Martedì 17 Dicembre 2002 1 IL SINDACATO DEI CITTADINI SCUOLA ISTITUZIONI SCOLASTICHE E CULTURALI ALL’ESTERO FORMAZIONE PROFESSIONALE Per la Uil scuola va assolutamente evitata la regionalizzazione del sistema dell’istruzione Uil: no alla devolution per la scuola L’impegno del sindacato per una scuola pubblica nazionale Il punto DI MASSIMO DI MENNA a competenza esclusiva delle I servizi regioni in materia di gestione L e organizzazione delle scuole olper gli iscritti tre che della definizione di quote DI PIERO BOTTALE Il sindacato, oltre a essere uno strumento di tutela collettivo tramite le proprie iniziative politiche, contrattuali ecc., ha anche assunto, soprattutto negli ultimi anni, un ruolo di fornitore di servizi ai propri iscritti. Questi servizi tendono spesso a essere sottovalutati, quasi come fossero un’appendice all’iscrizione, mentre, al contrario, hanno una forte valenza. Proviamo a elencare i principali: Il servizio di consulenza individuale, dall’immissione in ruolo alla ricostruzione della carriera, alla pensione; in questo campo la Uil scuola offre sicuramente il miglior livello possibile sotto il profilo qualitativo. Le assicurazioni per gli iscritti: sono tre, da quest’anno profondamente rinnovate. In primo luogo la Uil scuola assicura per la responsabilità civile tutti gli iscritti, con un massimale di circa 300.000 € per danni alle persone e 35.000 € nei confronti dell’amministrazione. A questa si aggiungono la polizza «infortuni» che prevede la corresponsione di una diaria giornaliera a seguito di ricoveri ospedalieri di durata superiore ai tre giorni e una polizza di tutela giudiziaria per coprire parte delle spese legali in caso di causa intentata nei confronti di un aderente alla Uil scuola. Non va dimenticata l’assistenza fiscale, garantita attraverso il Caaf, con un risparmio notevole sulle spese che, normalmente, occorre sostenere per adempiere ai propri doveri fiscali. Molte altre iniziative consentono consulenze legali e risparmi per gli iscritti. Le opportunità per gli iscritti non si fermano qui. Rivolgetevi, per saperne di più, alle segreterie provinciali; sapranno sicuramente esservi di aiuto! di programmi regionali, ci vede decisamente contrari. Lo ripetiamo da molto: «Attenzione, la vera privatizzazione della scuola passa per la devolution». Un sistema imperniato su 20 diverse legislazioni determinerebbe frammentazione civile e sociale. La sfida riformista che da sempre la Uil lancia per la scuola italiana è quella della qualità e della modernizzazione. Purtroppo un passato di riforme annunciate, mancate o costruite a tavolino non ha fatto raggiungere tali obiettivi. Il sistema scolastico è sottoposto a scossoni: dalla devolution ai tagli, dall’ingiusta legge che per dare stabilità agli insegnanti di religione cattolica vìola i diritti di altri con un canale privilegiato per l’accesso all’insegnamento agli interventi di finanziamento da parte dello stato per le scuole private. Le ragioni della scuola pubblica invece sono forti: a tal riguardo facciamo nostre le belle frasi di Tristano Codignola del 1963, che riportiamo a pagina 8. La scuola, oggi, è vista come un settore in cui risparmiare dimenticando il ruolo importante che essa svolge per l’innovazione e la coesione sociale. In questo clima di incertezza e con un contratto scaduto da un anno, ogni giorno gli insegnanti continuano a garantire una buona scuola per tutti, una buona scuola statale, laica e libera. Approfondimenti legati alla devolution, al contratto e ai finanziamenti alle private alle pagg. 3 e 4 Fiat, serve un piano di rilancio per salvare l’auto «Noi vorremmo che fossero chiarite le strategie dell’azienda. Noi auspichiamo un impegno serio per il rilancio di Fiat auto. È chiaro che la strategia seguita finora, arrivare al 2004, al momento del put a favore di General motors in condizioni migliori di oggi, si è rivelata impraticabile. Il problema del futuro di Fiat auto va posto subito, non si può attendere il 2004», commenta il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. «Noi», continua il segretario generale della Uil, «avevamo chiesto che Termini non si fermasse nemmeno per un giorno, che marciasse, anche se a regime ridotto; utilizzando la rotazione per governare transitoriamente questa fase di difficoltà. Ma l’accordo ha eluso completamente la questione principale, ovvero il futuro della Fiat auto. Dalle dichiarazioni dell’azienda non è in discussione se esercitare l’opzione a vendere a favore di General motors, ma semplicemente quando e a quali condizioni. Una strategia che non ci piace e che non condividiamo. L’obiettivo dei sindacati, dell’azienda e anche del governo non può che essere mantenere un’industria automobilistica in Italia. E ce ne sono tutte le condizioni. Ma occorre scommetterci. E scommetterci significa non un piano di mero salvataggio, ma risorse finanziarie per fare gli investimenti necessari per un rilancio credibile». L’approfondimento di Antonino Ragazzi, segretario generale Uilm, pag. 7 Dopo la proclamazione dello stato di agitazione, decisivo l’incontro del 19/12 Va rinnovato il contratto La nostra richiesta è avere certezza delle risorse Il 10 dicembre i sindacati della scuola hanno indetto lo stato di agitazione della categoria: la protesta», spiega Di Menna, «è per poter chiudere rapidamente il negoziato per il rinnovo del contratto. È inammissibile», aggiunge il segretario della Uil scuola, «che oltre alle numerose incoerenze e agli aspetti negativi dell’attuale politica scolastica, ai lavoratori della scuola statale, insegnanti e Ata, non si dia quanto pattuito, a un anno dalla scadenza contrattuale». «Lo stato di agitazione», si sottolinea in una nota congiunta di Cgil, Cisl, Uil e Snals, «è motivato dalla mancanza di certezze in ordine alle risorse fi- La Uil Scuola augura a tutti gli iscritti un sereno Natale e un felice Anno Nuovo nanziarie necessarie per dare rapida conclusione al contratto scuola e sulle quali il governo aveva assunto precisi impegni con leggi finanziarie e con intese con i sindacati scuola e con le confederazioni. L’iniziativa è, altresì, motivata dalla mancata tutela e stabilità degli organici docenti ed Ata e dagli interventi oltremodo penalizzanti per la scuola statale previsti dalla Finanziaria 2003 e dal decreto Tremonti. Soltanto dopo la proclamazione dello stato di agitazione è arrivata la convocazione del ministro per il 19 dicembre. È un incontro», spiega Massimo Di Menna, «che ha carattere decisivo: occorre ave- re certezza delle risorse disponibili per garantire ai lavoratori della scuola uno stipendio rivalutato. In quella sede dovranno essere confermati, con certezza, gli impegni finanziari assunti dal governo e garantita la concreta disponibilità a chiudere il rinnovo del contratto che è in fase di definizione all’Aran. La nostra azione è rivolta a chiudere rapidamente la trattativa per fare avere gli aumenti il prima possibile. Non si può aspettare ancora». RIFORMA SPECIALE EUROPA Gli effetti nella scuola della legge delega del governo Professione docente tra collegialità e programmi Dalla commissione le linee guida per i sistemi nazionali Un giorno a San Giuliano. Cronaca di un viaggio nella scuola del terremoto a pag. 7 a pag. 4 a pag. 5 Ulteriori approfondimenti sulla trattativa contrattuale a pag. 3 a pag. 6 2 Martedì 17 Dicembre 2002 SCUOLA D’OGGI La richiesta nella nota inviata dai sindacati al ministro dell’istruzione dopo la sentenza del Cds Graduatorie, chiarimento urgente L’art. 5 sulla formazione iniziale ha bisogno di essere rivisto Pubblichiamo un estratto della lettera unitaria Cgil, Cisl e Uil inviata al ministro Moratti e ai gruppi parlamentari di camera e senato Il testo della legge delega, «Norme generali sull’istruzione…» appena approvato dal senato, ha introdotto alcuni emendamenti, all’art. 5, relativo alla formazione iniziale, che intervengono sulla materia in modo assolutamente parziale e insufficiente. (…) Si registra positivamente la previsione che la laurea in scienze della formazione primaria sia titolo valido per l’inserimento nelle graduatorie permanenti, in analogia a quanto già definito per le specializzazioni della scuola secondaria. (…) È necessario valutare seriamente l’opportunità di inserire il dispositivo in un provvedimento d’urgenza per non vanificare le aspettative degli interessati, qualora i tempi parlamentari si dovessero allungare.