tu dunque?
1. avere anche l’email di ogni donatore di cui si ha già l’indirizzo di casa o
lavoro
2. chiedere indirizzo email in ogni materiale di comunicazione sia cartaceo
che sul sito sia durante eventi speciali
3. creare landing page o micro-siti dove dirigere chi riceve una lettera di
richiesta di donazione in modo da poter coordinare al meglio i risultati del
direct mail
Leggi e scarica la ricerca dal sito di Convio
Commenti
• 16 Luglio 2008, Fabio Latino writes: Personalmente aggiungerei: prestare
molta attenzione al fatto che i codici creativi della comunicazione sui
diversi canali siano coerenti tra di loro, in modo che sia garantita
l'immediata riconoscibilità del soggetto. A volte vedo trascurato
completamente questo aspetto. Fabio
16
• 16 Luglio 2008, Francesco writes: grazie fabio per il tuo commento e per
condivedere la tua esperienza. ciao francesco
• 19 Luglio 2008, Vedi può essere facile? Basta integrare offline e online
writes: [...] Fabio Latino Una recente ricerca di Convio che ho trovato
citata da Francesco ha confermato l’importanza anche nel mondo delle
donazioni ad organizzazioni non profit di [...]
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Mi dai una definizione e qualche esempio di cause related
marketing? E serve per fare fundraising?
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FAQ
Il primo programma di cause related marketing (CRM) è stato realizzato nel
1983 dalla business unit Travel-Related Services di American Express, in
occasione di un progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà. In
tale circostanza American Express promise di donare un penny per ogni
transazione effettuata attraverso le carte di credito e un dollaro per ogni nuova
carta registrata nei primi tre mesi del 1983, effettuando in tal modo una
massiccia campagna di comunicazione diretta tanto ai clienti esistenti quanto a
quelli potenziali. I risultati furono sorprendenti, American Express registrò
un incremento del 28% nell’uso delle carte di credito rispetto allo stesso
periodo del 1982 ed un notevole incremento delle nuove adesioni. Il contributo
che American Express diede ad Ellis Island Foundation, per il restauro della
Statua della Libertà, fu di 1,7 milioni di dollari.
Questo progetto dell’American Express, consistente nel coniugare un’operazione
di marketing tesa al perseguimento di obiettivi di carattere puramente
commerciali ed al tempo stesso contribuire ad una causa sociale, quale il restauro
della Statua della Libertà, rappresenta la prima azione di quello che venne poi
definito, ad opera degli studiosi Varadarajan e Menon nel 1988, il “cause related
marketing”.
Sono, infatti, i sopraccitati due studiosi a proporre la prima definizione del cause
related marketing, al fine di fare chiarezza sul significato del termine, che fino a
quel momento era stato utilizzato indistintamente sia per indicare l’attività di
sales promotion legata alla causa sociale, sia come sinonimo di attività di
sponsorizzazione per una causa sociale.
La caratteristica principale del CRM
La caratteristica principale è connessione tra la donazione e la transazione di
un bene o servizio, i due studiosi definirono il cause related marketing come “un
processo di formulazione e implementazione di un’attività di marketing
caratterizzata dall’offerta dell’azienda di contribuire con una specifica somma per
una causa stabilita nel momento in cui un consumatore si impegna in uno
scambio economico che genera profitto all’impresa e che soddisfa gli obiettivi
dell’organizzazione e dell’individuo” (Varadarajan e Menon, 1988).
Sulla base della definizione proposta dagli autori si evince che il cause related
marketing:
1. è uno strumento che ha come principale obiettivo la promozione delle
vendite,
2. prevede l’utilizzo di tecniche di marketing per sostenere una causa sociale,
3. prevede che la donazione sia subordinata alla transazione e richiede la
partecipazione del consumatore.
Obiettivi dell’azienda in un progetto di CRM
1. associare il proprio prodotto ad una buona causa per migliorare la sua
immagine verso un particolare segmento di mercato,
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2. promuovere l’immagine dell’impresa come entità impegnata nel sociale e
quindi responsabile verso un più ampio segmento di mercato,
3. ottenere un incremento del profitto grazie all’aumento della propria quota
di mercato nel segmento target”.
