1/03 MARZO 2003 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia 2003-1 INDUSTRIA VICENTINA INDUSTRIA VICENTINA Dove nascono libri IL PAESE DEI i BALOCCHI In provinciaGIOSTRE, ci sono imprese che GIOCHI, TRENINI, si occupano di “far nascere i libri”. PELUCHE E GIOCATTOLI: Stampandoli o mettendo loro ECCO L’INDUSTRIA il “vestito della festa” DEL DIVERTIMENTO AriaVALLE di AltoINCANTATA Vicentino LA Sull’asse Thiene-Schio-Valdagno C’È UN POLO DELLE FORGE vive un vicentino su tre. Gli orientamenti DENTRO LA VAL D’ASTICO e gli umori di un’area che cerca E UN’INDUSTRIA CHE VIVE occasioni per lavorare in squadra PROTETTA DAI MONTI Ecco Samorin, per esempio QUANTE BELLE ITALIE Vicenza guarda alla Slovacchia: ILVO DIAMANTI COMMENTA a Samorin un “parco tecnologico LA MAPPA DIdiUN’ITALIA e industriale” aziende vicentine CHE GIRA A PIÙeVELOCITÀ della meccanica dell'elettronica NOVECENTO VICENTINO A colloquio con Fernando Bandini, UN SECOLO DI ARTE nuovo presidente dell'Accademia IN MOSTRA Olimpica, daGRAZIE 150 anni punto di ALLE COLLEZIONI PRIVATE riferimento per la cultura vicentina La nuova Accademia Rilanciare la competitività N CORSIVO vità”: dell’Italia, ella mia vita di “Il concetto al centro dei della regione, della imprenditore, provincia, delle imè la prima volta che miei anni di presidenza prese. Mai come in mi capita di vedere dell’Associazione - dice questo momento una situazione così Valentino Ziche, nel avremmo bisogno instabile, senza aldi un sistema istitucun strumento per chiudere il suo mandato zionale efficiente, capire cosa succeè stato quello stabile, coeso, di derà domani. Non ruoli chiari e definiappena si crede di della competitività”. aver messo sotto controllo un problema, ti, e di un progetto-Paese da perseguire ne emerge uno di nuovo da un’altra con coerenza e fermezza. parte del pianeta. Di una cosa siamo La crescente e temibile concorrenza deltutti certi: la ripresa economica, attesa la Cina, un’economia mondiale a rischio da tempo e spesso invocata, va rinviata recessione, la crisi dell’idea di Unione Europea e la fragilità del Sistema Italia: di almeno un anno. La fiducia è oggi la vera risorsa che questi sono i componenti dello scenario manca, ma senza una forte iniezione di con il quale dobbiamo fare i conti. fiducia il compito di riavviare l’econo- Se questo è il contesto, quali sono le scelte da fare? Occorre creare le condimia sarà una missione impossibile. In un simile scenario, denso di ele- zioni che consentano alle imprese di menti negativi, l’Italia si presenta in crescere e all’Italia di essere più compeuna condizione di debolezza e di fragi- titiva. Occorre irrobustire i legami denlità: economica, politica, istituzionale. tro l’Unione Europea. C’è poi una terza Ancora prigioniera di un groviglio di area di scelte che concerne il mondo questioni che si trascina da decenni e produttivo: oggi le imprese per avere successo devono porsi almeno quattro sono tuttora irrisolte. Sulla vulnerabilità del nostro Paese han- obiettivi strategici: consolidare la preno puntato l’indice i principali organismi senza internazionale, adottare strumenti internazionali. Tutti ci hanno invitato ad finanziari più sofisticati, far crescere le intervenire rapidamente sui fattori che competenze manageriali interne e renpesano sul nostro futuro, a cominciare dere più efficiente la loro organizzazione, collaborare con altre aziende ed endallo smisurato debito pubblico. Rispetto agli altri stati europei, siamo trare a far parte di reti di imprese. meno attrezzati per affrontare le turbo- Il programma realizzato dalla nostra orlenze globali, e più rigidi e lenti nel co- ganizzazione nel corso del mio mandato gliere le opportunità di ripresa. In breve, ha preso lo spunto da questa analisi, con l’obiettivo di fare tutto il possibile soffriamo di un deficit di competitività. Se c’è un concetto sul quale ho sempre per migliorare la competitività del terriinsistito, e che è stato al centro dell’a- torio e delle imprese. zione associativa negli ultimi quattro Valentino Ziche anni, è proprio quello di “competitiPresidente Associazione industriali di Vicenza 1 SOMMARIO INDUSTRIA VICENTINA Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza. Direttore responsabile Stefano Pernigotti Coordinatore editoriale Stefano Tomasoni Hanno collaborato Ilvo Diamanti, Maurizio Mascarin, Filippo Nani; Gianmaria Pitton, Progetto grafico Patrizia Peruffo Stampa Tipografia Rumor S.p.A., Vicenza Pubblicità Oepi, Verona Editore Istituto promozionale per l’industria srl Piazza Castello, 3 - Vicenza Anno ventiduesimo Numero 1. Marzo 2003 Una copia E 4,00 Registrazione Tribunale di Vicenza n. 431 del 23.2.1982 Questo numero è stato stampato in 4.000 copie. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni senza autorizzazione e senza citare la fonte. FOTOGRAFIE Archivio Associazione industriali pag. 7, 9, 12, 13, 14, 31, 33, 35, 60, 61; Archivio Fiam Utensili 5, 10; Archivio Gruppo Lego 16, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25; Archivio Gruppo Mastrotto 11; Archivio Lafer 39; Archivio Luisa Silvestri bandini 46, 47, 48; Archivio Maurizio sangineto 50, 51, 52; Archivio Officine Munari 40; Archivio Primultini 36, 37; Archivio Riccardo Grotto 42, 43, 44; Archivio Ronda 38; cesare Gerolimetto 28, 34; Paolo Tomiello 26, 30, 32; Studio Dcr & Associati 58, 59; Volume “Carosello vicentino” di Walter Stefani (edizioni agorà) 54, 55, 56. Copertina: Gruppo Lego CORSIVO 1 Rilanciare la competitività Marano prosegue nella tradizione di famiglia, per produrre macchine e impianti per la lavorazione del legno. di Valentino Ziche FOCUS 5 Ecco Samorin, per esempio Vicenza guarda alla Slovacchia: l’Assindustria ha un accordo con la città di Samorin per realizzare in quell’area, poco distante da Bratislava, un “parco tecnologico e industriale” di aziende vicentine della meccanica e dell'elettronica. di Stefano Tomasoni ARGOMENTI 10 Hai un'idea? Mettila in Borsa È stata lanciata dalle associazioni industriali del Triveneto e si chiama “Borsa delle Idee”: vuole favorire l'incontro tra imprese e inventori, lanciare nuove idee e promuovere ricerca e innovazione. 12 Formazione in forma Passano per il Vicentino i due progetti più importanti che Confindustria sta lanciando nel campo della formazione: l’alternanza scuolalavoro e il club delle imprese formative. di Stefano Tomasoni 14 Lorenzo Maggio direttore dell’Associazione Dal 1979 ad oggi ha diretto il servizio commercio estero. VICENZA PRODUCE 16 Là dove nascono i libri All’interno del mondo variegato dell’industria della stampa, c’è, nel Vicentino, una serie di imprese che si occupa di “far nascere i libri”. In vario modo, stampandoli o mettendo loro il “vestito” finale attraverso la fase della legatoria. di Gianmaria Pitton ITINERARI INDUSTRIALI 26 Alto Vicentino, un terzo di provincia Sull’asse Schio-Thiene-Valdagno vive un vicentino su tre. Dalle voci di Ilvo Diamanti e dei rappresentanti locali degli industriali, ecco gli orientamenti e i problemi più sentiti in un’area che cerca sempre più occasioni per lavorare in unione di intenti. di Ilvo Diamanti, Fliippo Nani e Stefano Tomasoni IMPRESE 36 I tagliatori del legno A ottant’anni dalla nascita, la Primultini di 38 Scultura d'impresa Si può sposare l’amore per la propria azienda con forme di mecenatismo artistico particolari. I casi della Lafer di Schio e della Ronda di Zanè. di Stefano Tomasoni 40 Prodotti trattati bene I 35 anni delle Officine Munari, l’azienda di Zanè che costruisce impianti e macchine per il trattamento e la verniciatura delle superfici. PERSONAGGI 42 Il tastierista dei Genesis Riccardo Grotto, imprenditore conciario di Arzignano, fa parte di un complesso musicale con due originalità: suona solo musica dei mitici “Genesis” ed è nato via internet. di Maurizio Mascarin SOCIETÀ E CULTURA 46 La nuova Accademia Intervista a Fernando Bandini, nuovo presidente dell’Accademia Olimpica, istituzione che da 150 anni è un punto di riferimento per la cultura vicentina. di Maurizio Mascarin 50 Missionari nella rete Avviata dalla diocesi vicentina un’iniziativa unica nel suo genere: un portale internet dedicato alle missioni diocesane beriche nel mondo. Un progetto unico nel suo genere. 54 Casa Ricordi I ricordi della Vicenza degli ultimi cinquant’anni nelle parole di Walter Stefani, testimone di un’epoca e autore del libro “Carosello vicentino”. di Maurizio Mascarin 58 Segni del Novecento A Vicenza una mostra dedicata ai disegni, ai libri illustrati e alle incisioni che fanno parte della donazione Neri Pozza alla fondazione Cini di Venezia. RUBRICHE 60 Assoflash 63 Osservatorio Ecco Samorin, per esempio FOCUS 5 Vicenza guarda alla Slovacchia: l’Assindustria ha siglato un accordo con la città di Samorin per realizzare in quell’area un “parco tecnologico e industriale” di aziende vicentine della meccanica e dell’elettronica. U na firma, una stretta di mano e via. Vicenza guarda alla Slovacchia – per la precisione alla città di Samorin – per dare inizio ad un nuovo modo di concepire l’internazionalizzazione delle aziende e la diffusione del tessuto imprenditoriale vicentino in paesi di crescente interesse. L’Associazione industriali di Vicenza ha siglato un protocollo d’intesa con il Comune di Samorin, in Slovacchia, per la realizzazione in quell’area di un “parco tecnologico e industriale” destinato ad ospitare nel prossimo futuro un gruppo di aziende vicentine dei settori della meccanica e dell’elettronica. Si tratta del primo accordo in Italia tra un’associazione di imprenditori e una città straniera per portare imprese italiane a “fare distretto” in paesi esteri. L’accordo è stato firmato a Vicenza dal presidente dell’Associazione, Valentino Ziche, e dal sindaco di Samorin, Karoly Domsitz. “L’idea – spiega Valentino Ziche – è quella di esportare il modello industriale dei distretti all’origine del successo del Nordest. In pratica vorremmo cercare di duplicare in un altro contesto alcune delle filiere della nostra economia, e favorire l’insediamento di imprese collegate fra di loro da processi di produzione complementari, da rapporti di subfornitura”. Lo stimolo per avviare questa iniziativa è venuto dalle imprese dei settori metalmeccanico ed elettronico dell’Associazione. Settori il cui sviluppo è oggi limitato dalla scarsità di manodopera specializzata e di aree industriali. Le ragioni della scelta di Samorin Dopo una lunga attività di analisi la scelta è caduta sulla Slovacchia ed in FOCUS 6 “L’idea – spiega Valentino Ziche – è quella di esportare il modello industriale dei distretti all’origine del successo del Nordest. In pratica vorremmo cercare di duplicare in un altro contesto alcune delle filiere della nostra economia, e favorire l’insediamento di imprese collegate fra di loro da processi di produzione complementari, da rapporti di subfornitura”. particolare sulla città di Samorin, che dista appena una ventina di chilometri da Bratislava, la capitale del paese, e una settantina da Vienna. Un’area nel cuore della mitteleuropa, dunque: in totale, 750 chilometri da Vicenza, 720 dei quali costituiti da autostrade. “Le ragioni della scelta di Samorin sono diverse – dice il presidente Ziche –. Innanzitutto, c’è da tener conto delle agevolazioni finanziarie importanti che vanno ad aggiungersi a quelle italiane ed europee previste per la Slovacchia; il governo slovacco, ad esempio, può coprire, con contributi a fondo perduto, fino al 65% degli oneri da sostenere per l’urbanizzazione delle aree dedicate. Poi, c’è la possibilità di trovare aree industriali a costo contenuto e capannoni liberi da acquistare o da prendere in affitto; c’è la presenza in quell’area di manodopera preparata, in particolar modo nel campo della meccanica e dell’elettronica; c’è il basso costo della manodopera (mediamente un quinto rispetto all’Italia), ci sono costi dell’energia molto contenuti e ci sono vantaggi commerciali legati al prossimo ingresso della Slovacchia nell’Unione Europea e all’accordo (già operante) d’azzeramento delle tariffe doganali. C’è infine la posizione di centralità dell’area nel contesto di sviluppo dell’Europa centro-orientale”. Sulla scelta di Samorin hanno influito anche l’apertura dimostrata dalle autorità locali che, in questa fase iniziale del progetto, hanno messo a disposizione cinque ettari di terreno per il primo gruppo di imprese (una decina) che ha espresso interesse per avviare un insediamento produttivo in loco. In una seconda fase, sarà possibile contare sulla disponibilità di altri 45 ettari di terreno. “Siamo stati colpiti anche dall’approccio e dal clima che si respira nella città – osserva Massimo Calearo, vicepresidente dell’Associazione e promotore dell’accordo –. Samorin è una città di provincia proprio come Vicenza. E l’area a disposizione è adiacente al centro abitato, è servita bene dai mezzi di trasporto pubblico per il trasferimento del personale e presenta disponibilità energetiche adeguate alle necessità delle imprese che andranno ad insediarsi”. Tutti i fattori a favore della Slovacchia Fattori tecnici, culturali, produttivi, politici. C’è dunque tutta una serie di motivi che hanno portato verso la Slovacchia e fino a Samorin. Eccoli più in dettaglio. 7 I fattori tecnici, innanzitutto. Nella Repubblica slovacca erano concentrati i complessi industriali dell’ex Unione Sovietica (in particolare nei settori della meccanica e dell’elettronica) tecnologicamente più evoluti rispetto agli altri paesi. Pur avendo registrato negli ultimi anni un rallentamento negli aggiornamenti tecnologici degli impianti produttivi, le professionalità reperibili nel paese sono adeguatamente formate e possono pertanto essere rapidamente addestrate per l’utilizzo di più moderne tecnologie che verranno introdotte con l’avvio di nuove iniziative industriali. Attualmente la meccanica in Slovacchia occupa circa 130.000 lavoratori (26% dell’occupazione nazionale): le produzioni meccaniche della Slovacchia spaziano dai mezzi di trasporto (autovetture, mezzi pesanti, componentistica per autovetture e mezzi pesanti, mezzi ferroviari, navi, motori per l’aeronautica), ai mezzi per movimento terra, alle macchine utensili di piccole dimensioni e di precisione. L’elettrotecnica occupa circa 40.000 lavoratori (8% dell’occupazione slovacca). La tipologia di produzione nell’elettrotecnica è data per il 51% da macchine ed impianti elettrici, per il 27% da impianti e apparati radio, televisivi e di telecomunicazione mentre il restante 22% è rappresentato dalla produzione di macchine per ufficio, computer, apparati elettronici di misurazione, apparati per l’automazione di processi di produzione. Veniamo ai fattori culturali. La specializzazione produttiva e il livello tecnologico che avevano gli impianti produttivi della Repubblica slovacca, hanno indotto in passato a prestare molta attenzione alla formazione pro- Qui sopra, la firma dell’accordo, tra il presidente dell’Assindustria, Valentino Ziche, e il sindaco di Samorin, Karoly Domsitz, sotto lo sguardo di Massimo Calearo (primo da destra), vicepresidente dell’Associazione e promotore dell’accordo, e del direttore dell’Assindustria, Lorenzo Maggio (in piedi). FOCUS 8 fessionale della forza lavoro e pertanto anche attualmente la cultura professionale presenta standard decisamente elevati rispetto agli altri paesi dell’Est Europa, e questa professionalità è riconosciuta a livello mondiale, come testimonia la presenza di importanti gruppi industriali internazionali sia con propri stabilimenti nel paese che con accordi di collaborazione con aziende locali. Altro fattore importante è la buona integrazione del paese nel contesto internazionale. La Slovacchia fa già parte infatti dell’OECD e del WTO ed è tra i primi paesi candidati all’ade- I vantaggi specifici • Contributi erogati dallo Stato slovacco, nella misura massima del 70%, per l’urbanizzazione dell’area messa a disposizione dal Comune di Samorin • Un mix di costi più competitivi • Dinamiche salariali pianificate e controllate • Economia di distretto simile al quella del Nordest • Disponibilità di manodopera qualificata • Agevolazioni fiscali • Finanziamenti all’internazionalizzazione • Linee di credito dedicate I vantaggi logistici • Infrastrutture e collegamenti efficienti a costi competitivi • Collegamenti all’aeroporto con voli giornalieri verso le maggiori città europee • Collegamento alla rete stradale e ferroviaria europea, e al sistema di navigazione fluviale. sione all’Unione Europea e alla Nato. C’è poi da tener conto della stabilità politica del paese. La Slovacchia può contare su una sicura stabilità di carattere politico e macroeconomico con un rapido sviluppo registrato negli ultimi anni nel comparto industriale, un sistema bancario allineato agli standard europei e un contesto normativo sostanzialmente in armonia con gli standard comunitari. E infine c’è il fattore legato al basso costo dei fattori della produzione. Se è pur vero che il costo della manodopera reperibile in Slovacchia non è tra i più bassi che si possono riscontrare nei paesi dell’Est Europa è pur vero che il rapporto costo/professionalità della manodopera è tra i più interessanti. Se si limita il raffronto ai soli paesi confinanti quali Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria, la Slovacchia presenta un costo del lavoro più basso di almeno il 50%, e analogamente il costo delle energie quali gas ed energia elettrica si posizionano sul livello più basso dell’area. Va tenuto conto, infine, del fatto che per favorire il diffondersi nel paese di realtà industriali medio/piccole, le autorità centrali hanno previsto agevolazioni di varia natura sia destinate ai singoli investitori (sotto forma di crediti d’imposta parametrati agli investimenti realizzati, contributi per nuovi posti di lavoro creati, contributi per l’addestramento del personale) nonché incentivi destinati alle aggregazioni di imprenditori (sotto forma di contributi per l’urbanizzazione di aree che vengano destinate ad accogliere insediamenti produttivi). 