Nel mondo degli affetti. Della creatività. Del benessere. Anno XXIX - n° 1 - maggio 2012 Sped. Abb. Post. 70% - Filiale di Milano - TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) Uff. CMP Roserio - MI Vogliamo rendervi partecipi di quanto ci avete aiutato destinando il 5 x 1000 alla nostra Associazione. Nel triennio 2009-2011 abbiamo erogato le seguenti prestazioni: 10.500 risposte epistolari e telefoniche alle richieste d’aiuto ricevute 2.721 consulenze individuali per problemi psicologici, fisici, burocratici 573 consulenze mediche individuali 2.028 presenze di persone ammalate e famigliari nei gruppi di sostegno psicologico 3.381 partecipazioni alle attività psicofisiche e creative Nello stesso triennio, la somma ricevuta di 181.128,22 euro è stata destinata a sostenere: • i costi per gli operatori impegnati nell’aiuto diretto alle persone ammalate e ai loro famigliari (circa 100.000 euro, pari al 55% del ricevuto) • le spese generali di gestione, necessarie per garantire le attività di aiuto (circa 30.000 euro, pari al 16%) • le spese per il ripristino della sede e dei suoi impianti (oltre 51.000 euro, pari al 29%) Contiamo sul vostro aiuto perché, anche grazie ad esso, decine di migliaia di persone, sino ad oggi, sono state aiutate a non perdere il contatto con la propria vita durante e dopo l’esperienza della malattia. Grazie per il vostro 5 x 1000 Codice Fiscale 10801070151 Dal 1973 a sostegno globale delle persone colpite dal cancro Editoriale Carissimi, non mi stancherò mai di ringraziare tutti voi che ci leggete e ci sostenete. E con voi ringraziare i nostri professionisti e i nostri Attivecomeprima Onlus Via Livigno 3, 20158 Milano Tel 026889647 Fax 026887898 [email protected] www.attive.org Consiglio Direttivo: Ada Burrone, Alberto Ricciuti, Arianna Leccese, Anna Dal Castagné, Giovannacarla Rolando. Collegio dei Sindaci: Mauro Bracco, Flavio Brenna, Luciana Dolci, Giusi Lamicela, Carlo Vitali. Comitato Scientifico: Stefano Gastaldi, Paola Bertolotti, Fabio Baticci, Franco Berrino, Nicoletta Buchal, Chiara Caldi, Massimo Callegari, Salvo Catania, Alberto Costa,Francesco Della Beffa, Roberto Labianca, Marina Negri, Willy Pasini, Manuela Provantini, Alberto Ricciuti, Giorgio Secreto, Sandro Spinsanti, Paolo Veronesi, Umberto Veronesi, Claudio Verusio. volontari che con passione e competenza lavorano in armonia tra loro, al servizio di quanti ci chiedono ascolto e aiuto per meglio affrontare la malattia e la vita. In queste pagine troverete i nostri progetti di quest’anno, che si aggiungono alle attività quotidiane che, come sapete, sono rivolte ai pazienti e a chi sta loro vicino. Nonostante il momento economico critico, chi decide di sostenere il nostro lavoro lo fa perché ne riconosce il valore, così come possono testimoniare le persone che usufruiscono dei nostri servizi. Aiutare a non perdere il contatto con la vita, mentre si cura la malattia, significa dare un contributo attivo al processo di guarigione e comunque a un maggiore benessere personale. È merito di questo concreto ed evidente beneficio se Attivecomeprima, pur in tempi non facili, trova la fiducia e le risorse per continuare a sviluppare il proprio metodo di lavoro e aiutare sempre più persone. Vi abbraccio con la riconoscenza e l’affetto di sempre. Per tradizione, il Sindaco di Milano è Presidente Onorario di ATTIVEcomeprima. Ringraziamo i nostri collaboratori e fornitori per il contributo alla realizzazione e alla qualità di questa rivista. Un grazie particolare alla Fotolito ABC per l’omaggio degli impianti di stampa. Per ricevere questa rivista basta inviare una libera offerta ad Attivecomeprima Onlus. 3 Pubblicazioni Rivista ATTIVE Riprogettiamo l’esistenza, Decido di vivere, La cura degli affetti Testi utilizzati per la conduzione dei gruppi di sostegno psicologico* A una donna come me Messaggio di Ada Burrone alle donne operate Viene offerta a tutti coloro che sostengono l’Associazione scaricabile dal sito www.attive.org scaricabile dal sito www.attive.org * Riservati agli psicologi e alle fiduciarie che partecipano ai nostri incontri formativi Alimentare il Benessere, Franco Berrino La forza di cambiare, Paola Bertolotti La trapia degli affetti Stefano Gastaldi Edizione FrancoAngeli Self-help La Forza di Vivere Cofanetto di 10 opuscoli a cura di ATTIVEcomeprima scaricabili dal sito www.attive.org Il gusto di vivere di Ada Burrone e Gianni Maccarini Edizione Oscar guide Mondadori La terapia di supporto di medicina generale in chemioterapia oncologica di Alberto Ricciuti Edizione FrancoAngeli scaricabile dal sito www.attive.org Lo spazio umano tra malato e medico Parlano medici, pazienti, psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Il Pensiero Scientifico Editore Per informazioni sulle pubblicazioni tel. 026889647 La forza di vivere Per affrontare con armonia il cambiamento di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima ...e poi cambia la vita Parlano i medici le donne gli psicologi a cura di ATTIVEcomeprima Edizione FrancoAngeli/Self-help M’amo, non m’amo di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione ATTIVEcomeprima scaricabile dal sito www.attive.org Quando il medico diventa paziente La prima indagine in Italia sui medici che vivono o hanno vissuto l’esperienza del cancro a cura di ATTIVEcomeprima e Fondazione Aiom Edizione FrancoAngeli Lettera ai medici di domani La paura è contagiosa, ma lo è anche la speranza di Ada Burrone (in italiano e in inglese) La danza della vita Le esperienze più straordinarie della mia esistenza di Ada Burrone (in italiano e in inglese) Edizione FrancoAngeli Sommario Periodico trimestrale Anno XXIX - N° 1 Maggio 2012 Sped. abb. post. 70% Filiale di Milano La rivista è posta sotto la tutela delle leggi della stampa. Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. La riproduzione scritta dei lavori pubblicati è permessa solo dietro autorizzazione scritta della Direzione. Direttore responsabile: Ada Burrone Vice Direttore: Paola Bertolotti Redazione: Caterina Ammassari Hanno collaborato: Mario Abram, Angela Angarano, Paola Bertolotti, Nicoletta Buchal, Ada Burrone, Chiara Caldi, Stefano Gastaldi, Benedetta Giovannini, Eliano Pessa, Manuela Provantini, Sandro Spinsanti, Marica Rizzo, Umberto Veronesi, Anna Villarini. Proprietà della testata: © Ass. ATTIVEcomeprima Onlus Direzione, Redazione, Amministrazione: ATTIVEcomeprima ONLUS 20158 Milano Via Livigno, 3 Tel. 026889647 Fax 026887898 e-mail [email protected] www.attive.org Progetto grafico e impaginazione: Alessandro Petrini 0258118270 Editoriale pag. 03 AVVENTURA Non prendiamoci troppo sul serio / Eliano Pessa pag. 06 VIVERE IL CAMBIAMENTO L’intervista che avremmo voluto fare / Paola Bertolotti pag. 08 IL LINGUAGGIO DEGLI AFFETTI Moto perpetuo / Stefano Gastaldi pag. 12 CAREGIVER Uno spazio per cambiare / Manuela Provantini pag. 14 LE VOSTRE LETTERE Cara Ada / Ada Burrone pag. 16 LA MEDICINA CHE CI ASPETTIAMO Il Dottor Knock si aggiorna / Sandro Spinsanti pag. 18 NUTRIRE IL BENESSERE Lo zucchero nelle etichette / Anna Villarini Le ricette di Angela / Angela Angarano Sono vegetariano. Scelgo il bene del pianeta / Umberto Veronesi pag. 20 pag. 22 pag. 24 LA FORZA DELLA VITA Due donne medico di fronte alla malattia / Nicoletta Buchal pag. 26 Sapevate che... / Benedetta Giovannini pag. 29 Letti e piaciuti / a cura di Chiara Caldi pag. 31 Noi con gli Altri pag. 32 Fotolito: ABC, Milano Tel. 025253921 Stampa: Tecnografica, Lomazzo (Co) Tel. 0296779218 ATTIVEcomeprima ONLUS Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 39 del 28/1/1984 L’Associazione è iscritta: - All’Albo delle Associazioni, Movimenti e Organizzazioni delle donne della Regione Lombardia -Al Registro dell’Associazionismo della Provincia di Milano - Al Registro Anagrafico delle Associazioni del Comune di Milano -All’Albo delle Associazioni della Zona 9 del Comune di Milano -Alla Società Italiana di Psiconcologia (S.I.P.O.) -Alla F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) ATTIVEcomeprima aderisce al movimento di opinione “Europa Donna Italia” Avventura Non prendiamoci troppo sul serio 6 Ho una grossa esperienza alpinistica alle spalle: nella mia vita ho finora fatto ventisei spedizioni in tutte le parti del mondo (Himalaya, Ande, regioni polari, ecc.). Nel corso di questa attività ho certamente provato grandi emozioni e ho rischiato la pelle molte volte. Ma, soprattutto, ho a lungo riflettuto sul senso di queste imprese: “Chi me lo fa fare?”, “Che senso hanno?” Ormai ho sessantacinque anni, una professione di grande soddisfazione, tre figli, quattro nipoti. Cosa vado cercando? Non certo le emozioni. Uno che sta in ospedale ha molte più emozioni di me. Apparentemente non porto vantaggi a nessuno: spendo solo tanto denaro e non faccio del bene ad altre persone. Eppure nel corso degli anni ho cominciato a provare degli effetti positivi di questa strana attività. Devo dire a questo proposito che le spedizioni alpinistiche sono solo la punta di un iceberg rispetto a tantissime attività che riguardano la montagna e l’ambiente in generale. Infatti, fin da bambino mi piacciono tutti gli aspetti della montagna e di per sé non sono un amante del rischio: mi piace passeggiare e divertirmi a correre in un prato, se possibile senza fare fatica. A volte mi basta solo contemplare le montagne stando seduto. E mi piacciono anche gli altri ambienti naturali, mare incluso (escludendo le spiagge affollate). In tutte queste circostanze il piacere deriva da un corretto rapporto tra me e l’ambiente circostante. Finché questo rapporto va bene io sono contento. Non solo sto meglio, ma anche imparo qualcosa e miglioro me stesso. E questo miglioramento si riflette nei mie rapporti con gli altri e nel bene, se possibile, che posso fare. Perché allora l’alpinismo estremo in posti lontani? Sicuramente per il piacere di viaggiare e fare altre esperienze umane e culturali. Ma il punto chiave sta nel fatto che l’esperienza può consentirmi di avere un rapporto corretto con montagne meravigliose. È sempre così? Purtroppo no. E sono quelle le circostanze in cui si impara e si può migliorare. Questo significa che queste esperienze ti cambiano internamente in senso positivo. Si possono classificare queste circostanze? Secondo me ce ne sono di due tipi: quelle in cui devi aiutare qualcuno e ci riesci, e quelle in cui devi aiutare te stesso. Ricordo un paio di volte, una sul McKinley, una vetta di 6.000 metri in Alaska, e una sull’Aconcagua, la cima più alta delle Ande che sfiora i 7.000 metri. In entrambi i casi siamo arrivati in vetta in tre ad un’ora molto tarda e uno di noi era sfinito al punto tale da non riuscire neanche a parlare. La notte si avvicinava e la discesa era assai difficile e pericolosa. Sapevamo che in due saremmo arrivati al campo base senza problemi, ma che se fossimo rimasti ad aiutare il nostro compagno, avremmo corso il rischio di morire lungo la discesa. Eppure in entrambi i casi facemmo la scelta per noi meno conveniente: la vita umana di un’altra persona ha un valore troppo grande per fare scelte di carattere egoistico. Fortunatamente, in entrambi i casi il nostro tentativo ebbe lieto fine (altrimenti non sarei qui a raccontarlo). Esperienze come queste mostrano che non vale la pena di sottovalutarsi: abbiamo più qualità di quanto si pensi e possiamo spenderle per aiutare qualcuno, con qualche probabilità di successo. Questa spesa non ha un ritorno, neanche in termini di gratitudine, e non deve averlo. Ed è proprio per questo che siamo più forti perché le nostre forze sono impiegate gratuitamente. Tuttavia vi è un altro pericolo in agguato: esperienze come queste possono anche indurre una sopravvalutazione delle proprie capacità. Questa sopravvalutazione viene ridotta dal secondo tipo di esperienze: quelle in cui bisogna aiutare se stessi. Alcuni anni fa ero impegnato nella scalata al Cho Oyu, un ottomila himalayano che è la sesta cima della terra in ordine di altezza. Non avevo fatto i conti sulle mie forze e mi sentivo capace di tutto. Invece ero soltanto privo di armonia con l’ambiente circostante. Arrivato a 7.500 metri partii per l’assalto alla