Nel 1999 Sue Adkins (1999) descrive il CRM come un’attività aziendale volta
ad utilizzare tecniche strategie e risorse economiche del marketing per
supportare una causa sociale e allo stesso tempo promuovere obiettivi di
business. L’autrice sostiene, infatti, che interpretare il CRM come un programma
connesso strettamente alle vendite è limitativo e lo equipara ad un’attività troppo
commerciale. In realtà, secondo l’autrice, l’attività di sponsorizzazioni, direct
mail, pubblicità sono tutti aspetti che fanno parte del cause related marketing.
L’unico elemento veramente distintivo del CRM è la connessione tra i fini di
business ed una causa sociale. Il tal senso, il termine ha assunto un significato
più ampio fino ad abbracciare tutte le attività di corporate giving, che coinvolgono
il marketing dell’azienda.
In sintesi si possono individuare le seguenti caratteristiche distintive del cause
related marketing:
• è un’attività di marketing che ha il fine di integrare obiettivi di business e
obiettivi di solidarietà;
• è caratterizzata da una partnership e quindi da un accordo formale tra
un’organizzazione profit e un ente non profit;
• gli obiettivi di marketing non si limitano all’incremento delle vendite ma
possono essere anche di medio e lungo termine.
Il Cause Related Marketing in Italia
Per quanto riguarda il contesto italiano il primo marchio commerciale a
proporre un progetto di cause related marketing fu Dash nel 1987, con la
campagna “Mille lire per un mattone”, iniziativa in cui quest’ultima abbracciava
la causa sociale della realizzazione di un villaggio per ragazzi in Kenia. Tale
progetto ebbe in Italia un notevole successo, tanto che sulla scia di Dash furono
numerose le aziende che decisero di adottare strategie di cause related
marketing.
Attualmente in Italia, Sodalitas Network ed il Centro per lo Sviluppo della CSR
hanno realizzato una modellizzazione teorica delle operazioni di CRM,
individuandone i diversi approcci possibili.
1. Il Cause Related Marketing di transazione rappresenta la classica
forma di collaborazione commerciale in cui un’azienda profit contribuisce
all’attività o alla realizzazione di un progetto di una azienda non profit,
fornendo risorse finanziarie o materiali in proporzione al fatturato
derivante dalla collaborazione.
2. Il Cause Related Marketing di promozione della causa (o joint
promotion) è la forma più vicina alla sponsorizzazione e può
comprendere o no un trasferimento di risorse dall’azienda profit alla non
profit. Il prodotto in questo caso è utilizzato come mezzo per la
trasmissione della causa sostenuta dalla non profit. Operazioni di tal
genere sono quelle che vedono la presenza di messaggi o di opuscoli
informativi di una non profit in allegato al prodotto della partner profit.
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3. Il Cause Related Marketing di licensing attiene la concessione da
parte della non profit del proprio marchio in cambio della corrispettiva
quantificazione economica. Questa tipologia di Cause Related Marketing
assume la natura di un rapporto di fornitura, importante per l’azienda
profit al fine di qualificare il prodotto abbinato al marchio della non profit.
4. Il Cause Related Marketing di joint fund raising, mediante la quale
l’azienda garantisce il sostegno alla causa non profit ponendosi come
intermediario per la raccolta fondi tra i propri clienti e la non profit. In
queste operazioni le donazioni sono facoltative e l’ammontare definibile
individualmente. A volte, inoltre, il donatore può scegliere all’interno di
un paniere proposto dall’azienda profit, la non profit beneficiaria. Questa
tipologia viene utilizzata da aziende erogatrici di servizi come banche e
grande distribuzione.
A prescindere da tale classificazione, sono facilmente individuabili i due
elementi essenziali e caratterizzanti del cause related marketing, cioè:
• il contributo fornito a una causa sociale
• il perseguimento di obiettivi di natura commerciale.
Esempio della prima modalità di contribuzione alla causa sociale può essere
rappresentato dalla Vodafon-Omnitel, che ha realizzato l’iniziativa “Fermiamo
l’AIDS sul nascere” in collaborazione col CESVI, ente impegnato nella lotta alla
povertà. L’obiettivo del progetto ha riguardato la prevenzione della trasmissione
dell’HIV dalle mamme ai bambini nell’Africa sud-sahariana attraverso la
prevenzione, la cura farmacologica, il sostegno psicologico alla mamma e
l’assistenza alimentare al neonato. L’iniziativa si concretizzava nella possibilità
di inviare un sms del costo di un euro contenete un pensiero di solidarietà a un
numero dedicato; la somma raccolta è stata interamente devoluta alla causa.