(…) Rispetto alla previsione della frequenza dei corsi di scienze della formazione primaria o Siss per i docenti specializzati per l’insegnamento per l’handicap, non I sindacati scuola hanno inviato al ministro dell’istruzione Letizia Moratti una lettera che interviene, in modo puntuale, sui contenuti dell’articolo 5 del disegno di legge delega approvato recentemente dal senato. Siamo molto preoccupati circa una situazione nella quale prevale una forte confusione prodotta dall’amministrazione e dalla maggioranza che rischia di aumentare le tensioni e il conflitto fra le persone. Inoltre, riteniamo necessario tornare rapidamente con un’analisi dettagliata sul profilo complessivo dell’art. 5. Il tema è molto importante, in particolare alla vigilia di un grande ricambio fra il personale della scuola in considerazione del fatto che circa 400 mila insegnanti andranno abilitati, ai fini del conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità va sottolineato che: l’accesso ai corsi universitari dei docenti specializzati sul sostegno ai fini del conseguimento dell’abilitazione o dell’idoneità all’insegnamento è definito sulla base di criteri non omogenei; agli uni (scuola secondaria) si attribuiscono crediti che danno comunque l’accesso al secondo anno di corso (equivalente a una riduzione del 50% del percorso), per gli altri (scienze della formazione primaria) la valutazione dei crediti è rimessa alla discrezionalità delle università senza una minima garanzia, con Il decreto del Miur lascia irrisolti molti problemi in pensione a partire dal 2006. I riferimenti sono al profilo professionale che viene delineato, agli elementi di praticabilità rispetto al fabbisogno, al rapporto con gli attuali precari e vincitori di concorso, alle scelte economiche di investimento che si intendono mettere in campo sulla formazione universitaria. L’altro versante, che riteniamo necessario esaminare, è rappresentato dal rapporto fra università e scuola nella formazione delle competenze professionali dei futuri insegnanti, esperienza che, pur con le tante difficoltà a cui è andata incontro, abbiamo valutato positivamente nell’esperienza in corso e che interessi diversi intendono, invece, cancellare definitivamente. possibili decisioni discriminanti e sperequanti tra le diverse facoltà universitarie. Vanno definite condizioni di accesso anche per i docenti diplomati dell’istituto magistrale quadriennale ai fini dell’accesso ai corsi di scienze della formazione primaria, con particolare riferimento ai docenti specializzati per l’handicap. (…) A queste categorie, che registrano un forte numero di specializzati per il sostegno, non viene offerta alcuna opportunità. (...) Il fatto che il testo dell’articolato non delinei alcuna fase di transizione è preoccupante: il passaggio diretto al nuovo sistema di formazione universitario a numero chiuso lascia sulla soglia tutti quei docenti già inseriti nelle graduatorie d’istituto di terza fascia, non abilitati o non idonei. (…) Le scriventi segreterie nazionali ritengono che l’importanza delle questioni poste richieda un momento di riflessione e confronto più approfondito, anche al fine di verificare la possibilità di risolvere più celermente, eventualmente, in via amministrativa, parte dei problemi posti al fine di trovare le soluzione in tempo utile per il prossimo anno scolastico. Prof di religione norma ingiusta C’è un aspetto profondamente ingiusto, commenta Massimo Di Menna, nella nuova legge sugli insegnanti di religione cattolica approvata alla camera. L’ingiustizia è questa: basta che venga tolta l’idoneità da parte dell’autorità diocesana, sottolinea Di Menna, per fare diventare un docente di religione cattolica insegnante di ruolo di altra materia, coprendo un posto che dovrebbe essere assegnato ad altri che ne hanno più diritto. Mentre è giusto dare tutele giuridiche e contrattuali, anche di stabilità, agli insegnanti di religione cattolica, la Uil scuola ritiene profondamente ingiusto determinare situazioni di privilegio che danneggiano altri lavoratori. Un provvedimento che per dare stabilità crea lesione di un diritto di altri è un provvedimento ingiusto. Che cosa aspetta il governo, sottolinea Di Menna, ad autorizzare l’immissione in ruolo degli insegnanti delle altre materie? IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA È NELLA SEZIONE NOTIZIE DI NOVEMBRE DEL WEB UIL SCUOLA Dopo la sentenza del Tar Lazio sull’attribuzione del punteggio aggiuntivo Corsi Ssis, avvio Il Consiglio di stato premia tra le polemiche la posizione Uil sui precari DI PASQUALE PROIETTI Il Miur ha emanato nei giorni scorsi un decreto (dm 26/11/02) con il quale consente ai docenti in possesso del diploma di specializzazione per il sostegno l’ammissione al secondo anno dei corsi Ssis, anche in deroga rispetto al numero dei posti disponibili, anticipando di fatto i contenuti dell’art. 5 del disegno di legge delega sulla riforma della scuola. Tale procedura, svincolata da un quadro complessivo di riforma, mentre risolve dei problemi ne crea di nuovi. Il decreto, infatti, autorizza le scuole di specializzazione ad ammettere, anche in soprannumero, al secondo anno di corso il personale fornito di diploma di specializzazione per il sostegno ma privo di abilitazione all’insegnamento, solo se congiunto a un diploma di laurea o a un titolo equivalente. Viene così di fatto escluso tutto il personale in possesso del solo diploma, come i docenti della scuola elementare. Sul problema delle abilitazioni e più in generale sui problemi del precariato la Uil scuola, insieme a Cgil e Cisl, ha inviato da tempo un documento al ministro con il quale invitava l’amministrazione ad affrontare i problemi del precariato nella sua generalità. Il documento unitario nasce dal- l’esigenza di gestire in modo coerente i conflitti scoppiati di recente tra i precari «storici» e le Ssis (le sentenze dei vari Tar e il conseguente parere del Consiglio di stato ne sono la prova) che hanno evidenziato le difficoltà dell’attuale sistema di reclutamento di rispondere alle aspettative dei diversi gruppi coinvolti. Oggi noi abbiamo l’esigenza di dare risposte e indicazioni certe al personale che consegue la laurea in scienze della formazione primaria sia rispetto al valore abilitante del titolo che alla possibilità di accedere ai corsi di specializzazione per l’handicap. Inoltre, vanno create le condizioni per l’accesso a questi corsi di laurea anche per i docenti diplomati nel «vecchio» istituto magistrale, con particolare riferimento ai docenti specializzati. La nota unitaria delle organizzazioni sindacali confederali inviata al ministro aveva e ha l’obiettivo di integrare il testo dell’art. 5 della legge delega, già approvata in prima lettura al senato, che interviene sul problema del reclutamento in modo assolutamente parziale. In questo contesto il decreto ministeriale non risolve i problemi ma crea solo ulteriori disparità tra categorie diverse che dovrebbero avere le stesse opportunità di accesso all’insegnamento. DI PASQUALE PROIETTI Il 19 novembre scorso il Consiglio di stato, che era stato chiamato in causa dall’amministrazione sulla sentenza del Tar Lazio relativamente all’attribuzione del punteggio aggiuntivo alle Ssis, ha dato ragione ai precari e alle posizioni espresse dalla Uil scuola subito dopo la sentenza. Come si ricorderà, su questa materia si sono pronunciati due Tar, quello dell’Umbria e quello del Lazio, che hanno rimesso in discussione la cm n. 69/02 sulla base della quale sono state conferite le supplenze. Il Tar dell’Umbria è entrato nel merito dei contenuti della circolare relativamente alla cumulabilità dei 30 punti previsti per coloro che hanno frequentato la scuola di specializzazione (Ssis) con il servizio prestato contemporaneamente alla frequenza del corso stesso e ha ribadito che uno stesso titolo non può essere valutato due volte, con i 30 punti aggiuntivi o come altro titolo, limitandosi a sospendere gli effetti della circolare. Il Tar del Lazio, invece, confermando quanto sostenuto dal Tar dell’Umbria, è andato oltre annullando la circolare. La Uil scuola ha chiesto subito l’applicazione della sentenza sia per la preoccupazione sulle possibili ricadute sull’avvio dell’anno scolastico sia per garantire Andamento del precariato negli ultimi anni Anni Docenti ATA Tot. gen. 2000/2001 117.685 66.523 184.208 1999/2000 79.260 20.624 99.884 1998/1999 65.357 18.300 83.657 1997/1998 66.661 16.792 83.453 Elaborazione Uil Scuola su dati Miur Precariato nel quadriennio 97/98 tot. gen. ATA 98/99 99/00 docenti 00/01 0 50.000 100.000 