memorie e tradizioni liguri Spigolature Vegni chi, che da-a Bedin gh’è de troffie e do bon vin... A bon prexo gh’han do stocche, pin de pesci e de ardiciocche!... De fainâ ne mangiæ un testo... Con doï scûi... ve dan o resto! ... Così versificava con vena felice Costanzo Carbone in una argutissima cartolina pubblicitaria del 1932 della Trattoria Bedin, Via Rivotorbido, 6 (Ponticello). Autore Umberto Calamida (1896-1964), disegnatore pubblicitario e umoristico, pittore di efficace vena popolaresca. È ancora Carbone a parlarci di stocche in un curioso e non comune volumetto illustrato da Giovanni Bottini (si firmava Jean Buttin), Con giardino e gioco da bocce. Itinerari gastronomici genovesi, Torino, Opere di propaganda nazionale, 1934: “Le bettole di “Caricamento” hanno secondo i giorni le pietanze, i piatti.Al venerdì, per esempio, vi sarà facile mangiare “e troffie co’ o pesto” e le trippe o la “buridda” o lo stoccafisso cucinato al verde, alla marinara, in bianco, in Bim bum bà! Stocchefisce e baccalà Si tratta di una conta, tipicamente ligure per la sua arguta e scabra essenzialità. Ad essa un’altra se ne può accompagnare anche per la presenza di un ingrediente che con il merluzzo conservato si marita benissimo: Pimpirinetta nöxe, pimpirinetta pan! Se passo ai modi di dire trovo: L’àn condïo con l’ægua de stocchefisce: l’hanno condito con l’acqua dello stoccafisso (dove il pesce viene tenuto per ammorbidirlo prima della cottura). Un’acqua - ovviamente - particolarmente disgustosa, anche per l’odore che emana. Significa rimproverare qualcuno con particolare asprezza. Analogo è Gh’àn dæto i balletti: queste ultime sono le castagne bollite con la loro buccia. Come proverbio - legato alle ricorrenze dell’anno: A-i morti bacilli e stocchefisce no gh’é casa che no i condisce. Nel giorno dei defunti fave secche (bacilli) e stoccafisso non c’è famiglia che non li porti in tavola. Legata a quest’ultima l’insolita espressione, quasi un’esclamazione scherzosa per indicare un accordo raggiunto, un impegno preso, un appuntamento - magari culinario - a cui non mancare: Stocche e bacilli ... e o pan s’ou portemmo! Stoccafisso e fave secche ... e il pane ce lo portiamo! O stocchefisce o vive in te l’ægua, ma o deve moî in te l’êuio: lo stoccafisso vive nell’acqua ma deve morire nell’olio. Un invito a non lesinare, nel condimento, l’imprescindibile extra vergine delle nostre fasce... Chiudo col ricordare un notissimo canto popolare: O dïto: ti m’aprepari o stocchefisce e bacilli, a gorgònzola co-i grilli e ‘n bottigion de vin bon. Con trei fornelli aççeizi, ti m’æ lascio sensa çenn-a: anchêu l’è giornâ de chinzenn-a, m’a zêugo tûtta a scobon. Ti m’æ piggiôu o cappello, ti me l’ æ cacciôu in to trêuggio, mia ben che çerti schersci no l’êuggio, da un ciù zoeno de mì. Esiste anche - trattandosi di un canto popolare - la versione, da inserire al posto di “Con trei fornelli aççeizi... ”: E invece ti ti m’æ fæto e reginette co-e êuve che fan ciù fÏto a chêuxe e son in mangiâ do belin!” Ed ecco la traduzione: Ho detto che mi prepari/lo stoccafisso con le fave secche/la gorgonzola con i vermi/e un bottiglione di buon vino./Con tre fornelli accesi,/mi hai lasciato senza cena/oggi è gior- umido e in tante altre maniere. Ci sono i giorni specializzati per le “trenette” e quelli per i ravioli e lo stufato.” Allo stoccafisso dedica poi alcune pagine Massimo Alberini nel suo Liguri a Tavola. Itinerario gastronomico da Nizza a Lerici, Milano, Longanesi, 1965. Ci ricorda le due ricette essenziali: lo stocche accomodato e il baccalà al verde e aggiunge, poi, in quel di Bordighera, “un’altra preparazione popolaresca, dal nome irripetibile...”. Da segnalare il raro Cucina di strettissimo magro, di Gaspare Delle Piane, pubblicato in Genova nel 1880. L’autore morì in Roma nel 1908, con il grado di Superiore Generale dei Padri Minimi di S. Francesco di Paola e fu attivo sicuramente a Genova nella chiesa dedicata al santo, alta sul mare e il porto, in una collina allora immersa nel verde dei giardini e soprattutto degli orti. nata di paga (di quindicina),me la giuoco tutta a scopone./Mi hai preso il cappello,/ me lo hai buttato nel trogolo,/guarda bene che certi scherzi non li voglio, /da uno più giovane di me./ E invece tu mi hai cucinato/le reginette con le uova/che cuociono più in fretta/ e sono un mangiare del belino! È da notare che le reginette con le uova, deliziosa e