9 L’Associazione sarà al fianco delle imprese Il “progetto Samorin” prevede il più ampio coinvolgimento della struttura dell’Associazione, per garantire il buon successo della fase di avvio dell’operazione e, soprattutto, la gestione successiva. “L’intenzione – spiega Calearo – è di accompagnare le aziende nel disbrigo di tutte le pratiche legali, amministrative e finanziarie, e di assisterle localmente attraverso un ufficio distaccato dell’Associazione, in tutti quegli adempimenti richiesti dall’avvio di un’attività industriale. Ci siamo resi conto che uno dei maggiori ostacoli incontrati dalle piccole e medie aziende venete nel loro processo di internazionalizzazione è rappresentato proprio dalla mancanza di strutture locali di appoggio. Non è sufficiente delocalizzare le singole imprese, occorre insieme delocalizzare le Associa- zioni industriali, e nello stesso tempo ricreare l’ambiente all’interno del quale quelle imprese sono cresciute”. Il progetto avviato tra la nostra provincia e Samorin utilizza tutti gli strumenti che il “Sistema Italia” ha da tempo proposto a supporto dell’internazionalizzazione dell’industria nazionale, cogliendo, tra l’altro, le opportunità offerte dalle aperture più volte dichiarate, dal Ministero delle attività produttive e dalla Simest, nei confronti dei progetti diretti ad esportare il modello dei distretti industriali italiani all’estero. Per le aziende vicentine tutto questo potrà tradursi in un radicale abbattimento dei costi d’investimento, combinando risorse nazionali con quelle offerte dalla Slovacchia, ed anche in più agevoli canali di penetrazione commerciale, nel cuore dell’Europa centro orientale. In alto, foto di gruppo per i protagonisti del Protocollo Stefano Tomasoni di Samorin. ARGOMENTI Hai un’idea? Mettila in Borsa 10 Lanciata dalle Associazioni industriali del Triveneto la “Borsa delle Idee” per favorire l’incontro tra imprese e inventori, lanciare nuove idee e promuovere la ricerca e l’innovazione. S i chiama “Borsa delle Idee”, la si trova su internet e servirà a favorire l'incontro tra il mondo dell'industria vicentino e gli inventori, a trovare canali di collegamento diretti tra chi produce e chi inventa nuove soluzioni tecniche e nuovi prodotti. A lanciarla sono le Associazioni Industriali del Triveneto tramite nordestimpresa.com, la società di servizi internet costituita appunto dalle Associazioni Industriali del Nordest. Una delle prime a partire con la “Borsa delle Idee” è stata l’Assindustria di Vicenza, che sul sito internet (www.assind.vi.it) mette a disposizione di aziende e inventori uno strumento originale – il primo del genere nel Veneto e forse in Italia – per promuovere la ricerca e l'innovazione. Uno stimolo determinante per la realizzazione della “Borsa” è venuto da Bruno Mastrotto, l'imprenditore a capo del Gruppo Mastrotto, che in Assindustria affianca Giordano Malfermo nel coordi- namento dell'Area innovazione e qualità. Con Mastrotto approfondiamo contenuti e spirito di questa iniziativa. - Che cos'è e cosa punta a fare la “Borsa delle Idee”? “È un servizio che vuole facilitare l'incontro tra domanda e offerta di tecnologia, raccogliendo proposte da sottoporre, via internet, a imprenditori interessati allo sviluppo di idee innovative. Il servizio verifica le proposte di nuove idee e invenzioni, inserisce i progetti valutati positivamente in una grande Banca Dati a disposizione delle imprese, promuove i progetti presso le imprese associate, supporta le imprese e gli inventori nella realizzazione dei progetti”. - Insomma, un anello di collegamento tra le imprese e la creatività di molti privati pieni di risorse e di idee... “Certo. La ‘Borsa delle Idee’ mette a disposizione degli inventori un bacino enorme di aziende potenzialmente interessate allo sviluppo di idee innovative. Il servizio è rivolto in prima battuta, tramite nordestimpresa.com, alle imprese associate del sistema confindustriale triveneto e si tratta già di oltre dodicimila aziende. Ciò significa che tutti i progetti pubblicati in rete nella Borsa saranno visibili per i primi sei mesi soltanto alle aziende del nostro sistema associativo. Poi, però, trascorsi i sei mesi, saranno consultabili anche dalle imprese non associate”. - Chi gestisce la Borsa delle Idee? “Le Associazioni Industriali del Triveneto garantiscono la gestione e il mantenimento del servizio tramite la società nordestimpresa.com, e l'attività di analisi delle proposte tramite la società BEP, che all’interno della Borsa si occupa dell’analisi e della valutazione preliminare delle proposte, del contatto con le aziende e della gestione delle trattative riguardanti il progetto. Nordest impresa.com fa da supervisore del servizio, curando la gestione del sito e l’organizzazione del database”. - Che tipo di proposta può essere inserita nella Borsa? “La proposta può riferirsi ad un prodotto, un servizio o un processo che sia innovativa ed originale. Possono essere anche inserite proposte relative a metodi di risoluzione di problemi, formule o a know-how in genere che possono trovare un'originale applicazione nel mondo delle imprese”. - Quanto dev’essere avanzato lo stadio di sviluppo al quale l'inventore ha portato una certa idea? “Questo non è importante per l’inserimento della proposta nella Borsa. Una specifica valutazione preliminare stabilirà quali tipi di interventi e risorse sono necessari per lo sfruttamento economico. Nella fase iniziale gli interventi puntano a colmare le eventuali lacune del progetto, a identificare le sue potenzialità di sviluppo e le aree di rischio. L’intervento dipende poi dalla complessità della proposta, dallo stato di avanzamento e dalle richieste dell'inventore”. - È necessario che la proposta sia brevettata? “No. È importante che sia in qualche modo innovativa per il contenuto tecnico, il mercato o per altri aspetti ancora, ed esclusiva, nel senso che il proponente deve essere realmente il 'proprietario' dell'invenzione”. - Un’azienda, o un’organizzazione, può inserire una proposta nella Borsa delle Idee? “Certo. Non solo inventori privati, ma anche aziende, Università e organizzazioni possono inserire la propria idea e cercare partner con i quali svilupparla. Uno degli obiettivi è quello di stimolare nuove forme di aggregazione tra le imprese che consentano di sfruttare al meglio tecnologie promettenti”. - È già possibile utilizzare la “Borsa”? “Certo. Perché cominci ad entrare a regime è necessario solamente che arrivino le prime proposte da parte degli inventori. Invito chi ha idee da proporre a farsi avanti e a contattare la Borsa delle Idee”. 11 Nella foto Bruno Mastrotto. ARGOMENTI Formazione in forma 12 Partono dal Veneto e passano per il Vicentino i due progetti più importanti che Confindustria sta lanciando nel campo della formazione: la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” e il “Club delle imprese formative”. P artono dal Veneto e passano per il Vicentino i due progetti più importanti che Confindustria sta lanciando nel campo della formazione: la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” e il “Club delle imprese formative”. A seguire questi due progetti, promossi a livello nazionale e già in fase d’avvio soprattutto in Veneto, sono due imprenditori vicentini: Silvio Fortuna, delegato di Confindustria per le attività formative e l’education, e Paolo Bastianello, chiamato dal presidente di Confindustria D’Amato a far parte del Comitato tecnico per l’education, presieduto proprio da Silvio Fortuna. Con Bastianello parliamo di queste due novità su cui il mondo industriale punta in modo deciso. – Qual è la “filosofia” alla base di questi progetti e dell’azione che più in generale state svolgendo in tema di formazione e rapporti con la scuola? “Si può riassumere nello slogan che Silvio Fortuna ha scelto per comunicare il nostro obiettivo di fondo: ringiovanire l’impresa con la formazione. Il nostro impegno è centrato proprio sui giovani e sulle imprese. In questo senso si muovono i due progetti che stiamo presentando in questi mesi, quello sull’alternanza scuola-lavoro e quello del Club delle imprese formatrici. – Spieghiamo intanto cos’è l’alternanza scuola-lavoro… “È un nuovo modo di concepire la cultura e il ruolo formativo dell’impresa. Non si riduce alla realizzazione di qualche stage, né al solo apprendistato: costituisce una vera e propria combinazione di preparazione scolastica e di esperienze assistite sul posto di lavoro, preparate con la collaborazione delle imprese per mettere gli studenti in grado di acquisire attitudini, conoscenze e abilità per l’inserimento e lo sviluppo della loro profes- sionalità. L’alternanza supera la divisione tra teoria e pratica e ricostruisce l’unità tra apprendimento e vita reale”. – La riforma Moratti va in questa direzione? “La volontà di realizzare un vero sistema di alternanza scuola-lavoro è una delle novità più interessanti della proposta Moratti. Ora però occorre avviare una sperimentazione che coinvolga diverse tipologie di scuole e di imprese, sostenuta da un’adeguata campagna di informazione e orientamento ai ragazzi e alle famiglie”. – Qual’è il ruolo delle Associazioni industriali in questo? “Quello di collaborare con le scuole chiarendo quali sono le figure professionali richieste nel territorio, quali le competenze specifiche per ricoprire determinati ruoli e qual è il numero di giovani che le aziende possono ospitare”. – C’è un modello didattico ideale di alternanza formativa? “C’è una ‘via italiana’ all’alternanza che va seguita, ed è quella che prevede un’alternanza più leggera e una più consistente in base al numero di ore da passare in azienda, che lascia grande autonomia alle scuole, procede per moduli, valorizza le competenze trasversali, colma le carenze dell’attuale sistema scolastico, potenzia la figura del tutor”. – Non sembra un lavoro semplice… “Non lo è, infatti. Per avere successo è necessario che tutti – scuole, imprese e associazioni, sindacati, enti locali, Ministero dell’istruzione e Regioni – mostrino di avere finalmente superato le divisioni e acquisito una cultura della collaborazione. Dobbiamo pensare che a beneficiare di un efficace sistema di alternanza sono quelle migliaia di giovani tra i 15 e i 18 anni, quasi un terzo della loro classe di età, che escono oggi dal sistema scolastico senza diploma né qualifiche spendibili nel mercato del lavoro”. – L’altro progetto che con Confindustria state portando avanti è il Club delle imprese formative. Di che si tratta? “Il Club delle imprese formative ha lo scopo di far emergere il cosiddetto ‘sommerso formativo’ delle piccole e medie imprese e far crescere il loro investimento in formazione. In Italia le imprese che investono in formazione sono solo il 24%, contro una media europea che sfiora il 60%. E questo 24% è fatto per lo più di grandi imprese. Il fatto è che le nostre piccole imprese spesso la formazione, al proprio interno, la fanno, ma non lo sanno. Dobbiamo far emergere la consapevolezza degli investimenti realizzati di fatto nella formazione del proprio capitale umano”. – In che modo? “Innanzitutto con la cosiddetta formazione ‘on the job’, sul lavoro, per consentire un migliore trasferimento di saperi professionali. L’impresa è per natura un luogo formativo, ma non tutti sanno valorizzare questo aspetto. L’obiettivo è realizzare un modello che permetta alle imprese di mettere a frutto in maniera efficace ed efficiente il proprio patrimonio di conoscenze ed esperienze”. Stefano Tomasoni Paolo Bastianello, l’imprenditore vicentino che fa parte del Comitato tecnico per la formazione e l’education, costituito all’interno di Confindustria. 13 ARGOMENTI Lorenzo Maggio direttore dell’Associazione 14 Dal 1979 ad oggi ha diretto il servizio per il commercio estero dell’Associazione, funzione che lo ha portato ad intrattenere rapporti di lavoro con decine di paesi in tutto il mondo. L orenzo Maggio è da febbraio il direttore dell’Associazione industriali. È subentrato a Dino Menarin, ora presidente della Camera di commercio. Nato nel 1944 a Montebello, dove risiede attualmente, Lorenzo Maggio si è laureato in Scienze politiche all’Università di Pavia e si è specializzato in Economia e diritto del lavoro all’Università “Sacro Cuore” di Milano. Dal 1979 ad oggi ha diretto il servizio per il commercio estero dell’Assindustria, funzione che lo ha portato a visitare e a intrattenere rapporti di lavoro con decine di paesi in tutto il mondo, oltre che a predisporre direttamente importanti accordi di collaborazione con innumerevoli istituzioni estere. Membro di diverse commissioni nazionali e di comitati scientifici di Confindustria, Maggio è il responsabile dell’Area internazionale della Federazione regionale degli Industriali del Veneto e dell’Unità territoriale per il triveneto dello Schema di concertazione interistituzionale per la cooperazione economica, scientifica e tecnica internazionale. Fra le altre esperienze più significative sono da segnalare l’appartenenza alla task force del Nord Est per la ricostruzione dei Balcani, la costituzione a Vicenza di un Euro Info Centre (punto di informazione dei programmi della Comunità Europea), l’assistenza diretta al processo di privatizzazione di industrie locali in alcuni paesi dell’Est Europa. Uno dei progetti ai quali nell’ultimo periodo della sua attività come responsabile del commercio estero di Assindustria Vicenza ha dedicato molta attenzione, e che sarà una delle linee guida della nuova direzione, è l’assistenza alle imprese vicentine nel processo di affermazione e crescita sui mercati internazionali. Da segnalare a questo proposito il recente accordo con il comune di Samorin in Slovacchia, del quale è stato uno dei protagonisti. Relatore in Italia e all’estero a molti convegni su tematiche collegate ai temi del commercio e della cooperazione internazionale, Maggio è autore di varie pubblicazioni tecnico-scientifiche ed è inserito nell’elenco degli esperti “senior” dell’Unione Europea e della Banca Mondiale. PRODUCE VICENZA 16 All’interno del mondo variegato dell’industria della stampa, c’è, nel Vicentino, una serie di imprese che si occupa di “far nascere i libri”. In vario modo, stampandoli o mettendo loro il “vestito” finale attraverso la fase della legatoria. Là dove A nascono i libri Vicenza è mancata la Mondadori. Nel Veronese, com’è noto, la celeberrima casa editrice e tipografia ha creato un enorme indotto attorno a sé, tanto che oggi il distretto degli stampatori veronesi è probabilmente leader in Europa per qualità e per sviluppo delle tecniche stesse di stampa. Nel Vicentino, per varie ragioni, non c’è stata un’azienda che abbia svolto un ruolo paragonabile a quello della Mondadori, con il risultato che l’attuale Sezione carta, grafica e cartotecnica dell’Associazione industriali è una costellazione di realtà molto varie, sia come dimensioni, sia come attività: si va dalla stampa vera e propria alla legatoria, dalla cartotecnica agli imballaggi per gli usi e le destinazioni più diverse. Le industrie vicentine della stampa sono quindi un piccolo universo variegato, in grado – nel suo insieme – di realizzare pressoché qualsiasi prodotto stampato, ma che difficilmente si lascia ridurre a categorie generali. Con la consapevolezza di riuscire a descriverlo solo in parte, abbiamo scelto un “taglio” particolare: capire quali aziende vicentine producano libri, oppure si occupino di una delle fasi del confezionamento di un libro. Con una premessa: non esistono aziende vicentine che facciano solo libri; tutte le imprese del settore, in misura più o meno consistente, si dedicano anche ad altri tipi di stampati, vuoi la rivista, vuoi la brochure, vuoi l’opuscolo, vuoi il dépliant. Di soli libri, detto in breve, non si vive. Dai mulini ad acqua al laser termico Il nome più antico, quando si pensa al libro vicentino, è quello della famiglia Rumor. Il