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Domenica 5 dicembre 2004 - Numero 16
In questo numero:
L’ANGOLANGOLO
L’ANGOLO DELLA SPERANZA
Quattro milioni di famiglie affrancate dalla fame
Il mondo... appena fuori casa
COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
PENTANGOLO
È l’Asia la nuova frontiera del ciclone AIDS
PENTANGOLO
È L’ASIA LA NUOVA FRONTIERA DEL CICLONE AIDS
Una vera catastrofe, tanto che oramai gli esperti parlano dell’Asia come della nuova
frontiera dell’Aids. Secondo i dati del Rapporto 2004 di Unaids, su 37,8 milioni di persone
che convivono con l’Hiv (la maggior parte africane), ben 7,4 milioni si troverebbero in
Asia. Nel 2003 a causa del virus sono morti circa 500 mila asiatici (i decessi in tutto
il mondo sono stati 2 milioni e 9 mila). Un milione e 100 mila (su 4,8 milioni a livello
globale) avrebbero contratto la malattia.
D
ell’”emergenza
Asia”
si è occupata anche la
Conferenza
internazionale
dell’Onu che si è svolta a
Bangkok, Thailandia, dall’11
al 16 luglio scorso. Secondo
molti esperti i governi asiatici
devono intensificare gli sforzi
per contenere la malattia
e devono elaborare misure
efficaci per contrastarne
un’ulteriore diffusione. Un
impegno non facile, ma
quanto mai urgente, vista
la situazione estremamente
delicata di molti dei Paesi
dell’Estremo Oriente.
I DATI
Secondo i dati e le informazioni
di Unaids (riportate dall’agenzia
Asianews), la situazione non è certo
rosea.
In Cina, per esempio, la malattia si
diffonde con un aumento annuo del
30 per cento, la più alta pecentuale
al mondo. Secondo stime ufficiali, nel
Paese vi sono 840 mila sieropositivi, ma
secondo esperti internazionali le cifre
sono più alte. Unaids ha denunciato
che, in assenza di un intervento efficace,
entro il 2010 i sieropositivi potrebbero
arrivare a 10 milioni.
In Vietnam il tasso dei contagi è al di
sotto dell’1 per cento, ma in alcune
province può arrivare fino al 20
per cento tra i tossicodipendenti.
L’uso di siringhe infette è la causa
dei due terzi delle infezioni.
La Thailandia ha avviato un programma
per contrastare il virus, ma la
prevenzione è ancora insufficiente. La
malattia si diffonde soprattutto tra le
coppie sposate - a causa dei rapporti
promiscui di uno dei due partner - e tra
tossicodipendenti e migranti.
In Indonesia invece la malattia si
trasmette in gran parte
attraverso siringhe infette.
Tra il 1999 e il 2003, la
percentuale di sieropositivi
tra i tossicodipendenti è
salita dal 16 al 48 per cento;
nel 2002 e 2003, dal 66 al
93 per cento. All’inizio del
2003, il 25 per cento dei
detenuti del carcere Cipinang
di Jakarta era sieropositivo.
L’India, secondo colosso dell’Asia dopo la Cina, conta
4,6 milioni di infetti, ed è il
Paese con il maggior numero
di contagi al mondo dopo il
Sudafrica. Nella maggior parte dei casi,
il virus è trasmesso per via sessuale;
meno frequente è il contagio attraverso
siringhe infette.
In Pakistan (145 milioni di abitanti) la
percentuale di sieropositivi è dello
0,1 per cento, dovuta in prevalenza
all’uso di siringhe infette. Nel Paese
i tossicodipendenti che fanno uso di
eroina sono circa 3 milioni. La prima
esplosione del virus risale al 2003.
Pochi conoscono l’Aids e sanno che
si può trasmettere attraverso siringhe
infette.
Mondo e Missione n. 6 Agosto Settembre 2004
L’ANGOLANGOLO
IL MONDO... APPENA FUORI CASA
Tutto quello che l’Africa ti racconta, quando ti disponi ad ascoltarla.
