Università degli Studi di Parma Dottorato di ricerca in Italianistica e Filologia romanza Ciclo XXIII I poeti e l’Accademia: le Rime degli Arcadi (1716-1781) coordinatrice: chiar.ma prof.ssa Gabriella Ronchi tutor: chiar.mo prof. William Spaggiari dottoranda: Stefania Baragetti a.a. 2009-2010 Indice Premessa 1 PARTE PRIMA 1. Le accademie romane fra Sei e Settecento 5 2. I custodiati 2.1 Giovan Mario Crescimbeni (1690-1728) 2.2 Francesco Maria Lorenzini (1728-1743) 2.3 Michele Giuseppe Morei (1743-1766) 2.4 Giuseppe Brogi (1766-1772) 2.5 Gioacchino Pizzi (1772-1790) 27 71 85 103 107 3. L’evoluzione delle forme metriche 142 4. Considerazioni 161 PARTE SECONDA Indici delle Rime degli Arcadi 168 Bibliografia 485 Pastori d’Arcadia 523 Premessa Il lavoro si propone di ripercorrere la storia dell’accademia dell’Arcadia, muovendo dalle Memorie istoriche compilate dal terzo custode Michele Giuseppe Morei, nel 1761, fino ai profili più recenti, come quello tracciato da Maria Teresa Acquaro Graziosi, nel 1991, in occasione delle celebrazioni del terzo centenario della nascita del sodalizio.1 Strumento privilegiato per ricostruire le vicende della sede romana, e i suoi rapporti con i nuclei periferici, sono i quattordici volumi delle Rime degli Arcadi, silloge ufficiale del cenacolo, editi fra il 1716, durante la reggenza di Giovan Mario Crescimbeni, e il 1781, sotto le insegne pastorali di Gioacchino Pizzi. Attraverso questo vastissimo corpus lirico (quasi seimila componimenti), forse mai convenientemente esplorato nei suoi vari aspetti, e qui valutato anche secondo le dinamiche editoriali, si è dunque tentato di svolgere un’indagine complessiva (prendendo avvio dal fondamentale studio condotto da Amedeo Quondam sui primi nove volumi pubblicati da Crescimbeni, nel 1716-22)2 e di analizzare le scelte di contenuto e stile, documentando il progressivo accoglimento delle misure libere, influenzato soprattutto dopo l’edizione dei Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori, curata da Saverio Bettinelli (1758). A un panorama del contesto culturale romano fra Sei e Settecento, animato, fra le altre, dall’accademia Reale di Cristina di Svezia (1674), che creò le basi per la nascita dell’Arcadia, seguono le analisi dei cinque custodiati (1690-1790), anche ricorrendo ai materiali manoscritti conservati presso le biblioteche Ambrosiana e Braidense di Milano, Angelica di Roma e Palatina di Parma. Dopo la reggenza di Crescimbeni (1690-1728), che impose l’immagine dell’accademia attraverso la creazione di una solida struttura burocratica e di una fitta trama clientelare, si aprì una lunga fase di crisi (testimoniata anche dalla discontinuità delle pubblicazioni delle Rime), coincidente con i custodiati di Francesco Maria Lorenzini (1728-43), Michele Giuseppe Morei (174366) e Giuseppe Brogi (1766-72); gli interessi per la scienza e la filosofia segnarono una 1 Michele Giuseppe Morei, Memorie istoriche dell’adunanza degli Arcadi, Roma, de’ Rossi, 1761; Maria Teresa Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, Roma, Palombi, 1991. 2 Amedeo Quondam, L’istituzione Arcadia. Sociologia e ideologia di un’accademia, in “Quaderni storici”, VIII (maggio-agosto 1973), pp. 389-438. 1 ripresa nel ventennio di Gioacchino Pizzi (1772-90), destinata però a infrangersi alle soglie della Rivoluzione (il percorso idealmente si chiude con l’ode di Carlo Castone Della Torre di Rezzonico Per l’anno secolare d’Arcadia, 1790). Concludono la prima sezione un capitolo dedicato all’analisi dell’evoluzione delle forme metriche nelle Rime degli Arcadi, non senza una rassegna di temi e motivi dominanti. La seconda parte comprende il repertorio metrico, secondo gli schemi fissati da Pietro G. Beltrami e da Rodolfo Zucco:3 1. le lettere maiuscole segnalano gli endecasillabi e le minuscole i versi brevi. Le misure sono inoltre specificate dal numero in pedice alla lettera. 2. “P”, “S”, “T” (anche nelle forme minuscole) definiscono i versi piani, sdruccioli e tronchi irrelati. 3. “s” e “t” in pedice alla lettera qualificano le rime sdrucciole e tronche (cfr. lo schema s7a7ts7a7t dell’ode-canzonetta di Lorenzo Magalotti “Quanto volete, o Nuvole”, in RdA, vol. IV, p. 234). Il verso si intende piano in assenza di indicazioni. 4. il simbolo / divide lo schema delle stanze delle canzoni da quello del congedo. 5. i numeri fra parentesi tonde alla destra degli incipit dei versi indicano il numero delle strofe del componimento. Nella trascrizione dei documenti manoscritti e degli incipit si è provveduto alla distinzione fra accento acuto e accento grave secondo l’uso corrente; alla soppressione degli accenti sui monosillabi (quì > qui) e al loro ripristino dove necessario (ne > né); all’adattamento dell’uso dell’apostrofo e della “h” (nelle voci verbali); ad una minima regolarizzazione dell’interpunzione. Le abbreviazioni r e v, r1 e v1 indicano rispettivamente il recto e il verso dei fogli doppi del carteggio fra Gioacchino Pizzi e Angelo Mazza, conservato nel Fondo Micheli Mariotti della Biblioteca Palatina di Parma (Epistolario di Angelo Mazza, cass. II). Sono inoltre stati adottati i seguenti segni convenzionali: 1. il simbolo [?] è posto di seguito a parola di lettura incerta. 3 Pietro G. Beltrami, La metrica italiana, Bologna, il Mulino, 1991 (2002), pp. 10-2; Rodolfo Zucco, Istituti metrici del Settecento. L’ode e la canzonetta, Genova, Name, 2001, pp. 11-3. 2 2. il segno |…| segnala un vocabolo indecifrabile. 3. le parentesi < > contengono le integrazioni di termini incompleti. Delle Rime degli Arcadi sono stati utilizzati gli esemplari della Biblioteca Comunale Sormani (Milano; VET. J. VET. 170), della Nazionale Braidense (Milano; TT. 02. 004957) e della Palatina (Parma; CC IX. 27353 1-14). Sigle: BAM BAR BNB BPP FMM Biblioteca Ambrosiana, Milano Biblioteca Angelica, Roma Biblioteca Nazionale Braidense, Milano Biblioteca Palatina, Parma Fondo Micheli Mariotti (in BPP) Al termine di questo lavoro vorrei esprimere la mia più sincera gratitudine al prof. William Spaggiari, sempre prodigo di consigli e di suggerimenti preziosi, e altresì ringraziare le amiche Rosa Necchi e Anna Maria Salvadè. Dedico questo lavoro ad Andrea e a Giulia. 3 Parte prima 4 1. Le accademie romane fra Sei e Settecento 1. Tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo numerose accademie pubbliche e adunanze private, spesso effimere, costellarono il panorama culturale romano. Luoghi di conversazione e di socialità (a volte istituiti per ragioni clientelari), di incentivo agli studi (di ambito religioso, scientifico, artistico o letterario) e di confronto con le idee d’oltralpe, i circoli furono promossi e frequentati da ecclesiastici, nobili che vantavano legami di parentela con dignitari curiali, eruditi romani e “forestieri”, attirati nella città pontificia anche dalle prospettive di avanzamento economico.1 Da un progetto maturato nelle discussioni fra il nipote di Clemente IX, Tomaso Rospigliosi, il cardinale Giovanni Bona, il teologo e matematico Michelangelo Ricci e il custode della Biblioteca Vaticana Lukas Holste derivò la Conferenza dei Concili, istituita il 30 giugno 1671 nel convento degli agostiniani scalzi di S. Nicola da Tolentino da Giovanni Giustino Ciampini, collaboratore del “Giornale de’ Letterati” di Roma, maestro dei brevi di grazia e prefetto dei brevi di giustizia per incarico di papa Rospigliosi (1669).2 Trasferitasi nel dicembre dello stesso anno nella biblioteca del Collegio di Propaganda Fide, e nominato segretario il lettore di filosofia e teologia Giovanni Pastrizio, durante gli incontri quindicinali l’adunanza ragionava sulle questioni teologiche muovendo dall’approfondimento della storia dei concili.3 Per quanto fosse orientata all’affermazione del prestigio culturale del clero e all’incremento delle partecipazioni il più delle volte motivate da esigenze di rappresentanza politica, 1 Cfr. Amedeo Quondam, L’Accademia, in Letteratura italiana, diretta da Alberto Asor Rosa, vol. I (Il letterato e le istituzioni), pp. 823-94, alle pp. 886-98; Riccardo Merolla, Lo Stato della Chiesa, ivi, vol. II (Storia e geografia. II. L’età moderna), pp. 1019-109, alle pp. 1019-74; Maria Pia Donato, Accademie romane. Una storia sociale (1671-1824), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000, pp. 13-76. 2 Cfr. la missiva del 20 giugno 1673 dell’abate Michele Giustiniani al cardinale Mario Albrici (in Michele Giustiniani, Lettere memorabili […], Roma, Tinassi, 1667-75, 3 voll., nel vol. III, pp. 626-32); Eusevologio romano, trattati X, pp. 113-6, e XII, pp. LXII-LXIII; Maylender, vol. II, pp. 40-3; Pio Paschini, La «Conferenza dei Concili» a «Propaganda Fide», in “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, XIV (1960), pp. 371-82; Donato, Accademie romane, pp. 13-26. Per notizie biografiche su Ciampini si vedano i profili di Vincenzo Leonio (in VdA, vol. II, pp. 195-254), di Domenico Fabbretti (nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 136-40) e di Silvia Grassi Fiorentino in DBI, vol. XXV, 1981, pp. 136-43. 3 Su Pastrizio cfr. la biografia di Giuseppe Maria Perrimezzi nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 146-53; e Isidoro Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890. Memorie storiche, Roma, Cuggiani, 1891, vol. I (Contributo alla storia letteraria d’Italia del secolo XVII e de’ principii del XVIII), pp. 312-3. 5 l’organizzazione di una sola assemblea pubblica annuale a partire dal pontificato di Innocenzo XI (1676) determinò un temporaneo declino del consesso.4 Dopo la morte di Pastrizio (1708) e l’intervento di Clemente XI, a sua volta membro dei Concili insieme a Prospero Lambertini (papa Benedetto XIV dal 1740), il rilancio del cenacolo fu affidato agli accademici Lorenzo Zaccagni, custode della Vaticana, Giusto Fontanini, professore di eloquenza nell’ateneo romano, e Domenico Bencini, designato segretario, incaricati di redigere un nuovo statuto e di regolare le ammissioni; vi entrarono così il cardinale Annibale Albani, nipote del pontefice, e nel 1714 il friulano Giuseppe Bini, arcade con il nome di Tegeso Acroniano.5 Contemporaneamente sorsero altre accademie: nel convento dei SS. Cosma e Damiano dei Terziari francescani dal 1682 si tennero riunioni mensili istituite dal rettore Angelo Garini, per discutere delle “materie Istoriche, Canoniche, e Dogmatiche de’ Sagri Concilij, con tre discorsi d’un quarto, e mezzo d’hora per ciascuno da tre Accademici”;6 l’anno seguente presero avvio le pubbliche adunanze nel monastero dei celestini di S. Eusebio sull’Esquilino, dove i convenuti (monaci, lettori di teologia e studenti) affrontavano “in tre questioni, o punti, le materie dell’Istoria [Ecclesiastica], de’ Canoni, o Decreti, e de dogmi, con diversi dubbij, o riflessioni morali causate da i medesimi Concilij”.7 Nel 1694, nel collegio di S. Paolo alla Regola dei Terziari francescani, fu inaugurata l’accademia dei Dogmi per servire “di Maestra delle Verità Catoliche”;8 posta sotto la tutela celeste di S. Paolo e quella terrena dei cardinali 4 “L’Accademia nostra delle materie Ecclesiastiche de’ Concilj […] ha preso piede così grande, che non si tiene mai […] Adunanza, che non vi siano quattro o cinque Cardinali, oltre una quantità di Prelati, che tutti vi vengono senza esservi invitati. […] Credo, che ogni giorno più si andarà avanzando, perché il Papa ha mostrato di gradire questo virtuoso esercizio, anzi dà speranza di volerlo promovere sempre più […]”; così il sacerdote reggiano Girolamo Toschi, membro dei Concili, ragguagliava il conterraneo Apollinare Rocca in una lettera del 23 luglio 1677 (cfr. Girolamo Tiraboschi, Biblioteca modenese o notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del Serenissimo Signor Duca di Modena, Modena, Società Tipografica, 1781-86 [rist. anast. Bologna, Forni, 1970], 6 voll., nel vol. V, pp. 284-7, a p. 285). 5 Su Bini cfr. Armando Petrucci in DBI, vol. X, 1968, pp. 514-6; per i suoi rapporti con l’accademia ciampiniana si veda Paschini, La «Conferenza dei Concili» a «Propaganda Fide», pp. 377-82. 6 Eusevologio romano, trattato XII, pp. LXIII-LXIV; e Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt notitiae locupletissime, Panormi, Bua (1708), poi Felicella, 1714 (rist. anast. Bologna, Forni, 1971), 2 voll., nel vol. I, pp. 77-8 (in cui il cenacolo è definito “Conciliorum Academia”); Donato, Accademie romane, p. 51. 7 Eusevologio romano, trattato XII, pp. LVII-LVIII, a p. LVII; e Donato, Accademie romane, p. 51. 8 Eusevologio romano, trattato XII, pp. LXV-LXVII, a p. LXV (a p. LXVII si esorta il cenacolo ad assumere l’impresa raffigurante “uno sciame d’Api, le quali ingegnosamente fabricano col loro studio il Mele negli Alveari; e con i loro risentiti pungoli lo difendono dalle male bestie: con il Motto dal Tasso; Armata Clementia: alludendo alla cortese difesa, che con la forza delle loro ragioni, con la soavità della loro eloquenza, e con la destrezza de’ loro argomenti sostengono le incontrastabili verità de’ Dogmi Cattolici, 6 Giovanni Francesco Albani (papa Clemente XI dal 1700) e Lorenzo Altieri, nel 1695 l’adunanza fu trasferita alla Sapienza e formalizzata l’anno dopo con la promulgazione degli “Statuta Academiae Dogmaticae” editi nel modenese “Giornale de’ Letterati” di Benedetto Bacchini. 9 Nello stesso periodo il nobile fiorentino Raffaele Cosimo Girolami, legato agli ambienti della Propaganda Fide, diede vita all’accademia Teologica (1695), riunitasi nei primi anni nel palazzo del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, di cui il Girolami era uditore. Istituito per promuovere le discussioni di storia sacra e di teologia scolastica, il consesso fu ufficializzato da un breve di Clemente XI (23 aprile 1718), che ne assegnò la sede definitiva nella Sapienza.10 Distintosi nella costituzione della Conferenza dei Concili, Ciampini legò il proprio nome anche alla nascita di un sodalizio scientifico ispirato all’Académie Royale des Sciences e alla Royal Society, pur senza dimenticare le accademie degli Investiganti di Napoli (1650), del Cimento di Firenze (1657-67) e degli allora declinanti Lincei. Inaugurata il 5 agosto 1677 con un discorso del segretario Girolamo Toschi, estensore del programma e compilatore dei verbali degli incontri, a partire dal 19 settembre dello stesso anno l’accademia Fisico-matematica prese a riunirsi in forma privata nella dimora di Ciampini in S. Agnese in Agone, con la promessa da parte di Cristina di Svezia (in realtà mai messa in atto per ragioni economiche) di ospitare le adunanze pubbliche nella galleria inferiore di palazzo Riario e di adibire una camera adiacente alla custodia della strumentazione scientifica acquistata dal promotore.11 Durante le sedute informali, “senza possesso d’anzianità, e senza veruna differenza di grado; secondo il vero sistema della sincerità virtuosa, nulla curante, che di sapere”, il e col zelo armato, e risentito ribattano […] l’ardimento de’ profani Maestri dell’Eresia […]”). Si vedano inoltre Maylender, vol. II, pp. 220-1; e Donato, Accademie romane, pp. 52-4. 9 Lo statuto è segnalato in Pezzana, vol. III, p. 883. 10 Cfr. Maylender, vol. V, pp. 299-302; Donato, Accademie romane, pp. 54-8; e il profilo del Girolami di Stefano Tabacchi in DBI, vol. LVI, 2001, pp. 525-6. Vicina agli ambienti curiali, l’accademia degli Inaspettati fu promossa nel novembre 1696 nella sagrestia di S. Carlo al Corso da un gruppo di segretari dei prelati e dignitari laici; cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. LIX- LXII, e Maylender, vol. III, pp. 185-6. 11 Sull’accademia si vedano la lettera del 23 luglio 1677 di Girolamo Toschi ad Apollinare Rocca (in Tiraboschi, Biblioteca modenese, vol. V, pp. 285-6); Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXXIX- LXI; Maylender, vol. III, pp. 11-7; Salvatore Rotta, L’accademia fisico-matematica ciampiniana: un’iniziativa di Cristina?, in Cristina di Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, a cura di Wilma Di Palma e Tina Bovi, Bari, Dedalo, 1990, pp. 99-186; Donato, Accademie romane, pp. 26-34. Per l’impresa, l’Eusevologio romano (trattato XII, p. LXI) avanzava due proposte: un innesto con l’espressione “Utraque unum” (“nel Corpo s’alluderebbe al vago accoppiamento della Filosofia speculativa, Morale, e Naturale con la curiosa Sperienza de gli effetti ammirabili della Natura, togliendosi con tal innesto la selvatichezza dell’ignoranza con il domestico intrecciamento del sapere, e col magistero dello Studio, e della fatica il rozzo et inculto dell’Ozio, e della Pigrizia”), o un cannocchiale accompagnato dal motto “Et remotissima prope” (“alludendo all’ingegnosa curiosità de’ Signori Accademici […]”). 7 momento dell’esposizione teorica e del dibattito intorno a quattro ambiti disciplinari (filosofico, medico, matematico e meccanico) era affiancato da quello dimostrativo.12 Nel sodalizio, forte dei rapporti intrecciati con istituti scientifici (fra cui gli osservatori di Danzica, di Parigi e di Greenwich) e corrispondenti italiani e stranieri (dall’astronomo Geminiano Montanari a Gottfried Wilhelm Leibniz, che nel 1689 soggiornò a Roma),13 confluirono inoltre gli interessi per l’antiquaria (sull’esempio della Royal Society) e per la costruzione dei microscopi. Le indagini astronomiche furono promosse soprattutto a seguito dell’avvistamento di una grande cometa nel novembre 1680 (quella che poi divenne nota col nome di Halley, e che sollecitò, fra gli altri, gli studi di Carlo Antonio Cellio e di Domenico Quartaroni)14 e dall’arrivo a Roma dell’allievo del Montanari (1684), il veronese Francesco Bianchini, subito distintosi nello studio delle comete e nelle ricerche sul pianeta Venere (poi raccolte in volume nel 1728 per Giovanni V di Portogallo).15 Indebolito dagli scontri con gli atomisti napoletani e i quietisti (il fisico-matematico Antonio Oliva, promotore della setta ateista dei Bianchi, morì nelle carceri dell’Inquisizione nel 1691, mentre il sodale Agostino Maria Taia era stato arrestato quattro anni prima), il cenacolo si estinse alla morte del fondatore nel 1698.16 Frequentata da alcuni esponenti del gruppo ciampiniano (nell’aprile 1685 Francesco Bianchini vi pronunciò la dissertazione De methodo philosophandi in rebus physicis), 12 “Si fa in tutte le prime Domeniche d’ogni Mese, su le 22 hore, un Discorso da uno, o più de’ soggetti della medesima Accademia sopra qualche argomento proposto dal Segretario, spettante a qualche cosa naturale, o pensiero curioso sperimentabile; recandosi in mezzo il soggetto di essi, con gli opportuni stromenti mecanici per rintracciarne gli effetti. Quindi si passa all’osservazione di diverse curiose sperienze Fisiche; poi al Filosofarne, discorrerne […]; deducendosene in conclusioni le più vere, e probabili, registrate poi con le erudite riflessioni raccolte dal Segretario nel Volume dell’Accademie” (Eusevologio romano, trattato XII, p. LX). 13 Cfr. Salvatore Rotta, Scienza e «Pubblica felicità» in Geminiano Montanari, in Miscellanea Seicento, Firenze, Le Monnier, 1971, 2 voll., nel vol. II, pp. 63-208; su Montanari si veda anche la voce di Giorgio Tabarroni in Dictionary of scientific biography, directed by Charles Coulston Gillispie, New York, Scribner, 1970-90, 18 voll., nel vol. IX, 1974, pp. 484-7. 14 Sull’accademia istituita da Domenico Quartaroni nel palazzo Pamphili a Piazza Navona, cfr. André Robinet, L’«Accademia Matematica» de D. Quartaroni et le «Phoranomus» de G. W. Leibniz (Rome, 1689), in “Nouvelles de la république des lettres”, X (1991), pp. 7-18. 15 Per informazioni biografiche su Bianchini si vedano il profilo di Giovanni Francesco Baldini in VdA, vol. V, pp. 115-29; SI, vol. II, pt. II, pp. 1167-77; e la voce di Salvatore Rotta in DBI, vol. X, 1968, pp. 187-94. Agli studi astronomici Bianchini affiancò la passione per l’antiquaria maturata a contatto dell’amico, e co-accademico fisico-matematico, Raffaele Fabbretti: “Ma se il giorno stava il nostro Prelato sotterra a leggere, e fedelmente copiar le iscrizioni de’ morti [nei colombari scoperti nel 1725 sulla via Appia], stava la notte vegliante col cannocchiale all’occhio ad osservare, e scoprire le maraviglie del Cielo” (Baldini, Vita di Monsignor Francesco Bianchini, p. 122). In onore di Alessandro Albani l’erudito veronese fondò l’accademia degli Antiquari Alessandrini, nel palazzo del Quirinale, nel 1700. 16 Cfr. Luciano Osbat, L’inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti 1688-1697, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1974, pp. 43-132; Rotta, L’accademia fisico-matematica Ciampiniana, pp. 173-4; Donato, Accademie romane, pp. 41-44. Sul sodalizio dei Bianchi cfr. Maylender, vol. I, p. 451. 8 l’accademia Medica fu inaugurata il 10 maggio 1681 nel palazzo del ferrarese Girolamo Brasavola, medico di Cristina di Svezia e di Carlo Pio di Savoia, suo protettore, per discutere familiarmente “de i mali, che per avventura havessero [i medici] in Cura, ad effetto, che senza politico rossore, o rispetto potesse ogn’uno chieder pareri, […] per benefizio de’ loro Infermi”.17 Incerte sono le ragioni della chiusura intorno al 1689, probabilmente per l’impossibilità di garantire il regolare svolgimento delle tornate a causa degli impegni assunti nel frattempo da alcuni accademici: nel 1684 il romano Giovanni Maria Lancisi era stato nominato professore di anatomia alla Sapienza, mentre Brasavola era diventato archiatra pontificio.18 Alle indagini scientifiche si dedicarono altresì il cenacolo dei Semplici, promosso da papa Alessandro VII (1655-67) per la cura delle varietà botaniche dell’orto di S. Pietro in Montorio,19 e i Simposiaci (1662), che alternavano le discussioni su argomenti filosofico-scientifici all’esercizio poetico;20 stessa impostazione seguita dall’accademia del Platano (1688) e da quella dei Pellegrini (1693), che “ogni Scienza, e liberale Arte abbracciava”.21 Molte le adunanze letterarie sostenute dall’aristocrazia cittadina. Al 1603, lo stesso anno di fondazione dei Lincei, risale la nascita dell’accademia degli Umoristi, attiva sotto il patrocinio barberiniano fino al 1670 (dopo un silenzio di quasi cinquant’anni fu rinnovata da Clemente XI, che ne affidò la direzione al nipote Alessandro Albani); fra il 1625 e il 1688, derivati da un gruppo di Umoristi, i Fantastici si riunirono nel convento dei SS. Apostoli.22 Nel 1641 aprì i battenti l’accademia degli Intrecciati di Giuseppe 17 Si vedano Eusevologio romano, trattato XII, pp. LXXXII- LXXXIV; Maylender, vol. IV, pp. 28-9; Rotta, L’accademia fisico-matematica Ciampiniana, pp. 150-4; Donato, Accademie romane, pp. 34-5 e 37-9. Su Brasavola cfr. SI, vol. II, pt. IV, pp. 2029-30; e il profilo di Giuliano Gliozzi in DBI, vol. XIV, 1972, p. 53. 18 Su Lancisi cfr. le voci di Carlo Castellani (in Dictionary of scientific biography, vol. VII, 1973, pp. 6134) e di Cesare Preti in DBI, vol. LXIII, 2004, pp. 360-4. Per gli altri istituti di studi anatomici (negli ospedali della Consolazione, di S. Spirito, di S. Giacomo degl’Incurabili e nella Sapienza) si rimanda a Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXIII-XXVI. 19 Cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. XX-XXIII; e Maylender, vol. V, p. 157. 20 Cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXXII-XXXV; Maylender, vol. V, pp. 182-6. 21 Eusevologio romano, trattato XII, pp. LIV-LV e LXV; si vedano anche Giacinto Gimma, Elogi accademici della Società degli Spensierati di Rossano […], Napoli, Troise, 1703, 2 voll., nel vol. II, pp. 175-6; Francesco Saverio Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, Bologna, Pisarri (poi Milano, Agnelli), 1739-52, 4 voll. (in 6 tt.) e l’Indice universale, nel vol. I, pp. 100-1; Maylender, vol. IV, pp. 2423 (Pellegrini) e 292-4 (Platano). 22 Sugli Umoristi cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. XVIII-XIX; Maylender, vol. V, pp. 370-81; Laura Alemanno, L’Accademia degli Umoristi, in “Roma moderna e contemporanea”, III (gennaio-aprile 1995), pp. 97-120. Per i Fantastici si vedano Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXVIII-XXIX; Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, p. 99; Maylender, vol. II, pp. 346-8. Dal sodalizio uscirono una raccolta di Poesie (Roma, Grignano, 1637) e l’Accademia tenuta da Fantastici a’ 12 di maggio 1655 in applauso della S.tà di N. S. Alessandro VII (Roma, Mascardi, 1655). 9 Carpani, professore di diritto civile alla Sapienza, dove lo studio delle materie legali era affiancato dall’attività letteraria praticata nel corso di quattro adunanze religiose all’anno, mentre al 1650 risale il cenacolo degli Infecondi, protetto dal cardinale Felice Rospigliosi.23 L’accademia Ottoboniana (ex Disuniti) fu regolarizzata nel 1695, nel palazzo della Cancelleria Apostolica dal cardinale Pietro Ottoboni, che ospitò esercitazioni letterarie, trattenimenti musicali e teatrali, con la collaborazione degli arcadi (fra i quali Vincenzo Leonio, Pompeo Figari e Giuseppe Paolucci).24 Di “belle lettere” si occuparono inoltre gli istituti collegiali: agli inizi del Seicento, nel Seminario Clementino, presero a riunirsi i Vogliosi, giovani convittori che ogni settimana si confrontavano anche su tematiche morali e scientifiche, ma sostituiti quasi un secolo dopo dal cenacolo degli Stravaganti (sede dall’aprile 1695 della Rappresentanza arcadica Stravagante), posto sotto la tutela di Cristina di Svezia.25 A questo si aggiungano gli Inculti del Collegio Nazzareno, dove l’11 novembre 1717 fu dedotta la Rappresentanza Nazzarena sostituita ventisei anni dopo dalla colonia Inculta, e i Parteni nel Seminario Romano (1611), che dal maggio 1716 ospitò la Rappresentanza Ravvivata.26 2. All’interno di questo articolato panorama era destinata ad imporsi l’accademia Reale di Cristina di Svezia, in cui la molteplicità delle discipline coltivate rifletteva l’eclettismo della promotrice, che fin dagli anni del regno aveva voluto circondarsi di 23 Sugli Intrecciati cfr. Eusevologio romano, trattato XII, p. XXX; Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, p. 100; Maylender, vol. III, pp. 336-8; Donato, Accademie romane, p. 36. Nello stesso anno, per i tipi della medesima stamperia, l’orvietano Antonio Stefano Cartari, principe del consesso, curò le pubblicazioni dei Discorsi Sacri e Morali detti nell’Accademia de gl’Intrecciati e dei Fasti dell’Accademia de gl’Intrecciati nelli quali sono descritte le Accademie di belle lettere fin’hora tenute (Roma, Reverenda Camera Apostolica, 1673). Per gli Infecondi si vedano Eusevologio romano, trattato XII, p. XXXI; Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, p. 100 (che indica come anno di fondazione il 1653), e Indice universale, p. 23; Maylender, vol. III, pp. 253-60. Al Rospigliosi il cenacolo dedicò una silloge di Poesie (Venezia, Pezzana, 1678) e l’Accademia funebre celebrata il 22 luglio 1688. 24 Quanto alla cerchia ottoboniana, si vedano Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, pp. 100-1; Maylender, voll. II, pp. 212-3 (Disuniti), e IV, pp. 173 (Ottoboniana); Sandro Baldoncini, L’Otthoboniana. Accademia romana del Settecento, in “Accademie e biblioteche d’Italia”, XLII (gennaioaprile 1974), pp. 33-42; Maria Letizia Volpicelli, Il Teatro del cardinale Ottoboni al Palazzo della Cancelleria, in Il teatro a Roma nel Settecento, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1989, 2 voll., nel vol. II, pp. 681-782; Flavia Matitti, Il cardinale Pietro Ottoboni mecenate delle arti. Cronache e documenti (1689-1740), in “Storia dell’Arte”, XXVI (1995), pp. 156-243. 25 Cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXXV-XXXVI; Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, p. 101; Maylender, vol. V, pp. 274 (Stravaganti) e 481-2 (Vogliosi). 26 Cfr. Eusevologio romano, trattato XII, pp. XXVII-XXVIII (Parteni) e XXXVII (Inculti); Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, vol. I, pp. 98-9 e 101 (Parteni e Ravvivati); Maylender, voll. III, pp. 217 e 224-5, IV, pp. 73 e 218-20. 10 dotti europei.27 Giunto a Stoccolma nel settembre 1649 per il tramite dell’ambasciatore francese in Svezia Pierre-Hector Chanut, René Descartes fu incaricato di compilare il regolamento per l’accademia che Cristina voleva erigere nella sua “nuova Atene”. La morte del filosofo dieci giorni dopo la consegna dello statuto (11 febbraio 1650) non pose fine all’iniziativa della regina, che nel 1652 fondò un circolo per sollecitare lo studio della lingua svedese.28 Sotto la direzione del medico Pierre Bourdelot, il neonato sodalizio umanistico-filologico fu frequentato in particolare dagli stranieri a corte; fra questi, i bibliotecari Isaac Vossius, insegnante di greco della sovrana, e Gabriel Naudé (già bibliotecario del cardinale Mazzarino), lo storico dell’arte Raphael Triché du Fresne, l’orientalista ed ebraista Samuel Bochart e il suo allievo Pierre-Daniel Huet.29 Trasferitasi a Roma nel dicembre 1655, Cristina non abbandonò le aspirazioni maturate in Svezia.30 Infatti, un mese dopo il suo arrivo, ospite a Palazzo Farnese di Ranuccio II duca di Parma e Piacenza, il 24 gennaio 1656 la regina inaugurò la prima delle sei adunanze accademiche in cui al confronto su questioni morali seguiva il concerto finale; ma le difficoltà economiche, unitamente alla mancanza di una residenza 27 Figlia unica del re Gustavo II Adolfo e di Maria Eleonora di Brandeburgo, Cristina di Svezia (18 dicembre 1626-19 aprile 1689) ereditò il trono a soli sei anni alla morte del padre nella battaglia di Lützen (6 novembre 1632); ma la reggenza, fino al 1644, fu affidata al cancelliere Axel Gustavsson Oxenstierna. Dopo dieci anni di regno, il 2 maggio 1654 Cristina abdicò a Uppsala per abbracciare la religione cattolica. Maturata anche grazie ai gesuiti Paolo Casati e François Malines, inviati a Stoccolma nel febbraio 1652 dal padre generale Francesco Piccolomini e dal cardinale Fabio Chigi (papa Alessandro VII dal 1655), e preceduta dalla professione di fede in forma privata a Bruxelles la vigilia di Natale del 1654, la conversione fu sancita a Innsbruck il 3 novembre dell’anno successivo alla presenza del legato pontificio Lukas Holste. Un mese dopo la pubblica abiura, il 23 dicembre Cristina fu accolta a Roma, dove il giorno di Natale fu cresimata dal pontefice nella Basilica di S. Pietro e ribattezzata con il nome di “Cristina Alessandra”. A Roma rimase fino alla morte, salvo tre assenze: dal luglio 1656 al 1658 soggiornò in Francia, mentre nei bienni 1660-62 e 1666-68 si recò in Svezia e ad Amburgo. 28 Cfr. Bernard Quilliet, Cristina regina di Svezia, Milano, Mursia, 1985, pp. 128-54 (I ed. Christine de Suède. Un roi exceptionnel, Paris, Presses de la Renaissance, 1982); Susanna Åkerman, Queen Christina of Sweden and her circle. The transformation of a seventeenth-century philosophical libertine, LeidenNew York-K!benhavn-Köln, Brill, 1991, pp. 44-69; Jean-François de Raymond, La reine Christine et René Descartes: une rencontre exceptionnelle, in “Nouvelles de la république des lettres”, X (1991), pp. 53-62; Ruggero Morresi, Cartesio e la regina Cristina: un enigma, un paradosso, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, Atti del Convegno internazionale (Macerata-Fermo, 22-23 maggio 2003), a cura di Diego Poli, Roma, Il Calamo, 2005, pp. 203-26. 29 Si vedano Åkerman, Queen Christina of Sweden and her circle, pp. 103-21; Jean-François Battail, Érudits à la cour de Christine, in “Nouvelles de la république des lettres”, X (1991), pp. 15-28; Vera Nigrisoli Wärnhjelm, Le accademie svedesi della regina Cristina, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 19-32. 30 Cfr. Stefano Fogelberg Rota, Organizzazione e attività poetica dell’Accademia Reale di Cristina di Svezia, in Letteratura, arte e musica alla corte romana di Cristina di Svezia, Atti del Convegno di studi (Lumsa, Roma, 4 novembre 2003), a cura di Rossana Maria Caira e Stefano Fogelberg Rota, Roma, Aracne, 2005, pp. 129-50, alle pp. 129-44. 11 stabile, influirono in termini negativi sull’iniziativa, che durò il tempo di un carnevale. 31 Solo dopo il definitivo trasloco a Palazzo Riario (ora Corsini) in via della Lungara (1662), Cristina poté accogliere l’accademia Reale formalizzata il 24 luglio 1674 e inaugurata l’11 novembre dello stesso anno con un’orazione sul tema della virtù eroica pronunciata dal cardinale Francesco Albizzi, esponente del cosiddetto “Squadrone Volante” (che appoggiò l’elezione di Fabio Chigi nel conclave del 1655) diretto dal cardinale Decio Azzolino, fidato consigliere dell’ex regina.32 Palazzo Riario divenne dunque un vivace luogo di confronto e sperimentazione. Gli studi scientifici di Giovanni Alfonso Borelli (a cui Cristina aveva elargito i fondi per pubblicare il De motu animalium, stampato postumo fra il 1680 e il 1681), di Vitale Giordano e del fisico-matematico Giovan Domenico Cassini (che nel biennio 1664-65 osservò insieme alla regina il passaggio di due comete) erano affiancati dagli interessi per l’alchimia e le scienze occulte incentivati, fra gli altri, dal danese Ole Borch giunto a Roma nel 1665.33 L’attività poetica (in cui si segnalarono alcuni dei futuri esponenti dell’Arcadia) conviveva con la passione per il collezionismo artistico, per la musica (promossa da Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e da Alessandro Scarlatti, maestro di cappella nel 1680)34 e per il teatro (a Cristina si deve infatti l’apertura del teatro di Tor di Nona, nel gennaio 1671).35 31 Maylender specifica che all’organizzazione di queste tornate accademiche collaborarono anche i fratelli pesaresi Francesco Maria e Lodovico Santinelli, promotori nel 1645 dell’accademia dei Disinvolti di Pesaro, seguita tre anni dopo dalla fondazione dell’omonimo circolo veneziano a cura del solo Francesco Maria (voll. II, pp. 189-92, e IV, pp. 394-417, a p. 400). Sul primo carnevale romano di Cristina si veda Alessandro Ademollo, I teatri di Roma nel secolo decimosettimo, Roma, Pasqualucci, 1888 (rist. anast. Bologna, Forni, 1969), pp. 68-77. 32 Sull’orazione cfr. Marie-Louise Rodén, L’anello mancante. Il discorso d’apertura della Regia Accademia del cardinale Francesco Albizzi, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 261-9; e Stefano Fogelberg Rota, Organizzazione e attività poetica dell’Accademia Reale di Cristina di Svezia, in Letteratura, arte e musica, pp. 144-8. Sul rapporto fra Cristina e lo “Squadrone Volante” si veda Marie-Louise Rodén, Church Politics in Seventeenth-Century Rome. Cardinal Decio Azzolino, Queen Christina of Sweden, and the “Squadrone Volante”, Stockholm, Almqvist & Wiksell International, 2000, pp. 91-112, 115-33, 174-83, 229-31. 33 Cfr. Tina Bovi, Il «Salotto» di Cristina di Svezia e la cultura scientifica della seconda metà del ’600 a Roma, e Ferdinando Abbri, Gli “arcana naturae”: filosofia, alchimia e “chimica” nel Seicento, in Cristina di Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, pp. 15-9 e 49-68; Wilma Di Palma, Urania nel salotto di Cristina, in Cristina di Svezia e Roma, Atti del Simposio tenuto all’Istituto Svedese di Studi Classici (Roma, 5-6 ottobre 1995), a cura di Börje Magnusson, Stoccolma, Suecoromana V, 1999, pp. 131-41. Su Borelli si vedano Ugo Baldini in DBI, vol. XII, 1970, pp. 543-51; Thomas B. Settle in Dictionary of scientific biography, vol. II, 1973, pp. 306-14; e Gianni Iacovelli, Giovanni Alfonso Borelli medico alla Corte di Cristina di Svezia, in Cristina di Svezia. Scienza ed alchimia nella Roma barocca, pp. 187-206. Per ragguagli biografici su Cassini si vedano René Taton in Dictionary of scientific biography, vol. III, 1971, pp. 100-4; e Augusto De Ferrari in DBI, vol. XXI, 1978, pp. 484-7. Su Giordano cfr. Cesare Preti in DBI, vol. LV, 2000, pp. 289-91. 34 Su Corelli, accolto nel 1690 nell’accademia Ottoboniana in qualità di primo violinista e direttore dei concerti, e ascritto in Arcadia nel 1706 con il nome di Arcomelo Erimanteo (cfr. Onomasticon, p. 25), si 12 Già autrice del regolamento del circolo di casa Farnese, anche in questo caso la regina stilò le leggi accademiche (1680), illustrando in limine ai ventotto articoli i motivi della nascita del sodalizio, spronato ad agire “secondo il dettame della retta ratione, e secondo l’autorità degli Autori classici” (articolo XXVIII): La M.stà della Regina volendo dar un nobil essercizio, et eccitamento di gloria, e d’honore a chiunque habbia vaghezza d’erudizione, e di lettere, ha eretta nel suo Pallazzo un’Accademia d’huomini scielti dalla M.S. col solo riguardo della loro virtù. In qualità di mecenate (“La M.tà della Regina si dichiara perpetuo Principe, e Protettore di questa sua Accademia”, XXVIII), Cristina enunciò i dettami a cui dovevano attenersi i sodali esortati a “coltivare con ogni studio et applicazione la vera Erudizione” (I-II): dal divieto di recitare testi offensivi nei confronti della religione e del governo ecclesiastico (III) a quello contro i componimenti satirici (IV) e in sua lode (XI), pur trattandosi di una disposizione dettata dal consueto topos della modestia; dall’uso dell’italiano nelle dissertazioni (V) alla libertà di non assumere pseudonimi (XV). Dall’ex regina di Svezia dipendevano altresì la definizione del calendario delle sedute accademiche (XVI), la decisione di riunirsi in privato per vagliare gli argomenti da esporre nell’adunanza pubblica (VIII e XIX), la nomina di quattro censori e del segretario (XXVIII), la modalità di svolgimento degli incontri (XXVIII): Ogn’Accademia comincerà con una sinfonia, dopo la quale si canterà la prima parte del componimento musicale, destinato per l’Accademia di quel giorno. Finita questa prima parte, si farà la lezione Accademica, dopo la quale si canterà la seconda parte della composizione, e così finirà con la musica, come principio. vedano Giovan Mario Crescimbeni, in Notizie istoriche, vol. I, pp. 250-2; Giulia Giachin, in DMb, vol. II, 1985, pp. 317-22; Piero Buscaroli, in DBI, vol. XXIX, 1983, pp. 46-65. Si segnala inoltre Franco Piperno, Cristina di Svezia e gli esordi di Arcangelo Corelli: attorno all’“Opera I” (1681), in Cristina di Svezia e la musica, Convegno internazionale (Roma, 5-6 dicembre 1996), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1998, pp. 99-132. Per Pasquini e Scarlatti, ammessi in Arcadia nel 1706 con gli pseudonimi di Protico Azetiano e Terpandro Politeio (Onomasticon, pp. 216 e 248), rimando ai profili di Alberto Iesuè e Malcolm Boyd in DMb, voll. V, pp. 591-3, e VI, pp. 606-29. Su Pasquini, definito da Cristina “Principe della Musica”, si veda inoltre quanto scrisse Saverio Maria Barlettani Attavanti nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 330-4. 35 Sugli interessi culturali dell’ex regina cfr. Enzo Borsellino, «I quadri di Alberto Duro et d’altri maestri alemanni li darei tutti per un paro di Raffaello»: Cristina e le arti, in Letteratura, arte e musica, pp. 161207; Arnaldo Morelli, Il mecenatismo musicale di Cristina di Svezia. Una riconsiderazione, in Cristina di Svezia e la musica, pp. 321-46; Carolyn Gianturco, Cristina di Svezia: promotrice e ideatrice di musica a Roma, in Letteratura, arte e musica, pp. 113-27; Bianca Tavassi La Greca, Carlo Fontana e il Teatro di Tor di Nona, in Il teatro a Roma nel Settecento, vol. I, pp. 19-34. 13 Annotate in un apposito registro, le conversazioni letterarie erano organizzate in momenti diversi, evitando che le esercitazioni poetiche sottraessero tempo alla lettura dei discorsi (XXIII). In merito alla produzione lirica, la regina tracciò le coordinate di un programma ispirato alla chiarezza linguistica e al rinnovamento in chiave “antimarinista” (XXVIII): In quest’Accademia si studj la purità, la gravità, e la maestà della lingua Toscana. S’imitino per quanto si può i Maestri della vera eloquenza de’ secoli d’Augusto, e di Leone X, poiché negli Autori di quei tempi, si trova l’idea d’una perfetta e nobil eloquenza, e però si dia il bando allo stile moderno, turgido ed ampolloso, ai traslati, metafore, figure etc. dalle quali bisogna astenersi per quanto sarà possibile, o almeno adoprarle con gran discrezione e giudizio.36 Dei temi discussi è conservato un catalogo relativo al biennio 1674-75, mentre degli accademici resta traccia in un elenco aggiornato fino al 1679.37 Metà dei ventotto neofiti erano ecclesiastici: fra questi, l’arcivescovo di Rossano Angelo Della Noce, il vescovo di Vaison Giuseppe Maria Suares, il cardinale Stefano Pignatelli e il gesuita portoghese Antonio Vieyra, iscritti il 24 luglio 167438 (stesso giorno in cui furono ammessi anche gli scienziati Stefano Gradi e Ottavio Falconieri, già membro delle accademie del Cimento e della Crusca).39 Il cardinale Giovanni Francesco Albani e il teologo 36 Per gli statuti del cenacolo di palazzo Farnese e dell’accademia Reale cfr. Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, pp. 69-70 e 71-2. 37 Cfr. Fogelberg Rota, Organizzazione e attività poetica dell’Accademia Reale di Cristina di Svezia, p. 133; l’elenco degli accademici è riportato anche da Francesco Bianchini nella biografia di Enrico Noris (VdA, vol. I, pp. 199-222, alle pp. 209-10) e da Johan Arckenholtz, Mémoires concernant Christine reine de Suède, pour servir d’éclaircissement à l’histoire de son règne et principalement de sa vie privée, et aux événemens de l’histoire de son tems civile et litéraire […], Mortier, Amsterdam et Leipzig, 1751-60, 4 voll., nel vol. II, pp. 139-40. 38 Su Della Noce si vedano i profili di Giovan Mario Crescimbeni (VdA, vol. I, pp. 11-27), di Tommaso Perrone (Notizie istoriche, vol. II, pp. 285-9) e di Massimo Ceresa in DBI, vol. XXXVII, 1989, pp. 106-8. Per Suares, frequentatore saltuario della Conferenza dei Concili insieme al Della Noce, cfr. Giustiniani, Lettere memorabili, vol. III, p. 628; Arckenholtz, Mémoires concernant Christine reine de Suède, vol. II, p. 139 (alle pp. 140-1 per Vieyra). Su Pignatelli cfr. IBI, vol. VIII, p. 3309. 39 Su Falconieri, autore dell’opuscolo Christinae Suecorum Reginae plausus trilinguis (1656), si veda la voce di Matteo Sanfilippo in DBI, vol. XLIV, 1994, pp. 385-8; per il Gradi, che accolse la regina giunta a Roma con un discorso pronunciato nella Torre dei Venti in Vaticano (20 dicembre 1655), e che le dedicò le Dissertationes physico-mathematicae quattuor (1680), si vedano Florio Banfi, Cristina di Svezia e Stefano Gradi di Ragusa (omaggio dei dalmati alla Minerva svedese), in “Archivio storico per la Dalmazia”, XIV (1939), pp. 363-94; e Tomaso Montanari in DBI, vol. LVIII, 2002, pp. 361-3. Il 24 luglio 1674 furono annoverati anche il francescano Antonio Cottone (cfr. IBI, vol. III, p. 1302), i gesuiti Girolamo Cattaneo, segretario dell’ordine (ivi, p. 1044), e Niccolò Maria Pallavicini (cfr. il profilo di Ignazio Sisti nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 325-8), Lodovico Casali, autore di un volume di Poesie edito nel 1670 (cfr. Luigi Ferrari, Onomasticon. Repertorio biobibliografico degli scrittori italiani dal 1501 al 1850, Milano, Hoepli, 1947, p. 187), e Francesco Cameli, custode del medagliere di Cristina e segretario nell’adunanza del 24 luglio 1674 (si veda la voce di Nicola Parise in DBI, vol. XVII, 1974, pp. 163-4). 14 agostiniano Enrico Noris furono accolti l’anno dopo;40 nel 1679 entrarono Emanuel Schelstrate, custode della Biblioteca Vaticana ed esponente della Conferenza dei Concili, due autori “prescelti per la Poesia Latina” (il gesuita Ubertino Carrara e l’abate Michele Cappellari) e “due per la Poesia Italiana” (Benedetto Menzini e Alessandro Guidi).41 Di origine fiorentina, accademico Apatista e sostenuto dalla “favorevol mano” del marchese Giovanni Vincenzo Salviati,42 Benedetto Menzini diede alle stampe nel 1674 una raccolta di rime offerta al granduca Cosimo III, ma in seguito sconfessata; per suggerimento del conterraneo Francesco Redi, “maestro e consigliere di letterati più giovani”,43 corretta e accresciuta degli Opuscoli latini la silloge fu ristampata sei anni 40 È del futuro papa Clemente XI (1700) il Discorso detto nella Reale Accademia della Maestà di Cristina di Svezia, in lode di Giacomo Secondo, Re della Gran Brettagna, nel 1687 (cfr. Vita dell’Abate Alessandro Guidi scritta da Gio. Mario Crescimbeni Arciprete della Basilica di S. Maria in Cosmedin, e Custode Generale d’Arcadia, in Alessandro Guidi, Poesie […] non più raccolte con la sua vita novamente scritta dal signor Canonico Crescimbeni e con due Ragionamenti di Vincenzo Gravina non più divulgati, Verona, Tumermani, 1726, pp. VII-XL, alle pp. XIII-XIV). Su Noris cfr. le biografie di Francesco Bianchini in VdA, vol. I, pp. 199-222, e di Domenico Fabbretti nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 26-9. Nello stesso anno (1674) furono registrati il marchese di Pianezza, Giovanni Battista De Luca, nominato cardinale nel 1681 (Moroni, vol. XIX, 1843, p. 220; Aldo Mazzacane in DBI, vol. XXXVIII, 1990, pp. 340-7), i gesuiti Silvestro Mauro e Pietro Possino (IBI, voll. VII, p. 2704, e VIII, p. 3395). 41 Cfr. Memorie istoriche, p. 14. Per Schelstrate si veda Carlo Frati, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, raccolto e pubblicato da Albano Sorbelli, Firenze, Olschki, 1933 (rist. anast. 1999) p. 514. Su Carrara, autore del poema epico Columbus dedicato al cardinale Benedetto Pamphili (1715), e Cappellari, cui si devono le liriche Christinais, sive Christina lustrata (1700), cfr. le biografie compilate da Saverio Maria Barlettani Attavanti e Jacopo Magnani nelle Notizie istoriche, vol. III, pp. 228-32 e 152-4; inoltre, cfr. Memorie istoriche, pp. 14-5. Al 1679 risalgono le iscrizioni di Carlo Catone De Court, Enrico di Guzman, Francesco Ridolfi (cfr. Ferrari, Onomasticon, pp. 576-7; IBI, vol. IX, p. 3540), del domenicano Angelo Giuliani (cfr. Ferrari, Onomasticon, p. 364), del conte Alberto Caprara, segretario del cardinale Rinaldo d’Este fino al 1672 (cfr. la voce di Gian Paolo Brizzi in DBI, vol. XIX, 1976, pp. 165-8), e dell’arcivescovo di Rieti Niccolò Radulovich dedicatario della canzone Vanità de’ pensieri umani di Alessandro Guidi (Poesie approvate. L’“Endimione” - “La Dafne” - Rime - Sonetti - Sei omelie, a cura di Bruno Maier, Ravenna, Longo, 1981, pp. 254-7). 42 Cfr. Giuseppe Paolucci, Vita di Benedetto Menzini […], in VdA, vol. I, pp. 169-88, a p. 171; ma si veda anche quanto scrive Michele Giuseppe Morei nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 112-4. 43 Walter Binni, L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pp. 3-46, a p. 11. A sua volta frequentatore dell’accademia Reale dal 1685, Redi elaborò le “premesse letterarie svolte dal Menzini e da questo più direttamente offerte al circolo romano da cui sorse l’Arcadia” (ivi, p. 10); si veda anche Paolucci, Vita di Benedetto Menzini, pp. 172-3. Il rapporto fra i due toscani è attestato dagli amichevoli scambi poetici, come la canzone in cui Menzini Rende tributo di stima, e di grata riconoscenza all’egregia Virtù, e Gentilezza dell’eruditissimo Sig. Dottore Francesco Redi (vv. 1-10: “Diasi lode al mio REDI; egli promise, / che un giorno avrei corona, / se all’Argivo Elicona / il piè volgea, dove a me il Cielo arrise. / Nel tempio del mio Cuor sacrai suo detto; / che sembreria sciocchezza / di ciò, che più si apprezza / non averne quaggiù fervido il petto: / io prestai fede al vero, / poi mossi al gran Sentiero”; Benedetto Menzini, Opere […] accresciute, e riordinate […], Firenze, Stamperia di S.A.R., 1731-32, 4 voll., nel vol. I, libro II, pp. 29-32, a p. 29). Cfr. anche l’anacreontica “Vorrei cantar talvolta” (ivi, pp. 232-3, in particolare i vv. 13-8), la prima quartina del sonetto Nel suo ritorno dal Mare (ivi, libro XII, p. 317) e le dediche del De literatorum hominum invidia (1675) e Della costruzione irregolare della lingua toscana (1679). Dal canto suo, Redi allude a Menzini nel ditirambo Bacco in Toscana, vv. 325-32: “E quei che prima in leggiadretti versi / ebbe le grazie lusinghiere al fianco, / e poi pel suo gran cuore ardito e franco / vibrò suoi detti in fulmine conversi, / il grande anacreontico ammirabile / Menzin che splende 15 dopo con la firma “Benedetto Fiorentino” e la dedica al mecenate. Negatagli la cattedra di eloquenza nell’ateneo pisano, nel 1685 Menzini si trasferì a Roma, dove tramite i cardinali Stefano Pignatelli, che aveva sottoposto all’attenzione di Cristina le satire del poeta toscano (“[…] sparse tutte d’un vivo fuoco, e di argutissimi, e pungenti sali ripiene”), e Decio Azzolino, che lo ritenne “degno ornamento della sua [di Cristina] splendidissima Corte”,44 fu introdotto nell’accademia Reale (a cui di fatto era stato iscritto nel 1679). L’impatto con la città pontificia è restituito nelle seguenti terzine: Te Roma, io vidi, e le tue pompe illustri; e vidi, che risorgi assai più bella dal cener tuo, al variar de’ lustri. Certo il favor di più propizia Stella m’addusse alle tue mura; e assai mi dolse, che in te non fui dalla mia età novella. Ch’io vidi Amor, che di sua man m’accolse; e al chiaro Sol dell’immortal CRISTINA, nebbia di duol da gli occhi miei si tolse. E del genio Real l’alta, e divina luce io mirai, che in ogni cuor gentile 45 gli spirti illustra, e gl’intelletti affina. Menzini si distinse per la partecipazione ad una tornata accademica, con un discorso sulla Bellezza, e per alcuni componimenti encomiastici, fra i quali una canzone in omaggio alla munificenza di Cristina: E qual più egregia prole, che fecondar di se l’Arti, e gl’Ingegni, e dire al Mondo, I Figli miei son questi? Non è sterilità, se questo Sole, qual per siderei segni, fia, che a Virtute l’alimento appresti. Ogni canoro Spirto, del nobil Tebro in riva, vede come fiorisca, e per Lei viva alle dotte lor fronti o lauro, o mirto. Quindi la Fama alto risuona, e quindi lieta trascorre a gli Etiópi, e a gl’Indi.46 per febea ghirlanda, / di satirico fiele atra bevanda / mi porga ostica, acerba e inevitabile” (cfr. Francesco Redi, Bacco in Toscana, con una scelta delle Annotazioni, a cura di Gabriele Bucchi, Roma-Padova, Antenore, 2005, p. 26). 44 Paolucci, Vita di Benedetto Menzini, pp. 174-175. 45 Dell’arte poetica, in Opere, vol. II, libro V, p. 244, vv. 1-12. Sull’arrivo a Roma cfr. Paolucci, Vita di Benedetto Menzini, pp. 174-5; le missive del 3 novembre 1685 a Francesco Redi (in Lettere di Benedetto Menzini e del senatore Vincenzo da Filicaia a Francesco Redi, Firenze, Magheri, 1828, pp. 99-102) e del 7 novembre dello stesso anno a Francesco Del Teglia (in Opere, vol. III, p. 284). 16 Alla lirica d’occasione Menzini affiancò quella di argomento critico-teorico, rivelando una ferma volontà di rinnovamento; risale al 1688 (quattordici anni dopo l’edizione dell’Art poétique di Nicolas Boileau) la stampa Dell’arte poetica dedicata al cardinale Decio Azzolino.47 Consapevole delle difficoltà del far versi (“Erto è il giogo di Pindo; Anime eccelse / a sormontar la perigliosa cima / tra numero infinito Apollo scelse”, vv. 1-3),48 l’autore toscano espone in modo “prudente ed efficace” i princìpi dell’indirizzo poetico “contrapposto decisamente, e con chiara coscienza del distacco avvenuto, alle caratteristiche del gusto barocco”.49 Articolato in cinque libri, il trattato (in terzine) afferma la necessaria compresenza di doti naturali e di padronanza degli strumenti dell’arte in chi si accinge a intraprendere il cammino poetico: “Ma forse basterà limpida, e bella / aver la mente? Ah questo sol non basta / senz’arte, che le forme in lei suggella. // Sappi, che la Natura ella sovrasta / qual nobile Regina; e l’Arte aggiunge / un tal contegno, che beltà non guasta” (vv. 34-9).50 Alle riflessioni sull’adozione di uno stile nobile e chiaro attraverso l’imitazione sorvegliata dei classici del “Parnaso Toscan” (v. 274),51 in particolare di Petrarca e di Tasso,52 e sul “lungo esercizio” per individuare la rima idonea a rendere il verso fluido, seguono le osservazioni relative al poema eroico (II) e ad altre forme liriche (ditirambo, sonetto, satira, elegia, egloga, terzina, III-IV). Nel quinto libro Menzini precisa il significato di “sublime” (“[…] è quel, ch’altri in leggenda desta / ad ammirarlo, e di cui fuor traluce / beltà maggior di quel, che ’l dir non presta”, vv. 112-4) e il valore dell’ispirazione 46 Per la Real Maestà di Cristina Regina di Svezia, in Opere, vol. I, libro IV, pp. 106-14, a p. 113, vv. 217-28; a Cristina, Menzini dedicò inoltre la canzone Per la conquista di Buda l’anno MDCLXXXVI (ivi, libro V, pp. 187-91); i sonetti “Per Cristina Regina di Svezia”, “Per la recuperata Salute della Regina di Svezia”, “Per la Real Maestà della Regina di Svezia” e “Nell’ultima Infermità della Regina suddetta”, ivi, libro XII, pp. 323 e 325-6; e il panegirico latino “Mentem hominum quanta divini Numinis aura” (ivi, vol. IV, pp. 174-82). Per la dissertazione Della Bellezza, ivi, vol. III, pp. 29-43. 47 Scrive Paolucci: “in essa gareggiavan del pari il giudizio dell’Autore, e l’evidenza, e la chiarezza de’ precetti, fondati o nella ragione, o nell’autorità de’ più nobili antichi, sì latini, come Toscani Poeti; ed espressi con termini, e con voci così proprie, e significanti, che l’obbligo della rima accrescea lor grazia, più che ne scemasse, o ne rendesse oscuro il senso” (Vita di Benedetto Menzini, p. 176). Si veda anche la lettera dedicatoria del 20 dicembre 1687 a Decio Azzolino (in Opere, vol. III, pp. 290-1). 48 Dell’arte poetica, in Opere, vol. II, libro I, p. 125. Cfr. Carmine Di Biase, Arcadia edificante. MenziniFilicaia-Guidi-Maggi-Lemene, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1969, pp. 30-45. 49 Binni, L’Arcadia e il Metastasio, p. 19. 50 Dell’arte poetica, in Opere, vol. II, libro I, pp. 126-7. 51 Ivi, p. 135. 52 “Dolce d’Ambrosia, e d’Eloquenza un fiume / scorrer vedrai dell’umil Sorga in riva / per quei, ch’è de’ Poeti onore, e lume. // Né chieder devi ond’egli eterno viva; / perché ’l viver eterno a quel si debbe / stil puro, e terso, che per lui fioriva” (ivi, p. 128, vv. 76-81); “Deh fosse un giorno il mio purgato stile / prossimo al gran Torquato […]” (ivi, libro V, p. 245, vv. 13-4). 17 poetica,53 dono di natura da misurare sempre nel rispetto delle proprie capacità: “[…] a ciaschedun nel cuore / avvi il talento; ma non sempre eguale, / che grande è in altri, e forse è in te minore” (vv. 100-3).54 Il letterato fiorentino fu annoverato nel sodalizio lo stesso anno in cui vi entrò Alessandro Guidi, definito inventore “di una nuova maniera di poetare” dal suo biografo Pier Jacopo Martello.55 Giunto a Parma dalla natìa Pavia nel 1666, dopo il noviziato poetico sotto la protezione del duca Farnese, dedicatario di una raccolta di Liriche (1671)56 e promotore della rappresentazione nel Collegio dei Nobili del melodramma Amalasonta in Italia (1681), Guidi compì un viaggio a Roma nel 1683; introdotto dal cardinale Decio Azzolino, conobbe Cristina di Svezia, che due anni dopo ottenne il consenso di Ranuccio II al definitivo trasferimento del poeta nella città pontificia. Il primo soggiorno romano del Guidi fu un’occasione per avvicinarsi ai letterati della cerchia cristiniana e rivedere i termini della formazione poetica, orientandola verso i canoni del classicismo pindarico (“al quale egli dal genio, e dall’attività della fantasia era più che ad altro stile portato”), filtrato dalla lezione chiabreresca e non scevro delle suggestioni di Dante e Petrarca (“senza la guida de’ quali niuno stile poetico in lingua Italiana può giugnere alla perfezione”).57 Testimonianza del percorso di ripensamento è la canzone del 1683 in morte del barone Michele d’Aste nell’assedio di Buda, dove il tema commemorativo, già svolto nella silloge parmense, è trattato in modo “più spiegato e limpido”, mentre la costruzione è “regolare e misurata, rapida e lineare”, in cui “prudenza” e “gusto di chiarezza”, ispirati dal co-accademico Benedetto Menzini (che a sua volta aveva versificato l’evento), si accordano “con gli impeti pindarici e 53 “Ma con l’Entusiasmo anco sen viene / pur da Natura il buon Giudizio: oh quanto / quanto è l’Imperio, che ’n Parnaso ei tiene! // Ei di grand’Oro il Crin fregiato, e ’l Manto / siede qual Rege, e consiglier fedeli / Senno, e Prudenza ognor stannogli accanto” (ivi, p. 251, vv. 184-189). 54 Ivi, libro I, p. 132, e libro V, pp. 248. 55 Cfr. Pier Jacopo Martello, Vita dell’Abate Alessandro Guidi […], in VdA, vol. III, pp. 229-52, a p. 230; ma si veda anche l’elogio che il bolognese tributa al Guidi nei Sermoni della poetica (VI, vv. 172-98), in Pier Jacopo Martello, Scritti critici e satirici, a cura di Hannibal S. Noce, Bari, Laterza, 1963, p. 49. Sul rapporto fra Menzini e Guidi, Memorie istoriche, p. 14, e Giuseppe Bianchini, La villeggiatura. Dialogo […] nel quale si discorre sopra un giudizio dato da Pier Jacopo Martello intorno al poetare del Menzini, e d’Alessandro Guidi, Firenze, Stamperia S.A.R., 1732. 56 Si vedano la dedica del volume, datata I° agosto 1671, e la canzone al duca “Già de l’Alpi innacesse”, in Alessandro Guidi, Poesie liriche consagrate all’Altezza Serenissima di Ranuccio II Farnese Duca di Parma, e di Piacenza &c., Parma, Viotti, 1671, pp. 5-12 e 19-28. Agli anni parmensi risalgono anche i Pensieri eroici (Parma, Viotti, 1672), dedicati a Ranuccio II e Maria d’Este. 57 Cfr. Crescimbeni, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, pp. XI- XII. 18 l’entusiasmo della lirica alta”.58 A Cristina il poeta attribuisce il merito di avere commissionato il componimento per eternare la memoria del defunto: Sol del valore amica l’immortale Cristina al chiaro eroe destina schermo fatal contro all’età nemica: vuole degli anni a scherno che delle belle lodi i potenti di Febo eterni modi prendan cura e governo.59 Il testo segnò dunque l’avvio della produzione guidiana al servizio della fondatrice del circolo Reale (al 1687 risale la stesura dell’Accademia per Musica, con la collaborazione di Bernardo Pasquini e Arcangelo Corelli, in occasione dell’ascesa al trono di Giacomo II d’Inghilterra).60 Nella raccolta del 1704, a una breve allusione nella canzone proemiale per Clemente XI (“Così poc’anzi all’immortal Cristina / feste [Muse] del gran presagio illustre dono, / che, qualunque io mi sia, cantai sul Tebro”)61 seguono i componimenti ispirati all’educazione della sovrana, alla celebrazione del suo giorno natale, al monumento funebre fatto erigere dal pontefice nella Basilica di S. Pietro, e alla nota munificenza nella canzone A Cristina regina di Svezia: E tu la mente e i modi sommi di Febo intendi e il caldo immaginar de’ sacri ingegni; e tanto in alto ascendi, che la grande armonia d’udir sol degni, nè rozzo carme ebbe da te mai lodi: i chiari spirti d’onorar tu godi 58 Binni, L’Arcadia e il Metastasio, p. 75. Così Crescimbeni commenta la canzone: “Spogliato in questo componimento di quasi tutti i difetti […], e vestito dei più bei lumi della Pindarica splendidezza, ben fece vedere, come nella guisa, che imitando i malaccorti moderni, se gli aveva saputi ben tutti lasciare addietro” (Vita dell’Abate Alessandro Guidi, p. XII). Per Martello, invece, la “conversione poetica” dell’autore pavese risalirebbe già agli anni parmensi: “aspirò quinci alla gloria del rendere a i Parmigiani la vista, e del richiamarli dal Sempronio, dall’Achillino, e dal Bruni al Petrarca, al Casa, al Bembo, al Costanzo, ed al Tasso, ma sopra tutti al Chiabrera, in cui scorgea le scintille di quel gran fuoco, che l’infiammava, e col quale voleva accendere gl’ingegni Italiani ad un estro più che Pindarico” (Martello, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, p. 232). 59 Guidi, Poesie approvate, pp. 247-50, a p. 249, vv. 65-72 (anche in RdA, vol. I, pp. 127-9). 60 Accademia per Musica fatta in Roma nel Real Palazzo della Maestà di Cristina Regina di Svezia per festeggiare l’assonzione al trono di Jacopo II Re d’Inghilterra in occasione della solenne ambasciata mandata da S.M. Britannica alla Santità di Nostro Signore Innocenzo XI, in Guidi, Poesie, pp. 337-50; cfr. la notizia che ne dà Crescimbeni nella Vita dell’Abate Alessandro Guidi, pp. XIII-XIV. 61 Alla Santità di nostro Signore Clemente Undecimo Sommo Pontefice, in Guidi, Poesie approvate, pp. 179-87, a p. 181, vv. 38-40. 19 e grand’ospiti tuoi gli fai sovente, perchè comprendi lor celesti note e il lor bel fuoco ardente. Ed a chi tue virtuti or non son note, s’additi anco alle Muse il pregio e l’arte d’illuminar le carte?62 È del 1688 l’Endimione, favola pastorale in tre atti, recitata nel luglio 1691 da Giovanni Battista Felice Zappi, dagli abati Giuseppe Paolucci e Filippo Leers nei giardini di Palazzo Riario durante l’adunanza arcadica per l’ammissione del Guidi (Erilo Cleoneo), e poi data alle stampe l’anno successivo (accompagnata dal Discorso di Gian Vincenzo Gravina, alias Bione Crateo) con l’aggiunta di due atti, di arie musicali e dei cori. Nella vicenda redazionale il nome del poeta si intrecciò a quello di Cristina che, oltre ad esserne la committente e l’ispiratrice, “avendo ella medesima ideata una nuova maniera di Drammi sopra la favola d’Endimione”, vi collaborò con alcuni versi contrassegnati da virgolette nei margini dei manoscritti e della stampa: […] egualmente eroici e grandi erano i loro sentimenti, e tanta conformità vi si ritrovava, che mescolati insieme, non si distinguevano gli uni dagli altri: di maniera che pareva che la Regina pensasse con la mente del Guidi, e il Guidi scrivesse co’ sentimenti della Regina; di che si pregia egli stesso nella Dedicatoria.63 Con il riferimento alla canzone proemiale per il cardinale Giovanni Francesco Albani, in cui Guidi rievoca le tappe del suo percorso poetico dalla corte Farnese (vv. 24-34) a quella cristiniana (vv. 35-75), Giovan Mario Crescimbeni alludeva alla seguente strofa: 62 A Cristina regina di Svezia, ivi, pp. 232-5, a p. 234, vv. 53-65. Cfr. le canzoni Celebrandosi il dì natale di Cristina regina di Svezia, Educazione di Cristina per l’armi, Per l’urna eretta nella basilica Vaticana alle ceneri di Cristina regina di Svezia (commentata dal Muratori in Della perfetta poesia italiana, a cura di Ada Ruschioni, Milano, Marzorati, 1971-72, 2 voll., nel vol. II, libro IV, pp. 804-7), in Poesie approvate, pp. 235-47. Si veda altresì l’ode al marchese Giovanni Giuseppe Felice Orsi, Si duole che non si scriva di cose eroiche, vv. 67-78: “Se Cristina / gran reina / vuol ch’io canti gli onor suoi, / non è già Filli che impetra / da mia cetra / la mercede degli eroi. // Non ha i pregi / sol de’ regi; / anco ai numi ella somiglia. / Chi non fia per lei facondo / or che il mondo / d’adorarla si consiglia?” (ivi, pp. 226-9, a p. 229). Sulla produzione “cristiniana” si rinvia a Binni, L’Arcadia e il Metastasio, pp. 76-83; Maier, Introduzione, in Guidi, Poesie approvate, pp. 7-74, alle pp. 54-7; e Antonella Perelli, Alessandro Guidi e la regina di Svezia, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 297-314, alle pp. 297-305. 63 Crescimbeni, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, p. XIV. Cfr. anche Martello, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, p. 234, e Gian Vincenzo Gravina, Discorso sopra l’“Endimione”, in Id., Scritti critici e teorici, a cura di Amedeo Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973, pp. 49-73, alle pp. 61-2: “[…] sublime disegno nato nella mente della incomparabil Cristina ed espresso con vive e rare maniere da un industre fabbro e felice, il quale ha tanto avvivato con lo stile ed ha così bene educato questo parto, che l’ha reso degno di madre sì gloriosa”. 20 Innanzi a lei s’accese valor entro mia mente che da terra a levarmi era possente: ito sarei su per le nubi a lato del gran consiglio eterno sin dentro i nembi a ragionar col Fato. Ma le belle ferite onde Cintia si vide per le selve di Caria or mesta or lieta, l’alta reina a’ versi miei commise; e in così care guise il nostro canto accolse, che nel fulgor l’avvolse de’ suoi celesti ingegni e di luce real tutto l’asperse; indi il guardo magnanimo converse vèr noi sempre giocondo, e a nostre muse in ogni tempo diede chiara d’onor mercede.64 Nello stesso anno di edizione della pastorale guidiana fu rappresentato nel teatro Broletto di Lodi, su invito del governatore spagnolo Emanuele Fernandez de Velasco, l’Endimione di Francesco de Lemene.65 Pur non risultando fra gli accademici elencati nel registro del sodalizio Reale, il poeta lodigiano conobbe Cristina durante il secondo viaggio a Roma al seguito del cardinale Pietro Vidoni fra il 1661 e il 1662, occasione in cui probabilmente fu incaricato di comporre il dramma per musica Eliata, edito nel 1699;66 seguirono il Baccanale, un’opera per musica coeva al ditirambo del Redi,67 e Il 64 All’eminentissimo e reverendissimo signore cardinale Albano “Erilo Cleoneo” pastore arcade, in Guidi, Poesie approvate, pp. 97-104, a p. 101, vv. 76-94. Sulla favola pastorale cfr. Di Biase, Arcadia edificante, pp. 263-430, alle pp. 302-16; Maier, Introduzione, in Guidi, Poesie approvate, pp. 31-8 (cfr. le pp. 95-155 per il testo dell’Endimione); Giuseppe Izzi, L’“Endimione” di Alessandro Guidi tra Cristina di Svezia e Gian Vincenzo Gravina, in Cristina di Svezia e Roma, pp. 163-71; e Perelli, Alessandro Guidi e la regina di Svezia, pp. 305-14. 65 Francesco de Lemene, Scherzi e favole per musica, a cura di Maria Grazia Accorsi, Modena, Mucchi, 1992, pp. LI-LV (nel contributo introduttivo Ultimo Seicento: un poeta galante e spiritoso, pp. XXI-XCVII, i cui primi quattro paragrafi, con il titolo Pastori e dèi della prearcadia, figurano in Maria Grazia Accorsi, Pastori e teatro. Poesia e critica in Arcadia, Modena, Mucchi, 1999, pp. 11-36) e 103-69 (testo). Cfr. inoltre Laura Pietrantoni, “Così fa chi s’innamora”. Musiche su testi di Francesco de Lemene dal Seicento al Novecento, in Francesco de Lemene (1634-1704), Atti del Convegno (Lodi, 16 aprile 2004), a cura di Luigi Samarati, Lodi, Edizioni dell’«Archivio Storico Lodigiano», 2005, pp. 141-92, alle pp. 15566 e 177-81. 66 Cfr. Ludovico Antonio Muratori, Vita di Francesco de Lemene […], in VdA, vol. I, pp. 189-97, alle pp. 194-5; e Pietrantoni,“Così fa chi s’innamora”, pp. 167-8, n. 74. Sui contatti fra Cristina e de Lemene si veda la lettera del 19 agosto 1684 in cui la regina, ringraziando l’autore per il dono del poemetto teologico Dio, lo rimprovera per avere ripudiato dopo il 1680 i versi profani: “Ma non sapete già, ch’io sono in collera con voi d’un errore, che havete fatto, con abbruciar l’altre vostr’opere. Mi dispiace d’haverne poche; ma quelle poche voglio conservarle a dispetto vostro […]” (in Tommaso Ceva, Memorie d’alcune virtù del signor conte Francesco de Lemene con alcune riflessioni su le sue Poesie […] Rivedute e accresciute in questa nuova edizione […], Milano, Bellagatta, 17182 [I ed. Milano, 21 giudizio di Paride (1666).68 Abituata a collaborare con il suo entourage (come nel caso dell’Endimione del Guidi), Cristina affidò al Lemene il compito di scrivere una pastorale sul mito di Narciso facendogli recapitare un canovaccio tramite Carlo Maria Maggi.69 Il soggetto era già noto all’autore, che nel 1676 aveva pubblicato Il Narciso, con dedica al principe Antonio Teodoro Trivulzio, recitato lo stesso anno a Lodi e replicato nel 1679 a Roma, al cospetto di Cristina;70 ma il “secondo” Narciso, mai dato alle stampe, non soddisfaceva il poeta che il 14 febbraio 1685 rivelò a Francesco Redi di averlo composto “in brev.mo tempo e con molte cose prescrittemi in una minuta istruzione”.71 Alla pari dell’autore lombardo, anche il fiorentino Vincenzo da Filicaia frequentò il cenacolo Reale senza esservi iscritto. L’invio a Cristina nel 1684 della raccolta di Canzoni in occasione dell’assedio, e liberazione di Vienna, a cui l’ex regina replicò affermando che nel poeta vedeva “resuscitato l’incomparabil Petrarca, ma resuscitato un corpo glorioso senza i suoi difetti”,72 segnò l’avvio di un rapporto che da un lato si concretizzò in aiuti economici, finalizzati all’educazione dei due figli del Filicaia, Malatesta, 1706], pp. 96-7); la missiva è anche in Carlo Vignati, Francesco de Lemene e il suo epistolario inedito, Milano, Tip. Bortolotti, 1892, pp. 49-50 (estr. dall’“Archivio storico lombardo”, XVIII [1892], pp. 345-76 e 629-70). 67 Nel Baccanale fatto per cantarsi in Roma, ne L’Accademia de la Maestà de la Regina di Svezia una sera di Carnevale. E poscia accresciuto col Nome d’Amici Letterati (in Poesie diverse, Milano-Parma, Monti, 1726, 2 voll., nel vol. I, pp. 388-401) il poeta lodigiano replica al Redi (“[…] Dunque brindesi al Redi, / e per più fargli honor mi levo in piedi. // Col nappo in mano, e con la Cetra al collo, / ei trincando, e cantando in foggia strana, / chiamò BACCO IN TOSCANA, / chiamò su l’Arno Apollo”, ivi, pp. 391-2, vv. 122-7) che lo aveva omaggiato nel ditirambo, vv. 494-510: “il Pastor de Lemene. / Io dico lui che giovanetto scrisse / nella scorza de’ faggi e degli allori / del paladino Macaron le risse / e di Narciso i forsennati amori, / e le cose del ciel più sante e belle / ora scrive a caratteri di stelle; / ma quando assidesi / sotto una rovere, / al suon del zufolo / cantando spippola / egloghe e celebra / il purpureo liquor del suo bel colle, / cui bacia il Lambro il piede / ed a cui Colombano il nome diede, / ove le viti in lascivetti intrichi / sposate sono, in vece d’olmi, a’ fichi” (Bacco in Toscana, pp. 38-9). 68 Cfr. Pietrantoni, “Così fa chi s’innamora”, p. 167, n. 73. 69 Lettera del Maggi al Lemene, databile al marzo 1679 (Vignati, Francesco de Lemene e il suo epistolario inedito, p. 44). 70 Lemene, Scherzi e favole per musica, pp. XLIX- LI (Ultimo Seicento: un poeta galante e spiritoso) e 67102 (testo). Si veda la missiva del 15 marzo 1679 in cui Maggi si congratula del successo romano del Narciso (Vignati, Francesco de Lemene e il suo epistolario inedito, p. 43). 71 Cfr. Carlo Delcorno, Per il carteggio Redi-De Lemene. Tre lettere inedite di Francesco De Lemene, in Culture regionali e letteratura nazionale, Atti del VII Congresso dell’A.I.S.L.L.I. (Bari, 31 marzo-4 aprile 1970), Bari, Adriatica, 1970, pp. 217-26, alle pp. 224-5. Sul “secondo” Narciso si vedano Lemene, Scherzi e favole per musica, pp. XLVII-XLIV; Stefano Fogelberg Rota, Cristina di Svezia e il nuovo «Narciso» di Francesco de Lemene, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 315-30; e Pietrantoni, “Così fa chi s’innamora”, pp. 147-55 e 174-7. Sullo scherzo per musica La Ninfa Apollo (in Poesie diverse, vol. I, pp. 70-106), rappresentato a Roma prima della morte di Cristina, cfr. Lemene, Scherzi e favole per musica, pp. CV-CVI, n. 1. 72 Lettera a Vincenzo da Filicaia, 28 gennaio 1684 (cfr. Tommaso Bonaventuri, Vita di Vincenzio da Filicaja […], in Vincenzo da Filicaia, Opere, Venezia, Longo, 18047, 2 voll., nel vol. I, pp. III-XXIX, alle pp. XIV-XV). 22 dall’altro si tradusse in un corpus di componimenti encomiastici redatti negli anni 168489.73 Nonostante Cristina avesse ricusato gli elogi (come trapela da una lettera all’autore del 22 agosto 1684),74 e il letterato toscano si fosse rifugiato nelle consuete ammissioni di inadeguatezza dei propri strumenti poetici, nella canzone Alla Sacra Real Maestà di Cristina regina di Svezia le lodi della sovrana (strofe I-XVI) precedono l’invocazione ad Apollo: […] Ma tu, egregio Cantor, che la sagrata nobil’Arpa dorata sospendi al Regio fianco, e con superni cantici l’opre, e le memorie eterni. Tu sostien le mie veci, alza tu grande inno di laudi all’Etra, e canta, e scrivi: scrivi l’opre ammirande di sì gran Donna, e dì, che questa sola tutti sgorgaron di virtute i rivi. […] Come ella i sacri, e più famosi Allori pregia, e nutre non vedi? e come dona a i Cigni più canori voce spirto, e baldanza? […].75 Questo intreccio di ritrosia e di presunta inefficienza artistica è al centro del sonetto Alla regina di Svezia per avere scritto all’Autore, che cantasse in lode d’altri, ma non di lei, in cui l’esortazione di Calliope a comporre per Cristina svela il sottile gioco allusivo; in realtà, le parole della musa ottemperano all’implicita richiesta dell’ex sovrana di essere immortalata nei versi del Filicaia.76 73 Alla generosità di Cristina, che aveva appreso dell’indigenza del poeta dalle terzine de Il primo sacrificio (1687), il Filicaia dedicò Il secondo sacrificio, eludendo il divieto di divulgare la notizia degli aiuti (Opere, vol. I, pp. 221-31); cfr. Bonaventuri, Vita di Vincenzio da Filicaja, p. XVII. Sui componimenti per la sovrana cfr. Costanza Geddes da Filicaia, “Regum maxima, grandiorque regno”. Vincenzo da Filicaia cantore di Cristina di Svezia, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 331-42. 74 Bonaventuri, Vita di Vincenzio da Filicaja, pp. XV-XVI. 75 Alla Sacra Real Maestà di Cristina regina di Svezia, in Opere, vol. I, pp. 105-12, alle pp. 111-2, vv. 235-43 e 266-9. “La vostra ultima, e maravigliosa Canzone fatta per me, è tale, che io non so, che dirvi: m’avete fatto perdere la parola” (lettera di Cristina al Filicaia, 21 ottobre 1694, in Bonaventuri, Vita di Vincenzio da Filicaja, p. XVI). Si veda altresì il giudizio del Muratori nel trattato Della perfetta poesia italiana, vol. II, libro IV, pp. 738-45. 76 Opere, vol. I, p. 112. Cfr. anche il congedo della canzone Alla Sacra Real Maestà di Cristina regina di Svezia, ivi, pp. 116-9, a p. 119, vv. 144-8. 23 Fra i testi dedicati alla promotrice dell’accademia Reale figura la canzone sul tema delle ingannevoli lusinghe terrene, che il poeta può contrastare solo acquisendo le integerrime qualità morali dell’ex regina,77 mentre in un sonetto egli ritrae la natura partecipe della malattia che aveva colpito la sua benefattrice nel febbraio 1689: Languia Cristina, e qual se discolora torbida Eclissi al gran Pianeta il volto, langue Natura, e ’l chiaro giorno è tolto, e par quasi del Mondo il Mondo fuora; tal per costei, cui l’Universo onora, languia tra nubi di mestizia involto, quanto ha di bello in se Virtù raccolto, e quanto il Mar circonda, e ’l Sole indora, io ’l vidi, e piansi, e dir volea; se questa libera, e scarsa del mortal suo pondo da noi si parte, al suo partir chi resta? Spento il primo splendor, qual fia ’l secondo? Volea ciò dir; ma da sì rea tempesta Scampò Cristina, e tornò bello il Mondo.78 Costruito sulla metafora della “Gran Pianta eccelsa” che “tanto al Ciel s’ergea” (v. 3), dalle “regie fronde” (v. 1) e dalle “radici ampie e profonde” (v. 4), “nido” per i dotti (v. 5) e nutrita di virtù (v. 6),79 il sonetto in morte di Cristina apre la serie dei componimenti memoriali risalenti al periodo di frequentazione dell’Arcadia romana. Cooptato nel 1691 con il nome di Polibo Emonio,80 il Filicaia allestì nello stesso anno una corona di cinque sonetti recitata nell’adunanza per l’anniversario della scomparsa dell’ex regina: all’apparizione di Cristina in sogno (I, vv. 5-8), si alternano i riferimenti alla conversione (“l’immortal rifiuto”, II, v. 9), al ruolo di promotrice delle arti (“E le Latine, e le Toscane penne, / e l’arti tutte, che più belle io fei”; “Ch’ove in pregio eran l’Opre, […] / […] e fiorian gli Studj, e l’Arte, / ivi era il Regno, ivi l’Imperio mio”, III, vv. 5-6 e 12-4) e all’eternità del potere (“Ma che dissi? ancor dura il Regno, e serva / 77 Speranza terrena. Canzone per la Sacra Real Maestà di Cristina regina di Svezia, ivi, pp. 112-5. In occasione della ricuperata salute di Cristina regina di Svezia, ivi, p. 115. 79 In morte della Sacra Real Maestà di Cristina regina di Svezia, ivi, p. 120 (anche in RdA, vol. III, p. 244). 80 Onomasticon, p. 212. 78 24 l’infida Morte ancor fede al mio Trono, / e qual fui sempre, ancor Reina io sono”, IV, vv. 1-3).81 Acclamata in Arcadia con il nome di Basilissa, e registrata in apertura del primo volume del Catalogo de Pastori Arcadi,82 Cristina di Svezia era stata al centro di un diffuso processo di celebrazione, in vita e in morte (l’ex regina si spense a Roma il 19 aprile 1689), in virtù dell’impegno rivolto alla definizione del nuovo gusto poetico, con l’ausilio di letterati di varia provenienza attenti a cogliere le sollecitazioni dell’ambiente romano. Gli esponenti del gruppo fiorentino (Redi, Menzini, Filicaia) si muovevano fra l’attività lirica e gli studi scientifici avviati nell’accademia del Cimento (1657), fra le esigenze di chiarezza espressiva e l’interesse per i classici stimolato dal copioso lavoro di traduzione;83 in area settentrionale si erano distinti il Guidi, che attuò una vera e propria riconversione letteraria, Carlo Maria Maggi e Francesco de Lemene, capostipiti della renovatio lombarda di matrice morale-religiosa.84 I cantori di Cristina coltivarono dunque i prodromi dell’esperienza arcadica fissati nell’articolo XXVIII del regolamento dell’accademia Reale;85 del resto, il legame fra quest’ultima e la nascente Arcadia fu riconosciuto dagli stessi protagonisti, come testimonia un sonetto del Filicaia: Ma più, che altrove, qui sul Tebro io regno e in questo al par di Pindo, e d’Elicona Bosco a me caro, che sì spesso suona delle mie lodi, ad abitar men vegno. 81 Per i sonetti (“Tirsi, qui appunto, ove in quest’Orno incisa”, “Sul Tebro io l’ebbi, e poi che gli occhi al vero”, “Grande fui, mentr’io vissi, e Scettro tenne”, “Ma che dissi? ancor dura il Regno, e serva”, “Ma più, che altrove, qui sul Tebro io regno”) cfr. Opere, vol. I, pp. 120-2; anche in RdA, vol. III, pp. 244-6. Filicaia dedicò inoltre a Cristina la canzone La Poesia (Opere, vol. I, pp. 153-8; anche in RdA, vol. III, pp. 278-84), nove sonetti intitolati Elevazione dell’anima a Dio (Opere, vol. I, pp. 250-4) e l’ode “Regum maxima, grandiorque Regno” (ivi, vol. II, pp. 331-3). 82 BAR, Il catalogo de Pastori Arcadi per ordine d’annoverazione, vol. I, c. 1r. 83 Si ricordano, fra le altre, le traduzioni di Anacreonte di Bartolomeo Corsini (Firenze, s.e., 1672) e di Antonio Maria Salvini (Firenze, Bindi, 1695). 84 “In Lombardia siami lecito il dire, che la gloria d’avere sconfitto il pessimo Gusto è dovuta a Carlo Maria Maggi, e a Francesco de Lemene” (Muratori, Della perfetta poesia italiana, vol. I, libro I, pp. 701). Il giudizio fu ripreso da Carducci: “Era passata e sfogata da un pezzo quell’onda strepitosa di colori e di suoni, quel barbaglio di concetti di sonetti di madrigaletti, quel tumulto di floridezze di acutezze di gonfiezze, non senza copia d’ingegno e con vaghezza musicale, che fu la poesia caratteristica della Lombardia spagnola: era passata con Carlo Maria Maggi, salutato poeta divino dal Muratori e dal Senato di Milano […]; con Francesco di Lemene, Orfeo d’Italia […]” (Il Parini principiante (1886), in Edizione nazionale delle opere [EN], vol. XVI [Studi su Giuseppe Parini. Il Parini minore], Bologna, Zanichelli, 1937, pp. 3-51, alle pp. 15-6). Cfr. Dante Isella, I Lombardi in rivolta. Da Carlo Maria Maggi a Carlo Emilo Gadda, Torino, Einaudi, 1984, pp. 20-4. 85 Cfr. Aulo Greco, Cristina dopo Cristina, in Cristina di Svezia e Roma, pp. 173-9. 25 Ha qui voce non sol, ma voce, e ingegno ogni Tronco, e qui nacque, e qui risuona questa famosa di Pastor Corona, di cui mente son’io [Cristina], vita, e sostegno. Sì, sì, vivrà finchè avranno acqua i tersi fiumi, e vivrà non pur, ma il Ciel destina ch’abbian vita per lei le prose, e i Versi. Qui tacque; e biancheggiar l’Alba vicina già facea l’Oriente. Io gli occhi apersi, 86 e più non vidi l’immortal Cristina. 86 Opere, vol. I, p. 122 (anche in RdA, vol. III, p. 246). 26 2. I custodiati 2.1 Giovan Mario Crescimbeni (1690-1728) La riazione necessariamente comincia su i limiti e con le forze dell’azione stessa contro la quale si volge. Quindi il primo elemento dell’Arcadia è l’arte del seicento nelle due forme: la raffinata e arguta, epigrammatica e madrigalesca: la solenne e concitata e pomposa, lirica e pindareggiante […]. Se non che la riazione importa anche, in gran parte, ristaurazione. E la ristaurazione fu delle forme del cinquecento […]. Tutto questo lavorío di riazione e ristaurazione, di conservazione e trasformazione, fu utile e fecondo.1 1. Tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo la suggestione delle tesi cartesiane orientò in direzione anti-barocca i dibattiti intorno alle riscoperte nozioni di “buon gusto” e di “vero poetico”; ma il recupero graduale del modello letterario classico, intrecciato al rinnovato vigore della tradizione erudita, non poté prescindere dall’esperienza seicentesca, a cui i primi arcadi opposero una riforma poetica per lo più circoscritta agli istituti formali. Giunto a Roma dalla natìa Macerata per intraprendere la professione legale (1681), di fatto subordinata all’esercizio poetico di cui diede prova nelle accademie degli Umoristi, degli Infecondi e degli Intrecciati, Giovan Mario Crescimbeni (1663-1728)2 acquisì l’“ottimo stile de’ buoni [poeti]” dopo avere letto nel 1687 la raccolta turchesca del Filicaia (Canzoni in occasione dell’assedio, e liberazione di Vienna), a stampa nel 1684, e stretto amicizia con il giurista spoletino Vincenzo Leonio, promotore di 1 Carducci, Il Parini principiante, pp. 26-7. Si vedano: Francesco Maria Mancurti, Vita di Gio. Mario Crescimbeni maceratese (1729), in Giovan Mario Crescimbeni, L’Istoria della volgar poesia […]. Nella seconda impressione, fatta l’anno 1714 d’ordine della Ragunanza degli Arcadi, corretta, riformata, e notabilmente ampliata; e in questa terza pubblicata unitamente co i Comentarj intorno alla medesima, riordinata, ed accresciuta […], Venezia, Basegio, 1730-31, 6 voll., nel vol. VI, pp. 205-282; i profili di Michele Giuseppe Morei (in VdA, vol. V, pp. 269-78), Giuseppe Patroni (Roma, Tipografia Editrice Romana, 1890), Carini (L’Arcadia dal 1690 al 1890, pp. 17-21), Giulio Natali (in “Atti dell’Accademia degli Arcadi e scritti dei soci”, n.s. II [1928], pp. 201-25), Nicola Merola (in DBI, vol. XXX, 1984, pp. 675-8), Enzo Esposito-Bianca Bianchi in DCLI, vol. II, pp. 62-5. 2 27 informali adunanze letterarie “di circa trenta Persone” che “per semplice ricreazione” si riunivano al tramonto “in parti remote” della città.3 Cresciuta la fama della conversazione, per il tramite di Alessandro Guidi, Cristina di Svezia le offrì sede stabile nel giardino della propria residenza; ma la morte dell’ex regina pose fine al progetto (1689), pur avendo instillato nei sodali del Leonio l’intento di istituire un cenacolo che “tendesse a rimettere, se possibil fosse stato, il buon gusto, e la maniera col proprio esempio additasse del ben comporre […] sull’idea pastorale”.4 Nel corso di una riunione nei pressi di Castel S. Angelo allietata dalla lettura di versi bucolici, l’esclamazione del senese Agostino Maria Taia, “Egli mi sembra che noi abbiamo oggi rinnovata l’Arcadia!”, avrebbe suggerito al Crescimbeni il nome dell’accademia, formalizzata il 5 ottobre 1690 nel giardino del convento dei Padri Minori Riformati di S. Pietro in Montorio, attiguo al palazzo della defunta Cristina, alla presenza di quattordici fondatori.5 Insieme al maceratese (Alfesibeo Cario) e al Leonio (Uranio Tegeo) erano l’abate torinese Paolo Coardi (Elpino Menalio), animatore di un circolo letterario frequentato anche da altri due promotori del consesso arcadico, il conterraneo Carlo Tommaso Maillard de Tournon (Idalgo Erasiano)6 e il cosentino Gian Vincenzo Gravina (Opico 3 Mancurti, Vita di Gio. Mario Crescimbeni, p. 217, e Memorie istoriche, p. 17. Su Leonio cfr. Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, p. 14; Debora Vignani in DBI, vol. LXVI, 2006, pp. 625-6. 4 Memorie istoriche, p. 18. 5 Nel resoconto dell’evento redatto da Crescimbeni si apprende che la scelta del nome fu ispirata dalle coeve vittorie imperiali nel Peloponneso contro l’esercito turco (BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. I, c. 1; cfr. anche Cesare D’Onofrio, Roma val bene un’abiura. Storie romane tra Cristina di Svezia, Piazza del Popolo e l’Accademia dell’Arcadia, Roma, Palombi, 1976, pp. 280-2). Ai fondatori e all’accademia il guastallese Alessandro Pegolotti dedicò i sonetti “D’astri novelli una serena luce”, “Sacre Parrasie selve, è questo il giorno” e “Sovra l’erto cammino, ove compagno” (Ditirambo di Alessandro Pegolotti fra gli Arcadi Orialo Miniejano con alcuni Sonetti del medesimo a i Nominati in esso, Mantova, Pazzoni, 1711, pp. 53-4; anche in RdA, vol. III, pp. 210-1 e 217). Sul luogo che diede i natali al consesso, celebrato in un sonetto di Michele Giuseppe Morei (“Qui nacque Arcadia, in questo Colle, in questa”, ivi, vol. VIII, p. 212), si vedano Memorie istoriche, p. 64; Daniela Predieri, Bosco Parrasio. Un giardino per l’Arcadia, Modena, Mucchi, 1990, p. 27; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, p. 19; Susan M. Dixon, Between the Real and the Ideal. The Accademia degli Arcadi and its garden in Eighteenth-Century Rome, Newark, University of Delaware Press, 2006, p. 55. All’adunanza inaugurale parteciparono anche cinque neo-accademici: lo spoletino Francesco Maria di Campello, i senesi Giacomo Maria Cenni (cfr. la voce di Pietro Paolo Pagliai nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 170-2) e Michelangelo Maria Bianciardi, Santi Moraldi di Bibbiena (si veda il profilo di Crescimbeni, ivi, vol. II, pp. 267-8) e il fiorentino Paolo Francesco Carli (BAR, Il catalogo de Pastori Arcadi per ordine d’annoverazione, vol. I, c. 3r-v). 6 Al sodalizio del Coardi (Onomasticon, p. 92) Carlo Denina attribuì la fondazione dell’Arcadia (cfr. Discorso sopra le vicende della letteratura […], Napoli, Porcelli, 1792, 2 voll., nel vol. II, pp. 181-2; si veda ora l’ed. a cura di Carlo Corsetti, Roma, Librerie editrici universitarie Tor Vergata, 1988). Sul Tournon, nunzio apostolico in Cina (1705), nominato cardinale nel 1708, cfr. le biografie di Giovanni Niccolò Bufi nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 100-3, e di Crescimbeni in VdA, vol. III, pp. 1-20 (del Crescimbeni è anche l’orazione letta nell’adunanza del 26 luglio 1712 per l’anniversario della morte del cardinale, in PdA, vol. I, pp. 21-45). Si vedano inoltre Onomasticon, p. 143; Giorgio Dell’Oro, «Oh 28 Erimanteo), trasferitosi da Napoli nel 1689 in qualità di agente dell’arcivescovo Francesco Pignatelli;7 i genovesi Pompeo Figari (Montano Falanzio) e Paolo Antonio Del Nero (Siringo Reteo);8 il fiorentino Melchiorre Maggi (Dameta Clitorio) e il Taia (Silvio Pereteo), canonico di S. Angelo in Pescheria;9 l’abate spellano Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), segretario di monsignore Giovanni Battista Spinola;10 il librettista Silvio Stampiglia di Civita Lavinia (Palemone Licurio), poeta cesareo alla corte di Vienna nel 1706-18;11 l’avvocato imolese Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio);12 il romano Jacopo Vicinelli (Mirtillo Aroanio) e l’orvietano Paolo Antonio Viti (Carino Dipeo).13 Sottoscritto l’atto di fondazione con i rispettivi pseudonimi pastorali distribuiti “a sorte”, e completati dai cognomi allusivi alle campagne arcadiche assegnate in modo altrettanto casuale nel corso dell’adunanza, i neofiti si proclamarono “Pastori Arcadi”, definendo “Bosco Parrasio” il luogo delle tornate generali (sette all’anno, di cui una riservata ai sodali forestieri), con sede instabile fino al 1726, ed eleggendo Crescimbeni a custode generale “sì perch’egli è stato il primiero, che in Arcadia abbia posto piede; sì anche perché nella spertezza, fedeltà, e economia di lui pienamente confidiamo”.14 Di quanti mostri si trovano in questo nuovo Mondo venuti d’Europa!». Vita e vicissitudini di un ecclesiastico piemontese tra Roma e Cina: Carlo Tommaso Maillard de Tournon (1668-1710), in “Annali di storia moderna e contemporanea”, IV (1998), pp. 305-35; e Giacomo Di Fiore in DBI, vol. LXVII, 2006, pp. 53944. 7 Su Gravina, registrato come “Napolitano” (BAR, Il catalogo de Pastori Arcadi per ordine d’annoverazione, vol. I, c. 2r; cfr. anche Onomasticon, p. 199), si segnalano, fra i numerosi contributi, il profilo di Ferruccio Ulivi in Letteratura italiana. I minori, Milano, Marzorati, 1961-62, 4 voll., nel vol. III, 1961, pp. 1827-44; Amedeo Quondam, Cultura e ideologia di Gianvincenzo Gravina, Milano, Mursia, 1968, pp. 42-66; e Carla San Mauro in DBI, vol. LVIII, 2002, pp. 756-64. 8 Su Figari si vedano Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, p. 15; Onomasticon, p. 183; e la voce di Lucinda Spera in DBI, vol. XLVII, 1997, pp. 547-8. Per Del Nero cfr. Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, p. 17; Onomasticon, p. 235. 9 Su Maggi cfr. Onomasticon, p. 73. Per ragguagli sul Taia, autore di un ragionamento pronunciato nel Bosco Parrasio, nel 1692, in lode di Camilla Pallavicini Rospigliosi duchessa di Zagarolo (PdA, vol. I, pp. 195-210), cfr. il profilo di Crescimbeni nelle Notizie istoriche, vol. III, pp. 115-7; Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, pp. 16-7; Onomasticon, p. 233. 10 Sebastino Maria Correa, Vita di Giuseppe Paolucci […], in VdA, vol. V, pp. 257-67. 11 Cfr. Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, pp. 14-5; e Ariella Lanfranchi in DMb, vol. VII, pp. 430-1. 12 Si vedano, fra gli altri, la voce di Crescimbeni nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 151-8; Antonio Mambelli, La cultura in Romagna nella prima metà del Settecento. Arti - Biblioteche - Accademie e Accademici - Scuole - Scienza - Erudizione - Giornalismo, prefazione di Aldo Spallicci, Ravenna, Longo, 1971, pp. 87-96; e Bruno Maier, Rimatori d’Arcadia: Giambattista Felice Zappi - Faustina Maratti Zappi - Eustachio Manfredi - Carlo Innocenzo Frugoni, Udine, Del Bianco, 1972, pp. 17-29. Dello Zappi e della moglie Faustina Maratti è il canzoniere (“coll’aggiunta delle più scelte di alcuni rimatori del presente secolo [XVIII]”) edito a Venezia, Hertz, 1723 (più volte ristampato). 13 Cfr. Onomasticon, pp. 49 e 181. Del Vicinelli sono le egloghe “Pastores frontem teneris ornate corymbis” e “Sylva erat annosae jactans fastigia frontis” in AC1, pp. 191-5. 14 Memorie istoriche, pp. 20-6, alle pp. 21-2. L’impresa dell’archivio dell’accademia (il Serbatoio), sito nella dimora del custode, in cui si svolgevano le adunanze invernali (il Bosco Parrasio era invece aperto 29 ascendenza virgiliana, ma a sua volta ispirata dalla Sicilia teocritea e dalle testimonianze di Polibio, originario dell’Arcadia peloponnesiaca, l’immagine mitica di questa regione popolata da pastori usi alla poesia amorosa e al canto esercitato nelle gare musicali (“[…] soli cantare periti / Arcades”, Egl., X, 32-3) fu dunque rinnovata (attraverso il filtro sannazzariano) dalla neonata accademia, che adottò una simbologia di matrice classico-cristiana.15 Lo stemma raffigurava la siringa di Pan a sette canne contornata dalla corona di pino e di alloro, con l’iscrizione “Arcades” (o “Gli Arcadi”);16 a nume tutelare fu designato il Bambino Gesù, che alla nascita si era rivelato ai pastori,17 e la defunta Cristina di Svezia fu acclamata “Basilissa”. Quanto al computo del tempo regolato dall’effemeride degli astronomi Francesco Bianchini ed Eustachio Manfredi (1693),18 l’adozione del calendario greco articolato in olimpiadi di quattro anni (i dodici mesi erano denominati secondo la tradizione attica) implicò il ripristino dei giochi celebrati dal 1697 all’inizio di ogni olimpiade (luglio-agosto). Strutturate sul modello del pentatlo greco (corsa, salto, disco, cesto e lotta) tradotto in cinque certami poetici (“Oracolo”, “Contese”, “Ingegno”, “Trasformazioni”, “Ghirlande”), le gare da maggio a ottobre), ritraeva un cane ai piedi di una verga pastorale incluso nella corona di alloro e di pino, con il motto “Custodia”; cfr. Memorie istoriche, pp. 35-6, e Giovan Mario Crescimbeni, Ristretto dell’istoria della celebre adunanza degli Arcadi, in Id., Storia dell’accademia degli Arcadi istituita in Roma l’anno 1690 per la coltivazione delle scienze delle lettere umane e della poesia (1712), Londra, T. Becket Pall-Mall, 1804, pp. 51-74, alle pp. 60-1 (già in Id., Stato della Basilica Diaconale, Collegiata, e Parrocchiale di S. Maria in Cosmedin […], Roma, de’ Rossi, 1719, pp. 110-31). Sul Serbatoio cfr. Memorie istoriche, pp. 79-80; e Gianni Bonazzi, Dal «Serbatoio» alla biblioteca dell’Arcadia, in “Accademie e biblioteche d’Italia”, LVIII (ottobre-dicembre 1990), pp. 16-29. 15 Cfr. Bruno Snell, L’Arcadia: scoperta di un paesaggio spirituale (1945), in La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Torino, Einaudi, 19632 (1951), pp. 387-418; Ettore Paratore, Il mondo classico nella genesi dell’Arcadia, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, Convegno di Studi (1518 maggio 1991), Roma, Arcadia-Accademia letteraria italiana, s. III, vol. IX, fasc. 2-3-4 (1991-94), pp. 15-7. 16 Crescimbeni, Ristretto dell’istoria, in Storia dell’accademia, pp. 59-60. Secondo Manlio Pastore Stocchi, l’impresa dell’accademia, “simile a un odierno logo per carta da lettere e frontespizi di libri”, mirava alla “leggibilità semplice e diretta dell’immagine, rinunciava al motto, rifiutava l’ingegnosità metaforica e implicava una specifica estraneità […] rispetto al retaggio rinascimentale e barocco delle altre accademie […]” (L’Arcadia e le accademie letterarie del Settecento, in Cultura letteraria e sapere scientifico nelle accademie tedesche e italiane del Settecento, a cura di Stefano Ferrari, Rovereto, Accademia Roveretana degli Agiati, 2003, pp. 39-52, a p. 44). 17 Cfr. Vincenzo Leonio, Perché il nascimento di Cristo Signor nostro si manifestasse prima d’ogni altro a’ Pastori. Ragionamento del medesimo Uranio Tegeo fatto a’ 4 di Gennaio 1713 nella Cancelleria Apostolica, Capanna dell’Acclamato Crateo Ericinio [Pietro Ottoboni], ove gli Arcadi sogliono ragunarsi ogni anno a celebrare la sollenità del Santiss. Natale, lor Tutelare, in PdA, vol. I, pp. 363-83. 18 Su Eustachio Manfredi (Aci Delpusiano), lettore pubblico di matematica presso lo Studio di Bologna (1699), soprintendente delle acque (1704) e direttore dell’Osservatorio astronomico (1711), cfr. Ugo Baldini in DBI, vol. LXVIII, 2007, pp. 668-76. Sull’attività poetica del Manfredi, autore di una raccolta di Rime (Bologna, Pisarri, 1713), più volte riedita, si vedano Maier, Rimatori d’Arcadia, pp. 45-60; e Andrea Donnini, Eustachio Manfredi rimatore, in “Giornale storico della letteratura italiana”, CXVIII (2001), pp. 205-57. Quanto alla produzione arcadica, cfr. PdA, vol. II, pp. 1-10; e RdA, voll. II, pp. 1-27; VIII, 1-16; IX, 63 e 95. 30 olimpiche erano eseguite nel rispetto del cerimoniale originario, dalla nomina dei giudici all’incoronazione dei vincitori, con serti di alloro e di mirto (d’ulivo in età classica), festeggiati in chiusura dalla recita di componimenti.19 Promossa come “Repubblica delle lettere”, in cui il travestimento pastorale avrebbe dovuto livellare le divergenze sociali, ma di fatto dotata di un complesso apparato burocratico, l’accademia smentì le istanze democratiche propugnate da Crescimbeni, che se da un lato intese accreditarla come centro di rinnovamento poetico e di elaborazione teorica, dall’altro mirò all’affermazione del monopolio romano e pontificio. Nonostante l’ausilio del procustode (Vincenzo Leonio, dal 1694 al 1701), che faceva le veci di Alfesibeo in caso di assenza, di due sottocustodi (i primi furono Filippo Leers e Angelo Antonio Somai) e di un collegio di dodici membri selezionati per assistere il custode in “tutto ciò, che non potesse da lui solo effettuarsi”, l’amministrazione del consesso fu gestita da Crescimbeni, che ricoprì ininterrottamente l’incarico dal 1690 al 1728, anno della sua morte.20 Subordinate all’intreccio di rapporti di amicizia e di parentela, le ammissioni degli aspiranti arcadi di età non inferiore ai ventiquattro anni, cogniti “almeno in una delle scienze principali” e dotati della “civiltà de’ natali, unita alla bontà de’ costumi”, registrarono un andamento discontinuo,21 con picchi così vistosi nei momenti cruciali della vita dell’istituto da decretare nel 1692 (a ridosso della fondazione) e nel 1713 (subito dopo lo scisma del Gravina) le sospensioni delle annoverazioni per la mancanza delle campagne da assegnare.22 Quanto all’origine sociale e alla collocazione 19 Memorie istoriche, pp. 214-28; e Storia dell’accademia, pp. 42-9. Testimonianza delle prime gare disputate negli Orti Palatini, nel 1697, è la canzone a selva di Alessandro Guidi “Sull’Olimpico corso oggi non arde” (in Id., Poesie approvate, pp. 229-32; anche in RdA, vol. I, pp. 151-3). Su queste cerimonie si veda Bronislaw Bilinski, Dall’agone ginnico alle contese di poesia nei «Giochi Olimpici» dell’Arcadia, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 135-68. 20 Memorie istoriche, pp. 34-6 e 86-104 (elenchi dei procustodi e dei colleghi); cfr. inoltre Storia dell’accademia, pp. 10-2. 21 Storia dell’accademia, pp. 13-4. In Arcadia i sodali erano ammessi per “acclamazione” (generalmente riservata ai cardinali, ai sovrani e agli ambasciatori), “annoverazione” (le donne e i membri delle colonie), “rappresentazione” (i convittori dei collegi dei nobili), “surrogazione” (ereditando le campagne degli arcadi defunti e di quelli espulsi dopo lo scisma) e “destinazione” (nominando arcadi anche i neofiti in attesa dei luoghi vacanti), cfr. ivi, pp. 114-6. Sulle acclamazioni cfr. Memorie istoriche, pp. 160-75. Del custodiato di Crescimbeni sono conservati i registri degli iscritti (BAR, Il catalogo de Pastori Arcadi per ordine di annoverazione, 3 voll.) e delle assemblee (BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, 4 voll.). 22 Dopo la registrazione del sodale n. 339 (il principe Livio Odescalchi, alias Aquilio Naviano, espunto in seguito allo scisma), nel primo volume de Il catalogo de Pastori Arcadi è la seguente nota: “Con la sudetta estrazione restano terminate le annoverazioni e chiusa l’Arcadia in vigor di Speziale avvertimento promulgato in Chiamata Generale al V di Targelione stante l’anno III dell’Olimpiade Corrente DCXVII, come al libro de fatti degli Arcadi a c. 129, et all’ampissimo scritto avvertimento XXXVII, il tenore del quale avvertimento in avvenire dovrà osservarsi”. La riapertura delle ascrizioni nel 1693, con il bolognese 31 geografica, i nobili e gli ecclesiastici di vari ordini e gradi, affiancati dal “terzo stato” composto dai professionisti e dalla categoria crescente dei sine titulo, provenivano per lo più dalle aree dei fondatori: in particolare da Genova, Firenze, Napoli e dallo Stato della Chiesa, nel quale si avvertì inevitabilmente il discrimine fra le città con un tasso alto di affiliati (Roma, Bologna, Ferrara, Perugia e Macerata) e i centri minori che contarono soltanto due presenze (come Cento, Frosinone e Narni).23 Furono inoltre significative le cooptazioni degli stranieri, quasi sempre esponenti del clero e regnanti (fra i quali Maria Casimira Sobieska, ex sovrana di Polonia ascritta nel 1699, e il figlio Alessandro acclamato undici anni dopo),24 e la presenza delle donne, purché professassero “poesia o altra sorta di lettere umane”,25 incentivata dalla suggestione del modello cristiniano, dal rinnovamento dei centri accademici (a Siena, nel 1654, era sorto il sodalizio delle Assicurate, col beneplacito di Maria Vittoria della Rovere granduchessa di Toscana)26 e dall’estensione dei margini di indipendenza codificata nel graviniano Regolamento degli studi di nobile e valorosa donna, edito postumo nel 1739.27 Ulisse Giuseppe Gozzadini (Astaco Elicio, n. 340), è così giustificata: “Per la vacanza d’alcuni luoghi ritornati al nostro Comune per la morte de Pastori possessori, e d’altri trovati di nuovo e posti nell’Urna, per comandamento della Piena Ragunanza, come al libro de fatti de gli Arcadi a cart. 173” (BAR, vol. I, cc. 34r-35r). Ascritto il sodale n. 1372 (il cardinale lucchese Orazio Filippo Spada, alias Olarco Cefisio), Crescimbeni annotò (1713): “fin qui arrivano gli Arcadi che hanno l’ingresso, o il voto nelle Chiamate, per l’avvenire quelli che si ammetteranno saranno tutti sopranumeri, e finché non avranno il luogo […], non avranno l’accesso, né il voto […].” (BAR, Il catalogo de Pastori Arcadi per ordine di annoverazione, vol. II, c. 75r). 23 Quondam, L’istituzione Arcadia, pp. 391-406 e 425-36 (tavv. 1-8). 24 Cfr. Onomasticon, pp. 20 e 34. Su Maria Casimira, trasferitasi a Roma nel 1699 dopo la morte del marito Giovanni III Sobieski re di Polonia (1696), cfr. Carlo Doni, in Notizie istoriche, vol. III, pp. 1-9; e Gaetano Platania, Gli ultimi Sobieski e Roma. Fasti e miserie di una famiglia reale polacca tra Sei e Settecento (1699-1715). Studi e documenti, Roma, Vecchiarelli, 1990 (I ed. 1989), pp. 57-128 e 197-210. La regina vedova è dedicataria di una corona poetica composta dagli arcadi nel 1699 (RdA, vol. IX, pp. 121-36). Sul figlio si vedano la voce di Crescimbeni nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 82-7; e Platania, Gli ultimi Sobieski e Roma, pp. 129-41 e 211-20. Quanto agli accademici stranieri, cfr. Quondam, L’istituzione Arcadia, pp. 405-6 e 437 (tav. 9). 25 Storia dell’accademia, p. 14. 26 Cfr. Maylender, vol. I, pp. 366-7. 27 Sull’argomento si vedano Clelia Bertini-Attilj, Le donne in Arcadia, in Secondo centenario d’Arcadia, Roma, Cuggiani, 1891, vol. I (Scritti vari), pp. 311-31; Anna Teresa Romano Cervone, Presenze femminili nella prima Arcadia romana: per una teoria dei modelli, in Tre secoli di storia dell’Arcadia, a cura di Maria Teresa Acquaro Graziosi, Roma, Biblioteca Vallicelliana, 1991, pp. 47-57; Elisabetta Graziosi, Arcadia femminile: presenze e modelli, in “Filologia e critica”, XVII (settembre-dicembre 1992), pp. 321-58 (anche in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 249-73); Tatiana Crivelli, La “sorellanza” nella poesia arcadica femminile tra Sette e Ottocento, in “Filologia e critica”, XXVI (settembre-dicembre 2001), pp. 321-49; William Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, Reggio Emilia, Diabasis, 2004, pp. 13-33. Per il Regolamento di Gravina cfr. Id., Scritti critici e teorici, pp. 175-94. 32 Immortalate da Crescimbeni nel ditirambo Apollo in Arcadia recitato durante i giochi olimpici in onore di Innocenzo XIII (1721),28 e pur qualificandosi come filiali “del ben poetare, e dello scrivere secondo le regole, e i modelli degli ottimi principalissimi Autori”,29 le colonie arcadiche fiorite in tutta la penisola fra il 1690 e il 1728 furono di fatto relegate a un ruolo subalterno. Alla sede centrale (a cui occorreva inoltrare le richieste di fondazione) spettava il compito di nominare il vicecustode fra i due candidati proposti dal neo-istituto, di approvare le ascrizioni dei neofiti, di redimere le controversie e di deliberare in merito all’adozione nei testi a stampa degli pseudonimi pastorali e dell’impresa della colonia (o dell’accademia). Costituiti almeno da dieci o dodici persone “di credito, e d’ingegno”, i cenacoli di origine urbana traevano il nome dalla “città, o dal fiume, o da qualche illustre memoria del luogo” e assumevano uno stemma a piacere, con l’aggiunta della siringa di Pan, mentre le colonie dedotte dalle preesistenti accademie locali, o dagli ordini religiosi, ne ereditavano la denominazione e l’impresa corredata del simbolo arcadico.30 Nel clima conservatore del Granducato di Cosimo III, dove lo sperimentalismo del Cimento subì fortemente l’ingerenza ecclesiastica,31 in seno all’omonimo sodalizio aretino che imponeva l’obbligo della rima anche per l’esercizio estemporaneo, il 3 gennaio 1692 nacque la colonia Forzata sotto la guida del decano Giovanni Battista Capalli, annoverando, fra i sodali, Francesco Redi e Faustina Degli Azzi Forti, autrice di un serto poetico in onore di Violante Beatrice di Baviera principessa di Toscana (1697).32 Tornato in visita alla città di origine, in cui attese alla stesura della favola pastorale Elvio poi edita a Roma da Giambattista Molo 28 Giovan Mario Crescimbeni, Rime, Roma, de’ Rossi, 17233 (I ed. Roma, Molo, 1695; II ed. Roma, de’ Rossi, 1704), pp. 551-82. 29 Memorie istoriche, p. 183. 30 Ivi, pp. 182-9; e Storia dell’accademia, pp. 39-41. 31 Per un efficace quadro d’insieme cfr. Giuseppe Nicoletti, Firenze e il Granducato di Toscana, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, vol. II (Storia e geografia. II. L’età moderna), pp. 745-821. 32 Cfr. Le colonie, e le rappresentanze arcadiche per ordine cronologico, colle loro insegne, e co’ nomi, e colle denominazioni de’ Pastori, che le compongono; disposti alfabeticamente, in PdA, vol. III, pp. CXXXIII-CXXXIV ; Memorie istoriche, p. 189; Maylender, vol. III , pp. 49-51; Vanna Gazzola StacchiniGiovanni Bianchini, Le accademie dell’Aretino nel XVII e XVIII secolo, Firenze, Olschki, 1978, pp. 49-66 e 234-52 (corona poetica di Faustina Degli Azzi Forti). Sulla poetessa cfr. Antonella Giordano, Letterate toscane del Settecento. Un regesto. Con un saggio su Corilla Olimpica e Teresa Ciamagnini Pelli Fabbroni di Luciana Morelli, Firenze, All’insegna del Giglio, 1994, pp. 33-6. Offrono un saggio dell’attività del cenacolo quattro sonetti del vicecustode Gregorio Redi succeduto nel 1702 a Capalli e dedicatario di un capitolo di Petronilla Paolini Massimi (in RdA, vol. I, pp. 191-4): “Come costei, che quando i lumi aperse”, “Se chi tanto a me piacque or più non bramo”, “Cesare poi, che del Rivale estinto” e “Questa, che ordì non vile alma Corona” (ivi, voll. IV, pp. 36-7; IX, 3). 33 nel 1695,33 Crescimbeni promosse la fondazione del cenacolo maceratese (Elvia) che aprì i battenti il 18 giugno 1693, con vicecustode Niccolò Aurispa sostituito cinque anni dopo dal giurista Giuseppe Coluccio Alaleona. 34 La concentrazione di nuclei arcadici nella fascia marchigiana convalidò il progetto del custode di stabilire un’ampia base di consenso nel territorio natìo: alla colonia Metaurica sorta a Urbino il 28 febbraio 1701, un anno dopo l’elezione al pontificato di Clemente XI che aveva frequentato l’accademia locale degli Assorditi, seguirono tre anni dopo le istituzioni dell’Isaurica di Pesaro (26 febbraio) e della Caliese di Cagli (2 maggio).35 Nell’ottobre 1694 la nascita della Camaldolese di Ravenna inaugurò la categoria delle colonie di filiazione conventuale, come la Mariana (1703), formata dai chierici regolari delle Scuole Pie, e la Partenia dedotta a Venezia dal padre Domenico Maria Ricci (1714);36 al 24 aprile 1695 risale la creazione della prima Rappresentanza nel Collegio Clementino di Roma (Stravagante), a cui si aggiunsero la Ravvivata nel Seminario Romano (9 maggio 1716), la Nazzarena nell’istituto omonimo (11 novembre 1717) e l’Angustiata nel Collegio dei Nobili di Savona (19 agosto 1721).37 Derivata dal cenacolo preesistente sorto nel 1691, l’Animosa di Venezia si riunì due mesi dopo la fondazione (29 aprile 1698) sotto l’egida di Apostolo Zeno, promotore nel 1710 (a Venezia) del “Giornale de’ Letterati d’Italia”, insieme a Scipione Maffei e ad Antonio Vallisneri, e poeta cesareo alla corte di Vienna nel 1718-30. Scrivendo a Crescimbeni il 31 maggio 1698 per ringraziarlo della nomina a vicecustode, lo Zeno trasmise le notizie relative all’allestimento della colonia felsinea: 33 Sulla pastorale si vedano Giuseppe Coluccia, L’“Elvio” di G. M. Crescimbeni. Alle origini della poetica d’Arcadia, Roma, IBN, 1994, pp. 35-76; Camilla Guaita, Per una nuova estetica del teatro. L’Arcadia di Gravina e Crescimbeni, Roma, Bulzoni, 2009, pp. 187-214 e 353-96. 34 Cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXXXV-CXXXVI; Memorie istoriche, pp. 189-90; Maylender, vol. II, pp. 274-5. Per Alaleona e Aurispa cfr. SI, vol. I, pt. II, pp. 239-40 e 1281. Di Alaleona è il Ragionamento in difesa della Poesia (1694), in PdA, vol. I, pp. 153-66, mentre su Aurispa si veda anche il profilo di Giulio Cesare Compagnoni nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 200-1. 35 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXLVIII- CXLIX, CLVIII-CLIX; Memorie istoriche, pp. 190, 192-3, 195; Maylender, voll. I, pp. 480 (Caliese), III, 387 (Isaurica), IV, 38 (Metaurica); e Marcello Verdenelli, Essere arcade nelle Marche, in Cristina di Svezia e la cultura delle accademie, pp. 343-62, alle pp. 35562. 36 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXXXVII-CXXXVIII, CLIV-CLV, CLXXIII; Memorie istoriche, pp. 190, 194, 198; Maylender, voll. I, pp. 494-5 (Camaldolese), e IV, 18-9 (Mariana), 221-2 (Partenia). Sul sodalizio ravennate si veda anche Mambelli, La cultura in Romagna, p. 111. 37 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXXXIV-CLXXXVII; Imprese delle colonie, e delle rappresentanze arcadiche disposte per ordine cronologico, in Crescimbeni, L’Istoria della volgar poesia, vol. VI, p. 294; Memorie istoriche, pp. 212-4; Maylender, voll. I, pp. 186-7 (Angustiata), IV, 73 e 375 (Nazzarena e Ravvivata), V, 274 (Stravagante). 34 Il Sig. Eustachio Manfredi dolcissimo Poeta Bolognese, ed Accademico Animoso di colà mi avvisa, che ad imitazion della nostra, anche la sua Accademia degli Accesi aspira all’onore di farsi Colonia Arcadica. Anche questa sarà alla vostra di gloria, perché vi sono annoverati Personaggi e per lettere, e per nascita singolari. Io ho procurato di darle l’ultimo impulso, perché considero la vostra Arcadia come la più degna promotrice delle Lettere, e della buona Poesia.38 Anche a nome del compastore Giuseppe Paolucci, trasferitosi a Bologna nelle vesti di segretario del legato pontificio Giovanni Battista Spinola, nella missiva del 24 maggio 1698 ad Alessandro Guidi il marchese Giovanni Giuseppe Felice Orsi inoltrò la richiesta di fondazione della colonia Renia, indicando un gruppo di aspiranti arcadi per lo più provenienti dalle file degli Accesi e dei Gelati. Ascritta lo stesso giorno dell’Animosa, la colonia avviò i lavori il 10 luglio nel palazzo Belgioioso del marchese Francesco Azzolini sotto il vicecustodiato dell’Orsi, che intervenne nella querelle des anciens et des modernes dando alle stampe nel 1704 la replica (in realtà preceduta dalle considerazioni di Muratori in un’egloga databile al 1693-94) ai giudizi acrimoniosi sulla tradizione letteraria italiana formulati dal gesuita Dominique Bouhours nella Manière de bien penser dans les ouvrages d’esprit (1687).39 Alle polemiche alluse anche Pier Jacopo Martello nella commedia in tre atti Il vero parigino italiano, recitata in Arcadia nel 1718, contrapponendo all’arido razionalismo dei francesi (rappresentati da un abate tornato a Roma dopo un lungo soggiorno a Parigi) “la dolcezza del ragionare” perseguita dagli autori italiani.40 38 Apostolo Zeno, Lettere, Venezia, Sansoni, 17852, 6 voll., nel vol. I, pp. 22-4, alle pp. 23-4. Si vedano altresì le missive a Crescimbeni del 12 aprile, 17 maggio, 7 e 20 giugno, 19 e 26 luglio, 2 e 15 agosto (con cui lo Zeno inoltrò un plico di componimenti degli Animosi), 4 e 18 ottobre 1698 (ivi, pp. 16-9, 212, 24-7, 30-3, 35-7, 41-2, 45-7). Del vicecustode figurano tre sonetti in RdA, vol. VI, pp. 190-1. Sul cenacolo lagunare si segnalano Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXXXIX-CXL; Memorie istoriche, pp. 190-1; e Maylender, vol. I, pp. 205-8. Per un quadro generale cfr. Antonio Franceschetti, L’Arcadia veneta, in Storia della cultura veneta, diretta da Girolamo Arnaldi e Manlio Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza, 1976-, 6 voll. e Indici (con il vol. III in 3 tt.; i voll. IV e V in 2 tt.), nel vol. 5, t. I (Il Settecento), 1985, pp. 131-70. 39 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXLI- CXLII; Memorie istoriche, p. 191; Maylender, vol. IV, pp. 42730; Alfredo Cottignoli, Introduzione alla storia della colonia Renia, in La colonia Renia. Profilo documentario e critico dell’Arcadia bolognese, a cura di Mario Saccenti, Modena, Mucchi, 1988, 2 voll., nel vol. I (Documenti bio-bibliografici), pp. 13-5. Per l’Orsi (di cui sono ventisette sonetti in RdA, voll. III, pp. 9-22; IX, 52) si vedano Maria Grazia Bergamini, in La colonia Renia, vol. I, p. 69; e Corrado Viola, Tradizioni letterarie a confronto. Italia e Francia nella polemica Orsi-Bouhours, Verona, Fiorini, 2001, pp. 137-84 (sulla disputa italo-francese, pp. 45-99 e 185-258; La conversazione di Mirtillo [Pier Jacopo Martello] e d’Elpino [Muratori], pp. 351-87). Cfr. inoltre Alfredo Cottignoli, «Antichi» e «moderni» in Arcadia, in La colonia Renia, vol. II, pp. 53-69; Maria Grazia Accorsi-Elisabetta Graziosi, Da Bologna all’Europa: la polemica Orsi-Bouhours, in “La rassegna della letteratura italiana”, XCIII (settembredicembre 1989), pp. 84-136. 40 Pier Jacopo Martello, Il vero parigino italiano, in Id., Scritti critici e satirici, pp. 317-88, a p. 350 (anche in PdA, vol. II, pp. 187-286). Secondo Mario Fubini, Martello ha tradotto la querelle italo-francese 35 L’incremento degli istituti periferici nel biennio 1703-0541 rispondeva all’esigenza di arginare il progetto muratoriano esposto nei Primi disegni della Repubblica letteraria d’Italia editi a Venezia, per i tipi di Bernardo Trevisan, nel 1704, ma con la falsa data di “Napoli 1703” e lo pseudonimo Lamindo Pritanio.42 Di carattere sovranazionale (“tutte queste accademie […] potrebbero costituire una sola accademia”), ispirata dal principio del “buon gusto” a “perfezionar le arti e scienze col mostrarne, correggerne gli abusi e coll’insegnarne l’uso vero”, e altresì aperta a “tutti i più riguardevoli letterati d’Italia, di qualunque condizione e grado […]”, purché desiderosi di contribuire all’avanzamento degli studi,43 la “Repubblica letteraria” vagheggiata da Muratori si scontrava con il policentrismo arcadico (“In Italia non c’è oramai città che non abbia un’accademia, anzi due, anzi tre e talvolta ancora più […]”) e il carattere per così dire mondano del sodalizio di Crescimbeni: Argomenti per lo più assai leggieri, perché quasi sempre destinati a trattar de’ grandi affari d’amore. Versi e poi versi; e in una parola solamente certe bagatelle canore sono il massiccio delle nostre accademie. Sicché tutta la fatica degli accademici si riduce ad andare a caccia di un breve applauso e ad incantar per un’ora le pazienti orecchie degli ascoltanti. Adunque non sarebbe gran temerità il dire che queste adunanze altra gloria non possono sperare che quella di recare un transitorio diletto; e questo diletto medesimo, ove gli accademici sieno in disgrazia delle Muse, vi si cerca bensì non rade volte, ma non vi si truova.44 “in un discorso pieno di garbo e alieno dalla pedanteria, di cui diedero prova più d’una volta quei polemisti” (cfr. Dal Muratori al Baretti. Studi sulla critica e sulla cultura del Settecento, seconda edizione riveduta, corretta, e accresciuta di nuovi studi, Bari, Laterza, 1954, p. 307). Sul poeta bolognese si veda la voce di Marco Catucci in DBI, vol. LXXI, 2008, pp. 77-84 (a cui rimando anche per gli aggiornamenti bibliografici). Cfr. inoltre RdA, voll. II, pp. 239-62, e IX, 58, 94, 192. 41 L’espansione arcadica subì un rallentamento fra il 1698 e il 1703, quando furono istituite soltanto tre colonie: la Ferrarese guidata dal vicecustode Luigi Bentivoglio d’Aragona (23 marzo 1699), la Fisiocritica di Siena promossa dallo scienziato Pirro Maria Gabrielli (19 gennaio 1700), in cui furono celebrate l’assunzione al pontificato di Clemente XI (1700) e la laurea del nipote Annibale Albani (1704), e l’Alfea di Pisa sorta il 24 maggio 1700. Cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CXLIII-CXLVII; Memorie istoriche, pp. 191-2; Maylender, voll. I, pp. 146-7 (Alfea), II, 365-6 (Ferrarese), III, 18-20 (Fisiocritica). Su Bentivoglio cfr. SI, vol. II, pt. II, pp. 881-2, mentre per Gabrielli si veda la voce di Domenico Fabbretti nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 312-4. 42 Sui Primi disegni, ristampati come premessa nel primo tomo Delle riflessioni sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti (2 voll., 1708 e 1715), cfr. Gian Paolo Romagnani, L’idea di «Repubblica delle lettere» tra Ludovico Antonio Muratori e Scipione Maffei, in L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, a cura di Alfredo Mango, Milano, Angeli, 2007, pp. 109-25. Fra i numerosi contributi sull’abate vignolese si segnalano Sergio Bertelli, Erudizione e storia in Ludovico Antonio Muratori, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1960, pp. 9-99; Ezio Raimondi, I lumi dell’erudizione. Saggi sul Settecento italiano, Milano, Vita e Pensiero, 1989, pp. 99-124; Corrado Viola, Canoni d’Arcadia. Muratori Maffei Lemene Ceva Quadrio, Pisa, ETS, 2009, pp. 13-80. 43 Ludovico Antonio Muratori, Primi disegni della Repubblica letteraria d’Italia esposti al pubblico da Lamindo Pritanio, in Id., Opere, a cura di Giorgio Falco e Fiorenzo Forti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1964, 2 voll., nel vol. I, pp. 178-97, alle pp. 181-2. 44 Ivi, p. 178-9. 36 Elaborate in circuiti non ufficiali (la vasta rete di rapporti epistolari di Muratori forma “quasi un’altra Arcadia”, non “burocratizzata, ma di fatto operante contemporaneamente”),45 le proposte critico-teoriche alternative venivano sostanzialmente eluse dall’istituzione romana, che a sua volta ricorreva ai consolidati strumenti burocratici per conservare e ampliare la propria area di influenza (come nel caso della deduzione di dieci colonie nel 1703-05). Gli echi della guerra di Successione spagnola scoppiata nel 1703 si avvertirono nella Crostolia di Reggio Emilia, eretta il 2 agosto dello stesso anno e fregiatasi dell’impresa raffigurante due spade sormontate dalla siringa di Pan, con il motto “Non portano già guerra a i nostri carmi” (adattamento di Gerusalemme liberata, VII, 7, 7-8), ripreso nel sonetto di Alessandro Pegolotti per il vicecustode Giuseppe Martinelli (v. 4), intessuto di invocazioni alla pace anteposte alla celebrazione degli eventi bellici (“Qui pure il rauco suon delle nemiche / trombe non entri a perturbar l’interno / riposo all’Alme del bel canto amiche”, vv. 9-11).46 Anticipata dalla Raccolta di rime di poeti napoletani (1702), espressione del rinnovamento anti-barocco di matrice calopresiana, e registrata il 17 agosto 1703 con la nomina a vicecustode dell’avvocato Biagio Maioli d’Avitabile, la colonia Sebezia di Napoli si riunì il 18 novembre 1704 nella chiesa di Monte Oliveto, alla presenza del viceré (e mecenate) Giovanni Emanuele Fernandez Pacheco de Villena, per celebrare la laurea in utroque iure conseguita a Urbino dal principe Annibale Albani (nipote di Clemente XI). 47 Nell’occasione, il vicecustode espose il manifesto poetico nel discorso introduttivo a una miscellanea di scritti: […] qui non aspirandosi, né attendendosi ad altro, ch’a coltivar gli animi, e a maturar quei semi di virtù, e di dottrina, che la madre natura v’ha sparsi: qui si 45 Quondam, L’istituzione Arcadia, p. 420 (dello stesso si veda anche L’Arcadia e la «Repubblica delle lettere», in Immagini del Settecento in Italia, a cura della Società italiana di studi sul secolo XVIII, RomaBari, Laterza, 1980, pp. 198-211, alle pp. 207-8). 46 Cfr. Ditirambo di Alessandro Pegolotti fra gli Arcadi Orialo Miniejano con alcuni Sonetti, p. 86 (Martinelli è alluso anche nel ditirambo, pp. 1-43, a p. 32, v. 837); Sulla Crostolia cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CL-CLI; Memorie istoriche, p. 193; Tiraboschi, Biblioteca modenese, vol. I, p. 32; Maylender, vol. II, pp. 120-1. Quanto al contesto emiliano di primo Settecento, si veda William Spaggiari, L’armonico tremore. Cultura settentrionale dall’Arcadia all’età napoleonica, Milano, Angeli, 1990, pp. 11-34. 47 Sul cenacolo partenopeo, che istituì sottocolonie a Cava, Galatone, Morcone e Reggio Calabria, cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLII-CLIII; Memorie istoriche, pp. 193-4; Maylender, vol. V, pp. 142-5; Pompeo Giannantonio, L’Arcadia napoletana, Napoli, Liguori, 1962, pp. 169, 171, 299-301; Amedeo Quondam, Dal Barocco all’Arcadia, in Storia di Napoli, Napoli, Società Editrice Storia di Napoli, 196778, 10 voll. e Indici (con i voll. II e IV-VI in 2 tt.), nel vol. VI, t. II, 1970, pp. 809-1094, alle pp. 979-1059. Di Maioli d’Avitabile sono nove sonetti e una canzone in RdA, voll. III, pp. 3-9; IX, p. 26. 37 sforzerà ciascuno d’aguzzare l’ingegno, d’affinare il giudicio, di esercitar la memoria, e farla ricetto de’ preziosi tesori delle scienze: qui si avvezzerà la lingua ad ornatamente spiegare quelle cose, che la mente avrà prima apprese, e concepute […]. Qui si vedrà nuda [la verità], e manifesta, se non quanto da’ ricchissimi fregi dell’eloquenza sarà adornata, e vestita, e alletterà maggiormente […].48 Nello stesso anno di pubblicazione dell’opuscolo muratoriano aprirono i battenti ben cinque colonie (1704): alle menzionate Isaurica e Caliese si aggiunsero la Rubicona di Rimini (4 gennaio), affidata a Filippo Marcheselli, la Giulia di Udine (24 luglio), guidata da Niccolò Madrisio,49 e la Milanese (o Insubre) eretta il 2 maggio nel palazzo del principe Antonio Gaetano Gallio Trivulzio dal vicecustode e padre somasco Giovanni Antonio Mezzabarba, che recitò la canzone All’Arcadia offerta al cardinale Benedetto Pamphili.50 Il periodo di silenzio seguito alla morte del promotore (20 settembre 1705) fu interrotto l’ultimo sabato di Quaresima nell’aprile 1715, quando gli arcadi milanesi si riunirono nel palazzo del conte Cesare Monti per una tornata poetica sul motivo della Passione di Cristo; risale invece al maggio 1716 la stampa della miscellanea in occasione della festa per la nascita dell’arciduca Leopoldo, figlio dell’imperatore Carlo VI e di Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel. 51 48 Componimenti diversi de’ Pastori Arcadi della colonia Sebezia nel dottorato dell’Eccellentiss. Principe Signor D. Annibale Albani fra gli Arcadi Poliarco Taigetide Acclamato, Nipote del Sommo Pontefice Clemente XI. Pubblicati dal Dottor Biagio de Avitabile fra’ medesimi Arcadi “Agero Nonacride” Vice Custode della stessa Colonia, Napoli, Parrino, 1705, pp. 11-35, alle pp. 20-2. Il corpus poetico (pp. 3699) è preceduto dalla canzone dedicatoria di Maioli d’Avitabile al cardinale Francesco Pignatelli e dalla lettera del 2 luglio 1705 con cui il vicecustode accompagnò l’invio della raccolta ad Apostolo Zeno; seguono i documenti relativi alla fondazione del consesso napoletano (pp. 1-8) e il comunicato diramato da Roma per sollecitare le colonie a organizzare tornate in onore di Annibale Albani (pp. 9-10). Fra i componimenti si segnalano le egloghe dialogiche di Teresa Francesca Lopez (“Sebetina che fai? or tutti in giubilo”, pp. 36-46) e del vicecustode (“Rupe sub hac mecum, Pisander, pone tenaces”, pp. 71-5), e la canzone di Nicolò Amenta “Chiaro spirto, e gentil: tuoi pregi alteri” (pp. 76-80). 49 Sulla Rubicona e la Giulia cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLVI-CLVII; Maylender, voll. III, pp. 109 (Giulia), V, 72-3 (Rubicona). Per Marcheselli cfr. la voce di Domenico Fabbretti nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 202-4. 50 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLX-CLXI; Giovanni Seregni, La cultura milanese nel Settecento, in Storia di Milano, Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri, 1953-66 (rist. anast. Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1995-96, con un vol. XVIII in 3 tt., Il Novecento), 17 voll., nel vol. XII (L’età delle riforme [1706-1796]), 1959, pp. 567-640, alle pp. 569-71; Maylender, vol. IV, pp. 38-9; La cultura a Milano nell’età di Maria Teresa. Catalogo della mostra, a cura di Gianmarco Gaspari, Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, 1980, pp. 27-9. Per un elenco dei pastori milanesi cfr. Ceva, Memorie d’alcune virtù del signor conte Francesco de Lemene, p. [V]. Su Mezzabarba, autore del Discorso di Vitanio Gateatico pastore d’Arcadia in difesa dell’“Endimione” favola pastorale di Arezio Gateatico [Francesco de Lemene]; indirizzato a Cromiro Dianio [Pietro Antonio Bernardoni] suo Compastore (Torino, Zappata, 1699), cfr. il profilo di Giuseppe Maria Stampa nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 291-5. 51 Il Trionfo della Primavera. Festa di fuochi per la nascita del Serenissimo Arciduca Leopoldo Principe delle Asturie, Milano, Malatesta, 1716, pp. 19 (Carlo Emanuele d’Este), 20 e 29 (Andrea Martignone), 21 (Giuseppe Maria Imbonati, futuro custode perpetuo dell’accademia dei Trasformati, 1743), 24 (Giuseppe Antonio Castiglioni), 25 (Michele Maggi). 38 Subentrati il canonico Giuseppe Antonio Castiglioni, menzionato nell’elenco dei vicecustodi in appendice al volume dei giochi olimpici del 1705, e Pietro Antonio Crevenna (1720), prevosto di Santa Maria alla Scala, il cenacolo fu ospitato nella dimora del conte Carlo Pertusati, presidente del Senato milanese dal 1733, definita “Albergo delle Muse” dal padre Serviliano Latuada.52 La Ligustica di Genova fu promossa nel 1705 da Giovanni Bartolomeo Casaregi, estensore nel 1709 (insieme ai compastori Giovanni Tommaso Canevari e Antonio Tommasi) della Difesa delle tre Canzoni degli occhi (RVF, LXXI-LXXIII) contro i pareri di Muratori (1706), che a sua volta replicò nelle Osservazioni sulle Rime del Petrarca (1711);53 la Veronese, ufficializzata il 18 settembre dello stesso anno, si riunì la prima volta in agosto nel giardino dei conti Giusti.54 Nel corso dell’adunanza inaugurale il vicecustode Scipione Maffei illustrò il manifesto letterario del neonato consesso, esponendo un catalogo di modelli, dove accanto alle auctoritates arcadiche, da Petrarca (“[…] Duce, cui prima d’ogn’altro l’Arcadia seguir si pregia”) ai petrarchisti, da Sannazzaro (“leggiadrissimo oltre ogni credere […] nell’Egloghe”) a Chiabrera (“un di que’ primi lumi, allo splendore de’ quali prendon cammino gli Arcadi nostri; che quasi in doppia schiera divisi altri il Petrarca, ed altri il Chiabrera professano di seguitare”), convivono il “divino” Dante, Ariosto e Alessandro Guidi, propri del canone graviniano, con l’esclusione dei lirici del Duecento (“privi […] di quella purità, e vaghezza, che sì soave 52 Serviliano Latuada, Descrizione di Milano ornata con disegni in rame, Milano, Cairoli, 1737 (rist. anast. Cosenza, Casa del Libro, 1963), 5 voll., nel vol. II, pp. 332-3. Per Castiglioni si veda la biografia di Crevenna nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 37-8, mentre su quest’ultimo cfr. Filippo Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani, in Aedibus Palatinis, 1745 (rist. anast. Ridgewood NJ, poi Farnborough Hants, The Gregg Press, 1965-66), 4 voll., nel vol. I, pt. II, pp. 503-4. 53 Muratori, Della perfetta poesia italiana, vol. II, libro IV, pp. 697-711. Quanto all’edizione delle Rime petrarchesche procurata da Muratori (Modena, Soliani, 1711), cfr. Roberto Tissoni, Il commento ai classici italiani nel Sette e nell’Ottocento (Dante e Petrarca). Edizione riveduta, Padova, Antenore, 1993, pp. 11-30. Sul sodalizio ligure cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXIV- CLXV; Memorie istoriche, pp. 196-7; Maylender, vol. III, pp. 427-8; Alberto Beniscelli, G. B. Casaregi e la prima Arcadia genovese, in “La rassegna della letteratura italiana”, LXXX (settembre-dicembre 1976), pp. 362-85; Concetta Ranieri, Giovanni Bartolomeo Casaregi. Un petrarchista arcade della Colonia Ligustica, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 201-16. Per la produzione arcadica di Casaregi e Tommasi cfr. RdA, voll. V, pp. 242-78; VI, 328-50; IX, 60 e 125. 54 Sul gruppo scaligero, Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXVI-CLXVII; Memorie istoriche, p. 197; Maylender, vol. V, pp. 452-5; Viola, Canoni d’Arcadia, pp. 81-110. 39 rendono la nostra Poesia”) e di Carlo Maria Maggi,55 in disaccordo con Muratori che ne scrisse la biografia nel 1700.56 Le ripercussioni della guerra di Successione spagnola e la crisi che travolse l’accademia nel 1711 frenarono il processo di diffusione del verbo arcadico, che riprese con ritmo costante solo al termine degli eventi bellici (1714), in particolare nello Stato della Chiesa dove appariva più urgente la necessità di contrastare le voci dissidenti.57 Il I° giugno nel cenacolo faentino dei Filiponi fu dedotta la Lamonia, rappresentata dal marchese Leonida Spada, e due anni dopo nacque la Sibillina di Tivoli guidata da Giovanni Carlo Crocchiante, mentre nel 1717 sorsero la Riformata di Cesena e la Fulginia di Foligno (16 dicembre), a cui fu ascritta Maria Battista Vitelleschi, dedicataria di due miscellanee allestite dal sodalizio (1725).58 Nel frattempo a Piacenza fu eretta la Trebbiense (1715), accolta nel giardino del conte Andrea Dalla Rosa, omaggiato dal marchese Ubertino Landi nell’anacreontica “Prode Signor, che il piede”.59 Al 1716 risale la Cenomana di Brescia, ospitata nel palazzo di S. Eustachio dal 55 Scipione Maffei, Nell’aprirsi della nuova Colonia d’Arcadia in Verona. S’accennano i migliori poeti italiani (1705), in Id., Rime e prose […] parte raccolte da varj libri, e parte non più stampate. Aggiunto anche un saggio di Poesia Latina dell’istesso autore, Venezia, Coleti, 1719, pp. 132-7. Per la produzione arcadica del vicecustode cfr. RdA, vol. VII, pp. 308-35. 