capostipite Giacomo fondò la tipografia nel 1881: la sede originaria era vicina a ponte Pusterla, perché si sfruttava il Bacchiglione per l’energia meccanica, prima con i mulini, poi per produrre l’energia elettrica attraverso le dinamo. “Da 122 anni la tipografia è guidata dalla stessa famiglia – dice Carlo Rumor, amministratore delegato della Tipografia Rumor e presidente della sezione carta, grafica, cartotecnica dell’Assindustria –. Tra i vari primati, abbiamo quello di aver fatto arrivare per primi le linotype in Italia. L’evoluzione della tecnologia ci ha costretto a trovare una nuova sede, dal 1988 siamo in zona industriale di Vicenza. E contemporaneamente la tipografia si è dedicata un po’ meno ai libri e un po’ più ad altri tipi di stampati”. Pur non avendo nel settore dei libri, grandi tirature (di rado si superano le 3.000–3.500 copie), la Tipografia Rumor ha conservato una grande attenzione al libro di qualità: “Lavoriamo per editori italiani e stranieri, i quali ci chie- Le industrie vicentine della stampa sono un piccolo universo variegato, in grado – nel suo insieme – di realizzare pressoché qualsiasi prodotto stampato, ma che difficilmente si lascia ridurre a categorie generali. Con la consapevolezza di riuscire a descriverlo solo in parte, abbiamo scelto un “taglio” particolare: capire quali aziende vicentine producano libri, oppure si occupino di una delle fasi del confezionamento di un libro. dono spesso prodotti particolari – spiega Rumor –. Per fare qualche esempio, abbiamo stampato il catalogo di una collezione di vetri di Murano che si trova negli Stati Uniti e il catalogo di una collezione di libri antichi di gastronomia, conservata in Svizzera. Sono evidentemente libri non destinati alla grande diffusione, anzi, si potrebbero definire prodotti di nicchia”. Però la Tipografia Rumor, nata nel cuore di Vicenza, si è messa anche al servizio della città pubblicando libri su vari aspetti della vicentinità, come “Vicenza città bellissima”, il volume per l’inaugurazione dell’orologio sulla Torre Bissara, la “Toponomastica di Vicenza”, il libro sulla basilica dei Santi Felice e Fortunato. “Curando queste opere nel miglior modo possibile – aggiunge Rumor – è come se restituissimo alla città, ai vicentini, quanto abbiamo ricevuto in più di un secolo di attività”. Trenta dipendenti, 4 milioni di euro di fatturato all’anno, la Tipografia Rumor racchiude in sé ogni fase del processo di 17 PRODUCE VICENZA 18 produzione di un libro, a partire dalla grafica e dalla pre-stampa, che avvengono interamente al computer, fino alla stampa vera e propria. “A parte la legatoria, facciamo tutto”, conferma Rumor. “Cerchiamo di tenerci aggiornati con i progressi della tecnologia, anche se questo richiede investimenti notevoli, perché le macchine sono molto costose. Però la qualità è a livelli altissimi: se non è la perfezione, manca davvero poco”. Una delle ultime novità è una macchina che ha reso inutile la pellicola, in quanto incide direttamente la lastra d’alluminio mediante un raggio laser. Il procedimento è questo: sulla lastra viene steso uno strato di un’emulsione particolare idrorepellente; il laser toglie le parti superflue; l’acqua bagna la lastra dove non c’è lo strato di emulsione, mentre l’inchiostro aderisce sulle parti asciutte. Rispetto alla pellicola, il procedimento è molto più veloce e molto meno soggetto ad errori. La Legatoria industriale Laghetto-Mazzatosta di Vicenza ha fatto un percorso diverso. Nata appunto come legatoria nel 1970, ha successivamente esteso l’attività anche alle altre fasi del processo di stampa, tanto che oggi, come spiega Giuseppe Laghetto, consigliere delegato dell'azienda, è in grado di gestire l’intera produzione di un libro, “dal manoscritto fino al prodotto pronto per andare in libreria. Praticamente compriamo solamente la materia prima, cioè la carta, la colla, il filo, la plastica per le copertine. A tutto il resto, cioè la lavorazione, siamo in grado di provvedere al nostro interno”. “Fino a quindici anni fa – continua Laghetto – il lavoro era abbastanza sicuro, potevamo contare su un numero di commesse sufficienti. Oggi invece stiamo attraversando un periodo di crisi generalizzata, siamo praticamente costretti a lavorare giorno per giorno. La programmazione è diventata estremamente difficile: le case editrici che sono nostre clienti non rischiano più le grandi tirature, temono che rimanga tutto in magazzino. Così stampano un po’ per volta: se il libro va bene, allora ci chiedono la ristampa; ma nel frattempo noi stampatori restiamo ad aspettare. Ormai non è più questione di concorrenza, ma di ore di lavoro che mancano”. Laghetto fa notare un paradosso: “Adesso ci sono molti più editori di qualche anno fa, ma sono perlopiù di piccole dimensioni e quindi ci commissionano tirature basse, quando avremmo – parlo per tutte le industrie vicentine del settore – la capacità di fare molto di più”. Per Giuseppe Zamperetti, titolare della Utvi Tipolito di Vicenza, è anche una questione di idee: “Se ripenso alla situazione di dieci, quindici anni fa – spiega – mi rendo conto che c’erano molte più idee, molte più iniziative editoriali dei generi più diversi. C’era entusiasmo, c’era fermento anche nello sperimentare cose nuove. Adesso ci si limita perlopiù alle piccole ristampe, si rifanno in continuazione cose già fatte, sembra quasi che tutti si siano adagiati. Per chi stampa, ciò significa l’impossibilità di fare una programmazione che vada oltre i tre mesi”. La Utvi Tipolito è stata fondata nel 1966: con Zamperetti c’erano altri quattro soci, tutti con esperienze tipografiche. Ciascuno portò le proprie conoscenze professionali e si diede vita a un’azienda – oggi con 18 addetti – che ha una gamma di produzione piuttosto vasta, pur prediligendo, per scelta, il libro e la rivista. La Utvi Tipolito è, caso non comune, anche casa editrice: “La nostra specializzazione – continua Zamperetti – è quella delle ristampe anastatiche. Stampiamo riproduzioni, con tiratura limitata, di libri di storia e guide di Vicenza ormai divenuti una rarità editoriale. Le anastatiche riguardano soprattutto opere di argomento vicentino”. Ma non ci sono solo le ristampe: “Poiché abbiamo mantenuto anche un settore commerciale – dice Zamperetti – siamo in grado, avendone la qualifica ufficiale, di essere editori per chi ha l’intenzione e la possibilità di stampare un proprio libro”. “Il mercato vuole velocità” Chiediamo a Giulio Olivotto, presidente del Gruppo Lego di Vicenza, i 19 PRODUCE VICENZA 20 “Internet e il digitale sono strumenti potenti e molto utili – dice il presidente della sezione carta, grafica e cartotecnica dell’Associazione – ma non al punto da poter sostituire del tutto i libri. Niente può sostituire le sensazioni che si hanno quando si girano le pagine di un libro”. Qui sotto, una riproduzione della Bibbia di Borso d’Este, la più famosa delle Bibbie miniate prodotte nel Rinascimento. motivi della crisi attuale dell’editoria. “È difficile capire da dove arrivi e dove vada – risponde –. L’incertezza continua, il volume di produzione è sempre mediamente insufficiente, come mediamente insufficiente è il prezzo. Se non subiamo pesantemente la concorrenza dei paesi asiatici, è perché loro sono penalizzati dai tempi di trasporto. Si reagisce cercando di migliorare la propria efficienza, e adattandosi alle richieste di un mercato sempre più esigente: oggi ci vengono date tre-quattro settimane per fare un libro, e due-tre settimane per le ristampe. Si capisce quanto sia difficile fare programmazione. La nostra sfida è dare un servizio veloce mantenendo la capacità di fare una programmazione tale da consentirci di assicurare l’efficienza”. Per comprendere la portata di questa affermazioni, bisogna ricordare che il Gruppo Lego è composto da quattro aziende, la Lego di Vicenza (340 addetti), la Eurografica di Marano (140), la Legoprint di Lavis (Trento, 200 addetti) e la Calderini di Ozzano (Bologna, 130 addetti), per un fatturato complessivo, previsto per il 2003, di 143 milioni di euro. La storia della maggiore industria vicentina nel settore della stampa comincia nel 1900, quando Pietro Olivotto si mette in proprio dopo aver lavorato come legatore. Riesce a comprare una pressa a vapore, che mette in cantina, e coinvolge nell’attività della legatoria tutta la famiglia, compreso il figlio Giovanni. Nel 1911 arriva il primo dipendente. Pietro muore nel ‘20, Giovanni trasferisce azienda e famiglia in uno stabilimento fatto costruire nella zona di Porta Nuova. Durante la seconda guerra mondiale l’edificio viene bombardato e crolla parzialmente: “In una foto dell’epoca – dice Giulio Olivotto – si intravede mia madre, ancora ‘morosa’ di mio padre, che guarda la voragine”. Il padre, Pietro, prende le redini della ditta che nel dopoguerra fiorisce, per effetto della massiccia diffusione della cultura popolare portata avanti da Fabbri, Rizzoli, Mondadori. Il boom economico dà alla gente i soldi per comprare i libri. Giulio Olivotto entra in azienda nel 1970: su pressione del padre, si dedica all’apertura alla clientela estera (prima la legatoria ven- deva solo in Italia), e vengono aperte le rappresentanze inglese (1974), tedesca (‘75), francese (‘78), americana (‘83). Cambia la vocazione dell’azienda: non più solo legatoria, ma una ditta in grado di fornire un servizio più completo. La crisi economica della metà degli anni Settanta (che segna tra l’altro il declino dei libri venduti a fascicoli) si somma per la Lego a una difficile situazione interna, dovuta a rapporti conflittuali con il sindacato. Se ne esce a metà degli anni Ottanta, quando finalmente per l'azienda si apre una nuova stagione, grazie soprattutto alla scelta di mantenere le rappresentanze all’estero: attualmente l’85% del fatturato è rivolto fuori dall’Italia. Negli anni Novanta Giulio Olivotto intraprende la politica delle acquisizioni di altre aziende del settore, prima l’Eurografica, poi la Legoprint, da ultima la Calderini. Nel 2002, il grande “salto”: da legatoria pura, la Lego diventa legatoria-stamperia, dotandosi di impianti ad alta capacità. “Ogni azienda del gruppo – spiega Olivotto – ha una propria specializzazione ed è in grado di agire autonomamente”. Alla storia centenaria di realtà come Rumor e Olivotto, fa da contraltare il percorso molto più recente, ma non meno interessante, di un’azienda come la Soso di Bolzano Vicentino. È stata creata nel 1981 come piccola tipografia artigianale da Ubaldo Soso, che non aveva alle spalle una tradizione di famiglia, ma solo la propria determinazione e un’esperienza accumulata fin da giovanissimo in una delle più vecchie tipografie vicentine, Dall’Amico di Sandrigo. Oggi, a 46 anni, guida un’azienda con 90 dipendenti, un fatturato annuo di 13 milioni di euro e due stabilimenti, quello di Bolzano per la pre-stampa e la stampa, e quello di Zanè per il confezionamento, le spedizioni e il magazzino. “La svolta – spiega Ubaldo Soso – c’è stata nel ‘94, quando è entrata in società la famiglia di Pierluigi Dalla Rovere. Assieme abbiamo ideato e condotto una politica di espansione della produzione, fino ad essere in grado di fornire qualsiasi tipo di stampato, dal biglietto da visita fino ai libri, ai cataloghi, agli espositori, ai poster”. Il punto di forza della Soso è l’elasticità, il dinamismo, frutto di una cultura imprenditoriale giovane. “Abbiamo puntato molto sul settore commerciale, grazie al quale riusciamo ancora ad avere una continuità di produzione, senza quegli sbalzi di cui soffrono altre aziende anche del Vicentino”. Soso fa notare un altro fattore di preoccupazione, la mancanza del ricambio generazionale per alcuni tipi di lavorazione: “Noi ospitiamo per gli stage gli studenti dell’istituto San Gaetano di Vicenza, ad esempio, perché siamo convin- La sezione carta, grafica e cartotecnica dell’Associazione industriali è una costellazione di realtà molto varie, sia come dimensioni, sia come attività: si va dalla stampa vera e propria alla legatoria, dalla cartotecnica agli imballaggi per gli usi e le destinazioni più diverse. PRODUCE VICENZA 22 ti dell’importanza di puntare sui giovani. Però ci rendiamo conto che la formazione scolastica, per così dire, è in ritardo rispetto alla realtà aziendale. Per quanto riguarda i procedimenti della stampa vera e propria, i ragazzi arrivano con una mentalità non più adeguata, e in una certa misura devono reimparare la gestione degli impianti e dei procedimenti. Senza contare che ci sono sempre meno giovani che intraprendono questo mestiere: la maggior parte è attratta dalla grafica, dal design, ma sembra che la stampa vera e propria non interessi più. Invece è un lavoro bellissimo, che può dare davvero grandi soddisfazioni”. Nel nome dei Remondini Concorda Giorgio Tassotti, della Grafiche Tassotti di Bassano del Grappa: “Quello della stampa sembra quasi un mestiere secondario. I giovani prendono in considerazione quasi esclusivamente quello che riguarda la grafica, o la pre- stampa più in generale, e il risultato è che ci sono sempre meno operatori delle macchine da stampa”. È stato lo stesso Giorgio Tassotti a fondare l’azienda nel 1957, prima come agenzia pubblicitaria a servizio completo. Nel periodo iniziale si appoggiava a stampatori locali, poi decise di fare da sé e cominciò ad acquistare macchine da stampa. Nel frattempo, Giorgio Tassotti si dedicava anche a studiare la produzione dei Remondini, che tra Settecento e Ottocento erano i più grandi stampatori d’Europa (arrivarono ad avere più di mille operai). Negli anni Settanta le carte decorative per legatoria e regalo con i motivi dei Remondini iniziarono a suscitare un interesse crescente, soprattutto all’estero; venne sviluppata l’oggettistica legata a questi temi. Di pari passo avanzava anche la produzione editoriale, fino alla decisione di traslocare – nel 1987 – nell’attuale sede in località San Lazzaro, dove sono impiegati trenta dipendenti, con un fatturato annuo di due milioni e mezzo di euro. “L’impegno editoriale vero e proprio è co- minciato nel 1984 con un accordo con la casa editrice Ghedina di Cortina d’Ampezzo – ricorda Tassotti – Nel 1997 la ragione sociale si trasformò in Tassotti Editore”. Oltre alle collane dedicate alla Grande Guerra, è stata riservata attenzione alle guide dedicate al tempo libero e agli itinerari di montagna, alla serie sulle città e sulle ville venete. L’attività più impegnativa sotto il profilo culturale riguarda i libri sulla storia della stampa, la cultura e le tradizioni popolari del Veneto: il maggior numero di testi è naturalmente dedicato ai Remondini, ma ci sono anche libri sugli artisti dell’incisione, le monografie di artisti contemporanei, i volumi sulla pittura murale esterna nella province venete. “Siamo un’azienda atipica – riconosce Giorgio Tassotti – perché lavoriamo solo per noi stessi, nel senso che non facciamo lavori per conto terzi. La produzione prevalente è quella delle carte decorate e dell’oggettistica, per la quale abbiamo aperto anche sei negozi nostri in Italia, però non intendiamo trascurare l’editoria vera e propria, per quanto risenta di una contrazione come tutti i beni di consumo voluttuari. Il nostro vantaggio è di produrre articoli per un mercato di nicchia, di livello medio-alto, che si rivolge a una clientela ben precisa e in buona parte straniera”. Secondo Tassotti, dall’Ottocento in poi – cioè con l’avvento delle linotype – non c’è stata alcuna novità sostanziale nel mondo della stampa. Per quanto perfezionato da un punto di vista tecnologico, il concetto di base del procedimento è rimasto lo stesso. La vera rivoluzione potrebbe essere rappresentata dalla stampa digitale, “verso la quale i tipografi e gli stampatori tradizionali hanno perlopiù un atteggiamento di diffidenza. Forse proprio per questo motivo chi sta lanciando la stampa digitale di solito non proviene dalla stampa tradizionale. Non vorrei però che stessimo commettendo un grande errore: i Remondini – conclude Tassotti – furono costretti a chiudere, alla fin fine, perché non accettarono mentalmente l’attivo della litografia. Potrebbe accadere lo stesso con la stampa digitale”. Nuove frontiere Uno dei pionieri della stampa digitale non solo nel Vicentino, ma in tutta Italia è stata la Selecta di Quinto Vicentino. Nata nel 1988, Selecta ha scelto la strada dell’investimento massiccio nella tecnologia digitale per offrire una serie completa di prodotti per la gestione della comunicazione, quali soluzioni per l’identificazione di prodotto, stampa ed invio di bollettazione, fatture ed estratti conto, gestione di manuali e libretti di istruzione delle apparecchiature, produzione di stampati commerciali e per il marketing. L’area produttiva si estende su 5000 metri quadri. PRODUCE VICENZA 24 Dal 2000 Selecta è diventata un gruppo con l’acquisizione e la creazione di nuove realtà in tutta Italia. Complessivamente, il gruppo dà lavoro a 250 persone e raggiunge un fatturato di