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Martedì 22 Settembre 2009 Corriere del Trentino
TN
Dolomiti, terra ladina
a cura dell’Union Generela di Ladins dla Dolomites
L’APPUNTAMENTO È PRESSO L’HOTEL ARMENTAROLA DI SAN CASSIANO IN ALTA BADIA FINO ALLA FINE DI SETTEMBRE
UNA GALLERIA D’ARTE PER AMMIRARE IL VALORE DELLE SCULTURE IN LEGNO
Per quattro secoli la scultura in legno di giocattoli e di soggetti religiosi è stata il pilastro portante dell’economia della Val Gardena. Intorno al 1700, nei mesi invernali, decine di contadini svolgevano quest’attività complementare per arrotondare il magro guadagno. Inizialmente il loro lavoro si limitava a un
“primitivo” intaglio di piccoli animali, oggetti di decoro e d’uso domestico, ma i pionieri del settore
ebbero subito successo e la scultura in legno in val Gardena divenne ben presto un fenomeno di massa.
Alla fine del XVIII secolo non c’era quasi più famiglia che
non si dedicasse a tale attività e a primavera, prima della fienagione, era un fatto comune che i gardenesi si recassero,
con una gerla carica di statue e statuine sulle spalle, nei vicini paesi del Tirolo e dell’Austria e nei centri principali
d’Europa in cerca di acquirenti per le loro creazioni artistiche.
In questo periodo di fioritura gli artigiani gardenesi più portati passarono da una produzione di semplici figure e oggetti casalinghi ad una scultura d’arte “figurale”, sacra o profana, seguendo stili diversi e dando interpretazioni personali.
Il successo dell’artigianato artistico giunse al culmine verso
la fine del XIX secolo, quando il mercato della scultura gardenese era ormai ben radicato in tutt’Europa e si stava
espandendo anche Oltreoceano. A dare una spinta alla qualità produttiva contribuirono soprattutto la scuola statale
d'arte di Ortisei, fondata nel 1872, e quella di Selva, istituita nel 1907. Lo sviluppo turistico all’inizio del secolo scorso ha contribuito ad attirare gli acquirenti delle sculture gardenesi direttamente in valle.
Dopo il 1950 ebbe inizio in Val Gardena un processo d’industrializzazione della lavorazione del legno: l’ausilio del
pantografo per abbozzare le statue ha permesso un sostanziale aumento della produzione di sculture e delle attività
commerciali connesse, senza pregiudicare la creatività del maestro artigiano. Oggi la scultura eseguita
integralmente a mano è garantita da un marchio registrato presso la camera di commercio di Bolzano
apposto alla scultura stessa.
Nonostante lo sviluppo positivo, di recente questo pilastro dell’economia gardenese ha subito un crollo
inatteso, provocato dall’andamento dell’economia mondiale, dal cambiamento della moda, dalla generale riduzione degli spazi abitativi e dalle limitate possibilità di collocarvi statue lignee di grandi dimensioni, ma non solo. Sono venuti a mancare gli acquirenti abituali delle opere scultoree a soggetto religioso, ovvero i turisti germanici, costretti far fronte a una crisi economica interna. Gli artisti gardenesi hanno
reagito cercando di espandere il mercato in altre direzioni, ottenendo però risultati piuttosto modesti.
Nel 1994 un gruppo di 60 maestri artigiani gardenesi – tra
scultori, doratori, policromatori – ha dato vita all’associazione Unika per presentare e pubblicizzare le opere più prestigiose e illustrare i vari mestieri connessi all’artigianato
artistico. Da quindici anni a questa parte l’associazione partecipa a mostre, fiere ed esposizioni in Italia e all’estero,
organizza manifestazioni per promuovere a livello mondiale i prodotti dell’artigianato artistico gardenese. Nel novembre 2005 l’associazione ha allestito una mostra permanente
in un’ampia sala all’entrata del paese di Ortisei che, rimanendo aperta tutto l’anno, offre la possibilità di ammirare
più da vicino la creatività e la grande varietà di iniziativa
degli artisti. Ogni anno, all’inizio di settembre, Unika organizza a Ortisei la manifestazione “Unika, scultori in fiera”,
per offrire la possibilità a tutti gli interessati di parlare direttamente con l’artista, di conoscere più a fondo la tradizione
dell’artigianato gardenese e di acquistare opere certamente
uniche e realizzate interamente a mano.