delicata minestra in brodo alla quale si aggiunge un battuto di uova e di maggiorana, venivano chiamate sprezzantemente -per la loro velocità di esecuzione- a menestra di ruffiæn, gli stessi che a sentire un’impagabile strofa del ciclo di Olidin olidin olidena, nel piano di Sant’Andrea “mangian menestre freide e patatte arrescädæ”. SERVITO IN TAVOLA 2 Nel Delle Piane ovviamente le ricette di stocche e baccalà abbondano e val certo la pena di riportare quanto scrive l’autore nella Prefazione: “...ci è sembrato non meno utile che necessario di presentare all’onorevole pubblico la presente cucina, nella quale, come ognun vedrà, quantunque riguardo al numero delle svariatissime preparazioni, non sia inferiore a quella di grasso, cionondimeno giammai si fa menzione di carni, di uova, di formaggio, né di qualsiasi cosa che dalla carne tragga origine, di guisa che a tutta ragione si può ritenere aver ella riempito il gran vuoto di quest’arte, e di aver provveduto largamente ad un grave bisogno reclamato da gran pezzo da ogni classe di persone. Nel comporre la presente tre punti essenziali abbiamo avuto di mira: la salubrità delle preparazioni, l’economia, ed una coscienziosa sincerità”. Walter Fochesato di skiaffino Garibaldi fu ferito... Che Garibaldi - nizzardo, la patria dell'Estocafiçada - amasse il "pesce bastone" non può certo stupire. Quando il 9 novembre del 1860 parte da Napoli per far ritorno a Caprera, terminata amaramente la gloriosa spedizione dei Mille porta con sé (ce ne informa Dumas figlio) un sacco di sementi, ortaggi, qualche pacco di zucchero, una cassa di maccheroni, alcuni barattoli di caffè e, appunto, una confezione di stoccafisso. Ma ancor più significativa è la lettera che segue: "Caro sigr. Razetto Grazie per la bellissima frutta e verdura. Un caro saluto alla Famiglia dal vostro Giuseppe Garibaldi Di mano di Giuseppe Garibaldi: "Bacalà nuovo e stokfish -mi dirigo a voi perché li manderete buoni -e me ne darete contoSempre Vro Giuseppe Garibaldi". La missiva, che trovo nel bel catalogo a cura di G. Marcenaro e P. Boragina, Magasin Pitoresque 2. Una Genova del secondo Ottocento, Sagep, 1991, è datata 24 settembre 1878. Ma chi era il destinatario a cui, in altre occasioni, l'Eroe dei Due Mondi ordina provviste di "biscotto Lagasso e galetta", "un sacchetto di piselli del Levante, di buona semina" o ringrazia per "l'eccelente pan dolce" o per i funghi che "erano un po guasti"? Si trattava -come ci informa Gio Bono Ferrari- del Capitano Giovanin Razetto (o Pueixetto), nato nel 1823 e morto nel 1896: "Navigatore, armatore e fervente patriota del Risorgimento. Amico intimo di Garibaldi, di Bixio, di Simone Schiaffino, di Giacomo Medici, Giuseppe Guerzoni, Bronzetti e Missori. Il suo primo veliero portò molte volte in Italia -caricati a Marsiglia in cassette con la dichiarazione di "piastrelle rosse di Marsiglia"- gli opuscoli ed i fogli volanti degli emigrati politici italiani. Un vecchio nonno raccontava sempre che il piccolo veliero del Pueixetto aveva avuto l'audacia di portare gli opuscoli dei liberali persino nei porti napoletani, allora sorvegliatissimi. Contribuì del proprio alle spedizioni garibaldine, promosse sottoscrizioni patriottiche e fu sempre il primo a dare per la Patria. Fu armatore oculato e intraprendente. Uno dei suoi migliori velieri si chiamava l'"Annita Garibaldi". Poi fece costruire il "Dittatore Garibaldi" sul quale, con pensiero gentile d'amico e ammiratore aveva scritto, in scoperto, un carato a favore del grande Esule di Caprera. Poi, su appositi piani studiati da lui stesso, fece costruire un altro bastimento, il "Farezia". Il suo modello di nave fu premiato all'Esposizione di Parigi ed un altro suo modello, completissimo, figura con onore nel Museo Garelliano Navale di Pegli. La sua corrispondenza e la sua fedeltà verso Garibaldi durarono fino alla morte". Il tagliando n. 53 Da Il Lavoro del 21 ottobre 1943 (il 15 settembre era nata la cosiddetta Repubblica di Salò) sotto il titolo Lo stoccafisso: “I consumatori della Grande Genova possono prelevare presso tutti i negozi di salumeria gr. 180 di stoccafisso bagnato mediante consegna del tagliando n. 53 della carta annonaria generi alimentari di V emissione. I dettaglianti sono tenuti a consegnare direttamente all’Ufficio Distribuzione, Via Assarotti 7, entro la fine di ottobre, i tagliandi ricevuti dei consumatori ed a segnalare le eventuali giacenze”.