56 Per il profilo muratoriano del Maggi cfr. VdA, vol. I, pp. 79-88; sui rapporti fra i due eruditi cfr. Gian Paolo Marchi, Un confronto ineludibile: Scipione Maffei e Ludovico Antonio Muratori, in Scipione Maffei nell’Europa del Settecento, Atti del Convegno (Verona, 23-25 settembre 1996), a cura di Gian Paolo Romagnani, Venezia, Consorzio Editori Veneti, 1998, pp. 363-97. 57 Fra il 1705 e il 1714 furono registrate soltanto due colonie: l’Augusta di Perugia (24 ottobre 1707), guidata dall’abate Giacinto Vincioli che nel 1708 dedicò due iscrizioni in latino e in greco ai decemviri della città per la concessione della nuova sede (cfr. Giovan Mario Crescimbeni, L’Arcadia. Di nuovo ampliata, e pubblicata d’ordine della Generale Adunanza degli Arcadi, colla giunta del Catalogo de’ medesimi, Roma, de’ Rossi, 1711, pp. 188-9), e l’Emonia di Lubiana dedotta nel sodalizio locale degli Operosi (1709); cfr. Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXVIII-CLXXI; Memorie istoriche, pp. 197-8; Maylender, voll. I, pp. 413 (Augusta), e II, 276-7 (Emonia). 58 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXXII, CLXXVI, CLXXIX, CLXXXII; Maylender, voll. III, pp. 70 (Fulginia) e 399 (Lamonia), IV, 447-8 (Riformata), V, 174-6 (Sibillina). Di quest’ultima sono le Ragunanze fatte da’ Pastori Arcadi della Colonia Sibillina in Tivoli, nella Villeggiatura di Primavera l’anno 1722, Roma, de’ Rossi, 1722 (cfr. Enzo Esposito, Annali di Antonio De Rossi stampatore in Roma [1695-1755], Firenze, Olschki, 1972, p. 228), mentre sulla Riformata si segnala anche Mambelli, La cultura in Romagna, pp. 63-70. Di Spada figurano sette sonetti in RdA, vol. V, pp. 228-31; quanto a Crocchiante, ivi, voll. III, pp. 391, IV, 350-60, VII, 322-7, IX, 27. 59 Formatosi a Roma sotto la guida di Francesco Maria Gasparri, Ubertino Landi (Atelmo Leucasiano) viaggiò in Europa nel biennio 1713-14 e strinse un solido legame di amicizia con Carlo Innocenzo Frugoni; cfr. Daniela Morsia in DBI, vol. LXIII, 2004, pp. 415-8; RdA, voll. VII, pp. 79-99 (alle pp. 89-92 “Prode Signor, che il piede”), VIII, 66-75, IX, 12 e 350-4. Sul cenacolo piacentino si segnalano Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXXIV-CLXXV; Memorie istoriche, pp. 198-9; Maylender, vol. V, pp. 347-51; Francesco Picco, Nei paesi d’Arcadia. La colonia Trebbiense, in “Bollettino storico piacentino”, I (1906), pp. 21-7 (fasc. I), 49-65 (II) e 145-57 (III); Paola Pareti-Massimo Baucia, Per la storia dell’Arcadia: gli esordi della colonia Trebbiense, ivi, LXXXVIII (luglio-dicembre 1993), pp. 165-210. Si veda inoltre l’Accademia di poetici componimenti dai Pastori Arcadi della colonia Trebbiense a richiesta del pubblico di Piacenza tenuta in occasione del giocondissimo avvenimento della sospirata nascita del Real Principe Don Ferdinando primogenito di S.A.R. il Serenissimo Infante delle Spagne Don Filippo Borbone 40 vescovo Giovanni Francesco Barbarigo e annoverante, fra i fondatori, Carlo Innocenzo Frugoni (insegnante di retorica nel collegio somasco bresciano) autore di versi in lode del mecenate.60 L’anno dopo dall’accademia degli Innominati di Bra il conte Pietro Ignazio Della Torre dedusse la colonia omonima, riunitasi nel 1718 nella villa “Il Belvedere” dell’abate Bartolomeo Reviglio, sotto gli auspici di Maria Giovanna Battista di Savoia (le cui iniziali sormontate dalla corona costituivano il corpo dell’impresa), madre di Vittorio Amedeo 61 Innominate di Bra (1715). II, compianto nella silloge delle Lagrime delle muse Istituita dal vicecustode Francesco Arisi, compilatore di una monografia storico-letteraria sulla città natale (Cremona literata, 1702-5), la Cremonese nacque nel 1720 col beneplacito del vescovo Alessandro Litta.62 Nell’ultimo decennio del custodiato di Crescimbeni (1718-28) l’estensione capillare dell’accademia romana raggiunse anche i siti minori e più decentrati: alla Poliziana di Montepulciano (1718) e alla Cluentina di Camerino, eretta nello stesso anno dell’aquilana Aternina (1719), seguirono la Tegea di Chieti (1720) e nel 1721 l’Ingauna di Albenga, la Velina di Rieti e la palermitana Oretea, mentre fra il 1724 e il 1726 aprirono i battenti l’Estense di Correggio, dedotta dalla locale accademia dei Teopneusti, la Gabelia di Carpi e la Giania di Fabriano.63 Duca di Piacenza, Parma, Guastalla, ec., Piacenza, Salvoni, 1751, in particolare i sonetti di Landi, “Nacque per alto degli Dei consiglio”, “Donna immortal, chi in adamante imprese”, “A me una Tazza del licor fumante” (pp. 15-7). 60 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXXVII-CLXXVIII; Memorie istoriche, p. 199; Giambattista Chiaramonte, Dissertazione istorica delle accademie letterarie bresciane, in Dissertazioni istoriche, scientifiche, erudite recitate da diversi autori in Brescia nell’adunanza letteraria del Signor Conte Giammaria Mazzuchelli, Brescia, Rizzardi, 1765, 2 voll., nel vol. I, pp. 53-7; Maylender, vol. I, pp. 533-5. Frugoni dedicò al Barbarigo le ottave “Un sogno il più gentil, che uscisse mai” (in Opere poetiche […], Parma, Stamperia Reale, 1779, 10 voll., nel vol. IV, pp. 327-32), mentre il vicecustode Vincenzo Margarita gli offrì la canzone “Nella più interna solitaria parte” (RdA, vol. VIII, pp. 154-9). 61 Le colonie, e le rappresentanze, pp. CLXXX- CLXXXI; Memorie istoriche, p. 200; Maylender, vol. III, pp. 289-92; Maria Luisa Doglio, Dall’Accademia alla Colonia arcadica: la Colonia Innominata di Bra, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 217-37 (anche in “Studi piemontesi”, XXI [1992], pp. 321); Maria Luisa e Giuseppe Reviglio della Veneria, I promotori dell’Accademia degli Innominati di Bra, il conte Pier Ignazio Della Torre e l’abate Bartolomeo Reviglio, in L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, pp. 263-315. 62 Su Arisi, autore di ditirambi (come La Vindemmia baccanale, 1722; Il tabacco masticato e fumato, 1725; Il cioccolato, 1736), si vedano la biografia di Tommaso Agostino Ricchini, che posticipa di un anno la fondazione del cenacolo (in VdA, vol. V, pp. 193-203, a p. 197), e quella di Claudio Mutini in DBI, vol. IV, 1962, pp. 198-201. Cfr. inoltre RdA, vol. VII, pp. 220-2. Per il cenacolo cfr. Memorie istoriche, p. 202; Maylender, vol. II, pp. 117-8. 63 Le colonie, e le rappresentanze, p. CLXXXIII (Poliziana); Memorie istoriche, pp. 201-5; Maylender, voll. I, pp. 407-9 (Aternina), II, 26 (Cluentina), III, 74 (Gabelia), 97 (Giania), 283-4 (Ingauna), IV, 144 (Oretea), 319 (Poliziana), V, 294-5 (Tegea), 304-8 (Teopneusti), 433-4 (Velina). A Palermo furono istituite le accademie del Buon Gusto (1718) e degli Ereini (1730) sul modello del cenacolo arcadico (cfr. Giorgio Santangelo, L’Arcadia in Sicilia, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 331-43). 41 2. Il progetto di restaurazione del “buon gusto” rivelò ben presto incrinature e divergenze anche di ordine ideologico: il contrasto fra Crescimbeni e Gravina si manifestò con tutta evidenza in occasione della promulgazione delle leggi. Sollecitato dall’esigenza di disciplinare un sodalizio in continua crescita, e dedotto dagli “Avvertimenti” registrati nel “Libro d’oro” negli anni a ridosso della fondazione, il corpus di dieci leggi e due sanzioni redatto e tradotto in latino arcaico dal Gravina (sul modello delle Dodici Leggi romane)64 fu rogato nell’adunanza del 20 maggio 1696 negli Orti Farnesiani (o Palatini), sede dell’accademia dal 1693 al 1698, quando la recita di versi satirici contro casa Farnese ne decretò l’allontanamento (nel 1699 il consesso fu accolto nel giardino del duca Antonio Maria Salviati, contiguo alla chiesa trasteverina di S. Giacomo).65 La lettura di Silvio Stampiglia delle norme incise su due lastre di marmo donate dal principe Antonio Farnese, figlio del defunto Ranuccio II, 66 precedette l’orazione di Gravina (Pro legibus Arcadum) che, definitosi compilatore dello statuto, l’8 giugno fu costretto a ritrattare per iscritto le affermazioni (il discorso era stato pronunciato senza tenere conto degli emendamenti imposti dal Collegio).67 Nonostante il dissidio, “pareva che stabilite le Leggi nulla potesse accadere, che la quiete degli Arcadi Pastori fosse capace d’intorbidare”,68 come asseriscono anche Guidi e Menzini nelle canzoni recitate alla fine della cerimonia: Or voi recate il freno, o sante leggi, alle nascenti voglie 64 Per il testo delle leggi si vedano Memorie istoriche, pp. 29-31; Amedeo Quondam, Nuovi documenti sulla crisi dell’Arcadia nel 1711, in “Atti e memorie d’Arcadia”, s. III, vol. VI, fasc. 6 (1973), pp. 105228, alle pp. 116-7 (gli “avvertimenti” sono alle pp. 117-21); Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, pp. 73-4. 65 Il mito dell’arcade Evandro che soggiornò sul Palatino riecheggia nella canzone a selva di Alessandro Guidi, Gli Arcadi sul colle Palatino, vv. 1-17: “Illustre colle, che d’ospizio e sede / fosti cortese al pellegrino Evandro, / né del bell’uso antico ancor ti spogli, / poiché di por nella tua terra il piede / a noi consenti e volentier ne accogli, / qual ti darem mercede / noi poveri pastori? / Noi non possiam, come i romani eroi, / movere al gran tragitto / le colonne d’Egitto / per ornar di teatri i boschi tuoi. / E ben veder tu puoi / da questo rozzo arnese / e da quest’umil gregge / nostra possanza; e misurar si ponno / da queste gloriose ampie ruine / le fortune latine” (in Id., Poesie approvate, pp. 197-200, alle pp. 197-8; anche in RdA, vol. I, pp. 141-3). Sulla sede farnesiana, in cui l’accademia fu accolta dopo essersi riunita in S. Pietro in Vincoli (ospite di Girolamo Mattei Orsini duca di Paganica) e nel giardino di palazzo Riario, si vedano Memorie istoriche, pp. 64-5; Predieri, Bosco Parrasio, pp. 39-43; Dixon, Between the Real and the Ideal, pp. 56-7. 66 Ad Antonio Farnese il Guidi dedicò la canzone a selva “Col ferro industre al bel lavoro intento” (in Id., Poesie approvate, pp. 221-6; anche in RdA, vol. I, pp. 158-63), e commemorò Ranuccio II in un discorso recitato in Arcadia il 12 giugno 1695 (in PdA, vol. I, pp. 95-103). 67 Gravina, Pro legibus Arcadum oratio, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 165-9. Una copia a stampa dell’orazione, con postille autografe del Gravina “d’ordine del Collegio d’Arcadia”, è in BAR, ms. 15, cc. 179r-184r. La ritrattazione si legge in Memorie istoriche, pp. 49-50; e in Quondam, Nuovi documenti, pp. 142-3. 68 Memorie istoriche, p. 32. 42 e gli arcadi pastor per man prendete: voi di natura illuminar potete la fosca e dubbia luce; se voi non foste in nostra guardia deste, nostra mente faria sempre viaggio in su le vie funeste; ed Arcadia vedreste piena solo dell’opre orrende antiche. Or voi splendete al viver nostro amiche, ché se indugiasse il Fato a recarne i felici imperi vostri, governo avrian di noi furori e mostri. Il Tempo ingordo destruttor predace, benché su i sette Colli altier si vanti, mostrare ancor fumanti gli avanzi del suo ’ncendio empio, e vorace, su queste Leggi istesse non verserà furore: che più, che in Marmi, elle saranno impresse in generoso Core.69 La scintilla si riaccese nel 1711 in merito all’interpretazione di un articolo della terza legge sulla nomina dei membri del Collegio (“Custos consulto universo coetu novos sex in orbem eligito sex veterum retineto”).70 Riunita l’adunanza il 15 giugno per l’elezione di sei colleghi, supportato da un drappello di filo-graviniani “non eccedenti il numero di venti”, Paolo Rolli (Eulibio Brenteatico) rivendicò il diritto di svolgere “a turno” (“in orbem”) l’incarico prima di passare alle rielezioni, mentre per Crescimbeni, forte dell’appoggio unanime del consesso, occorreva procedere annualmente alla sostituzione dei componenti del Collegio il cui mandato era scaduto: Ben la Ragunanza sapeva che la legge non andava interpretata in quella guisa; ma, secondo che l’uso dimostrava, la sua interpretazione si era, e si è che dovendo il Custode confermar sei vecchi, ed ellegere sei nuovi, i detti sei vecchi dovessero esser gli stessi sei che l’anno precedente erano stati nuovi; di maniera che ogni anno i primi sei uscissero, i secondi sei salissero, e sei altri entrassero novellamente.71 69 Guidi, La promulgazione delle leggi di Arcadia, in Id., Poesie approvate, pp. 205-9, a p. 209, vv. 11225 (anche in RdA, vol. I, pp. 147-51); Menzini, “Ancor dal sacro, ed onorato busto”, in Id., Opere, vol. I, libro IV, pp. 114-8, a p. 117, vv. 73-80 (anche in RdA, vol. II, pp. 175-8). 70 Quondam, Nuovi documenti, p. 116. 71 Crescimbeni, Ristretto dell’istoria, in Storia dell’accademia, p. 70. Nello stesso anno (1711) Rolli curò la raccolta di Componimenti poetici di diversi Pastori Arcadi all’Illustrissimo, & Eccellentissimo Signore il Signor D. Francesco Maria Ruspoli Principe di Cerveteri &c., fra gli Arcadi Olinto Arsenio, Roma, de’ Rossi (cfr. Esposito, Annali di Antonio De Rossi, p. 122). 43 Conformemente alla procedura indicata nella seconda sanctio, 72 per la disamina della questione furono nominati tre periti, Antonio Colloreti, Gravina e Pier Jacopo Martello, ma soltanto questi ultimi due invalidarono la prassi elettorale, sottoscrivendo il consulto inviato al Serbatoio il 2 luglio.73 Convocata diciannove giorni dopo, l’assemblea generale di centouno pastori fra “prelati, avvocati ed altri curiali de’ più accreditati di Roma” squalificò la sentenza dei periti, con settantaquattro voti. La frattura fu dunque inevitabile; un gruppo esiguo di “giovani” introdotti “dall’istesso abate Gravina poco prima del fatto” rivendicò la denominazione dell’accademia fondando l’Arcadia Nuova, col beneplacito del principe Livio Odescalchi, che dapprima la ospitò nel giardino di palazzo Riario e in seguito nella sua villa fuori Porta del Popolo.74 Con la morte del protettore (1713) e l’intervento nella disputa di monsignore Carlo Cerri e del successore Marco Antonio Ansidei in qualità di giudici, il cardinale Lorenzo Corsini (futuro papa Clemente 75 gennaio 1714). XII) esortò il gruppo a deporre il nome (I° Inaugurata tre giorni dopo nella dimora del neo-mecenate, nominato dittatore perpetuo e più tardi dedicatario di una raccolta di rime per l’elevazione al pontificato (1730),76 l’accademia dei Quirini adottò lo stemma raffigurante la Lupa 72 “Si quid in his legibus obscurum perplexumve siet sive comprehensum non siet communi Arcadum consultis peritioribus inter pastores more majorum interpretandi supplendique jus esto. Quodque decretum judicatumve siet penes Custodem adservator. In legum tabulas ne redigitor. Nulli novas leges ferre fas esto” (cfr. Quondam, Nuovi documenti, p. 117). 73 Decretum de Collegarum electione editum VI Non. Jul. MDCCXI (BAR, ms. 19, cc. 142r-143r; anche in Quondam, Nuovi documenti, pp. 121-2). Crescimbeni attribuì al Gravina la piena responsabilità della stesura del consulto, mentre a Martello, a suo dire, “fu falsamente supposto che la risoluzione era stata concertata co’ ministri dell’adunanza” (cfr. Informazione del motivo della ribellione fatta in Arcadia e di tutto il seguito fino alla chiusura del Bosco dell’anno 1711, mandata al vicecustode della colonia Sebezia nel mese d’ottobre 1712 e poi raggiustata e mandata altrove, in Quondam, Nuovi documenti, pp. 201-7, a p. 203). I periti disquisirono inoltre su due questioni “parimente suscitate, cioè che l’elezione de’ Colleghi dovesse confermarsi dalla Ragunanza per voti segreti, e che accadendo d’aversi tra anno a surrogare alcuno in detta carica la surrogazione dovesse altresì essere autorizzata dalla Ragunanza nella stessa guisa” (cfr. Crescimbeni, Ristretto dell’istoria, in Storia dell’accademia, p. 70). Su queste vicende si veda inoltre Corrado Pecorella, Gravina legislatore: note sull’ordinamento arcadico, in Studi in memoria di Guido Donatuti, Milano, Istituto Editoriale Cisalpino - La Goliardica, 1973, 3 voll., nel vol. II, pp. 897924. 74 Crescimbeni, Informazione del motivo della ribellione fatta in Arcadia, p. 203. Sull’Odescalchi cfr. il profilo di Crescimbeni nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 308-13. 75 La dichiarazione reca le firme di Domenico Ottavio Petrosellini, Giuseppe Antonio Procuranti, Giovanni Gaetano Limar, Giovanni Francesco Fasanella (per la cui morte il Rolli compose l’ode “Voi che meco ardir Romano”, in Rime […] dedicate dal medesimo all’eccellenza di My Lord Bathurst, Londra, Pickard, 1717, pp. 58-60), Paolo e Domenico Rolli, Giuliano e Carlo Gaetano Piersanti, Giovanni Antonio Maria Fossombroni, Orazio Bianchi, Francesco Buonamici (BAR, ms. 19, c. 302r; cfr. Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, p. 26). 76 Preceduta dalla lettera dedicatoria di Alessandro Gregorio Capponi, edile dei Quirini, la silloge annovera anche i componimenti di alcuni fondatori del sodalizio: le terzine di Bernardo Bucci, “Colla sagace mia scorta diletta”, e di Giovanni Gaetano Limar (Il tempio dell’eternità), le canzoni di Domenico Ottavio Petrosellini (“Alma eccelsa da Noi tanto aspettata”) e di Domenico Rolli (“Febo sin da quel 44 Capitolina, con il motto “Quirinorum Coetus”, e nello stesso anno varò lo statuto (Leges et Institutiones Academiae Quirinae) compilato da Gravina, anima del cenacolo pur non essendovi materialmente iscritto.77 Come attestano da un lato il poema eroicomico di Domenico Ottavio Petrosellini (fra i promotori del consesso corsiniano), Il Giammaria ovvero l’Arcadia Liberata, scritto fra il 1711 e il 1730, edito soltanto nel 1892, e dall’altro le satire ad Philodemum (alias Gravina) del senese Ludovico Sergardi,78 lo scontro condotto anche sul piano poetico non si attenuò dopo la morte del protagonista dello scisma nel 1718; anno in cui, ammesso in Arcadia con il nome di Artino Corasio, il discepolo “eletto” Pietro Metastasio declamò le terzine della Strada della gloria, “in occasione di deplorar la perdita del benefico, ed insigne suo Maestro”.79 La vicenda non solo confermò l’incompatibilità fra due linee programmaticamente divergenti, ma offrì inoltre il pretesto per riflettere sulla “problematica istituzionale dell’Accademia, del suo ruolo, della sua funzione” al fine di stabilirne il definitivo indirizzo teorico-letterario.80 Nella Lettera ad un amico, pubblicata anonima nel 1711 per i tipi del napoletano Felice Mosca, e seguita da una seconda missiva (Della giorno”), e il carme latino di Giuliano Piersanti (“Hactenus indigenae Pindi, ad septena Quirini”); inoltre vi figurano le ottave di Michele Giuseppe Morei (L’Arco trionfale) e un sonetto del Muratori (“Or che gran senno, e retto cuor sul trono”), cfr. Componimenti de’ signori Accademici Quirini per la gloriosa Esaltazione di nostro Signore Clemente XII al sommo pontificato, Roma, Salvioni, 1730, pp. 3-7, 38-45, 82-6, 93-7, 103-9, 110-4, 87-91, 92. Per l’annuncio della prima adunanza (4 gennaio 1714), e per il programma dell’accademia inaugurata dal discorso dell’abate Giovanni Titolivio in lode di Clemente XI e della sua “Constituzione contra il Giansenismo”, cfr. BAR, ms. 19, cc. 304r-306r (documenti a stampa) e Valesio, vol. V, pp. 282-3. 77 Sul cenacolo graviniano si vedano Memorie istoriche, pp. 56-7; Crispino Mariani, L’Accademia Quirina, sorta dalla scissura d’Arcadia, Tivoli, Maiella, 1889; Maylender, vol. IV, pp. 353-9; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, p. 26. Quanto agli interessi antiquari del sodalizio, promossi da Alessandro Gregorio Capponi collezionista e bibliofilo, cfr. Donato, Accademie romane, pp. 79-83. 78 Sul Giammaria (Corneto Tarquinia, Tarquini, 1892) cfr. Francesca Santovetti, Una «crociata» settecentesca: Paolo Rolli e la crisi in Arcadia, in “Carte Italiane”, X (1989), pp. 8-24, mentre sulla produzione dell’autore senese si vedano Amedeo Quondam, Le satire di Ludovico Sergardi. Contributo ad una storia della cultura romana tra Sei e Settecento, in “La rassegna della letteratura italiana”, LXXIII (maggio-dicembre, 1969), pp. 206-72, e Ludovico Sergardi, Le satire, a cura di Amedeo Quondam, Ravenna, Longo, 1976, pp. 7-35 (introduzione) e 40-2 (profilo bio-bibliografico). Fra le voci poetiche che commentarono lo scisma si segnala Alessandro Pegolotti nel sonetto “Stavasi lieta un dì la Gloria nostra” (in Id., Raccolta di rime varie […], con una copiosa giunta di esse non più stampate, Venezia, Pasinello, 1730, p. 244). 79 Pietro Metastasio, Poesie, a cura di Rosa Necchi, Torino, Aragno, 2009, pp. XIII, 90-6 (il componimento è anche in RdA, vol. X, pp. 47-53), 379-95 (commento). Ma al conte Francesco d’Aguirre, il 23 dicembre 1719, Metastasio scrisse che il trasferimento a Napoli era giustificato anche dal “pertinace odio che ancor si conserva in Roma non meno al nome che alla scuola tutta dell’abate Gravina, beata memoria, mio venerato Maestro. Qual odio, se non in tutto almeno in parte, si è trasfuso, e come discepolo eletto e come erede, sovra di me” (Metastasio, Tutte le opere, a cura di Bruno Brunelli, Milano, Mondadori, 1943-54, 5 voll., nel vol. III, 1952, pp. 20-2, a p. 20). 80 Quondam, Nuovi documenti, p. 108. 45 divisione d’Arcadia) del settembre 1712 a Scipione Maffei,81 Gravina espone le motivazioni che avevano spinto il drappello dei dissidenti a riappropriarsi dell’“onesta libertà”: Or la prima ragione del separamento è l’alterazione delle leggi e la variazion del primiero regolamento, il quale sì come prima era di tutto il corpo, presentemente s’è ridotto a pochi, dai quali si continua l’amministrazione, in modo che i perpetui regolatori di quell’adunanza tutto han rivolto a lor piacere ed han presa la confidenza d’imporre ad ogni nuovo arcade il tributo d’una piastra, donde poi è nato questo numero eccedente nel quale i letterati fanno la minor parte. […] E per impedir la lunga continuazione nell’amministrazione un’altra legge ordina che niuno possa ritornare al collegato prima che sia finito il circolo di tutti quei c’hanno ozio d’assistere e che idonei perciò sono appellati. Di qual legge, quantunque chiara, pure ne hanno fuggita la retta e spedita interpretazione […].82 Smentite da Crescimbeni nella replica alla Lettera “del gran pseudolegislatore” pedantemente confutata in un lungo elenco di “bugie”,83 le prove addotte da Gravina a condanna dell’autoritarismo della gestione del custode generale (dal pagamento di una piastra imposto nel febbraio 1707 alla violazione delle norme) si intrecciano al disappunto per il piano di espansione tentacolare dell’Arcadia, supportato da un programma letterario altrettanto centralizzato: L’altra cagione di questa segregazione è stata che cercando molti ridurre quella ragunanza dalle cicalate pastorali e dai sonettini e canzoncine a qualche più solida e più profittevole applicazione, particolarmente all’esposizion delle antichità greche e latine tanto istoriche quanto favolose, ed altri nobili argomenti da scrivere, sempre questa proposizione è stata rigettata dai 81 Gravina, Della divisione d’Arcadia. Al marchese Scipione Maffei, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 479-90. La lettera fu pubblicata postuma nel 1726, nel volume delle Poesie di Alessandro Guidi (pp. 30519). 82 Gravina, Della division d’Arcadia. Lettera ad un amico, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 469-77, alle pp. 471-2. Cfr. Quondam, Cultura e ideologia, pp. 278-90. 83 Giovan Mario Crescimbeni, Disinganno di chiunque si fosse lasciato persuadere dalla lettera anonima intitolata “Della divisione d’Arcadia” e stampata in Napoli per Felice Mosca l’anno 1711, in BAR, ms. 19, cc. 162r-206r; anche in Quondam, Nuovi documenti, pp. 145-85, a p. 153. Di Crescimbeni sono inoltre le glosse in una copia manoscritta, non autografa, della Lettera ad un amico (un avvocato concistoriale, secondo l’indicazione del custode); cfr. BAR, ms. 19, cc. 152r-160r; ora in Quondam, Nuovi documenti, pp. 131-45. Alle critiche sulle modalità di cooptazione il custode rispose: “Né rechi ammirazione ad alcuno questo sì copioso numero, per lo quale forse si condurrà a tacciar la Ragunanza di soverchia facilità nell’annoverare; perché se ben bene rifletterà al fine per cui ella è stata instituita, confesserà anch’egli che con somma prudenza e giudizio ha la Ragunanza in ciò proceduto; imperocché consistendo il fine nel ripulimento del gusto Italiano nelle lettere amene, questo certamente non potea conseguirsi senza grande appoggio di personaggi d’autorità, e senza tal distesa di braccio, che arrivasse dappertutto, e dappertutto guadagnando soggetti, la buona semenza universalmente spargesse” (cfr. Ristretto dell’istoria, in Storia dell’accademia, pp. 57-8). 46 regolatori, li quali non han voluto concedere agli altri maggior campo di quello coltivato da loro.84 Educato a Scalea, in Calabria, alla scuola del cugino ed erudito cartesiano Gregorio Caloprese, che lo orientò alla lettura dei classici e agli studi filosofico-scientifici, Gravina completò la formazione a Napoli (dove si trasferì nel 1680), frequentando le lezioni del giurista Serafino Biscardi e del grecista Gregorio Messere, in un contesto laico, sensibile all’esperienza Investigante e alle suggestioni di Cartesio, Gassendi, Pascal e Spinoza.85 Il background culturale di Gravina affiora nell’Hydra mystica (1691), la prima opera del periodo romano, in cui il dialogo fra l’Eresia e la Casistica è attraversato da spiriti antigesuitici e antiscolastici,86 e nel Discorso sopra l’“Endimione”, pubblicato in appendice alla princeps della favola guidiana (1692), che “non andò a grado di molti Letterati di Roma” per “la novità d’alcuni sentimenti”.87 Elogiato per la “vivezza” stilistica e per la verosimiglianza del soggetto mitologico, l’Endimione offrì a Gravina l’opportunità di esporre nella prima parte del Discorso i 84 Gravina, Della division d’Arcadia. Lettera ad un amico, p. 472. Su Caloprese, a cui Gravina affidò l’educazione di Metastasio, si segnalano il profilo di Giovanni Battista Jannucci nelle Notizie istoriche, vol. II, pp. 111-4; Amedeo Quondam in DBI, vol. XVI, 1973, pp. 801-5 (di Quondam si veda anche Dal Barocco all’Arcadia, pp. 912-20); Giannantonio, L’Arcadia napoletana, pp. 56-99. Quanto alla formazione calopresiana di Metastasio, rievocata da quest’ultimo in due missive a Giuseppe Aurelio Morani (I° giugno 1772) e a Saverio Mattei, il I° aprile 1776 (Tutte le opere, vol. V, pp. 166-7 e 382), cfr. Giovanna Gronda, Le passioni della ragione. Studi sul Settecento, Pisa, Pacini, 1984, pp. 11-52, alle pp. 39-52. Per ulteriori indicazioni bibliografiche rinvio a Necchi, Introduzione, in Metastasio, Poesie, pp. IX-XLII, alle pp. X-XI, n. 2. Sul contesto partenopeo cfr. Biagio De Giovanni, La vita intellettuale a Napoli fra la metà del ’600 e la restaurazione del Regno, in Storia di Napoli, vol. VI, t. I, pp. 401-63; Amedeo Quondam, Dal Barocco all’Arcadia, pp. 809-978; Salvatore S. Nigro, Il Regno di Napoli, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, vol. II (Storia e geografia. II. L’età moderna), pp. 1147-92, alle pp. 1168-78. 86 Cfr. Quondam, Cultura e ideologia, pp. 7-41; e Fabrizio Lomonaco, Introduzione, in Gian Vincenzo Gravina, Hydra mystica, con la ristampa della traduzione italiana del 1761, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, pp. VII-XLIII. Edita a Napoli nel 1691, ma con il falso luogo di Colonia e lo pseudonimo Prisci Censorini Photistici, l’Hydra mystica reca i primi accenni alla Filosofia della luce versificata nelle Egloghe (1692), alcune delle quali furono lette in Arcadia provocando gli strali satirici del Sergardi, diretti contro il gruppo dei Luminosi che faceva capo a Gravina (Sergardi, Le satire, pp. 112-30 [L’esilio], alle pp. 112-3, vv. 13-15). Sull’argomento si vedano Benedetto Croce, G. V. Gravina l’«illuminante», in Id., Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, a cura di Angelo Fabrizi, Napoli, Bibliopolis, 2003, pp. 351-6 (fa parte dell’Edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce. Scritti di storia letteraria e politica, vol. XVIII); Nicola Badaloni, Introduzione a G. B. Vico, Milano, Feltrinelli, 1961, pp. 227-86; Amedeo Quondam, Filosofia della luce e luminosi nelle egloghe del Gravina. Documenti per un capitolo della cultura filosofica di fine Seicento, prefazione di Nicola Badaloni, Napoli, Guida, 1970, pp. 13-42. 87 Crescimbeni, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, p. XX. Il giudizio è confermato da Gravina stesso: “ma fu in quella conversazione [l’Arcadia] chi contra me prese sdegno; e sopra tutto per la lode che io dava al signor Alessandro Guidi, che il primo nella lirica, senza interpolare il Petrarca, si è saputo dalla corruttela dello stil moderno liberare” (Della divisione d’Arcadia. Al marchese Scipione Maffei, p. 483). Sul Discorso sopra l’“Endimione” polemizzò anche Sergardi nelle terzine de Il consiglio (Le satire, pp. 10011, alle pp. 106-7, vv. 121-47). 85 47 princìpi della “scienza poetica” di impegno didascalico-civile, volta al ripristino dei legami con la tradizione classica e alla rappresentazione della natura (“la sua impresa [del poeta] è di rassomigliar il vero e d’esprimere il naturale con modi […] adattati al suggetto che si è proposto”), tradotta in favole estranee alla codificazione di genere e produttrici di meraviglia, pur celando “sotto finti colori e falsi nomi […] eventi veri, e naturali affezioni”.88 Anche nella scelta degli autori esemplari su cui porre le basi del rinnovamento lirico si misurò la distanza dal canone arcadico; a Omero, campione della “sana idea della poesia”, Gravina affiancava Ariosto, che svelò “a maraviglia nel finto la chiara e viva immagine del vero”, e Dante, lodato per l’icasticità pittorica del dettato.89 L’estetica graviniana perfezionata nella Ragion poetica (1708), in cui confluì il Discorso delle antiche favole (1696),90 si scontrò con la produzione del cenacolo romano, troppo spesso incline al motivo amoroso di derivazione cinquecentesca, non senza residui barocchi.91 Nell’Arcadia Nuova, invece, indirizzata “a più saldo fine”,92 88 Gravina, Discorso sopra l’“Endimione”, pp. 51-6 e 65; cfr. Quondam, Cultura e ideologia, pp. 67-120, e Antonio Franceschetti, Il concetto di meraviglia nelle poetiche della prima Arcadia, in “Lettere italiane”, XXI (gennaio-marzo 1969), pp. 62-88, alle pp. 77-9. Allineato su posizioni antiprecettistiche, scrive Gravina: “Non siamo noi così mali estimatori del tempo, che ci curiamo d’indagare a qual genere di poesia si possa ridurre quest’opera, per sodisfare alle dimande di quei che si fanno legge e norma di pure voci. Non so se ella sia o tragedia, o comedia, o tragicomedia o altro che i retori si possan sognare. Ella è una rappresentazione dell’amore d’Endimione e di Diana” (Discorso sopra l’“Endimione”, p. 62). 89 Ivi, pp. 56-7 e 59. Sulla ricezione dantesca nel primo Settecento si vedano Tissoni, Il commento ai classici italiani, pp. 40-51; e Davide Colombo, Dante a Roma tra Sei e Settecento, in “Rivista di studi danteschi”, IX (gennaio-giugno 2009), pp. 114-53. 90 Nella dedica a Francesca Colbert du Terron Carpegna principessa di Scavolino, così il Gravina espone le finalità del trattato (sul quale cfr. Quondam, Cultura e ideologia, pp. 231-73; e Giuseppe Izzi, Nota al testo, in Della ragion poetica, Roma, Archivio Guido Izzi, 1991, pp. 139-53): “[…] siccome le regole antiche convenivano con li costumi greci, così le nuove convengano con quelli della nazione che ai presenti tempi nell’opera s’introduce, in modo che tanto l’antiche quanto le nuove regole rimangano comprese in un’idea comune di propria, naturale e convenevole imitazione e trasporto del vero nel finto, che di tutte l’opere poetiche è la somma, universale e perpetua ragione, alla quale noi andiamo i precetti e gli esempi in questi due libri riducendo; e di cui l’utilità, il fine e ’l diletto esponer cerchiamo, per troncare i vizi che si sono introdotti tanto dal negletto quanto dal superstizioso studio delle regole, il quale traendoci ad ordinare la finzione delle cose presenti secondo le regole fondate sui costumi antichi già variati, ci disvia dal naturale, poco men che l’intero negletto loro: in modo che abbandoniamo la traccia di quella ragion comune ed idea eterna, alla quale ogni finzione dee riguardare; non altrimenti che tutte le cose vere alla natura riguardano” (Della ragion poetica, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 195-327, alle pp. 199-200). 91 Scrive Gravina: “Onde avviene ch’ella [la materia amorosa] componga gran parte della scienza morale, alla quale suggeriscono larga luce i poeti coi lamenti ed espressioni loro eccitando nei lettori la fuga e l’avversione da simile inciampo e scoprendo l’insidie che da questa passione agl’incauti si tendono” (Della division d’Arcadia. Lettera ad un amico, p. 473). Così nella missiva al Maffei: “son contento solamente godere del nobile e leggiadro stile, sì latino come italiano […]: ove lo spirito de’ Greci e Latini comparisce vestito della solidità dantesca ed eleganza e candor petrarchesco, senza provenzalate, e senza il platonismo spurio di quell’arabo secolo: il qual platonismo veramente insulso tanto, quanto vano, con l’imitazione del Petrarca in tutta l’italiana lirica penetrando, ha la poesia dal teatro popolare, a cui fu destinata, con istrano cangiamento di sorte e tedio tanto degli ignoranti quanto dei più dotti trasportata alle scuole, nelle cui spine e chimere s’involge” (Della divisione d’Arcadia. Al marchese Scipione Maffei, p. 484). 48 quel tema fu surclassato dai soggetti di ispirazione classica: “la nostra ragunanza più che nel toscano suolo, nelle greche e latine campagne alimenta le sue Muse”. 93 Pungente, di contro, fu la risposta di Crescimbeni che, eludendo le questioni sollevate nella Lettera ad un amico, per un verso rammentò a Gravina di conservare nel Serbatoio suoi “sonettini ed egloghe amorose, anco poco oneste”,94 per l’altro mise in rilievo il prestigio conseguito dall’Arcadia,95 ironizzando sul programma del rivale.96 Elaborata nel 1697 durante le riunioni nella residenza dell’abate Giuseppe Paolucci per allestire la raccolta delle rime di Angelo Di Costanzo, rilanciato in Arcadia da Vincenzo Leonio,97 La bellezza della volgar poesia (1700) del Crescimbeni delimita l’analisi alla tradizione letteraria italiana, per non interferire con “que’ grandi uomini, che hanno scritto sopra gli Antichi” (è qui chiara l’allusione alle Antiche favole graviniane), ricorrendo all’espediente del dialogo fra pastori interrogati a turno dalla giovane Egina (l’unica presente a tutte le nove conversazioni), desiderosa di apprendere l’arte del verseggiare: Anzi perché in questa mia Opera apparisse quanto meno fosse possibile il Maestro, quando io per verità non ebbi altra mira, allorchè la produssi, che d’esporre il mio parere alla Conversazione, che il richiedeva, volli stenderla in Dialoghi, ne’ quali non dettandosi ex cathedra da un solo, ma ragionandosi famigliarmente tra più persone, le sentenze, v’è buon comodo di promulgarle in sembianza di meri pareri, e di lasciarle per lo più nelle loro controversie, acciocché il Lettore faccia da giudice, e scelga qual via più gli piace.98 92 BAR, ms. 19, c. 305v. Della division d’Arcadia. Lettera ad un amico, p. 473. 94 Crescimbeni, Disinganno, p. 159. 95 “Circa poi le poesie, io non parlo, perché nel Serbatoio se ne veggono da quindici grossi volumi originali, ove apparisce quanto di grande e di magnifico e di nobile è stato prodotto in Italia in ventidue anni e letto in Arcadia. Le migliori cose del Filicaia, del Lemene, del Maggi, del Menzini, del Guidi, che già han veduta la pubblica luce e godono l’applauso universale, quivi si conservano; e, vogliate o non vogliate, tra questa schiera il mondo tutto annovera quelle anche de’ perpetui vostri regolatori, che hanno fatto assai più di voi, che non n’avete che due miserabili egloghe e un nero sonettino, e la prosa del legislatorato; e assai più de’ vostri scolari che non v’han nulla” (ivi, p. 160). 96 “Fate, fate a mio modo, giacché non vi dà l’animo di superare il Petrarca nel suo genere, lasciate stare anche i Greci e i Latini, perché altramente prevedo che in questo genere sarete alla fine costretto a confessare di non poter appedare, nonché superare il Chiabrera, il Guidi, e quegli altri che prima di voi hanno portato questa mercanzia in Toscana” (ivi, p. 163). 97 Sulla conversazione animata dal Paolucci cfr. VdA, vol. V, pp. 261-2. Tra i partecipanti figuravano sei fondatori dell’Arcadia (Del Nero, Figari, Leonio, Stampiglia, Vicinelli, Zappi), il barone Antonio Caraccio e Menzini (ammessi al cenacolo di Cristina di Svezia), il romano Filippo Leers e l’avvocato Francesco Maria di Campello; cfr. Crescimbeni, L’Autore a chi legge, in La bellezza della volgar poesia (inclusa ne L’Istoria della volgar poesia, vol. VI, pp. 1-204), p. [IX]. La silloge costanziana fu edita a Bologna, per i tipi di Giovanni Pietro Barbiroli, nel 1709. 98 L’Autore a chi legge, p. [IX]. 93 49 Pur cedendo la parola agli interlocutori, nei primi cinque discorsi il custode affronta l’argomento del “bello poetico”, avvalendosi di altrettanti sonetti del Di Costanzo.99 Se la perfezione di un componimento deriva dall’equilibrio fra la “bellezza esterna” (“[…] che non d’altro vaga, che di lusingar coll’apparenza, s’attiene al solo dolce”) e quella “interna”, tesa a “celar, diciam così, sotto ruvidi massi preziose gemme”, Crescimbeni individua la “bellezza mista” nei versi del Petrarca e degli epigoni,100 campioni di chiarezza e di nitore stilistico, rifiutando l’artificiosità formale dei seicentisti e la difficoltà della lirica dantesca, definita alla stregua di un indovinello.101 Insieme all’imitazione dei “secondi Padri” della poesia greca (come Anacreonte e Pindaro), l’adesione all’“uso del comporre Petrarchevolmente” segnò lo scarto dalla proposta del Gravina.102 I capisaldi della linea crescimbeniana sono dunque ancorati alla compiutezza della lingua toscana (che “si può chiamar madre, per essere universalmente apparata, e parlata”), alla fedeltà al repertorio metrico della tradizione italiana e allo svolgimento della materia amorosa in “modo onesto, e metafisico”, come nel “religiosissimo Petrarca”,103 non senza l’eco dello spiritualismo platonico.104 Il dialogo 99 “Nell’assedio crudel che l’empia sorte”, “Quando al bel volto d’ogni grazia adorno”, “Mentre a mirar la vera, ed infinita”, “Poi che vo’ ed io varcate avremo l’onde”, “Alpestra e dura selce onde il focile”; cfr. Angelo Di Costanzo, Le Rime […]. Sesta edizione accresciuta. Si aggiungono per la II volta le “Rime” di Galeazzo Di Tarsia, autore contemporaneo, Padova, Comino, 1750, pp. 35, 46, 51-2, 55 (ne La bellezza della volgar poesia i sonetti sono alle pp. 2-3, 19, 31, 55-6, 66). 100 La bellezza della volgar poesia, dialogo I, pp. 3-4. 101 Così Egina commenta il sonetto dantesco “Per quella via, che la bellezza corre”; ma è la canzone trilingue (provenzale, toscano, latino) “Ahi faulx ris per qè trai haves” a esemplare l’inintelligibilità della lirica del poeta fiorentino (ivi, dialogo II, pp. 17-9), di cui Gravina elogiò invece il valore didascalico: “[…] tolte[ne] alcune nobili e belle allegorie con le quali velò molti sentimenti morali, nel resto espose nude e co’ suoi propri termini le dottrine, e trasse col suo essempio al medesimo stile quei che dopo lui tennero il pregio della poesia” (Discorso sopra l’“Endimione”, p. 60). 102 La bellezza della volgar poesia, dialogo IV, p. 52. Sulla ricezione di Petrarca in Arcadia, si vedano, fra i numerosi contributi, Benedetto Croce, La letteratura italiana del Settecento. Note critiche, Bari, Laterza, 1949, pp. 93-105; Binni, L’Arcadia e il Metastasio, pp. 93-115; Elisabetta Graziosi, Vent’anni di petrarchismo (1690-1710), in La colonia Renia, vol. II, pp. 71-225; Francesco Tateo, Arcadia e petrarchismo, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 19-31; Giuseppe Nicoletti, Agli esordi del petrarchismo arcadico. Appunti per un capitolo di storia letteraria fra Sei e Settecento, in Il Petrarchismo nel Settecento e nell’Ottocento, a cura di Sandro Gentili e Luigi Trenti, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 31-66 (anche in Giuseppe Nicoletti, Dall’Arcadia a Leopardi. Studi di Poesia, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, pp. 13-53). 103 La bellezza della volgar poesia, dialogo IV, pp. 53-4. “Vogliono [i greci e i latini], che siccome la poesia debbe essere un’imitazione della natura in tutte le cose, così debba trattar gli amori in guisa naturale, che è lo stesso, che brutale; e si ridono del Petrarca, che per trattarli da buon Cristiano ritrovò il metafisico, e l’intellettuale. Ma questo veleno se ’l bea chi à stomaco da digerirlo: che noi a suo dispetto vogliamo esser Poeti, e Cattolici nello stesso tempo; e vogliam piacere al secolo con tutt’altro, che col mal costume” (ivi, dialogo IX, p. 189). La moralità dei contenuti sancita dalla settima legge (“Mala carmina et famosa obscoena superstitiosa impiave scripta ne pronunciantor”), a sua volta desunta dal primo avvertimento (“Non si cantino da’ pastori arcadi versi, né si dican prose, empie, satiriche, oscene e in qualsivoglia modo contro a’ buoni costumi”, cfr. Quondam, Nuovi documenti, p. 117), era avvalorata nelle Rime degli Arcadi da una dichiarazione largamente applicata nell’editoria fra Sei e Settecento (“Le 50 nono, incluso nella seconda edizione de La bellezza della volgar poesia (1712), illustra dunque l’orientamento estetico-teorico dell’Arcadia di Crescimbeni, reduce dallo scisma, aderente al “gusto del secolo […] XVIII nella Lirica Poesia Volgare, e segnatamente nel Sonetto”.105 Nella prima parte della conversazione il Paolucci e Pier Jacopo Martello esaminano le due scuole poetiche in auge, identificate negli autori che avevano animato il circolo cristiniano. All’indirizzo petrarchesco rappresentato dal Filicaia, che eluse l’imitazione pedissequa dell’auctoritas (“[…] il buon Polibo ha mostrato all’Italia, che la miniera della frase poetica è tuttavia inesausta, e ciascuno può arricchirsene a suo talento, ove adoperi con giudizio”),106 si accostano le “maniere Greche d’Anacreonte, e di Pindaro”, trasmesse dal Chiabrera al Menzini e al Guidi.107 Quanto alle forme metriche, dopo avere chiuso la breve parentesi sul madrigale, l’attenzione degli interlocutori si focalizza sul sonetto. “Di giusta grandezza, e di regolata armonia”, frutto di perizia linguistico-compositiva, musicabile e adatto per ogni argomento, “il più bello, il più nobile, e il più perfetto Poema” (a detta di Paolucci) era biasimato da chi “vuol darlo a credere per ispurio, e per istorpio, e aborto della nostra Poesia”,108 con chiara allusione al Gravina che difese la scelta guidiana del verso sciolto, affine al “tenore del parlar naturale”.109 Offrendo uno specimen della produzione accademica che pochi anni dopo sarebbe confluita nelle sillogi ufficiali, a Paolucci è demandato l’incarico di esporre le tipologie di sonetto praticate dalla sua cerchia. Muovendo dalla categoria petrarchesca, sono esposti i sonetti del reggiano Cesare Bigolotti (come “Del magnanimo Re, che col consiglio”, dedicato al principe parole fato, destino, deità, adorare, eterno, e simili, siccome anche ogni senso esprimente alcun rito del Gentilesimo, sono ornamenti Poetici, e non già sentimenti di veri Cattolici, quali professano d’essere gli Autori delle presenti Rime”; RdA, vol. I, p. [XXI]). Su tale consuetudine si veda Francesco Colagrosso, Un’usanza letteraria in gran voga nel Settecento, Firenze, Le Monnier, 1908, pp. 31-2. 104 La bellezza della volgar poesia, dialogo III, pp. 35-6. Cfr. Michele Mari, Venere celeste e Venere terrestre. L’amore nella letteratura italiana del Settecento, Modena, Mucchi, 1988, pp. 15-21. 105 La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, p. 165. 106 Ivi, p. 169. Il disappunto del Martello per l’allineamento a Petrarca (“Contuttociò […] il secol nostro ha preso il coraggio di non ritornare alla total soggezione Petrarchesca; ma coll’esempio del Tarsia, del Casa, del Tansillo, del Costanzo, del Rainieri, del Veniero, del Tasso, e d’altri simili non già ribelli, ma illustratori di quel divino Maestro, camminar per la via di lui, ma non già ricalcar le sue orme”) è confermato da Paolucci: “Ma, come anche ha considerato Mirtilo, ha il Petrarca il suo perfetto in tutte le cose, ed ha il suo imperfetto: or perché ha ad esser lodevole imitar l’imperfetto, e non abbiamo ad esser tenuti ad imitare il perfetto? Convien riflettere, che il Petrarca, si può dir, che inventasse, perché la nostra lirica in realtà da lui riconosce il bello, del qual fa pompa; e chi inventa va alle volte alla cieca, ed al buio: ma non per questo non avrà egli bene inventato, se ci avrà lasciata l’idea perfetta da seguitarlo con lode” (ivi, pp. 166-7 e 177). 107 Ivi, p. 167. 108 Ivi, pp. 174-5. 109 Gravina, Discorso sopra l’“Endimione”, p. 72. 51 Alessandro Sobieski) e del Paolucci, seguiti dagli endecasillabi di registro meno grave di Angelo Antonio Somai e di Vincenzo Leonio (“Quando l’Alma Real vider le stelle”, in omaggio a Cristina di Svezia), mentre quelli assai elaborati del romano Filippo Leers (come “Quando la Giovinetta d’Oriente”, per la morte del Menzini) precedono i versi del Martello di ritmo “vivace […], sì ne’ sentimenti, e nelle formole da esprimerli, come nella condotta”.110 L’indirizzo chiabreresco è invece rappresentato dal gusto idillico e miniaturistico dei sonetti di Giovanni Battista Felice Zappi (“Cento vezzosi pargoletti amori” e “Stassi di Cipro in sulla piaggia amena”), dal pindarismo di quelli del Guidi (come “Del grande Augusto rallegrossi l’ombra”), dai sonetti di ispirazione teocritea di Crescimbeni e Menzini (“Quel capro maledetto ha preso in uso” e “Mentr’io dormia sotto quell’elce ombrosa”) e dai sonetti di ottonari del lucchese Antonio Tommasi (“Quante, oh quante ingorde fiere” e “Questo capro maledetto”).111 Se dunque i dialoghi de La bellezza costituirono uno dei principali strumenti di divulgazione della poetica dell’accademia, L’Arcadia crescimbeniana ne esibì il manifesto ideologico e istituzionale attraverso la narrazione storica delle sue vicende, fino al 1705, “cavate da i libri di essa, e dall’altre memorie, che si conservano nel suo Archivio”.112 L’opera fu data alle stampe nel 1708 e non a caso riedita tre anni dopo, in pieno scisma, corredata del catalogo degli accademici e dell’elenco delle colonie, con la dedica a Maria Isabella Cesi Ruspoli principessa di Cerveteri, moglie di Francesco Maria che l’11 settembre 1707 aveva accolto gli arcadi sull’Esquilino, donando loro cinque anni dopo un teatro nel giardino Ginnasi sull’Aventino, progettato dall’architetto Giambattista Contini.113 Nel prosimetro favolistico, di dichiarata suggestione sannazzariana e strutturalmente analogo all’Accademia Tusculana del Menzini pubblicata postuma nel 1705,114 il racconto del viaggio delle dodici pastorelle verso 110 La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, pp. 180-4; anche in RdA, voll. I, pp. 9 e 12 (Paolucci), 203 e 211 (Somai), 226 e 232 (Leers), 315 e 317 (Leonio), II, 60 e 63 (Bigolotti), 244 (Martello, “Io vedea ne’ tuoi bruni occhi cervieri”). 111 La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, pp. 185-9; anche in RdA, voll. I, pp. 54 (Crescimbeni), 125 (Guidi), 293 e 296 (Zappi), II, 151-2 (Menzini), VI, 335 e 339 (Tommasi). 112 Crescimbeni, L’Autore a chi legge, in Id., L’Arcadia, pp. [ VI-VIII], a p. [VI]. La prima edizione (1708) reca invece la dedica a Maria Bernarda Ondedei Albani cognata di Clemente XI. Sul prosimetro si veda Amedeo Quondam, Gioco e società letteraria nell’“Arcadia” del Crescimbeni. L’ideologia dell’istituzione, in “Atti e memorie d’Arcadia”, s. III, vol. VI, fasc. 4 (1975-76), pp. 165-95. 113 L’Arcadia, pp. [III-V] e 329-67. Sulla sede procurata dal Ruspoli, e inaugurata dalla prolusione di Pier Jacopo Martello (PdA, vol. II, pp. 175-86), cfr. Memorie istoriche, pp. 66 e 231-2; Predieri, Bosco Parrasio, pp. 45-51; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, p. 19; Dixon, Between the Real and the Ideal, pp. 61-4. Su Contini si veda la voce di Hellmut Hager in DBI, vol. XXVIII, 1983, pp. 515-22. 114 L’Autore a chi legge, in L’Arcadia, p. [VI]. 52 l’Elide, per rivendicare il diritto a partecipare ai giochi olimpici, forma la cornice entro cui sfilano i personaggi e si svolgono i rituali del consesso.115 Giunte nel Bosco Parrasio, sito nella residenza del principe Vincenzo Giustiniani fuori Porta del Popolo (dove nel 1705 furono celebrati i ludi olimpici in onore degli arcadi defunti), agli occhi delle visitatrici si dispiegano i simboli dell’istituzione romana: il “boschereccio Teatro”, sede estiva delle “virtuose adunanze”, le “magnifiche Piramidi” erette in memoria degli adepti illustri durante i giochi nel 1705,116 e l’urna di Cristina di Svezia, a cui il drappello reca omaggio. La visita al Serbatoio permette invece al sottodecano Paolucci e al procustode ferrarese Giulio Cesare Grazini di offrire informazioni in merito alla gestione del sodalizio e di rievocare alcuni episodi di vita arcadica, dalla nascita alla cerimonia della rogazione delle leggi raffigurata in una tela appesa sulla parete destra dell’archivio, mentre fra i tomi sfogliati dalle dame figura anche il primo volume delle Vite degli Arcadi, edito nel 1708.117 Le pastorelle improvvisano una tornata poetica inaugurata dall’ode-canzonetta del Paolucci recitata dalla contessa Prudenza Gabrielli Capizucchi (“Bella Aglaura, invan Tu brami”)118 e seguita dall’ode del Grazini affidata a Petronilla Paolini Massimi (“Voi, cui fallace giovanil disio”),119 dai sonetti delle contesse Giulia Sarega Pellegrini e Clarina Rangoni di Castelbarco, recitati da Faustina Maratti Zappi,120 e dall’egloga piscatoria di 115 Il gruppo annovera le toscane Maria Alessandri Buonaccorsi (Leucride Ionide), Maria Selvaggia Borghini (Filotima Innia), Faustina Degli Azzi Forti (Selvaggia Eurinomia), Elisabetta Girolami Ambra (Idalba Corinetea) e Maria Settimia Tolomei Marescotti (Dorinda Parraside); le romane Prudenza Gabrielli Capizucchi (Elettra Citeria) e Faustina Maratti Zappi (Aglaura o Aglauro Cidonia); l’abruzzese Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide); la spellana Gaetana Passerini (Silvia Licoatide); la napoletana Giovanna Caracciolo (Nosside Ecalia); la genovese Pellegrina Maria Viali Rivaroli (Dafne Eurippea) e la parigina Marie Brulart de Sillery Gontieri (Cidippe Dereia); cfr. Onomasticon, pp. 9, 53, 72, 83, 90, 119, 128, 143, 160, 194, 229, 233. 116 L’Arcadia, p. 6; cfr. I Giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell’Olimpiade DCXXI in lode degli Arcadi defunti, e pubblicati da Gio. Mario De’ Crescimbeni Custode della medesima Arcadia, Roma, de Rossi, 1705, pp. 7-14. 117 L’Arcadia, pp. 5-25. Di Grazini figurano quarantatré sonetti in RdA, voll. VII, pp. 99-120; IX, 57. 118 L’Arcadia, pp. 27-9. Sulla Gabrielli Capizucchi, ascritta nel 1695, si vedano la voce di Crescimbeni nelle Notizie istoriche, vol. III, pp. 14-7; e Bibliografia romana, pp. 74-5. 119 L’Arcadia, pp. 29-31. Fra i numerosi contributi sulla poetessa, unica presenza femminile accolta nella serie delle Vite degli Arcadi (cfr. Pietro Antonio Corsignani, Vita di Petronilla Paolini Massimi […], in VdA, vol. IV, pp. 223-39), si vedano Croce, La letteratura italiana del Settecento, pp. 37-50; Luisa Ricaldone, La scrittura nascosta. Donne di lettere e loro immagini tra Arcadia e Restaurazione, ParisFiesole, Champion-Cadmo, 1996, pp. 133-53; e Michela Volante, Consonanze e divergenze, rispetto ai dettami dell’Accademia d’Arcadia, nella poesia di Petronilla Paolini Massimi, in L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, pp. 225-40. 120 L’Arcadia, pp. 32-4 (anche in RdA, voll. VI, pp. 217-8, e VII, 216-7); per i sonetti della Sarega Pellegrini (“Fra queste selve, e questi boschi errante”, “Come potrò cantar, com’io solea”, “Per mia ventura a rivedervi io torno”) e della Rangoni di Castelbarco (“Della mia gioventù nel primo fiore”, “Mira, Erminia gentil, come qui intorno”, “Sillo, nol niego: la dolente, e cara”) cfr. Viola, Canoni d’Arcadia, pp. 88-9. Su Faustina Maratti Zappi, ammessa nel 1704, si vedano Maier, Rimatori d’Arcadia, 53 Crescimbeni (Lucrina) letta da Gaetana Passerini.121 Incuneata nel tessuto narrativo e costituita dai componimenti ordinati nelle miscellanee ufficiali (secondo la pratica consolidata del ri-uso dei testi a fini promozionali), questa prima parentesi lirica convalida il valore ludico-mondano della prassi letteraria arcadica tradotta nei termini di un piacevole intrattenimento aristocratico, come si evince anche dagli altri episodi “non solo di maggior durata ma articolati in modo da superare l’espediente occasionale”.122 Nel terzo libro, la cena nella capanna di monsignor Leone Strozzi è inframmezzata da tre esecuzioni estemporanee (il brindisi di Antonio Maria Salvini, le stanze di Pompeo Figari su un tema suggerito dalla Paolini Massimi, e l’ode-canzonetta di Lorenzo Magalotti),123 e in quello successivo il gioco dell’“Oracolo” anticipa un altro “divertimento” che caratterizza le usanze del sodalizio, e cioè l’apertura casuale di una raccolta di poeti del Cinque-Seicento seguita dalla lettura di ciò che la sorte “porterà avanti gli occhi”.124 Allo stesso modo, la recita della corona poetica per la laurea di Annibale Albani (1704) diventa un passatempo per le pastorelle e il senese Marsilio Mariani che rientrano alla capanna del fisico Pirro Maria Gabrielli (V),125 vicecustode della colonia Fisiocritica, mentre le due tornate speculari organizzate dalle ninfe nel boschetto del Salvini e dai pastori nella capanna di Niccolò Giudice (VI),126 così come pp. 31-43 (altresì autore della monografia Faustina Maratti Zappi donna e rimatrice d’Arcadia, Roma, L’Orlando, 1954, pp. 21-113); Ricaldone, La scrittura nascosta, pp. 153-60; e Serena Veneziani in DBI, vol. LXIX, 2007, pp. 451-3. 121 L’Arcadia, pp. 34-44 (anche in RdA, vol. I, pp. 107-20). 122 Quondam, Gioco e società letteraria, p. 170. 123 L’Arcadia, pp. 114-5 (Salvini, “Dammi qua, dammi, o Quartilla”), 117-20 (Figari, “Nitilo, o tu, cui fan del pari illustre”), 122-7 (Magalotti, “Odi, Nise, che vivanda”; anche in RdA, vol. IV, pp. 224-9). Per il Salvini si veda la biografia redatta da Mario Guarnacci in VdA, vol. V, pp. 85-103, mentre per Magalotti, segretario dell’accademia del Cimento (1660), cfr. Cesare Preti-Luigi Matt in DBI, vol. LXVII, 2006, pp. 300-5 (a cui rinvio anche per ulteriori indicazioni bibliografiche). 124 L’Arcadia, p. 157. Per i componimenti (fra i quali il madrigale di Cristina di Svezia “Io sono il Tempo alato”) e gli autori estratti (fra i quali Michelangelo e Tasso), ivi, pp. 158-73. Cfr. Quondam, Gioco e società letteraria, pp. 172-3. 125 L’Arcadia, pp. 191-8; la corona è confluita in RdA, vol. IX, pp. 155-69. 126 Entrambe le tornate si aprono con un ragionamento in prosa, rispettivamente letto da Marie Brulart de Sillery Gontieri (L’Arcadia, pp. 223-5) e da Vincenzo Leonio (ivi, pp. 235-44). Nell’accademia femminile (L’Arcadia, pp. 226-30) sono recitati soltanto i sonetti (come quelli della Maratti Zappi, “Non so per qual ria sorte, o qual mio danno”, e della Paolini Massimi, “Sdegna Clorinda a i femminili uffici”; anche in RdA, voll. I, pp. 165, e II, 29), mentre in quella maschile sono esibite più soluzioni metriche: dal sonetto dello Zappi (“Un cestellin di paglie un dì tessea”, p. 249) alla canzone del Filicaia (“Padre del muto oblio”, pp. 245-7), dall’ode-canzonetta di Pier Andrea Forzoni Accolti (“Violetta pallidetta”, pp. 247-8) al sonetto anacreontico di ottonari di Angelo Antonio Somai (“Qui, di Ninfe a un nobil coro”, pp. 252-3), dall’egloga del Leonio (“O ruscelletto avventuroso a pieno”, pp. 256-9) al ditirambo di Anton Domenico Norcia (“Dardipotente Arciero”, pp. 260-2); cfr. anche RdA, voll. I, pp. 291 (Zappi), 354-7 (Leonio), e VIII, 277-9 (Filicaia). 54 l’accademia per musica approntata da Alessandro Scarlatti (VII),127 replicano le consuete cerimonie arcadiche. La curiosità delle visitatrici qualifica l’approccio alle esperienze storico-scientifiche; con la promessa di assistere a una “delle maggiori maraviglie, che nelle stravaganze de’ malori possano accadere”, le viaggiatrici presenziano all’esperimento su un tarantolato condotto dal medico Giorgio Baglivi (libro II), 128 mentre la visita al museo dello Strozzi ordinato in “armari” svela loro “un vasto teatro di maraviglie”, naturali e artistiche.129 Con atteggiamento non diverso il gruppo ammira le tele di Carlo Maratti, padre di Faustina e principe dell’accademia di S. Luca (1664), la biblioteca e la strumentazione scientifica del Gabrielli, e ascolta con interesse l’analisi (ad opera del senese Girolamo Gigli) delle allegorie su un vaso donato da Crescimbeni a Gabrielli.130 Neanche il rifiuto di Antonio Magliabechi a concedere ospitalità nella sua capanna frena l’indiscrezione delle dame, che eludono il divieto sbirciando a turno, “dal pertugio della chiave”, il “Caos di libri, disordinatamente ammonticati da per tutto, e infino sopra l’orlo del pozzo, e così ricoperti di polvere, che appena si distingueva ciò, che si fossero”.131 In virtù della deroga concessa nel 1701, Crescimbeni ammette le pastorelle ai giochi olimpici, offrendo di questi una descrizione nel libro settimo.132 Precedute dalla lettura del regolamento da parte del custode, le gare si aprono con la prova dell’“Oracolo”, a cui Crescimbeni e Leonio partecipano interpretando la profezia della Sibilla, seguita dalle “Contese”, dove Domenico Ottavio Petrosellini e Paolo Rolli si confrontano in un’egloga dialogica, e da quella dell’“Ingegno”, protagonisti lo Zappi e Filippo Leers che recitano odi-canzonette frutto della “felicità della mente nel concepire e produrre” e della “vivacità dello spirito nel vestire con poetica leggiadria ciò che si produce”.133 Ultime sono le gare delle “Trasformazioni”, in cui il concorrente deve esprimere in un sonetto “in che cosa più volentieri egli si cangerebbe”, e delle “Ghirlande” di madrigali 127 L’accademia annovera due cantate (“Dunque, o vaga mia Diva” e “Vorrei un Zeffiretto”) e due arie dello Zappi (“Dolce udir sull’erbe assiso” e “Amor con me, con voi”); cfr. L’Arcadia, pp. 289-93. 128 Ivi, pp. 69-70 e 72; cfr. Quondam, Gioco e società letteraria, pp. 178-80. 129 L’Arcadia, pp. 91-112. 130 Ivi, pp. 133-6, 177-190, 198-204, 208-14. Su Carlo Maratti cfr. il profilo di Luca Bortolotti in DBI, vol. LXIX, 2007, pp. 444-51 (anche per gli aggiornamenti bibliografici). 131 L’Arcadia, p. 131. Per un profilo biografico del bibliotecario mediceo, dalla figura “squallida […], e macilenta, e rabbuffata, e scomposta tutta nel crine, e nel mento; e sì inculta nelle vestimenta, che a chi non l’avesse conosciuto, non sarebbe certamente paruto quel grande, e valente Uomo, che egli era” (ibidem), si veda Massimiliano Albanese in DBI, vol. LXVII, 2006, pp. 422-7. 132 Cfr. Bilinski, Dall’agone ginnico alle contese di poesia, pp. 147-57. 133 L’Arcadia, pp. 297-300 (“Oracolo”), 300-4 (“Contese”), 305-8 (“Ingegno”). 55 da intrecciare in onore delle viaggiatrici.134 Alla conclusione della cerimonia, Crescimbeni intona l’ode Per li vincitori de’ Giuochi Olimpici, dominata dal topos della supremazia della ragione sulla forza fisica esibita negli antichi agoni ginnici: Arcadia, eccelsa Arcadia, a miglior usi tu l’affanno volgesti, e ’l fier talento del costume antico. Ire innocenti, e saggi sdegni onesti sopra il duro nemico per te vedemmo in bel pugnar diffusi. Sei ben di Grecia Erede: ma tanto ella a te cede, quanto è più illustre, e degno 135 del valor della man quel dell’ingegno. I rapporti con le istituzioni ecclesiastiche, il sostegno delle colonie, la divulgazione strategica delle opere-chiave e del manifesto ispirato agli ideali di semplicità pastorale e di leggiadria petrarchesco-anacreontica sancirono la supremazia della corrente crescimbeniana su quella del Gravina, che condusse invece un’opposizione ideologicamente agguerrita, ma debole sul piano organizzativo. L’esperienza autonoma dell’Arcadia Nuova, esauritasi nel 1714, e l’incompatibilità con il conservatorismo romano, aggravata dall’orientamento filo-imperiale del principe Odescalchi, segnarono l’emarginazione del gruppo scissionista che, nel tentativo di fare proseliti a Napoli attraverso la colonia istituita da Carlo Nardi nel 1711 (cui Gravina non aderì), si scontrò di nuovo con Crescimbeni, quando l’anno dopo quest’ultimo diramò alle colonie l’Informazione del motivo della ribellione fatta in Arcadia indirizzandola a Biagio Maioli d’Avitabile, vicecustode della Sebezia, che a sua volta rinnovò la fedeltà al custode.136 3. Annunciato nell’avviso ai lettori nel primo volume delle Rime degli Arcadi, il progetto editoriale originariamente articolato in “quattro Ordini” di poesie e prose, in volgare e in latino, raccolte in dieci volumi si inserì nel piano di rilancio dell’accademia varato dal custode subito dopo la crisi nel 1711, per promuovere i risultati di un’attività 134 Ivi, pp. 308-14 (“Trasformazioni”) e 315-7 (“Ghirlande”). Ivi, pp. 317-9, a p. 318, vv. 41-50 (anche in RdA, vol. I, pp. 98-100). 136 Quondam, Nuovi documenti, pp. 105-13 e 201-7 (Informazione del motivo della ribellione fatta in Arcadia). Si veda anche Antonio Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, in “Atti e memorie d’Arcadia”, s. III, vol. V, fasc. 2-3 (1971), pp. 101-166, alle pp. 104-16. Per le missive del Maioli d’Avitabile a Crescimbeni (19 gennaio e 20 aprile 1715) cfr. Quondam, Dal Barocco all’Arcadia, p. 1088, n. 52. 135 56 letteraria quasi trentennale.137 Le sillogi erano destinate ad aggiungersi alle altre crestomazie edite in quel periodo: l’antologia procurata da Crescimbeni ne L’Istoria della volgar poesia (1698);138 il quarto libro della Perfetta poesia italiana del Muratori (1706); la Scelta di sonetti, e canzoni de’ più eccellenti rimatori d’ogni secolo, pubblicata a Bologna dal pesarese Agostino Gobbi (coadiuvato da Eustachio Manfredi) nel 1709-11, e più volte ampliata e ristampata;139 le Rime scelte di poeti illustri de’ nostri tempi (1709), per lo più arcadi della colonia genovese, raccolte a Lucca dall’avvocato Bartolomeo Lippi e da Antonio Tommasi.140 Ai primi nove volumi delle Rime (1716-22) se ne affiancarono quattro di Vite (1708-27), tre di Notizie istoriche degli Arcadi morti (1720-21),141 altrettanti di Prose (1718), di cui l’ultimo recante in calce i cataloghi degli iscritti, delle colonie e delle rappresentanze, e la prima parte degli Arcadum carmina (1721). Inoltre, figurarono le miscellanee date alle stampe in occasione dei giochi olimpici142 e i volumi dello stesso Crescimbeni, autore di versi (raccolti in tre edizioni nel 1695, 1704 e 1723) e di studi documentari sulle chiese romane, principalmente la basilica di S. Maria in Cosmedin, di cui fu nominato canonico nel 1705 e arciprete nel 1719.143 137 Crescimbeni, A chi legge, in RdA, vol. I, pp. [XIII-XVI], a p. [ XIII]. Su L’Istoria, riedita con i Comentarj (Venezia, Basegio, 1730-31, 6 voll.), elaborati tra il 1702 e il 1711, si vedano Franco Arato, La storiografia letteraria nel Settecento italiano, Pisa, ETS, 2002, pp. 1775 (in particolare le pp. 17-61); e Concetta Ranieri, Eruditi e “valentuomini”. “Il virtuoso conversare” intorno all’“Istoria della volgar poesia” di Giovan Mario Crescimbeni, in Studi di Italianistica per Maria Teresa Acquaro Graziosi, a cura di Marta Savini, Roma, Aracne, 2002, pp. 259-79. 139 Scelta di sonetti, e canzoni de’ più eccellenti rimatori d’ogni secolo […]. Quarta edizione con nuova aggiunta, a cura di Agostino Gobbi, Venezia, Basegio, 1739, 4 voll. (I ed., Bologna, Pisarri, 1709-11; II ed., Bologna, Pisarri, 1718; III ed., Venezia, Basegio, 1727); cfr. Amedeo Quondam, Petrarchismo mediato. Per una critica della forma “antologia”, Roma, Bulzoni, 1974, pp. 26-31. Su Gobbi si veda la voce di Anna Laura Saso in DBI, vol. LVII, 2001, pp. 478-9. 140 Cfr. Concetta Ranieri, Un’edizione di poeti arcadi nel carteggio tra G. M. Crescimbeni e B. Lippi in S. Maria in Cosmedin, in “Roma moderna e contemporanea”, I (settembre-dicembre 1993), pp. 139-53. Sulle crestomazie si vedano Lucia Dainesi, Le antologie poetiche nell’età dell’Arcadia, in “Giornale storico della letteratura italiana”, LXXXI (1964), pp. 557-73; Duccio Tongiorgi, «Nelle grinfie della storia». Letteratura e letterati fra Sette e Ottocento, Pisa, ETS, 2003, pp. 9-23; Corrado Viola, Canoni d’Arcadia, pp. 155-195. 141 Cfr. Antonio Grimaldi, Note sul genere biografico nella prima Arcadia romana, in Biografia: generi e strutture, a cura di Mauro Sarnelli, Roma, Aracne, 2003, pp. 219-30. 142 Per le pubblicazioni dei giochi olimpici cfr. Bilinski, Dall’agone ginnico alle contese di poesia, pp. 165-7. 143 L’Istoria della Basilica diaconale collegiata, e parrocchiale di S. Maria in Cosmedin di Roma e Stato della Basilica […] di S. Maria in Cosmedin […] (Roma, de Rossi, 1715 e 1719). Promosso da Clemente XI nel 1719, il restauro della piazza adiacente alla chiesa fu celebrato in una corona di sonetti confluita in RdA, vol. IX, pp. 87-101. Del Crescimbeni sono anche L’istoria della Chiesa di S. Giovanni avanti Porta Latina e le Memorie istoriche della miracolosa immagine di S. Maria delle Grazie esistente in Roma nella V Chiesa, detta già S. Salvatore in Lauro, ed ora S. Maria di Loreto della Nazione Picena (Roma, de Rossi, 1716). Si veda Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 147, 160 e 183-4. 138 57 Al custode, accusato di gestione impropria dei fondi riservati alla stampa delle cinquecentoventicinque copie del primo tomo delle Vite, raccolti attraverso una forma di autotassazione, fu accordata dal Collegio arcadico la piena responsabilità economica dell’impresa, a cui verosimilmente poté provvedere in virtù del sostegno degli ambienti curiali e aristocratici.144 La centralizzazione del programma culturale, unita all’interesse per lo più rivolto agli autori romani (nel primo volume delle Prose Crescimbeni adduce giustificazioni di natura editoriale per escludere i contributi delle periferie arcadiche),145 mirava a imporre la linea riformatrice messa a punto dallo stesso Crescimbeni: Per lo total risorgimento del buon gusto nelle belle lettere cotanto in Italia nel passato Secolo deteriorato, fu istituita, ha ventisei anni, in Roma la Ragunanza degli Arcadi, la quale con tal fervore, e attenzione vi si è adoperata, che ha conseguito pienissimamente il suo fine; veggendosi quelle coltivate universalmente con ogni più esquisita maniera, e per avventura con qualche novità, e leggiadria di più, che prima della caduta non godevano. Io [Crescimbeni] metto al pubblico questo sentimento; perché di vero tale fu il fine dell’istituzione d’Arcadia; e perché tutti gli Autori, che in simili materie hanno scritto nel corso del tempo suddetto, ben dall’esito conoscendo la verità, una sì bella gloria le concedono.146 La produzione arcadica fu affidata alle cure dell’editore-libraio Antonio De Rossi proprietario della tipografia di Piazza di Ceri (trasferitasi nel 1719 in via del Seminario Romano) e stampatore ufficiale dell’accademia (per segnalazione del cardinale Ottoboni), allineato su posizioni di “discreto conservatorismo” e di “regolata ortodossia” (nel catalogo figurano, fra gli altri, due volumi di orazioni e tre di carmina del gesuita Carlo d’Aquino, insegnante di retorica del Crescimbeni a Macerata).147 Le 144 Per le vicende editoriali delle Vite degli Arcadi si vedano Quondam, L’istituzione Arcadia, pp. 413-6; Bonazzi, Dal «Serbatoio» alla biblioteca dell’Arcadia, pp. 20-1; e Concetta Ranieri, Giovan Mario Crescimbeni e la sua «libraria». Un’accademia in una biblioteca, in “Roma moderna e contemporanea”, IV (settembre-dicembre 1996), pp. 577-94, alle pp. 579-81. 145 Scrive Crescimbeni: “a’ Deputati è paruto dovere, che la scelta di questi primi Tomi si facesse unicamente di tali Discorsi, senza ammettervi quelli fatti o nelle Adunanze delle Colonie, o fuori affatto d’Arcadia da’ Letterati forestieri, che sono Arcadi: sì perché l’Arcadia è fondata in Roma, e però dee questa preferirsi: sì anche perché il fare altramente non sarebbe riuscito agevole per l’infinità delle Prose, che sarebbero capitate da tutte le parti d’Italia, per non dire d’Europa, per la quale gli Arcadi sono sparsi; le quali essendo tutte buone, come si può supporre, che sieno, sarebbesi dovuto ammetterle tutte; e per conseguenza non pochi tometti, come si vuole, e si dee fare, ma infiniti volumi sarebbe convenuto e per giustizia, e per convenienza di farne” (A chi legge, in PdA, vol. I, pp. [IX-XI]). 146 Così Crescimbeni illustra la finalità dell’accademia nella lettera prefatoria in RdA, vol. I, pp. [III-XII], alle pp. [III-IV]. 147 Sull’editore si vedano Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. VII-XXIX (si cita da p. X); Franchi, Le impressioni sceniche, pp. 655-82. Per le opere di Carlo d’Aquino (sul quale cfr. Mancurti, Vita di Gio. Mario Crescimbeni, p. 215), Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 28, 34, 47 e 54-5. Per il testo del contratto stipulato fra De Rossi e Crescimbeni il 2 luglio 1708, a ridosso della stampa del primo volume 58 scelte dei dedicatari ubbidirono invece alla “pratica di inserimento nelle clientele più forti”.148 A Clemente XI, promotore di opere pubbliche assegnate ai vincitori del concorso Clementino bandito annualmente (dal 1702) dalla capitolina accademia di S. Luca (o del Disegno), furono offerti i primi volumi delle Vite e delle Prose,149 mentre ai nipoti Alessandro e Annibale Albani venne indirizzato il quarto tomo della serie biografica. Quest’ultima è completata dalle dediche ai cardinali Pietro Ottoboni (t. II), altresì destinatario del nono volume delle Rime, e a Francesco Maria Casini (t. III), al quale Gregorio Redi (vicecustode della colonia Forzata) indirizzò due sonetti per la promozione al cardinalato di S. Prisca (1712), mentre Crescimbeni e l’abate Tommaso Alessandro Vitali ne lodarono i cicli di prediche tenute nel palazzo Apostolico fra il 1698 e il 1712. 150 Le altre crestomazie prosastiche (tt. II e III) furono dedicate rispettivamente al cardinale forlivese Fabrizio Paolucci, nunzio a Colonia nel 1696-98 e segretario di Stato di Clemente XI, e a Giovanni Cristoforo Battelli bibliotecario pontificio.151 Le Notizie istoriche sono invece offerte al cardinale Giuseppe Vallemani (t. I), archivista vaticano nel 1670 e segretario della congregazione dei Riti, all’arcivescovo ravennate Girolamo Crispi uditore del tribunale della Sacra Rota (t. II), e a Francesco De Vico supervisore della basilica di S. Giovanni in Laterano (t. III).152 delle Vite, si veda Ranieri, Un’edizione di poeti arcadi, pp. 151-3; sul ruolo dell’Ottoboni nella scelta del De Rossi, ivi, pp. 140-1, n. 6. Quanto all’editoria romana nel XVIII secolo, si vedano Panfilia Orzi Smeriglio, Introduzione, in Il libro romano del Settecento. La stampa e la legatura, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1959, pp. 7-23; Francesco Barbieri, Per una storia del libro. Profili, note, ricerche, Roma, Bulzoni, 1981, pp. 197-235, alle pp. 216-21; Maria Iolanda Palazzolo, Editoria e istituzioni a Roma tra Settecento e Ottocento. Saggi e documenti, Roma, Archivio Guido Izzi, 1994, pp. 3-27. 148 Quondam, L’Arcadia e la «Repubblica delle lettere», p. 206. 149 Sul coinvolgimento degli arcadi nelle attività dell’accademia di S. Luca si veda, ad esempio, Il premio tra gli applausi del Campidoglio per l’Accademia del Disegno celebrata il dì 7 maggio 1705 presedendo il cavalier Carlo Maratti celebre dipintore, descritto da Giuseppe Ghezzi pittore, e segretario accademico; e dedicato dagli accademici alla santità di N.S. Clemente XI Pont. Ott. Mass. (Roma, Zenobi, 1705), in cui l’elenco dei premiati nelle tre discipline (pittura, scultura e architettura) è preceduto dalla Relazione del Ghezzi (pp. 9-18), dal discorso di Ulisse Giuseppe Gozzadini dedicato al pontefice (pp. 19-38) e dalla sezione poetica (pp. 39-57) che contempla, fra gli altri, i sonetti di Guidi (“Vidi tre Donne lungo il Tebro afflitte”, p. 43) e dello Zappi (“Dorme Piero in catene; e splende intanto”, p. 47). Cfr. anche Le belle arti in lega con la poesia per l’Accademia del Disegno celebrata in Campidoglio il dì 6 maggio 1706 (Roma, Zenobi, 1706), dove figurano il sonetto dello Zappi sul Mosè di Michelangelo (“Chi è costui; che in dura pietra scolto”, p. 45; anche in RdA, vol. I, p. 283) e quello di Crescimbeni per il disseppellimento della colonna Antonina nel 1705 (p. 47; anche in RdA, vol. I, p. 67). Sull’argomento cfr. Aequa potestas. Le arti in gara a Roma nel Settecento, a cura di Angela Cipriani, Roma, Edizioni De Luca, 2000, pp. 1-18 e 151-68 (a cui rinvio anche per le informazioni bibliografiche). 150 RdA, vol. IX, pp. [III-IX]. Su Casini cfr. Moroni, vol. X, 1841, p. 144; e Claudio Mutini in DBI, vol. XXI, 1978, pp. 359-61. Cfr. RdA, voll. I , pp. 57-8 (Crescimbeni), IV , 34 (Redi), VI, 230 (Vitali). 151 Su Paolucci si vedano Moroni, vol. LI, 1851, p. 145; e la scheda biografica in Platania, Gli ultimi Sobieski e Roma, pp. 473-4; per Battelli cfr. SI, vol. II, pt. I, pp. 547-8, e IBI, vol. I, p. 394. 152 Su Vallemani cfr. Moroni, vol. LXXXVIII, 1858, pp. 50-1; IBI, vol. X, p. 4194 (su Crispi, ivi, vol. IV, p. 1322). 59 Il primo volume delle Rime fu intitolato a Francesco Maria Ruspoli principe di Cerveteri, autore di un sonetto incluso nel quinto tomo, del quale era dedicataria la moglie Maria Isabella Cesi.153 Il secondo si apre con la lettera prefatoria a Maria Costanza Buoncompagni principessa di Bassano, consorte di Vincenzo Giustiniani che ospitò le gare olimpiche nel 1705. 154 Gli echi dei successi conseguiti dalle truppe di Carlo VI contro i turchi nella battaglia di Petervaradino e nella presa di Temesvar (1716) si colgono nel terzo volume per il principe Eugenio di Savoia, comandante degli eserciti imperiali. I componimenti sul tema, recitati nell’adunanza del 17 settembre 1716, quando il tomo (che comprende testi dissonanti con la dedica) era già in corso di stampa, furono ordinati in un’ampia sezione in calce, così come ai versi in occasione della conquista di Belgrado (1717) fu riservata l’appendice nel settimo volume, indirizzato ai principi Filippo Maurizio e Clemente Augusto Wittelsbach, figli dell’elettore di Baviera Massimiliano Clemente XI, II Emanuele.155 A Carlo Albani, nipote di il custode dedicò il quarto tomo, mentre riservò il sesto e l’ottavo rispettivamente a Giovanni Antonio Moncada principe di Monforte e al senese Marco Antonio Zondadari, altresì elogiato nella corona di sonetti per la nomina a gran maestro dell’ordine gerosolimitano (1720).156 I testi inviati all’accademia e conservati nel Serbatoio erano sottoposti dal custode, “alla rinfusa”, e in veste anonima, a una commissione che dopo averli selezionati, “senza altro riflesso, che di fare onore a sé, e a’ suoi Pastori, e utile alla letteraria Repubblica”, li destinava alle Rime in ordine alfabetico d’autore (nome pastorale), corredate dello stemma dell’accademia.157 Esula in parte da questa impostazione il tomo 153 RdA, voll. I, pp. [III-XII], V, [III-X] e 252 (“D’Arcadia un tempo il peregrino ovile”); del Ruspoli è anche l’egloga “Hic ubi consociant Ilex, et Fraxinus umbram”, in AC1, pp. 214-6. Alla Cesi è dedicata la seconda edizione de L’Arcadia (1711). 154 RdA, vol. II, pp. [III-VIII]. 155 Ivi, voll. III, pp. [III-IX] e 341-95; VII, [III-XI] e 347-82. Sull’argomento cfr. Rosa Necchi, Marte nel Bosco Parrasio. La rappresentazione della guerra nelle “Rime degli Arcadi”, in Per violate forme. Rappresentazioni e linguaggi della violenza nella letteratura italiana, a cura di Fabrizio Bondi e Nicola Catelli, Lucca, Pacini Fazzi, 2009, pp. 47-60. In merito alla raccolta dei Componimenti delli Signori Accademici Quirini in lode del Serenissimo Principe Eugenio di Savoia recitati nella Galleria dell’Eminentissimo Corsini in occasione delle Vittorie d’Ungheria l’anno MDCCXVII, del 1717, in cui l’adesione alla linea filo-imperiale contrasta con il ritratto di Eugenio eroe cristiano offerto dagli arcadi, cfr. Beatrice Alfonzetti, Eugenio eroe perfettissimo. Dal canto dei Quirini alla rinascita tragica, in “Studi storici”, XLV (2004), pp. 259-77. 156 RdA, voll. IV, pp. [III-X], VI, [III-XI], VIII, [iii-vi] e II-xvi (corona poetica inclusa anche nel vol. IX, pp. 173-87). Su Zondadari cfr. Memorie istoriche, p. 240; e IBI, vol. X, p. 4380. 157 Crescimbeni, A chi legge, in RdA, vol. I, pp. [XIII-XVI]. È dell’11 febbraio 1710 il documento sottoscritto dal custode e dai colleghi Leonio e Bigolotti sulla costituzione della “Società” editrice interna all’accademia: “[…] ogni volta che desiderino [gli arcadi] di farle pubblicare [le opere] da essa medesima, ne diano notizia al medesimo Custode, per poi mandarle in Roma franche di porto: perché 60 nono, che reca un titolo anomalo rispetto alla serie e ne integra l’offerta metrica, ospitando altresì un numero cospicuo di ditirambi, alcuni dei quali già editi singolarmente “in libricciuoli di poche carte”.158 Aperta dalla ghirlanda di sonetti per Innocenzo XIII e seguita, fra gli altri, dai serti per le lauree di Annibale (1704) e Alessandro Albani (1717), e per la nomina di Carlo VI (1711), la crestomazia annovera inoltre la Festa poetica allestita durante le celebrazioni natalizie (4 gennaio 1722) nella Cancelleria Apostolica del cardinale Ottoboni (dove, nel 1710, la rappresentazione del suo dramma Costantino Pio offrì l’argomento per una ghirlanda di sonetti),159 e l’egloga Il ferragosto recitata da Crescimbeni e dallo Zappi nel cenacolo ottoboniano (1701).160 Quanto agli oltre duecento rimatori antologizzati nei primi otto volumi,161 accanto a Crescimbeni e a sei fondatori (Figari, Del Nero, Leonio, Paolucci, Stampiglia, Zappi)162 figurano poeti di origine aristocratica, con il nutrito drappello dei nobili napoletani,163 e quando da essa Adunanza vengano approvate mediante i suoi Deputati, ne sarà a’ debiti tempi ordinata la stampa, secondo le forze della Società, la quale lascerà libere le Dediche agli Autori” (BAR, ms. 18, cc. 234r-238v, a c. 234v). Relativamente all’uso degli pseudonimi e del simbolo, i permessi rilasciati dalla commissione erano così articolati (1715): “Essendovi la relazione degli otto deputati sopra il 4° tomo delle Rime degli Arcadi, che si legge, se vogliano conceder licenza agli Autori di mettere nella stampa i loro nomi Pastorali, e al Collettore in frontispizio l’insegna del Comune = si conceda secondo la solita formola” (BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. III, c. 253). 158 Raccolta di varj poemetti lirici, drammatici, e ditirambici degli Arcadi. Tomo primo, che è il nono delle Rime, Roma, de’ Rossi, 1722, p. [X]. 159 Franchi, Drammaturgia romana, p. 70. Per la corona poetica cfr. RdA, vol. IX, pp. 189-205. 160 RdA, vol. IX, pp. 1-42, 103-19, 153-69, 207-23, 241-93. 161 Secondo Quondam, che ha rilevato “la coerenza del rapporto percentuale della composizione sociale assoluta dell’Arcadia e della rappresentanza delle Rime”, il peculiare allestimento del nono volume non consente “rilevazioni complessivamente valide” (cfr. L’istituzione Arcadia, pp. 408-10 n., 411 e 437 [tav. 10]). 162 Per Crescimbeni cfr. RdA, voll. I, pp. 52-120; III, 344-5; VIII, [xvi] e 23-40; IX, 42, 84, 101, 119, 136, 152, 169, 187, 205, 209, 223-57, 335-49. Per i fondatori, ivi, voll. I, pp. 1-51, 259-82, 282-311, 312-78 (Paolucci, Del Nero, Zappi, Leonio); II, 266-94 e 370-89 (Figari, Stampiglia); III, 392-3 e 389 (Zappi, Stampiglia); VII, 379, 380-1, 382 (Stampiglia, Zappi, Leonio); VIII, [XII], 257-62, 303-20, 331-41, 343-4 (Stampiglia, Del Nero, Zappi, Leonio); IX, 64, 97, 118, 139, 196, 220 (Paolucci), 106 e 191 (Leonio), 46, 123, 151, 167 e 195 (Figari), 54 e 183 (Stampiglia), 82, 197, 214, 241-57 (Zappi). Lo Zappi è autore di due orazioni rispettivamente recitate nel Bosco Parrasio (25 maggio 1700) e in Campidoglio, per l’apertura dell’accademia del Disegno (1702), e di una declamazione in risposta a Leonio (25 luglio 1695), di cui sono invece il racconto di un sogno “intorno a i due Amori sensuale, e ragionevole”, letto in Arcadia nel 1696 e interpretato da Crescimbeni (cfr. Mari, Venere celeste e Venere terrestre, p. 21), e i ragionamenti Per difesa d’alcune costumanze della moderna Arcadia (1698) e De i Greggi, e de gli Armenti de i moderni Pastori d’Arcadia (1711); cfr. PdA, vol. I, pp. 211-30, 231-73, 274-98, 299-316, 317-34, 352-62. Di Paolucci è il discorso sullo spartano Chilone, tenuto nell’accademia Ottoboniana nel 1703, “per provare, che i sette Savj della Grecia non meritavano il titolo di Savj”; occasione a cui partecipò anche Leonio, con una riflessione sul rodiese Cleobulo (ivi, voll. I, pp. 335-51, e III, 39-57). 163 Si vedano, ad esempio, Carmine Niccolò Caracciolo principe di Santobuono, Giuseppe Leopoldo e Carlo Sanseverino principi di Bisignano, Giovanni e Gabriele Enriquez principi di Squinzano e Francesco Maria Carafa principe di Belvedere, dedicatario della prosa letta da Crescimbeni nel Bosco Parrasio, nel 1694 (PdA, vol. I, pp. 1-20; sul Carafa si veda inoltre il profilo di Alessandro Pompeo Berti nelle Notizie istoriche, vol. I, pp. 213-8), in RdA, voll. III, pp. 206-8; V, 367-70; VI, 51-2, 112, 285-92; VIII, [III] e 342-3; IX, 174. 61 di estrazione ecclesiastica, dagli abati ai gradi alti della gerarchia. Varia è la composizione del “terzo stato”: burocrati (come l’urbinate Andrea Diotallevi segretario di Alessandro Albani), senatori (fra i quali il fiorentino Alessandro Segni),164 cavalieri (il veronese Emilio Emili dell’Ordine di Malta), giuristi (come il romano Francesco Maria Gasparri e il fiorentino Francesco Forzoni Accolti),165 “dottori” come Alessandro Marchetti, docente di matematica nell’ateneo pisano (1677) e noto traduttore di Lucrezio e di Anacreonte,166 e Giambattista Vico, titolare della cattedra di eloquenza a Napoli (1699), che dopo lo scisma rinnovò la fedeltà a Crescimbeni con una lettera dell’11 giugno 1712.167 Se inusuale è l’appellativo di “poeta”, perché l’ingresso in Arcadia garantiva settecentesca”,168 “il l’alta titolo di percentuale «letterato» delle secondo qualifiche l’accezione generiche estensiva accompagnate dall’indicazione del luogo di provenienza convalida il carattere onnicomprensivo della strategia di reclutamento, accentuato dopo la rottura nel 1711. Quanto alle origini geografiche, è confermata la supremazia dello Stato della Chiesa sui territori periferici, solitamente identificati nei vicecustodi delle colonie. Se ad alcuni nuclei dello Stato (fra 164 Ivi, voll. III, pp. 394 (Diotallevi); IV, 127-8 (Segni); V, 370-6 (Diotallevi); IX, 110 e 223 (Diotallevi). Su Segni cfr. Salvino Salvini in Notizie istoriche, vol. I, pp. 74-7. 165 RdA, voll. II-III, pp. 189-212 e 371-5 (Gasparri), VII, 69-74 e 354-60 (Forzoni Accolti, Gasparri), VIII, 40-3 e 162-75 (Emili, Gasparri); IX, 62 (Forzoni Accolti), 113 e 155 (Gasparri). Su Forzoni Accolti cfr. Giuseppe Bianchini in Notizie istoriche, vol. II, pp. 243-6; e per l’Emili si veda Viola, Canoni d’Arcadia, p. 89. 166 Di Marchetti, in Arcadia Alterio Eleo (cfr. Mario Saccenti, Lucrezio in Toscana. Studio su Alessandro Marchetti, Firenze, Olschki, 1966, pp. 25-149; Cesare Preti in DBI, vol. LXIX, 2007, pp. 628-32), sono trentadue sonetti, una sestina lirica e un capitolo per Antonio Magliabechi in RdA, vol. V, pp. 72-90. La versione in sciolti del De rerum natura, eseguita fra il 1664 e il 1669, ma interdetta dal governo granducale che osteggiava la diffusione delle tesi democritee, uscì postuma a Londra, nel 1717, per le cure di Paolo Rolli e per i tipi di Giovanni Pickard (cfr. Marchetti, Della natura delle cose di Lucrezio, a cura di Mario Saccenti, Modena, Mucchi, 1992; ora anche nell’ed. a cura di Denise Aricò, Roma, Salerno, 2003). Ne L’Arcadia di Crescimbeni (pp. 56-63), Elisabetta Girolami Ambra offre un saggio della traduzione di Alterio, recitando la sequenza sulla descrizione della peste di Atene (cfr. Della natura delle cose di Lucrezio, pp. 268-74, libro VI, vv. 1589-875). Inoltre, L’Anacreonte tradotto dal testo greco in rime toscane fu edito a Lucca, da Leonardo Venturini, nel 1707. 167 Vico, L’autobiografia, il carteggio e le poesie varie, a cura di Benedetto Croce e Fausto Nicolini, Bari, Laterza, 19292 (1911), pp. 148-9. Cfr. anche la missiva a Crescimbeni (ivi, pp. 147-8), di data incerta (5 o 12 luglio 1710), in cui il ringraziamento per l’ammissione in Arcadia (19 giugno 1710), con il nome di Laufilo Terio, è accompagnato dall’invio del sonetto “Donna bella e gentil, pregio ed onore” (in Vico, Versi d’occasione e scritti di scuola con appendice e bibliografia generale delle opere, a cura di Fausto Nicolini, Bari, Laterza, 1941, p. 40). Sull’adesione di Laufilo all’Arcadia crescimbeniana cfr. Amedeo Quondam, Il «lavorar canzoni» del Vico: la poesia nell’età della «ragione spiegata», in “La rassegna della letteratura italiana”, LXXIV (maggio-dicembre 1970), pp. 298-332, alle pp. 309-11. Di Laufilo è il panegirico di tre canzoni per Massimiliano II Emanuele di Baviera (in RdA, vol. VIII, pp. 193-206; cfr., ora, Vico, Opere, a cura di Andrea Battistini, Milano, Mondadori, 1990 [20074], 2 voll., nel vol. I, pp. 230-41), che a sua volta replicò con una lettera, da Bruxelles, del 25 giugno 1694 (cfr. Vico, L’autobiografia, il carteggio, p. 140). 168 Quondam, L’istituzione Arcadia, p. 400. Soltanto Stampiglia è definito “poeta” in virtù dell’incarico svolto presso la corte di Vienna nel 1706-18. 62 i quali Bologna)169 ed extra-pontifici (come Genova, patria di Figari e di Del Nero; il Granducato di Toscana, dove maturarono i fermenti scientifici della cosiddetta prearcadica; e Napoli, sottratta alle forze scissioniste)170 è riservata una qualche attenzione, del tutto subalterni risultano i ducati satelliti (Lucca, Mantova, Modena, Parma e Piacenza),171 gli istituti settentrionali (come l’Innominata di Bra, la Giulia di Udine e la Milanese, rappresentata, fra gli altri, dai versi di Carlo Maria Maggi)172 e gli accademici stranieri, rappresentati soltanto dall’andaluso Giovanni Vizzaron arcidiacono di Siviglia e dal provenzale Paul Bernardy.173 169 Oltre a Manfredi, Martello e Orsi, il gruppo bolognese annovera Ferdinando Antonio Ghedini, Carlo Francesco Martello, i fratelli Ercole Maria, Francesco Maria e Giampietro Zanotti, l’abate Enea Antonio Bonini, Ferdinando Antonio Campeggi, i conti Angelo Antonio Sacco ed Ercole Aldrovandi, il marchese Antonio Maria Ghislieri, principe dell’accademia dei Gelati, il cardinale Ulisse Giuseppe Gozzadini e Carlo Antonio Bedori (cfr. RdA, voll. III, pp. 146-58, 159-65, 188-91, 296-322, 382, 387; IV, 1-19, 95108, 134-42, 305-19, 319-28; V, 355-63; VII, 76-8 e 228-33; IX, 9 e 218). 170 Fra i pastori della Ligustica si segnalano l’agostiniano Giovanni Battista Cotta, autore del Dio. Sonetti e inni (Genova, Casamara, 1709), Giovanni Battista Riccheri, Agostino Spinola, il chierico regolare Giovanni Tommaso Baciocchi (RdA, voll. IV, pp. 69-94; V, 279-97; VI, 1-7 e 262-77; VIII, 160-1; IX, 71, 148). Nel gruppo degli arcadi toscani, insieme al Filicaia, al Redi e al Menzini, figurano il fiorentino Francesco Del Teglia, che curò l’edizione postuma dell’Accademia Tusculana dello stesso Menzini (1705); il pistoiese Niccolò Forteguerri, referendario e autore del Ricciardetto (pubblicato postumo a Venezia, nel 1738, ma con il falso luogo di Parigi); il fiorentino Lorenzo Bellini, cui si devono i Discorsi di anatomia (Firenze, Moücke, 1741); e Girolamo Gigli, docente di eloquenza nell’università di Siena (1698-1708); cfr. RdA, voll. II, pp. 147-89 e 295-340, III, 31-6, 243-95, IV, 288-99, V, 91-120, VI, 123-66, VIII, 50-62, 238-56, 263-83, IX , 74. Per Bellini si vedano Crescimbeni, in VdA, vol. I, pp. 113-22; Salvino Salvini, in Notizie istoriche, vol. III, pp. 239-42; Giulio Coari-Claudio Mutini, in DBI, vol. VII, 1965, pp. 713-6. Per il Forteguerri cfr. Matteo Sanfilippo in DBI, vol. XLIX, 1997, pp. 159-62. Quanto a Gigli, curatore del Vocabolario cateriniano (messo al rogo a Firenze, nel settembre 1717) e delle Lezioni di lingua toscana (1729), cfr. Lucinda Spera in DBI, vol. LIV, 2000, pp. 676-9. 171 Di Lucca sono Donato Antonio Leonardi, luogotenente di Antonio Vidman governatore delle Marche, Giacomo Sardini e Antonio Tommasi (RdA, voll. II, pp. 43-57; III, 351; V, 207-22; VI, 328-50; VII, 351; IX, 29). Il gruppo mantovano annovera il conte Giulio Cesare Mantelli e i marchesi Ottavio e Corrado Gonzaga (ivi, voll. VI, pp. 48-9 e 239-45; VIII, 63-5), mentre al ducato modenese afferiscono Cesare Bigolotti, Giuliano Sabbatini (P. Giuliano di S. Agata) e Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna), afferenti alla colonia Mariana, Alessandro Pegolotti, Galeazzo Fontana e Muratori, anche se i rapporti di quest’ultimo con l’Arcadia si erano allentati dopo la vicenda di Comacchio (1708) e la pubblicazione dei Primi disegni della Repubblica letteraria, nel 1704, e Della perfetta poesia italiana, nel 1706 (ivi, voll. II, pp. 58-71, 341-69; III, 209-28, 356; IV, 1-26; VI, 53-8, 237-8; VII, 349-51; VIII, 118-20; IX, 34, 45, 111, 198, 222). Parma è rappresentata dal marchese Pier Maria Dalla Rosa Prati (cfr. Lasagni, vol. II, pp. 320-1) e dal conte Niccolò Cicognari (RdA, voll. VII, pp. 1-5 e 194-6; IX, 99). Della Trebbiense figurano Ubertino Landi, i conti Ottavio Barattieri, Pier Francesco Scotti, Giovanni Cernuschi, Alessandro Marazzani e il forlivese Vincenzo Piazza (ivi, voll. III, pp. 122-6; VI, 324-7; VII, 152-3, 157-8, 341-3; IX, 99; cfr. Pareti-Baucia, Per la storia dell’Arcadia, pp. 208-10). Piacentino, ma non affiliato al cenacolo locale, è Pietro Marazzani Visconti (RdA, vol. VII, pp. 235-9). 172 Alla colonia piemontese afferiscono Pier Francesco Lugaresi e Carlo Enrico Sanmartino (RdA, voll. VIII, pp. 222-30; IX, 81), mentre di area lombarda sono il marchese Agostino Isimbardi, Carlo Emanuele d’Este, il cardinale Luigi Omodei, Pietro Antonio Crevenna e Francesco de Lemene (ivi, voll. III, pp. 395; V, 121-42; VI, 39-47 e 122; VIII, 76-97; IX, 21, 38, 159, 387-9), che scrivendo a Crescimbeni nel 1695 negò di essere a conoscenza dell’esistenza dell’Arcadia (cfr. Vignati, Francesco de Lemene e il suo epistolario inedito, pp. 63-5). Al sodalizio udinese appartengono Giuseppe Bini e Niccolò Madrisio (RdA, voll. VI, pp. 315-24; VII, 159-66; IX, 30). 173 RdA, voll. VIII, pp. 220-2; IX, 48, 133, 142, 161. 63 Distribuite in maniera pressoché uniforme, e quasi tutte accolte nella crestomazia coeva edita a Venezia per le cure di Giovanni Battista Recanati (1716),174 le venti poetesse furono cooptate fra il 1691 (la pisana Maria Selvaggia Borghini, dama d’onore di Maria Vittoria della Rovere, e la napoletana Aurora Caetani Sanseverino, nota come Lucinda Coritesia) e il 1715 (la ferrarese Elena Balletti Riccoboni, alias Mirtinda Parraside, che il 18 maggio 1716 debuttò al Palais Royal di Parigi con l’Heureuse surprise), alcune delle quali protagoniste de L’Arcadia crescimbeniana.175 Le rimatrici dichiarano per lo più una discendenza nobiliare e una dislocazione toscana (le senesi Emilia Ballati Orlandini ed Elisabetta Credi Fortini e le fiorentine Maria Alessandri Buonaccorsi ed Elisabetta Girolami Ambra)176 e napoletana, come Giovanna Caracciolo principessa di Santobuono (morta nel 1715), Cecilia Capece Minutolo Enriquez principessa di Squinzano e moglie di Giovanni Enriquez, Ippolita Cantelmo Stuart duchessa di Bruzzano (ammessa in Arcadia, nel 1710, per il tramite di Vico).177 Provengono dai territori pontifici la Paolini Massimi, la Maratti Zappi, Gaetana Passerini e la Gabrielli Capizucchi, che promosse la temporanea collocazione 174 Poesie italiane di rimatrici viventi raccolte da Teleste Ciparissiano [Giovanni Battista Recanati] pastore arcade, Venezia, Coleti, 1716, pp. 15-17 (Rangoni di Castelbarco), 30-48 (Balletti Riccoboni), 54-9 (Credi Fortini), 61-6 (Girolami Ambra), 67-8 (Ballati Orlandini), 78-96 (Maratti Zappi), 99-117 (Passerini), 118 (Caracciolo), 119-21 (Sarega Pellegrini), 122-38 (Alessandri Buonaccorsi), 146-9 (Strozzi), 153-70 (Borghini), 179 (Viali Rivaroli), 180-98 (Paolini Massimi), 209-17 (Grillo Pamphili), 264-9 (Cantelmo Stuart). Del Recanati sono diciannove sonetti in RdA, vol. II, pp. 390-9. Un decennio dopo furono dati alle stampe i Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo (Venezia, Mora, 1726, 2 voll.; rist. anast. con nota critica e bio-bibliografica di Adriana Chemello, Mirano, Eidos, 2006), per iniziativa di Luisa Bergalli, moglie di Gasparo Gozzi, tragediografa (ad esempio, La Teba, Venezia, Zane, 1728; Elettra, Venezia, Occhi, 1743) e commediografa (cfr. Le avventure del poeta [1730], ora nell’ed. a cura di Luisa Ricaldone, nota biografica e bibliografica di Paola Serra, Manziana, Vecchiarelli, 1997), nonché traduttrice, fra l’altro, delle opere di Terenzio in versi sciolti (Venezia, Zane, 1733). Cfr. SI, vol. II, pt. II, pp. 926-9; Claudio Mutini in DBI, vol. IX, 1967, pp. 63-8; Adriana Chemello, Le ricerche erudite di Luisa Bergalli, in Adriana Chemello-Luisa Ricaldone, Geografie e genealogie letterarie. Erudite, biografe, croniste, narratrici “épistolières”, utopiste tra Settecento e Ottocento, Padova, Il Poligrafo, 2000, pp. 49-88. 175 RdA, voll. II, pp. 263-6 (Balletti Riccoboni); III, 185-7 (Caetani Sanseverino); IV, 108-23 (Borghini). Su quest’ultima, di cui è stato pubblicato Il canzoniere, a cura di Agostino Agostini, Alessandro Panajia, e con un saggio di Elisabetta Benucci (Pisa, ETS, 2001), cfr. SI, vol. II, pt. II, pp. 1736-9; Gianni Ballistreri in DBI, vol. XII, 1970, pp. 676-7; e Giordano, Letterate toscane, pp. 66-79. Sulla Balletti, attrice e moglie di Luigi Riccoboni, con il quale condivise le scene teatrali, cfr. Ada Zapperi in DBI, vol. V, 1963, pp. 590-3; e Spaggiari, 1782. Studi di Italianistica, p. 22. 176 RdA, voll. IV, pp. 142-4 (Girolami Ambra) e 181-9 (Alessandri Buonaccorsi); VI, 195-6 (Ballati Orlandini); VII, 5-18 (Credi Fortini). Cfr. Giordano, Letterate toscane, pp. 37-9 (Ballati Orlandini), 80-3 (Alessandri Buonaccorsi), 94-7 (Credi Fortini), 109-11 (Girolami Ambra). 177 RdA, voll. V, pp. 363-7 (Caracciolo); VI, 112-4 (Capece Minutolo Enriquez) e 170-3 (Cantelmo Stuart). Cfr. Giannantonio, L’Arcadia napoletana, pp. 178 (Caracciolo) e 185-90 (Caetani Sanseverino e Cantelmo Stuart); per la Caracciolo si segnala anche la voce di Donato Antonio Franceschelli nelle Notizie istoriche, vol. III, pp. 30-6. Dedicato alle nozze della Cantelmo Stuart con Vincenzo Carafa duca di Bruzzano (giugno 1696) è l’epitalamio del Vico, “D’amaranti immortali omai la fronte”, in Id., Versi d’occasione, pp. 32-7. 64 dell’accademia nella proprietà del figliastro Francesco Maria Ruspoli.178 Scarse, per contro, le voci periferiche: oltre alle contesse Clarina Rangoni di Castelbarco e Giulia Sarega Pellegrini, afferenti al cenacolo Veronese, figurano le genovesi Maria Pellegrina Viali Rivaroli e Teresa Grillo, trasferitasi nell’Urbe nel 1703 per le nozze con il principe Camillo Pamphili, al pari della messinese Anna Maria Ardoini, commemorata dalle coaccademiche nel quarto libro de L’Arcadia, sposa a Roma del principe Giovanni Battista Ludovisi nel 1697.179 4. In concomitanza con la morte di Clemente XI, nel 1721, e l’assegnazione della sua campagna arcadica a Giovanni V re di Portogallo, acclamato con il nome di Arete Melleo e dedicatario nello stesso anno del primo volume degli Arcadum carmina,180 la scadenza dell’affitto novennale del Bosco Parrasio, nel giardino Ginnasi sull’Aventino, riaprì l’annosa questione dell’instabilità della sede, risolta in quel momento grazie all’offerta del monarca di Braganza, intenzionato a guadagnarsi il favore del nuovo pontefice Innocenzo XIII. In virtù dei trascorsi di legato a Lisbona (1698-1710) e di “protettore” della corona lusitana presso la Santa Sede (1710-12), il papa avviò una politica distensiva nei confronti del Portogallo, dopo gli attriti diplomatici cagionati da una serie di motivi: la difesa del “Real Padroado” sulle colonie d’oltreoceano, contro l’ingerenza della curia romana; l’adesione al fronte filo-imperiale nella guerra di Successione spagnola, contro l’allineamento del papato in favore della Francia; la vicenda dei “riti cinesi”, che espose il programma di evangelizzazione dei gesuiti portoghesi alla ferma condanna di Clemente XI col decreto Cum Deus Optimus (1704), 178 I versi della Paolini Massimi sono in RdA, voll. I, pp. 163-74, III, 381, VII, 361, IX, 72, 100, 162; per la Maratti cfr. ivi, voll. II, pp. 28-42, IX, 96 e 199 (su entrambe si veda anche Anna Teresa Romano Cervone, Faustina Maratti Zappi e Petronilla Paolini Massimi: l’«universo debole» della prima Arcadia romana, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 169-76). Per la Gabrielli Capizucchi e la Passerini, sorella di Francesco (Linco Telpusio) e Ferdinando (Olimpio Batilliano), cfr. RdA, voll. III, pp. 107-22, 325-40, e IX, 80. Sul gioco del “Sibillone”, “pretesto tra mondano e accademico per accendere la discussione su temi teorici e istituzionali di particolare interesse per la vita dell’Accademia” (cfr. Romano Cervone, Presenze femminili nella prima Arcadia romana, p. 51), a cui nel 1707 parteciparono la Paolini Massimi, la Maratti Zappi e la Gabrielli Capizucchi, confrontandosi sul tema “se per rendere un animo perfetto sia necessario l’amore” (in PdA, vol. III, pp. 82-101), cfr. Mari, Venere celeste e Venere terrestre, pp. 21-2. 179 RdA, voll. I, pp. 212-6 (Grillo Pamphili); VI, 88-9 (Viali Rivaroli) e 215-6 (Ardoini Ludovisi). Su quest’ultima cfr. L’Arcadia, pp. 136-41; Bibliotheca sicula, vol. I, p. 37; Crescimbeni, in Notizie istoriche, vol. I, pp. 278-81. 180 BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. III, c. 496 (cfr. anche Onomasticon, p. 26). 65 promulgato in Cina dal cardinale Carlo Tommaso Maillard de Tournon, che era stato fra i fondatori dell’Arcadia.181 Su proposta del custode, il 4 settembre 1721 furono ascritti i cardinali Nuño Cunha de Attayde (Basilide Etiadeo) e José Pereira de Lacerda (Retimo Sideate), giunti a Roma in maggio (a conclave terminato) per rilanciare l’immagine della monarchia lusitana, finanziando opere pubbliche (come il restauro della basilica di S. Anastasia, pubblicizzato in una monografia del Crescimbeni, e l’allestimento dell’apparato cerimoniale nella chiesa di S. Susanna per la festa del 12 agosto) e presenziando, nell’estate dello stesso anno, ai ludi olimpici in onore di Innocenzo XIII, celebrati nel giardino del principe Ruspoli presso S. Matteo in Merulana.182 Consolidati dunque i rapporti fra l’Arcadia e Giovanni V, come si evince dalla lettera di quest’ultimo al cenacolo romano, del 25 novembre 1721, in cui il ringraziamento per “la Successione ad un luogo che fu Onorato dalla Persona del famoso Clem<ente> XI” è accompagnato dalla promessa di garantire al sodalizio gli effetti della reale “beneficenza”,183 intorno alla metà del 1723 l’architetto romano Antonio Canevari (Elbasco Agroterico) avviò le verifiche del sito indentificato nei pressi di piazza Termini, di proprietà dei padri di S. Bernardo.184 Ma i quattromila scudi elargiti dalla Corona portoghese, il 24 settembre, offrirono a Canevari e alla commissione incaricata (composta dagli abati Giuseppe Paolucci e Michele Giuseppe Morei, da Antonio Francesco De Felici e da Francesco De Vico, a cui si aggiunsero gli avvocati Francesco Maria di Campello e Pietro Andreozzi) l’opportunità di vagliare più proposte d’acquisto, senza trascurare le richieste di 181 Su questi problemi cfr. Paola Ferraris, L’Arcadia nella diplomazia internazionale: il Bosco Parrasio gianicolense, in “Atti e memorie d’Arcadia”, s. III, vol. VIII, fasc. 4 (1986-87), pp. 227-68, alle pp. 227-8; Gabriele Borghini-Paola Ferraris-Sandra Vasco Rocca, Rapporti internazionali dell’Arcadia: Giovanni V di Portogallo e le arti figurative in Roma, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 345-53; Marco Lattanzi, I giochi della diplomazia. Il tempo di Giovanni V fra Roma e Lisbona, in Giovanni V di Portogallo (1707-1750) e la cultura romana del suo tempo, a cura di Sandra Vasco Rocca, Gabriele Borghini, Roma, Àrgos, 1995, pp. 475-9; Dixon, Between the Real and the Ideal, pp. 83-6. Quanto ai rapporti fra la letteratura portoghese e quella italiana si veda Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, pp. 238-59. 182 I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nell’ingresso dell’Olimpiade DCXXV in lode della Santità di N. S. Papa Innocenzo XIII e pubblicati da Gio. Mario Crescimbeni, Roma, de’ Rossi, 1721. Sul mecenatismo dei cardinali Cunha e Pereira cfr. Ferraris, L’Arcadia nella diplomazia internazionale, pp. 229-31; Borghini-Ferraris-Vasco Rocca, Rapporti internazionali dell’Arcadia, pp. 346-7. Di Crescimbeni è L’istoria della Basilica di S. Anastasia, parimente con la notizia d’altre Chiese, e con figure in rame, Roma, de’ Rossi, 1722. 183 Copia della traduzione della missiva è in BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. IV, c. 56. 184 Su Canevari, arcade dal 1716 e confermato “Architetto dell’Opera” nel novembre 1723 (BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. IV, c. 113), cfr. Arnaldo Venditti-Margherita Azzi Visentini in DBI, vol. XVIII, 1975, pp. 55-8. 66 Crescimbeni.185 Nonostante il dissenso iniziale del De Felici e la candidatura di un sito fuori Porta del Popolo avanzata dal custode nel febbraio 1724, per desiderio di rivincita sui graviniani che lì si erano riuniti tredici anni prima, l’acquisto per mille scudi del terreno alle pendici del Gianicolo, sotto S. Pietro in Montorio, il 9 luglio 1725, fu seguito dall’approvazione del progetto del Canevari (20 settembre) e dalla cerimonia di posa della prima pietra prevista per il 5 ottobre, anniversario della nascita dell’accademia (la data effettiva venne posticipata al 9 a causa del maltempo).186 Edificato con un’amministrazione oculata dei fondi, insufficienti al completamento dell’apparato decorativo e non totalmente surrogati dal mecenatismo lusitano, venuto a mancare dopo il dissidio fra Giovanni V e Benedetto XIII sulla nomina cardinalizia del nunzio Vincenzo Bichi (che il papa non approvò), il Bosco Parrasio fu inaugurato il 9 settembre 1726 in occasione dei giochi olimpici per il sovrano del Portogallo, celebrati alla presenza dell’ambasciatore Andrés Mello de Castro conte di Galveas, omaggiato da Crescimbeni con un sonetto collocato in apertura della miscellanea.187 Al Canevari, che si sarebbe trasferito l’anno dopo a Lisbona per il restauro e l’ampliamento del Palazzo Reale (Paço de Ribeira), andato distrutto nel terremoto del 1755, fu donata la raccolta completa delle Rime e delle Prose, in sedici tomi, con l’aggiunta del volume delle poesie di Alfesibeo.188 185 “Sia [il sito] di grandezza tanto quanto basta per fare un Teatro con ogni pienezza di decoro, e di Maestà; / Vi sia sito, oltre il Teatro da poter passeggiare intorno / Vi sia, o vi si possa fare una casa per trasportarvi il Serbatoio, e un Portico, o altro edifizio per trattenere i Personaggi, e salvarsi dalle piogge. / Sia in sito d’aria buona […] / Sia vicino, e comodo per quelli che non hanno Carrozza, e con piazza o altro comodo per le carrozze / Non sia soggetto al sole almeno dalle ore 22 in giù / Non abbia soggezione di case attorno / Abbia bella veduta / Abbia acqua / Possa dilatarsi, quando si voglia fare Sia libero da Canoni, e da ogni altro peso / Il suo prezzo da compra, e aggiustamento non possa eccedere li scudi 4mila […]” (BAR, ms. 35, c. 2r; cfr. anche Predieri, Bosco Parrasio, p. 59). 186 Su queste vicende si rinvia a Ferraris, L’Arcadia nella diplomazia internazionale, pp. 234-49; Predieri, Bosco Parrasio, pp. 53-63; Dixon, Between the Real and the Ideal, pp. 86-94. Cfr. anche il Racconto della funzione fattasi nel getto della prima pietra ne’ fondamenti del nuovo teatro degli Arcadi (prefazione ai Componimenti Poetici dedicati alla Santità di N. S. Papa Benedetto XIII dalla Ragunanza degli Arcadi nel gettarsi la prima pietra ne’ fondamenti del nuovo teatro per li congressi letterarj della medesima […], Roma, de’ Rossi, 1725), in Storia dell’accademia, pp. 75-82. 187 I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi per l’ingresso dell’Olimpiade DCXXVI. In lode della Sacra Real Maestà di Giovanni V Re di Portogallo, Roma, de’ Rossi, 1726, pp. 7 (“Quei, che Olimpia già fer chiara, ed illustre”) e 15-25 (Ragionamento di Gio. Mario Crescimbeni […]). Sulla sede gianicolense cfr. l’estratto dalla Notizia del nuovo Teatro degli Arcadi aperto in Roma l’anno 1726 di Vittorio Giovardi (Roma, de’ Rossi, 1727), in Storia dell’Arcadia, pp. 83-95; Memorie istoriche, p. 67; Pietro Petraroia, Il Bosco Parrasio, in Il teatro a Roma nel Settecento, vol. I, pp. 173-98; Predieri, Bosco Parrasio, pp. 7281; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, pp. 19-20; Dixon, Between the Real and the Ideal, pp. 64-104. 188 Cfr. Valesio, vol. IV, pp. 720-1; Paola Ferraris, Antonio Canevari a Lisbona (1727-1732), in Giovanni V di Portogallo (1707-1750) e la cultura romana del suo tempo, pp. 57-70. 67 Parallelamente alle tappe diplomatiche che scandirono l’insediamento nel Parrasio gianicolense, la coronazione capitolina dell’improvvisatore senese Bernardino Perfetti (1681-1747), il 13 maggio 1725, avvalorò la fortuna della riforma arcadica, di cui l’arte estemporanea, praticata nel sodalizio e nelle riunioni del cardinale Ottoboni (frequentate, fra gli altri, dal Figari e dallo Zappi),189 esprimeva le peculiarità ludicosalottiere e il razionalistico intreccio di utililtà e diletto, che imponeva anche agli “invasati dall’estro” di attenersi “alla legge dell’ordine”.190 D’altro canto, Perfetti rispecchiava compiutamente il prototipo del poeta arcade.191 Di natali aristocratici (il padre Pietro Angelo apparteneva a una famiglia di nobiltà recente, e la madre Orsola Amerighi discendeva da un antico casato senese), Bernardino fu ammesso nel collegio Tolomei di Siena nel 1696, e l’anno dopo fu nominato cavaliere di S. Stefano.192 Perfezionatosi negli studi giuridici, fu introdotto nell’entourage di Violante di Baviera principessa di Toscana, anche per i meriti acquisiti nella pratica estemporanea, appresa assistendo alle esibizioni del concittadino Giovanni Battista Bindi, che gli destarono “in cuore un’accesissima voglia di fare ancor esso altrettanto; ben consapevole a se medesimo della sua facilità, e prontezza in far versi”.193 Cresciuta dunque la fama oltre il “troppo angusto campo” toscano, dove era solito recitare nei palazzi signorili e nel 189 Crescimbeni, Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro III, pp. 220-1. Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, p. 173. Quanto alla pratica estemporanea nel XVIII secolo, su cui ha a lungo gravato il pregiudizio crociano (cfr. Croce, La letteratura italiana del Settecento, pp. 299-311), si vedano Bruno Gentili, Cultura dell’improvviso. Poesia orale colta nel Settecento italiano e poesia greca dell’età arcaica e classica, e Saverio Franchi, Prassi esecutiva musicale e poesia estemporanea italiana: aspetti storici e tecnici, in Oralità: cultura, letteratura, discorso, Atti del Convegno internazionale (Urbino, 21-25 luglio 1980), a cura di Bruno Gentili e Giuseppe Paioni, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, pp. 363-408 e 409-27; Françoise Waquet, Rhétorique et poétique chrétiennes. Bernardino Perfetti et la poésie improvisée dans l’Italie du XVIIIe siècle, préface de Marc Fumaroli, Firenze, Olschki, 1992, pp. 47-59. Sulla fortuna del genere fra Sette e Ottocento si segnalano la monografia di Alessandra Di Ricco, L’inutile e maraviglioso mestiere. Poeti improvvisatori di fine Settecento (Milano, Angeli, 1990), con particolare riguardo alla lucchese Teresa Bandettini, alias Amarilli Etrusca (1763-1837), e al romano Francesco Gianni (1750-1822), e Carlo Caruso, Pietro Giordani e la poesia all’improvviso, in Giordani Leopardi 1998, Convegno nazionale di studi (Piacenza, Palazzo Farnese, 2-4 aprile 1998), a cura di Roberto Tissoni, Piacenza, Tip.Le.Co., 2000, pp. 161-83. 191 Per notizie biografiche cfr. Giuseppe Maria Mazzolari, Vita del Cavaliere Bernardino Perfetti […], in VdA, vol. V, pp. 225-55; Fabroni, vol. XI, 1785, pp. 298-313; Waquet, Rhétorique et poétique chrétiennes, pp. 61-84. 192 Delle pratiche devozionali e del culto mariano appreso alla scuola dei gesuiti recano testimonianza la canzone Sopra l’Immacolata Concezione di Nostra Signora e il capitolo inviato a Domenico Cianfogni il 6 agosto 1740, “in cui si descrive l’ingresso trionfale di Nostra Signora Assunta in Cielo”; cfr. Bernardino Perfetti, Saggi di poesie parte dette all’improvviso, e parte scritte […]. Raccolte, e date alla luce dal dottor Domenico Cianfogni sacerdote fiorentino, canonico dell’Imperial Basilica Laurenziana, ed accademico apatista, Firenze, Bonducciana, 17742 (1748), pp. 256-64 e 357-64. 193 Mazzolari, Vita del Cavaliere Bernardino Perfetti, p. 231. 190 68 convento fiorentino dei carmelitani scalzi,194 Perfetti giunse a Roma per la prima volta nel 1712, ospite del cardinale Lorenzo Corsini, custode dell’Arcadia Nuova, in cui si esibì insieme al Rolli, a Paolo Vannini e a Metastasio, scoperto da Gravina mentre declamava versi estemporanei nella pubblica via, e di cui il Perfetti “predisse la gran riuscita, che far dovea”.195 Ascritto in Arcadia con il nome di Alauro Euroteo e invitato a commemorare Alessandro Guidi, durante le esequie celebrate alla presenza del pontefice nella cattedrale di Frascati, nello stesso anno (1712) Perfetti improvvisò a Roma e a Castel Gandolfo per Clemente XI, che “l’udì con piacere straordinario, come quegli, che esser poteva giusto estimatore del merito di sì gran Poeta”. 196 Trascorso circa un decennio, in cui la notorietà del senese aveva valicato le Alpi, dopo che nel 1722, per il tramite della sua benefattrice, fu chiamato a Monaco in occasione delle nozze del principe elettore Carlo Alberto di Baviera (futuro Carlo VII), la venuta a Roma di Violante nei primi mesi del 1725, anno giubilare, dell’improvvisatore, sollecitato da numerosi estimatori. Benedetto anticipò XIII l’arrivo acconsentì a conferirgli la corona poetica, affidando all’Arcadia l’incarico di sottoporre il candidato a dodici quesiti (benché “il merito del Cavaliere Perfetti fosse fuor d’ogni dubbio incontrastabile”),197 superati nell’arco di tre sere dinanzi a una commissione di altrettanti compastori. Al cospetto delle maggiori autorità politico-ecclesiastiche (compresa la principessa Violante, fautrice del rimatore), il 13 maggio Perfetti fu coronato in Campidoglio dal senatore Mario Frangipani e festeggiato al termine della cerimonia dagli arcadi, con una tornata chiusa dall’ottava di Alfesibeo (“Del sacro allor 194 Ivi, p. 239. Le performances del rimatore toscano erano solitamente articolate in tre componimenti in ottave seguiti dall’epilogo in versi anacreontici. Nel 1723, nel convento carmelitano, Perfetti verseggiò Sopra le parole dette da Dio a Mosè nel mandarlo a liberare il Popolo Ebreo “Ego sum qui sum […] et dices ad eos qui est misit me” (I), Sopra il sogno di Nabucco (II) e Sopra Catone, che da se stesso si uccide per l’amore alla libertà di Roma. Suoi sentimenti (III), mentre nella residenza fiorentina dei marchesi Riccardi, probabilmente nel 1721, si cimentò sui seguenti argomenti: Adamo piangente (I), Gli affetti di Mosè moribondo in faccia alla Terra Promessa, senza potervi entrare (II), Il contrasto delle due Madri, una falsa, e una vera, davanti a Salomone, ed il Giudizio di esso (III); cfr. Perfetti, Saggi di poesie, pp. 3-29 e 36-56. 195 Mazzolari, Vita del Cavaliere Bernardino Perfetti, p. 240. Scrivendo da Vienna a Francesco Algarotti, il I° agosto 1751, Metastasio ricordava che fu il Gravina a dissuaderlo da quell’“inutile e maraviglioso mestiere”, atto ad appagare “il capriccio d’una dama, ora a soddisfar la curiosità d’un illustre idiota, ora a servir di riempitura al vuoto di qualche sublime adunanza” (cfr. Tutte le opere, vol. III, pp. 655-61, a p. 659). 196 Mazzolari, Vita del Cavaliere Bernardino Perfetti, pp. 239-40. L’esibizione a Castel Gandolfo fu ricordata da Crescimbeni nel sonetto “D’ogni Tosco Cantor l’illustre idea” (in RdA, vol. VIII, p. 25), mentre Leonio dedicò all’improvvisatore il sonetto “Il dì primier, ch’entro mortal ammanto” (ivi, vol. I, p. 324). 197 Mazzolari, Vita del Cavaliere Bernardino Perfetti, pp. 240-1. 69 s’orni Signor la chioma”), redattore degli atti, il quale diede al poeta laureato “la rima” per iniziare “divinamente a cantare all’improvviso”.198 L’onore riconosciuto al Perfetti fu in realtà condiviso con il sodalizio romano e, in particolare, con Crescimbeni che, giunto al termine del suo lungo mandato a capo di un’istituzione numericamente forte, radicata in tutta la penisola e pienamente legittimata, lasciava al successore Francesco Maria Lorenzini un’eredità difficile da eguagliare, dal momento che la storia dell’accademia “va talmente congiunta colla di lui [Crescimbeni] Vita, che non si può parlare di lei, che non si tratti di lui, né si può trattare di lui, che non si parli di lei”.199 198 Ivi, p. 242. Sull’evento cfr. Atti della solenne coronazione dell’Illustrissimo Signore Bernardino Perfetti tra gli Arcadi Alauro Euroteo, Nobile sanese, Cavaliere di Santo Stefano, e Poeta insigne estemporaneo, fatta in Campidoglio, colla descrizione dell’apparato per la medesima, cavati dagli Archivj Capitolino, e Arcadico, Roma, de’ Rossi, 1725; e il resoconto nel “Giornale de’ Letterati d’Italia”, vol. XXXVII, 1726, pp. 194-218 (riportato in Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 258-64); Memorie istoriche, pp. 241-3; Valesio, vol. IV, pp. 510-3. Del Perfetti è il sonetto “Se il sacro alloro, onde la fronte intorno”, recitato “nell’atto della […] incoronazione in Campidoglio” (in Id., Saggi di poesie, p. 424). Gli entusiasmi suscitati dall’improvvisatore erano destinati a protrarsi a lungo; durante il viaggio in Toscana nell’agosto 1742, assistendo all’esibizione del Perfetti, anziano, nell’accademia degli Intronati di Siena il giorno dell’Assunta, Goldoni lo paragonò a Petrarca, Milton, Rousseau e a “Pindare lui-même” (cfr. Carlo Goldoni, Mémoires […] pour servir a l’histoire de sa vie, et a celle de son théatre […], in Id., Tutte le opere, a cura di Giuseppe Ortolani, Milano, Mondadori, 1935-56, 14 voll., nel vol. I, p. 217). 199 Morei, Vita di Gio. Mario Crescimbeni, p. 270. Come osserva Cipriani, dietro ai riconoscimenti ufficiali si avvertivano i primi segni di debolezza, soprattutto per il progetto poetico (“chiuso negli schemi della pastorelleria alla Di Costanzo, e quindi non sensibile a reali programmi di rinnovamento […]”), per la presenza di letterati (come Muratori e Gravina) che, di fatto, seguirono percorsi estranei all’accademia, e per lo smodato ampliamento della rete clientelare e delle ammissioni, a cui non corrispose un impegno effettivo dei nuovi pastori nella vita del cenacolo (cfr. Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, pp. 104 e 116-127). 70 2.2 Francesco Maria Lorenzini (1728-1743) 1. Subentrato a Giovan Mario Crescimbeni, morto l’8 marzo 1728, l’abate Francesco Maria Lorenzini (1680-1743), fiorentino ma di natali romani (il padre Sebastiano si era trasferito nella Città Santa al servizio di Cristina di Svezia),1 ricoprì l’incarico di custode generale dal 1728 al 1743. L’assenza dei verbali delle assemblee (regolarmente compilati durante il quarantennio crescimbeniano) e la perdita del registro degli iscritti, già segnalata nel 1761 da Michele Giuseppe Morei, succeduto a Lorenzini nel 1743,2 precludono la ricostruzione esaustiva della fisionomia del secondo custodiato, certamente di respiro meno ampio rispetto a quello del predecessore.3 Al 28 dicembre 1728 risale l’assemblea per il S. Natale, nel palazzo della Cancelleria Apostolica, con la partecipazione di “dieci Eminentiss. Porporati, e moltissima Nobiltà”, allietata in chiusura dalla messa in scena del Carlo Magno, su libretto del cardinale Pietro Ottoboni, composto per la gravidanza della regina di Francia Maria Leszczynska, con l’auspicio (in realtà disatteso, perché la sovrana partorì una figlia) di poter presto festeggiare la nascita del Delfino.4 È del 12 settembre 1737 la notizia riportata nel Diario di Roma: “Oggi si fece l’Arcadia, accademia che per molti anni non si era fatta: si tenne nel loro sito sotto S. Pietro Montorio e v’intervennero nove cardinali”.5 Inoltre, gli arcadi si riunirono privatamente la sera del 24 marzo 1742 (Sabato Santo), due giorni 1 Su Lorenzini cfr. Fabroni, vol. X, 1783, pp. 399-424; Filippo Maria Renazzi, Storia dell’Università degli Studj di Roma detta comunemente La Sapienza che contiene anche un saggio storico della letteratura romana dal principio del secolo XIII sino al declinare del secolo XVIII, Roma, Pagliarini, 1803-06 (rist. anast. Bologna, Forni, 1971), 4 voll., nel vol. IV, pp. 135-40; Bibliografia romana, pp. 150-1; Giuseppe Biroccini, Storia dell’Arcadia, in “L’Arcadia”, I (aprile 1889), pp. 241-7, alle pp. 241-5; la scheda di Patrizia Formica in Tre secoli di storia dell’Arcadia, pp. 130-1; e la voce di Valentina Gallo in DBI, vol. LXVI, 2006, pp. 40-2. 2 Memorie istoriche, p. 59. 3 Cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, pp. 127-8. 4 Si vedano “Diario ordinario”, I° gennaio 1729, n. 1780, p. 10; Valesio, vol. IV, pp. 1034-5. Del Carlo Magno (Roma, de’ Rossi, 1729) si veda ora l’ed. con introduzione e note di Olivier Michel, Roma, Edizioni dell’Elefante, 1987. 5 Valesio, vol. VI, p. 80. La conferma dell’adunanza svoltasi nel Bosco Parrasio, probabilmente chiuso per un decennio, è testimoniata dall’egloga di Domenico Rolli, “O Fortunate amene piagge floride”, recitata in Arcadia nel 1737 (RdA, vol. XI, pp. 341-5); risale al 1739 la lettura del capitolo di Stefano Benedetto Pallavicini “Questo è dunque il Parrasio? Ozj d’Arcadia” (ivi, vol. XII, pp. 39-41). 71 dopo avere indetto l’adunanza generale per celebrare la Passione di Cristo.6 Sulla sospensione delle abituali cerimonie pubbliche nel Bosco Parrasio e dell’attività editoriale che era stata così intensa negli anni precedenti, sul vistoso rallentamento nella creazione di nuovi nuclei periferici, sul numero ridotto di ammissioni per acclamazione (di norma annuali nell’Arcadia crescimbeniana)7 gravarono certamente le ripercussioni della guerra di Successione polacca (1733-38), che nel marzo 1736 innescarono a Roma sommosse popolari contro gli arruolamenti imposti dalla Corona spagnola; nonché la depressione economica che colpì la penisola nel decennio 1730-40, acuita nello Stato Pontificio dalla carestia propagatasi dalle Marche (1735).8 Quanto alle vicende propriamente arcadiche, non mancarono divergenze sull’elezione dell’abate romano (18 marzo 1728), anteposta, contrariamente alle disposizioni “di palazzo”,9 a quella di Francesco Bianchini, ma invalidata per la mancanza di sei voti necessari al raggiungimento del quorum dei due terzi sancito dalla quarta legge.10 Superato l’ostacolo burocratico dai sostenitori di Lorenzini, che sottoscrissero la deroga approfittando dell’assenza degli avversari, ritiratisi per eludere il secondo scrutinio (“credendo così d’impedire l’elezzione in quel giorno”),11 la nomina fu approvata da Benedetto XIII; 12 circostanza che suscitò molte polemiche e un ricorso al tribunale dell’“Auditor Camerae” da parte della fazione sconfitta.13 D’altro canto, i trascorsi 6 Cfr. Giuseppe Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi sacerdote romano, quarto custode generale di Arcadia, Roma, Cuggiani, 1891, p. 87. 7 Secondo i dati forniti dal Morei, non vi furono acclamazioni nel 1729, nel biennio 1732-34, nel 1736, 1738 e nel 1741 (Memorie istoriche, pp. 175-7). 8 Cfr. Venturi, Settecento riformatore, vol. I (Da Muratori a Beccaria 1730-1764), pp. 3-58, alle pp. 9-11 e 15-6; Paolo Alatri, L’Europa delle successioni (1731-1748), Palermo, Sellerio, 1989, pp. 45-85. 9 Valesio, vol. IV, p. 921. 10 “Suffragia secreta sunto. Eaque in Custode creando aut removendo trifariam dividuntor justusque numerus duae partes sunto caeteris in rebus bifariam dispertiuntor. Quique partem dimidiam exuperat numerus justus esto. Si paria fuant iterantor. Deinceps res sorti committitor” (cfr. Quondam, Nuovi documenti, p. 116). Per l’interpretazione della legge cfr. Memorie istoriche, pp. 57-8. 11 Memorie istoriche, p. 58. 12 Sull’intervento del pontefice a favore di Lorenzini, per evitare “che un tal posto [il custodiato] potesse divertire il dotto, e affaticato Prelato [Bianchini] dal proseguir l’Opera delle Vite di Anastasio”, cfr. Baldini, Vita di Monsignor Francesco Bianchini, pp. 125-6 (Le Vitae Romanorum Pontificum [o Liber pontificalis] attribuite ad Anastasio bibliotecario della Chiesa Romana e antipapa [sec. IX] furono date alle stampe nel 1718-35, a cura di Francesco Bianchini; il quarto e ultimo tomo uscì postumo per l’interessamento del nipote Giuseppe). 13 Si vedano la Difesa per Filacida Luciniano Custode Generale d’Arcadia, contro i Signori Oppositori della sua Elezzione. Pubblicata da Carlo Giannini Gentiluomo della Guardia, e Provvisore de’ Libri di Nostro Signore (cfr. Appunti intorno a cose d’Arcadia, in “L’Arcadia”, IV [febbraio 1892], pp. 135-46); Difesa per Filacida Luciniano custode generale d’Arcadia contro i signori oppositori della sua elezzione, Roma, nella stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1728; Risposta di Rabisinzio Ermeatico P.<astore> A.<rcade> alla replica anomala scritta in difesa dell’Elezzione di Filacida in custode d’Arcadia, che incomincia «La troppa inferma condizione delle umane cose», s.n.t.; Replica di Onconio Esquiliano alla risposta di Everno Ippiano intorno all’elezione di Filacida Luciniano in custode 72 arcadici del neo-custode potevano destare non poche perplessità: ascritto nel 1705 con il nome di Filacida Eliaco, forte dell’educazione giuridica e filosofico-letteraria (perfezionata fra il Collegio gesuitico romano e la Sacra Rota), Lorenzini aveva seguito le sorti del partito graviniano allineandosi ai promotori dello scisma,14 incaricando Paolo Rolli di riunire un drappello di giovani seguaci per boicottare, nell’adunanza del 21 luglio 1711, il voto prevedibilmente contrario al consulto steso da Gravina e da Martello,15 esortando infine Livio Odescalchi a farsi protettore dell’Arcadia Nuova.16 Tuttavia, alla vigilia dell’istituzione dell’accademia dei Quirini (1714), il 16 novembre 1713 Lorenzini formulò la domanda di riammissione in Arcadia, dove fu nuovamente accolto, con lo pseudonimo di Filacida Luciniano,17 ricoprendo gli incarichi di collega e d’Arcadia, s.n.t. Gli pseudonimi non sono registrati nell’Onomasticon. Cfr. Memorie istoriche, pp. 58-9; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, pp. 31-2; la voce di Gallo in DBI, vol. LXVI, p. 40. 14 “Sol Filacida va tutto pensoso, / e qualche arcano nella mente asconde: / fisa su quelli il guardo curioso, / e osserva chi di lor parla, o risponde; / e come là in Sicilia impetuoso / il Mare infra i duo scogli agita l’onde, / così quanto in se stesso ei più si serra / dentro il suo cuor co’ suoi pensier fa guerra. // Egli suddito nacque, ma dovea / a fortuna maggior nascer costui, / se tal nascer Fortuna lo facea / oh quanto da gloriarsi avria di Lui! / I gran pensier che nella mente crea / han forza tal da dominare altrui; / onde di molti l’opinion prevale, / che racchiuda nel seno alma reale. // Di pronta industria, e di tenace impegno / di gran ripiego, e di maggior consiglio, / ei là più gode esercitar l’ingegno, / dov’è più di fatica, e di periglio, / cupo così, che non appar mai segno / de’ pensier suoi nel disinvolto ciglio, / e puote quanto puote ingegno umano / coll’eloquenza, a cui resisti invano. // Egli nella sua mente ora propone / di porre in opra l’alta sua virtute, / e di volere in sì bella occasione / serbare illesa la commun salute, / vuole a pro’ della pubblica ragione / torre Arcadia dall’empia servitute; / e colle Leggi della prima etate / tornar quell’infelice in Libertate” (Petrosellini, Il Giammaria, pp. 66-7, ottave 69-72). 15 “Uniti poi nel dì, che Giammaria / dovrà proporre i tre Rescritti al Ceto, / osserverem di qual parere ei sia, / e qual Partito gli anderà dereto / s’esso gli vuole, ognun di noi si stia / costante in ricusare ogni Decreto; / ma s’ei s’oppone, e gli ricusa poi / co’ nostri voti riceviamgli Noi. // Così dalla diversa opinione / la discordia nascendo, e il disparere, / seguirà la bramata Divisione, / né colpa nostra mai potrà parere; / perché per ogni verso abbiam ragione, / e a chi bisogna si farà vedere, / che oprammo in questa guisa con virtute / per torci dall’iniqua servitute. // Divisi, che saremo, in altro loco / i nostri Armenti pascolar potremo, / nuove capanne fonderem fra poco / nuovi Pastor, nuove Colonie avremo: / così per nostro mezzo a poco a poco / l’oppressa Arcadia in libertà porremo, / e serbando le Leggi, e i riti sui / ogni di Lei ragion verrà con Nui” (ivi, p. 86, ottave 20-2). 16 “Perciò pria di venire al grand’Agone, / pensa com’egli possa al suo Partito, / seguita che sarà la Divisione, / stabilir fermo Patrocinio, e sito, / sapendo ei ben, che presto in perdizione / van le cose del Popolo erudito, / s’esse nell’opre solo dell’ingegno, / e non ne’ gran Magnati hanno il sostegno” (ivi, pp. 101, ottava 65; si vedano anche le pp. 102-6 per il dialogo fra Lorenzini e Livio Odescalchi). 17 “Essendosi alcuni Arcadi, tra quali [?] pariva anch’io, divisi dal Corpo dell’Adunanza d’Arcadia, e pretendendo di continuare ad intitolarsi Arcadi, e fare Congressi fra loro colle stesse leggi, e titolo, o nome d’Arcadia; per lo che la medesima adunanza d’Arcadia ci cancellò tutti [?] dal suo catalogo, e diede le nostre denominazioni, o [?] i luoghi ad altri; e anche mosse giudizio avanti Mons. A.<nsidei> […]. Io infatti avendo riconosciuto le dette [?] nostre pretensioni essere irragionevoli, e desiderando ritornare alla medesima adunanza, e rimettermi sotto le sue leggi, primieramente rinunzio a’ tutta la sudetta lite; e per maggior cautela costituisco Prore irrevocabile il Sig.re D. Gio: Castelluccio, a comparire avanti il sud.<detto> Giudice [Ansidei] per [?] detti atti, e in mio nome anche col mezzo del mio giuramento, e […] con tutte le clausole che fanno rinunzia solennemente, e giudizialmente in forma, dandogli sopra di ciò ogni facoltà necessaria, et opportuna, e promettendo d’aver [?] grato, et fermo, tutto ciò che dal d.<etto> mio Prore sarà fatto […]. In secondo luogo prego la med.a Adunanza a volermi ricevere nello stato, e ne’ termini, ne’ quali le cose in essa presentemente si trovano; obligandomi io d’osservare tutte le Leggi, e […] fatti fino al presente giorno, e da farsi in avvenire; e specialmente finora che la specialità 73 di revisore delle pubblicazioni ufficiali, nonché figurando fra i pastori della colonia Poliziana, istituita a Montepulciano nel 1718.18 Chiuso il Bosco Parrasio, “frattanto […], che prendevasi tempo a calmar gli animi e a ricongiungerli in stabil concordia”,19 ogni giovedì il custode ospitò riunioni informali in vicolo de’ Leutari, dove fece allestire un teatro privato (la Sala Latina), contiguo al Serbatoio arcadico, per le rappresentazioni delle commedie latine, dei dialoghi ciceroniani (come il De amicitia) e dell’episodio della contesa fra Aiace e Ulisse per le armi di Achille, modellato sulla traccia ovidiana (Met., Clemente XII XIII, vv. 1-398).20 Finanziata da (mecenate dei Quirini), dal nipote Neri Corsini e dal cardinale Antonio Saverio Gentili (protettore dell’accademia degli Infecondi),21 e seguita da un pubblico per lo più costituito dall’alta gerarchia politica ed ecclesiastica, l’attività scenica si svolse fra il 14 febbraio 1735 (quando, diretti da Filacida, i giovani accademici Latini si cimentarono in due commedie plautine, probabilmente il Rudens e il Miles gloriosus, premiati dal pontefice con cinquanta scudi)22 e il 1741, dopo che la morte di papa Corsini (1740) e i debiti contratti per la promozione degli spettacoli indussero il custode a trasferirsi a palazzo Borghese, ospite del cardinale Francesco, dove attese alle versioni deroghi alla generalità, e non altrimenti […] il Decreto nel quale si ordina, che Chiunque in avvenire si annovererà, o surrogherà, all’Arcadia, debba promettere in parola d’onore di non farsi annoverare, né in alcun modo consentire, operare, o cooperare né privatamente, né pubblicamente in alcuna Accademia o Congresso Letterario, che usasse leggi, costumanze, o altre ragioni d’essa Arcadia, o che fosse istituita, o in avvenire s’istituisce sotto lo stesso nome d’Arcadia, o di Pastori arcadi, o di Colonia arcadica, in Roma, o fuori di essa; e come più ampiamente apparisce dal foglio circolare sottoscritto dagli Arcadi, che si annoverano, e che mi obbligo di sottoscrivere anch’io, se sarò dalla Ragunanza ricevuto, et in fede della verità ho sottoscritta la presente di mia propria mano. In Roma questo dì 16. Nov.re 1713” (BAR, ms. 19, c. 298r-v). Per l’approvazione del Collegio arcadico cfr. BAR, Racconto de’ fatti degli Arcadi, vol. III, cc. 111-6; si veda inoltre Onomasticon, p. 120. 