omogeneità di trattamento per tutti i docenti coinvolti ed evitare che potessero essere applicate regole diverse tra le varie province. L’amministrazione invece ha deciso di presentare ricorso al Consiglio di stato sostenendo di voler perseguire l’obiettivo di ricongiungere tutti i ricorsi sulla materia, compreso quello presentato dai docenti abilitati presso le Ssis, per dare soluzione definitiva al problema. Oggi siamo punto e a capo. Proprio quando tutto sembrava filar liscio, con l’anno scola- 150.000 200.000 stico ormai avviato e anche senza grossi problemi, è arrivato nei giorni scorsi il parere del Consiglio di stato che, «bocciando» il ministro Moratti, ha confermato la sentenza del Tar del Lazio dando ragione alle tesi dei precari e delle organizzazioni sindacali. La Uil scuola, dopo aver rivendicato la correttezza delle posizioni precedentemente assunte e forte del parere del Cds, ha chiesto l’applicazione della sentenza del Tar e ha invitato il Miur a rifare le nomine. SCUOLA D’OGGI Le richieste all’Aran per dare più rapidità al negoziato Martedì 17 Dicembre 2002 3 La regionalizzazione non convince Contratto, più risorse Sulla devolution Per valorizzare tutto il personale DI LELLO MACRO D all’inizio di novembre si sono affrontate le questioni di carattere generale e si è registrata una convergenza tra l’Aran e le organizzazioni sindacali sulla necessità di dare rapidità al negoziato. Si è iniziato dalle problematiche specifiche dei docenti, a partire dalle funzioni-obiettivo, per le quali si è ritenuta necessaria una revisione volta a lasciare maggiore autonomia al collegio dei docenti sull’individuazione dei compiti, dando certezze sui tempi e il numero da attribuire alle scuole, eliminando le rigidità normative e adeguandone il compenso, separando nettamente da esse la funzione del «vicario», da ridefinire. Per quanto attiene ai progetti delle scuole situate in zone a rischio, si ipotizza un decentramento delle competenze e delle intese a livello regionale, trasformando il compenso forfetario in una quota di risorse da attribuire alle scuole e, tramite la contrattazione di istituto, al personale. Sulle «nuove professionalità Ata e le loro carriere», la Uil scuola ha ribadito la centralità del settore e la volontà di giungere a un contratto di svolta per il complessivo innalzamento di tutta la categoria. In particolare si è rivendicato: la qualificazione dei servizi Ata; l’attuazione della sequenza contrattuale; l’organicità nella classificazione del personale; una maggiore chiarezza dei profili; la mobilità professionale e formazione per tutti i profili dentro la stessa area e verso l’area superiore; l’inquadramento definitivo dei Dsga. Si è poi riproposto ancora una volta il tema delle risorse: l’Aran ha illustrato una nota del Miur che non quantifica le risorse derivanti dai tagli agli organici docenti e Ata, sostenendo che, in circostanze analoghe, simili risorse sono state collocate in istituti contrattuali non immediatamente esigibili. La Uil scuola non si è ritenuta soddisfatta, riaffermando l’esigenza che, per tutto il personale, vi sia un impegno del ministro nella definizione delle risorse utilizzabili. Dal 20 novembre, in parallelo, è iniziato l’esame di un testo uni- Coinvolte oltre 11 mila persone in tutta Italia Rsu, gran successo dei corsi itineranti Si stanno svolgendo in tutte le province italiane i corsi di formazione per le rsu elette nelle liste della Uil scuola, secondo un piano formativo nazionale che prevede di raggiungere le oltre 6 mila rsu elette e gli oltre 5 mila delegati e quadri territoriali. I corsi stanno ottenendo un buon successo di partecipazione e di attenzione per i temi centrali degli incontri: contrattazione di istituto e sulle modalità di definizione dei relativi con- tratti). Un modello nuovo di gestione della scuola, organizzazione complessa, che per poter funzionare secondo parametri di efficienza ed efficacia deve modernizzarsi, utilizzando appieno le potenzialità del metodo di concertazione e contrattazione che le relazioni sindacali previste dal contratto propongono. Una nuova frontiera per il sindacato e per i lavoratori che devono utilizzare questi nuovi strumenti e queste possibilità, al fine di incidere sulle scelte dell’amministrazione per la tutela degli interessi e dei diritti dei lavoratori (nell’ambito delle peculiarità e specificità delle diverse professionalità), ma sempre nell’ambito di un unico comparto di contrattazione per docenti e Ata che, insieme in questi corsi di formazione, approfondiscono le tematiche della contrattazione. co proposto dall’Aran in cui vengono inserite e coordinate tutte le norme contrattuali in vigore. Relativamente ai minimi di servizio da garantire in caso di sciopero, si è convenuto sul vigente testo sottoscritto il 2 agosto 2001, che verrà sottoposto all’esame della commissione di garanzia. Circa le relazioni sindacali si è discusso sulla semplificazione delle procedure, evitando sovrapposizione dei livelli di contrattazione, eliminando il livello nazionale con il Miur, se non per la mobilità; sulla definizione delle materie di livello regionale e sul rafforzamento della contrattazione di scuola, mantenendo le attuali materie; sul mantenimento degli equilibri tra contrattazione e competenze degli organi collegiali. L’attivazione della contrattazione, con tempi certi di apertura e conclusione, va considerata come obbligo dell’amministrazione e dei dirigenti scolastici. Va infine verificata l’ipotesi di un livello regionale di raffreddamento dei conflitti, con ruolo delle strutture sindacali e della dirigenza regionale, che è titolare dei contratti con i dirigenti scolastici. secco no della Uil È un fermo no alla regionalizzazione dell’istruzione quello che viene dalla Uil scuola. Non condividiamo la proposta contenuta nel ddl sulla devolution che prevede per l’istruzione la competenza esclusiva alle regioni. L’azione della Uil scuola è rivolta a evitare la regionalizzazione del sistema nazionale dell’istruzione. Da un lato il governo presenta un progetto di riforma in attuazione del nuovo dettato costituzionale che prospetta una regolamentazione a livello nazionale dell’istruzione. Dall’altro, al senato, si approva una proposta di legge che prevede il passaggio di tutte le competenze in materia di istruzione alle regioni. Una tale eventualità smantellerebbe il sistema nazionale dell’istruzione e minerebbe la stessa unità nazionale, determinando legittima preoccupazione in tutti i lavoratori. E questa è un’ipotesi inaccettabile per Uil scuola. Va data attuazione alla norma costituzionale che fa mantenere il carattere nazionale dell’istruzione nonché il sistema della formazione iniziale in servizio degli insegnanti. Questa deve essere la strada maestra da seguire nel processo riformatore. Uil scuola informa • Pensionamenti dal 1° settembre 2003: le domande entro il 10 gennaio 2003 Con il decreto ministeriale n. 127 del 2 dicembre 2002 del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ai sensi del decreto del presidente della repubblica 28 aprile 1998 n. 351 è stato fissato al 10 gennaio 2003 il termine entro il quale il personale del comparto scuola con rapporto di lavoro a tempo indeterminato (docenti, educativi e Ata), può presentare o ritirare la domanda di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio utile al pensionamento, di dimissioni volontarie dal servizio, avendone i requisiti, o per essere trattenuto in servizio oltre il 65° anno di età. La scadenza riguarda anche il personale che intende chiedere, a condizione di poter far valere 56 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età anagrafica, 37 anni di contribuzione, unitamente al trattamento pensionistico di anzianità, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ottenendo contemporaneamente il riconoscimento del trattamento di pensione. L’accertamento del diritto al trattamento pensionistico da parte degli uffici competenti dovrà essere effettuato entro le scadenze che saranno previste per l’acquisizione al sistema informatico delle domande di cessazione. Tali scadenze dovranno tener conto anche dei tempi necessari per la comunicazione dell’eventuale mancata maturazione del diritto a pensione al personale dimissionario, che potrà ritirare la do- manda entro cinque giorni. L’accettazione delle domande di collocamento a riposo per compimento del 40° anno di servizio, di dimissioni volontarie dal servizio e di trattenimento in servizio si intende avvenuta