Nel 2009 Unika ha aperto una galleria d’arte presso l’Hotel
Armentarola a S. Cassiano in Alta Badia: la galleria rimarrà
aperta tutti i giorni fino alla fine di settembre. Per chi volesse visitare la mostra permanente allestita presso il “Tennis
Center” di Ortisei (Roncadizza), sono previsti bus navetta
gratuiti che partono ogni 30 minuti da Selva, S. Cristina e
dal centro di Ortisei. Per maggiori informazioni a riguardo, si consiglia di consultare il sito internet
www.unika.org.
Werner Pescosta
TUBLÀ DA NIVES
UN CENTRO CULTURALE
NELL’ANTICO FIENILE
Di recente il comune di Selva Gardena ha
ristrutturato un antico fienile per completare
l’opera di sistemazione del centro paese
avviata poco più di un anno fa. Il risanamento è stato eseguito in base al progetto dell’architetto gardenese Rudolf Perathoner, il quale
aveva vinto il concorso bandito in precedenza dalla giunta comunale. La spesa complessiva prevista è di 1.600.000 euro.
Nonostante i costi relativamente elevati, il
progetto ha convinto pienamente gli amministratori comunali e provinciali, perché permetterà di salvare dalla demolizione una
costruzione tipica, espressione della cultura
dolomitica e ladina in specie. L’esempio del
comune di Selva potrebbe essere seguito
anche da altre amministrazioni pubbliche e da
proprietari privati che, sfruttando la possibilità di cambiare la funzionalità di simili costruzioni antiche così caratteristiche per il territorio montano, potrebbero salvare una parte
dell’eredità trasmessaci dagli avi dalla distruzione e dalla cementificazione.
In futuro, non appena saranno terminati i
lavori, il fienile meglio noto tra i valligiani
come “Tublà da Nives” potrà essere utilizzato come sede per esposizioni o altre attività
culturali.
Daniela Villotti
SCUOLA
ALLA SCOPERTA
DELLA LINGUA LADINA
I LADINI DELLE CINQUE VALLI DOLOMITICHE LASCIARONO UNA VASTA DOCUMENTAZIONE SUL PRIMO CONFLITTO MONDIALE. CERCAVANO LA PACE, TROVARONO LA MORTE
L’orrore della guerra negli occhi di un giovane soldato
Il diario di Paolino Zardini, appunti di vita quotidiana al fronte: “Qui fa freddo, una vita da bestie”
La guerra europea
iniziata il 28 luglio
1914 e conclusa nel
novembre 1918, è
ricordata come la
prima guerra mondiale. Durante questi anni molti soldati scrissero diari,
memorie, lettere,
collaborarono
a
giornali di trincea e
di città. I ladini
delle cinque valli
dolomitiche del
Sella, come altri
cittadini di lingua
italiana
del
Trentino, dell’Istria
e della Dalmazia
arruolati nell’esercito austro-ungarico, lasciarono una
L’ampezzano Paolino Zardini
documentazione
scritta e fotografica
dal fronte della Russia, della Serbia e dell’Italia. Tra i ladini si distinsero molti soldati di Cortina d’Ampezzo che, inviati in Galizia nell’agosto 1914 contro la Russia o la Serbia, scrissero un diario di guerra o lettere ai famigliari e agli amici.