circa 26 milioni di euro l’anno. “La maggior parte della nostra produzione di stampati riguarda il mondo dei cosiddetti ‘dati variabili’ – spiega Nicola Muraro, presidente del consiglio d’amministrazione di Selecta – Vale a dire, per rendere l’idea, le bollette, gli estratti conto, la cartelle tasse e cose di questo genere. Ciò significa che siamo orientati prevalentemente verso il business. È vero che la stampa digitale, rispetto a quella tradizionale in offset, permette di fare anche piccole tirature, ma per ammortizzare gli investimenti c’è comunque bisogno di saturare gli impianti: alla prova dei fatti, questa possibilità delle piccole tirature non ha mercato. È un fenomeno che ha registrato chiunque nel mondo si sia cimentato con la stampa digitale”. Gli sbocchi economicamente significativi si possono avere solo in settori molto particolari, quali le facoltà universitarie, oppure la ristampa di libri ormai fuori catalogo che sarebbe assurdo rimettere in produzione con i sistemi tradizionali. “Ci è stata chiesta la stampa di volumi piuttosto insoliti – conferma Muraro – rivolti a un pubblico di ‘super-nicchia’, se così si può dire. Questo non impedisce il fatto, peraltro, che su base annua gestiamo qualche migliaio di titoli, quasi tutti con queste caratteristiche di estrema settorialità”. Per quanto la scomparsa del libro cartaceo, stampato in digitale o in tradizionale, sia un evento ancora molto lontano, una delle frontiere dell’editoria è rappresentata da Internet. Non a caso, la Edithink di Marostica sta sviluppando anche questo settore, sfruttando il bagaglio di conoscenze in editoria elettronica accumulato dallo Studio Centro Edithink che nel 1996 si è fuso con la società di comunicazione Jonathan. Edithink è presieduta da Giampaolo Bonaguro e diretta da Enzo Di Vera, ed ha tra i propri partner anche la tipolitografia Soso. “Per quanto la nostra sia un’azienda ancora piccola – dice Di Vera – cerchiamo di essere una realtà multiforme, in grado cioè di operare in più settori. Offriamo al potenziale cliente la possibilità di esprimersi con più sistemi, dal catalogo stampato a quello in Cd-rom, dalla rivista alla brochure, dall’oggetto d’arredo al sito Internet”. La Edithink cerca e propone prodotti con un alto contenuto di originalità. Così è, ad esempio, per la linea “floccata”: prendendo spunto da un’idea già presente sul mercato, sono stati realizzati album con disegni da colorare, con la particolarità che le linee delle figure sono ricoperte da un sottile strato di velluto, in modo da creare delle “barriere” che impediscano al pennarello di uscire dai confini. Per il settore della cartoleria la Edithink ha creato vari oggetti dal design particolare: “Ci rivolgiamo a un mercato di nicchia – ammette Di Vera – con prodotti innovativi, apprezzati per il lavoro di progettazione che sta dietro”. Stesso discorso per i libri: la produzione editoriale di Edithink è limitata, per il momento, ma con libri curati in ogni dettaglio. “Adesso produciamo just-intime, cioè con vendita diretta alle aziende, alle associazioni, alle organizzazioni che ci chiedono il libro particolare. Pensiamo però di sviluppare varie collane – conclude Di Vera – con cui entrare nelle librerie. Ci attira, tra l’altro, la possibilità di tradurre libri specialistici dall’estero e farli conoscere in Italia”. Il libro, un piacere insostituibile In conclusione, sembra di poter dire che anche tra i produttori vicentini di libri si 25 ritrova quella compresenza di spirito imprenditoriale, creatività, caparbietà che sono i tratti distintivi dell’industria del Nordest. L’attaccamento alle proprie origini, alla propria terra, non impedisce di spostare lo sguardo in avanti e di pensare a cosa sarà del libro in futuro. La domanda che molti si fanno è se Internet possa rappresentare, in prospettiva, la morte del libro, se le tecnologie digitali finiranno con il soppiantare i volumi di carta. “La mia idea – osserva Carlo Rumor dal suo osservatorio di presidente della sezione carta, grafica e cartotecnica dell'Assindustria – è che Internet e il digitale siano strumenti potenti ed estremamente utili, ma non al punto da poter mai sostituire del tutto i libri. Un monitor, per quanto sofisticato, non potrà mai dare le stesse sensazioni che si hanno quando si girano le pagine di un libro, quando se ne tocca la carta, quando si sente il profumo della stampa. È un piacere inimitabile, che non deve andare perduto”. Gianmaria Pitton ITINERARI INDUSTRIALI 26 Sull’asse Valdagno - Schio - Thiene si sta sperimentando un’unione di intenti e di forze chiamato “polo Alto Vicentino”. Dalle voci di Ilvo Diamanti e dei rappresentanti locali degli Industriali, ecco gli orientamenti e i problemi di un’area che cerca di marciare unita. Alto Vicentino, un terzo di provincia I l Nordest non nasce nel vuoto, perché dietro di sé ha tradizioni di grande impresa, internazionalizzate, attente al rapporto con la società. Per questo l’Altovicentino è a sua volta esemplare. Perché è area di grande imprese, di grandi imprenditori, di grande storia, e di piccole imprese, piccoli imprenditori reciprocamente collegati. Per questo è significativo che, come alcune indagini hanno anticipato, l’Altovicen- tino, in misura più marcata, riveli alcuni segni di sofferenza nello sviluppo e nella prosecuzione di questo modello. Segni che, per questo, vanno osservati con grande attenzione. L’indagine Poster-Assindustria sugli orientamenti della società altovicentina, mostra con chiarezza che qualcosa, nel circuito virtuoso fra società, economia e territorio si è inceppato, in questa fase. Anzitutto, c’è preoccupazione per il mercato del lavoro: sia per la disoccupazione che per la carenza di manodopera. Problemi percepiti, contemporaneamente, in misura superiore ad altre zone del Veneto e della stessa provincia. Evidentemente la flessibilità del sistema produttivo determina incertezza in entrambi i sensi. La grande impresa, in fase di ulteriore riduzione degli occupati; la piccola impresa costretta a inseguire una domanda instabile, ma anch’essa incerta. In secondo luogo, i costi dello sviluppo, del successo economico, cominciano ad apparire meno sostenibili del passato, alla società locale. Per la prima volta, dopo anni, la gran parte dei veneti, degli altovicentini, teme l’ulteriore crescita della struttura produttiva. Un po’ per motivi ambientali; un po’ per motivi personali (si ambisce a Nell’Alto Vicentino, territorio convenzionalmente composto dalle città di Schio, Thiene e Valdagno e dalle loro aree, vive un terzo della popolazione vicentina e si trova una fetta importante del tessuto industriale provinciale. 27 vivere meglio, dopo tanti anni di sacrificio; soprattutto i più giovani). Così, una società abituata a “lavorare”, da sempre, non riesce più a vedere, nel risultato del lavoro senza fine, la soddisfazione delle sue attese, delle sue ambizioni. Il territorio non è più bello come un tempo, l’attività appare I problemi più sentiti nell’Alto Vicentino Tanto nell’Altovicentino quanto nell’intera provincia – dicono le rilevazioni ni chiave altovicentina del Rapporto sugli orientamenti della società vicentina realizzato lo scorso anno dall’istituto Poster e da Ilvo Diamanti per conto dell’Associazione Industriali – si ritiene prioritario il problema delle strade e della viabilità. Segue la criminalità in aumento che preoccupa, con un’identica percentuale per le due aree, ben il 29% dei cittadini. Grande rilevanza è data anche al degrado dell’ambiente e all’eccessiva urbanizzazione del territorio. Nell’Alto Vicentino la gente appare maggiormente preoccupati della disoccupazione, della burocrazia e soprattutto della caren- za di manodopera. Meno sentiti, invece, nell’Altovicentino i problemi connessi all’immigrazione e alla competitività sui mercati. Il 40,8% degli altovicentini ritiene che nel prossimo futuro bisogna fare più attenzione alla qualità dello sviluppo, anche a costo di ridurre il ritmo attuale della crescita economica, per non incorrere in un futuro infelice. Un ulteriore 36% è inoltre convinto che il benessere raggiunto possa bastare, ma che occorra saperlo mantenere e difenderlo. Una minoranza, comunque consistente e pari al 23%, è invece convinta che sia necessario non rallentare ma continuare a produrre e lavorare per non perdere la ricchezza acquisita. Nella foto grande, il Summano, monte tra Schio e Thiene, “a guardia” di ampia parte dell’Alto Vicentino. ITINERARI INDUSTRIALI defatigante, l’ambiente meno sicuro. Allo stesso tempo, mentre vorrebbe frenare la crescita produttiva, la società locale teme questa prospettiva. Teme la delocalizzazione. Che poi è una rilocalizzazione delle imprese, per rispondere alla carenza di spazio e di lavoro. Vorrebbe rallentare ritmo ed estensione del sistema produttivo, la società del Nordest; ma ne teme le conseguenze. 28 Nell’Alto Vicentino i Comuni godono di grande fiducia Il problema, quindi, è che siamo arrivati ai limiti. Perché la società non ha trovato risposte adeguate. Servizi, inUna veduta panoramica di una parte del Thienese, da Chiuppano fino ai Fra un anno come andranno le cose nell’Alto Vicentino? piedi dell’Altopiano. In Politica 1 Peggio 2 Uguale In Economia 3 Meglio Nel Lavoro 1 Peggio 2 Uguale 1 Peggio 2 Uguale 3 Meglio Sicurezza/ Criminalità 3 Meglio Fonte: Poster/Assindustria Vicenza, maggio 2002 1 Peggio 2 Uguale 3 Meglio Stella: “Pianificare città e territorio” Tre comuni: Schio, Thiene, Valdagno. E tre aree che insieme contano qualcosa come 250 mila abitanti, poco meno di un terzo dell’intera provincia. Tre comuni e tre aree così, se uniscono le forze e gli obiettivi, possono dialogare in modo forte con l’esterno. Con la Provincia, con la Regione, con le istituzioni in genere. Anche da Alberto Stella, presidente del Raggruppamento di Thiene dell’Associazione, arriva un messaggio all’insegna dell’“unione fa la forza”. Ma arriva anche un altro tipo di considerazioni. – A lungo si è semplificata la realtà altovicentina dicendo che Schio è città industriale e Thiene ha una vocazione più commerciale. Negli ultimi trent’anni peraltro questo territorio è diventato molto più omogeneo. Lei che ne pensa? “Dividere la nostra realtà in un’area a carattere industriale e in una a carattere commerciale è uno stereotipo. Qual è il modello produttivo intorno al quale il Nordest è cresciuto e oggi può continuare a svilupparsi? Quello della piccola e media impresa. E dove è nato questo modello? Non a Schio o a Valdagno, a ben guardare, ma semmai a Thiene, che dunque è stato un esempio ante litteram dello sviluppo industriale del Nordest. Schio e Valdagno hanno ruotato in passato intorno alla grande industria laniera; un’industria che negli ultimi vent’anni ha via via ridotto la propria incidenza sul tessuto economico e produttivo di queste aree, mentre è andata proliferando la piccola e media impresa, che è stata il tessuto industriale tipico di Thiene”. – Oggi che certi campanilismi sembrano messi finalmente in soffitta, Schio, Thiene e Valdagno si trovano a poter raccogliere davvero la sfida dell’integrazione… “Sono convinto che queste tre città rappresentano una forza, sia dal punto di vista economico che sociale. Gli amministratori locali lo hanno capito e stanno organizzando una gestione unitaria di tutta una serie di servizi. Del resto, i progetti per la viabilità, a partire dalla variante alla statale 349 che dal casello autostradale andrà alle Garziere, va favorendo la centralità dell’area tra Thiene e Schio anche per chi proviene dalla valle dell’Agno, che può collegarsi facilmente attraverso il tunnel dello Zovo. E proprio il tunnel è stato in questi anni un artefice di questa prospettiva di integrazione che sta crescendo. C’è tuttavia ancora poca mobilità tra la nostra zona e la valle dell’Agno: penso che una delle condizioni per aumentarla sia quella di abbassare il costo del transito della galleria”. – La viabilità come fulcro dell’integrazione, dunque? “Non solo. Un elemento strategico per favorire l’unione in chiave altovicentina è la sanità. È il tema sanitario quello che può unire in modo definitivo queste tre realtà. Se non si tocca la sanità, quelli sull’integrazione rimangono dei discorsi vuoti. Oggi su questo tema abbiamo un modello: imperfetto, ma c’è. Io ritengo che la prospettiva sia quella che l’Ulss 4 nella quale si trovano Thiene e Schio sia allargata anche a Valdagno”. 29 – Ma a chi ancora non crede nell’integrazione come strategia di sviluppo futura dell’area cosa si può rispondere? “Che l’integrazione serve, è importante per pianificare insieme, per organizzare le città e il territorio. È importante pianificare in un’ottica d’insieme, per affrontare problematiche comuni come la carenza di viabilità e di infrastrutture e la saturazione del territorio. La fase nuova che si apre può essere interessante”. – Cosa deve fare, secondo lei, l’Alto vicentino, per continuare a crescere anche in futuro? “Deve fare un progetto. Che non significa soltanto parlarne rifacendosi a modelli esterni, ma calarsi nella propria realtà. Lo strumento più interessante per farlo è quello urbanistico, con il quale si decide come progettare il territorio, le aree produttive, industriali, residenziali. S.T. ITINERARI INDUSTRIALI frastrutture, politiche urbane, territoriali e sociali. Fatica il doppio. Al lavoro e fuori. Si affida, per questo, alle risorse tradizionali: la famiglia, le associazioni, la comunità. Ai governi locali, soprattutto ai Comuni, che nell’Altovicentino godono di grande fiducia. Più che nel resto della provincia. Mentre lo Stato e la Regione, appaiono più lontani. Ma dare risposte rassicuranti è difficile, in questa fase. Anche perché altri segnali ci dicono che il rallentamento dello sviluppo, effettivamente, in qualche misura, si è avviato. Non nei termini e nei modi voluti e cercati dalla società locale, però. Un rallentamento imposto dall’esterno; dalla perdita di velocità delle esportazioni, dalla minore domanda dei mercati. Non è la crisi. Ma potrebbe innescare un’altra crisi. Il disorientamento di una società che, mentre pensa di ridimensionare e di regolare la crescita per ragioni di “qualità”, rischia invece di subire questa inversione di tendenza, per ragioni esterne. La contra- 30 Panorama su Schio e l’alta val Leogra, con in primo piano la Fabbrica Alta e sullo sfondo le Mi può dire quanto è soddisfatto dei seguenti aspetti della sua vita quotidiana? (% di coloro che provano Molta o Moltissima Soddisfazione – n° casi 800) Piccole Dolomiti. Alto Vicentino • Della Famiglia • Degli Amici • Del Lavoro • Del Tempo Libero • Del Livello d’Istruzione • Del Reddito Disponibile • Dell’Impegno Sociale Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002. % 92.0 79.3 75.9 72.0 56.4 49.8 44.6 Resto provincia % 90.4 75.0 73.5 68.3 51.2 47.5 41.3 Media provincia % 91.1 76.9 74.5 69.9 53.4 48.5 42.7 Ciscato: “Dobbiamo muoverci uniti” L’Alto Vicentino deve fare squadra. Muoversi unito e ragionare come area integrata. Deve farlo, e lo sta facendo. In maniera via via più corposa e concreta. Con risultati che si possono già vedere. Ne è convinto Mario Ciscato, presidente del Raggruppamento di Schio dell’Assindustria. – Il tema del “polo Alto Vicentino” ha ormai una quindicina d’anni di vita. C’è voluto del tempo, ma dalla fase iniziale della teoria sembra si sia arrivati lentamente a quella della pratica. Che ne pensa? “Mi sembra che in effetti ci sia più apertura, oggi, rispetto a qualche anno fa. Comuni che per tanti anni si sono fatti la guerra o sono rimasti comunque distanti, ora siedono intorno allo stesso tavolo per risolvere insieme i problemi reali del territorio e delle rispettive comunità. Per ottimizzare la fornitura di servizi essenziali come l’acqua, il gas, la raccolta dei rifiuti, sono sorti consorzi che uniscono intere aree. È allo studio la possibilità che il consorzio di polizia municipale di Schio venga allargato a Valdagno e Recoaro. Quando mai si sarebbe pensato possibile parlare in questi termini soltanto qualche anno fa? – Quello della sanità e degli ospedali è stato forse il terreno di maggiore attrito, in questi anni. E non tutto sembra ancora appianato… “Il piano di ridefinizione dei servizi sanitari dell’Ulss Alto Vicentino ha conosciuto tempi di polemiche anche aspre, di contrapposizioni dettate a volte da logiche di area, per non dire di campanili, ma di recente è stata corale, sia dalla parte di Schio che da quella di Thiene, la richiesta di con- ferma dell’attuale direttore generale dell’Ulss, segno che i contrasti sono stati appianati e si è giunti ad un consenso intorno alle scelte di fondo. Anche questo vuol dire che la volontà di camminare insieme diventa sempre più forte”. – Si è dunque capito che i problemi sono diventati comuni? “Credo di sì. È sempre più evidente che se ci si muove insieme si riesce ad affrontare meglio i problemi e a trovare soluzioni comuni. Ecco, da questo punto di vista mi pare che ci