Tutto quello che l’Africa ti dà, se sei disposto a ricevere
Lettera di Davide Chiaramella
San Giuliano Milanese, Agosto 2004
bbiamo risposto, per la seconda volta ad una
chiamata molto particolare: la chiamata del
continente africano. Non è una chiamata come
tutte le altre, quelle che puoi sentire, quelle in grado di
sovrastare ogni altra voce, di quelle che te ne accorgi
facilmente. No, l’Africa non chiama così, non è nel suo
stile. Siamo come dei pesci dentro alla propria boccia
piena d’acqua. Non riusciamo a sentire oltre quello strato
di vetro, siamo sordi. In più c’è questa grande quantità
di acqua che ci versano gli altri, anche questa ci rende
sordi. Siamo impotenti e pigri. Possiamo saltare fuori
per vedere quello che succede. Abbiamo paura. Meglio
rimanere lì dentro e aspettare che la boccia scoppi,
perché l’acqua che ci buttano dentro è tanta, è troppa,
è sporca. E rimaniamo lì, finché anche noi diventiamo
Questa
casa è bella, ma è piena
acqua sporca. Questo è il mondo: le informazioni vere non
di
La portaaaa!
sonospifferi.
i nostri pensieri,
le nostre idee, le nostre opinioni.
Le informazioni vere sono quelle che ci buttano dentro
gli altri, e a noi sta bene così, non vogliamo cambiare,
rimaniamo immersi nella nostra boccia… in un mare
A
MAFALDANGOLO
di me--a! La nostra
vita è condizionata da
quello che ci dicono
di fare. E rimaniamo
sempre lì dentro, in
questo circolo vizioso.
Siamo impotenti. D’altra
parte siamo anche pigri,
perché chiunque riesce
a vedere oltre uno
strato di vetro, ma ci fa
comodo così; ci piace
di più chiudere gli occhi
piuttosto che reclamare giustizia.
Dobbiamo saltare un po’ fuori da questa boccia!
«Se riuscirò almeno a toccare il suo mantello, sarò
guarita».
Mt 9,21
N
ella folla c’era una donna. Chissà quante persone
c’erano?! Questa donna si trovava tra una folla di
gente, proprio come noi ci troviamo immersi in questa
ANGOLO DELLA SPERANZA
QUATTRO MILIONI DI F
“Il programma Fame zero è una realtà ed è finora il miglior
successo ottenuto dal governo di Lula”:
lo afferma Frei Betto nel corso di un’intervista a Reportér
Social, (www.reportersocial.com.br), accusando i principali
organi di informazione di totale disinteresse in merito.
I risultati raggiunti - secondo Frei Betto - non lasciano dubbi:
oltre 4 milioni le famiglie, ossia quasi 16 milioni e mezzo di
persone, in 5.463 municipi delle aree più povere del Paese, a
partire dal Nordest, hanno già beneficiato del programma.
Naturalmente le cifre fornite sono destinate a gonfiarsi. Infatti a
fine luglio - secondo l’agenzia d’informazione brasiliana Adital le famiglie raggiunte dal programma erano già 4 milioni e mezzo.
Il Minas Gerais vanta il maggior numero di famiglie coinvolte
(417.900, pari al 9,87 per cento del totale nazionale, per
l’ammontare di 28 milioni e 450 mila reais, ossia il 10,18 per
cento del totale).
Nel centro-ovest, più ricco, si registra invece il minor
numero di interventi (126.500 famiglie raggiunte, pari al
3,08 per cento del totale nazionale, con un investimento di 8
BARATTANGOLO
boccia di vetro, ricoperti di mass media, istituzioni,
burocrazie. Questa donna è riuscita a trovare il coraggio
di allungare la mano, di saltare fuori dalla boccia, nel
tentativo di toccare il mantello di Gesù, per ottenerne
salvezza. Anche noi, purtroppo siamo malati, ed il
problema principale è che non ce ne accorgiamo, non
vogliamo accorgercene.