vetta. Per fortuna la natura mi dette un segnale (come spesso fa): era notte e mi si spense la lampada frontale. Inoltre mi si erano congelate le mani. All’altezza di 7.600 metri fui costretto a tornare indietro. E fu una fortuna. Man mano che scendevo mi accorsi che in alta quota era scoppiata una terribile bufera. Inoltre scendendo, le mie forze svanivano a vista d’occhio. Riuscii a trascinarmi fino a una tenda abbandonata a 6.500 metri, dove passai la notte, completamente solo in mezzo alla bufera. Alla mattina riuscii a ripartire e continuare la discesa verso il campo base. Tuttavia mi accorsi ben presto che tutte le mie forze erano esaurite, anche quelle necessarie per fare tre o quattro passi. Lì cominciai a capire che stavo facendo una gara di resistenza contro la morte. Chi avrebbe vinto? Per fortuna riuscii a battere la morte di qualche centinaio di metri: se il campo base fosse stato tre o quattrocento metri più in la sarei morto di sfinimento. Esperienze come questa mostrano la fragilità della nostra condizione umana e quanto sia stupido sopravvalutare le proprie forze e, di conseguenza, prendersi troppo sul serio. Questo è un aspetto che modifica il nostro modo di rapportarci con gli altri in un mondo pieno di nevrosi, presunzione, arroganza, corsa dietro a falsi obiettivi, egoismo. Tutti questi aspetti sono nient’altro che manifestazioni di disaccordo con l’ambiente. Ciò che conta non è invece quello che ci procura vantaggi immediati. Non servono soddisfazioni personali, denaro, oggetti da possedere, lodi fatte da altri, successo. Sono tutte cose effimere che spariranno. Quello che conta non si può comprare e neanche possedere. La nostra vita deve essere rivolta ad utilizzare quel poco che siamo in grado di fare (e che è più di quanto pensiamo) per offrire gratuitamente qualcosa a qualcuno che forse ne ha bisogno. Il tutto senza prendersi troppo sul serio e senza pretendere di aver risolto problemi agli altri. So bene che questa ricerca di equilibrio con l’ambiente naturale e sociale è difficile. Ma proprio per questo, forse, la montagna appare una grande maestra e una grande scuola di vita, e vale dunque la pena, sempre nel rispetto della vita e delle norme di sicurezza, vivere qualche avventura che arricchisca la nostra conoscenza. Non è necessario per questo andare in Himalaya: anche salire sulla collina vicino a casa è una piccola avventura che non è mai monotona ma ogni volta suggerisce nuove emozioni e nuovi pensieri. Eliano Pessa. Professore Ordinario di Psicologia Generale all’Università di Pavia. 7 Vivere il cambiamento L’intervista che avremmo voluto fare 8 “Non si può sperare di ‘unire i puntini’ guardando avanti; dovete avere fiducia che i puntini che ora paiono senza senso, possano in qualche modo unirsi in futuro”. È in questa frase, tra le molte altre straordinarie di questo articolo, che in realtà è un discorso tenuto da Steve Jobs all’Università di Stanford, che abbiamo riconosciuto una linea che si accomuna al senso profondo del lavoro di Attivecomeprima. E cioè che, davanti ad esperienze difficili e a volte incomprensibili della vita, non è produttivo fermarsi a cercarne il senso, ma vale la pena di andare avanti, “mordendo la vita”, seguendo i propri desideri e le proprie ambizioni, senza dimenticare mai ciò che conta e si ama veramente e riuscendo a vedere nelle porte che si chiudono, possibilità mai contemplate prima. Discorso di Steve Jobs alla Stanford University, California (12 giugno 2005) Sono onorato di essere qui con voi oggi, nel giorno della vostra laurea presso una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. A dire la verità, questa è l’occasione in cui mi sono avvicinato di più ad un conferimento di titolo accademico. Oggi voglio raccontarvi tre episodi della mia vita. Tutto qui, nulla di speciale. Solo tre storie. La prima storia parla di “unire i puntini”. Ho abbandonato gli studi al Reed College dopo sei mesi, ma vi sono rimasto come imbucato per altri diciotto mesi, prima di lasciarlo definitivamente. Allora perché ho smesso? Tutto è cominciato prima che io nascessi. La mia madre biologica era una laureanda, ma ragazza-madre, e decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché io venissi adottato alla nascita da un avvocato e sua moglie. All’ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei “veri” genitori, che allora si trovavano in una lista d’attesa per l’adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: “Abbiamo un bimbo, un maschietto ‘non previsto’. Volete adottarlo?”. Risposero: “Certamente”. La mia madre biologica venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti definitivi per l’adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all’università. Infine, diciassette anni dopo ci andai. Ingenuamente scelsi un’università che era costosa quanto Stanford, così tutti i risparmi dei miei genitori sarebbero stati spesi, negli anni, per la mia istruzione accademica. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore: non avevo idea di cosa avrei fatto nella mia vita e non avevo idea di come l’università mi avrebbe aiutato a scoprirlo. Inoltre, come ho detto, stavo spendendo i soldi che i miei genitori avevano risparmiato per tutta la vita, così decisi di abbandonare, avendo fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Ero piuttosto terrorizzato all’epoca, ma guardandomi indietro credo sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’istante in cui abbandonai, potei smettere di assistere alle lezioni obbligatorie e cominciai a seguire quelle che mi sembravano interessanti. Non era tutto così romantico al tempo: non avevo una stanza nel dormitorio, perciò dormivo sul pavimento delle camere dei miei amici; restituivo i vuoti delle bottiglie di coca-cola per quei cinque centesimi di acconto con cui potevo comprarmi da mangiare; ogni domenica camminavo per circa quattordici chilometri attraverso la città per avere l’unico pasto decente nella settimana presso il tempio Hare Krishna. Ma mi piaceva. Gran parte delle cose che trovai in quel periodo sulla mia strada per caso o semplicemente grazie all’intuizione o alla mia curiosità, si sono rivelate di valore inestimabile più avanti. Lasciate che vi faccia un esempio. Il Reed College a quel tempo offriva probabilmente i migliori corsi di calligrafia del paese. Nel campus ogni poster, ogni etichetta su ogni cassetto, erano scritti in splendida calligrafia. Siccome avevo abbandonato i miei studi “ufficiali” e pertanto non dovevo seguire le classi secondo un piano di studi, decisi di seguire un corso di calligrafia per imparare come riprodurre quanto di bello avevo visto lì. Ho imparato i caratteri Serif e Sans Serif, come variare la spaziatura tra differenti combinazioni di lettere, e che cosa rende grande la migliore tipografia. Tutto ciò era bellissimo, antico e così artisticamente delicato che la scienza non avrebbe potuto “catturarlo” e lo trovavo affascinante. Nulla di tutto questo sembrava avere speranza di applicazione pratica nella mia vita, ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, mi tornò utile. Progettammo così il Mac: era il primo computer dalla bella tipografia. Se non avessi abbandonato gli studi, il Mac non avrebbe avuto caratteri multipli e font a spaziatura proporzionale. E se Windows non avesse copiato il Mac, nessun personal computer ora le avrebbe. Se non avessi abbandonato gli studi, se non mi fossi inserito in quel corso di calligrafia, i computer oggi non avrebbero quella splendida tipografia che ora possiedono. Certamente non era possibile all’epoca “unire i puntini” e avere un quadro di cosa sarebbe successo, ma tutto è divantato molto chiaro guardandosi alle spalle dieci anni dopo. Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi indietro: dovete quindi avere fiducia che i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi in futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro Dio, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita. La mia seconda storia parla di amore e di perdita. Sono stato molto fortunato: ho capito molto presto cosa mi piaceva fare nella vita. Io e Woz [Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, ndr] fondammo Apple nel garage dei miei genitori quando avevo appena vent’anni. Abbiamo lavorato duro e in dieci anni Apple è cresciuta partendo da soltanto noi due in un garage fino ad arrivare ad una società da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. Avevamo appena creato il nostro migliore progetto – il Macintosh – e io avevo appena compiuto trent’anni… E venni licenziato. Come può una persona essere licenziata dalla società che ha fondato? Beh, quando Apple si sviluppò assumemmo una persona – che pensavo fosse di grande talento – per dirigere la compagnia con me, e per il primo anno le cose andarono bene. In seguito però le nostre visioni sul futuro cominciarono a divergere finché ci scontrammo. Quando successe, il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così, a trent’anni, ero stato messo fuori. E in maniera plateale. Ciò che aveva focalizzato la mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante. Per qualche mese non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori e di aver lasciato cadere il testimone che mi era stato passato. Mi incontrai con David Packard e Bob Noyce [co-fondatori di Intel, ndr] e provai a scusarmi per aver mandato all’aria tutto così malamente: era stato un vero fallimento pubblico e arrivai addirittura a pensare di andarmene dalla Silicon Valley. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: amavo ancora quello Steven Paul Jobs, noto semplicemente come Steve Jobs (San Francisco, 24 febbraio 1955 – Palo Alto, 5 ottobre 2011), è stato un imprenditore, informatico e inventore statunitense. Co-fondatore di Apple Inc., ne è stato amministratore delegato fino al 24 agosto 2011, quando si è dimesso per motivi di salute (assumendo la carica di Presidente del consiglio di amministrazione). Ha fondato anche la società NeXT Computer. È stato inoltre amministratore delegato di Pixar Animation Studios prima dell’acquisto da parte della Walt Disney Company, della quale era inoltre membro del consiglio di amministrazione oltre che maggior azionista. È noto per aver introdotto al grande pubblico il primo personal computer con il mouse (Apple Lisa) e per prodotti di successo come Macintosh, iMac, iPod, iPhone e iPad. È stato tra i primi a intuire la potenzialità del mouse e dell’interfaccia a icone. Jobs venne classificato primo tra i 25 uomini d’affari più potenti per il 2007 da Fortune e persona dell’anno 2010 dal Financial Times. 9 10 che avevo fatto, e ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato neanche un po’ ciò che provavo. Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Così decisi di ricominciare. Non potevo accorgermene allora, ma mi resi conto che essere licenziato dalla Apple era la cosa migliore che mi sarebbe potuta capitare. La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un debuttante, senza certezze su nulla, e mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita. Nei cinque anni successivi fondai una società chiamata NeXT, un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una splendida ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La Pixar produsse il primo film interamente in animazione digitale, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione di maggior successo nel mondo. In una mirabile successione di accadimenti, Apple comprò NeXT, io ritornai alla Apple e la tecnologia che sviluppammo alla NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. E Laurene ed io abbiamo una splendida famiglia. Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo mi sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina con un saporaccio, ma presumo che “il paziente” ne avesse bisogno. Ogni tanto la vita vi colpisce come un mattone sulla testa. Non perdete la fiducia, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha aiutato ad andare avanti sia stato l’amore per ciò che facevo. Dovete trovare ciò che vi appassiona, e questo è vero tanto per il lavoro quanto per coloro che amate. Il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi; come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti. E, come in tutte le grandi storie d’amore, migliorerà sempre di più col passare degli anni. Quindi continuate a cercare finché non lo trovate. Non accontentatevi. La mia terza storia parla della morte. Quando avevo diciassette anni, ho letto una citazione che recitava: “Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente, prima o poi, avrai ragione”. Mi colpì moltissimo, e da quel momento, per i successivi trentatré anni, mi sono guardato allo specchio ogni giorno e mi sono chiesto: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni volta che la risposta era “no” per troppi giorni consecutivi, sapevo di dover cambiare qualcosa. Ricordare che sarei morto presto è stato lo strumento più utile che abbia mai trovato per aiutarmi nel fare le scelte importanti nella vita. Perché quasi tutto – tutte le aspettative esteriori, l’orgoglio, la paura e l’imbarazzo per il fallimento – sono cose che scivolano via di fronte alla morte, lasciando solamente ciò che è davvero importante. Ricordarvi che state per morire è il miglior modo per evitare la trappola rappresentata dalla convinzione che abbiate qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione perché non seguiate il vostro cuore. Un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Effettuai una scansione alle sette e trenta del mattino e quest’ultima mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che con ogni probabilità era un tipo di cancro incurabile, e avevo un’aspettativa di vita da tre a sei mesi. Il mio dottore mi consigliò di tornare a casa Dichiarazione del Presidente della Stanford John Hennessy sull’eredità di Steve Jobs 6 ottobre, 2011 “Steve Jobs è stato un uomo straordinario e sono profondamente addolorato di apprendere della sua morte. Era un pioniere nel settore informatico, la sua creatività e la sua visione sono leggenda. Ma era anche un grande comunicatore, che era in grado di stimolare l’innovazione negli altri. Quando parlò a Stanford nel 2005, ha detto ai nostri studenti che la chiave per fare un buon lavoro è amare quello che si fa. Steve Jobs amava quello che ha fatto, e ha ispirato tutti noi a pensare diversamente. Egli ci mancherà profondamente”. Presidente John L. Hennessy, 5 ott, 2011 “a sistemare i miei affari”, che è un modo per i medici di dirti di prepararti a morire. Significa che devi cercare di dire ai tuoi figli in pochi mesi tutto quello che pensavi di dover dire loro nei prossimi dieci anni. Significa che devi fare in modo che tutto sia a posto, così da rendere la cosa più semplice per la tua famiglia. Significa prepararsi a dire “addio”. Ho vissuto con addosso il responso di quella diagnosi per tutto il giorno. Quella sera stessa feci una biopsia in cui mi infilarono una sonda nella gola, giù attraverso il mio stomaco fin dentro l’intestino. Inserirono una sonda nel pancreas e prelevarono alcune cellule del tumore. Ero in anestesia totale, ma mia moglie, che era lì, mi disse che quando videro le cellule al microscopio, i dottori cominciarono a gridare perché venne fuori che si trattava di una forma molto rara di cancro curabile attraverso la chirurgia. Così mi sono operato e ora sto bene. Questa è stata la volta in cui mi sono trovato più vicino alla morte, e spero di non avvicinarmi a lei più di così per molti decenni ancora. Essendoci passato, posso parlarvi ora con maggiore certezza, rispetto a quando la morte era per me solo un puro e astratto concetto intellettuale: Nessuno vuole morire. Anche le persone che desiderano andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E nonostante la morte rappresenti l’unica destinazione che noi tutti condividiamo, nessuno è mai sfuggito ad essa. Questo perché è come dovrebbe essere: la morte è la migliore invenzione della vita. E’ l’agente di cambio della vita: fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Ora come ora “il nuovo” siete voi, ma un giorno non troppo lontano, gradualmente diventerete “il vecchio” e sarete messi da parte. Mi dispiace essere così drammatico, ma è la pura verità. Il vostro tempo è limitato, perciò non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non rimanete intrappolati nei dogmi che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui zittisca la vostra voce interiore. E, cosa ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione: loro vi guideranno in qualche modo nel conoscere cosa veramente vorrete diventare. Tutto il resto è secondario. Quando ero giovane, c’era una pubblicazione splendida che si chiamava The Whole Earth Catalog, che è stata una delle “bibbie” della mia generazione. Fu creata da Steward Brand in un luogo non molto distante da qui, a Menlo Park, ed egli le diede vita con il suo tocco poetico. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer, e tutto era fatto con le macchine da scrivere, le forbici e le fotocamere polaroid: era una specie di Google formato edizione economica, trentacinque anni prima che Google venisse fuori. Era qualcosa di idealistico, pieno di concetti chiari e grandi nozioni. Steward e il suo team pubblicarono diversi numeri di The Whole Earth Catalog, e quando il suo tempo si concluse, fecero uscire il numero finale. Era la metà degli anni Settanta e io avevo pressappoco la vostra età. Sulla quarta di copertina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, una di quelle che potete trovare facendo autostop se siete dei tipi così avventurosi. Sotto, le seguenti parole: “Siate affamati. Siate folli”. Era il loro messaggio di addio. Siate affamati. Siate folli. E questo è quello che ho sempre augurato a me stesso. Ora, nel giorno della vostra laurea, pronti a cominciare una nuova avventura, auguro questo a voi. 11 Siate affamati. Siate folli. Grazie mille a tutti. Paola Bertolotti. Psicologa e psicoterapeuta. Conduce in Associazione i gruppi di sostegno psicologico “Riprogettiamo l’Esistenza” e “Decido di vivere”. Il linguaggio degli affetti Moto Moto perpetuo perpetu 12 L’incessante spinta a crescere e a metterci al mondo che regola invisibilmente la nostra vita col passare degli anni muta carattere, intensità e modi, ma non scompare. Quando viene inibita, per qualsiasi motivo, ci sentiamo morire e possiamo vivere momenti di grandissima difficoltà: depressioni, stati d’ansia parossistici, malesseri profondi e pervasivi. In effetti, niente come il pensare di “non” poter fare ancora i nostri compiti evolutivi ci avvicina alla sensazione della morte, a qualsiasi età. La nostra cultura è ricca di suggerimenti e prescrizioni che ci avvolgono, ci guidano e ci condizionano, talvolta invisibilmente. Essa abbonda di compiti per le diverse età della vita. Ma la ricchezza di suggerimenti e di prescrizioni che ha prodotto per accogliere, esprimere e rendere concreta la nostra spinta a crescere sembra subire una curiosa e dolorosa battuta d’arresto con l’arrivo dell’età avanzata, che corrisponde in qualche modo agli anni di vita che seguono il pensionamento. Il ruolo sociale delle persone anziane si riduce, in una cultura centrata su modelli di crescita lavorativa ed economica. Così anche i compiti relativi alla vita affettiva, sentimentale, sessuale sembrano impallidire e scomparire, a meno che le persone non ricorrano, con artifici chirurgici più o meno devastanti, a conservare un curioso aspetto da immortali. L’appeal sintetico dato dalla chirurgia estetica pesante, che presenta ultrasettantenni con zigomi alti e pelle tesa, lineamenti stravolti e traslucidi, apre a dolorose considerazioni sulla difficoltà a invecchiare in una cultura che considera la vecchiaia come un disvalore. Eppure nella vecchiaia donne e uomini continuano, anche contro una certa disattenzione sociale, a mettersi al mondo, a progettare la loro vita e il loro futuro. Solo che lo fanno in un modo differente dalle precedenti età. Uno dei fattori maggiormente influenti sulla psiche umana è, per me, il fare i conti con la nostra mortalità. Crescere significa avvicinarsi alla morte e su ciò sono scorsi fiumi di inchiostro. Al tempo stesso, non crescere significa morire qui e ora. Dunque, non abbiamo scelta. Nell’età avanzata, la linea dell’orizzonte oltre la quale poniamo immaginariamente la nostra morte si avvicina. Ciò comporta che lo spazio e il tempo in cui poniamo impegni e progetti divenga più breve rispetto a quanto accadeva in gioventù. Persone abituate a pensare il loro futuro nell’arco di decine di anni cominciano lentamente ad accorciare questa prospettiva. Può sembrare triste, ma una volta compiuta questa operazione, la vita ritorna normale, i progetti si fanno, il futuro riacquista senso. Anzi, la vita si addensa e impreziosisce, proprio perché non la si immagina più come un immane serbatoio di tempo da cui attingere in abbondanza. Essere vecchi, termine che a me piace molto più che “anziani”, significa sempre la solita musica; si ha bisogno di quel di cui tutti abbisognano: amore, affetto, realizzazione della p ropria identità, creatività, generatività, emozioni. Il tutto accompagnato da un maggiore senso di protezione e sicurezza, necessari per il fatto che le minori energie danno la sensazione di non essere capaci di reagire agli imprevisti e ai problemi con le stesse risorse della gioventù. Si ha anche bisogno di sentirsi belli, piacevoli, attraenti. Il venir meno dell’irruenza energetica ormonale propria degli anni giovanili e della maturità non spegne il bisogno di provare emozioni connesse all’eros. La tematica dei sentimenti e del bisogno d’amore nella vecchiaia è sconosciuta ai più, quasi come se nella nostra cultura vi fosse un’immagine sfumata e irreale della vita dopo i settant’anni. I sentimenti non muoiono mai, anzi. Il desiderio di amore, affetti e relazioni che caratterizza gli anni avanzati della vita è per molti anche più intenso che in precedenza. A esso si associa una capacità più profonda di comprendere e accettare la fallibilità umana e una visione più ampia e profonda del senso degli affetti. Essere amati e amare un partner o una partner, ma anche gli amici, i figli, i nipoti è, nell’età avanzata, un dono inestimabile e un desiderio costante. L’eros, in questo senso più ampio, è la forza motrice della creatività, di quella tendenza generatrice che ci fa mettere continuamente al mondo, in ogni situazione e in ogni contesto. Le persone che restano creative sono in grado di sfuggire alla morte, perché vivono davvero in ogni istante. Ogni volta che prescriviamo alle persone anziane che vivono vicine a noi di rinunciare a fare ciò che desiderano, o sentono, di fare – magari perché sono un po’ ammalate o perché temiamo per loro – le chiudiamo un po’ di più nel sentimento di morte, perché inibiamo una delle fonti più potenti della vitalità. Da anziani, più ancora che da giovani, è cruciale scegliere di vivere con progetti e piaceri vitali quotidiani. A queste età, infatti, si può guardare la vita con rimpianto e sentimenti di perdita e di avvicinamento alla morte, ma coltivare la vitalità permette di attivare uno sguardo che coglie l’immane movimento del vivere e ci colloca in un flusso in cui abbiamo idee e visioni ampie. La libertà dai doveri che hanno accompagnato gli anni del lavoro o della crescita dei figli rende in grado di riaprire capitoli della vita lasciati in sospeso, concedersi libertà mai prima sperimentate, dedicare tempo a sé, curare interessi e passioni. L’esperienza accumulata, la conoscenza della storia recente, direttamente vissuta, l’incredibile quantità di apprendimenti e di cambiamenti che si sono accumulati nella mente e nei pensieri consentono ora una visione più sintetica e complessa della vita, che rende le persone anziane competenti e ancora inclini a nuove scoperte, specie se non si rinchiudono in una vita troppo angusta, solitaria o isolata. Per di più, il dover fare i conti con una minore prestanza fisica o con acciacchi più o meno pronunciati, se accettato, acuisce la capacità di vedere nella dimensione quotidiana il riflesso della grandezza immensa del vivere. Potremmo dire che, se da giovani si è un po’ come gli astrofisici che