molti di loro, dopo la fuga dai massacri del genocidio del 1915. Si
trattava in larga parte di donne (10).
Perché questi profughi si erano diretti a Bari? Come emerge
dalla corrispondenza di alcuni di essi con Zanotti e da altri documenti dell'Archivio dell'ANIMI (11), essi avevano raccolto l'invito
di un industriale del settore tessile, Lorenzo Valerio, proprietario a
Bari di un lanificio, di un suo socio, Scipione Scorcia, e di Nazariantz, di venire a lavorare a Bari impiantandovi una produzione di
tappeti orientali. I tre, riunitisi nella «Società Italo-Armena di tappeti
orientali», avevano inviato in Grecia un loro intermediario allo scopo
di ingaggiare le maestranze armene che avrebbero dovuto inaugurare
a Bari un nuovo settore dell'industria italiana. Nell'arte della tessitura
dei tappeti, in effetti, gli armeni sono notoriamente esperti, facendo
essa parte del ricco artigianato tradizionale armeno (12), e nei documenti dell'ANIMI non mancano cenni all'abilità dimostrata nel settore da questi lavoratori stranieri (13).
Fin dall'arrivo degli esuli a Bari, tuttavia, emersero evidenti le
difficoltà che ne comportava l'accoglienza: i profughi che lavoravano
nel lanifìcio erano alloggiati in baracche, costruite nel cortile della
stessa fabbrica con legname di recupero concesso, su richiesta di
Nazariantz, dal comune di Bari. Il loro corredo si componeva di sole
coperte militari, donate dal comandante del Corpo d'Armata, insieme
ad un telone impermeabile a copertura dei baraccamenti. A causa
delle pessime condizioni sanitarie, si verificarono anche tre decessi.
(10) «Il Sacco di Smirne è la conclusione infiammata e sanguigna di tutte le
rievocazioni di queste sopravvissute», cf. U. ZANOTTI BIANCO, Tra la perduta
gente,
Milano 1959 , p. 115; per riferimenti, nei racconti dei profughi, alle precedenti
stragi del 1915 cf. ibid., pp. 108, 110-111,124; cf. anche la lettera firmata Kovagim
Kagigugascian a Zanotti Bianco del 2 settembre 1928 (ANIMI Pratiche LI, 19).
(11) Tra cui la lettera menzionata nella nota precedente e l'opuscolo Cenni
illustrativi
cit.
(12) Il progetto, il cui promotore era Nazariantz, di aiutare in questo
modo i suoi connazionali, trovava corrispondenza in quegli stessi anni in altre
iniziative di tipo umanitario destinate al soccorso dei profughi armeni in Grecia
e in Medio Oriente, e che facevano leva sulle arti tradizionali armene: un atelier
di tessitura di tappeti era stato creato, ad esempio, ad Adana dall'Union Generale Arménienne de Bienfaisance (UGAB), e così diverse altre strutture in
favore dell'inserimento dei profughi nel tessuto sociale ed economico dei paesi
ospitanti, cf. R.H. KÉVORKIAN - B. A C H D J I A N , Tapis et textiles arméniens,
Marseiìle 1991. Ricordiamo anche la specializzazione nel ricamo delle circa quattrocento orfane armene accolte a Torino, cf. infra, n. 44.
(13) In un promemoria contenuto in ANIMI Pratiche II, 17 è elogiata l'abilità delle operaie armene, capaci di eseguire fino a ventimila nodi al giorno,
rispetto ai sei/settemila in media della maestranza italiana.
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molti di loro, dopo la fuga dai massacri del genocidio del 1915. Si