alla scadenza del termine del 10 gennaio 2003, senza l’emissione del provvedimento formale. Si ricorda che i requisiti per accedere al trattamento di pensione di anzianità dal 1° settembre 2003 consistono in 56 anni di età e 35 anni di servizio, oppure, indipendentemente dall’età anagrafica, di 37 anni di servizio. Tali requisiti devono essere posseduti, così come dispone l’articolo 59, comma 9 della legge n. 449/1997, entro il 31 dicembre 2003. Il personale che compie 65 anni entro il 31 agosto cessa automaticamente dal servizio per limiti di età, a meno che non richieda espressamente, entro il 10 gennaio, una delle due proroghe di permanenza in servizio previste rispettivamente dall’articolo 509, commi 3 e 5 del decreto legislativo 297/94 e dall’articolo 16 del decreto legislativo 503/1992. Le istanze vanno presentate alle segreterie delle istituzioni scolastiche. COSA CAMBIA NELLA COSTITUZIONE • COSTITUZIONE 1948 Art. 117. La regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato, sempre che le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni: (…) istituzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; (…) Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della repubblica possono demandare alla regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. • MODIFICHE PRECEDENTE GOVERNO (Articoli modificati dalla legge costituzionale concernente «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001 e sancita da referendum popolare del 7 ottobre 2001) Art. 117. La potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (…) Comma n: norme generali sull’istruzione; Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: (…) istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello stato. Spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento a ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello stato. • MODIFICHE ATTUALE GOVERNO (Adottate dal Consiglio dei ministri il 14 febbraio 2002, su parere positivo della Conferenza delle regioni, approvate dal senato, in prima lettura, il 5 dicembre 2002) Inserire comma: Nel rispetto dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali le Regioni attivano la competenza legislativa esclusiva perle seguenti materie; Comma b): organizzazione scolastica, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, gestione degli istituti scolastici e di formazione; Comma c): definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione; La potestà regolamentare spetta allo stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La potestà regolamentare spetta alle regioni in ogni altra materia. I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. 4 Martedì 17 Dicembre 2002 SCUOLA D’OGGI Diffondere un’informazione precisa e tempestiva è uno dei compiti importanti per il sindacato Riforma, serve un confronto vero Il dibattito politico entra nelle discussioni degli insegnanti opo la sospensione, nell’estate scorsa, dei provvedimenti attuativi della legge n. 30 del 10/2/2000 (Riforma Berlinguer), e dopo una «grande» consultazione che ha visto coinvolte 60 scuole e alcune telefoniste dell’Istat che hanno effettuato 8 mila interviste a docenti, genitori e studenti, il 13 novembre scorso il senato ha approvato il disegno di legge che definisce le «Norme generali sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale» (Riforma Moratti). E subito il mondo della scuola è entrato in fibrillazione: «Che fine farò io, e che fine faranno le mie materie di insegnamento e le competenze che ho acquisito in tanti anni di lavoro?». Le risposte sono confuse e tutte «politiche»: il governo difende il suo progetto, i partiti di opposizione attaccano la maggioranza, nessuno si preoccupa di illustrare i contenuti del provvedimento e la scuola viene lasciata sola, con i suoi dubbi e le sue angosce. Invece di essere considerata un’occasione per migliorare il sistema, la riforma viene vissuta come una minaccia ai diritti, alla professionalità, addirittura al posto di lavoro del personale. Non potendo fornire assicurazioni su una materia di esclusiva competenza del parlamento, il sindacato ha quanto meno il dovere di informare la categoria. Innanzitutto c’è da ricordare che si tratta di una legge delega, la cui attuazione è affidata al governo che dovrà emanare uno o più decreti legislativi. Il parlamento stabilisce quindi le linee generali, che non consentono di prevedere chiaramente né il futuro assetto della scuola italiana, né le ricadute sui diritti e sulla professionalità del personale. Di sicuro il testo approvato contiene novità importanti, soprattutto nella direzione del federalismo: 1) la formazione e l’istruzione professionale vengono affidate interamente alle regioni, insieme a una quota di «piani di studio» collegata con le realtà locali; 2) scompare il concetto di «obbligo scolastico» (che esiste ancora nel testo della Costituzione), sostituito dal diritto all’istruzione/formazione per almeno 12 anni; 3) la scuola dell’infanzia, che non si caratterizza né come formazione, né come istruzione, continua a essere considerata in posizione marginale. CREDITI D’IMPOSTA Ecco le novità che sembrano essere più certe in un quadro complessivo ancora non definitivo Finanziamenti alle private, no della Uil Cosa accadrà nella scuola italiana dopo l’approvazione della riforma DI FRANCO SANSOTTA D Una netta contrarietà al provvedimento che introduce il credito d’imposta per chi frequenta le scuole private è espressa dal segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna. Mentre si riducono le risorse per la scuola pubblica, continua Di Menna, che richiede investimenti per la valorizzazione professionale degli insegnanti e del personale, per la messa in sicurezza degli edifici, non solo la Finanziaria non dà risposte e si prevedono tagli, non solo non si rinnova il contratto, ma si danno soldi alle scuole private. Il provvedimento, approvato il 9 dicembre scorso dalla commissione bilancio prevede stanziamenti per 90 milioni di euro in tre anni (dal 2003 al 2005) per le famiglie che scelgono la scuola privata sotto forma di credito d’imposta, è ora all’esame del senato. Non ci sono risorse per la scuola pubblica, quella frequentata dal 93% degli studenti italiani, e si interviene sulla scuola privata: è una protesta forte quella che viene dal mondo della scuola,aggiunge Di Menna, contro un provvedimento incredibile. DI FRANCO SANSOTTA Sui cambiamenti, sicuramente consistenti rispetto alla situazione attuale, bisogna attendere i decreti attuativi. Per ora non possiamo fare altro che segnalare le novità che sembrano più certe, in un quadro complessivo ancora non definito. • Scuola dell’infanzia. La più grande novità consiste nella diversa età di accesso. Oggi si possono iscrivere, a settembre, i bambini che compiono i tre anni entro il 31 dicembre. La riforma prevede che l’iscrizione possa avvenire anche per i bambini che compiono i tre anni entro il 30 aprile dell’anno successivo. In pratica avremo alunni che inizieranno la scuola dell’infanzia a due anni e quattro mesi. La proposta, certamente gradita alle famiglie e all’opinione pubblica, comporta il cambiamento dell’attuale modello pedagogico ed educativo e crea non pochi problemi ai docenti che si vedrebbero privati degli alunni «più grandi» (quelli di cinque anni andranno già in prima elementare) e dovrebbero far fronte alle esigenze della fascia dei «dei più piccoli» L’iter della riforma La cosiddetta riforma Moratti della scuola fissa alcuni criteri generali e delega il governo ad attuarli successivamente mediante uno o più decreti legislativi da emanarsi: entro da chi • 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge; • entro 18 mesi dalla loro entrata in vigore è possibile apportarvi correzioni e integrazioni Miur: • di concerto con il ministero dell’economia e finanze, il ministero della funzione pubblica, il ministero del lavoro • previa intesa con la conferenza unifica stato- regioni • previo parere delle commissioni di camera e senato Le risorse e gli obiettivi Il finanziamento globale non è indicato: il testo approvato al… rimanda a un piano programmatico di interventi finanziari su 11 obiettivi da emanarsi, da finanziarsi annualmente attraverso la legge finanziaria nell’ambito delle previsioni del Dpef, compatibilmente con i vincoli della finanza pubblica: entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge da chi Il Miur …..da approvare ….da parte del consiglio dei ministri Previa intesa con la Conferenza unificata