sondano l’Universo e le sue galassie, da vecchi si diventa fisici atomici, che guardano molto più vicino, alla materia piccola. Ma è la stessa cosa. Stefano InfoGastaldi. autore Psicologo e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “La terapia degli affetti”. Caregiver Uno spazio per cambiare 14 Da anni Attivecomeprima dedica uno spazio di aiuto ai caregiver. L’idea che ci ha guidati in principio era quella di capire e approfondire i bisogni di coloro che vivono indirettamente l’esperienza del cancro, stando vicino ad una persona malata. Sulla base di questo, abbiamo cercato di costruire un lavoro di gruppo che potesse aiutare parenti, amici e conoscenti a mantenere lo stato di benessere necessario per stare accanto ai propri cari nel modo più adeguato e “sano” possibile. L’équipe di Attivecomeprima da allora ha dato, e continua a dare, un aiuto ai caregiver, i quali, con le loro esperienze e confidenze, l’aiutano a comprendere e a far crescere questo spazio di lavoro. Inizialmente, le tematiche che emergevano negli incontri erano centrate principalmente sullo stato di malattia della persona cara, sul percorso di cura che stava intraprendendo e i caregiver stessi, nello spiegare il loro stato d’animo, si identificavano completamente con la situazione fisico-clinica del famigliare ammalato. Gradualmente le cose sono cambiate… Da qualche tempo i partecipanti, che siano mogli, mariti, sorelle o altro, arrivano con l’idea di aiutare il proprio caro, “lo fanno per lui” e, successivamente, si appropriano di questo spazio e lo sfruttano anche per cambiare la propria vita. Un giorno Carlo, un caregiver, ha detto: “Questo gruppo mi sta aiutando a conoscermi meglio e a capire cosa voglio modificare nella mia vita e nel mio comportamento per migliorare anche la relazione con i miei famigliari”. Chi affronta in prima persona un’esperienza traumatica come la scoperta del cancro, spesso sente la necessità di guardare alla propria vita, passata e presente, e farne un po’ il resoconto, con uno sguardo al futuro, per eventualmente modificare quello che a suo avviso “non va” e magari riordinare la propria scala di valori. Lo stesso vale per il caregiver. A volte accade che sia proprio lui il primo a sentire di aver bisogno di un cambiamento e che trasmetta questo bisogno al famigliare ammalato. In un incontro di qualche settimana fa, Francesco, un partecipante, ha esordito in questo modo: “Ho pensato a quello che ci siamo detti la volta scorsa e l’ho messo in pratica. È fondamentale riprendere in mano la propria progettualità, sia per noi che per le persone che aiutiamo. Prima della scoperta della malattia, mia madre aveva in mente di rinnovare l’arredamento della sua casa e poi ha rinunciato perché diceva che non aveva più senso. Da quando ho ricominciato a fare progetti, senza sentirmi in colpa, anche mia madre ha ripreso a farlo: ha comprato una nuova cucina e ora sta pensando alla stanza da bagno”. Uno degli aspetti più devastanti della scoperta del cancro è il fatto che tolga la possibilità di darsi le stesse speranze che si avevano prima della diagnosi, orientando inevitabilmente i pensieri verso la possibilità di morire. Occuparsi di questa esperienza significa pensare che il cancro è una realtà che purtroppo può sopraggiungere ma che esiste la possibilità di riattivare la speranza. Ed è proprio la speranza a consentire ad ammalati e a caregiver di orientarsi nuovamente alla vita, breve o lunga che sia. 15 15 Manuela Provantini. Psicologa, assistente alle ricerche e alla progettazione delle attività. Conduce in Associazione il gruppo dedicato ai caregiver: Le vostre lettere a cura di Ada Burrone Cara Ada, 16 come promesso in occasione del vostro Mini-Master, ti invio i sette peccati mortali delle civiltá moderne secondo Gandhi. Gandhi cosí intendeva rispondere alla domanda che il nipote gli aveva posto il giorno prima di morire (30 gennaio 1948). Questo elenco é ben in vista sulla scrivania di ciascuno dei miei figli. Questi “peccati mortali” sono piú che mai attuali!! E a guardar bene si possono identificare proprio in questi peccati le radici dei problemi odierni. Ada, voglio cogliere l´occasione per esprimerti ancora una volta la mia ammirazione per le tua tenacia, perseveranza e fede nel futuro, che contagia anche i non pazienti. Cari saluti da Lipsia la tua Luisa Cara Ada, infinitamente grazie per l’accoglienza calorosa e per il tempo che ci hai dedicato ieri. Ero in uno stato di confusione, nonostante conosca il dolore della malattia. Quando c’è aria di pericolo, c’è una sofferenza insopportabile che si ha paura di non riuscire a gestire. Grazie al cammino, fatto precedentemente con Attive ho imparato a “nuotare” come dici tu, ma ieri “annaspavo”. Credo che non saremo mai abbastanza preparati per gestire la malattia nostra e dei nostri cari. Che bel regalo, assistere ad una tua telefonata che hai ricevuto da una persona, a te cara, a cui sono scomparse le metastasi. È più semplice, quando si sta bene, parlare della”morte” perché pensiamo che tanto è lontano il momento, a noi non toccherà presto! Ma quando ci I SETTE PECCATI MORTALI Secondo Mohandas Karamchand Ghandi (Il Mahatma Gandhi) 1. Ricchezza Senza Lavoro 2. Piacere Senza Coscienza 3. Conoscenza Senza Carattere 4. Affari Senza Principi Morali 5. Scienza Senza Umanità 6. Religione Senza Sacrificio 7. Politica Senza Valori Ideali sono delle situazioni di pericolo solo pronunciarla mi procura panico, è difficile parlarne, mi manca il respiro solo a nominarla. Ci hai alleviato la disperazione, ci hai dato delle indicazioni, ci hai segnalato una persona che può aiutarci e, soprattutto ci hai dato affetto. In queste situazioni è importantissimo poter contare su persone premurose che riportino alla calma che ci ricordino quanto è importante, per una persona ammalata, la serenità e l’avere accanto persone amorevoli. Quando siamo tornate a casa ci è sembrato di poter portare un sacco con tanti regali, abbiamo raccontato le tue parole e abbiamo dato una speranza con l’appuntamento di domani. Ho letto il referto medico di mia sorella, lo so che è grave, ma mi sento meglio all’idea di poter contare su persone che ci aiuteranno a gestire i brutti momenti che arriveranno. Io spero con tutta me stessa in un miracolo, ci credo e ci spero tantissimo. Ti abbraccio Tina, Milano Tina carissima, quando possiamo essere utili agli altri facciamo prima un grande dono a noi stessi. La tua speranza non è illusione, ma una forza per affrontare quotidianamente la vita. Sentici vicino. Carissime, spesso ho pensato a voi, al vostro centro e a ciò che fate per le donne, a quello che avete fatto per me tanti anni fa, nel 1998, quando molto impaurita all’età di 36 anni mi presentai da voi appena operata di mastectomia destra all’ospedale Buzzi. Da voi ho trovato per molti mesi un nido caldo, amorevole e gioioso che tanto mi ha dato e mi ha aiutato a confrontarmi con altre donne che, come me, avevano perso la speranza nel futuro. E lì nel vostro nido ho spiccato il volo... quegli incontri furono per me molto costruttivi e mi fecero prendere in mano la mia vita e mi portarono al cambiamento. Dopo lo spavento del tumore cominciai a pensare al significato della malattia che non era arrivata a caso, quindi presi consapevolezza del mio stato e del valore della mia persona e capii che la malattia era arrivata come un ospite invadente per farmi prendere coscienza della mia sofferenza e per trasformare le mie scelte, la mia vita. Passo dopo passo cominciò il cambiamento sentendo crescere in me una persona nuova. Acquistai forza, emozioni nuove ed iniziai un percorso di volontariato durato un paio d’anni, (dopo il lavoro di impiegata) presso il Progetto Itaca rispondendo alla linea d’ascolto alle persone che chiedevano conforto e informazioni sulla depressione e sulle malattie che affliggono la nostra mente. Nel frattempo pensai all’idea di raccontare in un libro le esperienze che avevo vissuto durante la malattia e grazie alla quale la trasformazione interiore. Così è nato, insieme al compagno della mia vita, “‘Il Risveglio’. Appunti di viaggio nel mondo interiore” - Anima Edizioni. Il mio pensiero corre sempre a voi, tant’è che quando mi avete chiamato per inviarmi uno studio sugli effetti collaterali della chemioterapia, vi ho accennato che mi sarebbe piaciuto molto collaborare con voi come volontaria e mettere a disposizione, con estrema umiltà, sia me stessa che la mia esperienza di donna che ha combattuto contro la paura di morire. Con molta gioia nel cuore attendo una vostra risposta per poter fare due chiacchiere in amicizia. Un caro saluto. Maria Grazia, Settimo Milanese Quanta strada hai percorso nel tuo viaggio interiore, Maria Grazia cara! Certamente troveremo insieme come mettere a frutto il risultato di un’esperienza drammatica che ha portato ad una rinascita. Brava davvero! Cara Ada, trentacinque anni, un marito, un lavoro, i progetti, la tanto sognata casa…e poi?! 7 luglio 2007 la diagnosi “carcinoma maligno”. “Date le dimensioni si consiglia mastectomia radicale con ricostruzione”. Il tutto rimbombò nella mia mente quasi come una sentenza: tumore = tu muori. Esami, informazioni, consensi, dettagli dell’intervento e, incredibilmente, mentre tutti si occupavano di me, mi ritrovai “sola”…sola a frugare tra le briciole del mio essere, di fronte a un domani incerto e con l’immensa paura della sofferenza, della morte e anche della vita. Improvvisamente le lancette dell’orologio del tempo, come impazzite, incominciarono a correre e ad urlare: “dai, sbrigati…ma non ti accorgi che non c’è più tempo? Non restare lì… reagisci!”. Ero immobile. 31 luglio 2007 (tic…tac…tic…tac…): giorno del primo intervento. Mi ritrovai su quel tavolo con le sembianze di una “bomba” che sta per essere “disinnescata” (tic…tac…tic... tac…) intervento riuscito! E ora?... ora toccava a me! Misurarsi con il male, imparare a credere di farcela, far si che la disperazione si tramuti in speranza e la speranza in capacità di guarire, coltivando l’intima consapevolezza che vivere bene sia già vivere di più. Quando accade di poter morire, tutto inevitabilmente cambia, ti accorgi di quanto può essere strana e imprevedibile la vita e che, in realtà, nulla è così scontato… inaspettatamente senti quel calore che ti pervade che quasi ti fa scoppiare il cuore e, come in un giorno di sole, vuoi risplendere, illuminare ogni momento della vita così preziosa... A volte accade anche di scegliere di VIVERE, riappacificandosi con se stessi, prendendo coscienza che ogni giorno è un “dono” e, come tale, merita di essere vissuto e amato. Difficile spiegare cosa vuol dire vivere un’esperienza del genere, il percorso è doloroso, ma quando tutto questo diventa un ricordo, la gioia che resta è così forte da cancellare qualsiasi sofferenza. Deliana, San Remo Per i vostri quesiti vi ricordiamo i nostri recapiti: ATTIVEcomeprima via Livigno, 3 - 20158 Milano Tel 026889647 mail: [email protected] Per parlare con Ada potete telefonare il lunedì e il mercoledì dalle h. 14,00 alle h. 17,00. 