siano esempi reali del fatto che l’Alto Vicentino voglia crescere”. – Una sfida sempre più attuale arriva dal territorio, vicino alla saturazione sia abitativa che produttiva. Si può lavorare, sotto questo profilo, in chiave integrata? “Si può e si deve. Un esempio evidente di questo viene dalla zona industriale di Schio: un’area enorme, una città dell’industria che fa riferimento ad un bacino molto più ampio di quello comunale. Ed è giusto che sia così: non è più pensabile che ogni comune abbia una propria zona industriale. Il territorio va pianificato al meglio, senza sprechi, il che significa ragionare in termini complessivi di area, facendo sì che ogni realtà valorizzi le proprie caratteristiche. Ad Arsiero, per fare un esempio, si sta valutando la possibilità di creare zone residenziali che accolgano famiglie anche da fuori, puntando così a sviluppare una migliore qualità della vita: si è convinti che in futuro, quando ci saranno anche strutture viarie migliori, nella valle dell’Astico potranno esserci 31 opportunità appetibili per chi cerca una buona qualità di vita”. – Il rapporto Poster sull’Alto Vicentino evidenzia un’apparente incongruenza: pur in presenza di una palese carenza di manodopera, la gente dice di sentire come problema latente quello della disoccupazione. Come si spiega? “Oggi le aziende vanno specializzandosi, di conseguenza c’è l’esigenza di avere tecnici in grado di gestire impianti sempre più tecnologici. Ma è difficile trovare persone con una preparazione tecnica specializzata. Per contro, il mercato fatica ad assorbire i tanti giovani che mirano ad un lavoro legato all’ufficio. Quasi un giovane su due, in Italia, trova un primo lavoro non in relazione agli studi fatti, ma c’è anche da dire che molti giovani rifiutano un primo impiego diverso da quello cercato, per cui stanno a casa finché non trovano il lavoro che cercano”. Stefano Tomasoni ITINERARI INDUSTRIALI è passato. E la bussola dello sviluppo globale potrebbe, come è avvenuto altre volte, orientarsi altrove. Una rete di città nel cuore del Nordest 32 Il Pasubio, la “montagna Sacra” dell’Alto Vicentino, visto da Ponte Canale. zione dei mercati. Un problema al quale, anche volendo, difficilmente potrebbe rispondere, il Nordest, attraverso la fatica, il lavoro. Attraverso le logiche del passato. Perché il passato Per questo, comunque, il Nordest, l’Altovicentino deve guardarsi dentro, affrontare i suoi “limiti”, che spesso, fino ad oggi sono stati considerati risorse; sono diventati risorse. In primo luogo, deve andare oltre l’idea che l’economia, da sola possa regolare lo sviluppo; l’economia senza la politica e senza la società, diventa un vincolo, se il mercato flette, il territorio è saturo, la società inquieta. In secondo luogo, deve andare oltre all’idea che la società possa agire senza la politica; e che la politica possa risolversi in personalizzazione; un modello così intrecciato, fra livelli della realtà, deve aprirsi a forme di cooperazione: di programmazione negoziata. Favori- Qual è il problema più importante da affrontare oggi in provincia di Vicenza? (valori in percentuale – n° casi 800) Alto Vicentino • Strade e viabilità • Criminalità • Degrado ambientale • Immigrazione • Disoccupazione • Burocrazia • Carenza di manodopera • Competitività sui mercati Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002. % 31.0 29.2 10.2 7.8 10.1 8.9 2.6 0.2 Resto provincia % 32.7 29.2 11.8 9.9 6.6 7.5 1.3 1.0 Media provincia % 32.0 29.2 11.1 9.0 8.1 8.1 1.8 0.6 Scomparin: “Puntare sulla qualità” Nell’Alto Vicentino le preoccupazioni maggiori rimangono la viabilità e la criminalità, ma tra i temi che si ritiene prioritario affrontare ci sono anche carenza di manodopera e disoccupazione. Un apparente paradosso, quest’ultimo. Ne parliamo con Guido Scomparin, presidente del Raggruppamento di Valdagno dell’Associazione. – Dai risultati dell’indagine Poster risulta che l’Altovicentino è preoccupato della mancanza di manodopera, ma anche della disoccupazione. Come si spiega? “La nostra economia è passata da una fase di “protezione” ad una in cui è fondamentale e vitale confrontarsi quotidianamente con la globalizzazione. Con mercati più ampi dei nostri confini naturali. Questa è una opportunità da sfruttare. Per stare al passo dobbiamo fare uno sforzo e passare da un concetto di quantità – come è stato finora – ad uno di qualità. Nel senso che dobbiamo concentrare le nostre energie sul miglioramento non solo della qualità dei nostri prodotti, ma anche e soprattutto della qualità della formazione e della preparazione, sia degli imprenditori che dei lavoratori. È un tema strategico per mantenere il livello di benessere e qualità della vita del nostro territorio. Quanto al rischio disoccupazione, è reale e lo sarà di più se mancherà quello sforzo di adeguamento della nostra formazione. Dobbiamo sviluppare lavori di qualità, puntare sulla flessibilità e adattabilità, essere in grado di affrontare gli imprevisti e stare al passo di un cambiamento tecnologico che corre a ritmi un tempo impensabili. In una parola: puntare alla qualità totale del nostro lavoro perché non viviamo più in un’economia protetta dai nostri confini nazionali, ma ci confrontiamo ogni giorno con concorrenti che provengono da tutto il globo”. – E come spiega il fatto che anche la carenza di manodopera è un tema che preoccupa? “La mancanza di manodopera qualificata, e quindi la ricerca di professionalità sempre maggiore da parte delle imprese è un fatto inevitabile. Proprio per i cambiamenti a cui siamo sottoposti ogni giorno. Questa professionalità è da ricercare sia nei lavoratori che negli imprenditori. E pur vero che oggi molti lavori non vengono più svolti dai vicentini, e che molti processi produttivi, che possiamo dire “ripetitivi” vengono affidati ai lavoratori extracomunitari”. – E qui si apre il tema dell’integrazione. Un dato che emerge dalla ricerca è che l’Alto Vicentino non è allarmato dalla presenza degli extracomunitari, e che ritiene l’integrazione una cosa normale. “È un aspetto positivo, significa che la società multirazziale è diventata un dato di fatto per questo territorio. La nostra gente ha accolto in maniera positiva i lavoratori provenienti dagli altri paesi, e se attriti ci sono stati – e magari ci sono ancora – è dovuto per lo più alla necessità di fornire a queste persone le condizioni ottimali per vivere e lavorare da noi: la casa, anzitutto, e poi l’assistenza sanitaria. Il tema dell’integrazione è importantissimo: se la nostra società 33 è in grado di accogliere questi lavoratori nel modo migliore, fornirgli una casa e rispondere ai loro bisogni più elementari, possiamo anche prevenire quei fenomeni di emarginazione che poi provocano la criminalità: furti, rapine e quant’altro”. – La ricerca evidenzia che la delocalizzazione è vista prevalentemente in maniera negativa. Quale è il suo giudizio? “La delocalizzazione è un dato di fatto. Oggi molte imprese hanno spostato all’estero alcuni passaggi della produzione, soprattutto per una questione di costo del lavoro. Ma proprio per i concetti di flessibilità di cui abbiamo detto non dobbiamo stupirci di ciò. Anzi, dovremo abituarci ad essere sempre più presenti in tutto il mondo, anche fisicamente, aprendo filiali e uffici di rappresentanza in grado di tutelare, sviluppare e promuovere la nostra attività”. Filippo Nani ITINERARI INDUSTRIALI Panorama della vallata dell’Agno, sempre più parte integrante di un Alto Vicentino da Recoaro alle Bregonze. 34 Nella sua famiglia quali dei seguenti strumenti si usano abitualmente? (valori percentuali Alto Vicentino – n° casi 800) • Da due anni o più • Da meno di due anni • Totale utilizzatori • Previsto l’acquisto • Non lo possiede Telefono cellulare 66.2 13.5 79.7 0.4 20.0 Video VHS 75.3 5.8 81.1 1.7 17.2 Impianto stereo 59.9 6.2 66.1 1.7 32.3 Carta di Personal credito computer 42.7 36.8 5.7 11.1 48.4 47.9 2.3 3.1 49.3 49.0 Internet 21.9 15.0 36.9 4.9 58.2 Antenna satellitare 14.5 6.4 20.8 5.2 74.0 Fonte: Poster/Assindustriali Vicenza, maggio 2002. to in ciò dall’esistenza di una società forte, ma anche di amministrazioni locali che godono di grande consenso. In terzo luogo, deve superare il dualismo fra locale e globale. Rischia di essere schiacciata nel suo localismo da un mondo da cui ci si sente sempre più condizionati. Rischia di pensarsi come una somma di piccoli contesti locali, questa che è diventata una metropoli diffusa e inconsapevole. Per questo deve aprirsi, integrare contesti diversi, presentarsi attraverso reti di città: locali e globali. Prossime geograficamente ma anche per ragioni funzionali: mercato, cultura, ricerca. La grande città industriale dell’Altovicentino, ma anche la rete di città incardinata nel cuore del Nordest, che sfrutti le relazioni europee e non solo di quest’area. Ilvo Diamanti IMPRESE I tagliatori del legno 36 Primultini. A ottant’anni dalla nascita l’azienda di Marano prosegue nella tradizione di famiglia, per produrre macchine e impianti per la lavorazione del legno. L egni resinosi, duri o tropicali. Tronchi lunghi o corti, dritti o incurvati. Progettare e costruire macchine e impianti per la lavorazione del legno, alla Primultini è una tradizione di famiglia che dura da ottant’anni. La Primultini, fondata nel 1923 da Aristodemo Primultini, in molte parti del mondo è sinonimo di segheria. L’azienda iniziò la sua attività con la produzione di macchine per falegnameria. Aiutato dai suoi cinque figli, il fondatore sviluppò la produzione già nei primi anni di attività, arrivando prima della guerra a realizzare macchine che per allora erano già molto sofisticate, come le filatrici per lame da sega a nastro. Negli anni Trenta, così, la Primultini era già divenuta una delle ditte più conosciute ed apprezzate in Italia per pialle, tenonatrici, seghe a nastro, seghe circolari. La guerra vide tre dei cinque figli di Aristodemo partire per il fronte, ma un destino favorevole fece sì che tutti tornassero sani e salvi a casa, e così, a conflitto terminato, l’azienda poté contare su tutte le giovani forze della famiglia per ripartire di slancio. A partire dal 1946, dunque, la Primultini iniziò a specializzarsi nella costruzione di macchinari per segheria, sviluppando la tecnologia delle macchine con lame a nastro. Una scelta che si rivelò vincente fin dagli anni successivi, permettendo all’azienda di entrare nei mercati di tutto il mondo: in Europa, in Africa, in Suamerica, in Asia equatoriale, in Cina, negli Stati Uniti e in Russia. In quegli anni venne attivata una fonderia in ghisa per realizzare in casa le fusioni dei pezzi e superare così le difficoltà che si incontravano nell’approvvigionarsi del materiale all’esterno. Negli ultimi quarant’anni gli stabilimenti (sviluppatisi nella sede originaria di Marano), le risorse umane e le tecnologie di costruzione si sono sviluppate costantemente e oggi il marchio Primultini è uno dei leader mondiali con migliaia d’impianti che lavorano in più di cento paesi nel mondo. In azienda lavorano un centinaio d’addetti, ciascuno con una propria specializzazione ed esperienza. Con oltre cinquanta uffici commerciali e sette centri di assistenza con magazzino ricambi, distribuiti strategicamente nelle zone interessate alla trasformazione del legname, l’azienda fornisce un servizio di supporto tempestivo là dove serve. La direzione é sempre nelle mani della famiglia Primultini, ora coadiuvata dalla terza generazione. Le esigenze di presentarsi sul mercato in maniera efficace e completa, hanno spinto, negli anni Ottanta, la Primultini a fondare alcune ditte e uffici commerciali in Italia e nel mondo. Oggi, dunque, il gruppo è composto, oltre che dall’azienda di Marano Vicentino, da tre altre realtà produttive: la Mec-Legno, specializzata nella produzione di macchine per la manutenzione delle lame, con uno speciale reparto provvede alla revisione completa di macchine per segheria; la Pribo, azienda specializzata in consulenza, studio, progettazione e realizzazione di segherie chiavi in mano; la E.Gillet Technologies, azienda francese per la produzione di macchine per la lavorazione del legno. Al “compleanno” numero ottanta, dunque, la Primultini si presenta alla guida di una realtà articolata e dinamica. Un gruppo industriale che produce i più moderni macchinari e impianti per segheria, ma che ha legato molta parte della sua storia ad una macchina in particolare: la segatronchi. Un “fiore all’occhiello” che oggi viene prodotto in differenti misure e soluzioni tecniche, e secondo le esigenze di ciascun cliente, puntando sulla progettazione e realizzazione di macchine che raggiungano gli obiettivi di massima efficienza, minima perdita di materiale, elevata flessibilità di produzione e bassi costi aziendali. “Molti dei componenti delle nostre mac- 37 chine sono costruiti all’interno dello stabilimento per controllarne la qualità, aspetto che ci sta particolarmente a cuore – dice Carlo Primultini, uno dei titolari dell’azienda –. L’affidabilità delle macchine è uno dei nostri punti-chiave, specie nel campo delle segherie, dove le macchine caricano e segano ogni giorno tronchi del peso di diverse tonnellate. Le nostre macchine hanno una robustezza adatta alle dimensioni dei tronchi da segare; sono progettate e costruite per essere un tutt’uno con le automazioni e i trasportatori che le completano, sia in fase di alimentazione di tronchi sia in fase di scarico delle tavole segate, superando così il concetto di segheria artigianale per proporre un’unità industriale produttiva”. Nell’altra pagina e qui sopra, fasi di lavorazione interna. In alto, l’esterno dell’azienda. IMPRESE Scultura d’impresa S Aumentano i casi di imprenditori che sposano l’amore per la propria azienda con forme di mecenatismo artistico particolari. I casi della Lafer di Schio e della Ronda di Zanè. ono sempre più numerosi gli imprenditori che danno importanza, in azienda, non solo agli aspetti prettamente produttivi – com’è doveroso –, ma anche all’estetica e alla gradevolezza della struttura edilizia. Cresce, in altre parole, la ricerca del bello nella costruzione della fabbrica. Basta fare un giro tra le zone industriali meglio concepite della provincia per rendersene conto. La zona industriale di Schio e dintorni (Zanè, Santorso) è forse l’esempio più evidente di questa trasformazione: negli ultimi dieci anni si è diffuso a macchia d’olio un indubbio gusto architettonico che nella costruzione di molti insediamenti produttivi è stato attento a sposare tecnologia, estetica e funzionalità. Una tendenza alla qualità e all’immagine esterna dell’azienda ha preso dunque il posto del capannone prefabbricato privo di distinzioni precise tra spazio della produzione e spazio direzionale. Da ultimo, all’attenzione crescente verso un’architettura industriale che unisca il gusto del bello a quello dell’ergonomia degli spazi e della qualità della vita nel luogo di lavoro, si va affiancando una parallela attenzione da parte di alcuni imprenditori ad aspetti ancor più particolari, che sposano l’amore per la propria azienda con una forma di mecenatismo artistico che evidenzia una tutt’altro che scontata sensibilità culturale. Ci riferiamo a quei casi di imprenditori che commissionano ad artisti la realizzazione di opere d’arte ideate espressamente per trovare spazio all’interno dell’azienda. Due di questi casi si incontrano alla Ronda di Zanè e alla Lafer di Schio. Un nocchiere di pietra e acciaio per la Ronda La Ronda produce articoli in acciaio inossidabile e occupa 180 addetti. Fondata da Carlo Ronda che ne è tuttora presidente, l’azienda vede ai vertici Giovanni Ronda come amministratore delegato, Silvano Guarda come direttore generale e altri due figli del fondatore, Marida e Cristina. Alla famiglia Ronda fanno capo inoltre Inox Tech, azienda di Lendinara che produce tubi in acciaio inox per pipeline e gasdotti, e la Ronda HiTech che realizza prodotti in fibra di carbonio. Alcuni anni fa i titolari hanno commissionato allo scultore vicentino Maurizio D’Agostini un’opera da collocare davanti alla facciata dell’azienda, accanto all’ingresso. D’Agostini scolpì così “Il nocchiere”, un’opera in pietra di Vicenza e acciaio che rappresenta una figura fiera e ieratica colta sulla tolda di una nave che si immagina navigare verso nuove méte. Evidente il riferimento del nocchiere all’imprenditore, sempre rivolto verso nuove conquiste, e della nave all’azienda, tutta tesa per sua natura verso nuovi orizzonti. Chiari i simbolismi anche nell’uso dei materiali: la pietra di Vicenza richiama l’ancoraggio dell’azienda al territorio e alla sua storia; l’acciaio inossidabile con cui è realizzata la vela della nave ricorda il materiale usato e trasformato in gran quantità ogni giorno dentro la fabbrica, segno dunque di tecnologia e identità. Perfetto l’inserimento della scultura nell’insieme architettonico dell’azienda, progettata alla fine degli anni Ottanta dall’arch. Roberto Ronda, anch’egli figlio del fondatore Carlo. Una ricerca architettonica, quella evidente nell’esterno della sede, voluta per comunicare un’immagine dell’azienda basata sull’innovazione, la capacità creativa e la bellezza delle forme e dell’eleganza. La forza del bronzo nella donna della Lafer La Lafer di Schio, azienda che produce macchine per finissaggio tessile, ha commissionato alla scultore Lucio Scortegagna la realizzazione di una statua in bronzo raffigurante una donna statuaria e imponente, una figura plastica che richiama ad una simbologia teutonica e che esprime forza e vigore. La scultura è stata posizionata all’esterno della facciata dell’azienda, ad accogliere chi entra offrendo subito una sensazione di concretezza ed efficienza. La statua, alta 190 centimetri e realizzata interamente in bronzo, non può passare inosservata. È stata posizionata se- miseduta su un muretto che cinge una fontana e ha alle spalle un angolo di vegetazione orientaleggiante che crea, nell’insieme, una composizione artistica capace di dare un senso di ordine e di pulizia che si rifà alla pulizia formale e modernista della facciata aziendale. Il materiale usato per l’opera, il bronzo, è ideale per “eternare” un’opera d’arte e sembra dunque attribuire alla scultura, e indirettamente anche al prodotto tecnologico che esce dall’azienda, un significato di durevolezza e stabilità. È come se la “donna teutonica” (così ci piace chiamarla) di Scortegagna (di cui segnaliamo una mostra che sarà allestita a Thiene dal 24 maggio al 15 giugno), nella sua sintesi figurativa e nella sua voluta (e dunque proporzionata) sproporzione, fosse legata a doppio filo a quella storia industriale e a quel concetto di lavoro che fa parte della cultura e della tradizione scledense e altovicentina dai tempi di Nicolò Tron e di Alessandro Rossi fino ad oggi. S.T. Nell’altra pagina, la scultura di D’Agostini alla Ronda. Qui sotto, la statua di Scortegagna alla Ronda. 