stato-regioni obiettivi • riforma degli ordinamenti e sviluppo e valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche; • istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico; • sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche; • attività motoria e delle competenze ludico-sportive; • valorizzazione professionale del personale docente; • formazione iniziale e continua del personale; • spese di autoaggiornamento sostenute dai docenti; • valorizzazione professionale del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata); • lotta alla dispersione scolastica e per assicurare la realizzazione del diritto - dovere di istruzione e formazione; • sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti; • adeguamento delle strutture di edilizia scolastica. (due anni e quattro mesi). • Scuola elementare e scuola media. Accorpate nel «Primo ciclo di istruzione», che si conclude con un esame di stato che dà accesso ai licei e alla formazione professionale, le due strutture rimangono distinte e mantengono la attuale durata: cinque anni le elementari, tre anni la media. Nella scuola elementare si tornerà probabilmente, almeno nei primi due anni, al maestro prevalente e nella media viene introdotto lo studio di una seconda lingua dell’Unione europea. Il testo attuale non chiarisce se continuerà la netta distinzione tra gli insegnanti delle due scuole, o se saranno previste forme di integrazione o di raccordo, fino ad arrivare a un unico organico. A questo proposito sarebbe indispensabile, in sede di emanazione dei decreti attuativi, fare riferimento alla preziosa esperienza acquisita in questi ultimi anni dai docenti degli «istituti comprensivi» (che rappresentano ormai quasi la metà della scuola di base) che hanno consentito l’aggregazione, nella stessa struttura professionale, della scuola dell’infanzia, della elementare e della media. • Scuola media superiore. Rispetto alla situazione attuale, il «secondo ciclo di istruzione» è la parte che contiene le maggiori novità, le maggiori complicazioni e le maggiori incertezze: abbiamo il sistema dei licei, affidato allo stato; il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, di competenza delle regioni, e in più la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato. Ciò potrebbe comportare un trasferimento di strutture e sostanziali modifiche di stato giuridico per il personale, che attualmente non è possibile ipotizzare. La valutazione degli apprendimenti e della qualità del sistema costituisce un’altra novità della riforma. Le norme verranno definite nei decreti legislativi. Un ruolo importante è riservato all’Istituto nazionale per la valutazione e ai docenti per i quali, «ai fini del miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione, nonché per la continuità didattica», è assicurata una congrua permanenza nella sede di titolarità. Conclu- dendo possiamo dire che i motivi di preoccupazione sono molti e consistenti. In questa situazione, ancora non definita e che non prevede tempi molto brevi, se è pericoloso e superficiale un atteggiamento ottimistico e disattento, è altrettanto fuori luogo lasciarsi andare a previsioni catastrofiche, pensando addirittura a licenziamenti e alla cassa integrazione per gli operatori della scuola. Abbiamo il tempo e le opportunità per valutare e seguire l’attuazione della riforma, soprattutto utilizzando e valorizzando il tavolo di confronto, istituito nell’accordo di febbraio, tra il Miur e le organizzazioni sindacali. Sulla proposta, la Uil scuola ha già più volte espresso le sue valutazioni, che sono state ultimamente ribadite, anche con un documento scritto, nel corso dell’audizione del 4 dicembre scorso alla VII commissione della camera dal segretario generale Massimo Di Menna (vedi il nostro sito Internet). Continueremo a sostenerle in tutte le sedi, con l’obiettivo di difendere i diritti e di valorizzare il lavoro, le competenze e le professionalità acquisite di tutto il personale. SCUOLA D’OGGI Martedì 17 Dicembre 2002 5 La centralità del ruolo dell’insegnante all’interno del processo di riforma della scuola italiana La collegialità progettuale è risorsa Ma la funzione didattica specifica non deve essere indebolita U n aspetto su cui negli ultimi anni è aumentata l’attenzione è quello relativo alla collegialità. Alcune volte le scuole si trasformano in «progettifici» e viene meno la centralità della funzione didattica, del momento in cui l’insegnante è in classe con gli alunni. Spesso la progettazione diviene trascrizione di carte, eccesso di burocrazia, tecnicismo e i saperi, l’approfondimento disciplinare vedono diminuita la loro centralità. In particolare, per ragazzi con sempre maggiori stimoli e con l’evoluzione scientifica e tecnica, il continuo aggiornamento disciplinare, la ricerca diventano altrettanto importanti quanto la capacità di mettere in connessione diverse materie su argomenti comuni, quanto l’approccio interdisciplinare. In questo senso scuola e università devono interagire e deve venire meno l’attuale separatezza. È in questa continua ricerca tra nuova collegialità e impegno individuale che si delinea la funzione docente. La nuova collegialità richiede impegno nella progettazione, nella definizione di interventi didattici in grado di rispondere in modo individualizzato, o per gruppi, alle diversità dei ragazzi. Entrano in gioco capacità relazionali, insegnamento individualizzato, flessibilità, rigore metodologico, tutte competenze che occorre acqui- Un riferimento chiave per la crescita educativa e formativa valida. Molti insegnanti sostengono che tutti i ragazzi hanno un loro percorso di crescita positivo. La questione di fondo è evitare di pensare che la scuola possa sostituire la non presenza delle famiglie. Molte difficoltà degli adolescenti di oggi, talvolta il loro disagio, derivano da ciò. Certo la scuola, in ogni caso, è chiamata a organizzare risposte ai tanti e diversi bisogni. In questo senso la funzione docente è importante in quanto rappresenta non solo trasmissione dei saperi ma valori di riferimento, modelli di comportamento, rigore, un sistema di regole. In definitiva, mentre la scuola e la famiglia dovrebbero interagire continuamente e positivamente, sempre più spesso l’insegnante vive in una sorta di solitudine la responsabilità di accompagnare la crescita dei giovani studenti con valori e prospettive positive. Per tale funzione e tale responsabilità non c’è il meritato riconoscimento. L’insegnante è un riferimento fondamentale per la crescita dei ragazzi. Il processo educativo si svolge contestualmente al processo di crescita e la scuola è una delle sedi a ciò preposte. In questi ultimi anni una errata concezione della scuola ha fatto sì che, a fronte di fenomeni di disagio giovanile e di comportamenti sanzionabili, si siano «scaricate» sulla scuola competenze e responsabilità, con proposte, talvolta, davvero «originali». Ricordiamo l’educazione stradale, l’educazione alla legalità, l’educazione alla salute e così via, quasi non esistesse l’educazione tout court, come antidoto ai malesseri. Ovviamente il vecchio termine «una buona educazione» riguarda il ruolo della famiglia, dei genitori e, sempre più, una connessione tra genitori e insegnanti. Quando l’interlocuzione esiste, non si limita al ricevimento per seguire l’andamento didattico, ma riguarda la «lettura» dei comportamenti, la conoscenza del ragazzo, per delineare una scelta sire con l’impegno e con l’esperienza. Occorre, inoltre, non indebolire la funzione didattica specifica: tanto più l’insegnante è visto come colui che sa e che sa trasmettere, tanto più la relazione con i giovani diviene positiva. In fondo il corso di studi richiede la crescita culturale, l’acquisizione di nuove conoscenze, il desiderio di sapere, il piacere di una buona lettura, il saper dare spiegazioni e interpretazioni ai fatti. In riferimento a ciò la collegialità come nuova dimensione della funzione dell’insegnante è metodo utile, se non appesantisce, ma agevola la capacità delle scuole di rispondere positivamente alla propria funzione specifica formativa, che rimane, e deve rimanere, quella di far innalzare il livello delle conoscenze e delle competenze, nonché lo spirito critico, degli studenti. Il riconoscimento di un lavoro così complesso, che non è quantificabile in orario rigido, è la vera questione non risolta. I PROGRAMMI DEI DOCENTI Lo stereotipo dell’insegnante Agidae Mentre prosegue il confronto con l’Associazione dei gestori delle scuole