18 Cfr. Memorie istoriche, p. 95; Le colonie, e le rappresentanze, p. CLXXXIII. Sul ruolo di censore delle sillogi poetiche si vedano, fra le altre, RdA, voll. I, pp. [XVII]; II, [XI]; III, [X]. 19 Renazzi, Storia dell’Università, p. 141. 20 Fabroni, vol. X, p. 414. Per la Sala Latina, cfr. Memorie istoriche, pp. 81-2; Renazzi, Storia dell’Università, pp.141-2; Laura Cairo, Luoghi scenici nella Roma del Settecento, in Orfeo in Arcadia. Studi sul teatro a Roma nel Settecento, a cura di Giorgio Petrocchi, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1984, pp. 273-88, a p. 281; Franchi, Drammaturgia romana, p. CIII. Sulla scorta degli insegnamenti del Gravina (di cui si vedano i giudizi su Plauto e Terenzio nel primo libro Della ragion poetica, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 250-2), nel 1734 Lorenzini aveva rilanciato le commedie latine, dirigendo il Miles gloriosus nel “teatrino” presso la chiesa di S. Andrea della Valle (cfr. Francesco Cancellieri, Il mercato, il lago dell’Acqua Vergine ed il palazzo Panfiliano nel Circo Agonale detto volgarmente Piazza Navona […] Con un’appendice di XXXII documenti ed un trattato sopra gli Obelischi, Roma, Bourlié, 1811, p. 84, n. 2). 21 Su Corsini e Gentili si vedano rispettivamente le voci di Marina Caffiero e Dario Busolini in DBI, voll. XXIX, 1983, pp. 651-7, e LIII , 1999, pp. 253-5. 22 Valesio, vol. V, p. 762. Cfr. anche Cancellieri, Il mercato, il lago dell’Acqua Vergine ed il palazzo Panfiliano, p. 84, n. 2. 74 in terzine di testi biblici.23 Il 7 giugno 1735 fu rappresentata l’Aulularia di Plauto, mentre al Carnevale dell’anno seguente risale la recita degli Adelphoe di Terenzio, 24 autore del Phormio proposto nel Collegio Salviati dall’ex compagnia della Sala Latina (Iº marzo 1737), nel frattempo passata sotto la guida dell’abate Michelangelo Giacomelli, a cui il gruppo del Lorenzini replicò con la messa in scena di due testi plautini. Dell’autore di Sarsina fu rappresentato lo Pseudolus nel febbraio 1738, contemporaneamente dato nel Collegio Salviati,25 mentre l’anno dopo alla recita dei Captivi intervenne Federico Cristiano elettore di Sassonia e principe di Polonia (Lusazio Argireo), che donò a ogni attore una medaglia d’argento; infine, è del febbraio 1741 la notizia dell’allestimento “d’una Comedia di Plauto in verso latino”.26 Parallelamente alle iniziative teatrali, fra il 1729 e il 1743 aprirono i battenti cinque colonie, quasi tutte nello Stato Pontificio. Alla Truentina, dedotta ad Ascoli Piceno nel 1729, con sede nel palazzo Anzianale,27 seguì la Fanestre, sorta l’anno dopo a Fano sotto la guida del cavaliere Pietro Paolo Carrara.28 Il 15 giugno 1739 fu istituita la colonia Parmense da Carlo Innocenzo Frugoni (già distintosi nel cenacolo bresciano e rientrato a Parma, da Genova, nel 1738, quando il ducato passò sotto il dominio austriaco) nella dimora del conte e vicecustode Jacopo Antonio Sanvitale, sulla scorta 23 Nel 1740, per i tipi di Giovanni Zempel, furono pubblicate le traduzioni del Cantico di Debora “Qui sponte obtulistis […]” cantato dopo la vittoria contro Sifara e del Canto magno di Mosè “Audite coeli loquor Deuter”, mentre per Rosati e Borgiani uscì la versione del Cantico di Mosè “Cantemus domino […]”. È del 1743 la Parafrasi del Cantico de’ tre Fanciulli nella Fornace di Babilonia dal Versetto 26 fino al 90 Daniele cap. 3 […], edita dal De Rossi, che, nel 1739, aveva dato alle stampe la Parafrasi volgare de’ primi cinquanta Salmi di David fatta sentire in Musica in dodici sere nella Cancelleria Apostolica l’estate del corrente anno 1739 (cfr. Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 413 e 459). 24 Cfr. Valesio, vol. V, p. 792; “Diario ordinario”, 18 febbraio 1736, n. 2894, pp. 3-4. Anche per l’Aulularia e gli Adelphoe il pontefice elargì cinquanta scudi in occasione delle due esecuzioni. 25 Valesio, vol. VI, pp. 24, 26 e 113. 26 Cfr. Memorie istoriche, pp. 81 e 241; Cancellieri, Il mercato, il lago dell’Acqua Vergine ed il palazzo Panfiliano, pp. 84-5, n. 2; “Diario ordinario”, 11 febbraio 1741, n. 3672, p. 4. Alla rappresentazione delle commedie plautine è dedicato il sonetto “O quanto bramerei che dall’Eliso” del duca napoletano Antonio Di Gennaro (cfr. RdA, vol. XI, p. 138), a sua volta destinatario dell’epistola in endecasillabi sciolti “Non vorrei, generoso almo Pastore”; cfr. Francesco Maria Lorenzini, Poesie […] raccolte da un dotto e diligente uomo in Roma e pubblicate in Napoli da Gioseffo Pasquale Cirillo Regio Professore di Leggi […] Edizione seconda accresciuta, Venezia, Occhi, 1755 (I ed. Napoli, Stamperia Muziana, 1744), pp. 329-35. 27 Cfr. Memorie istoriche, p. 205; Maylender, vol. V, pp. 355-6; Antonio D’Isidoro, L’Accademia Truentina di Ascoli Piceno, in Quei monti azzurri. Le Marche di Leopardi, a cura di Ermanno Carini, Paola Magnarelli, Sergio Sconocchia, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 449-60, alle pp. 450-1. Per un elenco degli accademici si veda Giacinto Cantalamessa Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno, Ascoli, Cardi, 1830 (rist. anast. Bologna, Forni, 1972), pp. 258-9, dove la data di fondazione è posticipata all’11 dicembre 1731. 28 Cfr. Memorie istoriche, p. 205; Maylender, vol. II, p. 343. Su Carrara, autore delle Poesie in vario metro ed in tomi divise (Fano, Leonardi, 1754, 2 voll.), dedicate a Giacomo Edoardo Stuart conosciuto a Fano nel 1718, si veda la voce di Claudio Mutini in DBI, vol. XX, 1977, pp. 698-9. Cfr. inoltre RdA, voll. V, pp. 158-66; XI, 24-8. 75 delle indicazioni fornite da Lorenzini (anche in merito alla scelta del nome ispirato al fiume omonimo che attraversa la città)29 nel diploma rilasciato nel 1738, con una copia delle leggi arcadiche.30 Per la prima adunanza pubblica svoltasi in agosto nell’isolotto al centro della Peschiera fatta allestire da Ranuccio II nel Giardino Ducale (1690), Frugoni compose una cantata a due voci, con protagonisti il fiume Parma e Pan: Che veggio? Il verde Bosco, che per real diporto a farsi apprese dell’alte mura che raro ornamento, tutto rimbomba di silvestri avene? E chi son que’ Pastori, che venuti a posar su queste arene, fuggendo del Leon gli estivi ardori, cantan sì dolcemente alle bell’ombre sue Ninfe ed amori? Alle caprine forme, al rosso volto, alle corna ricinte di folte foglie, al manifesto nume, che nelle cose da me spira e move, Parma, mi riconosci? Io queste greggie, io quest’Arcadi miei scorsi fra le tue genti, vecchio Dio de’ Pastori e degli armenti. Per le tue selve udrai sonar agresti canne; vedrai greggi e capanne le tue campagne ornar: vedrai per le tue valli errar silvestri Numi, e i candidi costumi 29 Conosciuto a Roma, dove Frugoni insegnò retorica nel Collegio Clementino (1717-19), Lorenzini è ricordato nelle ottave sdrucciole composte per le nozze della contessa Costanza Terzi di Sissa e il conte Antonio Marazzani Visconti (1745), vv. 1-8: “Arcade io torno ai già tentati numeri, / che l’almo Pan gode nei faggi incidere, / e nudi veggo l’irto petto e gli umeri / i Satiri ver me dolce sorridere: / sappialo Arcadia, e fra i Cantor mi numeri, / che non fan rauca la sampogna stridere: / FILACIDA immortale in dono diellami, / e suo chiaro Pastore il Tebbro appellami” (in Frugoni, Opere poetiche, vol. IV, pp. 30812, a p. 308); cfr. Carlo Calcaterra, Storia della poesia frugoniana, Genova, Libreria Editrice Moderna, 1920, pp. 48-50. 30 Per il diploma cfr. Ireneo Affò, Discorso preliminare su le accademie di Parma, in Memorie degli scrittori e letterati parmigiani […], Parma, Stamperia Reale, 1789-97 (rist. anast. Bologna, Forni, 1969), 5 voll., nel vol. IV, 1793, pp. I-XL, alle pp. XXXII-XXXIV. Sul sodalizio parmense si vedano Memorie istoriche, p. 205; Maylender, vol. IV, 209-11; Lucio Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, in Atti del Convegno sul Settecento parmense nel 2° centenario della morte di C. I. Frugoni (Parma, 10-12 maggio 1968), Parma, Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, 1969, pp. 177-91; Henri Bédarida, Parma e la Francia (1748-1789), a cura di Andrea Calzolari e Armando Marchi, ricerca iconografica di Marzio Dall’Acqua, introduzione di Giorgio Cusatelli, Milano, Ricci, 1985 (I ed. Parme et la France de 1748 à 1789, Paris, Champion, 1928), 2 voll., nel vol. I, pp. 25-9 (l’ed. è stata riproposta presso la Segea di Parma, nel 1986, in 2 voll.). Su Sanvitale (Eaco Panellenio), ambasciatore a Parigi nel 1751-59, poeta e traduttore di tragedie francesi (cfr., ad esempio, la versione dell’Andromaca di Racine, Parma, Stamperia Reale, 1776), si vedano Pezzana, vol. IV, pp. 175-85; Lasagni, vol. IV, p. 315. 76 e gli orj ritornar. 31 La nascita dell’arciduca Giuseppe (1741), figlio di Maria Teresa d’Austria e di Francesco I di Lorena, offrì al consesso emiliano l’occasione per promuovere, il 9 aprile 1741, una tornata poetica nel palazzo del Sanvitale. Aperta dalla prosa del vicecustode, recante la lieta notizia che si finge appresa in sogno da Carlo 32 VI, morto il 20 ottobre 33 1740, e corredata dell’avviso ai lettori redatto dal Frugoni, la miscellanea è dominata per un verso da manifestazioni di giubilo, per l’altro dal ricordo dell’imperatore defunto. Così è nel sonetto del marchese Pier Maria Dalla Rosa Prati, che nello stesso anno partecipò alla raccolta dissacratoria delle Lagrime in morte di un gatto, edita a Milano per cura di Domenico Balestrieri e per i torchi di Giuseppe Marelli;34 nelle odicanzonette del conte Guido Ascanio Scutellari Aiani e del carmelitano Anton Maria Perotti, entrambi impegnati nella silloge milanese.35 Figurano inolte il sonetto del provicecustode del sodalizio Alessandro Antonio Felice Tarasconi Smeraldi36 e l’odecanzonetta del conte Aurelio Bernieri, che, con Frugoni e Scutellari Aiani, compose i sessanta sonetti della Ciaccheide (stampata nel 1776, ma con data 1768 e la falsa indicazione di Danzica).37 L’evento richiamò l’attenzione dei nuclei arcadici limitrofi: 31 In occasione della pubblica solenne apertura della nuova e celebre colonia d’Arcadi Parmense dedotta e fondata nelle campagne di Parma in agosto dell’anno MDCCXXXIX, in Frugoni, Opere poetiche, vol. VII, pp. 471-6, alle pp. 471-2, vv. 1-25. Cfr. anche Della Torre di Rezzonico, Memorie storiche e letterarie della vita e dell’opere del signor abate Frugoni, ivi, vol. I, pp. i-lxxxv, alle pp. xxii-xxiii. 32 Di Sanvitale sono anche un’ode-canzonetta, un’egloga e il sonetto dedicato a Maria Teresa (“Pastori avezzi a cantar ninfe, e amori”), in Adunanza di canto solennemente tenuta da gli Arcadi della colonia Parmense nella universal gioja del nuovo nato Serenissimo arciduca d’Austria, ed alla Sacra Reale Maestà di Maria Teresa Regina d’Ungheria, e di Boemia &c. Arciduchessa d’Austria &c. Duchessa di Milano, di Parma, e Piacenza, e di Mantova &c. Gran duchessa di Toscana &c. […] sovrana nostra clementissima da Eaco Panellenio Vicecustode della predetta colonia in argomento di profondissimo ossequio dedicata, Parma, Rosati, 1741, pp. V-VIII (prosa), XLI-XLII, XLIII-XLV, LXXXIV. 33 Di Frugoni si vedano inoltre l’egloga “Quae mihi non sueto veri sub imagine falli”, la canzone A Diana, l’epigramma “Quid magno, Nymphae, nato faciemus Amynta”, due sonetti (“Se il nato Aminta già cresciuto, e fatto” e “Anch’io vo lieto il canto in selva movere”), e la cantata, divisa in due parti, Crisite ninfa, o sia la Colonia degli Arcadi parmensi riconfortata dal felicissimo nascimento del reale Aminta, ivi, pp. I-IV (avviso ai lettori) IX-XI, XXVIII-XXXIV, LXXXV-XCIV; anche in Frugoni, Opere poetiche, voll. II, pp. 262-3 (sonetti), IV, 484-9 (A Diana), VII , 477-86 (cantata). 34 Adunanza di canto, p. XIV. Cfr. il sonetto “Ond’è, vezzosa, e insiem dolente Fille” in Domenico Balestrieri, Lagrime in morte di un gatto, introduzione e note di Anna Bellio, Azzate, Edizioni Otto/Novecento, 1984, p. 212. 35 Adunanza di canto, pp. XX-XXIII e XLVI-XLIX. Cfr. i sonetti di Perotti (Egimo Afroditico), “Un Gatto Guardian de la cucina”, e di Scutellari Aiani (Aristofonte Enonio), “Quel sì famoso, e sì leggiadro Gatto”, in Lagrime in morte di un gatto, pp. 148 e 179. Per ragguagli biografici su Perotti si vedano Fantuzzi, vol. VI, pp. 370-2, e le voci di Maria Grazia Bergamini-Ilaria Magnani in La colonia Renia, vol. I , pp. 71-2 e 195-6. Su Scutellari Aiani si rimanda a Pezzana, vol. IV, pp. 217-20, e a Lasagni, vol. IV, p. 382. 36 Adunanza di canto, p. LIII. Per Tarasconi Smeraldi (Enide Asopico) cfr. Lasagni, vol. IV, p. 520. 37 Adunanza di canto, pp. LXI-LXIV. Su Bernieri-Terrarossa (Iperide Foceo), docente di diritto pubblico presso l’ateneo parmense (1746) e traduttore della Zaïre di Voltaire, nel 1743 (ma la paternità della 77 la Trebbiense di Piacenza fu rappresentata da Ubertino Landi e da Giuseppe Maria Soretti (quest’ultimo di natali parmensi), mentre Ercole Maria Zanotti (Onemio Dianio) e il conte Durante Duranti (Senarte Linnatico) figurarono a nome dei cenacoli bolognese e bresciano.38 Le colonie fondate negli ultimi anni del custodiato Lorenzini furono l’Icneutica di Forlì, dedotta nel 1740 dalla preesistente accademia diretta dall’abate Floriano Maria Amigoni (1739), a sua volta vice-custode della Camaldolese,39 e l’Inculta del Collegio Nazzareno di Roma (1743), retta dal marchese Luigi Valenti Gonzaga.40 2. Inaugurata nel 1701 col dramma Iahel Sisarae debellatrix,41 e nel solco della drammaturgia gesuitica (ammesso nell’Ordine nel 1702, Lorenzini vi uscì undici mesi dopo adducendo motivi di salute), l’attività di librettista e di traduttore in latino di melodrammi sacri rappresentati in Quaresima, nell’Oratorio del SS. Crocifisso di S. Marcello, ha largo spazio nella produzione poetica del custode,42 che secondo gli insegnamenti graviniani mirò al recupero del modello dantesco, elaborando uno stile “forte nelle immagini, grandioso nelle frasi, robusto nelle sentenze”, pur contemperato con la “Petrarchesca delicatezza”.43 Nel volume di liriche pubblicato postumo nel 1744 parafrasi fu contesa dal compastore Anton Maria Perotti), si vedano Pezzana, vol. IV, pp. 196-207; Renzo Negri in DBI, vol. IX, 1967, pp. 362-4; Lasagni, vol. I, pp. 423-5. Sulla Ciaccheide (Guastalla, Kross, 1776) cfr. Carlo Calcaterra, La Ciaccheide di Carlo Innocenzo Frugoni, Aurelio Bernieri e Guid’Ascanio Scutellari, s. l., Biblioteca Storica, Letteraria e Artistica della Rivista Aurea Parma, 1912. 38 Del Landi figurano un’egloga e quattro sonetti, mentre di Soretti (Irseto; ma non è registrato nell’Onomasticon), di Zanotti e di Duranti si vedano rispettivamente i sonetti “Ninfe, e pastori, omai la spoglia negra”, “Se quei, ch’entro il futuro ancor si stanno” e “Oggi che Aminta il ciel cortese, e largo”; cfr. Adunanza di canto, pp. XII-XIII, XXIV-XXVII, LXV, LXX, LXXV. Su Zanotti cfr. Fantuzzi, vol. VIII, pp. 262-5, e Maria Grazia Bergamini in La colonia Renia, vol. I, pp. 88 e 238-42; per Duranti si rimanda a Guido Fagioli Vercellone in DBI, vol. XLII, 1993, pp. 126-30. 39 Cfr. Memorie istoriche, p. 206; Maylender, vol. III, 134-5; Sesto Matteucci, Memorie storiche intorno ai Forlivesi benemeriti della umanità e degli studj nella loro patria e sullo stato attuale degli stabilimenti di beneficenza e d’istruzione in Forlì, Faenza, Conti, 1842, p. 129. 40 Cfr. Memorie istoriche, pp. 206-7 e 213; Maylender, vol. III, pp. 217 e 224-5. Sull’Icneutica si veda anche Mambelli, La cultura in Romagna, pp. 117-20. 41 Franchi, Drammaturgia romana, p. 5. 42 Per i tipi di Giovanni Francesco Buagni furono pubblicati i melodrammi Mater Machabaeorum e Sedecias (1704), Athalia (1705), Thamar vindicata (1706) e Bethsabea (1708). Al 1707 risale la traduzione in latino della S. Maria Maddalena de’ Pazzi (Diva Maria Magdalena de Pazzis) di Benedetto Pamphili, rappresentata in versione italiana, nel 1705, nel Collegio Clementino e nell’Oratorio della Vallicella, dove l’anno prima fu messo in scena il Martirio di S. Cecilia di Pietro Ottoboni, tradotto da Lorenzini nel 1709 (Sancta Caecilia); cfr. ivi, pp. 23, 32-3, 42, 47 n., 50, 56-7, 62-3 n., 66. 43 Renazzi, Storia dell’Università, p. 136. Sui riconoscimenti tributati allo stile cfr. Fabroni, vol. X, pp. 393 e 418-9. 78 (e più volte riedito)44 a cura del giurista napoletano Giuseppe Pasquale Cirillo, allievo di Vico,45 si affacciano versi di argomento biblico e religioso, come il sonetto su Giuditta e Oloferne e quello dedicato a S. Giovanni Battista, nonché i capitoli con protagonisti Adamo ed Eva e le versioni, in sette sonetti, delle Antifone Maggiori “per i giorni precedenti al Santo Natale”, incluse anche nelle Rime degli Arcadi sulla Natività di Nostro Signore Gesù Cristo (1744).46 Figurano inoltre tre sonetti per la santa Giovanna Falconieri (1270 circa-1341), di cui Lorenzini tracciò la biografia nel 1737 (anno della canonizzazione), preceduta da quella del beato Alessio, zio di Giovanna (1719), come ringraziamento per la protezione offerta al custode dal governatore di Roma Alessandro Falconieri.47 Al tema dell’amore, modulato in tonalità lievi nella serie delle anacreontiche per Jella (nome convenzionale della donna amata),48 si alternano gli esercizi encomiastici, con gli otto sonetti per la nascita, a Roma, di Carlo Edoardo Stuart (1720), primogenito di Giacomo Edoardo e di Maria Clementina Sobieska.49 Le digressioni storiche, nei tre sonetti su Lucrezia (moglie di Collatino, violata da Sesto Tarquinio),50 si intrecciano ai rimandi alle vicende contemporanee dell’accademia romana, come nel sonetto “Coll’elmo in fronte, che temprò Vulcano”, in cui lo spettro di Enea esorta gli arcadi a completare l’opera di Romolo, che “fondò l’Impero” (v. 9), istituendo il “Poetico Regno” (v. 13).51 Il sonetto sui fulmini, le egloghe sull’origine del mondo e sulla peste cagionata dall’ira divina rivelano un preciso interesse per le 44 Alla prima stampa napoletana, nel 1744, seguirono le edizioni Napoli-Milano, Malatesta-Bonacina, 1745 e 1746 (quest’ultima aggiornata), e quella uscita a Palestrina, per i tipi di Urbano Masci, nel 1747; infine, sono del 1755 e del 1770 le pubblicazioni veneziane per i torchi di Simone Occhi. 45 Per notizie biografiche su Cirillo cfr. Raffaele Ajello in DBI, vol. XXV, 1981, pp. 796-801. 46 Lorenzini, Poesie, pp. 64, 71, 77-80, 220-5, 227-31, 242-7. Cfr. inoltre Rime degli Arcadi sulla Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, Roma, de’ Rossi, 1744, pp. 7-13; la miscellanea reca anche i capitoli “Fissò lo sguardo il primo Padre appena” e “Udio la Donna, che non ebbe Madre” (ivi, pp. 14-8 e 13944). 47 Poesie, pp. 69-70. Si vedano inoltre la Breve notizia della vita del B. Alessio Falconieri uno de’ sette fondatori dell’inclito ordine de’ Servi di Maria (Roma, Gonzaga, 1719) e la Vita di S. Giuliana Falconieri fiorentina fondatrice del Terz’Ordine de’ Servi detto delle Mantellate, Roma, de’ Rossi, 1737 (a cui seguì, l’anno dopo, l’edizione romana per i tipi di Komarek). 48 Poesie, pp. 97-110. 49 Ivi, pp. 45 e 89-92. Sul soggiorno romano di Giacomo III (1719) si veda Rossella Pantanella, Palazzo Muti a piazza SS. Apostoli residenza degli Stuart a Roma, in “Storia dell’arte”, XXVI (1995), pp. 307-28. 50 Poesie, pp. 36-7. Sullo stesso argomento cfr. i sonetti di Giovanni Battista Felice Zappi (“Invan resisti: un saldo cuore, e fido” e “Che far potea la sventurata, e sola”, in RdA, vol. I, p. 284) e di Faustina Maratti (“Poi che narrò la mal sofferta offesa”, ivi, vol. II, p. 41), la cui vicenda biografica fu segnata da un tentativo di rapimento da parte di Giangiorgio Cesarini Sforza, da lei risolutamente sventato (1703). 51 Poesie, p. 32. Cfr. anche i sonetti “Se per l’orme degli anni indietro io riedo”, “Rotta la terra, e scossa la ruina”, “Chi mai creduto avrebbe, o al Ciel diletto”, “Che si pretende dall’antica Roma” (ivi, pp. 33-4). 79 scienze,52 di cui è testimonianza l’aggiornamento in collaborazione con il chirurgo Gaetano Petrioli delle tavole anatomiche di Bartolomeo Eustachi (1514?-1574) pubblicate, nel 1728, da Antonio Celestino Cocchi (con lo pseudonimo di Chermesio de Fulget), docente di botanica presso l’Archiginnasio romano. Il Cocchi era stato accusato di plagio da Lorenzini nel dialogo Il cardo, edito lo stesso anno, con il nome di Ignazio Carletti e il falso luogo di Leyda, oltre che in un sermone latino, dove il custode assunse l’identità di Quinto Attilio Serrano, e in una serie di epigrammi (Analecta variorum PP.<astorum> AA.<rcadum> in Pseudo-Lucilium, sive Typhoeum, s.n.t.).53 Quanto alla produzione del custode confluita nelle sillogi ufficiali dell’accademia, il catalogo è limitato alla traduzione latina di un sonetto del cardinale Benedetto Pamphili, inclusa nell’appendice turchesca nel volume terzo delle Rime degli Arcadi, al sonetto “Vedrai Donna immortal presso a quell’onda”, nella corona offerta ad Alessandro Albani (t. IX), e a un manipolo di trentacinque sonetti, due canzoni, un capitolo elegiaco e un ditirambo accolto nel tomo decimo, edito nel 1747 sotto la direzione di Michele Giuseppe Morei.54 Quest’ultimo riferì ai lettori di avere selezionato i versi inediti del predecessore, conservati nel Serbatoio, emendando inoltre gli errori attributivi riscontrati nella silloge lorenziniana: […] essendo stati fra le dette Poesie di Filacida publicati de i Componimenti che o dalle stampe, o da i Manoscritti d’Arcadia costa essere di altri Autori, non si è dubitato di restituirli a i Medesimi, e publicarli sotto il Loro Nome sì in questo [vol. X], che nei Tomi, che a questo succederanno”.55 52 Ivi, pp. 84 e 295-309. Lorenzini poteva rinvenire le immagini delle membra “illanguidite, e pallide” (ivi, p. 305, v. 157) e delle “publiche vie” (ivi, p. 306, v. 161) in cui muoiono gli appestati nel libro sesto del De rerum natura di Lucrezio, tradotto da Alessandro Marchetti (cfr. Id., Della natura delle cose di Lucrezio, pp. 231-74, a p. 274, vv. 1845-8). Un altro particolare (“[…] pargoletti teneri / Sul petto delle estinte madri gemere; / E dalle poppe il freddo latte suggere”, Poesie, p. 306, vv. 162-4) ritorna nella quinta visione del Varano, ispirata all’epidemia che colpì Messina nel 1743: “io teneri mirai Bambin leggiadri / con bocca di marcioso umore intrisa // succhiar il tosco dalle spente madri” (cfr. Alfonso Varano, Visioni sacre e morali, edizione critica a cura di Riccardo Verzini, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2003, pp. 151-69, a p. 164, vv. 479-81). 53 Per l’episodio si vedano Fabroni, vol. X, pp. 410-1; Renazzi, Storia dell’Università, pp. 138-9. Su Il cardo cfr. Gaetano Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all’Italia, Milano, Pirola, 1848-59, 3 voll., nel vol. I, p. 476. Su Cocchi cfr. Daniela Silvestri in DBI, vol. XXVI, 1982, pp. 461-6. 54 RdA, voll. III, pp. 380; IX, 211 (il sonetto “Vedrai Donna immortal presso a quell’onda” è anche in Poesie, p. 41); X, 245-81. 55 RdA, vol. X, pp. [3-4]. Confrontando le sillogi, si nota che alcuni componimenti della raccolta lorenziniana (1755) sono attribuiti ad altri autori compresi nei tomi delle RdA, editi durante i custodiati di Crescimbeni (voll. I-IX, 1716-22) e di Morei (voll. X-XII, 1747-59). Non sarebbero quindi di Marco Antonio Lavaiani tredici sonetti e cinque canzoni (RdA, vol. II, pp. 118-9; 121, “Anima augusta, ch’i begli occhi apristi”; 122, “Occhi, che per usanza sol piangete”; 123-4, “Io diceva al pensiero, un dì, che fiso”; 125-47) che figurano nelle Poesie di Lorenzini (pp. 5, 7, 13-4, 17, 20, 29-30, 43, 49, 50, 62, 92-7, 130-40, 80 In ossequio al gusto arcadico, netta è la preminenza della tematica amorosa ed encomiastica, come risulta da una lunga serie di componimenti: i due sonetti per l’elezione di papa Corsini, a cui se ne aggiungono altri nove e la canzone nel volume delle Poesie;56 i sonetti per Giovanni V di Portogallo e per Federico Cristiano di Polonia;57 quello per la nascita del Delfino Luigi Ferdinando (1729), seguito dal sonetto per il cardinale Melchior de Polignac plenipotenziario francese a Roma.58 Quest’ultimo celebrò l’evento ospitando nel cortile di palazzo Altemps (sua dimora), il 26 novembre 1729, l’esecuzione della Contesa de’ Numi di Metastasio (che l’anno dopo sarebbe partito per Vienna),59 e organizzando uno spettacolo pirotecnico in Piazza Navona insieme al cardinale Ottoboni, che due giorni prima, nel palazzo della Cancelleria Apostolica, aveva promosso la replica del Carlo Magno, allestito l’anno precedente al cospetto del consesso arcadico, facendone pubblicare il libretto.60 I tre sonetti dedicati al 150-1), dove è anche il corpus di trentotto sonetti, sette odi-canzonette, cinque capitoli e un’egloga (ivi, pp. 6, 8-9, 11-3, 15-21, 31, 36, 39-40, 42-3, 46-8, 51, 54-9, 76-7, 85, 110-3, 200-8, 213-7, 225-7, 247-51) attribuito a Giovanni Battista Ciappetti (RdA, vol. III, pp. 37-80). Inoltre, sarebbero di Lorenzini il sonetto di Pompeo di Montevecchio (“Amor mi tolse il core è in un drappello”) e il capitolo elegiaco di Prudenza Gabrielli Capizucchi, “Selve incognite al Sol, torbide fonti” (RdA, vol. III, pp. 120-2 e 130); i diciassette sonetti dell’abate Filippo Resta (ivi, vol. VI, pp. 252-60); il sonetto di Giovanni Battista Riccheri (“Qual mi serpe nel sen vivace Ardore”) e le due egloghe assegnate rispettivamente a Gioacchino Pizzi (“Quando il verno a far legne al Bosco spingene”) e a Dionigi Fiorilli, “Titiro, e Coridon, l’uno d’Arcadia” (ivi, voll. X-XI, pp. 168 e 343-50, 322-36); cfr. Poesie, pp. 9, 12, 18, 21-6, 28, 35, 50-2, 83, 86, 236-8, 251-7, 27986. D’altro canto, l’incertezza è alimentata dalle smentite di Giuseppe Pasquale Cirillo (“Lettore, so ben io, che alcuni Componimenti, che ora si dan fuori sotto il nome del Lorenzini, si sono altra volta stampati sotto ’l nome di altrui. Ma a me è convenuto di seguir a fede di quel valente Letterato che mi ha di Roma trasmesso il Manoscritto”, in Lorenzini, Poesie, p. [IV]) e di Filippo Maria Renazzi: “[Lorenzini] Istruivali [i giovani] con amorevolezza, con maestrìa diriggevali per l’erte pendici del Parnaso, e con rara prodigalità suppliva co’ parti del suo ingegno nelle pubbliche recite, e nelle poetiche Raccolte all’altrui deficienza; onde ognuno potesse incoraggirsi, e far presso il Pubblico buona comparsa. Quindi è avvenuto, che gran numero di Poesie Lorenziniane siansi divulgate sotto nome d’altri, e che tuttavia esistino manoscritte” (cfr. Storia dell’Università, p. 137). 56 RdA, vol. X, p. 257; Poesie, pp. 65-9 e 140-50. 57 RdA, vol. X, pp. 253-4. Con i sonetti “E la Terra, e le Stelle, e l’Oceano” e “Ecco son Nave, e appena l’onde io solco”, Lorenzini partecipò al gioco delle “Trasformazioni” nei ludi indetti, nel 1726, in onore del re di Braganza (cfr. I Giuochi olimpici Celebrati dagli Arcadi […] In lode della Sacra Real Maestà di Giovanni V […], pp. 130-1; anche in Poesie, pp. 31-2). 58 RdA, vol. X, p. 258. 59 Sul rapporto fra Lorenzini e il poeta cesareo, si veda quanto quest’ultimo scrive al fratello Leopoldo, il 5 dicembre 1768, in merito alle opere religiose del custode ormai defunto: “Non vi affaccendate molto per trovarmi il portatore degli Oratorii di Lorenzini: né la merce né la mia curiosità meritano questa cura. Quando il spedirli abbia a costarvi incomodo, il piacere ch’io ne ritrarrei non giungerebbe a ricompensarlo. Se vi si offre l’opportunità valetevene, o nel caso contrario siate ben sicuro della mia rassegnazione” (cfr. Metastasio, Tutte le opere, vol. IV, pp. 685-6). Si rimanda anche alle lettere a Leopoldo del 7 novembre e del 26 dicembre 1768 (ivi, pp. 674-5 e 694). Segnalo infine il sonetto di risposta del giovane Metastasio (“Paride in giudicar l’aspra che insorse”) a quello di Filacida, “Quando l’amara lite in cielo insorse”; in Metastasio, Poesie, p. 582 (note alle pp. 616-9). 60 Cfr. Valesio, vol. V, pp. 145-6; Esposito, Annali di Antonio De Rossi, p. 299; Franchi, Drammaturgia romana, pp. 250-1. Per un resoconto dei festeggiamenti cfr. Circo agonale di Roma restituito all’antica forma con illuminazioni, e machine artifiziali dall’Eminentiss. e Reverendiss. Sig. Cardinale Di Polignac 81 culto mariano convivono con quello di registro politico-civile, “Italia, Italia Ancella di dolore”,61 in cui le reminiscenze dantesche si saldano agli apporti di modelli prossimi, come i sonetti “sopra l’Italia” del Filicaia.62 Infine, il sonetto sul ritratto del cardinale Giovanni Francesco Albani, eseguito dal pittore viennese Georg Kaspar von Prenner, e quello sulla statua del Mosè di Michelangelo (“Donde l’idea del gran sembiante avesti”), elaborato sulla scorta dell’antecedente zappiano (“Chi è Costui che in sì gran pietra scolto”), confermano il rapporto che si era venuto instaurando fra arti figurative e poesia (come è noto, l’Arcadia romana fu spesso coinvolta nelle cerimonie dell’accademia del Disegno).63 Aperta dalla dedica del procustode Giuseppe Brogi (Acamante Pallanzio) per il cardinale Francesco Borghese,64 la silloge in morte del Lorenzini (14 giugno 1743), edita nel 1744, registra l’intervento di cinquantotto arcadi, fra cui quattro poetesse (Veronica Cantelli Tagliazucchi, Teresa Ginobili Fiore, Anna Maria Parisotti Beati e Isabella Murena),65 per lo più romani. Oltre a Brogi,66 figurano, fra gli altri, il lucchese Alessandro Pompeo Berti e Domenico Rolli, che fece parte del drappello scismatico. 67 L’iconografia funebre e la dichiarata fiducia riposta in Mireo Rofeatico (nome pastorale del Morei), salutato come degno dei predecessori, convivono, ad esempio, nei sonetti degli abati Lucio Ceccarelli e di Carlo De Sanctis, nonché nella coppia di sonetti del ministro di S. M. Cristianissima per celebrare il felice nascimento del Delfino, Roma, de Caporali, 1729. Lorenzini dedicò all’Ottoboni la canzone “Signor se dal tuo saggio aureo intelletto” (Poesie, pp. 122-30). 61 RdA, vol. X, pp. 247, 250, 260. 62 “Italia Italia, o tu, cui feo la Sorte”, “Dov’è, Italia, il tuo braccio? e a che ti servi”, “Vanno a termine sol con passi eguali”, “Sono, Italia, per te discordia, e morte”, “Quando giù da i gran Monti bruna bruna”, “Soffri, misera, soffri. Ecco al tuo foco”; ivi, vol. III, pp. 255-8 (cfr. anche Filicaia, Opere, vol. I, pp. 1314). 63 RdA, voll. I, pp. 283 (Zappi), e X, 254; Poesie, p. 42. Il Mosè michelangiolesco ispirò ad Alfieri, nel 1781, il sonetto “Oh! chi se’ tu, che maestoso tanto” (Rime, edizione critica a cura di Francesco Maggini, Asti, Casa d’Alfieri, 1954, p. 47). Sul Prenner, che soggiornò a Roma nel 1742-50, ritornandovi nel 1762, per eseguire una Immacolata Concezione per la chiesa di S. Dorotea, si vedano La pittura del ’700 a Roma, a cura di Stella Rudolph, 732 illustrazioni, Milano, Longanesi, 1983, 2 voll., nel vol. II, p. 796; e la scheda di Laura Gigli in Fiamminghi e altri Maestri. Gli artisti stranieri nel patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2008, pp. 59-63. 64 Componimenti degli Arcadi nella morte di Filacida Luciniano Custode Generale di Arcadia. All’Eminentiss., e Reverendiss. Principe il Signor Cardinale Francesco Borghese, Roma, de’ Rossi, 1744, pp. [III-VII]. 65 Ivi, pp. 46, 49, 77, 91. Cfr. Onomasticon, pp. 33, 86, 172, 201, e Bandini Buti, voll. I, pp. 133; II, 59 e 113. Sull’improvvisatrice Parisotti Beati (Efiria Corilea) si veda inoltre Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, p. 23, mentre per la Cantelli Tagliazucchi, autrice di un volume di rime con lo pseudonimo Oriana Ecalidea (Berlino, Jasperd, 1760), cfr. Natali, Il Settecento, vol. I, p. 147. 66 Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 19-20. Cfr. Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, pp. 87-9. 67 Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 11-8, 82 e 99-106. 82 teatino cremonese Antonio Maria Asti.68 Il ricordo di Filacida domina, fra gli altri, nell’ode-canzonetta di Giampietro Tagliazucchi (Alidauro Pentalide), nipote di Girolamo e marito di Veronica Cantelli, avente per scenario i Campi Elisi;69 nel capitolo dell’abate romano Giacomo Cemmi (Amildo Cilleneo), in cui, secondo un modello poetico che prefigura lo schema della visione in terza rima fissato da Alfonso Varano e, più tardi, da Vincenzo Monti, il custode appare in sogno ad Amildo esortandolo ad emulare i primi esponenti dell’Arcadia;70 e nel sonetto del romano Carlo Marcus, dove l’ombra di Lorenzini, “venerabile agl’atti, ed al sembiante” (v. 1), si svela ai compastori.71 A Mireo, che a sua volta firma un sonetto e un capitolo elegiaco,72 l’abate Gaetano Golt (Euridalco Corinteo) dedica l’egloga “Quando Arcadia cessò dall’egra lode”, rievocandone la nomina a custode;73 Giancarlo Passeroni (Niceno Alcimedonzio), nizzardo ma milanese d’adozione, fra i promotori della rinascita dell’accademia dei Trasformati nel capoluogo lombardo (6 luglio 1743), presenta una corona di cinque sonetti.74 Accanto agli elogi per la molteplicità degli interessi coltivati dall’abate romano (“[…] non era solo Poeta, ma Medico, Anatomico, Teologo, Filosofo, Storico, Geografo, Comico, Pittore, Disegnatore; E quale Arte, o Scienza, egli mai non possedette?”), nella prosa introduttiva Alessandro Pompeo Berti formula un giudizio in cui è chiara la consapevolezza del silenzio calato sul cenacolo durante il custodiato di Lorenzini: 68 Ivi, pp. 47, 64, 97-8. Per Ceccarelli e De Sanctis cfr. Memorie istoriche, pp. 101 e 103. Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 30-2. Su Tagliazucchi, che nel 1752 si trasferì presso la corte berlinese di Federico II, cfr. Tiraboschi, vol. V, pp. 164-7; Natali, Il Settecento, voll. I, pp. 546, e II, 158. 70 Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 33-6; di Cemmi sono anche i sonetti “Se godé Morte allorché vide estinto” e “Fola sia pur, che già dell’uomo il volto” (ivi, p. 37). 71 Ivi, p. 78. 72 “Dov’è, dov’è l’inimitabil Cetra” e “Sempre a me caro tornerà quel giorno” (ivi, pp. 78-82). 73 Ivi, pp. 61-63. Su Golt, di cui sono anche le ottave “Allorché fece dalla spoglia frale” (ivi, pp. 57-60), cfr. Maria Pia Donato in DBI, vol. LVII, 2001, pp. 627-9. 74 Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 83-5. Sui Trasformati (1743-68) cfr. Giosuè Carducci, L’Accademia dei Trasformati e Giuseppe Parini (1891), in EN, vol. XVI, pp. 53-124; Carlo Antonio Vianello, La giovinezza di Parini, Verri e Beccaria con scritti, documenti e ritratti inediti, Milano, Baldini e Castoldi, 1933, pp. 63-92 e 107-17; Gianmarco Gaspari, Accademici e letterati verso l’età nuova, in L’Europa riconosciuta. Anche Milano accende i suoi lumi (1706-1796), Milano, CariploMotta, 1987, pp. 315-37; Paolo Bartesaghi, L’Ambrosiana e l’Accademia dei Trasformati, in Studi ambrosiani di Italianistica I. Erudizione e letteratura all’Ambrosiana tra Sette e Ottocento, Atti delle giornate di studio (22-23 maggio 2009), a cura di Marco Ballarini e Paolo Bartesaghi, Roma, Bulzoni, 2010, pp. 47-95. 69 83 Fu Filacida una Stella stabile, e fissa, lontana bensì, per la sua ritiratezza e solitudine, dalla vista degli Uomini, ma però ad Essi utilissima, avendo proccurato sempre più di giovare, che di risplendere.75 75 Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 13 e 17. 84 2.3 Michele Giuseppe Morei (1743-1766) 1. L’eco delle controversie innescate dalla nomina di Francesco Maria Lorenzini (1728), unitamente all’impossibilità di stabilire, in assenza del registro degli iscritti, quanti sodali fossero idonei al voto, impose il riesame delle norme per l’elezione del nuovo custode, che si prospettava più complessa di quella precedente.1 Affidato dunque l’incarico al cardinale Domenico Passionei, con il beneplacito di Benedetto XIV, il corpus degli elettori fu ridotto a cento arcadi (di cui cinquanta cooptati sotto la gestione di Crescimbeni, e i restanti durante il secondo patronato), che se anche nel terzo, e ultimo, scrutinio non avessero raggiunto il quorum dei due terzi, avrebbero assegnato la vittoria al candidato con la maggioranza semplice delle preferenze.2 Soltanto tre mesi dopo la morte di Lorenzini, il 3 ottobre 1743, al secondo ballottaggio, la scelta, quasi unanime, cadde sull’abate Michele Giuseppe Morei, beneficiato di S. Maria Maggiore (1710), accolito della Cappella Pontificia e ceroferario dei Palazzi Apostolici (1740).3 Scarse e lacunose le informazioni biografiche.4 Nato a Firenze nel 1693,5 Mireo Rofeatico si trasferì “giovinetto” a Roma, 6 dove nel 1711 fu accolto nelle file pastorali,7 1 Testimonianza del clima pre-elettorale è l’egloga di Gaetano Golt, “Quando Arcadia cessò dall’egra lode”, vv. 7-18: “Onde fra l’alto fremito, e i bisbigli / dell’erudito popolo de’ Vati / sorser contrasti, e nacquero perigli: // ma il Sommo Pan, che gli esercizj usati // vide interrotti, e rimirò gli armenti // starsene ancor dalla tardanza irati, // gridò: fra poco vi farò contenti, / subito che vedrete in Libra il Sole / e li giorni alle notti equivalenti, // verrete ad ascoltar le mie parole / nel sagro bosco, che la vostra lite / solo da me decidere si vuole” (cfr. Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 61-3, a p. 61). 2 Memorie istoriche, pp. 59-60; Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, p. 32. 3 “Diario ordinario”, 5 ottobre 1743, n. 4086, p. 17. Le elezioni indette il I° luglio furono posticipate per cause ignote (cfr. ivi, 22 giugno 1743, n. 4041, pp. 8-9; e 6 luglio 1743, n. 4047, p. 2). 4 Su Morei si vedano Louis-Mayeul Chaudon, Nuovo dizionario istorico ovvero storia in compendio di tutti gli Uomini che si sono resi illustri segnando le epoche delle Nazioni […], Bassano, Remondini, 1796, 22 voll. (trad. del Nouveau dictionnaire historique portatif […], Caen, Le Roy, 17897, 9 voll.), nel vol. XII, pp. 159-60; Renazzi, Storia dell’Università, pp. 351-2; la scheda di Patrizia Formica in Tre secoli di storia dell’Arcadia, pp. 133-5; Antonio Grimaldi, L’“autunno tiburtino” di Mireo Rofeatico, in Studi di Italianistica per Maria Teresa Acquaro Graziosi, pp. 179-206, alle pp. 179-85. 5 Secondo il Nuovo dizionario istorico, la data di nascita risalirebbe circa al 1695 (vol. XII, p. 159), mentre Formica (Tre secoli di storia dell’Arcadia, p. 133) e Grimaldi suggeriscono di anticiparla al 1693, sulla base delle indicazioni dell’età del Morei e dell’anno di composizione nei manoscritti recanti alcuni versi giovanili (BAR, ms. 36, Iuvenilia Poemata Josephi Morei Civis Florentini, cc. 202r-214r, alle cc. 202v e 206r; ora in Grimaldi, L’“autunno tiburtino” di Mireo Rofeatico, pp. 180-1). 6 Renazzi, Storia dell’Università, p. 351. 7 Cfr. Onomasticon, p. 180, e la richiesta di ammissione avanzata il 19 agosto 1711 (BAR, ms. 18, cc. 130r-131v; ora in Grimaldi, L’“autunno tiburtino” di Mireo Rofeatico, p. 181). Nelle terzine “Sempre a me caro tornerà quel giorno”, recitate in occasione della nomina a custode, Morei rievoca l’ingresso in 85 in cui intraprese la scalata al custodiato (svolto fra il 1743 e il 1766), ricoprendo gli incarichi di collega,8 di censore delle edizioni accademiche e di co-adiutore del procustode Paolucci, che in disaccordo sulla nomina di Lorenzini fu rimosso dall’incarico (1728), affidato al Morei (1728-30 e 1736-43).9 Cospicua, di contro, la produzione del neo-custode, che negli anni dell’apprendistato arcadico compose la tragedia Il Temistocle, messa in scena nel Seminario Romano il 31 gennaio 1728,10 e il Ragionamento intorno all’“Eneida” di Virgilio (1727), pubblicato nel 1729.11 Al 1740 risale la raccolta dei Carmina, seguita dalle Poesie (1745) e dalle Prose (1752),12 mentre del 1743 sono la traduzione del terzo canto del Rapimento di Proserpina di Claudiano13 e l’Autunno Tiburtino, confluito nel 1746 nella silloge Le tre Arcadie, preceduto dal prosimetro del Sannazzaro e dall’Accademia Tusculana del Menzini (1705), riferita agli anni del governo crescimbeniano.14 Iniziata a ridosso della designazione del secondo custode (il soggiorno a Tivoli dei protagonisti è infatti ambientato nell’autunno 1728), e non a caso data alle stampe nel 1743, in previsione Arcadia, vv. 16-24: “Alfin d’Alfesibèo feci tragitto / all’umil Reggia, d’ond’ei saggio, e prode / tutta Arcadia reggeva in voce, o in scritto. // Amoroso mi accolse il buon Custode: / né mancò già di farmi ognora espresso / l’amor suo col consiglio, e colla lode. // Né guari andò, che a se mi volle appresso, / e tra i Padri d’Arcadia anch’io sedei: poi femmi parte del suo seggio istesso” (Michele Giuseppe Morei, Poesie, Roma, de’ Rossi, 1745, pp. 9-12, a p. 10; anche in Componimenti […] nella morte di Filacida Luciniano, pp. 79-82, a p. 79). 8 Memorie istoriche, p. 97. 9 Correa, Vita di Giuseppe Paolucci, p. 260. 10 Il Temistocle tragedia da rappresentarsi da’ signori Convittori del Seminario Romano nelle vacanze del Carnevale dell’anno MDCCXXVIII, Roma, de’ Rossi, 1728 (cfr. “Diario ordinario”, 7 febbraio 1728, n. 1639, p. 7; Franchi, Drammaturgia romana, pp. 236 e 241). Nel Seminario Romano, il I° marzo 1726, fu recitato Il sacrificio di Jefte del Morei (Roma, Mainardi, 1726), musicato da Domenico Sarro e replicato due anni dopo a Montefiascone (Franchi, Drammaturgia romana, pp. 215, 218, 238 e 242). 11 La finalità dell’opera è esposta al giovane Pietro Luigi Strozzi (morto prima della stampa del testo), di cui Morei fu amico e precettore: “[…] io ho deliberato di prevenire questa vostra lettura [dell’Eneide] col tornarvi di nuovo alla mente quanto ella sia fruttuosa, anzi necessaria: e nell’istesso tempo narrandovi continuamente in Prosa ciò, che la detta Eneida contiene, farvi vedere in succinto, ed in genere prima di conoscerle a parte a parte le di lei meravigliose bellezze” (cfr. Ragionamento […] intorno all’“Eneida” di Virgilio, Roma, de’ Rossi, 1729, pp. 13-4). Al discepolo l’autore fiorentino dedicò l’epistola pedagogico-morale “Quae studia, aut qui Te deceant, Strozzi optime, mores” (cfr. Carmina, Romae, Josephi et Philippi de Rubeis, 17623, pp. 27-32; anche in AC2, pp. 149-52), di cui si veda la traduzione di Domenico Vaccolini (1835), in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, n. LXIV (luglio, agosto, settembre 1834-35), pp. 118-25. 12 Alla prima edizione dei Carmina (Roma, Zempel, 1740) seguirono quelle del 1757 (Roma, Salomoni) e del 1762, mentre le Prose (1752) uscirono dai torchi di Antonio De Rossi. 13 Il rapimento di Proserpina di Claudiano ridotto in ottava rima, Roma, de’ Rossi, 1743. I primi due canti furono tradotti da Florido Tartarini (cfr. Esposito, Annali di Antonio De Rossi, p. 456). 14 Sul progetto editoriale de Le tre Arcadie (Venezia, Poletti, 1746; poi Venezia, Novelli, 1756, e Venezia, Remondini-Santini, 1784), che salda “l’ambizione autocelebrativa” dell’accademia all’intento di “far culminare la tradizione dei romanzi pastorali prosimetrici” nella prova del custode, si vedano Alessandra Di Ricco, Le “Arcadie” settecentesche, in Il prosimetro nella letteratura italiana, a cura di Andrea Comboni e Alessandra Di Ricco, Trento, Dipartimento di Scienze filologiche e storiche, 2000, pp. 46387, alle pp. 463-7 (le citazioni sono a p. 466); e Grimaldi, L’“autunno tiburtino” di Mireo Rofeatico, pp. 186-206. 86 dell’ascesa alla carica massima, 15 la pastorale del Morei è “la fotografia […] dell’Arcadia romana uscita dalle mani del Crescimbeni e affidata alle stanche cure del Lorenzini”, sospesa fra la rievocazione malinconica dei suoi trascorsi e una sopravvivenza demandata “alla politica delle affiliazioni illustri”.16 La lunga militanza nel consesso, altresì attestata dalle prove poetiche disseminate nelle miscellanee ufficiali,17 e l’influenza del piano riformistico del papato benedettino (durante il quale fiorirono le accademie dei Concili, di Storia Ecclesiastica, di Liturgia e di Storia Romana, che fra i sodali annoverò il Morei dal 1747)18 orientarono l’operato del custode al rilancio delle prassi accademiche, in continuità con la linea tracciata da Crescimbeni.19 Archiviata dunque la parentesi lorenziniana, Morei organizzò le assemblee pubbliche (di norma cinque all’anno),20 incrementando i lavori nel Serbatoio, 15 È possibile che nel 1728 Morei ambisse al ruolo di custode: “[…] appena era io giunto in riva a quel fiume [Aniene], che a me si fecero intorno [gli arcadi della colonia Sibillina], e per mero istinto di loro affetto, e di loro cortesia, mi riguardavano, come se la loro scorta nel defunto Custode perduta, avessero in me ritrovata; e siccome l’esser da più, riputato non mai dispiacque ad alcuno, io, che (qual’egli si fosse) non avrei dovuto, o voluto presumere quell’onore, vedendomi da uno scelto numero di onorate persone spontaneamente favorito, con loro disinvoltamente ogni giorno trattando, né di pretendere autorità alcuna sopra di essi, né di recusare la loro dolce, ed erudita compagnia diedi continui manifestissimi segni”; cfr. Autunno Tiburtino, in Le tre Arcadie (1756), pp. 273-4. Si veda Di Ricco, Le “Arcadie” settecentesche, pp. 467 (n. 18) e 479-80 (n. 53). 16 Di Ricco, Le “Arcadie” settecentesche, pp. 479 e 481-2. Secondo Grimaldi, l’atmosfera nostalgica che permea il testo dà voce alla crisi nel decennio 1730-40 dello Stato Pontificio, provato dalla guerra di Successione polacca e dalle difficoltà finanziarie (cfr. L’“autunno tiburtino” di Mireo Rofeatico, pp. 189192). 17 Quanto alla produzione del Morei nei primi nove tomi delle RdA, cfr. voll. II, pp. 226-38 (a p. 227 è il primo sonetto recitato da Mireo in Arcadia, “Laddove all’ombra di quei verdi allori”); e VIII, [ix]-I, IV, 211-20 (un’elegia latina [anche in AC1, pp. 175-7] e diciannove sonetti, di cui uno nella corona per Marco Antonio Zondadari, riedita in vol. IX, pp. 171-87, a p. 175). Cinque sonetti sono nell’appendice nel vol. III, pp. 350, 376 e 385-6; così come l’ode “Io, Pastori, io quel, che in pria” è nella sezione in calce al vol. VII, pp. 365-8. Nel nono figurano quattro sonetti (pp. 41, 91, 115 e 212) e la cantata sul testo del Morei, e musica di Giovanni Battista Costanzi, eseguita l’8 gennaio 1722 nel Palazzo della Cancelleria Apostolica (pp. 265-70, 273-7 e 289-93). In AC1 sono due elegie (pp. 172-4 e 178-81) e tre carmina (pp. 181-91). Fra le altre, Mireo compilò le biografie di Benedetto Menzini e di Vincenzo da Filicaia, in Notizie istoriche, vol. I, pp. 112-4 e 239-42. 18 Cfr. Donato, Accademie romane, pp. 86-105. 19 Di Crescimbeni il neo-custode scrisse la biografia (VdA, vol. V, pp. 269-79) e, nel 1728, l’Elogio […] steso in una lettera al padre Odoardo De Vitry della Compagnia di Gesù revisore di Francia, in Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Venezia, Zane (poi Occhi), 1728-57, 51 voll., nel vol. XVII, 1738, pp. 479-500. Dell’Arcadia del Morei non sono pervenuti i verbali delle adunanze (cfr. Onomasticon, p. VII), mentre il catalogo degli iscritti (BAR, Indice dei nomi arcadici seguiti dai nomi di famiglia corrispondenti, vol. IV) è un “brogliaccio”, in cui mancano le date di annoverazione, e dove figurano alcuni pastori già registrati negli elenchi del primo custodiato (cfr. Onomasticon, p. V). Per un profilo dell’accademia di Mireo cfr. Donato, Accademie romane, pp. 108-12. 20 Memorie istoriche, pp. 60-2 (il custode riferisce inoltre che “da gran tempo” era stata soppressa la riunione riservata alla lettura dei componimenti delle colonie). Nel 1764, per le cure di Komarek, fu data alle stampe l’Adunanza tenuta dagli Arcadi per l’elezione della Sacra Real Maestà di Giuseppe II Re de’ romani. Per i torchi del De Rossi furono pubblicate le miscellanee per la guarigione (1744) e per la morte di Giovanni V (1751); gli atti dell’Adunanza tenuta dagli Arcadi per la nascita dell’Altezza Reale del Principe di Piemonte [Carlo Emanuele IV], nel 1752, e di quella svoltasi in occasione d’innalzarsi in 87 nei mesi di chiusura del Bosco Parrasio (sottoposto ai primi restauri nel 1760).21 Vi si svolgevano le cerimonie natalizie, “coll’intervento sempre di numero considerabile di Cardinali, di Prelatura, e di frequentissimo popolo”,22 e le riunioni settimanali, frequentate da una “moltitudine di ascoltanti” in occasione delle performances estemporanee e di eventi di particolare richiamo: la recita della corona poetica per la nomina dell’imperatore Francesco I (1745), l’acclamazione, nel 1747, di Maria Antonia Walburga di Baviera elettrice di Polonia (Ermelinda Talea), l’adunanza per Giuseppe Calasanzio (1557-1648), fondatore dell’ordine dei chierici regolari della Madre di Dio.23 Trascorsi ventisette anni dalle ultime gare olimpiche per Giovanni V (1726), nel luglio 1753 si svolsero i ludi in onore dei “più celebri” arcadi defunti.24 I “Ritratti” sostituirono il gioco del “Dardo” e le “Metamorfosi” quello della “Lotta”, mentre i “Simboli”, le “Visioni” e le “Corone” subentrarono al “Cesto”, al “Salto” e alla “Corsa”; inoltre, le prose introduttive ad ogni competizione offrivano il pretesto per svolgere riflessioni estetico-filosofiche.25 Parallelamente nacquero tredici colonie dislocate in maniera pressoché omogenea, e di cui ben cinque in area settentrionale: al 1747 risale la Setina di Sezze, dedotta nel cenacolo degli Abbozzati (a sua volta desunto, nel 1744, dall’accademia degli Addormentati) sotto la protezione vescovile, che ne tutelò l’indipendenza dalla sede romana, mentre nel 1750, a Savona, dove trenta anni prima era sorta la Rappresentanza Angustiata nel Collegio delle Scuole Pie, aprì i battenti la Sabazia, istituita in seno al Arcadia il ritratto […] di Stanislao I re di Polonia […] fra gli Arcadi acclamati Eutimio Alifireo (1753). Del 1755 è l’Adunanza tenuta dagli Arcadi in congiuntura della Solenne Acclamazione […] di Clemente Francesco Duca dell’Alta, e Bassa Baviera. Cfr. Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 461, 562, 569, 578, 592. 21 Cfr. Memorie istoriche, pp. 246-7; e Predieri, Bosco Parrasio, p. 91. 22 Memorie istoriche, p. 82. Le celebrazioni del S. Natale erano ospitate anche nell’Archiginnasio della Sapienza, come attesta la prosa del canonico Tommaso Antonio Emaldi, ivi recitata il 3 gennaio 1745 (PdA, vol. IV, pp. 75-93). 23 Memorie istoriche, pp. 82-5. 24 I Giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell’ingresso dell’Olimpiade DCXXXIII in onore degli Arcadi illustri defunti, Roma, Monaldini, 1754, pp. VII-VIII, a p. VII (Al lettore); cfr. Bilinski, Dall’agone ginnico alle contese di poesia, p. 165. Al 1752 risale invece l’Adunanza tenuta dagli Arcadi in onore de i Fondatori d’Arcadia. Aggiuntavi una lettera intorno a i luoghi, ove le Arcadiche Adunanze si sono fin’ora tenute, Roma, de’ Rossi, 1753 (la lettera del Morei a Giovanni Francesco Baldini è alle pp. 4382); cfr. Esposito, Annali di Antonio De Rossi, pp. 578-9. 25 Paragonando le dottrine speculative dei primi filosofi greci a dei veri e propri salti “di là da confini delle cose corporee”, nella premessa al gioco delle “Visioni” Gaetano Golt ripercorre la storia della metafisica, definita alla stregua della “buja campagna di Dante”, senza risparmiare le critiche ai pensatori coevi, biasimati per l’adesione (a suo dire indiscriminata) alle correnti straniere: “E non è egli una grave ingiustizia, che allora quando si trattano le dottrine, che ci vengon di là dal mare, si professi inimicizia collo Scetticismo, e si divenga ad un tratto Scettici, quando si pongono a filosofare le più gran menti de nostri Sacri scrittori?” (cfr. I Giuochi olimpici […] in onore degli Arcadi illustri defunti, pp. 195-204, alle pp. 196, 199 e 203). 88 cenacolo degli Sconosciuti dal vicecustode Onorato Gentile Ricci.26 Nel 1751 nacque la Trevigiana, per le cure del canonico Rambaldo Avogaro degli Azzoni,27 mentre l’anno dopo, con il benestare di Maria Teresa, che nel dispaccio del 2 ottobre 1752 le accordò la sede nel Palazzo Ducale, fu registrata la Virgiliana di Mantova, costituita da un drappello di accademici Invaghiti riunitisi intorno al vicecustode Carlo Valenti Gonzaga (nipote del cardinale Silvio, al vertice della Segreteria di Stato pontificia), rientrato da Roma, dove era stato ammesso in Arcadia con il nome di Adimanto Autonidio.28 Nonostante l’ingresso dei neofiti nella Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti (1768), organo unificatore dei cenacoli locali, promosso dal co-reggente Giuseppe II, e con a capo il conte Carlo di Colloredo, la colonia arcadica rimase attiva, come attesta l’adunanza per la coronazione dell’improvvisatrice Teresa Bandettini nel maggio 1794.29 Attigua alla Virgiliana, nel 1754 nacque l’Eridania di Casalmaggiore sotto la guida di Camillo Mantovani, che nel 1741 aveva ottenuto dalla sede romana il consenso alla fondazione della colonia, e dell’abate Alberto Baccanti, che accompagnò in Germania Maria Eleonora Holstein-Wiesenburg duchessa di Guastalla (1750-54), frequentando a Berlino Voltaire e il veneziano Francesco Algarotti.30 Nello Stato della Chiesa sorsero in rapida successione la Mitertea (1744), affidata ai padri Curzio Reginaldo Boni e Alessandro Pompeo Berti; la Settempedana di S. Severino Marche (1747), con vicecustode il cavaliere Gaspare Servanzi; la Tennacriana di Fermo (1748), del conte Nicola Sabbioni Orsini; la Misena di Senigallia (1750); la Prenestina (1751), eretta dall’arcidiacono di Palestrina Maffeo Fiumana; e la Cisminia di Ronciglione (1754), derivata dall’accademia omonima.31 A Napoli, nel 1753, l’agostiniano scalzo 26 Cfr. Memorie istoriche, pp. 208-9. Per la Setina si rimanda al profilo dell’accademia degli Addormentati, in Maylender, vol. I, pp. 67-8; sulla Sabazia, ivi, vol. V, pp. 74-7. 27 Memorie istoriche, pp. 209-10; Maylender, vol. V, pp. 353-4. Su Avogaro degli Azzoni, che guidava la Biblioteca Capitolare di Treviso dal 1752, cfr. Luigi Moretti in DBI, vol. IV, 1962, pp. 711-2. 28 Memorie istoriche, pp. 207-8 (dove la data di fondazione della colonia è anticipata al 1746); Maylender, vol. V, pp. 475-7; Mantova. Le lettere, a cura di Emilio Faccioli, con prefazione di Lanfranco Caretti, Mantova, Istituto Carlo D’Arco per la storia di Mantova, 1959-63, 3 voll., nel vol. III (Fra Seicento e Settecento: Dal Risorgimento ai giorni nostri [1815-1945]), pp. 130-5. 29 Per la Reale Accademia cfr. Maylender, vol. V, pp. 469-75. Sulla coronazione a Mantova della Bandettini, ivi, pp. 476-7; Di Ricco, L’inutile e maraviglioso mestiere, pp. 44-5. 30 Memorie istoriche, p. 211; Lancetti, vol. I, p. 36; Maylender, vol. II, pp. 297-8. Su Baccanti, membro delle accademie palermitane del Buon Gusto e degli Ereini, e autore, fra gli altri, di un Canzoniere (Mantova, Braglia, 1794) e del poema Maometto, legislatore degli Arabi, e fondatore dell’Impero musulmano (Casalmaggiore, Bizzarri, 1791, 2 voll.), si vedano Lancetti, vol. II, pp. 8-16; e Gian Franco Torcellan in DBI, vol. V, 1963, pp. 2-4. 31 Memorie istoriche, pp. 207-11. Cfr. anche Maylender, voll. II, pp. 18-9 (Cisminia); IV, 46-8 (Misena), 50 (Mitertea), 343 (Prenestina); V, 168-9 (Settempedana) e 299 (Tennacriana). 89 Ignazio Cianci inaugurò la colonia Aletina nel Collegio della Verità, mentre nel Regno di Sicilia sorsero la Locrese (1752) e la Cefalcidica di Cefalù (1764).32 Negli stessi anni furono riavviati i progetti editoriali, sospesi dopo la morte di Crescimbeni, e aumentarono le affiliazioni, in particolare degli stranieri del Grand Tour.33 Nel novembre 1757 si svolse nel Serbatoio l’adunanza per l’ammissione, con il nome di Doriclea Parteniate, di Anne-Marie Le Page Du Boccage,34 giunta a Roma all’inizio di luglio,35 dopo avere fatto tappa anche a Milano, dove nel maggio 1757 Pietro Verri annunciò la versione in sciolti della Colombiade (Parigi, 1756), a cui attesero dieci Trasformati, pubblicata soltanto nel 1771.36 A Venezia, la Du Boccage conobbe Goldoni, che la definì “Sapho Parisienne”,37 Luisa Bergalli (traduttrice, nel 1756, della tragedia Le Amazzoni, edita a Parigi sette anni prima), Gasparo Gozzi (curatore, nel 1758, dell’adattamento in lingua del Paradiso terrestre, composto sul modello miltoniano) e Alvise Querini, membro dei Granelleschi, che nel 1759 diede alle 32 Memorie istoriche, p. 210 (Locrese e Aletina). Cfr. Maylender, voll. I, pp. 131-40, alle pp. 134-40 (elenco dei sodali dell’Aletina), e 531-2 (Cefalcidica); IV, 9 (Locrese). 33 Durante il governo di Morei furono accolti duecentocinquantatré stranieri, di cui sessantaquattro francesi e quarantadue tedeschi (cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, p. 162, n. 122; e Donato, Accademie romane, p. 110, n. 125). Fra i cinquantuno arcadi acclamati nel 1743-60 diciotto erano forestieri (cfr. Memorie istoriche, pp. 177-81). 34 L’itinerario italiano (aprile 1757-luglio 1758) è narrato nelle missive alla sorella; cfr. Anne-Marie Le Page Du Boccage, Lettres sur l’Italie, in Ead., Recueil des œuvres […], Lyon, Perisse (poi Barret), 176264, 3 voll., nel vol. III (Lettres sur l’Angleterre, la Hollande et l’Italie), pp. 127-408. Della cerimonia arcadica l’autrice diede notizia il 20 novembre 1757: “J’étois le Saint du jour. Le très digne Sécretaire de l’Académie l’abbé Morei [et] plusieurs poëtes me louerent à l’envi avec toute l’exagération que les muses permettent” (ivi, pp. 303-15, a p. 310). 35 Cfr. la lettera della Du Boccage ad Algarotti, da Roma, del I° luglio 1757 (in Francesco Algarotti, Opere […]. Edizione novissima, Venezia, Palese, 1791-94, 17 voll., nel vol. XVI, pp. 416-8). 36 La Colombiade. Poema di Madama du Boccage tradotto dal francese […], Milano, Marelli, 1771. Preceduti dall’introduzione del matematico Paolo Frisi (pp. VII-XX), i dieci canti furono rispettivamente tradotti da Pietro Verri, Pier Domenico Soresi, Francesco Fogliazzi, Giuseppe Casati, Francesco Tommaso Manfredi, Niccolò Visconti, Giuseppe Pozzi, Giulio Piombanti, Giuseppe Parini (fino al v. 565 del nono canto, completato dal barnabita Francesco Antonio Mainoni) e Giorgio Giulini. Sulle vicende redazionali si veda Gianmarco Gaspari, Letteratura delle riforme. Da Beccaria a Manzoni, Palermo, Sellerio, 1990, pp. 35-57. Si rimanda anche a Carlo Calcaterra, Il Barocco in Arcadia e altri scritti sul Settecento, Bologna, Zanichelli, 1950, pp. 143-55; e a Renata Carocci, Una traduzione italiana della “Colombiade” di Madame du Boccage, in Il genio delle lingue. Le traduzioni nel Settecento in area franco-italiana, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1989, pp. 131-44. 37 Cfr. la missiva della Du Boccage, da Venezia, del I° giugno 1757 (Lettres sur l’Italie, pp. 151-66); e Goldoni, Mémoires, p. 390. Trasferitosi a Parigi, nel 1762, Goldoni frequentò il salotto della poetessa, dedicataria della commedia La donna di maneggio (1765): “Enchanté d’être en France, j’aime à converser de tems en tems avec les gens de ma nation, ou avec des François qui possedent la Langue Italienne. L’endroit où j’en rencontre le plus souvent, est chez Madame Du Boccage: il n’y a pas d’etranger qui, soutenu par ses qualités ou par ses talents, ne s’empresse en arrivant à Paris de lui faire sa cour” (Mémoires, pp. 537-8). 90 stampe L’ammiraglio dell’Indie, sulla traccia del poema colombiano.38 Introdotta dalla prosa del Morei, in cui le lodi a Doriclea si intrecciano alla memoria delle pastorelle accolte negli anni del custodiato di Crescimbeni,39 la miscellanea offerta alla neoaccademica, che replicò con un Remerciement tradotto da Gioacchino Pizzi,40 reca, fra gli altri, i contributi del librettista Giuseppe Petrosellini, autore delle ottave “Già più volte la Senna al suo soggiorno”,41 e della giovane Giacinta Orsini dei duchi di Gravina (il padre Domenico, rimasto vedovo, era stato nominato cardinale), a sua volta dedicataria della versione rolliana dell’Ester di Racine (1756) e della Vedova spiritosa di Goldoni (1758).42 Figurano inoltre il sonetto di Pietro Chiari, nelle vesti di poeta di Francesco III d’Este duca di Modena, 43 e il madrigale di Voltaire, “Allez au Capitole, allez rapportés nous”, in omaggio alla connazionale conosciuta a Rouen nel 1731.44 Tuttavia la ripresa dell’accademia, calata in una realtà “sempre più ridotta ai margini e quasi all’estrema periferia del sistema europeo”,45 si infranse contro l’ormai generalizzata diffusione di quelle istanze illuministiche che, nella stessa Roma, determinarono l’aprirsi di un dibattito sulla ridefinizione dei rapporti fra Stato e 38 Sull’opera del Querini (Venezia, Pitteri, 1759) cfr. Gilberto Pizzamiglio, «L’ammiraglio dell’Indie», poema di Alvise Querini, in L’impatto della scoperta dell’America nella cultura veneziana, a cura di Angela Caracciolo Aricò, Roma, Bulzoni, 1990, pp. 295-307. 39 Componimenti recitati nell’adunanza d’Arcadia in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage celebre poetessa francese detta fra gli Arcadi Doriclea Parteniate, Roma, Salomoni, 1758, pp. 5-9. Del Morei è anche l’epigramma “Docta suas Vates dum Gallia plorat ademptas” (ivi, p. 18; anche in Carmina, pp. 240-1). 40 Componimenti […] in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage, pp. 12-6. Pizzi è inoltre autore delle terzine “Per trasporto novel di fantasia” (ivi, pp. 30-7). 41 Componimenti […] in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage, pp. 19-22. Su Petrosellini, nipote di Domenico Ottavio, e autore, fra gli altri, del libretto della Finta giardiniera, musicato da Mozart (1775), cfr. Crispino Mariani, I due Petrosellini arcadi, in “L’Arcadia”, II (giugno 1890), pp. 369-75 (I pt.), e (luglio 1890), pp. 422-30 (II pt.); Carlo Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, Milano, Sonzogno, 1937-38, 2 voll. e Supplemento, nel vol. II, pp. 265-6; Ernest Stöckl in DMb, vol. V, p. 676. 42 Sulla Orsini (Euridice Aiacidense), di cui è il sonetto “Qui splende è ver con forza incantatrice” (Componimenti […] in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage, p. 17), che riscosse l’“applauso di tutta l’Udienza” (Memorie istoriche, p. 83), si vedano Nuovo dizionario istorico, vol. XIII, p. 341; Bandini Buti, vol. II, p. 93; Natali, Il Settecento, vol. I, p. 147. 43 Componimenti […] in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage, p. 26 (“Cantar potea del Paradiso in terra”). 44 Ivi, p. 39; anche in Voltaire, Les œuvres completes […], Oxford, The Voltaire Foundation, vol. XLVa (Writings of 1753-1757), 2009, pp. 412-4. Quanto all’ingresso in Arcadia del filosofo francese, con il nome di Museo Pegaside (Onomasticon, p. 183), si veda la lettera del Morei, presumibilmente del 30 marzo 1746, in Voltaire, Correspondence and related documents, definitive edition by Theodore Besterman, Genève-Toronto-Oxford, The Voltaire Foundation, 1968-77, 50 voll. (Best. D), nel vol. IX (november 1743-april 1746, letters D2874-D3372), 1970, pp. 421-2, n. D3344. 45 Merolla, Lo Stato della Chiesa, p. 1055. 91 Chiesa.46 Se a Napoli il progetto pedagogico-civile di Antonio Genovesi, illustrato nel Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze (1753),47 conviveva con l’attività della loggia massonica del gran maestro Raimondo Di Sangro principe di Sansevero, allineato su posizioni latomistiche, 48 nella Milano già agitata dai fermenti del rinnovamento i Trasformati, pur recando i segni della comune origine arcadica (il conte Giuseppe Maria Imbonati, custode perpetuo, era pastore della estinta colonia Milanese, e molti dei centotrenta sodali furono ascritti al cenacolo romano),49 rifiutarono la proposta di aggregazione formulata dal Morei il 10 maggio 1754.50 Accogliendo le suggestioni dell’enciclopedismo d’oltralpe e del piano di riforme elaborato da Maria Teresa dopo la fine della guerra di Successione austriaca, alle “cicalate” accademiche e alla consueta rimeria esornativa si affiancarono dunque gli interessi per le tematiche 46 Cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, pp. 128-32. Nel 1751 fu messo all’indice l’Esprit des lois di Montesquieu; cfr. Mario Rosa, Riformatori e ribelli nel ’700 religioso italiano, Bari, Dedalo, 1969, pp. 87-118. 47 “[…] niente dovrebbero intraprendere con maggiore zelo gli uomini di lettere, né a verun’altra cosa tutto il loro ingegno e le loro forze più vigorosamente indirizzare, quanto alla migliorazione del costume, perché l’amore, la buona fede, la giustizia regnassero tra gli uomini. Io ardisco dire che quando le lettere in una nazione tra gli altri loro fini non riguardino questo come principale, elle non sono né vere né utili” (Antonio Genovesi, Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze, in Riformisti napoletani, a cura di Franco Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1962, pp. 84-131, a p. 126; si veda ora l’ed. a cura di Nicola D’Antuono, Bologna, Millennium, 2010). 48 Sul contesto partenopeo cfr. Venturi, Settecento riformatore, vol. I, pp. 523-644; Nigro, Il Regno di Napoli, pp. 1178-84; e Vincenzo Ferrone, I profeti dell’Illuminismo. Le metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 183-207 e 208-37 (profilo del principe di Sansevero, autore della Lettera apologetica, 1750). Sull’incidenza della dottrina massonica si vedano Giuseppe Giarrizzo, Massoneria e illuminismo nell’Europa del Settecento, Venezia, Marsilio, 1994, pp. 29-55 e 73-88; e Francesca Fedi, Comunicazione letteraria e «generi massonici» nel Settecento italiano, in Storia d’Italia. Annali 21. La Massoneria, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Torino, Einaudi, 2006, pp. 50-89. 49 Per l’elenco dei Trasformati si veda Vianello, La giovinezza di Parini, pp. 249-50. Una rassegna degli accademici milanesi è anche negli sciolti dell’abate Angelo Teodoro Villa, in Componimenti in morte del Conte Giuseppe Maria Imbonati Ristoratore e Conservatore perpetuo […], Milano, Galeazzi, 1769, pp. 21-4; ma si veda anche Giancarlo Passeroni, Il Cicerone, Milano, Agnelli, 1755-74, 6 voll., nel vol. II, pt. I, pp. 230-41. Inoltre, intorno alla metà degli anni Quaranta, il canonico Giuseppe Candido Agudio commissionò la serie di ritratti dei Trasformati, ora alla Biblioteca Ambrosiana e alla Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, con attribuzione (non unanime) al pittore e incisore Benigno Bossi (cfr. Eugenia Bianchi, I ritratti del canonico Giuseppe Candido Agudio, amico del Parini, in L’amabil rito. Società e cultura nella Milano di Parini, a cura di Gennaro Barbarisi, Carlo Capra, Francesco Degrada, Fernando Mazzocca, Milano, Cisalpino, 2000, 2 voll., nel vol. II, pp. 1065-83). 50 La notizia è nella lettera di Giovanni Maria Bicetti de’ Buttinoni a Gianmaria Mazzuchelli, del 18 luglio 1769 (cfr. Vianello, La giovinezza di Parini, pp. 65-70, a p. 67), e nel Commentario di Ludovico Maria Ricci (De vita scriptisque Iosephi Mariae Imbonati comitis et patricii Mediolanensis commentarius, Brescia, Rizzardi, 1773), ora, con traduzione italiana, in Erminio Gennaro, Il crepuscolo dell’accademia milanese dei Trasformati: la compilazione del “Commentario” del conte Giuseppe Maria Imbonati, Gorle, La stamperia di Gorle, 1984, pp. 97-114, a p. 105. Cfr. anche Guido Bezzola, I Trasformati, in Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa, a cura di Aldo De Maddalena, Ettore Rotelli, Gennaro Barbarisi, Bologna, il Mulino, 1982, 3 voll., nel vol. II (Cultura e società), pp. 355-63, alle pp. 356-7. 92 filosofico-scientifiche, che spianavano la strada ai Lumi lombardi.51 Al 1759 risalgono i settenari della Salubrità dell’aria di Giuseppe Parini,52 cooptato nel 1753, un anno dopo la pubblicazione delle Poesie di Ripano Eupilino, mentre è del 1765 l’ode sull’inoculazione del vaiolo, ispirata dalla campagna di stampa sulla pratica importata dall’Oriente, e inclusa nel volume del medico, e Trasformato, Giovanni Maria Bicetti de’ Buttinoni.53 L’argomento è inoltre al centro delle ottave del gesuita Andrea Rubbi, nella silloge allestita dalla colonia Virgiliana per la guarigione di Maria Teresa (1767),54 che ripercorrono la storia del morbo, raffigurato alla stregua di un mostro alato, fino alla sperimentazione dell’innesto, a cui fu anche sottoposto, dal medico ginevrino Théodore Tronchin (21 ottobre 1764), Ferdinando di Borbone,55 dedicatario del capitolo Il vajuolo di Jacopo Antonio Sanvitale vicecustode della Parmense (1764).56 Anche la città emiliana, sotto il ducato di Filippo di Borbone (1749-65), stava attraversando una fase di rinnovamento, favorita del governo illuminato di GuillaumeLéon Du Tillot, primo ministro dal 1759 al 1771, che aspirò a imporre l’immagine della nuova “Atene d’Italia”, circondandosi anche di illustri studiosi forestieri, per lo più francesi, a capo delle nascenti istituzioni culturali (come l’Accademia Reale di Pittura, Scultura e Architettura, fondata nel 1752, che annoverò nel corpo docenti lo scultore Jean-Baptiste Boudard e l’architetto Ennemond-Alexandre Petitot).57 Nelle vesti di 51 Si vedano Venturi, Settecento riformatore, vol. I, pp. 645-747; Paolo Mauri, La Lombardia, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, vol. II (Storia e geografia. II. L’età moderna), pp. 875-933, alle pp. 880-8; Gaspari, Letteratura delle riforme, pp. 74-124. 52 Parini, Le Odi, edizione critica a cura di Dante Isella, Milano-Napoli, Ricciardi, 1975, pp. 17-23. 53 Osservazioni sopra alcuni innesti di vajuolo […] con l’aggiunta di varie lettere d’uomini illustri, e un’ode dell’Ab. Parini su lo stesso argomento, Milano, Galeazzi, 1765, pp. 4-12; ora in Parini, Le Odi, pp. 3-12. Sull’argomento si veda Bianca Fadda, L’innesto del vaiolo: un dibattito scientifico e culturale nell’Italia del Settecento, Milano, Angeli, 1983, pp. 15-133. 54 Adunanza tenuta dagli Arcadi della colonia Virgiliana per la ricuperata salute della Sacra Cesarea Maestà di Maria Teresa Imperadrice Regina Apostolica, Mantova, Braglia, 1767, pp. 40-47 (Visione storica). Nella raccolta, aperta dalla prosa del vicecustode Valenti Gonzaga, figurano, fra gli altri, un sonetto di Saverio Bettinelli (“Ben veggio, ove ch’io vada, i segni aperti”), uno di Pellegrino Salandri (“Langue Teresa; che Giustizia, stanca”), altresì autore della canzone “Che fu di Te, Gherardo”, e tre sonetti di Alberto Baccanti (“Da l’antro cupo, che l’antico errore”, “A te mi volgo a te, Fiume Reale”, “Donne gentili, a cui stanno sù labri”); ivi, pp. 5-12, 20 e 49-56. I sonetti di Bettinelli e Salandri sono anche in RdA, vol. XIII, pp. 15 e 150. Metastasio dedicò all’imperatrice le ottave de La pubblica felicità, in Poesie, pp. 111-22 (testo) e 419-36 (commento). 55 “Poi corsi [il vaiolo] a Parma a l’unico rampollo, / Ma tardi giunsi, che Tronchin salvollo” (Rubbi, Visione storica, in Adunanza tenuta dagli Arcadi della colonia Virgiliana, p. 45, vv. 135-6). 56 Jacopo Antonio Sanvitale, Il vajuolo […] consecrato al Real Principe di Parma Ferdinando di Borbone dopo la sofferta sicurissima operazione dell’Inoculazione, Parma, Carmignani, 1764. Sulla vicenda cfr. Bédarida, Parma e la Francia, vol. II, pp. 34-6; Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, p. 88. 57 Sulla Parma borbonica si vedano Umberto Benassi, Guglielmo Du Tillot. Un ministro riformatore del secolo XVIII, Parma, R. Deputazione di Storia Patria, 1916-24, 5 voll.; Bédarida, Parma e la Francia, vol. II, pp. 55-79 e 119-53; Riccardo Merolla, I Ducati di Modena e di Parma, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, vol. II (Storia e geografia. II. L’età moderna), pp. 1111-45, alle pp. 1125-31. 93 educatore dell’erede Ferdinando, nel 1758 fu accolto a corte Étienne Bonnot de Condillac, che compilò il Cours d’étude pour l’instruction du prince de Parme (175865), incorso nelle mire censorie dopo il licenziamento del Du Tillot.58 Al 1762 risale invece l’arrivo del teatino piemontese Paolo Maria Paciaudi, bibliotecario e antiquario ducale,59 che sollecitò la chiamata del conterraneo Giambattista Bodoni, formatosi a Roma presso la Tipografia Poliglotta di Propaganda Fide (1758-66), e attivo a Parma dal 1768.60 Durante il soggiorno nel ducato (1751-59), interrotto da diversi viaggi, come quello in Germania, al seguito dei principi Hohenlohe (1755), il gesuita mantovano Saverio Bettinelli, insegnante e poeta teatrale nel Collegio dei Nobili, maturò l’edizione dei Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori, data alle stampe nel dicembre 1757, ma con data 1758, in cui ai venti componimenti del Frugoni e alle otto epistole di Francesco Algarotti affiancò dodici poemetti che aveva pubblicato nel 1755,61 con lo pseudonimo arcadico di Diodoro Delfico, per il “ristoramento della italiana poesia” e a “pro massimamente de’ giovin poeti”.62 Condotta all’insaputa dell’abate genovese e del poligrafo veneto, che prese le distanze dall’operazione nell’Avvertimento pubblicato in fronte al secondo volume delle Opere varie (1757),63 benché avesse approvato, nel 58 Cfr. Bédarida, Parma e la Francia, vol. II, pp. 81-6; e Luciano Guerci, Condillac storico. Storia e politica nel «Cours d’études pour l’instruction du prince de Parme», Milano-Napoli, Ricciardi, 1978, pp. 56-108. In merito alle vicissitudini editoriali del Cours d’étude, incluso nei cataloghi soltanto nel 1782, con il falso luogo “Aux Deux-Ponts”, ivi, pp. 109-16. A Condillac, guarito dal vaiolo nel 1765, Frugoni dedicò il poemetto in sciolti Auronte (cfr. Opere poetiche, vol. VII, pp. 339-46). 59 Su Paciaudi, noto per l’istituzione della Biblioteca Palatina, inaugurata l’11 maggio 1769 da Ferdinando di Borbone, cfr. Spaggiari, 1782. Studi di Italianistica, pp. 75-102 (a cui rinvio anche per gli aggiornamenti bibliografici). 60 Per ragguagli su Bodoni cfr. Francesco Barberi in DBI, vol. XI, 1969, pp. 107-15. Quanto all’influenza del contesto culturale parmense sull’attività dello stampatore cfr. Paola Zanardi, Giambattista Bodoni: le scelte editoriali, la circolazione libraria e i vincoli della censura, in Bodoni, i Lumi, l’Arcadia, Atti del Convegno (Parma, 20 ottobre 2006), a cura di Andrea Gatti e Caterina Silva, Parma, Museo Bodoniano, 2008, pp. 161-82. Sulla formazione nella tipografia di Propaganda Fide cfr. Leonardo Farinelli, Giambattista Bodoni: l’esperienza romana, in Bodoni. L’invenzione della semplicità, con 55 illustrazioni, Parma, Guanda, 1990, pp. 67-82; e per i rapporti con l’accademia romana, in cui fu ammesso nel 1782 con il nome di Alcippo Perseio, cfr. William Spaggiari, Bodoni e l’Arcadia, in Bodoni, i Lumi, l’Arcadia, pp. 61-76. 61 Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori con alcune lettere non più stampate, Venezia, Fenzo, 1758; ora nella rist. anast. per cura di Alessandra Di Ricco, Trento, Università degli Studi, 1997, pp. 75-229 (Frugoni), 231-68 (Algarotti) e 271-427 (Bettinelli). Si fa riferimento alla numerazione delle pagine della ristampa anastatica. 62 Cfr. L’Editore a chi legge, in Saverio Bettinelli, Versi sciolti di Diodoro Delfico P.<astore> A.<rcade>, Milano, Marelli, pp. 3-4, a p. 3 (anche in Bettinelli, Opere edite ed inedite in prosa ed in versi […]. Seconda edizione riveduta, ampliata, e corretta dall’Autore, Venezia, Cesare, 1799-1801, 24 voll., nel vol. XVII, 1800, pp. 181-7, a p. 181). 63 Calcaterra, Storia della poesia frugoniana, pp. 282-92 e 300-4. Cfr. anche la recensione di Calcaterra (in “Giornale storico della letteratura italiana”, XLIX [1931], pp. 108-20, alle pp. 110-9) a Saverio Bettinelli, Lettere virgiliane e inglesi e altri scritti critici, a cura di Vittorio Enzo Alfieri, Bari, Laterza, 94 Saggio sopra la rima (1752), l’uso delle forme libere,64 l’impresa del Bettinelli rivendicò l’efficacia dell’endecasillabo sciolto, che, svincolatosi dall’ambito delle traduzioni e della poesia didascalica, avrebbe progressivamente ampliato i confini verso i “territori un tempo appannaggio della canzone, dell’ode o del capitolo”.65 Ma la silloge è altresì legata alle polemiche innescate dalle premesse Lettere virgiliane indirizzate agli arcadi,66 dove, mettendo in discussione i modelli poetici consolidati e l’attività letteraria dell’istituto romano,67 il gesuita approfondì il discorso avviato nel poemetto in ottave Le raccolte (1750), contro i versi d’occasione: È la Raccolta un traditore ordigno, vago in vista, piacevole, pudico; sembra un cortese libricciuol benigno, Ma in volto onesto asconde un cor nemico. Sparge un succo sonnifero maligno, a l’oro insidia, a la menzogna è amico, di monache fa strazio, e di dottori, e le nozze avvelena, e i casti amori.68 2. Inaugurata dalle miscellanee per la Natività di Gesù e per la morte di Lorenzini, entrambe pubblicate un anno dopo la nomina di Morei (1744),69 la produzione ufficiale del terzo custodiato si innestò nel solco crescimbeniano, annoverando tre volumi di Rime (1747, 1749, 1759), il quinto tomo delle Vite (1751), in omaggio al cardinale Domenico Orsini, seguito tre anni dopo dal quarto delle Prose e, nel 1762, per i tipi del De Rossi, dalla Raccolta di prose pastorali recitate in diversi tempi nell’adunanza degli Arcadi in Roma, riedita nel 1763. Completano la serie un volume di Arcadum carmina 1930. Per l’Avvertimento, cfr. Algarotti, Opere varie […], Venezia, Pasquali, 1757, 2 voll., nel vol. II, pp. 405-6. 64 Sul ruolo dell’autore veneziano nei Versi sciolti cfr. Anna Maria Salvadè, Introduzione, in Francesco Algarotti, Poesie, Torino, Aragno, 2009, pp. IX-XLV, alle pp. XIII-XXIV. 65 Di Ricco, Introduzione alla rist. anast. dei Versi sciolti, pp. VII-XL, a p. XXXI. 66 Sulle vicende editoriali dei Versi sciolti e delle Dieci lettere di Publio Virgilio Marone scritte dagli Elisi all’Arcadia di Roma sopra gli abusi introdotti nella poesia italiana, cfr. Vittorio Enzo Alfieri, Nota, in Bettinelli, Lettere virgiliane e inglesi e altri scritti critici, pp. 297-322, alle pp. 299-315. 67 In merito alle opinioni anti-dantesche nelle lettere II-IV (ivi, pp. 9-27), che suscitarono la replica di Gasparo Gozzi (Giudizio degli antichi poeti sopra una moderna censura di Dante attribuita ingiustamente a Virgilio […], Venezia, Zatta, 1758; ma nota come Difesa di Dante, ora nell’ed. a cura di Renzo Guerci, presentazione di Antonio Lanza, Torino, Aragno, 2000), cfr. Tissoni, Il commento ai classici italiani, pp. 73-87. 68 Bettinelli, Le raccolte, in Id., Opere, vol. XVII, pp. 13-104, a p. 18 (canto I, ottava IX). 69 Del Morei sono due sonetti, due odi-canzonette, un capitolo e un polimetro nelle Rime degli Arcadi sulla Natività, pp. 36-120. 95 (1756), offerto al cardinale Giorgio D’Auria,70 il volume delle Rime degli Arcadi in onore della Gran Madre di Dio (Roma, de’ Rossi, 1760) e le Memorie istoriche compilate dal custode (1761) su suggerimento del cardinale Filippo Maria Pirelli e con dedica a Clemente XIII, 71 incorse negli strali di Giuseppe Baretti, che, recensendole nel primo numero della Frusta (I° ottobre 1763), definì l’Arcadia una “letteraria fanciullaggine”, e “fanfaluche” le notizie relative alle vicende e all’ordinamento dell’istituzione.72 Ad Antonio De Rossi fu riconfermato l’incarico di tipografo dell’accademia; ma il volume dodicesimo delle Rime (1759) e il quarto delle Prose (1754) seguirono percorsi editoriali differenti.73 Quest’ultimo fu dato alle stampe, e riedito nel 1755,74 a Pontecchio, nei pressi di Bologna, per i tipi della tipografia dell’Iride, con sede nella tenuta (nota come “Colle Ameno”) del marchese e senatore Filippo Carlo Ghislieri, arcade (Antidreo Lapitio) e accademico Gelato, a sua volta destinatario dell’antologia, e definito dal Morei “vero Mecenate delle Lettere”.75 Recante quattro prove di altrettanti compastori bolognesi (Federico Casali, Flaminio Scarselli, Pier Jacopo Martello, morto nel 1727, e Francesco Maria Zanotti),76 la silloge si colloca nel contesto di una cultura che recava la forte impronta di Benedetto XIV (arcivescovo di Bologna fino al 1754), in cui l’attività letteraria della colonia Renia conviveva con lo sperimentalismo 70 Del custode il volume presenta tre carmina, un’epistola, due elegie, due egloghe e undici epigrammi (AC2, pp. 144-69). Nel 1757, dai torchi di Giuseppe e Filippo De Rossi, eredi dell’attività paterna, uscì la seconda edizione del primo tomo degli Arcadum carmina (dato alle stampe da Crescimbeni nel 1721), con dedica del Morei al cardinale Gioacchino Fernandez Portocarrero, in Arcadia Leasco (Arcadum carmina. Pars prior, editio altera, pp. [III-VI]). 71 “Voi [Pirelli] considerar mi faceste quanto opportuno sarebbe stato, che io una Raccolta avessi fatta di accertate Notizie, dalle quali chiaramente apparisse con quanta avvedutezza, ad effetto di rimettere nelle Lettere Umane il retto, e buon gusto, fosse stata instituita l’Adunanza di Arcadia, con quanta felicità fosse ella cresciuta, e con quanto decoro si fosse stabilita, facendo avvertire l’estensione, che per il Numero e degli Arcadi, e delle Colonie sovra ogni altra Accademia aveva ottenuto” (Memorie istoriche, pp. 1-2). 72 Giuseppe Baretti, La Frusta letteraria, a cura di Luigi Piccioni, Bari, Laterza, 1932, 2 voll., nel vol. I, pp. 9-13, a p. 9. Cfr. Aldo Avallone, Baretti antiarcade, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 177-87. 73 Nel quarto tomo delle Prose degli Arcadi figurano un ragionamento e un dialogo recitati dal Morei, nel Bosco Parrasio, nel 1727 e 1748 (pp. 257-87; anche in Morei, Prose, pp. 17-27 e 190-9). 74 La seconda edizione è intitolata Il buon gusto dell’italiana eloquenza o sia scelta di prose toscane raccolte da’ più accreditati soggetti del presente secolo; ma sono anche alcuni esemplari con il titolo Scelta di prose tratte da’ moderni ed eruditi Pastori Arcadi intorno a varie materie. 75 PdA, vol. IV, pp. [III-VII], a p. [VII]. Su Ghislieri, figlio dell’arcade Antonio Maria, cfr. Maria Stella Santella (profilo biografico) e Alfredo Cottignoli (bibliografia), in La colonia Renia, vol. I, pp. 53-4 e 151. Sull’attività promossa dal marchese si veda Saverio Ferrari, La stamperia di Colle Ameno: l’impresa editoriale di un patrizio bolognese, in Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento. Avvio di un’indagine, Atti del V Colloquio (Bologna, 22-23 febbraio 1985), Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1987, pp. 243-94. 76 PdA, vol. IV, pp. 212-34, 235-56, 288-309, 338-54. 96 dell’Istituto delle Scienze,77 e dove frequente era altresì la partecipazione simultanea a cenacoli di orientamenti disciplinari diversi (si pensi, ad esempio, al Manfredi, fondatore nel 1690 dell’accademia degli Inquieti, nucleo originario dell’Istituto, e a Francesco Maria Zanotti, professore di filosofia e segretario dello stesso ente, entrambi arcadi e maestri del giovane Algarotti).78 Morto il De Rossi nel 1755, il dodicesimo tomo delle Rime (con dedica al cardinale Giovanni Francesco Albani, pronipote di Clemente XI) fu affidato alle cure dei fratelli Marco e Niccolò Pagliarini, proprietari della “Libreria di Pallade” in piazza Pasquino,79 un anno prima della bufera che travolse Niccolò (1760), accusato di avere pubblicato clandestinamente libelli giansenisti e antigesuitici, per conto delle autorità lusitane presso la Santa Sede; condannato a sette anni di reclusione, Niccolò Pagliarini si trasferì in Portogallo, dove nel 1769 fu nominato direttore della Stamperia Reale.80 Affini a quelli dei primi otto volumi delle Rime sono i criteri di selezione dei testi e l’assetto tipografico delle tre crestomazie allestite dal Morei,81 mentre il numero dei censori sale a dieci.82 Nell’avviso ai lettori nella decima raccolta (1747), donata a Pietro Grimani, doge di Venezia dal 1741, annunciando la riapertura del cantiere editoriale “dopo il corso di molti anni”, e offrendo anticipazioni sui lavori in fieri (tre volumi di liriche, di cui uno di versi latini, un’antologia di prose e un tomo di Notizie istoriche degli Arcadi morti, mai dato alle stampe), il custode conferma la fedeltà al progetto 77 Sull’Istituto cfr. Walter Tega, “Mens agitat molem”. L’Accademia delle Scienze di Bologna (17111804), in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, a cura di Renzo Cremonte e Walter Tega, Bologna, il Mulino, 1984, pp. 65-108; di Marta Cavazza si vedano Scienziati in Arcadia, in La colonia Renia, vol. II, pp. 425-61, e Settecento inquieto. Alle origini dell’Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna, il Mulino, 1990, pp. 31-78. Anche nel catalogo della tipografia dell’Iride alle opere di argomento letterario (cfr. i Poetici componimenti per le nozze del marchese Francesco Giovanni Sampieri e della contessa Anna Maria Bentivoglio, 1756) e morale-religioso (ad esempio, i Pensieri cristiani per tutti li giorni del mese di Dominique Bouhours, 1753, e La manna dell’anima di Paolo Segneri, 1753-54, 6 voll.) si affiancano testi di interesse scientifico, come la raccolta delle lettere (Dell’elettricismo, 1758) del fisico torinese Giovanni Battista Beccaria a Jacopo Bartolomeo Beccari, membro dell’Istituto delle Scienze, riedita lo stesso anno con il titolo Elettricismo atmosferico (cfr. Ferrari, La stamperia di Colle Ameno, pp. 266-74). 78 Sugli anni dell’apprendistato bolognese del poeta-scienziato (1726-32) cfr. Salvadè, Introduzione, in Algarotti, Poesie, pp. XI-XIII. Per l’epistola in sciolti al Manfredi e per il sonetto a Zanotti (1732) cfr. ivi, pp. 26-8 e 80 (testi), 176-86 e 330-3 (commenti). 79 Il padre di Marco e di Niccolò, Tommaso, era in buoni rapporti con Francesco Maria Lorenzini, residente nei pressi di piazza Pasquino. Con i cinquanta scudi elargiti da Clemente XII dopo la rappresentazione dell’Aulularia, nella “Sala Latina”, il 4 settembre 1735, si organizzò “una cena solenne nella bottega del Pagliarini libraro” (cfr. Valesio, vol. V, p. 809). Sulla famiglia di stampatori-librai cfr. Franchi, Impressioni sceniche, pp. 582-9. 80 Cfr. Venturi, Settecento riformatore, vol. II (La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti 1758-1774), pp. 26-9 e, per le vicende gesuitiche (in Portogallo l’ordine fu sciolto nel 1759, in Francia nel 1764, in Spagna e a Napoli nel 1767, e l’anno dopo a Parma), pp. 30-184 e 214-36. 81 Come ricordato in precedenza, il tomo nono delle Rime (1722) presenta un’impostazione peculiare. 82 Memorie istoriche, p. 39. 97 crescimbeniano, esortando dunque gli arcadi di Roma e delle province a inviare componimenti.83 Alla stregua del terzo e del settimo tomo, recanti in calce una sezione lirica sulle guerre turchesche, l’undicesimo presenta in appendice i testi recitati nell’adunanza svoltasi nel Bosco Parrasio, nell’agosto 1748, per le acclamazioni di Carlo III di Borbone (Eraclide Samio) e di Maria Amalia di Sassonia (Olimpia Esperia), sovrani del Regno delle Due Sicilie, nonché dedicatari della miscellanea.84 Fra i centoquaranta rimatori si assottiglia il gruppo di esponenti dell’alta gerarchia ecclesiastica rispetto al ceto nobiliare, più presente nel dodicesimo volume e negli atti della cerimonia per il re e la regina delle Due Sicilie;85 aumenta la percentuale degli autori impiegati nell’amministrazione (ad esempio, Stefano Benedetto Pallavicini segretario di Augusto III re di Polonia ed elettore di Sassonia),86 o con incarichi in Arcadia (come il procustode Giuseppe Brogi, e i colleghi Giampietro Tagliazucchi e Gaetano Golt),87 mentre è marginale l’intervento dei canonici e dei componenti degli ordini minori. La qualifica di “poeta” è attribuita soltanto a Metastasio, di cui sono, nel decimo volume, due componimenti giovanili (la Strada della gloria, recitata in Arcadia nel 1718, e l’epitalamio per le nozze, celebrate a Napoli il 23 gennaio 1723, del conte Francesco Caetani dell’Aquila d’Aragona e di Giovanna Sanseverino dei principi di Bisignano),88 antologizzati certamente anche in omaggio all’amicizia che legava il custode al poeta cesareo.89 83 A chi legge, in RdA, vol. X, pp. [VI-VII]. Adunanza tenuta nel Bosco Parrasio per l’acclamazione seguita in Arcadia delle Sacre Reali Maestà di Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia Re, e Regina delle Due Sicilie il giorno delle Calende di Agosto dell’Anno MDCCXLVIII. Alla Presenza dell’Eminentissimo, e Reverendissimo Sig. Cardinale Domenico Orsini Protettore de’ suddetti due Regni fra gli Arcadi Accl. Rodaspe Agoretico (ivi, vol. XI). 85 L’alto clero è rappresentato da nove esponenti, mentre l’aristocrazia ne annovera ventisei, di cui dieci nel dodicesimo volume e nove nell’adunanza per Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia. 86 RdA, vol. XII, pp. 36-41. 87 Ivi, voll. X, pp. 4-18 (Brogi), 27-47 (Tagliazucchi); XI, 75-103 (Golt), [ix-xi] (Tagliazucchi); XII, 70-6 (Golt). 88 Ivi, vol. X, pp. 47-58; ora in Metastasio, Poesie, pp. 84-96 (testi) e 367-95 (commenti). Di Metastasio sono inoltre due sonetti, “L’umanità del gran delitto rea” e “Signor, la Fede a questa mi sospinge”, in Rime degli Arcadi sulla Natività, pp. 32-3. 89 Testimonianze dell’amicizia fra Morei e Metastasio sono nelle lettere di quest’ultimo al fratello Leopoldo del 2 novembre 1743, a ridosso dell’elezione di Mireo (“Fate un complimento pastorale per me al nuovo nostro Custode d’Arcadia, ed abbracciatelo teneramente con qualche riguardo di non esser veduto; perché la gravità alla quale l’obbliga la nuova cura non si offenda della confidenza. Ditegli ch’io l’amo e che gli desidero più solida fortuna”), e del 7 aprile 1766, in cui l’autore romano rimprovera il fratello di non avergli comunicato per tempo la notizia della “morte d’un così antico e familiare amico”, avvenuta il I° gennaio 1766 (Metastasio, Tutte le opere, voll. III, pp. 239-40, e IV, 452; si veda inoltre la missiva del 20 aprile 1737 a Leopoldo, vol. III, pp. 155-6, a p. 156). A sua volta, Morei compose un propemticon per la partenza di Metastasio, nel 1730 (“Nomine quem noras, quem Caesaris ore vocasti”, in Carmina, pp. 44-6). 84 98 Quanto alla provenienza, è confermata la superiorità dello Stato Pontificio (e in particolare di Roma e del circondario) sulle periferie arcadiche, di norma rappresentate dai vicecustodi. Fra le colonie di creazione recente figurano la Virgiliana, la Mitertea, la Tennacriana, l’Aletina, la Fanestre e l’Icneutica (queste ultime istituite durante il custodiato di Lorenzini),90 mentre al periodo crescimbeniano risalgono, fra le altre, l’Alfea, presente con i contributi di Bernardino Fabbri Ranieri e del pro-vicecustode Bartolomeo Gaetano Aulla, la Sibillina e la Renia, di cui sono portavoci Francesco Antonio Lolli e Giampietro Zanotti, segretario dell’accademia Clementina di Bologna. 91 Allo Stato della Chiesa seguono il Regno delle Due Sicilie e il Granducato di Toscana,92 da cui proviene il Morei, autore della prosa introduttiva nell’adunanza per Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia, e di dodici sonetti, di un’ode e della parafrasi del Cantico de’ tre Fanciulli nella dodicesima raccolta.93 Figurano anche cinque autori della Repubblica genovese: Giovanni Battista Riccheri, vicecustode della Ligustica, l’abate Scipione Giuseppe Casale, monsignore Niccolò Casoni, l’abate corso Nunzio Vettini e il marchese Giuseppe Imperiali.94 Confermata è inoltre la subalternità delle zone più decentrate: l’area veneta vanta quattro presenze;95 tre, Milano,96 Piacenza e Lucca; 97 due, Mantova e Modena;98 una, invece, Udine (l’arciprete Giuseppe Bini), Como (il 90 Per Carlo Valenti Gonzaga, Curzio Reginaldo Boni e Alessandro Pompeo Berti (rappresentanti della Mitertea), Nicola Sabbioni Orsini, Ignazio Cianci, Pietro Paolo Carrara e il marchese Fabrizio Paulucci, vicecustode dell’Icneutica, cfr. RdA, voll. X, pp. 18-23; XI, 8-14, 24-8, 165-9, 271-5, [xxvii]; XII, 22-3 e 92-7. Del rappresentante dell’Aletina (Cianci) sono anche due egloghe, un carme e un epigramma in AC2, pp. 85-94. 91 RdA, voll. XI, 147-8 (Lolli), 389-400 (Zanotti); XII, 171-3 (Aulla), 277-80 (Fabbri Ranieri), 399 (Zanotti). 92 Diciotto sono i rimatori del Regno delle Due Sicilie, di cui undici napoletani e quattro siciliani, uno di Bari (il marchese Giovanni Battista Nicolai), uno di Lecce (l’abate Giovanni Battista Carro) e uno di Nicotera (l’abate Giuseppe Laureana). L’area toscana è rappresentata da tre fiorentini e da tre pisani, da un pistoiese (il cavaliere Giovanni Filippo Adami), da un senese (Gerolamo Melani) e da un volterrano (Mario Guarnacci); cfr. ivi, voll. X, pp. 1-3, 372-86; XI, [v], [xxxi]; XII, 149-52, 159-9. 93 Ivi, voll. XI, pp. [III-VIII], [v], [xxxviii]; XII, 159-70. 94 Ivi, voll. X, pp. 164-5; XI, 14-5, 53-74, 414, [xvii-xx]; XII, 42-51 e 121-48. 95 Della Repubblica veneta sono Luigi Querini (ivi, vol. XII, p. 280), il sopra menzionato Stefano Benedetto Pallavicini, di Padova, il gesuita dalmata Ruggero Giuseppe Boscovich (ivi, vol. XI, p. [xxviii]) e Giovanni Battista Rizzardi, di probabile origine bresciana (ivi, p. [xxvi]). 96 Di Milano figurano il trinitario scalzo Giovanni De Leva, il carmelitano scalzo Paolo Teresio e Giancarlo Passeroni (originario di Nizza), che in viaggio a Roma, nel 1745, recitò in Serbatoio alcuni canti del Cicerone, iniziato nel 1740-41, e dato alle stampe fra il 1755 e il 1774 (Memorie istoriche, pp. 82-3); cfr. RdA, voll. XI, pp. 28-9, [xv]; XII, 100-9 e 205-6. 97 Di Piacenza sono l’abate Guido Riviera, Ubertino Landi e il cardinale Francesco Landi (cfr. Moroni, vol. XXXVII, 1846, p. 100), mentre da Lucca provengono l’abate Giunio Bernardino Pera, Curzio Reginaldo Boni e Alessandro Pompeo Berti (cfr. RdA, voll. XI, pp. 13-4, 165-9, [xxvii]; XII, 1-21 e 399). 98 Mantova è rappresentata da Carlo Valenti Gonzaga e da Sigismondo Gonzaga principe del Sacro Romano Impero, mentre di Modena è Giampietro Tagliazucchi, presente con la moglie Veronica Cantelli (ivi, voll. X, pp. 27-47; XI, 1-8, 185-207 e [ix-xi]). 99 conte Antonio Giuseppe Della Torre di Rezzonico, padre di Carlo Castone), Alessandria (Alessandro Sappa, autore di una raccolta di Poesie scelte, edita postuma nel 1795), Lodi (Alberto Baccanti) e Guastalla (il marchese Marco Antonio Maldotti, accolto nel cenacolo degli Sconosciuti).99 Assenti gli stranieri, nonostante l’aumento delle aggregazioni,100 mentre delle sei poetesse quattro sono originarie dello Stato Pontificio e soltanto una è di natali aristocratici. Della Maratti Zappi, morta nel 1745, sono cinque sonetti nel decimo volume, recante anche quello della fabrianese Margherita Corradini Stelluti, dedicato all’abate Giuseppe Lavini della colonia Settempedana.101 Nell’undicesimo figurano invece la Parisotti Beati, con otto sonetti, e la Cantelli Tagliazucchi, con un nucleo di componimenti metricamente vario: dieci sonetti, un capitolo, due odi-canzonette e l’egloga per la scomparsa della Maratti.102 Nell’ultimo volume (XII) entrano quattro sonetti della pisana Marianna Lanfranchi Aulla, moglie di Bartolomeo Gaetano, per la quale Goldoni (Polisseno Fegejo) compose un’anacreontica di sestine di ottonari, negli anni in cui frequentava le riunioni della colonia Alfea (174548),103 mentre della duchessa Giacinta Orsini, morta a diciotto anni il 9 giugno 1759, sono (oltre a un’egloga per il S. Natale) quattro sonetti e due capitoli recitati nelle tre adunanze per il suo matrimonio, celebrato a Roma, nel 1757, con Antonio Boncompagni Ludovisi.104 99 Ivi, voll. XI, pp. 258-70, 305-7, [xiii]; XII, 52-61 e 371-3. Su Maldotti cfr. Spaggiari, L’armonico tremore, p. 13, mentre su Antonio Giuseppe Della Torre di Rezzonico cfr. la voce di Guido Fagioli Vercellone in DBI, vol. XXXVII, 1989, pp. 671-4. 100 Tre, invece, i forestieri accolti in AC2: Henry Newton (Argeste Melichio, pp. 46-8), ambasciatore inglese presso il Granducato di Toscana; il tedesco Johann Gottlieb Böhme (Crisenio Beroense, pp. 71-3); lo spagnolo Emanuel Martí y Zaragoza (Eumelo Olenio, pp. 100-9). Cfr. Onomasticon, pp. 27, 69, 108. 101 RdA, vol. X, pp. 24-6 e 88. Sulla Corradini Stelluti (Egina Tritonia), cooptata durante il custodiato di Lorenzini, cfr. Bandini Buti, vol. I, p. 176. 102 RdA, vol. XI, pp. 35-8 e 185-207. Della Parisotti Beati, che intervenne a molte cerimonie ufficiali (cfr. Spaggiari, 1782. Studi di Italianistica, p. 23), si vedano il sonetto per Giovanni V e l’ode dedicata alla Paolini Massimi e alla Maratti Zappi, in I Giuochi olimpici […] in onore degli Arcadi illustri defunti, pp. 104-7 (ode) e 331 (sonetto). Cfr. anche i sonetti “Or, che di Pindo i più legiadri fiori” e “Se così dolce, Augusta Donna, è il Freno”, in Adunanza […] per l’elezione […] di Giuseppe II Re de’ romani, pp. 75-6. 103 RdA, vol. XII, pp. 68-9. Sulla pastorella pisana (Euriclea Doriense) si veda Giordano, Letterate toscane, p. 117; e per il componimento di Goldoni (“Pecorelle mal pasciute”), Tutte le opere, vol. XIII, pp. 150-2. Nella colonia Alfea il commediografo recitò inoltre la canzone sul tema “dell’utilità delle leggi scritte”, mentre in Arcadia, nel 1759, lesse le ottave della Pubblica confessione (ivi, pp. 152-6 e 508-11). Cfr. Alessandra Di Ricco, Gli anni pisani del Goldoni: Polisseno Fegejo in Arcadia, in Goldoni in Toscana, Atti del Convegno di Studi (Montecatini Terme, 9-10 ottobre 1992), Firenze, Cadmo, 1993 (“Studi italiani”, V, fasc. 1-2), pp. 41-65. 104 RdA, vol. XII, pp. 77-86. Cfr. Adunanze degli Arcadi pubblicate nelle nozze di sua Eccellenza la Signora D. Giacinta Orsini de’ duchi di Gravina con sua Eccellenza il Signor Don Antonio Boncompagno Ludovisi duca d’Arce de’ princ. di Piombino […], Roma, Salomoni, 1757, pp. 115, 117, 121, 174 (quattro sonetti, adunanza 1755); 225-8 (“Vorrei poter nell’erudite scuole”, ad. 1756); 109-112 (“In sì bel dì che Arcadia ha per costume”, ad. 1757). 100 Programmaticamente inaugurati dal sonetto del cavaliere Giovanni Filippo Adami, dedicato alla rinascita del cenacolo romano,105 i tre volumi delle Rime ribadiscono il legame con l’Arcadia crescimbeniana anche nella selezione degli autori. Se da un lato sono compresi i versi di un drappello di sodali ascritti negli anni del primo patronato, alcuni dei quali defunti (come Francesco Maria di Campello e i coniugi Zappi)106 e altri ancora in contatto con l’ambiente arcadico (Giuseppe Ercolani, principe degli Infecondi dal 1735; Giuseppe Bini, nell’Urbe nel 1750-53 per difendere la causa del patriarcato d’Aquileia; e Ubertino Landi, in viaggio a Roma nel 1750),107 dall’altro figurano alcune voci della scuola graviniana, come Domenico Ottavio Petrosellini, di cui è accolta un’ampia selezione di versi, l’improvvisatore Paolo Vannini (morto nel 1718), Domenico Rolli,108 Lorenzini e il cavaliere Bernardo Bucci, autore del poema in terzine La vita umana, imitazione della Commedia.109 Di Gravina, invece, è un’egloga nel secondo tomo degli Arcadum carmina; indizio della avvenuta riconciliazione con i trascorsi dei Quirini.110 Alla supremazia dei versi d’occasione, di quelli amorosi e devozionali corrisponde la scarsa incidenza degli argomenti riconducibili alle sollecitazioni di una diversa sensibilità. Tracce di poesia didascalico-scientifica sono nel sonetto del napoletano Domenico Ferrari, sul sistema cromatico newtoniano, e in quelli di Domenico Ottavio Petrosellini e di Giacomo Mistichelli, allusivi agli esperimenti anatomici;111 nell’antologia latina figurano i poemetti De respiratione e De fluminibus del gesuita bresciano Orazio Borgondio,112 e gli endecasillabi di Flaminio Scarselli sulla podagra, mentre nelle Prose è il discorso “sull’Elettricità de’ Corpi”, tenuto nel Bosco 105 “Le boschereccie Deità chiamando / Tirsi il Pastor fè questo voto un giorno, / i fatidici suoi lumi girando / del suol d’Arcadia alle Campagne intorno; // se in queste selve ascolterò cantando / Titiro, e Melibèo farvi ritorno; / e il funesto silenzio omai troncando / l’auree fila trattar del Plettro adorno; // cento vogl’io sovra d’un verde altare / bianchi Torelli di letizia in segno / a voi dei boschi Deità svenare. // Ecco il tempo prescritto al gran disegno. / Tirsi va lieto a sciorre il voto all’Are: / e d’Arcadia qual fu risorge il Regno” (RdA, vol. X, p. 1). 106 Ivi, voll. X, pp. 363-72; XII, 152. 107 Ivi, vol. XII, pp. 174-87 (Ercolani). Del Landi si veda il sonetto “Io te riveggio, o bella augusta Roma” (ivi, p. 9). 108 Ivi, voll. X, pp. 88-163; XI, 103-4 e 336-55. 109 Per i canti I, II, VI dell’Inferno e per quelli del Paradiso (XXXII-XXXIII) cfr. ivi, vol. X, pp. 212-44; per il XVI del Purgatorio cfr. I Giuochi olimpici […] in onore degli Arcadi illustri defunti, pp. 223-8. Su Bucci si vedano SI, vol. II, pt. IV, pp. 2261-2; e Amedeo Quondam in DBI, vol. XIV, 1972, pp. 764-5. Nella terza satira de Il segretario Cliternate al baron di Corvara (1717) Pier Jacopo Martello non esitava ad affermare che Bucci “andar può d’Alighieri a canto” (Scritti critici e satirici, pp. 86-9, a p. 88, v. 88). 110 AC2, pp. 219-22 (“Quo celeres Tirrene pedes intendis? et unde”). 111 RdA, voll. X, p. 96 (Petrosellini); XII, 290-1 (Mistichelli) e 370 (Ferrari). 112 AC2, pp. 8-24. Su Borgondio, rettore dal 1740 del Collegio Romano e docente di matematica di Boscovich, cfr. Paolo Casini, in DBI, vol. XII, 1970, pp. 777-9; suoi sono anche quattro poemetti in esametri (De volatu, De natatu, De incessu, De motu sanguinis), in AC1, pp. 1-28. 101 Parrasio, il 26 settembre 1748, dal canonico di S. Maria in Trastevere Giovanni Amedeo Ricci.113 Il gesuita parmense Carlo Noceti recitò nel Serbatoio i poemi sull’iride e sull’aurora boreale, dati alle stampe nel 1747, con le chiose di Ruggero Giuseppe Boscovich, suo allievo nel Collegio Romano e socio dell’Académie Française dal 1748.114 Quanto alle soluzioni metriche, continua l’egemonia del sonetto; ma, anche da questo punto di vista, il dodicesimo tomo, apparso un anno dopo i Versi sciolti della triade Algarotti-Bettinelli-Frugoni, “non dà alcun segno di vita nuova”, ripiegando invece nella “decorosa e nostalgica commemorazione del passato”.115 L’accademia del Morei, scomparso il I° gennaio 1766,116 “riflette bene l’esaurimento crepuscolare della prima Arcadia”,117 adombrato, fin dal 1743, nell’Autunno Tiburtino: Terminò quella geniale Conversazione [a Tivoli, nel 1728]; ne sono terminate delle altre. Mancano intanto gli Amici; mancano i Conoscenti: tutto ha il suo termine, tutto si scioglie, tutto svanisce, e siamo dalla esperienza medesima astretti a confessare non esservi alcuna stabilità, siasi nella fortuna, siasi nella fama, tra le cose di questa Terra; né darsi altra speranza, ed altra sicurezza, che nella felicità, e nelle promesse del Cielo.118 113 AC2, p. 136; PdA, vol. IV, pp. 189-211. Caroli Noceti, De iride et aurora boreali carmina […] cum notis Josephi Rogerii Boscovich, Romae, Palearini, 1747 (trad. di Antonio Ambrogi, Firenze, Stamperia Imperiale, 1755); e di Boscovich si veda, sugli stessi argomenti, De aurora boreali dissertatio habita in Collegio Romano a PP. Societatis Jesu die Septembris 1738, Romae, de Rubeis, s.a. [1738?]. Cfr. Memorie istoriche, p. 83; inoltre, AC2, pp. 183216. 115 Carlo Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio (1943), in Id., Ricordi della scuola italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998, pp. 55-79, a p. 59 (pubblicato la prima volta in “Atti e Memorie d’Arcadia”, serie III, fasc. 3-4 [1948], pp. 94-121). 116 “Diario ordinario”, 4 gennaio 1766, n. 7569, p. 14. 117 Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, p. 58. 118 Autunno Tiburtino, in Le tre Arcadie, p. 422. 114 102 2.4 Giuseppe Brogi (1766-1772) Confermata la prassi introdotta per l’elezione del Morei (1743),1 i cento arcadi selezionati da Clemente XIII, e riuniti nell’Archiginnasio della Sapienza, il 12 gennaio 1766, a pochi giorni dalla morte del predecessore (I° gennaio), nominarono custode il sacerdote romano Giuseppe Brogi (1702-1772), segretario di monsignore Antonio Maria Pallavicini e del nunzio Antonio Eugenio Annibale Visconti (1750-60), nonché predicatore in molte chiese dell’Urbe (1760-70) e beneficiato della Basilica di S. Maria Maggiore (1759).2 Membro del sodalizio degli Infecondi (1737), di quello di Busseto (1755) e della Società letteraria de’ Volsci di Velletri (1766),3 Brogi fu affiliato all’Arcadia nel 1726 su segnalazione del Morei, in soprannumero e con lo pseudonimo di Acamante, in attesa del compimento del venticinquesimo anno di età e delle campagne vacanti, assegnate (le Pallanzie) quattro anni dopo da Lorenzini.4 Acamante Pallanzio divenne procustode nel 1743,5 ricoprendo inoltre l’incarico di revisore del quinto tomo delle Vite degli Arcadi e di raccoglitore di fondi per il restauro del Bosco Parrasio (1760). Sebbene il neo-custode tentasse di orientare gli interessi del cenacolo verso temi più attuali, deliberando fin dagli esordi (24 aprile 1766) che nelle riunioni private, tenute nella sua dimora il primo giovedì di ogni mese, la recitazione dei componimenti in lingua e in latino fosse affiancata dalla lettura di prose di argomento vario (scientifico, filosofico, giuridico o storico),6 il suo breve governo di transizione (1766-72) confermò di fatto l’inadeguatezza dell’Arcadia a intervenire “nelle polemiche 1 Memorie istoriche, p. 60. Per ragguagli biografici su Brogi, che fu inoltre sottosegretario della Sacra Congregazione delle Indulgenze e segretario dell’Arciconfraternita di S. Silvestro in Capite, si vedano SI, vol. II, pt. IV, p. 2131; Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi; Teresa Venuti, I Custodi d’Arcadia sepolti nella chiesa di S. Nicola in Arcione, in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, s. VI, I (1906), pp. 267-73, a p. 269; Amedeo Quondam in DBI, vol. XIV, 1972, pp. 422-3; e la scheda di Patrizia Formica in Tre secoli di storia dell’Arcadia, pp. 136-8. 3 Cfr. Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, p. 15 (dove è il diploma di ammissione tra gli Infecondi). 4 Per la patente arcadica rilasciata da Crescimbeni e il documento sottoscritto da Lorenzini, ivi, pp. 13-4. 5 Memorie istoriche, pp. 88-9. Si veda anche “Diario ordinario”, 23 novembre 1743, n. 4107, p. 2. 6 Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, pp. 124-5. 2 103 che occupavano le cronache intellettuali d’altri centri culturali italiani (soprattutto settentrionali e meridionali)”.7 L’attività di Acamante si uniformò agli operati di Crescimbeni e di Morei (omaggiato il 14 giugno 1766 in Serbatoio), sulla scia dei quali promosse le adunanze pubbliche,8 come quella del 2 agosto 1766 per l’assunzione a senatore di Abbondio Rezzonico, nipote del pontefice,9 e la nascita di tre colonie: la Calatina di Caltagirone (1768), con vicecustode il marchese Giuseppe Maggiore;10 la Clementina di Modena (1770), dedotta nel dicembre 1770 dai Minori conventuali, e così denominata in omaggio a Clemente XIV, che nel 1723 era entrato nell’ordine dei francescani conventuali di Mondaino (Rimini); e l’Enguina di Gangi (1772), mutuata dall’accademia degli Industriosi.11 Fu inoltre avviata la collezione dei ritratti degli arcadi, esposta nel Serbatoio (trasferito nel palazzo Mattei, in via S. Nicola in Arcione, dove sarebbe rimasto fino al 1863),12 e comprendente anche quello di Metastasio, inviato da Vienna, nel 1768, su richiesta del principe Sigismondo Chigi.13 Al 1770 risalgono invece i giochi olimpici, celebrati fra il 12 agosto e il 26 gennaio dell’anno 7 Quondam, in DBI, p. 423. Del quarto patronato non sono pervenuti i verbali delle adunanze. La fonte principale di notizie sull’accademia di Brogi è la monografia di Biroccini, che si è avvalso dei documenti custoditi ad Avezzano dai discendenti del sacerdote. Conservato è invece il registro degli iscritti (BAR, vol. VII, Catalogo dei Gentilissimi e Valorosissimi Pastori Arcadi essendo Custode Generale Acamante Pallanzio); cfr. Onomasticon, p. VI. 8 Per i tipi del romano Arcangelo Casaletti furono pubblicati i resoconti delle assemblee per l’acclamazione della principessa Flaminia Odescalchi Chigi (1768) e per l’ascesa al soglio papale di Clemente XIV (1769). Al 1771 risale l’Adunanza tenuta in Campidoglio dagli Arcadi ad onore della Santità di Nostro Signore Clemente XIV Pontefice Massimo e di Sua Maestà fedelissima Giuseppe I re di Portogallo […], mentre l’anno dopo fu data alle stampe l’Adunanza tenuta dagli Arcadi nella Villa Albani ad onore di Sua Altezza Reale Maria Antonia Walburga di Baviera (1772). 9 Adunanza degli Arcadi per l’esaltazione alla Dignità di Senatore di Roma di Sua Eccellenza il Signor Don Abondio Rezzonico Nipote della Santità di N. S. Papa Clemente XIII, Roma, Casaletti, 1766. Fra gli autori sono i colleghi Muzio Scevola (abate di Tivoli), Gaetano Golt, Sigismondo Chigi (marito di Flaminia Odescalchi e ispiratore del dramma satirico Il Conclave dell’anno MDCCLXXIV [di cui fu custode], attribuito al fiorentino Gaetano Sertor; cfr. Antonio Fiori in DBI, vol. XXIV, 1980, pp. 755-8), l’abate piacentino Bonaventura Giovenazzi, il lucchese Giunio Bernardino Pera, il fermano Giacomo Mistichelli (Adunanza degli Arcadi per l’esaltazione […] di Sua Eccellenza il Signor Don Abondio Rezzonico, pp. 10-5, 23-30, 86-92, 96). Figurano inoltre due sonetti di Brogi; del procustode Gioacchino Pizzi sono un sonetto e un’ode, mentre i sottocustodi Giuseppe Bini e Giuseppe Chauderon partecipano con un sonetto ciascuno (ivi, pp. [III], 9, 21, 55, 103-6, 108). 10 Sulla Calatina, dedotta dall’accademia omonima aggregatasi nel 1766 alla messinese Peloritana dei Pericolanti, si veda Maylender, vol. I, pp. 480-2. 11 Ivi, vol. II, p. 23; per l’Enguina si veda la voce “Accademia Industriosa”, ivi, vol. III, p. 234. 12 Francesco Fabi Montani, Intorno ad alcuni ritratti di recenti arcadi illustri collocati nella sala del Serbatoio […], in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, n. CXXVI (gennaio, febbraio e marzo 1852), pp. 359-79, alle pp. 360-2; Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, p. 131; Cecilia Pericoli, La Pinacoteca dell’Accademia dell’Arcadia, in “Capitolium. Rassegna di attività municipale”, XXXV (giugno 1960), pp. 9-14. 13 Cfr. le lettere al Chigi del 13 aprile 1767 e del 27 giugno 1768, e quelle al fratello Leopoldo, che non apprezzò il ritratto, del 29 agosto e del 28 novembre 1768 (Metastasio, Tutte le opere, vol. IV, pp. 529, 632-3, 651-2, 681). 104 seguente,14 di cui la terza competizione (le Ghirlande), svolta il 16 settembre, fu dedicata alle pastorelle, probabilmente con l’intento di emulare la festa approntata dalle consorelle parmensi in occasione delle nozze del duca Ferdinando di Borbone e dell’arciduchessa Maria Amalia d’Asburgo-Lorena (1769),15 articolata in gare poetiche, con l’intervento dei sodali della colonia, arbitrate dal vicecustode Jacopo Antonio Sanvitale.16 Pressoché assenti, invece, le pubblicazioni ufficiali. Nel 1768, per gli eredi del De Rossi, vide la luce il terzo tomo degli Arcadum carmina, allestito dal Morei, ma dato alle stampe da Brogi, che, acquistati i diritti,17 vi premise la dedica al cardinale Flavio Chigi, rispettando la volontà del predecessore.18 Del custode, di cui sono ventidue sonetti di argomento morale-religioso e un componimento in ottave nel volume decimo delle Rime degli Arcadi,19 nonché numerose liriche distribuite nelle miscellanee d’occasione,20 figurano un’egloga recitata in Arcadia nel 1754 e un carme sulla Passione di Cristo, mentre del Morei sono tre egloghe (1711, 1739, 1746) e un manipolo di quindici epigrammi.21 Accanto ai versi di due rimatori stranieri (il già menzionato Johann Gottlieb Böhme e Gerardus Nicolaus Heerkens di Groninga)22 e ai lavori di soggetto scientifico, come le odi sui sistemi cartesiano e tolemaico di Giambattista Casti (Niceste Abideno), cooptato dal Morei e autore, come è noto, del Poema tartaro (1797),23 l’omaggio a Scipione Maffei, morto nel 1755,24 ribadisce il conservatorismo 14 Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, pp. 134-8. La relazione fra i due eventi è segnalata da Donato, Accademie romane, p. 156, n. 132. 16 Si vedano, ad esempio, l’idillio letto dalla contessa Laura Tarasconi e da Aurelio Bernieri (“Sorgi, Iperide, che fai?”), e l’egloga di Carlo Castone Della Torre di Rezzonico, recitata insieme alla marchesa Adelaide Malaspina e alla contessa Camilla Montanari (“Qui certo ride il suol, l’aria è serena”), in Le Pastorelle d’Arcadia. Festa campestre nelle Augustissime nozze delle Altezze Reali del Reale Infante di Spagna Don Ferdinando di Borbone […] e della Reale Arciduchessa d’Austria Maria Amalia, Parma, Stamperia Reale, 1769, pp. 28-36 e 56-63. 17 “Quando il Morei venne a morte, si trovavano ancora presso il tipografo de’ Rossi 230 copie del tomo terzo de’ versi latini degli Arcadi, ch’egli non solo aveva ordinati, ma ancora pagati con la somma di sei zecchini. Quei libri importava più all’Arcadia di considerar come propri che a Filippo Morei fratello ed erede del defunto. Laonde il Brogi disinteressato sempre e amantissimo dell’onor d’Arcadia, sborsò del suo a Filippo Morei i sei zecchini, e con la costui ricevuta, presentatosi al tipografo, potè far suoi i libri tanto desiderati” (Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, p. 127). 18 AC3, pp. [III-V]. 19 RdA, vol. X, pp. 4-28. Un sonetto di Brogi è inoltre negli atti dell’adunanza per le acclamazioni di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia, ivi, vol. XI, p. 419. 20 Cfr., ad esempio, Rime degli Arcadi sulla Natività, pp. 39-40 e 97-102; I Giuochi olimpici […] in onore degli Arcadi illustri defunti, pp. 78-82, 102, 268; Adunanza […] per l’elezione […] di Giuseppe II Re de’ romani, pp. 19 e 51. Per la produzione prosastica, poetica e oratoria di Brogi, mai raccolta, cfr. Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, pp. 29-123. 21 AC3, pp. 8-14 e 121-35. Per le egloghe cfr. anche Morei, Carmina, pp. 77-80 e 117-124. 22 Ivi, pp. 50-4. Su Heerkens, ammesso durante il custodiato di Morei, cfr. Onomasticon, p. 71. 23 AC3, pp. 151-4; ma si vedano anche i versi alle pp. 136-51 e 154-64. 15 105 delle scelte poetiche. Così la presenza di un drappello di gesuiti (Cantuccio Contucci di Montepulciano, l’alessandrino Giulio Cesare Cordara e il ragusano Raimondo Cunich, allievo di Boscovich nel Collegio Romano),25 affiancato da esponenti di altri ordini minori,26 rimarca a sua volta la dimensione periferica dell’accademia, estranea alle vicende che di li a poco avrebbero portato alla soppressione della Compagnia.27 24 Ivi, pp. 170-2. Ivi, pp. 107-20, 173-96, 200-17. Su Contucci cfr. IBI, vol. III, p. 1248; per Cordara, autore di satire e storico dell’Ordine, si veda Magda Vigilante in DBI, vol. XXVIII, 1983, pp. 789-92, cui si deve anche il profilo di Cunich (che tradusse in latino l’Iliade, 1776), ivi, vol. XXXI, 1985, pp. 378-80. 26 Il somasco Giuseppe Maria Pujati, il minore osservante Giovanni Antonio De Luca, lo scolopio Giuseppe Cremona (P. Giovanni Giuseppe di S. Francesco), il barnabita Camillo Varisco e Francesco Binda della Congregazione della Madre di Dio (AC3, pp. 68-71, 86-92, 218-2, 238-40, 252-6). 27 Secondo Cipriani, con il custodiato di Brogi termina il “periodo quasi senza storia dell’Arcadia”, inaugurato dal governo di Lorenzini (cfr. Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, p. 133). 25 106 2.5 Gioacchino Pizzi (1772-1790) 1. Con i voti di cento arcadi designati da Clemente XIV, il 20 agosto 1772, a tredici giorni dalla morte di Brogi, fu eletto custode l’abate romano Gioacchino Pizzi (17161790), segretario dei cardinali Alessandro Albani e Marco Antonio Colonna.1 Accolto in Arcadia negli anni della reggenza di Lorenzini, di cui era stato allievo,2 Pizzi ricoprì gli incarichi di collega e di procustode di Brogi (1766).3 Accademico della Crusca e socio corrispondente dell’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres di Parigi,4 Nivildo Amarinzio si distinse per la produzione drammaturgica, come attesta il componimento per musica eseguito il 20 gennaio 1743, a palazzo di Spagna, in onore di Carlo di Borbone. Fu inoltre autore del testo messo in scena il 6 gennaio 1746, su commissione dell’Albani, per la nomina a imperatore di Francesco I di Lorena (1745), marito di Maria Teresa, a sua volta dedicataria della cantata, sul libretto di Pizzi, offerta il 17 dicembre 1747 nel palazzo Albani.5 Al 1754 risale il dramma per musica Eumene, rappresentato nei giorni di Carnevale nel teatro di Torre Argentina, mentre del 1755 e del 1757 sono i drammi sacri Il roveto di Mosè e Per la festa dell’Assunzione di Maria Vergine, seguiti da La gara divota per i tipi di Salomoni (1763). Asceso al custodiato in una fase tormentata per lo Stato della Chiesa (nel 1773, con il breve Dominus ac Redemptor, papa Ganganelli aveva sciolto la Compagnia di Gesù),6 1 Su Pizzi si vedano Bibliografia romana, pp. 206-7; Venuti, I Custodi d’Arcadia, pp. 269-73; Onomasticon, p. 193; e il profilo di Patrizia Formica in Tre secoli di storia dell’Arcadia, pp. 139-40. Le vicende e le polemiche letterarie del quinto custodiato (di cui sono conservati il registro degli iscritti [BAR, vol. VIII] e i verbali delle adunanze [BAR, Atti Arcadici, custode Nivildo Amarinzio, 2 voll.], cfr. Onomasticon, pp. VI-VII) sono delineate nella monografia di Annalisa Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”. L’Arcadia di Gioacchino Pizzi 1772-1790, Firenze, Olschki, 2003. Della reggenza 2 Al maestro Pizzi alluse nella lettera del 16 luglio 1777 al parmense Angelo Mazza, invitato a recarsi a Roma: “Curj e Fabrizj non ne vedrete: qualche amico di Flacco potria essere: ma in me certo non ammirereste risorto Filacida, di cui occupo è vero il Seggio, ma non ho ereditata la lira” (BPP, FMM, cass. II, c. 3r1). 3 Cfr. Memorie istoriche, p. 98; e Biroccini, Vita di Giuseppe Brogi, p. 124. 4 Donato, Accademie romane, pp. 156 e 157, n. 134. Cfr. Gioacchino Pizzi, Dissertazione sopra un antico cameo esibito alla Reale Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi, Roma, Casaletti, 1772. 5 Franchi, Drammaturgia romana, pp. 311, 318 e 323. 6 Sull’argomento cfr. Niccolò Guasti, Clemente XIV e la diplomazia borbonica: la genesi del breve di soppressione della Compagnia di Gesù, in L’età di papa Clemente XIV. Religione, politica, cultura, a cura di Mario Rosa e Marina Colonna, Roma, Bulzoni, 2010, pp. 29-77. 107 Pizzi si trovò a capo di un cenacolo che mostrava segni di stanchezza e di debolezza. Se per un verso l’intervento riformatore si tradusse nel potenziamento del consueto apparato cerimoniale (adunanze, acclamazioni, giochi olimpici), per l’altro il neocustode avvertì l’esigenza di formulare un programma che potesse in qualche modo tenere conto delle correnti di pensiero. Nel Ragionamento sulla tragica e comica poesia, dato alle stampe da Nivildo l’anno della sua nomina, l’ammissione del valore di Metastasio (a cui, peraltro, l’accademia dedicò le gare olimpiche nel 1784),7 che aveva “sortito dalla natura il più splendido e felice talento per la Drammatica Poesia”, nonché “un singolare artifizio in pennelleggiare le amorose passioni, e solleticare gli orecchi gentili”, vacilla dinanzi alla cauta presa di distanza dai “proverbi galanti” e dalle “vivaci ariette” della sua lirica.8 Il declassamento della tradizione idillico-pastorale per una più decisa apertura alla scienza e alla filosofia (“felici coloro, che la tirannia scuotendo dell’amor proprio, e dissipando le illusioni di una ristretta educazione, e di una uniforme e costante presenza de’ medesimi oggetti, imparano senza pregiudizio di luogo, di tempo, e di nazione e mirar con occhio filosofico la natura […]”)9 si impose anche nelle stanze de La novità poetica, recitata in Arcadia il 28 agosto 1778 dall’abate maltese Luigi Godard (Cimante Micenio), di formazione frugoniana, ma sensibile alle suggestioni illuministiche:10 Spuntasti alfin grande immortal Sofia, e vestisti di luce aurea le carte: l’oltraggiata ragion laudi t’invia, ch’or de’ vati a’ pensier dona gran parte; che omai l’insulso poetar s’obblia, 7 I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nel Bosco Parrasio per onorar la memoria dell’inclito Artino Abate Pietro Metastasio, Roma, Fulgoni, 1784. Altrettanto amichevoli furono i rapporti tra il custode e il poeta cesareo, come attestano, ad esempio, le lettere di quest’ultimo al fratello Leopoldo del 24 ottobre, 28 novembre (“abbracciate il nostro Nivildo […]”), 5 e 26 dicembre 1768 (in Metastasio, Tutte le opere, vol. IV, pp. 670-1, 681, 685-6, 694), e quella a Pizzi del 10 dicembre 1772 per congratularsi dell’elezione (ivi, vol. V, p. 200). 8 Ragionamento sulla tragica e comica poesia, Roma, Casaletti, 1772, pp. XXIV-XXV; cfr. Lucio Felici, L’Arcadia romana tra illuminismo e neoclassicismo, in “Atti e Memorie d’Arcadia”, s. III, vol. V, fasc. 23 (1971), pp. 167-82, alle pp. 174-5. In merito al Ragionamento, recapitato dal custode insieme a una copia della Dissertazione sopra un antico cameo e a una del poema Il tempio del buon gusto (1773), commentò Metastasio: “Vi rendo grazie dell’eccessiva parzialità con cui parlate di me nel dotto vostro ragionamento, e non ne arrosisco quanto dovrei perché, avendo la vostra amicizia già da così lungo tempo assuefatto il pubblico a tollerarla, spero ch’oggi mai non possa più servir d’occasione ad esaminare s’io la meriti” (a Pizzi, 8 novembre 1773; in Tutte le opere, vol. V, p. 268). 9 Pizzi, Ragionamento, p. XXXI. 10 Su Godard imprescindibile è il contributo di Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, pp. 57-79, che gli attribuì “una responsabilità di primo piano” nella “rinascita dell’Arcadia, imprevedibile e rigogliosa” (ivi, p. 60). Si vedano inoltre i profili di Maria Teresa Rosa Corsini in Tre secoli di storia dell’Arcadia, pp. 141-3; e di David Armando in DBI, vol. LVII, 2001, pp. 500-3. 108 ned è più un gioco la fatidic’arte: e non basta cantar greggie e pastori, o gli sdegni di Fille, o di Licori. Or mercé del gran Tosco e del Britanno vota d’ogni saper Dirce non sona: grazie a’ maestri di color che sanno, ingegni Archimedèi vede Elicona: vede l’alterno gravitar, che fanno gli astri, che intorno al sol tesson corona: regge Urania i poeti, e i corbi al suolo su i già sfrondati allor spiegano il volo. S’offre a’ carmi subbietto or l’oceàno turgente al bel lunar raggio notturno, or la natura d’aquilone insano, or le fasi di Giove e di Saturno. Clio di prisma angoloso arma la mano, e in vece il tien del dotto plettro eburno: canta Iri, che ’l fiottoso arco conduce, e ’l settemplice sol canta e la luce.11 A sua volta unitosi al coro delle riserve nei confronti del poeta cesareo nell’ode Sulla tragedia dedicata a Ippolito Pindemonte, autore dell’Ulisse (1778),12 Godard compose La novità poetica in un periodo di roventi discussioni in seno all’accademia. Dietro alla coronazione prima arcadica (16 febbraio 1775) e poi capitolina, la sera del 31 agosto 1776, dell’improvvisatrice pistoiese Maria Maddalena Morelli Fernandez (Corilla Olimpica),13 si celava infatti il dibattito sulle istanze del rinnovamento poetico, che sul versante dell’accademia romana trovò voce ne Il letterato buon cittadino, letto in Arcadia il 6 maggio 1776 e dato alle stampe lo stesso anno dal principe, e protettore della poetessa, Luigi Gonzaga di Castiglione (Emireno Alantino).14 Prefato dal custode, e con le glosse di Godard, “degno Satellite di un Giove [Gonzaga] così benefico per la nostra Pastorale Letteraria Repubblica”,15 il contributo di Emireno, dedicato agli Arcadi, promuove la funzione civile del letterato, che “ama il Principe, ama la Patria, adora la 11 Luigi Godard, Poesie di Cimante Micenio […], Roma, Salviucci, 1823, pp. 58-64, alle pp. 62-3, vv. 137-60 (cfr. anche RdA, vol. XIV, pp. 129-35). Secondo Dionisotti, La novità poetica “voleva essere, e in certo senso era il manifesto della nuova Arcadia” (Ricordo di Cimante Micenio, p. 67). 12 “Sorgi e raccendi ’l maschio / tuo giovenil bel foco, / l’ombre e gli orror fantastici / a verità dien loco, / torni il sirma a l’argolico / celebrato valor. / Né più Caton fra i litui / musico il tuon gorgheggi, / né ’l grande eroe Dardanio / con Dido pargoleggi, / del Frigio Anchise immemore, / d’una donna minor” (Godard, Poesie, pp. 84-90, a p. 88, vv. 121-32; anche in RdA, vol. XIII, pp. 96-101). 13 Sulla Morelli si vedano Alessandro Ademollo, Corilla Olimpica, Firenze, C. Ademollo e C. Editori, 1887; e Giordano, Letterate toscane, pp. 119-37. Sulla formazione della rimatrice, “di grande interesse per comprendere i motivi della coronazione capitolina del 1776 e, di conseguenza, le radici dei progetti culturali di Pizzi”, cfr. Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 55-69 (la citazione da p. 7). 14 Per un profilo biografico del Gonzaga cfr. Massimo Marocchi in DBI, vol. LVII, 2001, pp. 824-7. 15 Gioacchino Pizzi, Agli Arcadi, in Luigi Gonzaga di Castiglione, Il letterato buon cittadino. Discorso filosofico e politico […] colle note dell’Abate Luigi Godard, Roma, Francesi, 1776, pp. III-XII, a p. VIII. Sul trattato cfr. Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 41-55. 109 Religione […]”, e della poesia “ministra del vero, del sublime, del grande”, nutrita di filosofia.16 Su tali princìpi, che sottintendono l’interesse per il problema della ricezione dell’opera letteraria (affrontato da Francesco Maria Zanotti nell’Arte poetica, 1768),17 si innesta dunque la riflessione sull’eloquenza, “che imperiosamente trasporta, ed incatena il cuore, e da cui non ottiene, ma strappa il consenso”, come quella scaturita dall’estro di Corilla, e figlia, secondo Godard, della “felice inspirazione di natura, che nello scrivere suggerisce al Genio certi tratti energici, passionati, grandi e patetici senza stento e senza fatica”.18 Alla cerimonia arcadica concertata da Pizzi, accusato di avere concesso una onorificenza di norma prerogativa del Senato, seguì il resoconto edito nell’aprile 1775;19 ma gli Atti della laurea capitolina furono pubblicati, fra non poche traversie, soltanto quattro anni dopo, a Parma, per i tipi bodoniani e le cure del carmelitano pistoiese Giuseppe Maria Pagnini.20 Le polemiche innescate dalla vicenda da un lato costrinsero Corilla e il suo mentore a lasciare Roma, nella notte del 3 settembre 1776, e dall’altro provocarono forti tensioni in Arcadia, con la sottoscrizione da parte di Gaetano Golt e di Giuseppe Petrosellini della Protesta contro Pizzi (8 agosto 1776),21 nonché con le scissioni delle accademie dei Forti (1775-76) e degli Aborigeni (1777).22 Scrivendo a Angelo Mazza nel 1781, il custode rievocò le ripercussioni dell’evento: Io ho sempre poco amato il canto estemporaneo, ed avea per massima di tenerlo lontano al possibile dall’Arcadia. La sola Corilla mi fece prevaricare. Se Voi l’aveste intesa improvvisare appunto sul tema dell’Armonia, cioè come un suono, che per qualche tempo ci ha dilettato; possa alla fine dispiacere e nojare, Vi giuro, che Voi nel sentirla l’avreste creduta una Divinità, ed avreste ravvisato in Lei un altro voi stesso. Vi prego del segreto in ordine a tuttocciò che vi 16 Il letterato buon cittadino, pp. XXXIX e XLVI. Francesco Maria Zanotti, Al cortese lettore, in Id., Dell’arte poetica. Ragionamenti cinque, Bologna, dalla Volpe, 1768, pp. III-XI, alle pp. VII-VIII. 18 Il letterato buon cittadino, p. LII e nota a. 19 Adunanza tenuta dagli Arcadi per la coronazione della celebre Pastorella Corilla Olimpica, Roma, Salomoni, 1775; “Il volumetto dell’Adunanza per la coronazione diventa, così, una sorta di manifesto letterario e politico, offrendo la prima immagine ufficiale della nuova Arcadia” (Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, p. 29). 20 Atti della solenne coronazione fatta in Campidoglio della insigne poetessa Donna Maria Maddalena Morelli Fernandez pistoiese fra gli Arcadi Corilla Olimpica, Parma, Stamperia Reale, 1779. Su Pagnini (al secolo Luca Antonio), trasferitosi a Parma nel 1754, traduttore dei poeti moderni (Le quattro stagioni di Pope, Parma, Stamperia Reale, 1780) e classici (Teocrito, Mosco, Bione, Simmia greco-latini con la “Buccolica” di Virgilio latino-greca volgarizzati, e forniti d’annotazioni da Eritisco Pileneio P.<astore> A.<rcade>, Parma, Stamperia Reale, 1780, 2 voll.), si vedano Lasagni, vol. III, p. 725; e Walter Binni, Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento, Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp. 101-22. 21 Per la Protesta degli Arcadi si veda Ademollo, Corilla Olimpica, pp. 467-72. 22 Cfr. Maylender, voll. I, pp. 6-24 (Aborigeni), III, 46-7 (Forti). 