39 Prodotti trattati bene IMPRESE T Officine Munari. Trentacinque anni di tradizione nella costruzione di impianti e macchine per il trattamento e la verniciatura delle superfici. In alto, un impianto prodotto dalle Officine Munari; sotto, l’esterno dell’azienda. rentacinque anni di tradizione e successi nella costruzione di impianti e macchine per il trattamento e la verniciatura delle superfici. È questo il traguardo raggiunto dalle Officine Munari, azienda di Zanè che quest’anno festeggia appunto il suo trentacinquesimo anno di vita. L’azienda è stata fondata nel 1968 da Mario Munari per produrre, inizialmente, carpenteria per conto terzi, gruppi per riscaldare grandi ambienti e piccole cabine per verniciare elementi metallici e anche automobili. Negli anni Settanta l’attività si è ampliata agli impianti e cabine per verniciare i sanitari da bagno. Un po’ alla volta, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, la produzione si è poi spostata verso la realizzazione di impianti di maggiori dimensioni per verniciatura in polvere, e questa è la produzione attualmente di punta dell’azienda. Nella gamma di produzione dell’azienda rientrano impianti per lavaggio e sgrassaggio, impianti per pretrattamento, cabine per verniciatura, lavatrici industriali speciali, ca- bine box pressurizzate, forni a circolazione di aria calda, impianti per verniciatura ad immersione, cabine per applicazione e altro ancora. Le Officine Munari, partite trentacinque anni fa con un ristrettissimo numero di addetti e dunque a carattere prettamente artigianale, occupano oggi una quarantina di persone ed esportano circa un quarto della propria produzione, in modo strutturato sui mercati di tutta Europa e in modo più contingente nel resto del mondo. “La nostra è una produzione che porta ad avere clienti sempre nuovi – spiega Michele Munari, amministratore delegato e figlio del fondatore, che è tutt’oggi presidente dell’azienda (l’altro figlio, Massimiliano, è responsabile commerciale) – e dunque è importante poter rispondere a esigenze specifiche con impianti costruiti su misura, sempre comunque nel campo del lavaggio e della verniciatura di articoli soprattutto metallici”. Al traguardo dei trentacinque anni, le Officine Munari arrivano tenendo il timone ben fermo in direzione della qualità e dell’applicazione delle tecnologie d’avanguardia. “Puntiamo molto sulla capacità di saper percorrere le richieste del mercato, fornendo risposte alle più specifiche esigenze produttive – dice Michele Munari –. Naturalmente, in un campo come il nostro diventa importante anche investire in un impegno costante di assistenza al cliente, per questo il montaggio degli impianti e l’assistenza tecnica vengono effettuati direttamente da noi attraverso personale specializzato”. PERSONAGGI Il tastierista dei Genesis 42 Riccardo Grotto, imprenditore conciario di Arzignano, fa parte di un complesso musicale con due originalità: suona solo musica dei mitici “Genesis”, ed è nato via internet unendo cinque musicisti e appassionati originari da tutte le parti d’Italia. U na giovanile passione per la musica, un feeling per i suoni tecnologici e le atmosfere vocali di uno dei più carismatici gruppi rock dei mitici anni Settanta: i Genesis. “Da ragazzino studiavo in collegio, andavo a lezione di pianoforte, nel tempo libero tra amici si ascoltava parecchia musica: cassette dei King Crimson, degli Yes, degli Emerson Lake and Palmer… Tanta buona musica pop, ma un unico piccolo grande mito, quello dei Genesis, segnati dalla voce inconfondibile di Peter Gabriel prima, di Phil Collins poi, ma anche dai virtuosismi alle tastiere elettroniche (mellotron) di Tony Banks e del chitarrista Steve Hackett”. Non ha tradito questa sua passione musicale verso i Genesis, Riccardo Grotto, imprenditore arzignanese, vicepresiden- te della conceria Sirp che ha sede a Cologna Veneta e ad Arzignano ed ex presidente della sezione concia dell’Associazione industriali: per lui, quei ragazzotti inglesi dal pentagramma sofisticato – che negli anni dei Beatles, dei Rolling, degli Who, si esibivano ancora sconosciuti al grande pubblico nel tempio londinese del rock, il Friars di Aylesbury – oggi come ieri rimangono una fede, “non solo da ascoltare in CD – afferma – ma una fede musicale da praticare. Morale: quel ragazzino che allora “consumava” album e canzoni come “Nursery Creme”, “Seven Stones” ed “Harlequiem”, “Watcher of The Sky” (quest’ultimo è il brano d’apertura del famoso vinile Foxtrot, inciso nel 1972), alle soglie dei quarant’anni ha scoperto che, grazie anche alla potenza di internet, la sua passione per i Genesis poteva fare un salto di qualità. Detto fatto. Riccardo Grotto, musicista-tastierista che sa a memoria gran parte degli spartiti dei pezzi dei Genesis, nel giro di pochi mesi ha messo assieme, solo ed esclusivamente via e-mail, vedremo poi come, una band di cinque strumentisti: la Dusk e-b@nd, ovvero, come si legge nella didascalia dell’home page del loro sito internet (www.dusk-eband.it), “the passion for Genesis, the power of internet”. Un tributo ai Genesis, quello di Riccardo Grotto e Company. “Suoniamo solo i loro brani, in scaletta abbiamo un repertorio di circa due ore. Ci siamo già esibiti in concerto. Fa piacere che ci siano già dei nostri estimatori”. Nella vita di tutti i giorni, si diceva, Grotto dirige un’azienda conciaria, ma nel tempo libero si dà alla musica. “In una stanza di casa mi sono costruito tutto il mio mondo dei Genesis: CD, libri, pezzi di giornale, poster. In onore di Toni Banks, il tastierista del gruppo inglese, da qualche anno colleziono organi (su tutti primeggia il mitico Hammond), sintetizzatori, mellotron. Strumenti a tastiera che hanno fatto grandi i Genesis, davvero dei grandi maestri nel coniugare i suoni degli strumenti acustici con quelli elettronici”. Mentre si racconta, suona il cellulare. “Okay Dardo, ci vediamo sabato pomeriggio per le prove. Ricordati che dobbiamo provare e riprovare alcuni passaggi dei brani di “Selling England by the pound”. Il concerto di Forlì è ormai alle porte, il tempo stringe”. Il “Dardo” al telefonino è Dardo Binetti di Bari, di professione avvocato, un under quaranta fanatico dei Genesis nonché chitarra della “Dusk e-b@nd”. “Sì perché la nostra band ha alle spalle una storia curiosa, singolare; diciamo che siamo nati via internet, attraverso decine e decine di e-mail”, afferma Grotto. – Beh, a questo punto è meglio che ci spieghi… “Un anno fa nella mailing della ‘Dusk list’ è stata lanciata l’idea di dar vita ad un gruppo che cantasse, suonasse e interpretasse solo Genesis. L’idea mi ha stimolato, ho scritto e risposto ad una serie di mail. ‘Ciao ragazzi, sono Roberto. Io forse potrei cantare’. Quello era Roberto Capparucci, un professionista informatico di Roma che adesso è la nostra voce solista, il nostro… Peter Gabriel. Poi si è fatto avanti un tale Paolo. La sua mail era secca: ‘Se serve un bassista, io ci sono’. Con l’okay di Paolo Bonori da Rimini il gruppo è cresciuto. La “Dusk e-b@nd” è un gruppo di cinque trenta-quarantenni sparsi in tutta italia: oltre il vicentino Riccardo Grotto, ne fanno parte altri musicisti per passione provenienti da tutta Italia: Roma, Bari, Rimini e Bolzano. L’idea lanciata è diventata davvero un progetto. Dopo decine di mail, di interminabili telefonate la formazione è stata fatta: Dardo, Paolo, Roberto, il sottoscritto e Attilio Rovai, un programmatore informatico di Bolzano con l’hobby della batteria e delle percussioni”. – Dopodiché? “Qui arriva il bello, l’incoscienza. Dopo tante e-mail, trovata una sala prove ci siamo dati appuntamento a Rimini. Ci siamo visti tutti assieme per 43 PERSONAGGI 44 In apertura di servizio, Riccardo Grotto in concerto a Forlì. A pag. 43, il gruppo musicale al completo durante un’esibizione. Qui sopra, il disegnosimbolo della “Dusk eb@and”, probabile copertina dell’ormai prossimo primo CD del complesso musicale. la prima volta e ognuno ha fatto sentire il suo repertorio. Con soddisfazione abbiamo scoperto subito una grande sintonia, un grande affiatamento. Abbiamo scelto e assemblato i primi brani: ‘Dancing with the moolight knight’, ‘I know wath I like’, ‘The Battle of Epping Forest’. La verità? Dopo tre week end di prove, abbiamo debuttato in pubblico, alla facoltà di Medicina di Bologna. Per noi si è trattato di un piccolo grande successo. Abbiamo suonato i Genesis, la nostra musica, quella che ci sta nell’anima. Chi ci ha ascoltato, sempre via internet, ci ha detto che siamo in gamba, che interpretiamo i brani di Gabriel e company efficacemente, con buona tecnica. Per noi, musicisti per hobby, una grande soddisfazione”. – E adesso? “Ci siamo dati degli obiettivi: fare una decina di concerti all’anno e registrare, magari già entro quest’anno, un nostro CD”. – Una passione sfrenata per i Genesis, insomma… “Il rammarico è che il gruppo storico si è sciolto troppo presto. Io ho sentito dal vivo i Genesis solo una volta, quando si sono esibiti nel ‘96 al Palalido di Milano. Purtroppo quella era ormai una formazione “mutante” rispetto a quella originaria. Il cantante del gruppo era Ray Wilson, altra cosa rispetto alle voci di Gabriel o Collins. Del gruppo storico conservo comunque dei filmati, e lì si capisce perché Gabriel e Collins fanno parte della storia del rock”. – Tra i due, lei chi apprezza di piu? “Si tratta di due voci e di due personalità diverse. Gabriel ha una voce profonda, drammatica, solenne. È un artista, un istrione al servizio della musica. Quanto a Phil Collins, è certamente un grande interprete, ma più orientato al business di se stesso che alla ricerca musicale”. – Qual è l’album o il brano dei Genesis a cui non potrebbe rinunciare? “Non ci si può staccare da brani come ‘Firth of fifth’, ‘Second Out’, album come ‘Foxtrot’. Per chi ama la musica, per chi sa apprezzare la strumentalità dei Genesis questi sono brani che ti fanno venire la pelle d’oca”. Maurizio Mascarin SOCIETÀ E CULTURA La nuova Accademia 46 Intervista a Fernando Bandini, nuovo presidente dell’Accademia Olimpica, istituzione che è punto di riferimento per la cultura vicentina. È all’Antica Torre del Territorio (o Osservatorio, come recita la targa esterna), al civico 3 di largo Goethe, che ha sede la pluricentenaria Accademia Olimpica, fondata da 21 eruditi vicentini nel 1555. Ed è lì, in un ufficio sobrio dove campeggia una grande foto dello statista Mariano Rumor, che ci riceve Fernando Bandini, da qualche tempo presidente dell’autorevole Accademia. “Quello affidatomi è un incarico e un impegno che mi onora – commenta –. Per Vicenza, ma certamente non solo, l’Accademia Olimpica continua ad essere un punto di riferimento importante nell’ambito dei cammini culturali. L’immagine di questa Accademia è forte, autorevole, riconosciuta ai massimi livelli internazionali”. Poeta (la sua prima raccolta di versi, In modo lampante, edita da Neri Pozza, risale al 1962), traduttore e saggista (ha appena pubblicato per Mondadori un saggio sull’opera poetica di Pierpaolo Pasolini): nel curriculum di Fernando Bandini, oltre all’intensa attività di docente universitario (filologia romanza prima, letteratura moderna poi), anche altri incarichi di prestigio, come quello di consigliere della Biennale di Venezia nei primi anni Ottanta, durante la presidenza Galasso, e la direzione dell’Istituto per le lettere, il teatro, il melodramma della Fondazione Giorgio Cini. – Professor Bandini, c’è attenzione alla cultura, in questa Vicenza? “Noto che le librerie del centro sono ben frequentate, spesso affollate; che ai concerti di musica classica c’è sempre parecchio pubblico, attento e preparato. Magari è vero che c’è poca offerta di teatro, nonostante la presenza di buone compagnie locali come i Carrara, la Trappola… Nel complesso, la vita culturale di Vicenza è sufficientemente vivace. Certo, come in tante altre cose si potrebbe fare di più, di meglio, ma la mia opinione è che a Vicenza la cultura e gli appuntamenti culturali non mancano”. – Come è cambiato nel tempo il modo di fare cultura a Vicenza? “Io appartengo ad una generazione in cui le vocazioni artistiche-culturali era- no, come dire, selettive, quasi intime. Nella Vicenza degli anni Cinquanta-Sessanta, ricordo che ci si ritrovava tra amici a leggere poesie, a commentare dei saggi. Si era un gruppetto di una dozzina di persone, ci si organizzava assieme per andare a vedere le mostre che ritenevamo di maggior interesse. Eravamo, rispetto ad oggi, in un’altra Vicenza. Allora questa città mancava di un vero respiro culturale. Erano i giovani che si muovevano, che si davano da fare. Non è poi un mistero che quella era una Vicenza fortemente clericale, dove c’era poco spazio per il pensiero laico”. – Da chi era composto quel gruppetto di giovani intellettuali a cui fa riferimento? “C’era, per intenderci, Neri Pozza, c’erano i cugini Girotto, Gino Nogara e Antonio Ferio. Persone che in quella Vicenza, non certo benestante come quella attuale, avevano la forza intellettuale e artistica del loro pensiero. Per lo più ci si trovava al Caffè Garibaldi: lì si discuteva, si buttavano giù idee e iniziative. Si intrattenevano rapporti con tanti scrittori, poeti, attori, pittori… Ricordo bene quando invitammo l’allora sconosciuto poeta Andrea Zanzotto: fece una serata incentrata sull’esistenzialismo, le sue sottili riflessioni furono molto apprezzate”. – Dai cenacoli ristretti di allora al presente, a questa Vicenza. “Adesso l’articolazione culturale a Vicenza, e nel Vicentino nel suo complesso, è molto più ampia. Possiamo vantare intellettuali e docenti universitari vicentini di alta qualità, conosciuti non solo in Italia ma anche all’estero”. – Eppure le buone teste di casa nostra hanno spesso dovuto emigrare. Non è che siamo in una città, in una provincia ingrata? “Già, i cervelli che scappano via dalla provincia. Mi creda, il fenomeno della ‘diaspora’ degli intellettuali non è un’anomalia vicentina, nelle realtà di provincia succede più o meno dappertutto. Certo, si dirà che Padova le teste se le tiene, ma lì c’è un’antica università, e questo fa indubbiamente la differenza con Vicenza. Non dimentichiamoci poi che da noi sono nati soprattutto umani- 47 In queste pagine, alcune istantanee di Fernando Bandini, con il quale la presidenza dell’Accademia Olimpica è tornata ad essere espressione del mondo umanistico. E CULTURA SOCIETÀ Fernando Bandini è nato a Vicenza nel 1931. È stato docente di filologia romanza e di stilistica metrica italiana all’Università di Padova, nonché docente di letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Ginevra. Attualmente insegna alla Bocconi, nell’ambito di un corso di laurea per dirigenti in attività culturali. Tra le sue opere ricordiamo: “Per partito preso”, edito da Neri Pozza; “Memoria del Futuro” e “La mantide e la città”, pubblicati nella collana Lo specchio di Mondadori; “Santi di dicembre” e “Meridiano di Greenwich” editi da Garzanti. Gli studi di Fernando Bandini saggista riguardano il linguaggio