laiche, per la definizione e la firma dei contratti di lavoro, è entrato in vigore il Ccnl Agidae 2002/2005, i cui aumenti economici, relativi al primo biennio con decorrenza 1/9/2002, hanno dato l’avvio al processo di allineamento della scuola paritaria al sistema scolastico italiano. Le novità significative, introdotte nel contratto di lavoro, sono quelle relative ai permessi retribuiti per motivi familiari in applicazione della legge n. 53/2000 e del decreto legislativo 278 che prevede su richiesta un periodo di congedo fino a due anni durante il quale viene conservato il posto di lavoro, e a quelle concernenti il decreto legislativo n. 112/98 che, in applicazione dei processi di riforma e dell’evoluzione della legislazione scolastica, dà l’opportunità di attivare nelle scuole paritarie un secondo livello di contrattazione regionale e di istituto per migliorare le condizioni economiche del personale a seguito di finanziamenti da parte dello stato e degli enti locali. Il dettaglio delle tabelle retributive per il biennio economico 2002/2003 è disponibile sul web Uil scuola nella sezione contratto. Adriano Enea Bellardini fermo nella spiegazione della lezione, in base a programmi rigidi e predefiniti a cui gli studenti devono attenersi è duro a morire. In realtà sia nelle scuole superiori sia nelle medie, così come nelle elementari e nelle materne, le lezioni avvengono non solo sulla base dei libri di testo e di rigidi argomenti ma sono il frutto di ricerca, studio ed elaborazione di sussidi: esercizi personalizzati, appunti e spunti di riflessione, testi di supporto alla didattica. Il coinvolgimento degli studenti avviene con particolare positi- vità tramite l’approccio problematico agli argomenti. Si tratta di un impegno complesso che si sviluppa talvolta per l’intero arco della giornata. Spesso la scuola non è in grado di garantire ciò che serve e l’insegnante deve pensare anche alle fotocopie e al reperimento del materiale di supporto. Il superamento degli schemi rigidi, la flessibilità oraria, l’individualizzazione dell’insegnamento, la definizione del piano dell’offerta formativa, fanno dei docenti dei professionisti più vicini alla configurazione specifica di una professione che va dalla scuola dell’infanzia all’università, che dei semplici dipendenti pubblici. Il carattere pubblico della scuola si fonda proprio sull’autonomia che non è burocrazia o confusione, ma si sostanzia come ricerca ed elaborazione culturale che si realizza nel rispetto della libertà di insegnamento e del diritto dei ragazzi a un’istruzione e formazione di qualità. Sono sempre più numerose le scuole che sperimentano innovazione, con grande impegno, senza veder riconosciuti, se non nei giudizi di famiglie e studenti, i grandi risultati che ne conseguono. Ciò che serve è sentirsi vicini e rispettati dallo stato e dalla società e non sempre tale sensazione è presente. Ma occorre un impegno nel cercare le risorse Computer e inglese per modernizzare Informatica e lingua inglese, rappresentano due elementi di modernità, mai assenti negli opuscoli informativi che le scuole realizzano per far conoscere a famiglie e ragazzi l’insieme del piano dell’offerta formativa, per far sapere cioè che cosa la scuola è in grado di offrire a chi si iscrive. Vediamo l’aspetto positivo della questione, che non è solo pubblicità e immagine. È positivo far conoscere alla comunità che cosa la scuola è in grado di organizzare; è anche positivo che «l’offerta» sia ampia, ma la questione su cui riflettere è: può la modernità, per esempio l’uso del computer, favorire, rendere più efficace la funzione della scuola, che rimane quella formativa? Noi pensiamo di sì. Certo, per fare questo, occorrono investimenti finanziari, tecnologia avanzata, formazione degli insegnanti (formazione che deve essere incentivata). Purtroppo, gli investimenti per la formazione non ci sono e addirittura vengono tolti i soldi per l’autoaggiornamento. Occorrono aule multimediali, com- puter moderni, spazi per la ricerca. In questo senso la funzione dell’insegnante è decisiva per far sì che il ragazzo sia soggetto attivo, sia in grado di «utilizzare» l’immensa area conoscitiva rappresentata da Internet e dalla multimedialità. Guai, se venisse in mente di fare a meno della guida dei saperi all’uso delle nuove tecnologie. La cultura di base è fondamentale per utilizzare il computer. In questo senso la scuola è la sede fondamentale per governare e non farsi assorbire dalle tecnologie. Si tratta di un’importante funzione della professione docente. Anche questa funzione richiede impegno, rigore, passione, piacere per la ricerca e per i risultati. Ci vorrebbero maggiori riconoscimenti. 6 Martedì 17 Dicembre 2002 SCUOLA D’OGGI La Commissione ha messo a punto le linee portanti cui si devono ispirare tutti i sistemi formativi Educazione, l’Europa fissa i criteri Vanno ridotti la dispersione e gli squilibri tra i cittadini Ue DI LELLO MACRO I l trattato dell’Unione europea, sin dalla sua prima versione di Roma del 1957, e con le modifiche del 1986, del 1992 e, da ultimo, dal trattato di Amsterdam del 1997, esclude espressamente provvedimenti di armonizzazione (direttive) dell’Ue sui sistemi nazionali di istruzione, limitandosi ad avanzare consigli (raccomandazioni), che gli stati membri possono adottare, coniugandoli secondo le proprie tradizioni e scelte culturali. Con il progredire delle politiche generali di convergenza in tutti i settori (per esempio, la libera circolazione delle persone e quindi il diritto di lavorare e studiare in tutti i paesi dell’Ue) si è sentita sempre più forte l’esigenza di dotarsi di obiettivi comuni e di strumenti di verifica concordati: è il «metodo aperto di coordinamento» e consiste nel concordare obiettivi e orientamenti comuni tra gli stati, con il coordinamento della Commissione, promuovendo la cooperazione e lo scambio delle pratiche migliori. In questo contesto, il 20 novembre, la Commissione ha proposto cinque criteri concreti di riferimento per i sistemi di istruzione, per realizzare degli obiettivi comuni in relazione alla sfida lanciata dal Consiglio di Li- sbona: fare dell’Europa, entro il 2010, l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo. Il primo criterio-obiettivo è ridurre almeno della metà, entro il 2010, la percentuale di giovani che lasciano prematuramente la scuola, attestandosi ad un tasso medio del 9% o inferiore. Per tasso di abbandono si intende il numero di giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno frequentato soltanto il ciclo inferiore della secondaria e che non continuano né con lo studio né con la formazione. La media attuale nell’Ue è del 19%, con tre paesi al di sotto del 10,3% (Svezia, Finlandia e Austria) e tre molto al di sopra (Portogallo, 45%, Spagna 29% e Italia 26%). Il secondo criterio-obiettivo è di ridurre della metà lo squilibrio uomini-donne nell’acquisizione di diplomi superiori in matematica, scienze e tecnologia, assicurando contestualmente un considerevole aumento generalizzato di tali diplomi rispetto al 2000. I tre paesi più equilibrati sono l’Irlanda, il Portogallo e l’Italia, dove il rapporto uomini/donne è di 1,6 mentre, all’opposto, troviamo l’Olanda e l’Austria, dove il rapporto è di 4,7 e di 4. Il terzo criterio-obiettivo consiste nel fare in modo che, en- tro il 2010, la percentuale media di coloro che hanno tra i 25 e i 59 anni e un diploma di scuola secondaria superiore, arrivi almeno all’80% della classe d’età. È questo un obiettivo fondamentale nell’attuale società della conoscenza e, in tutti i paesi Ue, c’è stato un aumento regolare negli ultimi anni: in media si è passati dal 50% dell’inizio degli anni 90 a circa il 66% nell’anno 2000. Attualmente Germania, Danimarca e Svezia sono già all’83%, mentre il Portogallo si ferma al 21%, la Spagna al 42% e l’Italia al 46%. Il quarto criterio-obiettivo riguarda le competenze in lettura, matematica e scienze dei quindicenni Europei: come ha rilevato l’inchiesta «Pisa» a livello mondiale, con l’eccezione della Finlandia, i risultati europei sono alquanto mediocri, con evidenti conseguenze in termini di occupabilità, d’integrazione sociale, di sviluppo personale e di possibilità di ulteriore apprendimento. L’obiettivo è quello di ridurre almeno della metà entro il 2010 il «gap» rispetto ai paesi con performance più elevate: la media Ue è oggi a 495 punti (la media mondiale è 500), con picchi in alto per Finlandia (540) e Regno Unito (528) e, in basso, per Lussemburgo (443) e Grecia (461). L’Italia è a quota 474. Il quinto criterio-obiettivo è innalzare almeno al 15% il tasso medio di popolazione attiva (25-64 anni di età) partecipante ad attività di istruzione e formazione ricorrente e continua («lungo tutto l’arco della vita», secondo la definizione dell’Unione europea), con la soglia minima del 10% in ogni paese. La media attuale Ue, informa la Commissione, è dell’8,4%, con punte di almeno il 19,6% nel Regno Unito, Finlandia e Danimarca. La Commissione ha infine invitato gli stati membri a continuare a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo fissato a Lisbona, cioè aumentare ogni anno in maniera sostanziale l’investimento di pil per abitante nelle risorse umane e, con riguardo a ciò, a fissare dei criteri di riferimento nazionali da comunicare al Consiglio e alla Commissione. L’Italia, con il suo 4,5%, investe al di sotto della media europea (5%) e ben lontano dal 7,4% di Svezia, Finlandia e Francia. Le leggi finanziare dell’attuale governo e le sue proposte di riforme del sistema di istruzione e formazione come si conciliano con questi impegni assunti a livello europeo? Ci piacerebbe che fosse resa pubblica la comunicazione del governo all’Unione europea circa il piano per conseguire questi obiettivi. Brevi Ue • Spagna: nessun miglioramento per il personale dei servizi complementari (Psec=Ata): «Il progetto di riforma manca di riferimenti economici e di un impegno finanziario che lo renda credibile. Se a questo aggiungiamo la prassi di ridurre di anno in anno la spesa pubblica per l’istruzione, temiamo veramente che aumenteranno le privatizzazioni... con la riduzione delle piante organiche dei pubblici dipendenti del settore... con il degrado delle condizioni di lavoro, con un aumento della precarietà». (da «T.E. Trabajadores/ras de la Enseñanza» n. 237/2002) • Integrazione degli altrimenti abili problemi in Francia: «Molta strada occorre ancora percorrere perché gli allievi handicappati siano considerati con eguaglianza di diritti rispetto agli altri. Non è ora di passare dall’obbligo formativo all’obbligo scolastico? Gli sforzi fatti nel 1° grado si riflettono ancora troppo spesso nell’insufficienza constatata nel 2° grado. Bisogna riflettere sulla continuità educativa, spesso imperfetta ancora per tutti, ma particolarmente deficiente, e in maniera talvolta inammissibile, in caso di handicap». (da «Enseignants» n. 54/2002) Edilizia scolastica, 4 anni di denunce nei rapporti della Uil scuola Dal 1999 la Uil scuola, attraverso la pubblicazione dei suoi «Rapporti annuali sulle condizioni dell’edilizia scolastica», denuncia alle autorità competenti e all’opinione pubblica lo stato di inadeguatezza delle strutture edilizie in cui passano molte ore della loro giornata milioni di studenti, di insegnanti, di tecnici e amministrativi nonché, con l’ampliarsi dell’offerta formativa agli adulti, milioni di cittadini. In tutti i suoi quattro rapporti la Uil scuola richiedeva con forza, tra l’altro, la realizzazione dell’Osservatorio nazionale sull’edilizia scolastica e la predisposizione di un piano organico pluriennale che, entro il 2004 vedesse risolto il problema. Alla grande eco suscitata sui mass media nei giorni immediatamente seguenti la pubblicazione dei rapporti seguiva purtroppo il silenzio dell’amministrazione scolastica e del governo. La Uil scuola continuerà caparbiamente nella sua opera di denuncia, fino a che la «cultura della sicurezza» non sarà un patrimonio condiviso di tutta la comunità nazionale e delle istituzioni responsabili. Martedì 17 Dicembre 2002 SCUOLA D’OGGI 7 Nel riassetto del gruppo torinese pesano troppo le intenzioni delle banche e della General motors Fiat, non c’è progetto per il futuro Lo stato deve entrare nel capitale della casa automobilistica DI ANTONINO REGAZZI segretario generale Uilm Q uando si discute della crisi del settore auto ci si accorge che alla Fiat manca un progetto per il futuro. Lo dice il sindacato, lo sa il governo, lo ammette implicitamente ogni profondo conoscitore della casa automobilistica torinese. Esiste uno squilibrio patrimoniale tra i mezzi propri e quelli di terzi. Banche e General motors orientano la prospettiva dell’azienda. La rotta guarda al 2004 e lì finisce. Per gli aspetti italiani, intendo. È come se tutto fosse già deciso: la vendita alla casa di Detroit; una cospicua liquidità a disposizione della famiglia Agnelli come contropartita; il settore automobilistico nazionale messo nell’angolo buio. Anche durante la vertenza con l’azienda, in più occasioni, è stato come sbattere su un muro di gomma. Sono ritornati al mittente gli appelli a modificare il piano industriale. Si potevano chiedere accorgimenti, ma nulla di sostanziale che andasse oltre il 2004. Ma la crisi del settore auto è questione nazionale, perché la Fiat da sola rappresenta più dello 0,5% del pil. Non si può agire a salvaguardia dell’economia del paese con una strategia che tagli i posti, chiude gli stabili- menti, oscura i cervelli, trasferisce la ricerca e soddisfa le aspettative finanziarie delle banche creditrici e dei futuri acquirenti d’Oltreoceano. Nemmeno gli ammortizzatori sociali lasciano speranze: la cassa integrazione a zero ore preclude ai licenziamenti e seleziona a monte i più deboli da quelli che possono rimanere. Meglio i contratti di solidarietà e la cig a rotazione. Ma che senso può avere intervenire in questo modo, quando vengono a mancare le risorse per reggere la competizione sui mercati nei prossimi dieci anni? I 2,5 miliardi di euro all’anno di ricapitalizzazione e gli investimenti, sempre su base annua, di 2,6 miliardi di euro possono bastare al gruppo per ritornare in carreggiata fino al 2004. Ma dopo? Le tante vertenze tra azienda e sindacato, dal dopoguerra a oggi, si sono sempre basate su un dato costante: scontri, o accordi, si facevano con una proprietà che sarebbe rimasta. Oggi, gli Agnelli, un po’ per mancanza di un soggetto a cui trasferire le sorti imprenditoriali, un po’ per condizioni oggettive del mercato, stanno uscendo dal settore industriale. Il presidente del consiglio può anche affermare che, dopo di lui, ci vorrebbe Luca di Montezemolo come capo azienda al posto di Fresco, ma se non lo decidono quelli della «famiglia», rimane una «boutade» di pessimo gusto. Nel 2005 la concorrenza straniera aggredirà il mercato con una nuova gamma di modelli. La Fiat non avrà, invece, nuove risorse per farlo. Negli anni 80 la capacità produttiva della Fiat aveva raggiunto i 2 milioni di auto. Nel 2001 il mercato dell’auto ha raggiunto la cifra di 2.341.000 vetture e al termine di questo mese la cifra scenderà sotto i 2 milioni. Nel 2001 il marchio Fiat ha rappresentato il 35% del mercato nazionale. Nel 2002 il mercato europeo ha subito un calo del 5%, quello italiano una perdita del 15%. La Fiat ha perso più del 21%. Insomma, il gruppo ha perso quote di mercato in modo più che proporzionale rispetto alla concorrenza: si tratta di sei punti percentuali in più. Questi numeri dimostrano che sono stati fatti degli errori gravissimi dal management nella gestione organizzativa, produttiva, finanziaria e commerciale. E come ha reagito l’azienda? Intanto, predisponendo una possibile via di fuga dal mercato. E poi, apportando delle correzioni qua e là sul piano industriale su richiesta di governo e sindacato. Ma non aggiungendo nulla che, impegnandola, potesse precluderle l’uscita dal settore a livello nazionale. Non si supera la crisi quasi abbandonando il mercato, dimezzando la capacità produttiva, ponendosi il risanamento dei conti limitandosi al 2003. Ci vogliono risorse e soldi freschi per porsi il traguardo minimo del 2010. Almeno fino a questa data ci sarebbero continuità produttiva e stabilità societaria. La Fiat è un bene del paese che nei ciclici momenti di crisi l’ha sorretta e sostenuta. Quando una grande azienda privata decide di diventare una piccola azienda privata, a quel punto è necessario impegnarsi perché rimanga una grande azienda. Se la proprietà vuol cedere l’azienda, lo dichiari senza nascondersi dietro scelte che puntano a realizzare un cospicua liquidità per chi esce dalla gestione del settore. A quel punto le forze sane del paese dovranno cercare quegli acquirenti che permetteranno di salvaguardare il patrimonio di conoscenze tecnologiche e la tradizione italiana dell’auto. Se invece la proprietà non ce la fa ad arrivare al 2010, perché ha bisogno di soldi, la smetta di dire a destra e a manca che è in grado di restituire