17 La medicina che ci aspettiamo Il Dottor Knock si aggiorna 18 Da qualche tempo compaiono in rete allettanti offerte commerciali al ribasso. Soprattutto il colosso americano del settore, un importante portale su internet, si è messo in grande evidenza, proponendo cene in ristoranti di lusso e soggiorni in hotel prestigiosi a prezzi stracciati. Ma non solo: anche visite mediche specialistiche e test diagnostici vengono offerti in pacchetti super scontati. Non possiamo fare a meno di chiederci: è un bene o un male? Dobbiamo salutare come un progresso che anche la medicina abbia piantato le tende nel tempio del Mercato? Ci sorge un dubbio: che i promotori delle offerte mediche di questo portale siano andati a scuola dal dottor Knock. Da quasi un secolo Knock insegna, a chi vuol imparare da lui, come espandere i servizi medici. Per la precisione, il suo magistero ha avuto inizio nel 1923, quando la commedia di Jules Romains, “Knock o il trionfo della medicina”, è andata in scena per la prima volta a Parigi. Da allora è diventato l’eroe mitico e il nume tutelare di una medicina che ha assunto come obiettivo il superamento continuo dei limiti. Giovane medico condotto, Knock arriva nel paesino di St. Maurice con poca scienza, ma con una convinzione incrollabile. Quella che aveva posto come titolo - spiega al dottor Parpalaid che, con molta prosopopea ma praticamente in condizioni economiche disagiate, gli “vende” la condotta - alla sua tesi di laurea: “Sui pretesi stati di salute”; ovvero, ogni sano è un malato che si ignora. Ai nostri giorni qualcuno ha aggiornato la tesi affermando che ogni sano è una persona non sufficientemente diagnosticata. Dopo tre mesi, quando il dottor Parpalaid ritornerà nel paese per incassare la prima rata della condotta, tutto è cambiato: la locanda è stata trasformata in ospedale, e non c’è più un posto disponibile; il modesto farmacista, diventato il principale collaboratore del nuovo medico, ora dirige un’attività fiorente. Tutti gli abitanti di St. Maurice sono stati toccati dalla “Luce Medica”. Spiega il dottor Knock all’anziano collega stupefatto: “Voi mi date un cantone popolato da alcune migliaia di individui neutri, indeterminati. Il mio ruolo è di determinarli, di portarli all’esistenza medica. Li metto a letto e guardo che cosa ne può venir fuori: un tuberco- 19 lotico, un nevropatico, un arteriosclerotico, quello che si vuole, ma qualcuno, Dio buono!, Qualcuno! Niente mi irrita come quell’essere né carne, né pesce che voi chiamate una persona sana”. Dal punto di vista operativo, la strategia promozionale - promozione della medicina, beninteso, non dei propri interessi... - del dottor Knock è semplice. Convoca il messo comunale, che ha il compito di fare gli annunci pubblici, preceduto dal suono del tamburo, e lo manda in giro per il paese a proclamare l’offerta del nuovo dottore: il lunedì, giorno di mercato e di grande affluenza in paese, dalle nove e trenta alle undici e trenta, il dottor Knock farà visite gratuite per gli abitanti del cantone (“in uno spirito filantropico e per contrastare il progresso inquietante delle malattie”, precisa). Il seguito della storia chi ha visto o letto la commedia lo conosce; gli altri possono facilmente immaginarlo. Una storia attuale? Beh, oggi gli annunciatori pubblici a suon di tamburo sono piuttosto rari. In compenso, si sono moltiplicate le vie per far arrivare messaggi di promozione della medicina, sempre animati da spirito filantropico e per contrastare il progresso delle malattie. Con un significativo cambio di scenario: chi offre servizi gratuiti o scontati non ha di fronte la diffidente e taccagna comunità contadina di St. Maurice, che deve essere indotta controvoglia a farsi visitare; oggi il dottor Knock ha di fronte “consumatori” avidi di ricevere visite e di farsi prescrivere esami, farmaci e trattamenti. Guardando dalla finestra del suo albergo-ospedale lo spettacolo di 250 case con le finestre illuminate, dove allo scoccar delle dieci di sera tutti i malati erano pronti per la presa di temperatura rettale, il dottor Knock poteva annunciare trionfante: “Ci sono 250 camere in cui qualcuno confessa la medicina, 250 letti in cui un corpo disteso testimonia che la vita ha un senso, e grazie a me un senso medico”. Dall’alto di internet, dalla finestra delle offerte low cost, i numeri delle persone “beneficate” dall’espansione dei servizi sanitari appaiono moltiplicati in modo esponenziale. E la Luce Medica brilla tanto da ferirci gli occhi. Sandro Spinsanti Direttore Istituto Giano - Roma Nutrire il benessere Lo zucchero nelle etichette Quando andiamo a fare la spesa, spesso la nostra attenzione è attirata da confezioni con la scritta “light”, “leggero”, “diet” o “senza zucchero”. Ma sappiamo realmente cosa significa? 20 Imparare a leggere le etichette è fondamentale per poter scegliere ciò che vogliamo e per farlo, non possiamo fermarci solo a quello che è scritto in bella vista ed in grande, perché quello è ciò che, chi ci vende il prodotto, vuole che leggiamo. E allora, come prima cosa, capovolgiamo la confezione, mettiamo gli occhiali (perché le cose importanti sono sempre scritte in piccolo) e leggiamo con attenzione l’elenco degli ingredienti. In questo elenco è riportata qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma modificata. Tutti gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di quantità nel prodotto. Al primo posto è indicato quello presente in quantità maggiore e via via fino a quello presente in quantità minore, in modo da dare un’idea della composizione pur non specificando i singoli pesi. Ed allora torniamo al nostro prodotto “senza zucchero”. Comunemente per zucchero si intende il saccarosio, un carboidrato semplice formato da una molecola di glucosio ed una di fruttosio che viene assorbito rapidamente dall’organismo facendo aumentare i livelli di zucchero (glucosio) nel sangue, la glicemia. Ma gli “zuccheri” sono anche altri e quindi dire che un alimento senza saccarosio è senza zucchero è davvero riduttivo. Se tra gli ingredienti, ad esempio, troviamo il destrosio è come avere una parte della molecola del saccarosio, quella che fa alzare la glicemia, cioè il glucosio, in altri termini glucosio e destrosio sono sinonimi. Altre volte è possibile trovare lo sciroppo di glucosio, lo sciroppo di fruttosio, l’estratto di malto o il maltosio (che è uno zucchero formato da due molecole di glucosio) quindi indirettamente dello “zucchero”. Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro dopo aver esaminato tutti gli studi scientifici su dieta e cancro raccomanda, tra le altre cose, di “limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica, ed evitare il consumo di bevande zuccherate”. Gli alimenti ad alta densità calorica sono quelli che contengono molti grassi e/o zuccheri; le bevande zuccherate spaziano dalle bibite gassate ai succhi di frutta, agli amari e ai liquori. Questi alimenti fanno solo ingrassare (e chi è sovrappeso o obeso si ammala di più di malattie cardiovascolari, di diabete, di tumori e altro ) e alterano i nostri ormoni facendo aumentare l’insulina. L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che ha come compito principale quello di far assorbire gli zuccheri dalle nostre cellule e mantenere un tasso costante di zucchero nel sangue. Alla sua secrezione, specie quando ne viene liberata in grandi quantità, segue la liberazione del fattore di crescita Insulin-like growth factor I (IGF-I) che ha la proprietà di stimolare la crescita cellulare e aumenta la capacità della cellula tumorale di invadere i tessuti vicini. Inoltre i picchi di insulina sono correlati ad una maggior produzione di alcuni ormoni e al senso di fame: una persona che mangia alimenti molto raffinati ha i picchi di glicemia nel sangue, di conseguenza l’insulina viene liberata in grande quantità per evitare che il glucosio superi nel sangue la soglia fisiologica, ma in queste condizioni il glucosio viene assorbito troppo velocemente e la persona nel giro di un’ora ha di nuovo fame. Inoltre alimenti ricchi di zucchero raffinato possono provocare altri problemi al nostro organismo che non sono necessariamente collegati solo allo sviluppo dei tumori. Ad esempio lo zucchero è un eccitante dei centri nervosi, spesso i bambini ipercinetici e irrequieti sono dei grandi mangiatori di dolci. Ma non finisce qui, lo zucchero necessita di sali minerali per essere assorbito a livello intestinale (magnesio, calcio...) pertanto se uno zucchero è raffinato prende questi sali dal nostro organismo impoverendolo. La decalcificazione è maggiore anche perché lo zucchero provoca acidificazione del sangue e se il sangue è troppo acido l’organismo utilizza il calcio delle e ossa per farlo tornare al suo pH naturale. Lo zucchero, inoltre, è incriminato nell’insorgenza della carie sia perché parte del calcio che dovrebbe servire a formare denti e ossa viene utilizzato per l’assimilazione dello zucchero, sia perché di zucchero si nutrono i batteri che causano la carie. Nei neonati, poi, lo zucchero provoca irritazioni gastrointestinali ed epatiche che favoriscono disturbi digestivi ed enteriti (a questo scopo non bisognerebbe dolcificare il latte visto che in esso è già presente il lattosio). Al supermercato leggiamo dunque le etichette: se c’è zucchero nei piselli in scatola, nei sughi pronti, nella maionese, nelle fette biscottate, nel pane, nello yogurt, o nei succhi di frutta, non compriamo. Ma evitiamo anche la pasticceria industriale…. Meglio fare i dolci fatti in casa seguendo attentamente le ricette di Angela. 21 Anna Villarini Biologa specializzata in scienze dell’alimentazione Le ricette d 22 Pasta base per strudel e buccellati Biancomangiare Ingredienti impasto: 300 g. di farina T2 100 g. di farina di mais 1 c. cremor tartaro 1 pizzico di sale 100 g. di olio di mais o extravergine di oliva 50 ml. di vino passito o succo di arancia o di mela 50 ml. latte di soia o di riso Ingredienti: 1,250 lt. acqua 200 gr. di mandorle pelate 250 gr. di malto di grano 3 C. agar-agar 2,5 C. arrow-root Scorza di ½ limone tritata 1 C. di pinoli 1 c. di cannella in polvere, q.b. sale 8 formine da budino Ripieno per buccellati: 50 g. uva sultanina 50 g. albicocche secche 50 g. di granella di nocciole tostate 50 g. di granella di mandorle tostate Foto 1 - Preparare un impasto bello sodo con le farine, l’olio, il latte, il sale e il lievito - (q.b.) Foto 2 - Formare una palla e lasciarla riposare un’oretta. Foto 3 - Dividere la pasta in due e tirarla su un foglio di carta forno cercando di ottenere un rettangolo bello sottile. Foto 4 - Farcire con le granelle e la frutta secca. Foto 5 - Formare un rotolo, sigillare i lati e infornare a 180° per circa 25 minuti. di Angela Foto GiòArt Biscotti alla farina di mandorle Foto 1 - Frullare le mandorle con l’acqua e lasciarle riposare per un’ora. Versare il frullato di mandorle in una pentola, unire l’agar-agar, il limone, un pizzico di sale e far sobbollire fino a completo scioglimento dell’alga. Ingredienti: 500 g. di farina di mandorle 3 mele golden Foto 1 - Far bollire le mele sbucciate e a pezzi per qualche minuto in due cucchiai d’acqua. Per guarnire: Mandorle o pistacchi tritati o pinoli o pezzettini di cioccolato Foto 2 - Una volta cotte, frullarle e amalgamarle in una terrina con la farina di mandorle, fino ad ottenere un impasto omogeneo. Foto 2 - Unire il malto di grano e mescolare. Diluire l’arrow.root in poca acqua fredda e incorporarla. Continuare a mescolare su fuoco moderato finchè il liquido si sarà addensato, quindi togliere dal fuoco. Foto 3- Prendere un pò di pasta alla volta con un cucchiaino e distribuirla in una teglia foderata con carta forno. Guarnire la superficie di ciascun biscotto con la frutta secca, a piacere. Foto 3 - Suddividere i pinoli in ciascuna formina. Versare il composto e fare raffreddare. Foto 4 - Cuocere in forno a 180° per 5-10 minuti. Appena i biscotti sono dorati, bisogna toglierli dal forno e lasciarli raffreddare (inizialmente saranno ancora molli ma poi si induriranno). Foto 4 - Sformare al momento di portare in tavola, decorare con una spolverata di cannella e servire. Angela Angarano Assistente cuoca nella ricerca Diana Sono vegetariano. Scelgo il bene del pianeta. 