poetico contemporaneo; suo è un apprezzato commento ai Canti di Leopardi. sti, letterati; per loro trasferirsi in città più interessanti da questo punto di vista era pressoché una scelta obbligata”. – Non la pensava così Neri Pozza, che fu il suo primo editore. “Questo è vero. Neri Pozza è sempre stato fedele a Vicenza, nonostante tutto. Ma la sua scelta era una eccezione, non la norma. Neri Pozza era convinto che lo scrittore, l’artista di talento non avesse bisogno di emigrare per affermarsi. A questo proposito ho letto di recente alcune lettere degli anni Trenta-Quaranta che Neri Pozza scrisse all’amico pittore vicentino Italo Valenti, emigrato nel Canton Ticino. Da grande estimatore di Valenti, Pozza gli manda lettere furiose. ‘Andandotene in Svizzera, scrive Neri, impoverisci Vicenza, il tuo talento farebbe bene a questa città’. Neri Pozza era così, diceva di getto quel che pensava e non le mandava a dire”. – Intellettuali e politica a Vicenza: professor Bandini, come è stato nel corso degli anni questo rapporto? “Diciamo che il potere politico locale non ha mai chiesto in maniera significativa il contributo degli intellettuali. L’unico che secondo me si è posto fuori dal coro è stato Guglielmo Cappelletti (siamo negli anni Cinquanta-Sessanta), fondatore e artefice del CISA, il Centro internazionale di studi di architettura. Da buon amministratore cittadino Cappelletti sapeva ascoltare con sensibilità le opinioni e le idee dei giovani intellettuali di allora”. – E come considera il rapporto tra mondo dell’industria e mondo della cultura? “Una cultura che guarda avanti non può che rappresentare una risorsa importante per un tessuto imprenditoriale, come quello vicentino, solido, capace, innovativo. Impresa e cultura hanno perciò bisogno di fare maggior sinergia, riscoprendo assieme una nuova centralità. Succedeva a fine Ottocento, quando l’Accademia Olimpica esprimeva, con Fedele Lampertico e Alessandro Rossi, una classe dirigente di alto profilo. E proprio in quest’ottica intende porsi l’Accademia Olimpica. Che, ieri come oggi, ha un compito ben preciso: promuovere ricerca, svolgere attività culturale per divulgare i nuovi elementi della conoscenza”. Maurizio Mascarin 48 SOCIETÀ E CULTURA Missionari nella rete 50 Avviata dalla diocesi vicentina un’iniziativa unica nel suo genere: un portale internet dedicato alle missioni diocesane beriche nel mondo. Un progetto voluto da mons. Giacomo Bravo, recentemente scomparso, e supportato anche da imprenditori privati vicentini. L’ 8 settembre è da sempre un appuntamento di grande valenza simbolica e spirituale per Vicenza. La tradizionale ricorrenza religiosa cittadina è stata scelta per lanciare un messaggio universale di fratellanza e solidarietà sfruttando il più potente mezzo di comunicazione oggi esistente: internet. Dopo l’evento mediatico della “benedizione on-line” impartita per la prima volta al mondo l’8 settembre 2000, il portale internet “Vicenza.com” creato da Maurizio Sangineto ha dato visibilità mondiale, attraverso la Rete, ad un altro importantissimo “ramo” della religiosità berica: i missionari vicentini. Dalla collaborazione di “Vicenza.com” con la diocesi vicentina, e in particolare con l’Ufficio per la pastorale missionaria e il seminario, a lungo guidato dal compianto mons. Giacomo Bravo, ha preso simbolicamente il via l’8 Settembre 2002 un progetto internet intera- mente dedicato ai missionari vicentini e alle loro opere. I missionari vicentini nel mondo sono 1080, appartenenti alle diverse congregazioni religiose e agli istituti propriamente missionari come le Missioni Estere (i Saveriani), il PIME, i Comboniani, gli Scalabriniani, i Padri Bianchi e i Verbiti. A questi si aggiungono una ventina di laici volontari e 27 preti diocesani che prestano temporaneo servizio come missionari in Ecuador, Brasile, Colombia, Venezuela, Camerun e Thailandia. Con i suoi missionari la diocesi di Vicenza è presente in tutti i continenti e in quasi tutti i paesi. Il progetto tutto vicentino di un portale internet per le missioni della diocesi nel mondo (www.missioni.vicenza.com), rimane a testimonianza dell’eredità di mons. Bravo, perito nel febbraio scorso insieme con mons. Antonio Doppio, arciprete di Schio, in un incidente stradale in Sudan. A mons. Bravo va dato merito di aver anticipato i tempi, avendo compreso subito l’importanza che la comunicazione on line può avere anche nel campo dell’evangelizzazione e della promozione dei valori del Cristianesimo. Finalità primaria del progetto è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica affinché possa aiutare i missionari nello svolgimento del loro compito attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Il nuovo portale è un importante strumento interattivo che consente a chiunque desideri aiutare i missionari, di poterlo fare in maniera innovativa e semplicissima, direttamente via internet. L’obiettivo, in definitiva, è quello di sviluppare e far conoscere le iniziative missionarie e le possibilità delle adozioni a distanza ad un pubblico sempre più vasto, anche a chi non frequenta la chiesa e non segue l’attività diocesana. La convinzione è che per allargare il valore di queste iniziative bisogna estenderne la visibilità. Il sito dei missionari vicentini punta a sfruttare le potenzialità dell’informazione on line per mettere in contatto con il mondo delle missioni anche quella parte di opinione pubblica che ha sensibilità sociali e umane avanzate pur senza viverle all’interno di strutture cattoliche. Uno degli aspetti più pregnanti è quello delle adozioni a distanza. È un fenomeno che interessa a molti, ma un ostacolo in certi casi deriva dal fatto che per fare un’adozione a distanza bisogna recarsi in diocesi. Il portale dei missionari diventa ora uno strumento che consente a chiunque di fare un’adozione a distanza attraverso il computer di casa. Inizialmente il portale ha avuto una valenza culturale-informativa. È stata infatti diffusa in versione elettronica on-li- 51 In apertura, una pagina del sito dei missionari vicentini, nell’area dedicata alle adozioni. Qui a fianco, un’immagine di vita quotidiana in un villaggio africano. Nella pagina successiva, mons. Giacomo Bravo, primo sostenitore dell’iniziativa, scomparso di recente in un incidente stradale in Sudan. E CULTURA SOCIETÀ 52 L’attività dell’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria L’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria è impegnato soprattutto sul fronte dell’animazione missionaria dei gruppi parrocchiali e delle zelatrici delle Opere Missionarie del Papa. Come centro missionario cura il collegamento con tutti i missionari vicentini nel mondo, promuove la Giornata missionaria mondiale, la Giornata dell’infanzia missionaria (6 gennaio), la Giornata mondiale dei lebbrosi e la Giornata nella memoria dei missionari martiri il 24 marzo. Cura la formazione dei responsabili parrocchiali e vicariali e sostiene direttamente i missionari con le adozioni a distanza e il finanziamento di progetti di promozione umana. Pro- muove anche un corso di preparazione al volontariato laico missionario. Esempio di progetti di grande impegno sono l’Ospedale di Wolisso in Etiopia realizzato in collaborazione con il CUAMM di Padova (Collegio universitario aspiranti medici missionari) e l’Ospedale di Alépé in Costa d’Avorio, tuttora in costruzione. A questi due grossi interventi a favore del mondo missionario si aggiungono numerosi mini progetti come la costruzione di pozzi, cappelle, dispensari, centri di formazione tecnico agraria e di catechesi. L’ufficio è diretto da un delegato vescovile e si avvale della collaborazione di due commissioni, quella delle Zelatrici delle Pontificie Opere Missionarie e quella del Centro missionario diocesano, composta da rappresentanti degli Istituti missionari e dei gruppi parrocchiali. ne la rivista dei missionari vicentini, “Chiesa Viva”, resa così visibile in tutto il mondo. Il progetto è stato poi completato con altre funzionalità più “strategiche”. A partire infatti dalla simbolica data del 20 Ottobre 2002, Giornata mondiale dei missionari, è già possibile, ad esempio, fare donazioni e adozioni a distanza direttamente on-line, entrare in contatto diretto con i missionari impegnati nel mondo, conoscere in tempo reale le iniziative e le necessità più urgenti, e presto anche acquistare i prodotti dell’artigianato dei paesi poveri e molto ancora. Il portale dei missionari vicentini ha già permesso l’adozione di molti bambini da ogni parte del mondo. Si tratta, in definitiva, di un’iniziativa che per la sue caratteristiche di innovazione non sembra avere eguali al mondo e conferma Vicenza e la comunità vicentina in prima linea sul fronte della solidarietà. E proprio in questo senso va infine sottolineato che il progetto ha potuto nascere grazie anche al contributo concreto del Gruppo Mastrotto di Arzignano. È stato infatti Bruno Mastrotto, presidente del colosso conciario arzignanese e da sempre attivo nel mondo del volontariato, a lanciare l’idea e a fare da trait d’union tra le parti. SOCIETÀ E CULTURA Casa Ricordi I ricordi della Vicenza degli ultimi cinquant’anni nelle parole di Walter Stefani, autore del libro “Carosello vicentino”. 54 R icordi di vicentinità. Ricordi di persone, cose e fatti della “Vicenza che fu” prima, durante e dopo la guerra. Ti porta indietro nel tempo, Walter Stefani. Ti fa immaginare la vita di una città che, per via del tempo, è inevitabilmente passata via. Racconta con penna brillante di quando a Vicenza c’erano i teatri (Verdi ed Eretenio), il cinematografo Edison, il mitico bar Italia di Pazza Castello (al pianoterra di palazzo Piovini), senza dimenticare le nostrane sale da ballo e le altrettanto “nostrane” trattorie: Al Giardinetto di Corso San Felice, da Mantoan in stradella del Gas, Al Canarino in Corso Fogazzaro. Come lui stesso ricorda, “in famiglia mi chiamano Casa Ricordi”. Ricordi, appunti e memorie che Walter Stefani ha confezionato in maniera brillante in “Carosello Vicentino: comprimari in una città d’autore”, un libro che si fa leggere tutto d’un fiato, che racconta di personaggi, angoli e contrade cittadine ormai consegnate alla storia. – Per dire, Stefani, che Vicenza, quella che sta nei suoi ricordi, non esiste più? “Inevitabilmente la città è cambiata. La gente, il modo di vivere e lavorare è cambiato. Del resto adesso siamo nel terzo millennio, non nel 1946. Vicenza da allora è maturata, è diventata un modello industriale ed economico invidiato. Era ed è la città del Palladio, ma è anche la città dell’oro e dell’oreficeria. Si vive bene, si vive nel benessere; peccato che da parecchi lustri la città sia orfana del suo teatro. Nel mio libro parlo del loggione, dei ‘palchettisti’ dell’Eretenio… Beh, quelli sono appunti e memorie per i nostri giovani”. – Ma adesso è deciso: Vicenza avrà nuovamente il suo teatro. “Questo è un fatto positivo, importante. Costruito lo spazio, costruita la struttura, mi domando però se Vicenza sarà in grado di mantenersi un teatro. Oggi i costi di programmazione e gestione dei teatri sono altissimi. Per come la vedo io, Vicenza poteva già avere un suo teatro: l’oratorio dei Proti si configurava ideale per questa destinazione d’uso. In alternativa, senza costruirne uno nuovo, lo stesso auditorium della Fiera potrebbe benissimo fungere, con un minimo di interventi, da spazio teatrale. Ma queste sono idee mie e di qualcun altro. Ben venga dunque la realizzazione del nuovo teatro”. – Giriamo pagina, Stefani. Buttiamoci nel passato, nella storia: come esce Vicenza dalla guerra sotto il profilo urbanistico? “Macerie e distruzione. La Vicenza del 1946 era una città ferita, distrutta dalle bombe lanciate dal cielo dai tanti ‘Pippo’ che la sorvolavano di notte. Bombardati monumenti, chiese, fabbriche… Tutto giù: il Municipio, la Basilica Palladiana e la Torre di Piazza bruciati; Duomo e Vescovado distrutti, uffici dell’Amministrazione provinciale, Prefettura, Tribunale crollati…”. – Danni enormi, insomma. “Come no! Lei pensi solo a Corso Palladio: dalla chiesa di San Gaetano all’allora sede della Camera di commercio, era come trovarsi in una sorta di distesa lunare. Palazzi sventrati, macerie… Ecco, i teatri: Verdi ed Eretenio anch’essi colpiti, come pure l’auditorium Canneti”. – Poi la ricostruzione, il via alle piccole grandi cose da fare… “Proprio così. Con i pochi mezzi di allora, ma con tanta buona volontà, Vicenza cercò di rientrare nella normalità. Sgombrate dapprima le macerie dalle strade, furono messe in se- sto le abitazioni. Ricordiamoci che un terzo dei vani abitativi del centro erano danneggiati o distrutti. L’allora vice sindaco, professor Carlo Segato, mobilitò la gente dell’Altopiano di Asiago per recuperare le assi di legno destinate al riassetto della Basilica; quelle travi poi furono barattate con altri legnami, tecnicamente più idonei all’opera di ristrutturazione della Basilica. Mi creda, c’era la volontà corale di tutti i cittadini a rimettere in ordine Vicenza. Già nel ‘46, ad esempio, ai Giardini Salvi si riaprirono i battenti della Fiera Campionaria; all’inizio degli anni Cinquanta il vescovo, monsignor Zinato, affidò all’impresa Maltauro i lavori di ricostruzione del Duomo e del Vescovado. C’era attivismo, insomma, e i vicentini volevano cancellare in fretta i segni della guerra”. Nella pagina a fianco, sopra una cartolina di viale Roma con il Teatro Verdi, nella Vicenza dei primi decenni del secolo; sotto, Toni Sucarini (Antonio Gardin), venditore di medaglie, rosari e cartoline, a Monte Berico nel 1946. Qui in alto, giovani vicentini in jeep reclamizzano un film degli anni Cinquanta al cinema di viale Roma. Nella foto piccola, Walter Stefani. E CULTURA SOCIETÀ 56 Sopra, la squadra del Vicenza Calcio nel 1940 in ritiro a Valdagno. Sotto, foto di gruppo davanti al bar Milani di corso Fogazzaro, alla partenza col torpedone per un gita domenicale. – Lei accennava ai primi Anni Cinquanta… “Anni singolari, quelli. Di schei ne giravano pochi, ma tra la gente c’era tanta voglia di fare, di uscire dalla fame. Con Guglielmo Cappelletti, assessore alle finanze e deputato alla Costituente, Vicenza diede ufficialmente il via alla sua prima zona industriale, localizzata nell’area di Sant’Agostino. Sempre a Cappelletti, unitamente al sindaco Zampieri e allo storico dell’arte Renato Cevese, si deve anche la creazione del centro inter- nazionale di architettura ‘Andrea Palladio’. Tra i vicentini, tra la gente comune ‘tirava aria di fare’. Si lavorava, ma anche ci si divertiva nelle balere; nelle serate d’estate si andava a ballare ‘Al Giardino’ di Motton San Lorenzo, oppure alla ‘Lanterna Verde’ in Corso San Felice, al ‘Biancorosso’ ai Ferrovieri”. – Come si presentava Vicenza negli anni Sessanta? “Siamo di fronte ad una Vicenza già più ricca, che gode di un certo benessere. Di domenica si andava al cinema o al Menti a tifare biancorosso. Il sindaco della città era Dal Sasso. Nel corso della sua amministrazione prese forma il Villaggio del sole: con centinaia di appartamenti il ‘biscione’ ai suoi tempi rappresentava una novità. Poi venne l’amministrazione Sala, che aprì una interessante fase in ambito urbanistico. Vicenza fu tra le prime città italiane a compiere un salto di qualità con il piano di rivitalizzazione e recupero del centro storico. Con Sala, uomo aperto alle innovazioni anche se un tantino accentratore, Vicenza crebbe in termini di infrastrutture: partirono in quegli anni i lavori per l’edificazione della Fiera, del palazzetto dello sport, venne ristrutturato l’auditorium Canneti e aperta al pubblico la grande area verde del Parco Querini. Come dice il professor Brunetta, in quegli anni Vicenza divenne più colta, dopo essere diventata più ricca. In quest’ottica anche l’immagine di Vicenza si sprovincializzò: attraverso alcune iniziative promosse dall’ente del turismo berico la città del Palladio si fece conoscere ed apprezzare nel mondo”. Maurizio Mascarin SOCIETÀ E CULTURA Segni del Novecento 58 A palzzo LeoniMontanari di Vicenza una mostra dedicata ai disegni, ai libri illustrati e alle incisioni che fanno parte della donazione Neri Pozza alla Fondazione Cini di Venezia. H a preso avvio a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza la prima tappa di un’ampia esposizione temporanea promossa dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e da Banca Intesa, dedicata ai disegni, ai libri illustrati e alle incisioni oggetto della donazione Neri Pozza alla Fondazione veneziana. Suggello all’antica amicizia che legava l’editore vicentino all’istituzione culturale di Venezia, la donazione è costituita da un corpo di opere raccolte lungo un arco di oltre quarant’anni, dal secondo Dopoguerra alla fine degli anni Ottanta. La mostra, curata da Giuseppe Pavanello, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione veneziana, presenta un percorso ritmato da oltre duecento opere e articolato in tre sezioni. La