i capitali prestati dalle banche. L’azienda chiarisca che, da qui a dieci anni, abbisogna di una seria capitalizzazione. In questo caso un governo attento dovrebbe decidere di entrare direttamente nel capitale della Fiat. L’acquisto del capitale privato, nel rispetto delle norme e direttive comunitarie, consentirebbe al tesoro di eleggere i propri rappresentanti nel Cda dell’azienda. A metà degli anni ’70, la Fiat ha vissuto un momento in cui s’è posta il problema di ridurre l’indebitamento, ma lo ha fatto rifiutando, di fatto la gestione dello stato. Oggi, la situazione è capovolta: la proprietà non manifesta l’intenzione di intrattenersi nel settore e le industrie irizzate non esistono più. Negli anni 70 i governi permettevano la svalutazione periodica della lira, in modo da ricostituire i margini di competitività che l’inflazione e il progressivo indebitamento riducevano di giorno in giorno. Oggi, che l’Iri non esiste più e che la svalutazione della moneta non è più possibile, l’ingresso dello stato nel capitale Fiat costituirebbe l’investimento per competere a livello europeo fino al 2010. Quando sosteniamo che la Fiat è a un punto critico intendiamo dire che per stare sul mercato nei prossimi anni avrà bisogno di tante e tali iniziative che superano le sue possibilità. La Fiat da sola non può farcela. Ma per farcela deve esserci. San Giuliano, un’esperienza umana che non ci deve far dimenticare DI MASSIMO DI MENNA E FRANCO SANSOTTA L’appuntamento con i ragazzi di San Giuliano è per la mattina del 13 novembre. Partiamo da Roma il 12, nel primo pomeriggio; piove a dirotto. Il programma prevede il pernottamento a Isernia, per proseguire da lì la mattina presto per San Giuliano. Alle 17 arriviamo a Isernia, ad attenderci c’è il segretario regionale del Molise, Ferdinando Mancini. Partecipiamo a un’assemblea provinciale del personale della scuola: affrontiamo i problemi del contratto, della legge finanziaria, della riforma. Ma il pensiero va continuamente al giorno dopo, all’incontro con i superstiti della scuola crollata. Il 13 novembre si parte presto. Un caffè, uno sguardo ai giornali e poi nel garage dell’albergo, alle prese con la sistemazione del materiale: 65 vocabolari, e altrettanti atlanti storici e geografici per i ragazzi della elementare e della media, due grandi cartoni di giocattoli per i bambini della materna, 130 confezioni di dolci per tutti i ragazzi e tutto il personale. Non è facile caricare tutto su due macchine; i libri pesano e le sospensioni sono messe a dura prova. Alle 8,30 si parte; abbiamo davanti 108 chilometri da percorrere; le strade lasciano a desiderare; per fortuna c’è il sole. Dopo circa due ore arriviamo in vista di San Giuliano: una collina, poche case addossate a un campanile, una macchia chiara che fa pensare a una piazza intorno alla quale la vita del paese scorre con ritmi lenti. Da lontano tutto sembra normale. Man mano che ci avviciniamo, appaiono sempre più evidenti i segni della tragedia: strade dissestate, camionette dei vigili del fuoco, automezzi della protezione civile, posti di blocco. Il paese è deserto, tutte le vie d’ac- cesso sono presidiate dall’esercito. Dopo aver dichiarato la destinazione e i motivi del nostro viaggio, siamo autorizzati a proseguire attraverso una strada stretta e non asfaltata che ci conduce alla tendopoli, allestita sul terreno del campo sportivo in terra. C’è un solo cancello di ingresso, presidiato dalle forze dell’ordine. Non ci fanno entrare con le macchine: occorre portare a mano gli scatoloni con i libri, i giocattoli e i dolci. Le tende della scuola stanno sulla destra: una tenda per la presidenza e la segreteria e, davanti a essa, le altre dieci che ospitano tre classi di scuola materna, quattro classi della scuola elementare e tre della media. Manca la prima elementare: tutti i bambini sono morti tra le macerie della scuola maledetta. Ci viene incontro il preside, qualche docente, il personale di segreteria. Abbiamo qualche ritegno a mostrare loro quello che abbiamo portato, consapevoli che un po’ di libri, di giocattoli e di dolci sono ben poca cosa rispetto alla tragedia che si è abbattuta sulle famiglie, sulla scuola, sul paese. Spieghiamo che vogliamo assolutamente evitare cerimonie e riti ufficiali: desideriamo solo esprimere il nostro affetto e la nostra solidarietà ai bambini, ai docenti, a tutto il personale della scuola così duramente colpito, e lasciare che i nostri «doni» vengano distribuiti, senza clamori e con la dovuta discrezione, dopo la nostra partenza. È qui abbiamo la prima sorpresa, che aggiunge la rabbia all’amarezza: se non lo consegniamo direttamente agli alunni, il materiale che abbiamo portato, dopo un verbale di consegna, verrà chiuso dentro un container e distribuito solo dopo essere stato inventariato. Decidiamo subito per la consegna diretta. Prendiamo i nostri scatoloni e ci avviamo verso le tende che ospitano le classi. C’è in giro un gran fer- mento: vigili del fuoco e personale della Croce rossa tengono ai bambini corsi di pronto soccorso e sulla sicurezza. Aspettiamo fuori, attendiamo il nostro turno, entriamo nelle tende quando è possibile. E a questo punto, finalmente, proviamo un attimo di gioia: i ragazzi sembrano sereni, non hanno completamente perso la voglia di ridere e di scherzare; apprezzano i libri, i giocattoli, i dolci, ci stringono le mani, ci evitano ogni imbarazzo parlando del quotidiano, delle prossime partite del campionato, della squadra del cuore. È evidente che la ripresa della scuola, il ritorno a una sorta di normalità li aiuta a superare i terribili momenti che hanno vissuto: per chi ha visto la morte da vicino, il trasferimento negli alloggi della costa, il viaggio in autobus tutti i giorni, se non è proprio un gioco o una avventura, è un modo per pensare ad altro. Diverse sono le condizioni dei docenti. Per ognuno di loro, alla tragedia della scuola e della morte dei loro alunni, si aggiunge una tragedia personale: i danni alla casa, i problemi della famiglia, la condizione di sfollati. In questo contesto è duro lavorare, dimostrarsi sorridenti e disponibili nei confronti dei ragazzi. Ma sono bravi e ci riescono; l’atmosfera nelle tende è serena, anche se si sente il dramma, che da un momento all’altro potrebbe prendere il sopravvento per una parola incauta o un gesto fuori luogo. Docenti e alunni si preoccupano degli assenti, degli amici ancora ricoverati in ospedale, ci chiedono di lasciare il materiale anche per loro, accolgono con gioia il nostro impegno a tornare a trovarli. Finita la visita nelle tende, mentre ci apprestiamo a depositare nei cassonetti della spazzatura i materiali di imballaggio, ci accorgiamo che in uno scatolone sono rimasti due palloni, che diventano subito l’oggetto del desiderio di alcuni alunni che si trovano davanti a noi. E qui viene fuori l’assurdo: nella tendopoli è difficile trovare un pallone a cui tirare quattro calci. Questo il giorno dopo la visita della nazionale di Trapattoni. Al momento di congedarci, ci aspetta un’altra sorpresa amara: i docenti e il personale ci esprimono le loro preoccupazioni rispetto alla conclusione dell’anno scolastico, al loro posto di lavoro, alla possibilità di essere soprannumerari, alle assegnazioni provvisorie, ai trasferimenti. Scopriamo così che anche in momenti come questi è difficile per loro trovare interlocutori istituzionali a cui chiedere una informazione, un suggerimento, rappresentare una preoccupazione o una protesta. Ci impegniamo a contattare l’ufficio scolastico regionale, il ministero, lo stesso ministro. Visitiamo l’edificio dove era ubicato il liceo scientifico, apparentemente solido ma dichiarato inagibile. Gli insegnanti ci chiedono di intervenire per avere almeno delle tende per iniziare e lezioni; cosa che facciamo con esito positivo. Incontriamo anche il personale di segreteria della scuola di San Giuliano che ci manifesta la preoccupazione per la sicurezza, ci illustrano le grandi difficoltà in cui opera. Durante il viaggio di ritorno scambiamo poche parole: ha ripreso a piovere a dirotto e le immagini della giornata sono ancora vive, insieme alla consapevolezza che la nostra visita è solo l’inizio di un impegno di solidarietà e di sensibilizzazione che dovrà durare fino al completo ritorno alla normalità. Torniamo con un velo di tristezza, ma anche con un po’ di soddisfazione, rientriamo a Roma. I ragazzi stanno tornando a casa con i libri, dopo aver sicuramente consumato tutti i dolci che abbiamo portato.