17 110 confido. Pur troppo ho sofferto de’ gravissimi disturbi per codesti Improvvisatori; e la stessa Corilla, come Voi ben sapete, fu per l’Arcadia una Pandora la quale rovesciò sopra di me l’urna de’ mali.23 Aperti dal Ragionamento di Godard, recitato in Campidoglio il 31 agosto 1776 in omaggio alla poesia eloquente e filosofica della Morelli,24 gli Atti non destarono eco alcuna. Interrotti i rapporti fra Gonzaga, recatosi oltralpe nell’ottobre 1776, e il senatore fiorentino Lorenzo Ginori, mecenate dell’improvvisatrice, riluttante al coinvolgimento negli affari romani, il drappello dei “corillanti” si indebolì.25 Giovanni Cristofano Amaduzzi, docente di lingua greca nell’Archiginnasio della Sapienza, e fedele interlocutore della poetessa dopo l’allontanamento del Gonzaga,26 si fece portavoce delle tesi del Letterato buon cittadino, pronunciando in Arcadia, il 23 settembre 1776, il Discorso filosofico sul fine ed utilità delle Accademie, con dedica al Gonzaga, seguito l’8 gennaio 1778 da quello su La filosofia alleata della religione, che gli procurò i primi dissidi con la censura.27 Parallelamente all’affaire della coronazione capitolina, l’esigenza riformistica congiunta alla riflessione sul ruolo del letterato influenzò la ripresa delle relazioni con le colonie. Del resto, fin dagli esordi del custodiato, che si qualificò per l’apertura alle aree settentrionali (in particolare a quelle lombarda, veneta ed emiliana), più sensibili alle influenze europee, Pizzi avvertì la necessità di infondere linfa vitale nei cenacoli quasi 23 A Mazza, 4 settembre 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 39v). “A ben conoscere l’entusiasmo di CORILLA basta averla udita alcuna volta cantare, e dagli effetti sperimentati in noi stessi argomentare qual sia la natura e l’impeto di quel fuoco, che accende i sensi, incanta l’anima, e l’inebria, e l’innamora, e l’inonda di un’intima, soavissima voluttà. […] E quel che vuolsi considerare come un prodigio e incantesimo superiore ad ogni arte e fatica, egli è l’ammirabile facilità con cui canta, la prontezza incredibile dell’invenzione, la varietà de’ metri, la soavità della voce ora tenera, or melodiosa, or robusta, la non mai interrotta facondia, il cominciare, il proseguire, il crescere fino all’eccesso, e l’ardere dell’entusiasmo, che investe potentemente, e trasporta, e ferisce gli Uditori di sorpresa, e pieni gli lascia fra il silenzio e la commozione di estasi rapitrice e di meraviglia”; Godard, Ragionamento, in Atti della solenne coronazione, pp. 45-60, alle pp. 47 e 55 (il testo è anche in Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 205-10). In linea con il Ragionamento sono le Riflessioni sulla poesia e sulla musica di Gonzaga, tradotte dal francese e lette in Arcadia da Godard il 15 gennaio 1778 (Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 104-6). 25 “La storia delle difficoltà e delle incertezze che accompagnano la raccolta degli Atti scandisce, così, anche l’esaurirsi di una fase del custodiato di Pizzi, quella inaugurata, appunto, dal trionfo arcadico di Corilla del 1775 e dall’edizione, sotto il patronato di Nivildo, del gonzaghiano Letterato buon cittadino” (Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, p. 74). 26 Cfr. Il carteggio tra Amaduzzi e Corilla Olimpica 1775-1792, a cura di Luciana Morelli, Firenze, Olschki, 2000, pp. XV-XXIV (prefazione di Enza Biagini e Simonetta Merendoni). 27 Per il Discorso filosofico si veda l’edizione di Vittorio E. Giuntella, Roma, Palombi, 1993; de La filosofia alleata della religione, la rist. anast. con appendice a cura di Antonio Montanari, Rimini, Il Ponte, 1993. Sulle dissertazioni, entrambe pubblicate con la falsa indicazione di “Livorno, Dai Torchj dell’Enciclopedia”, cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, pp. 13842; Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 94-104. 24 111 estinti (come l’Augusta di Perugia e la Trebbiense di Piacenza)28 e di ampliare il dominio arcadico istituendo nuove filiali: Il primo oggetto, che ha avuto in mira il Custode Generale appena destinato all’onorevole incarico di regger l’Arcadia, egli è stato di procurare la gloria dell’Adunanza, e massimamente di ristabilire le varie Colonie sparse per l’Italia, che formano il maggior lustro di questa Letteraria Pastorale Repubblica. Tali Colonie o per la morte dei Vice-Custodi, o per altre combinazioni erano rimaste nell’inazione, e quasi alienate dal Ceto. Per buon destino d’Arcadia non solo è venuto fatto di richiamarne moltissime allo stato di prima, ma si è potuto fondarne parecchie nuove in varie cospicue Città Italiane, dove, per istanza di diverse nobili ed erudite società, hanno molti desiderato di regolarsi a norma delle leggi e delle Arcadiche costumanze.29 Sebbene Morei ne avesse approvata l’istituzione nel 1762, l’Intrepida di Monza, dedotta da Giovanandrea Mainardi rettore del convitto Reale, fu registrata soltanto nel 1772,30 mentre è del 1773 l’apertura della colonia Litana di Lugo, guidata dal conte Lorenzo Bolis e dall’avvocato Pier Maria Milani.31 Nel 1774 nacque l’Assisana e quattro anni dopo la Fossanese, dedotta dall’accademia di Filosofia e Belle lettere (1777),32 annoverante, tra i fondatori, Guglielmo Della Valle autore delle Lettere sanesi (1782-86).33 Di argomento filosofico, i tre volumi di missive contribuirono alla definizione del paradigma neoclassico di matrice arcadica, sulla scia del Discorso funebre in lode del cavaliere Antonio Raffaele Mengs, letto da Giovanni Cristofano 28 Cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, p. 134. Ai leggitori, in RdA, vol. XIII, pp. XII-XIII, a p. XII. 30 “Il saggio Collegio d’Arcadia adunatosi alla Neomenia dello scorso Munichione, coll’approvazzione ancora dell’Adunanza Generale tenuta il medesimo giorno, accorda al Vice-Custode pro tempore della Colonia Intrepida dedotta, e fondata nel Collegio di Monza, che per l’avvenire possa il medesimo ViceCustode ammettere come Candidati di Arcadia i Convittori di quel Collegio, che egli stimerà più abili, i quali poi mostrando, e mandando al Custode Generale la Patente di candidato riceveranno la solita Patente di Arcadia col nome Pastorale, e Campagna, sborsando soli cinque Paoli per ciascheduna Patente. Nell’istessa Adunanza fu ancora con singolar Privilegio recordato che gli Arcadi di detto Collegio di Monza, che avranno già preso la Patente dal Custode Generale, possano, a distinzione de i semplicemente Candidati, portare in petto la siringa di sette canne Insegna dell’Adunanza di Arcadia. Col presente foglio poi si autenticano le sopraccennate concessioni. Dato in Piena Ragunanza di Arcadia, Alla Neomenia di Targelione l’Anno II dell’Olimpiade DCXXXV. Dalla Ristaurazione di Arcadia, Olimpiade XIX Anno I Giorno lieto per General Chiamata. Mi:<reo> Ro:<featico> Custode Gnle di Arcadia. Filillo Lipareo [Enrico Turner] Sotto-Custode” (BAM, O. 291 Sup. [ex Fondo Varisco], 305r). Sulla colonia cfr. Maylender, vol. III, pp. 339-40. Giovanandrea Mainardi (Arginio Scirtoniano) non figura nell’Onomasticon, dove sono invece Giuseppe e Carlo Mainardi (rispettivamente Arionte Geresteo e Temistio Scirtoniano), ammessi nell’Intrepida nel 1782 (pp. 29 e 245), e Pietro Mainardi (Fisio Aponconeniano) cooptato durante il custodiato di Morei (p. 129). 31 Maylender, vol. IV, pp. 1-2. Cfr. anche Mambelli, La cultura in Romagna, p. 155. 32 Maylender, vol. III, pp. 52-4 (Fossanese); per l’Assisana si veda la voce “Properziana del Subasio”, ivi, IV, 348-9. 33 Su Della Valle cfr. Guido Fagioli Vercellone in DBI, vol. XXXVII, 1989, pp. 751-5; e Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 155-71, a cui rinvio anche per le Lettere sanesi. 29 112 Amaduzzi l’11 maggio 1780 durante l’adunanza generale per l’esposizione in Serbatoio del ritratto del trattatista e pittore boemo.34 Al 1780 risale la Sonziaca Goriziana, sorta per le cure del romano Giuseppe Coletti, che due anni dopo promosse il cenacolo triestino, mentre nel 1781 aprirono i battenti la Mergellina di Napoli e l’Erculea di Modena (dove, dal 1770, era attiva la Clementina), con vicecustode Lanfranco Cortese ciambellano del duca.35 Dal circolo letterario di Giuseppe Battista Lattanzi, istituito ad Albano nel 1782, derivò la colonia Rediviva, mentre nel 1787, a Savona, sede della Sabazia (1750), fu inaugurata la Chiabreresca.36 Incerte sono le date di fondazione della colonia dei Sonnacchiosi di Ripatransone (ma probabilmente prima del 1780) e della Vatrenia di Imola, istituita in seno all’accademia degli Industriosi.37 L’espansione arcadica oltrepassò i confini della penisola con la creazione dell’Antillana di Santo Domingo (1777) e della Focense di Marsiglia, nata nel 1786 sotto la guida di François Michel de Léon tesoriere di Francia e del cappuccino Majolo da Valensole (al secolo Majolo Chaudon).38 2. Trascorsi ventuno anni dalla pubblicazione del volume dodicesimo delle Rime degli Arcadi, nel 1780 vide la luce il tredicesimo, seguito l’anno dopo dal quattordicesimo, che completò la serie iniziata nel 1716; affidati ai torchi dello stampatore e libraio romano Paolo Giunchi, erede nel 1766 della ditta Komarek presso cui si era formato,39 offrono, per le cure di Pizzi, un saggio del nuovo gusto poetico dell’accademia. Gli apporti della scienza e delle dottrine filosofiche, l’affermazione del verso sciolto e la preminenza delle voci periferiche, per le quali il custode aveva riabilitato l’adunanza annuale riservata alla recita dei componimenti, offuscarono le forme tradizionali e i contenuti per lo più esornativi, ancora dominanti nelle tre crestomazie edite da Morei.40 Osservatorio privilegiato per ripercorrere le tappe 34 Discorso funebre in lode del cavaliere Antonio Raffaele Mengs, recitato nella generale Adunanza tenuta nella sala del Serbatoio d’Arcadia il dì 11 maggio 1780 […], Roma, Francesi, 1780. 35 Maylender, voll. II, pp. 286-7 (Erculea); IV, 35-6 (Mergellina); V, 220-9 (Sonziaca Goriziana e Sonziaca Triestina). 36 Ivi, voll. II, pp. 3-4 (Chiabreresca); IV, 420 (Rediviva). 37 Ivi, voll. III, pp. 235-7 (Industriosi); V, 219-20 (Sonnacchiosi) e 430 (Vatrenia). Sugli Industriosi cfr. Mambelli, La cultura in Romagna, pp. 78-87. 38 Maylender, voll. I, pp. 216-7 (Antillana); III, 44-5 (Focense). 39 Cfr. Franchi, Le impressioni sceniche, pp. 317-9. 40 Cfr. Felici, L’Arcadia romana tra illuminismo e neoclassicismo, pp. 167-82. 113 redazionali delle due sillogi del 1780-81 sono le lettere di Pizzi ad Angelo Mazza,41 il primo arcade da lui ascritto con il nome di Armonide Elideo (1772),42 in omaggio al motivo dell’armonia ricorrente nella sua produzione,43 e membro della colonia Parmense, ben rappresentata in ambedue le raccolte. Al ducato borbonico, in cui la lezione frugoniana aveva subito l’influenza del sensismo condillachiano, il custode guardò con vivo interesse (non a caso fu il luogo di stampa degli Atti della coronazione di Corilla),44 anche se a Parma il processo riformatore degli anni Sessanta si era fortemente ridimensionato dopo la destituzione del Du Tillot nel 1771.45 Al 10 maggio 1777 risale la prima notizia del progetto del tomo tredicesimo: L’Abate Godard le ha palesata l’intenzion mia di pubblicare una Raccolta di Rime nella quale saranno i nomi de’ migliori Poeti Italiani. Egli mi ha già scritto, e poi detto a voce, che V.S. Illma concorrerà con porzione delle sue poesie a render pregevole l’edizione del volume, e che ne raccoglierà pure dal Sig.re Conte Rezzonico e da codesti Sig.ri Poeti Parmegiani. Prego dunque la gentilezza sua di volermi spedire quanto più presto le riuscirà tuttocciò che pensa d’inviarmi del suo, e quanto pure le daranno i soggetti sudovisati per avere così sott’occhio tutte le Rime e regolarne la stampa.46 41 Distribuite tra il 28 novembre 1772 e il 31 marzo 1790, le quarantasette missive di Pizzi a Mazza, quasi totalmente inedite, sono nel Fondo Micheli Mariotti (Epistolario di Angelo Mazza, cass. II) della Biblioteca Palatina di Parma. Cfr. Maria Teresa Balestrino, Angelo Mazza, Milano, Società anonima editrice Dante Alighieri, 1932, pp. 34-6, 50, 69, 153 e 215; Ines Giuffrida, Angelo Mazza e i suoi corrispondenti (1767-1816), in “Aurea Parma”, LXXII (maggio-agosto 1988), pp. 147-160, a p. 153. In BAR, ms. 31, è conservato invece il copialettere del custode (cfr. Arcadia-Accademia Letteraria Italiana, Inventario dei manoscritti (1-41), a cura di Barbara Tellini Santoni, Roma, La meridiana, 1991, p. 182). Sulla redazione del volume tredicesimo si vedano Giuseppe Melli, Rose e spine d’Arcadia, in “Archivio storico per le province parmensi”, s. II, XXII/2 (1922), pp. 475-82; e Anna Vergelli, Letteratura e costume in Arcadia attraverso l’epistolario di Gioacchino Pizzi (1772-1790) [1993], in Ead., Roma in scena e dietro le quinte, Roma, Aracne, 2006, pp. 61-81, alle pp. 70-3. 42 Onomasticon, p. 33. Cfr. la lettera a Mazza del 28 novembre 1772: “Per meritare in qualche modo l’onore a cui la comune parzialità si è degnata innalzarmi, non potea io dare più plausibile cominciamento all’esercizio della mia bene augurata elezione, che donando la primazia fra i soggetti da me annoverati al Catalogo degli Arcadi a un Nome che sparge tanta luce nella letteraria Repubblica” (BPP, FMM, cass. II, c. 1r). 43 Si vedano Renato Di Benedetto, Il bello armonico ideale e i poteri della musica nella poesia di Angelo Mazza, in Musica e spettacolo a Parma nel Settecento, Atti del Convegno di Studi indetto dall’Istituto di Musicologia (Parma, 18-20 ottobre 1979), Parma, Università di Parma - Regione Emilia-Romagna, 1984, pp. 195-206; e Niva Lorenzini, Ugo Foscolo e Angelo Mazza: sull’Armonia, in Tra storia e simbolo. Studi dedicati a Ezio Raimondi dai direttori, redattori e dall’editore di “Lettere italiane”, Firenze, Olschki, 1994, pp. 181-205. 44 Cfr. Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, p. 131. 45 Sul ripiegamento seguito al governo di Du Tillot cfr. Bédarida, Parma e la Francia, vol. II, pp. 186-96. Per lo scenario culturale parmense degli ultimi decenni del Settecento si veda in particolare Spaggiari, L’armonico tremore, pp. 125-57. 46 BPP, FMM, cass. II, c. 2v. 114 Pur non avendolo mai conosciuto di persona, nonostante gli inviti a recarsi a Roma,47 l’“Arcade […] Primogenito” era noto a Pizzi per l’intermediazione di Godard.48 Docente di lettere greche nell’università parmense (1772), su consiglio dello scienziato Lazzaro Spallanzani, suo insegnante di fisica e di greco a Reggio Emilia (1753), Mazza si era trasferito a Padova nel 1762 per completare la formazione, dedicandosi agli studi della lingua e degli autori inglesi, spronato anche da Cesarotti, che stava attendendo alla versione dell’Ossian.49 Le suggestioni d’oltralpe, tra neoclassicismo e sentimentalismo malinconico, si manifestarono con le traduzioni dei poeti moderni, come Mark Akenside (I piaceri dell’immaginazione, 1764),50 James Thomson (Al Creatore, 1771) e Thomas Parnell (Alla pace dell’anima, 1776).51 Oltre ai versi di Mazza, nell’antologia figurano anche quelli del comasco Carlo Castone Della Torre di Rezzonico (Dorillo Dafneio), giunto a Parma nel 1751, allievo di Bettinelli nel Collegio dei Nobili e dal 1768 segretario perpetuo dell’accademia di Belle Arti.52 Muovendo da una base frugoniana, l’attività poetica di Rezzonico si divise fra spinte scientifiche (Al padre Francesco Jacquier e Il sistema de’ cieli, 1773) e tensioni 47 “Mi fa sperare l’Abate Godard ch’Ella possa venire fra qualche tempo a veder la gran Roma, e a decorare l’Arcadia. Può immaginarsi con quale impazienza io auguri sì fatto onore ai nostri Boschi, dove al risonare della Sua cetra udrà gli applausi che merita il Suo talento, ed io superbo di averla conosciuta di Persona potrò confessarle anche in voce i sentimenti di […] vera stima ed amicizia […]” (A Mazza, 10 maggio 1777, ivi, c. 2r1). 48 A Mazza, 14 febbraio 1784 (ivi, c. 41r1). Si vedano anche le missive del 10 maggio 1777 (“Ella [Mazza] poi alla scienza accoppia un’aurea disposizione di cuore per tutti i cultori delle lettere, ed io, oltre tanti argomenti che me ne ha dati la sua bontà, mi son confermato in questo sentimento nell’udire dal Sig.re Abate Godard suo vero e leale estimatore, quanto Ella sia propensa a favorire la nostra Arcadia, e il Custode, e quanta parte si degni prendere per la gloria dell’Adunanza, e per le mie particolari vicende. Io le ne rendo le più distinte grazie, assicurandola che la mia riconoscenza sarà perpetua”, ivi, c. 2r) e del 7 maggio 1778 (“[…] mi ha inspirato [Godard] un desiderio sì forte di conoscervi, che io, il quale non ho mai abbandonate le rive del Tevere, verrei volentieri su quelle della Parma […]. Ben mi dice Godard, che il vostro carattere è adorabile”, ivi, c. 5r1). In quest’ultima lettera il custode dedica all’interlocutore la stanza “Per Te, gran cigno, a la contrada italica” (ivi, c. 5v; anche in Balestrino, Angelo Mazza, p. 36). 49 Per ragguagli biografici su Mazza rimando alla monografia della Balestrino (in particolare alle pp. 985) e al recente profilo di Marco Catucci in DBI, vol. LXXII, 2009, pp. 476-80. 50 Angelo Mazza, Opere […], Parma, Paganino, 1816-20, 5 voll., nel vol. IV, pp. 3-123. Scrive la Nacinovich: “simbolica, in tal senso, la coincidenza del 1764, l’anno in cui videro la luce sia il Canto a Maria Teresa, sia la traduzione de I piaceri dell’immaginazione di Akenside di Angelo Mazza […]. Sia Corilla che Mazza sono, infatti, protagonisti nell’Arcadia di Pizzi” (“Il sogno incantatore della filosofia”, p. 59). 51 Mazza Opere, vol. III, pp. 28-34 e 51-5. Nonostante l’adesione al magistero cesarottiano e l’interesse per la poesia inglese, secondo Calcaterra l’autore parmense non fondò “un nuovo mondo poetico”, perché non riuscì mai a “sottrarsi interamente all’efficacia estetica del Frugonianismo” (Il Barocco in Arcadia, pp. 115-27, alle pp. 125-6). Per Binni, Mazza “portava fermenti nuovi (anche se confusi e irrealizzati artisticamente) ed esigenze legate ad una crisi entro lo sviluppo neoclassico, e quindi mal riducibili a un puro e semplice svolgimento della poetica frugoniana” (Classicismo e neoclassicismo, pp. 178-90, a p. 179, n. 1). 52 RdA, vol. XIII, pp. 58-92 (Mazza) e 166-80 (Rezzonico). Per un profilo biografico del poeta comasco cfr. Guido Fagioli Vercellone in DBI, vol. XXXVII, 1989, pp. 674-8; Lasagni, vol. II, pp. 419-24. 115 sensistiche, riflesse nel poemetto L’origine delle idee, composto intorno al 1788, ma pubblicato postumo, e nel Ragionamento su la volgar poesia, premesso all’edizione bodoniana, da lui curata, delle Opere di Frugoni (1779). Ripercorrendo il corso della lirica italiana dal Seicento all’affermazione degli sciolti, l’autore afferma l’esigenza di “ricondur l’arte a’ suoi principi e collegarla colla filosofia”, ornandola della “grazia […] del colorito” appresa dai classici.53 L’intenzione di dare subito alle stampe il volume (uscito soltanto nel 1780) fu smentita dalle numerose difficoltà riscontrate in itinere, e in particolare dai ritardi nella consegna dei componimenti delle colonie, continuamente sollecitati nel caso del sodalizio ducale. 54 Ad Armonide, il 16 luglio 1777, il custode scrisse di attendere “con avidità le robuste produzioni che mi promettete, le quali avran luogo nella nota collezione”, esortandolo inoltre a non temere “il confronto e la compagnia di altri Poeti”, perché “proprietà di lingua, entusiasmo, sapere, eleganza ornano i vostri versi”.55 Invito rinnovato il 6 settembre, probabilmente in parallelo alla richiesta di testi metastasiani (assenti dalla silloge),56 giustificando la fretta con il desiderio di esibire quanto prima un modello di buona poesia: Dal foglio che v’accludo potete ben vedere ch’io cerco i buoni Poeti, ed escludo gl’Infetti. Ma questi sono il maggior numero, ned è possibile che alcuna volta non ti ronzino intorno barbaramente. A Voi Vero Cigno, e vero Cantore figlio d’Apolline mi raccomando. Radunate quante migliori rime potrete di codesti Sigri Arcadi Parmensi, e inviatemele per gloria del nostro Parrasio, e per onta de’ piccoli spiriti, incapaci e di gustare e di conoscere il bello. Sono 53 Ragionamento su la volgar poesia dalla fine del passato secolo fino a’ nostri giorni, in Opere poetiche. Poemetti. Poesie liriche. Alessandro e Timoteo, allegato Ragionamento su la volgar poesia, a cura di Elvio Guagnini, Ravenna, Longo, 1977, pp. 331-410, alle pp. 374-5. Il trattato figura nel primo tomo delle Opere poetiche di Frugoni (pp. I-CLXXIV) e nelle Opere del cavaliere Carlo Castone Conte Della Torre di Rezzonico patrizio comasco, raccolte e pubblicate dal professore Francesco Mocchetti, Como, Ostinelli, 1815-30, 10 voll., nel vol. VIII, 1820, pp. 137-297. 54 Scrive Dionisotti: “[…] basta aprire il tomo XIII […] per accorgersi che il nuovo custode si è armato di quella stessa tromba di guerra [quella dei «tre eccellenti moderni autori»: Algarotti-Bettinelli-Frugoni] e ha raccolto intorno a sé una volta ancora tutti i più lontani e impertinenti paladini” (Ricordo di Cimante Micenio, p. 59). 55 BPP, FMM, cass. II, c. 3r. 56 La notizia è desunta dalla lettera del poeta cesareo a Pizzi, del 29 settembre 1777: “ben pochi lavori del genere che voi desiderate sono usciti dalla mia penna, […] sicché per secondar le vostre premure converrebbe armar di nuovo la lira, impegno troppo fuor di stagione per l’età mia […]. È ben picciolo inconveniente la mancanza d’alcun mio componimento nell’arcadica raccolta, ma quando pur si credesse necessario di dar qualche saggio in essa dello stile d’un arcade del secolo, non credo che sarebbe inconveniente maggiore di darlo con alcuni di quei pochi miei lirici componimenti che già si trovano impressi: come sarebbe Li voti pubblici, La pubblica felicità, L’ode di Schönbrunn, di qualche men debole sonetto, o altro che fosse giudicato più tollerabile dal dotto raccoglitore” (Metastasio, Tutte le opere, vol. V, pp. 470-1, a p. 471). 116 impaziente ch’esca il Volume, e mostri all’Italia che Arcadia è madre di felici ingegni. 57 Assicuratosi della presenza di Rezzonico, 58 Pizzi chiese all’interlocutore di prendere contatto con Bettinelli, di cui figurano dieci sonetti, due odi e una canzone. 59 In calce alla lettera l’abate romano domandò inoltre altri versi dell’ottuagenario Jacopo Antonio Sanvitale (esclusi quelli destinati al tomo tredicesimo) per le adunanze del primo giovedì del mese.60 Dopo una parentesi di quasi due anni,61 alla notizia dell’infermità del vicecustode (che morì il 6 marzo 1780), e quindi alla sollecitazione del volume, il 24 dicembre 1779 Pizzi replicò che “mille combinazioni fatali” avevano continuamente rimandato la stampa. Alle proroghe concesse ai rimatori (come al reggiano Agostino Paradisi, invitato da Pizzi, nell’aprile 1776, a partecipare alla miscellanea)62 e ai numerosi impegni del custode, nelle vesti di segretario del cardinale Marco Antonio Colonna, si erano aggiunti gli ostacoli frapposti dal nuovo maestro del Sacro Palazzo Apostolico, il padre Pio Tommaso Schiara dell’ordine dei predicatori: 57 A Mazza, 6 settembre 1777 (BPP, FMM, cass. II, c. 4r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, pp. 476-7). 58 Dalla villeggiatura di S. Lazzaro, il 18 settembre 1777 Mazza scrisse al custode di avere “rinovate stamane al C.e Rezzonico le vostre premure, e le rinovero pure a Sanvitale, Manara, e a pochi altri che veramente pochi sono anche fra noi i buoni scrittori: dopo l’Ognisanti manderò il piego” (BPP, FMM, cass. III, c. [2v]; per la notizia delle minute delle quattro lettere di Mazza a Pizzi [4 luglio 1777-26 agosto 1788], conservate in BPP, FMM, cass. III, cfr. Giuffrida, Angelo Mazza e i suoi corrispondenti, p. 154). Infatti, due giorni dopo, Pizzi riferì al comasco di non avere ricevuto i componimenti: “Attenderò con impazienza pel mezzo del dottissimo sig. Angelo Mazza le rime delle quali vorrete onorarmi. Esse non temeranno certamente i confronti. Circa il tempo, più presto mi favorirete, e più care mi saranno le vostre grazie. Vi desidero un po’ di fretta, perché dove io non abbia tutte sott’occhio le produzioni che devono stamparsi non posso regolare il libro né circa la mole, né circa la disposizione alfabetica del nome degli Arcadi” (in Rezzonico, Opere, vol. X, pp. 298-99, a p. 298). 59 RdA, vol. XIII, pp. 149-66. Dalla lettera del 25 giugno 1788 si ricava che Bettinelli donò al custode un esemplare dell’edizione Zatta delle sue Opere in otto volumi (1780-82); BPP, FMM, cass. II, c. 48r1. 60 Il 24 dicembre 1779 il custode riferì a Mazza di avere selezionato otto sonetti e due canzoni del Sanvitale, apprezzando “specialm.te quella in lode della vecchiezza, ch’è molto graziosa” (BPP, FMM, cass. II, c. 6v1); cfr. RdA, vol. XIII, pp. 181-94 (la canzone Sulla vecchiezza è alle pp. 184-7). 61 Nell’ultima lettera, del 7 marzo 1778, Pizzi ribadiva di aspettare con “ansietà” i versi raccolti da Armonide (BPP, FMM, cass. II, c. 5v1), che gli furono recapitati quasi tre mesi dopo: “Dal Corriere di Spagna riceverete il piego de’ Componimenti Parmensi. Ciascun de’ Poeti m’ha incaricato di notificarvi che non si pretende stampato tutto quel che si manda; ma che al degno Custode è lasciata la scelta” (minuta di Mazza, 26 giugno 1778, ivi, cass. III, c. [3r]). 62 Scrisse Pizzi il 24 dicembre 1779: “Io volea in primo luogo che non mancassero in opra alcuni nomi de’ Poeti illustri viventi. Molti mi han tenuto per gran tempo in promesse e in speranze. Oh quante lettere ho dovuto scrivere prima di ricevere i loro componimenti!” (ivi, cass. II, c. 6r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 477). Su Paradisi, segretario dell’accademia degli Ipocondriaci (1757) e docente di economia civile nell’ateneo modenese (1772), cfr. Anna Teresa Romano Cervone, La scuola classica estense, Roma, Bonacci, 1975, pp. 72-99; e RdA, vol. XIII, pp. 221-45. Per la missiva di Pizzi a Paradisi (aprile 1776) cfr. Agostino Bartolini, Dall’Archivio d’Arcadia. Agostino Paradisi, in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, s. VI, I (1906), pp. 311-2. 117 Innoridisce nel sentir nominare Cupido, e subito vi dà di penna. I poveri stampatori romani sono desolati. Il linguaggio poetico per Lui è linguaggio diabolico, e peggio di - Pape Satan, pape Satan, aleppe - Io ho combattuto finora per renderlo più docile […]. Codesto è stato un combattimento di più mesi, da farne un Romanzo eguale a quello Das Incas di Marmottal per chi avesse voglia di descrivere tutte le circostanze e il massacro che pretendea di fare de i capi d’opera che formano la mia collezione; nella quale certamente deve essere illesa e sacrosanta ogni parola, non che ogni verso ed ogni espressione de’ celebri Autori. […] Figuratevi dunque in quali angustie e in quali smanie io mi sono trovato, prevedendo appunto che la tardanza della stampa potea produrre delle funeste conseguenze.63 Il custode si ripromise dunque di non riservare le energie, non escluse le risorse finanziarie, pur nutrendo molte perplessità sui ritmi di lavoro della tipografia (“non abbiamo in Roma stampatori da ripromettersi la stampa di 500 copie di un Tomo di quasi 30 fogli in ottavo in pochi giorni”) e sui tempi della correzione delle bozze, inizialmente affidata a Godard e al bergamasco Pier Antonio Serassi; tempi che, notava il Pizzi, erano destinati a slittare ulteriormente se il Serassi “non si toglie di mezzo”.64 Alla lettera del 24 dicembre il custode allegò l’elenco degli autori selezionati (andato perduto), invitando il destinatario a segnalare le presenze sgradite. Nel frattempo l’annuncio della crestomazia e della dedica al conte parmense fu accolto da Pio VI con “un contrasegno di gradimento eguale a quello della Visione dell’Eden”.65 La situazione volse al meglio agli esordi del 1780. Anche se la stampa correva “di trotto, giacché non può andar di galoppo per l’asinità e miseria de’ nostri stampatori”, il custode previde di terminare l’opera agli inizi di febbraio, lamentando l’assenza di aiuti: Il peggio si è che sono solo. Io non vi parlo delle difficoltà che ho dovuto, e deggio tuttavia sormontare, giacché sento che ve ne abbia pienamente informato l’amabilissimo Cav. Pindemonte […]. Però nel tempo del di Lui soggiorno Romano gli ostacoli eran minori d’assai. La mutazione del magistero le ha fatte aumentar di molto. Ad ogni modo mi è venuto fatto di ottener quasi l’impossibile. Al principio dell’entrante mese sperarei di aver felicemente 63 Lettera del 24 dicembre 1779 (BPP, FMM, cass. II, c. 6r-v; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 479). 64 Lettera del 24 dicembre 1779 (c. 6v). Sul letterato e storico bergamasco, trasferitosi a Roma nel 1754, minutante presso la segreteria di Propaganda Fide e autore de La vita di Torquato Tasso (Roma, Pagliarini, 1785), si veda Daniele Rota, L’erudito Pier Antonio Serassi biografo di Torquato Tasso. Ricerca sulla vita e sulle opere attraverso il carteggio inedito, Viareggio, Baroni, 1996, pp. 16-28, 59-72, 147-53, 178-86, 226-50. 65 Lettera del 24 dicembre 1779 (c. 6v1). L’allusione è ai quattro canti del poema La visione dell’Eden di Pizzi (Roma, s.e., 1778). 118 terminato una collezione di Rime, che dovrà fissare [?] i canoni del buon gusto, e della vera Poesia.66 Persuadendolo a indicare gli emendamenti necessari, Pizzi sottopose al vaglio di Armonide l’avviso ai lettori e la dedica,67 densa di elogi alla produzione tragica e lirica del conte (con particolare menzione del Poema parabolico, “pieno di morale Filosofia”),68 e così commentata dal custode: Se vi cade in acconcio di leggere al Conte la Dedica, ditegli sinceramente, che ho detto poco relativamente alla folla de’ sentimenti che mi venivano inspirati dal più intimo del cuore, e dal mio ossequio, e dalla mia gratitudine: ditegli che ho frenato a stento la penna per adattarmi ai confini ed alla precisione delle Dedicatorie: ditegli mille altre belle cose, che voi saprete dire e pensare meglio di me.69 Dalla seconda metà di gennaio 1780 frequenti furono i contatti con la colonia. Il 29 il custode avvisò che non avrebbe inviato le copie a Parma prima del 15 febbraio, a causa delle inefficienze della tipografia.70 Ma i ritardi erano inoltre giustificati dalla pausa del Carnevale, dai tempi della rilegatura e dai continui impedimenti del frate Schiara: Amico Soavissimo, io non mi sarei mai creduto che la stampa di un tomo delle Rime degli Arcadi costasse tante brighe, tanti riguardi, tante cautele e tante stranissime seccature. Vi confido, che mi è convenuto far ristampare un foglio a 66 A Mazza, 15 gennaio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 7r). Sul soggiorno romano di Pindemonte (Polidete Melpomenio), cooptato in Arcadia nel 1779, si veda la lettera a Mazza del 10 marzo dello stesso anno: “Quante volte e con quale stima parlo di Lei all’abate Pizzi, e parlerei al Godard, se non fosse lontano da Roma! Io certo ed in Napoli, e qui in Roma non ho mai tralasciato di celebrare il suo nome, e di chiamarla l’Omero de’ miei studi, e insieme dell’Apollo Italiano” (cfr. Cristina Cappelletti, Ozio e virtù in fatto di belle lettere. Corrispondenza di Ippolito Pindemonte con Angelo Mazza e Smeraldo Benelli 1778-1828, Verona, Fiorini, 2009, pp. 76-7). 67 RdA, vol. XIII, pp. V-XIII. 68 Jacopo Antonio Sanvitale, Poema parabolico diviso in morale, politico e fisico […], Venezia, Bassaglia, 1746. 69 Lettera a Mazza, 15 gennaio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 7v). Il 2 febbraio 1780 Pizzi espresse soddisfazione per le lodi ricevute dal corrispondente parmense e dal Sanvitale: “Oh quanto mi lusinga la vostra approvazione sulla Dedica! Il dover’io spiegar la bandiera avanti ad una squadra così valorosa, confesso che mi ha dato del pensiere. Se piace a Voi, non può non piacere a qualunque altro Leggitor di buon gusto. Godo che siasene anche compiacciuto il giustamente e sobriamente lodato Mecenate” (ivi, c. 10r). 70 “Ne sono già tirati diciotto fogli. Ne mancano altri otto o nove in circa secondo lo scandaglio che si è fatto corrispondente alla mole del libro. Se ne tira un foglio al giorno, ch’è lo sforzo massimo che possa farsi tanto per la correzione, quanto da uno de’ nostri migliori stampatori romani” (a Mazza, 29 gennaio 1780, ivi, c. 9r-v). E il 2 febbraio 1780: “Voi altri Magni Poeti Parmensi siete avvezzi alle Stampe Bodoniane. Ma in Roma, ove presentemente non si stampa altro che novene, vite de’ Santi, breviarj, risposte al Febronio egli è un portento se si trova uno stampatore soffribile. Il peggio si è, che sono di mala fede, miseri, poltroni e dissipati” (ivi, c. 10r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 478). 119 cagione di un sonetto del Bettinelli, che urtava qualche Sovrano, e che mi era fuggito non so come dagli occhi. Il Frate Despota delle stampe romane, non contento de’ Revisori Deputati, ha voluto vedere ed esaminare [?] egli stesso ogni foglio di mano in mano che si è tirato.71 Su richiesta di Mazza il 5 febbraio 1780 l’abate romano inoltrò alcune prove di stampa (completandone l’invio verso la metà del mese), con l’elenco completo degli autori da sottoporre al vicecustode. Pizzi nutriva soddisfazione per il carattere corsivo adottato (conforme a quello dei dodici volumi precedenti) e per la qualità della carta, spessa e “alla moda” (“Ora non vuolsi di color niveo, ma cenericcio, o perlino”).72 Quanto ai poeti, egli auspicava che Rezzonico e Prospero Manara (Tamarisco Alagonio) fossero lieti del risultato,73 aggiungendo inoltre che le venti pagine del panegirico in sciolti di Cesarotti, Il Genio dell’Adria, dedicato al doge Marco Foscarini, avevano sbilanciato l’assetto della raccolta.74 È del 17 febbraio l’annuncio che la stampa era “giunta felicemente in porto”, fra non pochi interventi di riordino in extremis, senza la collaborazione di Godard: “ne’ correnti giorni mi portavano i fogli da coreggere talmente spropositati, confusi e posposti, che ho creduto impazzire, ed ho vegliato qualche notte per rimetterli in squadra”.75 In attesa di rilegare i tredici esemplari per la colonia Parmense,76 il 19 febbraio Pizzi rispose alle prime osservazioni di Armonide (che aveva visionato le bozze), notando fra l’altro che gli era impossibile assecondare la richiesta di introdurre una variante (“rivolgea” in luogo di “ravvolgea”, probabilmente nel v. 175 delle stanze al Cesarotti), non essendo prevista nella miscellanea la presenza di un errata corrige (“L’erroruzzo però è quasi impercettibile”, scrive Pizzi, “e vi 71 A Mazza, 29 gennaio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 9v; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 478). A Mazza, 5 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 11v). Alle scelte tipografiche Pizzi aveva accennato il 15 gennaio 1780: “Si è dovuto far gettare e fondere a bella posta un carattere nuovo corsivo per uniformarsi al capriccio de’ nostri vecchi, a cui è piacciuto di stampare gli altri XII tomi compagni in tal carattere” (ivi, c. 7r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 478). 73 Primo ministro di Ferdinando di Borbone (1781-87), Prospero Valeriano Manara aveva declinato l’incarico di segretario perpetuo dell’accademia di Belle Arti, cedendolo a Rezzonico (1768); si vedano Lasagni, vol. III, pp. 324-5, e Marica Roda in DBI, vol. LXVIII, 2007, pp. 418-20. Traduttore in terza rima delle Bucoliche e delle Georgiche di Virgilio, Tamarisco figura nel vol. XIII, pp. 393-406. 74 RdA, vol. XIII, pp. 297-316. 75 A Mazza, 17 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 12r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 478). 76 Pronte alla fine di febbraio (“Non si è potuto far più presto per esser la stampa troppo fresca, anzi si è dovuto impiegare delle risme di carta bianca tra una pagina e l’altra per non contrastampare i fogli, nel qual difetto sono incorsi molti tomi della recente stampa Frugoniana. Ho stimato bene di lasciare in libertà il Legatore, e non dar lui la misura degli altri tomi. Se in appresso ne vorrete, si potranno mandare legati alla rustica per uniformarsi a quella misura che taluno ne avesse in libreria”; a Mazza, 26 febbraio 1780, in BPP, FMM, cass. II, cc. [14v1]-[15r]), le copie furono spedite a Parma il 4 marzo, accompagnate da un foglio recante un sonetto di Pizzi (Voto poetico). 72 120 vogliono gli occhi lincei di un caposcuola di lingua per ravvisarlo”).77 Ma sul testo del componimento dedicato al poeta padovano furono compiuti pesanti interventi, che il custode attribuì ai censori: Per averle nella edizione arcadica è convenuto a’ Revisori togliere alcuna cosa, mettere alcun’altra, ma in guisa che niente si venisse a guastare all’unità e bellezza di sì ammirabile produzione. Senza tal mutazione non era possibile di stamparle, così vuole il sistema del nostro Paese, ove gl’ingegni da nostri impedimenti sono intorniati per poter volare liberamente. Le due stanze che mancano sono state tolte da chi ha l’autorità in mano, come pure le mutazioni ordinate ove le avrete a quest’ora vedute. Che fare, Amico? piuttosto che perdere la più dotta composizione |…|, ho creduto meglio di fare un sagrifizio, fidato nella vostra amicizia, che non si vorrà, mi cred’io dolere di quel ch’era inevitabile. […] Pindemonte vi ha prevenuto e informato della inesorabile severità de’ Superiori. Ho fatto una specie di prodigio a pubblicare un sì fatto libro, credetelo alla mia amicizia. In ogni altro capo sarebbe stata una temerità il por mano nelle cose del più dotto Poeta Italiano qual siete voi. Assicuratevi, che chi ha fatto le picciole mutazioni, ha tremato presso il Santuario del vostro celeste poetare.78 Ben dieci sono le ottave omesse nella versione accolta nelle Rime degli Arcadi rispetto al testo pubblicato nel volume quinto dell’edizione Paganino delle Opere di Mazza (1816-20);79 esclusioni per lo più dettate da esigenze di ordine morale (come nel caso della stanza allusiva all’incontro fra il poeta e Fille, nome convenzionale della donna amata),80 mescolate a motivazioni di natura ideologica, nella galleria degli autori (italiani e stranieri) cari al poeta parmense. Gli strali della censura, caduti sulle ottave in cui Mazza rievoca i filosofi presocratici, non risparmiarono la strofa recante il giudizio severo sulla drammaturgia metastasiana (“Miseri eroi, che sì d’amor folleggiano, / giostran per donna e nel morir gorgheggiano”, vv. 335-6), sostituita nelle Rime degli 77 A Mazza, 19 febbraio 1780 (ivi, c. 13r). Sul componimento (in RdA, vol. XIII, pp. 82-92, a p. 87, v. 175) cfr. Giuseppe Marchetti, “L’uom da ragione” nelle stanze a Cesarotti del Mazza, in “Aurea Parma”, LXIII (settembre 1979), pp. 143-52. 78 A Mazza, 19 febbraio 1780 (c. 13r-v). 79 Opere, vol. V, pp. 39-55 (le stanze escluse sono: IX, XIII-XVI, XVIII, XXXV, XXXVII, XL, XLII). Sull’edizione Paganino (pressoché completa) delle opere di Mazza, che collaborò all’allestimento dei primi tre volumi, si veda Elvio Guagnini, Un altro Mazza. Un’operazione editoriale e la riorganizzazione dell’immagine di uno scrittore, in Le varie fila. Studi di letteratura italiana in onore di Emilio Bigi, a cura di Fabio Danelon, Hermann Grosser, Cristina Zampese, Milano, Principato, 1997, pp. 165-73. 80 “E, o vibri dagli occhietti accesi ed umidi / un tremolo ver’ me dolce sorridere, / o lasci trasparir dal velo i tumidi / pomi che d’Ebe il primo fior fan ridere, / o prema i miei co’ suoi be’ labbri e inumidi, / mi sento tutto me da me dividere; / né s’acqueta il desio che il cor m’inanima, / se non le spiro in seno tutta l’anima” (Opere, vol. V, p. 42, vv. 65-72). 121 Arcadi dall’ottava trentaseiesima della stampa Paganino, dedicata a Milton, che invece “seppe i primi amor casti ritraere” (v. 285).81 Le disposizioni del frate Pio Tommaso Schiara, revisore pontificio, gravarono inoltre sull’esclusione, all’ultimo, di una canzone sul tema dell’armonia (probabilmente la Musica ministra della religione), già “sotto al torchio”, nonché sugli altri autori, dal reggiano Francesco Cassoli (i cui versi furono del tutto esclusi dalla raccolta) a Parini.82 Rinunciando a documentare la nuova fase poetica, di cui peraltro il custode aveva elogiato le prime due parti del Giorno,83 e forse nella convinzione di assecondare l’originario gusto pastoral-rusticale dell’accademia, il poeta lombardo aveva inviato soltanto versi giovanili, fra cui dieci sonetti di Ripano Eupilino e l’ode La vita rustica; quest’ultima fu pubblicata nelle Rime degli Arcadi con il titolo Su la libertà campestre e tre strofe in meno rispetto al testo dell’edizione Gambarelli (1791), allusive alle devastazioni compiute a Dresda dall’esercito prussiano nel 1758.84 Invece, la scissione in due componimenti distinti dell’ode-canzonetta di Mazza “O graziosa e placida” è imputabile a un errore di Godard e di Pizzi,85 che a sua volta giustificò i difetti del tomo 81 Ivi, pp. 43-44, 51 e 53. Lettera del 19 febbraio 1780 (c. 13v-r 1). Per la Musica ministra della religione cfr. Mazza, Opere, vol. V, pp. 86-92. 83 Dalla missiva di Pizzi a Parini, del 1777, in cui sono l’annuncio della cooptazione e l’invito a fornire i testi per il tomo tredicesimo, si evince che il poeta teneva ancora ferma l’intenzione di pubblicare singolarmente le sezioni del Giorno (cfr. Giorgio Stara-Tedde, Dall’Archivio d’Arcadia. Il Parini e l’Arcadia, in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, s. VI, I [1906], pp. 176-7). Ma il progetto fu revocato a ridosso degli anni Ottanta, quando Parini optò per una soluzione unitaria (cfr. Giuseppe Parini, Il Giorno, edizione critica a cura di Dante Isella, commento di Marco Tizi, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 1996, 2 voll., nel vol. I, Introduzione, pp. XXIII-CXX, alle pp. CIX-CX). Parini (Darisbo Elidonio) replicò con una lettera di ringraziamento al custode il 17 maggio 1777 (Giuseppe Parini, Prose II. Lettere e scritti vari, edizione critica a cura di Gennaro Barbarisi e Paolo Bartesaghi, Milano, LED, 2005, pp. 631-2). 84 Il corpus arcadico di Parini, completato da quattro sonetti inediti (“Virtù donasti al sol, che i sei pianeti”, “Questa, che or vedi, Elpin, crinita stella”, “Quand’io sto innanzi a que’ due lumi bei”, “Che pietoso spettacolo a vedersi”), è ora proposto in Alcune poesie di Ripano Eupilino, seguite dalle scelte d’autore per le “Rime degli Arcadi” e le “Rime varie”. Con il saggio di Giosue Carducci “Il Parini principiante”, edizione critica a cura di Dante Isella, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 2006, pp. 129-49 (anche in RdA, vol. XIII, pp. 139-49). L’ode è priva delle stanze VII, IX e XI (cfr. la rist. anast. dell’ed. Gambarelli in Parini, Odi. Edizioni 1791 e 1802, a cura di Stefano Carrai, Trento, Università degli Studi, 1999, pp. 1-188; per il testo dell’ode, pp. 26-33). 85 “È da gran tempo che io andava raccogliendo le cose vostre, e ne avea formato un Tomo ben legato per mio studio. In esso vi era inserita una tal canzone. Io nella fretta per darla allo stampatore, la staccai nella guisa che voi la troverete qui acclusa; e siccome il suo primo originale era in foglio volante, così il librajo per adattarla al resto del libro la tagliò, e nella terza pagina vi lasciò il titolo di Canzone. Quando incominciai la stampa subito dopo Natale era io immerso fino alla gola in occupazioni di tutti i generi segretariali, poetici, custodiali. Dovetti perciò fidarmi di qualcuno che assistesse al buon ordine della stampa ed alla correzione. Tanto il compositore, che il correttore, s’ingannò con quel titolo di Canzone, e credette che fossero due, tantoppiù che il senso non si opponea alla divisione. In tale involontario errore è caduto il vostro grande estimatore Godard; ma vi supplico a non mostrarvene inteso. Vi confido l’Autore affinché non sospettiate che lo sbaglio possa esser |…| con sinistra intenzione, o per colpevole 82 122 appellandosi all’intransigenza del revisore e alla fretta con cui la stampa era stata ultimata. In ben due occasioni (lettere dell’11 e del 29 marzo 1780) il custode ammise che i sonetti di Pellegrino Salandri (Alceste Priamideo), segretario perpetuo dell’Accademia mantovana e primo autore che compare nel volume (secondo l’ordine alfabetico dei nomi pastorali), erano troppo numerosi (quarantotto) e male distribuiti,86 mentre la produzione del Frugoni, a suo dire, era stata ingiustamente trascurata nelle precedenti sillogi arcadiche: Delle cose Frugoniane siamo inondati qui in Roma. Ho scelto le meno note, se ben mediocri, bastandomi, dirò così, il nome di quel Poeta tanto attaccato all’Arcadia, e sì poco da Custodi miei antecessori considerato.87 Influenzato dalle riflessioni di Mazza, il curatore non celò le perplessità in merito ai versi di Godard, pur avendone patrocinato la presenza.88 Infatti, Pizzi si soffermò su un poemetto, presumibilmente identificabile in quello per la morte di Frugoni, ospitato appunto nelle Rime degli Arcadi:89 Temeva anch’io dell’incontro de’ sciolti di Godard, massimamente in Parma, ove i Nasi sono più avvezzi, e di più isquisito odorato. Ei cade spesso nel difetto della troppo evidente imitazione, […] per qualche volta l’ho scosso, e tirato fuori dal laberinto in cui si raggirava delle frasi frugoniane. Alle volte ha copiato anche di troppo Voi. Io l’ho amichevolmente illuminato e convinto con gli originali alla mano. Io stupisco in pensare come mai un talento a cui non mancano cognizioni, buon gusto, pienezza di stile, foco d’estro cada poi sovente in simili puerili difetti.90 trascuraggine. Io fidandomi ciecamente dell’amico, non mi era neppure avveduto del troncamento, avendo tutte in memoria le vostre poesie”; a Mazza, 11 marzo 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 17r-v). L’interruzione è dopo il v. 57 (“Deh che non torni a nascere”); cfr. RdA, vol. XIII, pp. 61-5 (anche in Mazza, Opere, vol. III, pp. 69-74, dove figura con il titolo L’aura armonica). 86 BPP, FMM, cass. II, cc. 17v e 20v (cfr. anche Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, p. 188); si veda inoltre RdA, vol. XIII, pp. 1-25. A Salandri, autore della raccolta di Lodi a Maria (Milano, Agnelli, 1759), recante nel frontespizio l’impresa dei Trasformati, Parini scrisse il 2 gennaio 1770 ringraziando per l’ammissione nell’Accademia mantovana (cfr. Prose II. Lettere e scritti vari, p. 610; per notizie su Salandri, ivi, p. 662). 87 A Mazza, 29 marzo 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 20v; anche in Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, p. 189). Di Comante figurano dodici sonetti, quattro odi-canzonette e un’epistola in sciolti al conte Aurelio Bernieri (RdA, vol. XIII, pp. 119-36). 88 “Cimante non volea per conto niuno entrare nella raccolta. Io a forza ho fatto che vi entrasse, ned ha potuto ritirarsi, giacché parte delle sue Rime era in mie mani. Credo di aver fatto bene. Del resto egli è cultor pacifico delle Muse, nemico di brighe letterarie, attaccato all’Arcadia e al Custode, poco e niente prezzatore delle proprie cose, ammiratore solenne de’ buoni Poeti, e vostro singolarmente”; a Mazza, 26 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. [14r1-v1]). 89 RdA, vol. XIII, pp. 113-8. 90 A Mazza, 15 aprile 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 21v). I “tratti caratteristici della poetica del Mazza […] ritornavano tutti senza eccezione nel Godard” (Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, pp. 74-5, a 123 Apprezzati furono invece i cinque capitoli di Pizzi, “portati fino alle stelle” da Armonide e dal padre Ireneo Affò, vicebibliotecario della Palatina di Parma (1778), a cui il custode propose l’ammissione (“o quanto più andrei superbo dell’onore di poter registrare il Suo Nome fra miei Arcadi. La nostra adunanza non riceve solamente i Poeti, ma i Teologi, i Filosofi, gli Storici”).91 A riscattare le fatiche della stampa fu l’accoglienza benevola del pubblico romano: L’incontro per altro che ha fatto in Roma [il tomo] non potea esser più felice. Ne parlan tutti come un capo d’opera. Lo stampatore ne ha tirati col mio permesso molte copie a suo conto, e ne trionfa e mi ringrazia tutto giorno per le richieste che glie ne vengono fatte. Ora si lega quello per il Papa, avendomi fatto sapere che lo desiderava.92 Nonostante la personale ritrosia nei confronti dei fogli letterari, il custode acconsentì alla diffusione dell’annuncio del volume per “appagare chi si contenta dell’apparenza”.93 Edito nelle “Efemeridi letterarie” il 13 maggio 1780,94 l’articolo elogia il “finissimo discernimento” del curatore nella selezione parca “d’ogni maniera di Poesia Lirica”, segnalando in particolare i sonetti di Salandri (numerosi, invece, a detta di Pizzi), “nuovi nella lor invenzione, alti ne’ loro concetti, robusti nel loro stile”, e quelli di Parini, “assai dolci, e leggiadri”, nonché i capitoli elegiaci di Pizzi, dove il “flebile argomento” è trattato con “patetico stile […], che tanto piace a chi duolsi”.95 Rilevanza è attribuita alle due egloghe di Alfonso Varano, incluse a insaputa proposito delle stanze di Godard de La novità poetica, modellate sugli sdruccioli al Cesarotti che Mazza aveva composto nel 1774). 91 Lettera del 15 aprile 1780 (c. 21r1). Per i capitoli di Pizzi cfr. RdA, vol. XIII, pp. 332-53. Sull’Affò (al secolo Davide), che nel 1785 successe al Paciaudi in qualità di bibliotecario della Palatina, cfr. Giulio Natali-Augusta Ghidiglia Quintavalle in DBI, vol. I, 1960, pp. 355-7; e Lasagni, vol. I, pp. 31-4. Sugli anni che precedono il periodo parmense cfr. Spaggiari, L’armonico tremore, pp. 70-86. 92 A Mazza, 3 maggio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 22r). 93 Ivi, c. 22r1. 94 Sul periodico fondato nel 1772 dal medico bolognese Giovanni Ludovico Bianconi (a cui collaborò anche Amaduzzi) e sui rapporti con l’accademia di Pizzi, asceso al custodiato lo stesso anno, si vedano Lucio Felici, Il giornalismo fra Arcadia e Neoclassicismo, in “Studi romani”, XIX (luglio-settembre 1971), pp. 264-73; e Marina Caffiero, Le «Efemeridi letterarie» di Roma (1772-1798). Reti intellettuali, evoluzione professionale e apprendistato politico, in Dall’erudizione alla politica. Giornali, giornalisti ed editori a Roma tra XVII e XX secolo, a cura di Marina Caffiero e Giuseppe Monsagrati, Milano, Angeli, 1997, pp. 63-101. Si rimanda inoltre alla citata lettera del 3 maggio 1780 per le critiche del custode ai “nojosi ragguagli” delle “Efemeridi” (BPP, FMM, cass. II, c. 22r-v). 95 “Efemeridi letterarie di Roma”, 13 maggio 1780, n. XX, pp. 153-5, alle pp. 153-4. L’articolo, “universalmente applaudito”, fu elogiato anche dal custode: “Se questi Estensori avessero sempre una penna così esatta, sobria, e veridica, ritrarebbero maggior lode e profitto dalla loro mercanzia letteraria”; a Mazza, 17 maggio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 24r). 124 dell’autore,96 e a quella di Prospero Manara (“Se v’ha cui Febo ornarsi il crin non vieti”),97 mentre le stanze sdrucciole di Mazza (altresì lodato per la “bella” versione dell’inno Al Creatore di James Thomson)98 screditano l’opinione secondo cui “a’ grandi ingegni sia la rima di ostacolo a dire ciò, che lor piace”.99 Sono inoltre menzionati il panegirico “sublime” di Cesarotti (Il Genio dell’Adria), il poemetto “assai patetico” dell’abate bolognese Vincenzo Corazza, sul mito di Orfeo, ed elogiate le traduzioni dei Salmi 6 e 50 del conte Antonio Cerati, che sarebbe divenuto preside dell’ateneo parmense nel 1802.100 Inviando il 13 maggio 1780 una copia delle “Efemeridi” a Mazza, affinché a sua volta potesse smentire i detrattori della miscellanea, Pizzi comunicò che la tiratura aveva superato il centinaio di esemplari.101 La vendita, per cinque paoli, fu gestita dalla libreria di Benedetto Settari, in piazza di S. Ignazio, pubblicizzata nelle “Efemeridi”, distribuite dal cugino Gregorio.102 Nel frattempo la fama della crestomazia aveva oltrepassato i confini romani: da Bologna il padre Lorenzo Rondinetti chiese alcune copie per Leonida Piani reggente dei minori conventuali, mentre a Verona, a detta di Pindemonte, l’opera “si tiene come gemma”.103 Insieme alle questioni editoriali, il custode portò in primo piano il problema della successione al vicecustodiato della colonia. Dopo la missiva del 25 marzo 1780, recante il primo accenno alla questione, si infittirono le esortazioni a designare la nuova guida entro due mesi, per scongiurare l’intervento della sede romana.104 Ricusata la 96 Risentito per la pubblicazione dei componimenti rinnegati (RdA, vol. XIII, pp. 354-72), oltretutto apparsi con un’errata indicazione dello pseudonimo pastorale (Odimo Olimpico anziché Odinto Taliadeo, cfr. Onomasticon, p. 196), Varano depose la patente arcadica nel 1780. Sulla vicenda si veda Verzini, Biografia di Alfonso Varano, in Varano, Visioni sacre e morali, pp. 39-49, a p. 40, n. 5. 97 RdA, vol. XIII, pp. 402-6. 98 Ivi, pp. 77-82. 99 “Efemeridi letterarie di Roma”, p. 154. 100 Ivi, pp. 154-5. Cfr. RdA, vol. XIII, pp. 281-94 (Corazza) e 374-7 (Cerati). Su Corazza si vedano le voci di Maria Stella Santella (biografia) e di Elisabetta Graziosi (bibliografia), in La colonia Renia, vol. I, pp. 42 e 126-7, mentre per Cerati cfr. Renzo Negri in DBI, vol. XXIII, 1979, pp. 660-1, e Lasagni, vol. II, pp. 36-8. 101 “Eccovi il foglio dell’Effemeridi. Potrete con esso smentire […] quei che credono che la nostra collezione di scelte Rime non abbia incontrato, perché non se n’è fatta finora menzione in simili prostituiti e venali fogli”; a Mazza, 13 maggio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 23r). 102 Il costo del volume è indicato nella lettera del 12 luglio 1780 (ivi, c. 25r). Su Gregorio rinvio a Caffiero, Le «Efemeridi letterarie» di Roma (1772-1798), pp. 66-7; e sulla famiglia Settari cfr. Franchi, Le impressioni sceniche, pp. 716-9. 103 Si vedano le missive, a Mazza, del 13 maggio e del 29 novembre 1780 (BPP, FMM, cass. II, cc. 23r e 29r; cfr. anche Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 481). 104 “Io però non vorrei che ciò accadesse, vorrei bensì incontrare il genio, la soddisfazione, e il compiacimento di Voi altri Magni Poeti”; a Mazza, 15 aprile 1780 (BPP, FMM, c. 21r1). Per la missiva del 25 marzo 1780, ivi, c. 19r1. 125 candidatura dal figlio del Sanvitale, Alessandro, per la sua scarsa pratica letteraria,105 il suggerimento di Pizzi di assegnare l’incarico all’Affò (“degno non solo di esser Capo di codesta Letteraria Parmense Colonia, ma della Repubblica di Platone”)106 non dovette incontrare il favore di Mazza, dal momento che il 17 maggio il custode ritirò la proposta, limitandosi a inviare il diploma di ammissione del frate.107 Declinata anche da Prospero Manara, in accordo con Armonide, la nomina cadde allora sull’anziano Aurelio Bernieri: Non so rendervi grazie abbastanza del Vostro impegno vivissimo perché un Soggetto di valore stia alla testa di codesta Parmense Colonia, né so abbastanza congratularmi seco Voi, e con le lettere per esservi determinato ad elegger ViceCustode l’aureo Conte Bernieri. Il Marchese Manara sarebbe stato certamente ben degno di una tal carica, e son sicuro che l’avrebbe sostenuta con dignità. Ma codesto Inclito Letterato cotanto benemerito del vostro Parnasso, e delle buone Arti, non dubito che farà fiorire la Colonia. E poi lo giudicate Voi degno, e tanto basta. Chi può meglio di Voi dar sentenza in fatto di cose poetiche, che siete sì caro alle Muse, e sì intimamente le conoscete? Terrò un alto silenzio su’ maneggi da Voi avuti con Manara, non ne dubitate, e nello scrivere a Bernieri niente mi uscirà dalla penna, che possa fargli conoscere essere stata la di Lui elezione da Voi suggerita. Compiuti gli Atti della Nomina in Collegio d’Arcadia del Soggetto, io gli spedirò il Diploma co’ titoli, che gli competono, e colle formole della massima onorificenza, facendo in modo che l’Elezione del nuovo Vice-Custode derivi dall’altissima stima, che fa l’Adunanza Generale delle virtù, e de’ talenti del Cavaliere, giacché all’arbitrio di essa è ricaduta la Nomina. Ed ecco dato un degno Capo alla miglior Colonia d’Arcadia mercé le cure dell’Immortale Armonide, a cui tanto deggiono le lettere, Arcadia e il Custode.108 Il volume tredicesimo riflette il cambiamento degli equilibri sociali (con la crescita della componente laica) e geografici, registrando la netta preminenza dell’area emiliano-romagnola. Infatti, dei trentanove autori, ben otto afferiscono al cenacolo Parmense,109 sei sono originari di Bologna,110 due di Reggio “di Lombardia” (Paradisi e 105 Il rifiuto del conte Alessandro non fu condiviso da Pizzi: “Ma avendo Voi [Mazza] al fianco potea mantenere nella sua famiglia una tal letteraria decorazione, |…| Voi Pro-Vicecustode pel Regolamento della Colonia come si è praticato dal Conte [Luigi] Rondinelli in Ferrara […]” (15 aprile 1780, ivi, c. 21r1). 106 A Mazza, 3 maggio 1780 (ivi, c. 22v1). 107 “Che avrete mai detto di me nel leggere la mia risposta sul proposito di codesto nuovo Vice-Custode? Mi avrete dato sicuramente dello stordito! ...Tale alle volte sono a cagione delle tante diverse materie che mi si affollano in un giorno, massimamente nelle giornate di posta. Ne’ momenti di pace, ricorrendo, come sono solito di fare, le vostre carissime lettere, mi avvidi dell’equivoco da me preso sulla meritevol Persona del P. Affò” (17 maggio 1780, ivi, c. 24r). 108 A Mazza, 10 gennaio 1781 (ivi, c. 31r-v). Il brano è edito in Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, p. 190. 109 “La Colonia Arcadica Parmense primeggia certamente nel libro. Così dovea farsi da me, che la reputo la più luminosa in fatto di belle arti, e di buon gusto. Oh se tutte le altre Colonie fossero ricche di tanti preclari Ingegni, come la Parmense!”, notò il custode il 26 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, [14r1]; 126 Salandri, morto nel 1771), mentre l’abate Giovanni Battista Vicini è originario di Modena.111 Figurano inoltre il conte Camillo Zampieri, vicecustode della Vatrenia, e il riminese Aurelio de’ Giorgi Bertola, recensore benevolo del trattato del Gonzaga nel “Giornale letterario” di Siena (giugno 1776).112 Quattro i ferraresi: Iacopo Agnelli, Varano, il conte Luigi Rondinelli vicecustode della colonia locale, e il conventuale Lorenzo Rondinetti, affiliato alla Clementina insieme al ravennate Lorenzo Fusconi.113 Rilevante è altresì la componente veneta: i veronesi Ippolito Pindemonte e Giuseppe Luigi Pellegrini sono affiancati dall’Algarotti, da Durante Duranti (morto nel 1780) e da Cesarotti.114 Di Mantova è Bettinelli, mentre Milano è rappresentata da Parini, dal somasco Francesco Soave (nativo di Lugano) docente al ginnasio di Brera e autore della Gramatica ragionata della lingua italiana (1771), e dal tragediografo Antonio Perabò vincitore nel 1774 del concorso parmense di poesia drammatica per il Valsei. L’eroe scozzese.115 Del Granducato di Toscana sono il pisano Antonio Maria Vannucchi e i pistoiesi Cesare Franchini Taviani e Maria Maddalena Morelli Fernandez, unica presenza femminile.116 Scarsa, per contro, la partecipazione della sede romana, a cui danno voce soltanto Pizzi e Godard, mentre dell’Augusta di Perugia è Annibale Mariotti.117 anche in Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, p. 189). Il drappello è costituito da Bernieri, Cerati, Frugoni, Manara, Mazza, Pagnini (di natali pistoiesi), Rezzonico e Sanvitale. 110 Gregorio Casali (lettore di meccanica nell’ateneo bolognese), Vincenzo Corazza, Anton Maria Perotti (ascritto alle colonie Renia e Parmense), il pittore Giacomo Alessandro Calvi, il medico Angelo Rota e il suo allievo Ludovico Savioli Fontana, autore degli Amori (due edizioni, 1758 e 1765); cfr. RdA, vol. XIII, pp. 34-46, 195-212, 245-7, 276-81. 111 Ivi, pp. 247-66. 112 Ivi, pp. 26-33 (Zampieri) e 409-12 (Bertola). Sulla recensione al Letterato buon cittadino cfr. Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 78-90. Su Zampieri, autore dei poemi Giobbe (1763) e Tobia, ovvero della Educazione (1778), si vedano Fabroni, vol. XII, 1785, pp. 355-75; e Mambelli, La cultura in Romagna, pp. 96-100. Di Zampieri figurano inoltre due elegie e quattro epigrammi in AC2, pp. 24-33. 113 RdA, vol. XIII, pp. 270-5 (Fusconi), 317-9 (Rondinetti), 386 (Agnelli), 408 (Rondinelli). A Fusconi, rientrato a Faenza dopo la morte di papa Ganganelli, il custode alluse nella missiva del 24 marzo 1781: “Al mio aureo Fusconi mille abbracci. Oh quanto ho perduto col suo volontario magnanimo e filosofico esilio da Roma! Solo un Poeta della sua sfera potea rinnunziare una delle maggiori Cattedre dell’Archigginasio Romano. Ancora non posso darmene pace. Ditegli che io l’amo, che mi compiaccio sommamente di vivere nella sua memoria, ma più nel suo cuore” (BPP, FMM, cass. II, c. 33r). 114 RdA, vol. XIII, pp. 50-7 (Pellegrini), 377-85 (Algarotti e Pindemonte), 390-2 (Duranti). 115 Ivi, pp. 219-20 (Perabò) e 387-9 (Soave). Probabilmente la selezione dei componimenti di Perabò non fu approvata da Mazza: “Voi ben divisate in rapporto alle rime del Perabò; ma torno a ripetervi, che la fretta mi confuse l’ordine e le viste, e che in alcuni fogli della stampa mi dovetti fidare dell’altrui scelta”, scrisse infatti Pizzi il 15 aprile 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 21r). Sulla vicenda del premio, contestato perché la tragedia era già stata messa in scena nel 1773, si veda Francesca Fedi, Un programma per Melpomene. Il concorso parmigiano di poesia drammatica e la scrittura tragica in Italia (1770-1786), Milano, Unicopli, 2007, pp. 33-6. 116 RdA, vol. XIII, pp. 47-9 (Franchini Taviani), 136-9 (Morelli Fernandez), 407 (Vannucchi). 117 Ivi, pp. 93-118 (Godard), 320-53 (Pizzi) e 372-3 (Mariotti). 127 3. Parallelamente alle fasi conclusive dell’allestimento del volume tredicesimo prese avvio l’ultima raccolta, edita nel 1781. Al 5 febbraio 1780 risale il primo accenno al progetto: Nell’altro Tomo vi sarà il bravo Civetti, e gli altri Poeti Parmensi. […] vi sarà il vostro Poemetto dell’Augurio con le altre vostre Rime, che mi restano, e con quelle ulteriori, che a voi piacerà mandarmi, giacché in Roma vi è poco da raccogliere.118 Pizzi rinnovò dunque l’intenzione di offrire ampio risalto al sodalizio ducale, accogliendo, di fatto, i componimenti di otto parmensi, compresi quelli dell’abate Giulio Civetti e di Mazza,119 di cui non figura L’augurio (1774), bensì l’inno All’Armonia, “un capo d’opera inimitabile e insuperabile”, che “più si legge, più cava di sapore, di dottrina, di grandezza, e di colorito poetico”.120 Inoltre, per esigenze tipografiche, il numero dei testi di Armonide (dieci), inferiore a quello registrato nella raccolta precedente (tredici), smentì gli intenti iniziali del custode: “[…] mi rincresce di non aver messo nel volume [XIII] un maggior numero delle vostre Poesie. Ma il farò con più comodo nel tomo seguente, e mi taccino pure di parzialità”.121 Riconfermata fu altresì la preziosa collaborazione con Mazza; ma i ritardi nell’invio dei testi, nonostante le sollecitazioni di Pizzi, dilatarono i tempi di lavoro.122 Se il 12 luglio 1780 l’abate romano prevedeva di giungere alla pubblicazione entro la fine 118 A Mazza, 5 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 11r1). Insieme a Mazza e a Civetti (su cui cfr. Lasagni, vol. II, p. 87) sono Bernieri, Clemente Bondi, Antonio Cerati, Luigi Uberto Giordani (docente di diritto nell’università parmense), Manara e Guido Ascanio Scutellari Aiani; cfr. RdA, vol. XIV, pp. 51-4, 84-115, 144-50, 209-17, 236-8, 311-26, 372-80. Del manipolo di dodici sonetti e due odi-canzonette di Bondi, annunciato nella lettera del 29 novembre 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 29r), figurano soltanto sei sonetti. Su Bondi, poeta cesareo a Vienna (1810-21), curatore delle versioni delle Metamorfosi (1806) e delle opere di Virgilio (Eneide, 1790-93, Georgiche, 1880, Bucoliche, 1811), cfr. Gennaro Barbarisi in DBI, vol. XI, 1969, pp. 727-30; e Marcello Turchi, Clemente Bondi traduttore, in Atti del Convegno sul Settecento Parmense, pp. 193-205. 120 A Mazza, 24 marzo 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 33r); per l’inno cfr. RdA, vol. XIV, pp. 101-10 (anche in Opere, vol. III, pp. 5-19). Su L’augurio (ivi, pp. 110-31) benevolo fu il giudizio di Pindemonte, che a Mazza, l’11 ottobre 1785, scrisse di averlo riletto “con piacer grandissimo”; cfr. Cappelletti, Ozio e virtù in fatto di belle lettere, pp. 89-90, a p. 90 (si veda anche la lettera di Pindemonte del 27 giugno 1785, ivi, pp. 84-86, a p. 86). 121 A Mazza, 26 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. [14r1]). 122 Cfr., ad esempio, le missive del 15 aprile (“Vi saprò infinito grato se mi procurarete delle poesie di buona lega pel Tomo XIV”), del 3 e 13 maggio, 12 luglio, 4 settembre (“Vi supplico a farmi avere colla maggior sollecitudine le Poesie, che mi avete fatto sperare pel Tomo XIV delle Rime degli Arcadi”), 29 novembre, 19 dicembre 1780 e 10 gennaio 1781 (“Vi sieno raccomandati i versi pel futuro Volume. Sovvengavi che l’ordine alfabetico colloca Voi tra primi, come il merito vi renderà il primo del libro. Vo’ dirvi con ciò, ch’è necessaria la sollecitudine per compilar l’edizione”); ivi, cc. 21v, 28v, 31v. 119 128 dell’anno, il 29 novembre posticipava l’inizio della stampa dopo la pausa natalizia, in attesa dei versi di Mazza, auspicati “come la flotta dell’Indie”, e senza i quali il tomo sarebbe diventato un mero collettore di “bagattelle canore”.123 Le lacune riscontrate nel volume tredicesimo furono in parte colmate nell’antologia compilata a ridosso. Dopo aver preso visione dell’elenco degli autori della penultima crestomazia, incluso nella già citata lettera di Pizzi del 5 febbraio 1780, Mazza osservò: Quando avrò ricevuto l’intero volume delle Rime Arcadiche [il XIII] mi farò lecito parlarvi con schiettezza intorno alla scelta universale. Intanto non vi tacerò, che mi rincresce moltissimo, che tra i poeti, da’ quali s’aspetta questo nuovo Codice di ottima poesia, non siavi né il Conte Gozzi, né Girolamo Pompei, due anime eredi della greca naturalezza, massime il secondo, che nel genere Pastorale e dopo Teocrito tiene, a mio credere, il primo seggio. Alcuni vi avrebbono pure desiderato Agatopisto Cromaziano [Appiano Buonafede]: io però penso altrimente, parendomi i suoi versi più presto tratti di robusta e sugosa retorica, che poesia. Del 2.do volume vi manderò alquante Terzine […].124 Alle obiezioni il custode replicò il 25 marzo 1780: Quanto al libro degli Arcadi [XIII], Amico, tutti non poteano aver luogo in questo Volume. Gozzi non credo che sia Arcade. Agatopisto era fuori di Roma, e a dirla a Voi all’orecchio non è poeta. Di Pompei, che io stimo come Voi, non avea io produzioni da farlo figurare nella Raccolta. Pindemonte me ne ha mandate alcune ne’ passati giorni insieme con altre de’ Poeti Veronesi; sicché le inserirò nell’altro volume con quelle del Conte Gozzi a cui scriverò, pregandolo di inviarmi sue rime, e di accettare un battesimo Pastorale ogni qualvolta non sia Arcade. Saranno un |…| giojello le vostre terzine; e qual vostra produzione non è ammirabile! Spirate sempre estro, forza, armonia e dottrina, e fate piacere a chi vi legge. Mandatele con tuttocciò che volete ch’io imprima. Voi siete l’arbitro del mio volere, e l’ornamento d’Arcadia.125 Recapitato in ritardo, quando ormai il volume tredicesimo era in stampa, il “piego di scelte Poesie de’ bravi Poeti Veronesi” comprendeva i versi di Pindemonte (mittente del plico), di padre Ippolito Bevilacqua dell’Oratorio di Verona, dello scienziato Giuseppe Torelli e di Girolamo Pompei (autore delle Canzoni pastorali, di ispirazione teocritea, e traduttore delle Vite parallele di Plutarco nel 1772-73), confluiti (eccetto quelli del 123 A Mazza, 29 novembre 1780 (ivi, c. 29r). Lettera a Pizzi, 20 febbraio 1780 (BNB, Aut. B XXXII / 26, c. [1r-v]). Nel tomo XIV sono incluse le terzine “Se ne l’abisso d’infiniti rai” (pp. 110-5). 125 BPP, FMM, cass. II, c. 19v. 124 129 Bevilacqua) nella silloge in progettazione.126 La presenza di Pompei fu ulteriormente confermata nelle lettere del 29 marzo e del 29 novembre 1780; in quest’ultima, contravvenendo ai consigli dell’autore parmense, il custode comunicò di avere selezionato dodici sonetti e due componimenti in sciolti (aggiungendo in seguito altri due poemetti) del celestino Appiano Buonafede (che nel 1764 aveva polemizzato con Baretti nella satira Il bue pedagogo), “mai sazio” di leggere il tomo tredicesimo, di cui era “rimasto sorpreso”.127 Nella crestomazia (XIV) non figurano i versi di Gasparo Gozzi, nonostante le reiterate richieste di Pizzi,128 mentre sono quelli di Giacomo Alessandro Calvi e di Luigi Cerretti (reputato superiore a Savioli, secondo l’opinione di Mazza condivisa dal custode), escluso invece dal penultimo volume perché “poco o niente” si conservava in Serbatoio della sua produzione poetica.129 Dettata dall’esigenza di corrispondere alla fastosa politica culturale di papa Braschi,130 l’apertura alle voci romane, pressoché assenti nell’antologia precedente (XIII),131 fu accolta con disappunto da Pizzi, che a più riprese manifestò le proprie perplessità in merito alla letteratura dell’Urbe, soggiogata alle restrizioni della censura ecclesiastica: 126 Risale al 26 febbraio 1780 la notizia della consegna dei componimenti veronesi (ivi, c. [14v1]). Cfr. RdA, vol. XIV, pp. 165-70 e 340-5. Per Bevilacqua cfr. IBI, vol. II, p. 535. Sulla raccolta di Pompei (Verona, Carattoni, 1764), seguita dall’edizione delle Nuove canzoni pastorali (Verona, Moroni, 1779), cfr. Francesca Favaro, Canti e Cantori bucolici. Esempi di poesia a soggetto pastorale fra Seicento e Ottocento, Cosenza, Pellegrini, 2007, pp. 45-94. A quest’ultima monografia rimando anche per Giuseppe Torelli, traduttore di Teocrito e di Mosco, pp. 95-106. 127 A Mazza, 29 novembre 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 29r; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, p. 481). Cfr. RdA, vol. XIV, pp. 17-32. Su Buonafede, autore di una raccolta di Ritratti poetici, storici e critici di varii moderni uomini di lettere (I ed. Napoli, nella stamperia di Giovanni Di Simone, 1745), più volte riedita, si veda Amedeo Benati, Appiano Buonafede monaco Celestino. Appunti per una biografia religioso-culturale, in Appiano Buonafede (Comacchio 1716/Roma 1793) un intellettuale cattolico tra l’Arcadia e i Lumi, Atti della Giornata di studi tenuta a Comacchio il 31 ottobre 1987, Ferrara, Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, 1989, pp. 43-69. Cfr. inoltre Gilberto Pizzamiglio, Appiano Buonafede e la polemica con il Baretti, ivi, pp. 71-84. 128 “Mi farete pur piacer grande mandandomi le tre o quattro produzioni del Gozzi, Scrittore a cui raddoppio la stima perché da Voi tenuto in conto di buon Poeta: dico che mi farete piacere, disperando io pure di aver cosa alcuna del suo, benché io abbia più volte scritto per essere onorato dalle sue rime”; a Mazza, 19 dicembre 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 30r-v). 129 A Mazza, 29 marzo 1780 (ivi, c. 20v; cfr. Felici, Relazioni fra l’Arcadia di Roma e la colonia Parmense, p. 189). La conferma del recapito delle “egregie composizioni” di Cerretti è nella missiva del 29 novembre 1780. 130 Su questo aspetto si vedano Merolla, Lo Stato della Chiesa, pp. 1083-91; Lucio Felici, Letteratura e teatro nella Roma di Pio VI, in Orfeo in Arcadia, pp. 155-71; Marina Caffiero, Il coturno e la tiara: la Roma di Pio VI, in Alfieri a Roma, Atti del Convegno nazionale (Roma 27-29 novembre 2003), a cura di Beatrice Alfonzetti e Novella Bellucci, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 17-34. 131 “Temo però, che l’obbligo che mi corre d’inserirvi quelle [le rime] di molti Poeti Romani, non voglia fare del vuoto e dello scuro al libro”; a Mazza, 15 aprile 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 21v). 130 Se Parma scarseggia di veri Protettori Letterarj, che dirò di Roma? Qual Paese meglio montato di questo per premiare ogni maniera d’Arti, e di studj liberali? Ma che! Qui fa fortuna chi a tutt’altro pensa fuorché alle lettere, e qualche raro esempio in contrario è quasi un Fenomeno per questo Cielo. Se Voi qui foste, non so se la lettura di Seneca bastarebbe per consolarci: anzi trovandosi insieme ne verrebbe voglia di bestemmiare un poco, non dirò alla foggia dell’Aretino, perché siamo persone da bene, ma sul gusto di Gravina, e dell’autore del Ricciardetto.132 Si comprende dunque la scelta di offrire il volume a Baldassare Odescalchi duca di Ceri, figura di primo piano nella Roma di Pio VI. Socio dell’accademia di S. Luca, cooptato in Arcadia nel 1769 (Pelide Lidio) e noto per gli interessi e le performances teatrali (come attesta l’interpretazione del ruolo di Emone nell’Antigone di Alfieri, rappresentata il 20 novembre 1782 nella dimora dell’ambasciatore di Spagna),133 l’Odescalchi, a detta di Pizzi, era “l’unico […] in Roma virtuosamente educato”.134 A consolidare la componente romana della miscellanea contribuì inoltre l’esigenza di isolare gli arcadi fuoriusciti dopo l’episodio della coronazione di Corilla Olimpica, legando all’accademia, “con tutte le attenzioni possibili”, il nome di un così illustre mecenate, anche se non facili furono i rapporti con i neofiti del cenacolo degli Occulti, istituito alla fine degli anni Settanta, e solito riunirsi ogni settimana a palazzo Odescalchi per discutere di scienza e filosofia.135 Terminata la stampa nella primavera 1781,136 il 16 maggio il custode chiese a Mazza di inoltrare, “colla possibil 132 A Mazza, 19 dicembre 1780 (ivi, c. 30r1). Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso, edizione critica della stesura definitiva a cura di Luigi Fassò, Asti, Casa d’Alfieri, 1951, pp. 231-2. In particolare, sulla tragedia si vedano Ezio Raimondi, Alfieri 1782: un teatro «terribile», e Francesca Bonanni, La rappresentazione dell’«Antigone» di Alfieri nel Palazzo di Spagna di Roma, in Orfeo in Arcadia, pp. 73-103 e 105-38. Sul rapporto fra l’astigiano (Filaerio Eratrostico) e l’Arcadia (la lettura del Saul gli valse l’ammissione nel 1783) cfr. Annalisa Nacinovich, Alfieri e i dibattiti arcadici: la recita del «Saul», in Alfieri a Roma, pp. 385-404. 134 A Mazza, 12 maggio 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 34r). Nella dedica sono gli accenni ai viaggi europei e agli studi dell’Odescalchi (RdA, vol. XIV, pp. V-XV). Sul mecenate si vedano la voce di Francesco Fabi Montani, in De Tipaldo, vol. V, 1837, pp. 433-7; David Armando, Aristocrazia e vita culturale a Roma alla fine del Settecento: il caso degli Odescalchi, in Alfieri a Roma, pp. 71-106, alle pp. 91-106; Francesca Fedi, «Il midollo dell’immagine»: Monti e le prospettive teoriche del neoclassicismo “romano”, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, a cura di Gennaro Barbarisi, Milano, Cisalpino, 2006, vol. II (Monti nella Roma di Pio VI), pp. 57-79, alle pp. 58-64. 135 Lettera del 12 maggio 1781 (c. 34r). Sugli Occulti cfr. Maylender, vol. IV, pp. 93-5; Armando, Aristocrazia e vita culturale a Roma alla fine del Settecento, pp. 92-5. Così la dedica della miscellanea: “[…] buona parte di essi [degli autori del volume] sono del numero di quel valoroso drappello di scienziati, che radunansi in certi tempi nel suo Palagio, come in un dolce asilo delle arti belle, per tenervi ragionamenti sulle moltiplici intellettuali cognizioni, per recitarvi spiritose e brillanti poesie, o tratti energici d’eloquenza, per intrattenersi nella lettura de’ classici autori Latini e Toscani, e per ammirar più dappresso l’ampiezza de’ suoi talenti, ascoltandola favellare con tutte le grazie della facondia, e con tutto l’acume d’una mente perspicace sopra ogni utile e liberale disciplina” (RdA, vol. XIV, p. VII). 136 Alle prese con la correzione delle bozze, il 24 marzo 1781 Pizzi sollecitò altre presenze poetiche per accrescere “il numero e il decoro della celebratissima Colonia Parmense” (BPP, FMM, cass. II, c. 33r1). 133 131 sollecitudine”, la recensione per le “Efemeridi letterarie”, così da impedire “qualche inconcludente ed insulsa diceria” dei “zelanti, o per meglio dire Pedanti del Crocchio” del duca.137 Incalzato dal gruppo dell’Odescalchi e da Gregorio Settari, stampatore delle “Efemeridi”, che minacciò di dar conto del volume “a suo piacimento”, il 6 giugno 1781 l’abate romano riferì a Mazza di avere consegnato agli estensori “un abbozzo dell’estratto”, di proprio pugno, per scongiurare l’uscita di “qualche articolo stravagante”.138 Apparso dieci giorni dopo nel periodico del Bianconi, che fra i collaboratori vantava un componente degli Occulti (Pietro Pasqualoni maestro di camera dell’Odescalchi),139 il ragguaglio insiste (e non a caso) sui meriti del mecenate e sulla dedica dell’antologia, dallo stile “facile, elegante e vivace”, priva di qualsiasi “tratto d’adulazione sempre nemica del vero”.140 Dei cinquantatré rimatori accolti nel volume quattordicesimo delle Rime degli Arcadi, per lo più di estrazione laica, sette afferiscono al cerchia degli Occulti. I versi dell’Odescalchi (sei sonetti, un’ode-canzonetta e un capitolo)141 sono affiancati da quelli dell’aquilano Nicola Martelli, docente di botanica alla Sapienza, del Serassi, dell’abate bolognese Giuseppe Antonio Taruffi e dei romani Pietro Pasqualoni e Giovanni Giacomo Monti, segretario del duca.142 Giunto nell’Urbe alla fine di maggio 1778, e presentatosi in Arcadia pochi giorni dopo (11 giugno), sebbene l’ascrizione, con il nome di Autonide Saturniano, risalisse al 14 luglio 1775,143 Vincenzo Monti fu ammesso alle riunioni in casa Odescalchi, dove poté “conoscere a poco a poco una gran parte di Roma”.144 Rievocando a distanza di un anno il felice esordio arcadico contraddistinto 137 Lettera del 16 maggio 1781 (ivi, c. 35r). Già quattro giorni prima il custode aveva formulato la stessa richiesta: “Il picciolo elogio, che Voi fate alla mia Dedicatoria, vale quanto tutta [?] l’estensione della med.ma, ed io ne vado superbo. Ardirei anche questa volta di supplicarvi a farmi un estratto del volume per l’Effemeridi. Converebbe per altro toccare alquanto appunto la dedica per animare sempreppiù il Giovane Principe ad amare le lettere ed a proteggerle”; a Mazza, 12 maggio 1781 (ivi, c. 34r). 138 Ivi, c. 36r. 139 Caffiero, Le «Efemeridi letterarie» di Roma (1772-1798), p. 78. 140 “Efemeridi letterarie di Roma”, 16 giugno 1781, n. XXIV, pp. 185-8, a p. 185. 141 RdA, vol. XIV, pp. 327-35. 142 Ivi, pp. 171-8 (Serassi), 187-9 (Monti), 231-5 (Martelli), 345-9 (Taruffi), 380-5 (Pasqualoni). Cfr. Armando, Aristocrazia e vita culturale a Roma alla fine del Settecento, p. 96 (che segnala inoltre la presenza di due Occulti nel vol. XIII, Vincenzo Corazza e Francesco Soave). 143 Lettera di Monti a Pizzi, 16 luglio 1775; in Vincenzo Monti, Epistolario, raccolto ordinato e annotato da Alfonso Bertoldi, Firenze, Le Monnier, 1928-31, 6 voll., nel vol. I, pp. 26-7. 144 A Cesare Monti, 4 luglio 1778 (ivi, pp. 49-51, a p. 50). Sui trascorsi arcadici del poeta romagnolo si rinvia a Floriana Calitti, Vincenzo Monti e Roma, in Vincenzo Monti fra Roma e Milano, a cura di Gennaro Barbarisi, Cesena, Società Editrice «Il Ponte Vecchio», 2001, pp. 215-37; Angelo Romano, Vincenzo Monti a Roma, Roma, Vecchiarelli, 2001, pp. 11-63; Arnaldo Bruni, Monti nella Roma neoclassica, in “Rassegna europea di letteratura italiana”, XII (2004), pp. 23-42; Annalisa Nacinovich, 132 dalla recita de La visione d’Ezechiello (1776), ancora legata ai moduli varaniani dell’apprendistato ferrarese,145 il poeta romagnolo non celò all’amico Clementino Vannetti le perplessità sullo stato dell’accademia, “divenuta un deserto dopo lo scisma di Corilla”, e sulla produzione dei letterati romani (“La prima volta che io mi presentai all’Arcadia restai sbalordito in udire farsi applauso a certe poesie, che a me sembravano stravaganze ed eresie di Parnaso […]”).146 La missiva reca inoltre la notizia del primo screzio insorto con Godard (sopraffatto dal successo del capitolo montiano l’Entusiasmo malinconico),147 in seguito acuito dall’elezione di quest’ultimo a procustode, nel 1783; un incarico che gli aprì il varco alla successione di Pizzi (1790). Alla mancata nomina, che incrinò i rapporti di Monti con l’accademia, seguirono la recita in Arcadia dell’ode Al Signor di Montgolfier (4 marzo 1784), per l’ascensione del pallone aereostatico nel giardino delle Tuileries nel dicembre 1783, e l’avvio dell’attività drammaturgia, con l’Aristodemo (1784-86). Nove i componimenti di Monti inclusi nel tomo quattordicesimo delle Rime degli Arcadi, di cui sei (quattro sonetti e due capitoli, l’Entusiasmo malinconico e Per la Passione di Nostro Signore) erano già apparsi nella sua prima raccolta, il Saggio di poesie, 148 pubblicata lo stesso anno della polemica innescata dal Consiglio ad un giovane poeta di Martin Sherlock (1779). Alle censure rivolte dall’irlandese all’opera di Ariosto, che sottintendevano la condanna all’uso delle favole, congiunte alla proposta di un nuovo Pantheon di modelli lirici (annoverante anche Shakespeare), il Monti rispose con la Lettera di un ferrarese, edita in due parti nelle “Efemeridi letterarie” (agosto 1779); e la replica era di fatto indirizzata anche ai fautori di Sherlock, come Godard e l’abate Antonio Scarpelli, recensore del Consiglio.149 Il corpus arcadico di Monti è completato dalle ottave sulla Passione (recitate in Arcadia il 24 marzo 1781), dal Poemetto anacreontico (“Lo san Febo e le Monti e le poetiche arcadiche. Gli esordi di Autonide Saturniano, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, vol. II (Monti nella Roma di Pio VI), pp. 45-56. 145 Su questo aspetto si veda in particolare William Spaggiari, Monti, Minzoni, Varano: gli esordi poetici, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, vol. I, t. I, 2005, pp. 215-36. 146 A Clementino Vannetti, primi mesi del 1779 (Monti, Epistolario, vol. I, pp. 58-62, alle pp. 60-1). 147 Ivi, p. 61; per la vicenda si rimanda a Romano, Vincenzo Monti a Roma, pp. 27-32 e 43. Sulle terzine cfr. Raffaella Bertazzoli, L’«Entusiasmo malinconico» di Vincenzo Monti e altri versi, in Ead., Pensieri sull’ignoto. Poesia sepolcrale e simbologia funebre tra Sette e Ottocento, Verona, Fiorini, 2002, pp. 11957, alle pp. 119-32. 148 Monti, Saggio di poesie, a cura di Alessandra Di Ricco, presentazione di Gennaro Barbarisi, Trento, Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici, 2006 (rist. anast. dell’ed. di Livorno, Dai Torchj dell’Enciclopedia, 1779), pp. 33-44 (capitoli), 88, 91, 94-5 (sonetti). Le indicazioni delle pagine rispettano la numerazione progressiva della curatrice. 149 Sulla polemica con Sherlock si veda Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 117-29. 133 Dive”)150 e dalla Prosopopea di Pericle letta nel Bosco Parrasio il 22 agosto 1779 per i voti quinquennali di Pio VI.151 Il drappello di quindici autori romani (compresi Pizzi e Godard, quest’ultimo di natali maltesi)152 è fiancheggiato da quello altrettanto cospicuo dei poeti emilianoromagnoli. Otto sono i parmensi e due i bolognesi (Giacomo Alessandro Calvi e il senatore Filippo Ercolani); di Ferrara è il ministro Claudio Todeschi, di Comacchio il Buonafede, di Rimini il conte Angelo Battaglini e di Faenza il sottocustode Luigi Lega.153 Di area estense sono inoltre il Cerretti, il minore osservante Angelo Maria della Mirandola e Giuliano Cassiani (morto nel 1778), autore di un Saggio di rime (1770).154 Pressoché assente è il Granducato toscano, di cui è portavoce l’abate senese Francesco Giannetti, mentre Genova e Fossano sono rappresentate rispettivamente da Michelangelo Monti regolare delle Scuole Pie e dall’abate Giuseppe Muratori.155 Oltre ai tre veronesi (Pindemonte, Girolamo Pompei e Giuseppe Torelli), la Repubblica veneta vanta la presenza del veneziano Pietro Antonio Novelli, più noto come pittore, e della bergamasca Paolina Secco Suardo Grismondi, la Lesbia Cidonia dell’Invito di Mascheroni (1793), unica rimatrice dell’antologia, ammessa in Arcadia nel 1779 per il tramite di Pindemonte, dedicatario dell’epistola in sciolti “Queste ch’or leggi d’ogni grazia ignude”.156 Tre gli esponenti della colonia Virgiliana (l’avvocato Leopoldo Camillo Volta, Carlo Valenti Gonzaga e il medico Vittore Vettori, attardata voce 150 RdA, vol. XIV, pp. 63-74. Ivi, pp. 56-63. Cfr. Mauro Sarnelli, La “Prosopopea di Pericle” in Arcadia e oltre, in Vincenzo Monti nella cultura italiana, vol. II (Monti nella Roma di Pio VI), pp. 123-74, in particolare alle pp. 132-3 (nota 11), in cui si ipotizza che il componimento montiano e i sonetti di Giovanni Battista Riva (“Va, Figlio, e regna; e sul regnar primiero”), di Giuseppe Marotti (“Quei voti, o Pio, che un dì superba e strana”) e di Domenico Testa (“L’onda orgogliosa, che le Volsche apriche”, RdA, vol. XIV, pp. 40, 183, 403), già inclusi ne I Voti Quinquennali celebrati dagli Arcadi […] ad Onore della Santità di Nostro Signore Papa Pio VI (Roma, Salomoni, 1779, pp. 53, 55-60, 74-5), dovessero entrare nella compagine del volume tredicesimo delle Rime degli Arcadi. 152 RdA, vol. XIV, pp. 115-41 (Godard) e 251-311 (Pizzi). Sulla canzone L’Educazione di Achille (ivi, pp. 274-8), offerta dal custode a Prospero Manara precettore dell’Infante Ludovico, si veda la lettera a Mazza del 24 marzo 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 33r). 153 RdA, vol. XIV, pp. 178-82 (Ercolani), 184-7 (Battaglini), 228-31 (Lega). 154 Ivi, pp. 1-6 (Cassiani) e 189-94 (A. M. Mirandola). Sul poeta modenese cfr. Romano Cervone, La scuola classica estense, pp. 61-72. 155 RdA, vol. XIV, pp. 150-64 (Giannetti), 217-8 (Muratori), 335-40 (Monti). 156 Ivi, pp. 42-6 (Novelli) e 221-4 (Grismondi); l’epistola è alle pp. 223-4. Per Novelli cfr. Carlo Donzelli, I pittori veneti del Settecento, Firenze, Sansoni, 1957, pp. 172-3. Sulla presenza in Arcadia della Grismondi cfr. Francesco Tadini, Società, moda e cultura nella vita della contessa Paolina Secco Suardo Grismondi (Bergamo, 1746-1801), Bergamo, Moretti & Vitali, 1995, pp. 83-6. Per l’Invito a Lesbia Cidonia di Lorenzo Mascheroni si veda ora l’edizione a cura di Irene Botta, Bergamo, Moretti & Vitali, 2000. 151 134 bernesca, morto nel 1763),157 mentre di Milano è il conte Francesco Carcano segretario perpetuo dei Trasformati; infine Napoli, esclusa dal volume tredicesimo, è rappresentata dai duchi Clemente Filomarino e Antonio Di Gennaro.158 4. Con una cadenza discontinua, i contatti epistolari fra Angelo Mazza e il custode generale proseguirono anche dopo la conclusione della serie delle Rime degli Arcadi. Il letterato parmense si riconfermò trait d’union fra la sede romana e il cenacolo guidato da Aurelio Bernieri. Ad Armonide il custode domandava notizie sull’attività del sodalizio,159 inviava le patenti per i nuovi adepti160 e, in merito alla questione dell’accademia Filodrammatica (ex cenacolo degli Scelti), illustrava le regole per trasformarla in colonia o per fonderla nel cenacolo Parmense, adducendo in quest’ultimo caso l’esempio degli Icneutici di Forlì per illustrare il rischio di scissioni interne.161 Contro le versioni delle tragedie francesi procurate nei collegi romani, piene di “barbarismi, e di frasi stravaganti e detestabili”, probabilmente le lodi di Pizzi al “verseggiar franco, elegante, vario, e con gusto isquisito di lingua toscana” alludevano (nella lettera del 4 settembre 1781) alla parafrasi italiana della commedia Socrate (dalle Nubi di Aristofane), eseguita da Aurelio Bernieri sulla traduzione latina di Martirano Coriolano (1781).162 Al 1785 risale invece l’invio di tre copie dell’“ingegnosissimo” poemetto di Mazza, L’Androgino, composto per le nozze del marchese Giuseppe Lalatta 157 RdA, vol. XIV, pp. 6-16 (Volta e Gonzaga) e 409-12 (Vettori). Su quest’ultimo, accademico Timido e autore delle Rime piacevoli (due edizioni, 1744 e 1755), si veda Faccioli, Due «berneschi» mantovani: Vettori e Galeotti, in Id., Mantova. Le lettere, vol. III, pp. 43-82, alle pp. 43-57. Di Vettori figurano due sonetti caudati per Carlo Cantoni e una sequenza di distici di ottonari a rima baciata nelle Lagrime in morte di un gatto, pp. 70-1 e 234-7. 158 RdA, vol. XIV, pp. 200-2 (Carcano), 225-7 (Di Gennaro), 386-98 (Filomarino). Su Carcano, curatore dei Versi in morte del celebre poeta Domenico Balestrieri (Milano, nell’Imperial Monistero di S. Ambrogio Maggiore, 1780), cfr. Vianello, La giovinezza di Parini, pp. 109-17. 159 “Che fa il nostro ViceCustode? Ha mai pensato ad aprir la Colonia? ed a prender possesso della sua Carica? Comprendo che forse l’età lo renda, difficilis, tardus ma collo stimolo al fianco del grand’Armonide forse si risolverà a non lasciar languire nell’ingrata innazione una Colonia sì celebre, dopo aver’accettata l’onorevol carica di regolatore di essa con tanta compiacenza […]”, lettera del 25 agosto 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 37v). 160 Si vedano le missive del 16 maggio 1781, 14 febbraio 1784, 15 giugno 1785 (ivi, cc. 35r, 41r, 43v). 161 “Ma tali innesti producano alle volte de’ sconcerti, com’è accaduto in Forlì, in cui gl’Icneutici si sono negli ultimi tempi separati, ed il Mse Paulucci Vice-Custode, per una picca tra esso ed il Principe dell’Accademia, depose la denominazione d’Icneutica, e fece in modo, che la sua Colonia fosse dichiarata Liviense. […] Voi dovete regolare il proggetto a seconda delle circostanze, e del vostro superior discernimento” (14 febbraio 1784, ivi, c. 41v). Agli Scelti, istituiti in seno al Collegio dei Nobili nel 1672, fu concessa l’ammissione di due sodali in Arcadia per il tramite del cenacolo Parmense (Maylender, vol. V, pp. 110-22, a p. 120). 162 A Mazza, 4 settembre 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 39r). Bernieri si era distinto anche per la traduzione del plautino Trinummus, in versi minturniani, rappresentato nel 1780 nel Collegio dei Nobili di Parma alla presenza del duca Ferdinando di Borbone e di Maria Amalia d’Asburgo-Lorena. 135 con Bianca Villani, in cui il tema occasionale, a detta del custode, è svolto “senza nojare colle solite cantilene”.163 Affidato alla lettura di Godard (perché Pizzi sapeva “con quanta energia ed impegno lo avrebbe animato”), nel settembre dello stesso anno, durante l’assemblea mensile riservata ai neofiti forestieri, il poemetto in sciolti conseguì “il plauso più vivo ed universale”.164 Le missive informano inoltre sulle attività dell’Arcadia romana, come l’adunanza del 19 agosto 1781 per le acclamazioni di Luigi Braschi Onesti (Almedonte Cleoneo) e di Costanza Falconieri (Egeria Caritea), che valse a Monti la nomina a segretario del nipote di Pio VI in virtù della recita de La Bellezza dell’Universo.165 Il custode rivelò anche le difficoltà economiche sottese alla pubblicazione: Ora mi corre l’obbligo di dare alle stampe tutti i componimenti che furono in tale Accademia recitati. Ecco un nuovo motivo di emunger la borsa del Custode. A Voi apro il mio cuore. Mi privo di qualunque divertimento, e di spesa anche necessaria alla mia Persona per mantenere in lustro e in decoro l’adunanza.166 Dalla lettera del 10 dicembre 1782, recante un accenno al progetto del tomo quindicesimo delle Rime degli Arcadi, mai realizzato,167 emerge invece il biasimo per la gestione dei custodi precedenti: Buon per me se fossi stato, non dico avaro, ma più economo, e non avessi profuso delle migliaja di scudi per redimer l’adunanza dall’avvilimento in cui l’ho trovata, che avrei potuto provvedere a’ miei comodi maggiori, e fra gli altri a quello di non andar pedestre per la città.168 163 A Mazza, 6 luglio 1785 (BPP, FMM, cass. II, c. 44r). Pur muovendo due obiezioni di ordine contenutistico, elogiativo fu il commento di Pindemonte all’Androgino (in Mazza, Opere, vol. III, pp. 919), degno della “penna” dell’autore, e di “impasto […] totalmente squisito ed affatto Greco” (lettera a Mazza, da Avesa, del 27 giugno 1785, in Cappelletti, Ozio e virtù in fatto di belle lettere, pp. 84-6). 164 A Mazza, 10 settembre 1785 (BPP, FMM, cass. II, c. 45r). 165 Adunanza tenuta dagli Arcadi nel Bosco Parrasio per l’acclamazione dell’EE. LL. il Signor Conte D. Luigi Braschi Onesti e la Signora D.a Costanza Falconieri in occasione delle loro faustissime nozze, Roma, Fulgoni, 1781, pp. 61-76. Sulla cerimonia cfr. la lettera del 25 agosto 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 37v). La Bellezza dell’Universo (Roma, Fulgoni, 1781) è recensita nelle “Efemeridi letterarie di Roma”, 13 ottobre 1781, n. XLI, pp. 321-2. 166 A Mazza, 29 agosto 1781 (BPP, FMM, cass. II, c. 38r). 167 “Non mi è stato ancor possibile di pensare al Tomo XV. Subito mi determinerò a compilarlo, Voi ne sarete avvisato”; a Mazza, 10 dicembre 1782 (ivi, c. 40v). 168 Ibidem. Il custode prese le distanze dai predecessori, accusandoli di avere ricevuto i finanziamenti per le sillogi ufficiali: “Se verrete in Roma anche Voi stupirete con tanti illustri Oltramontani, i quali non si danno pace, come tante spese vadano tutte a carico d’un Privato, e che un’Accademia così celebre non abbia alcuna dote, e non interessi punto il Principato. […] Io non so imitare i Custodi miei antecessori, che facean matrimonio di sangue - Viaggio in Pindo, e non vi compro o merco [adattamento di Gerusalemme liberata, XX, 142, 8] - Se per la stampa degli altri Tomi non troverò mecenati, non cercherò neppur compratori”; a Mazza, 2 febbraio 1780 (BPP, FMM, cass. II, c. 10v). Ma le angustie economiche 136 È del 14 febbraio 1784 l’annuncio del dono imminente del ritratto di Cesarotti, con il Saggio sulla Filosofia del gusto da leggere in Arcadia, che offrì di nuovo il pretesto per sollecitare quello di Mazza (la prima richiesta risale infatti al 10 maggio 1777), continuamente negato.169 Il 3 giugno si celebrò la festa pastorale per l’esposizione in Serbatoio del ritratto dell’arcade padovano, accompagnato, oltre che dal Saggio, da una copia dell’Ossian e da un esemplare del Corso ragionato di letteratura greca (178184).170 Estraneo alle discussioni sul nuovo modello di letterato che erano sorte a margine della coronazione di Corilla Olimpica, a cui peraltro avrebbe negato l’appoggio e il contributo per il volume degli Atti (1779), Cesarotti accolse con tiepida gratitudine l’ammissione (con il nome di Meronte Larisseo), nel 1777, esplicitando il proprio dissenso rispetto all’Arcadia di Pizzi. Dopo l’interruzione dei contatti (l’ultima lettera al custode è del 3 settembre 1777), e la comparsa di sei componimenti nel tomo tredicesimo delle Rime degli Arcadi, Meronte riannodò i legami con l’accademia in occasione di un soggiorno romano (agosto-ottobre 1783), patrocinato da Godard.171 Sullo sfondo della codificazione arcadica del canone neoclassico e della disputa seguita all’edizione del Consiglio di Martin Sherlock fra il procustode e Monti, che non a caso dedicò al Cesarotti le Poesie pubblicate a Siena proprio nel 1783,172 si inserì il Saggio del poeta padovano, volto a giustificare l’invio al cenacolo dell’Ossian e del Corso indussero Pizzi a rivolgersi al Sanvitale, per il tramite di Mazza (lettera del 4 dicembre 1779, ivi, c. 6r1-v1; anche in Melli, Rose e spine d’Arcadia, pp. 480-1). 169 “Ma del mio Armonide […] non mi è riuscito mai di avere né Ritratto, né Prosa” (A Mazza, 14 febbraio 1784, in BPP, FMM, cass. II, c. 41v-r1). Si vedano le missive del 10 maggio (“Riceverò poi con massimo gradimento il suo Ritratto, per collocarlo nella Sala del Serbatojo: tra le immagini di tanti Illustri Poeti dee pure aver luogo quella di Armonide Elideo, il quale alla forza del poetare, e alla magia dello stile sa unire ogni maniera di scientifiche cognizioni”, ivi, c. 2v-r1) e del 16 luglio 1777 (“Arcadia attende il vostro Ritratto. Vorreste mancar di parola a Pane, che già ne ha fatto consapevole tutto il bosco? Non temete l’ira di questo Nume? La vostra modestia è biasimevole dove preghin gli Dei per averlo. Eglino stessi il locheranno fra que’ di Manfredi, di Metastasio, e di Frugoni. Insomma, Voi dovete compiacermi e spedirmelo”, ivi, c. 3r-v), nonché quella del 5 febbraio 1780: “Ricordatevi che da gran tempo aspetto il vostro Ritratto. Un disegno anche in carta basterà per farlo dipingere qui in Roma alla misura de’ quadri compagni” (ivi, c. 11r1). 170 Festa pastorale celebrata dagli Arcadi nel fausto giorno in cui nella sala del Serbatoio di Roma fu collocata la dipinta effige dell’Inclito Meronte abate Melchiorre Cesarotti, Roma, Vescovi e Neri, 1785, pp. 13-38 (Saggio sulla Filosofia del gusto). Le citazioni sono desunte da Cesarotti, Opere, 40 voll. (Pisa, Tipografia della Società Letteraria, voll. I-IX e XVII-XVIII; Firenze, Molini, Landi e Comp., voll. X-XVI e XIX-XXXVII; Pisa, Capurro, voll. XXXVIII-XL, 1800-13), nel vol. I , pp. 301-28. 171 Sui rapporti con l’accademia cfr. Annalisa Nacinovich, Cesarotti e l’Arcadia. Il “Saggio sulla Filosofia del gusto”, in Aspetti dell’opera e della fortuna di Melchiorre Cesarotti, Gargnano del Garda (4-6 ottobre 2001), a cura di Gennaro Barbarisi e Giulio Carnazzi, Milano, Cisalpino, 2002, 2 voll., nel vol. II, pp. 497-517; Ead., “Il sogno incantatore della filosofia”, pp. 143-55. 172 La coincidenza fra l’arrivo a Roma di Cesarotti e la dedica delle Poesie montiane è stata segnalata da Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, p. 76; cfr. anche Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”, p. 148. 137 ragionato di letteratura greca, entrambi permeati di “quel medesimo spirito che presiedette alla fondazione della […] gloriosa adunanza”. Esortando i fruitori delle opere letterarie a partecipare “delle qualità degli autori stessi” e i poeti a intuire le molteplici sfumature del reale, guidati dalla “filosofia del Gusto […] che presiede alle arti del bello”,173 Cesarotti scardina il culto idolatrico dei classici,174 offrendo dunque un’alternativa alla rielaborazione amaduzziana delle tesi neoclassiche di Mengs (commemorato in Arcadia nel 1780), influenzata dal dibattito originatosi nel primo decennio del custodiato di Pizzi intorno al Letterato buon cittadino di Gonzaga. A breve distanza dalla cerimonia in onore di Cesarotti, Mazza fu coinvolto nella disputa intorno all’Aristodemo di Monti.175 Data alle stampe, per i tipi bodoniani, nel 1786, e messa in scena a Parma lo stesso anno, la tragedia fu premiata da Ferdinando di Borbone (senza consultare il Collegio giudicante del concorso drammaturgico, a cui peraltro l’opera non partecipava),176 fra non poche invidie, alle quali Monti replicò identificando in Mazza (omaggiato di una copia dell’opera) il responsabile delle censure.177 Se nell’Esame critico, incluso nell’edizione Puccinelli della tragedia (1788), Monti accusò il poeta parmense di essersi attribuito il titolo di “Omero vivente”, alludendo alla “modestissima epigrafe apposta al rovescio d’una medaglia decretata a se stesso con suo privato senatusconsulto”,178 Mazza, intervenuto con una lettera apologetica datata 28 marzo 1788,179 ricevette numerosi attestati di solidarietà, da Pindemonte (la nota montiana, a suo dire, “pare scritta da un pazzo”)180 a Lazzaro Spallanzani, secondo il quale l’apologia denuncia “nel più evidente modo la calunnia, e 173 Cesarotti, Opere, vol. I, pp. 308-9. L’autore stesso affermava di avere voluto offrire, col Corso, le “più insigni produzioni degli Autori di quella celebre nazione nei vari generi d’eloquenza, accompagnandole con osservazioni e ragionamenti, nei quali sviluppandone le virtù senza dissimularne i difetti mi sono fatto una legge di render ugualmente giustizia ed ai Greci e alla verità” (ivi, p. 319). 175 Sulla vicenda si vedano Balestrino, Angelo Mazza, pp. 46-54; Angelo Colombo, Introduzione, in Id., Il carteggio Monti-Bodoni. Con altri documenti montiani, Roma, Archivio Guido Izzi, 1994, pp. 7-44, alle pp. 26-30; Arnaldo Bruni, Nota al testo, in Vincenzo Monti, Aristodemo, Milano-Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 1998, pp. 277-347, alle pp. 294-306; Cappelletti, Introduzione, in Ead., Ozio e virtù in fatto di belle lettere, pp. 1-31, alle pp. 27-9. 176 Sul concorso tragico istituito a Parma nel 1770 si veda Fedi, Un programma per Melpomene, pp. 1340. 177 Cfr. lettera di Monti a Bodoni, 26 agosto 1786 (in Colombo, Il carteggio Monti-Bodoni, pp. 90-3, a p. 90). 178 Note di Monti all’“Esame critico dell’autore sopra l’«Aristodemo»”, in Monti, Aristodemo, pp. 20513, a p. 206. 179 Angelo Mazza, Lettera […] al sig. abate Vincenzo Monti, Parma, Carmignani, 1788. 180 Missiva di Pindemonte a Mazza, 15 marzo 1788 (cfr. Cappelletti, Ozio e virtù in fatto di belle lettere, p. 101). 174 138 il nero genio del vostro assalitore”.181 Ad Armonide, che aveva scritto a Pizzi proprio il 28 marzo inviando una copia dello scritto difensivo,182 il custode replicò il 5 aprile, condividendone lo sdegno (nonostante avesse caldeggiato la stampa bodoniana dell’Aristodemo, ripristinando così rapporti più cordiali con il tipografo dopo gli equivoci nella spedizione e nel pagamento delle Opere frugoniane),183 pur senza celare i timori di eventuali ritorsioni da parte di Monti: Ogni linea della vostra lettera spira filosofica moderazione, mostra l’Uomo educato, l’Uomo virtuoso, che sicuro di se medesimo, sparge di ridicolo un imbecille avversario, e lo convince coll’armi vittoriose della ragione. Io lodo adunque la saggia maniera con cui lo combattete, lodo il frizzante elegantissimo stile e lodo le grazie spontanee, che vi fluiscono dalla penna. Le stesse lodi ha riscosso la vostra stampa da chiunque ha avuto il piacere di leggerla; ed a me spiacea di non essere stato tra i primi ad averla. Ogni Uomo dabbene, ogni cultore delle Muse di questa Città ha inorridito nel leggere quella scandalosa nota, e sonosi altamente maravigliati del coraggio di costui nel attaccarvi con tanta impostura e indecenza. Io più degli altri ho preso parte col più vivo e sensibil rammarico in cotesta veramente villana ed infame contumelia, e vorrei esser pur io adatto a far tornare l’autore nella dovuta resipiscenza, come Voi mi suggerite. Ma egli è infrenabile ne’ suoi malaccorti e biliosi impeti, ed è gran tempo, che si affaticano invano i suoi stessi fautori ed amici, forse prevedendone la di Lui rovina. […] Io lo veggo ben di rado, e procuro di evitarne l’incontro: tantoppiù, che mi vien supposto che siasi indispettito anche contro di me, non ostante le misure più oneste e più caute da me sempre osservate per non cadere ne’ suoi capogiri, e nelle sue visioni de’ spettri da Voi descritti. […] Date subito alle fiamme questa carta […].184 Quest’ultima esortazione è ribadita da Pizzi nella lettera del 25 giugno 1788,185 in cui l’apprensione per le reazioni del ferrarese, che di fatto avevano intimidito il 181 Lettera di Spallanzani a Mazza, 25 aprile 1788 (in Edizione nazionale delle opere di Lazzaro Spallanzani. Parte prima. Carteggi, a cura di Pericle Di Pietro, Modena, Mucchi, 1984-90, 11 voll. e Indici, nel vol. VI, 1986, pp. 111-2). 182 Cfr. Colombo, Introduzione, in Id., Il carteggio Monti-Bodoni, p. 27. La lettera è in Pezzana, vol. IV, p. 442, n. 1. 183 Quanto all’interesse dell’abate romano per la stampa dell’Aristodemo, si veda la missiva a Bodoni del 24 giugno 1786 (Colombo, Introduzione, in Id., Il carteggio Monti-Bodoni, pp. 24-5, n. 38), mentre sull’episodio dell’invio delle Opere frugoniane richieste da Godard, ma recapitate a Pizzi, che le considerò un omaggio dello stampatore, si vedano le lettere del custode a Mazza del 17 febbraio e del 19 agosto 1780 (BPP, FMM, cass. II, cc. 12v e 27r-v); Anna Maria Giorgetti Vichi, Un curioso equivoco in Arcadia tra Pizzi e Bodoni, in “Labyrinthos”, VII-VIII (1988-89), pp. 359-62; Spaggiari, Bodoni e l’Arcadia, pp. 63-4. 184 A Mazza, 5 aprile 1788; in Giuseppe Micheli, Alcune lettere di Vincenzo Monti ad Angelo Mazza, Parma, Fiaccadori-Scuola Tipografica Salesiana, 1899 (nozze Micheli-Bianchi), pp. 12-3 (la missiva figura anche in Monti, Epistolario, vol. I, p. 324). 185 “In fine vi prego a dar subito alle fiamme anche questo secondo foglio che tratta una materia sì odiosa, siccome anch’io ho fatto delle due vostre, serbando soltanto per mia gloria l’altro innocuo, ed onorevol carteggio tenuto per tanti anni con voi, senza aver parlato mai di sì fatte birbanterie, e tantoppiù è necessaria tal cautela, poiché vi avverto che il Monti ha delle molte letterarie corrispondenze in Parma”; a 139 custode,186 si intreccia alla difesa di Mazza (“Voi però non abbisognate di apologie né in fatto di onore, né di lettere, e l’Italia, che vi ammira disaprova con esecrazione chi va oltraggiato”) e all’elogio di Antonio Cerati, a Roma nel 1788, che invano tentò di placare l’ira di Monti, ben nota anche nei salotti capitolini.187 Infatti, il custode riferì ad Armonide che il ferrarese, istigato “da falsi zelatori, da briganti vili e plebei, fomentatori di discordie”, aveva recitato negli ambienti prossimi all’Arcadia il sonetto caudato A Quirino (1787), denigrando alcuni compastori “con sfacciataggine non mai più udita”.188 Quasi vent’anni dopo, nel 1806, mentre Monti soggiornava a Parma per vigilare la stampa del Bardo della Selva Nera, la temporanea riconciliazione con Mazza fu concertata da Bodoni e da Cesarotti.189 Pur rispettando i rituali accademici consolidati e i legami con l’autorità ecclesiastica, accettandone dunque i compromessi, Pizzi aveva tentato di varare una sia pur fragile riforma poetica, nutrita anche dal confronto con le sedi locali e dagli apporti dei sodali più illustri. Ma i limiti della realtà romana e la diminuita forza di attrazione esercitata dal cenacolo (tanto che molti erano ormai portati a considerare l’esperienza arcadica come una fase transitoria della carriera letteraria)190 intaccarono la portata novatrice del programma del custode. Rimaneva, immutato, il desiderio di auto-celebrazione. L’ode Mazza, 25 aprile 1788 (BPP, FMM, cass. II, c. 48v; il passo figura anche in Micheli, Alcune lettere di Vincenzo Monti ad Angelo Mazza, p. 13, n. 1). 186 “Questo furibondo energumeno ora mi guata in cagnesco perché sa i miei sentimenti a vostro riguardo. S’è alienato d’Arcadia, e ciò poco monta; perocché Arcadia è madre d’ingegni, e ne ha in Roma parecchi, che valgono mille volte più di Lui” (BPP, FMM, cass. II, c. 48r). Scrisse infatti il ferrarese allo stampatore: “Egli [Mazza] non ha altro corrispondente che Pizzi, e questi credo che ora abbia interrotta la corrispondenza con esso, perché muore di paura che io lo nomini, e lo frusti nella mia risposta, come realm.te l’ho minacciato di fare” (lettera del 17 maggio 1788, in Colombo, Il carteggio Monti-Bodoni, pp. 135-8, a p. 136). 187 “Il nostro Mevio va dicendo un mondo di male di Cerati, perché ha tentato di persuaderlo e convincerlo della sua frenesia. Io m’immaginava che così dovean finire le premure di sì onesto Cavaliere, anzi io già glie lo avea pronosticato, conoscendo io ben il Soggetto il quale non può nuocere gli Uomini di riputazione, ed è un Cane rabbioso, che latra orrendamente, ma che fugge nel tempo stesso alla vista del bastone”; lettera del 25 giugno 1788 (BPP, FMM, cass. II, c. 48r). 188 Missiva di Pizzi a Mazza, 5 aprile 1788 (Micheli, Alcune lettere di Vincenzo Monti ad Angelo Mazza, p. 12). Per il sonetto cfr. Vincenzo Monti, Poesie, a cura di Guido Bezzola, Torino, Utet, 1969, pp. 114-8. Nella lettera del 25 giugno 1788 il custode diede notizia del diverbio fra Monti e Aldebrando Luigi Fogli (segretario di Alessio Falconieri), che replicò alle ironie del ferrarese rivolte ai sonetti berneschi contro Pilato recitati nelle tornate poetiche del Venerdì Santo. Si veda la replica di Mazza (4 luglio 1788) in Pezzana, vol. IV, pp. 442-3, n. 1; e Angelo Romano, In margine alle polemiche romane del Monti (17781797), in Vincenzo Monti nella cultura italiana, vol. II (Monti nella Roma di Pio VI ), pp. 277-97. 189 Cfr. Colombo, Introduzione, in Id., Il carteggio Monti-Bodoni, pp. 38-42 (e pp. 193-5 per la missiva di Monti a Bodoni, 2 luglio 1812). Alcune fonti datano la riappacificazione fra agosto e settembre 1789, in occasione del passaggio a Parma di Monti, ospite nell’albergo della Posta, presso cui Mazza si recò pensando di incontrare Pindemonte (cfr. Micheli, Alcune lettere di Vincenzo Monti ad Angelo Mazza, p. 15; e Catucci in DBI, vol. LXXII, p. 478). 190 Su questo aspetto cfr. Cipriani, Contributo per una storia politica dell’Arcadia settecentesca, pp. 14850. 140 saffica Per l’anno secolare d’Arcadia, composta per il primo centenario del cenacolo da Rezzonico, trasferitosi a Roma nel 1789,191 restituisce infatti l’immagine dell’accademia adagiata nella memoria di un passato glorioso, non scalfito dal tempo, incurante delle sollecitazioni del nuovo: Arcadia bella oltra il centesim’anno vive, e vivrà di Roma eterna al paro, finché l’onde del Tebro al mar n’andranno e il sol fia chiaro. Invano contro lei Discordia e bieca Invidia i dardi a dura cote affina, vindice fra’ suoi lauri erra la sveca regal Cristina; erra lo stuolo de’ miglior poeti, onde fu domo il tumido Secento, e fur di riso l’Achillini e il Preti lungo argomento.192 191 Nell’ultima lettera (31 marzo 1790) il custode aggiorna Mazza sulle condizioni di salute di Rezzonico, che a Roma aveva affrontato un’operazione chirurgica (BPP, FMM, cass. II, c. 46r-v). 192 Rezzonico, Opere poetiche, pp. 159-62, alle pp. 160-1, vv. 61-72. 141 3. L’evoluzione delle forme metriche 1. “Un grande laboratorio […] di metrica”, per usare un’espressione di Mario Fubini, si delinea nei quattordici volumi delle Rime degli Arcadi.1 Il ritorno all’ordine, proclamato dall’accademia crescimbeniana, e tradotto nel pieno recupero dei moduli petrarcheschi, è altresì supportato dagli esiti delle sperimentazioni cinque-seicentesche sull’ode e sull’ode-canzonetta, nonché dalla corrispondenza, col tempo destinata ad accentuarsi, con le strutture melodrammatiche. Affermato poco dopo la metà del secolo nella silloge dei “tre eccellenti moderni autori”, curata da Bettinelli (1758), il verso sciolto se da un lato marca una forte presa di distanza dalla poesia per musica, accordandosi, in virtù degli effetti prosaici e colloquiali, con la trattazione delle tematiche filosofico-scientifiche, dall’altro coesiste con le forme chiuse della tradizione, o derivate dall’adattamento di quelle classiche (soprattutto oraziane), messo in atto, fra gli altri, da Giovanni Fantoni e dai poeti della “scuola estense” (Agostino e Giovanni Paradisi, Luigi Cerretti, Luigi Lamberti, Francesco Cassoli traduttore delle odi di Orazio).2 Negli otto volumi dati alle stampe da Crescimbeni, nel quadriennio 1716-20, domina il sonetto, bon à tout faire,3 che precede di gran lunga le altre categorie metriche nella disposizione dei componimenti antologizzati; non rari sono anche i casi di autori rappresentati soltanto da questo schema (come Faustina Maratti Zappi e Giovanni 1 Mario Fubini, Metrica e poesia del Settecento (1965), in Id., Saggi e ricordi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1971, pp. 3-45, a p. 14 (col titolo La poesia settecentesca nella storia delle forme metriche italiane, in Problemi di lingua e letteratura italiana del Settecento, Atti del quarto Congresso dell’Associazione internazionale per gli studi di lingua e letteratura italiana [Magonza e Colonia, 28 aprile-I° maggio 1962], Wiesbaden, Steiner, 1965, pp. 38-56). 2 Per la definizione di “scuola estense” si veda Giosuè Carducci, La lirica classica nella seconda metà del secolo XVIII (1871), in EN, vol. XV, pp. 145-235, a p. 190. Sulla riproduzione delle forme oraziane cfr. Massimiliano Mancini, L’imitazione metrica di Orazio nella poesia italiana, in Orazio e la letteratura italiana. Contributi alla storia della fortuna del poeta latino. Atti del Convegno svoltosi a Licenza dal 19 al 23 aprile 1993 nell’ambito delle celebrazioni del bimillenario della morte di Quinto Orazio Flacco, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1994, pp. 496-532; e Rodolfo Zucco, Imitazioni metriche oraziane nel Settecento, in “Nuova rivista di letteratura italiana”, II (1999), pp. 355-95. 3 “Ma quanto al Sonetto, non si dovrebbe ricercare, se egli sia stato in uso tanto fra gli Antichi, quanto fra i Moderni; perciocché non si apre libro di rime di qualsisia tempo, che non se ne truovino infiniti” (Crescimbeni, L’Istoria della volgar poesia, libro I, p. 29). 142 Giuseppe Felice Orsi).4 Nonostante prevalga la sequenza che combina le quartine incrociate e le terzine incatenate (ABBA, tetrastici alternati (ABAB, ABAB), ABBA; CDC, DCD), seguita da quella con i non mancano le attestazioni di un esercizio variantistico, incrementato soprattutto a partire dal quarto volume, del 1717. Si affermano infatti le quartine originate dalle sovrapposizioni fra i due moduli consueti (ABBA ABAB, ABAB ABBA, ABAB BABA, ABAB BAAB, ABBA BAAB) secondo combinazioni molteplici (ad esempio, e le terzine strutturate CDC EDE, CDE CDE, CDE DCE). 5 Ben quindici sono le occorrenze metriche nei ventidue sonetti di Ercole Maria Zanotti; tredici, invece, quelle nei ventiquattro sonetti del napoletano Basilio Giannelli; e tre negli altrettanti componimenti di Gabriele Enriquez.6 Il sonetto dialogato del camaldolese Guido Grandi ricalca le strutture dei recitativi;7 e nei Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia Crescimbeni ne illustra la modalità in sonetti accomunati dalle stesse parole-rima.8 Gli ottonari sostituiscono gli endecasillabi nel sonetto anacreontico (influenzato dall’uso dell’octosyllabe e dalle misure brevi del Chiabrera), introdotto in Arcadia, nel 1694, da Carlo Enrico Sanmartino e promosso da Antonio Tommasi, che tre anni dopo, a Lucca, pubblicò una raccolta di Sonetti anacreontici.9 Quaranta sono i sonettini negli otto volumi vigilati dal Crescimbeni,10 fra cui due di Francesco Maria di Campello, rispettivamente di quinari (“O lodoletta”) e di settenari (“Sai, Flora, che desia”), diciannove di Tommasi e otto di Alessandro Pegolotti, per lo più riconducibili agli schemi rimici dei sonetti endecasillabici;11 assenti, invece, nelle sillogi curate da Michele Giuseppe Morei (1747, 1749, 1759), mentre nel tomo tredicesimo dato alle stampe da Gioacchino Pizzi, nel 1780, figurano due sonettini di Giuseppe Maria Pagnini e uno di Parini, “Rondinella garruletta” (con i vv. 2-3 e 6-7 tronchi), che sperimenta inoltre l’endecasillabo rolliano nel sonetto “O Sonno placido 4 RdA, voll. II, pp. 28-42 (Maratti Zappi); III, 9-22 (Orsi). Secondo Crescimbeni, gli schemi ricorrenti sono ABBA ABBA ; CDC DCD e ABAB BABA; CDC DCD. Meno attestate, ma “belle”, risultano le sequenze ABBA, BAAB; CDC, DCD, nel sonetto (di Brandaligio Venerosi) “Giro al tempo lo sguardo; ed il trascorso”, e ABAB, BABA; CDC, DCD, in quello (di Pier Andrea Forzoni Accolti) “Tu piangi, Italia mia, nuove catene” (cfr. Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro II , pp. 173-5; il sonetto di Forzoni Accolti è anche in RdA, vol. VI, p. 38). 6 RdA, voll. IV, pp. 305-19 (Zanotti); VI, 73-88 (Giannelli); VIII, 342-3 (Enriquez). 7 Ivi, vol. VII, p. 197. Cfr. Rodolfo Zucco, Il sonetto anacreontico (ed altre sperimentazioni settecentesche sul sonetto), in “Stilistica e metrica italiana”, I (2001), pp. 223-58, a pp. 243-7. 8 Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro III, pp. 194-5. 9 Sull’origine dei sonettini cfr. ivi, vol. I, libro II, pp. 166-7; e Zucco, Il sonetto anacreontico, pp. 227-32. 10 Per l’elenco dei testi e l’analisi metrica cfr. Zucco, Il sonetto anacreontico, pp. 233-4 e 248-53. 11 RdA, voll. III, pp. 178 (Campello), 210, 218, 225-8 (Pegolotti); VI, 334-42 (Tommasi). 5 143 che, con liev’orme”.12 A Ferdinando Passerini è attribuita la paternità del modulo che prevede la ripetizione del primo emistichio dell’incipit dopo ogni quartina, mentre le terzine sono rispettivamente chiuse dai primi emistichi dei vv. 11 e 15: Vivea contento alla capanna mia in povertate industre, e in dolce stento, e perche al canto, ed al lavoro intento qualche fama di me spander s’udia, vivea contento. Fatto perciò superbo io mi nutria d’un van desio d’abbandonar l’armento. fui negli alti palagi, e in un momento senza pregio restai, nè più qual pria vivea contento. Degli anni miei perdendo il più bel fiore, il viver lieto, e la virtù perdei: l’ozio, la gola, e gli agi ebber l’onore degli anni miei. Scorno, e dolore i giorni tristi, e rei m’occupa alfine, e dico a tutte l’ore: ah s’io pover viveva, or non avrei scorno, e dolore.13 Ai sonetti seguono le canzoni, in cui il retaggio petrarchesco mutuato dagli epigoni del Cinquecento ben si adatta alla programmatica continuità con le misure della tradizione, patrocinata da Crescimbeni. Numerosi, dunque, i riscontri: dalle canzoni di Niccolò Forteguerri a quelle raccolte nell’appendice turchesca nel volume terzo,14 dalle prove di Nicolò Amenta a quelle di Petronilla Paolini Massimi, riecheggianti i modi eroici di Alessandro Guidi nelle autobiografiche “Quando dall’urne oscure” e “Spieghi le chiome irate” (così come nel sonetto “Sdegna Clorinda a i femminili uffici”, frequentemente letto come rivendicazione appassionata dei diritti delle donne).15 Fra le otto canzoni del Filicaia, distribuite nei volumi terzo e ottavo, figurano i versi per Giovanni III di Polonia, che nel dialogo nono de La bellezza della volgar poesia di Crescimbeni sono elevati a esempio di imitazione non pedissequa del tipo 12 RdA, vol. XIII, pp. 145-5 (anche in Alcune poesie di Ripano Eupilino, pp. 143-4). Cfr. Zucco, Il sonetto anacreontico, pp. 238-41. Per Carducci, “Rondinella garruletta” è “la più schiettamente arcadica cosuccia” raccolta nelle Poesie di Ripano Eupilino (cfr. Il Parini principiante, p. 32). Cfr. anche RdA, vol. XIII, p. 218 (Pagnini). 13 RdA, vol. IV, pp. 304 e [395]. Lo schema, con cui Passerini compone anche il sonetto “Da te, mio Bene, ahi c’ho fuggito invano” (ivi, pp. 303-4), è variato da Giulio Cesare Grazini, che introduce l’uso degli endecasillabi frottolati e la ripetizione del primo emistichio del v. 11 dopo la seconda terzina (“Io vo narrando alle sord’aure, a i venti”, ivi, vol. VII, p. 120); cfr. Zucco, Il sonetto anacreontico, pp. 226-7. 14 RdA, voll. II, pp. 333-40 (Forteguerri); III, 358-61 (Lavaiani) e 368-71 (Della Penna). 15 Ivi, voll. I, pp. 165 e 171-82 (Paolini Massimi); IV, 343-50 (Amenta). 144 petrarchesco,16 a cui attinge la canzone di Eustachio Manfredi, composta nel 1700 per la monacazione di Giulia Caterina Vandi, amata dal poeta, spirante un’“autentica nostalgia per l’eletto stile del Petrarca”.17 Allo stesso modello aderiscono gli altri esponenti del cenacolo bolognese: Ferdinando Antonio Ghedini, Angelo Antonio Sacco (vicecustode della Renia), l’abate Enea Antonio Bonini e il marchese Antonio Maria Ghislieri (principe dell’accademia dei Gelati).18 Attestata anche negli Inni per alcuni santi (1624) e nelle Canzoni per papa Urbano VIII (1628) di Chiabrera,19 la canzone pindarica tripartita in strofe, antistrofe ed epodo è praticata da Giovanni Tommaso Baciocchi (“Almo Fanciullo eterno”) e da Crescimbeni (“Bella di Gioventute eccelsa Diva”), per l’acclamazione di Carlo Albani (Cleandro Elideo), nel 1704.20 La sperimentazione delle forme libere resta invece circoscritta nelle raccolte di esordio. Caratterizzato da stanze disuguali per dimensioni e distribuzione dei settenari e degli endecasillabi, irrelati o variamente rimati, l’impianto delle sette canzoni a selva di Alessandro Guidi, celebratore dei fasti dell’accademia romana, è adattato soltanto nella canzone di Marco Antonio Lavaiani (“O Felici Campagne, in cui l’antica”, 1713) e in quella di Francesco Del Teglia, letta alla presenza di Maria Casimira Sobieska (1699).21 Del resto, le opinioni di Gravina, secondo cui l’artificiosità della rima compromette la verosimiglianza del testo poetico,22 si scontravano con il dissenso di Crescimbeni, che a sua volta svalutò le liriche guidiane: Abbandonò [Guidi] adunque affatto il metro regolato, e diedesi totalmente a comporre con armonia varia, ed irregolare, riducendo l’arte delle bellissime Canzoni a tal disavventura, ch’egli medesimo, anzi i medesimi suoi Consiglieri non sapevano come chiamarle, non convenendo loro altro titolo in fronte, che 16 Ivi, vol. III, pp. 264-71. Afferma Paolucci, rivolto a Egina e a Pier Jacopo Martello: “Vedete per entro questa strofe [la prima] quante frasi risplendono, che non furono adoperate dal Petrarca; e furono ignote quasi a tutti i cinquecentisti: e pure chi oserà condannarle o di prosastiche, o di difformi dal resto del favellare, che si accosta alla Petrarchesca maniera? Dite adunque con giudizio; e dite pure ciò, che v’aggrada: che tutto è permesso di dire a chi fa ben dire” (Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, p. 170). Sul ciclo composto dal Filicaia per l’assedio e la liberazione di Vienna (1683) si veda il giudizio di Carducci: “per una parte pareva tornare ai grandi giri del Petrarca, e per l’altra attingere più profondo che a Pindaro, ai profeti. Questo inombramento di religiosità del Vecchio Testamento era nell’indole sua, nella tendenza del secolo, nella commozione dell’ora; con lui l’enfasi e il colorito ebraico entrano nella lirica italiana” (Dello svolgimento dell’ode in Italia, in EN, vol. XV, pp. 1-81, a p. 55). 17 Fubini, Metrica e poesia del Settecento, p. 5. Sulla canzone dell’arcade bolognese (in RdA, vol. II, pp. 21-4) cfr. Binni, L’Arcadia e il Metastasio, pp. 93-115. 18 RdA, voll. III, pp. 154-8 (Ghedini) e 161-5 (Sacco); V, 13-9 (Bonini) e 360-3 (Ghislieri). 19 Gabriello Chiabrera, Opera lirica, a cura di Andrea Donnini, Torino, Res, 2005, 5 voll., nel vol. III, pp. 5-25 e 227-40. 20 RdA, voll. I, pp. 104-7 (Crescimbeni); VI, 273-7 (Baciocchi). 21 Ivi, voll. II, pp. 141-7 (Lavaiani); VI, 157-60 (Del Teglia). 22 Gravina, Discorso sopra l’“Endimione”, in Id., Scritti critici e teorici, pp. 70-2. 145 quello di Versi. Il primo Componimento di questo genere, ch’egli fece sentire nel bosco degli Arcadi, fu sopra la stessa Arcadia […]: O noi d’Arcadia fortunate genti. E ciò adivenne nell’ultima Ragunanza del predetto anno [1692]; ma a dire il vero, se egli per la gran finezza d’armonia, che aveva nell’orecchio, non avesse procurato di collocare i versi interi, e i rotti, siccome anche le rime, con opportuno riguardo, e non avesse maneggiata la punteggiatura con particolar giudizio, sì fatte sue Canzoni sarebbero parute un accidentale accozzamento di versi.23 Il primato del modello petrarchesco, per lo più ridotto “a veste di parata”,24 è insidiato dall’ode di strofe brevi e semplificate (prive della partizione di piedi e sirma), elaborata nel Cinquecento. Sul tetrastico di endecasillabi a rima incrociata (adoperato da Chiabrera e da Fulvio Testi)25 sono elaborate l’ode di Cesare Bigolotti, letta il 6 gennaio 1716 nel palazzo della Cancelleria Apostolica, e quella del canonico romano Michele Brugueres, “Quando del Ciel per l’ampie strade, e belle”.26 È poi presente l’esastico /aBBacc/ nelle odi (“O dell’obblìo nemiche” e “A generose prove”) di Scipione Maffei e di Pompeo Rinaldi, che ricorre al modulo /ABbACC/ nella seconda canzone per la nascita del principe Vittorio Amedeo di Savoia (1699); lo schema /AbbAcc/ è invece attestato nell’ode di Francesco Maria Gasparri, composta per le celebrazioni natalizie nel 1717, e in quella di Giovanni Tommaso Baciocchi per Domenico Maria De Mari doge di Genova.27 Frequenti sono le sovrapposizioni con le strutture agili dell’odecanzonetta (soprattutto nel caso dei tipi di soli settenari e ottonari), portata in auge da Chiabrera, adattando i moduli metrici derivati dai poeti francesi della Pléiade, e altresì definita “anacreontica”, per l’identità di motivi e di stile con le odi tradizionalmente attribuite ad Anacreonte, date alle stampe da Henri Estienne nel 1554.28 23 Crescimbeni, Vita dell’Abate Alessandro Guidi, in Guidi, Poesie, p. XXII. Il giudizio del custode è confermato nei Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia (“elle [le canzoni a selva] sono componimenti fatti con calore, ed enfaticamente stesi senza riguardo, e per quanto porta un empito d’ingegno”, vol. I, libro II, p. 221), mentre nel dialogo nono de La bellezza della volgar poesia (p. 172) le canzoni di Guidi sono parzialmente riabilitate: “l’eccellenza dell’arte sua, e la finezza dell’armonia, che possiede veramente stupenda, il fanno non condannare universalmente; e […] per conseguenza […] bisogna esser lui, per godere di questo privilegio [l’uso delle forme libere]”. 24 Fubini, Metrica e poesia del Settecento, p. 5. 25 Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 201-2. 26 RdA, voll. II, pp. 70-1 (Bigolotti); VII, 22-6 (Brugueres). 27 Ivi, voll. II, pp. 82-7 (Rinaldi); VI, 271-3 (Baciocchi); VII, 317-9 (Maffei); VIII, 173-5 (Gasparri). 28 Per la distinzione di ode e ode-canzonetta cfr. Pietro G. Beltrami, La metrica italiana, pp. 117-120, 315-6, 333, 348-9; e Gianfranca Lavezzi, I numeri della poesia. Guida alla metrica italiana, Roma, Carocci, 2002, pp. 120-4. Sulla continuità fra la poesia musicale seicentesca e la melica settecentesca cfr. Carlo Calcaterra, La melica italiana dalla seconda metà del Cinquecento al Rolli e al Metastasio, in Paolo Rolli, Liriche, Torino, Utet, 1926, pp. I-LXXXVIII (anche in Carlo Calcaterra, Poesia e canto. Studi sulla poesia melica italiana e sulla favola per musica, Bologna, Zanichelli, 1951, pp. 99-189. Si veda inoltre Luca Zuliani, Sull’origine delle innovazioni metriche di Gabriello Chiabrera, in “Stilistica e metrica italiana”, III (2003), pp. 91-128. 146 Quanto alle strofe indivise, pressoché assenti sono gli schemi di singoli quinari, riscontrati soltanto nelle odi-canzonette di Benedetto Menzini e di Lorenzo Magalotti, 29 mentre cospicua è la presenza di soli settenari e ottonari, variamente combinati. Nel novero dei tristici doppi, sperimentati da Chiabrera,30 si impone la formula di ottonari e quadrisillabi /a8a4b8 ; c8c4b8/ (la cui fortuna si estende fino al Carducci di Alla rima), mutuata dalle odelettes di Pierre de Ronsard, e attestata, ad esempio, nell’odecanzonetta di Filippo Leers: Un bel riso lusinghiero, Ch’a l’impero Di due labbra alme rosate, Lasso me! ch’io non diviso Se sia riso Di disprezzo, o di pietate.31 Figurano inoltre le soluzioni /a4a4b8 ; c4c4b8/, nelle odi-canzonette di Crescimbeni e Forteguerri, e /a8a8b8 ; c8c4b8/ nell’ode di Giampietro Zanotti per il cardinale Pietro Ottoboni.32 Ai moduli di quinari e settenari (come /a5a5b7 ; c5c5b7/, nell’ode-canzonetta “Ninfe, e Pastori” di Eustachio Manfredi)33 si accostano le strofe doppie di ottonari piani, proparossitoni e tronchi. L’introduzione dei versi irrelati e delle rime ossitone e sdrucciole coopera infatti all’armonia del testo, che per “esser perfetta, debbe esser composta di varie voci”.34 La presenza del tetrastico geminato è invece limitata all’ode di Giampietro Zanotti, “Or che i petrosi fianchi”, e a due odi-canzonette dello Zappi e di 29 RdA, voll. II, pp. 156-8 e 166-8 (Menzini); IV, 233-8 (Magalotti). Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 19, n. 1. Per un repertorio delle forme metriche chiabreresche si veda Giulia Raboni, Incipitario della produzione lirica, in Gabriello Chiabrera, Maniere, Scherzi e Canzonette morali, Parma, Fondazione Pietro Bembo-Ugo Guanda, 1998, pp. 441-538; e Donnini, Apparato critico, in Chiabrera, Opera lirica, vol. V, pp. 271-388. 31 RdA, voll. I, pp. 140-1, vv. 1-6. Sullo schema cfr. Giosuè Carducci, Della poesia melica italiana e di alcuni poeti erotici del secolo XVIII (1868), in EN, vol. XV, pp. 83-144, alle pp. 85-92; Ferdinando Neri, Il Chiabrera e la Pléiade francese, Torino, Bocca, 1920, pp. 54-66; Mario Martelli, Le forme poetiche italiane dal Cinquecento ai nostri giorni, in Letteratura italiana, diretta da Alberto Asor Rosa, vol. III (Le forme del testo I. Teoria e poesia), pp. 519-620, alle pp. 578-81; Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 127-8. 32 RdA, voll. I, pp. 73-4 (Crescimbeni); II, 324-5 (Forteguerri); III, 318-22 (Zanotti). 33 Ivi, vol. VIII, pp. 2-5. 34 Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, p. 170. Sull’argomento Carducci afferma: “In breve, la novità era: circa la misura, introdurre nella lirica altri versi oltre l’endecasillabo e il settenario; circa la prosodia, estendere la facoltà di rimare oltre le baritone. Piccola riforma in apparenza, ma portò quella tanta varietà metrica onde si distinse poi la lirica italiana: che oltre a ciò fu condotta a riamicarsi alla popolare, dalla quale avea fatto così dichiarato distacco nel cinquecento” (Dello svolgimento dell’ode in Italia, p. 36). Si veda inoltre Aldo Menichetti, Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima, Padova, Antenore, 1993, pp. 116-8. 