24 La scelta vegetariana riguarda ormai circa cinque milioni di italiani, e sembra che questa cifra sia destinata a salire a trenta milioni entro il 2050. Da vegetariano convinto, non posso che essere felice di una rivoluzione culturale che fa onore a ciò che siamo. Perché diventare vegetariani? Nell’analisi di questa decisione possiamo scegliere di fermarci alla superficie oppure andare in profondità. Se riguardasse solo il modo di mangiare potremmo trattare l’argomento come una delle inevitabili mode che riguardano soprattutto i Paesi più fortunati (chi è povero non può permettersi la moda). Da chirurgo e uomo di scienza sono abituato a oltrepassare barriere e confini ed essere curioso: perché milioni di persone abbandonano il consumo della carne? Perché esiste una giornata mondiale dedicata ai vegetariani (1 ottobre)? Il fatto è che il vegetarianesimo non è solo una scelta alimentare in cui si mette da parte il cibo di origine animale e si creano difficoltà agli amici che ci invitano a cena, ma una filosofia di vita le cui conseguenze riguardano il Mondo intero. Molti uomini di scienza e pensiero hanno creduto che la scelta vegetariana fosse giusta per l’armonia del pianeta. Per Marguerite Yourcenar mangiare carne era “digerire le agonie di altri esseri viventi”, Leonardo da Vinci non poteva sopportare che il corpo umano fosse la tomba degli animali, Albert Einstein presagiva che nulla tutelerà la sopravvivenza sulla Terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana. Il vegetarianesimo è inevitabile, questa è la mia convinzione, e i motivi sono almeno tre. Il primo motivo riguarda la salute. La carne, soprattutto se rossa, stimola la proliferazione delle cellule malate in alcuni tumori e aumenta il rischio generale di malattia cardiovascolare e tumorale nel corso della vita adulta: ciò significa che chi mangia carne ha un rischio maggiore di ammalarsi di tumore e di malattia cardiologica rispetto ai vegetariani, che, in ogni caso, sembra vivano alcuni anni di più rispetto ai carnivori. E non parliamo solo di patologie del cuore e tumori: man- giare carne aumenta la probabilità di incorrere in tanti altri problemi gravi (alcuni potenzialmente letali). Gli alimenti di origine vegetale invece hanno una funzione protettiva, per esempio contro l’azione dei radicali liberi. I radicali liberi sono molecole che derivano da alcuni processi chimici interni ed esterni all’organismo e possono rovinare irrimediabilmente la struttura delle cellule e il loro DNA: ne sentiamo parlare così tanto, questi radicali liberi sono entrati nel linguaggio comune, eppure ancora facciamo fatica ad accettare che per contrastarli dobbiamo adottare un’alimentazione vegetariana. Quale senso può avere spendere centinaia e migliaia di euro in capsule, polverine, gocce che promettono di contrastare i radicali liberi quando nel piatto c’è ancora la carne? Chi segue un’alimentazione ricca di alimenti vegetali ha una protezione maggiore dai danni da radicali liberi, e un rischio inferiore di ammalarsi e può vivere più a lungo. Consumare carne è una specie di avvelenamento progressivo. Pensiamo alle sostanze inquinanti che ci circondano. Non ci limitiamo a respirarle, ma le mangiamo. Il ciclo è questo: dall’atmosfera queste sostanze ricadono sul terreno, quindi sull’erba, poi sono ingerite dal bestiame (in forma di erba o di mangimi) e accumulate nei depositi adiposi degli animali. Dal grasso animale arrivano nel nostro piatto. L’accumulo ci predispone alle malattie cosiddette “del benessere” (diabete non insulino-dipendente, aterosclerosi, obesità), e anche il rischio di tumore è legato alla quantità di carne che consumiamo. Frutta e verdura invece sono alimenti poverissimi di grassi e ricchi di fibre, e oltretutto agevolano il transito del cibo nel canale alimentare, quindi riducono il tempo di contatto degli eventuali cancerogeni con la parete intestinale. I vegetali poi, oltre a contaminarci molto meno rispetto agli altri alimenti, sono ricchi di vitamine, antiossidanti e inibitori della cancerogenesi (come i flavonoidi e gli isoflavoni), che neutralizzano gli agenti cancerogeni, ne diluiscono la formazione e riducono la proliferazione delle cellule malate. Il secondo motivo per la scelta vegetariana è di ordine ecologico e sociale. A livello mondiale i prodotti agricoli sarebbero sufficienti a sfamare i sei miliardi di abitanti se fossero equamente suddivisi e non in grande parte utilizzati per alimentare i tre miliardi di animali da allevamento. Ogni anno 150 milioni di tonnellate di cereali sono destinate a bovini, polli e ovini, con una perdita di oltre l’80% della potenzialità nutritiva: in pratica, il 50% dei cereali e il 75% della soia servono a nutrire gli animali di allevamento! Per fare posto agli allevamenti l’America meridionale distrugge in un anno una porzione di foresta amazzonica grande quanto l’intera Austria. Per produrre la stessa quantità di cibo, l’allevamento intensivo consuma settanta volte più acqua rispetto alla coltivazione: per ogni tonnellata di carne bovina occorrono circa 32.000 metri cubi di acqua, mentre per una tonnellata di cereali ne bastano 450. La medesima estensione di territorio produce oltre dieci volte più proteine se coltivata a cereali e leguminose per il consumo umano che se destinata a pascolo o a coltivazioni per la produzione di mangimi. Trentasei dei quaranta Paesi più poveri del Mondo esportano cereali negli Stati Uniti, dove il 90% del prodotto importato si usa per nutrire animali destinati al macello. Attualmente, un miliardo di persone non ha accesso all’acqua pulita, ma per produrre un chilogrammo di carne di manzo occorrono più di trentamila litri di acqua. E cosa accadrebbe se Paesi come la Cina assumessero abitudini alimentari occidentali tipicamente carnivore? Si instaurerebbe un circolo vizioso letale. Il terzo (ma certo non ultimo) motivo è ciò che ha fatto di me un vegetariano convinto. Sono nato e cresciuto in campagna e mi sono sempre ritenuto amico degli animali. Oggi sono un uomo che ha il massimo rispetto per la vita in tutte le sue forme, specie quando questa non può fare valere le proprie ragioni. Articolo tratto Il cibo è celebrazione della vita, dal n° 13 di ma non la voglio celebrare negandola ad altri esseri. Mangiare carne è l’ultimo atto di una tragedia che, se analizzata nelle del 15 dicembre 2011 sue diverse fasi, cancellerebbe la passione per il cibo animale di chiunque sia dotato di qualche sensibilità. Ciò che noi chiamiamo “carne” era un essere vivente, era un animale che è stato ucciso proprio per farlo arrivare sulla nostra tavola dove avrebbero trovato ottimo e salutare spazio tanti prodotti vegetali. Gli animali di allevamento sono sottoposti a un trattamento crudele, e questo non viene mai in mente. Essendo considerati “macchine di trasformazione” di una merce a costo noto (i mangimi) in un’altra (la carne) il cui prezzo deve essere remunerativo al massimo, detratte le spese di allevamento (che devono essere minime), sono letteralmente torturati: immobilizzati per impedire il movimento, ingozzati di cibo e percossi crudelmente (come succede in Giappone) perché il muscolo si spezzi e la carne sia più gustosa. 25 E la pratica della macellazione è crudeltà pura: la legge impone che la morte avvenga per dissanguamento, quindi l’animale, inizialmente solo stordito, è poi sgozzato e lasciato dissanguare affinché la carne assuma un colorito chiaro. Nella società della comunicazione e dell’informazione rifiutarsi di accettare che questi dettagli tremendi sulla produzione della carne siano a disposizione di tutti è ipocrisia: non possiamo nasconderci dietro un’ignoranza che non esiste, sappiamo come funziona, sappiamo che gli animali sono sottoposti a procedure terribili e a una morte ingiustificabile per nutrire milioni di persone che potrebbero invece avere un’alimentazione assai migliore grazie ai vegetali. Guadagnando in salute e con un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Rinunciare alla carne dunque è una scelta di vita globale: per la salute nostra e di chi amiamo, per l’equilibrio del pianeta e un risanamento possibile di alcune pesanti disuguaglianze nelle differenti aree del Mondo, per una questione di umanità. Abbiamo bisogno di esercitare la nostra umanità, tirare fuori le emozioni migliori e renderle un motore efficace per scelte di rispetto e intelligenza. Possiamo tutti vivere senza mangiare carne, e farlo contribuirebbe ad aiutare tutti noi e ad alleviare le sofferenze inutili degli animali. Animali che a noi non hanno fatto niente di male. Perché l’uomo, quando vuole, sa essere davvero l’animale più crudele. Satis Fiction Umberto Veronesi Chirurgo oncologo, Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia La Forza della Vita Due donne medico di fronte alla malattia N. Dina, vorrei che queste parole fossero di aiuto a chi legge e sta attraversando un momento difficile. Abbiamo incontrato il cancro entrambe, in modo diverso. Tu sei una ginecologa affermata dell’Istituto dei Tumori di Milano, ma come sei arrivata ad essere la donna che sei oggi; vuoi raccontare qualcosa di te? 26 D. Oggi sono così, ma ho dovuto combattere molto nella mia vita. Sono nata da una famiglia contadina e volevo studiare a tutti i costi ma per i miei studiare era una perdita di tempo e dovevo nascondermi per farlo. A scuola erano tutti figli di professionisti e solo io ero contadina, quindi la mia rivalsa era di prendere i voti più alti. Così mi conquistavo il “rispetto”, ma con tanta fatica, con i libri usati, rinunciando a tutto, ma ci sono riuscita. Mi sono pagata l’Università, sempre lavorando per mantenermi, e con tanti sacrifici. Per i miei non esistevo, ho cominciato ad esistere solo quando sono diventata medico. La mia mamma lavorava e basta, non ha mai avuto nulla in vita sua, viveva solo per servire gli altri e questo mi faceva soffrire moltissimo. N. Anch’ io ho fatto molta fatica per diventare medico e la donna che sono oggi ma non riusciamo a raccontare due storie complesse in poche righe, quindi restiamo su di te. Tu credi, come credo io, che una tra le cause della malattia possa essere anche un conflitto vissuto magari per anni come irrisolvibile, che ci scava dentro? Qualcosa che ad un certo punto rompe un argine e rende più vulnerabili? D. Io non ho i mezzi per dimostrarlo, ma ne sono certa, e sento che per me è stato così. Ho sofferto molto per qualcosa che hanno fatto i miei genitori, non sono stati leali con me. Hanno lasciato tutto a mio fratello, al figlio maschio, ma quello che mi ha fatto male è che non me ne abbiano parlato. Questa è stata una ferita che per tanti anni, prima della diagnosi di cancro, mi ha creato un peso nel cuore che non riuscivo a togliermi: scoprire questo “tradimento” dei miei genitori che avevo sempre amato e rispettato, senza mai chiedere nulla. Questa realtà mi ha ferito profondamente, il pianto di mia madre, domande che non avrebbero mai avuto risposte, tante cose che non capivo e che forse non volevo sapere. Poi lei è morta, i segreti sono rimasti senza risposte. Avrei sognato di tornare da vecchia nella casa dove sono nata, nella mia terra! Poi è morto mio padre e ancora domande che non avrebbero avuto risposta... Sono stata malissimo, con disturbi di ogni genere, poi il CANCRO, una diagnosi pesante, 10 mesi di chemioterapia... N. Se penso a come ho avuto io la diagnosi di cancro all’utero... con una superficialità che mi faceva paura, un susseguirsi di notizie che alla fine mi portava a concentrare le poche risorse rimaste per combattere il medico, prima ancora della malattia. Poi ho scelto un’altra strada e le cose sono andate bene, mi considero fortunata per gli appoggi ricevuti. Per te come è stato il momento in cui hai saputo di avere un cancro? D. Per me la notizia del cancro al seno è arrivata come un fulmine, anche perchè con il mio lavoro pensavo piuttosto alla sfera ginecolocica, il seno era come se non mi riguardasse, era lontano da me... Invece, grazie al fatto di lavorare all’Istituto, nello stesso giorno, ecografia nodulo di 1 cm. – mammografia nodulo di 2,5. È un CANCRO! Poi il chemioterapista mi diagnostica un T4 e mi propone un anno di chemio! Tutto nella stessa Nicoletta Buchal e Dina Stefanon giornata! Mi sono sentita, di colpo, polvere, polvere che cammina, morta, tutto finito. Soffrivo di poter perdere la mia quotidianità, le piccole cose, i miei fiori, il mio terrazzo! Guardavo in giro e dicevo: “Oh Dio, sono morta”. E la notte pensavo, pensavo... dovevo decidere... È stato davvero un momento difficile. Poi mi sono curata in un altro ospedale, perchè volevo separare il luogo di cura dal luogo del mio lavoro che ho continuato a fare, volevo a tutti i costi che la mia vita continuasse come sempre. Volevo accantonare il senso di morte, curarmi e vivere. N. Sono cambiate molte cose nella tua vita, dopo la malattia? D. Questa esperienza di malattia mi ha fatto risolvere il terribile conflitto con i miei genitori. Alla fine della terapia ho fatto un sogno, lungo e complesso, dove mio padre mi chiedeva il perdono e io gli dicevo che anche io avevo fatto degli errori... Mi