Ho avuto la fortuna di leggere il diario di guerra di Paolino Zardini,
nato a Cortina d’Ampezzo nel 1897. Entrò nell’esercito il 19 maggio
1915. Vestì la divisa degli Standschützen con i giovanissimi dai 16 ai
21 anni e gli anziani oltre i 42. A loro si aggiunsero i riformati, i
volontari e gli inabili al servizio normale, aggregati ai richiamati che
formavano il cosiddetto Landsturm. Dovevano difendere il Tirolo, il
fronte sud dell’impero contro l’Italia che il 23 maggio aveva dichia-
rato guerra all’Austria-Ungheria per completare l’unità del territorio
nazionale. Dalle trincee di Son Pòuses a nord di Cortina d’Ampezzo,
gli Standschützen contrastarono l’esercito italiano che puntava su
Dobbiaco e la val Pusteria per raggiungere il Brennero.
La famiglia Zardini, come moltissime altre, fu disgregata dalla guerra. Angelo, classe 1889, combatté nel 1914 sul fronte russo. Mandato
in prima linea contro un nemico ben preparato e attrezzato, fu ferito
come accadde a molti altri soldati. Nel gennaio 1915 tornò in famiglia per un periodo di convalescenza. Qualche mese dopo fu trasferito con i Kaiserjäger sul fronte dell’Isonzo e sul Monte Nero. A casa
rimasero i genitori con cinque figlie e Sisto, il più giovane, classe
1899.
Quando a novembre del 1917 Paolino rientrò a Cortina rioccupata
dall’esercito austriaco, trascorsi i giorni di licenza, Sisto lo accompagnò per un lungo tratto di strada. Non volevano separarsi più. Molti
amici e parenti non fecero ritorno. La guerra invece chiedeva forze
nuove. Il 16 maggio 1916 Sisto partì alla volta di Innsbruck per esercitazioni d’artiglieria. In Italia si stava preparando la battaglia decisiva sul Piave e sul Monte Grappa. Zardini scrisse i ricordi di guerra
su un foglietto convinto, come altri suoi compagni, che il flagello
sarebbe durato poco. Oggi quel documento si presenta sciupato,
sbiadito, ma importante per capire lo stato d’animo dell’autore.
La scrittura incerta e irregolare manifesta l’emotività del momento,
ma anche la volontà di ricordare. Paolino elaborò gli appunti ogni
giorno dopo i fatti vissuti. Quando non aveva tempo, prendeva brevi
note. Raccontò gli avvenimenti dal 17 maggio 1915 al 27 novembre
1917. Ma la guerra non era finita come gli austro-germanici avevano sperato. In un secondo opuscolo, infatti, Zardini registrò i ricordi
dal 24 novembre 1917 al 4 giugno 1918, dalla sconfitta italiana di
Caporetto alla vigilia della seconda battaglia sul Piave. Gli austrogermanici erano certi di passare il Piave, di marciare su Venezia e
Milano e di chiudere il fronte italiano con una vittoria. Non fu così.
Non conoscevano l’orgoglio italiano.
Il diario prosegue in un terzo libretto dove l’autore narra i fatti dal 4
giugno al 28 ottobre 1918. Era in atto la terza battaglia sul Piave,
monte Grappa. Gli italiani e gli alleati avanzavano verso Vittorio
Veneto contro un esercito di austriaci, non più di austro-ungarici,
ormai sfiduciati, stanchi, con scarsità di cibo, ma ancora bene armati dai germanici. Tutti avevano un unico desiderio: ritornare a casa
dopo 41 mesi di durissime battaglie e di stragi orribili. Il 18 ottobre
Paolino scriveva: “Io mi ammalai gravemente”. La febbre spagnola,
portata in Europa dalle truppe americane, uccideva più delle mitragliatrici. Chi non aveva un fisico robusto, moriva. Il diario finisce il
28 ottobre con una parola di sollievo e di gioia: “Guarito”.