30 147 Angelo Antonio Somai.35 A verificare le potenzialità rimiche del modulo contribuirono i “corifei della canzonetta”,36 Paolo Rolli e Metastasio (grazie alle parallele sperimentazioni in ambito melodrammatico),37 esclusi dalla prima Arcadia, anche a causa della diffidenza nutrita dal Crescimbeni nei confronti di chi aveva in qualche modo frequentato la cerchia del Gravina, dopo lo scisma nel 1711.38 La varietà formale che qualifica quasi tutti i cinque libri della raccolta d’esordio di Rolli, del 1717 (soltanto il corpus elegiaco conserva le terzine dantesche), trova scarsi riscontri nei volumi promossi dal primo custode.39 Le Rime londinesi si aprono con una sezione di quattordici testi di endecasillabi faleci, detti anche rolliani, di cui sei a schema libero e i restanti articolati in terzine, attestate soltanto nel componimento di Carlo Emanuele d’Este, incluso nel tomo ottavo delle Rime degli Arcadi.40 Fra le odi, le terzine incatenate di ottonari, che Pier Jacopo Martello utilizza ne Il Colosseo. Per la morte d’Osmino, accolto nel secondo volume delle Rime, si alternano ai tetrastici di settenari incrociati (l’ode-canzonetta di Forteguerri “Tanta invidia ti porto” reca invece lo schema alternato) e agli scarsi esperimenti di riduzione della metrica oraziana.41 Infatti, sono assenti i sistemi alcaici e asclepiadei, mentre le strofe saffiche, peraltro frequentate in età precedenti, compaiono nei polimetri, come L’Auronte di Antonio Tommasi, l’egloga di Francesco Domenico Clementi, per i giochi olimpici celebrati nel 1709, e quella di Crescimbeni, Lucrina, in cui è la variante di endecasillabi frottolati,42 attestata nelle egloghe graviniane e nell’ode di Metastasio Pel Santo Natale, inclusa nella prima raccolta pubblicata lo stesso anno di quella rolliana.43 Il campionario metrico dei primi otto volumi è completato dai capitoli elegiaci (ad esempio, le terze rime di Menzini)44 e dalle egloghe, sia di terzine (piane e sdrucciole) 35 RdA, voll. I, p. 303 (Zappi); III, pp. 316-8 (Zanotti); VIII, 191-3 (Somai). Carducci, Della poesia melica italiana, p. 94. 37 Cfr. Rodolfo Zucco, Metastasio nella sperimentazione metrica del Settecento (e appunti ottocenteschi), in “Giornale storico della letteratura italiana”, CXXII (2005), pp. 340-61. 38 Per lo sviluppo del tetrastico geminato, “forma principe della poesia settecentesca”, cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 21-30, a p. 21. 39 Rolli, Rime, pp. 65-97 (Delle elegie). Sulla raccolta si veda Rodolfo Zucco, «Per ordine di metri»: forme metriche e libro poetico in Rolli, Frugoni e Foscolo, in “Stilistica e metrica italiana”, V (2005), pp. 141-83, alle pp. 146-8 e 171-2. 40 Rolli, Rime, pp. 5-32 (le terzine sono alle pp. 9-17, 19-20, 23-32); RdA, vol. VIII, pp. 89-91. Sull’endecasillabo rolliano cfr. Beltrami, La metrica italiana, pp. 197-8. 41 Rolli, Rime, pp. 33-62; e RdA, vol. II, pp. 260-2. Sulle terzine di ottonari cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 193-4. 42 RdA, voll. I, pp. 107-20 (Crescimbeni); V, 30-7 (Clementi); VI, 345-50 (Tommasi). 43 Sulla saffica cfr. Mancini, L’imitazione metrica di Orazio, pp. 492-507; Zucco, Imitazioni metriche oraziane, pp. 356-62. Per l’ode di Metastasio cfr. Poesie, pp. 165-8 (testo) e 514-20 (commento). 44 RdA, vol. II, pp. 184-9. 36 148 sia polimetriche, in quest’ultimo caso composte anche da due o tre autori, che combinano sequenze strofiche variamente rimate e stanze di endecasillabi sdruccioli e frottolati, come l’egloga dialogica recitata in Arcadia dallo Zappi e da Giuseppe Paolucci (“Tirsi, così per tempo? ancor su i prati”).45 Sporadiche le ottave, fra cui il poemetto di Antonio Caraccio, L’Assemblea de’ Fiumi, per l’arrivo a Roma di Cristina di Svezia (1655), mentre lo Zappi si cimenta nel madrigale, che nel dialogo nono de La bellezza della volgar poesia è definito “bazzecola” rispetto alle forme distese, pur essendo di elaborazione complessa.46 Altresì esigua è la categoria delle sestine liriche, “non sapendo la delicatezza del secolo accomodarsi alla loro poco grata armonia”,47 con le prove di Alessandro Marchetti, di Elisabetta Credi Fortini e di Pietro Paolo Pagliai, autore de Il corso delle Navi, per la laurea di Annibale Albani (1704), e di una sestina composta per la morte dello scienziato Pirro Maria Gabrielli.48 A variare il panorama interviene il volume nono (1722), in cui Crescimbeni offre un saggio di generi meno praticati, per lo più metricamente irregolari, “degni di comparire sotto gli occhi non pur de’ presenti Letterati, ma anche de’ futuri”.49 Ben dieci sono le corone poetiche chiuse dal sonetto magistrale del custode, composto a guisa di centone dai primi versi dei sonetti che formano la ghirlanda,50 e due le corone rinterzate di quaranta sonetti rispettivamente offerte a Innocenzo XIII e a Clemente XI. 51 La seconda metà dell’antologia è occupata dai polimetri, come l’egloga Il ferragosto di Crescimbeni e dello Zappi (risalente al 1701) e la Festa poetica costituita dal canto del Morei, alternato a una sequenza di sedici sonetti di altrettanti autori e a una lassa di endecasillabi faleci.52 Fra i ditirambi (uno se ne conta anche nei volumi precedenti)53 45 “E finalmente degna d’avvertimento è altresì l’osservazione, che nella mentovata Adunanza d’Arcadia l’anno 1690 che fu istituita, incominciarono a mettersi in uso l’Egloghe, nelle quali gli stessi Poeti introducono a favellar se stessi, come Pastori di essa Adunanza, e sotto la maschera de’ lor nomi Pastorali; ed i versi di esse sono di quei medesimi, che favellano, dimodoché una medesima Egloga è composta da più Poeti” (Crescimbeni, Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro IV, p. 279). Per l’egloga cfr. RdA, vol. I, pp. 37-51. 46 “Novità, brevità, proprietà, chiarezza, e felicità” sono, a detta di Paolucci, le caratteristiche del perfetto madrigale (cfr. Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, p. 174). Per i tre madrigali dello Zappi cfr. RdA, vol. VIII, p. 341. 47 Crescimbeni, Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro II, p. 147. 48 RdA, voll. V, pp. 88-9 (Marchetti); VII, 12-5 (Credi Fortini) e 128-30 (Pagliai). 49 Ivi, vol. IX, pp. [X-XI]. 50 Ivi, pp. 85-240. 51 Ivi, pp. 1-84. Per la descrizione di entrambe le tipologie cfr. Crescimbeni, Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro III, pp. 214-5. 52 RdA, vol. IX, pp. 241-93. Su Il ferragosto cfr. Crescimbeni, Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia, vol. I, libro IV, p. 299. 53 RdA, vol. II, pp. 180-4 (Menzini). 149 figurano il rediano Bacco in Toscana, che dispiega un’ampia gamma di combinazioni metriche e di esiti linguistici,54 e le sestine di Antonio Francesco De Felici, che rientrano invece nel novero dei componimenti modellati sul motivo bacchico, ma con la struttura regolare, come l’anacreontica di Magalotti “Brindis, brindis al sovrano”.55 In chiusura, la mascherata di Carlo Emanuele d’Este per il carnevale milanese nel 1722 si discosta dalla polimetria tipica del genere per aderire alle ottave, convalidando così la natura doppia del volume, in cui le dissonanze si intrecciano alle forme ordinarie.56 2. Dopo un intervallo di venticinque anni, i volumi decimo (1747) e undicesimo (1749), curati da Michele Giuseppe Morei, esecutore fedele del progetto editoriale di Crescimbeni, confermano l’adesione ai moduli tradizionali. Se da un lato si fa ancora più numerosa la presenza dei sonetti (modellati sulle sequenze registrate nelle prime nove sillogi) e della canzone petrarchesca (come attestano, ad esempio, le prove di Domenico Ottavio Petrosellini, Filippo Maria Pirelli, Pizzi, Niccolò Coluzzi e Alberto Baccanti),57 dall’altro diminuiscono sensibilmente le odi-canzonette, secondo gli schemi attestati nei volumi precedenti (mancano però i tetrastici doppi). Le soluzioni di ottonari e quadrisillabi, nelle liriche di Domenico Ottavio Petrosellini e di Veronica Cantelli Tagliazucchi,58 si alternano alle sequenze di quinari (ad esempio, le odi-canzonette di Pasquale Fantauzzi e della Cantelli Tagliazucchi, intercalate da elementi ritornellistici) e a quelle di ottonari, combinati in distici baciati (“Se volete mascherarvi” dello Zappi), in quartine a rima incrociata (“Per la bella mia Collina” di Giovanni Carlo Antonelli) e in esastici, come l’ode di Pasquale Caetani per Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia.59 Anche le odi replicano gli schemi già verificati. “Sento dirmi talor dal Vulgo insano” di Sigismondo Gonzaga è costituita da esastici di settenari ed endecasillabi 54 Ivi, vol. IX, pp. 304-35. Sulla metrica del ditirambo rediano cfr. Bucchi, Introduzione, in Redi, Bacco in Toscana, pp. XIII-XCIV, alle pp. LXXXII-XCIV. 55 RdA, voll. IV, pp. 229-33 (Magalotti); IX, 225-6 (De Felici). Nei Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia (vol. I, libro III, pp. 225 e 235-40) Crescimbeni distingue l’ode-canzonetta “ditirambica” (esemplificata dai versi magalottiani) e quella “lirica” (come “Care soavi figlie” di Francesco Del Teglia), ambedue derivate da Chiabrera. 56 RdA, vol. IX, pp. 387-9. 57 Ivi, voll. X, pp. 84-7 (Pirelli) e 118-56 (Petrosellini); XI, 174-8 (Pizzi), 218-53 (Coluzzi) e 265-8 (Baccanti). 58 Ivi, voll. X, pp. 149-51 (Petrosellini); XI, 206-7 (Cantelli Tagliazucchi). Il modulo /a8a4b8 ; c8c4b8/ dell’ode-canzonetta di Petrosellini (“Già due volte il Mietitore”) è ampiamente utilizzato nelle prime otto sillogi, mentre l’antecedente dello schema ripreso dalla Cantelli Tagliazucchi in “Belle chiome, che spargete” (/a8a4b8b4c8c8/) è da individuarsi nella Canzonetta amorosa LXIV di Chiabrera (cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 231 e 234). 59 RdA, voll. X, pp. 363-8 (Zappi); XI, 128 (Fantauzzi), 205-6 (Cantelli Tagliazucchi), 296-302 (Antonelli), 416-7 (Caetani). 150 (/ABbACC/), mentre l’ode “Scuoti pur la polverosa” è articolata in sestine di ottonari (/ababcc/), alla stregua di “Dal bel colle di Quirino” di Giacinto Speranza.60 Per contro, nelle riprese delle terzine, si distinguono le elegie (ad esempio, l’omaggio dell’abate Giuseppe Odazzi per la morte di Flaminia Odescalchi Chigi), le egloghe, i capitoli di Giampietro Zanotti, in cui il secondo verso è irrelato, nonché La strada della gloria di Metastasio e i canti de La vita umana di Bernardo Bucci, che adattano la scelta formale al motivo della visione.61 Nell’egloga polimetrica della Cantelli Tagliazucchi è attestato il tetrastico di settenari (vv. 142-89), attribuito a Frugoni e adottato da Ludovico Savioli Fontana (di qui il nome di “quartina savioliana”) negli Amori (due edizioni, 1758 e 1765).62 Entrambi i volumi confermano inoltre la scarsa incidenza della sestina lirica, rappresentata soltanto da Gabriele Enriquez,63 e delle ottave, nel poemetto di Giuseppe Brogi (Stato di Dio ab eterno) e in un epitalamio giovanile di Metastasio (1723), che allo stesso schema ricorre, ad esempio, ne I voti pubblici (1766), in morte di Francesco Stefano di Lorena, e ne La pubblica felicità (1767), per la guarigione di Maria Teresa dal vaiolo.64 Prevalentemente costituita da sonetti, anche di endecasillabi tronchi (come il componimento di Giacomo Diol), e aperta da una corona di ottave,65 l’adunanza poetica per le acclamazioni di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia, in appendice nel tomo undicesimo, contempla inoltre il polimetro di Giampietro 60 Ivi, vol. XI, pp. 4-8 (Gonzaga) e 160-1 (Speranza). Ivi, voll. X, pp. 47-53 (Metastasio), 61-3 (Odazzi), 218-44 (Bucci); XI, 389-400 (Zanotti). Per La strada della gloria cfr. anche Metastasio, Poesie, pp. 90-6. 62 RdA, vol. XI, pp. 198-205; per lo schema della quartina di settenari cfr. Beltrami, La metrica italiana, pp. 317-8. Sull’origine frugoniana del metro si vedano Carducci, Dello svolgimento dell’ode in Italia, pp. 77-8; Giovanna Gronda, Le passioni della ragione, pp. 105-19, alle pp. 107-8, n. 4 (che individua la prima attestazione nel Brindisi alla signora marchesa Caprara, in Frugoni, Opere poetiche, vol. IX, pp. 307-8); e Antonio Pinchera, La quartina settenaria “elegiaca” negli “Amori” di Ludovico Savioli, in Chi l’avrebbe detto. Arte, poesia e letteratura per Alfredo Giuliani, a cura di Corrado Bologna, Paola Montefoschi e Massimo Vetta, Milano, Feltrinelli, 1994, pp. 260-81, alle pp. 260-5. Marco Catucci ne attribuisce al Crudeli la paternità (cfr. Catucci, Nuove inquisizioni su Tommaso Crudeli, in Crudeli, Opere, Roma, Bulzoni, 1989, pp. 5-45, a p. 25); ma, secondo Zucco (Istituti metrici del Settecento, pp. 212-3), è difficile stabilire se l’autore toscano conoscesse il Brindisi di Frugoni, o se avesse elaborato autonomamente la quartina di Magalotti, a schema /satsat/, attestata, ad esempio, nell’ode-canzonetta “Quanto volete, o Nuvole” (RdA, vol. IV, p. 234). 63 RdA, vol. XI, pp. 387-8. 64 Ivi, vol. X, pp. 15-8 (Brogi) e 47-53 (Metastasio). L’epitalamio è anche in Metastasio, Poesie, pp. 84-9, così come I voti pubblici e La pubblica felicità, pp. 97-122 (testi) e 395-436 (commenti). 65 RdA, vol. XI, pp. [i-v] e [xxxviii]. Nei Comentarj intorno all’Istoria della volgar poesia (vol. I, libro III, pp. 217-9) Crescimbeni introduce l’esempio della corona di ottave in lode dell’esibizione di Carlo Emanuele d’Este, in un intermezzo della tragedia Rodogune di Pierre Corneille, rappresentata nel Collegio Clementino di Roma nel 1702. 61 151 Tagliazucchi, gli esametri latini di Niccolò Angelio, di Ruggero Boscovich e di Giacomo Zaghetti, e, da ultimo, un’ottava del Morei.66 Dato alle stampe nel 1759, il volume dodicesimo delle Rime apparve a ridosso dell’edizione bettinelliana dei Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori (1758), punto di svolta nella storia della metrica settecentesca.67 Sulla questione delle forme libere, fino ad allora per lo più circoscritte alla produzione teatrale e al genere didascalico, si erano scontrati Crescimbeni e Gravina. Se nel dialogo nono de La bellezza della volgar poesia il custode affida a Giuseppe Paolucci la difesa della rima, limitando l’uso degli sciolti alla poesia epico-eroica (ad esempio, il Mondo creato di Tasso), a quella didascalica e alle traduzioni (come quella lucreziana del Marchetti),68 nella Ragion poetica il rivale ne auspica invece l’abolizione, plaudendo alla scelta del Trissino: Nei medesimi tempi con nobile, benché, per colpa dei lettori, poco felice ardire, uscì fuori il Trissino, sprezzatore d’ogni rozzo e barbaro freno e rinovellatore in lingua nostra dell’omerica invenzione. Questi, nutrito di greca erudizione, volle affatto dall’italiana poesia sgombrare i colori provenzali e disciogliere in tutto le violente leggi della rima, introducendo tanto nell’inventare quanto nell’esprimere la greca felicità. E dar volle nella sua Italia liberata alla nostra favella, per quanto ella fosse capace d’abbracciarla, un ritratto dell’Iliade, seguendo co’ versi sciolti il natural corso di parlare, e conservando senza la nausea delle rime la gentilezza dell’armonia.69 A favore degli sciolti si era schierato Scipione Maffei, nella lettera al principe Federico di Brunswick (Delle traduzioni italiane), dedicatario della versione del primo canto dell’Iliade (1736),70 mentre nel Saggio sopra la rima (1752) Algarotti, coinvolto (a sua insaputa) insieme al Frugoni nel progetto bettinelliano, già asseriva che il verso libero “non istorpia o snerva le idee”, bensì ne “agevola la […] concatenazione”. Riservando dunque il “giocolino” della rima ai “piccioli componimenti”, le movenze prosastiche degli endecasillabi sciolti, forti delle trasposizioni sintattiche e degli enjambements, ben si adattano alla versificazione degli argomenti scientifico-filosofici. Inoltre, secondo Algarotti, la pratica dello sciolto richiede una perizia tecnica superiore 66 RdA, vol. XI, pp. [ix-xi], [xvi], [xxviii], [xxxvii-xxxviii]. Sull’argomento si vedano Martelli, Le forme poetiche, pp. 543-74; Beltrami, La metrica italiana, pp. 108-15; Francesco Bausi-Mario Martelli, La metrica italiana. Teoria e storia, Firenze, Le Lettere, 1993, pp. 216-21; Menichetti, Metrica italiana, pp. 118-20; Lavezzi, I numeri della poesia, pp. 152-4. 68 Secondo Crescimbeni, i sostenitori degli sciolti distruggono “la Repubblica poetica volgare, la quale per fondamental legge, o dalla Provenza, o dalla Sicilia, o altronde, che se la prendesse, volle le rime, ed i metri” (cfr. La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, pp. 171-2). 69 Gravina, Della ragion poetica, libro II, in Id., Scritti critici e teorici, p. 311. 70 Cfr. Vincenzo Placella, Le possibilità espressive dell’endecasillabo sciolto in uno scritto di Scipione Maffei, in “Filologia e letteratura”, XV (1969), pp. 144-73. 67 152 rispetto all’esercizio metrico tradizionale, in cui la rima cela “o la bassezza o la improprietà della espressione, o non […] lascia avvertire i tanti altri difetti di che ella ha colpa”.71 L’elogio della “saggia Libertà del canto”, ne Il Genio de’ versi sciolti, offre a Frugoni l’opportunità per replicare a Baretti, “folle / Fabbro d’inchiostri rei, di ragion voti”,72 insorto in difesa della rima, a suo dire connaturata nella poesia italiana, e in grado non solo di occultare le imperfezioni del testo, “come il bel colore talvolta ne fa piacere la poca simmetria d’un donnesco viso”, ma anche di avvalorarne la bontà qualora sia “già intrinsecamente senza difetto”.73 Recensendo il poema del “versiscioltaio da Verona” Zaccaria Betti, Del baco da seta (1756), nella “Frusta letteraria” del I° aprile 1764 il Baretti formula giudizi cauti in merito al Giorno di Parini (pubblicato l’anno prima) e ai Sermoni di Gasparo Gozzi, lodando le “belle e buone cose di cui sono stivati anzi che riempiuti”.74 Nelle raccolte arcadiche antecedenti la silloge dei “moderni autori” è scarsa la presenza dei versi liberi. Oltre alle sequenze incluse nei polimetri (come nell’egloga del genovese Virginio Gritti, vv. 73-149), il primo componimento in sciolti è il salmo tradotto da Pier Francesco Lugaresi (“M’udite, o voi mortali, e m’oda il cielo”), nel volume ottavo, mentre fra il decimo e l’undicesimo tomo si contano sette idilli (che trovano l’immediato modello di riferimento nel Marino), di endecasillabi piani e 71 Francesco Algarotti, Saggio sopra la rima (1752), in Id., Saggi, a cura di Giovanni Da Pozzo, Bari, Laterza, 1963, pp. 263-90, alle pp. 282, 284-5 e 289. Le riflessioni di Algarotti danno voce, secondo Fubini, al “dualismo che è di tutto il secolo, diviso fra l’amore per le parole e i suoni, rilevati dal gioco delle rime, e l’amore per le cose o i pensieri, alla cui importanza sembrava sconveniente un ornamento estrinseco e frivolo come le rima” (Metrica e poesia del Settecento, p. 21). 72 Frugoni, Il Genio de’ versi sciolti. Per le gloriosissime nozze della nobil donna la signora Contarina Barbarigo col nobil uomo il signor Marino Zorzi in Venezia, in Id., Opere poetiche, vol. VII, pp. 175-187, alle pp. 177 e 179, vv. 62 e 104-5. 73 Lettera ai fratelli, 29 agosto 1760 (in Giuseppe Baretti, Lettere familiari a’ suoi tre fratelli Filippo, Giovanni e Amedeo, nuova edizione condotta sulla originale con Introduzione, note e Indice a cura di Luigi Piccioni, Torino, Società subalpina editrice, 1941, pp. 72-8, a p. 73). Contro i “versiscioltai” Baretti polemizza anche nella missiva del 30 agosto 1760: “io compatirò sempre que’ poveri stampatori che stamperanno de’ grossi volumi di versi sciolti a proprie spese; e lascerò abbaiare i moderni eccellenti autori di versi sciolti, cioè i moderni solenni guastamestieri, che, a imitazione delle comete nel sistema solare, apportano nel poetico sistema qualche po’ di luce passeggera, lo scompigliano alquanto, cagionano un po’ di bisbiglio e di stupore, e poi se ne vanno per sempre, o almeno per non tornare così tosto” (ivi, pp. 79-85, a p. 84). 74 Baretti, La frusta letteraria, vol. I, pp. 340-53, alle pp. 348-9. Scrivendo da Londra il 12 marzo 1784, egli chiedeva a Francesco Carcano alcune copie della Sera: “Quantunque la disgrazia voglia che sia in verso sciolto, pure vorrei averla, come ho Il Mattino e Il Mezzodì, perché ogni verso del Parini è buono, e alla lingua egli ha saputo dare de’ nuovi colori molto vivi e molto vaghi, e il suo pensare ha sempre del brioso e del fiero” (Giuseppe Baretti, Epistolario, a cura di Luigi Piccioni, Bari, Laterza, 1936, 2 voll., nel vol. II, pp. 271-5, a p. 273). Cfr. inoltre Spaggiari, 1782. Studi di italianistica, p. 59, n. 7. 153 sdruccioli, di cui ben cinque composti da Lucio Ceccarelli.75 Nonostante il clamore sollevato dall’iniziativa bettinelliana, il tomo dodicesimo, nel 1759, rinsalda il legame con la tradizione. La preminenza dei sonetti (ben trecentocinquantaquattro su un totale di quattrocentododici testi), seguiti dai capitoli, dalle canzoni, anche di più marcata ortodossia petrarchesca (come quelle di Giuseppe Petrosellini e di Giovanni Antonio Sandoval),76 e dai componimenti in ottave (sei contro i tre distribuiti fra i volumi decimo e undicesimo), oscura gli sciolti incastonati nelle egloghe polimetriche. Spiragli di apertura ai nuovi esiti formali sono testimoniati dai tetrastici savioliani di Muzio Scevola (un anno dopo la prima edizione degli Amori) e dagli endecasillabi faleci nelle terzine di Domenico De Sanctis, altresì autore di una sequenza di distici di endecasillabi a rima baciata.77 Morei sperimenta i versi frottolati (“Opre tutte d’Iddio, che dal niente”), mentre Gaetano De Carli adotta le strofe bipartite di quinari sdruccioli, unite dalla rima ossitona.78 A Giuseppe Ercolani è infine attribuita la paternità della sestina lirica svolta in un ciclo di componimenti per le “Glorie della gran Madre di Dio”, in cui le parole-rima, ridotte a tre, trovano corrispondenza rimica anche all’interno della stessa strofa.79 3. Per cogliere i segnali della fortuna, nell’accademia romana, del metro promosso dalla triade Algarotti-Bettinelli-Frugoni, occorre attendere le ultime due sillogi date alle stampe da Pizzi nel 1780-81, a distanza di un ventennio dal tomo dodicesimo, nel clima di rinnovamento della poetica arcadica. Sebbene permangano le forme chiuse, assecondando l’“edonistico compiacimento per la poesia-musica” che è di tutto il secolo, l’uso dell’endecasillabo libero, al servizio della “poesia raziocinante e descrittiva”,80 si estende alla lirica. L’ampia diffusione delle raccolte di sciolti, recanti nel titolo la qualificazione metrica, si riflette anche in ambito arcadico, con l’aumento dei componimenti liberi (da cinque a dodici) fra i volumi tredicesimo e quattordicesimo. Ascrivibili ai generi delle traduzioni (ad esempio, l’inno Al Creatore di Thomson 75 RdA, voll. VI, pp. 306-11 (Gritti); VIII, 227-30 (Lugaresi); XI, 17-24 e 423-4 (Ceccarelli). Interrogato da Egina in merito agli idilli, Paolucci replica che “spetta a’ Marinisti, e non a’ Petrarchisti di soddisfare il secolo” (Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, dialogo IX, p. 171). 76 RdA, vol. XII, pp. 28-31 (Petrosellini) e 64-7 (Sandoval). 77 Ivi, pp. 87-90 (De Sanctis) e 194 (Scevola). Gli endecasillabi faleci figurano inoltre nell’egloga polimetrica di Scipione Giuseppe Casale (ivi, vol. XI, pp. 61-74). 78 Ivi, vol. XII, pp. 168-70 (Morei), 260-2 e 265-71 (De Carli). 79 Ivi, pp. 174-87. 80 Fubini, Metrica e poesia del Settecento, p. 21. 154 volgarizzato da Mazza e l’epitalamio LXII di Catullo nella versione di Pindemonte)81 e dell’epistola di memoria oraziana (come gli sciolti di Frugoni a Bernieri e quelli di Paolina Secco Suardo Grismondi a Pindemonte),82 svolta in chiave argomentativa da Algarotti,83 gli sciolti si accordano inoltre ai temi morali (nei poemetti La Bellezza e la Fecondità e L’Eloquenza e l’Educazione di Appiano Buonafede), encomiastici (Il Genio dell’Adria di Cesarotti) e occasionali, come nei versi per monacazione di Pietro Pasqualoni.84 Illustrati soprattutto dagli arcadi delle colonie settentrionali, gli esiti della sperimentazione sulle forme dell’ode, per lo più prodotti nel laboratorio frugoniano, sono tramandati ai poeti maggiori del secondo Settecento, per poi varcare la soglia del secolo: Il Frugoni, crescendo un poco di proporzione e d’importanza la poesia anacreontica, levando di mezzo il pindarismo o riducendolo alle proporzioni dell’ode oraziana o giù di lì a servire gli usi i bisogni le esigenze le convenzioni le bugie della vita d’allora e contemperando i metri a questo servigio, gettò senza volerlo e senza avvedersene i fondamenti della lirica moderna; o almeno fu il suo più compiuto meccanico fornitore.85 Ripreso da Parini (A Silvia e Piramo e Tisbe), e trasmesso ai rimatori ottocenteschi (in quinari, Carducci lo adotta nell’inno A Satana), il tetrastico savioliano è ampiamente frequentato negli ultimi due volumi delle Rime degli Arcadi. Sei componimenti sono nel tomo tredicesimo, fra i quali l’ode-canzonetta di Angelo Mazza “O graziosa e placida”, l’ode a Metastasio di Aurelio de’ Giorgi Bertola e quella di Angelo Rota, 86 maestro di Savioli,87 di cui non sono antologizzate le quartine degli Amori, bensì un’ode nuziale, a 81 RdA, voll. XIII, pp. 77-82; XIV, 342-5. Sull’uso degli endecasillabi liberi nei volgarizzamenti si rimanda a Gabriele Bucchi, Sciolti e ottave nella storia della traduzione poetica in Italia, in Metrica italiana e discipline letterarie, Atti del Convegno di Verona (8-10 maggio 2008), a cura di Arnaldo Soldani, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2009 (“Stilistica e metrica italiana”, IX), pp. 343-64, alle pp. 352-61. 82 RdA, voll. XIII, pp. 133-6 (Frugoni); XIV, 223-4 (Secco Suardo Grismondi). 83 Sull’epistolografia in versi dell’autore del Newtonianismo cfr. Salvadè, Introduzione, in Algarotti, Poesie, pp. XIX-XXXIII. 84 RdA, voll. XIII, pp. 297-316 (Cesarotti); XIV, 28-32 (Buonafede), 382-5 (Pasqualoni). 85 Carducci, Dello svolgimento dell’ode in Italia, p. 73. Sulla metrica di Frugoni (e per un repertorio delle forme) cfr. Calcaterra, Storia della poesia frugoniana, pp. 259-307. 86 RdA, voll. XIII, pp. 37-41 (Rota), 61-5 (Mazza), 410-2 (Bertola). 87 Sulla prefazione carducciana all’antologia dei poeti erotici del secolo XVIII (1868), in cui la paternità del tetrastico savioliano sembrerebbe attribuita a Rota, cfr. Pinchera, La quartina settenaria “elegiaca”, pp. 261-4. 155 sistema strofico doppio, e la canzone Per il passaggio in Ispagna di Carlo 88 III. Nove, invece, le occorrenze nel volume quattordicesimo, dall’ode della Secco Suardo Grismondi per Anton-Marie Le Mierre, tragediografo e poeta, alla Prosopopea di Pericle di Monti,89 in cui il tema della visione, tradizionalmente svolto in terzine dantesche (come peraltro attestano i componimenti di Pizzi per le morti di Morei, di Giacinta Orsini e di Flaminia Odescalchi Chigi),90 “si colora di toni mondani e celebrativi”,91 in sintonia con il fastoso mecenatismo archeologico promosso da Pio VI. La varietas frugoniana è per lo più dispiegata nella penultima crestomazia, che ospita una nutrita schiera di rimatori emiliani. In quartine di settenari alternati, con le clausole tronche in sede pari, è costruita la canzone di Jacopo Antonio Sanvitale, imparentabile alle odi-canzonette di Frugoni, A Fileno. Il cacciatore e In un allegro convito negli ultimi giorni di Carnevale.92 L’ode di Bettinelli per Algarotti è invece modulata su esastici di settenari alternati, con gli ultimi due versi a rima baciata;93 uno schema adottato, fra gli altri, da Frugoni (Pe’ solenni sacri voti celebrati in Parma dalla signora Agata Pellini nel monistero di S. Agostino),94 Ubertino Landi (“Prode Signor, che il piede”, con il congedo)95 e Parini (La salubrità dell’aria, Il bisogno, La educazione, La musica),96 nonché nelle odi Alla lucerna e Al mio letto di Francesco Cassoli, escluso dal volume tredicesimo per l’intervento del revisore.97 Alla stregua dell’ode frugoniana per Metastasio,98 Aurelio Bernieri e Anton Maria Perotti ricorrono alla sestina di settenari, alternativamente piani e sdruccioli, chiusa dal distico baciato.99 A sua volta, lo schema degli eptastici inseriti nell’ode libera di Mazza Sulla melodia 88 RdA, vol. XIV, pp. 277-81. Per l’analisi metrica dell’ode e della canzone cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 88-91. 89 RdA, vol. XIV, pp. 58-63 (Monti) e 221-3 (Secco Suardo Grismondi). 90 Ivi, vol. XIII, pp. 337-53. 91 Sarnelli, La “Prosopopea di Pericle” in Arcadia e oltre, p. 157. Per i componimenti montiani che adottano il metro savioliano, fra i quali l’ode Al signor di Montgolfier (1784), cfr. ivi, pp. 158-9. 92 RdA, vol. XIII, pp. 184-7. Frugoni, Opere poetiche, voll. VI, pp. 156-9; IX, 408-9. Per ulteriori esemplificazioni cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 199. 93 RdA, vol. XIII, pp. 158-61. Il metro, secondo Carducci, “trovato in principio per salmi e laudi, poi da musiche di teatri passato a noie d’accademie, fu alla fine levato alla luce del mondo elegante da Saverio Bettinelli, il quale nel 1759 compose con esso l’ode al conte Francesco Algarotti, […] quando andò alla corte di Berlino” (cfr. Le prime grandi odi di G. Parini. La salubrità dell’aria - L’educazione - Il bisogno - La musica, in EN, vol. XVII, pp. 327-61, a p. 337). 94 Frugoni, Opere poetiche, vol. V, pp. 147-53. Per le altre occorenze frugoniane cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 224-5. 95 RdA, vol. VII, pp. 89-92. 96 Parini, Le Odi, pp. 13-23, 31-6, 58-68, 77-85. 97 Francesco Cassoli, Poesie, a cura di Bianca Danna, Modena, Mucchi, 1995, pp. 20-5. 98 Frugoni, Al signor abate Pietro Metastasio che avea promesso di venir a trovare l’autore, in Id., Opere poetiche, vol. V, pp. 627-8. 99 RdA, vol. XIII, pp. 201-8 (Perotti) e 267-9 (Bernieri). 156 (vv. 1-70) figura, ad esempio, nell’ode Per un veneto procuratore di S. Marco della famiglia Pisani di Agostino Paradisi, nell’ode All’amico pittore e negli inni Alla Santità e Lodi della virtù di Cassoli.100 Nella categoria delle strofe indivise rientrano le ottave de La vita rustica di Parini,101 le stanze di nove settenari di Camillo Zampieri e di Godard (Sull’origine delle lingue), e i decastici di Giovanni Battista Vicini (Sull’invidia).102 Ricco è altresì il catalogo delle strofe geminate e composte, passate attraverso le sperimentazioni di Rolli, Metastasio e Frugoni, quest’ultimo antologizzato nella silloge arcadica.103 Il tetrastico geminato di settenari /saabt ; sccbt/ (metro de Il brindisi e de Il piacere e la virtù di Parini), propriamente frugoniano, figura nell’ode di Rezzonico, mentre Vicini impiega nella seconda emistrofa tre sdruccioli irrelati seguiti da un verso ossitono.104 Trasmesso da Chiabrera a Frugoni,105 l’uso dell’endecasillabo tronco in sede finale di emistrofa è attestato, fra gli altri, in entrambe le odi di Giuseppe Luigi Pellegrini,106 nei tristici doppi di Bettinelli, negli eptastici geminati di Rota, nella canzone di Algarotti (metricamente affine alle due odi di Mazza Sull’armonia), nonché nell’ode di Godard per il ragionamento di François Jacquier sulle conchiglie esotiche, accolta nel tomo quattordicesimo.107 La clausola ossitona di quinari ricorre ne La primavera di Frugoni;108 di settenari, invece, si registra nell’ode di Godard Sulla tragedia (il cui schema riapparirà ne Il cinque maggio manzoniano), nel componimento 100 Ivi, pp. 65-70 (Mazza); per i componimenti di Cassoli cfr. Poesie, pp. 10-4, 26-32, 36-42 e 99-103 (Alla Santità. Inno secondo), mentre per l’ode di Agostino Paradisi cfr. Poesie scelte, Milano, Società Tipografica de’ Classici Italiani, 1830, pp. 100-4. 101 RdA, vol. XIII, pp. 146-9; anche in Parini, Alcune poesie di Ripano Eupilino, pp. 145-9. Per Carducci, la strofa de La vita rustica è “il primo passo verso l’armonia […] manzoniana”; cfr. Pariniana, in EN, vol. XVI, pp. 153-292 (II. La vita rustica, pp. 161-93), a p. 163. 102 RdA, vol. XIII, pp. 28-30 (Zampieri), 101-5 (Godard), 256-60 (Vicini). 103 “La strofa geminata e composta entra nel laboratorio frugoniano strumento, fondamentalmente, della melica, e ne esce metro dell’ode di stile elevato, benché destinato a dare i risultati più alti solo un secolo dopo i primi esperimenti dell’artefice, nella lirica del Manzoni” (Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 29; cfr. anche pp. 36-7). 104 RdA, vol. XIII, pp. 174-7 (Rezzonico) e 253-6 (Vicini). 105 Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 29-30. 106 Per le occorrenze frugoniane, ivi, pp. 135 e 138. Lo schema dell’ode di Pellegrini “Perché la Dea, che a Pindaro” (RdA, vol. XIII, pp. 52-7) ricorre inoltre in “È ver che di sì egregio” di Aurelio Bernieri, in Versi […], Parma, co’ tipi bodoniani, 1811, 3 voll., nel vol. II, pp. 83-4. Recensendo la raccolta dei Versi di Alessandro Grazioli (Parma, Carmignani, 1761), Baretti critica la formula /p7a7a7B11t ; p7c7c7B11t/, impiegata anche da Pellegrini nell’ode “Di larga messe ingordo” (RdA, vol. XIII, pp. 50-2): “Qual è quell’orecchio di ferro che non senta la doppia martellata di que’ due endecasillabi così tronchi? Eppure i poveri poeti di Parma, di Piacenza, di Reggio, di Modona, di Bologna e di qualch’altra città di Lombardia non sentono alcun dolore di tali martellate” (Baretti, La Frusta letteraria, 15 dicembre 1763, vol. I, pp. 156-60, a p. 157). 107 RdA, voll. XIII, pp. 42-6 (Rota), 71-7 (Mazza), 154-7 (Bettinelli), 378-80 (Algarotti; anche in Poesie, pp. 94-6 [testo] e 357-63 [commento]); XIV, 124-9 (Godard). 108 Ivi, vol. XIII, pp. 125-7. Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 173-4. 157 di Agostino Paradisi per la morte della duchessa Ricciarda Gonzaga Cybo,109 e nei pentastici doppi inclusi nell’ode libera di Mazza Sulla melodia (vv. 71-80).110 Tracce chiabreresche sono ravvisabili nell’ode-canzonetta di Zampieri, a schema /a8a4b8 ; c8c4b8/, mentre la tipologia delle emistrofe di misure diverse è rappresentata ne L’estate e Il verno di Frugoni.111 La riduzione delle forme classiche, e segnatamente di quelle oraziane, di cui “il Settecento fu il secolo d’oro”, e Giovanni Fantoni il “maestro insuperato”,112 è testimoniata dalle strofe saffiche nell’ode di Paradisi “Bella Felicità, dov’hai tu sede” e nella versione dei salmi 6 e 50 di Antonio Cerati, altresì autore dell’ode “Non ricusa, Signor, non si ritira” di quartine di endecasillabi incrociati, riprese (nella variante alternata) anche da Paradisi (A Minerva) e Cassoli (La solitudine, All’amico filosofo e poeta e Ad un figliuolo del medesimo).113 Nell’ultimo volume della serie, l’aumento dei rimatori rappresentati soltanto dai sonetti, pur esibendo più combinazioni rimiche (valga l’esempio dei dieci sonetti di Giuliano Cassiani modellati su nove schemi),114 non esclude la varietà metrica alimentata soprattutto dai poeti dei cenacoli settentrionali, forti del magistero frugoniano. Alla sestina di settenari sdruccioli e piani alternati, chiusa dal distico baciato, nell’ode Per la morte d’un pappagallo, Bernieri affianca la quartina di quinari, con le clausole sdrucciole in sede dispari, di derivazione graviniana.115 Il tetrastico di ottonari alternati nell’ode-canzonetta “Un perenne monumento” (adottato anche nel ciclo di tre canzoni La fisica dei fiori, appartenente alla produzione tarda di Bernieri)116 è altresì presente nell’egloga polimetrica di Guido Ascanio Scutellari Aiani (vv. 61-76), recitata in occasione della festa campestre per le nozze di Ferdinando di Borbone e di 109 RdA, vol. XIII, pp. 96-101 (Godard) e 235-8 (Paradisi). Utilizzato anche nell’egloga polimetrica di Antonio Mariotti (ivi, vol. XIV, pp. 242-51, vv. 73-144), lo schema ritorna ne Il dono di Parini, con l’endecasillabo tronco di raccordo (cfr. Le Odi, pp. 144-8). 110 RdA, vol. XIII, pp. 65-70. Per i riscontri frugoniani cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 145. 111 RdA, vol. XIII, pp. 30-3 (Zampieri), 127-9 e 131-3 (Frugoni). Sullo schema de L’estate cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 181-2. 112 Mancini, L’imitazione metrica di Orazio, p. 497. Nella raccolta di esordio di Fantoni, edita a ridosso della stampa del tomo tredicesimo delle Rime degli Arcadi, si alternano moduli saffici (Al merito) e alcaici (Al formidabile); cfr. Odi di Labindo, [Massa], a Bordo del Formidabile con permesso dell’ammiraglio Rodney, 1782, pp. 16-20 e 22-3. 113 Cassoli, Poesie, pp. 15-9, 33-5, 43-4; e Paradisi, Poesie scelte, pp. 123-7. 114 RdA, vol. XIV, pp. 1-6. 115 Ivi, pp. 209 e 214-7. Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, pp. 70 e 206. 116 RdA, vol. XIV, pp. 211-4; e Bernieri, Versi, vol. III, pp. 101-40. Bernieri adotta lo stesso schema anche nell’Invito a Comante, in cui la seconda strofa reca la formula /abba/ (ivi, vol. II, pp. 81-2). 158 Maria Amalia d’Asburgo-Lorena (1769).117 All’officina frugoniana è riconducibile la quartina geminata di quinari, con il verso tronco di raccordo, attestata nell’odecanzonetta “Lascia il tuo Libano”; di pentastici è invece il componimento di Clemente Filomarino.118 Giulio Civetti utilizza gli esastici di settenari, chiusi dall’endecasillabo (/sppapA/), nell’inno per la guarigione di Giovanna Mellilupi (o Meli Lupi), mentre nell’Invito a Dorillo, alias Rezzonico, Cerretti ricorre a un sistema strofico doppio, di suggestione frugoniana.119 In metro saffico Pindemonte traduce l’inno a Venere della poetessa di Lesbo, e in distici di ottonari l’ode oraziana (XIII. 4).120 Quanto al gruppo romano, Pizzi alterna le canzoni di impianto petrarchesco alle odi geminate e indivise (“Alma Diva possente” ha lo stesso modulo dell’ode “E qual cagion t’arresta”, accolta nel volume tredicesimo).121 Fra i poeti del cenacolo degli Occulti, Baldassare Odescalchi adotta l’esastico di conio chiabreresco nell’ode-canzonetta “Belle Ninfe, che ascoltate”, mentre Nicola Martelli elabora due schemi di quartine di ottonari, inframmezzate da un distico-refrain, nell’aria “Non sdegnarti, o bionda Nice”; di Pier Antonio Serassi sono invece due canzoni accostabili alla struttura dell’ode Per il venerdì santo di Rezzonico.122 Gli sciolti e la polifonia dell’ode non precludono, in entrambi i volumi, l’ingresso ai sonetti e alle altre forme tradizionali. Fra i componimenti in terzine, che nell’ultima silloge ammontano a diciannove, contro i sette nel tomo tredicesimo, si annoverano le egloghe (ad esempio, “Appiè del simulacro di Diana” di Varano e La Pittura, e la Scultura di Prospero Manara), i capitoli elegiaci (“Se mai vera cagion di largo pianto” di Francesco Giannetti), i testi occasionali (come le terzine di Mazza per la festa di S. Cecilia e i capitoli nuziali di Varano e di Lorenzo Fusconi) e quelli propriamente lirici, dai canti di Pizzi ai due capitoli di Monti, che in terza rima compone La Bellezza dell’Universo e più tardi, conformemente al motivo della visione, la Bassvilliana e la Mascheroniana.123 Non trascurabile è la presenza delle terzine di endecasillabi faleci, 117 RdA, vol. XIV, pp. 51-4. L’egloga è anche in Le Pastorelle d’Arcadia, pp. 50-5. RdA, vol. XIV, pp. 209-11 (Bernieri) e 392-5 (Filomarino). Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 140. 119 RdA, vol. XIV, pp. 311-3 e 361-5. Cfr. Zucco, Istituti metrici del Settecento, p. 181. 120 RdA, vol. XIV, pp. 340-2. 121 Ivi, vol. XIII, pp. 328-31; XIV, 257-60 e 265-78. 122 Ivi, vol. XIV, pp. 173-8 (Serassi), 223 (Martelli), 330-2 (Odescalchi); Rezzonico, Opere poetiche, pp. 230-2. 123 RdA, voll. XIII, pp. 271-5 (Fusconi), 354-72 (Varano), 402-6 (Manara); XIV, 75-83 (Monti, Per la passione di Nostro Signore e l’Entusiasmo malinconico), 110-5 (Mazza), 158-64 (Giannetti), 278-311 (Pizzi). 118 159 nei componimenti di Carlo Valenti Gonzaga, di Nicola Martelli e nell’egloga di Scutellari Aiani (vv. 43-60), in cui figurano inoltre quattro terzine di ottonari incatenati (vv. 77-89).124 Equamente distribuite sono le ottave, anche nella variante sdrucciola, come attestano Mazza (Al Signor Abate Cesarotti e Per la B. Vergine addolorata), Godard (Pel Santissimo Natale) e Paradisi (Sopra il Santissimo Natale), che trovano l’immediato punto di riferimento in Frugoni.125 In ottave piane sono le stanze Sulla novità poetica di Godard, quelle di Pindemonte, recitate per l’ammissione in Arcadia, e quelle di argomento biblico di Monti, che sullo stesso metro avrebbe steso la Musogonia e la traduzione della Pulcelle d’Orléans di Voltaire. Infine, alle sestine ricorre Antonio Cerati per celebrare la guarigione del cappuccino Adeodato Turchi.126 La compresenza dei versi liberi e delle forme chiuse, inevitabilmente accentuata nelle ultime sillogi, avvalora la natura bifronte del repertorio metrico delle Rime degli Arcadi. Se l’elegante prosaicità degli sciolti si consolida durante la seconda metà del Settecento, forte dell’“intensità espressiva” instillata dalla musa pariniana,127 la difesa del valore esornativo della rima non esclude ampi margini di sperimentazione (fino al caso-limite delle selve guidiane), sviluppando, in particolare sulle strutture dell’ode, le istanze del Cinque-Seicento: L’ode, svoltasi lentamente con Bernardo Tasso dalla stanza divisa della canzone petrarchiana, col Chiabrera si allargò pindareggiando e si sbizzarrì anacreontizzando, si arrotondò co ’l Testi a proporzioni oraziane comode, rimbombò co ’l Filicaia per ambagi metriche nelle amplificazioni ebraiche dell’omelia e del panegirico, divagò a guisa di ninfa arcadica senza avviamento e senza scopo nella selva pindarica del Guidi, e scortata alla fine dalla grossa orchestra del Frugoni si scontrò a mezzo il secolo decimottavo nella musa di Giuseppe Parini.128 124 Ivi, vol. XIV, pp. 12-5 (Valenti Gonzaga) e 233-5 (Martelli). Ivi, voll. XIII, pp. 82-92 (Mazza), 110-3 (Godard), 242-5 (Paradisi); XIV, 96-101 (Mazza). Si vedano inoltre i sei componimenti di ottave sdrucciole di Frugoni, Opere poetiche, vol. IV, pp. 289-323. 126 Ivi, voll. XIII, pp. 380-5 (Pindemonte); XIV, 70-4 (Monti), 129-35 (Godard) e 318-26 (Cerati). 127 Fubini, Metrica e poesia del Settecento, p. 23. 128 Carducci, Dello svolgimento dell’ode in Italia, p. 76. 125 160 4. Considerazioni Riunita per la prima volta nel 1690 ereditando le esigenze di rinnovamento poetico e formale diffuse nel cenacolo di Cristina di Svezia, l’Arcadia elaborò un programma imperniato sul recupero del “buon gusto” e sulla rivendicazione del ruolo della ragione, “facendone un segno di raccolta per i letterati d’ogni parte d’Italia”, colonizzata emulando la rete dei rapporti che il circolo cristiniano aveva stretto soprattutto con le aree toscana e settentrionale.1 E se nelle selve arcadiche personalità autorevoli, che pur essendo ascritte al cenacolo seguirono percorsi indipendenti, si confrontavano sulla definizione di “buon gusto” (da Muratori a Maffei, da Tommaso Ceva all’Orsi), l’urto fra Crescimbeni e Gravina determinò la fisionomia definitiva del sodalizio. L’emulazione di Petrarca e degli epigoni del Cinquecento, unita all’influenza del classicismo seicentesco, permò il programma del Crescimbeni, abbastanza lontano dal severo impegno critico e teorico del rivale. Latenti dalla fondazione, le divergenze sono adombrate nelle pagine di Benedetto Menzini, L’Arcadia restituita all’Arcadia (1692), in cui l’esposizione dei costumi e dei capisaldi poetici (dal modello petrarchesco, “specchio di imitazione”, al motivo dell’“onesto Amore”, intriso di spiriti platonici) sottintende finalità promozionali e difensive, in risposta alle riflessioni formulate dal Gravina nel Discorso sopra l’“Endimione”, edito lo stesso anno. 2 L’eco del diverbio insorto nel 1696 in merito alla stesura delle leggi si ripercuote nel dialogo di Vincenzo Leonio, “collaboratore più vero dell’opera pratica” del custode,3 fra il beota Seudofilo e l’ateniese Alete, controfigure dei contendenti, mentre nel ragionamento letto nel Bosco Parrasio il 3 settembre 1711, anno dello scisma, il letterato spoletino mette in guardia i sodali dai “Lupi”, che con le armi della maldicenza si avventano contro i versi arcadici, e dai “Ladri”, usurpatori delle opere altrui oltre “i confini d’una lecita, e lodevole imitazione”.4 Organizzatore efficiente di un solido apparato burocratico, sovrapponibile 1 Fubini, Dal Muratori al Baretti, p. 312. “[…] agli Arcadi non è ignoto quali sieno le vere sorgenti, e quali le limpidissime acque, a cui debbono accostare le labbra, detestando i torbidi rivi, e le fangose paludi, che ardiscono tramischiarsi talvolta al puro liquore, e cristallino, di cui Febo fa bevanda a coloro solamente, che egli elesse per suoi” (L’Arcadia restitutia all’Arcadia, in PdA, vol. I, pp. 104-25, alle pp. 109-10). 3 Binni, L’Arcadia e il Metastasio, p. 119. 4 Per difesa d’alcune costumanze della moderna Arcadia, fatto in Ragunanza nel Bosco Parrasio l’anno 1698 e De i Greggi, e de gli Armenti de i moderni Pastori d’Arcadia, in PdA, vol. I, pp. 317-34 e 352-62, a p. 361. 2 161 (come ha osservato Amedeo Quondam) alla struttura e alle funzioni dell’“ecclesia cattolica”,5 Crescimbeni impose un progetto letterario di ampia e agevole condivisione (esteso anche alla componente femminile, di norma esclusa dai circuiti accademici), e variamente assorbito dalle colonie.6 Sul doppio filo del petrarchismo e dell’anacreontismo lezioso, ma con qualche incursione nei territori pindarici, scorreva dunque la linea poetica promossa dalla sede romana, riflettendo il carattere specifico dell’esercizio versificatorio, non alieno dalla pratica estemporanea, consacrata nella persona di Bernardino Perfetti (1725). Oltre al motivo amoroso,7 nelle Rime gli autori spaziano dagli argomenti morali a quelli religiosi (ad esempio, i sonetti dei genovesi Pompeo Figari e Giovanni Tommaso Baciocchi, ispirati ai Salmi), dai temi occasionali ed encomiastici (come la corona poetica di Selvaggia Borghini per la morte della granduchessa Vittoria di Toscana) legati ad eventi storici (in particolare le guerre col Turco) a quelli bucolico-pastorali, altresì declinati in chiave marittimo-piscatoria nell’egloga di Crescimbeni (Lucrina) e nei sonetti polifemici di Filippo Leers e Giovanni Bartolomeo Casaregi.8 Ai versi gli arcadi affidano anche le vicende biografiche (la morte dei figli è al centro delle liriche della Maratti Zappi e di Pier Jacopo Martello)9 e l’interesse per le arti, come dimostrano i numerosi sonetti recitati nell’accademia di S. Luca (fra i quali gli endecasillabi di Benedetto Menzini, del 1703-4) e i componimenti offerti ai singoli artisti (il bolognese Carlo Cignani è lodato da Crescimbeni e da Giulio Cesare Grazini per gli affreschi della cupola di S. Maria del Fuoco di Forlì, eseguiti nel 1706).10 L’ampio ventaglio tematico 5 “Ma la struttura istituzionale dell’Arcadia ripete di fatto molto da vicino quella della Chiesa cattolica: la sua articolazione verticistica e centralizzata, la sua proposta di una cultura totale e totalizzante, e soprattutto la stessa sua fiducia nella maschera (il comportamento) sulla scena reale (la fede), sono tutti elementi parziali che tendono a ricostruire i congegni ideologici e istituzionali della struttura ecclesia Arcadia come intellettuale collettivo […]” (Quondam, L’istituzione Arcadia, pp. 423-4). 6 Sollecitati da Giulio Natali nel secondo volume de Il Settecento (p. 96), scarsi sono ancora i contributi volti a ricostruire la storia delle singole colonie e le loro relazioni con la sede centrale. In questa direzione emerge l’indagine esaustiva sul cenacolo bolognese nei due volumi de La colonia Renia coordinati da Mario Saccenti (1988), mentre recentemente è stata fatta luce sul sodalizio degli Innominati di Bra nella miscellanea curata da Alfredo Mango (L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, 2007). 7 Cfr. Mari, Venere celeste e Venere terrestre, pp. 97-182. 8 RdA, voll. I, pp. 107-20 (Crescimbeni) e 237-9 (Leers); II, 267-77 (Figari); IV, 110-4 (Borghini); V, 2549 (Casaregi); VI, 267-71 (Baciocchi). Lo scenario piscatorio fa da sfondo a tre egloghe di Parini, in Alcune poesie di Ripano Eupilino, pp. 111-27. 9 RdA, vol. II, pp. 35-6 (Maratti Zappi), 239-55 e 260-2 (Martello). Quanto all’incidenza del tema sulla lirica femminile, cfr. Tatiana Crivelli, «Figli, vi lascio! E nel lasciarvi tremo». Sui domestici lutti poetici delle “pastorelle” d’Arcadia, in “Rassegna europea di letteratura italiana”, XV (2007), pp. 109-24, alle pp. 117-9. Sui versi di Martello si veda Giacinto Spagnoletti, Prefazione, in Pier Jacopo Martello, Rime per la morte del figlio, Torino, Einaudi, 1972, pp. 5-14. 10 RdA, voll. I, pp. 53 (Crescimbeni); II, 148-50 (Menzini); VII, 103 (Grazini). 162 dà inoltre voce al culto per la classicità romana, espresso nei ritratti degli eroi e delle eroine (come Lucrezia, Porzia, Tuzia e Vetturia, celebrate dalla Maratti Zappi), sul modello della Galeria di Marino, nonché nelle descrizioni di Orazio Pedrocchi delle vestigia di Albano, anticipatrici del gusto ruinistico diffuso nella seconda metà del secolo.11 Ma nella pratica imitativa e nell’immediatezza versificatoria, così come nella vocazione melodica e nell’abuso della forma-sonetto, si possono cogliere i limiti della proposta crescimbeniana. Le critiche agli “smascolinati sonettini” dell’“inzuccheratissimo” Zappi, campione, a detta di Baretti, della poetica arcadica, inaugurarono il primo numero della “Frusta letteraria” nel 1763,12 mentre si stava consumando la crisi del consesso, maturata nel corso di molti anni, fra la nomina controversa di Francesco Maria Lorenzini (già scissionista, poi rientrato in Arcadia), nel 1728, e la conclusione della reggenza di Giuseppe Brogi (1772). Peraltro, sei anni prima, in appendice alle Lettere virgiliane, il Codice nuovo di leggi del Parnaso italiano mirava a sradicare il gusto arcadico, del tutto anacronistico secondo la prospettiva tranchant di Bettinelli: L’Arcadia stia chiusa ad ognuno per cinquant’anni, e non mandi colonie o diplomi per altri cinquanta. Colleghisi intanto colla Crusca in un riposo ad ambedue necessario per ripigliar fama e vigore. Potranno chiudersi per altri cinquant’anni dopo i primi, secondo il bisogno.13 Le reazioni erano dettate dalla nuova sensibilità per i fenomeni della natura e della scienza, adattati al verso sciolto. Se nel Discorso sopra la Poesia, letto ai Trasformati nel 1761, Parini plaude alla poesia permeata dallo “spirito filosofico”, “sorto a dominar la letteratura” illuminando l’Europa “colla facella della verità accesa nelle mani”,14 nel dodicesimo volume delle Rime, edito soltanto due anni prima, sono ancora stancamente replicati i modi e le forme della rimeria consolidata, ultimo riverbero di un custodiato, quello di Michele Giuseppe Morei, rimasto estraneo alle sollecitudini dei Lumi. Per contro, l’Arcadia di Gioacchino Pizzi spalancò i battenti alla scienza e alla poesia filosofica (1772-90), celebrata nell’estro e nell’eloquenza di Maria Maddalena Morelli Fernandez, protagonista della contestata coronazione capitolina (1776). Nella dedica a 11 Ivi, voll. II, pp. 40-1 (Maratti Zappi); IV, 1-26 (Pedrocchi). Baretti, La Frusta letteraria, vol. I, pp. 10-1. 13 Bettinelli, Lettere virgiliane, pp. 60-2, a p. 61. 14 Parini, Discorso sopra la Poesia, in Id., Prose II. Lettere e scritti vari, pp. 152-62, a p. 152. 12 163 Jacopo Antonio Sanvitale, nel penultimo tomo delle Rime, Pizzi espone le linee-guida del nuovo indirizzo tentato dall’accademia, debitore nei confronti degli apporti delle periferie settentrionali: Scriver con estro, Eccellentissimo Signor Conte, conservare la purità della lingua, rinforzare co’ sentimenti della Filosofia la dilicatezza dell’Arte Poetica, presentando sempre, per quanto è si può, novità d’immagini e di concetti, egli è il pregio de’ migliori Greci e de’ migliori Latini, come lo è pure de’ valenti scrittori della nostra età, in cui per buona ventura delle Muse i piccioli verseggiatori vengono posti in dimenticanza, e dagli uomini di gusto ricerche solo e studiate le produzioni de’ Poeti veramente inspirati. Gli autori del volume, che vi consacro, oltre all’esser tutti di sì fatto valore e di somma celebrità, non pur per l’Italia, ma ancora oltremonti; godono il vantaggio d’esser vissuti in un secolo, che vede le più ingegnose invenzioni perfezionate, discoperto il vero sistema del mondo, la storia delle idee messa in chiaro, e la forza insieme e la finezza del sentimento associata felicemente al magico colorito dell’eloquenza. E perciò domina in essi un certo carattere, ch’io chiamerò filosofico, un artifizio di enunciare i pensieri e di abbellirli non mai nimico del vero, fonte d’ogni bellezza, un pudor di metafore necessarie alla fantasia de’ Poeti, e congiunto con la sobria e magistrale allusione alle scienze.15 Già prima, è vero, c’erano stati timidi segnali di apertura al mondo scientifico, con l’egloga di Florido Tartarini sulla natura degli insetti.16 Ma è nelle ultime due sillogi che si avvicendano con frequenza versi sulla formazione delle perle (Bettinelli); sulla composizione della triaca nella Spezieria Apostolica (Nicola Martelli); sulla rotazione dei pianeti (Parini); sul tema dell’elettricità (Clemente Bondi); su Newton, Fontenelle, Hermannus Boerhaave e Giovan Domenico Cassini nei sonetti-ritratto di Appiano Buonafede.17 La suggestione di certa poesia d’occasione e delle misure metriche di Frugoni, di cui è antologizzato un ciclo di quattro odi-canzonette sul motivo delle stagioni non senza qualche eco massonica,18 si mescolano alle soluzioni scientifiche e al gusto neoclassico educato sulle teorie di Mengs (gli arcadi ne avevano commemorato la morte nel 1780), in parallelo agli sviluppi della politica culturale di Pio VI, elogiata nella 15 RdA, vol. XIII, pp. V-VII. Ivi, vol. II, pp. 218-26. 17 Ivi, voll. XIII, pp. 20-2 (Buonafede), 139 (Parini), 150 (Bettinelli); XIV, 233-5 (Martelli) e 238 (Bondi). Sui sonetti di Buonafede cfr. Gregorio Piaia, Letteratura e storia della filosofia in Appiano Buonafede, in Appiano Buonafede (Comacchio 1716/Roma 1793), pp. 85-122, alle pp. 88-105. Per i rapporti fra scienza e letteratura nel Settecento, oltre allo studio precursore di Emilio Bertana (In Arcadia. Saggi e profili, Napoli, Perrella, 1909, pp. 1-254), si veda (anche per la ricca bibliografia) William Spaggiari, I «moderni autori». Appunti su natura e scienza nella poesia dei Lumi, contributo di 14 pp. all’indirizzo internet www.italianisti.it/FileServices/Spaggiari %20William.pdf (immesso nel settembre 2009). 18 RdA, vol. XIII, pp. 125-33. Sulla fortuna settecentesca del tema cfr. Fedi, Comunicazione letteraria e «generi massonici» nel Settecento italiano, pp. 69-73. 16 164 montiana Prosopopea di Pericle e nel sonetto di Giovanni Battista Riva sulle acquisizioni del Museo Pio-Clementino.19 Ravvisabili nel sonetto di Prospero Manara sul giorno dei morti e nell’Entusiasmo malinconico di Monti, le tinte lugubri-sepolcrali si sovrappongono all’icasticità pittorica dei sonetti biblici e mitologici di Giuliano Cassiani (come quello sul ratto di Proserpina, a cui Alfieri si ispirò per tre sonetti)20 e al classicismo oraziano degli altri autori estensi, non scevro di bagliori illuministici, come nell’ode Urania, in cui Agostino Paradisi ripercorre le tappe del progresso del genere umano: L’Uomo ognor di natura fia la maggior, la più mirabil opra; l’Uom fia la miglior cura del mio pensier, che in meditar s’adopra. L’Uom, che ne i sensi frali Simile a i Bruti ha vita, l’Uom, che i Numi immortali per la ragione imita.21 A ridosso del primo centenario dell’accademia celebrato sotto le insegne pastorali del neo-custode Luigi Godard, che tanta parte aveva avuto nella promozione dell’operato di Pizzi, poteva considerarsi compiuta la parabola arcadica, pur fra gli estremi riverberi melodici nelle Anacreontiche ad Irene e a Dori di Iacopo Vittorelli. Se nella fuga di Monti da Roma, nel 1797, Carlo Dionisotti avverte il segno di un’arte ormai pronta “a ritemprarsi in una esperienza nuova della vita”, in cui cercare di trasferire qualche “novità poetica” dell’Arcadia di Pizzi e di ciò che si era sedimentato nell’arco di tutto il secolo nel Serbatoio romano, è anche vero che a Godard, e alla sua accademia, era irrimediabilmente negata la possibilità di quella “saldatura suprema che si operava al fuoco della rivoluzione europea”.22 19 RdA, vol. XIV, pp. 40 (Riva) e 58-63 (Monti). Ivi, voll. XIII, pp. 395 (Manara); XIV, 1-6 (Cassiani) e 79-83 (Monti). Come si desume dall’autobiografia (Vita scritta da esso, p. 198), Il Ratto di Proserpina di Cassiani (RdA, vol. XIV, p. 2) funse da modello per i sonetti “Volea gridar, fuggir volea, ma vinto”, “Braccia con braccia in feri nodi attorte”, “Avviticchiati, ignudi, e bocca a bocca” (Alfieri, Rime, pp. 1-3). 21 RdA, vol. XIII, pp. 221-5, vv. 33-40. Sull’avvicinamento di Paradisi al sodalizio del “Caffè” in virtù dell’ode A Minerva (1769), che nonostante le raccomandazioni dell’autore non fu inclusa nelle Rime degli Arcadi, si veda Spaggiari, L’armonico tremore, pp. 57-69. 22 Dionisotti, Ricordo di Cimante Micenio, p. 79. Non rientra fra i compiti di questo lavoro tracciare una storia della critica sul fenomeno Arcadia, ben presto oggetto di riserve da parte della storiografia romantica e risorgimentale. Se Luigi Carrer, nel 1855, riteneva inutile ribadire “le censure ove più non ci hanno i censurati” (Gli Arcadi, in Id., Scritti critici, a cura di Giovanni Gambarin, Bari, Laterza, 1969, pp. 267-71, a p. 270), quindici anni dopo Francesco De Sanctis definiva “superficiale” il cenacolo romano, 20 165 “confinato nelle astrattezze e rispettoso verso tutte le istituzioni”, adagiato nell’“esercizio intellettuale sul passato” e su “temi astratti e insipidi amori tra pastori e pastorelle” (Storia della letteratura italiana, introduzione di René Wellek, note di Grazia Melli Fioravanti, Milano, Rizzoli, 2006 [1983], pp. 829-30). Carducci, invece, invitava a considerare “con un po’ di creanza” i meriti stilistico-formali dell’accademia (Prefazione alle Rime di F. Petrarca sopra argomenti storici morali e diversi [1876], in EN, vol. XI [Petrarca e Boccaccio], 1936, pp. 123-84, a p. 170), pur censurando taluni aspetti del costume pastorale (si veda, ad esempio, la Dedicatoria della «Mattinata» [1882], in EN, vol. XXVII [Ceneri e faville. Serie II], 1938, pp. 315-6). Nel discorso tenuto il 24 novembre 1945, presso la Biblioteca Angelica di Roma, Croce saldava l’Arcadia al razionalismo europeo, di cui fu la manifestazione letteraria italiana; ma all’“alunna di Cartesio”, che “inaugurò per la sua parte l’età moderna”, negava la vena poetica: “La ragione, instaurata regina, vuol dire il dissolvimento dei miti” (La letteratura italiana del Settecento, pp. 1-14, alle pp. 5 e 7). Carlo Calcaterra ha poi individuato una linea di continuità fra Barocco e Arcadia (la “vasta fioritura di poesia musicale” nel Seicento “è, sotto molti aspetti, la preparazione spirituale della melica settecentesca”; La melica italiana, pp. III-IV; cfr. anche Il Barocco in Arcadia, pp. 1-34); a sua volta, muovendo da posizioni crociane Mario Fubini ha focalizzato l’attenzione sul legame fra l’esperienza arcadica (intesa come “l’inizio non del tutto inglorioso del risorgimento”) e quella illuministica, unite dal filo del razionalismo (Dal Muratori al Baretti, p. 315). Per Walter Binni, è necessario ricostruire lo sviluppo delle fasi poetiche del secolo adottando un punto di vista storicistico (L’Arcadia e il Metastasio, pp. IX-XLIII), mentre fra le voci severe mette conto ricordare quella di Giuseppe Petronio, secondo il quale “gli scritti letterari degli arcadi […] non desteranno mai un consenso sentimentale o morale, un’adesione della coscienza o del cuore” (Parini e l’illuminismo lombardo, RomaBari, Laterza, 1987 [I ed. Milano, Feltrinelli, 1960], p. 35). Un profilo della storia della critica arcadica è stato tracciato da Antonio Piromalli (L’Arcadia, Palermo, Palumbo, 1963 [1975]). Fondamentali le acquisizioni dell’ultimo periodo: il saggio di Carlo Dionisotti (Ricordo di Cimante Micenio, 1948), che ha aperto la strada agli studi sull’Arcadia di Pizzi e di Godard (1772-1824), i contributi di Amedeo Quondam sul quarantennio crescimbeniano (in particolare su Gravina e sulla vicenda dello scisma nel 1711), la monografia di Annalisa Nacinovich sulla reggenza di Pizzi (“Il sogno incantatore della filosofia”, 2003). Un revival di studi arcadici si è registrato in occasione del terzo centenario della nascita dell’accademia (1990), con il profilo storico di Maria Teresa Acquaro Graziosi (L’Arcadia. Trecento anni di storia), altresì curatrice della miscellanea di studi Tre secoli di storia dell’Arcadia (1991), e gli atti del Convegno svoltosi a Roma il 15-18 maggio 1991. 166 Parte seconda 167 Indici delle Rime degli Arcadi NOTA La cura redazionale dei quattordici volumi delle Rime degli Arcadi si mantiene sempre ai livelli di buona qualità. Tuttavia, il processo di elaborazione e stampa seguì, di volta in volta, percorsi non sempre lineari; il vol. XIII richiese tre anni di gestazione, documentata, come si è visto nelle pagine precedenti, attraverso il carteggio MazzaPizzi. Non mancano dunque refusi e imprecisioni: ad esempio, nel vol. III, p. 94, il primo verso del sonetto di Antonio Zampieri, “Correa la nave mia d’Amor per l’onda”, non rima con i vv. 3 (“donde”), 5 (“asconde”) e 7 (“confonde”); a p. 311, analoga difformità nel sonetto di Giampietro Zanotti, “Donna, a cui mortal Sposo il Ciel destina” (la rima “-ine” dei vv. 4, 5, 8 non ricorre al v. 1, “destina”). Nel sonetto di Ferdinando Antonio Campeggi, “Quella, che nacque al picciol Reno in riva” (IV, 100), si registra l’assonanza ai vv. 11 e 14 (“virtude” - “salute”), alla stregua di quello di Francesco Redi, “Degg’io mai sempre sospirare, e deggio” (VIII, 52): “viene” - “speme” - “conviene” (vv. 10, 12, 14). Nel sonetto di Pellegrina Maria Viali Rivaroli, “Qual forza io sento? e qual’ignoto foco” (VI, 89), non è rispetta la corrispondenza rimica nei vv. 9 (“difesa”), 11 (“accesa”) e 13 (“offese”), mentre il v. 8 presenta il refuso “vermiglo” in quello di Francesco Del Teglia, “Città Reina: a te rivolse il ciglio” (p. 163). Altri errori nell’incipit del sonetto di Giovanni Battista Cotta (IV, 74), che reca “arensa” invece di “arenosa” (“Nell’arenosa region Numida”), e nel sonetto di Marianna Lanfranchi Aulla, “S’alla virtù, che all’Alme Saggie è guida” (XII, 69), dove “leco” (“Dunque felice te, che in chiuso leco”, v. 9) non si accorda con la parola-rima del v. 12 (“poco”). Nel sonetto di Saverio Bettinelli (“Mentre spiegate le purpuree penne” (XIII, 149) i vv. 9 e 12 non rimano fra loro (“tanto” - “intorno”), mentre nelle quartine di quello di Giuseppe Maria Pagnini (“Vigna di dolci elette uve feconda”, p. 213) manca l’identità rimica fra i vv. 2-3 e 5-6 (“pruine” - “spine” - “ruine” “declina”). Infine, nel vol. XIV, il sonetto di Giuliano Cassiani, “Poiché del Genitor la via non tenne” (p. 1), registra un’incongruenza nei vv. 10 e 13 (“onde” - “giacque”); lo 168 stesso nei vv. 5 e 8 (“cotanto” - “pianti”) del sonetto di Antonio Mariotti (“Pel ceruleo del mar placido manto, p. 240). L’impiego dell’espressione “ode-canzonetta” risponde ai criteri stabiliti da Pietro G. Beltrami (La metrica italiana, pp. 315-22 e 348-9) e da Gianfranca Lavezzi (I numeri della poesia, pp. 120-4), ai quali si rimanda anche per le opportune distinzioni fra forme metriche simili. 169 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO PRIMO | All’Illustrissimo, ed Eccellentissimo Signore | IL SIGNOR | D. FRANCESCO | MARIA | RUSPOLI | PRINCIPE DI CERVETERI. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | In ROMA, Per Antonio Rossi alla Piazza di Ceri. 1716. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Francesco Maria Ruspoli, pp. [III-XII]. A chi legge, pp. [XIII-XVI]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [XVII-XIX]. Autori de’ presenti Componimenti, p. [XX]. Protesta degli Autori, p. [XXI]. I. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio) N. testi: 57 Genere metrico: • Sonetti (27) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, ch’un tempo placido, e soave” “A Te, gran Dio, ch’in aspri affanni, e duri” “Ben fu lieta, e per me benigna stella” “Cosa in Terra non v’è, ch’a lunga etade” “Da febre ria, ma più dal duolo oppressa” “Delia, il Sol cangia albergo, e la diletta” “Di lei, che sì mi strazia, e quasi morto” “Ecco il tempo, o Israele, ed ecco il giorno” “E da qual’astro mai questa discese” “Gran tempo è già, ch’io peno, e al lungo affanno” “Io pur vorrei romper quel forte nodo” “Non d’amoroso, e mortal foco accende” “O bella Idalba dalle nere chiome” “O della man di Dio figlie dilette” “Poiché in virtù d’un forte acceso sdegno” “Qualor fra Ninfe in bel soggiorno assiso” “Quando da voi, che del mio cor le chiavi” “Quando l’immortal Donna al Ciel fu scorta” “Quando talor mi volgo addietro, e guardo” “Quante volte promisi a un giusto sdegno” “Questa, ch’or cingon brevi mura intorno” “Roma in veder dall’empia etade avara” 10 27 2 12 23 23 7 11 1 9 18 8 15 24 13 3 3 27 21 6 24 25 170 “Rotto è pur l’aspro nodo, e il laccio indegno” “Tanto in questi del mondo oggetti frali” “Tempo già fu, ch’Amore, armato il fianco” “Vedi quell’Edra, Elpin, che scherza, ed erra” “Veggio talor sì l’una, e l’altra stella” 19 25 10 13 7 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Segue il suo vincitor di valle in monte” 17 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Deh quando mai verrà quel giorno, ond’io” 18 • Sonetti (23) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, gran tempo errasti, e i tuoi deliri” “Alma, or che puoi colle sicure scorte” “Amor per trarmi al giogo antico, e duro” “Da lusinghiera amabil aura scorto” “Di passo in passo, d’uno in altro affanno” “Donna, in quel punto, ch’i miei lumi ardiro” “Donna, non mi duol già, che voi superba” “Grazie ad Amor, ch’al mio pregar costante” “Mio cor, che senti? ed a qual dubbio, ed erto” “Odi, o Tu, che con guardo aspro, ed infesto” “Perch’io rieda al suo antico aspro soggiorno” “Qual per nevi, e per pioggia inonda, e ingrossa” “Quel, bench’oppresso, non estinto ancora” “Questa, che scarca di sua fragil veste” “Se carco di pensier vommene in parte” “Se con puri pensier, con salda fede” “Se è ver, che a nullo amato amar perdona” “Se in me reo di più colpe, il giusto Dio” “Se mai di Giove il formidabil dardo” “Se quel pensier, che mi tien sempre in doglie” “Sì spesso Amor di crudeltà condanno” “S’opposte al nostro Polo il Cielo accese” “Vide il Po, vide Italia il prode, il forte” 26 4 22 21 4 17 5 20 2 15 20 19 22 11 5 14 9 26 6 12 8 14 16 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Nocchier, che troppo cauto in porto accoglie” “Sovra quel Trono, ove fur tanti Eroi” 16 51 • Ode di diciotto strofe di ottonari: ababccdd “Or, che Sirio in Ciel risplende” 32-6 • Canzone di quindici stanze e congedo di settenari e endecasillabi: abbAccDd / aaBb “O di Giove alme, e pure” 28-32 • Egloga dialogica e polimetrica, composta da Giuseppe Paolucci e Giovanni Battista Felice Zappi: terzine (1-318); due strofe di settenari ed endecasillabi, abCabCbDD 171 (319-36); due strofe di quinari, aabbccdd (337-52); endecasillabi frottolati (353-62); due sestine, AABBCC (363-74); due ottave (375-90); due strofe di endecasillabi e senari, con rime interne (391-404); terzine (405-38). “Tirsi, così per tempo? ancor su i prati” 37-51 II. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario) N. testi: 55 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Città felice, che nel suol ti stendi” “Io chiedo al Ciel, chi contra Dio l’indegno” “Lorenzo invitto, a Te Cipro ne riede” “Quel, che l’Aurelio, ed il Traian sormonta” “Spesso la mente ad alzar l’ali intesa” “Tal m’ha ridotto un fiero volto, e bello” 65 67 59 67 54 60 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Tesi poch’anzi un forte laccio all’Orso” 55 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Ov’è! Non già l’incognita riviera” “Quando fondò dell’immortal sua Fede” “Quel divin fuoco di valor sovrano” 58 57 58 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Qual verso il Sol, che sì l’adorna, e abbella” 56 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Alma ben fida, e di quel numer’una” 57 • Sonetti (17) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Agli occhi il cor: se il solito alimento” “Ahimè, ch’io veggio infruttuosa, e vile” “Cade, in amando Urania, omai mia vita” “Carlo, quando a ritrar s’accinse Apelle” “Come, dappoiché l’occhio alquanto fiso” “De’ prischi Eroi Latin l’inclita mano” “Diconmi i miei pensier: deh ti consola” “In compagnia d’Amor, che ratto il guida” “L’arti, onde il Greco, ed il Latin fu chiaro” “Liete, soavi, fresche, e limpid’onde” “Non per vaghezza d’immortal corona” “Ond’è, che Ormin, quel sì felice, al cui” “Or che d’Olimpia il sacro nome intorno” 62 64 62 53 61 53 60 63 65 61 52 55 64 172 “Quando da duo begli occhi offerse Amore” “Quando il gran Pico a noi scese dal Cielo” “Quel, che a Dio fu nel gran principio appresso” “Se a lui, che siede in guardia del mio core” 59 56 52 63 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, ECE “Osmin, s’appressa il nembo. Odi, che mugge” 54 • Sonetti (2) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Poiché di Tifi il glorioso Legno” “Quanto l’ingiuriosa età fatale” 66 66 • Ode-canzonetta di cinque sestine bipartite: a4a4b8 ; c4c4b8 “Del sonoro” 73-4 • Odi-canzonette (8) di esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Bella Jella donzelletta” (12) “Del tuo Sol sono i capelli” (6) “Di saper, che cosa è Amore” (6) “Fiera vista dolorosa” (9) “Già s’appressa il bel giocondo” (7) “Io non veggio in calma il Mare” (10) “Per la selva io vidi un giorno” (5) “Vaga rosa, orgogliosetta” (7) 75-8 74-5 78-9 71-3 87-8 85-7 79-80 70-1 • Ode-canzonetta di cinque esastici bipartiti: a5a5B11t ; c5c5B11t “D’odorosetti” 83-4 • Ode-canzonetta di due esastici di settenari: aabccb “Ecco Amore, ecco Amore” 78 • Ode-canzonetta di dodici esastici: a7a7b7b7c7C11 “O caro Alessi amico” 88-90 • Ode-canzonetta di tre coppie di madrigali (a7b7A11p7A11A11, 7-18; A11A11B11b7A11A11c7c7A11A11A11, 25-46; a5b5a5b5C11t ; d5se5e7C11t ; d7sC11tC11t, 5376), intercalate da un refrain di quadrisillabi ed endecasillabi (aaBccB, 1-6, 19-24, 47-52, 77-82). “Ninfe belle” 80-3 • Ode-canzonetta di quattro sestine di ottonari: abbacc “Nuvoletta, che al terreno” 84-5 • Ode-canzonetta di otto strofe e congedo di settenari ed endecasillabi: aabBcC / PaA “Non d’Edera amorosa” 90-2 • Ode-canzonetta di nove strofe e il congedo di settenari ed endecasillabi: aaBbcC / AabB “Cento amorose elette” 94-5 173 • Ode-canzonetta di sei strofe e congedo di endecasillabi e settenari: AbbAcC / PaA “O Donna eccelsa, e di quel numer’una” 92-3 • Inno di dodici esastici di ottonari: abbacc “Dal più lucido Oriente” 68-70 • Ode di sette strofe di settenari ed endecasillabi: abCabCcDd “Già splende il chiaro giorno” 96-7 • Ode di sedici strofe di settenari ed endecasillabi: abCabCDD “Del Tessalo fatale” 100-4 • Ode di sette strofe di settenari ed endecasillabi: AbCBcAddeE “Sull’Olimpica arena oggi non scese” 98-100 • Canzone pindarica di settenari ed endecasillabi: ABBAcddcEE (strofe); ABBAcddcEE (antistrofe); abBaCC (epodo; il secondo presenta lo schema paApBB). “Bella di Gioventute eccelsa Diva” 104-07 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi e settenari liberi (1-15); terzine (16-31); ottave (32-63); quartine (64-75); otto strofe saffiche, a schema AA(a5)Bb5 e A(a5)B(b5)Cc5 (76-107); due strofe, A11B11c5c5d5d5e5e5f5f5B11A11B11 (108-33); quartine (134-41); tristici, A(a)BB (142-7); quartina (148-51); distici di endecasillabi a rima baciata (152-5); due strofe di settenari ed endecasillabi, pAaBB (156-65); quartine (166-81); due strofe di quinari ed endecasillabi, pabbaccddeE (182-203); tristici (204-9); quartine (210-21); sequenza di endecasillabi (222-33); due esastici, p5A11a7p5B11b7 (234-45); quartine (246-65); distici (266-9); quartine (270-77); tristici (278-83); due strofe, p7A11a7B11B11c7c7D11D11 (284-301); distici (302-5); quattro strofe, con schemi a7b7p7B11A11C11c7 (328-37) e a7b7B11C11d7C11D11 (338-51); quartine (352-75); distici (376-9); terzine (380-9). “Sedean sotto un muscoso, e cavo sasso” 107-20 III. Alessandro Guidi (Erilo Cleoneo) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del grande Augusto rallegrossi l’ombra” “Eran le Dee del Mar liete, e gioconde” “Non fu possanza di beltà, ma frode” 126 125 122 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Forse in tua voglia a maggior trono aspiri” 123 174 “Giva per un tranquillo aer sereno” “Io son sì stanco di soffrir lo scempio” “Né ancor dagli anni è dissipata, e spenta” “Non è costei dalla più bell’Idea” “Non perché veggia Amor dal giel degli anni” “Poiché l’anima mia fuor del suo grave” “Questa, che noi miriam, Mole superba” “Sorge coll’armi d’un leggiadro sdegno” “Veggio il gran dì della Giustitia eterna” 121 122 125 120 124 126 123 121 124 • Canzone di dieci stanze di settenari ed endecasillabi: abbAcdDc “Vider Marte, e Quirino” 127-9 • Canzone di sette stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF “Né i Cavalier feroci” 129-32 • Canzone di sei stanze di endecasillabi e settenari: ABCBaCCDEeDFGgFGHhII “Benché Tu spazj nel gran giorno eterno” 132-36 • Canzoni a selva (7) “Col ferro industre al bel lavoro intento” “Illustre Colle, che d’ospizio, e sede” “Io, mercé delle Figlie alme di Giove” “Io non adombro il vero” “Nasce da nostra mente” “O Noi d’Arcadia fortunata Gente” “Sull’Olimpico corso oggi non arde” IV. 158-63 141-3 153-8 147-51 143-7 136-41 151-3 Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide) N. testi: 22 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi è, dicean le sovrumane menti” “Pugnar ben spesso entro il mio petto io sento” “Stavasi in due brune pupille ascoso” “Tempo già fu, che in solitario tetto” 168 166 170 170 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché nel tuo gran Padre alta difesa” “Del Re dell’Alpi il Pargoletto ignudo” “Era il Caos confuso allor, che Dio” “Mio Cuor, credi, e adora: eccoti avante” “Or che tien chiusi i lumi in dolce obblio” “Poiché lo stato suo l’alma comprende” 164 164 167 169 168 165 175 “Quando di sé più, che del Sol vestita” “Quegli, che spira ovunque vuole, e muove” “Scende il Ver dalle Stelle, e adombra, e sface” “Sdegna Clorinda a i femminili uffici” “Se alle nostre foreste avvien, che arrida” 169 163 166 165 167 • Canzone di otto stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aabBcC / PaA “Orché la selva annosa” 186-7 • Canzone di nove stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aaBbcC / AabB “Queste son pur l’elette” 189-90 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbbAcC / PaA “Gran Saggio, a cui d’invidia, o di fortuna 187-8 • Canzone di dodici stanze di settenari ed endecasillabi: abCBCaDdEE “Quando dall’urne oscure” 178-82 • Canzone di sedici stanze di settenari ed endecasillabi: aBCaBCCDEeDdFF “Spiegi le chiome irate” 171-8 • Canzone di otto stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCABCdEdEFfGG / PABbACC “Sin da quel primo istante” 182-5 • Terzine “Mentre già sazio dalle piagge apriche” V. 191-4 Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio) N. testi: 35 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Or che Clori sulla sponda” 199 • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco dell’uman germe e pura, e bella” “L’opra, ch’altri da me colta, e gentile” “O fiumicello, che l’aprica sponda” “Rosa del Ciel, ch’all’apparir d’Aprile” “Vede l’Alba, che sorge; e si consola” 210 194 197 201 205 • Sonetti (29) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahimè, che ovunque il reo pensier mi mena” “Amore un giorno i rari pregi, e soli” 203 199 176 “Bella la prisca etate al giusto amica” “Caro usignuol, che sfoghi i tuoi tormenti” “Come diffonde in terra almo splendore” “Dal cieco Amor, che sovra ogn’arte maga” “Dal dì, che a te dintorno, alpestre Fiume” “D’Alnano altri pur canti: io tanto in seno” “Donna vorrei, di voi qualora io canto” “Dopo molto soffrire, e pianger molto” “Due bell’Anime grandi avea creato” “Due Fiamme illustri, nel bel nascer una” “Gode costei, ch’io l’ami, e ’l mio desire” “Io ritornar volea del suol natio” “La mia cara nemica altera, e schiva” “Mancar vidi tua vita a mezzo il corso” “Meco sovente da che il cuor m’accese” “Or che il suolo impetrai, per far più bella” “Or ch’il gran braccio del Motor sovrano” “Passò al Cielo Alessandro il saggio, il prode” “Poiché costei, che m’arde a parte a parte” “Pria, che l’età s’avanzi, o morte assaglia” “Qual già sul Mincio maestoso in atto” “Qual mano industre eletto ramo toglie” “Quando la mente al gran decreto eterno” “Questa amica del Ciel nobil Donzella” “Signor, tant’oltre il tuo valor si stende” “Sovente io cerco per miglior consiglio” “Squallida, e fredda d’una valle sorse” VI. 204 198 200 211 198 207 196 205 209 208 206 207 195 209 208 200 203 201 197 210 211 195 202 202 204 206 196 Teresa Grillo Pamphili (Irene Pamisia) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “La nobil Donna, che con forte mano” “O di virtude amica luce, e bella” “O possente di speme, o dolce aspetto” 212 215 216 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi mi farà mai strada a veder quella” “Del bel piacer, con cui lusinga Amore” “Gravan l’Alma così cure, ed affanni” “In orrida, profonda, oscura parte” “Non è virtù, che il mio cor muove, e punge” “Ragion, se Amor dal tuo poter m’ha tolta” “Stanchi, ed oppressi i miei pensier non sanno” 215 213 212 214 214 213 216 177 VII. Filippo Leers (Siralgo Ninfasio) N. testi: 57 Genere metrico: • Sonetti (20) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cosa mortal spesso tal grazia acquista” “Dicea la Ninfa, a cui Siralgo piacque” “Il faretrato Amor, che in fuga volse” “L’Alma di Carlo, che benigno, e forte” “Lieto agnellin, che l’odorata sabbia” “L’ostro real, che vi donò colui” “Mirto odoroso, che le verdi braccia” “Nella stagion, che ’l dì più loco acquista” “Perché barca io non ho, né rete allargo” “Piacciati, o gran Principio delle cose” “Poiché il Tiranno dell’umane cose” “Poiché Landò, la Pertinace, e dura” “Poiché Terra coperse il grande Albano” “Qualor mi specchio di Nereo sul lito” “Simile a se mi fe’ l’alto Fattore” “Sì, sì, ti veggio, a che saltelli, e scappi” “Sparso il crin di fioretti di ginestra” “Te già sul Tebro pargoletta in fasce” “Vaga cervetta, che sul Ronco nacque” “Veggio nel soglio tuo, Città di Giano” 221 233 227 225 218 226 219 236 234 258 226 224 233 238 258 239 235 256 231 232 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Pellegrina affannata in velo oscuro” 227 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Quel Nappo, o Galatea, che a me dal collo” 238 • Sonetti (28) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Agresti Dii, Su quest’opaco Altare” “Barbaro usurpator del Regno santo” “Chiunque nasce, e sue vestigia impronta” “Corsi audace Nocchier l’onda tranquilla” “Diceami Alcon nella mia prima etate” “Ebbi già del tuo stral l’anima punta” “Eran d’Amor l’amare sorti ascose” “Hier mi guardasti men superba, e fera” “Io veggio, che non può l’umile ingegno” “La Nave mia, che già dal vento irato” “La superba Landò, che il capo altero” “Mirando il volto, ove le nubi, e ’l foco” “Ninfe del Rubicon, che gli antri, e l’onda” “O deserti Paesi, ignota, e bruna” 228 223 257 223 219 228 217 239 217 230 224 222 231 222 178 “Per l’ampie vie dell’Ocean crudele” “Per quelle vie, che cento strali, e cento” “Qual’augellin, che da lontana parte” “Quando all’antica età volgo il pensiero” “Questa, che già v’accolse, ed or v’inchina” “Rivolto al Mar, che del suo molle vetro” “S’è ver, ch’a un tempo il vostro core, e il mio” “Soli, se non che Amor venia con noi” “Sovra il negro del mare orrido smalto” “Spento Annibal, vinta Cartago, e sparte” “Tal vibrò luce da’ begli occhi un giorno” “Tempo già fu ch’io rallegrar solia” “Traea per le boscaglie orride, e sole” “Venti perversi, inesorabil onda” 229 256 220 225 230 235 221 218 229 257 220 236 237 234 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Quando la Giovinetta d’Oriente” 232 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Quando la sera sul tranquillo Mare” 237 • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata, distribuiti in quattro strofe di lunghezza diversa. “O treccia, o treccia d’oro” 241-4 • Odi-canzonette (2) di esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Amarillide vezzosa” (5) “Un bel riso lusinghiero” (8) 244-5 240-1 • Canzone di diciassette stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF “O del Bifronte Colle” 245-52 • Canzone di otto stanze di endecasillabi e settenari: ABCBACcDEeDFF “Svelta dal fianco degli aerei monti” 252-5 VIII. Paolo Antonio Del Nero (Siringo Reteo) N. testi: 31 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io, che d’oltre Pirene intesi il vanto” “Io son sì avvezzo a viver sempre in ira” 271 263 • Sonetti (27) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco il volto leggiadro, al cui splendore” 263 179 “Ecco la Terra, ch’all’età futura” “Finché Amor tolse da più bassa sfera” “Fra l’ampia schiera de i pensieri ardenti” “Inclita Patria, già son cinque lustri” “Invitto Re, che dell’avito Impero” “Io amo, e l’Amor mio sembra felice” “Io non so come Amor, ch’oppresso, e vinto” “Io pur lasso vedrò quel Sole ardente” “Io sciolsi un dì ver la più vaga sponda” “Ma qual folle desio mia mente induce” “Nel dì, che vidi in vostra fronte Amore” “Non perché io veggia la mia Patria farsi” “O dolce un tempo, or lagrimosa oscura” “O passaggier, che alle smarrite rive” “Qualor concedo alla notturna stanza” “Quando Maria le candid’ali aperse” “Questa di gemme, e d’or lucida, e bionda” “Sciogliesti appena, o candida Colomba” “Se il pensier, che in assedio ognor mi tiene” “Se il seguir sempre in faticosa impresa” “Signor, quando in tua mente eterna, e pura” “Spesso avrei meco la canora Euterpe” “Sull’erto colle, ch’il frondoso tergo” “Timido Amante in mezzo al cor concentro” “Vide Amor Filli, che superba, e cruda” “Vinta dal sonno la vezzosa Iole” • Odi-canzonette (2) di esastici di ottonari: abbacc “Da quel dì, che ria fortuna” (25) “Sulla riva del Peneo” (20) IX. 267 259 266 270 268 273 265 260 264 271 261 268 259 267 260 269 269 261 262 272 270 272 265 264 266 262 277-82 273-7 Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio) N. testi: 40 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dalla più pura, e più leggiadra stella” “La prima volta, ch’io m’avvenni in quella” “Morte, il tuo fero artiglio invan si stende” “Poiché dell’empio Trace alle rapine” “Quando Matilde al suo Sepolcro accanto” “Sotto mi cadde quel Destrier feroce” “Tal mi fe’ piaga un Garzon fero, e rio” “Vago, leggiadro, caro fanciullino” 290 296 288 287 285 300 294 295 180 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Invan resisti: un saldo cuore, e fido” “E qual sul Tebro pellegrina, e rada” “O della stirpe dell’invitto Marte” 284 295 285 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “O violetta bella, che ti stai” “Sognai sul far dell’Alba, e mi parea” 290 297 • Sonetti (4) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Che far potea la sventurata, e sola” “Il gondolier, sebben la notte imbruna” “Nacque a Tirinto ier (che gaudio ha il core!)” “Un cestellin di paglie un dì tessea” 284 288 293 291 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alfin col teschio d’atro sangue intriso” “Amor si asside alla mia Filli accanto” “Due Ninfe, emule al volto, e alla favella” “Io veggio entro una bassa, e vil capanna” “O luccioletta, che di qua dall’Orno” “O pellegrin, che in questa selva il piede” “Per far serti ad Alnano, io veggio ir pronte” “Se è ver, che ogn’Uomo integro era da pria” “Stassi di Cipro in sulla piaggia amena” 283 299 298 287 292 286 286 291 293 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Al tribunal d’Amore un dì n’andai” “Ardo per Filli. Ella non sa, non ode” “Quando i’ men vo verso l’Ascrea Montagna” 292 289 282 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Chi è Costui, che in sì gran pietra scolto” “Io veggio, ahimè, che il biondo crin si annegra” “Quando per girne al Ciel di morte a scherno” 283 299 294 • Sonetti (2) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Cento vezzosi pargoletti Amori” “In quella età, ch’io misurar solea” 296 289 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, EDE “Tornami a mente quella trista, e nera” 297 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Presso è il dì, che cangiato il destin rio” 298 • Ode-canzonetta di cinque esastici bipartiti: a5b5(b5)C11t ; a5d5(d5)C11t “Ninfa cortese” 303 181 • Ode-canzonetta di ventidue strofe (154 vv.), di lunghezza disuguale, di settenari e endecasillabi variamente rimati. “Vieni: mi disse Amore” 307-11 • Canzoni (2) di endecasillabi e settenari: ABCABCcDdEE / pAaBB “Spieghiamo i vanni, io dissi all’Alma un giorno” (8) 304-6 “Standomi all’ombra di un’antico alloro” (6) 300-2 X. Vincenzo Leonio (Uranio Tegeo) N. testi: 48 Genere metrico: • Sonetti (15) di schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cigno gentil da stelle amiche eletto” “Dopo lunga stagion pur’a voi torno” “Il dì primier, ch’entro mortal ammanto” “Mentre le luci, ove l’alato Nume” “Mentr’oggi, o Silvia, a pascer l’agne inteso” “Non perché ad occhio curioso avanti” “Non perché l’egra Italia ha già rivolto” “Qual Proteo, il Ben sotto diverse spoglie” “Quanto l’alma natura a formar prese” “Questa d’Arcadia illustre Insegna; questa” “Santo Amor, che con nodo almo, e tenace” “Sebbene i merti tuoi, nobil Donzella” “Sì queto un giorno il mar, l’aure seconde” “Sommo Signor, che dal celeste Regno” “Spirto immortal, che forse ancor t’aggiri” 325 318 324 319 323 320 324 322 330 322 331 330 314 320 314 • Sonetti (25) di schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allorché Filli, ed io nascemmo, il volo” “Archimede non già, Fidia, né Apelle” “Caro arboscel, che, d’alti faggi a scorno” “Dietro l’ali d’Amor, che lo desvia” “Eccelse menti, ad ornar sempre intese” “Ecco, Amici Pastori, ecco ove è giunto” “Filli, sotto quel faggio Alcone un giorno” “L’incolte rime, ch’io cantar solea” “L’infelice Alma mia quel dì primiero” “Non perché da quel dì, che te disciolse” “Non più d’Amor, ma d’ira solo ardente” “Non ride fior nel prato, onda non fugge” “Penne immortali, a sciorre il volo intese” “Posto Adamo in obblio quel fango umile” “Pria chiuderò quest’occhi al sonno eterno” 312 316 329 315 328 326 313 327 321 329 319 317 318 331 328 182 “Qual d’opre esperto, e d’altra mente accorto” “Qual Fiumicel, che se tra verdi sponde” “Quando l’Alma Real vider le Stelle” “Quando vide la Fé sotto il tuo impero” “Questa gran Selva, che di cigni asconde” “Qui, dove Roma a i curvi pini un giorno” “Qui dove un tempo il sanguinoso Marte” “S’è vero, o Febo, ch’a’seguaci tuoi” “Sì vivo lume di virtù matura” “Tra queste due famose anime altere” • Odi-canzonette (3) di esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “D’un gran nome alto immortale” (23) “In quell’ora, in cui dal Cielo” (22) “Ninfe, o voi, cui gran ventura” (14) 323 312 315 313 325 317 327 321 326 316 334-9 339-43 332-4 • Canzone di quarantadue stanze di endecasillabi e settenari: ABCABCcDEeDFF “Allor ch’acceso nella mente io vidi” 361-78 • Egloghe di terzine (4) “Lieti prati, erti colli, almi ruscelli” “Nel più eccelso d’Arcadia ombroso monte” “O ruscelletto avventuroso appieno” “Poiché alla fin dopo tant’anni, e tanti” 357-60 348-54 354-7 343-8 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [379-407]. 183 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO SECONDO | All’Illustrissima, ed Eccellentissima Signora | LA SIGNORA | DONNA MARIA | COSTANZA | BUONCOMPAGNI GIUSTINIANI | Principessa di Bassano e c. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | In ROMA, Per Antonio Rossi alla Piazza di Ceri. 1716. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Maria Costanza Buoncompagni Giustiniani, pp. [III-VIII]. A chi legge, pp. [IX-X]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [XI-XIII]. Protesta degli Autori e Alcuni errori più importanti occorsi nella Stampa, p. [XIV]. I. Eustachio Manfredi (Aci Delpusiano) N. testi: 37 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Benché non belva in antro, e non fra l’erba” “Come se dal bel nido almo, natìo” “Il primo albor non appariva ancora” “L’augusto Ponte, a cui fremendo il piede” “Perché t’affliggi, e ti disciogli in pianto” “Se la Donna infedel, che il folle vanto” “Sgombra, Ninfa gentile a che contendi” “Vidi l’Italia col crin sparso, incolto” 14 16 15 2 12 7 17 3 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Voi pure, orridi monti, e voi, petrose” 4 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, mira costei con qual disdegno” “Ben’ha di doppio acciar tempre possenti” “Dietro la scorta de’ tuoi chiari passi” “Dov’è quella famosa, alta, superba” “Eccelsa Donna, or che al principio nostro” “Le Ninfe, che pe i colli, e le foreste” “O fiume, o dell’erbose, alme, feconde” “O Ronco, ed o del Ronco in sulla riva” “Or piangi orba, e dolente in negra vesta” “Poiché di morte in preda avrem lasciate” 6 8 16 1 9 9 11 15 12 5 184 “Qual feroce Leon, che assalit’abbia” “Quest’ampio Foro, ove da lieti, ardenti” “Sacro, felice, avventuroso altero” “Sì dunque, e gli angui, e le feroci attorte” “Stanco oramai della fatal vendetta” “Tal forse era in sembianza il Garzon fero” “Vegliar le notti, e or l’una, or l’altra sponda” “Vergini, che pensose a lenti passi” 10 17 4 13 7 13 14 10 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “E tu pur fremi, e tu pur gonfj, e spumi” “Io veggio, io veggio il Cielo: ecco il bel chiostro” “Non templi, od archi, e non figure, o segni” “Poiché cinger costei d’aspre ritorte” “Pur con quest’occhi alfin visto ho l’altero” “Superbe navi, che i tranquilli, e lenti” “Tal da’ Romulei rostri, o innanzi al trono” 11 5 6 8 3 2 18 • Canzone di sei stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF “O Verginella umile” 18-20 • Canzone di sette stanze abCBDCcdAaeeFfGG / PaA “Donna, ne gli occhi vostri” e congedo di • Egloga di terzine “Titiro, tu di largo faggio al rezzo” II. settenari ed endecasillabi: 21-4 25-7 Faustina Maratti Zappi (Aglaura o Aglauro Cidonia) N. testi: 30 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Invido Sol, che riconduci a noi” “Per non veder del Vincitor la sorte” 32 41 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Poi che narrò la mal sofferta offesa” 41 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi ben mel disse in sua favella il core” “Ah rio velen delle create cose” “Bacio l’arco, e lo strale, e bacio il nodo” “Bosco caliginoso, orrido, e cieco” “Cadder preda di morte, e in pena ria” 33 39 30 37 36 185 “Che? non credevi forse Anima schiva” “Dappoi che il mio bel Sol s’è fatto duce” “Donna, che tanto al mio bel Sol piacesti” “Dov’è, dolce mio caro amato Figlio” “Fra cento d’alto sangue illustri, e conte” “Io mi credea la debil Navicella” “Io porto, ahimè, trafitto il manco lato” “Non so per qual ria sorte, o qual mio danno” “Ombrose valli, e solitarj orrori” “Ovunque il passo volgo, o il guardo io giro” “Questo è il faggio, o Amarilli, e questo è il rio” “Scrivi: mi dice un valoroso sdegno” “Se mai de gli anni in un col corso andranno” 28 32 34 35 39 28 29 29 34 35 31 38 38 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Prese per vendicar l’onta, e l’esiglio” 40 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ahi che si turba, ahi che s’innalza, e cresce” “Allor che oppressa dal gravoso incarco” “Amato Figlio, or che la dolce vista” “Dolce sollievo delle umane cure” “Muse, poiché il mio Sol gode, e desia” “Questa, che in bianco ammanto, e in bianco velo” “Se è ver, che a un cenno del crudel Caronte” 42 42 36 31 33 40 37 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Chi veder vuol, come ferisca Amore” 30 III. Giacomo Sardini (Citisso Bleninio) N. testi: 21 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Già dieci lustri ho di mia vita scorsi” “Sento improvvisa in mezzo al cor discesa” 51 48 • Sonetti (17) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, che a voglia sua regge, e governa” “Amor, tu piangi, e la faretra, e l’arco” “A tuo dispetto, Amor, l’aspra catena” “Che cosa è quel pensier, che meco ho sempre” “Chi fuor d’un mar pien di tempeste in porto” “Coll’arco teso Amor femmisi avanti” “Come di fiore in fiore Ape ingegnosa” 43 46 47 45 50 43 48 186 “Desio qualor d’alma virtù sull’erto” “Di bosco in bosco io vo sovente errando” “Dimando al pensier mio come s’intenda” “Dissi ad Amor, che tutto lieto io vidi” “Godo, Andreozzi, anch’Io le Pecorelle” “La tua leggiadra Colonnese, e saggia” “Olmi, faggi, ed abeti, e lauri, e pini” “Poiché d’Idalba, Amor, chiedi, ch’io scriva” “Scuote sua face Aletto, e le faville” “Sovra un’alta colonna io vidi assisa” • Ode-canzonetta di cinque sestine: a8a4b8c8b8c8 “La festosa Lodoletta” 51 45 49 52 50 46 47 44 49 44 52-3 • Ode-canzonetta di diciassette strofe bipartite (a8b8b8c8 ; a8d4d4c4), chiusa da un distico di ottonari a rima baciata. “Porgi a me quella tua Lira” 53-7 IV. Cesare Bigolotti (Clidemo Trivio) N. testi: 25 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Idalgo, andrai là, dove al Sol nascente” “Qual nell’autunno condensato in gelo” “Quel dì, che in vesta sanguinosa, e bruna” “Un non so che sento, che l’alma invoglia” “Vedovo orror, che fosti al bel soggiorno” “Veggio l’iniqua Frode, e il cieco Inganno” 66 69 68 59 68 64 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahimè, ch’io sento sbigottito, e smorto” “Allor, che l’increato eterno Amore” “Allor che pien d’un vivo immenso ardore” “Alto Signor, che glorioso al Mondo” “Canta, e lieto il Nocchier prende diletto” “Del magnanimo Re, che col consiglio” “Ecco la Mole, il cui gran piede ingombra” “Licida mio, sai tu con qual vigore” “Mentre Voi di Minerva, e di Bellona” “Pellegrin, che dal freddo, o dall’adusto” “Per le dome Provincie, e i vinti Regi” “Poiché strazio crudel colmi di sdegno” “Pur ti risvegli, Italia, al suon guerriero” “Quando a tergo mi volto, e il guardo giro” 69 67 58 59 58 60 63 65 66 61 61 62 63 65 187 “Quel dolce Strale, onde piagar solea” “Qui dove or dall’Oronte, or dall’Ibero” “Signor, quel giorno, che dal Ciel Germano” “Stanco di più dolermi della speme” • Ode di dodici quartine di endecasillabi: ABBA “Italia, Italia, l’Ottoman s’avanza” V. 67 62 60 64 70-1 Pompeo Rinaldi (Coralbo Aseo) N. testi: 11 Genere metrico: • Ode-canzonetta a sistema strofico doppio: a8a4b8B11c8d8D11C11 (1-48, 105-12) e A11B11A11B11 c8d8c8d8 (49-104). “Poiché a ber su questo lito” 114-8 • Ode di sedici strofe di settenari: abbaacddc “A Febo un dì chiedei” 92-6 • Ode di quarantasei esastici bipartiti: a8b8c8 ; a8b8c8 “Tempra omai, l’eburnea Lira” 105-14 • Ode di sedici sestine di settenari ed endecasillabi: aBBaCC “A generose prove” 82-5 • Ode di undici sestine di endecasillabi e settenari: ABbACC “Non perch’io già scagliassi al tuo Natale” 85-7 • Ode di undici stanze di settenari ed endecasillabi: abbAcddCEE “Muse, in sì fausto giorno” 72-5 • Canzone di dieci stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDff “Se da que’ gravi affanni” 87-92 • Canzone di otto stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDFf “Or che alla Cetra io torno” 79-82 • Canzone di dodici stanze di settenari ed endecasillabi: aBaBbCcDdEE “Oggi, Pierie Dive” 96-101 • Canzone di dieci stanze di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcdeDE “Io delle Muse amico” 75-9 • Canzone di tredici stanze di endecasillabi e settenari: AbbAaCddCEE “O amabil Clio, ch’ai sulla cetra impero” 101-5 188 VI. Marco Antonio Lavaiani (Elagildo Leuconio) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Bella, leggiadra, e, qual credeami, onesta” “Nel dolce tempo dell’età fiorita” “O miei pensieri, se poneste mente” “Quale avrò forza, e quale avrò consiglio” “Qual feroce Leone, a cui nel fianco” 119 125 118 124 119 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Furia, che all’altrui danno, e tuo sei nata” 125 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Ovunque io volga i passi, o gli occhi giri” 121 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Anima augusta, ch’i begli occhi apristi” “Colse Filli una rosa: io di lontano” “Io diceva al pensiero, un dì, che fiso” “Io vorrei da te lungi, e dagli alteri” “I’ vo tornare alla prigione antica” “Occhi, che per usanza sol piangete” “O di erbette novelle, e vaghi fiori” “O nave, nave, che per l’alto Mare” “Padre del Ciel, che val, ch’io gridi, e piagna” “Se è ver, che l’Uom dalla natìa sua stella” “Se mi tornano a mente i sospir vani” 121 126 124 120 123 122 120 123 127 122 126 • Canzone di cinque stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF / PaA “Verdi mirti, ed allori” 127-9 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCcDdeeFF / Aabb “Amai, poiché ragion conobbi, ed amo” 129-33 • Canzone di cinque stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCCddEE / AbACcBb “Talor s’innalza dal terreno limo” 133-5 • Canzone di tredici stanze e congedo ABCBACCDEEDdFF / ABCACBBDD “Spirto gentil, che al primo onor salisti” di endecasillabi e settenari: 135-41 189 • Canzone a selva “O Felici Campagne, in cui l’antica” VII. 141-7 Benedetto Menzini (Euganio Libade) N. testi: 33 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Per più d’un angue al fero teschio attorto” 147 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dianzi io piantai un ramuscel d’Alloro” “Due nate al dilettar chiare Sorelle” “Io, che le genti dissipate, e sparte” “L’alte pareti, e ’l destro lato, e ’l manco” “L’antica Scuola, che Parnaso aperse” “Mentr’io dormia sotto quell’elce ombrosa” “Odia Alcippo le greggi, odia gli armenti” “Quel capro maladetto ha preso in uso” “Questo bel vaso all’arte, all’ornamento” “Sento in quel fondo gracidar la Rana” “Tolse all’Aurora i suoi purpurei fiori” “Tomba del gran Sincero. Almi Pastori” 153 150 149 148 149 152 153 151 151 152 148 154 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Disse un dì la Pittura: alzarsi a tanto” 150 • Ode-canzonetta di sei strofe di quinari: ababccdd “Pianger vid’io” 156-8 • Ode-canzonetta di cinque strofe di quinari: abcabcdd “Va intorno il grido” 166-8 • Odi-canzonette (2) di esastici bipartiti: a5a5B11t ; c5c5B11t “Altri la Rosa” (3) “A me d’intorno” (6) 161 155-6 • Odi-canzonette (4) di distici di settenari a rima baciata, dislocati in strofe di lunghezza diversa. “Aure lievi odorate” (3) 165-6 “O voi, che Amor schernite” (11) 161-3 “Quante ha quell’olmo foglie” (4) 164-5 “Saggio Pittor cortese” (10) 158-60 190 • Ode-canzonetta di tre esastici: a7sB11B11a7sC11sc7s “Molti son, che deludono” 158 • Ode-canzonetta di cinque sestine di ottonari: ababcc “Giù deposta la faretra” 163-4 • Ode-canzonetta di cinque sestine di ottonari: abbacc “Quando Amor per suo diletto” 154-5 • Ode-canzonetta di sette esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Belle figlie d’Anfitrite” 168-9 • Ode di sette stanze di endecasillabi e settenari: AbCbCAcC “Giove, che d’alto ogni tesor diffondi” 178-80 • Ode di sette stanze di endecasillabi e settenari: AbBAcddCdD “Non mai più giusta dall’afflitte genti” 173-5 • Ode di undici stanze di endecasillabi e settenari: AbCabCdeDE “Di nuovo io torno a questa cetra d’oro” 169-73 • Ode di tredici stanze di endecasillabi e settenari: ABbAcdCd “Ancor dal sacro, ed onorato busto” 175-8 • Ditirambo “O Folle Nume, occhibendato Arciero” 180-4 • Capitoli elegiaci (2) “Qui giace il Tasso: ah non ti sembri angusto” “Senza il fuoco d’Amor nulla è giocondo” 187-9 184-6 VIII. Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aura di libertà spira al Giordano” “Chi vuol veder, quantunque arte, ed ingegno” “Due nate a trionfar chiare Sorelle” “Forse ch’è giunto il desiato fine” “Sebben delusa dalla steril terra” “Se non vibrava Amor sì forte il telo” 192 190 191 191 189 190 • Ode-canzonetta di quindici sestine di ottonari: ababcc “Io trascorsi i campi eletti” 202-5 191 • Odi-canzonette (2) di esastici di ottonari: abbacc “Io ti vidi, o bella Clori” (14) “Lascia omai l’egra campagna” (20) 192-5 195-9 • Ode-canzonetta di sedici sestine bipartite: a8a4b8 ; c8c4b8 “I gran nomi a pianger’usa” 199-202 • Egloga di terzine “Or, che ritorna il sacro dì beato” 205-12 IX. Florindo Tartarini (Gelindo Teccaleio) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti anacreontici (2) di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Non so, Elpin, se ti rammenti” “Picciol verme, che fra l’erba” 215 217 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Generoso invincibile Destriero” 215 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché quel fuoco, che la mia nimica” “Deh cangiar potess’io teco il mio stato” “La Vergine Romana, a cui tu vanti” “O Tebro tu, che in grembo all’Apennino” “Pietoso Notator, se di lontano” “Qual chi da furiosa atra tempesta” “S’io fossi stato a seguir l’orme inteso” “Vago Augellin, che sul nascente giorno” 213 218 214 214 213 212 216 217 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Colei, che in basso ciglio, e in rozza veste” 216 • Egloga di terzine “Su questo Colle, o Arsenio, arida è l’erba” 218-26 X. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) N. testi: 18 Genere metrico: 192 • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dell’Esquilie qualor sul Colle altero” “Ecco, o Gran Padre, il memorabil giorno” “Oh qual da lei benigno guardo scende” “Poiché nel puro sen desti ricetto” “Questo erto colle, che di nuovi allori” “Tale, e sì folta Gente un dì vid’io” “Vorrebbe Amor, che almen per breve istante” 231 229 228 233 229 227 234 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Carco già d’anni, e più di palme onusto” “Fiume, che d’alta dirupata parte” “Laddove all’ombra di quei verdi allori” “Non ben compito il terzo lustro avea” “Non perché in te con vanto eccelso, e raro” “Perché la forte Gioventude eletta” “Prodi Guerrieri, che di Libia a scorno” “Quando il gran Re, che ha sovra l’onde impero” “S’altri osa dir, che non distingua, e raro” “Tal grazia acquista ne’ tuoi lumi il pianto” 232 230 227 226 231 233 234 228 232 230 • Egloga di terzine “Questa fresca valletta, e questa fonte” 235-8 XI. Pier Jacopo Martello (Mirtilo Dianidio) N. testi: 33 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor che Osmino incominciò Natura” “Cadde Agnelletto ad Armellin simìle” “Cadde il Fanciul sotto destrier fatale” “Dalla vegliata inesorabil notte” “Dove, dove, o pensier? t’intendo, il mio” “D’un anno uscia dal primo lustro appena” “Era la notte, o senza Sole il giorno” “Le soglie d’or, fuori di cui sta morte” “Pender vegg’io cinta di rai Donzella” “Questa è la porta, ov’io sovente entrando” “Rondine, che dal Nilo al Tebro arrivi” “Vedesti mai nero Sparvier, che grifi” 250 251 239 243 245 240 241 244 253 247 250 242 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Odo una voce tenera d’argento” 246 193 • Sonetti (15) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che Osmin vide a seguirlo appresso” “Appiè d’un colle, e presso ad una fonte” “Come se allor, che si pascea tra’ fiori” “Fera cosa è veder su prato adorno” “Io vedea ne’ tuoi bruni occhi cervieri” “Ma verrà pur quel dì de’ giorni fine” “Nell’alta Roma, in cui se stesso abborre” “O Pastorelle, se a voi sia cortese” “Quella, col crin, di cui gian l’aure in traccia” “Questa pianta odorata, e verginella” “Se a me sai numerar quant’Astri ha il Polo” “Settecento fiate e mille, ed otto” “S’è ver di Niobe, che qual marmo in riva” “Stuol di beltà per lunga via s’aggiri” “Viva, o Pittor, del mio già Figlio il viso” 253 240 239 245 244 249 252 246 252 249 248 241 243 248 251 • Sonetti (2) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Figlio, che a te vedi partir dal piede” “Sparso intorno ad Osmin su bara eburna” 247 242 • Terzine incatenate di ottonari “Dove l’aria intorno ingombra” 260-2 • Capitolo elegiaco “Oh, come l’onda ai tu, limpido rio” 254-5 • Egloga di terzine “Maladetto quel dente, e quel tricorne” 255-60 XII. Elena Balletti Riccoboni (Mirtinda Parraside) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor sì di repente al sen s’apprese” “Tanto di Amor non son fiera nimica” 264 265 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Di sdegnoso furor tutto ripieno” 266 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Col tuo dono, Signor, dove feconda” “Da umile Donna a te, Signore, ancella” “Italia, Italia, de’ tuoi danni ognora” 265 263 264 194 “Meco talor forte mi affliggo, e doglio” XIII. 263 Pompeo Figari (Montano Falanzio) N. testi: 41 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Così di forze a poco a poco io manco” “Credean d’Erebo i Mostri (ahi par, che ancora” “Della colpa a fuggir talor mi provo” “E quando mai col crin fiorito, e biondo” “Mista all’umor, che da’ miei lumi sgorga” “O Pellican, ch’ove più il calle è incerto” “Quanto sei bella, o Lidia! Io veggio il fiume” “Questa, ch’io calco ognor, terrena strada” “Sovente in ascoltar quel, che spargea” “Vidi in un campo allo spuntar del giorno” 276 274 268 273 275 270 281 272 279 270 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Se del Ciel tra le piagge alme, e serene” 271 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Con bassa fronte, e scarmigliata chioma” 278 • Sonetti (26) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi che a me stesso, e a tua bontà tiranno” “Alto, immenso Ocean, che larghi rivi” “Come tenera Madre, a cui dolente” “Corron talor dietro alle insane voglie” “Dal primo dì, che pargoletto in cuna” “Degli Eserciti Dio, Dio di Vendette” “Di acerba servitù tra gli aspri nodi” “Dopo la breve sì, ma ognor dubbiosa” “E donde a tanti mali alcun rimedio” “Eterno Genitore, eterna Prole” “Già fatta alfin da’ proprj danni accorta” “Gloria a voi, Selve amiche, e gloria a voi” “Io v’amo, o Lidia, e siccom’uom, che avaro” “Lontan dalla mia Ninfa oh come ardito” “Mie deluse speranze! Io già credea” “Nave, che dal furor di torbid’onde” “Poiché già per tant’anni essere io soglio” “Qual per cieco desio correndo all’esca” “Qual, se innocente incauta Lodoletta” “Quando mi accese in seno il primo fuoco” 274 269 285 275 279 269 271 273 284 277 276 277 280 284 281 268 278 283 282 283 195 “Quante fiate, o troppo incauto core” “Se col pensier sovra me stesso io m’ergo” “Se quanto al guardo tuo celar si prova” “Siccome venti al mar, con varie tempre” “Tra le vaghe due Ninfe Eurilla, e Clori” “Vivendo in altra età cieco seguace” • Ode-canzonetta di venticinque sestine bipartite: a8a4b8 ; c8c4b8 “Muse voi, che tutte altere” 282 267 272 267 280 266 288-93 • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata, distribuiti in cinque strofe di lunghezza diversa. “Oh bella, se ridete” 285-8 • Ode di otto stanze di endecasillabi e settenari: ABBAaCC “Tra l’Arabiche selve unico Augello” XIV. 293-4 Niccolò Forteguerri (Nidalmo Tiseo) N. testi: 45 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Il riso, il pianto, l’allegrezza, e ’l duolo” “Non ragionate più, come una volta” “Piccola pianta, che si scorge appena” “Se all’amoroso viso, agli occhi belli” “Se il piacer del pensar mi fosse tolto” “Se quella fiamma, che di vena in vena” 307 303 304 298 295 296 • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Io non posso, non so, né voglio aitarme” “O dolce, o cara, o mia diletta Fille” “Per tua beltade, e in tua virtù sicura” “Siccome corre ogni momento al mare” 299 302 298 308 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Addio, Castalino fiume: il Ciel cortese” “Che val con aurea poppa, ed auree vele” “Chi di me più scortese, aspro, inumano” “Era tranquillo il mare, e il Ciel sereno” “Il mio bel fuoco, e l’aurea mia catena” “Io son Nocchier, che per fatali stelle” “La fragil Nave mia corre a seconda” “Mentre andava solingo lagrimando” “Nella gran Corte, ove soggiorna Amore” 300 306 297 300 301 296 307 297 303 196 “Qualora io veggio in bel seren le Stelle” “Quant’è, ch’io sospirava, e ch’io piangea” “Vergine santa, e pura, e Madre insieme” • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Anime accese da gentil desire” “Come Nocchier, che le procelle, e l’onde” “Quella quercia, ch’or tanto alta, e superba” “Quercia non tanto infra la terra, e i sassi” “Se al poco, e falso dolce, e al molto amaro” “Seguano pure nubilosi, e brevi” • 301 306 308 304 295 299 302 305 305 Ode-canzonetta di due strofe di ottonari variamente rimati (24 vv; il v. 10 è un quadrisillabo). “Come parta, e come arrivi” 320-1 • Ode-canzonetta di tredici strofe (di lunghezza diversa) di quadrisillabi e ottonari variamente alternati e rimati. “Io mi stava una mattina” 314-8 • Ode-canzonetta di nove esastici bipartiti: a4a4b8 ; c4c4b8 “È follia” 324-5 • Odi-canzonette (2) di distici di settenari a rima baciata. “In un boschetto ombroso” “I pesci di vivagno” 319-20 322-3 • Ode-canzonetta di cinque strofe di settenari: abab “Tanta invidia ti porto” 323-4 • Ode-canzonetta di sette esastici bipartiti: a7sa7sb7 ; c7sc7sb7 “Allora, che si sfiorano” 326-8 • Ode-canzonetta di undici quartine di settenari, con tre schemi metrici alternati, abba (1), abab (2), aabb (3), secondo l’ordine 1 2 1 3 2 2 2 2 1 3 2. “O cameretta mia” 321-2 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata. “T’ho pur giunto, furfantello” 309-14 • Ode-canzonetta di quattro tetrastici di ottonari: abab “A me piacciono pur tanto” 326 • Ode-canzonetta di sei esastici bipartiti: a8sa8sb8 ; c8sc8sb8 “Filli mia, non è credibile” 328-9 • Ode-canzonetta di otto strofe: a8b8a8b8b4c8c8 “Occhi belli, io lo confesso” 331-3 197 • Canzone di sei stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF / aBbACddC “Lo star da voi diviso” 338-40 • Canzone di dieci stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACcDdEeFF / aPaBB “Qualora io penso, e qualor gli occhi io volgo” 333-8 • Ode saffica: (a5)B(a5)B(b5)Cc5 “O bianca, o negra Uva pigiata, e stretta” 318-9 • Ottave di ottonari (9): abababcc “Non m’importa, e non mi curo” 329-31 • Epigramma: a8sa8sb8c8c8b8d4sd4sd8se4e4e8 (anasinalefe tra i vv. 10 e 11 per correggere l’ipermetria del penultimo verso). “Come vanno, e come tornano” 326 XV. Giuliano Sabbatini (P. Giuliano di S. Agata; Ottinio Corineo) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abba; cdc, dcd “Mentre un dì mirossi al fonte” 349 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Bambino ancor d’accorgimento, e d’anni” “Iniqua larva dell’onor nimica” “Qual Cacciator Fanciullo, a cui davante” 348 346 348 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Di tua bontà dal luminoso fonte” 344 • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allorché morte il grand’Orazio tolse” “Chi è costei, che ha sì superba a sdegno” “Dalla più pura, e più sublime sfera” “Dotto Salvin, che il mio vil nome oscuro” “Io sospirava, che tornasse al lido” “Ma scolorirsi in un baleno io vidi” “Ogni virtù fa scorta al piè sovrano” “Oh sovra ognaltro a noi bello, e lucente” “O Rime, Rime, che, le valli ascose” “Ove è la saggia nobile Donzella” “Pur tra l’orror del tenebroso giorno” 344 347 346 345 345 342 347 343 341 349 342 198 “Ricco di quest’eccelsa altera Immago” “Signor, che miri in qual gran pianto è involta” “Tirsi, se udrò mai più, che Aglauro canti” 341 343 350 • Canzone di quattordici stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbCAbCcDdEE / aBAbpcC “Ninfa gentil, che per gli afflitti lidi” 354-9 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCcDEeDFF / ABbACC “Poiché i sacrati onnipotenti carmi” 350-4 • Capitolo elegiaco “Ohimè d’Etruria il solo almo conforto” 359-3 • Egloga di terzine “O lungo tempo disiato in vano” 363-9 XVI. Silvio Stampiglia (Palemone Licurio) N. testi: 20 Genere metrico: • Sonetti (14) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi come il pianto al suon funebre, e mesto” “Allor, che volli innamorarmi anch’io” “Di Roma, in tempo giovanile, e lieto” “Ecco l’Augusta Sposa, oh come il Fato” “E pure al fine a rivederti io torno” “Forma gentil d’altera, e dolce idea” “Grande visse Innocenzo, e grande il nome” “Laddove a un rio giace sepolta accanto” “L’Immago di Giuseppe, o tu, che miri” “Ninfa di bella, e maestosa immago” “Qual sull’inferme piume egro, che giace” “Quando vibrò da’ vostri lumi Amore” “Quell’Agnelletta, che vezzosa tanto” “Sotto un’Allor di cento rami, e cento” 377 370 373 378 372 374 372 373 377 376 375 375 371 376 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Ecco la pianta, a cui ferì la fronte” 370 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dorinda mia col ciglio suo lucente” “Padre, e Signor, tu sei su gli astri asceso” “Quando le vostre colle mie pupille” 374 378 371 199 • Egloga di terzine “Vaga Dorinda, eccomi a te ritorno” 379-2 • Egloga polimetrica: terzine (1-141); sei strofe di endecasillabi e settenari, intercalate dalle terzine (142-210: pAabBcpCdD / aBbacC / aBaBbcC / pAabBpCC / aaBbCcBddeE / aaBbCcDDPpEE); terzine (211-35). “Tornava allor, che in Ciel sorgean le stelle” 382-9 XVII. Giovanni Battista Recanati (Teleste Ciparissiano) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ben si conosce la virtù possente” “Col dolce manto di pietà si adombra” “Come Augellin, che colla Madre allato” “Come Nocchier, che in mezzo al mar molt’anni” “Del mio voler troppo fedel seguace” “Dolce pensier della mia mente figlio” “Nello stess’anno entro mortali spoglie” “O di Febo immortal trascelta Ancella” “Poiché quel nodo, a cui formar molt’anni” “Quando al gradito altrui dolce riposo” “Quella tua generosa inclita Figlia” “Sola cura di Filli, e sol diletto” “Sotto il gran peso di mie gravi cure” “Spesso de’ miei desir l’ali raffrena” “Tanta pietà di me stesso mi assale” “Tu ancor contro di me lieto congiuri” “Tu, che sì dolce ogn’or, vago Usignuolo” “Ver voi lo spirto mio sì ratto n’esce” 395 399 394 392 397 398 397 395 390 391 391 398 394 392 393 393 396 396 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Un dì gli spirti, a cui forse dovea” 390 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [400-24]. 200 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO TERZO. | All’Altezza Serenissima | DEL PRINCIPE | EUGENIO | DI SAVOJA. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | In ROMA, Per Antonio Rossi alla Piazza di Ceri. 1716. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale a Eugenio di Savoia, pp. [III-IX]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [X-XII]. Protesta degli Autori, p. [XIII]. I. Carlo Giustiniani (Adelindo Gerenio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Oh lieta notte, chiara più del giorno” “Poiché Vitalbo alto del Tebro onore” “Senza che avessi aita, o pur consiglio” “Vissi lunga stagione al Mondo ignoto” II. 3 2 2 1 Biagio Maioli d’Avitabile (Agero Nonacride) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Mentre da grave morbo oppressa giace” “Or sì, che appare il mio Filindo in vista” 6 4 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Amor, s’oltre misura arde il mio core” “Come sì oltre in così poca etade” “Quale in terrestre ancor materia accolta” “Signor, che in fresca adolescenza covi” “Splendor d’alti natali è dono vile” “Tu, che fai col pennel viver le tele” 3 4 5 7 6 5 • Canzone di sei stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcDD / aBaBCC “Quaggiù battendo l’ali” 7-9 201 III. Giovanni Giuseppe Felice Orsi (Alarco Erinnidio) N. testi: 26 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, che stassi ognora al fianco unito” “Ergi, Eridano allegro, il capo algoso” “Fra me stesso io dicea: pur verrà un giorno” “Fu sua pietà, quando il tuo bel sembiante” “Sì feroce i miei sensi Amor governa” “Uom, ch’al remo è dannato, egro, e dolente” 12 19 16 11 11 16 • Sonetti (6) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Donna, è sol tua mercé, ch’io sia qual sono” “Incauto Peregrin, cui nel cammino” “La mia bella Avversaria un dì citai” “Quando Febo mal saggio i suoi destrieri” “Se la misera incauta Farfalletta” “Sì possente virtù delle tue luci” 14 20 13 21 18 10 • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Da pochi, o Amor, la tua virtute è intesa” “Di due luci leggiadre, e sovrumane” “Donna crudele, omai son giunto a segno” “Donne gentili, io con voi parlo: udite” “Fan sì duro conflitto entro il mio core” “Impara di salire Anima mia” “Io grido ad alta voce, e i miei lamenti” “L’amar non si divieta. Alma ben nata” “La mia spoglia più fral di giorno in giorno” “Né Arcadia ancor, né Roma ancor sapea” “Più volte Amor di libertà pregai” “Quel dì, che, tua mercé, cortese Amore” “Sinché il volto di Cintia ebb’io presente” “Traditrici bellezze, a voi sol deggio” 12 22 17 20 15 18 21 17 10 19 9 13 14 15 IV. Giacomo Canti (Alisco Tortunio) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, che solo in esser cruda, e fera” “Donna gentil, ch’il nobil petto adorno” 25 29 202 “Poiché scioglier le rime alte, e famose” “Può ben l’empio destin, che mi diparte” “Quando l’età future un dì sapranno” “Se rio voler di crude stelle irate” “Vago mio Sole, s’io per voi sospiri” 30 28 30 28 24 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “O pastorella, che su verde riva” “Pur vi riveggio, amate Selve ombrose” 27 29 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aprite al pianto pur più larghe vene” “Come esser puote mai, che non veggiate” “Dolce mia morte, io veggio ben, ch’omai” “Donna, mentre io vivea libero, e sciolto” “Donna, se tanto in voi potesse Amore” “Io so ben la cagion, perché senz’onde” “Odo talor da chi passar mi vede” “Se nulla ponno in Ciel d’un infelice” “S’io credessi restar di vita spento” 27 26 26 22 25 24 23 31 23 V. Girolamo Gigli (Amaranto Sciaditico) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Due famose vittorie a gran litigi” “Era ogni cosa orror, notte, e procella” 32 33 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor batte due porte all’Alma mia” “Casto Pastore di più casta Agnella” “Fanciulla amante, al Genitor gradita” “Ferisce Amor due Serafini amanti” “Fortuna, Io dissi, e volo, e mano arresta” “Il Tempo io son; spegni la face Amore” “Madre, facciamo un cambio: eccoti il Legno” “Volle Virtude un dì mostrarsi anch’ella” 35 32 36 33 36 35 34 34 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, ECE “Sposa, tu pensa a me, ch’a te pens’io” 31 203 VI. Giovanni Battista Ciappetti (Aurisco Elafio) N. testi: 52 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Come cervetta, che dal bosco fuore” 48 • Sonetti (13) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dentro la mente mi dipinge Amore” “Freddo timor, che la mia mente stringi” “L’Amor di due leggiadre alme pupille” “La vaga, onesta Vedovella, e forte” “O praticel, che fosti un dì premuto” “Padre Ocean, che coll’algose braccia” “Qual se ad uscir della spelonca fuore” “Questo, che spiega verdi rami ombrosi” “Questo è il ruscello? ah secchisi nel fonte” “Se a ciò, che meritar può la mia rima” “Se pastorello innamorato scriva” “Spirti onorati, che la mortal vesta” “Vago usignuol, che a mezza notte suoli” 47 41 46 38 48 53 44 49 38 37 51 40 40 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Io men vo per la via, che segna Amore” “Se penso al giorno, che l’umano ovile” 46 55 • Sonetti (22) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al mio pensier non s’appresenta oggetto” “Amor, quest’è la via fiorita, e vassi” “Begli occhi, dove all’amorosa insegna” “Bisanzio è in man dell’Arabo Ladrone” “Cadde il Gigante, e un gran rimbombo mise” “Che valle è questa? e qual vorago, e quale” “Chi fu, chi fu, che al barbaro Anniballe” “Dentro vaghe pupille accolte avea” “Dond’ai tu l’armi, e donde i lacci, e l’ali” “Fin dove puote le sue tarde piume” “Già distendea questa del Tebro antica” “Italia, Italia, e il flagellar non odi” “La gran Donna del mar, che lungi stese” “Là su quel monte, e tra quell’elci annose” “O Navi, o d’Asia, e dell’Egeo spavento” “O Terra, o Madre dell’oscura, e cheta” “Per onorar le nostre umane inferme” “Qualunque dotto ingegno a lodar prende” “Quei, che dal centro delle cose muove” “Tu, che il mar cangi in selve, Asia superba” “Vasta Quercia nodosa, o antico Pino” 43 52 53 42 56 45 43 52 41 51 54 42 55 45 37 50 49 39 39 54 44 204 “Veggomi innanzi per l’umana via” 47 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Amor, coll’invisibil tua catena” 50 • Odi-canzonette (3) di distici di ottonari a rima baciata. “Degli Artidi io canterei” “Per gli Dei non mel vietate” “Quel Torel, ch’or vedi il mare” 56-7 57-8 59 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata (i vv. 3-4 sono ossitoni). “Vecchio sì, son vecchio, e voglio” 60 • Odi-canzonette (2) di distici di ottonari baciati (i primi quattro versi sono a rima incrociata). “La feconda terra beve” 59-60 “Pose il corno a’ Tori in fronte” 57 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata (i vv. 11-4 sono a rima alternata). “Rondinella pellegrina” 58-9 • Terzine (5) “La bella Ninfa, che fu moglie in Ida” “M’avea la bella vision d’Amore” “O fresche, umide rive, acque correnti” “Poiché colui, che dalla terra sorse” “Poiché piacque agli Dei, che il Frigio Regno” 60-2 74-80 67-9 63-5 65-7 • Egloga dialogica: terzine (1-111) e due strofe di endecasillabi frottolati (112-39). “Prendi il fucile, e dalla viva selce” 69-74 VII. Antonio Zampieri (Dareno Minteo) N. testi: 54 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahimè, ch’io sento la terribil tromba” “Ardo per voi, mio Sole; e l’ardor mio” “Candida face, che di fresco estinta” “Io sono in mezzo a duo forti Guerrieri” “Oh come bella in Ciel fra l’alme sante” “Quando mi giunse al cor quel raggio ardente” “Questa, cui lunga invida età fe guerra” “Queste, onde il Tebro, e ’l nostro Alfeo si gloria” “Questo, che fa doglioso a noi ritorno” “Solo, se non che meco è il mio dolore” 85 88 94 82 93 81 100 102 85 92 205 “Un’ombra io vidi, in suo sembiante vero” 84 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Cieco desio, come Destrier feroce” “L’alta beltà, che nel leggiadro esterno” 84 89 • Sonetti (37) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che per formar Donna sì bella” “Al lungo pianto, al duolo acerbo, e forte” “Alma gentil, che dalla terza sfera” “Aura gentil, se mai d’amor talento” “Aveano il seno ambo d’amor piagato” “Benché grande sia il don, che il Ciel cortese” “Ben mille volte io benedico il giorno” “Cadde il Tarpeo: chi di sua gran ruina” “Chi è costei, ch’in sulle fulgid’ale” “Germi di nobil stirpe, onde il primiero” “Giacché ammollir non san pianti, né prieghi” “Le Grazie, e le Virtuti aggiunte insieme” “Mietitor, che alla falce agreste, e dura” “Muove virtù da’ vostri rai, che regge” “Nasci, o nobil Fanciullo, e i voti adempi” “Natura allor, che di sua man compose” “Non del Triregno avito il nobil fregio” “Poiché i miei gravi error pur troppo han desta” “Poiché in sonno dolcissimo di morte” “Poiché l’alto decreto in Ciel si scrisse” “Quale il mal saggio, e contumace figlio” “Qualor con troppa accesa brama interna” “Qual sul meriggio, se da nube oscura” “Quando il Pittore, ad animar rivolto” “Quando l’eterno sdegno entro un profondo” “Questo de’ lieti miei scorsi verd’anni” “Se mai nobil pensier m’accende il seno” “Se nulla è in me, di cui fregiato ir goda” “Se presso i rai di mattutina stella” “Se quel pietoso duol, che il sen v’ingombra” “Smunta le guancie, e rabuffata il ciglio” “Spesso con un pensier fido compagno” “Spesso ragion cura di me si prende” “Talor solo fra me pensoso, e stanco” “Tolto il conforto al cor d’ogni speranza” “Tutte intesa ad unir nel debil sesso” “Vola il mio cor di duo begli occhi al lume” 87 106 86 96 97 89 81 101 86 104 107 103 95 106 104 103 105 98 82 99 98 91 96 102 99 80 93 88 105 101 95 92 97 83 91 90 90 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Io, che con voi, crudel, d’umil costanza” “Morta colei, ch’il mio destin mi diede” 87 83 206 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Poiché in suo cor da meraviglia oppressa” “Correa la nave mia d’Amor per l’onda” VIII. 100 94 Prudenza Gabrielli Capizucchi (Elettra Citeria) N. testi: 27 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Crudo pensiero, intorno al duol mortale” “Dell’età prisca, o dell’età presente” “Non t’adornar di molle piuma, o Figlio” “Se fia mai, ch’io sovrasti alla mia morte” “Se vedi il suol nella stagion novella” “Signor, se irata contra te risorge” “Tutto morte crudel turba, e dilegua” “Volta a un forte pensier fido compagno” 108 113 108 107 117 112 118 114 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dacché mi tolse a i sette colli alteri” “Deh perché mie del Gange ora non sono” “Di duolo in duolo, e d’una in altra pena” “È breve, o Figlio, il viver nostro; e l’ore” “Già torna Aprile; e i congelati umori” “L’almo mio Sol quando alla mia costanza” “Lassa, che un mar cinto di sirti io varco” “Note, sì vi ravviso; e un rio dolore” “Pien di morte il pensier sì forte ingombra” “Quando più tormentoso il duol m’ingombra” “Quella sopita alma virtù natìa” “Quel magnanimo spirto eccelso, e forte” “Ragion, tu porgi alla confusa mente” “S’io penso al tuo leggiadro almo sembiante” “S’oscura il Sol, che langue il suo Fattore” “Talor di mia magion la più romita” “Vago Augellino, che di ramo, in ramo” “Vergine eccelsa, che nel più fiorito” 117 109 120 109 119 111 116 114 119 116 110 113 112 115 118 115 111 110 • Capitolo elegiaco “Selve incognite al Sol, torbide fonti” 120-2 207 IX. Vincenzo Piazza (Enotro Pallanzio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Laddove un fresco rio fra molli erbette” “Mira, o Montan, quella Civetta folle” “Or che l’Azio immortal sangue regnante” “Qual rio, che divertito in regio parco” “Scorgo d’Aure vagar stuolo gentile” “Segue affannoso Elpin l’ispido, e fero” “Signor, quel sangue, che ti ferve in petto” 125 123 126 122 124 124 125 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Pastor, correte a rinforzar le sponde” “Talor de’ sensi miei l’alta Reina” 123 126 X. Pompeo Camillo di Montevecchio (Fertilio Lileo) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Scorrendo un dì del Vatican le soglie” 127 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor mi tolse il core è in un drappello” “Antro superbo, a me simile oh come” “Incauto Peregrin, che i passi allenta” “L’empia face d’Amor trattai per giuoco” “Levommi il mio pensiero in parte, ov’era” “Padre amoroso, che talor s’adira” “Quell’invitta Umiltà, che ti fu guida” “Tu, che miri quest’Urna, e che t’affligi” 130 129 130 129 128 128 131 127 • Ode-canzonetta di ventitré esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Stanco omai di più soffrire” 131-5 • Canzone di dieci stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcDEeDFF / aABB “Bellezza è sacro nome” 136-40 208 XI. Alessandro Cerrati Galanti (Gantila Pelleneo) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “A queste amare lagrime dolenti” “Un amico pensier talor mi sgrida” 144 142 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Beati un tempo, ora infelici armenti” “Dopo mille tormenti, e mille affanni” “Famoso Bosco, infra i cui rami eletto” “La Fama al suon di mille trombe, e mille” “O bella man, che reggi a tuo talento” “Qual’Agnellina dal sentiero uscita” “Se volete, o mio Ben, ch’io canti, e scriva” 145 143 143 144 141 145 140 “Cantando un dì per queste rive altere” “Quando volgo la mente al divin volto” XII. 142 141 Ferdinando Antonio Ghedini (Idaste Pauntino) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Quante fiate il Sol dell’Oriente” 152 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Quella pietà, che te, Signor, già prese” 147 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che dal più alto Ciel discese” “Con che sottil lavoro, e di che eletto” “L’amico spirto, ch’al partir suo ratto” “Se il nodo del dover saldo, e tenace” “Sì scherza pur, sì salta pur per l’erbe” 146 153 151 153 148 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Se giusto duol può meritar pietate” 150 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Zanotti, il Ciel mi diè scarsi talenti” 152 209 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Come lo stral del Cacciator percosse” “Tu non fosti, Signor, giammai sì sciolto” 149 151 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Sei pur tu, pur ti veggio, o gran Latina” 146 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Gran Santo, onde a ragion la tua si vanta” “Il bel crin crespo, ora raccolto, or sparso” “Sì son folli, e superbi i miei martiri” 150 147 149 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Come dal rogo, cui coll’ali accende” 148 • Canzone di sei stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDff / Paa “Udite, colli, e piani” 154-6 • Canzone di cinque stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF / PaA “Cura forse immortale” 156-8 XIII. Angelo Antonio Sacco (Leandro Oresteo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mio Dio, quel cuor, che mi creaste in petto” 159 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Perché mai tutte l’onde a poco a poco” 160 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “De’ fiori in grembo, al susurrar dell’ora” “Per fabbricar quel bel purpureo Serto” 160 159 • Canzone di dieci stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCcDdEeFF / aBbABcC “Filli, a lodar le tue bellezze altere” 161-5 XIV. Francesco Passerini (Linco Telpusio) N. testi: 11 210 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Quando un giorno a Madonna Amor’ mi offerse” 167 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore, ond’è, che ovunque gli occhi gira” “Donna, tant’è possibile lasciarvi” “Finché il governo di mia debil nave” “Giugne il Trace sull’Istro a’ nostri danni” “Giurato aveami Amor, che il dolce aspetto” “Io tanto men sento di voi pietate” “Lascia la bruna veste, afflitto core” “Quando di duo bei lumi il dolce strale” “Se quel pensier, ch’amaramente piagne” “Udiste d’Austria il Fato acerbo, e tristo” 166 168 169 166 168 170 167 170 169 165 XV. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di quinari: abba, abba; cdc, dcd “O lodoletta” 178 • Sonetto anacreontico di settenari: abba, abba; cdc, dcd “Sai, Flora, che desia” 178 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi è costei, che dal natìo deserto” “Moro, Amici, tradito; e il mio morire” “Toglie a Bizanzio rio l’ingiuste prede” 173 175 177 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Dimmi, o Nocchier, che sul deserto lito” “Sì, ch’io merito pena aspra infinita” 172 173 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Che tirannia d’Amor! volermi stretto” “Coppia felice, il tuo bel nodo stretto” “Dunque l’Asia rubella avrà baldanza” “Figlio, se già d’eternità il sentiero” “In qual parte del Ciel la stella ardea” “Mario, che tante volte, e sempre invitto” “Non per gloria cercar, l’aure serene” “O peregrin, che muovi errante il passo” 172 171 176 175 174 174 171 177 211 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ecco Libia in Europa; ecco Cartago” 176 • Ode-canzonetta di quattordici esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Poiché qui più d’un Apollo” 179-81 • Ottave “Avanti a gli occhi tuoi dell’infinite” 181-4 XVI. Aurora Caetani Sanseverino (Lucinda Coritesia) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sfoga pur contra me, Cielo adirato” 186 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ben son lungi da te, vago mio Nume” “Che fai Alma, che pensi? avrà mai pace” “Non così dopo lunga aspra tempesta” “Siccome a’ raggi del sovran Pianeta” 187 186 185 187 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Pianger teco dovrei, gentil Pastore” 185 XVII. Carlo Francesco Martello (Mirtilide Langiano) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Tacciasi Menfi i barbari portenti” 191 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Usignuol, che non anche uscì del nido” 188 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io mi sedea di mia sorte contento” “Iva da’ muri a rintuzzar le avverse” “Uom, che d’Uom solo avea gli accenti, e il viso” 191 190 189 • Sonetti (3) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Ci serpe in sen l’estro Febeo; ma poi” 189 212 “Greco Cantor, qualora io fiso aperte” “Qual pecorella, il magro fianco, e smunto” XVIII. 190 188 Camillo Ranieri Zucchetti (Nadasto Licoate) N. testi: 29 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Gran Carlo invitto, eccelso inclito figlio” 204 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Alma, che non finito anche il tuo die” 198 • Sonetti (16) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, se cinta da tue fide scorte” “Chiaro Ruscel, che fra solinghi orrori” “Clori, il rigor di mia nimica stella” “Clori infedel, poiché i miei gravi, e tanti” “Di Pindo al sacro colle, ove sublime” “Di viole odorose adorna, e bella” “Donna, dal Tebro, ov’io da te lontano” “E dove è Filli? oh Dio! Ninfe, Pastori” “È questo il bel Paese? e la feconda” “Io, ch’a be’ studi intento, un dì godea” “Italia, afflitta Italia, ov’è il sostegno” “Mentre a cantar con sì leggiadro stile” “Pentito alfin de’ miei sì lunghi affanni” “Porto da te lontano il piede, e ’l core” “Questi è l’Eroe, il cui gran braccio invitto” “Ritorna, o bella Clori: erma foresta” 193 195 202 198 200 199 201 197 201 193 197 192 206 203 199 194 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Non mai dunque, Signore, i tuoi devoti” “Per desio di spezzar la ria catena” “Quella fiamma sì viva, ardente, e forte” “Sacro Signor, cui l’immortal Fattore” 196 205 204 200 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Benché d’Amor nel vasto mare infido” “Poiché non sazio ancor di sue rapine” 192 205 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “A che più stai su questa avara sponda” “Chi mai vide di te Città più bella” “Dal grave sonno, in cui, già son tanti anni” 196 203 202 213 “Ond’è, Nadasto mio, che sì dolente” 195 “Questa di bianco avorio ornata, e bella” 194 XIX. Francesco Maria Carafa (Nicandro Tueboate) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Già dieci, e dieci volte ha il Sol trascorso” “Lasso, e quando fia mai, che un sol momento” “Per voi dal primo dì, ch’io vi mirai” “Sin da’ primi anni or vilipeso, or grato” “Spirto gentil, che in bel corporeo manto” XX. 208 206 207 207 208 Alessandro Pegolotti (Orialo Minieiano) N. testi: 39 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Vedi, Iren, quell’alta Nave” 228 • Sonetti anacreontici (7) di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Agnelletto vezzosetto” “Il più vago fiorellino” “O famoso inclito Vate” “Quella quercia alta, e frondosa” “Questa, o illustre Alfesibeo” “Questa perla vezzosella” “Tosto, Ireno, a prender vanne” 226 227 218 227 210 226 225 • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Con tre fiamme innocenti il mio diletto” “Di questo Mare; in cui più d’un Piloto” “Quando lasciò del suo Ticin la sponda” “Santificata pria del gran natale” “Sullo spuntar del nuovo inclito giorno” 220 212 224 215 214 • Sonetti (25) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor, ch’io sarò giunto al passo estremo” “Almo Pastor, che dell’eterno giorno” “Angioli, o voi, che alla gran Donna accanto” 215 223 217 214 “Aperte or mira il mio pensier due strade” “D’astri novelli una serena luce” “Genti, l’anno ora compie, e il giorno, in cui” “Ho vinto, o Mori. Io di nemici, e rei” “Intorno al carro, onde pomposa al Chiostro” “L’anima vostra in maestoso aspetto” “Leucoto, io canto Amor; ma non già quello” “L’Onor, la Fama, e in un la Gloria, e quante” “Mio Dio, non già per aver lode io canto” “Mirtilo, entrasti mai per l’auree soglie” “Né per l’auree sue piume altero splende” “Or che pien d’un magnanimo desio” “Piccola Nuvoletta, or del Carmelo” “Posa negando al pio Fedele, e tregua” “Quella, ch’ambe le mani entro la chioma” “Sacre Parrasie selve, è questo il giorno” “Sovra l’erto cammino, ove compagno” “Stavasi lieta un dì la Gloria nostra” “Tirsi, di ripigliar vicina è l’ora” “Tu, che immenso ognor traggi almo diletto” “Un non più inteso empito audace oh quanti” “Vergine bella, che in sì chiaro giorno” 214 210 222 216 220 216 211 224 209 218 219 223 213 219 221 211 217 221 222 212 209 213 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Queste d’Allor cinte, e d’Ulivo ancora” 225 XXI. Angelo Poggesi (Orsatto Cidario) N. testi: 30 Genere metrico: • Sonetti (14) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Arbore dilettosa, Arbor vitale” “Bella, e rara virtù, che gemme, ed ori” “Dalla celeste via giunta sul passo” “Fa consiglio nel Ciel pietoso Amore” “Gran Rovere sull’Arno alto s’ergea” “La notte, che seguì l’alta sventura” “Lungi, lungi o profani; ecco l’augusto” “Nel giardino d’Amor novello amante” “Qual nocchier, che più volte a duro scoglio” “Questa sì cara al Ciel bella Guerriera” “Rapace mano, un dì, che Amor dormìa” “Schifar le rose, ed abbracciar le spine” “Te, cui spinse di gloria un bel desio” “Vergine Astrea, che questa umil, terrena” 229 236 238 231 242 242 236 229 240 239 232 238 234 235 215 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, ECE “S’io vi bendo, occhi miei, non vi dolete” 239 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Nato del Sacro Impero il gran sostegno” 232 • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi l’antiche mie pompe, e ’l fiero giuoco” “Chi m’apre il petto, e mi trae fuor dal seno” “Come allor, che di Gange uscito fuora” “Era quel dì, che de’ Pisan la finta” “Gesù, se col portar devoti in giro” “Gli astri più bei della superna mole” “In qual luogo sovran fosse l’altera” “Mentre con mille atre facelle accese” “Nobil gara tra’ Numi in Ciel s’accese” “Ov’è l’aurato Carro? v’sono i mostri” “Pria che a vestir venisse il fragil manto” “Se cruda è Filli, e più s’inaspra al pianto” “Spina, che fosti del gran numero una” “Vide il gran Re, che l’Universo regge” 234 230 228 233 241 230 243 240 235 237 233 231 241 237 XXII. Vincenzo da Filicaia (Polibo Emonio) N. testi: 35 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Giunto quel Grande, ove l’altrui gran torto” “Piangesti, Roma, e in te si vide espressa” “Qual Madre i Figli con pietoso affetto” “Se grazia il Vinto al Vincitor veruna” “Sotto l’Orse colà, (se dice il vero” 254 253 251 243 255 • Sonetti (25) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arsi di nobil foco, e ’l foco mio” “Aure, che a far le pene mie canore” “Dall’estremo Occidente o tu, che ’l piede” “Dov’è, Italia, il tuo braccio? e a che ti servi” “Grande fui, mentr’io vissi, e Scettro tenne” “Grave d’anni, e di colpe, al doppio incarco” “Italia Italia, o tu, cui feo la Sorte” “Ma che dissi? ancor dura il Regno, e serva” “Ma più, che altrove, qui sul Tebro io regno” “Mentre ogni fonte i disperati ardori” “Misero Ingegno, nel cui Suolo aprico” “Nate, e cresciute sotto fier Pianeta” 251 249 247 256 245 247 255 246 246 250 248 249 216 “Né fera Tigre, che da gli occhi spire” “Non tel dissi, Alma mia, che un dì saresti” “Onde s’io spargo inchiostri, e carte vergo” “Quando giù da i gran Monti bruna bruna” “Questa, che scossa di sue regie fronde” “Simile al fonte, che, se ’l ver n’ascolto” “Soffri, misera, soffri. Ecco al tuo foco” “Sono, Italia, per te discordia, e morte” “Sul Tebro io l’ebbi, e poi che gli occhi al vero” “Tirsi, qui appunto, ove in quest’Orno incisa” “Tra il forte Ibero, e il Lusitano invitto” “Vanno a termine sol con passi eguali” “Vivrà l’Arcadia. Un dì Talìa mel disse” • Canzone di dodici stanze e aBACDbCDEeFfEGG / PAaBbCC “E pure, Italia, e pure” congedo • Canzone di quattordici stanze e ABbCABCDeDEeFF / ABabCC “O tu, cui trasse fin dagl’Indi estremi” 248 253 252 257 244 252 258 257 245 244 254 256 250 di settenari ed endecasillabi: 258-64 congedo di endecasillabi e settenari: 271-8 • Canzone di quindici stanze di endecasillabi e settenari: ABbCBcACdEeDdFF “Re grande, e forte, a cui compagne in guerra” 264-71 • Canzone di dieci stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACCDEeDFGHhGFfII / ABbaA (nella prima stanza il v. 12 è irrelato) “Nel più alto silenzio, allor che amico” 278-84 • Terzine “O di Figlio maggior gran Madre, e Sposa” XXIII. 285-95 Giampietro Zanotti (Trisalgo Larisseate) N. testi: 36 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi fera vista! Ah troppo acerbo die!” 308 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “E qual sì industre man ritrar poteo” “Indarno, Amor, tu mi sospingi, e sproni” “Or dal centro, ove stai, dove penosa” 306 296 303 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “E sempre avrai d’intorno a gli occhi avvolta” 310 217 “Qual’uom, che chiuso in cupa, orrida, e mesta” “Sovra me stesso, oltre il poter mortale” 303 302 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Vaghi augelletti, che di fronde, in fronde” 300 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ben a ragion d’un dolce, almo, e giocondo” “Ben mi può torre, che a mirar non giunga” “Che dirà allor, Sorella, allor che sciolto” “Dunque di nuovo ardisce, e più non sente” “E crollar le gran torri, e le colonne” “E quai cinte n’andran, se delle fronde” “E quel, donde derivi, illustre, e chiaro” “Oimè, che incauto Giovanetto i passi” “O quale interno, o qual nuovo m’innalza” “Perché romper tuo corso, e al comun danno” “Per quella via, che la virtute corre” “Poiché seguendo il desir vostro, o il fero” 296 305 299 305 304 309 310 298 299 300 301 307 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ecco pur dopo il terzodecim’anno” “Io, mercé del furor, che in petto accolgo” “Sì queste son le selve, e questi i lidi” “Voi, che Sovrane intelligenze siete” 309 298 308 297 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Ghedin, non vedi, che i miei stanchi, e lenti” “Spingo per lunga dirupata strada” 302 301 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Come dapprima foste poco accorte” 297 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Fiume orgoglioso, che l’alme feconde” 304 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Lasso, già mille, e mille onesti ardenti” 306 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, ECD “Pur vi riveggio, avventurose tanto” 307 “Donna, a cui mortal Sposo il Ciel destina” 311 • Ode di otto sestine bipartite: p7a7a7b7s ; p7c7c7b7s “Or che i petrosi fianchi” 316-8 • Ode di ventitré sestine bipartite: a8a8b8 ; c8c4b8 “Forse a Voi, del Greco Alfeo” 318-22 218 • Ode di sei strofe di settenari ed endecasillabi: abacCBdd “Ben anco in cor l’acerba” 314-5 • Ode di diciotto pentastici di settenari ed endecasillabi: abbAa “Dov’è, nobil Donzella” 311-4 • Canzone di sei stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdEedFF “Qualor di strali carco” 322-5 XXIV. Gaetana Passerini (Silvia Licoatide) N. testi: 29 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Stava un dì Clori soletta” 334 • Sonetti (9) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Anima bella da quel nodo sciolta” “Chi ti dà aiuto oimè, chi ti consola” “Linco geloso un dì mirando il prato” “O tortorella, che al natio tuo nido” “Qual cervetta gentil, ch’ora il desio” “Se Linco tuo, se il tuo Germano è morto” “Signor, che nella destra, orror del Trace” “Sotto quel faggio, in riva a quel ruscello” “Spirto sublime a dimostrare eletto” 335 336 337 338 333 336 326 337 329 • Sonetti (16) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Fin che dietro al desire avrà diletto” “Già mercé tua mio Dio, mio Redentore” “Mille fiate il dì, mille fiate” “Move la semplicetta Pastorella” “Non mai con sì gioconda, e lieta voglia” “O diletta, onorata, e cara salma” “Qual se da falce è tocco, e via reciso” “Quando con gli occhi della mente io miro” “Quando mai qualche tregua ho dal dolore” “Quando, perché racquisti la ragione” “Quando vaga d’onor sciolgo al pensiero” “Quella, che veggio intorno ir folgorando” “Se in un Prato vegg’io leggiadro fiore” “Signor, che gli alti Eroi, da cui discendi” “Su quelle balze, ove una Capra appena” “Vago ruscel, che mormorando inviti” 327 328 330 331 330 333 327 332 329 332 325 326 334 328 335 331 219 • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata. “Chi conoscer desia” 339-40 • Odi-canzonette (2) di distici di settenari a rima baciata (gli ultimi due versi sono tronchi). “Lesbina semplicetta” 338-9 “Vespina desiosa” 340 [segue:] VARIE RIME | DEGLI | ARCADI | In occasione delle presenti | Vittorie riportate contra | i Turchi | DALLE | ARMI CESAREE | Nel presente Anno MDCCXVI. (p. 341) [Introduzione], p. 342. I. Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io veggio (alfin pur veggio, e il credo appena)” “Quella, che ora sul destro, ora sul manco” II. 343 343 Fulvio Astalli (Alasto Liconeo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Nel tempo, che accingeasi all’alta impresa” III. 344 Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, DCE “Monarca invitto, che col braccio forte” 345 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alta Reina, che all’antico culto” 344 220 IV. Pietro Bonaventura Savini (Eurialo Liceano) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Crescimbeni “Monarca invitto, che col braccio forte” (p. 345). “Carole, magnanimo Europam qui protegis ense” 345 V. Filippo Fabri (Alindo Scirtoniano) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Augusto Eroe, non senza alto consiglio” “Quando di Turbe ostili ampio torrente” VI. 346 346 Tommaso Filipponi (Amireno Manturico) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Colei, che mira con cent’occhi, e cento” VII. 347 Antonio Maria Salvini (Aristeo Cratio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qui, dove con barbarici ornamenti” VIII. 347 Giovanni Battista Ciappetti (Aurisco Elafio) N. testi: 2 Genere metrico: 221 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “L’alto grido Signor, ch’ai tu nell’Armi” 348 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ancor non ha l’antico sdegno pago” 348 IX. Gregorio Redi (Autone Manturese) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Guerrier di Dio, che a vendicar l’offese” X. 349 Eustachio Crispi (Benalgo Chelidorio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Indarno, Italia mia, ti diè natura” XI. 349 Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) N. testi: 5 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Eustachio Crispi “Indarno, Italia mia, ti diè natura” (p. 349). “Te frustra natura suis, Terra Itala, circum” 350 • Parafrasi latina del sonetto di Francesco Maria Gasparri “Son già tre lustri (ah sian pur cento, e mille)”, p. 375. “Iam tria lustra (precor tibi centum, et mille supersint)” 376 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Fosti pur Tu, che del Tibisco un giorno” 385 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Or vanne, e d’armi, e di guerrieri legni” “Riguarda il Ciel con placid’occhio amico” 385 386 222 XII. Giacomo Sardini (Citisso Bleninio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Temesia ai vinto; e le superbe mura” 351 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quella del negro obblio Donna nimica” 351 XIII. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alfin comparve il formidabil giorno” 352 • Traduzione latina del sonetto “En metuenda dies, quae per declivia Savi” 352 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco le già battute audaci mura” 353 • Traduzione latina del sonetto “Quae nimis audaci Turres, et Moenia fronte” 353 XIV. Filippo Cristofori (Cleomanto Tasiano) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Quando Scipio la mano entro la chioma” XV. 354 Ignazio De Bonis (Cloriso Scotaneo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O bella Italia, del passato affanno” 354 223 XVI. Pompeo Rinaldi (Coralbo Aseo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dopo le Palme gloriose altere” XVII. 355 Antonio Colloreti (Corsildo Alfeio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Non è questo il trionfo, o Duce invitto” XVIII. 355 Pietro Ottoboni (Crateo Ericinio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dov’è il gran Carro, in cui superbo assiso” XIX. 356 Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna; Adalsio Metoneo) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Pietro Ottoboni “Dov’è il gran Carro, in cui superbo assiso” (p. 356). “Quo, quo currus iit, cui veste insedit in aurea” 356 XX. Marco Antonio Lavaiani (Elagildo Leuconio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dissi al mio cor, che delle Tracie schiere” 357 224 • Canzone di sei stanze di endecasillabi e settenari: ABCaBCcDDEfEFggF “O saggio, o forte, o glorioso, invitto” 358-61 XXI. Giovanni Francesco Bulgarini (Elmante Lirceate) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Il Vincitor delle più dubbie imprese” XXII. 361 Antonio Ottoboni (Eneto Ereo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quando EUGENIO pugnò, del gran CLEMENTE” 362 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Questo, CESARE, è il tempo. Il Ciel balena” 362 “Padre, e Signor, ch’a’ figli tuoi con tanto” 363 • Ode di undici stanze di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcDD “Pure ad onta del forte” 363-6 XXIII. Domenico Dari (Epineto Isiate) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Quando quaggiù del grand’EUGENIO scese” XXIV. 367 Camillo Della Penna (Erillio Filippeo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, ECD “O Duce invitto, per cui solo or porta” 367 225 • Canzone di cinque stanze e congedo ABCADbCEEDFGgFHIHILL / ABBACcDD “O saggio, invitto, glorioso, e forte” XXV. di endecasillabi e settenari: 368-71 Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Son già tre lustri (ah sian pur cento, e mille)” 375 • Terzine “O per noi lieto avventuroso giorno” 371-5 XXVI. Antonio Francesco De Felici (Semiro Acidonio) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Francesco Maria Gasparri “Son già tre lustri (ah sian pur cento, e mille)”, p. 375. “Tertia iam numeras (numeres centena, precamur)” 376-7 XXVII. Francesco Maria Cagnani (Eustasio Oeio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Mira, e volgi, Ottomano, umido il ciglio” 377 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Vedremo alfin vedrem gli ultimi scempj” 378 XXVIII. Benedetto Pamphili (Fenicio Larisseo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Disse CARLO ad EUGENIO: I Traci arditi” 380 226 “Saggio Pittor, Giovine Eroe figura” • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Eran di Vienna i campi ancor vermigli” “Sull’Istro, e il Savo, con sì vasta idea” XXIX. 379 379 378 Francesco Maria Lorenzini (Filacida Luciniano) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Benedetto Pamphili “Disse CARLO ad EUGENIO: I Traci arditi” (p. 380). “Sic ait EUGENIO CAROLUS: simulaverat audax” 380 XXX. Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sommo Pastor, tua sia la gloria, ed abbia” XXXI. 381 Giovanni Francesco Della Volpe (Flamisto Termeo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Signor, che fin sulle temute Porte” XXXII. 381 Florindo Tartarini (Gelindo Teccaleio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Almo Nocchier, Tu, che al governo siedi” 382 227 XXXIII. Ercole Aldrovandi (Griseldo Toledermio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “O Duce invitto, al di cui fianco in guerra” XXXIV. 382 Tommaso Alessandro Vitali (Ilindo Paragenite) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Prendi, o Duce immortal, questo possente” XXXV. 383 Francesco Antonio Lolli (Lisippo Inacheo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Scorgo EUGENIO del Savo in sulla sponda” XXXVI. 383 Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Signor, di tue Vittorie il chiaro grido” XXXVII. 384 Giovanni Antonio Pucci (Megalbo Oileio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Ben, rio Trace, è ragion, che a te d’intorno” 384 228 XXXVIII. Gherardo della Gherardesca (Nidaste Patroclio) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto del Morei “Riguarda il Ciel con placid’occhio amico” (p. 386). “Aspectu Superi, felix Europa, secundo” 386 XXXIX. Carlo Francesco Martello (Mirtilide Langiano) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Quando fra i gridi delle Perse schiere” XL. 387 Camillo Ranieri Zucchetti (Nadasto Licoate) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Se il superbo Ladron dell’Oriente” XLI. 387 Antonio Baldani (Nicalbo Cleoniense) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Qual sull’Ionio, e sull’Egeo spumante” XLII. 388 Leone Strozzi (Nitilo Geresteo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Siegui, o Signor (son voti, e plausi insieme” 388 229 XLIII. Angelo Poggesi (Orsatto Cidario) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Reale Unghera Donna, che a sì dura” XLIV. 389 Silvio Stampiglia (Palemone Licurio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Inclito Eroe, che mai non pugni invano” XLV. 389 Giuseppe Coluccio Alaleona (Rosindo Lisiade) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O per gloria, per senno, e per valore” XLVI. 390 Giovanni Paolo Forvia (Sinesio Troconeo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “L’Armi, che a te porse virtude in mano” XLVII. 390 Giovanni Carlo Crocchiante (Teone Cleonense) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi è costui, che coll’ignuda spada” 391 230 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ecco l’Eroe d’inclite palme onusto” XLVIII. 391 Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Illustre Duce, che i trionfi tuoi” 393 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Vincesti, o CARLO. D’atro sangue impura” 392 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Signor, tutto dell’Asia il Popol’empio” 392 XLIX. Gaetano Manfroni (Alcrindo) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto dello Zappi “Illustre Duce, che i trionfi tuoi” (p. 393). “Tu qui tot numeras, numeras quot bella, triumphos” 393 L. Andrea Diotallevi (Velalbo Trifiliano) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Grand’Eroe, che col senno, e colla mano” LI. 394 Bernardino di Campello (Verindo Tueboate) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Veggio dell’Asia il barbaro Tiranno” 394 231 LII. Niccolò di Montevecchio (Corineo Lessio) N. testi: 1 Genere metrico: • Traduzione latina del sonetto di Antonio Baldani “Qual sull’Ionio, e sull’Egeo spumante” (p. 388). “Quam ferus Aegeo super astiti aequore! quanta” 395 LIII. Agostino Isimbardi (Filisto Trezenio) N. testi: 1 Genere metrico: • Versione latina del sonetto di Fulvio Astalli “Nel tempo, che accingeasi all’alta impresa” (p. 344). “Tempore, quo EUGENIUS se accingebat ad arma” 395 Indice de’ capiversi delle Rime, che formano il presente Terzo Tomo, e de’ loro Autori, pp. [396-421]. Indice degli Autori, e de’ capiversi delle Rime fatte per le presenti Vittorie delle Armi Cesaree, e annesse al presente Tomo Terzo, pp. [422-31]. Alcuni errori importanti occorsi nella Stampa, p. [432]. 232 RIME | DEGLI | IL SIGNOR | D. ARCADI | TOMO QUARTO. | All’Illustriss. ed Eccellentiss. Signore | CARLO | ALBANI | Nipote di N. S. Papa CLEMENTE XI. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | In ROMA, Per Antonio Rossi alla Piazza di Ceri. 1717. | Con licenza de’ Superiori. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Carlo Albani, pp. [III-X]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [XI-XIII]. Protesta degli Autori, p. [XIV]. I. Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna; Adalsio Metoneo) N. testi: 50 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Or chi m’addita, ove dal Colle Albano” “Qual villanello col suo ferro adunco” 11 12 • Sonetti (48) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi che giovò di cento Regi, e cento” “Allor, che tratte dalle dense, e nere” “Bella Iuturna, che l’acerba sorte” “Benché fra l’altre sì diverse, e tante” “Benché fra l’erbe sia ridotto in cenere” “Che giova a me tanti vedere alzarsi” “Colle felice, ov’io talor mi spazio” “Così girassi men veloce, e presta” “Ecco il bel Lago, e le famose sponde” “Ecco laggiù, dove il suo corno altero” “Ed Anzio è questo? E qui fu già il capace” “E pur la cruda ingiuriosa Etate” “Fastose Mura, che l’acerba etate” “Forse, chi sa? benché per lor giacesse” “Fresco, soave, amabil Ruscelletto” “Io chiesi al Tempo: ed a chi surse il grande” “Lanuvio è questo; e quinci il forte, e chiaro” “Lite d’aspro furor piena, e di sdegno” “Nettuno un dì, che diroccate in parte” “No, che non puote una brev’Urna insieme” “O ruscelletto, che gli sterpi, e i sassi” “O stolta Gente, cui tra l’ozio imbelle” 23 18 20 20 4 14 7 23 15 6 24 25 9 9 16 10 19 19 25 8 13 18 233 “Perché nel verno, e negli estivi ardori” “Poiché serbato dall’eccidio indegno” “Qual dopo fiera orribile battaglia” “Quale in mezzo a crudele orribil mischia” “Qual lupo ingordo, e pien d’ira, e di rabbia” “Qual misero Cultor, che al campo arriva” “Qual sotto l’ombra mesto augel si lagna” “Qual’Uom sen va talor, cui di repente” “Quando col nome di sua sposa bella” “Quel Giove adunque, che potea di strali” “Questa, che miri di cadere in atto” “Questa Città, che alteramente alzarse” “Questa è la Selva, nel cui seno ombroso” “Quest’ampia Valle, che al desio risponde” “Questi, più assai, che del mio rozzo ingegno” “Qui cadde Tullio, e al suo cader fur viste” “Qui, dove il Cacciator, che mai non langue” “Qui dunque, dove il Pastorel la greggia” “Rivolse un dì la torva fronte altera” “Se, come il dice incerta fama, e scarsa” “Se, in rimirando a parte a parte infranto” “Selve Aricine, ov’io talor mi seggio” “Sovra queste or sì chiare, e limpid’acque” “Superbo Lago, il cui gran nome, e ’l vanto” “Tu dunque e in Roma, iniquo, e su per questi” “Voi pur qui foste, altere inclite Mura” II. 16 22 10 26 22 2 17 11 21 6 14 8 4 12 1 24 21 3 17 5 2 13 15 3 5 7 Gregorio Redi (Autone Manturese) N. testi: 28 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Con voce umil per grazia, e per mercede” “Gli occhi, il di cui fulgore io non soffersi” “Nato colà sovra il terren Numido” 33 32 33 • Sonetti (23) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al Cielo di poggiare ebbi ardimento” “Allor, che sciolto dalla terra il volo” “Appena all’aura del desio le vele” “Cesare poi, che del Rivale estinto” “Chiudeva i vaghi lumi in dolce obblio” “Come costei, che quando i lumi aperse” “Estinto è il saggio Orazio. Arabi odori” “Già lungo tempo imprigionato il cuore” 39 30 31 37 28 36 38 27 234 “Gregorio, che per doti al Mondo rade” “Io già piantai degli anni miei sul fiore” “Lo spirto mio co i vanni avvinti in grave” “Nice, diceami Elpin: scorso che sia” “Nocchier, che vede dall’irato mare” “Or ch’il rigor d’una Beltà tiranna” “Poiché con chiaro, e generoso esempio” “Quando venne fra voi, d’Arezia o Belle” “Quella, che in man di Titiro concento” “Se chi tanto a me piacque or più non bramo” “Sin che nocchiero della stanca, e frale” “Sull’estinta d’Orazio inclita salma” “Toscana mia, se con dolente ciglio” “Tosto, che del valor trofeo la bella” “Vanne, o Castro, ed il corno innalza altero” • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Arezzo, Arezzo, ergi la mesta fronte” “Benché sopra degli Astri eccelso è il segno” III. 36 39 30 29 26 32 40 28 29 37 27 38 35 35 34 34 31 Antonio Ottoboni (Eneto Ereo) N. testi: 35 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ah temeraria, ah stolta! è forse un folle” “È certo alfin, ch’abbandonar tu dei” “Immaculata, e bella esser dovresti” “Io sono Alba, o Signor, madre, e nimica” “Lidi beati, ove immortal si vede” “Men vado a morte, e di quel colpo orrendo” “Muoio contento; e se salir m’è dato” “Nacqui sull’Adria, e al mio natal profuse” “Nella privata mia libera sorte” “Occhi, che ne’ sepolcri or v’affissate” “Signor, cui tinge Ostro sacrato il manto” 42 43 41 51 45 41 46 40 55 48 49 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Bench’io scriva di Voi, so, che non basta” 46 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Empia, se credi il tante volte offeso” “Quel mio bramar ciò, che bramar non deggio” “Questi è il grand’Alessandro: il ciglio inarca” 44 47 48 235 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi sente, e vede, e pur non vede, e sente” “Del Ligustico Mar Venere bella” “Folle degli anni miei nel verde Aprile” “Inganni son le vanità, che a i lumi” “Lasso, che feci? abbandonai la bella” “Mente, al Ciel ti rivolgi, e in esso ammira” “Ninfe, e Pastor, che melodie funeste” “Or ch’all’Aquila d’Austria è nato un figlio” “Perché gli argini rompe, e i campi inonda” “Perpetuo Sempre, al cui possesso in tanti” “Qui dove salutò Giano bifronte” “Roma, de’ Colli tuoi poggiai sull’erto” “So il destin di chi nasce, e che non giunge” 51 53 49 44 52 50 55 53 50 43 54 47 52 • Sonetti (3) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Al Sempre, al Mai se tu pensassi, oh quanto” “Io vo morirvi in grembo, e sol desio” “Questo è il Parrasio Bosco? il nido è questo” 42 45 54 • Canzoni (4) di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcDD “Già tragittasti il Savo” (11) “O della Croce offesa” (11) “Schiere tumultuanti” (10) “Vanità de’ pensieri” (11) 56-9 62-5 59-62 65-8 IV. Giovanni Battista Cotta (Estrio Cauntino) N. testi: 34 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alto, possente Dio, che i buon desiri” “A quel divo d’Amor Raggio possente” “Chiudea le ferme adamantine porte” “Dov’è, Signor, la tua pietade antica” “Duo vasti laghi, uno di gelid’onda” “Giudice eterno in maestosa sede” “Io vidi un dì, che in luminosa vesta” “Nume non v’è, dicea fra sé lo stolto” “Ohimè, che uscìo lo spaventoso arresto” “Pastor, che involi al sanguinoso artiglio” “Se l’empio ode per selva, in cui s’aggira” 69 78 79 69 81 82 84 70 76 73 70 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Aura dolce, e soave, e dolce ardore” 74 236 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Nave degli empj, che soverchi l’onda” 83 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, benché poggiando ascendi all’erto” “Apri lo sguardo, Alma infelice, e mira” “Averno, Averno, ardente lago, e nero” “Duo fier tiranni hai, miser’Alma, al fianco” “Frena, dicea il Diletto alla sua Sposa” “Funesto un dì d’eternità pensiero” “Le vie seguendo del perduto Averno” “Nell’arenosa region Numida” “Non anco il nome di mortal periglio” “Non è viltate a tua viltà simile” “O tu, che gli anni preziosi, e l’ore” “Quei, che maligno a sì funesta sera” “Sovra le vie del fulgido Oriente” “Vago di render chiara, ed immortale” “Veggio incontro de’ Cieli altera, e balda” “Vezzosa erbetta, e più del sonno molle” “Voce udj dal divino alto Senato” “Voci in Cielo or turbate, ed or tranquille” 72 84 75 79 78 81 73 74 72 83 80 80 71 82 77 75 76 71 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Io miro, e veggio ampia ammirabil scena” 77 • Inno di ventitré esastici di settenari: abbacc “Alme leggiadre, e pure” 85-9 • Inno di quattordici strofe di settenari ed endecasillabi: aBbCACDEDeFF “Odami Cielo, e Terra” 89-94 V. Ferdinando Antonio Campeggi (Eureno Licio) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Ben’a ragion dell’immortale onore” “Non per quell’onde, che superbo giri” 99 95 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, ECD “O gran possanza! o vincitrice, e forte” 100 237 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDE, DCE “Quel sì feroce indomito Destriero” 103 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, EDC “Pensi, Amor, forse per mostrarmi l’arco” 101 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDE, ECD “Poiché il folle Garzon fuor dell’eterne” 97 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qual solea farsi il Tebro, allor che cinti” 95 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Con nuova, e non mortal penna un dì spero” “O ruscelletto, che vai lento lento” “Stranie Genti, che fuor di legge, e guida” 96 98 99 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ahi ch’io sento fischiar per l’aer denso” “O Verno, o tu, che sotto l’Orse algenti” 102 96 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Come sì chiaro, o bell’Isauro, ed onde” 97 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Se le sacre di Pindo alme Reine” 98 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Elpino, esce il Leon fuor delle orrende” “Quella Donna, che vedi il guardo altero” “Se mai (come pur suol) da quella orrenda” 102 101 103 “Quella, che nacque al picciol Reno in riva” • Ode-canzonetta di ventidue esastici bipartiti: a5a5b7 ; c5c5b7 “O tuoi ben spesi” VI. 100 104-8 Maria Selvaggia Borghini (Filotima Innia) N. testi: 30 Genere metrico: • Sonetti (18) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ah che mie non son già le gemme, e i fiori” “Anzi privo di lei quanto riserra” “Che non v’è più Vittoria, ed egli privo” 123 111 112 238 “E balenando in lui della sua luce” “E fermo il piè sulle superbe sponde” “Egro languìa il gran Nicandro, e seco” “E le bell’Arti, e le bell’Opre, e i santi” “E seco il bel desio, che all’alto il volo” “Luce miglior, che in dolce modo, e santo” “Mentre la gloriosa, ed immortale” “Mossa da strania forza ergo il pensiero” “Né più l’usato in lei celeste, e santo” “Non così cara in procelloso, e fiero” “Onde per lei la terra in forme nuove” “Poiché più che ’l mio corso all’aure sciolto” “Qual chi per Selva, allor che tace il giorno” “Tale al partir di quel gran lume altero” “Tal la Gloria favella, e insieme aduna” 120 120 116 114 112 119 111 118 113 117 113 119 110 110 121 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “O del vero valor gloria, e sostegno” 122 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “L’aura, che qui se avvien, che muova, e spiri” “Qual chi talor da tempestoso, e grave” “Qual Pellegrin, che desioso il piede” 117 114 109 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Abito eletto, e sovra ogni altro altero” “Allor che delle sfere il gran Fattore” “Amiche Selve, oh come in voi soave” “Già di bell’opre scinta, e già percossa” “Mentre del sacro suo purpureo manto” “Povero d’ogni pregio il mio pensiero” 118 109 108 122 115 121 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Chi ne’ fallaci, e perigliosi lidi” “Come al nascer del dì tutto riluce” 116 115 VII. Giovanni Francesco Della Volpe (Flamisto Termeo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi che ben veggio al lito avvinta ognora” “Amor, che tutto in dar fama a costei” “Donna, sin dal fatal giorno primiero” “Gran Metilde, non te, che al Ciel sei gita” 124 126 123 125 239 “Poiché di mille incliti fregi adorno” “Qual vecchio, e già stanco Nocchier, che a sorte” “Tra le famose ampie ruine involta” VIII. 125 126 124 Alessandro Segni (Fortunio Maloetide) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Fosco pensier, che della mente il chiaro” “Fra tante frodi omai viver ricuso” “L’Alto Fattor, che perfezion volea” “Prole di tua beltà nacque l’ardore” IX. 128 127 127 128 Paolo Falconieri (Fronimo Epirio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A che su ’l tergo Amor sì forti vanni” “Ah ch’io sentiva ben per l’aria attorno” “Che mi celi costei gli occhi lucenti” “Come il bel, ch’altri finse, a noi fa vero” “Compose Amor di meraviglie estreme” “Io veggio ben, dolce mio Sol, ch’il volto” “Scioglie dal porto amico, e all’infedele” “Se col suo fosco di lor luce accende” “Tal, cred’io, nel confuso atro soggiorno” “Tanto ardor, tanta fé, tanti tormenti” X. 131 131 129 132 129 132 133 133 130 130 Ercole Aldrovandi (Griseldo Toledermio) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del picciol Reno, anzi del Mondo onore” “In Campo armate alle tue mura intorno” 136 137 240 “Inclita, saggia, valorosa, e forte” “Io vo per luogo solitario, ed ermo” “Quel sacro Legno, che l’eterno Amore” “Vago rio, spiagge apriche, e verde bosco” 139 135 138 136 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Poiché contro di morte etade acerba” 141 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Quando chiari, e tranquilli i giorni nostri” 139 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Piangete, Anime illustri, e fate prova” 140 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “La Senna io vidi in fier sembiante atroce” “O animata mia selce, o vivo scoglio” “Per freno imporre alla baldanza rea” “Quel dì, ch’io vidi, o mio fedel Montano” 135 140 138 141 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Contra le stelle io basso verme alzai” “Poiché, mio Dio, fui sordo alla tua voce” 137 134 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Lasciate alfin le Madri Egizie a lutto” 134 “Mira l’Eroe, che tutto in sé raccolto” XI. 142 Elisabetta Girolami Ambra (Idalba Corinetea) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Così tenaci, e tanto acerbe, e dure” “Limpido rio, che il liquido elemento” “Odio, Invidia, Vendetta, avete vinto” “Spira da te con invidiabil luce” “Verso gloria non frale un dì tentai” XII. 144 144 142 143 143 Giovanni Girolamo Acquaviva d’Aragona (Idalmo Trigonio) N. testi: 4 241 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, sta lieta, e ti serena omai” “Io veggio ben siccome acerbo, e rio” “Voi, che gli Arcadi vanti in nobil coro” 146 145 146 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Felice l’Uom, cui d’Ippocrene al fonte” 145 XIII. Antonio Caraccio (Lacone Cromizio) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al marmo, all’urna, or che fa il biondo Dio” “Benché, Donna gentil, dal tuo bel viso” “Due luci adoro, e un dolce irato sguardo” “In quella età, ch’al giuoco intenta, e al riso” “L’egro timor, che l’invisibil vede” “Libera già fuor del mortal suo pondo” “Non sentij fuoco allor, ch’un guardo, un riso” “Non spente già di due leggiadre gote” “O degli affanni, e de’ piacer compagna” “Or che sen viene alla Città del Taro” “Poiché l’emula immago alfin compita” “Qui, dove scoglio in mar sorge eminente” 151 149 151 150 152 148 152 147 147 148 150 149 • Ode di tredici stanze di endecasillabi e settenari: ABaBbCC “È d’antico romor fresca memoria” 158-61 • Ode di nove stanze di endecasillabi e settenari: ABbAAcC “Celebre ancor sotto le sacre piante” 156-8ù • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: AbCcaDbdAEeFFgG “Mentre a i zefiri molli il crin sciogliea” 153-6 • Ottave “Oltre le mete, che segnò del Mondo” 161-74 242 XIV. Giacinto Vincioli (Leonte Prineo) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore un dì sotto mentiti panni” “Come Augel, quando in Ciel l’Aurora spunta” “La bella Donna; che di sdegno, e d’ira” “Non è questo l’usato amaro strale” “Non so, se tu, mio Cor, comprendi ancora” “Ove Amor tiene albergo insulla sera” “Quale l’Augel, che sì soave canta” “Quando sarà, che de i begli occhi il Sole” “Scende virtù da’ quei begli occhi, in cui” “Vive in speranza debile, e fallace” “Volgi, Fortuna, per un sol momento” 176 181 176 180 179 178 177 180 175 177 179 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Laddove i pensier corrono sovente” 175 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Pareami pure omai tempo, che Amore” 178 XV. Maria Alessandri Buonaccorsi (Leucride Ionide) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arbia gentil, sulle tue sponde altere” “Bella, del Serchio onor, pompa di Flora” “Ceda il bel lido Eoo, ceda omai vinto” “Che fa l’alta Fenice all’Arno in riva” “Gentil Signor, se con durevol fama” “Giva Febo di sé fastoso un giorno” “L’Alma, che scese dall’eterne Sfere” “Poiché Morte crudel con mano ardita” “Qui ne venne a beare il Ciel Toscano” “Selva di Lauri scelti, e mar di rare” 185 184 183 186 182 185 181 184 183 182 • Ode di otto strofe: a4a4b8b8c4d8d8c8e8e8 “Astri fieri” 186-9 243 XVI. Malatesta Strinati (Licida Orcomenio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi come siede addolorata, e mesta” “E scherzi? e ridi? e senti Dio, che irato” “Leon, che chiuso entro il natìo covile” “Mira, o Signor, come sen giace afflitta” “Signore, ecco a’ tuoi piè mesta, e negletta” 192 192 190 191 191 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Da mille, e mille spade Austria trafitta” “Quando mi volgo a tergo, e all’aspro, e duro” 190 189 • Ode-canzonetta di trentatré esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Se mai fu, che in verde sponda” 193-9 • Egloghe di terzine sdrucciole “Dolce è il sentir di placid’urna il fremito” “Perché, Licida mio, sì solitario” 212-8 199-211 XVII. Lorenzo Magalotti (Lindoro Elateo) N. testi: 13 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Con un me fuor di me detesto, oh Dio” “Un picciol verme entro di me già nato” 219 218 • Ode-canzonetta di undici sestine bipartite: a4a4b8 ; c4c4b8 “Quella perla” 235-7 • Odi-canzonette (2) di sei sestine di quinari, con i primi cinque versi sdruccioli e l’ultimo tronco. “Mesto spettacolo” 233-4 “Qual nuovo giubbilo” 237-8 • Ode-canzonetta di cinque tetrastici: s7a7ts7a7t “Quanto volete, o Nuvole” 234 • Ode-canzonetta di settenari ed endecasillabi variamente alternati e rimati. “Lodato, Nise, il Cielo” 219-20 244 • Ode-canzonetta di venticinque quartine di ottonari: abba “Brindis brindis al sovrano” 229-33 • Odi-canzonette (3) di esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Densa nube, che nereggia” (13) “Il gentil, vago fioretto” (11) “Odi, Nise, che vivanda” (30) 240-3 238-40 224-9 • Ode di diciassette strofe di settenari ed endecasillabi: aBbAcc “Questa di fino argento” 220-4 • Terzine “Nel mezzo d’una placida, serena” 243-9 XVIII. Tommaso d’Aquino (Melinto Leuttronio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor, ch’il superbo Ilio, e l’alte mura” “Il dì, che l’alma Donna in terra nacque” “Ove valor non poggia, ed uom non sale” “Pallor di morte in fosca macchia intinse” 251 252 251 250 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Sulla sponda d’Alfeo gente discesa” 250 • Ottave “Ove corron d’Alfeo le limpid’onde” 252-5 XIX. Brandaligio Venerosi (Nedisto Collide) N. testi: 4 Genere metrico: • Canzone di quattordici stanze di endecasillabi e settenari: ABbACDCDeE “È Forza ch’io di Te ragioni, e scriva” 259-64 • Canzone di quindici stanze di endecasillabi e settenari: ABCAbbDCDeE “Quella, che, alzando fiammeggiante spada” 267-72 245 • Canzone di tredici stanze di endecasillabi e settenari: ABCADBDeeCC “Dunque l’eccelsa, trionfal colonna” 255-9 • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: ABCCBADdEeFf “Ahimè: risponde ahimè la valle e ’l monte” 264-7 XX. Carlo Maria Maggi (Nicio Meneladio) N. testi: 32 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dal Pellegrin, che torna al suo soggiorno” “Ecco spirto gentil con quai sembianti” “Giunta è l’età, che dietro ogni fidanza” “Lungi vedete il torbido torrente” “Noi sull’orlo del campo al fier torrente” “Poiché le mie speranze ad una ad una” “Punto d’Ape celata infra le rose” “Qual presa fera in cittadino tetto” “Scioglie Eurilla dal lido. Io corro, e stolto” “Siamo, dicono a me gli occhi d’Eurilla” “Un degli empj son’io, che al destro lato” 273 279 280 286 287 274 282 277 275 276 276 • Sonetti (20) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ben s’accorge il mio Cuor, che mi s’invola” “Dell’ampio Mondo in ogni parte è Dio” “Diletto giovenil volto in affanni” “Finché ’l sereno uman, benché bugiardo” “Fortunata Cicala, a cui sostenta” “Giace l’Italia addormentata in questa” “Io grido, e griderò, fin che mi senta” “La carne stanca, il mesto viso, e smorto” “Mentre aspetta l’Italia i venti fieri” “Mentre omai stanco insul confine io vado” “Non viene a me pensier, che ancor non vegna” “Oh quanti inganni in giovenil pensiero” “Oh s’io ritorno all’amoroso intrico” “Più non gira lontan, già sulla testa” “Poco mi resta, è ver, da solcar l’onda” “Questa, amante mio Dio, sola fidanza” “Questa Donna Regal, che in altra etade” “Rondine amica il nido a’ nostri tetti” “Rotto dall’onde umane, ignudo, e lasso” “Scorto del Mondo ogni piacer fallace” 283 280 278 279 281 285 286 288 285 272 275 277 273 287 282 278 283 281 274 284 246 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Presi dietro gli affetti il cammin torto” XXI. 284 Lorenzo Bellini (Ofelte Nedeo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, cui par non vidi, e forse in pria” “Ed or qualvolta del mio stato indegno” 289 290 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “E tal son’io dallor, che infermo a morte” 290 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahimè, ch’io vedo il carro, e la catena” “Che per ovunque io muova, o muover tente” 288 289 • Polimetro “Chi mi rammenta più volgo, o fortuna?” 291-9 XXII. Ferdinando Passerini (Olimpio Batilliano) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quando la bella Europa, oh Dio! lasciai” “Quel candido Agnellin, che in questo seno” “Stavami ieri a pascolar l’armento” 301 302 302 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, ECE “Oggi già compie un lustro, in cui lontano” 301 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Donna gentil, la vostra lontananza” “Se pietosi talor ver me volgete” 300 300 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DED “Figlie de’ miei sospiri, aure amorose” 303 247 • Sonetti (2) con schema (a5)BAABa5, BAABa5; (c5)DCDc5, (d5)CDCd5 “Da te, mio Bene, ahi c’ho fuggito invano” 303-04 “Vivea contento alla capanna mia” 304 XXIII. Ercole Maria Zanotti (Onemio Dianio) N. testi: 22 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Con pietà di tuo stato ognun ti vede” 311 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Non perché, o Trace, i greci lidi ai sparsi” 305 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Mira, Elpin, come il Rio con lenti passi” “Placido figlio di colui, che i venti” 307 308 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Col fuoco appena il fier Duce Africano” 311 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, ECD “Ruscelletto, che in queste amene, e care” 310 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Rivolte in fuga omai rotte, e perdute” “Tu, che cantando, ovver piangendo vai” 312 313 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDE, CED “Felsina mia, se ne’ tuoi tanti marmi” 314 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CED “Tu nol credevi, empia Sionne. Il forte” 308 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Per prender del peccato alta vendetta” 313 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Colui, ch’Africa mosse, e che già venne” “Poiché d’Italia alla fatal ruina” 306 315 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Piccola nave, fuggi alle vicine” “Poiché irata Giunone il fin prescrisse” 309 314 248 “Signor, fia mai, che tua somma pietade” 309 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Udito il tuono del Romano editto” 306 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Poiché di morte in preda avrem lasciata” “Quel Dio, che, sciolto il giogo, al gran tragitto” 312 305 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Voi, che ad oprar gran cose il Ciel destina” 310 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDE, DEC “Vedrai, diletta a i Numi alta Cittade” 307 • Ode di venti esastici di ottonari: ababcc “A Voi parlo, o Giovanette” 315-9 XXIV. Francesco Maria Zanotti (Orito Piliaco) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Se allor, che dietro al tuo chiaro, famoso” 320 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “La gran Donna, che in stragi, ed in faville” 323 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Ben fosti tu; ben fosti tu con questi” 325 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O tu, che sei soave cura, e pena” “Se quel, che nel più grave, e nel più eletto” “Spirto gentile, o in viva voce, e rara” 327 322 324 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Io veggio, e certo il veggio: Itale schiere” “Picciol capretto or’ or nato, che adorna” “Sacro Bosco, a te parlo; i miei concenti” 327 326 324 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Grecia, ah Grecia, ti scuoti: eccoti i fieri” “Se i duo, ch’entro il futuro ancor si stanno” 320 322 249 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ben vel diss’io, solinghe, atre foreste” “Che fuor non esci, o Trace, e fuor non guidi” “Non perché schiere avverse urti, e confonda” 326 321 321 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Sei pur tu, che a Maria l’augusto, e degno” 328 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Quand’io penso all’Augel, che dal Ciel venne” 319 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Con questa anch’io, con questa Croce, ardita” “Non ti fur dal tuo Re, non ti fur scossi” 325 323 XXV. Nicolò Amenta (Pisandro Antiniano) N. testi: 31 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Lasso, ben mille volte in tutte l’ore” “Più volte il piè rivolgo in altra terra” “S’io potessi lassù poggiar con ale” 331 342 342 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Aure, ch’intorno a queste piante antiche” “Giacinto mio, già l’aspre, e fere doglie” “Qual’ è tua gloria, altero nume Amore” 338 330 340 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ove le a me promesse ore serene” “Poiché sempre è di gel chi m’arde il core” “Scarco d’ogni pensier tristo, e noioso” “Se fia, ch’a forza altrui pietà mi tiri” “Se talora i martiri, onde son lasso” 332 333 341 335 339 • Sonetti (16) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ben di se l’alma, e di sua frale scorza” “Ben quella canterei, dove m’ascondo” “Di proccurare al nome vostro onore” “Di quel Tronco il gran Germe ecco già sorto” “Empie di stupor nuovi, e di contenti” “Non perché, Filli, del tuo bel sembiante” “O delle Donne altero, e vago mostro” 329 334 337 341 337 334 336 250 “Partendo l’ore in caro, umil soggiorno” “Più volte i miei sì gravi affanni, e tanti” “Poiché de’ mostri ogni feroce asprezza” “Portar fin dove nasce, e more il Sole” “Sai, Francesco, con chiara, e nobil’arte” “Tentai, Lucina, e ben n’ha doglia il core” “Tosto che ’l Sol co i temperati rai” “Traggo i giorni piangendo; ed in quell’ore” “Voi, cui vostra ventura or porta in parte” 332 340 328 336 329 330 331 333 339 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Io vo seguendo chi mi fugge, e sprezza” “Stolto! ben potev’io ne’ miei verdi anni” • Canzone di sei stanze e congedo ABcDABCDEFEFGGHH / ABABCCDD “Chi turba la mia pace? e quali ascolto” di 335 338 endecasillabi e settenari: 343-6 • Canzone di nove stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBCAaDEDEFF / aBbACC “Debbo sempre empier’io d’alti lamenti” 346-50 XXVI. Giovanni Carlo Crocchiante (Teone Cleonense) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetti anacreontici (3) di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Caro Tirsi, oh che bel giorno” “Mira, Alcon, mira quel rio” “Mira, o Tirsi, come irato” 355 355 354 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Assorta in Dio la Verginella Ebrea” 353 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché in finta tenzone, e in bionda chioma” “Che luce è questa mai così serena” “Di quello Amor, che cieco Arcier s’appella” “Or vedi, Amore, in quanti affanni, e in quante” “Quell’augellin colmo di gioia il volo” 354 353 351 351 350 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Giacché la vaga mia dolce nemica” 352 251 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Chieggio ov’è Filli a Ninfe, ed a Pastori” 352 • Egloga dialogica: due sequenze di terzine (1-108 e 137-49) e una strofa di endecasillabi frottolati (109-36). “Perché, Teone, ora che ride il Maggio” 356-60 XXVII. Giulio Bussi (Tirinto Trofeio) N. testi: 25 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ergi, o Roma, la fronte, e lieta mira” “Poiché il Fabbro divin l’eterne, e belle” “Poiché la bella Ebrea l’alto pensiero” “Qual’aprono al mio sguardo Amore, e Sdegno” “Questa vita mortal, ch’altri sospira” 366 373 367 367 364 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Gloria, che sei mai tu? per te l’audace” “Lampo sì bel mi balenò sul ciglio” “Sognata Dea, che da principj ignoti” 366 372 363 • Sonetti (16) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al prato, al prato Elpin: flauti, e zampogne” “Donna real, cui diè Senna la cuna” “D’un limpido Ruscello in sulle sponde” “Gloria, se mai de’ tuoi splendori al lume” “Gran beltà, gran ruine al piede, al core” “Invidia rea di mille insanie accesa” “Io giuro, Amor, su i tuoi dorati strali” “Poiché nel cor mille ferite, e mille” “Poi, che superbia rea l’alme più belle” “Qual mi destano in petto alto stupore” “Raggio dello splendor sommo immortale” “Se mai ritolto da’ caduchi oggetti” “Se stringo il plettro, e colle fila d’oro” “Signor, non già perché l’eterne, e belle” “Signor, tempra l’affanno, e al ciglio augusto” “Vanne, o Signor, dove d’eccelsi Eroi” 369 365 370 361 368 362 371 370 363 368 362 371 361 372 364 365 “Su, lacci, e reti, Elpino, al colle, al prato” 369 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [374-400]. 252 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO QUINTO. | All’Illustriss. ed Eccellentiss. Signora | LA SIGNORA | D. MARIA ISABELLA | CESI RUSPOLI | Principessa di Cerveteri, et c. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, Per Antonio de Rossi alla Piazza di Ceri. | Con licenza de’ Superiori. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Maria Isabella Cesi Ruspoli, pp. [III-X]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [XI-XIII]. Protesta degli Autori e Alcuni degli Errori occorsi nella stampa, p. [XIV]. I. Enea Antonio Bonini (Acasto Lampeatico) N. testi: 24 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ah Morte, Morte, se tu avessi gli occhi” “Che guardi, e pensi, Pellegrin divoto?” “Costei, che, o Pellegrino, in marmo scolta” “Dov’è la bella età, che gigli, e rose” “Ecco già Progne, ed ecco Filomena” “La terza volta, ahi lasso me! riveggio” “O Mopso, Mopso, quella tua sì ardita” “O superbetto mio picciolo Reno” “O Verginelle, che il bel fior degli anni” “Vergine Santa, che talor chiamasti” 4 9 8 7 7 6 10 6 4 5 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Chi è costei, che a mezza notte è desta” 9 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ahimè, che il carro mio fragile, e carco” “Aveste pur più tosto, irati Numi” “Che mi giova mirar riviere, e valli” “Oh morte, morte gloriosa, e chiara” “Perché, Bologna mia, gli umidi rai” “Perché non stesi in più rimota parte” “Qualora il mio Signor dal cocchio scende” “Qualor colei, per cui mio cor sospira” “Qualor da me scacciar cerco, e m’ingegno” “Quando veggio apparir dall’Oceano” 1 10 11 2 3 3 5 2 11 12 253 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DED “Ecco ch’io pur ritorno, o valli amene” 12 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Scinta le bende imperiali, e il manto” 8 • Canzone di dodici stanze e congedo di endecasillabi: ABCDBCADDEFFEPGG / PABBAPCC “Cinta la mente di que’ rei pensieri” 13-9 II. Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico) N. testi: 22 Genere metrico: • Sonetti (16) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Arcadia mia, col crin sparso, ed incolto” “Chi vide mai, o di veder presume” “Come Tempj, e Trionfi, e Statue ergete” “Del biondo Tebro in sulla destra riva” “Dell’Arbia intorno alla fiorita riva” “Ecco il carcere aperto, e il crudo, e strano” “Forse celarmi in quelle Piaghe io spero” “Oh gente d’Israele afflitta, e mesta” “O Viti, Viti, avventuroso Fiume” “Piena di santo ardire, o bella, o forte” “Piene del lor natio valor primiero” “Quel primo sguardo, che io rivolsi a lei” “Quercia, che tanto al Ciel l’altera fronte” “Questo, che vedi in rozzi panni avvolto” “Sì forte Amore in sua balìa mi porta” “Vidi sul Tebro duo Fanciulli armati” 20 24 28 21 25 28 23 22 27 29 25 21 22 26 29 27 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Contrari venti di Fortuna, e Amore” “Deh qual mi scorre, oh Dio! di vena in vena” “La divina Pietà veggio omai stanca” “O boschi, o selve, voi, che tante, e tante” “Questa, mi disse, Amore, è la catena” 26 23 20 19 24 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-99); endecasillabi frottolati (100-62); due strofe saffiche, A(a5)B(b5)Cc5 (163-70); due strofe, con schema a5a5b5c5b5c5d5D11 (171-86); due strofe, a8a4b8b4c8c4d8d8 (187-202); quattro strofe, A11b7c7b7c7A11A11 (203-30); terzine (231-46). “Dunque l’alma tra risse hai sempre accesa?” 30-7 254 III. Fulvio Astalli (Alasto Liconeo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Pallante, oh quanto è giusto il tuo furore” 39 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Mirava Eugenio intrepido, e costante” 38 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Roma, ch’ergesti le tue moli altere” 38 IV. Filippo Fabri (Alindo Scirtoniano) N. testi: 29 Genere metrico: • Sonetti (13) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Arser gran tempo in Ciel d’ira, e di sdegno” “Cinto co’ rai d’insolito splendore” “Come vago Usignuolo in gabbia stretto” “Ecco, Erasto, il bel colle altero, e santo” “L’Arte, che intenta è ad animar colori” “Mirate, alto Signor, mirate intorno” “Padre del Ciel, se giovanil desio” “Poc’anzi un Lauro al fiumicello in riva” “Presso era omai quel tempo, in cui l’etate” “Se fia, che io sappia un giorno al suono altero” “Se per opra talor del van desire” “Signor, di tante glorie il Mondo empiete” “Tigre selvaggia in chiusa valle oscura” 49 49 50 44 50 46 44 40 43 47 42 47 41 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi è costei, che di beltà novella” “Io veggio il Sol di nuovi raggi adorno” “Io vo cantar d’eccelsi Eroi l’imprese” “L’ozio, e il piacere, e la discordia ingiusta” “O chiara, invitta, e gloriosa Donna” “Piacciavi, o gloriose eccelse Mura” “Pria che Fille io mirassi, eran di Fille” “Se nella prima età del viver vostro” “Signor, quel dì, che d’Imeneo la face” 52 41 39 46 43 42 40 45 51 255 “Sommo eterno Signor, d’uman servaggio” “Spirto gentil, che d’immortale onore” “Tante grazie, o Signore, in me spargete” “Vago Fanciul, pria che spuntasse il giorno” 52 48 48 45 “Oh più, che assenzio, e fiele amaro frutto” 51 • Ode-canzonetta di venticinque esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “O leggiadra Verginella” 53-7 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-306); sei esastici bipartiti (307-42), con schemi a5sb5c5 ; a5sb5c5 (I e III), a5b5sc5 ; a5b5sc5 (II), a5b5c5 ; a5b5c5 (IV-VI); terzine (343-78); endecasillabi frottolati (379-414); terzine (415-21). “Se il Ciel sempre sereno, e verdi i prati” 58-71 V. Alessandro Marchetti (Alterio Eleo) N. testi: 34 Genere metrico: • Sonetti (16) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alma, in che duri ceppi, ahi lasso! in quali” “Ch’io t’abbandoni, o Filli? Ah non ho io” “Con vetri eletti erge alle stelle il volo” “Di Filli al biondo fior della ginestra” “Donna, che scesa dall’empireo Coro” “Donna, dal volto tuo muover vegg’io” “Donna, l’alma beltà, che in te risplende” “Era la notte, e in dolce obblio profondo” “Già quattro volte il Sol le oblique vie” “Italia, Italia; ah non più Italia! appena” “Limpido rio, che a queste selve intorno” “Mira, o Nice crudel, da queste sponde” “Nice, vedi tu là quel nuvol nero” “Principe generoso, il pregio, e ’l merto” “S’io ’l dissi mai, che Amor tutte in me scocchi” “Tessea ghirlande al crin la bionda Clori” 74 76 83 75 80 80 81 72 77 85 86 76 82 84 78 73 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Allor, che gli elementi il Fabbro eterno” 87 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Voi, che degli occhi, ond’io trafitto ho il core” 72 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Anima gloriosa, ove a posarte” 83 256 “Del nulla trar dagli infiniti abissi” “Nice, or che spunta l’amorosa stella” “Spezzinsi i ceppi, e le catene, ond’io” “Vago Augellin, che in sì soavi accenti” 86 81 85 75 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Era nella stagion, che l’erba, e i fiori” “Già mi credea, che nell’età men fresca” “Il dì, che l’Alma tua, Madonna, in terra” “Il Sole è cuor del Mondo: il Sol comparte” “Morto è il gran Ferdinando. Arabi odori” 73 79 78 77 82 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Amor, costei, che in forma d’Angioletta” 74 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Chi vuol veder quanto operar tra noi” 84 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Nocchier, cui fiero impetuoso vento” “Specchio vid’io di bel Cristallo eletto” 79 87 • Sestina lirica (ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA, BDF) “Errai gran tempo in questa, e in quella selva” 88-9 • Terzine “Diane Fortuna pur gli ampj tesori” VI. 89-90 Francesco Redi (Anicio Traustio) N. testi: 60 Genere metrico: • Sonetti (22) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, ch’è mio nemico, una battaglia” “Ape gentil, che intorno a queste erbette” “Cetra del grande Iddio son l’auree sfere” “Chi cerca la Virtù, schivi d’Amore” “Corre superba, e poderosa nave” “Della mia Donna esce dagli occhi fuore” “Donna Gentil, per voi mi accende il cuore” “Era disposta l’esca, ed il focile” “Estinguer mai non credo il grande ardore” “Già la Civetta preparata, e il fischio” “Gran misfatti commessi aver sapea” 114 108 105 95 118 120 92 117 100 103 99 257 “In agonia di morte era il mio cuore” “Io cerco indarno d’ammollir costei” “La bell’Anima vostra, o Donna altera” “Non così bella mai si vide in Cielo” “Non è medico Amore: e s’ei risana” “Oltre l’usanza sua, un giorno Amore” “Or che d’intorno al cuor freddi pensieri” “Quando io mi posi ad adorar costei” “Qui dove orgogliosetta a metter foce” “Scevro de’ sensi dal contagio, e sciolto” “Tra l’atre vampe d’alta febbre ardente” 115 117 110 104 119 111 112 106 113 109 108 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Colle sue proprie mani il crudo Amore” 99 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Amor, tu la vuoi meco; e non t’appaga” 118 • Sonetti (36) con schema ABBA, ABBA; CDC; DCD “Ameno è ’l calle, e di bei fiori adorno” “Aperto aveva il parlamento Amore” “Chi è costei, che tanto orgoglio mena” “Coltomi al laccio di sue luci ardenti” “Cose del Cielo al basso volgo ignote” “Dentro al mio seno addormentato Amore” “Desio d’onore, e di virtù m’inspira” “Di fitto verno in temporal gelato” “Di gran Corte Real tu pur’andrai” “Donne Gentili, devote d’Amore” “Dopo mille aver fatti aspri lamenti” “Era il primiero Caos, e dall’oscuro” “Era l’animo mio rozzo, e selvaggio” “Il dardo, che sta fisso entro il mio seno” “Io vidi un giorno quel crudel d’Amore” “La beltà di Madonna entro il mio cuore” “L’increato, immortale, alto Motore” “Lunga è l’arte d’Amor, la vita è breve” “Musico è Amore. Alle celesti sfere” “Negli occhi di Madonna è sì gentile” “Nel centro del mio seno il nido ha fatto” “Nell’assetato mio fervido seno” “Oggi è il giorno dolente, e questa è l’ora” “Per liberarmi da quel rio veleno” “Poi di Morte cadrà quel ferreo telo” “Quasi un popol selvaggio, entro del cuore” “Quell’alta Donna, che nel cuor mi siede” “Quell’Amor, che del tutto è il Mastro eterno” “Questa sì bella, nobil donna, e degna” “Se fia mai, che s’annidi entro ’l mio petto” 96 95 93 116 102 96 104 112 107 93 101 92 116 110 119 97 105 91 114 94 101 111 97 109 107 113 102 98 98 115 258 “Se nulla io sono, è per virtù d’Amore” “Senza portare altr’armi da ferire” “Servi d’Amor, se fia, che mai leggiate” “Sovra un Trono di fuoco il Dio d’Amore” “Tra i fieri venti d’un crudele inverno” “Vanerello mio cuor, che giri intorno” VII. 120 106 91 100 94 103 Francesco de Lemene (Arezio Gateatico) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “E sotto il freddo, e sotto il clima ardente” “Eterno Sol, che luminoso, e vago” “Non scenda no dal sempiterno regno” “Questo bosco romito, ove s’asconde” “Stravaganza d’un sogno! A me parea” 126 126 128 122 124 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “All’uom, che col pensier tant’alto sale” 127 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Deh per pietà chi la mia fiamma ammorza” “Dunque muor tra gl’infami il Glorioso?” “È già madre Maria, né prova i mali” “Ho di me stesso una pietà sì forte” “Messaggiera de i fior, nunzia d’Aprile” “Poiché salisti ove ogni mente aspira” “Quanto perfetta sia l’eterna Cura” “Questa negli ozj suoi Mole eminente” “Sento, che l’età mia da primavera” “Voi, che sovente il giovenil desio” 122 128 127 124 121 123 125 121 123 125 • Canzone di venti stanze di endecasillabi e settenari: AbCCbAADEeDFF “Senti, Guerrier di Dio, Campion del fato” 129-37 • Inno di dodici strofe di settenari ed endecasillabi: aBbAcdEcdEFF “Su i cardini lucenti” 137-42 VIII. Antonio Maria Salvini (Aristeo Cratio) N. testi: 28 259 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Siede entro vaga, illustre, augusta Regia” 146 • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ascolta, o cruda: un dì trovai la bella” “Come nave, che ’l mar veloce passa” “Ma quand’ella si volge a un certo lume” “Per lungo, faticoso, ed aspro calle” “Qual’edera serpendo Amor mi prese” 156 147 143 149 144 • Sonetti (21) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ah meraviglia non più in donna, udita!” “Amor ne gli occhi vostri abita, e regna” “Chi mai ti fe’ quelle pupille ardenti” “Come chi nato in sotterraneo speco” “Di fresca gioventù luce vermiglia” “Esce da cavo sen di rupe alpina” “L’antiche storie in la remota etate” “Mentre seguace d’amorosa cura” “Odio il volgo profano: i ciechi inganni” “Parte allegro nocchier dal patrio lito” “Per figurare a noi Angiol celeste” “Per tollerare il sitibondo, e fello” “Più primavere omai varcate sono” “Posso dir, che il mio cuore è un Mongibello” “Quando tu in aria di pietà risplendi” “Quel, che tiene in mia mente alto ricetto” “Quella nel Cielo accesa eterna vampa” “Segui, Donna, a fuggire il basso volgo” “Sotto benigno avventurato segno” “Tornami a mente il dolce atto natio” “Vostra faccia serena è così bella” 150 144 151 142 146 145 154 143 153 147 145 152 154 155 152 148 149 153 151 155 150 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Sotto una fioca, oscura, e dubbia luce” 148 IX. Ludovico Pico della Mirandola (Aurasco Pamisiano) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alma real, poiché dal fragil velo” 157 260 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Pria, che l’eterno Spirto e vita, e moto” “Volto colà, dove più bella parte” 156 158 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “E quando mai con sì crudel ventura” 157 X. Pietro Paolo Carrara (Clarimbo Palladico) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CED “Dunque Colui, che diè lustro, ed onore” 159 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ch’io paragoni al Ciel la chiara fronte” “Forte persier ne’ miei desiri assiso” “Frema pur di fortuna il mare irato” “Me basso augel palustre or chi fe’ degno” “Mira, Signor, mira di prede onusto” “O tu, che del mio Ben l’alto sembiante” “Signor, che, sovra ogn’altro inclito, e forte” 158 162 159 160 162 161 161 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Quel, che vedi colà languido rio” 160 • Ode-canzonetta di diciannove esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Mentre penso all’ampio ardore” 163-6 XI. Bartolomeo Ceva Grimaldi (Clarisco Egireo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Quante fiate mi dicesti, Amore” 168 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Non son qual fui. Sotto gran carco oppresso” “Stancato già di più vedermi intorno” 167 168 261 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Sin dal primo momento, in cui la sorte” 169 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Che sperasti di fare, o ingiusta Morte” “Se fui, sono, e sarò sempre costante” 169 167 XII. Bernardo Spada (Clorasto Eubeio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi, che pur mi conviene: e al sen stringea” “Non mi vedrete più, Ninfe, e Pastori” 173 172 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Alto desio di gloria il cuor mi punge” “E osò Morte cotanto? ah del suo stolto” “O tenero Arbuscel, tardi nascesti” 170 170 173 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Dico a me stesso: sulle patrie sponde” 172 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Parmi non vero, che l’oscuro, e folto” 171 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ecco l’inclito Giulio: in questa riva” 171 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Nulla pesami il fral terreno manto” 174 XIII. Andrea Maidalchini (Coreso Evanziano) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (17) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Almo Signore, un dì per man mi prese” “Carco già d’anni, e dalle cure oppresso” “Carlo morìo; e alla sua Tomba intorno” 181 174 182 262 “Donna, sovra te stessa, e sovra quante” “Erano i miei pensier rivolti altrove” “Forte campion, ch’in sul bel fior degli anni” “Giunto quel dì, che di Parnaso al monte” “Levami in alto un mio pensier veloce” “Non già le porte del bifronte Giano” “Or che i dolci son lungi occhi vivaci” “Perché men vivo in solitaria parte” “Quand’io credea, che in me gli ardori intensi” “Quando lieto men giva, e baldanzoso” “Rosa, quel santo ardor, con cui le prime” “Se lascia alquanto alla ragione offesa” “S’oggi veggiam di Pindo le Reine” “Un giorno all’ombra di due Querce annose” 178 181 180 176 179 175 177 178 175 177 183 179 176 182 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Io vo pensando, e nel pensier m’assale” 180 XIV. Pietro Ottoboni (Crateo Ericinio) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Da quel, che noi governa, alto splendore” “Denso vapor, ch’il Sole in giorno estivo” “Di tua mente uno sguardo almo, e giocondo” “Lieta fortuna avrà fosco sembiante” “Padre, la via de’ Saggi è sempre bella” “Quando partì da me ver la sua sfera” 187 186 185 185 184 184 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Donna felice, a cui dal Cielo è dato” “Quella parte, che in noi vive immortale” 186 183 XV. Carlo Ireneo Brasavola (Cresfonte Cauconeo) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Eran di tenebroso obblio cospersi” 187 263 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Figlia, io credea, che ’l solitario loco” “Io ben l’udia, ma non credea poi tanto” “Isola bella, del valor più vero” “La bella Donna al bel Garzon s’accoppia” “Non è, Signor, non è lauro novello” “Non la corona, che la fronte allaccia” “S’egli è mai ver, che per vie cupe, e ascose” “Voi, cui nobil desio di morte accende” XVI. 189 190 191 191 190 188 189 188 Francesco Brunamonti (Diante Prosense) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O Fiume, o tu, che la sassosa balza” “S’alza ohimè là dall’Orse un vento armato” 198 195 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Quant’è dal Nilo all’onde Caspe, e quanto” 196 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Come là presso a Baia, ove chi passi” “Creata, ch’ebbe sì bell’alma Iddio” “Fermare a i fiumi il corso, a i venti il moto” “Nel portar, che fean gli Angeli sull’ale” “Oh Patria gloriosa al par di quante” “Oh quale interno, oh qual divin mi sprona” “Questa è quella grand’Alma, ch’io creai” “Se ti porrà le mani entro i capegli” “Torno, e non a te già, perché giammai” 196 192 193 197 194 192 193 198 197 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Astrea, dice talun, stava fra nui” 195 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Antico bosco, onde di fama cresce” 194 • Canzone di dieci stanze di settenari ed endecasillabi: aBBaCddCeEFf “Manzi, passar quegli anni” 199-202 264 XVII. Carlo Severoli (Efesio Arneo) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Superbetta pastorella” 207 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ben mille volte il giorno accolgo insieme” “L’alma vostra gentil di stella in stella” 205 205 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Tinta di sangue, e d’atro fiel grondando” 203 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “O Fiume, tu, che scendi a noi dal monte” 204 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, EDC “O Sole, o Sol, senza il cui lume prive” 203 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dacché colei, per cui piagommi Amore” “Il pellegrin, cui folta notte oscura” “Lasso! già in me di quella età primiera” 204 206 206 XVIII. Donato Antonio Leonardi (Eladio Maleo) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alma, che sei nella prigion de’ sensi” “Qual pellegrin, che dal viaggio stanco” “Quante volte sull’ali al mio pensiero” “S’io mi fermo a pensare in che fu spesa” 208 208 207 209 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Con sì forte catena Amor mi stringe” 209 • Odi-canzonette (2) di esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Collinetta aprica, e bella” (22) “Or, che ride in calma il mare” (23) 210-4 214-8 265 • Ode-canzonetta di sedici sestine di ottonari: ababcc “Sul bel verde io riposava” XIX. 219-22 Tiberio Carafa (Eliso Euteo) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, EDE “Di bel pallor le vaghe membra sparse” 225 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Filli, ti sacrai l’alma, e non fu mai” “Non mai così leggiadra al Sol si tinse” “O de’ fuggiti miei dolci contenti” “O Re de’ fiumi, che in tributo accogli” “Per cagion vie più bella, Idol più chiaro” “Poiché gli umili prieghi, e il lungo pianto” “Spegner vorrei quel nuovo ardor, che nasce” “Spenta era in Cielo ogni benigna stella” 224 226 228 225 223 227 223 222 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Come palma feconda, a cui se toglie” 226 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Mincio infelice, che i già freschi, e chiari” “Opaco bosco, solitario, e scuro” 227 224 XX. Leonida Maria Spada (Elmiro Miceneo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “E quai vegg’io qui d’improvviso intorno” 229 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Archidamo gentil, pria, che disciolto” “E pugnar gli elementi in aspra guerra” “O bianca amorosetta Tortorella” “Vago armellin, che di tua bianca spoglia” 230 231 229 228 266 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Alma gentil, che in sul bel fior degli anni” “Giovanetto pastor, se d’improvviso” XXI. 231 230 Cornelio Bentivoglio d’Aragona (Entello Epiano) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (17) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Contrario affetto il cor m’assale, e stringe” “Donde il nuovo colore, e i nuovi canti” “Ecco Amore, ecco Amor: sia vostro incarco” “Fuggo l’alte Cittadi, e la superba” “L’anima bella, che dal vero Eliso” “Oh se quello mirar fosse permesso” “O troppo vaghe, e poco fide scorte” “Poiché di nuove forme il cuor m’ha impresso” “Pria del manto vestir caduco, e frale” “Ragion per man mi prende: il passo incerto” “S’accampa Amor cinto di faci, e dardi” “Siccome toro fuor di mandra spinto” “Sotto quel monte, che ’l gran capo estolle” “Su monte eccelso, e quasi al Ciel confine” “Timide pecorelle, e fuggitive” “Tra i lascivi piacer dell’empia Armida” “Vidi (ahi vista principio alle mie pene!)” 232 234 238 235 233 240 233 238 237 239 235 236 232 234 236 240 237 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Contro Goffredo a ribellar son spinte” 239 • Capitolo elegiaco “Ninfe, e Pastori, al sacro avello accanto” 241-2 XXII. Giovanni Bartolomeo Stanislao Casaregi (Eritro Faresio) N. testi: 41 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Rabbioso mare infra Cariddi, e Scilla” 257 267 • Sonetti (18) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Aci, in me solo il tuo gentil sembiante” “Aci, non ti partir, stiam cheti, e bassi” “Allor, che son più solo, e che non sento” “Colti v’ho pur, fischiando allor qual’angue” “Desiando talor, ch’alto, e in disparte” “Ei non però volge ad Amor le spalle” “Ha già la nostra piccioletta barca” “In quel gran dì, che a disserrar le porte” “Mirzia, quel già sì tenero virgulto” “Passa la Nave altrui ricca di spene” “Piantò già buon cultor vigna diletta” “Poiché la mia spietata aspra sventura” “Qual Pellegrin, che sul morir del giorno” “Quando la Fé, Signor,di sfera, in sfera” “Scesa alfine sul lido, Amore, or dove” “Se il ferro stringi, e la più bella parte” “Sei lustri interi alto Ocean crudele” “Se mai non fu largo perdon conteso” 255 256 249 256 252 255 254 253 244 243 248 243 246 246 254 251 250 252 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Odi, Italia, e i miei detti intendi. Altero” 248 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, EDE “La mia possente tazza è vota, e sgravida” 258 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Oh dolce vin, mio solo amor, mia Dea” 258 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Ma qual’orrendo risonar bisbiglio” 259 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi ch’io son morto: ahi ch’infernal Vesuvio” “Io parto, e il vede, e non curarlo ei finge” “L’immensa luce, onde veggiam natura” “Mosser nobil contesa un dì fra loro” “Perché tutto costei negli occhi spiega” “Poiché sotto il gran sasso Aci sepolto” “Spesso io grido: ah vorrei pur’una volta” “Sull’ali alzato di mia dolce speme” “Tu, che d’alta virtù, Pianta sublime” 259 253 245 250 245 257 247 242 247 • Sonetti (2) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Poich’ebbe Amor con lusinghiero inganno” “Quando sapran, che un dì vinti, e domati” 251 244 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Non perché sparso abbia d’argento, e d’oro” 249 268 • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: AbCbAddCee “Valor, che per gran gemme, e in aureo trono” 271-3 • Canzone di otto stanze di settenari ed endecasillabi: abCaDcBDdEE “Non più di Mirzia, e Clori” 276-8 • Canzone di otto stanze di settenari ed endecasillabi: aBcBcACDdEE “Non chi gemmato il crine” 273-6 • Canzoni (2) di endecasillabi e settenari: ABCaBCcDdEffEGG “Dappoi che per tant’anni in mar di sangue” (9) “E quando fia, che bella Pace amica” (8) 266-70 262-6 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCaBCdeDE / aPA “Musa, qual mai meravigliosa, e nuova” 260-2 XXIII. Giovanni Battista Riccheri (Eubeno Buprastio) N. testi: 31 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Da gli antri loro a lacerarti il petto” “Empio tiranno Amore, io dissi un giorno” “Giace gran donna di color di morte” “Già da gran tempo con acerbo strale” “Già gran Madre d’Imperi, ora sen giace” “Già sette volte in Ciel la bionda Aurora” “Gonfio torrente, di palustri canne” “Mira, Clori, quei fior, che intorno al colle” “Per far, ch’io torni al duro laccio antico” “Poiché destar pietade in voi non posso” “Tra l’ombre della notte i miei pensieri” 290 288 283 287 287 288 291 284 285 285 289 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Entro a povera culla Iddio sen giace” 282 • Sonetti (17) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chiaro, dolce, sottil, caldo vapore” “Deh perché gli occhi miei la via ti apriro” “Del mondo in questa solitaria parte” “Del vago Adon, per gelosia di Marte” “Di questi vaghi fior tra cento, e cento” “Già prima d’ora il glorioso ammanto” “Io già non t’offro Indiche gemme, ed oro” 281 286 282 292 291 280 284 269 “Per nero fiume, che sulfurea l’onda” “Quell’alto Amor, che da’ begli occhi io trassi” “Quel toro avvezzo a muover guerra al vento” “Questa è colei, che abbandonata, e mesta” “Questo, ch’io veggio in nobil tela espresso” “Saggio pittor, se d’eternar sei vago” “Stanchi talora i miei pensier funesti” “Tacete, o venti, e tu, che volgi l’onde” “Trenta, e sei volte cento lustri, e cento” “Veggio, s’alzarsi il guardo mio s’arrischia” 293 279 293 292 283 289 281 290 280 279 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “S’avvien talor, che augel fugga dal vischio” 286 • Ode di dodici strofe di settenari ed endecasillabi: abCabCdd “Inni, della mia mente” 294-7 XXIV. Francesco Maria Cagnani (Eustasio Oeio) N. testi: 59 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dolce pensier, ch’all’agitata mente” “Io prima vidi all’umido elemento” 310 310 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Misero io sogno, che l’assenzio piova” “Prestami l’ale, Amor, ch’inutilmente” 317 303 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Che giova a me, che dietro al carro altero” 307 • Sonetti (4) con schemi ABBA, ABBA; CDC, CDC “O veglio più fugace assai del vento” “Poiché son pago di quel dolce male” “Quando fansi d’appresso agli occhi miei” “Svegliati, ebbro Ciclope, e ’l guardo gira” 315 298 319 321 • Sonetti (31) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, ch’entro del core a me favella” “Anguicrinita furia, che ’l veleno” “Come è il laccio, ond’Amor tiemmi legato” “Dallo stato tranquillo, ove io vivea” “Dimmi, perfido Ulisse, o stai nel porto” “Dunque non puote in giovinetta etade” 316 309 306 297 321 318 270 “Folle, mi disse Amor, cui grave incarco” “Giovane Donna sotto verde ammanto” “Il buon Guerrier, ch’a vendicar la morte” “Il cor, che tanto contrastò l’impero” “Il pellegrin, ch’ insul notturno orrore” “In questo Mare, dov’è Amor nocchiero” “Io ben non so di chi debba dolerme” “Io veggio il crudo Amor, che gli aurei strali” “L’età bambina, che d’affanni scarca” “Manca la speme, ed il timor s’avviva” “Mille timori dal medesmo fonte” “Muovo il passo per balze, e per dirupi” “No, che spento non è l’antico ardore” “Non seppi, Amor, nella passata etade” “Odi urlare il Ciclope? ah tu non sai” “Pensier, ch’in dubbia mente si volgea” “Poiché a ferirmi del secondo telo” “Poiché Febo a Piton con mille, e mille” “Poiché nulla vi cale, o Dei protervi” “Quel desir folle, che ne’ più verd’anni” “Questo mio cor, qual Pellegrin, che in via” “Rimira, o Galatea, quel, che t’amava” “Segui, mi disse Amor, la mia bandiera” “Sperai, che Amore per miglior sentiero” “Volgemi spesso Amor benigno il guardo” 299 306 300 301 312 311 307 320 319 313 309 314 312 311 324 313 317 302 322 300 305 323 316 305 308 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Amore, a tue lusinghe il cor non fido” “Amor, per farmi del tuo laccio pago” “Colui non è, che sotto al peso grave” “Dappoich’Amore insidioso un vago” “Dolce m’alletta, e mi lusinga Amore” “Dolcissima quiete, obblio soave” “I’ non credeva quel Fanciul sì crudo” “La speme, che precede infida scorta” “Occhi leggiadri, onde nel mio cor piove” “Vedi il Tritone, che nel mar s’attuffa” 304 318 323 299 298 308 301 303 320 322 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Fugge la Cerva, a cui dipinge il tergo” 315 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “In quell’età, ch’alla bambina mente” 314 “Mostrami armato di faretra il fianco” “Signor, voi nella prima acerba etate” • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata. “Rimprovera il mio core” 302 304 325 271 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata. “Chi mi porge una gran tazza” 324-5 • Ode-canzonetta di sette esastici di ottonari: aabbcc “Non fu tanto il grande ardore” 327-8 • Ode-canzonetta di cinque strofe di ottonari: aabbcdcd “Presso al mar la Dea di Gnido” 328-9 • Ode-canzonetta di sei esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Deh portatemi del vino” 326-7 XXV. Domenico Lazzarini (Felicio Orcomeniano) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Il primo seme del mio bel desio” “Lasso già di seguir la bella fera” “Or che tanto da voi lontano io vivo” 331 330 330 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “In questa bella, antica, e nobil parte” “Laddove il bel Metauro i colli parte” 332 331 XXVI. Benedetto Paolucci (Ircano Lampeo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Di già pasciuto avean le pecorelle” “Ognor, che te rivedo, o di mia vita” “Or che lasciar convienci il bel paese” “Quell’ardor, che per te nel petto io celo” “Spirto real, che queste selve onori” 333 333 334 334 332 272 XXVII. Giuseppe Ercolani (Neralco Castrimeniano) N. testi: 24 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Nel principio era il Verbo, e ’l Genitore” 341 • Sonetti (19) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Che fai, Maria, che pensi? ecco il Gran Padre” “Chi è costei, che fa dell’uom vendetta” “Gran Dio, ch’al sommo d’onestà Maria” “Io vidi un giorno pien di maraviglia” “Ma poiché ’l sommo Re, che ’l Ciel governa” “Negli anni eterni, e negli antichi giorni” “Pien d’un vago pensier, che dolcemente” “Poiché del suo fallire Adam s’accorse” “Prima d’ogni principio a voi concesse” “Questa dell’universo Arbira, e Diva” “Se fiammeggiare il Sole, e l’auree stelle” “Se soddisfare alta infinita offesa” “So, ch’al sen di Maria l’eterno Bene” “Sovra i figli d’Adamo iniquo, ed empio” “Sovra i sensi innalzato infermi, e bassi” “Spirto, che di spirare in me si degna” “Spirto, che troppo di sua gloria altero” “Vergine eccelsa, di ridire invano” “Vergini al Mondo innumerabil sono” 339 335 339 343 340 338 337 342 337 343 344 345 341 344 342 335 336 338 340 “Non anco avea le pene, e i premj nostri” 336 • Canzoni (3) di settenari ed endecasillabi: aBCbACCDEeDfDFF / PAA “Donna immortale, io veggio” (5) 349-51 “Perché tu fosti quella” (7) 345-8 “Poiché per mia ventura” (6) 351-4 XXVIII. Antonio Maria Ghislieri (Frondisio Leonideio) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io vo, Donna, dicendo di che tempre” “Sostenta omai, mio Dio, l’aspro flagello” “Sta Giove in Cielo, or fra riposo, e pace” 356 355 357 273 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se brami, Amor, di trionfar d’un petto” “Se volessi ridire ad una ad una” “Sotto il gran fascio de’ miei tristi affanni” “Tanto è, che avvinto io son da tua beltade” “Tu sempre, Amor, vai saettando i cuori” 358 356 357 358 355 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Il lento passo, e il mio guardo dimesso” “Qualor ferita vien tigre superba” 359 359 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABaACBdDCEpE / AbBACpC “Nave secura, che riposa in porto” 360-3 XXIX. Giovanna Caracciolo (Nosside Ecalia) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Torna, misero core, in questo seno” 365 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco già riede il fortunato giorno” “Non fu di Morte lo spietato strale” “Occhi, il Sol vostro a voi non dà più lume” “Opra è, Signor, del Ciel quel, che a noi scende” “Or che dee risonar mio rozzo canto” “Quando il core era mio, tranquille l’ore” 364 367 365 366 363 364 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “D’Alessandro, e d’Augusto i prischi onori” 366 XXX. Carmine Niccolò Caracciolo (Salico Lepreonio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Libero nacqui, e libertà concesse” 370 274 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Anima mia dolente, e sbigottita” “Conosco ben, che la perversa sorte” “Parti, Febea gentil, da queste sponde” “Troppo noiosa, e miserabil vita” 368 367 369 369 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Mio core, e puoi soffrir tanto disprezzo?” 368 XXXI. Andrea Diotallevi (Velalbo Trifiliano) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cinto dall’ombre appiè d’erta montagna” “L’alto Motor, che all’Universo intero” “Non lungi al chiaro Alfeo su ’l più bel colle” 371 375 371 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alato Vecchio in rabbuffata chioma” “Gode giorni tranquilli, ore di pace” “Le stupende, ch’io vidi in marmi scolte” “L’Eternità, che in Tempio augusto, e grande” “Poiché in serica tela, o bella Clori” “Quel Passaggier, che in mezzo alle foreste” “Se le fortune io scopro aspre, o gioconde” 370 372 374 373 372 373 374 Indice de’ capiversi delle presenti Rime; e de’ loro Autori, pp. [376-400]. 275 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO SESTO. | All’Illustriss. ed Eccellentiss. Signore | IL SIGNOR | D. GIO. ANTONIO | MONCADA, E ARAGONA | Conte di S. Pietro, de’ Principi di Manforte et c. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, Per Antonio de Rossi alla Piazza di Ceri. | MDCCXVII. | Con licenza de’ Superiori. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Giovanni Antonio Moncada, pp. [III-XI]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [XII-XIV]. I. Agostino Spinola (Almaspe Steniclerio) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Appena io posi in questa egra, e mortale” “Ben mille volte, e mille io vidi il bieco” “Io veggio, ahi veggio il chiaro suol Latino” “Là, dove assiso in luminoso Trono” “Leggero io volo al par d’alato strale” “Me, nobil Nave, e per ardir sì conta” “Talor l’anima mia per l’aer vago” “Un dì, ch’io sol men gìa stanco senz’arme” 2 6 3 3 2 4 6 4 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Oh qual di schiavi io veggio orrida schiera” 1 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “In parte, ove non fia, ch’uom lieto passi” 5 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Appena io pien d’ardir posi le piante” 5 • Sonetti (2) con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Poiché contro del Ciel superbo s’erse” “Poiché vid’io la pallida, la rea” 7 7 II. Francesco Frosini (Altemio Leucianitico) N. testi: 15 276 Genere metrico: • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, che in carcer volontario chiusa” “Altri cerchi il mio Dio dentro gli abissi” “Dalle dolci tue piaghe, onde a noi porta” “Dell’ameno Giordan presso alle sponde” “Del vecchio Adamo a ristorar l’oppressa” “Del viver mio, Signor, per varie strade” “Ecco la strada, onde al Calvario vassi” “Importuno pensier, ma vago insieme” “L’umana prole dal Calvario scorge” “Mentre l’empio Amalecco ardita, e fera” “Mi giunge un dì vicino al cuore un guardo” “Se del morto Signor furon figura” “Sulle bilance del pensier divoto” “Voi mi battete al cuor, come avess’io” “Spesso mi fugge il cuor: veggio talora” III. 12 14 13 12 8 9 9 11 11 15 10 13 14 10 8 Lorenzo De Mari (Amiro Citeriano) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, se tu pur vuoi, ch’io solo sia” “Dimmi, Nicea: T’ha mai scoperto Amore” “Far pompa in te quaggiù volle Natura” “Spesso rivolgo il mio pensiero in parte” “Timida cerva, allor, che intorno stretta” 17 16 17 20 20 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Lunga stagion mi presi Amore a giuoco” 15 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore, io non ti chieggio o triegua, o pace” “Bella immago di Dio, che lo splendore” “Benché questa mia rozza umil sampogna” “Io vidi assiso in alto soglio Amore” “Nel rimembrar l’amata, e la gioconda” “Virtù, che a tanti Eroi per chiare imprese” “Virtù maggior d’ogni più eccelso Impero” “Vostra beltade ad amar voi mi sforza” 19 19 21 18 18 16 21 22 277 IV. Filippo Marcheselli (Araste Ceraunio) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor che per dar forma all’opra immensa” “Benché lungi, Signor, dal nido, ov’io” “Menti del terzo giro, il cui valore” 25 24 24 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alto amor meco nacque: è centro a lui” “Città real, che d’alta parte imperi” “Desolata Città, Città di lutto” “Omai, Signor, di questo basso Egitto” “Qual di Rebecca in sen, che n’era incinto” “Qual mai Natura scelse, o di Natura” “Qual mostrò pien d’orgoglio il petto, e il volto” “Qualor peccai, tema, e viltà turbato” “Qual pruova Aquila i figli, e loro fassi” “Re di me stesso io fui: ma poi mi prese” “Vergine saggia, che di luci priva” “Voi, cui posto ha giustizia in mano il freno” 22 26 26 28 29 25 29 27 23 27 23 28 V. Pier Andrea Forzoni Accolti (Arpalio Abeatico) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Incauto Arpalio in arido alimento” “Preso a varcare ardito Pellegrino” “Svegliossi in sogno un torbido pensiero” 30 35 37 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Tu piangi, Italia mia, nuove catene” 38 • Sonetti (15) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Anima bella, che in leggiadro velo” “Dell’universo alta Reina augusta” “Donna, che sì crudele, e sì superba” “Fermati, o Pellegrin: la spoglia frale” “Io, già Donna del Mondo, al fido speglio” “Padre del Cielo, in te vittoria, e palma” “Padre del Ciel, voi di mia spoglia il fango” 31 34 32 36 39 37 33 278 “Per vendicarmi di ben mille offese” “Pietà chiesi a Licori, ed ella immoti” “Placido rio, che da pendice amena” “Quando della prigione, ove sei chiusa” “Se portai fiamme al core, ebbi acque al ciglio” “S’il dissi mai, che sovra il crin mi piova” “Vero ritratto de’ suoi bei sembianti” “Voi, che traete placide, e tranquille” VI. 36 30 35 38 33 32 31 34 Carlo Emanuele d’Este (Ateste Mirsinio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Se il cangiar forma, e ’l variar natura” 40 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Visto ho già sette volte a i prati intorno” 39 • Ode-canzonetta di quattro strofe: a4a4b8b8c8(c4)d8d8e8se4s “Ninfe elette” 40-1 • Egloga dialogica di Carlo Emanuele d’Este e Giovanni Vizzaron: terzine (1-63, 81-6, 113-30, 166-75); sequenza di settenari ed endecasillabi liberi (64-80); due lasse di endecasillabi frottolati (87-96 e 100-12), separate da una terzina (97-9); tre strofe di endecasillabi sciolti (131-40, 144-53, 157-65), intercalate dalle terzine (141-3 e 1546). “Vedesti mai come suol far Melampo” 41-7 VII. Ottavio Gonzaga (Aulideno Melichio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Parla, o Signor, che il servo tuo t’ascolta” “Quella morio, se può chiamarsi morte” 48 49 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se quel pensier, che inutilmente fiso” 48 279 VIII. Eustachio Crispi (Benalgo Chelidorio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Già son molti anni, che di giorno in giorno” “Poiché del sommo bel vera, e spirante” “Se all’Uomo è il nascer suo colpa, e tormento” IX. 50 49 50 Leopoldo Giuseppe Sanseverino (Celiro Straziano) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che il freddo giel l’erbetta, e il fiore” “Mostro d’amar Dorinda, e Filli, e Dori” “Oh se, allorché paventa il core amante” “Per dar conforto Amore al mio tormento” X. 52 51 52 51 Galeazzo Fontana (Celisto Tegeatico) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quel dì, che al Ciel costei presti, e repenti” 53 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Era Gesù alla destra, e al manco lato” 54 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Vennemi incontro coll’usato riso” 57 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Quale innanzi al gran campo, ed all’altero” 53 • Sonetti (4) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Poiché costei, quale in quel tristo giorno” “Qual forza è questa, onde ogni cor costei” “Quel, che d’Adria in difesa il Ciel già diede” 57 56 55 280 “Sempre avrò in mente il giorno ultimo, e l’ora” 58 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDE, DCE “Quel, che scaltro, e maligno entro al deserto” 54 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ardean fin là nella natia lor sfera” 55 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Bel veder l’aure, che a costei d’intorno” 56 XI. Carlo Albani (Cleandro Elideo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O desiato, avventuroso giorno” XII. 58 Paolo Francesco Carli (Coridone Marachio) N. testi: 1 Genere metrico: • Terzine sdrucciole “Non sempre i gigli, Alburnio mio, fioriscono” XIII. 59-62 Salvino Salvini (Criseno Elissoneo) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, cui diero in la mortal tua sede” “Dagli anni eterni entro al comun periglio” “Io era in Pindo; e Morte invida, e acerba” “Io già piantai nel mio terreno un lauro” “Musa, cui già cortese Apollo diede” “Per consumarmi l’affannato cuore” “Poich’ebbe in forme inusitate, e nuove” 64 66 67 66 63 63 64 281 “Quando le belle, angeliche, serene” “Questa, che mi distrugge, e vita ha nome” “Questa, che un tempo si volgea d’intorno” “Se alle nostre foreste avvien, che arrida” “Sul Mare Ibero al trapassar de’ lustri” 65 67 68 65 68 • Canzone di tredici stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCaBCcDD / ABbACcDD “Dolor, perché mi guidi” 69-73 XIV. Basilio Giannelli (Cromeno Tegeatico) N. testi: 25 Genere metrico • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, se tanti invan sospiri ho sparsi” “Guardati, Italia: ecco un terribil Duce” “Lungi da que’ bei lumi, onde il mio core” “Per la più bella, e gloriosa immago” 73 78 85 76 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDE, CDE “L’antica, e lunga fiamma, ond’arsi, e chiara” 77 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Quel, che lunga stagion sì mi distrinse” “Se gisser pari a’ pensier duri, e tristi” 83 75 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “Alma bella, gentil, che ti partisti” 77 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Quest’urna breve, o Pellegrino, accoglie” “Rotò la falce, e del gran Rege Ispano” 76 81 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, EDE “Doma in Lamagna la rubella gente” 81 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Grande ben’a ragion costui si noma” “In servitù di crudo, empio Tiranno” “L’alta Colonna, che innalzò superba” “Piansi, e cantai nel più bel fior de gli anni” “Ritrassi il piede alfin dal crudo Regno” “Talvolta l’alma mia tanto insull’ale” 79 80 80 82 84 82 282 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Di qual materia, Amore, ed in qual parte” “Perché l’alma io ritolga in parte al fiero” 78 84 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Amor, Fortuna, e l’ostinata voglia” 75 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Erano i rai del Sol tinti, e cospersi” 74 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Odimi, o Re Toscano: a te prescritto” 79 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDE, CDE “Qualor mi volgo indietro, e a’ più begli anni” 83 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDE, DCE “Avvezziamci a soffrir, se ’l viver nostro” 74 • Canzone di sette strofe e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCCDEeDD / PABbAA “Se mai cura di me, Figlie di Giove” 85-8 XV. Pellegrina Maria Viali Rivaroli (Dafne Eurippea) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cruda non già, non già d’Amor rubella” 88 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Fra i contrasti del core io sol pavento” 89 “Qual forza io sento? e qual’ignoto foco” XVI. 89 Alessandro Borghi (Dalete Carnasio) N. testi: 18 Genere metrico: 283 • Sonetto anacreontico in ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Spesso spesso Amor vedea” 96 • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Gran Donna, che fra l’alte empiree squadre” “Italia, o tu, che fuor d’ogni confine” “M’apparve un dì la mia crudel Fortuna” “Omai, che de’ miei dì son giunto a sera” “Poiché in dura battaglia il crudo, e fero” 96 90 90 91 93 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Qual chi altrui vuol dar morte, ardito, e franco” 94 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma mia, sei quell’arbore, che porte” “Disse ad Amore un fra lo stuol di mille” “Forte, altero Leon, cui lega, e affrena” “Nel mar del Mondo, che rie sirti asconde” “Qual fanciullin, se mira in trono assiso” “Quando io vidi Costei sul giovanile” “Tu sei amante, Elpin, mel dice il viso” “Uom, che fuggì dal rio servaggio indegno” 95 97 92 91 95 93 92 97 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Macchie in Maria? se l’immortal Fattore” 94 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCcDEeDD / pAA “Standomi un dì lungo il bell’Arno, io vidi” 98-100 • Egloga dialogica di terzine “Albina, e pur dietro alle fere ognora” XVII. 100-5 Giuseppe Maria Serra (Dalindo Cinosurio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Disse d’Arcadia il gran Custode, e disse” 106 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dappoi ch’è ritornata ad esser ombra” “Tarpate ho l’ali, onde mal’atto al volo” 107 106 284 XVIII. Sante Bucchi (Echeno Eurimedonzio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Colà ne’ regni della bella Aurora” “In quel gran dì, che d’alta voce al suono” “L’aquila eccelsa dalle bianche piume” “Occhi brillanti, ove ha il suo trono Amore” 111 109 109 110 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Deh perché tanto il pigro andar dell’ore” 108 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “E pur le fiamme, che dal guardo avventi” “Io vel dicea, Dalete, che d’un forte” “Quando al nido natio volgesti il tergo” “Volgo d’iniqui affetti in mezzo al core” 107 111 108 110 XIX. Carlo Sanseverino (Egeo Bufagiano) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Sommo Padre, e Signore, a cui sue some” XX. 112 Cecilia Capece Minutolo Enriquez (Egeria Nestanea) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma diletta, che dal Ciel m’ascolti” “Tra duri sterpi, e tra silvestri ortiche” 113 112 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Com’esser può, che in così amene, e belle” “Vidi, Signor, la più terribil fiera” 114 114 285 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Ohimè lo Sposo, ohimè la fida scorta” XXI. 113 Pietro Giubilei (Egone Cerausio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Appunto in questo rio, che puro, e schietto” “La pastorella mia, che nel mio core” 115 115 • Ode-canzonetta di nove strofe: a5b5a5b5c5c5D11d5 “Augel, che vai” 116-8 • Egloga di due strofe (di lunghezza diversa) di settenari ed endecasillabi piani e sdruccioli (126 vv.). “D’una grand’elce all’ombra” 118-22 XXII. Luigi Omodei (Doralgo Euritidio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Zappi, tu, che nel Foro, e in Elicona” XXIII. 122 Francesco Del Teglia (Elenco Bocalide) N. testi: 47 Genere metrico: • Sonetti (9) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Arsenio, e dove sei? torna, dicea” “Che cosa hai tu negli occhi traditori” “Deh ti sovvien quel dì, mia bella Clori” “Già dieci volte, e sette ha corso il Sole” “Nobil fama, che udir l’Indo, e l’Eufrate” “Non di sì viva gioia arsero in volto” “Quando partì dalla natìa sua stella” 125 149 150 129 161-2 126 128 286 “Se bontà grave, e senno, e fede, e zelo” “S’io volgo il guardo all’altre belle, o bella” • Sonetti (24) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Acque del sacro Fonte, Acque adorate” “Alto gridò: poi tacque: e perché tacque” “Già splende il Sol: venite all’Antro amato” “Giovane Donna al primo, e leggiadretto” “Le belle altere luci, ov’io m’affiso” “Nobile schiera di leggiadri Amanti” “O pellegrine amiche Rondinelle” “O santa Madre, che d’amaro pianto” “O tu, che in guise sì leggiadre, e scorte” “O tu, che passi, e l’Urna eccelsa ammiri” “Pronta è già la barchetta; al Mare, o Filli” “Quando chiamarsi al dolce onor di Madre” “Quanto è dolce, o mia Clori, il tuo bel Canto!” “Quel Lauro istesso, che già feo corona” “Questa ghirlanda di novelle rose” “Sacro SIGNOR, cinto di Lauro, e d’Ostro” “Sentier di latte su nel Ciel fiammeggia” “S’io deggia amarti, o vezzosetta Clori” “Spirto gentil, ch’anzi il tuo dì partisti” “Spirto immortal, che d’Arno i lidi, e l’onda” “Tra lauri, ed ostri, e palme, e scettri, ed armi” “Trema il suol, trema il mare; e mare il suolo” “Vide il Tevere, e l’Arno in altra etade” “Vincenzo Vincenzo il grande è morto” “Città Reina: a te rivolse il ciglio” 161 130 162 163-4 124 149 128 129 151 162-3 152 160 151 124 150 153 123 153 125 152 127 123 154 126 160-1 127 163 • Ode-canzonetta di sette esastici bipartiti: a5a5b7 ; c5c5b7 “Ermilla bella” 141-3 • Ode-canzonetta di settenari (40 vv.) variamente rimati. “Se pur leggiero vento” 145-6 • Odi-canzonette (4) di distici di settenari a rima baciata. “Care leggiadre figlie” “Com’è proprio de’ fiori” “Dimmi, vezzosa Ermilla” “Vezzosissima Ermilla” 140-1 135-7 133-5 146-9 • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata (i vv. 23-6 sono tronchi). “Semplicetto fanciullo” 143-4 • Odi-canzonette (3) di quartine di ottonari: abba “Quella, ch’ebbe in Sparta il regno” (23) “Sulle rupi di Tessaglia” (10) 130-3 138-40 287 “Tra ’l rigor d’Artico gelo” (7) 137-8 • Canzone a selva “Verde Parrasia Selva” 157-60 • Ode di dieci strofe: a8b8b4a8c8a8c4d8d8 “Sovra cocchio aureo gemmato” 154-7 • Egloga di terzine “Verde Colle, erma Selva, ameni prati” 164-6 XXIV. Giovanni Francesco Bulgarini (Elmante Lirceate) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “È l’Amor crucio, e tormento” 169 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Degli anni il verno algente io mi credea” 169 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al volto, al moto, al portamento, a i gesti” “Per fare i giorni miei tristi, e dolenti” “Teone, ahimè, la mia leggiadra Iole” 167 167 168 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Se ne i sentier d’inospita foresta” 168 XXV. Ippolita Cantelmo Stuart (Elpina Aroate) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alme gentili, or d’ogni grazia ornate” “Desta dal mortal sonno ecco ten riedi” “Il tempo vola, e nel suo volo anch’io” “Lo splendor de’ Carrafi, il pregio, e ’l vanto” “O vago Rusignuol, che i tuoi lamenti” “Qui dove ogni buon cor malizia oltraggia” “Vaghe foreste, e dilettevol monte” 170 172 173 171 170 172 171 288 XXVI. Nicolò Caetani (Elviro Triasio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Spesso tentai con passo tardo, e lento” 173 • Egloga dialogica di trentanove strofe (di lunghezza diversa) di settenari ed endecasillabi variamente alternati. “Or che la nostra greggia” 174-90 XXVII. Apostolo Zeno (Emaro Simbolio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, sta il mio pensier fiso in voi sola” “Tolga gli augurj il Ciel: Spenti per anco” 191 190 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Donna, se avvien giammai, che rime io scriva” 191 XXVIII. Niccolò Garibaldi (Emiro Plausteriano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Maledetto sia ’l guardo, onde il cor bebbe” 194 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A seguir l’empio Amor de’ miei primi anni” “Godo, Miralbo, anch’io nel dolce orrore” “Mentre io guidava per la piaggia aprica” “Qualor’avido il guardo in Clori io fiso” “Schiera gentil d’Alme leggiadre, e belle” 194 192 193 192 193 289 XXIX. Emilia Ballati Orlandini (Eurinda Annomidia) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io son nel mar d’un tempestoso Amore” “Linco, l’innamorarsi è gran follia” “Se tu sei Serafina, insegna Amore” XXX. 195 195 196 Giuseppe Antonio Vaccari (Fedrio Epicuriano) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Da lei, ch’è in Dio, santa immortal sua idea” “Io giuro per l’eterne alte faville” “L’Oceano gran padre delle cose” “Pianta son’io, lo di cui verde Aprile” 198 200 196 197 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Deh non aver suoi puri voti a sdegno” “O della cieca ombrosa umida notte” “Qual d’Oriente il Messaggier del giorno” “Sdegno, della ragion forte guerriero” 199 198 197 199 • Ode-canzonetta di sei eptastici: a8b8a8b8b4c8c8 “Vaghe Donne amorosette” 200-1 • Ode di tredici esastici di settenari: abbacc “Tessiam serto d’alloro” 201-4 XXXI. Benedetto Pamphili (Fenicio Larisseo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Lagrime tolte di Gregorio al ciglio” “Onda, che di Traiano al dolce impero” “Se di CLEMENTE al piè s’apriro i fonti” 206 204 205 290 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Del nuovo Fonte al cristallino umore” “Eran gli Angeli intorno al mio Signore” “O di Natura, e d’arte alto stupore” “Poveri fior! destra crudel vi coglie” XXXII. 206 207 205 207 Giuseppe Lucina (Filomolpo Corebio) N. testi: 15 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alma mia, che sull’ale or mossa sei” 209 • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché non abbia in me costei girato” “Caro suon, che ritorni a me sovente” “Che volete accennar, luci vezzose” “Ecco d’oscure nubi il Sol covrirsi” “Io vidi Amore in trono di zaffiri” “Meco sovente a dimorar ne viene” “Nasci, deh nasci omai, Parto giocondo” “Odi, Damon, quel sì soave canto” “Questa bella d’Amor nemica, e mia” “Qui, dove ad alleggiare il caldo intenso” “S’avvien giammai, che fra l’altere ciglia” “Se da’ lacci, ove ancor languendo vivo” “Se le luci costei d’orgogli, e d’ire” “Su quell’altero colle, ove gli allori” 215 214 208 212 210 211 212 213 210 208 213 211 214 209 XXXIII. Anna Maria Ardoini Ludovisi (Getilde Faresia) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cigno gentile, il tuo canoro ingegno” “Questo è quel giorno, in cui sul Firmamento” 215 216 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Questi è l’Eroe, cui dal destin fu dato” 216 291 XXXIV. Clarina Rangoni di Castelbarco (Idalia Elisiana) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sillo, nol niego: la dolente, e cara” 217 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Della mia gioventù nel primo fiore” “Mira, Erminia gentil, come qui intorno” 217 218 XXXV. Tommaso Alessandro Vitali (Ilindo Paragenite) N. testi: 33 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cadrà, Belgrado. A’ miei pensier la spene” “Ilindo, sotto un’elce canterai” “Io fui, Signor, quel traviato figlio” “La Morte Io vidi (ahi dura vista rea!)” “Mentr’io nel sonno, gran obblio del male” “Su fronte giovanil con vago errore” 229 223 226 232 233 226 • Sonetti (26) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al chiaro Sole, alla più vaga stella” “All’eterno del Cielo almo soggiorno” “Appena io nacqui, che ancor nacque meco” “Ardito alzommi un mio pensier da terra” “Arsi di bel desire, e il desir mio” “Chi fia questa, che in Ciel sì chiara, e bella” “Cinta di nero luttuoso ammanto” “Come il Pastor con amorosi accenti” “D’Arcadia il chiaro stil, ch’oggi risuona” “Dell’Aventino colle all’erte cime” “È sì fosca la nebbia de’ pensieri” “Industre agricoltor, che a mille stenti” “Io dormo, e nel dormir mi sento al cuore” “Io veggio l’Adria, che la chioma incolta” “Laddove il suo gran capo un alto monte” “L’Eroe bambin, che con invitta mano” “Mugghia dall’Oriente orribil tuono” “Purch’io su ’l colle, o al biondo Tebro in riva” “Qual’Arco trionfal, qual Tempio, e quale” 224 221 219 233 234 231 230 230 225 220 219 225 232 220 224 229 228 218 228 292 “Qual Cacciator per selve affaticato” “Qualor dell’Oceano i flutti annera” “Quando di tue Virtudi il santo, e altero” “Questo eccelso dell’Austria Ercol bambino” “Se incauto mai libero Agnello il corso” “Tacitamente sì di vena in vena” “Veggio il senso, che qual destrier feroce” 223 221 234 227 231 222 227 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Mentre di lieti paschi al bel soggiorno” 222 XXXVI. Filippo Cattaneo (Laristo Carmoneo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Qual’ape industre in odoroso prato” 235 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Avido di punir le ree vicende” “Or che la benda sua resi ad Amore” “Usasti, o Lidia, invano arti, ed inganni” 235 236 236 XXXVII. Ludovico Antonio Muratori (Leucoto Gateate) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quest’alma, cui per tempo a i santi Amori” “Ricco di merci, e vincitor de’ venti” “Se il Mar, che dorme, e l’ingemmato Aprile” “Tempo divorator, che tanta fai” XXXVIII. 238 237 238 237 Corrado Gonzaga (Nelindo Acontimacario) N. testi: 2 Genere metrico: 293 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché d’Italia in ogni parte appare” 239 • Canzone di tredici stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBAcBCadEeDdFF / aBAbCCaDD “Alto Signor del fato” 239-45 XXXIX. Maria Elisabetta Strozzi (Nice Euripiliana) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ascolta, o vago Tirsi: appena avea” “Dolcissimo usignuol, che a tutte l’ore” “Gentil Filarco, allor ch’io m’era accinta” “I’vidi un giorno agile al corso, e presta” “Qual breve rosa, o qual caduco fiore” “Quando il tempo, ed il loco, ov’io perdei” “Qui, dove sfoga con canori accenti” XL. 246 247 249 248 247 246 248 Vincenzo Maria Gabellotti (Odalmo Apesanzio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, chi è questa, che sì lieta move” “Folli pensieri, che sol vaghi in vista” 249 251 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi vuol veder gentil nuova beltate” “No, non potea, no non doveva Amore” “Poiché a noi riede il giorno (ahi nero giorno!)” 251 250 250 XLI. Francesco Maria Ruspoli (Olinto Arsenio) N. testi: 1 Genere metrico: 294 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “D’Arcadia un tempo il peregrino ovile” XLII. 252 Filippo Resta (Ormonte Pereteo) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, dov’è, dov’è l’antico dardo” “Io cerco in Cielo, che sì vaga mostra” “O bella Donna, o fonte d’onestate” “Questo torello, a cui le corna ancora” “Qui vidi Clori: ah giorno infausto, ahi vista” 260 258 253 256 256 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Freddo vapor, che colle tacit’ali” “Il Sol pria dell’usato è giunto a sera!” “Non uscir tai sospiri, e tai querele” “O pastorelli, che nella capanna” “O Sol, che il Cielo, e le Titanie stelle” “O zeffiretto, che movendo vai” “Perché sì pronta torni al mio pensiero” “Quando non era ancor chiusa nell’urna” “Scioglierai tu dall’arenosa sponda” “Scorre le vene mie doppio veleno” “Veggio, ohimè quel, che io bramo, e veggio quella” 254 260 258 255 257 255 259 259 252 253 254 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Un’ombra, un’ombra, senza corpo, ond’ella” 257 XLIII. Giovanni Benedetto Gritti (Placisto Amitaonio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Con ira dolce, e con soave orgoglio” “Qual stanco Peregrin, che poi che scorge” 262 261 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “La prima volta, ch’io conobbi quella” 261 295 XLIV. Giovanni Tommaso Baciocchi (Perideo Trapezunzio) N. testi: 20 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Avranno il Tebro, e l’Arno invidia, e scorno” “Cinto il canuto crin di regie bende” “Fuggiva l’empio, e il suo fuggir tal’era” “Grazia, e favore amico Cielo appresta” “Peccai; ma qual del mio peccar vendetta” “Questa cotanto alle bell’arti amica” “Sorgete omai da vostre cene immonde” “Sulla bella di Giano amena sponda” 263 267 269 263 269 262 270 264 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Brama il desio di dolce gloria amico” “Come nel Mondo al chiaro dì succede” “Di mio pensier lo sguardo io volgo, ed ergo” “Già due fiate di Virtù provvisto” “Io dir volea piangendo in meste rime” “L’empio, se strinse d’amicizia unquanco” “M’appar sì lieta, in sì gentile aspetto” “Morta è colei, che d’ogni sacro ingegno” “Qual feroce Leon, che invitto, e franco” “Se Dio non è delle Città custode” 265 264 271 267 266 268 265 266 270 268 • Ode di dodici stanze di endecasillabi e settenari: AbbAcc “Se l’usato desio ti sprona ancora” 271-3 • Canzone pindarica di settenari: abcbaccdeedff (strofe); abcbaccdeedff (antistrofe); abcbaccdd (epodo). “Almo Fanciullo eterno” 273-7 XLV. Giuseppe Coluccio Alaleona (Rosindo Lisiade) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dolce aura, e pura, che, spirando intorno” 282 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi alto spiegar l’ale si consiglia” 283 296 “Dunque fia ver, che quell’Italia, quella” “Grave d’affanni, e più di colpe carco” “O degli altri nemico, empio pensiero” “Or che da’ colli Euganei, e dal soggiorno” “Pur vuol, né so se fiera, o lieta, sorte” “Quella somma beltà, che già solea” “Re degli altri felice altiero Monte” “Seguendo scorta adorna il viso, e piena” “Vago augellin, che da lacciuolo, o rete” XLVI. 278 282 279 278 281 280 279 280 281 Giulio Mattei (Salenzio Itomeo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Di quell’ardor, che sparso in ogni parte” “Il faggio è questo, in cui Serrano incise” “Poiché di tristo umor gravida il ciglio” “Quell’io, ch’un tempo nell’età servente” XLVII. 284 284 285 283 Giovanni Enriquez (Simandro Inachio) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mosso da un’amorosa gelosia” “Signor, che tutto il Mondo orni, e rischiari” 291 286 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Se della magra Invidia il rio veleno” 287 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alto Signor vorrei versare in carte” “Fuggo, ahi lasso, sovente, e indietro torno” “Or che nell’almo tuo dolce soggiorno” “Ovunque il piede, ovunque il passo io giri” “Questo è quel dì, che pien di fasto altero” “Selve, felici selve, in cui sovente” “Solitario, e pensoso un dì men giva” “Voi, ch’intessete in rime varie il serto” 289 289 288 288 291 285 286 287 297 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “L’angelico sembiante, e le serene” “Mesto più giorni in queste amene, e belle” “Saggio pastor, che lungo il bel Permesso” XLVIII. 290 292 290 Antonio Vidman (Talete Elateo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Da’ tuoi begli occhi uscio l’alto splendore” “La gran Donna, appo cui del Paradiso” “Mentre che in Vaticano il gran Pastore” XLIX. 293 293 292 Matteo Egizio (Timaste Pisandeo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ombre de’ prischi Eroi, che al Tebro in riva” 295 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Questa Mole superba, in cui si vede” “Se quel desio gentil, che già molti anni” 296 294 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ferma l’aurato carro, alma, e splendente” 294 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Languia mesta l’Italia, e il bel Tirreno” 295 • Canzone di undici stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACcDEeDFF / PABbACC “Vago pensier, che per l’oscura valle” 296-301 L. Virginio Gritti (Torralbo Maloetide) N. testi: 11 298 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Togliendo dal mio sen quell’aureo dardo” 303 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, questo è quel giorno, in cui già tolto” “Dice, e ben’erra il volgo, allor che solo” “Là ’ve s’apre fra’ boschi erma valletta” “Oh quante volte io dissi: Amor, quei santi” “Punta da amica man Rosalba un giorno” “Quel picciol rio, che il vicin prato bagna” “Una leggiadra Pecorella io vidi” “Volgi altrove, Signor, le mie pupille” 302 305 303 302 304 305 304 301 • Egloga dialogica: due sequenze di terzine (1-84 e 114-23) e altrettante di endecasillabi frottolati (85-113). “Dimmi, Torralbo mio, poiché nell’onde” 311-5 • Egloga dialogica: terzine (1-72); due sequenze di endecasillabi sciolti (73-149; i vv. 101, 146, 148-9 sono settenari); terzine (150-6). “Svegliati omai, Torralbo: ah come ponno” 306-11 LI. Giuseppe Bini (Tegeso Acroniano) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “La bellezza, che ’l cor tutto t’ingombra” “Siasi chi curioso abbia diletto” 317 316 • Sonetti (16) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aglauro, e Tirsi, onde sen va superba” “Ahi quanto afflitto, e sconsolato io trassi” “Chi è costui, che per più ingiuria farmi” “Con forze aperte, e con occulto inganno” “Di purissimo amor l’affetto mio” “Doppio raggio divino ampie scintille” “Dotti pastori, or che da noi si gode” “Dunque, io diceva, al tuo Pastor fedele” “Fatto sereno il Ciel, l’aure tranquille” “Filli, amato mio bene, odi: se mai” “Il fuoco già creduto impuro, e rio” “Il mio cuor, che infelice, e reo già nacque” “Io credea, che il mio Amor fosse infinito” 322 323 322 321 318 321 323 317 315 318 319 319 320 299 “Qual dolente Usignuol di ramo in ramo” “Quando tra noi l’eterno Figlio nacque” “Sollecita al lavoro Ape vezzosa” LII. 316 324 320 Ottavio Barattieri (Tisameno Pelopide) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dopo tante d’Amor veraci prove” “Quel faggio umil, che di Dorinda impresso” “Questo pianto, o Signor, che in larga vena” 325 326 327 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amo Filli, amo Tirsi; entro tenace” “Dissi un giorno ad Amore: oh se l’amico” “Donna, in quel dì, che il primo sguardo amante” “Pur’io ti vidi, né gran tempo scorse” 326 324 327 325 LIII. Antonio Tommasi (Vallesio Gareatico) N. testi: 31 Genere metrico: • Sonetti anacreontici (7) di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Ier, menando i bianchi agnelli” “O Sileno, il tuo giumento” “Quante, oh quante ingorde fiere” “Questa capra è la più smunta” “Questo capro maledetto” “Vedi, Elpin, colui, che fissi” “Viddi Mopso (ohimè, che al solo” 337 337 335 338 339 336 335 • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cde, cde “Questo bianco, e grasso agnello” 336 • Sonetti anacreontici (8) di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Così Dafne un dì fuggiva” “Il figliuol di Citerea” “Io cantar volea d’Eroi” “Quando apparve il Sol, che adori” “Senti, Elpin, quella Cornacchia” 341 342 334 341 338 300 “Stanco un dì l’arciero Amore” “Tirsi, Tirsi, quel Montone” “Tortorella vedovella” 340 339 340 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dettico mio, che per l’alpestre, e duro” “Musa, tu, che de’ sacri Inni canori” 331 330 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arbor Regale, e dove or son le tante” “Coronata di gigli, e di viole” “Cura, che furiando entro il mio seno” “Dov’è, Signor, la tua grandezza antica” “Limpido rio, che desioso a i bassi” “Non è Amor, non è Amor; ma un folle, e rio” “Non perché a te di regal serto, e d’ostro” “Re de’ secoli eterni, ond’è, ch’io veggio” “Riveggio pur dall’alta poppa omai” “Se dell’immensa tua somma bontade” “Spirto gentil, che sovra noi v’alzate” 329 333 328 330 332 331 328 333 334 332 329 • Canzone di sette stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF / PaA “Care, soavi, e liete” 342-5 • Polimetro: tre sequenze di strofe saffiche (A11sB11A11sb5, 1-28, 72-95, 142-9) e due strofe di endecasillabi frottolati (29-71, 96-141). “Io canterò d’Elpin le rime nobili” 345-50 LIV. Lorenzo Zanotti (Verildo Eleuterio) N. testi: 26 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Febo, o tu, che all’onda nera” 357 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ah dove son le prische glorie, dove?” “Santo pensier, che appresso alla possente” 360 356 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Da un pensier, non so come, al Cielo un giorno” “Quella, o sacro Orator, faconda piena” “Se ’l Mondo ammirator, gran Padre, intesse” 357 355 352 301 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Spiega candide vele, e in crudo verno” 355 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Com’esser può, che dell’ardente lume” “Molti altri segni entro il gran Tempio intanto” “Non mai l’illustre Roma, o pur la forte” “O bella Pianta, che del mio sudore” “Pellegrin, che t’arresti, e segni espressi” “Per poco io crederei, che in fogge nuove” “Per quella via, che ancor tien l’orme impresse” “Più veloce costei, che Damma, o Pardo” “Se lo spirto infedel, che il rio pensiero” “Spirto immortal, cui Dio nel gran momento” 354 358 361 354 360 359 351 353 362 361 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Colei, che cieca la volubil ruota” “Sì dunque reo destin di nero ammanto” “Tal forse un dì, sparte le chiome al vento” 359 356 352 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Dov’è, dov’è, del Pico la famosa” “I vivi almi colori, onde superba” “I’volgo gli occhi a ricercar se pinto” 351 350 358 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Ben’io dentro a quegli occhi, onde uscian strali” 353 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbCBaCCdEdE / pAAbCbC “Tempo, o tu, che d’obblio col nero manto” 365-7 • Canzone di sei stanze di endecasillabi e settenari: ABaCBCddEeFfGG “Gran Donna, entro il cui seno il divo Amore” 362-5 Indice de’ capiversi delle Rime, che formano il presente Sesto Tomo, e de’ loro Autori, pp. [368-402]. Protesta degli Autori, p. [403]. 302 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO SETTIMO | Alle Altezze Sereniss. de’ Principi | FILIPPO MAURIZIO, | E | CLEMENTE AUGUSTO | DI BAVIERA. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, Per Antonio de Rossi alla Piazza di Ceri. | M DCC XVII. | Con licenza de’ Superiori. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Filippo Maurizio e Clemente Augusto Wittelsbach, pp. [III-IX]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [X-XII]. Protesta degli Autori, p. [XIII]. Alcune correzioni, p. [XIV]. I. Pier Maria Dalla Rosa Prati (Alidalgo Epicuriano) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Al mio pensier lungo le sponde altere” “Mentre all’ombra d’un faggio al Sol m’involo” “Unì scaltra Giuditta al suo bel viso” “Vanta la mia nemica un cuor di smalto” “Volgi, o Donna infedel, lo sguardo altero” 4 2 5 3 4 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Di Bizanzio l’Impero intorno ardea” “Nel sen d’Adamo in forte nodo avvinti” “Uom frale in Ciel con temeraria mano” 3 1 2 II. Elisabetta Credi Fortini (Alinda Panichia) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Da quel, che noi governa, alto splendore” 6 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al sacro delle Muse eccelso Monte” 8 303 “Ben mi scorgea quel dì benigna stella” “Fra sterili virgulti in loco umile” “In dolce, e lieto volto al cuor l’infida” “M’ardea nel seno intenso alto desio” “M’arde talor nel sen nobil desio” “M’ingemmi il crin serto d’onore, e il manto” “Nocchier, che vede dal furor de’ venti” “Or che fra boschi solitarj amici” “Quando addivien, che intorno gli occhi giri” “Quando talor mi volgo a mirar queste” “Reggere il fren con man soave, e forte” “Scherza vago Augellin di fronda in fronda” 7 11 9 5 8 11 9 7 10 6 12 10 • Sestina lirica (ABCDEF, FADBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA, BDE) “Vissi, e gran tempo, involta in densa nube” 13-5 • Sestina lirica (ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA, BDF) “Quando da mille affanni oppresso il cuore” 12-3 • Ode di sedici sestine di settenari: abbacc “Lungi profana lira” III. 15-8 Floriano Maria Amigoni (Alpago Milaonzio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Rapido Fiume, che d’alpestre vena” 19 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qui dove gli Augelletti, e l’aure, e l’onde” 18 IV. Michele Brugueres (Amicla Orio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Ecco sculta ne’ bronzi, Alme Latine” “Pur qual già ti bramai, con sorte amica” 20 22 304 “Qual Uom, qual Dio, mentre l’Europa è in armi” 19 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Con rozza veste, e con incolta chiome” “Di bei Giacinti, ch’empia Morte atterra” “Vidi l’Uom come nasce, e chi sostiene” 21 21 20 • Ode di ventisette tetrastici di endecasillabi: ABBA “Quando del Ciel per l’ampie strade, e belle” 22-6 • Odi (3) di endecasillabi e settenari: ABBAaCC “Io non credea, che in letterati sdegni” (9) “Non de’ Fabj il valor, non de’ Pompei” (9) “Non perch’Invidia rea mi punga il dorso” (13) 29-31 31-3 26-8 V. Pandolfo Spannocchi (Arbio Gortiniano) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cinta rimiro del natio splendore” 36 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor tiranno avaro al cor mi pose” “Cessa, se puoi, dal pianto, Etruria, e senti” “Due carnefici Amori ecco vegg’io” “Fra Spighe d’or candida Cerva ascosa” “Scorgo due grandi Altari. Uno è d’Abelle” “Vennero un giorno a singolar cimento” 33 34 34 35 36 35 • Ode di diciotto strofe di endecasillabi e settenari: aBCcBAaDD “Quel faretrato Arciero” 37-42 • Terzine “O Sacra Immago, che l’immago sei” VI. 42-6 Emiliano Emiliani (Archidamo Acheliano) N. testi: 30 Genere metrico: 305 • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ergi, Eridano altier, dal letto ondoso” “Morte, ahi che festi? ecco la salma estinta” “O nata di terren basso desio” “Per le strade del senso empie, e fallaci” “Suda il buon Villanello allor, che fende” “Tardi sei giunto, Elpin; già tolto è a noi” 50 49 47 51 52 54 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “E nol diceva io dunque, occhi miei lassi” 49 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Talor sulla mia Cetra incolta, e vile” 53 • Sonetti (20) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi vuol veder quantunque in cuor gentile” “Desio di gloria, che nel cuor mi stai” “Dunque si mora: eccoti l’arco, e i dardi” “Ecco il campo, ecco l’armi, ecco le schiere” “Era il mio cuor, Vergine bella, armato” “Filli a Tirsi dicea: Tirsi, che fai” “Gelar per tema, e respirar con pena” “Gran Reina del Cielo, io pur vorrei” “Il dolce, onesto portamento adorno” “Italia, Italia, e pur convien, ch’io miri” “La speme ecco cader, che sì profonde” “Mentre vinta da duol grave, e soverchio” “Non per sovente variar d’albergo” “O fra quanti dal Gange il Sol rimena” “O sacro, ed immortal Cigno, per cui” “Questa, d’alte virtudi illustre albergo” “Speme infedel, se pur vuoi nel mio petto” “Spirto gentil, che i giovanetti passi” “Un confuso desio nel cuor mi sento” “Vaga notte gentil, di cui più bella” 57 57 59 50 58 53 58 60 54 56 48 55 59 48 52 60 47 55 51 56 • Canzone di sette stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCCaBbDEdEfGfG / PaBaB “Dogliosi affetti miei” 61-4 • Canzone di dieci stanze di endecasillabi e settenari: ABCCaBbDEdEfGfG “Era quel dì, che per gran doglia il Sole” 64-9 VII. Francesco Forzoni Accolti (Aristile Pentelio) N. testi: 10 306 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ampio fiume reale, allor che l’onda” “Come depone alla stagion novella” “Perché superbo oltre il mortal costume” “Qual buon cultor, che della terra in seno” 69 71 70 71 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Allor che d’alta immensa luce adorno” 74 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che ruinoso ampio torrente” “Chi vide un rapidissimo torrente” “Come bramoso suol Cervo assetato” “Come, se cacciatore ardito, e franco” “Fuoco è la bionda chioma ricciutella” 72 73 73 72 70 VIII. Pietro Grimani (Armiro Elettreo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “D’un falso ben disingannato, e stanco” “O della Brenta sacro illustre fonte” “Sedeami un dì sopra una verde riva” 76 75 74 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “In altra età cantai sotto l’amena” 75 IX. Ulisse Giuseppe Gozzadini (Astaco Elicio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “E tu nel duro sen nutrisci ancora” “Sire: il Sol nel vedersi impresso ognora” 77 77 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io non so ben di questa umana vita” “Pinga d’ogni furor l’idea più viva” 78 78 307 “Pria, che torni Gesù, che un tronco ascese” X. 76 Ubertino Landi (Atelmo Leucasiano) N. testi: 22 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahimè tutto in tempesta è l’Oceano” “E in qual parte di Ciel torbido, e nero” “Gran Padre Alfeo, che fra l’amene, erbose” “Irene, Irene, ah pria, ch’io ’l dica, Irene” “Mormora a me d’intorno aspra, e rubella” “Ninfe, e Pastor d’Arcadia, oh se vedeste” “Oh qual mi scende ignoto Nume in seno!” “Quello è il mio ovil, questa è la patria sponda” “Sulla bella del Po riva gentile” “Sulle sponde d’un rivo appiè d’un colle” 86 87 81 82 85 81 86 84 88 82 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Alto Signor, la Mosa io vidi, e ’l Reno” 85 • Sonetti (4) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Lungo le siepi, e tra l’erbette ascosa” “Pastore io sono, e tra gli applausi, e i gridi” “Questo, che coll’altere onde frementi” “Scuoti l’umido scettro, ergi il possente” 83 83 88 87 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “Oh vaghi boschi! oh dolci aure serene!” 79 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché la sorte in fiero, orribil tuono” “Dal faggio all’elce, e poi dall’elce all’ischio” “Preso ha in uso quel Capro al bosco intorno” “Questa, che sulla sabbia erma, infeconda” 84 79 80 80 • Ode-canzonetta di diciannove esastici e congedo di settenari: ababcc / paa “Prode Signor, che il piede” 89-92 • Ode-canzonetta di ventisette strofe (206 vv.), di lunghezza disuguale, di settenari e endecasillabi variamente rimati. “Sorgea già l’alba, e asperso” 92-9 308 XI. Giulio Cesare Grazini (Benaco Deomeneio) N. testi: 42 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Benché conviemmi il piè lasso, e ramingo” “Certo che Amor d’un saldo marmo, e bianco” “Certo, che il mio Cignan fu in Paradiso” “Come la real giuba aspro, e feroce” “Già tanto omai quest’aure, e queste arene” “Qual dalle piante rigogliosi innesti” “Quest’angeletta, che dal sommo coro” “Questa parte di noi, che viva, e pura” “Santa ragione, ecco il mio cor presento” “Signor, vegg’io nel tuo consiglio espressa” “S’io per le vie delle invisibili ombre” 110 118 103 115 111 101 108 110 105 109 108 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Dicemi Amor sovente: ancor s’oppone” 112 • Sonetti (27) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bei colli, un tempo già riechi, e fecondi” “Benché di duro, ed infrangibil smalto” “Benché m’allunghi Amor la mia catena” “Come il gregge tornando al pasco usato” “Come in suo real soglio, almo soggiorno” “Come tra’ gigli, e flessuosi acanti” “Da’ fioretti di Pindo almi, e soavi” “Da quel giorno fatal, ch’aspra partita” “Donna, dal dì, che di me prese impero” “Idalba, Idalba, ancor non senti? Idalba” “Misero tronco, a cui con folte, e spesse” “Mopso, e Lucrino al suon delle ribebe” “Mosso da interno sdegno, e da cordoglio” “Nel bel tesor della sua immensa luce” “Pensai, fuor che a me stesso, a tutti ignoto” “Per dar tregua al mio cor, che per le tante” “Piove da’ bei vostri occhi un dolce raggio” “Platani ombrosi, che in quest’almo loco” “Qual mai pensier può immaginar, che quella” “Qualor costei, che sembra a gli atti, al viso” “Quella, ch’io nutro in mio pensiero interno” “Quella nave, che or franta, e in secca arena” “Se pur cura di voi, vergini Dive” “Se quante in voci, od in sudate carte” “Sì fere avventa in me la face, e l’armi” “Torna l’avaro a riveder sovente” 112 115 100 117 114 106 109 113 101 100 118 107 107 119 104 111 114 113 99 117 102 104 103 106 116 119 309 “Voi ben mi fate un grazioso invito” 102 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ben da più ricche, e preziose vene” 116 • Sonetto di endecasillabi frottolati “Io vo narrando alle sord’aure, a i venti” 120 “Quando, per rara sorte, avvien, ch’io veggia” XII. 105 Eustachio Crispi (Benalgo Chelidorio) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ardo, e la fiamma mia celar m’ingegno” “Così liete spiravano, e seconde” “D’immagini, e pensier pascer la mente” “Grande Annibal, che da’ piacer tiranni” 125 121 122 127 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi vuol veder quanto di Ciel risplende” “Come un tempo sì bella, e al Ciel diletta” “Contro di me la sorte ria congiuri” “Fumo accecommi ambizioso, e rio” “Gran Duce, ai vinto la Città più forte” “Le carte mie talor con bel disegno” “Nel laberinto, ove divora i cori” “Non dovea Morte usar l’antico stile” “Qualor spiego ad Irene i miei tormenti” “Vergine pura, che del Tempo figlia” 126 123 124 122 125 127 126 121 124 123 XIII. Pietro Paolo Pagliai (Cerinto Alcmeonio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sestine liriche (2): ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA, BED (CAF nella seconda sestina). “Pastori udite: mentre io stava un giorno” 128-9 “Quando ripenso a quel funesto giorno” 129-30 310 • Egloga dialogica di terzine “Dov’eri tu, Cerinto, l’altro giorno” XIV. 130-6 Carlo Doni (Cesennio Issunteo) N. testi: 30 Genere metrico: • Sonetti (15) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allorché di Madonna il fragil velo” “D’ogni prato vezzoso, e lusinghiero” “Ecco vinte già sono, Almo Pastore” “Entro gli abissi dell’eterna Idea” “Giunto all’estremo irreparabil male” “I miei pensier, che fra la gioia, e ’l duolo” “L’alma, del senso già la via negletta” “Mio cor, se in te nacque l’incendio, e crebbe” “Nell’Ungarico suol palme già mieti” “Poiché la cara libertà perdei” “Quel nuovo Apelle, che non vide eguale” “Senza che scopra il tempo il tuo desio” “Sovra mal corredata Navicella” “Tante in amor provai pene, ed affanni” “Un tempo già sotto nemico impero” 137 142 145 145 143 146 139 142 151 141 149 147 149 143 141 • Sonetti (15) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Donna, la tua bellezza, in cui risplende” “Ecco langue dell’Arno il più bel fiore” “Gitene almeno a ricercar la salma” “Laddove il Nilo dalle fauci ingorde” “Mostro di crudeltà, Donna incostante” “Non chi morto si chiude in tomba oscura” “Oh te beato cento volte, e cento” “Qual gioia or sento a’ nostri boschi intorno” “Qual navicella, che si vede in alto” “Questa, che qui giacer distesa al suolo” “Se il vostro bello a vagheggiare inteso” “Signor, non più: l’innamorato seno” “Stolto amator, che a folli cure inteso” “Tempo già fu, che spaventosa, e fiera” “Vago, e saggio Pastor, che il fato elesse” 137 140 147 148 148 144 144 146 150 140 138 151 138 150 139 311 XV. Pier Francesco Scotti (Cillabari Asterioneo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Impressa ognor della beltà di lei” “Indi seguendo il bel moto natio” 152 152 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arde, Signor, di doppia lume, è vero” “Signor, che dell’invitto Avo guerriero” 153 153 XVI. Giovanni Battista Carminati (Clangio Agoriense) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “De’ vostri carmi il suon sì colto, e solo” “Quest’è l’amena valle, ove il bel viso” 154 156 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Enilo, se così fosse cortese” “In sì acerba stagione a i fior nemica” “Non perché qui feconda sia l’arena” “Tratto da sdegno al tribunal d’Amore” 155 156 155 154 XVII. Giovanni Cernuschi (Cleote Literio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quando in me risvegliossi il bel desio” “Voi, che Cittadi, e Regni, e ad una ad una” 157 158 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “O Mente eterna, eterna alma motrice” 157 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Allor, che d’Asia il poderoso Impero” 158 312 XVIII. Niccolò Madrisio (Cleone Epitese) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Fertili di sciagure adunque solo” “Quant’osi, o Morte! In pochi rei momenti” 164 161 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi Francia! afflitta Francia! E quando in tutto” “Care selve, ombre chete, alme pendici” “Florio, chi vuol saper, sovra qual traccia” “Inclito Eroe, che non rifiuti, o sdegni” “L’Italia io son, ch’oltre l’Erculeo segno” “Mentre fra scogli, e dirupati abissi” “Questa, o Rodolfo, è la Provincia altera” “Questo, che in regio pian bronzo ammirando” “Saggio pittor, ch’a figurar t’accingi” “Scorresti in fresca età l’Istro, e i Germani” “Se mi dovesse il fiero duolo intenso” “Venni d’Alfeo pellegrinando al lido” “Vieni, deh vieni, amica Pale, ed ora” 166 163 164 160 163 162 159 160 162 161 165 159 165 “Altri s’innalzi, e della mente il volo” XIX. 166 Giovanni Battista Gamberucci (Cloanto Epizio) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Altri, in carte non già con puro inchiostro” “Gran PADRE, un dì, che dall’usato scempio” “Poiché, o Signor, dal fero stral di morte” “Quella io son’, o Mortal, che ignota al Mondo” “Questa d’ossa, e di nervi in un composta” “Questo, ove inciso è il Nome almo, immortale” “Signor, quel dì, che il tuo leggiadro pegno” “Signor, quel dì, che per voler de’ fati” 169 171 171 167 170 172 170 167 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco, Ninfe, e Pastor, dal fier cimento” “Io lo dicea, prode Guerrier, che il forte” “Mentr’io giacea dormendo appiè d’un orno” 169 173 172 313 “Quando Maria su vaga nube aurata” “Tre dolci, e cari nomi ha in Te raccolti” XX. 168 168 Giovanni Benzoni (Cloasco Echeo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Langue del Ciel la più gentil fattura” “Pastor gentil, tu, che vantavi un giorno” 175 173 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, che forse vezzosetto intorno” “Questo è il suol fortunato, e questo è il loco” “Vieni, Ergesto, a veder come vezzosa” 174 175 174 XXI. Matteo Franzoni (Clorano Alesiceate) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Al gran Fattor, che il tuo bel volto accende” “Per consolare in parte il mio dolore” “Qualor ne’ boschi, e nelle valli ombrose” “Quando sull’ali io vo d’un mio pensiero” “Se bel desire in me nascere io sento” “Sempre fisso il pensier nel suo Diletto” “Sento spesso destarsi entro ’l mio core” “Tu, che mortal dall’alta tua magione” 178 177 178 179 179 180 176 176 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “E qual fia mai del fral nostro intelletto” “Ragion, che spesso a buon cammin conduce” 180 177 • Terzine “Aure tranquille, e chete, onde beate” 181-3 314 XXII. Ignazio De Bonis (Cloriso Scotaneo) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Augello io son, che su mal fide penne” “Cingi di nuovo alloro il crine adorno” “Colei, che su i Pastori, e sull’altere” “Ecco l’età, che riconduce il giorno” “Non gir superba del passato acquisto” “O pastorelli, di ben largo pianto” “Qualor co i lumi di mia mente io guardo” “Quell’incauto Nocchier, che al suo naviglio” “Signor, se già del tuo natale il frutto” “Un tempo io già vivea libero, e sciolto” 185 187 189 185 187 184 189 186 188 190 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dappresso alla capanna, in sulla sponda” “Ecco, o Giulia, il tuo Fabio: a te sen riede” “Fragil barca vegg’io, che la funesta” 188 190 186 “Rivolto il guardo alla superna mole” XXIII. 184 Marco Antonio Mozzi (Darisco Gortinio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Come se il Villanello a un ceppo verde” “Fiorenza mia, se lagrimoso il ciglio” “O nera invidia, d’ignoranza figlia” “Poiché Vincenzo colla Cetra d’oro” “Qual vasto fiume impetuoso, e fiero” “Questi, che colla vaga, e nobil’Arte” XXIV. 193 193 192 192 191 191 Niccolò Cicognari (Doralio Egemonio) N. testi: 5 Genere metrico: 315 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Se mai corser le vie de’ prischi Eroi” 194 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alto sen corre il Tebro, e ferve Roma” “Chi mi schiude Parnaso, e chi mi crea” “O quai candidi spirti apronsi il volo” “O vana del saper brama possente” 194 195 196 195 XXV. Guido Grandi (Dubeno Erimanzio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Qual dolce aura soave ora mi spiega” 196 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco un angue, ecco un angue: Elpino, in fretta” 197 • Canzone di ventuno stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: aBCcBAaDdEE / aBabCcdD “Addio, Terra: addio, Mare” 197-205 XXVI. Francesco Antonio Liverani (Edelio Acheliano) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco la saggia gloriosa, e forte” 206 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Candido giglio, che di giorno in giorno” 207 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Vago di fare una gentil vendetta” 205 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Chi vuol veder quant’alto poggi, e quanto” 205 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbAbcdcDeE / apAbB “Non più de’ gloriosi eterni allori” 207-9 316 XXVII. Bernardino Leoni Montenari (Enilo Ammonio) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “L’anima, con che vivo, ad amar prese” 210 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cento bianche giovenche, e cento tori” “Io porsi umil preghiera a’ sommi Dei” “L’altr’ier spuntando il Sol sull’orizzonte” “Meco io diceva: oh se veder le stelle” “Per liberarmi dal cocente ardore” “Pur giunto è il giorno, in cui salir si vede” “Quella, che tanto e Sorga, ed Arno onora” “Quell’usignuol, che sta tra fronda, e fronda” “Quel pastorel, che con sì attenta fede” “Questo di verdi mirti, e sacri allori” “Senti quel tortorel come si lagna” “Sotto un ombroso faggio al fiume in riva” 212 213 214 212 211 213 211 214 215 210 215 216 XXVIII. Giulia Sarega Pellegrini (Erminia Meladia) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Come potrò cantar, com’io solea” “Fra queste selve, e questi boschi errante” 217 217 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCD “Per mia ventura a rivedervi io torno” 216 XXIX. Niccolò Di Negro (Euchero Tiriano) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Caldo sospir, che dell’interno affanno” 219 317 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amene valli, e belle piagge apriche” “Poiché sempre più forte a mio dispetto” “Qui, dove sol si vede arena, ed erba” XXX. 218 219 218 Carlo Marini (Eudalbo Enuseo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dopo vinta la terra, il tempo invitto” XXXI. 220 Francesco Arisi (Eufemo Batio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Celia che un tempo a me parve sì bella” 220 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Incauto Augel, cui più d’un laccio è teso” “Quelle pupille tue, dove raccolte” “Qui, dove pria boscaglie, antri, e dirupi” “Tal vedo fiamma inusitata, e rara” 221 221 222 222 XXXII. Pietro Bonaventura Savini (Eurialo Liceano) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Non paga ancor della sconfitta acerba” “Signor, cui l’alto glorioso impero” “Verso l’eccelso glorioso Colle” 225 224 223 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Eccelso Re, cui dalla patria cuna” “Quando sul doppio di virtù sentiero” 225 223 318 “Quando verrà dell’Ira il fatal giorno” • Ode-canzonetta di nove esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Aure amiche, aure beate” XXXIII. 224 226-7 Sperello Sperelli (Eutemio Calidio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Neve di bel candor sopra le tele” XXXIV. 228 Carlo Antonio Bedori (Fabillo Giunonio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Il cor sovente udj, che disse: oh s’io” “Se della benda, onde mi cinse Amore” 231 228 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Col pensier da i pensier stanco, ed oppresso” “Italia, se ben miri al collo intorno” “Non mai sì pronta, e sì veloce spinse” “Odio, e dispetto, ahi quanto ingiusto, e rio” “Quando la mente vostra il guardo attento” “Quanto più dal principio di mia vita” “Questa deformità sol d’odio degna” “Stiamo, o luci, a veder, come dal fondo” 232 231 230 233 229 230 232 229 XXXV. Diotallevo Buonadrati (Forbante Ippodamico) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allorché Morte a lacerar fu volta” “Sopra un pensier, che alla ragion prevale” 234 235 319 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qualor tra’ miei pensier men vo sospeso” “Signor, che lume spandi ampio, e profondo” XXXVI. 233 234 Pietro Marazzani Visconti (Idauro Leontino) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, quel vel, che per sua gloria ordìo” 236 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alla più eccelsa Donna, itene, o Carte” 235 • Ode-canzonetta di dieci strofe: a8a4b8b4c8d8d8c8 “Nel confin di prato ameno” 236-9 XXXVII. Giovanni Battista Bertucci (Inalbo Eumenidio) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Almo Bambin, che la perduta pace” “Caro Fileno, addio: breve, ma rea” “Come augellin; che infra canoro stuolo” “Come vago Augellino, allorché rende” “Da una medesma idea formate, e tolte” “Nella parte miglior, che chiudo in seno” “O vero, e buon Pastor, c’hai data ancora” “Pria che fuori di sé si fosse espresso” “Pria, che il fatale ultimo dì la spoglie” “Qual pecorella abbandonata, e sola” “Vide sue forze, e ben conobbe il core” 241 241 242 239 244 242 243 244 240 243 240 • Canzone di nove stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCDEdEE / ABaBB “Benché spirto creato in questo immondo” 245-8 320 XXXVIII. Giuseppe Bianchini (Inaste Dindimenio) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bello è quel rio, che in liquidi cristalli” “Ben d’altro ornossi, che di perle, e d’ostro” “Mostro crudel, che il velenoso dente” “Quand’io giunsi d’Amor nell’empia Corte” “Questa che muove generosa l’ale” “Veggiomi, ahimè, vicino a un rio periglio” “Donna, s’io miro la beltà divina” • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata. “Questa di fior ghirlanda” XXXIX. 250 250 251 248 249 251 249 252-3 Romualdo Magnani (Laddaco Teledamio) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco il felice, ecco il beato giorno” “Lasso, dopo un cammin ben lungo in quella” “Volasi un pensier mio là, dove estinto” 254 260 258 • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Ahimè il fiero angue ecco già stride, e fischia” “E il bel riso, e il bel guardo, onde costei” “Qui pur s’assise il gran Bernardo, e vosco” “Tacite grotte, ombrose oltre misura” 255 254 257 258 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io veggio il volto tuo d’alti lucenti” “Qualor del chiaro estinto Atleta io canto” “Se in sull’erbetta la dolente spoglia” “Veglio edace vegg’io scorrer pel vasto” 255 261 256 259 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Chi già te vide con fulminea spada” “Gentili leggiadrette Pastorelle” “Tal forse Efeso, e Rodi, e l’altra parte” 261 257 253 321 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Qui pur dianzi atra nebbia intorno intorno” “S’io ’l dissi mai, che di veneno è intriso” 260 256 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Pittor, che il vago fanciulletto Amore” 259 XL. Fulvio Brigante Colonna (Liseno Apaturio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Veggio, o Tirsi, in Ciel le stelle” 262 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di Terebinto alla gran valle scorto” 262 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Si appresta il tempo alle conquiste altere” 263 XLI. Giovanni Antonio Pucci (Megalbo Oileio) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “All’alto Ciel da questa bassa terra” “All’armi, all’armi, o forti miei pensieri” “Pianta gentil, se ’l mio cuor t’ama, e onora” “Se di non pure brame un folto orrore” 265 267 268 266 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Sovra placido mar la speme ardita” 268 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Gran madre è la mia mente, e a un parto solo” 271 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma mia, se per te non sorge mai” “Bench’io scorga la strada alpestre, e dura” “Come l’antica Madre a noi produce” “Con diverse sembianze, e notte, e giorno” 271 265 266 264 322 “D’Amor l’aspre radici empie, che m’anno” “Donna, è pur ver, che una minuta parte” “Donna, è ver, che s’io miro a parte a parte” “Non mai il terror de’ Filistei, quel forte” “O dell’ingegno mio piante infeconde” “Piovan dolce rugiada aure seconde” “Spiritello d’Amor, che vieni, e fuggi” “Sulla gran tela de’ miei propri inganni” XLII. 267 269 272 270 263 264 270 269 Giovanni Battista Grappelli (Melanto Arateo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahimè, preda fatal d’Arabi, e Mori” “D’Eugenio, e prode in guerra, e saggio in pace” “Era la notte, ed io tra molli piume” “Per questi ameni, e floridi sentieri” “Vaga di riveder l’amato figlio” 274 275 273 272 274 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Fabbri industri, che fate? al Tebro in riva” 273 XLIII. Salvatore Squarciafico (Miralbo Calunteo) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “A riposarsi il Sole appiè d’Atlante” “Sciolto il laccio io credeva, in cui molti anni” 279 279 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Là proprio, Emiro, in su quel poggio aprico” “Pallida in volto, e quasi estinta or giace” “Vid’io poc’anzi in solitaria parte” 276 278 276 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Già venti, e venti volte il Sol dall’onde” “Il tuo gran nome, alto Signore, oscura” “Quella, cui sempre il plettro mio celebra” “Se intento il guardo io fermo in quel sereno” 278 277 280 277 323 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Aure tranquille, acque ridenti, e chiare” “D’ebano il crine in vaghe anella avvolto” XLIV. 275 280 Simone Pancotti (Namiro Etidio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché qui dura sorte il piè m’annode” “Io dissi al mio desir: tu caderai” “Passa la nave tua di merci piena” “Signore, apristi a quel pensier le porte” “Timido a riguardar la via, che corsi” XLV. 282 281 283 282 281 Giuseppe Ercolani (Neralco Castrimeniano) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Levommi un giorno il vago mio pensiero” “Ogni qualvolta ch’io rimiro adorno” 284 285 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bella cagion della gran Donna sei” “Faccia pur quanto vuole il fier rivale” “Il Padre, il Figlio, e l’increato Amore” “Io mi rivolgo indietro a mirar quella” “Mosso da nostra universal querela” “Musa, non più d’Amor, non più di quelle” “Non d’atra, e tenebrosa ombra notturna” “Quel, che infinito prende esser superno” “Questa del Re d’Averno alta nimica” “Stiamo, Adamo, a veder la gloria nostra” “Tratte da Morte al sempiterno esiglio” “Tutte l’Alme del Ciel fuor di se stesse” 286 285 289 284 286 283 290 287 289 288 288 287 324 XLVI. Leone Strozzi (Nitilo Geresteo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “È fola, che rinasca la Fenice” “Nasce tra i ghiacci delle rupi alpine” “O muoia il Cigno, o nasca il Rusignuolo” “Talor vagheggio una conchiglia, un fiore” 292 291 291 290 • Ode di diciannove esastici di settenari ed endecasillabi: aBaBcC “Apollo, io non t’invoco” 292-6 XLVII. Giovanni Battista Gambi (Olandro Pentelio) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Altri le memorande opre vetuste” “Mentre io bramo lodare il vago aspetto” 302 302 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Occhi rubelli, è ben tre volte stolto” 298 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A’ ciechi abissi in sen miste le cose” “Al dolce risonar de’ canti altrui” “Chi non sa come Amor dall’arco scocchi” “Cilauda, se avverrà, che a voi ritorno” “Colei, che di beltà porta corona” “Delle vostre bellezze a dir mi sforza” “Di qual piacer sentj la mente accesa” “Dolce è la pena, ed è soave il foco” “Qual’Augel, cui sovvien della dolc’esca” 301 299 300 300 303 301 299 297 297 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Amor, de’ casti labbri il dolce riso” “Già spero alzarmi ov’Uom per se non sale” “Quell’interna beltà, che non si vede” 304 303 298 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Se quel, che nella mente Amor m’ha impresso” 296 325 XLVIII. Giacinto Silvestri (Orgildo Egireo) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sdegnato Amor, che libero mi vante” 304 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Ardeano, o Filli, entro d’un astro solo” 305 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Colà, dove il Muson placido corre” “Di duo Corsier la Mente nostra è guida” “Or’eccovi, crudel, la cagion vera” “Se giunger mai tant’oltre in te non puote” “Sotto il duro, pesante, ed aspro pondo” 308 307 306 305 306 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Oggi è il dì, che del Ciel s’aprir le porte” 307 XLIX. Scipione Maffei (Orildo Berenteatico) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi mi vide soletto, in viso smorto” “Deh mira a quanto dura, ed aspra vita” “Non per mirar di mille destre illustri” “Quanto cieco fu l’uomo, allorche altero” “Quella fierezza a’ miei desir nemica” “Turbe d’Amanti al grand’acquisto intese” 313 310 312 316 311 311 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bell’Arno, o tu, che alle canore Dive” “Chi mai pensar potea, che ’l passar l’ore” “I’ho veduti talvolta i miei desiri” “O caro sasso, che sì in alto ascendi” “Quanto vi deggio mai, vergini Dive” “Que’ fieri lacci, onde il mio core avvolsi” “Queste mie rime, ov’io vostra beltate” “Spirto gentil, per cui d’Atene a scorno” “Tosto, o Ninfe dell’Arno, un’ara ergete” 314 310 315 309 316 313 312 308 315 326 “Veggio ben’io, ch’oltre il mortal costume” “Vidi sorger l’abisso, e della rea” 314 309 • Ode-canzonetta di nove strofe di settenari: abbaacddc “Quel tuo chiaro soggiorno” 319-21 • Ode di undici stanze di settenari ed endecasillabi: aBBacc “O dell’obblìo nemiche” 317-9 • Canzone di otto stanze e ABCCBAaDEDEfFGG / PAbBCC “Alma real, che la tua frale spoglia” congedo di • Terzine (3) “Alma gentil, che la tua bella spoglia” “Di là, dove salir non lice altrui” “O mortali desir, voi, che per queste” L. endecasillabi e settenari: 321-5 326-8 328-31 331-5 Ottaviano Lecce (Orintio Aminiano) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dissemi Amor, mentre io da lui fuggiva” “Era il giorno più lieto, e più sereno” “Muse, già non bramo io cetra, che dia” 339 338 336 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore, e quale è mai la bella mano” “Benché per guida abbia propizia stella” “Come cervetta, che fuggendo errante” “Sol di sospir mi nutro, e questo seno” 336 338 337 337 LI. Romano Merighi (Retilo Castoreo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alzommi un dì sull’ale del desio” “Tra lacci d’oro imprigionato il core” 341 340 327 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Combattono tra lor con pari ardore” 339 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Vedi quel Sol, come vezzoso appare” 340 LII. Alessandro Marazzani (Tirseno Liconeo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Sentimi, e dimmi Albin: tu Eurinda, io Nice” “Tu dunque, Albino, in sì festevol giorno” 343 342 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Signor, che d’Avi gloriosi al Mondo” 341 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Alma gentil, che de’ beati, e santi” 342 LIII. Angelo Marchetti (Ulindo Briseo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Gloria del già trascorso, e del presente” “Saggio Signor, di cui più saggio forse” 344 343 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Filli, il tuo vago portamento altero” 344 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Neri, qualora in nuove forme spieghi” 345 [segue:] VARIE RIME | DEGLI | ARCADI | IN OCCASIONE DELLA DISFATTA DELL’ | ESERCITO TURCHESCO, E | DELLA CONQUISTA DI | BELGRADO | FATTA | DALLE ARMI CESAREE | Nel presente Anno MDCCXVII. [p. 347] [Introduzione], p. [348]. 328 I. Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna; Adalsio Metoneo) • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alto levommi un giorno il mio pensiero” “Qual se formato dall’impura massa” II. 349 349 Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Asia superba, pria d’orgoglio, e sdegno” III. 350 Galeazzo Fontana (Celisto Tegeatico) • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Tal già si vide a i tre Nemici a fronte” 351 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “È questa, è questa l’Asia, o augusta Roma” 350 IV. Giacomo Sardini (Citisso Bleninio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “San le vicine genti, e le remote” V. 351 Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna vid’io, gran CARLO, a te davanti” VI. Ignazio De Bonis (Cloriso Scotaneo) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Pur ti riveggio in lagrimoso ciglio” VII. 352 352 Antonio Ottoboni (Eneto Ereo) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Prence Guerrier, ch’al gran natale unisti” 353 329 VIII. Girolamo Ferrari (Eristo Filattridio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché invan, mercé tua, l’Asia minaccia” IX. Saverio Maria Barlettani Attavanti (Eulisto Macariano) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Qual Libico Leon, che la feroce” X. 353 354 Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco) • Polimetro: terzine (1-114) e dieci esastici di ottonari, con schema ababcc (115-74). “Tornar poi volle a rivestir l’usbergo” 354-60 XI. Romano Agostino Roberti (Faleso Alfeoniano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Oh Duce invitto, o memoranda, e forte” XII. 360 Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Piangi, e ’l guardo infelice intorno gira” 361 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Non va, con vostra pace, illustri ingegni” 361 XIII. Florindo Tartarini (Gelindo Teccaleio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O del Popol fedel salute, e speme” 362 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Che non ottenne, e che ottener non spera” 362 XIV. Domenico Antonio Battisti (Laudeno) • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché Belgrado la superba, e forte” “Tu, che le Greche, e le Latine carte” 363 363 330 XV. Fulvio Brigante Colonna (Liseno Apaturio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poich’ebbe fine il formidabil scempio” XVI. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo) • Sonetto con schema ABBA ABBA CDC DCD “Or vada l’Asia, e appiè del Caspio monte” XVII. XVIII. 365 Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) • Ode-canzonetta di quindici sestine di ottonari: ababcc “Io, Pastori, io quel, che in pria” 365-8 Carlo Francesco Martello (Mirtilide Langiano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O vestita di Sol, Vergine bella” XX. 364 Giovanni Battista Grappelli (Melanto Arateo) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ad inondar della Pannonia il piano” XIX. 364 368 Brandaligio Venerosi (Nedisto Collide) • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dov’è il superbo formidabil campo” “Ferma Eugenio sull’Istro il gran Cavallo” 369 369 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Di Belgrado espugnato è il forte muro” 370 XXI. Mattia Nardi (Olmino Titanidio) e Giovanni Angelo Salvi (Eupalte Lampeo) • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-88); sequenza di endecasillabi piani (89-104); terzine (105-124); due strofe di ottonari ed endecasillabi, ababccDD (125-140); endecasillabi sdruccioli sciolti (141-68, il v. 153 è tronco). “Questo, s’io non m’inganno, è il prato lugubre” 370-6 331 XXII. Ottaviano Lecce (Orintio Aminiano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Appena vide la fatal tua spada” XXIII. Filippo Resta (Ormonte Pereteo) • Terzine “Omai ritorna all’ermo tuo covile” XXIV. 377-8 Silvio Stampiglia (Palemone Licurio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Fabio che fa? Così dicea di Roma” XXV. 376 379 Giovanni Carlo Crocchiante (Teone Cleonense) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Questo è Belgrado; e già sull’alte mura” XXVI. 379 Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio) • Polimetro: due sequenze di endecasillabi (1-14 e 45-58) e tre strofe di settenari, con schema ababcdcdee (15-44). “Anime illustri, il cui gran nome in queste” 380-1 XXVII. Domenico Chelucci (P. Paolino di S. Giuseppe; Trinuro Naviano) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Scempio recava, e morte al Gregge eletto” XXVIII. 382 Vincenzo Leonio (Uranio Tegeo) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Santo Pastor, che al forte, e pio Guerriero” 382 Indice de’ capiversi delle Rime, che formano il presente settimo Tomo, e de’ loro Autori, pp. [383-414]. Indice degli Autori, e de’ Capiversi delle Rime fatte per le presenti Vittorie, e annesse a questo Tomo, pp. [414-5]. 332 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO OTTAVO | All’Eminentissimo, e Reverendissimo | PRINCIPE | FRA MARCO ANTONIO | ZONDADARI | Gran Maestro della Sacra Religione | Gerosolimitana. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, Per Antonio de’ Rossi. MDCCXX. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Marco Antonio Zondadari, pp. [iii-vi].1 CORONA POETICA | OFFERTA DAGLI ARCADI | All’Eminentissimo, e Reverendissimo | PRINCIPE | FRA MARCO ANTONIO | ZONDADARI | Nella sua Esaltazione alla Dignità | di Gran Maestro della Sacra | Religione Gerosolimitana. Elegia di Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Nympha Ego Parrhasiae praeses notissima sylvae”, pp. [ix]-I. Sonetti Carlo Giustiniani (Adelindo Gerenio), “Il pio brando fatal poiché impugnasti” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. II. Gabriele Enriquez (Tirsindo Lusiano), “Di sacrosanto Usbergo armato il petto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. III. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “E dal suolo, e dal mar spesso sgombrasti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. IV. Nicola Salvi (Lindreno Issuntino), “Il popol’empio al rio Macon soggetto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. V. Azzolino Malaspina (Erildo Teumesio), “Ammirò il Vatican tuoi pensier vasti” (ABAB, ABAB; CDE, CDE), p. VI. Giovanni Angelo Salvi (Eupalte Lampeo), “Nel dir facondo, a nobil’opra eletto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. VII. Francesco Maria Cagnani (Eustasio Oeio), “Gran Rocca ergesti, e nuovi Legni armasti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. VIII. Marcello Malaspina (Automedonte Abeatico), “Col senno, che ti fe’ di gloria oggetto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. IX. Pier Francesco Lugaresi (Nealce Euriteo), “Or godi del tuo zelo alta mercede” (ABBA, ABBA; CDE, CDE), p. X. Pietro Bonaventura Savini (Eurialo Liceano), “Da te già reso più temuto, e altero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. XI. Silvio Stampiglia (Palemone Licurio), “Il soglio, che ti offrir Giustizia, e Fede” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. XII. Domenico Fabbretti (Elasgo Crannonio), “Grande è l’onor; ma non già ’l premio intero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. XIII. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio), “Qualor Tuo sommo merto il premio eccede” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. XIV. 1 Utilizzo questo tipo di indicazione per le pagine non numerate, alle quali segue la corona di sonetti per Marco Antonio Zondadari, che presenta una numerazione con cifre romane (tranne la pagina recante il sonetto finale di Crescimbeni). 333 Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Alma Real degnissima d’Impero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. XV. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Il pio brando fatal poiché impugnasti” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. [xvi]. Imprimatur, permessi di stampa e Protesta degli Autori, pp.[xvii-xix]. I. Eustachio Manfredi (Aci Delpusiano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Or che la rende al gran culto primiero” 2 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Così di Mare in Mar, di Regno in Regno” 1 • Ode-canzonetta di diciassette esastici bipartiti: a5a5b7 ; c5c5b7 “Ninfe, e Pastori” 2-5 • Canzone di sette stanze e congedo ABCBACCDDEeFGfG / ABBCaC “Spirto gentil, che in giovanetta etade” di endecasillabi e settenari: 5-9 • Egloga dialogica di terzine (1-27 e 86-8) e di endecasillabi frottolati (28-85). “Tutto questo dirupo, e tutta quella” 9-12 • Egloga dialogica di terzine. “Maraco, tu per questa piaggia aprica” II. 12-6 Niccolò Duodo (Aclasto Eurotano) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allorché Aclasto infra di voi fu accolto” 16 334 III. Alessandro Buonaccorsi (Adelno Deomeneio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arruota l’armi, e baldanzosa i tuoi” “Quel ben, che mai non muor, da cui quel santo” “Quella pietà, con cui, Sommo Signore” “Ruscelletto gentil da chiaro fonte” 18 17 18 17 • Canzone di cinque stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbCAbCcDEeDFF / AaPBB “Orridi avanzi, e voi, funeste scene” 19-21 IV. Fulvio Astalli (Alasto Liconeo) N. testi: 3 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mi apparve un giorno un, che alla benda, e all’ali” 21 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cercai lunga stagione ov’io credea” “Fatto di me signor l’Ozio, e tiranno” 22 22 V. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “D’ogni Tosco Cantor l’illustre idea” “Questa, che veneriam su sacro Altare” 25 27 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aure soavi, ameni, e verdi prati” “Poteva, e ’l dovea forse, alto Signore” “Se avvien, che di Natura oggi tra voi” 23 27 24 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Spirto gentil, che in Elicona or cogli” 26 335 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Del Signor, che qui mira i vostri pregi” 24 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Piange il Metauro, ed a ragion, quel Figlio” 23 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Saggio Fanciul, che nell’etade appunto” 25 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, DCE “Questa vellosa Spoglia, ed innocente” 26 • Egloghe dialogiche di terzine “Orché nostra Campagna alluma intorno” “Tirsi, se’ tu pur desso? il Ciel cortese” 36-40 28-36 VI. Emilio Emili (Alminto Tereano) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dorme colei, che sopra ogn’altra il vanto” “Nel dolce immaginare i lieti accenti” “O fortunato Pastorel, che fuori” “Oh quante volte benedico il loco” “Si scuote indarno per uscir d’impaccio” 41 42 43 41 42 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Lasso di girmi per lo mare infido” “Vanne, selvaggia Musa, ove co’ lenti” 40 43 VII. Floriano Maria Amigoni (Alpago Milaonzio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Eccoti, o CARLO, al Trono augusto avanti” 44 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Addio, Santa Città, ’ve la Colonna” “E un folgor parve, e alle nimiche schiere” 44 45 336 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “CARLO, quel dì, che al Savo incontro fersi” VIII. 45 Giuseppe Lanzoni (Alzindo Epiziano) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Felice te, che l’ingannevol’esca” 49 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi qual mi scorre per le vene intorno” “La bella Filli allorché m’ode, o vede” “Qual per questi occhi miei più dolce oggetto” “Roma, allorché vedea, nudo le piante” “Se colla voce, e più col zelo ardente” “Vergine Santa, che sul Cielo intendi” 50 47 46 48 49 47 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “La bella Donna, che per gli occhi miei” “Laura, che di beltà quaggiù splendea” 48 46 IX. Francesco Redi (Anicio Traustio) N. testi: 25 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di Mongibello in sull’arsiccia balza” “Ferimmi un giorno, e non a fior di sangue” “Già dirozzata, e ben disposta al ratto” “Spirando verso me rabbia, e vendetta” 61 56 57 53 • Sonetti (20) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Antonio, poi che il vincitore Augusto” “Batti pur quanto sai, batti tamburo” “D’un’invitta costanza esempio raro” “Ingiustamente, Amore, io non mi dolgo” “In libertade io mi vivea beato” “Io correva alla gloria, e l’empio Amore” “Io fui ben folle, e fuor del senno, quando” 60 53 54 50 62 59 54 337 X. “Io vo gridar, finché colà si senta” “Non così bianco mai nel verde prato” “Non posso più tacere: omai conviene” “Non vo, che ’l sappia, e nol saprà giammai” “Occhio lucente a meraviglia, e nero” “Per quel sentiere, onde alla gloria vanno” “Porta l’insegne sue vittoriose” “Porta negli occhi un arco Persiano” “Quando colei, ch’io già fanciullo amai” “Quel primo strale, che avventommi Amore” “Tra le Donne più belle onesta, e bella” “Vago augellin, che allo spuntar del giorno” “Voi, che piangete in servitù d’Amore” 58 59 61 55 57 51 56 62 52 58 51 60 55 “Degg’io mai sempre sospirare, e deggio” 52 Giulio Cesare Mantelli (Ardenio Platanio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Quando scese tra noi l’Anima bella” 64 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor ch’io miro in donna il Bello esterno” “Candido, vezzosetto Cagnolino” “Come talor fida Nutrice amante” “Con mill’altri Amoretti il Duce Amore” “Urta pur quanto sai, urta col corno” 63 63 64 65 65 XI. Ubertino Landi (Atelmo Leucasiano) N. testi: 20 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco gli ami, ecco l’esca, ecco le reti” “E dove spieghi i dolci vanni tuoi” “La mia Irene dov’è, più non è meco” “S’arma di ferro, e di pietà si spoglia” “Sorgi, Elpin, vedi il Sol, gli augelli ascolta” 74 75 70 67 74 338 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Quella sì eccelsa, altera Quercia antica” 67 • Sonetti (7) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Arsi lunga stagion fuori di spene” “Candido, vago, e solo a te simile” “Dov’eri, Elpin, nel gran momento? ah tardi” “Il Ciel ti salvi, o Elpin, l’erbe, e le zolle” “Non era Irene ancor giunta alla bella” “Ohimè quel Capro, che del Gregge è guida” “Tinta di duolo, di pietà, di rabbia” 72 70 69 71 69 66 72 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “Lunga stagion fra ciechi orror sepulta” “Pietà, mio Dio, mio Dio, pietà, perdono” 66 73 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Presso è quel dì (ma oh come lento, e tardo” 71 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Che? non ancor sei doma Asia superba?” “Ov’è, misera Arcadia, ov’è il tuo Tirsi?” 68 68 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Amor, che fai? già sull’eterno corso” “Sempre da Ninfe, e da Pastor negletto” 73 75 XII. Carlo Emanuele d’Este (Ateste Mirsinio) N. testi: 24 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Non perché tra più bei fiori” 83 • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi con qual volto io mi vedrò rapito” “Che al primo sguardo de’ begli occhi vostri” “Come soffri in costei cotanto orgoglio” “E pur tu m’ami, e ad onta ancor di quella” “Io tel confesso, ingrata Donna, e il giuro” “O dal tuo sen, sempre a’ miei danni intesa” “Se togliesse alla morte, Anima bella” “Sorgi, Eurilla, col Sole, e il sonno in pria” 83 82 77 80 77 80 81 76 339 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Poiché la forte, la pudica Sposa” 84 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aer fosco, e maligno, e qual conviensi” “Benché del mar d’Amore i venti, e l’onde” “Ch’io vedessi due volte all’onda Eusina” “Col cor dolente, e co’ pensieri immersi” “Donne, che in breve al caro albergo andrete” “Il dissi pur, che alle lusinghe infide” “Pianse, e il fido Consorte, e il Padre antico” 78 78 81 82 76 79 84 “Se Amor, che solo i miei pensier governa” 79 • Ode-canzonetta di due strofe, di lunghezza diversa, di distici di settenari a rima baciata. “Eurilla, del mio core” 87-9 • Canzone di cinque stanze e ABCABCdedEFfGG / ABaBCC “Orché lontana da i guerrier nitriti” congedo di endecasillabi settenari: 85-7 • Capitoli elegiaci (3) “Eurilla, Eurilla, ahi quante volte il giorno” “Qualor con gli occhi del pensier vi guardo” “Se quei sospir, che io vo spargendo al vento” 93-5 91-3 95-7 • Terzine di endecasillabi faleci “Vezzoso, amabile, caro Angioletto” 89-91 XIII. e Giovanni Battista Zappata (Britone Dionisiopolita) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io ho un pensier sì temerario, e stolto” “S’io di mio forte immaginar talora” 100 98 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Come dal Sol tutta esce fuor la luce” “Su questa ancora illustre salma, e degna” 98 99 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Malnata pianta, che orgogliosa stendi” 101 340 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Sì, fremi pur, sì pur ti rodi, e stendi” 100 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “E tu pur riedi? e pure ancor contrasti” 99 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: PABBCAddCcEE / pAaBB “S’io arsi un tempo, ed in mio ardor non pago” 101-4 XIV. Carlo Doni (Cesennio Issunteo) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ah fiera Morte! e non ti sazj ognora” “Amor, che giva tra le selve errando” “Cadde alfin l’alta Rocca, ed il furore” “Donna, in quel vago tuo divino aspetto” “Questo, Signor, che ascendi, è il Campidoglio” “Se fia mai, che Pastor per la foresta” “Un saggio mio pensier diceami un giorno” 109 105 110 106 108 105 108 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Del chiaro Germe, che da noi si attese” “O verdi piante, e voi tranquille, e quete” “Poiché adornando il suo bel crin di fiori” “Poiché in mirar mio biondo crin già bianco” “Qual mesta Tortorella egra, e languente” 104 107 106 107 109 XV. Giovanni Battista Carminati (Clangio Agoriense) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “È questo il Colle d’orror sacro adorno” 110 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Oh lieta di bei colli ombrosa Chiostra” 111 341 XVI. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi sia colei, che su per l’alto muove” “Del buon sangue Latino a me parea” “Dell’esser vinta il disonor mi toglie” “Di lui, che in duolo Italia, e ’l Mondo or tiene” “Di lui, che si dirà, che noi di spene” “O tu chi sei, che del color di morte” “Sai perché l’acque sue quel rio distenda” “Vibrò tre strali, e tre grand’Alme accese” 112 117 114 111 113 114 116 117 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al mirarvi, che fo coll’occhio interno” “La Fama Io son, che l’alto Eroe non pieno” “Non è suo senno ignoto, ov’ei d’accorto” “Quel sì dolce infocarmi al caldo raggio” “Sedianci; ed or, che più vento non freme” “Vidi (e tanto m’increbbe il caso fiero” 115 112 113 115 118 116 XVII. Cesare Bigolotti (Clidemo Trivio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Fastose Mura, che col piè robusto” “L’Eroe del Tago, in cui per sangue scese” 119 119 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alta virtù, che gl’incoroni il crine” “Se alla vostra giustizia, o alla pesante” 118 120 XVIII. Giuseppe Maria Querini (Cloristo Meradio) N. testi: 6 Genere metrico: 342 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quella beltà, che a Dio n’unisce, e fura” “Stanca di più soffrir gli acerbi affanni” 121 120 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Mentr’io sedendo alla mia Ninfa allato” “Occhi vaghi, e leggiadri, onde distilla” “Talor men vado in compagnia di quella” 121 122 122 • Ode-canzonetta di sette esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Oimè lasso! il cieco Arciero” 123-4 XIX. Girolamo Baruffaldi (Cluento Nettunio) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cieca di mente, e di consiglio priva” 128 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Solo, se non ch’è meco il pensier mio” 128 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “E non è già, ch’Io non ritenga il morso” 130 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alle porte d’Autunno omai languente” “Chi mi precorre colla chioma bianca” “Chi vuol veder quanto di Ciel risplende” “Né perch’io venga spesso a sparger fiori” “Presso l’urna funebre io veggio intenti” “Questa, che mi diè ’l Ciel, vigna gentile” “Se fosse Amor così, qual si dipinge” 127 129 126 124 125 129 125 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, ECD “Questa è la valle, questa è l’aria, e queste” 126 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Come sen va l’Aurora innanzi al Sole” 127 XX. Giuseppe Maria Passagni (Crotingo Epineo) N. testi: 3 343 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Colà, dove orgogliosa, e mai non chiara” “Come fanciul, che in erta via fra sassi” “Per l’erta via, che guida, ove riluce” XXI. 131 131 130 Nicolò degli Albizzi (Damisto Aristodemio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi con qual forza de’ tormenti l’onda” “Ben mi credeva un dì ritrarre il piede” “Celeste Dea non solito ardimento” “Colei, che sola la mia mente assale” “Quando lungi da voglia indegna, e vile” “Quando mira, Madonna, in te la luce” “Se t’innalzi, Alma mia, se forza prendi” “Tal da’ begli occhi una crudel battaglia” “Tal vibrò luce da’ begli occhi alteri” 134 132 133 135 133 134 132 135 136 • Ode-canzonetta di dieci esastici bipartiti: a8a8b8t ; c8c8b8t “Entro a questa navicella” 136-8 XXII. Francesco Borgiassi (Egelio Tesmiano) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Pinger fece i vostr’Avi; indi dicea” 139 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Intorno a i rai d’alta virtù, che splende” “Mille volte pensai cantar di quella” “Vive sì, vive ancor l’illustre, e chiaro” 138 139 140 • Egloga di terzine “Entro una selva di funeste piante” 140-6 344 XXIII. Curzio Doni (Eliaste Macistiaco) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allorch’Elpino a dissetar traea” “Avvezzo al crudo mar solca il Nocchiero” 150 153 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor, che sulle piume in dolce obblio” “Carca qualor di meste cure ho l’Alma” “Che da due vaghi rai vibro lo strale” “Chi alfin trionferà Senso, o Ragione?” “Due nemici tra loro in gran cimento” “Fra l’aspre mie catene ognor mi giaccio” “Io seguo Amore, e chi lo sprezza abbraccio” “O dell’Arbia gentil, sulle cui sponde” “Oh con qual torvo ciglio, e fier sembiante” “Più, che di ferro ostil, d’empio furore” “Quella, che il cor dolente aggrava, e stringe” “Quella, che m’ange il sen, cura molesta” “Vuole, e disvuole a un tempo il mio pensiero” 153 149 154 148 147 149 151 152 148 152 150 151 147 XXIV. Vincenzo Margarita (Elnoro Epionio) N. testi: 1 Genere metrico: • Canzone di sedici stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbCAbCDdEE / PAABB “Nella più interna solitaria parte” 154-9 XXV. Giovanni Battista Cotta (Estrio Cauntino) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, che in sé vedea, pria di crearmi” 160 345 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor di me, che in tua balìa mi porti” “Questo Amor nostro lusinghiero, e rio” “Sabaudo Eroe, mirasti pur la face” XXVI. 160 161 161 Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Certo sempre tu fosti in Paradiso” “Giunta MARIA col pargoletto Figlio” “Mentre all’offese d’implacabil fato” “O Colombina mia, che al tuo soggiorno” 345 163 162 345 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Augusta Donna, che lieta ti stai” 162 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, DEC “Eccelsa Donna, que’ duo germi eletti” 164 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Se a questa luce gli occhi vezzosetti” 346 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi è Costei, che fra noi spunta, e nasce” “Miro una Stella, che dal Ciel discende” “Uno è il Gran Dio, che all’Universo impera” 163 164 165 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Figlia, più non ti veggo; io ti perdei” 346 • Odi-canzonette (2) di distici di settenari a rima baciata “Se cela il viso adorno” “Seguite pur seguite” 172-3 171-2 • Odi-canzonette (2) di esastici di ottonari: ababcc (l’ultima strofa della prima odecanzonetta e la nona della seconda recano lo schema abbacc). “Amor veggio, il santo Amore” (7) 167-8 “Solitaria, e polverosa” (10) 165-7 • Ode di dodici esastici di ottonari: abbacc “Io, Signor, dicea Davide” 168-71 346 • Ode di quattordici esastici di endecasillabi e settenari: AbbAcc “La Figlia del Menfitico Tiranno” 173-5 XXVII. Romano Agostino Roberti (Faleso Alfeoniano) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alza, o fiera empietà, dalla fumante” “Qualor la Donna umil verso le stelle” “Signor, verso l’Italia egra, e languente” 176 176 177 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Uom non truova piacer, finché da terra” 178 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Poiché l’uom cadde nel poter di morte” 177 XXVIII. Domenico Lazzarini (Felicio Orcomeniano) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Se da te apprese, Amore, e non altronde” “Spirti del Ciel, che trenta lustri, e trenta” XXIX. 179 178 Alessandro Cerrati Galanti (Gantila Pelleneo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Per te, Donna gentil, solo al primiero” “Tu, che piangesti alla grand’Urna accanto” 179 180 347 XXX. Florindo Tartarini (Gelindo Teccaleio) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Veggio pien di mestizia il Colle, e ’l Prato” 180 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Non ti struggi, o dell’Uom ingrato cuore” “O vaga Rondinella, che ten vieni” “Ti veggio, Giano, la tua doppia antica” “Vidi famosa Tela, ove il pennello” 182 181 181 182 • Ode-canzonetta di nove esastici di ottonari: abbacc “Lascia, o Musa, la campagna” 184-6 • Ode-canzonetta di cinque strofe di ottonari: aabbccdd “Io non so, se Amore accenda” 183-4 XXXI. Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Elettra, Elettra, ahimè, Ninfa gentile” 190 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arcadi, o voi, che i fior di vostre rime” “Dacché Innocenzo al Vaticano ascese” “D’angusta Rocca al sacro albergo eletto” “Di fé, di speme, e d’amor puro ardente” “Ecco del Ciel dalla più eccelsa parte” “Era già il verno, ed io piangeva un giorno” “La libertà, l’onor primiero in parte” “Perché l’Uom fosse al ben desto, e giocondo” “Vid’io, sognando nel primiero albore” 186 187 190 189 191 188 188 187 189 • Ode-canzonetta di sei strofe di tetrastici doppi: a4b4b4c8 ; a4d4d4c8 “Ecco nato” 191-3 348 XXXII. Giambattista Vico (Laufilo Terio) N. testi: 3 Genere metrico: • Canzoni (3) di sette stanze e congedo ABCBACCDEeDFGHHFGII / ABCCABDD “Alto Signor, più di fallace il nome” “Poiché l’umil, devota, accesa voglia” “Qual nuovo lume col divin suo raggio” XXXIII. di endecasillabi e settenari: 197-202 202-6 193-7 Giacinto Vincioli (Leonte Prineo) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Già cinto son da quei tuoi dolci amari” “Il cor va per la via d’Amore, e vede” “Non si conosce Amor, né quel, che possa” “Qual nuova luce il Colle orna, e rischiara?” “Se colle mie pupille un sol momento” “Un lustro è corso, che d’Amor sospiro” 210 207 209 209 211 210 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, ECE “Fuggo dagli occhi, dove alberga Amore” 208 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Un doppio raggio di Beltà mi punge” 207 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DED “Un dì, che Amore, e il mio bel Sol vid’io” 208 XXXIV. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) N. testi: 18 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cantar più volte Io d’Imeneo sdegnai” “Che mai finse Almeon, che su quest’ora” “Chiuso è l’Arcade Bosco; ogni Pastore” 213 213 220 349 “Forse perché tra lieta, e folta gente” “Nacque sull’Arno una gran Pianta augusta” “Oh quali, o Pastorelli, oh quanti appresta” “O tu, che vinci ogni più basso affetto” “Potrei col forte immaginar possente” “Questo è l’augusto Tebro, e questo è il Ponte” “Signor, del tempo or mi sovvien primiero” “Sotto il grand’antro nella valle ascoso” “Su questo lauro, a questo fiume appresso” • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché dell’armi dell’invitto Achille” “Benché l’antica, trionfal tua chioma” “Chi fia questa, ch’io miro, umil Donzella” “Io so, Spirto immortal, che il tuo primiero” “Io vidi un picciol legno; e il mare irato” “Qui nacque Arcadia, in questo Colle, in questa” XXXV. 211 219 218 215 217 218 214 215 212 214 217 216 219 216 212 Giovanni Vizzaron (Mirteo Teneate) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mossi poc’anzi alla foresta Ascrea” 221 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Caro leggiadro Pesce, in cui natura” “Da i Tusculani Colli il volo stendi” “Roma tu cerchi in Roma, o Pellegrino” 220 221 222 XXXVI. Pier Francesco Lugaresi (Nealce Euriteo) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Dieci del gregge mio sono le agnelle” “Dunque il gran Dio, che nell’Empireo regna” 223 223 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ecco il giocondo avventuroso giorno” “Invitta Donna, ch’hai già ’l monte asceso” 226 226 350 “O Ciel, di cui l’aspetto, e il Sol, che appresta” “Se quegli, che ’l Romano alto Senato” 224 222 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Natura, e Morte alteramente io vidi” “Superno, augusto, di pietate adorno” 225 224 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Ah questo è pur l’avventurato Chiostro” 225 • Endecasillabi sciolti “M’udite, o voi mortali, e m’oda il cielo” 227-30 XXXVII. Brandaligio Venerosi (Nedisto Collide) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cresce il nembo oltraggioso, e l’arbor nuda” “Di gioventù spunta il ridente Sole” “D’intelligenza coll’impresse forme” 235 233 232 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amo, Donna, di voi l’alta immortale” “Amor pensando stabilir sua reggia” “Amor, se vuoi soggiorno entro al mio petto” “Chi è costui, che in fresca etade acerba” “Crescon le lievi spiritali penne” “Del buon Foggini l’ingegnosa mente” “Di Giovinezza la ferace pianta” “Miro il Ciel, che si turba, il Mar, che freme” “Omai ribolle in le sanguigne vene” “Ragion, siamo assaliti, all’arme, all’arme” “Scuote dell’età verde acerbo vento” “Volgo al tempo lo sguardo, ed il trascorso” 235 236 236 231 232 231 234 237 233 237 234 230 XXXVIII. Niccolò Forteguerri (Nidalmo Tiseo) N. testi: 17 Genere metrico: 351 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “A chi dirà di voi, Ninfe, e Pastori” “Non giunse mai, mercé d’amica sorte” “Se questa, ove desio ferve di lode” 240 239 239 • Sonetti (12) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Così va, Linco: quando men tel pensi” “Disse Lesbino, lagrimando forte” “L’altro ier, Dorinda mia, mi fece muso” “Lesbino mio, non ho quasi più voce” “Linco, mi giura non far mai palese” “Peregrinando un giorno, ahi fero giorno” “Possa morir, se più ti guardo in volto” “Questo Sol, questa Luna, e queste Stelle” “Signor, la fede a questa mi sospinge” “Silvino mio, conosci tu la figlia” “S’uom nasce a vita sì dogliosa, e ria” “Un dì Fortuna minacciosa in volto” 243 241 243 242 244 240 241 238 245 244 238 242 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata. “Io lo so, lo veggio ognora” 245-6 • Ode-canzonetta di ottonari liberi. “Al bel giogo maritale” 246-56 XXXIX. Silvio Stampiglia (Palemone Licurio) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con due parole-rima (ABAB, ABAB; ABA, BAB) “Dorinda ha un non so che nel sen, negli occhi” 261 • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi come io vidi impetuosa, e fiera” “Io credea, che Dorinda al mio ritorno” “Io mi credea dopo tant’anni, e tanti” “Oh quante volte al gran Danubio in riva” “Presso nobil Colonna, a cui d’intorno” “Qual’uomo unqua non uso a gir per l’onde” “Rividi alfin la vaga Pastorella” “Signor, più volte a gravi imprese intento” 258 257 260 257 258 259 262 259 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Nato è Francesco: oh come al suo natale” “Quando MARIA con tanta Gloria, e tanto” 261 262 352 “Sorge tra i sassi limpido un ruscello” XL. 260 Vincenzo da Filicaia (Polibo Emonio) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O ’l dolce tempo, ch’io di te godei” 263 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Così con saggio avviso i giorni, e l’ore” “Da i chiari orrori di quel puro inchiostro” “Ecco l’Anno già vecchio, eccol canuto” “Già stende all’Olmo la feconda Moglie” “Io son sì vago dell’orror natìo” “Ma quando Sirio le campagne accende” “Pensier robusto nell’età men forte” “Vidi poc’anzi un torbido, e veloce” 266 266 265 265 264 264 263 267 “Mostrommi un giorno il mio pensier le tante” 267 • Canzone di dieci strofe e congedo di settenari ed endecasillabi: abCaaBcddEe / pAaBbCc “Al fortunato speco” 279-83 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: abCcaBddEFEeF / pAA “Padre del muto obblio” 277-9 • Canzone di nove stanze e aBCBACCDEeDdfGfG / pAaBB “O di Provincie mille” congedo di endecasillabi e settenari: 272-7 • Canzone di dieci stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABbCACDEeDdFF / PaA “Stanco, e già sazio di soffrir la dura” 268-72 XLI. Francesco Maria Baciocchi (Polindo Cautoneo) N. testi: 6 Genere metrico: 353 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allorch’io penso al mio sdegnato Amore” “Poiché ’l mio basso stil non giunge al segno” “Se a quel, c’ho d’onorarvi, alto desio” “Se avvien, che a’ versi miei l’orecchio porga” “S’è ver, che Amor sia di Beltà desio” “Tu, che mercé dell’Idol mio, sostieni” XLII. 286 285 285 284 284 286 Giuseppe Coluccio Alaleona (Rosindo Lisiade) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Città, che a prova il Ciel, Natura, ed Arte” 288 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Donna, anzi Dea, sovra di bianco manto” 287 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Felici Euganei Colli, e d’ombre, e d’acque” “Tra questi Colli, ove lasciò la frale” 288 287 • Terzine “Porgete, o Dive d’Aretusa amiche” 289-93 XLIII. Luca Terenzi (Rutilio Teneo) N. testi: 2 Genere metrico: • Canzone di dieci stanze di endecasillabi e settenari: AbCbaCcDdEeFF “Oh fra quante del Sol l’occhio rimira” 297-301 • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: ABBACddecEFFGGhH “Felice chi lunge dal volgo errante” 293-7 XLIV. Innocenzo Montini (Sirante Melichio) N. testi: 4 354 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Altri per trarre dagli estranei lidi” 301 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Della candida aurora al fresco pianto” “Donna real di maestoso aspetto” 302 302 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DED “Vedi, Signor, l’Europa egra, e dolente” 303 XLV. Paolo Antonio Del Nero (Siringo Reteo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Spesso mi levo col pensiero in alto” 304 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ardo; e non già d’amor, che il piede, e l’ale” “Donna Real, nella cui man recaro” “Poiché tornando dal famoso Fiume” 303 304 305 • Ode di trenta strofe di tristici doppi: a8a4b8 ; c8c4b8 “Tu, che sei d’amore ignuda” 305-11 • Egloga dialogica di terzine sdrucciole, composta da Paolo Antonio Del Nero e Giuseppe Paolucci. “Siringo mio, dimmi qual cieca insania” 311-20 XLVI. Francesco Maria dell’Antoglietta (Sorasto Trisio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Per fare al Tempo, alla Fortuna, e a Morte” 320 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché l’inclito Blanco, il saggio, il giusto” “Qualor colui, che i miei pensier governa” 321 321 355 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Qual timido Nocchier, che quasi assorto” XLVII. 322 Giovanni Carlo Crocchiante (Teone Cleonense) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io vissi un tempo in servitù di un Nume” “Ohimè, ch’io veggio Amor, quello, che tende” “Oh in quanti affanni io mi ritrovo, oh in quante” 322 324 323 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Il cieco Arcier, che sempre guerra apporta” 323 • Ode-canzonetta di sedici esastici di ottonari: abbacc “In goder per la campagna” 324-7 XLVIII. Lodovico Adimari (Termisto Marateo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma, se la ragion non è sì forte” “Care Selve innocenti, amabil Rio” “Chi fia Costei, che i vanni al Ciel distende” “Come improvvisa, il tergo a me rivolto” “Orché Donna Real nel Trono assisa” “Quando dall’alto a noi drizzò le penne” “Siam pellegrini in terra, e il patrio albergo” XLIX. 328 331 329 330 329 328 330 Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio) N. testi: 14 Genere metrico: 356 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Oh se tornar dopo tant’anni, e tanti” “Questi è il gran Raffaello. Ecco l’idea” 333 334 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Nasce l’illustre CIRO, e nasce appena” 332 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A governar di Piero il sacro Legno” “Ecco il Parnaso: ecco gli allori, e ’l biondo” “Un giorno a i miei pensier disse il cor mio” 335 334 333 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Che si farà di questa ampia Antonina” “Questo è il dì, che nel Cielo il Sol vestissi” 332 331 • Ode-canzonetta di otto strofe di quinari, con schemi atbbccddeeatat (I) e ptaabbccddetet (II-VIII). “Come farò” 337-40 • Ode-canzonetta di nove sestine di ottonari: abbacc “Gelsomini, onor di Flora” 335-7 • Ode-canzonetta di tre strofe di ottonari e quadrisillabi: a8b8b8c4c8a8d8a8d8 “Dissi a Febo: una ghirlanda” 340-1 • Madrigale di settenari: aabbcc “Fillide al suo Pastore” 341 • Madrigale di settenari ed endecasillabi: aabBccDdee “Disse Giove a Cupido” 341 • Madrigale di endecasillabi e settenari: AabBCcdD “Manca ad Acon la destra, a Leonilla” 341 L. Gabriele Enriquez (Tirsindo Lusiano) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Furia gentil dell’amoroso Regno” 342 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Ecco, che il viver mio noioso, e grave” 342 357 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se quel, che di ragion saggio pensiero” LI. 343 Vincenzo Leonio (Uranio Tegeo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Non perché in Voi l’altero sangue, e degno” “Se quei, che spargo ognor, sospiri ardenti” 343 344 Indice de’ capiversi delle Rime, che formano il presente Ottavo Tomo, e de’ loro Autori, pp. [347-76]. 358 RACCOLTA | DI VARJ POEMETTI LIRICI, | DRAMMATICI, E DITIRAMBICI | DEGLI ARCADI | TOMO PRIMO, | CHE È IL NONO DELLE RIME. | All’Eminentiss. e Reverendiss. Principe | IL CARDINAL | PIETRO OTTHOBONI | VICECANCELLIERE DI S. CHIESA | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, Per Antonio de’ Rossi. 1722. | Con licenza de’ Superiori. Dedica di Giovan Mario Crescimbeni custode generale (Alfesibeo Cario) a Pietro Ottoboni, pp. [III-IX]. A chi legge, pp. [X-XI]. Imprimatur, permessi di stampa e protesta degli autori, pp. [XII-XIV]. CORONA POETICA | RINTERZATA | OFFERTA | Alla Santità di Nostro Signor Papa | INNOCENZIO | DECIMOTERZO | Dalla Ragunanza d’Arcadia, e dalle sue | Colonie, Campagne, e Rappresentanze. Sonetti Gregorio Redi (Autone Manturese), “Questa, che ordì non vile alma Corona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 3. Giovanni Battista Ridolfi (Ferildo Azzaniano), “Di frondi ignote al basso uman pensiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 4. Floriano Maria Amigoni (Alpago Milaonzio), “Emulo del famoso alto Elicona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 5. Giovanni Guasco (Matildo Stinfelio), “Il suol d’Arcadia, ch’è per Te sì altero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 6. Giuseppe Benedetti (Alcidalgo Sparziate), “Se a te l’offrisce il nostro Amor, perdona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 7. Saverio Del Giudice (Olasco Panacheo), “Sommo Pastore dell’Ovil di Piero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 8. Angelo Antonio Sacco (Leandro Oresteo), “A Te, cui fulgid’oro il crin corona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 9. Carlo Francesco Marcheselli (Corisbo Catarsio), “A Te, cui servo inchina il Mondo intero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 10. Giacinto Vincioli (Leonte Prineo): “Nostro tributo al gran Triregno intorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 11. Ubertino Landi (Atelmo Leucasiano), “Far pompa non desia del suo splendore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 12. Gaspere Romagnoli (Olasto Teario), “Tra i bei serti regali, ond’Egli è adorno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 13. Giovanni Battista Boccolini (Etolo Silleneo), “Fia sol suo pregio, e non fia già minore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 14. Giovanni Battista Palma (Callimbo Feneio), “Farsi veder del tempo edace a scorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 15. 359 Girolamo Tozzi (Silauro Pandosiano), “Bell’ornamento in fronte al tuo valore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 16. Giovanni Abati (Neralbo Miragetico), “A Te, cui fulgid’oro il crin corona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 17. Pietro Ignazio Della Torre (Eumante Acheleio), “A Te, cui Servo inchina il Mondo intero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 18. Antonio Bonaventura Crescimbeni (P. Filippo Antonio della Concezione; Sofronio Ladeo): “Nostro tributo al gran Triregno intorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 19. Michele Toni (Tigello Gorgasio), “Sommo Pastore dell’Ovil di Piero” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 20. Pietro Antonio Crevenna (Salento Elafieio), “Far pompa non desia del suo splendore” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 21. Giovanni Francesco Baldini (Brennalio Reteo), “Se a Te l’offrisce il nostro Amor, perdona” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 22. Girolamo Baruffaldi (Cluento Nettunio), “Tra i bei serti regali, ond’egli è adorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 23. Bernardino Leoni Montenari (Enilo Ammonio), “Il suol d’Arcadia, ch’è per Te sì altero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 24. Francesco Benci (Olpindo Coccigio), “Fia sol suo pregio, e non fia già minore” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 25. Biagio Maioli d’Avitabile (Agero Nonacride), “Emulo del famoso alto Elicona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 26. Giovanni Carlo Crocchiante (Teone Cleonense), “Farsi veder del tempo edace a scorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 27. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio), “Di frondi ignote al basso uman pensiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 28. Antonio Tommasi (Vallesio Gareatico), “Bell’ornamento in fronte al tuo valore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 29. Niccolò Madrisio (Cleone Epitese), “Farsi veder del tempo edace a scorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 30. Pietro Bonaventura Savini (Eurialo Liceano), “Fia sol suo pregio, e non fia già minore” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 31. Camillo Ranieri Zucchetti (Nadasto Licoate), “Tra i bei serti regali, ond’egli è adorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 32. Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Far pompa non desia del suo splendore” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 33. Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna; Adalsio Metoneo), “Nostro tributo al gran Triregno intorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 34. Salvino Salvini (Criseno Elissoneo), “A Te, cui servo inchina il Mondo intero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 35. Antonio Maria Salvini (Aristeo Cratio), “A Te, cui fulgid’oro il crin corona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 36. Ermenegildo Blasetti (Lamisto Dafneo), “Sommo Pastore dell’Ovil di Piero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 37. Carlo Emanuele d’Este (Ateste Mirsinio), “Se a te l’offrisce il nostro Amor, perdona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 38. Francesco Maria Mancurti (Clonimo Evoreo), “Il suol d’Arcadia, ch’è per Te sì altero” (ABBA, BAAB; CDE, ECD), p. 39. 360 Domenico Fabbretti (Elasgo Crannonio), “Emulo del famoso alto Elicona” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 40. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Di frondi ignote al basso uman pensiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 41. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Questa, che ordì, non vile alma Corona” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 42. CORONA | POETICA | RINTERZATA, | Offerta dalla Ragunanza d’Arcadia | ALLA SANTITA’ DI PAPA | CLEMENTE XI. | L’Anno MDCCI. che fu il primo | del suo Pontificato. Sonetti Cesare Bigolotti (Clidemo Trivio), “Alto Signor, di lei Padre, e sostegno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 45. Pompeo Figari (Montano Falanzio), “Di cui già fosti difensore, e Figlio” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 46. Gregorio Malisardi (Metagene Erio), “A governar di Pietro il sacro Legno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 47. Paul Bernardy (Lamindo Cratidio), “Dal Cielo eletto nel maggior periglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 48. Giulio Fagnani (Floristo Gnausonio), “D’Arcadia ecco a’ tuoi piè l’agreste Regno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 49. Paolo Ranucci (Ati Argiretico), “Cui tragge sol di fido Amor consiglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 50. Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio), “Deh non aver suoi puri voti a sdegno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 51. Giovanni Giuseppe Felice Orsi (Alarco Erinnidio), “Al rozzo stato suo volgendo il ciglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 52. Filippo Fabri (Alindo Scirtoniano), “Quell’invitta Umiltà, che ti fu guida” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 53. Silvio Stampiglia (Palemone Licurio), “Dell’universo al glorioso pondo” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 54. Rutilio Parracciani (Acarinto Oressio), “Odi, qual per noi parla, e qual n’affida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 55. Domenico De Angelis (Arato Alalcomenio), “Di tua mente uno sguardo almo, e giocondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 56. Giulio Cesare Grazini (Benaco Deomeneio), “Se alle nostre foreste avvien, che arrida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 57. Pier Jacopo Martello (Mirtilo Dianidio), “Qual fia di noi gente più chiara al Mondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 58. Giuseppe Antonio Vaccari (Fedrio Epicuriano), “Deh non aver suoi puri voti o sdegno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 59. Giovanni Bartolomeo Stanislao Casaregi (Eritro Faresio), “Al rozzo stato suo volgendo il ciglio” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 60. Flaminio Piccioni (Flamindo Irmineo), “Quell’invitta Umiltà, che ti fu guida” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 61. 361 Francesco Forzoni Accolti (Aristile Pentelio), “Cui tragge sol di fido Amor consiglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 62. Eustachio Manfredi (Aci Delpusiano), “Dell’Universo al glorioso pondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 63. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “D’Arcadia ecco a’ tuoi piè l’agreste Regno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 64. Antonio Maria Salvini (Aristeo Cratio), “Odi, qual per noi parla, e qual n’affida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 65. Alamanno Isolani (Agaristo Teutidio), “Dal Cielo eletto nel maggior periglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 66. Pietro Ottoboni (Crateo Ericinio), “Di tua mente uno sguardo almo, e giocondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 67. Alessandro Cerrati Galanti (Gantila Pelleneo), “A Governar di Piero il sacro Legno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 68. Salvino Salvini (Criseno Elissoneo), “Se alle nostre Foreste avvien, che arrida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 69. Brandaligio Venerosi (Nedisto Collide), “Di cui già fosti difensore, e Figlio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 70. Giovanni Battista Cotta (Estrio Cauntino), “Qual fia di noi Gente più chiara al Mondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 71. Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide), “Se alle nostre Foreste avvien, che arrida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 72. Giovanni Battista Brancadori Perini (Aurindo Buraico), “Di tua mente uno sguardo almo, e giocondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 73. Francesco Del Teglia (Elenco Bocalide), “Odi, qual per noi parla, e qual n’affida” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 74. Pier Andrea Forzoni Accolti (Arpalio Abeatico), “Dell’Universo al glorioso pondo” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 75. Pompeo Camillo di Montevecchio (Fertilio Lileo), “Quell’invitta Umiltà, che ti fu guida” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 76 Pietro Antonio Bernardoni (Cromiro Dianio), “Al rozzo stato suo volgendo il ciglio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 77. Fabio Ferrante (Florimbo Efirio), “Deh non aver suoi puri voti a sdegno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 78. Romano Merighi (Retilo Castoreo), “Cui tragge sol di fido amor consiglio” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 79. Gaetana Passerini (Silvia Licoatide), “D’Arcadia ecco a’ tuoi piè l’agreste Regno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 80. Carlo Enrico Sanmartino (Lucanio Cinureo), “Dal Cielo eletto nel maggior periglio” (ABBA ABBA; CDC DCD), p. 81. Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio), “A governar di Piero il Sacro Legno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 82. Marco Antonio Mozzi (Darisco Gortinio), “Di cui già fosti difensore, e Figlio” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 83. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Alto Signor, di lei Padre, e sostegno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 84. 362 CORONA POETICA | Offerta dagli Arcadi | L’ANNO MDCCXIX. | ALLA SACRA IMMAGINE | DI | S. MARIA IN COSMEDIN | In occasione del cospicuo ristoramento | FATTO | Dalla Santità di N. S. Papa | CLEMENTE XI. | Della Piazza di quella Basilica, dentro | la cui Parrocchia è situato il loro | Bosco Parrasio. Sonetti Giuseppe Ercolani (Neralco Castrimeniano), “Questa, che veneriam su sacro Altare” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 87. Giovanni Angelo Salvi (Eupalte Lampeo), “Della Vergine Madre Immago antica” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 88. Giovanni Francesco Baldini (Brennalio Reteo), “Terrena opra non è: sì bella appare” (ABBA, ABBA; CDE, CDE), p. 89. Ignazio De Bonis (Cloriso Scotaneo), “Sì maestosa in volto, e sì pudica” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 90. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Ben conservò l’alme sembianze, e rare” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 91. Pietro Bonaventura Savini (Eurialo Liceano), “Dall’empia rabbia Oriental nemica” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 92. Florido Tartarini (Gelindo Teccaleio), “L’Ira ben vinse dell’etadi avare” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 93. Pier Jacopo Martello (Mirtilo Dianidio), “Pur negletta era omai tra gente amica” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 94. Eustachio Manfredi (Aci Delpusiano), “Or che la rende al gran culto primiero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 95. Faustina Maratti Zappi (Aglaura o Aglauro Cidonia), “Nuovo al bel Tempio suo crescendo onore” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 96. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “L’alta pietà del Successor di Piero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 97. Giovanni Battista Gambi (Olandro Pentelio), “Voi, cui cinge di gloria il suo favore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 98. Pier Maria Dalla Rosa Prati (Alidalgo Epicuriano), “Co’ chiari carmi, c’han sugli anni impero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 99. Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide), “La degna opra lodate, e il pio Signore (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 100. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Questa, che veneriam su sacro Altare” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 101. CORONA | POETICA | Offerta dalla Ragunanza | d’Arcadia | All’Augustissimo IMPERADORE | CARLO VI. | Nella sua Assunzione all’Imperio. Sonetti Diotallevo Buonadrati (Forbante Ippodamico), “Signor, che lume spandi ampio, e profondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 105. Vincenzo Leonio (Uranio Tegeo), “Qual mai non vide in terra, occhio, o pensiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 106. 363 Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico), “Il bel di tue virtù splendor giocondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 107. Francesco Borgiassi (Egelio Tesmiano), “Unendo a i rai del prisco sangue altero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 108. Antonio Francesco De Felici (Semiro Acidonio), “Era al suo gran valor ben lieve pondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 109. Andrea Diotallevi (Velalbo Trifiliano), “L’Indico Scettro, e’ l vasto Soglio Ibero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 110. Giuliano Sabbatini (P. Giuliano di S. Agata; Ottinio Corineo), “Se non prendevi ancor Giove secondo” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 111. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio), “L’immenso fren dell’Universo intero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 112. Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco), “Pure in tanta grandezza oh qual risplende” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 113. Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Bella Clemenza al tuo gran Nume accanto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 114. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Oh qual da lei benigno guardo scende” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 115. Pietro Antonio Bernardoni (Cromiro Dianio), “Questa, che tien sopra il tuo cuore il vanto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 116. Floriano Maria Amigoni (Alpago Milaonzio), “De’ gran tributi al par grato ti rende” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 117. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “Quel, che t’offre l’Arcadia, umil suo canto” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 118. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Signor, che lume spandi ampio, e profondo” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 119. CORONA | POETICA | IN LODE | DI MARIA | CASIMIRA | Regina Vedova di Pollonia, | Tessuta dalla Ragunanza d’Arcadia, | e recitata avanti la Maestà Sua | l’anno 1699. Sonetti Pompeo Figari (Montano Falanzio), “Che sol di Voi l’augusto Tebro è degno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 123. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo), “Oh con quanta sua gioia il Mondo or vede” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 124. Giovanni Bartolomeo Stanislao Casaregi (Eritro Faresio), “Poiché di Gloria omai toccaste il segno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 125. Filippo Fabri (Alindo Scirtoniano), “L’Istro, che sol per Voi libero ha il piede” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 126. Tommaso Politi (Silvago Teneo), “La Vistola, che già chiamovvi al Regno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 127. Carlo Sigismondo Capece (Metisto Olbiano), “Parli la Senna, a cui già il Ciel vi diede” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 128. Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio), “Come diffonde in terra almo splendore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 129. 364 Brandaligio Venerosi (Nedisto Collide), “Miro lo stuol delle Virtuti accolto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 130. Giorgio Gizzarone (Oratino Boreatico), “Il magnanimo vostro invitto core” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 131. Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Se col pensiero a contemplar mi volto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 132. Paul Bernardy (Lamindo Cratidio), “Insieme uniti Maestade, e Amore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 133. Rutilio Parracciani (Acarinto Oressio), “Veggio di grazie in mezzo ad ordin folto” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 134. Domenico De Angelis (Arato Alalcomenio), “Donna immortal, del secol nostro onore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 135. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Se fiso il guardo al real vostro volto” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 136. CORONA | POETICA | Intrecciata dalla Ragunanza | d’Arcadia | PER LA NASCITA | DEL | PRINCIPE | DEL PIEMONTE, | E recitata nel Bosco Parrasio | l’Anno 1699. Sonetti Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “Cantin gli Omeri, ecco risorto Achille” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 139. Tommaso Politi (Silvago Teneo), “Or gridi ove il Sol muore, ove rinasce” (ABAB, ABAB; CDE, CDE), p. 140. Alessandro Cerrati Galanti (Gantila Pelleneo), “La Fama al suon di mille trombe, e mille” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 141. Paul Bernardy (Lamindo Cratidio), “E Pietade, e Virtù t’offron le fasce” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 142. Carlo Sigismondo Capece (Metisto Olbiano), “Di vivaci di Gloria alme faville” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 143. Francesco Primerio (Simaco Egano), “Il paterno valor largo ti pasce” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 144. Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio), “La bella Cipro ritornar già vede” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 145. Giorgio Gizzarone (Oratino Boreatico), “Sotto i suoi segni gloriosi, e santi” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 146. Rutilio Parracciani (Acarinto Oressio), “Riconoscendo in te Roma, e la Fede” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 147. Giovanni Battista Cotta (Estrio Cauntino), “De’ famosi Avi tuoi gli eccelsi vanti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 148. Domenico De Angelis (Arato Alalcomenio), “Ponesti pur nel basso Mondo il piede” (ABBA, ABBA; CDC, EDE), p. 149. Lorenzo Poliziani (Sidonte Linnate), “Lasciasti pur gli eterni Orbi stellanti” (ABAB, ABBA; CDC, DCD), p. 150. Pompeo Figari (Montano Falanzio), “Del Signor della Dora inclito erede” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 151. 365 Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “O aspettato per tanti anni, e tanti” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 152. CORONA | POETICA | Tessuta dalla Ragunanza d’Arcadia | IN LODE DI MONSIGNORE | ANNIBALE | ALBANI | Tra gli Arcadi Acclamati POLIARCO | TAIGETIDE, Nipote di Clemente XI. | Sommo Pontefice, ora Cardinale | della S. R. C. | In occasione della Laurea Dottorale | in ambe le Leggi presa da lui nell’ / Università d’Urbino sua Patria, | l’anno 1704. Sonetti Francesco Maria Gasparri (Eurindo Olimpiaco), “D’illustri Ulivi, o di famosi Allori” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 155. Giuseppe Antonio Maggi (Lavillo Elicese), “Sebben tu cingi il dotto crin gentile” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 156. Filippo Fabri (Alindo Scirtoniano), “Lascia, che Arcadia anch’ella oggi t’onori” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 157. Antonio Zampieri (Dareno Minteo), “Nel consueto suo semplice stile” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 158. Carlo Emanuele d’Este (Ateste Mirsinio), “Questa Ghirlanda di leggiadri fiori” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 159. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo), “Colti in povero suol da man non vile” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 160. Giovanni Vizzaron (Mirteo Teneate), “Offron colmi d’ossequio i nostri cori” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 161. Petronilla Paolini Massimi (Fidalma Partenide), “A Te, che vivi in tua grandezza umile” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 162. Antonio Francesco De Felici (Semiro Acidonio), “Se già del Mondo presagir l’Impero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 163. Rutilio Parracciani (Acarinto Oressio), “I chiari fregi del Febeo soggiorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 164. Fabrizio Monsignani (Lauso Diofanio), “Al gran Clemente in sul fiorir primiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 165. Florido Tartarini (Gelindo Teccaleio), “Teco partir l’alte sue cure un giorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 166. Pompeo Figari (Montano Falanzio), “El si vedrà, saggio Garzone altero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 167. Fabio Ferrante (Florimbo Efirio), “Per tanti Serti, ond’or ti mostri adorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 168. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “D’illustri Ulivi, e di famosi Allori” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 169. CORONA | POETICA | OFFERTA DAGLI ARCADI | All’Eminentissimo, e Reverendissimo | PRINCIPE | FRA MARCO ANTONIO | ZONDADARI | Nella sua Esaltazione alla 366 Dignità | di Gran Maestro della Sacra | Religione Gerosolimitana, | seguita l’anno 1720. La ghirlanda di sonetti (pp. 171-87) è anche in RdA, vol. VIII, pp. [ix-xvi]. CORONA | POETICA | TESSUTA DA DIVERSI | PASTORI ARCADI | Per lo Nobilissimo Dramma | DEL | COSTANTINO | PIO | Fatto rappresentare in Roma, dall’ Emi- | nentissimo Cardinale Pietro Otthoboni | Vicecancelliere di S. Chiesa, nel Pa- | lazzo della Cancelleria Apostolica | l’anno 1710. Sonetti Vincenzo Leonio (Uranio Tegeo), “Il primo, ch’offrì Roma a Cristo, onore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 191. Pier Jacopo Martello (Mirtilo Dianidio), “Signor, vostra mercé, fa a noi ritorno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 192. Alessandro Cerrati Galanti (Gantila Pelleneo), “Ecco di COSTANTINO il pio valore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 193. Francesco Maria Della Volpe (Cleogene Nassio), “Col santo Segno trionfar d’intorno” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 194. Pompeo Figari (Montano Falanzio), “Voi d’ogni uman pensier reso maggiore” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 195. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “Fate al tempo, e all’obblio sì illustre scorno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 196. Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio), “La prisca Roma, dal sepolcro fuore” (ABAB, ABAB; CDE, CDE), p. 197. Cesare Bigolotti (Clidemo Trivio), “Chiamando entro al regal vostro soggiorno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 198. Faustina Maratti Zappi (Aglaura o Aglauro Cidonia), “Or qual mai darem lode al pregio vostro” (ABBA, ABBA; CDC, EDE), p. 199. Floriano Maria Amigoni (Alpago Milaonzio), “Alma immortal degnissima d’Impero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 200. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo), “Se non che a tanto è scarso il merto nostro” (ABBA, BAAB; CDC, DCD), p. 201. Niccolò De Simoni (Anasco Ninfadio), “Esclami (e pur fia poco) il Mondo intero” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 202. Angelo Antonio Somai (Ila Orestasio), “Questo in terra di gloria inclito Mostro” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 203. Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico), “Finse il gran COSTANTINO, ed egli è il vero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 204. Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Il primo, che offrì Roma a Cristo, onore” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 205. CORONA | POETICA | Tessuta l’Anno MDCCXVII. | DA DIVERSI | PASTORI ARCADI | PER IL SIGNOR ABATE | D. ALESSANDRO | ALBANI | Nipote del 367 Sommo Pontefice Clemen- | te XI. ora Cardinale di S. Chiesa, | detto tra gli Arcadi Acclamati | CRISALGO ACIDANTEO, | In occasione del suo Dottorato in ambe le / Leggi nell’Università d’Urbino. Sonetti Giovan Mario Crescimbeni (Alfesibeo Cario), “Va del Metauro a riveder la sponda” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 209. Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico), “Disse al saggio Alessandro il gran Clemente” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 210. Francesco Maria Lorenzini (Filacida Luciniano), “Vedrai Donna immortal presso a quell’onda” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 211. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Figlia d’eccelsa infaticabil mente” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 212. Francesco Saverio Gori (Orminto Agoreo), “La chioma tua per man di Lei circonda” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 213. Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio), “D’allor, che adorna l’Eliconia Gente” (ABAB, ABAB; CDC, EDE), p. 214. Ignazio De Bonis (Cloriso Scotaneo), “Scarso premio a gran merto è lieve fronda” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 215. Pompeo Rinaldi (Coralbo Aseo), “Alto gridai mosso da zelo ardente” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 216. Florido Tartarini (Gelindo Teccaleio), “Altro serto, Signor, che i lauri suoi” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 217. Enea Antonio Bonini (Acasto Lampeatico), “E le remote Piagge, e le vicine” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 218. Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Ornar l’alto Garzon veggan fra noi” (irregolarità rimica nei vv. 9, 11, 13), p. 219. Giuseppe Paolucci (Alessi Cillenio), “Veggan fra le più degne Alme Latine” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 220. Antonio Colloreti (Corsildo Alfeio), “Col cerchio d’or, che sol serba agli Eroi” (ABAB, BABA; CDC, DCD), p. 221. Cesare Bigolotti (Clidemo Trivio), “Alta Virtù, che gl’incoroni il Crine” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 222. Andrea Diotallevi (Velalbo Trifiliano), “Va del Metauro a riveder la sponda” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 223. Alla Santità di Nostro Signore | PAPA | CLEMENTE XI. | Nel terminare l’Anno vigesimo della | sua gloriosa Esaltazione. | CORONA POETICA | DELL’AB. FRANCESCO MARIA | DELLA VOLPE Imolese, | DETTO CLEOGENE NASSIO. Sonetti “Quel tuo negar Te stesso al sommo Impero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 225. “Quel Pianto illustre oh quanto dir volea!” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 226. “La Nave, oh Dio, la Nave, ohimè, di Piero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 226. “Solcar fra scogli oh quanto Mar dovea” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 227. 368 “Dell’immortal Rifiuto il gran pensiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 227. “Le speranze del Porto a noi togliea” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 228. “Tra suoi gran Figli altro miglior Nocchiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 228. “No, che il Tebro di Te, no non avea” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 229. “Ti mosse alfin Pietà de i nostri danni” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 229. “Già quattro lustri, alle procelle in seno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 230. “Sul santo Abete a pro di noi t’affanni” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 230. “Già quattro lustri, e senza un dì sereno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 231. “Altri ne veggio in sulle vie degli anni” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 231. “Deh sian più lieti, ed altrettanti almeno” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 232. “Quel tuo negar Te stesso al sommo Impero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 232. Ghirlanda di Fronde, e Fiori | TESSUTA | DA GIO. MARIO CRESCIMBENI | Maceratese, | DETTO | ALFESIBEO CARIO | Custode d’Arcadia l’anno 1699. ed offerta a nome | di diversi Pastori, e Pastorelle Arcadi | a SILVILLA nel suo dì Natalizio. Sonetti “Perché fregi non ha d’oro, né d’ostro” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 233. “Adorna sì, che al vulgo vil non splende” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 234. “Ride la gloria sol tra l’orror nostro” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 234. “Dove chiara virtù giammai non scende” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 235. “Non v’esser pregio entro il terreno Chiostro” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 235. “Ella ben vede, e col pensier comprende” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 236. “Volge bramosa i begli occhi modesti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 236. “Silvilla oh come a i vostri rozzi onori” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 237. “Offrite il bel tributo agili, e presti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 237. “Affrettatevi omai, Ninfe, e Pastori” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 238. “Poiché mi nega il Ciel, che più t’appresti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 238. “Grati in dono ti sieno e fronde, e fiori” (ABBA, BAAB; CDC, DCD), p. 239. “Eccelsa Diva, che tra noi scendesti” (ABBA, ABBA; CDC, DCD), p. 239. “Sorgon del dì felice i chiari albòri” (ABAB, ABAB; CDC, DCD), p. 240. IL FERRAGOSTO | EGLOGA | DI GIO. BATISTA ZAPPI | DETTO TIRSI LEUCASIO, | E DI GIO. MARIO CRESCIMBENI | DETTO ALFESIBEO CARIO, | Recitata dagli stessi Autori, col tramischiamento | di varie Canzoni, cantate da’ Musici, la sera | delle Calendi d’Agosto l’anno 1701. | nel Palazzo | DELL’EMINENTISSIMO CARDINALE | PIETRO OTTHOBONI | Vicecancelliere di S. Chiesa, detto tra gli | Arcadi Acclamati CRATEO ERICINIO. “M’hai tu condutto alle Magion celesti” (pp. 241-257): terzine (1-189); strofa doppia, a7sa7sb7sb7sc5t ; d5e5sd5e5sc5t (190-9); esastico, a7B11b7A11p7P11t (200-5); terzine (206-26); primo canto (227-53); terzine (254-83); secondo canto (284-313); terzine (314-49); terzo canto (350-64); terzine (365-79); coro (380-411); terzine (412-7); endecasillabi frottolati (418-68); terzine (469-90). 369 FESTA POETICA | PER LA SOLENNITÀ | DEL | SS. NATALE | Celebrata dagli Arcadi nella Cancel- | leria Apostolica la Sera de’ 4. | di Gennaio MDCCXXII. | ALL’EMINENTISS. E REVERENDISS. PRINCIPE | IL CARDINALE | PIETRO OTTHOBONI | VICECANCELLIERE DI S. CHIESA. EGLOGA | DELL’ABATE MICHEL GIUSEPPE MOREI | Fiorentino, | DETTO | MIREO ROFEATICO, | Dentro la quale s’include tutta la presente | FESTA POETICA. “Sei qui Tersillo? e chi ti trasse fuori” (pp. 261-93): terzine (vv. 1-25); terzine (“Sinfonia d’Istrumenti Musicali da fiato, e da arco”, vv. 26-113); prima parte della cantata del Morei sulle note di Giovanni Battista Costanzi (“Su Pastori”, pp. 265-70); terzine (vv. 114-50); notizia del discorso di Domenico Maria Corsi (p. 271); terzine (vv. 151-205); seconda parte della cantata (“Quel fervido affetto”, pp. 273-77); terzine (vv. 206-15); sonetti (pp. 277-87);2 terzina (vv. 216-8); endecasillabi faleci (vv. 219-62); terza parte della cantata (“Padre, che luogo è questo?”, pp. 289-93). DITIRAMBO | DI | ANTON DOMENICO | NORCIA, | TRA GLI ARCADI | GOMERO ALONEO, | In occasione del sontuoso Stravizzo fatto | DALL’EMINENTISS. SIG. CARDINALE | PIETRO OTTHOBONI | La sera de’ 10. di Febbraio 1706. “Poiché si vide soggiogato, e vinto”, pp. 294-303. BACCO | IN TOSCANA. | DITIRAMBO | DI | FRANCESCO REDI | Detto tra gli Arcadi ANICIO TRAUSTIO. “Dell’indico Oriente”, pp. 304-35. I BRINDISI. | DITIRAMBO | DI GIOVAN MARIO | CRESCIMBENI, | DETTO | ALFESIBEO CARIO Custode d’Arcadia, | Recitato da lui in occasione di Stravizzo | l’anno 1704. | A MONSIGNOR | DOMENICO RIVIERA, | Detto METAUREO GERUNTINO. “Beviamo, Amici, olà”, pp. 335-49. 2 Andrea Trabucco (Albiro Mirtunziano), “Godiam, Pastori; e con Noi goda ancora (ABAB, BABA; CDC, DCD, pp. 277-8); Carlo Doni (Cesennio Issunteo), “Cinto d’umana spoglia è ver, che giace (ABBA, BAAB; CDC, DCD, p. 278); Dionigi Fiorilli (Simonide Acheloio), “Nacqu’io dal Genitor nel tempo eterno” (ABAB, ABAB; CDE, CDE, p. 279); Domenico Fabbretti (Elasgo Crannonio), “E pure ad onta de’ suoi danni il Trace” (ABBA, ABBA; CDC, DCD, pp. 279-80); Ermenegildo Blasetti (Lamisto Dafneo), “Pria, che forma si desse alla natura” (ABBA, ABBA; CDC, DCD, p. 280); Ermenegildo Del Cinque (Pomildo Geraniarco), “Questo, amici Pastori, è quel felice” (ABAB, ABAB; CDC, DCD, p. 281); Francesco Domenico Clementi (Agesilo Brentico), “Questi è quel Dio, che su nel Cielo ha il Trono?” (ABAB, ABAB; CDC, DCD, pp. 281-2); Francesco Maria Cagnani (Eustasio Oeio), “Vidi la colpa antica, e’l van desio” (ABBA, ABBA; CDC, DCD, p. 282); Giovanni Biavi (Fiorillo Cromonio), “Qual giel t’ingombra, Anima mia, qual gielo” (ABBA, ABBA; CDE, CDE, p. 283); Giovanni Bernardino Pontici (Solimbo Badio), “L’Alto Fattor, che le create cose”; Giovanni Angelo Salvi (Eupalte Lampeo), “Diceami Aminta, (e in mezzo agli occhi avea”; Michele Maria Vicentini (Vormindo Amasiano), “Al nascer di GESÙ la pietra istessa”; Niccolò Liborio Verzoni (Dolasco Pierio), “Piange la Tortorella, e si dispera”; Saverio Maria Barlettani Attavanti (Eulisto Macariano), “Morso il pomo fatal, pianse la rea”; Silvio Stampiglia (Palemone Licurio), “Sotto spoglia mortale un Dio s’asconde” (ABBA, ABBA; CDC, DCD, pp. 283-7); Azzolino Malaspina (Erildo Teumesio), “Se l’aspetto del Serpe lusinghiero” (ABAB, ABAB; CDC, DCD, p. 287). 370 DITIRAMBO | DEL MARCHESE | UBERTINO LANDI | PIACENTINO, | Detto ATELMO LEUCASIANO | P. A. della Colonia Trebbiense. “Che sarà mai, che sarà mai, Pastori?”, pp. 350-4. IL BACCANALE | IN GIOVENCA | DEL DOTTOR | GIROLAMO BARUFFALDI | FERRARESE, | Detto tra gli Arcadi CLUENTO NETTUNIO. | A MONSIGNORE | ANDREA GIUSTINIANI | Prolegato di Ferrara nell’anno 1710. “Finché regna il Carnovale”, pp. 355-65. FESTA | DE’ BACCANALI | Celebrata in Napoli, e descritta | DALL’ABATE | ANTON FRANCESCO | DE’ FELICI Romano, | Detto SEMIRO ACIDONIO. | Uno de’ XII. Colleghi d’Arcadia. “La maggior Tromba, onde sì chiaro uscìo”, pp. 365-8: sedici sestine (ABABCC; l’ultima con schema ABABCtCt). COMPONIMENTO DITIRAMBICO | INTITOLATO | BACCO | IN AMERICA, | DELL’ABATE | MARCELLO MALASPINA | FIORENTINO, DE’ MARCHESI | DI FILATTIERA, | Letto da lui nella Capanna del Serbatoio d’Arca- | dia, in occasione di Stravizzo la sera | di Carnasciale dell’anno MDCCXXI. “Terminato, ch’egli ebbe il Dio del Vino”, pp. 369-86. MASCHERATA | DI DAME, E CAVALIERI | Nell’aprirsi in Milano il Carnovale | dell’anno corrente 1722. | STANZE | DI D. CARLO EMANUELLO | D’ESTE MILANESE, | Marchese di S. Cristina, tra gli Arcadi | ATESTE MIRSINIO, Vicecustode | della Colonia Milanese. “Un allegro pensier, che in gioia, e in riso”, pp. 387-9: sei ottave. 371 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO DECIMO. | AL SERENISSIMO PRINCIPE | PIETRO GRIMANI | DOGE DI VENEZIA. | (impresa dell’accademia dell’Arcadia) | In ROMA, Per Antonio de’ Rossi nella Strada del Sem. | Romano. 1747. | CON LICENZA DE’SUPERIORI. Dedica di Michele Giuseppe Morei custode generale (Mireo Rofeatico) a Pietro Grimani, pp. [III-V]. A chi legge, pp. [VI-VII]. Imprimatur, permessi di stampa e Protesta degli Autori, pp. [VIII-X]. I. Giovanni Filippo Adami (Abasto Tiseo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Le boschereccie Deità chiamando” “Regio Garzon, che dell’età sul fiore” 1 2 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “L’opre più belle, onde sudò Natura” 2 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Come colui, che rapido torrente” 3 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se fia, che un giorno impietosito Amore” 3 II. Giuseppe Brogi (Acamante Pallanzio) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dal cupo Abisso io strido: odami l’empio” “Dato alla colpa universal riparo” “Delle celesti Porte a me la Fede” “Funesto Carro uscir da nere porte” “Lieto d’Averno nell’orrendo soglio” “Nella vorago, che sfavilla, e avvampa” 11 6 4 10 6 13 372 “Qual pastorello, che sul piano erboso” “Quello smunto Destrier squallido, e nero” “Se de’ nemici più crudeli a scorno” “Sedotto dalla credula Consorte” “Sovente d’Alba sull’ameno colle” “Sovra la bassa region de’ Sensi” 4 5 12 5 13 11 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Giunto all’etade, in cui della Ragione” 7 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Due sentieri, o Mortal ti addito: in uno” “Nel gran volume degli eterni fasti” “O mi conduca in cavo alpestre speco” “O Roma, se l’origine traesti” “Poiché non ho stabile Patria, il piede” “Povera disadorna Pastorella” “Presi in età più verde il camin torto” “Qual dentro di me fassi orribil pugna?” “Udite o Cieli: Chi a voi parla è Dio!” 9 14 8 14 7 12 8 9 10 • Ottave “Ecco sovra di me m’inalza, e scuote” 15-8 III. Carlo Valenti Gonzaga (Adimanto Autonidio) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abab, abab; cdc, dcd “Vedi Tirsi come il prato” 20 • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ov’è quel volto d’ogni grazia adorno” “Poiché di Fille il vago, e bel sembiante” “Sciolto da’ lacci era io del crudo Amore” “Silvio la Ninfa, che ti punse il core” 19 19 18 21 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Questa ghirlanda umìl, che in Elicona” 20 • Ode di dodici strofe di ottonari: abbacc “Se del biondo, e vago Appollo” 21-3 373 IV. Faustina Maratti Zappi (Aglaura o Aglauro Cidonia) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “A qual mai non portò vietato errore” “Donna vidd’Io gran Carlo a te d’avanti” 24 26 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Questa è la tomba, ove Alessandro giace” 25 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Inclita illustre Donna, or ch’io ravviso” 25 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Chi è costei, che in volto delicato” 24 V. Nicola Maria Antonelli (Algindo Ileo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ferma, grido al pensier, qualor s’accinge” “Pietà, giustizia, ed equità s’aduna” VI. 27 26 Giampietro Tagliazucchi (Alidauro Pentalide) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Poiché voi stesse in altre conoscete” 27 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Aggio Madonna sudato, e tremato” “Che diranno, Madonna, le brigate” “Chiunque, Madonna, m’incontra per via” “Madonna, alfine el medico m’ha ditto” “Madonna io son questa mattina andato” “Sebben Madonna mossa da vertute” 29 31 28 29 30 28 374 “Spesso taluno m’arresta per via” 30 • Capitoli elegiaci (3) “Ben or m’avveggo manifestamente” “In ira a’ be’ vostri occhi aggio pensato” “O voi, che del mio lungo lagrimare” 33-5 35-9 31-3 • Ditirambo “Perché sì lenta, e pavida” 39-47 VII. Pietro Metastasio (Artino Corasio) N. testi: 2 Genere metrico: • Terzine “Già l’ombrosa del giorno atra nemica” 47-53 • Ottave “Nel vasto grembo alla tirrena Dori” 53-8 VIII. Giuseppe Odazzi (Atreno Alittorio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna d’eterne piume, e d’anni carca” “Dov’è, dov’è Colui, che in seno a queste” 60 59 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Era lontano Amore, e le quadrella” 60 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Poiché mi vide errar libero, e franco” 59 • Capitolo elegiaco “Le Sante Suore, che sì liete un giorno” 61-3 375 IX. Girolamo Teodoli (Audalgo Toledermio) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor, che nella età più bella è giunto” “Allor, ch’ergeva Babilonia altera” “Di chiara fonte in mezzo a bianca neve” “Di cinque Regni io miro là schierate” “Giunto, ch’è l’Uomo all’atra età cadente” “L’acqua, che pura sorge, e corre sciolta” “O sorga l’alba ruggiadosa, e grata” “Pria, che de’ Monti il Sol le cime indori” “Qual nell’umido suol placida giace” “Vidi fuori di me quasi portato” “Qual si presenta mai tenero oggetto” 64 65 68 66 65 68 69 64 67 69 66 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Saggio Nocchiero dall’amiche sponde” “Verdi Olivi, aspri Monti in vario aspetto” 67 63 X. Giuseppe Alessandro Ascani (Ciminio Nedano) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi la falce crudele a morte fura” “Oh morte, oh morte che a ragion superba” “Stiamo o Genti a veder la gloria nostra” “Verginella gentil di Nazarette” 70 71 71 73 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Pensoso stette il Padre Tiberino” “Placido sonno colle tarde piume” “Prode Signor nel cui sublime aspetto” 72 73 70 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Misera Italia nel tuo error gia dura” 72 376 XI. Filippo Maria Pirelli (Doralbo Triasio) N. testi: 20 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Non quel, che il vulgo teme, odio, e dispetto” “Quella incontro d’Amore alma superba” “Questa che incontro a’ miei caldi disiri” 82 76 83 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ben di sì dure adamantine tempre” 82 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Amor nudria infedel’empio disegno” “Come novo al mio petto acuto strale” “Dietro al tuo lume, Amore, i teneri anni” “Non credev’io che tanti, e sì diversi” “Presso è, cor mio, che faccia a noi ritorno” “Qualunque uom vide il mio primo colore” “S’io vinca ne le tante inique lutte” “Sol da’ begli occhi alteri in pria mi venne” “Tempra, mio cor, l’acerbo, e rio sospetto” “Vedi, Amor, come fugge occulta, e sola” 78 81 75 74 79 74 83 76 80 78 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Ben mi rimembra, quando al mio dolore” 79 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Forse udrà ’l Mondo un dì queste ch’io canto” “Lungi era un tempo Amor dal mio pensiero” 81 75 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Amor, quanto più forza ha nel suo braccio” 77 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Mentre io d’almo sudor la fronte aspergo” 77 • Canzone di sei stanze e congedo ABCBCAADeDFFEfgGHH / APabBCC “Spirto gentil, l’acerbo onorat’anno” XII. di endecasillabi e settenari: 84-7 Margherita Corradini Stelluti (Egina Tritonia) N. testi: 1 377 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Tu mi sfidi Pastore al Suono, al Canto” XIII. 88 Domenico Ottavio Petrosellini (Eniso Pelasgo) N. testi: 72 Genere metrico: • Sonetti (30) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor ch’Italia si slacciò dal petto” “Amor crudel m’ha posto al duro giogo” “Anima eccelsa, che da Noi disciolta” “Dov’è, dov’è Colei, che d’armi cinta” “Ecco quel forte Alcide, a cui diè tanto” “Folle è Colui, che nell’amar si appiglia” “Giunto del Regio Fiume alle chiare onde” “Il Tempio augusto, ad esser primo eletto” “La divina a ritrarre alta figura” “Legno, che dalla fera Affrica uscito” “Mira quell’immortal superbo Ponte” “Morta è Colei, che con la sua bellezza” “Nascesti, o sasso, già figlio di dura” “Nei tristi dì, che dal turbato ciglio” “Occhi leggiadri, occhi amorosi, e dove” “O dell’Arno, e del Tebro alto ornamento” “O del Sarmata Re decoro, e Figlio” “O Fanciulla crudel, Fanciulla ingrata” “O nere, o vive pupillette amate” “Or, che d’Adria la Vergine sdegnata” “Perché gran Donna, con penose, e meste” “Poiché da’ suoi tenaci nodi sciolta” “Qual naviglio agitato in mezzo al Mare” “Qual per l’ondoso Mar di Galilea” “Qual’uom, che all’alto grido disonora” “Se in un vaso commossa acqua si mira” “Signor’eccelso, allorché Morte ardita” “Suora diletta, che nel fior degl’anni” “Vaga Isabella, oh come ben sapete” “Vergine illustre, nel cui vago aspetto” 105 111 102 90 112 110 99 118 91 101 93 117 93 115 111 96 107 110 112 98 108 117 104 115 104 109 100 97 113 99 • Sonetti (5) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Allor che il Tebro sull’antico dorso” “Altri, o Signore, in Voi lodi le tante” “La bell’Arte, che fu seme, e misura” 101 92 107 378 “Quando al Figliol su la Sidonia arena” “Se la grand’Ombra di Colui, che scrisse” 113 103 • Sonetti (25) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al fin forte ragione, e forte sdegno” “Allor che contro Noi dalla divina” “Chiara, o Signor, nol niego è la mercede” “Come se il Padre a mensa, o presso al foco” “Da man di Morte inesorabil fiera” “Dentro la Sagra d’Alba eccelsa Mole” “Eccelsa Donna, Altri lodando Voi” “Ecco la Donna, che dal Regno franco” “E qual di Navi orribil Selva è quella” “E qual mai Furia disperata è questa” “Il Sol riporta da’ bei lidi Eoi” “Io te di ferità già non accuso” “Italia mia, che sconsolata, e mesta” “L’alta parola, che fra il lampo, e il tuono” “Magnanimo Clemente; allor che Voi” “Mentre la generosa, alma Donzella” “O Arte illustre, ch’oggi altrui fai noto” “O dell’eccelsa Urbino inclito Figlio” “Quando Fetonte pel grand’aer vano” “Quando, o gran Donna, il Nome, ed il Soggetto” “Queste soavi Collinette, e queste” “Signor’aspetta da Tessaglia un giorno” “Su i Teatri de’ Scauri, e de’ Pompei” “Un tempo anch’Io per l’ampio Mar d’Amore” “Ve’ colei, che dapresso ne minaccia” 89 102 116 108 105 106 97 103 114 90 106 116 91 92 94 98 96 95 109 114 100 94 95 88 89 • Ode-canzonetta di undici esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Già due volte il Mietitore” 149-51 • Canzone di otto stanze di endecasillabi e settenari: ABCaCBpPDdEeFF “Bello il veder la Gioventù feroce” 133-7 • Canzone di otto stanze e congedo ABCABCddPeffEGgHH / aaPbccBDdEE “Non canterò la fuggitiva fonte” di endecasillabi e settenari: 129-33 • Canzone di sei stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCdedefGgfhH / pAapbB “Ecco, che sceso giù dalla Montagna” 145-9 • Canzone di nove stanze e congedo ABCABCdeDEFgGFHH / abABCdDCEE “Ecco alfin dopo lungo amaro esiglio” di endecasillabi e settenari: 151-6 379 • Canzone di otto stanze e congedo ABCABCdefdEFGghhII / abcaBCDdeeFF “Regnò l’Assiro in sul veloce Eufrate” di endecasillabi e settenari: 137-42 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCACBddPEePfF / PAaBbP “Allor che il forte Condottier Romano” 125-9 • Canzone di cinque stanze e congedo ABCACBdedEfgfgHhII / ababCcDD “E t’è sì presto dalla mente uscita” • Canzone di sei stanze e congedo ABCACBdEdEFfPggHH / PaaBB “Nella stagion d’Autunno in su l’aurora” • Canzone di cinque stanze e congedo ABCBACdEdeFgfgHhII / AbabCcDD “Non per ornare atrio superbo, ò loggia” di endecasillabi e settenari: e settenari: 142-5 di endecasillabi 118-21 di • Terzine “O Muse Voi, che su l’alpestri, e liete” endecasillabi e settenari: 122-5 156-9 • Otto strofe, di lunghezza diversa, di endecasillabi sdruccioli sciolti. “Meco sdegnato Io crederotti, o Apolline” 159-63 XIV. Giovanni Battista Riccheri (Eubeno Buprastio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Nacque dagl’ozi de’ Caldèi Pastori” “Talor nell’alta Region de i venti” 165 164 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Son vani sogni della Plebe Achèa” 164 XV. Giovanni Angelo Salvi (Eupalte Lampeo) N. testi: 13 Genere metrico: 380 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Occhi, dove Amor regna, e d’onde fuora” “Vieni Imenèo dolce Signor de’ Cuori” 169 166 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Colui, che solo a gran contesa accinto” “Lungo è omài troppo l’aspettar, ch’io faccio” “Negre Chiome leggiadre, Occhi lucenti” “Qual mi serpe nel sen vivace Ardore” 167 165 168 168 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DED “Dissi all’Etadi antiche, ed alle nuove” 167 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “O della Notte Figlio, e dell’Oblìo” 166 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-180); due sequenze di endecasillabi frottolati (181-92); due esastici di settenari, aabbcc (193-204); due strofe di settenari, aabccbdd (205-20); quartina di endecasillabi, PPAA (221-4). “Che fai Callindo mio sì mesto, e tacito” 169-76 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-183); terzine (184-234); tre strofe di ottonari, abbaacc (235-55); sequenza di endecasillabi piani e sdruccioli (256-85). “Che fai Mopso costì sopra quell’Elice” 176-86 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine di endecasillabi sdruccioli (1-12); endecasillabi sdruccioli liberi (13-104); cinque strofe di settenari ed endecasillabi, pabccbAcDEeD (105-16), PAAbbcc (117-23), paBbAcc (124-30), PpPaaBbPCc (131-40), pAapbB (141-6). “E dove sono le nostr’erbe tenere” 186-91 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-227); terzine (228-75); strofa bipartita, a7b7b7C11 ; a7d7d7C11 (276-83); due sequenze di settenari a rima baciata (284-327); terzine (328-33, il verso centrale è irrelato); due tetrastici di ottonari, abab (334-41); due sequenze di settenari baciati (342-401, i vv. 398-401 sono a rima alternata); 402-9, endecasillabi sdruccioli (i vv. 407-8 sono settenari tronchi). “È questa, Eupalte mio, questa è l’Arcadia?” 199-212 • Egloga dialogica: endecasillabi sciolti (1-28, 38-118, 176-231), terzine (29-37, 11954), tre strofe di settenari, con schema aabbcca (155-75). “Eupalte pastorel sull’erba tenera” 191-8 XVI. Bernardo Bucci (Falanto Partenio) N. testi: 6 381 Genere metrico: • Terzine (6) “Il sermon saggio del buon Duca mio” “La cieca Invidia, che a se stessa incresce” “Lettor, se quando tolsi il primo assunto” “Salve Madre di Dio, salve Divina” “Tacque ciò detto; ed indi in suon più forte” “Tacque il mio Duca, e in un con esso tacque” XVII. 218-24 212-8 239-44 229-33 224-9 234-8 Francesco Maria Lorenzini (Filacida Luciniano) N. testi: 39 Genere metrico: • Sonetti (12) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mentre Io volea dire ad Amore: Amore” “Morte, dimmi chi sei? se al mio pensiero” “Negli Elisi, colà volse il pensiero” “O antica alma Città, che or mesta giaci” “Poiché la Vita al par del tempo corre” “Poiché pensosa, e colla man tremante” “Quando gl’occhi son lungi dall’oggetto” “Questo è quel colle, ch’oggi ancor si noma” “Saturnio Colle, che d’opime spoglie” “Scrivi, dissemi Amor, su quella scorza” “Sommo Pastor, Tu sai, che il Campidoglio” “Va pur, va, Ninfa, a quella rea capanna” 246 253 253 258 261 260 262 252 257 245 257 251 • Sonetti (23) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alfin mi lasci, o forte, e pio sostegno” “Amarilli ad Elpin dicea: la bruna” “Amore alfin, che cosa è questo Amore?” “Apri Morte quell’Urna, ove chiudesti” “Da che m’innamorai Bella di Voi” “Della mia Ninfa io non vo far parole” “Disse Apollo a Saturno: e quando avranno” “Fiume, se Febo il suo Lion non faccia” “In mezzo a vasto Campo io rimirai” “Italia, Italia Ancella di dolore” “Là dove sopra il natural costume” “Mie pecorelle, che per queste prata” “Nel dì, che fuori delle tombe ombrose” “O Verginella Mammola Viola” “O zeffiretto dalle pinte piume” 254 247 261 247 249 248 246 259 260 250 245 250 252 251 256 382 “Proteo pastore de’ marini armenti” “Qual fosse Roma al Secolo vetusto” “Quando apre gl’occhi la mia Ninfa, il Sole” “Quando s’appressa a me la donna mia” “Questa è l’Imago, o pure il Volto vero” “S’io sapessi parlar dell’alma Donna” “Tempo fu già, che il vano pensier mio” “Un giorno lusingando mi dicea” 259 258 249 248 254 255 255 256 • Canzone di sei stanze e congedo di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDfF / PaA “O collinetta aprica” 268-70 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABBAAcDDcEE / aBBaCC “Negl’occhi belli di Madonna Amore” 265-8 • Capitolo elegiaco “Vorrei spiegar l’inestinguibil fiamma” 262-5 • Ditirambo “Prema oblio col piè pesante” 270-81 XVIII. Giacinto Speranza (Nealmo Pirronio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Tu sei l’audace sventurato figlio” “Vieni dal bel Metauro, almo Marcello” 282 283 • Sonetto con schema ABAB, ABBA; CDC, DCD “Ahimè, che ascolto quella Tromba altera” 284 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Inclito Germe de’ Crescenzi Eroi” “Sul nobil Colle, che già un tempo è stato” 282 283 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A Te Gesù, d’ogni Signor più degno” 284 XIX. Antonio Baldani (Nicalbo Cleoniense) N. testi: 20 383 Genere metrico: • Sonetti (14) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Aita aita il debol mio Naviglio” “Alma grande, e beata, che t’aggiri” “Amor, perché sì tardi mi rammento” “Compiè Febo tre volte il gran camino” “Illustre Donna, allor che cinta miro” “Le Ninfe del Tirren, che altere ancora” “Men crudele, o Velalbo, e men feroce” “Nudi sassi, erti Monti, aspre caverne” “Poiché l’illustre, e memorando esempio” “Quel, che miri a sinistra altero Monte” “Solo, se non che meco, era il dolore” “Stanco di più soffrir l’acerbo Impero” “Superbo Colle, che bagnarti il piede” “Turbato, e mosso da ria febre ardente” 286 293 290 285 287 290 291 288 288 292 291 286 289 289 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Placossi al fin la sorte, e all’or che vidi” “Quando meco talor penso a quel die” “Tolta al furor delle Nemiche spade” 285 292 287 • Terzine (3) “Ah non fosse mai nata in Ciel l’Aurora” “Giovani incauti seguaci d’Amore” “Poiché sorda qual’Aspe i miei lamenti” 298-302 296-8 293-6 XX. Bartolomeo De Rossi (Nidastio Pegeate) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Non pensi Morte d’involar sì tosto” “Quel dì! quel dì! no; per mille anni, e cento” “Sta Niso; odo una voce, che dall’erto” 303 302 305 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alfesibeo lo disse! Et Io rammento” “Qual tu pingi Costei? Togli a quel ciglio” “Senti vecchio Capron; già a Te non resta” “Vedesti Eurillo il Tempio? e quai d’intorno” “Zeuside è questi: alle onorate spoglie” 304 303 304 306 305 384 XXI. Gioacchino Pizzi (Nivildo Amarinzio) N. testi: 34 Genere metrico: • Sonetti (13) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor, tu che alla massa informe, antica” “Arde, né m’ingann’io, verde Roveto” “Dagli occhi al cor, dal Cor di vena in vena” “Mai sempre Amor mi tiene al modo usato” “Occhi, e quando per sempre vi chiuderete” “O grande, o invitta, o sempre augusta Roma” “Or l’uno, or l’altro de’ pensieri miei” “O tese indarno a custodir la vista” “Quando penso a i consigli di ragione” “Talor meco medesimo mi rido” “Ti sei Tu fatto, Amor così funesto” “Tu, che il cauto tardare, e le dimore” “Vide la mia Ragion turbati, e sparsi” 308 314 312 310 313 317 311 314 309 308 319 317 320 • Sonetti (15) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amo, né so perché, so ben, che astretto” “Amor mi fe’ vedere una Catena” “Amor non sapev’Io, che quando cresci” “Chi prende a lodar voi, Donna sublime” “Dalla fama dipinta entro il pensiero” “Del Cuor, de’ Sensi, e del Voler l’impero” “Esce picciol desio dalla mia Mente” “Forse avverrà, che tua mercede, o sdegno” “Ite o infelici, ed ultimi sospiri” “Molti pensieri mobili, e incostanti” “Quando nuovo ad amare incominciai” “Sdegno, che sei delle più grandi imprese” “Tempo tu vedi, come Amor mi tiene” “Tristo pensiero, ecco noi siamo a fronte” “Vidi mercé d’un chiaro, e vivo lume” 306 310 313 307 315 311 318 312 319 321 316 318 315 307 309 “Amor mi prese per la chioma, e fiero” “E sarà ver, che rotte le catene” 316 320 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-72); due sestine di ottonari, abbacc (7384); tre sestine di ottonari, con schemi ababcc e abbacc (85-102); due strofe di settenari ed endecasillabi, abbaccDD (103-18); due sequenze di settenari variamente rimati, chiuse da un distico-refrain di endecasillabi baciati (119-96); endecasillabi sdruccioli e piani (197-204). “Che fai Micon fra quelle irsute selci?” 