Avon Cosmetics, multinazionale statunitense, leader mondiale nel settore dei
prodotti cosmetici, rappresenta un importante esempio della seconda modalità di
contribuzione alla causa sociale, in quanto ha reso parte integrante della propria
strategia la lotta contro in tumore al seno costituendo nel 1992 il “Fondo
mondiale per la salute delle donne”, che nella sua storia ha devoluto alla causa
250 milioni di dollari.
Un approccio intermedio alle due sopraccitate possibilità di contribuire alla causa
sociale è rappresentato dalla possibilità per l’impresa di non identificare a priori
gli enti non profit con i quali predisporre la propria campagna sociale,
richiedendo al pubblico di formulare proposte circa i soggetti da finanziare
oppure sollecitando la creazione di nuovi progetti. Un esempio di tale tipologia
d’approccio è fornito dalla Procter & Gamble che, nell’ottobre 2001, ha lanciato
“Un Aiuto per Crescere”, iniziativa indirizzata ai bambini con problemi di salute o
socialmente disagiati presenti in Italia. La Procter & Gamble ha messo a
disposizione di un Comitato aziendale appositamente costituito 775.000 euro da
destinarsi ad almeno 30 progetti del valore di 26.000 euro ciascuno. Una delle
principali novità introdotte da tale iniziativa è stata quella di coinvolgere
attivamente sia i consumatori che i dipendenti, quest’ultimi, infatti, potevano
partecipare non solo attraverso donazioni monetarie ma anche sollecitando
associazioni di volontariato a predisporre progetti finanziabili.
Il secondo elemento caratterizzante la definizione del cause related marketing è
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la ricerca di benefici di natura commerciale da parte dell’impresa.
E’ giusto ricordare che l’impresa che decide di avere un comportamento
socialmente responsabile non è una società di filantropi, né un ente di
beneficenza , ma è un’impresa moderna che, consapevole delle dinamiche
dell’attuale contesto economico e sociale, mette in atto una precisa strategia di
marketing, stanziando degli investimenti dai quali si attende di avere un
adeguato ritorno, o in assenza dei quali avrebbe maggiori danni o minori benefici.
Il cause related marketing rappresenta per l’impresa una strategia di marketing
e comunicazione tesa a migliorane l’immagine positiva. Quella che si instaura è
una relazione win-to-win in cui sia l’azienda promotrice che l’organizzazione non
profit traggono un beneficio in termini di valore creato a loro favore.
L’impresa, infatti, migliora, nel breve e/o nel medio-lungo periodo, i risultati
competitivi e reddituali sfruttando il fatto che i beni prodotti o i servizi fruiti,
acquisiscono, agli occhi dei consumatori sempre più sensibili ai valori sociali ed
etici che connotano il marchio o il bene specifico, una valenza superiore di ordine
immateriale; al contempo le organizzazioni non profit ricevono un sostegno al
perseguimento dei propri fini istituzionali.
Questa logica win-win è a tal punto considerata indispensabile che la sua
mancanza pregiudica la stessa classificazione di un progetto di carattere sociale
fra quelli definibili di cause related marketing.
[La foto relativa a questo articolo è relativa proprio ad un progetto di cause
related marketing di CBM Italia di cui puoi avere più informazioni cliccando qui]
Commenti
• 20 Luglio 2008, Alberto writes: Completo, esaustivo e pieno di spunti: è
per articoli come questo che considero fundrasing.it un appuntamento
fisso. grazie per averlo pubblicato!
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Dona, non dona o donerà? Le scelte del donatore
Ecco le tre “mosse” che può fare un donatore e le azioni che il fundraiser può
fare per “rispondere” e migliorare il suo rapporto e conoscenza con il donatore:
• Aumenta la donazione: sono quei donatori che già donano su base mensile,
o ogni due-quattro mesi o ogni anno. Ora aumentano la loro donazione.
Prova a metterti nei loro panni, probabilmente il donatore che aumenta la
donazione è veramente contento di farlo e dunque il tuo compito è quello
di “non rovinargli la festa”. Cosa fare? Devi ringraziarlo per aver
aumentato questa sua donazione, far vedere che tu lo consideri un
donatore importante, specialmente perchè magari ha donato di più di
quello che gli avevi chiesto in un mailing precedente.