sezione “Disegni” è costituita da 91 tavole e vi si ritrovano gli schizzi di autentici maestri del Novecento come De Pisis e Morandi accanto alle suggestioni di Rosai, Viani o Fasan, o alle opere di Guttuso, Zancanaro, Luzzati, De Maria, Quaglia, Music e altri. Più di cento “Incisioni” sono poi presentate in mostra nell’omonima sezione che pubblica in catalogo l’intero fondo di quattrocento opere: si possono ammirare le acqueforti di Barbisan, Bartolini, Castellani, Zancanaro, unitamente alle puntesecche e ai linoleum di Maccari. La sezione “Libri di pregio moderni” conta 38 volumi sui 74 donati da Pozza alla Fondazione. La scelta del collezionista abbraccia una dimensione europea e rivela un amore particolare per l’intima connessione fra narrazione e illustrazione. L’origine asistematica della raccolta è strettamente legata alla ricca e sfaccettata personalità del collezionista. Neri Pozza (1912-1988) non fu solamente un editore di successo: fu anzitutto un uomo del Novecento, immerso a tal punto nello spirito a volte travagliato del secolo da divenire egli stesso scrittore, poeta, scultore ed incisore. Grazie alle vaste frequentazioni, Pozza acquisì una conoscenza capillare del mondo della letteratura e dell’arte e strinse legami di sincera amicizia con molti artisti. Un particolare rapporto di viva stima e cordialità venne intrecciato con la Fondazione Cini: la donazione della raccolta di grafica ne rappresenta il momento culminante, tanto da apparire quasi come una sorta di testamento anzitutto spirituale. Su questo sfondo fatto di intensi rapporti umani si colloca la mostra Segni del Novecento, il cui stesso titolo riflette una pluralità di significati: il gesto grafico del creatore d’arte che spesso racchiude in nuce l’anima del proprio tempo; lo spirito mecenatizio del donatore che affida il proprio tesoro privato alla comunità culturale; la rilevante attività di raccolta, studio e conservazione di un’istituzione come la Cini che accompagna e promuove, la crescita culturale del Paese nell’intera seconda parte del secolo appena concluso. La vasta raccolta di disegni del Novecento del lascito Neri Pozza alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia non costituisce un corpus omogeneo: l’acquisizione delle opere da parte di Pozza, svoltasi in un arco di tempo assai vasto, è legata a incontri e frequentazioni di artisti-amici, spesso dipendente dalle vicende della sua vita privata e dunque non sistematica. I 74 libri moderni illustrati rientrano in quel genere di libri che meglio degli altri sembra rappresentare la passione più profonda e privata dell’editore vicentino: quello del libro di pregio e, spesso, d’artista, con grafica originale e a tiratura limitata. Appartengono a questo gruppo innanzitutto alcuni dei libri d’artista da lui editi; quelli illustrati dagli amici come Leonardo Castellani o Corrado Balest e quelli con grafica dei disegnatori e degli incisori da lui collezionati come Mino Maccari o Luigi Bartolini. Il fondo delle 400 incisioni donate da Neri Pozza, tutte riprodotte in catalogo, è composto da opere di Mino Maccari, Leonardo Castellani, Giovanni Barbisan, Tono Zancanaro e Luigi Bartolini. Di questi cinque autori Neri Pozza ha cercato di raccogliere i lavori più significativi, con scelte guidate da un gusto sicuro e soprattutto dalla volontà di disporre di un corpus comprendente esempi dell’intera produzione di ciascuno. Ciò gli è riuscito in modo mirabile, al punto che non esistono, per almeno tre di tali incisori (Castellani, Zancanaro e Barbisan), col- Nell’altra pagina, Ritratto di Neri Pozza, matita su carboncino di Corrado Balest (1965). A sinistra, una tavola di Mino Maccari da un libro di Palazzeschi (1951). Sotto, a sinistra Corridore in bicicletta, inchiostro su carta di Filippo De Pisis (senza data). A destra, Donna dai tre volti, linoleum di Mino Maccari (senza data). lezioni private o pubbliche parimenti complete, mentre per un quarto (Bartolini), Neri Pozza ha saputo mettere insieme una raccolta che, dopo quella di Sebastiano Timpanaro, risulta la più ricca di pezzi rari e di altissima qualità. 59 RUBRICHE ASSOFLASH Guido Scomparin guida il Raggruppamento di Valdagno proseguire nella continuità dice –. La parte importante della nostra attività continuerà ad essere data dallaformazione e dai rapporti con il mondo della scuola, cercando di avvicinare quest’ultimo al mondo dell’impresa, e viceversa”. Creazzo), Luigi Mosele (Mosele Elettronica, Costabissara), Gianmaria Pasqualotto (G.S.A., Sovizzo) e Alberto Zamperla (Zamperla, Altavilla Vicentina). Luigi Bonotto presidente della sezione laniera Vicenza nord ovest: Egidio Scorzato confermato presidente 60 Guido Romeo Scomparin è stato eletto alla presidenza del Raggruppamento di Valdagno dell’Associazione. Subentra a Francesco Battistella, giunto a fine mandato. Scomparin, che ha 42 anni, è sposato e ha un figlio, è amministratore della Lariplast, azienda di Cornedo Vicentino che occupa venti addetti e produce etichette, distintivi e fregi sia per il mercato civile che militare (è fornitore di alcuni ministeri itlaiani e di alcune forze armate europee). È inoltre titolare della Larigraf, società con tre addetti che si occupa della progettazione, grafica e stampaggio per conto della Lariplast. Fino ad oggi Scomparin si è occupato, all’interno del Raggruppamento, in particolare dei temi della formazione e dell’orientamento. “Intendo Egidio Scorzato è stato confermato presidente del Raggruppamento Vicenza Nord Ovest dell’Associazione Industriali, che conta 160 aziende associate in un’area compresa tra i comuni di Altavilla, Arcugnano, Costabissara, Creazzo, Gambugliano, Isola Vicentina, Monteviale e Sovizzo. Scorzato guida un consiglio direttivo compposto da Michele Adda (Ompar, Arcugnano), Romano bisin (Sepran, Isola Vicentina), Franco Ferappi (Ferappi Industria Serigrafica, Rinnovo al vertice della sezione Laniera dell’Associazione. Luigi Bonotto, amministratore del lanificio Bonotto di Molvena, è stato nominato presidente, subentrando a Giovanni Battista Bertollo Conte, giunto a scadenza di mandato. Vicepresidente è stato nominato Francesco Ziche (Filati di Ziche, Zanè). Il consiglio della sezione è poi completato dalla presenza di Benedetto Berti (Finish Service Co., Villaverla), Margherita Chioccarello (Manifattura Lane Chioccarello, Torrebelvicino), Bruno Cortiana (Lanificio di Schio, Schio), Mario Ferrarin (Lanificio Angelo Ferrarin, Thiene) e Stefano Sassi (Marzotto, Valdagno). Antonio Bonazzi presidente dei tessili non lanieri Il Raggruppamento di Schio in visita alla Ferrari Antonio Bonazzi, presidente della Montebello, azienda che ha sede a Montebello Vicentino e si occupa di filatura, tintoria, tessitura e finissaggio di cotone, è stato eletto alla presidenza della sezione industrie tessili non laniere dell’Associazione, subentrando a Michele Eger, giunto alla scadenza del proprio mandato. Vicepresidentre è Giuseppe Baldassare Bigolin (Cotonificio Valbrenta, Cartigliano). Gli altri componenti del consiglio direttivo della sezione sono Carlo Bocchese (Bocchese Tessuti, Vicenza). Michele Eger (Coniugi Eger, Mussolente), Andrea Maule (Torcitura Vittorio Maule, Castegnero) e Giorgio Tombel (A.Tombel & Figli, Vicenza). Il consiglio direttivo del Raggruppamento di Schio dell’Associazione Industriali ha fatto visita al quartier generale della Ferrari, a Maranello e in particolare alla Gestione sportiva della scuderia. Gli imprenditori scledensi, guidati dal presidente Mario Ciscato e dal vicepresidente Luigi De Tomi, hanno assistito ad una sessione di prove dei bolidi di Formula Uno nell’autodromo di Imola, hanno incontrato Michael Schumacher e Rubens Barrichello e il responsabile della Gestione sportiva Jean Todt. Proprio l’incontro con Todt ha rappresentato il momento più importante della giornata del direttivo del Raggruppamento a Maranello. “È stata l’occasione per conoscere in modo diretto la complessa organizzazione interna della Ferrari, che nel gruppo corse occupa 800 persone, e la filosofia aziendale impressa da Todt e dal presidente Luca di Montezemolo – osserva Mario Ciscato –. Una delle cose su cui Todt più ha insistito nel lungo incontro che abbiamo avuto con lui è l’importanza di perseguire un obiettivo sul lungo periodo, se ci si crede, anche quando i risultati non dovessero arrivare velocemente. È facile essere portati a cambiare quando le cose non vanno bene: è meno facile invece tirare avanti per la propria strada con coerenza, sapendo ragionare in termini di prospettiva. La Ferrari è un esempio di questa verità: tante sono state le critiche alla gestione Todt quando i risultati non arrivavano, molti di più sono gli elogi ora che la Ferrari è diventata la scuderia esempio per tutti”. Il progetto “punti neri” della viabilità nel Bassanese Nell’ambito dell’azione che l’Associazione industriali sta svolgendo da tempo in tutta la provincia per contribuire a risolvere una serie di “punti neri” della viabilità locale, è stato messo a disposizione per l’area di Bassano un finanziamento complessivo di circa 26 mila euro a parziale copertura dei costi di progettazione di interventi per eliminare situazioni viarie difficili all’interno dei comuni di Cassola, Solagna e Molvena. I progetti finanziati riguardano 61 RUBRICHE 62 il miglioramento della mobilità in alcuni punti di accumulo del flusso veicolare a Cassola, una bretella di collegamento tra la Vecchia e la Nuova Gasparona a Molvena, la sistemazione di incroci pericolosi con la statale 47 della Valsugana a Solagna. I contributi per le singole opere sono stati consegnati dalla presidenza del Raggruppamento di Bassano direttamente ai sindaci dei comuni interessati: Antonio Pasinato per Cassola, Eugenio Azzolin per Molvena e Gian Andrea Bellò per Solagna. Questi finanziamenti rientrano, in un’azione di più ampio respiro che l’Assindustria sta portando avanti per dare un aiuto pratico all’eliminazione di alcune situazioni critiche lungo le strade vicentine e trovare soluzioni concrete per rendere più sicuro e fluido il traffico. Pubblicata la nuova edizione del repertorio “Vicenza Produce” L’Associazione ha dato alle stampe la nuova edizione, ag- giornata a fine 2002, di “Vicenza Produce”, il repertorio delle aziende associate, vera e propria carta d’identità del mondo produttivo vicentino che fa capo all’Assindustria. “Vicenza Produce, realizzato sia in volume che in cd-rom e disponibile anche sul sito internet dell’Associazione, (www.assind.vi.it) contiene tutti profili aziendali delle imprese associate, con nome, sede e indirizzo, produzione, numero di addetti, classe di fatturato. Osservatorio Nonostante le incertezze del quadro geopolitico mondiale e la debolezza della congiuntura internazionale, l’industria vicentina continua a produrre e a esportare in tutto il mondo. L’ultimo trimestre del 2002 si è chiuso con un indice positivo per quanto riguarda i livelli produttivi complessivi. Nel periodo ottobre-dicembre 2002 il saldo produttivo nell’industria vicentina ha evidenziato un andamento più che discreto, ritornando su valori positivi. A fronte del 26% di aziende che ha segnalato cali produttivi, infatti, c’è un 46% che ha dichiarato aumenti di produzione. Il saldo, dunque, risulta positivo di 20 punti: non è poco se si pensa che sia nel secondo che nel terzo trimestre 2002 il saldo era stato negativo di 2 punti. Il risultato, peraltro, può essere spiegato in parte con l’esaurirsi a fine anno dei benefici fiscali previsti dalla legge Tremonti-bis. Ciò ha fatto concentrare a ridosso della scadenza molti degli investimenti previsti nelle aziende. Le esportazioni non hanno avuto un andamento così marcatamente positivo: il saldo tra aumenti e diminuzioni dell’export negli ultimi tre mesi del 2002 è passato dal +4 del terzo trimestre al +8 di questo, a significare che l’aumento della produzione va ascritto soprattutto all’andamento della domanda interna. Il portafoglio ordini conferma il confermato negativo, sullo stesso livello del trimestre precedente: il 21% delle ditte ha segnalato incrementi nel numero degli addetti, mentre il 25% ha avuto un calo, sicché il saldo è stato negativo di 4 punti, tanti quanti nel terzo trimestre dell’anno. Le previsioni per i primi mesi dell’anno evidenziano una leggerissima prevalenza di ottimisti in un contesto comunque estremamente incerto. Sia la domanda interna che quella estera dovrebbero posizionarsi su livelli molto vicini a quelli di fine 2002. Solo un’azienda su cinque prevede un aumento del livello di investimenti nel 2003. miglioramento congiunturale: aumenta dal 12% al 21% la percentuale di imprese con lavoro assicurato per un periodo abbastanza lungo (più di tre mesi), e diminuisce dal 57% al 46% la percentuale di chi ha commesse in portafoglio per un periodo più breve (da 1 a 3 mesi). Rimane stabile al 39% la quota di aziende che segnala ritardi negli incassi e non si modifica sostanzialmente anche la situazione di liquidità delle imprese, che viene definita buona dal 27% delle aziende, normale per il 54% e tesa per il 19%. Infine l’occupazione: in questo caso il saldo occupazionale si è PRODUZIONE ed EXPORT Saldi di opinione 60 50 40 PRODUZ. 30 20 10 EXPORT 0 -10 -20 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 LA PROVINCIA IN CIFRE - 2002 Superficie territoriale kmq. 2.722 Popolazione 790.000 Famiglie 296.000 Imprese attive non agricole 62.707 Occupati 368.000 – in agricoltura 12.000 – nel settore produttivo 186.000 – nel terziario 170.000 Tasso disoccupazione 2,0% Fatturato industria 40,97 miliardi di E Esportazioni 11,19 miliardi di E Importazioni 6,61 miliardi di E Reddito lordo* 18,5 miliardi di E Sportelli bancari* 558 Impiegati bancari* 16,5 miliardi di E Depositi bancari* 7,3 miliardi di E Veicoli circolanti* 598.000 * dato riferito al 2001 1998 1999 2000 2001 2002 PRODUZIONE 4º trimestre 2002 Saldi di opinione 0 Abbigliamento Tessile -22 Alimentare -25 Concia 8 Mobile -22 Mat. plastiche 19 Orafo 7 Meccanico -30 40 -20 -10 0 10 20 30 40 50 63 Inflazione I settori industriali. Dati di base per il 2002 variazioni % Unita locali Adetti Fatturato (milioni E) 1.312 1.136 659 250 736 165 990 20.300 6.170 8.340 3.980 8.600 1.480 1.530 7.960 3.415 3.800 1.840 786 3.170 202 476 1.350 979,6 168,2 288,6 367,7 1.714,7 6,0 175,0 205,7 2.097 525 7.309 1.178 204 769 9.680 7.720 59.910 12.680 3.510 16.100 1.826 1.444 12.460 4.310 900 2.448 355,4 300,4 3.506,0 1.826,2 559,3 747,0 64 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Export (milioni E) Occupati totali in Italia e in Europa Gennaio 1,9 1,5 2,2 3,0 2,4 Febbraio 2,1 1,4 2,4 3,0 2,5 Marzo 2,1 1,3 2,5 2,8 2,5 Aprile 2,1 1,5 2,3 3,1 2,4 Maggio 2,0 1,5 2,5 3,0 2,3 Giugno 2,1 1,4 2,7 3,0 2,2 Luglio 2,1 1,7 2,6 2,9 2,2 Agosto 2,1 1,7 2,6 2,8 2,4 Settembre 2,0 1,8 2,6 2,8 2,6 Ottobre 1,9 2,0 2,6 2,5 2,7 Novembre 1,7 2,0 2,7 2,4 2,8 Dicembre 1,7 2,1 2,7 2,4 2,8 Media annuale 2,0 1,7 2,5 2,7 2,5 2,8 (variazioni % medie annue) 6,0% 1995 - 2000 Var. % medie annue 5,0% Tassi e condizioni bancarie Mercato creditizio vicentino. I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio vicentino al 31 gennaio 2003 su un campione di imprese con positivi indicatori economico-finanziari. 2000 - 2001(*) 4,0% 3,0% 2,0% Grecia Austria Germania Italia Svezia Belgio Danimaca Francia Portogallo Unione Europea Stati Uniti Regno Unito Finlandia Olanda Norvegia Irlanda 0,0% Spagna 1,0% (*) I dati del 2001 sono stime della Commissione Europea, a esclusione di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Finlandia Svezia e Stati Uniti Fonte: elaborazioni Csc su dati Eurostat Pil per abitante in Italia e in Europa (2001) (a parità di potere di acquisto, Ocse=100) 170 150 130 110 90 (1) Gli indici sono calcolati sulla base dei valori PPP del 1999 stimati dall’Ocs. Fonte: Schryer P. e Koechlin F. (2002), Purchasing Power Parities 1999 Benchmark results, Ocse. Grecia Portogallo Spagna Francia Regno Unito Svezia Italia Finlandia Giappone Germania Belgio Austria Olanda Irlanda Stati Uniti 50 Danimaca 70 Canada RUBRICHE Abbigliamento Alimentare Carta e grafica Chimica Concia Estrattivo Ind. varie Lav. minerali non metalliferi Mobile e legno Mat. plastiche Meccanico Orafo Siderurgia Tessile Dati statistici ed economici della provincia Conto corrente Tasso franco commissione max scoperto Spese per operazione Valuta per assegni fuori piazza Anticipi su fattura/contratti Tasso aperto Smobilizzo Italia Tasso sbf Commissione incasso effetti cartaceo Commissione incasso effetti elettronico Valuta portafoglio cartaceo Valuta portafoglio elettronico Operazioni con l’estero Tasso lire per anticipi export Spread a favore della banca su eurodivisa Crediti di firma Fidejussione Italia Indicatori di riferimento Bce Prime rate ABI Euribor 3 mesi lettera Rendimento lordo titoli pubblici 7,0 % 1,08 3,1 gg. lav. 3,75 % 3,70 % 2,0 % 1,9 % 4,8 gg. lav. 4,7 gg. lav. 3,60 % 0,30 % 0,60 % 2,75 % 7,25 % 2,876 % 3,672 %