350-6 385 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-201); due strofe, A11P11A11b8c8b8c8d8d8e4e4f8g8f8g8h8h8 (202-18) e a8b8a8b8c8c8d4d4e8f8e8f8g8g8 (21932); endecasillabi frottolati (233-44); distici di settenari a rima baciata (245-56, ma i vv. 247-50 sono a rima incrociata); distico di endecasillabi a rima baciata (257-8); endecasillabi frottolati (259-69); distici di settenari a rima baciata (270-81, ma i vv. 272-5 sono a rima incrociata); distico di endecasillabi a rima baciata (282-3); terzine (284-305). “Eletto io sono del Prudente Armiro” 321-31 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-153); due sequenze di distici di settenari a rima baciata (154-217, i vv. 172-5 e 203-6 sono a rima alternata, mentre i vv. 183-6 e 214-7 a rima incrociata); endecasillabi sdruccioli liberi (21823); distico di endecasillabi a rima baciata (224-5). “Quando il verno a far legne al Bosco spingene” 343-50 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-214); sequenza di quinari, asasbbascsddcsesffesasggasas (215-32); endecasillabi sdruccioli (233-8); sequenza di quinari, asbsccbsdseedsfsggfshsiihsasllasas (239-61); strofe bipartite di ottonari, abba ; cddc (262-9); endecasillabi sdruccioli (270-317); strofe saffiche, P11sP11sA11a5 (31845); endecasillabi sdruccioli (346-51). “Tessala, ah tu non sai, non sai tu Tessala” 331-42 XXII. Eutizio Chiodi (Selago Galeatico) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amorosetta, e pallida Viola” “Colei, che già di me qualche cura ebbe” “O pastorello delle bionde Chiome” “Un lustro è già, che in sua Prigion mi tiene” 357 358 357 359 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A tergo un dì del numeroso Armento” “Questo cane, o Filen, ch’un tempo fido” 360 359 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Giovin, che il quarto lustro empivo appena” 358 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “O Galatea, che l’umida tua treccia” 360 386 XXIII. Ranieri Francesco Mari (Silvillo Coritense) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ferma, mio Bene, a che disciorre al Vento” 362 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, CDC “Là ’ve da un sasso zampillando fuore” 362 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quando dall’Alpi il barbaro Anniballe” 361 “Veggio dell’Asia la Città Regina” XXIV. 361 Giovanni Battista Felice Zappi (Tirsi Leucasio) N. testi: 2 Genere metrico: • Ode-canzonetta di ottonari (117 vv.), per lo più in distici a rima baciata. “Allor, quando la più bella” 368-72 • Ode-canzonetta di nove strofe (di lunghezza diversa) di distici di ottonari a rima baciata. “Se volete mascherarvi” 363-8 XXV. Mario Guarnacci (Zelalgo Arassiano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Fuma già da due Lustri il Sacro Altare” 374 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dice l’orgoglio Umano a me la Terra” “Ombre eccelse di Roma al fin’potrete” “Se sapesse il Destrier perché col freno” 373 373 372 387 • Canzone di otto stanze di endecasillabi e settenari: ABcDABCeDEFGFHIHGILL “O dei Campi d’Italia alto ornamento” 374-9 • Terzine “Pensando io stava a quell’acerbo strazio” XXVI. 379-86 Francesco Maria Ricci (Zitalce Melenidio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi mi dischiuse le Tartaree porte?” “O degli Austriaci Eroi magnanim’Ombre” “Poich’in Tessaglia, e fra vil gente misto” “Vide i prodigj, e i chiari segni intese” 388 387 389 389 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Di voi farsi lavacro a Nice piacque” “Poiché le Rime mie non son sì conte” 388 387 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [390-411]. 388 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO UNDECIMO | ALLE SACRE REALI MAESTÀ | DI | CARLO DI BORBONE | E | MARIA AMALIA | DI SASSONIA | Re, e Regina delle due Sicilie. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA, per Antonio de’ Rossi, MDCCXLIX. | CON LICENZA DE’ SUPERIORI. Dedica di Michele Giuseppe Morei custode generale (Mireo Rofeatico) a Carlo Borbone e Maria Amalia di Sassonia, pp. [III-VI]. III di Imprimatur e permessi di stampa, pp. [VII]. Protesta degli Autori, p. [VIII]. I. Sigismondo Gonzaga (Abaristo Temidense) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O bennata, o felice Anima grande” 3 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Felsina: E non sei Tu Madre d’Eroi” 2 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Non è questi Colui, Sionne infida” “Quel, che dà legge dal suo Trono augusto” “Vaghi augelletti, che su verdi fronde” “Vidi ciò, che d’eccelso, e di più adorno” 4 3 2 1 • Ode di dodici strofe di ottonari: ababcc “Scuoti pur la polverosa” 6-8 • Ode di otto strofe di endecasillabi e settenari: ABbACC “Sento dirmi talor dal Vulgo insano” 4-6 II. Carlo Valenti Gonzaga (Adimanto Autonidio) N. testi: 10 Genere metrico: 389 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, poiché saran mie luci spente” “Io veggio aimè l’inesorabil Parca” “Se fia che un dì, Io pur faccia ritorno” 9 12 11 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arcadia, Arcadia, o qual mai fausto giorno” “Che sì, che sì, che ti schiaccio la testa” “E la mia meraviglia, e il mio piacere” “Filli dinanzi a questo sacro Altare” “Io vi prego ad aver di me pietate” “O molli, o verdi, o tenerelle erbette” “Vidi l’alta Cittade di Quirino” 13 12 9 10 10 11 8 III. Curzio Reginaldo Boni (Argino Calcodonteo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amato mio German, che l’onorate” “Quando a legger, Morei, prendo i tuoi versi” IV. 14 13 Nunzio Vettini (Aiace Giardaneo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Quella, che dell’altrui ben si rattrista” 15 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore, Amor, da ognun si sente Amore” “Fors’è quegli Annibal, che sì veloce” 15 14 V. Lucio Ceccarelli (Caricleo Chermario) N. testi: 7 Genere metrico: 390 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “L’Arco augusto, che a noi ritorna in mente” “Poiché del Mondo ebbe il gran Fabro eterno” “Tutto allegro mirava il rio Serpente” 17 16 16 • Endecasillabi sciolti dislocati in strofe di lunghezza diversa. “Ecco il Figlio Minor del Re Britanno” (2) “Io la Cetra non prendo in man giammai” (2) 23-4 21-3 • Endecasillabi sdruccioli sciolti distribuiti in strofe di lunghezza disuguale. “In questo dì, che la letizia illumina” (2) 20-1 “O vago giorno, e più d’ogni altro lucido” (4) 17-9 VI. Pietro Paolo Carrara (Clarimbo Palladico) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alma, che sciolta dal mortal tuo velo” “Veggendo il duro inevitabil strale” 27 24 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Misero passaggier, ch’entro foresta” 27 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Perché pur Io, perché non ho la sorte” 26 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Sì fluttuarmi in sen odo gl’affetti” 25 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Figli dall’aria tenebrosa, e nera” “Rimena il tempo l’ore atre funeste” “S’io dell’aurea eloquenza andassi adorno” 25 28 26 VII. Giovanni De Leva (Clario Pedotrosoniano) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Tempo già fu, che d’atro obblìo cospersi” 28 391 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Prega armato il buon Duce d’Israelle” “Taci, o superbo, taci. In van credesti” VIII. 29 29 Giacomo Diol (Cleante Corintiense) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Aurato stame Amor fanciullo un giorno” “Come Uom, che per sinistro avvenimento” “L’Uom non di tempra adamantina, e dura” “Quando coll’occhio della mente io scerno” “Stanco di più servir canuto amante” 30 32 33 31 31 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “D’eterni affanni, e d’implacabil ira” “Non già qual prima in veste umìle avvolto” “Oltre l’eccelsa più stella lucente” “Sulla sponda di Lete afflitto, e lasso” 34 32 34 30 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Suona la fatal Tromba, e in ampia Valle” 33 IX. Anna Maria Parisotti Beati (Efiria Corilea) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amo, e quel dolce amor, che chiudo in petto” “Anime imbelli, voi, che mal soffrite” “Dalle ciglia alla mente, e quindi al core” “Driadi Silvestri delle piante amiche” “Non perché io vada in solitaria parte” “Poiché gl’insulti per lungo uso appresi” “Ragion, che mira i suoi vassalli affetti” “Velato il volto sotto lunga vesta” 37 36 38 35 35 36 38 37 392 X. Giuseppe Petrosellini (Enisildo Prosindio) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Coppia gentil dell’età nostra onore” “Stommi talor del mio pensier sull’ale” 41 39 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bologna eccelsa de’ Licei Regina” “Poiché Adamo osò tanto alzare il ciglio” “Se Voi Madonna non frenate l’ira” “S’io sapessi lodar l’eccelsa Donna” 40 41 39 40 • Ditirambo “Io già non curo Apollo” 42-8 XI. Filippo Buttari (Ergisto Balirio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dacché il prim’Uomo cadde, e reo divenne” “Del bel Vatreno nel gentil soggiorno” “Dicea superbo l’Arno: è mio Clemente” “O se il Duce Affricano oggi il sentiero” “Qui finto è il grand’Eroe, che il soglio a Piero” “Viddi il Vatreno, che lugubri l’onde” 49 51 50 49 53 51 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arde il Rovo in Orebbe, e tutta accoglie” “È morta? ah non è vero: A noi presente” “Io viddi, e non fu sogno, io viddi un giorno” 50 52 52 XII. Scipione Giuseppe Casale (Evagora Acroceraunio) N. testi: 11 Genere metrico: 393 • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “L’Eterno Amor, che colle immense braccia” “O venticello, che scuotendo vai” “S’io non posso discior l’empia catena” “Sì: voglio gir; né sia, che il Padre irato” “Vorrei saper dov’è quella fontana” 54 56 57 55 56 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O antiche Età, che dentro il fosco orrore” “S’erge fuori dal Mar tenue vapore” “Sotto di un Cielo minaccioso, e scuro” 54 55 53 • Ode-canzonetta di distici di ottonari baciati (i vv. 5-8 e 27-30 sono a rima alternata). “L’odorosa Primavera” 57-8 • Terzine “In villa oggi sen va la Ninfa mia” 58-60 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-24, 44-162, 166-70, 17792, 205-11, 215-9, 241-50, 263-90, 320-58, 412-26); endecasillabi frottolati (25-43); terzine (163-5, 171-6, 193-204, 212-4, 220-40); terzine di endecasillabi faleci (25162, 291-319); due sequenze di quinari piani e settenari sdruccioli liberi (359-411). “E così? Fino a quando avrem da scorrere” 61-74 XIII. Gaetano Golt (Euridalco Corinteo) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alfine in questo solitario Bosco” “Non è bella così l’eburnea mano” “O incolta, opaca, inospita pianura” “Sovente all’ombra degli eterni allori” “Talun del volgo, che à la mente avvezza” 78 77 76 75 78 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Come allor, che dispare amica Stella” 79 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Quand’io talor rivolgo il mio pensiero” 75 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Certo i bei labbri della Donna mia” “Molti, e molti begli occhi io rimirai” “Siccome è molto sminuito il danno” 77 76 79 394 • Canzone di sei stanze e congedo ABCABCCDDCceffEpGG / aBABpcCpDD “Pria che l’Eterno sapiente Duce” di endecasillabi e 92-6 • Terzine “Arcade fiume, pastorale Alfeo” 80-4 • Egloga di terzine “Lieta sen giva per lo Mar spumante” 96-100 • Capitolo elegiaco “Amor, che superò la mia Ragione” 89-92 • Ottave “Allorché fece dalla spoglia frale” 100-3 • Ditirambo “Datemi, amici” 84-9 XIV. settenari: Paolo Vannini (Fausto Erasineo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Già spiravan le faci odor Sabèo” 104 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Illustre Colle, il tuo valor primiero” “Mentre col tosco stil, ch’alto rimbomba” 104 103 XV. Tommaso Palleschi (Ferecide Leonideio) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Celebri Amanti, che la forma amica” “Dissi ad Apollo: E qual mai nuova fronde” “Poiché già tutte impallidir le cose” “Se da taluno della dotta Gente” “So, che Tu sai, che al bello degl’Iddei” 106 107 108 105 107 395 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “L’Invidia Fera alle tue Mandre infesta” “Pane, ecco Pane! e strider non udite” “S’oggi a cingerti il crine Arcadia riede” 106 105 108 • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: ABCABCCdeeDdFF “Se incoraggite il giovanil mio fianco” 109-12 • Terzine “Se avvien, che tratto dal piacer del vero” 112-5 • Endecasillabi sciolti dislocati in otto strofe di lunghezza diversa. “Nella Faretra eterna avea riposti” 115-24 XVI. Pasquale Fantauzzi (Fibreno Melissiaco) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ogni dì da quell’orrida Foresta” 125 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “A questi tetri, e magici delubri” “Dietro pesante Carro trionfale” “Di salcio un forte ramo ho già ficcato” “Dunque Roma, che strinse alla catena” “Filli, s’appressa l’ora matutina” 126 127 125 126 127 • Ode-canzonetta di due strofe (di lunghezza diversa) di distici di quinari baciati (gli ultimi quattro versi sono a rima alternata). “Sei vaga, e bella” 128 XVII. Giuseppe Casali (Lauresto Pegeo) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dico spesso a Colei, che le mie voglie” “La Donna mia, per vezzo un de’ bei rai” “Se poteste internarvi nel mio petto” 131 133 132 396 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Dolce Nemica mia dall’alba a sera” 130 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cessi il pianto, o mio Cor: La mia Nemica” “Che giova, o Donna, ch’io per ogni via” “Ditemi, o Donne voi, che per la via” “Ecco s’appressa la Tiranna Mia” “Tanto mi alletta il dolce salutare” 130 132 129 129 131 XVIII. Pietro Bagnari (Laurillo Geronteo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Care pupille, che negl’occhi state” “L’altr’jer io viddi la mia Pastorella” “Pupille care, s’io vi miro ognora” XIX. 134 134 133 Antonio Di Gennaro (Licofonte Trezenio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Forte Città de la Giudea Reina” 136 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Scorsi i foschi Pianeti, e le spirali” 136 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Nuovo d’Arcadia Pastorello io sono” “O quanto bramerei che dall’Eliso” “Qual talor per gran tratto in Ciel s’accende” 135 138 135 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Miro il Sole, e le Stelle, e di Natura” “Questo è il gran Colle sì temuto un giorno” “Titiro forse sotto l’ombra amena” 137 137 138 397 • Terzine “Già il Mondo sotto il freddo, e vaporoso” XX. 139-46 Francesco Antonio Lolli (Lisippo Inacheo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Mentre il Tempo, e l’obblio volgean la fronte” “Or che nobil desìo lasciar l’Aniene” “Se l’Idol veggio, che da Greca mano” “Io quella son che i Marziali ardori” XXI. 147 147 148 148 Carlo Marcus (Melesigene Penelopeo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amici ho risoluto: in un Deserto” “Pastori il credereste? ho ritrovata” 151 150 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ad Esculapio in dono io voglio offrire” “Due sole Agnelle io aveva: un rio Pastore” “Platano antico, che dispieghi intorno” “Quella bell’Alma, che dal vivo lume” “Un’agnelletta bianca com’il latte” 149 150 152 151 149 XXII. Niccolò Maria Di Fusco (Mirteno Melpeo) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Avrà mai pace? Avrà mai triegua almeno” “Gl’occhi, che fur crudi Ministri, e rei” “Ombra del Caro mio terreno sole” 155 153 154 398 “Quando averrà com’io pur credo, e spero” “Se mai l’aprico, il dolce almo terreno” 155 152 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, ECD “Ora, lasso, intend’io quel che dir volle” 154 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Ond’è, che innanzi tempo irato il Mare” 153 XXIII. Giacinto Speranza (Nealmo Pirronio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “L’Ombre guerriere degli Eroi di Rodi” “Questa infedel barbara Donna, e fiera” “Vieni dal bel Metauro almo MARCELLO” 156 158 157 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Almo Signore, che tra ciglio, e ciglio” “Dai MONTI eterni, ove il bell’ASTRO splende” “Oh dolce Immago, Tu pur quella sei” 156 157 159 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DED “Ahi cara Immago, tu mi guardi, e taci?” 159 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, ECE “Lasciati un giorno questi bassi chiostri” 158 • Ode di dieci sestine di ottonari: ababcc “Dal bel colle di Quirino” 160-1 XXIV. Giovanni Felice Candela (Nedalco Garanziaco) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Colle figlie di Giove un tempo scorsi” “Io viddi l’uman cuor sovra d’un scanno” 162 164 399 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Le ali nere battendo un pensier viene” “Quest’Ara, onde veggiamo il Tempio ornarse” “Se talor dalle nubi al suol discende” “Sul far del giorno una gentil Donzella” XXV. 162 164 163 163 Alessandro Pompeo Berti (Nicasio Poriniano) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “E questa è Roma? O dell’antico Marte” “Festosi i bronzi tuoi sonar da lunge” “Ieri mi disse Alcon; ch’egro languiva” “Mira, Arcadia, quel volto, in cui si vede” “Nocchier, che in notte tempestosa oscura” “Quale selvaggia timida cervetta” 167 167 169 168 166 165 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Quando stese la mano al gran lavoro” 166 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Forte, e robusto il giovenil mio fianco” “Lasciare Arcadia? Pria vedrò l’Armento” “Qual Bambinel, che al comparire oggetto” 165 168 169 XXVI. Gioacchino Pizzi (Nivildo Amarinzio) N. testi: 3 Genere metrico: • Canzone di nove stanze e congedo ABCABCcDeDEFfgG / pAbABCcdD “Non sempre al falso immaginar s’appoggia” • Terzine “Se de’ raggi solari alle sferzate” di endecasillabi e settenari: 174-8 170-3 • Egloga dialogica e polimetrica, composta da Gioacchino Pizzi e Carlo Valenti Gonzaga: terzine di endecasillabi piani e sdruccioli (1-138); ottave (139-54); due strofe, a7b7sa7b7sc7c7d7d7e7E11 (155-74); distici di settenari a rima baciata (175-82); due esastici di settenari ed endecasillabi, aabbcC (183-94); terzine (195-201). 400 “Addio Parrasio Bosco, addio Pastori” XXVII. 178-85 Veronica Cantelli Tagliazucchi (Oriana Echalidea) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Come destrier, ch’è in mezzo all’armi usato” “Dal gran Pianeta, che ne aggiorna, parte” “Lauri amici, che forse una gran parte” “Vergine, che nel Ciel fai scorno al Sole” 187 188 186 190 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benché di vaghe rime, e di purgati” “Io penso, e perché penso adunque io sono” “Mie pupille, abbastanza alfin piangeste” “Più non udran l’Arcadi selve intorno” 188 189 186 187 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Talora il mio pensier m’alza su l’ale” 189 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Oh chiusa valle, che sì spesso sei” 185 • Ode-canzonetta di distici di quinari a rima baciata “Chi può mirarvi” 205-6 • Ode-canzonetta di sei esastici: a8a4b8b4c8c8 “Belle chiome, che spargete” 206-7 • Terzine “Qual Uom, che per gran cura a capo chino” 190-8 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-135); endecasillabi frottolati (136-41); dodici tetrastici, s7a7s7a7 (142-89); terzine (190-9). “Oriana, Oriana; Vedi? questa” 198-205 XXVIII. Niccolò Coluzzi (Ormido Leuttronio) N. testi: 30 Genere metrico: 401 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC “Ohimè, che io veggo involta in vesta nera” 213 • Sonetti (14) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ah morte, e come mai render potesti” “Borea, che irato giù dall’Alpi scende” “Donna i vostri occhi invan coprir tentate” “Felice Bosco ove a Colei che nacque” “Il gran Vate, appo cui divenne roco” “La cetra ov’è d’Eniso, e il dolce suono” “L’ombra di Stazio, che la sorte acerba” “Orché si vede sulle placide acque” “Ponmi, ove il Sole coll’ardente raggio” “Qual fiamma alla sua sfera, al Cielo sale” “Quando Clemente, nell’età più bella” “Quando sulle acque del Nocchier Romano” “Se quel piacer, che sente l’Alm’avvezza” “S’è ver che Amor nel sangue altrui si mesce” 215 216 217 213 210 216 211 214 209 215 212 214 210 208 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Questo è il Velin che del sassoso Monte” 217 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Del cieco Edippo la fatal sciagura” “Diana illustre chi lodar presume” “Furia, che solo di velen ti pasci” “Illustri Sposi, quando Amor v’unìo” “Se fosse ver, che al Mondo si trovasse” 211 218 208 212 209 • Canzone di cinque stanze e congedo di ABCABCdeFdfEGhhGIiLL / AbaPcDcDEFeBfgG “Ecco l’Albergo, che al Soratte Monte” endecasillabi • Canzone di nove stanze e congedo ABCABCdEdEfggFGgHH / aBABcdcD “Già la mia Mente del tuo Nume è piena” di endecasillabi • Canzone di sette stanze e congedo ABCABCDedEfGFGHhII / AbAccDeDbEFF “Quel dì, che giunse di Parnaso al Monte” di e settenari: e settenari: e settenari: 229-32 242-7 endecasillabi 238-42 • Canzone di dodici stanze di endecasillabi e settenari: ABCABCDeFFeGhgHDII “Io vidi, ohimè! delle vedute cose” 218-25 • Canzone di otto stanze e congedo ABCBACdEdeFgfgHhII / aBaCbCdDeFeF “Scendete a schiera dall’alpestre monte” di endecasillabi e settenari: 233-8 402 • Canzone di sei stanze e congedo ABCBACdEdeFgfgHhII / AbabCcDD “Amore Io so, che la tua dolce forza” di • Canzone di otto stanze e congedo ABCBACDeeFgFgHDhIiLL / AbaCdCDeeBB “Italia dentro il tuo regal soggiorno” di e settenari: e settenari: 225-9 • Capitoli elegiaci (2) “O Amarilli te il mio cor disìa” “O sconsolata flebile Elegia” XXIX. endecasillabi endecasillabi 248-53 255-7 253-5 Alberto Baccanti (Penteo Alcimedonziaco) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Che far dovrà la sfortunata Dido” “Il fato, il fato sol dopo tant’anni” “Leggiero d’anni, e meno d’armi onusto” “L’incauta mente, che i pensieri scioglie” “Onesto Amor, che fai sopra la terra” “S’è ver, che il lauro sia per fin da Giove” “Un’Ombra veggio colla falce adonca” 261 262 258 263 264 264 259 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Anime elette, che nel vero Eliso” “A te, Numidia, a te mi volgo, e parlo” “Con fé costante, e con venusto aspetto” “Dove, dove portasti i Teucri Legni” “Ecco per vendicar la sua Regina” “Possente Dio, che fra gl’oscuri Abissi” “Provo sovente un impeto d’affetto” 263 260 258 261 260 259 262 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCCdeeDdFF / AbaAbCC “O misera Città, che in faccia al Sole” 265-8 • Terzine “La Vedova Real, che ruppe Fede” 268-70 403 XXX. Nicola Sabbioni Orsini (Racleto Preteio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Col piè sinistro sovra l’altro piede” “Non sì leggiera nel cammin s’affretta” 273 272 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “E l’ozio, e l’ore ad ingannar del giorno” “S’è ver, che l’Alma alla sua propria Stella” 274 271 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al semplicetto Pastorel Montano” “Come a velar di tenebrosa veste” “Se a me fo speglio di ben terso vetro” “Su curva pianta lieve capro asceso” “Tu sembri, o tempo, si palese a noi” 272 275 271 273 275 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “In erto poggio in selva, e giù nel piano” 274 XXXI. Giovanni Carlo Antonelli (Ramisco Marachio) N. testi: 43 Genere metrico: • Sonetti (11) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dopo l’emenda io sento ancor, che freme” “Ecco il Sina, Israel, odi d’intorno” “Facciasi l’Uom, disse Chi legge impose” “Lascia, mi dice la Ragion già stanca” “L’immagini, che passan dal pensiero” “Oimè la sferza alza il Maestro eterno!” “Padre, ma sento, che già vengo meno” “Quei, che primiero per invidia asperse” “Se mi volgi, o Signor lo sguardo irato” “Tenero Augel, che l’ali sue non sente” “Vergine eccelsa al sagro Altare, e degno” 287 280 278 286 289 294 281 279 287 284 276 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Benché fra lo spavento, e fra la doglia” 286 404 • Sonetti (28) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che Adamo del suo Figlio esangue” “A quel principio, che non ha misura” “Chi è costui, ch’al tenebroso Regno” “Colei, ch’a danno di natura, e lutto” “Croce, spine, flagelli, obbrobrj, e sdegno” “Delle possenti sue quadrella scarco” “Destrier, che rotto il laccio, e in campo uscito” “Duce, ch’entrato in mischia orrida, e fiera” “Ecco l’estinto Genitore mio” “Era Natura all’opre eccelse intesa” “Guari non è, che Marte a noi dappresso” “Inclita Patria, s’a girare io torno” “La nostra speme le sembianze prende” “La sculta immago, e la funerea è questa” “Nel Getsemani, o Dio, mesto, e tremante” “Poiché la tua virtù Ti fe’ di Piero” “Qualor alla voragine d’Averno” “Qualor l’Alma sia giunta a creder vero” “Quando dal Chaos orrido, e deforme” “Quando dal patrio suolo al Reno algente” “Questa, che miro abominevol fossa” “Questa di nervi, fibre, arterie, ed ossa” “Questo, che scorre in tante vene, e tante” “Se della Terra per le vie profonde” “Se penso al dì, ch’al suo primiero albergo” “Signor Tu nasci appena, e in quel momento” “Spesso di Roma a contemplare io torno” “Tornato in mente al primo Genitore” 279 283 289 288 281 285 292 292 294 293 295 295 290 293 282 277 284 285 277 276 282 291 291 290 283 280 288 278 • Ode-canzonetta di venti quartine di ottonari: abba “Per la bella mia Collina” 300-2 • Terzine “Il vario seme, che Natura avea” 302-4 • Esastici di ottonari: ababcc “Poiché udite ebbe Davidde” 296-300 XXXII. Marco Antonio Maldotti (Silvano Zacintio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor che io vidi dal furor di Marte” 305 405 “Armato di que’ vetri, che palese” “L’eccelso ingegno, o gran Donna regale” • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Castalie Dive, che di verdi allori” “Mentre io contemplo il bel secol vetusto” XXXIII. 305 306 306 307 Dionigi Fiorilli (Simonide Acheloio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cinto d’innumerabili mortali” “Non v’è dal Mar gelato all’onda Maura” “Principe, caro al Ciel, non fu la stella” “Qual’Alma è questa, che l’eccelse, e belle” “Saliste al Ciel, di nostra nebbia scarco” 310 309 308 307 309 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché da valle paludosa, ed ima” “Qual’ Elce ombrosa, che più s’erge, ed alza” 310 308 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli liberi (1-289), terzine (290344), ottave (345-61). “Ancor, Febo risplendi? Ancor dall’aria” 311-22 • Egloga dialogica di endecasillabi sdruccioli sciolti. “Titiro, e Coridon, l’uno d’Arcadia” XXXIV. 322-36 Domenico Rolli (Tiresia Timosteniano) N. testi: 4 Genere metrico: • Canzone di quindici stanze di endecasillabi e settenari: ABABCBcddEeFF “Non già per quello, che la Patria esigge” 349-55 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-69), terzine (70-99), endecasillabi frottolati (100-44). “O Fortunate amene piagge floride” 341-5 406 • Egloga dialogica: terzine (1-90) ed endecasillabi frottolati (91-110). “Smisurato è il piacer, che in cuor m’abbonda” 345-9 • Egloga dialogica: terzine (1-90), endecasillabi frottolati (91-126), sonetto (ABBA, ABBA; CDC, DCD). “Tiresia?” 336-40 XXXV. Giunio Bernardino Pera (Tirside Antinoide) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di quell’illustre, e gloriosa Fronda” “I Numi, o Aminta, che l’Arcadia onora” “Nella stagion che il flebile Alcione” “Poiché tra mille furie alfin cadeo” 357 356 359 356 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Bevvi sul primo mio fatal momento” “Israel che farà! La tumid’onda” “Or che siam giunti alla Spelonca, o Aminta” “Poiché men grave all’Uom si feo l’esiglio” 358 358 359 357 • Polimetro: terzine (1-175); endecasillabi frottolati (176-211); endecasillabi sdruccioli liberi (212-6); quartina, ABAB (217-20). “Nella Stagion, che sorse il primo Padre” 360-7 XXXVI. Gabriele Enriquez (Tirsindo Lusiano) N. testi: 33 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O fra mill’altre a me diletta e cara” “Scende per gli occhj al cor l’amato riso” “Se da quell’una aquilonar tempesta” 369 382 381 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Dove or dietro mi guidi, acerba sorte” 369 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CEC “La Donna, i cui dolci atti onesti e cari” 368 407 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma felice, o ne’ superni giri” “Arsi un tempo, e cantai l’intensa doglia” “Chi mi richiama? e da sì lungo obblìo” “Corri, Amore, a veder (che il tempo un’ora” “Cupidigia, ed Amor, forti guerrieri” “Dolce è lo stral d’Amor se punge, o fiede” “Dov’è, dolce mio caro amato Pegno” “Ecco a noi torna verdeggiante il Maggio” “Ecco d’Amor l’Amazone guerriera” “E di qual’aspra vena alpestra e dura” “Né sì dolce garrì, né lieto tanto” “Or che la terra e il Mar tace d’intorno” “Placida ombrosa notte, il van desìo” “Poiché lo spirto lasso alfin predice” “Quel mesto sguardo umìl, che lagrimando” “Saggi amici Pastori, oneste e belle” “Se dolce susurrar tra fronda e fronda” “Son pur vani i desiri, e vana e folle” 372 367 374 375 381 374 372 379 368 370 370 375 380 371 376 378 377 380 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Or che Fillide alfin più non vi cura” “Or che ’l rigido verno e l’erba el fiore” “Lasso, qualor fra’ miei pensier cercando” “Quel denso nuvol rio, che in lontananza” 376 373 377 378 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Alma beata onnipotente e bella” “Ben lo diss’io quel dì, mentre all’usato” 371 373 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “S’egli avverrà, che in tenebroso orrore” 379 • Canzone di sette stanze di endecasillabi e settenari: ABcaBCcDefDEFdE “Oh fra mille disastri amata e cara” 384-7 • Capitolo elegiaco “Ecco Amore, Alma mia, qual si trastulla” 382-4 • Sestina lirica (ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA, BFC) “Alma, che pensi? avrassi un dì mai pace?” 387-8 XXXVII. Giampietro Zanotti (Trisalgo Larisseate) N. testi: 6 408 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Che soave morir! Che amabil sorte” 389 • Terzine (5), con il secondo verso irrelato. “Al Ciel, sì come vento arida paglia” “Gioite, o Genti: il Re del Ciel si move” “Quale a torrente minaccioso, irato” “Quel, che termine al mar, quand’anco è in ira” “Signor, d’un servo, che a lodarti intende” 395-7 389-91 391-3 393-5 398-400 XXXVIII. Giovanni Saverio Pirelli (Zelindo Cillenio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dove più l’aure a noi spiran gioconde” “Mentre novo disio lega, e congiunge” 400 401 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [402-26]. [segue:] ADUNANZA | Tenuta nel Bosco Parrasio | PER L’ACCLAMAZIONE | seguita in Arcadia | DELLE SACRE REALI MAESTÀ | DI | CARLO DI BORBONE | E | MARIA AMALIA DI SASSONIA | RE’, E REGINA DELLE DUE SICILIE | Il giorno delle Calende di Agosto | dell’Anno MDCCXLVIII. | Alla Presenza dell’Eminentissimo, e Reverendissimo | SIG. CARDINALE DOMENICO ORSINI | Protettore de’ suddetti due Regni | FRA GLI ARCADI ACCL. RODASPE AGORETICO. Introduzione di Michele Giuseppe Morei, pp. [III-VIII]. Corona poetica (ottave) Pietro Bagnari (Laurillo Geronteio), “D’ERACLIDE, e d’OLIMPIA i Nomi, e il vanto”, p. [i]. Antonio Gasparri (Rivisco Smirnense), “Del Mar Partenopeo presso a le sponde”, p. [i]. Paolo di Campello (Logistide Ippomedonteo), “Tutti scendan d’Arcadia oggi i Pastori”, p. [i]. Carlo Giovio (Febisco Fesaniese), “Oggi che in velo pastoral s’asconde”, p. [ii]. Giovanni Pizzella (Tirteo Solaidio), “Coppia regal degna d’eterni onori”, p. [ii]. Tommaso Palleschi (Ferecide Leonideio), “Di Mirto, e Lauro colle verdi fronde”, p. [ii]. 409 Eugenio Maria Pizzi (Genisto Nidemio), “S’intrecci un serto de’ più scelti fiori”, p. [iii]. Giovanni Battista Sampieri (Tersindo Drianteo), “Mentre risuonan tra gli applausi, e il canto”, p. [iii]. Giuseppe Antonio Boccacciari (Quiristo Calcidonense), “Del Mar Partenopeo presso le sponde”, p. [iii]. Giuseppe Imperiali (Fabisio Chelidonio), “Coppia regal degna d’eterni onori”, p. [iv]. Francesco Saverio Sabbioni Orsini (Firmisco Zetiense), “D’ERACLIDE, e d’OLIMPIA i nomi, e il vanto”, p. [iv]. Lucio Ceccarelli (Caricleo Chermario), “Tutti scendan d’Arcadia oggi i Pastori”, p. [iv]. Giuseppe Petrosellini (Enisildo Prosindio), “Di Mirto, e Lauro colle verdi fronde”, p. [v]. Giovanni Battista Nicolai (Fibildo Palladiaco), “S’intrecci un serto de’ più scelti fiori”, p. [v]. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico), “Del Mar Partenopeo presso alle sponde”, p. [v]. I. Pasquale Caetani (Abarinto Dionisiaco) • Ode di dieci esastici di ottonari: ababcc “O Gran Rege invitto, e forte” II. [vi-vii] Vincenzo Sabbioni Orsini (Abisio Cratidio) • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Tal era il cuore, e tal’era il sembiante” [viii] • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Non sdegnar, o gran Re, che intorno al crine” [viii] III. Giuseppe Brogi (Acamante Pallanzio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O degli Arcadi estinti ombre onorate” IV. [ix] Giampietro Tagliazucchi (Alidauro Pentalide) • Polimetro: distici di settenari a rima baciata (1-32, i vv. 1-2, 17-8 e 25-6 sono tronchi); terzine (33-63); distici di settenari a rima baciata (64-77, i vv. 64-5 sono tronchi). “Ho in petto un non so che” [ix-xi] V. Giacomo Cemmi (Amildo Cilleneo) • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD 410 “L’Arcade suol questo è, o gran Donna: intorno” “Odi, SIGNOR, l’armonico concento” VI. Antonio Giuseppe Della Torre di Rezzonico (Argesto Dafneo) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Quanto a ragione il Giovine Pellèo” VII. VII. [xiii-xiv] Filippo Saverio Franceschini (P. Odoardo di S. Francesco Saverio; Carminio Tennacriano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “COPPIA REAL degnissima d’Impero” VIII. [xv] Giovanni De Leva (Clario Pedotrosoniano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Parrasio Bosco, a cui non già natura” IX. [xiii] Lucio Ceccarelli (Caricleo Chermario) • Endecasillabi sdruccioli sciolti “O Arcadia illustre Arcadia, Io veggo all’Etera” [xv] Niccolò Angelio (Cleanore Palladiaco) • Distici di esametri “Quod faelix, faustum, fortunatumque, tibique” X. [xii] [xii] [xvi] Leonardo Giordani (Crispino Dardanio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Poiché son giunte all’arcade foresta” XI. Giuseppe Petrosellini (Enisildo Prosindio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Roma è ver, che superba un tempo andasti” XII. [xvi] [xvii] Scipione Giuseppe Casale (Evagora Acroceraunio) 411 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCABCCddEE / PaaBB “Figlie di Giove, che le mie capanne” [xvii-xx] XIII. Pietro Francesco Versari (Eurasio Nonacride) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quest’armonìa di Pastorali avene” XIV. Gaetano Golt (Euridalco Corinteo) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “È gran tempo ch’io t’amo, e t’ho in pensiero” XV. XVII. XVIII. [xxii] Pasquale Fantauzzi (Fibreno Melissiaco) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Poiché d’Arcadia dentro il sacro orrore” [xxii] Eugenio Maria Pizzi (Genisto Nidemio) • Ode-canzonetta di distici di settenari a rima baciata. “Vien meco Elisa; intorno” [xxiii-xxv] Giovanni Amedeo Ricci (Isimbro Mirtidio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Signor quella virtù, che in te risplende” XX. [xxi] Domenico De Sanctis (Falcisco Caristio) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quei che colà di rozze avene al suono” XIX. [xxi] Alessandro Torelli (Fabesio Meganitico) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Sì sì vivrai, o Arcadia mia, vivrai” XVI. [xx] [xxv] Pietro Bagnari (Laurillo Geronteio) 412 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “È dunque ver, che trai silvestri orrori” XXI. [xxvi] Giovanni Battista Rizzardi (Narindo Tritonide) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “È questo ALME REGALI, il lieto giorno” XXII. [xxvi] Alessandro Pompeo Berti (Nicasio Porriniano) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Pur ti riveggo, o bell’Arcadia antica” XXIII. Bartolomeo De Rossi (Nidastio Pegeate) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Oh Germe degl’Eraclidi, oh d’Eroi” XXIV. [xxvii] Ruggero Giuseppe Boscovich (Numenio Anigreo) • Distici di esametri “Aegram si vacuis vitam traducimus arvis” XXV. [xxvii] [xxviii] Giacomo Mistichelli (Polimedonte Eutresio) • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Qualor a mirar te, SIGNOR, m’appiglio” XXVI. [xxix] Giuseppe Antonio Boccacciari (Quiristo Calcidonense) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor, ch’il Sole dal nostro orizonte” XXVII. Filippo Caselli (Sillace Stomiate) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Nel desiato avventuroso giorno” XXVIII. [xxx] [xxxi] Giovanni Battista Carro (Sillano Eurinomico) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD 413 “Vati di Arcadia, in su ’l colle di Giano” XXIX. Carlo De Sanctis (Sisimbro Tersiliano) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Vedi, o SIGNOR que’ boscarecci orrori” XXX. [xxxi] [xxxii] Giovanni Battista Sampieri (Tersindo Drianteo) • Canzone di otto stanze di endecasillabi e settenari: ABCcBAADEeDFfGG “Qual Uomo, o quale Eroe lungo Ippocrene” [xxxii-xxxvi] XXXI. Filippo Van Stryp (Tibrio Ellespontiaco) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Nel seno del vastissimo Oceano” XXXII. Pietro Antonio Di Costanzo (Valdisto Calcidico) • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Odimi, Arcadia, e la più culta prole” XXXIII. [xxxvii] Giacomo Zaghetti (Viminio Delfense) • Esametri “Cingite fróde comas, et carmina fundite ovantes” XXXIV. [xxxvii] Giacomo Diol (Cleante Corintiense) • Sonetto con schema AtBtAtBt, AtBtAtBt; CtDtCt, DtCtDt “Quello è il Sebeto, il Tebro eccolo là” XXXV. [xxxvi] [xxxviii] Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) • Ottava “Del Tebro augusto sulla destra riva” [xxxviii] Indice degli Arcadi che hanno operato nella presente Adunanza, pp. [xxxix-xl]. 414 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO DUODECIMO | All’Emo, e Rmo Principe | IL CARDINALE | GIO: FRANCESCO | ALBANI | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA MDCCLIX. | PER NICCOLÒ E MARCO PAGLIARINI | Con Licenza de’ Superiori. Dedica di Michele Giuseppe Morei custode generale (Mireo Rofeatico) a Giovanni Francesco Albani, pp. [III-V]. Imprimatur e permessi di stampa, pp. [VI-VIII]. Protesta degli Autori, p. [IX]. I. Francesco Landi (Antistio Trochio) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di sua fama Ginevra afflitta, e bella” “Su maestoso Carro io veggio alzarsi” 2 1 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “A che piangete Amici? il vostro pianto” “A’ miei sguardi, o signor qual’atra benda” “Donna Real, cui d’Appollinea fronda” 8 6 5 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi non sa quanto Amore imperi, e vaglia” “Di Siracusa intorno all’alte mura” “Germe, che altero sorgi all’Elba in riva” “La salda Rocca, che all’invitta Fede” “Ligure Eroe, ch’oltre l’Erculeo segno” “Lungo la Dora nel mirar dispersi” “Mira Alessandro il sasso, ove s’asconde” “Pende da duro tronco (hai cruda vista!)” “Qual di più lustri al tardo volger riede” “Quando s’asconde il sol nell’Orizonte” 6 7 4 4 3 5 7 3 2 8 II. Ubertino Landi (Atelmo Leucasiano) N. testi: 11 415 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco dalle lor cupe atre ruine” “O Mergellina sì agli Dei diletta” “Quelle che prima in guisa occulta e ignota” “Queste, ch’io pur col piè calco, e misuro” 12 13 13 10 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Più che d’Alghe, e d’Allor cinto la fronte” 9 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Io te riveggio, o bella augusta Roma” 9 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “I famosi tuoi colli io al fin saluto” 11 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ov’è la mia, d’aurata ambra, e di bianco” “Uso all’erma di Trebbia ignuda ghiaja” 12 10 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Quando l’alta immortal Figlia di Eunièlo” 11 • Terzine “Su per queste deserte orride rupi” 14-21 III. Ignazio Cianci (Dasmone Andriaco) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ninfe innocenti, e semplici Pastori” 23 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se mai da valle paludosa, ed ima” 22 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Signor, è tempo, che quest’alma sciolta” 22 IV. Giuseppe Leone Montani (Emalgo Acritanio) 416 N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor, che fia di me? fra due pensieri” “Avea prefisso un dì venirti avante” “Corrono all’armi i rei pensieri, e fanno” “Quelle virtù, che nell’età passate” “Se pari avessi al gran desire il canto” “Sotto la scorta luminosa, e bella” V. 24 24 25 25 23 26 Giuseppe Petrosellini (Enisildo Prosindio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Roma, che il braccio formidabil stese” “Roma, è ver, che superba un tempo andasti” 27 26 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Fra le candide mie poche agnellette” 27 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACcDEeDFF / pABbACC “Ecco che alfin dalle rimote Arene” 28-31 • Ottave “S’è ver, che i bellicosi epici carmi” VI. 31-5 Stefano Benedetto Pallavicini (Erifilo Criuntino) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al braccio di Colui, che tutto doma” “Arte de’ Carmi addìo; toccar la Cetra” “In faccia là delle Dardanie mura” “Quel fiume ove è di Maestà ripieno” 36 38 37 38 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE 417 “Gonfio più che non suol sovra la sponda” “Saggio Cultor, che in vecchia pianta vede” • Egloga di terzine “Questo è dunque il Parrasio? Ozj d’Arcadia” VII. 37 36 39-41 Giovanni Battista Riccheri (Eubeno Buprastio) N. testi: 20 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Al feroce destriero il corso arresta” “Aridi Teschi ignudi, udite udite” “Dell’Alma, o Cinzia, luminosa, e bella” “Gerusalemme ingrata, il guardo gira” “Nel taciturno orror della foresta” “Non è già solo il portator del giorno” “Precipitoso, e rapido torrente” “Quando coll’aurea luce il dì nascente” “Questa di brune Violette, e gialle” “Se mai volgo lo sguardo ai dì primieri” 51 43 50 42 50 47 44 48 45 49 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cadrà, cadrà dal mio furore acceso” “Chiedi in van la cagion prima del moto” “Iddio parlò: Nuda comparve allora” “Io più Cintia non amo, e pure al core” “Quando il Pianeta, che a noi porta il giorno” “Quando l’alta di Dio mente infinita” “Quando nella più verde età novella” “Quell’Ombra taciturna, e lagrimosa” “Se vedi, o Cinzia, quando il Ciel s’annera” “Tu lo volesti Iddio; rapirmi il Figlio” 42 47 43 46 44 49 46 45 48 51 VIII. Alessandro Sappa (Eumaro Marateo) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dov’è la gloria del beato monte” “Fuor del fido ricetto, in cui dall’ira” 54 59 418 “Giace l’Eroe sul suolo: orrido letto” “Quel di virtude vivo raggio eletto” “S’io volgo intorno il guardo al Germe umano” 52 53 52 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDE, EDC “Compito ormai l’eterno Figlio avea” 55 • Sonetti (5) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Ardua è la via che guida al core, e mille” “Aspra Colonna, che mi narri ognora” “Bastò per Giuda, che dal mio tesoro” “Fra la Chiesa, che pugna in questo esiglio” “Nobile insetto industre un dì mirai” 61 53 57 56 60 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, ECD “Dalle rive dell’Elba origin prese” 59 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, EDE “Languìa la regal Donna, e al mesto letto” 58 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Grande è il poter dei vati: ad essi ognora” “Madre infelice, io con pietà rimiro” “Morte fra sé dicea: se questi è Dio” “Sopra l’infame arena Abel languìa” 60 57 56 55 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Lasciami usar questa terribil spada” 54 “Con quel poter, ch’ebbi da sacri allori” IX. 58 Giovanni Antonio Sandoval (Euresto Leontiniade) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ninfe gentili j lieto mi vivea” 62 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arcadia Arcadia io non di Gregge, o Armenti” “L’Anno rinverde, e nuovamente il Sole” “O Boschi, o testimonj de la doglia” “O selve ombrose, o fresche aure soavi” 63 63 61 62 419 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACCDEeDeFF / PABbAbCC “Già la Donzella dalla rosea veste” 64-7 X. Marianna Lanfranchi Aulla (Euriclea Doriense) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Fidansi a un tempo istesso al procelloso” “No non è vero, che soverchio affanno” 68 69 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Cara, ahi tu mi abbandoni, e ten ritorni” 68 “S’alla virtù, che all’Alme Saggie è guida” XI. 69 Gaetano Golt (Euridalco Corinteo) N. testi: 2 Genere metrico: • Ode-canzonetta di ottonari variamente alternati e rimati “O Celeste e vaga stella” 70-3 • Ottave “Ne’ spazj eterni dell’immenso Vuoto” 73-6 XII. Giacinta Orsini (Euridice Aiacidense) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Or più non veggo florido, e ridente” “Questa Selva, e quest’aure, e questo Cielo” “Rime così gentili, e così grate” 77 77 78 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD 420 “Deh perché mai degnarvi, Arcadi Illustri” 78 • Terzine (2) “E che! forse pensaste, o miei Pastori” “Vorrei poter nell’erudite scuole” 81-3 79-81 • Egloga di terzine “In sì bel dì che Arcadia ha per costume” 84-6 XIII. Domenico De Sanctis (Falcisco Caristio) N. testi: 2 Genere metrico: • Distici di endecasillabi a rima baciata “Questo è il Parasio! voi che qui siete” 87-9 • Terzine di endecasillabi faleci “Sei tutta amabile sei tutta bella” 89-90 XIV. Luigi Subleyras (Galisio Enopeo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O Dea de boschi in questa bianca pietra” “Se ancor’ vivesse il mio Padre diletto” XV. 91 91 Fabrizio Paulucci (Gilindo Arpinatide) N. testi: 2 Genere metrico: • Ottave (2) “Alma regal, che sei da noi partita” “Oh della ombrosa Agannipèa foresta” 94-7 92-4 421 XVI. Giulio Cesare Bianchini (Idalce Trofeio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Prendi dissemi un giorno Il Padre mio” 98 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Allor che manca il sole alla Capanna” “Ciò dissi appena, quando il vecchio fora” 100 99 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Due caprioli, che dal covo tolti” “Io viddi un dì con la sua bianca agnella” 99 98 XVII. Paolo Teresio di S. Francesco (Ilisso Glafiride) N. testi: 19 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di tua Clemenza al simulacro altero” “Fido pensier, che tenti ognor mostrarmi” “L’alto, e sì grande agitator possente” “Ovunque il piè rivolgi, Augusta Donna” “Pingi Te stessa in maestevol Sede” 104 105 100 102 102 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Or m’ascolta, o Sionne, e frena intanto” 108 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Gode, o real Garzon, l’augusta Madre” “O Germano valor, gloria di Marte” “Qualor nobil vaghezza il cuor ti prenda” 107 106 101 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alla real Clemenza ergasi un Arco” “A’ tuoi pennelli, Emulator del vero” “Dal fondo algoso, ov’hai la Sede, e il Regno” “Dalla più rara, e preziosa vena” “Non di Regia grandezza il fasto e l’auro” “Quei che a Te ved’intorno Augusti Figli” “Questa e dell’or l’avventurosa Etade” “Se tu leggiadra in petto ardente voglia” 104 106 103 108 105 101 103 107 422 “Tentai più volte al fiammeggiante lume” “Tu l’Estro sei animator de’ Vati” XVIII. 109 109 Lorenzo Fusconi (Labisco Teredonio) N. testi: 2 Genere metrico: • Terzine “Non era ancor di lacrimar satollo” 116-20 • Ottave “Gran Dio, che in tutte alle create cose” 110-6 XIX. Niccolò Casoni (Laonico Parorio) N. testi: 23 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor che d’Asia il Regnator possente” “Dov’è la pompa, che circonda il Trono” “Felicità, che della Gente umana” “Fugge il vento dal lido scelerato” “Il Giovane Pellèo, che l’Orbe intero” “Odio col Tebro, ed inplacabil guerra” “Scomposta il crin la Libertà Latina” 129 123 128 126 130 125 127 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “A conquistar nuove Provincie intento” “Che cosa è mai quella, che sento al core” 130 123 • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ancor non sazio degli affanni miei” “Anima grande, che del Corpo uscita” “Chi è costui, che in pio volto, e devoto” “Grida arme Grecia, e giura alto vendetta” “Io mi vivea con libertà serena” “La bella Italia un tempo già poteo” “Minacci pur con torvo aspetto il Fato” “O come lieto fra la Gente Achiva” “Scusa or de’ Numi collo sdegno atroce” “Se alcun dal lido mira il tempestoso” 122 124 124 125 121 129 128 126 127 122 423 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “In suolo ignoto il Villanel le dure” • Canzone di sette stanze e congedo di ABCABCdeeDfgFGhhII / ABBAccDEedFEfGG “Non perché del possente, e lungo Impero” 121 e settenari: • Canzone di undici stanze e congedo di endecasillabi e ABCBCADedEfgFGHhIiLlMM / ABCBCAdeDEfgfGHhII “Poiché l’Immago del gran Fabbro Eterno” 136-44 settenari: • Terzine “Quel dì, Signor, che la tua destra ottenne” XX. endecasillabi 131-5 145-8 Gerolamo Melani (Lealgo Iranese) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Mi ferma il mio pensier nella tremenda” “Qui mi crucia mi strazia, e grave pure” 149 151 • Sonetti con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “O gran momento in cui Morte divide” 149 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amor di Figlio, e non servil timore” “Dalla Terra, dal tempo, e dalla Morte” “Nel centro della Terra è una vorago” “Volgete a me, Somma del Ciel Regina” 151 150 150 152 XXI. Francesco Maria di Campello (Logisto Nemeo) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io te piangea da troppo acerbo fato” 152 424 XXII. Luigi Bandini (Maurimbo Pirgense) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io moveva fanciullo il gregge appena” “Quel pastorel, che steso appiè del faggio” 153 153 • Ode-canzonetta di distici di ottonari a rima baciata. “A chi mai tesson gli amori” 154-7 XXIII. Giuseppe Laureana (Mesamo Medamio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “E sarà ver, ch’io nella Età matura” “Perché di tua follia siegui l’ambasce” 158 158 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Finoché Roma si vantò regina” 159 XXIV. Michele Giuseppe Morei (Mireo Rofeatico) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Laggiù del bosco nel orror più folto” “O chiunque Tu sia fra i Dei Celesti” 164 160 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Di mille destre, e mille età lavoro” 162 • Sonetti (9) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Che importa a me se intorno a Cuma, e ad Ischia” “Di Popol denso, e d’aurea Pompa adorno” “Ho vinto, o Ninfe, o Pastorelli, ho vinto” “O degli altri Poeti onore, e lume” “O fiumicello, che fra sterpi, e sassi” 163 163 159 165 164 425 “Presso alla Terra, ond’ebbe Adamo esiglio” “Un Orto chiuso, un salutevol Fonte” “Veggo l’ampia del Ciel esterna faccia” “Veggo nel mar fremente una barchetta” • Ode di undici strofe di endecasillabi e settenari: AabbccdD “Chiunque fra’ Pastori aspira al vanto” 161 161 160 162 165-8 • Otto strofe di endecasillabi frottolati, chiuse da un distico di endecasillabi piani a rima baciata: A(a5)B(b5)C(c5)A(a5)BDD “Opre tutte d’Iddio, che dal niente” 168-70 XXV. Bartolomeo Gaetano Aulla (Mitrindo Collide) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Da Te mio Dio, da Te Fonte primiera” 173 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Non telo disser cento fiate, e cento” “Oh quanto al Divin Sol ben si assomiglia” “Sbigottito Nocchier, cui ria tempesta” “Sgombrato da’ terrestri umidi veli” “Sovra Carro di gloria infra i minori” 171 172 172 173 171 XXVI. Giuseppe Ercolani (Neralco Castrimeniano) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Un dì volai col mio pensier sul Monte” 178 • Sonetti (11) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Chi è questa mai che dalla Terra ascende” “Due Donne ambo Divine innanzi al Trono” “Già presso è il fin del mio mortal viaggio” “Io dir vorrei cosa non detta ancora” “Io lo dissi gran Madre, e a dirlo io torno” “Parrà forse a talun, che quella spene” “Pria di Raccomandar lo Spirto al Padre” 181 176 184 182 179 185 179 426 “Re de’ Spirti rubelli Angue d’Averno” “Se Voi Madre immortal non foste quella” “Sì sì Maria qual propria cosa, e quale” “Vergine eccelsa che alla Destra siedi” 175 182 185 176 • Sestine liriche (5): ABABCC, CACABB, BCBCAA, ABABCC, CACABB, BCBCAA, ACC (o BCC) “Chi è fermato d’esaltare in Rima” 186-7 “Quella che vanta per suo manto il Sole” 180-1 “Sommo Padre, e Signor che regni in Cielo” 174-5 “Stavami assiso sotto un verde lauro” 177-8 “Vergine Madre che nel Tuo bel seno” 183-4 XXVII. Muzio Scevola (Nevillo Aracinzio) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io so, che trae piangendo i mesi, e gli anni” “Mentre la Donna, ch’ha di me l’impero” “O Sagge Abitatrici d’Elicona” “Poiché, o Signore, ne lasciò dolenti” “Vergine bella, che di Sol vestita” 191 189 188 193 192 • Sonetti (7) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al fin cangiaro i lieti dì la faccia” “Al mio pensiero è sì molesta, e dura” “Chi nel veder l’estremo Fato amaro” “O del valor gran Padre, o forte sdegno” “O piaggia, dove più che mai risorta” “Stava presso a gentil Ninfa Cupido” “Tu, che fosti, o Ruscel, coll’onda pura” 192 189 193 190 191 188 190 • Ode-canzonetta di sette tetrastici: s7a7s7a7 “Senza l’onor de grappoli” 194 • Ode-canzonetta di sei strofe di esastici doppi: a7b7s7b7c7c7 ; a7d7s7d7e7e7 “O Nobil Donzelletta” 195-7 • Ottave “Poiché non sdegni, o nobil’Euridìce” 197-200 • Capitolo elegiaco “Se tu crudel non fossi, o Ninfa mia” 200-03 427 XXVIII. Domenico Dionigi (Nigidio Misiate) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Orrido è il Mare allor che in alto spinge” 204 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “De Filistei crudel Gigante un giorno” “Un Mare io veggo di tempeste armato” 203 204 XXIX. Giancarlo Passeroni (Niceno Alcimedonzio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Velen, che corso m’è di vena in vena” 205 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Parlar sol di rigor, di crudeltate” “Se mai pensato avessi o bella Nice” 206 205 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Se a la futura età mie rime andranno” 206 XXX. Francesco Cenacchi (Nitidio Lisiaco) N. testi: 6 Genere metrico: • Canzone di dieci stanze di endecasillabi e settenari: ABCABCcdEEDFfGG “S’io potessi ridire con parole” 221-6 • Capitoli elegiaci (5) “D’uve vermiglie, e d’uve bionde riede” “O Fama di Callimaco onorata” “Posso io sperare, o mute rupi, e sorde” “Scendi dal carro, e non curar del giorno” “Vada alla guerra quei, che crede avere” 214-6 207-10 218-21 216-7 210-3 428 XXXI. Gioacchino Pizzi (Nivildo Amarinzio) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Il trionfal vagito udissi a pena” “L’Uom, ch’è nato d’affanno, e di dolore” “O dell’eccelsa Etruria inclito Figlio” “O Teti, o Dori, o Galatea fugace” “Regga pure il Guerrier forte Michele” “Se il Franco Vate nel formar l’idea” 226 227 229 231 228 230 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco, che giù dall’albero vietato” “No, non s’erga all’Eroe Pira funesta” “Ritorna, o Roma, allo splendor primiero” “Se in Te, o Gran Prence, garregiar rimiro” 227 230 228 229 • Terzine (4) “Desio di gloria, ch’a virtù conduce” “Fra il silenzio, e l’orror di notte oscura” “Io, che sull’ali d’immortal virtude” “Non era ancor spuntato il dolce lume” XXXII. 246-51 240-6 231-2 232-40 Francesco Morso (Norildo Acheo) N. testi: 1 Genere metrico: • Canzone di undici stanze di endecasillabi e settenari: ABcBbAcddeFeFGG “Arcadia Arcadia il cui gran Nome vola” 252-7 XXXIII. Gaetano De Carli (Numicio Filosorgio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, DCD “Al sermon dolce, alle sante ire ardenti” 259 429 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “Altri anderanno ad abitar foreste” “Certo, Resani, certo già tu festi” “Che fan qui gli archi stesi, e le colonne” 258 259 258 • Ode-canzonetta di dodici strofe di doppi pentastici: s5s5s5s5a5t ; s5s5s5s5a5t “Quella, in cui videsi” 265-9 • Ode-canzonetta di sei strofe di doppie sestine: s5s5s5s5s5a5t ; s5s5s5s5s5a5t “O Reno, or alzati” 269-71 • Ode-canzonetta di otto strofe di doppi pentastici: s5s5s5s5a5t ; s5s5s5s5A11t “O Bella Vergine” 260-2 • Inno di dodici sestine di settenari: s7a7s7s7s7a7 “Voi Inni audaci, ed agili” 262-5 • Terzine (2) “Ma qual poi rimarrà rifugio allora” “Spada, non fia giammai, che io taccia sempre” 271-3 274-7 XXXIV. Ranieri Bernardino Fabbri (Odisio Licurio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O Selve, o Prati, o Valli, o gran Torrenti” “Quale il Naviglio, che per l’ampio Mare” 277 280 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “D’Europa al pianto, ah! crebbe il pianto mio” “Di semplice Fanciul non è follìa” “L’aurea etade al Nocchier sembra sull’onde” “Levar sull’Universo il gran pensiero” 278 279 279 278 XXXV. Luigi Querini (Ormildo Emeresio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Dacché, del numer vostro (o splendor vero” 280 430 XXXVI. Giovanni Battista Felletti (Palmerino Parebasio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O troppo altero, e rigoglioso Fiume” “Quel, che Patria gentil ora tu plori” 281 282 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Piangea il Villano, e ognun con lui piangea” 281 XXXVII. Giacomo Mistichelli (Polimedonte Eutresio) N. testi: 27 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “No, non poteva il portentoso serto” “Qual? ... non già pace; che il sofferto danno” “Quel freddo sasso fra que’ due Cipressi” “Questa gran Pelle, che tu vedi appesa” “Se a pro dell’Uom tu sei la Nave eletta” “Sopra le nubi ai lati d’Aquilone” 288 290 287 291 284 283 • Sonetti (18) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ancorché io sia rustico, e vil Pastore” “Dunque Israello potè andare esente” “Dunque sull’Arco non mai teso invano” “E ancor vivrò? disse due volte Elpino” “Felici voi Pastor, che lo vedeste” “Ho detto a Dorco, che m’aspetti al fosso” “Ier tra que’ folti salci, riva riva” “L’indomito pensier, che s’avvicina” “Non d’Archimede il sovruman pensiero” “Non di Dedalo è questo il Laberinto” “Nuovo pensier, che sopra le mortali” “O generosa su Destrier spumante” “Questa di squame armata, e di ferrigno” “Queste ghirlande di novelli fiori” “Se dai begli occhj della Vergin pura” “Sopra un de’ piedi tutto se librato” “T’arresta alquanto, o portentoso Auriga” “Vedi que’ Lauri già cresciuti al paro” 286 285 289 289 285 292 292 286 290 291 282 294 293 287 284 293 283 288 431 • Ode di diciannove strofe (di lunghezza diversa) di ottonari variamente rimati. “Ancor io per farti onore” 294-300 • Terzine “Qual Garzoncello affaticato, e lasso” 300-4 • Egloga dialogica e polimetrica: endecasillabi sdruccioli (1-141); terzine (142-71); due esastici di ottonari, ababcc (172-83); due sestine di endecasillabi e settenari, PPaaBB (184-95); sequenza di endecasillabi sdruccioli (196-202); strofa bipartita, a5b5s5a5 ; b5c5s5c5 (203-10); due strofe, a8b8a8b8c8c8d4d4e8f8e8f8g8g8 (211-38); ottave (239-54); strofa bipartita, abbaacc ; addaaee (255-68); sequenza di endecasillabi (269-305). “Affé! che sotto il tedioso incarico” 305-16 XXXVIII. Marco Antonio Colonna (Protenore Attico) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “O di Magdalo onor, se in rime io voglio” “Qual veggo il Tebro andar lieto, e fastoso” 319 324 • Sonetti (14) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al risuonar de’ bellici metalli” “Che di tua saggia impresa a dir m’accinga” “Desio d’onor, che sol virtù comparte” “Dov’è chi dice, che gentil Donzella” “Ite fastosi, o carmi, itene a volo” “Mio cor, che dici, avrem riposo un giorno” “Qualor rivolgo a te Germana il ciglio” “Si desti alfine il gran Cantor di Manto” “Signor, non istupir, se i giorni tuoi” “Sorge dall’Ocean la vaga Aurora” “Taci superbo Amor, non è tuo vanto” “Talora un bel desìo nell’alma io sento” “Trionfa ancor degli anni, e dell’obblìo” “Vergine saggia a coronar tuo merto” 320 322 317 323 321 318 321 320 319 317 324 318 322 323 • Terzine “Qual meraviglia io sento in sen destarmi” 325-7 432 XXXIX. Girolamo Sersale (Racilio Euboico) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Ahi Morte! ahi fatal colpo! ahi giorni miei” “Altro che Morte a togliermi d’affanni” 328 328 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Queste Rime infelici e questo pianto” 329 XL. Antonio Gasparri (Rivisco Smirnense) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco ritornan sui Parrasij Colli” “O Gran Donna del Tebro invan rammenti” “Or che il Genio de’ Secoli vetusti” “Talora il Leon forte ha per costume” 330 331 333 332 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Quando il celeste Messaggiero eletto” 334 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Amore, e Genio s’abbracciar fra loro” “E ver, che Scipio col valor guerriero” “Mentre l’egro pensier più dell’usato” “Non è già ver, che ai prischi tempi Atlante” “Teti in udir ciò che d’Achille infante” 332 331 330 333 329 XLI. Carlo De Sanctis (Sisimbro Tersiliano) N. testi: 16 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Donna, poiché per me non v’è più scampo” “E qual mai per l’aereo ampio sentiero” “Gerusalemme: e qual cieco furore” 340 339 338 433 “Io vo dicendo al povero mio cuore” “La donna ria, che furibonda spira” “Saggio Mireo: chi fia che non rammente” “Signore, è ver, che l’opre eccelse, e chiare” 340 337 334 335 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Achille alfin morì: con questa mano” “Invano, iniquo spirto, or dall’orrore” “O Grecia, o Grecia, la tua forte mano” “O tu, che un dì dalle giocose Scene” “Se Giove, Giove, che il gran braccio armato” “Volgi a quel Tronco, che colà inalzato” 336 338 335 336 339 337 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Tel dissi pure mille volte: io t’amo” 341 • Ode-canzonetta di tredici strofe (di lunghezza diversa) di distici di ottonari a rima baciata. “Io sovente, o Donzelletta” 341-5 • Terzine “Dalle rupi di gel carche, e di brine” XLII. 345-9 Vincenzo Cavazzi (Stellidio Frissanio) N. testi: 3 Genere metrico: • Egloga polimetrica e dialogica: terzine (1-106); ottave (107-38); due strofe di quinari ed endecasillabi, con schemi sasasbsbscscsdsdEEFF e sasaspspsbsbscscDDEE (13978); terzine (179-84); due esastici di ottonari, aabbcc (185-96); strofa di endecasillabi e settenari, AbbCcDD (197-203); terzine (204-13). “Dove corri Dasmon con tanta fretta” 361-8 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-39); ottava (40-7); endecasillabi sdruccioli (48-59); distico di endecasillabi piani a rima baciata (60-1); terzine (6271); endecasillabi sdruccioli (72-84); quartina (85-8); ottave (89-104); terzine sdrucciole (105-22); quartine di settenari ed endecasillabi, aabB e aaBB (123-30); esastico bipartito di settenari ed endecasillabi, abB ; acC (131-6); due strofe di settenari ed endecasillabi, abbaccdEed (137-56); due quartine di settenari, abba (157-64); due tetrastici, a7a7B11b7 (165-72); due quartine, a7a7b7B11 (173-80); due sestine, a7b7a7b7C11C11 (181-92); ottave (193-208); endecasillabi sdruccioli (20916). “Giuro pel Santo Pane che a Narindo” 353-60 434 • Egloga dialogica: terzine (1-88); endecasillabi frottolati (89-112); terzine (113-22). “Tutto d’Arcadia il venerando Coro” 349-53 XLIII. Domenico Ferrari (Tamirisco Falonetide) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Io non ti chieggo il Sol, di cui t’ammanti” “L’onda ministra del gran Dio possente” “Ond’è, che dell’Arcadico soggiorno” “Vedi in quel solitario ermo soggiorno” 369 370 371 370 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Appena sorge la vermiglia aurora” 368 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “Se il vago Sol d’accesi raggj altero” 369 XLIV. Giuseppe Bini (Tegeso Acroniano) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “È Monarchìa, benché, come discerno” 372 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Gente già eletta, or Plebe vil, che a sdegno” “Io vidi un giorno, o di veder credei” “Sazio di vagheggiar beltà mortale” 371 373 372 XLV. Francesco Di Napoli (Terimbo Manturese) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Se aggio sviato mai rigida Jole” 373 435 XLVI. Luigi Zappi (Tirsillo Erinnidio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Forse o Signor l’ultima volta è questa” “Vidi l’Arcadia avvolta in bruna veste” 374 375 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, DCD “Ambo i Tritoni in mezzo al Mar spumante” 374 XLVII. Filippo Maria Pirelli (Doralbo Triasio) N. testi: 33 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “A che rimembri Amor l’alte tue prove” “Da l’intenso tormento, ond’io mi doglio” “Rara gloria da l’armi in prìa v’offerse” 384 381 378 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Con tale acerbo, e sì vario tormento” “D’allor ch’ i’ fui del mortal colpo anciso” 379 377 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “Amor, se la mia vita incendi, e chiudi” 389 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Se mai da’ lunghi, e rei strazj di morte” 392 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cantai con dolci note il lume adorno” “Entro io mi struggo al vostro alto e divino” “LELIO, è ben ver che a l’amorosa corte” “Mentr’io con sì dolente, e trista voce” “Muse, che ne la mia più verde etate” “Non ch’io fugga da voi, Donna, lontano” “Occulte insidie ad ambeduo noi tende” “Quando Amor m’invescò tenero ancora” “Quel pianger mio, che da l’incendio ardente” “Queste, che un dì del mio duro destino” “Se i versi, e sospir miei forza non hanno” “Sì ch’io brev’ora almen dal duro artiglio” 391 376 386 390 392 377 385 388 378 391 380 388 436 “Spirto gentil, che i lievi e presti vanni” 387 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ampia al mio cor mercede è sol ch’io miri” “Dal dì, che ’n fin del mio pugnar già stanco” “Fra quanti intorno al suo gran carro accolse” “Quel bel viso, che a duolo, e a pianto sfida” 387 380 376 385 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Amor, che a spirar fiamme entro al mio seno” “Dolce un tempo, e gentil, quanto più lice” “Questa, ch’ebbe ne l’Asia ancor suo regno” “Sai quanti miei pensier corsero al vento” “Se co’ begli occhi al mio languir discenda” “Se da’ primi anni miei tua forte mano” 384 390 375 389 386 381 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “China, e solinga a’ tuoi dì tristi, e neri” 379 • Canzone di sette stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCaBCcDeDEdEfF / aBAbAcC “Io canterò d’Amor, sì che gl’inganni” 395-8 • Canzone di cinque stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCcdABEdE / ApA “S’udrete un dì, che ’l dispietato e rio” 393-4 XLVIII. Giampietro Zanotti (Trisalgo Larisseate) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Questi, che agli occhi or parmi aver presenti” XLIX. 399 Guido Riviera (Ugildo Oronteio) N. testi: 1 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Questo è dei Vati l’immortal ricetto” 399 437 L. Francesco Maria Ricci (Zitalce Melenidio) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Con qual mai larga vena i raggi suoi” “Così parlò, così di zel s’accese” “Costui, ch’ha in terra onor d’Ara, e di Tempio” “Le nemiche ingannò Schiere Toscane” “Non quel, che in Mar via non usata aperse” “Tal di beltà vegg’io luce in Costei” 405 402 403 404 403 405 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Dunque, o terribil Dio, dunque dell’empio” “Se a quel, che m’arde in cor, puro disìo” 402 400 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dal profond’antro, ove sempr’orrid’ombra” “Nel monte, Armento mio, vanne a tua voglia” “Or dimmi: ov’è la tua vittoria, o Morte?” “Poiché il pomo fatal morse Colei” 401 401 400 404 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. 406-26. 438 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO DECIMOTERZO | A Sua Eccellenza il Signor Conte | JACOP’ANTONIO | SANVITALE | Cavaliere degli Ordini di S.M. Cristianissima. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA 1780. PRESSO PAOLO GIUNCHI. | Con Licenza de’ Superiori. Dedica di Gioacchino Pizzi custode generale (Nivildo Amarinzio) a Jacopo Antonio Sanvitale, pp. V-XI. Ai leggitori, pp. XII-XIII. Imprimatur, permessi di stampa e protesta degli autori, pp. XIV-XVI. I. Pellegrino Salandri (Alceste Priamideo) N. testi: 48 Genere metrico: • Sonetti (21) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Da l’ardente meriggio arsa la gota” “Dal Mar respinto e d’alte piogge carco” “Deh t’arresta per poco, ove torreggia” “E tardi ancor? forse t’arresta il pianto” “Felice te, che ne l’età più acerba” “L’agile danza, che tra i Mimi Achei” “Langue Teresa; che Giustizia, stanca” “Lungo il solcato trionfal sentiero” “No, Clori, de’ tuoi pregi altri non canti” “Pietro, la cui mercé l’Itale scene” “Più che leggiadra sei, più che vezzosa” “Qual s’alza simulacro a me davante” “Questa è Colei, che già col piè la balda” “Salve Italica Atene, a cui d’intorno” “Se l’alme de’ Monarchi, e i lor natali” “Spenta non è la tua virtude antica” “Stenda inopia se può l’ali nemiche” “Stendea l’opaco velo in fronte al giorno” “Stendete a l’augurata urna la mano” “Sul fatal varco, onde si giunge in questa” “Vidi il Tempo agitar la fatal’urna” 7 15 17 23 4 3 15 20 2 14 5 23 25 18 9 12 22 19 17 6 12 • Sonetti (26) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi mi si oscura il Cielo, e ’l tuono mugge!” “Alza Titiro il capo, e amor gli nasce” “Cantar che giova, se quand’io sotterra” 8 25 1 439 “E qual Diva è Costei, che in sen l’accoglie” “Forma Scultor su l’onorata pietra” “Grifagno Augel, chiuso tra fronda e fronda” “Il Condottier del giorno in seno a gli ampi” “Il forte è questo a gli avi tuoi sì caro” “L’anima in noi reina e prigioniera” “L’Ombra de l’Alighier bieca guatando” “Leva, o gran Verbo, per un solo istante” “Menzogna e frode impallidiro quando” “Mira, Signor, come mi pesi al core” “Nuovi danni a sé stessa, e nuove offese” “Oh come acerbo mi divenne il santo” “Oh qual d’ombre coperta oscure e crebre” “Pingi, Euterpe, l’Eroe: di virtù viva” “Quale un giorno sarà l’adulta speme” “Quando a l’Eliso la gran Donna scese” “Sospir traendo da la gelid’anca” “Te pur riveggio, e umìle a te mi prostro” “Tratto Noè fuor de l’antico legno” “Veggo l’anima sua, veggo che brilla” “Vide Eridano a l’opra agili e pronte” “Vidi l’Austriaca Donna, e tal mi prese” “Vieni aspettata in Ciel, vieni gran Diva” 4 21 6 14 21 2 13 11 16 5 3 16 10 13 20 7 9 11 8 24 18 19 24 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Le figlie de le Grazie e del disìo” 10 II. Camillo Zampieri (Alceta Eseno) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Gran Dio, di cui son dono i buon desiri” 27 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Del quinto Pio l’alma tra i Divi accolta” 26 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Le nere querce, che fann’ombra e vesta” “Non lungi al marmo, ove col sacro editto” “Quando l’ira di Dio stanca non puote” 27 26 28 • Ode-canzonetta di sedici esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Care luci del mio Bene” 30-3 440 • Ode di otto strofe di settenari ed endecasillabi: abbAacdcd “Aquilon procelloso” III. 28-30 Gregorio Casali (Aminta Orciano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Che fate in questi orrori, estremi avanzi” 36 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Angeli eterni, dappoiché soggiorno” “Fier Mal, che porti a i lassi membri doglia” “No il muto armento abitator de l’acque” “Sempre, ch’io riedo a te, vedova soglia” 35 36 34 35 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, EDE “Padre Neutòn, che in la superna chiostra” 34 IV. Angelo Rota (Arcesindo Menalio) N. testi: 2 Genere metrico: • Ode-canzonetta di trentotto tetrastici: s7a7s7a7 “Leggiadra alma Calliope” 37-41 • Ode di undici strofe bipartite: a7b7a7b7s7s7C11t ; d7e7d7e7s7s7C11t “E perch’io dunque in parte” 42-6 V. Cesare Franchini Taviani (Arcesio Iziano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Felice te, che al fianco tuo sì forte” “Sì fieri pianti un dì su le triste orme” 47 48 441 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quel dì d’oscura tinto orribil ombra” “Quel dì funesto, in cui di bruno ammanto” “Tu che su i Toschi fiumi imperi, e ’l freno” 48 49 49 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Levami il mio pensiero oltre il soggiorno” 47 VI. Giuseppe Luigi Pellegrini (Armeste Pelopide) N. testi: 2 Genere metrico: • Ode di dieci strofe bipartite: p7a7a7B11t ; p7c7c7B11t “Di larga messe ingordo” 50-2 • Ode di venti strofe bipartite: s7a7a7B11t ; s7c7c7B11t “Perché la Dea, che a Pindaro” 52-7 VII. Angelo Mazza (Armonide Elideo) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quand’io ripenso a le stagioni andate” 60 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dopo le tante, vigilate e sparte” “E giudizio di padri, e lungo d’avi” “Perché s’emendi il rio tenor de’ tempi” “Pigra Filosofia, che veli e fasci” “Signor, che imprimi inimitabil orme” 58 59 59 60 58 • Ode-canzonetta di quattordici tetrastici: s7a7s7a7 “O graziosa e placida” 61-5 • Ode: dieci strofe, con schema s7a7s7a7b7s7b7 (1-70); strofa bipartita, a7sb7sa7sb7sc7t ; d7se7sd7se7sc7t (71-80); terzine di endecasillabi faleci (81-104); endecasillabi sdruccioli (105-59); strofa di endecasillabi e settenari, ApaBbPccdD (160-9). “O del più limpid’etere” 65-70 442 • Odi (2) di pentastici doppi: a7s7A11s7B11t ; s7S11s7s7B11t “Non è di mente Achea” (9) “Se buon lavor di cetra” (10) 73-7 71-3 • Endecasillabi sciolti distribuiti in cinque strofe di lunghezza diversa. “Di Te grand’opra, e variata immago” 77-82 • Ottave sdrucciole “Or che le mura cittadine avvampano” VIII. 82-92 Luigi Godard (Cimante Micenio) N. testi: 11 Genere metrico: • Sonetti (5) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi questo è il vorticoso orrido speco” “Come da Boreal soffio percossa” “Feroce il guardo, d’Acheronte avaro” “Franto a morte lo stral, che in Lete tinse” “Quando sul Tebro il fier Caton già sazio” 93 95 94 95 93 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Giuro per l’Avernal Letea palude” 94 • Ode di quattordici strofe di settenari: ababacdcd “O de l’uman pensiero” 101-5 • Ode di quindici esastici doppi: s7a7s7a7s7b7t ; s7c7s7c7s7b7t “Se vuoi, Greca Melpomene” 96-101 • Ottave “Torbido Veglio guidator de gli anni” 106-9 • Ottave sdrucciole “E dov’è la celeste arpa di Davide” 110-3 • Endecasillabi sciolti dislocati in cinque strofe di lunghezza diversa. “Torvo d’abisso Condottier, che siedi” 113-8 IX. Carlo Innocenzo Frugoni (Comante Eginetico) N. testi: 17 443 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ferocemente la visiera bruna” “Foco eran l’ale folgoranti, ed era” “L’Angelo ahi veggo: odo l’orribil tromba” “Tre volte intorno sopra il capo rota” 120 121 122 120 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DEC “Se talor quercia, che ne l’Alpi pose” 124 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Naviga il viver mio per queto e piano” 119 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CED “O pieno di salute, o pien d’impero” 121 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Questo è il beato Ciel? questa è la sede” 123 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quando il gran Scipio da l’ingrata terra” 119 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Avrem più questa sì ostinata e sorda” “La man, che a suo piacer tempra il futuro” “S’apre l’ampia vorago: ardon là cinte” 122 124 123 • Ode-canzonetta di sette pentastici doppi: a5p5a5p5b5t ; p5c5c5p5b5t “Mia Clori, vieni” 125-7 • Ode-canzonetta di nove strofe bipartite (pentastico e tetrastico): a7tp7a7tt7b5 ; c7tc7tt7b5 “Clori, mio dolce ben” 127-9 • Ode-canzonetta di due strofe bipartite (tetrastico e tristico), p8a8a8c8t ; b8b8c7t (1-7 e 33-9), e cinque con schema p8d8d8e7te7t (8-32); il v. 7 è ripetuto alla fine di ogni strofa. “Ben venuto il pampinoso” 130-1 • Ode-canzonetta di sette strofe doppie: a4a8b4b8c8t ; d8d8c8t “Lascia il bosco” 131-3 • Endecasillabi sciolti distribuiti in cinque strofe di lunghezza diversa. “Tanti, o Bernieri, son per tutto, il sai” 133-6 444 X. Maria Maddalena Morelli Fernandez (Corilla Olimpica) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quando, alma mia, da la prigion dolente” 137 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Rotta è la cetra, e l’Apollinea fronde” 139 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Iddio, che impera a l’universo intero” “Oimè infelice! Che più temo, o spero?” “Santa Religion, dentro il mio core” “Scese dal Ciel su bianca nuvoletta” 136 137 138 138 XI. Giuseppe Parini (Darisbo Elidonio) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abtbta, abtbta; cdc, dcd “Rondinella garruletta” 146 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quella pianta gentil, ch’avea battuta” “Sì vaga pianta, e sì gentile avea” 143 142 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Quand’io sto innanzi a que’ due lumi bei” 140 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Accendi il foco, Elpin, mentr’io mi bendo” “Ahi quante, ahi quante di pietate ignudi” “Colei, Damon, colei che più d’un angue” “Ecco Bromio, Pastori, ecco Lieo” “Né d’erba, né di rio vaghezza prende” “Questa, che or vedi, Elpin, crinita stella” “Sciogli, Fillide, il crine, e meco t’ungi” “Virtù donasti al sol, che i sei pianeti” 143 142 144 141 145 140 144 139 • Sonetto di endecasillabi faleci: ABBA, ABBA; CDC, DCD “O Sonno placido, che con liev’orme” 145 445 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Che pietoso spettacolo a vedersi” 141 • Ode di undici strofe: s7a7s7a7b7c7tb7c7t “Perché turbarmi l’anima” 146-9 XII. Saverio Bettinelli (Diodoro Delfico) N. testi: 13 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ben veggio, ove ch’io vada, i segni aperti” “Signor, del Mincio in su la destra riva” 150 152 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Ahi quante volte Anglico pino ardito” 152 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “Poiché al fin de l’incerto aspro cammino” 153 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Attila quando al mal tentato ponte” 151 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Io del secol fuggii la perfid’onda” “Pellegrin vago, a piè de la montagna” 151 154 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Dal roseo nembo, ove il sol crea le bionde” 150 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Quest’è la mano immacolata e pura” 153 “Mentre spiegate le purpuree penne” 149 • Ode di diciassette sestine di settenari: ababcc “Certo l’Aonie Dee” 158-61 • Ode di diciotto strofe di tetrastici doppi: p7a7a7b7 ; p7c7c7b7 “Benché giurai su l’arco” 161-6 • Ode di diciotto sestine bipartite: s7a7B11t ; a7s7B11t “Possente Diva elettrica” 154-7 446 XIII. Carlo Castone Della Torre di Rezzonico (Dorillo Dafneio) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (14) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Bronzo guerrier, che l’aria tutta intorno “Col sole il giovinetto anno sorgea “Dal gelido Trion le procellose “Del livido torrente ecco la riva “Infino al petto uscì Trebbia de l’onda “L’Alma lucente, che le ferree porte “Neve non tocca in fredde Alpi la veste “O Dea, cui son le molli fasce in cura “O de l’opaca terra umida figlia “Qual mai m’udì sul colle aura pietosa “Questo, che in lungo pueril lamento “Su le agitate penne ancor non era “Te, non ben anco a morbo aspro ritolta “Vergine, o tu che al minacciato scorno 170 166 169 170 173 171 171 173 172 167 169 167 168 172 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “D’onde, gentil Pittrice, uscì l’idea” 168 • Ode di tredici strofe bipartite: s7a7a7b7t ; s7c7c7b7t “Ascolta, o sonno, o placido” 174-7 • Ode di ventisette quartine: s7a7s7a7 “Al fin de l’arsa Semele” 177-80 XIV. Jacopo Antonio Sanvitale (Eaco Panellenio) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Gloria, che in Dio può solo aver sua stanza” 181 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Qual, togliendo a la notte il velo oscuro” “Quell’io de’ Filistei flagello e scorno” 183 183 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “De la micidial fraterna pugna” 184 447 “Ecco egli è giunto, o Simeon, quel giorno” “Non già, non già perché di macchia lorda” 182 182 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Tutto sente d’Amor l’immensa forza” 181 • Ode di ventisei tetrastici: a7b7ta7b7t “La florida vecchiezza” 184-7 • Canzone di diciotto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: AbAabCDCDEE / AbAbCC “In quel sì amaro e memorabil giorno” 187-94 XV. Anton Maria Perotti (Egimo Afroditico) N. testi: 14 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alta è già l’urna su l’Insubre sponda” “Il nome di Teresa è un nome altero” “Oh Grazia, e che non puoi? trionfi d’alto” “Onnipotente Dio tra i forti invitto” “Quel volator più, che scorrente piede” “Superba morte, ah no che ugual tua possa” 198 198 196 195 199 199 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi questo d’Imeneo frutto si coglie” “Al nascer tuo fu tra gli Dei diviso” “Di cinque Eroi l’almo tuo grembo onusto” “Tu del Romano impavido Pompeo” “Vasta, nuda, infeconda e pigra arena” “Vespa ronzava al vago orecchio intorno” 196 200 197 200 195 197 • Ode di trentotto sestine: s7a7s7a7b7b7 “Nel rozzo mio tugurio” 201-8 • Ode di ventitré sestine: a7s7a7b7s7b7 “Selve d’Arcadia liete” 208-12 XVI. Giuseppe Maria Pagnini (Eritisco Pileneio) N. testi: 12 448 Genere metrico: • Sonetto anacreontico di ottonari: abba, abba; cdc, cdc “Non è ver, che armato Orfeo” 218 • Sonetto anacreontico di ottonari: abba, abba; cdc, dcd “Già pien d’anni il buon Sileno” 218 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dio parla, e ’l suon de le possenti note” “Poiché deposto il fral terreno incarco” “Veggio al gran Dio mirabil tazza in mano” 213 216 215 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, DCE “Se per condurre oltre il prescritto segno” 217 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Pur tu fuggendo al successor comparti” “Tu che l’agili piume impazienti” 215 214 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, CDC “Al mobile s’appressa ondoso piano” 214 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Tu, cui di Pindo il doppio giogo è sacro” 217 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Poiché d’usberghi e Latin elmi infranti” 216 “Vigna di dolci elette uve feconda” XVII. 213 Antonio Perabò (Ermonide Epirio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Di suo corso mortale allor che vede” “Misera Umanità! chi porge aita” “Quando vedrò l’aspre catene infrante” 219 220 220 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Oh come in fronte al buon Mian traluce” 219 449 XVIII. Agostino Paradisi (Falimbo Tilangiense) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Su questo legno, ostia d’amor sé stesso” 221 • Ode di diciannove strofe di settenari: ababcdcd “A Te che siedi immota” 225-30 • Ode di venti esastici di settenari sdruccioli (due schemi metrici: saasbb e sasabb). “Chi può tacer? si scotono” 238-41 • Ode di sette strofe bipartite: s7a7s7a7s7b7t ; s7c7s7c7s7b7t “Al freddo sasso, al nobile” 235-8 • Ode di sedici strofe di settenari ed endecasillabi: aBaBcdcd “Ed io del canto amica” 221-5 • Ode di dieci strofe: a8b8a8b8c8d8d4c8 “Se leggiadra oltre il costume” 230-3 • Ode di diciassette strofe saffiche: A11B11A11b7 “Bella Felicità, dov’hai tu sede” 233-5 • Ottave sdrucciole “Cantate, o sacre Muse. A voi rispondono” 242-5 XIX. Giacomo Alessandro Calvi (Felsineo Macedonico) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Tunisi ancora, e l’empia Algier pe i vasti” 245 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Dacché Morte crudel la fredda mano” “Neri, s’è ver, che in questi aprici seggi” “Veggo l’aurata cuna e ’l regio altero” 246 247 246 450 XX. Giovanni Battista Vicini (Filidoro Meonidense) N. testi: 15 Genere metrico: • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del più amoroso cigno, e più gentile” “L’elmo si trasse da la testa bionda” “Orribilmente il mar fuor del mar esce” “Quantunque l’orme tue superbe antiche” “Qui dove arida felce, e sterpo ed erba” “Sul Colle, che da l’alta Alba si noma” “Tu fra mille donzelle il crin spiranti” 252 247 248 248 251 252 251 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Del fiume Babilonico a la sponda” “Non del piacere in su la molle traccia” “O sole, o luna, o tu pruina e gelo” “Qui dove surse un dì famosa reggia” “Sionne, il divin sdegno in volto acceso” 250 253 249 250 249 • Ode di doppie quartine (13): s7a7a7b7t ; s7s7s7b7t “Mentre, o vezzosa Egeria” 253-6 • Ode di undici stanze di endecasillabi e settenari: aBABCdCDEE “Non l’aver Padre un Giove” 256-60 • Terzine “Ecco il Lione da la fulva chioma” XXI. 260-6 Aurelio Bernieri (Iperide Foceo) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quel Dio, che solo fa splendere eletta” 266 • Ode di tredici sestine: s7a7s7a7b7b7 “Non è, non è l’Iliade” 267-9 451 XXII. Lorenzo Fusconi (Labisco Teredonio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sceso Giuseppe dal suo fral diviso” 270 • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Giunta del Precursor l’alma severa” “Venne, girò tre volte orrido il guardo” 270 271 • Terzine “Per gli atrj immensi e le purpuree sale” 271-5 XXIII. Ludovico Savioli Fontana (Lavisio Eginetico) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sollevava dal Gange il roseo petto” “T’è scudo un Nume; ei la mortal saetta” 276 276 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “E qui lontano da la patria ingrata” 277 • Ode di sei strofe (le ottave dispari presentano lo schema pApApbPb, mentre le pari recano il modulo pApApbpB). “Ardea per l’auree spire” 277-8 • Canzone di cinque strofe e congedo di settenari e endecasillabi: aPBAPBpcPCdpd / Abab “Da le porte vermiglie” 279-81 XXIV. Vincenzo Corazza (Licinio Foloniano) N. testi: 1 Genere metrico: • Venti strofe (di lunghezza diversa) di endecasillabi sciolti. “Già la Stigia palude e i lenti gorghi” 281-94 452 XXV. Melchiorre Cesarotti (Meronte Larisseo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “O de la notte soporoso figlio” “Puro sereno ciel che i sguardi alletta” “Santo dover, tu di terren diletto” 296 295 294 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “M’ama la Ninfa mia, l’attesta e ’l giura” “Tal forse apparve avvolta in negro manto” 296 295 • Undici strofe (di lunghezza diversa) di endecasillabi sciolti. “Tempo già fu che le celesti Muse” 297-316 XXVI. Lorenzo Rondinetti (Nidasio Leuttroniense) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Arbore avventurosa, arbor sublime” “Innanzi a l’atra aquilonar tempesta” “Languìa l’altero, indomito Affricano” “Quando ne l’Astro, che per lui si accese” “Quando vide Satan Morte veloce” “Questo vago fanciul, che se le piume” XXVII. 317 319 318 319 318 317 Gioacchino Pizzi (Nivildo Amarinzio) N. testi: 21 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi perché ti vid’io, perché cortesi” “Qual se per arte, o per destino ignoto” “Tacita notte, che le fosche piume” 321 327 324 453 • Sonetti (13) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma che levi a la celeste sfera” “Che fortuna da me, che vuole Amore” “Cinto di luce in atto trionfale” “Come augel, che nel nascere la spoglia” “Dal vasto sen de l’Ocèan spumante” “Non pingo un Dio, che a corso obbliquo e tondo” “O speme, o gloria del Romano impero” “Più non ha il mio pensier forza, né piume” “Pompeo non già, che la Latina sorte” “Quando il buon Genio di mia sorte amico” “Quando Tullia con fronte alta e sicura” “S’erge in aprico suol pianta frondosa” “Un alto io misi e doloroso grido” 323 321 326 322 326 323 327 320 325 320 325 324 322 • Ode di quindici strofe di settenari: ababcdcd “E qual cagion t’arresta” 328-31 • Terzine (4) “Là dove eresse il fortunato Augusto” “Nel giorno infausto, che ravvolse insieme” “Pien de la tetra vision funesta” “Sdegno e ragion entro al mio cor ristretti” 342-7 348-53 337-42 332-7 XXVIII. Alfonso Varano (Odimo Olimpico, Odinto Taliadeo) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Che guardi e pensi? Squallid’urna algente” 354 • Egloga dialogica di terzine “Appiè del simulacro di Diana” 354-60 • Terzine “Io mi rivolgo a chi mi siegue, e grido” 360-72 XXIX. Annibale Mariotti (Orminto Gnossiano) N. testi: 2 Genere metrico: 454 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Poiché l’aquila augusta al gran tragitto” 372 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Qui la Reggia di Menfi: e a’ Dei temuti” 373 XXX. Antonio Cerati (Parmenio Dirceo) N. testi: 2 Genere metrico: • Strofe saffiche (20): A11B11A11b5 “Gran Dio, pietà! Co l’umil core afflitto” 374-7 • Ode di dieci quartine di endecasillabi: ABBA “Non ricusa, Signor, non si ritira” 373-4 XXXI. Francesco Algarotti (Polianzo Dorico) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “O di selve e di ninfe, o d’odorate” “Spirto felice, onde pur è che questa” 377 378 • Canzone di sette strofe bipartite: a7s7A11s7B11t ; s7S11s7s7B11t “Già due volte col Sole” 378-80 XXXII. Ippolito Pindemonte (Polidete Melpomenio) N. testi: 1 Genere metrico: • Ottave “Grazie al propizio ciel. Contrario il fato” 380-5 455 XXXIII. Iacopo Agnelli (Rimero Celenio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Il regno tutto de’ Poeti io sfido” “La terribil di Dio spada guerriera” XXXIV. 386 386 Francesco Soave (Sargesio Cretense) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Apre il fiero Selim le vele al vento” 387 • Ode di cinque esastici bipartiti: a7s7b7t ; a7s7B11t “Corron, Filippo, gli anni” 388-9 • Ode di sette esastici bipartiti: s7a7b7t ; a7s7B11t “De le vivaci immagini” 387-8 XXXV. Durante Duranti (Senarte Linnatico) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Nel sentier di virtù securi e presti” “Notte non scorre mai, Donna, né giorno” “Se di nube talor turba e confonde” “Se spesso in vita non ti furo a sdegno” “Sparsa d’insidie e perigliosi inciampi” “Tu che l’atro velen sparger non temi” XXXVI. 391 391 392 390 392 390 Prospero Valeriano Manara (Tamarisco Alagonio) N. testi: 9 456 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Cessa, bronzo lugubre, il tristo metro” 395 • Sonetti (3) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “A che pur tardi, e lenta urtando vai” “Luce improvvisa il cieco aere accese” “Quando la noja del cammin già corso” 394 395 393 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Dove il breve cammin di nostra vita” 394 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Fernando, il sai, non dove ardea gemmato” 393 • Odi (2) di tetrastici: s7a7s7a7 “Dircea cetera eburnea” (28) “Dolce Armonia, che ’l vario” (20) 398-402 396-8 • Egloga dialogica di terzine. “Se v’ha cui Febo ornarsi il crin non vieti” 402-06 XXXVII. Antonio Maria Vannucchi (Teleio Focidense) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Giunto Cesare al soglio, ove s’asside” 407 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Gran Donna, onor del Reno, onor di quella” 407 XXXVIII. Luigi Rondinelli (Tereo Ciparissio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dal soglio augusto, ove immortal ti assidi” “Se di virtù l’inessiccabil fiume” 408 408 457 XXXIX. Aurelio de’ Giorgi Bertola (Ticofilo Cimmerio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Le Grazie a l’aurea cuna eran custodi” 409 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Sorgi Micon: l’aurora porporina” 409 • Ode di ventitré quartine: s7a7s7a7 “È pronto già su l’Adria” 410-2 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [413-34]. 458 RIME | DEGLI | ARCADI | TOMO DECIMOQUARTO | A sua Eccellenza il Signor | DON BALDASSARE | ODESCALCHI | Duca di Ceri, Commendatore dell’Ordine | Reale di S. Stefano d’Ungheria, Ciam- | ber. di S.M.I.R.A. & c. & c. | (impresa dell’Accademia dell’Arcadia: il flauto di Pan a sette canne, con il motto “Gli Arcadi”, incluso in una corona di alloro e di pino) | IN ROMA 1781. Presso Paolo Giunchi. | Con Licenza de’ Superiori. Dedica di Gioacchino Pizzi custode generale (Nivildo Amarinzio) a Baldassare Odescalchi, pp. V-XV. Imprimatur e permessi di stampa, p. XVI. I. Giuliano Cassiani (Acasto Larissiano) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, ECD “Diè un alto strido, gittò i fiori, e volta” 2 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Desto al fragor, tremar la Stigia riva” 3 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDC, EDE “Guazza e tempra nel fonte, a cui fan sponda” 4 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Sovra lo sposo al guardo suo disdetto” 5 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “La pudica gelò d’alto ribrezzo” 4 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Toro Acheloo si fe’, visto che invano” 5 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Vien, qui siedi: a l’Ebreo garzon diletto” 3 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, ECD “Del figlio al grido, che del suo piacere” 2 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, EDC “Appiè del Tronco, in che purgar dovea” 6 “Poiché del Genitor la via non tenne” 1 459 II. Leopoldo Camillo Volta (Acato Evoetico) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del Mincio in riva, e in mezzo i fiori e l’erba” “Io vo narrando, ovunque il duol mi mena” 6 7 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Povero cor, qual astro rio, qual fato” 8 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Cura, che da l’abisso imo d’Averno” “Quel flebil Rio, che urta fra sasso e sasso” “Se per aver pietà convien ch’io pera” 9 8 7 III. Carlo Valenti Gonzaga (Adimanto Autonidio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Sciolto già son da l’amoroso impaccio” “Vate son io: e il mio parlar non erra” 10 12 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Pianto, che sgorghi da le mie palpebre” “Questa mia Cetra, che negletta tace” “Talora lusingando il mio pensiero” “Tornami a mente quel fatal momento” 10 11 11 9 • Terzine (3) di endecasillabi faleci “Da le Cimmerie profonde grotte” “Leggiadra Silvia, perché severa” “Tua bella immagine, o cara Dori” 13-4 12-3 14-5 • Terzine “Qual uomo oppresso d’affannosa febre” 15-6 IV. Appiano Buonafede (Agatopisto Cromaziano) N. testi: 16 460 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Notte non mai percossa da baleno” “Se opposti studi, e idee nimiche e crebre” “Se più mi suona quel vil grido intorno” 22 19 18 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Pianta gentile, che nel buon terreno” 20 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Ben vedo il raro magistero e l’arte” 21 • Sonetto con schema ABAB, BAAB; CDE, CED “Qual gran Popolo è questo? ed in qual parte” 21 • Sonetto con schema ABBA, ABAB; CDC, DCD “L’ordine arcano e la catena intera” 22 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Già vidi il Po men gonfio, e il picciol Reno” “In volto altero, e in barbaro ornamento” “Mentre un torrente limaccioso e rio” 20 17 18 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, EDE “Certo che annida insiem falco e colomba” 17 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, ECD “Sì, volgi pur per nostra colpa e pena” 19 • Endecasillabi sciolti (4) “Donne gentili, che le nostre spiagge” “Ercole, figlio de la lunga notte” “Quando il più chiaro Parlator d’Atene” “Questi arboscelli teneri e negletti” 25-7 28-30 23-5 30-2 V. Giuseppe Mattioli (Alfesindo Criuntino) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chiedea dal ciglio del Fattor primiero” “Dunque, o Vergin, dovrà questa sì bella” “È questo il Fabbro, senza cui non era” “Poiché per colpa de l’Idèo Pastore” 34 35 33 35 461 “Spunta, o Vergin, quell’alba, in cui l’ordita” “Stava dubbiosa con la man sul ciglio” VI. 34 33 Giovanni Battista Riva (Arbante Calcidico) N. testi: 12 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Scossa la sepolcral polve dal crine” 40 • Sonetti (7) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Dilegua il nulla: voto globo, informe” “Marte mi generò: me ne la cuna” “Misera, dove son? Qual bruno e lento” “Nudò il sen, strinse il ferro; e in giro torto” “Per l’aer fosco su la Stigia foce” “Per la terrestre impenetrabil massa” “Traballa il lido; e nel balzar da l’onda” 36 37 39 39 38 41 37 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Rompe tonando il Polo: ecco il gran Giove” “Son’io, misera Europa, io son, che strinsi” 36 38 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Fugge l’oste Amorrea: Ecco già pinge” “Va, Figlio, e regna; e sul regnar primiero” 41 40 VII. Pietro Antonio Novelli (Aristeno Parraside) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (10) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ahi che la faccia moribonda al petto” “Altri piangan che Amor co’ strali suoi” “Driadi e Napèe, che i graziosi volti” “Già l’alme Grazie ministranti avea” “L’idea de l’arte più sublime e bella” “Pittura un dì le luci sue serene” “Qual’or vegg’io non sol le sculte forme” “Quando l’alme di Pindo imperatrici” “Queste le piagge son dove mia Fille” 45 42 42 43 46 46 44 45 43 462 “Ricco di nova luce il gran Pianeta” VIII. 44 Tommaso Maria Celoni (Arenio Triense) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetti (8) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Chi di Minerva, e chi di Temi figlio” “Col crin di bende vario-pinte avvolto” “Entro un orrido albergo in ferreo trono” “Giurai per l’acqua del Castalio fonte” “O ruscelletto, che l’arsura estiva” “Quando, o Coppia Real, per fausto evento” “Se v’incontrate, o Amici, per la via” “Vergine, udisti? Il sacro bronzo ha dato” IX. 49 48 47 47 50 48 49 50 Guido Ascanio Scutellari Aiani (Aristofonte Enonio) N. testi: 1 Genere metrico: • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-42); terzine di endecasillabi faleci (43-60); quartine di ottonari, abab (61-76); terzine di ottonari (77-89); quartina di endecasillabi, ABAB (90-3). “Esci di quella ruinosa mole” 51-4 X. Giovanni Battista Paziani (Armindo Triasio) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Alfin per opra di vil ferro indegno” “La forbice ministra al gran delitto” “Poiché l’artiglio de l’augel Romano” 56 54 55 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Questo, al nascer di cui su bianca pietra” 55 463 XI. Vincenzo Monti (Autonide Saturniano) N. testi: 9 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del cieco Limbo allor le tenebrose” “Quando scendeva ne le valli inferne” “Sei tu quel Dio, che nel furor cammina” 58 57 57 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Da l’Alpi estreme per orrenda traccia” 56 • Ode di trentanove quartine: s7a7s7a7 “Io de gli Achèi magnanimi” 58-63 • Poemetto di sette strofe (di lunghezza diversa) di settenari variamente rimati. “Lo san Febo e le Dive” 63-70 • Ottave “Qui stette, qui superbo alzò la fronte” 70-4 • Terzine (2) “Dolce de’ mali obblìo, dolce de l’alma” “Tristo pensier, che dal funereo monte” 79-83 75-9 XII. Angelo Mazza (Armonide Elideo) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Io non credea, che far men gravi e corte” “Tempo verrà, che il gaudio d’oggi e il canto” 85 84 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Misera Grecia, che ne’ fieri ludi” “Somiglianza d’affetti e lunga prova” 86 84 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “O se il buon Greco, che a le prime ascese” 85 • Ode libera “Svegliati, Eolia cetra” 86-92 464 • Endecasillabi sciolti distribuiti in sette strofe di lunghezza diversa. “Io questo a te consacro Inno festoso” 101-10 • Ottave sdrucciole (2) “Poiché rotto si vide il mar trascendere” “Se mai per maraviglia il Sol risorgere” 92-5 96-101 • Terzine “Se ne l’abisso d’infiniti rai” 110-5 XIII. Luigi Godard (Cimante Micenio) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ahi su lurido vien carro di piombo” “Ecco l’Immenso cui natura cole” “Nereggia Dite, e al torbido Acheronte” “Prora, che dei su l’ocèano infido” “Stella, che in Orìente ardi amorosa” “Tempo, che la maligna ala tacente” 117 115 117 116 116 118 • Ode di quarantasei tetrastici di settenari: papa “Figlia del ciel soave” 118-24 • Ode di quindici strofe bipartite: s7a7s7a7B11t ; s7c7s7c7B11t “Su forti penne insolite” 124-9 • Ottave “Qual mette novo suon Pindo e ’l torrente” 129-35 • Sei strofe (di lunghezza diversa) di endecasillabi sciolti. “Spenta non è con la virtude antica” 135-41 XIV. Giuseppe Vendettini (Cleanto Ereate) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor, che Tifi su la poppa Achèa” “Fermo su l’ale il trionfal momento” 142 142 465 “Mentre, o Donna regal, stringi l’altera” “Ninfa immortale a coronar v’appella” XV. 143 143 Luigi Uberto Giordani (Cloridano Dulichiense) N. testi: 1 Genere metrico: • Terzine “Io vidi l’ombre de’ miei cari estinti” XVI. 144-50 Francesco Giannetti (Darcilo Egiride) N. testi: 2 Genere metrico: • Ottave “Canto il trionfo e la gran Donna augusta” 150-8 • Capitolo elegiaco “Se mai vera cagion di largo pianto” 158-64 XVII. Giuseppe Torelli (Daulide Omagiriano) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Pria che lo spirto mio si sgombri e sciolga” 167 • Sonetti (5) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ben fu quel giorno più ch’altro sereno” “Ben quegli indarno a i dolci rai del giorno” “Non già d’erbe il valor, dolce mia vita” “Quando alcun bene l’intelletto apprende” “Rapida spiega verso il ciel sereno” 166 166 165 167 165 466 XVIII. Girolamo Pompei (Decilio Liciense) N. testi: 1 Genere metrico: • Canzone di sei stanze di settenari ed endecasillabi: abCabCcdeeDff “Ah che si cerca in vano” 168-70 XIX. Pietro Antonio Serassi (Desippo Focense) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Diva, che un nuovo e non più udito esempio” 171 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Pittor, se di formar l’immagin tenti” 171 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Olmo gentil, che tue sacre radici” 172 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Pura colomba, che a seguir m’inviti” 172 • Canzoni (2) di dieci stanze di settenari ed endecasillabi: aBaBCcDD “Questa di fila d’oro” 173-5 “Se a l’alme infide e vili” 175-8 XX. Filippo Ercolani (Doriclo Dioneo) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “O tu che al suon di tue soavi accorte” 181 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, EDC “Deponi de gli strali il grave incarco” 182 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Non piango, che di Te, son già nov’anni” 178 467 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Non perché pochi Carraresi sassi” 181 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qui non logge, e non tetto oltra il costume” 179 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, EDE “Non per l’aer salubre, e perché intorno” 180 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Quei che in riva del mar Ligure nacque” 180 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CED “Ben Tu in tela ritrar a parte a parte” 179 XXI. Giuseppe Marotti (Egisto Iparmeo) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Allor che a Lui, onde l’immenso è pieno” “Lo stuolo eletto, che primier sen venne” 182 184 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Quei voti, o Pio, che un dì superba e strana” 183 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, CDE “Il dissi pure, che di Borea nato” 183 XXII. Angelo Battaglini (Ergeade Tifeo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Sarò dunque tuo figlio, e meco intanto” 185 • Sonetti (2) con schema ABAB, BABA; CDC, DCD “Stanco omai di pugnar lo sguardo altero” “Vergin, cui poche in giovenile etate” 186 186 468 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Pieno del vero Dio lo sguardo mise” “Renditi, o qui t’uccido: a lei, che stretta” 184 185 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDC, EDE “Del minaccioso Capanèo gli accenti” 187 XXIII. Giovanni Giacomo Monti (Ermildo Isauride) N. testi: 4 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Da gli ampi alberghi tuoi a questa sede” “Un verde e vivo giovinetto lauro” 188 188 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Pur salva in porto ti ricovri o Nave” 187 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Un chiaro suon di nuove cetre elette” 189 XXIV. Angelo Maria della Mirandola (Euridamante Cassiopeo) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Dove sono, e quali aure oggi respiro” “L’alma cetra, che appese al collo mio” “O funesto pensier, che mi rammenti” “Quando scorrean per le Affricane tende” “Qui spesso venne il buon Lauriso, e quivi” “Vivrà l’Arcadia: il mio pensier non erra” 190 194 190 193 191 191 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “L’aura, che pura move da orìente” “Questa è l’invidia: al ceffo la conosco” “Vieni dolce e gentil aura, che spiri” 189 192 192 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ecco Scipione e Annibale venuti” 193 469 XXV. Giacomo Alessandro Calvi (Felsineo Macedonico) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Di tua stirpe, Signor, la Gente altera” “Non più l’Arcade piaggia, e non la riva” 195 196 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Già sul Mincio e sul Po secondo arrise” “Tu vedi or come in su le Renie sponde” 195 194 • Canzone di otto stanze e congedo di settenari e endecasillabi: abCabCcdeeDfF / PaA “Non io cantor di morte” 196-9 XXVI. Francesco Carcano (Floreno Corcirense) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Come fortuna va cangiando stile” “D’un Dio vendicator la tremend’ira” 200 202 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Al balenar de l’una e l’altra face” “Ben puoi l’oro, onde va lieta e superba” “L’innamorata anima mia si fugge” “Perché perché sì varie larve assembri” 202 201 201 200 XXVII. Luigi Subleyras (Galisio Enopeo) N. testi: 10 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Di cieco sdegno e di crudel furore” 207 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Io veggo, ahi dura inevitabil sorte!” 205 470 • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Benigno Padre se a punir la prole” “Ecco ondoso torrente i boschi atterra” “Mentre a l’ombra d’un verde antico alloro” “Ogni esser puro e ogni più grave oggetto” “O selva opaca, e contro al tempo immota” “Perché l’orno ramoso, o l’arduo faggio” “Presso a un ruscello, che con lucid’onde” “Tra queste selve inospiti e lugubri” XXVIII. 206 204 207 206 204 203 205 203 Placido Placidi (Ilmeno Iretrio) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Ombre tacite, e voi ermi recessi” 208 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Ognor pensoso e pallido d’aspetto” 208 XXIX. Aurelio Bernieri (Iperide Foceo) N. testi: 4 Genere metrico: • Ode-canzonetta di sei tetrastici: s5a5s5a5 “Meco già Niside” 209 • Ode-canzonetta di sette tetrastici doppi: s5s5s5a5t ; s5s5s5a5t “Lascia il tuo Libano” 209-11 • Ode-canzonetta di ventiquattro quartine di ottonari: abab “Un perenne monumento” 211-4 • Ode di dodici esastici: s7a7s7a7b7b7 “Chi cela mai sì barbaro” 214-7 471 XXX. Giuseppe Muratori (Labinto Pisauro) N. testi: 2 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Fremo d’orrore al rimirare in croce” 218 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDC, EDE “È questa la stagion, che a te ricorda” 217 XXXI. Francesco Martini (Lauso Olitorio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Allor che Roma incerta e palpitante” “O libertà, che de’ viventi al core” “Pien di quella Virtù, che lo sostiene” “Quando Maria per l’ampie vie de’ venti” 218 221 220 219 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Come a colomba timida innocente” “Mentre a Giuseppe un’agonìa penosa” 220 219 XXXII. Paolina Secco Suardo Grismondi (Lesbia Cidonia) N. testi: 2 Genere metrico: • Ode di quattordici quartine: s7a7s7a7 “Ei che di mirto Idalio” 221-3 • Endecasillabi sciolti “Queste ch’or leggi d’ogni grazia ignude” 223-4 XXXIII. Antonio Di Gennaro (Licofonte Trezenio) N. testi: 6 472 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Amor per lungo tempo a scherno ho preso” 226 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Beato l’uom, che da moleste cure” 226 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Alma gentile amor non prende a sdegno” “Bella e ridente è la vezzosa Flora” “Di folte nubi il luminoso e bello” “Ne l’ingiusta d’Amor rigida corte” 225 227 227 225 XXXIV. Luigi Lega (Lidinio Teseio) N. testi: 3 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ecco il barbaro teschio, ecco quel duro” “Oimè! son questi i marmi algenti e l’urna” 228 228 • Ode di sedici tetrastici: s7a7s7a7 “Lode agli Dei: sparirono” 229-31 XXXV. Nicola Martelli (Lisideo Ozoneo) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Ecco l’Etna, che in alto erge la fronte” “Entro un tempio di mirti coronato” “La Donna, che non nasce in ogni etate” 231 232 232 • Aria di due tetrastici di ottonari (abab, 1-4; ccdd, 7-10), separati da un refrain di quadrisillabi a rima baciata (5-6, 11-2), chiusa da un distico di ottonari baciati. “Non sdegnarti, o bionda Nice” 233 473 • Terzine di endecasillabi faleci “Poiché le fervide ore d’estate” XXXVI. 233-5 Clemente Bondi (Metabo Prianeo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Ama i Poeti; e a la stagion futura” “Con l’uno e l’altro piè fermo e raccolto” “Da grotta uscito solitaria e nera” 237 238 238 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Fra il silenzio e la notte Orfeo reggea” “O d’Anglia nata su l’estreme rive” “Stretta gli omeri e il fianco in viril manto” 236 236 237 XXXVII. Antonio Mariotti (Moronte Tespiense) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Or che l’Europa d’alto sdegno accesa” “Signor, che sotto Imperìal bandiera” 241 241 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Corre Arianna de l’amante in traccia” “Qui un rio che scorre fra le verdi sponde” “Torniam, Pastori, al ritornar di Flora” 239 239 240 “Pel ceruleo del mar placido manto” 240 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-72); sei strofe bipartite, s7a7s7a7s7b7t ; s7c7s7c7s7b7t (73-144); terzine (145-201); due strofe di doppi esastici, p7a7p7a7p7b7t ; p7c7p7c7p7b7t (202-25); due strofe bipartite, a5b5a5b5c5t ; d5e5d5e5c5t (226-45); due sequenze di ottonari, aabbccdd (246-61); terzine (262-71); endecasillabi sdruccioli (272-7). “Durisono, tu invan tenti eccitarmi” 242-51 474 XXXVIII. Gioacchino Pizzi (Nivildo Amarinzio) N. testi: 24 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Debil femmineo sesso e qual destino” “Duce di forti e d’animose schiere” “Nel trapassare il Ligure nocchiero” “Non così impetuoso si disserra” “Se in mente io volgo i giorni, i mesi e gli anni” “Senza cagion di noi si lagna il core” 256 252 253 253 252 255 • Sonetti (6) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “D’Eternità su l’orlo, ov’ha la cuna” “Forse al suo fin s’affretta il ferreo mondo” “Lungi dal volto amato ahi! così bene” “Non è la lingua, che si lagna, o Amore” “Nutrir che giova a un’alma abbandonata” “Pugnan spesso fra loro amore e sdegno” 251 257 254 256 255 254 • Ode di ventidue strofe di settenari: ababcdcd “Alma Diva possente” 265-70 • Odi (2) di tetrastici: s7a7s7a7 “Ah! non è ver, che il Tracio” (19) “O Niccolini! o immagine” (20) 260-2 262-5 • Ode di quattro strofe bipartite: s7a7s7a7s7b7s7b7s7c7t ; s7d7s7d7s7e7s7e7s7c7t “Alme Suore d’Apolline” 257-60 • Canzone di nove stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACcDdEeFF / pAaBbCC “Quando al chiaror de l’alba mattutina” 274-8 • Canzone di otto stanze e congedo di endecasillabi e settenari: ABCBACdEdEFF / aBaBCC “Giove, che ’l primo seggio avesti in cielo” 270-4 • Terzine (6) “Dal cupo abominevol speco io uscia” “Nel dolce tempo, in cui disciolto il gelo” “Nel mirar due nemici ad una spada” “Poiché ad un vate immaginoso è dato” “Pur nel gran Tempio, che non ha misura” “Quando a più forte coraggiosa guerra” 278-83 296-301 283-90 290-6 301-07 307-11 475 XXXIX. Giulio Civetti (Orneo Saturniaco) N. testi: 1 Genere metrico: • Inno di dieci sestine: s7p7p7a7p7A11 “O de l’eletto farmaco” XL. 311-3 Antonio Cerati (Parmenio Dirceo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Madre amata, tu piangi? i tuoi lamenti” 314 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, CDE “Qual da l’Ibero suol rapidamente” 315 • Sonetto con schema ABAB, BABA; CDE, EDC “Il dotto spirto, ch’a l’umana vita” 314 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDC, DCD “Lucina, odi un mio voto. Egli dal core” 315 • Ode di venti tetrastici: s7a7s7a7 “Quale orror melanconico” 316-8 • Sestine (ABABCC) “Invida Morte, l’affrettato passo” 318-26 XLI. Baldassare Odescalchi (Pelide Lidio) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Sole, perché d’un velo atro e funèbre” 329 • Sonetti (4) con schema ABBA, ABBA; CDE, CDE “Del più sottile fuoco, e del più eletto” 328 476 “Pietà, Morte, pietà; l’ottenga il pianto” “Questa Fenice da le piume d’oro” “Se i bei pensier, che Amor mi pone in mente” 328 329 327 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, CED “Giorno felice, in cui superbo Amore” 327 • Ode-canzonetta di quindici esastici bipartiti: a8a4b8 ; c8c4b8 “Belle Ninfe, che ascoltate” 330-2 • Terzine “Annosi boschi, e voi colline apriche” 333-5 XLII. Michelangelo Monti (Penelao Zacintio) N. testi: 1 Genere metrico: • Ode-canzonetta di trentaquattro tetrastici: s7a7s7a7 “Ah! no, non è sacrilego” XLIII. 335-40 Ippolito Pindemonte (Polidete Melpomenio) N. testi: 3 Genere metrico: • Ode di distici di ottonari a rima baciata. “Lice, udiro alfin gli Dei” 341-2 • Ode saffica (ABAb5). “Venere eterna, in variopinto soglio” 340-1 • Nove strofe (di lunghezza diversa) di endecasillabi sciolti. “Espero appar: su, giovanetti. In cielo” 342-5 XLIV. Giuseppe Antonio Taruffi (Polifilo Alfeio) N. testi: 4 Genere metrico: 477 • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Superbi avanzi de l’antico Impero” 345 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Quando, per colpa del fatal tiranno” “Sgombra, Ninfa gentil, deh sgombra omai” 346 346 • Ode di diciannove tetrastici: s7a7s7a7 “Quando la cetra flebile” 347-9 XLV. Giovanni Devoti (Robesio Tornaceo) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (4) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Ben tu d’Averno uscisti, e te l’immonda” “Giace il sopito mondo, il sol non vibra” “Odi, o Dio de le fredde ombre tacenti” “Sei tu, che desti al suon la cetra eburna” 350 351 351 349 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Ecco il Delfico bosco; ombra e corona” 350 • Endecasillabi sciolti “Perché, spirto gentil, perché la cetra” 352-6 XLVI. Claudio Todeschi (Rosmiro Celenio) N. testi: 6 Genere metrico: • Sonetti (6) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Del sangue sparso da l’Ebreo furore” “Di grazia un fonte al nulla in seno Iddio” “E quando ombre di morte alfin levate” “L’onore, che a la Senna in riva ha impero” “Non tremo, o Festo, a le minaccie e a l’angue” “Quel genio io son, che di timor disgombra” 357 356 358 358 357 359 478 XLVII. Luigi Cerretti (Tagete Castalio) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Tal schiudea la tua man dolce concento” 360 • Sonetti (3) con schema ABAB, ABAB; CDC, EDE “Io Donna e Madre? E come ciò? Se pura” “Lungi lungi da me l’alloro e il mirto” “Sei pur tu diva Immago. A le tue piante” 360 361 359 • Ode costruita sull’alternanza di due schemi metrici: s7a7s7a7b7t ; s7c7s7c7s7b7t (I-II, V, VII-IX, XI) e s7a7s7a7s7b7t ; s7c7s7c7b7t (III, VI, X). “Tornan, Dorillo, i placidi” 361-5 • Terzine “Per Te nacquer miei versi, e a Te gli dono” 365-8 • Endecasillabi sciolti (2) “Ben sotto il raggio di propizia stella” (9) “Movea, Signor, fuor del tranquillo Eliso” (2) 370-2 368-70 XLVIII. IV- Prospero Valeriano Manara (Tamarisco Alagonio) N. testi: 2 Genere metrico: • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-36); strofe saffiche, ABAb5 (37-76); due sequenze di endecasillabi (77-97); terzina (98-100); sestine (101-18); quartina, ABAB (119-22). “Chi fia, che al suon d’avena or canti meco?” 376-80 • Egloga dialogica e polimetrica: terzine (1-36); endecasillabi frottolati (37-92); terzine sdrucciole (93-102). “Perché, o Dameta, il gregge oggi s’aduna” 372-6 XLIX. Pietro Pasqualoni (Telesindo Matunno) N. testi: 2 479 Genere metrico: • Terzine “Compunto il cor da gravi acerbe doglie” 380-2 • Endecasillabi sciolti distribuiti in due strofe di lunghezza diversa. “Vieni, Amor, vieni in questo sacro albergo” 382-5 L. Clemente Filomarino (Tersalgo Lidiaco) N. testi: 8 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Inerme e nudo in ferrei lacci stretto” 388 • Sonetti (3) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Arse il losco Affrican di rabbia in volto” “Già il fiero Duce avea nel sen versato” “Per me surser dal suol marmoree mura” 386 387 387 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “Vieni, o Signor, che regni in Vaticano” 386 • Ode-canzonetta di undici strofe bipartite: s5a5a5s5b5t ; s5c5c5s5b5t “Al pel più candido” 392-5 • Ode di ventotto tetrastici: s7a7s7a7 “Qual’improvviso scuotemi” 388-92 • Ottave sdrucciole “Tornate, o agnelle mie, tornate a pascere” 395-8 LI. Domenico Testa (Virbinio Naupazio) N. testi: 17 Genere metrico: • Sonetti (9) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Al gelido fischiar di rea procella” “Che d’angui avvolta la terribil testa” “Io chi son? donde mai venni? qual fine” “L’onda orgogliosa, che le Volsche apriche” 400 402 399 403 480 “Oh me felice appieno! ed io simìle” “O Tempo, e chi narrar potrà tue lodi” “Pera il fellon, che da gli umani petti” “Quasi la voce di soave cigno” “Senti Mirtillo mio: l’insidie e l’onte” • Sonetti (8) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Appiè de l’aureo Trono, u’ Dio s’asside” “D’acerbo pianto e di funeree grida” “D’amor fallace e del tartareo mostro” “L’altrjer si cinse il pastorello Alcèo” “Non io di socco umìl mi calzo il piede” “Quel mago Fanciullin, che Amore è detto” “Sparso di sangue, e in vel funereo avvolto” “Tu vivi a l’ozio in braccio ed al piacere” LII. 402 404 399 405 406 400 403 404 405 398 406 401 401 Giuseppe Petrucci (Virbindo Climenio) N. testi: 5 Genere metrico: • Sonetti (2) con schema ABAB, ABAB; CDC, DCD “Quando de l’Asia la città reina” “Quando per morte al fin dal suo bel frale” 409 408 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Entro speco d’orribili tenèbre” 407 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDC, EDE “V’è chi pensa se intorno al Sol la terra” 408 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DCE “Mista fra ’l crudo stuol l’afflitta Madre” 407 LIII. Vittore Vettori (Zerindo Iameio) N. testi: 7 Genere metrico: • Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDE, CDE “Sul dorso di un destrier, che mai non posa” 411 481 • Sonetti (2) con schema ABBA, ABBA; CDC, DCD “Qual da ignoto lacciuol preso augelletto” “Visto l’avrei d’elmo e lorica adorno” 412 410 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, DEC “Ahi qual da me lungo Ocèan si varca!” 411 • Sonetto con schema ABBA, ABBA; CDE, EDC “Donna, se per voi scrivo, e per voi canto” 409 • Sonetto con schema ABBA, BAAB; CDE, EDC “Ne l’età lieta de’ miei giorni gai” 410 • Sonetto con schema ABBA, BABA; CDE, CED “La misera precede anima mia” 412 Indice de’ capiversi delle presenti Rime, e de’ loro Autori, pp. [413-36]. 482 Rilievi statistici Autori: 503 (fra cui 27 poetesse) Autori più rappresentati: Gioacchino Pizzi (96 testi; voll. X-XIV). Giovan Mario Crescimbeni (95 testi; voll. I, III, VIII-IX). Francesco Redi (86 testi; voll. V, VIII-IX). Domenico Ottavio Petrosellini (72 testi; vol. X). Michele Giuseppe Morei (65 testi; voll. II-III, VII-IX, XI-XII). Giuseppe Paolucci (64 testi; voll. I, VIII-IX). Francesco Maria Cagnani (63 testi; voll. III, V, IX). Giovanni Battista Felice Zappi (63 testi; voll. I, III, VII-X). Niccolò Forteguerri (62 testi; voll. II, VIII). Filippo Leers (57 testi; vol. I). Antonio Zampieri (55 testi; voll. III, IX). Giovanni Battista Ciappetti (54 testi; vol. III). Orazio Pedrocchi (P. Giovanni Antonio di S. Anna; 54 testi: voll. III-IV, VII, IX). Vincenzo Leonio (53 testi; voll. I, VII-IX). Angelo Antonio Somai (50 testi; voll. I, VIII-IX). Vincenzo da Filicaia (49 testi; voll. III, VIII). Francesco Del Teglia (48 testi; voll. VI, IX). Pellegrino Salandri (48 testi; vol. XIII). Eustachio Manfredi (45 testi; voll. II, VIII-IX). […] Francesco Maria Lorenzini (41 testi; voll. III, IX-X). […] Giuseppe Brogi (24 testi; voll. X-XI). 483 Altri autori: Faustina Maratti Zappi (36 testi; voll. II, IX-X). Benedetto Menzini (33 testi; vol. II). Carlo Maria Maggi (32 testi; vol. IV). Petronilla Paolini Massimi (28 testi; voll. I, III, VII, IX). Alessandro Guidi (23 testi; vol. I). Scipione Maffei (23 testi; vol. VII). Angelo Mazza (22 testi; voll. XIII-XIV). Luigi Godard (21 testi; voll. XIII-XIV). Carlo Innocenzo Frugoni (17 testi; vol. XIII). Giuseppe Parini (15 testi; vol. XIII). Saverio Bettinelli (13 testi; vol XIII). Vincenzo Monti (9 testi; vol. XIV). Melchiorre Cesarotti (6 testi; vol. XIII). Ludovico Antonio Muratori (4 testi; vol. VI). Ippolito Pindemonte (4 testi; voll. XIII-XIV). Francesco Algarotti (3 testi; vol. XIII). Aurelio de’ Giorgi Bertola (3 testi; vol. XIII). Giambattista Vico (3 testi; vol. VIII). Pietro Metastasio (2 testi; vol. X). N. componimenti: 5961, di cui 5252 sonetti, 418 odi/odi-canzonette/canzoni, 110 capitoli/terzine, 70 egloghe e 111 componimenti vari. 484 Bibliografia I. Sillogi ufficiali dell’Accademia dell’Arcadia AC1-AC3: Arcadum carmina […], Romae, 1721-68, 3 voll.; il vol. I presso Antonio De Rossi (“de Rubeis”), i voll. II-III per Giuseppe e Filippo De Rossi (“Josephi et Philippi de Rubeis”). Notizie istoriche: Notizie istoriche degli Arcadi morti, Roma, de’ Rossi, 1720-21, 3 voll. PdA: Prose degli Arcadi, 1718-54, 4 voll.; i voll. I-III a Roma, presso Antonio De Rossi (“de’ Rossi”), IV, “Bologna A Colle Ameno, All’Insegna dell’Iride”. RdA: Rime degli Arcadi, Roma, 1716-81, 14 voll.; i voll. I-IX presso Antonio De Rossi (“Rossi” nei voll. I-IV, “de Rossi” nei voll. V-VII, “de’ Rossi” nei voll. VIII-XI), XII “per Niccolò e Marco Pagliarini”, XIII-XIV “presso Paolo Giunchi”. VdA: Le vite degli Arcadi illustri, Roma, de’ Rossi, 1708-51, 5 voll. I. I Altre edizioni dell’Accademia I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nell’Olimpiade DCXX in lode della Santità di N.S. Pontefice Clemente XI e pubblicati da Giovan Mario Crescimbeni, custode d’Arcadia […], Roma, Monaldi, 1701. I Giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell’Olimpiade DCXXI in lode degli Arcadi defunti, e pubblicati da Gio. Mario De’ Crescimbeni Custode della medesima Arcadia, Roma, de Rossi, 1705. I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nell’ingresso dell’Olimpiade DCXXV in lode della Santità di N.S. Papa Innocenzo XIII e pubblicati da Gio. Mario Crescimbeni, Roma, de’ Rossi, 1721. I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi per l’ingresso dell’Olimpiade DCXXVI. In lode della Sacra Real Maestà di Giovanni V Re di Portogallo, Roma, de’ Rossi, 1726. I Giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell’ingresso dell’Olimpiade degli Arcadi illustri defunti, Roma, Monaldini, 1754. DCXXXIII in onore I Giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nel Bosco Parrasio per onorar la memoria dell’inclito Artino Abate Pietro Metastasio, Roma, Fulgoni, 1784. 485 Componimenti diversi de’ Pastori Arcadi della colonia Sebezia nel dottorato dell’Eccellentiss. Principe Signor D. Annibale Albani fra gli Arcadi Poliarco Taigetide Acclamato, Nipote del Sommo Pontefice Clemente XI. Pubblicati dal Dottor Biagio de Avitabile fra’ medesimi Arcadi “Agero Nonacride” Vice Custode della stessa Colonia, Napoli, Parrino, 1705. Atti della solenne coronazione dell’Illustrissimo Signore Bernardino Perfetti tra gli Arcadi Alauro Euroteo, Nobile sanese, Cavaliere di Santo Stefano, e Poeta insigne estemporaneo, fatta in Campidoglio, colla descrizione dell’apparato per la medesima, cavati dagli Archivj Capitolino, e Arcadico, Roma, de’ Rossi, 1725. Componimenti Poetici dedicati alla Santità di N.S. Papa Benedetto XIII dalla Ragunanza degli Arcadi nel gettarsi la prima pietra ne’ fondamenti del nuovo teatro per li congressi letterarj della medesima […], Roma, de’ Rossi, 1725. Adunanza di canto solennemente tenuta da gli Arcadi della colonia Parmense nella universal gioja del nuovo nato Serenissimo arciduca d’Austria, ed alla Sacra Reale Maestà di Maria Teresa Regina d’Ungheria, e di Boemia &c. Arciduchessa d’Austria & c. Duchessa di Milano, di Parma, e Piacenza, e di Mantova &c. Gran duchessa di Toscana &c. […] sovrana nostra clementissima da Eaco Panellenio Vicecustode della predetta colonia in argomento di profondissimo ossequio dedicata, Parma, Rosati, 1741. Componimenti degli Arcadi nella morte di Filacida Luciniano Custode Generale di Arcadia. All’Eminentiss., e Reverendiss. Principe il Signor Cardinale Francesco Borghese, Roma, de’ Rossi, 1744. Rime degli Arcadi sulla Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, Roma, de’ Rossi, 1744. Accademia di poetici componimenti dai Pastori Arcadi della colonia Trebbiense a richiesta del pubblico di Piacenza tenuta in occasione del giocondissimo avvenimento della sospirata nascita del Real Principe Don Ferdinando primogenito di S.A.R. il Serenissimo Infante delle Spagne Don Filippo Borbone Duca di Piacenza, Parma, Guastalla, ec., Piacenza, Salvoni, 1751. Adunanza tenuta dagli Arcadi in onore de i Fondatori d’Arcadia. Aggiuntavi una lettera intorno a i luoghi, ove le Arcadiche Adunanze si sono fin’ora tenute, Roma, de’ Rossi, 1753. Adunanze degli Arcadi pubblicate nelle nozze di sua Eccellenza la Signora D. Giacinta Orsini de’ duchi di Gravina con sua Eccellenza il Signor Don Antonio Boncompagno Ludovisi duca d’Arce de’ princ. di Piombino […], Roma, Salomoni, 1757. Componimenti recitati nell’adunanza d’Arcadia in lode dell’Inclita, ed Erudita Madama Du Boccage celebre poetessa francese detta fra gli Arcadi Doriclea Parteniate, Roma, Salomoni, 1758. Rime degli Arcadi in onore della Gran Madre di Dio, Roma, de’ Rossi, 1760. 486 Raccolta di prose pastorali recitate in diversi tempi nell’adunanza degli Arcadi in Roma, Roma, de’ Rossi, 1762 (II ed. 1763). Adunanza tenuta dagli Arcadi per l’elezione della Sacra Real Maestà di Giuseppe II Re de’ romani, Roma, Komarek, 1764. Adunanza degli Arcadi per l’esaltazione alla Dignità di Senatore di Roma di Sua Eccellenza il Signor Don Abondio Rezzonico Nipote della Santità di N. S. Papa Clemente XIII, Roma, Casaletti, 1766. Adunanza tenuta dagli Arcadi della colonia Virgiliana per la ricuperata salute della Sacra Cesarea Maestà di Maria Teresa Imperadrice Regina Apostolica, Mantova, Braglia, 1767. Le Pastorelle d’Arcadia. Festa campestre nelle Augustissime nozze delle Altezze Reali del Reale Infante di Spagna Don Ferdinando di Borbone […] e della Reale Arciduchessa d’Austria Maria Amalia, Parma, Stamperia Reale, 1769. Adunanza tenuta dagli Arcadi per la coronazione della celebre Pastorella Corilla Olimpica, Roma, Salomoni, 1775. Atti della solenne coronazione fatta in Campidoglio della insigne poetessa Donna Maria Maddalena Morelli Fernandez pistoiese fra gli Arcadi Corilla Olimpica, Parma, Stamperia Reale, 1779. I Voti Quinquennali celebrati dagli Arcadi […] ad Onore della Santità di Nostro Signore Papa Pio VI, Roma, Salomoni, 1779. Adunanza tenuta dagli Arcadi nel Bosco Parrasio per l’acclamazione dell’EE. LL. il Signor Conte D. Luigi Braschi Onesti e la Signora D.a Costanza Falconieri in occasione delle loro faustissime nozze, Roma, Fulgoni, 1781. Festa pastorale celebrata dagli Arcadi nel fausto giorno in cui nella sala del Serbatoio di Roma fu collocata la dipinta effige dell’Inclito Meronte abate Melchiorre Cesarotti, Roma, Vescovi e Neri, 1785. II. Studi sull’Arcadia Maria Grazia Accorsi, Pastori e teatro. Poesia e critica in Arcadia, Modena, Mucchi, 1999. Maria Teresa Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, Roma, Palombi, 1991. Maria Teresa Acquaro Graziosi, Pietro Metastasio e l’Arcadia, in Tricentenario metastasiano. Metastasio da Roma all’Europa, Incontro di studi (21 ottobre 1998), a cura di Franco Onorati, Roma, Fondazione Marco Besso, 1998, pp. 49-61. 487 Appunti intorno a cose d’Arcadia, in “L’Arcadia”, IV (febbraio 1892), pp. 135-46. Franco Arato, La storiografia letteraria nel Settecento italiano, Pisa, ETS, 2002 (in particolare Scavi in Arcadia, pp. 17-75). L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, a cura di Alfredo Mango, Milano, Angeli, 2007. Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, Convegno di Studi (15-18 maggio 1991), Roma, Arcadia-Accademia letteraria italiana, s. III, vol. IX, fasc. 2-3-4 (1991-94). Aldo Avallone, Baretti antiarcade, in Atti e memorie. 177-87. III centenario dell’Arcadia, pp. Agostino Bartolini, Dall’Archivio d’Arcadia. Agostino Paradisi, in “Giornale arcadico di scienze lettere ed arti”, s. VI, I (1906), pp. 311-2. Anna Laura Bellina-Carlo Caruso, Oltre il Barocco: la fondazione dell’Arcadia. Zeno e Metastasio: la riforma del melodramma, in Storia della letteratura italiana, diretta da Enrico Malato, vol. VI (Il Settecento), Roma, Salerno, 1998, pp. 239-312. Alberto Beniscelli, G. B. Casaregi e la prima Arcadia genovese, in “La rassegna della letteratura italiana”, LXXX (settembre-dicembre 1976), pp. 362-85. Emilio Bertana, In Arcadia. Saggi e profili, Napoli, Perrella, 1909. Clelia Bertini-Attilj, Le donne in Arcadia, in Secondo centenario d’Arcadia, Roma, Cuggiani, 1891, vol. I (Scritti vari), pp. 311-31. Bronislaw Bilinski, Dall’agone ginnico alle contese di poesia nei «Giochi Olimpici» dell’Arcadia, in Atti e memorie. III centenario dell’Arcadia, pp. 135-68. Walter Binni, L’Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia, 1968. 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