• Diminuisce la donazione: qui iniziano i pensieri di un fundraiser. Quali
domande porsi? Sarà una crisi finanziaria temporanea oppure ha trovato
un’altra organizzazione da sostenere? Se sono tanti i donatori che
diminuiscono la loro donazione allora forse è tempo di una riflessione
seria nel tuo ufficio fundraising
• Non dona più: metti il caso che il donatore che si è impegnato in una
donazione mensile (magari non attraverso RID) non invii più la sua
donazione per almeno due mesi. Cosa fare? Forse è meglio chiamarlo: può
essere stata una dimenticanza ma è sempre meglio chiamarlo per chiedere
le ragione e magari rispondere alle domande del donatore (chissà magari
non è stato contento dell’ultima relazione che l’organizzazione nonprofit
ha inviato e dunque ha smesso di donare!)
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Trovare fondi per una causa difficile
Un bel giorno Shannon Nickerson, un simpatizzante della Canadian Cancer
Society, ha deciso di aprire un gruppo sul social network Facebook che
condividesse in modo simpatico l’attenzione al tumore al colon retto (per cui
Shannon aveva perso un caro amico di famiglia): certamente non una causa
facilissima da promuovere.
Il gruppo su Facebook è stato creato nel Maggio 2007 ed ha avuto subito un
grande successo perchè Shannon ha chiesto di condividere qualche cosa…una
foto del proprio sedere!!!
Più di 100 persone hanno risposto inviando foto che sono state inserite nel
poster che vedete qui sotto e che è stato messo in vendita per raccogliere fondi.
Ad oggi i membri del gruppo “Show your bum for colorectal cancer research” sono
1824 (tant’è che oramai è diventato un vero e proprio forum per persone affette
da questa forma di tumore) e grazie a questa iniziativa la campagna di
sensibilizzazione sui tumori al colon retto ha raccolto circa 4.000 dollari canadesi
ed è inoltrestata creata una mostra di fotografie che viene esposta in varie mostre
e recentemente il governo della provincia della NOva Scotia ha destinato 2
milioni e 700 mila dollari canadesi a sostegno dello screening per questa forma di
tumore.
P.S.: se navighi su Facebook nel gruppo sul cancro al colon retto troverai anche
una “Colorectal surgeon song”
P.S.2: questo cosa ci insegna? Che si pò integrare con un po’ di successo una
idea nata online con una raccolta fondi offline / che su internet è necessario far
condividere qualche cosa alle persone (e qui i social network insegnano e danno
tanti strumenti ad hoc).
Commenti
• 26 Giugno 2008, claudio writes: Lo so, sono off-topic ma vi prego di
perdonarmi..avrei bisogno di un aiuto urgente x il 5 per mille. La nostra
associazione è una onlus di opzione, non essendo iscritta (ancora) all'albo
regionale. Ho contattato l’Agenzia delle Entrate per sapere come dovessi
compilare i campi del numero di iscrizione e della data della dichiarazione
sostitutiva di notorietà. Mi hanno risposto che come numero di iscrizione
devo inserire il numero di protocollo della loro comunicazione, con cui ci
informavano dell’iscrizione all'anagrafe ONLUS, mentre come data, la
data della nostra comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Vi pare sia la
giusta soluzione? E, inoltre,credete sia possibile allegare la comunicazione
ricevuta dall’Agenzia delle Entrate assieme alla dichiarazione sostitutiva
e alla fotocpia del documento?? ripeto..mi scuso di nuovo per l'off-topic, ma
il 30 giugno è arrivato e non vorremmo essere esclusi come l’anno scorso x
problemi formali! claudio.
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• 26 Giugno 2008, Francesco writes: ciao claudio, non ho capito bene. Se voi
non siete iscritti all'albo regionale delle onlus come fate a fornire il
numero di protocollo della comunicazione di iscrizione all'anagrafe onlus?
• 27 Giugno 2008, claudio writes: No..scusami mi sono spiegato male. Non
siamo iscritti all'albo regionale delle associazioni di volontariato (e quindi
non siamo onlus "di diritto"), ma siamo iscritti presso la Direzione
Regionale delle Entrate, nell'Anagrafica ONLUS (perciò siamo onlus "di
opzione"...)
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