Non un grido di vittoria militare, né di sconforto per la sconfitta, ma
un’espressione d’esultanza per la fine di una triste esperienza. Il diario ricorda i luoghi dove visse come soldato in prima linea, sulle
Dolomiti attorno a Cortina per difendere la sua terra, poi in val
Pusteria, in val Badia, in Trentino tra Calliano, Folgaria e l’Altopiano
d’Asiago. Non dimenticò mai la famiglia e la fidanzata Antonia
Dimai Filena. A loro spediva cartoline che lui stesso disegnava con
ritratti, immagini, fiori e frasi come questa del “17.7.1918. Dal
campo ti giunga un affettuoso ricordo da un cuor che per te palpita.
P. Zardini”.
La guerra non uccise, anzi accentuò gli affetti e gli ideali. La nota del
29 dicembre 1917 fa capire cosa Zardini pensava della guerra: “Alle
12 partii. Era un tempo di vento e neve; senza strada. Oh che vita da
bestie! Arrivati alle 4,1/2 bagnati e gelati, un orecchio gelato. Si riceve caffè a colazione. Alle 9 dormire, ma si dorme sulle assi. È freddo. Tutti bagnati, gnente da siugarsi”. Questa tragedia europea e
mondiale non solo sconvolse il territorio dolomitico, ma per le popolazioni ladine delle cinque valli del Sella costituì il primo confronto
con lo Stato italiano e il conseguente confronto tra la nuova politica
italiana e secoli di amministrazione austriaca.
Obiettivamente pochi si convinsero d’essere stati redenti. La nuova
situazione accentuò la volontà di affermare la propria identità ladina,
com’era accaduto negli anni precedenti il 1914. La generazione di
Paolino Zardini visse con la speranza che iniziasse una pace indivisibile per l’Europa. Fu deluso. Non vide la realizzazione di
un’Europa unita, ma il ripetersi di una seconda guerra mondiale.
Paolo Giacomel
Via Sorrento, 39 - 39100 Bolzano
Cell 3464793233 / 3358302094 - e.mail: [email protected]
Ballo popolare ai piedi del Putia (Val Badia)
Dalla collaborazione dei tre istituti pedagogici della provincia di Bolzano, a cui è affidata
la preparazione del materiale didattico per le
rispettive scuole – tedesche, italiane e paritetiche (ladine) – è nato un nuovo progetto per
avvicinare gli alunni di madrelingua italiana e
tedesca al mondo ladino. L’iniziativa prevede
tra l’altro l’edizione di alcune pubblicazioni
che verranno distribuite agli alunni di quarta
e quinta elementare affinché essi abbiano la
possibilità di apprendere le informazioni
necessarie per capire chi sono i ladini, quali
sono le particolarità della loro lingua e della
loro cultura.
A partire dall’anno scolastico appena iniziato
si terranno apposite lezioni in alcune scuole
italiane e tedesche dell’Alto Adige. Agli alunni sarà distribuito il primo libretto pubblicato,
contenente alcune delle leggende ladine tolte
dal libro “Märchen aus den Dolomiten”
(Fiabe delle Dolomiti) edito a cura della professoressa Ulrike Kindl, altre dalle
“Leggende dolomitiche” di Karl Felix Wolff.
I contenuti del libretto in versione digitale
possono anche essere scaricati dal sito internet dell’Istituto pedagogico ladino:
www.pedagogich.it. Negli anni a venire
seguirà la pubblicazione di ulteriori testi di
approfondimento sulla storia e sulla lingua
dei ladini, nonché sulla geografia delle valli
del Sella. I libri realizzati anche per merito
del desiderio più volte espresso dagli insegnanti e dai direttori delle scuole italiane e
tedesche, contribuiranno sicuramente a
migliorare ulteriormente la convivenza e la
buona collaborazione dei tre gruppi linguistici in Alto Adige.
Werner Pescosta
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Dolomiti, terra ladina - Provincia Autonoma di Trento