sono svegliata e mi sono sentita leggera, un’altra persona, improvvisamente non sentivo più quel peso che da tanto tempo gravava come una morsa nel mio cuore... È stata una bellissima sensazione, ero come un’altra donna! Mi sono sentita guarita e mi sono quasi dimenticata di essere stata malata. Ho trovato il piacere della quotidianità, penso all’oggi e domani si vedrà, vivo con più intensità e al mattino mi alzo e penso “quello che devo fare oggi è dare amore e basta”. Sono più equilibrata nel giudicare le cose, prima esplodevo, ero più impulsiva e aggressiva, passando poi dalla parte del torto. Oggi sono più tollerante, lascio lontano chi non merita e chi mi ha fatto del male. N. Quando prima dicevi di come hai ricevuto la diagnosi pensavo al fatto che tu sei un medico molto conosciuto dell’Istituto dei Tumori, hai potuto avere una serie di vie preferenziali che ti hanno protetto, ma che valore daresti a una diagnosi data in modo scorretto a qualcuno che non ha gli strumenti e gli appoggi come abbiamo tu ed io? Ho sempre pensato che sia un momento molto importante per creare l’alleanza con il medico che dia sicurezza sul percorso da seguire, per dare speranza e fiducia... Se la comunicazione di una diagnosi pesante non viene data con delicatezza può aumentare la disperazione e la fragilità... D. Ho sempre creduto che la riabilitazione cominci nel momento in cui viene comunicata la diagnosi. Ci vuole delicatezza per farlo e bisogna prendersi tutto il tempo perchè le reazioni possono essere molto diverse. Bisogna avere molto tatto e bisognerebbe insegnarlo ai giovani già al sesto anno di Medicina, fare formazione, preparare i giovani medici, come si fa ad Attive. Purtroppo non puoi evitare lo sconforto ma il modo in cui si comunica la diagnosi deve essere attento e sensibile, questo non solo per la malattia cancro, ma anche per altre malattie croniche invalidanti. Io mantengo i contatti con le mie pazienti anche se non sono più io a trattarle. Una volta non dicevo a nessuno che anch’io avevo avuto il cancro, adesso lo condivido con le pazienti e le incoraggio, dicendo che sono stata nella loro stessa situazione, oltretutto con un cancro a prognosi pessima, ma che oggi esistono terapie una volta inesistenti... Alle pazienti cerco di infondere prima di tutto fiducia nelle terapie che stanno facendo. Il cancro è un male serio ma da cui si può guarire e con cui si può convivere a lungo facendo una vita pressoché normale. Poi suggerisco di farsi aiutare psicologicamente per riuscire a liberare il passato dai tanti problemi inespressi e che ci sono tante strade per ricevere aiuto. Credo molto nel lavoro terapeutico di gruppo. N. Hai parlato del morire, e di come lo immagini, ma che rapporto hai con la spiritualità ? Pensa se si potesse chiudere gli occhi dolcemente, in pace con tutti, guardando un tramonto! 27 28 D. Pur avendo incontrato la morte nel mio lavoro tante volte non avevo mai pensato che mi appartenesse. Mi chiedevo, cosa sarà la morte? Nulla o un’altra dimensione? Lasciare tutte le persone e le cose che amo, non poter più vedere il cielo, il mare, i fiori... Poi mi aveva preso l’ansia di lasciare tutto a posto e nulla in sospeso. Non avevo ancora risolto il problema con i miei genitori che mi dava ancora tanto dolore. Avrei voluto mettere in ordine le relazioni con le persone che mi avevano fatto del male e mi chiedevo se sarei riuscita a farlo prima di morire. Il perdono è la cosa più difficile da realizzare, ma cos’è il perdono? Dimenticare, come se quello che ti hanno fatto non te lo avessero fatto? È amare o capire chi ti ha fatto del male? È comunque difficilissimo! Non mi fa paura la morte ma la sofferenza, e vorrei essere dignitosa nella sofferenza. Vorrei morire con dignità e con consapevolezza. Vorrei non lasciare cose irrisolte e sentirmi in pace. L’unica cosa che ho ricevuto dai miei genitori e di cui sarò sempre grata è di avermi dato la vita, seppure in modo inconsapevole, ma sono sempre stata felice di essere in questa terra, in questa natura, con le cose che mi circondano. Mi piace nuotare al mattino quando non c’è nessuno e urlo di gioia, sono felice, mi piace far parte del tutto, sola con il mio mare, con il cielo, con il tutto e allora penso “ecco, quando sarò morta tornerò ad essere un elemento, parte di tutto questo, di questa meravigliosa natura”. La morte fa paura, la percepiamo come la fine di tutto ma forse non è così. N. Dopo questa esperienza pensi di essere cambiata nel rapporto con le tue pazienti? D. No, non credo, ho sempre vissuto come se le storie delle pazienti fossero mie, infatti alla sera devo liberare la mente e spesso dipingo, devo usare i colori. Dico sempre “dobbiamo lottare, dobbiamo vincere, è come una guerra fatta di tante battaglie”, oppure “è come un tunnel da cui si può uscire, ci sono tanti strumenti oggi per uscire”. Ho sempre visto il cancro come un nemico insidioso, subdolo e forte, lo rispetto ma lo voglio neutralizzare, e ho fatto lo stesso anche per me. Bisogna venire a patti con la malattia con cui si può convivere a lungo e accettare. Quando sono al lavoro non penso mai di aver avuto il cancro se no il cancro è sempre con noi, nasce con noi, vive con noi, resta un nemico dentro !!! Nella mia esperienza ho conosciuto donne meravigliose, incredibili, che avrei dato per perse e che invece ci sono. Non esistono regole. Nella maggioranza dei casi le donne diventano migliori, e anche io apprezzo cose che prima non vedevo, e la mia vita è più intensa. N. Grazie Dina per averci raccontato cose tanto intime della tua vita e non certo facili da condividere, per la tua profonda e semplice umanità. Hai parlato del tuo mare, io ti dedico un tramonto del mio mare... Nicoletta Buchal. Medico e psicoterapeuta. Conduce in Associazione il gruppo “Armonizzazione mente-corpo attraverso la danza”. Sapevate che... a cura di Benedetta Giovannini consulente enogastronoma Quando si cucina, talvolta si sentono odori non proprio gradevoli (come per la cottura dei cavolfiori), per ovviare o fate bollire in un pentolino delle erbe aromatiche o bruciate sulla fiamma delle scorze di arancio. Con gli avanzi del pane comune possiamo fare in casa il pan grattato; dopo aver usato un normale robot, passarlo con un setaccio per far sì che sia uniformemente fine. Per conservarlo al meglio però vi consiglio di aggiungervi 2 o 3 foglie di alloro essiccato. Terrà lontano le sgradevoli farfalline che qualche volta nascono in cucina e il pane si potrà conservare più a lungo. Lavandino otturato? Per far scorrere nuovamente l’acqua basta miscelare 100 grammi di bicarbonato, 100 grammi di sale grosso e versare il quantitativo di una pentola di acqua bollente. La pellicola d’alluminio ha una parte trattata per andare a contatto con gli alimenti e una no. La parte lucida è quella che può andare a contatto con il cibo. Facendo quindi un cartoccio la parte specchiante va all’interno. Se volete dare un aspetto più gradevole ai vostri cartocci, mettete all’interno un foglio di carta forno e lasciate pure la parte lucida all’esterno. Orribili macchie di deodorante: per essere sicuri di eliminarle prima di lavare normalmente immergete il capo in una soluzione di acqua e aceto (1 tazzina ogni litro d’acqua.) Per evitare che staccando gli adesivi si lasci al di sotto una pellicola gommosa, scaldateli con il phon per qualche minuto: la colla si ammorbidirà facilitando l’operazione. Ancora cattivi odori ma stavolta nella scarpiera. Chiudere in un sacchetto traspirante una manciata di chicchi di caffè e di semi di anice risolverà il problema dei cattivi odori. Appendere il sacchetto nella scarpiera. Può essere utile anche nella pattumiera Il vetro del caminetto è annerito. Un ottimo sistema, senza usare prodotti chimici, per far tornare lucido il vetro del caminetto o della stufa è quello di inumidire un foglio di giornale, intingerlo nella cenere e pulire il vetro. Ripassarlo con un foglio asciutto di giornale e voilà eccolo di nuovo trasparente e perfetto. Le vecchie caffettiere, si sa, fanno il caffè migliore, quindi prima di prenderne una nuova proviamo a sostituire filtro e guarnizione o l’imbuto porta polvere. Se poi volete farla tornare lucida, pulire (solo esternamente!!!) con aceto e sale. Non utilizzare mai il sapone, per non “sciupare” l’aroma del caffè. Fa freddo, le mani sono screpolate: un ottimo rimedio è far bollire una patata, poi schiacciatela e aggiungete due cucchiaini di olio d’oliva. Applicate sulle mani e lasciate agire 15 minuti, Quindi sciacquate bene e ammirate il risultato. Alcune tappe significative dei nostri 40 anni: 1973 Anno di fondazione (presso il Circolo della Stampa di Milano) I primi 10 anni di attività svolti all’interno dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano 1983 Trasferimento nell’attuale Sede di Via Livigno, 3 in una palazzina di proprietà dell’ASL di Milano, all’interno del Parco Bassi 1984 Organizzazione sistematica dei gruppi di sostegno psicologico, di consulenza medica e di attività psicocorporee e creative 1990 Incremento delle attività di studio e ricerca e avvio del monitoraggio delle attività psicologiche di gruppo, attraverso specifici strumenti di valutazione 1994 Organizzazione strutturata delle attività di formazione per la trasmissione delle proprie metodologie a specialisti di altre organizzazioni italiane ed estere Attivecomeprima oggi Decine di migliaia di pazienti e famigliari hanno usufruito dei nostri servizi fino ad oggi Forniamo sostegno globale (umano, psicologico, fisico, psicocorporeo e creativo) a una media settimanale di oltre 100 pazienti e famigliari Diamo oltre 3.000 risposte all’anno (ascolto, aiuto pratico ed orientamento alla rete dei servizi) La rete di Attivecomeprima Collegamenti operativi con: Istituti oncologici, ospedali, altre associazioni e organizzazioni nazionali e internazionali in campo oncologico Oncologi, medici di famiglia, psicologi, infermieri e altri operatori del settore Network con oncologie italiane Convenzioni con Aziende ospedaliere Progetti, studi e ricerche con Università, Fondazioni, Aziende e Istituti di ricerca 29 I NOSTRI PROGETTI 2012* IL TUO CONTRIBUTO ci darà più forza per aiutare Presso l’Università degli Studi di Milano Scuola di specializzazione in oncologia medica: “Il Sostegno Globale delle Persone Colpite dal Cancro e dei loro Famigliari”: Modulo Didattico incluso nel programma accademico del quarto anno Bonifico Bancario IBAN IT64 X030 6909 5180 0000 6409 190 SWIFT: BCITIT33128 (Paesi Extraeuropei) (dal 16 al 20 Gennaio) Chiediamo alle persone che ci inviano offerte tramite bonifico bancario, di fornirci il loro indirizzo per poterle ringraziare e/o inviare loro le nostre pubblicazioni. La banca non ce lo comunica per motivi di privacy Presso la sede di Attivecomeprima Terza Edizione del “Mini-Master in Management e Supporto Globale al Paziente Oncologico” per oncologi e altri operatori in ambito oncologico. (Due moduli di due giornate ciascuno Febbraio-Marzo) Accr. ECM Presso l’Istituto Tumori di Milano Presentazione del testo “Lettera ai medici di domani” di Ada Burrone (8 Giugno ore 15, Aula A) Presso la sede di Attivecomeprima Corso per Medici di Medicina Generale e Medici di continuità assistenziale: “La terapia di supporto della fatigue, nel paziente oncologico in Medicina Generale”, in collaborazione col Dipartimento Cure Primarie ASL di Milano. (9 Giugno) Accr. ECM Presso la sede di Attivecomeprima Corso di formazione per Psicologi e Psicoterapeuti che operano in campo oncologico: “Il sostegno al paziente oncologico e ai famigliari”. (Due moduli di due giornate ciascuno Settembre-Ottobre) Accr. ECM Presso l’Università Bocconi Primo Convegno Nazionale “La Forza di Vivere La persona come risorsa per la salute e la Sanità” rivolto a operatori e manager in ambito socio sanitario, aperto al pubblico. (10 Novembre) *Dettagliati sul sito: www.attive.org Bollettino di c/c Postale n. 11705209 Intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus Via Livigno 3 - 20158 Milano Assegno intestato a: ATTIVEcomeprima Onlus Pay Pal attraverso il sito www.attive.org 5 per mille Nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro: “a sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e inserisci il codice fiscale di Attivecomeprima Onlus: 10801070151 L’8 per mille e il 5 per mille non sono in alternativa: puoi sceglierli entrambi. “Le erogazioni liberali a favore di ATTIVEcomeprima Onlus sono deducibili/detraibili ai sensi di legge”. I nostri maggiori sostenitori 2011 Comune di Milano Provincia di Milano Fondazione CARIPLO Fondazione Fondiaria SAI Fondazione Umberto Veronesi Fondazione Johnson & Johnson Fondazione Happy Child Banca Popolare di Milano Banca Intesa/Sanpaolo Banca SAI Roche Dompé farmaceutici Pellegrini SpA Sideuro Besozzi Elettromeccanica International Inner Wheel Ringraziamo i finanziatori istituzionali, le aziende e le persone che, con liberi contributi, sostengono Attivecomeprima Onlus e la sua “Mission”. Letti e piaciuti a cura di Chiara Caldi I NOSTRI SERVIZI Giorgio Cosmacini, Roberto Satolli La medicina ha fatto passi da gigante nella conoscenza delle malattie e nello sviluppo delle terapie, ma rischia di perdere la sua qualità essenziale di cura degli uomini. Succede perché è invasa dal mercato e sempre meno centrata sui bisogni di salute, sempre più spesso succube di un tecnologismo prepotente, assillata dalla necessità di reclutare nuovi clienti, celebrata da Lettera a un medico sulla cura degli uomini Editori Laterza • Sostegno globale (umano, psicologico, fisico e psicocorporeo) ad una media settimanale di 100 pazienti e famigliari camici bianchi spesso distratti e a volte indifferenti. Il libro, nella forma di una lettera piena di esperienza e di intelligenza critica, è rivolto ai medici e ai pazienti. Ai primi perché si riscuotano dal miraggio tecnologico per tornare alla qualità umana del loro mestiere; ai secondi perché sviluppino un sano e consapevole scetticismo e usino la medicina senza farsi usare. • Ascolto, aiuto pratico, orientamento alla rete dei servizi: oltre 3.000 risposte all’anno Susanna Tamaro Per sempre I NOSTRI STUDI 2012* Giunti Editore Nora se ne è andata da quindici anni e Matteo, ogni giorno da allora, chiede a se stesso quale sia la strada da percorrere. Un viaggio intriso di amore e dolore, di ricordi che riaffiorano dal passato, di luoghi in cui la natura amplifica con la sua bellezza e la sua forza i pensieri e le domande del protagonista. Vivendo ormai da anni immerso nella natura che circonda la sua casa in mezzo ai boschi, Matteo si confronta con la propria coscienza sul filo dei ricordi di un passato che riaffiora e si alterna al presente delineando i protagonisti, passati e presenti, della sua vita. “Perché, quando succede qualcosa di irreparabile, non si fa che pensare a quello che si poteva evitare?” Cercando la risposta a infinite domande, Matteo racconta la sua storia forte e dolorosa, poetica e profonda. “Per sempre” è la storia di un amore che permane e resiste e che è, soprattutto, un amore impossibile. Un romanzo sulla profondità dell’animo umano, sulla fatica di crescere, sul coraggio e sull’amore come fondamento di ogni rapporto. Franco Fornari Scritti scelti Raffaello Cortina Editore Dagli scritti che delineano un nuovo modello dell’inconscio alle riflessioni sulla guerra e la pace, dai testi che definiscono la teoria dei codici affettivi alle considerazioni sul rapporto tra psicoanalisi e istituzioni, questa antologia consente di accostarsi a tutti gli aspetti più rilevanti del pensiero di Franco Fornari, lo psicoanalista che ha impresso maggiormente la sua impronta sulla cultura italiana. Le opere di Fornari descrivono un percorso coerente che, a partire da una rilettura di Freud e dall’originaria adesione al modello kleiniano, è progressivamente approdato a una innovativa teoria della simbolizzazione affettiva e della soggettività inconscia. Si tratta di contributi ancora oggi molto attuali, che descrivono la maturazione di un pensiero creativo capace di spaziare dalla psicoanalisi infantile alla teoria del linguaggio, dalla psicosomatica alla psicoanalisi delle istituzioni e della politica. Il volume ripercorre tutte le tappe teoriche che hanno portato Fornari a rifondare la pratica psicoterapeutica, a teorizzare il modello dell’analisi dei codici affettivi e a desacralizzare la posizione dello psicoanalista, in favore di una psicoanalisi autenticamente laica. • Indagine sulla relazione tra gli effetti collaterali delle terapie oncologiche e la qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver. • Monitoraggio continuo dei risultati del lavoro dei gruppi di sostegno psicologico attraverso test standardizzati. con Noi gli altri 3 Marzo 2012 Courmayeur Prova di Gigante VI Trofeo Christian Valentini a favore di Attivecomeprima Onlus Ringraziamo di cuore Enrica e Maurizio Dallocchio per il costante sostegno che insieme ai loro amici, attraverso la gara di sci danno alla nostra Associazione. Grazie agli sponsor: BESOZZI ELETTROMECCANICA srl Costruzione Motori Elettrici Francesco Sisto Besozzi DGPA & Co Maurizio Dallocchio GRUPPO RE Franco Alemani MAB.q Egidio Maggioni PODRANSKA BANKA Miljan Todorovic SIDEURO Commercio Prodotti Siderurgici Piero Mancuso WARREN Real Estate Armando Borghi Ringraziamo inoltre: Gioielleria Aurum Rolex Italia Gruppo Paglieri Un grazie particolare a Michele Calcaterra. 32 16 dicembre 2011. Pharmastar (Internet) Attivecomeprima. Una nuova vita dopo il cancro. Intervista a Ada Burrone in occasione della presentazione del Rapporto Sociale Roche. Vedi sito: http://www.pharmastar.it/index.html?pgnav=12&id=325 Da lunedì 6 febbraio a lunedì 20 febbraio 2012. Forum Infocancro (Internet) Forum Infocancro sul tema "Ritrovare la forza di vivere dopo l'esperienza del cancro" Attivecomeprima ha risposto alle domande degli utenti del Forum Infocancro. Una importante occasione per avere un confronto e un consiglio. Vedi il sito: www.foruminfocancro.it Con il Patrocinio di: Corso di formazione per psicologi e psicoterapeuti che lavorano in ambito oncologico. Il sostegno al paziente oncologico e ai famigliari Attivecomeprima organizza, per l’anno 2012, quattro giornate di formazione per psicologi e psicoterapeuti che operano in campo oncologico. ordine psicologi ordine psicologi lombardia SIPO Il programma si svolgerà nelle seguenti date: Venerdì 21 settembre 2012 - Sabato 22 settembre 2012 Venerdì 12 ottobre 2012 - Sabato 13 ottobre 2012 Prossimi appuntamenti Presso la sede di Attivecomeprima Onlus in via Livigno, 3 Milano È in corso l’accreditamento ECM. I programmi dettagliati sono visibili sul sito: www.attive.org Per iscriversi è possibile scaricare il modulo dal sito e inviarlo compilato e firmato alla segreteria di Attivecomeprima - mail: [email protected], fax 026887898 Con il Patrocinio di: Primo Convegno Nazionale Patrocinio richiesto al Ministero della Salute La persona come risorsa per la salute e per la Sanità con la partecipazione di Vivisalute e il contributo scientifico di CERGAS e CRESV Bocconi Sabato 10 Novembre 2012 Aula Magna - Università Bocconi Milano, Via Gobbi 5 Il Convegno è indirizzato principalmente a medici, psicologi, operatori che lavorano in campo oncologico e manager di strutture sanitarie, ma è anche aperto al pubblico FNOMCeO ATTIVECOMEPRIMA ONLUS E’ A MILANO. Adro (BS): Ancona: Aosta: Arona (NO): Ascoli Piceno: Asti: Aviano (PN): 34 Associazione Anastasis I.O.M. – Istituto Oncologico Marchigiano Onlus Associazione V.I.O.L.A. – Viviamo Insieme Offrendo Lavoro Amore Associazione Forti e Serene Associazione Amici dello I.O.M. Onlus Progetto Vita c/o Ce.Pr.O.S. – Centro Promozione Opportunità Socializzazione Centro di Riferimento Oncologico; Associazione Angolo Bari: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Bergamo: Istituti Ospedalieri Bergamaschi Biella: Fondo Edo Tempia Bolzano: Gruppo Fiocco Rosa c/o Lega Contro i Tumori Brugherio (MB) A.S.L. Cagliari: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Cecina (LI): Associazione ANIMADONNA Chieri (TO): Associazione V.I.T.A. – Vivere il Tumore Attivamente Onlus ChietiA.S.L. Civitanova (MC): Centro Come Ginestre c/o Croce Verde di Civitanova Crema (CR): Associazione Donna Sempre Cremona: A.P.O.M. – Associazione Patologia Oncologica Mammaria Crotone: Ospedale San Giovanni di Dio Cuneo: Azienda Ospedaliera S.Croce e Carle Fidenza (PR): Comitato A.N.D.O.S. – Associazione Nazionale Donne Operate al Seno Firenze: Associazione Donna Come Prima Foggia: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Forlì: I.O.R. – Istituto Oncologico Romagnolo Formigine (MO) A.U.S.L. Gallipoli (LE): L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Genova: Istituto Tumori Grosseto: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Iseo (BS): Ospedale Civile di Iseo Jesi (AN): Associazione Donne Sempre Lecco: A.N.D.O.S. – Associazione Nazionale Donne Operate al Seno Livorno: Gruppo Sempre Donna c/o L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Macerata: Centro Punto a Capo c/o A.U.S.L. n.9 Marsala (TP): Ospedale S.Biagio Merate (LC): L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Messina: Per Te Donna Onlus Mestre (VE): L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Modena: Associazione ILCESTODICILIEGE Onlus Monfalcone (GO) A.S.L. 2 Isontina Monterotondo (RM): Chelidon Onlus Mortara (PV): L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Napoli: Ospedale San Gennaro dei Poveri; Donna Come Prima c/o L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Padova: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; Istituto Oncologico Veneto I.R.C.C.S. Parma: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; A.VO.PRO.RI.T Onlus – Associazione Volontaria Promozione Ricerca Tumori (Centro di Ascolto); Associazione Verso il Sereno Chi vive in altre città può chiamare la nostra Segreteria che indicherà la struttura più vicina dove trovare specialisti che hanno partecipato alle nostre attività di formazione. Pavia: Perugia: Piacenza: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Associazione Conoscere Per Vincere – Punto e a Capo Associazione Armonia; Ospedale G. Da Saliceto Pietra Ligure (SV): Azienda Ospedaliera Ospedale Santa Corona Pisa: A.O.PI – Associazione Oncologica Pisana – Gruppo Donna; L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori U.O. Oncologia Medica Pordenone A.O. Santa Maria degli Angeli Potenza: Associazione Viveredonna Prato: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; Associazione Progetto Aurora Donna Onlus Ragusa: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; Associazione La Crisalide Onlus Rimini: I.O.R – Istituto Oncologico Romagnolo Roma: Komen Italia Onlus; AIMaC – Associazione Italiana Malati di Cancro S. G. Rotondo (FG): Casa Sollievo della Sofferenza Sanremo (IM): Coraggiosamente Donna c/o L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Saronno (VA): Ospedale di Saronno Siena: U.S.L. 7 Sondrio: I.P.A.S.V.I. – Federazione Nazionale Collegi Infermieri Terni: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Torino: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori; Associazione R.aVi. – Ricominciare a Vivere Trento: Donna Come Prima c/o L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Treviglio (BG): Associazione Amici di Gabry Treviso: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Vercelli: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Verona: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Vicenza: L.I.L.T. – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Villa Adriana (RM) Associazione “per lei” Viterbo: Associazione Donne per la Prevenzione dei Tumori al Seno Milano: Estero: Atene Lipsia Lugano Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Fondazione San Raffaele, Istituto Clinico Humanitas, Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Istituto Europeo di Oncologia, Gruppo Ospedaliero San Donato, Casa di Cura S. Pio X, ASL MI 2, INPS Servizi Sociali nel comune di Pendeli Klinikum St. Georg Centro di Senologia della Svizzera Italiana – Ospedale Italiano segreteria, tel: +39 02 6889647 email: [email protected] 35 Il vero viaggio non consiste nell’andare in nuovi posti, ma nel guardare con nuovi occhi. M. Proust