Molestia sessuale: definizione
Codice di condotta contro le molestie sessuali nei luoghi di
studio e di lavoro dell’Università degli Studi di Milano
Art. 2. Costituisce molestia sessuale, ai fini dell’applicazione di
questo Codice, ogni atto o comportamento indesiderato, anche
verbale, a carattere sessuale, che sia lesivo della dignità e/o della
libertà di una persona e che abbia l’effetto di creare nella/nel
destinataria/o una situazione di disagio, ostile, offensiva,
degradante, umiliante e/o caratterizzata da intimidazioni e/o
ritorsioni.
Codice di condotta contro le molestie sessuali nei luoghi di
studio e di lavoro dell’Università degli Studi di Milano
• Articolo 5 - Procedura informale di intervento della/del
Consigliera/e
• 1. La/il Consigliera/e, ove la persona oggetto di molestie
sessuali lo ritenga opportuno, interviene al fine di favorire il
superamento della situazione di disagio per ripristinare un
sereno ambiente di lavoro o di studio, facendo presente
all'autore delle molestie che il suo comportamento scorretto
deve cessare perché offende, crea disagio e interferisce con lo
svolgimento delle attività che si svolgono nell'Ateneo.
• 2. L'intervento della/del Consigliera/e deve avvenire
mantenendo la riservatezza che il caso richiede.
•
Per tale attività la/il Consigliera/e può avvalersi della
consulenza di altri esperti.
Articolo 6 - Denuncia formale
• 1. La persona oggetto delle molestie sessuali, ove non
ritenga di far ricorso all'intervento diretto della/del
Consigliera/e, ovvero, qualora dopo tale intervento il
comportamento indesiderato permanga, potrà sporgere formale
denuncia al Rettore, se lo ritiene con l'assistenza della/del
Consigliera/e .
• 2. Nel corso degli accertamenti è assicurata l'assoluta
riservatezza dei soggetti coinvolti.
• 3. Nel rispetto dei princìpi che informano la legge n. 125 del
1991, qualora si apra un procedimento disciplinare, il Rettore
potrà adottare, ove lo ritenga opportuno, sentito la/il
Consigliera/e, le misure organizzative ritenute di volta in volta
utili alla cessazione immediata dei comportamenti di molestie
sessuali ed a ripristinare un ambiente di lavoro e di studio in
cui sia rispettata l'inviolabilità della persona.
• 4. Sempre nel rispetto dei princìpi che informano la legge n.
125 del 1991 qualora si apra un procedimento disciplinare,
la/il denunciante ha il diritto di scegliere se rimanere al suo
posto di lavoro o di studio, o di essere trasferito altrove, senza
che ciò comporti per lei/lui disagio.
• 5. Nel rispetto dei princìpi che informano la legge n. 125 del
1991, qualora si apra un procedimento disciplinare, il Rettore
potrà adottare, d’intesa con le OO.SS. e sentita la/il Delegata/o
rettorale in P.O., su richiesta di uno o di entrambi gli
interessati, provvedimenti di allontanamento in via
temporanea, in attesa della conclusione del procedimento
disciplinare, al fine di ristabilire nel frattempo un clima sereno;
in tali casi è data la possibilità ad entrambi gli interessati di
esporre le proprie ragioni, eventualmente con l'assistenza delle
Organizzazioni Sindacali, ed è comunque garantito ad
entrambe le persone che l’allontanamento non crei disagio.
Ai fini dell’individuazione del miglior percorso
di tutela è necessario definire:
• le caratteristiche degli atti subiti
• il contesto ove si sono verificati
Procedure di conciliazione
Interne all’Ente: Consigliera
CCNN
Art.410 c.p.c.
Art. 66 (ex art. 66 D.lgs. 165/2001
per i dipendenti delle P.A.)
• Art. 410 (Tentativo facoltativo di conciliazione)
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai
rapporti previsti dall'articolo precedente, e non ritiene di
avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti
e accordi collettivi, puo' promuovere anche tramite una
associazione sindacale il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione, nella cui circoscrizione si trova
l'azienda o una qualsiasi dipendenza di questa, alla quale e'
addetto il lavoratore, o presso la quale egli prestava la sua
opera al momento della fine del rapporto.
Art.66 D.lgs. 165/2001
•
Ferma restando la facolta' del lavoratore di avvalersi delle
procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il
tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 65 si
svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad
un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione
provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova l'ufficio
cui il lavoratore e' addetto, ovvero era addetto al momento
della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si
applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di
conciliazione e' promosso dalla pubblica amministrazione. Il
collegio di conciliazione e' composto dal direttore della
Direzione o da un suo delegato, che lo presiede, da un
rappresentante del lavoratore e da un rappresentante
dell'amministrazione.
Codice penale
• 660 c.p.
• 609 c.p.
• 612 bis
Codice delle pari opportunità
D. Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (modificato con D. Lgs. 25 gennaio
2010, n. 5)
Art. 25 Discriminazione diretta e indiretta
Co.1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente
titolo, qualsiasi disposizione,criterio, prassi, atto, patto o
comportamento, nonché l'ordine di porre in essere un atto o un
comportamento, che produca un effetto pregiudizievole
discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro
sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a
quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in
situazione analoga.
Art.26 co.2.
Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie
sessuali,
ovvero
quei
comportamenti
indesiderati
a
connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non
verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una
lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio,
ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Art. 26 Co. 2-bis)
Sono, altresì, considerati come discriminazione i trattamenti
meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore
per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai comma
1 e 2 o di esservisi sottomessi.
Art. 26 co.3
Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di
lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei
comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in
conseguenza
comportamenti
del
rifiuto
medesimi.
o
della
Sono
sottomissione
considerati,
ai
altresì,
discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del
datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un
reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del
principio di parità di trattamento tra uomini e donne
Art. 660 c.p.
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico,
ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per
altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o
disturbo è punito con l' arresto fino a sei mesi o con l'
ammenda fino a 516 euro.
Art. 612 bis c.p. Atti persecutori
• 1.Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte
reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un
perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da
ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un
prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da
relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le
proprie abitudini di vita.
• 2.La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge
legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata
legata da relazione affettiva alla persona offesa.
• 3.La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a
danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di
una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
• 4.Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine
per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede
tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un
minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonchè quando il fatto è
connesso con altro delitto per il quale si deve procedere
d'ufficio.
•
(1) Articolo inserito dal D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.
Art. 609 bis c.p.
Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità,
costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la
reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire
atti sessuali:
1.Abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della
persona offesa al momento del fatto;
2.Traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole
sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non
eccedente i due terzi.
CARATTERISTICHE DEGLI ATTI
• ESPRESSIONI VERBALI A SFONDO SESSUALE
• CORTEGGIAMENTO INVASIVO E INSISTITO
• CONTATTO FISICO
Chiunque abbia subito molestie sessuali ha a
disposizione diversi strumenti a propria tutela:
• in sede penale
• in sede civile
CONDANNA AD UNA PENA E AL
AL RISARCIMENTO DEL DANNO
RISARCIMENTO DEL DANNO
Scarica

Art. 609 bis c.p.