Poi arriva qualcuno che se ne accorge e dice:«Andiamo
in Africa!». E’ questo il momento in cui il nostro amico
pesciolino prova a saltare fuori dalla sua boccia, nella
speranza di trovare dell’acqua. La trova!
E’ immensa! Pensando a qualche figura biblica che
potesse esserci utile là in Angola, ho preso questa
donna e l’ho paragonata alla nostra storia. Diciannove
persone che vanno in Africa cercando di toccare quel
mantello tanto a lungo atteso, tanto difficile da toccare.
Poi però c’è guarigione. C’è sollievo. C’è libertà.
AAA Cercasi:
Abbiamo bisogno di un registratore di
cassa funzionante, senza troppe pretese,
che a qualcuno non serve più ma che per
noi sarebbe molto utile per il banchetto del
mercato equo e solidale.
BARATTANGOLO
AAA Cercasi:
Stiamo cercando una
scaffalatura in metallo
solida e in buono stato.
G
iorno dopo giorno la cosa più brutta che ho sentito
durante la nostra permanenza è stata:«Mi sento
una me--a». In tanti l’hanno detto e tutte le volte volevo
rispondere. Resistevo, nella speranza che prima o poi
qualcuno capisse veramente chi era.
Poi finalmente è arrivato il monito di don Aurelio: siamo
delle benedizioni. Eppure qualcuno insisteva a ripetere
queste parole. Sinceramente non mi è mai passato per la
testa di sentirmi un escremento, anche perché fa un po’
schifo! Come potevo sentirmi così, se appena vedevo un
segue
PUNTO D’INCONTRO
Se volete incontrarci e scambiare quattro
chiacchiere con noi, o avete delle proposte
da fare, ci potete trovare presso la
segreteria dell’oratorio dalle 18.15 alle
19.15 tutti i giovedì!
FAMIGLIE AFFRANCATE DALLA FAME
milioni e mezzo di reais, ossia il 2,96 per cento delle risorse
complessive).
Ma non è tutto: in alcuni degli Stati più poveri (Piauí, Sergipe,
Ceará, Maranhão e Mato Grosso) l’obiettivo fissato è stato
raggiunto in tempi più brevi del previsto.
Per Frei Betto, dunque, il disinteresse dei media è inspiegabile
e ingiustificato se non per il motivo che i principali interventi
di Fame zero si effettuano in aree periferiche, lontane
quindi dai maggiori centri urbani in cui i grandi media
nazionali hanno sede. Infatti le cinque “priorità” stabilite
nel programma sono: semi-arido nordestino, villaggi indigeni,
comunità afro, accampamenti dei contadini senza terra e la
popolazione che vive ai margini delle discariche.
Fame zero - precisa Frei Betto - è una “politica pubblica
di inclusione sociale”, rivolta a quanti, da sempre, sono
lasciati ai margini e che non ha nulla a che vedere con
l’assistenzialismo.
Attraverso l’assegnazione della così detta Borsa famiglia
(che ammonta in media a 70,23 reais mensili) ogni famiglia,
iscritta nel programma, può far fronte non solo a necessità
urgenti, ma iniziare un’attività produttiva, che le consente di
migliorare il proprio tenore di vita.
Non solo: è l’intera comunità a trarre vantaggio dalla maggior
circolazione di ricchezza, dalla possibilità di acquistare
direttamente i prodotti agricoli che la famiglia è in grado di
immettere sul mercato, ecc.
Nel fissare l’entità della Borsa si è tenuto conto della maggiore
o minore povertà della popolazione. Così si sale a 75, 62 reais
nelle regioni del Nord e ai 72,12 del Nordest per scendere ai
60,03 del Sud. La Borsa famiglia, sostenuta dal Programma
delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Pnud), sostituisce,
unificandoli, quattro programmi del governo federale per
le famiglie con figli in età scolare, nell’impossibilità di
acquistare generi alimentari di prima necessità e combustibile
per cucinare.
scritto da Luigina Barella
Mondo e Missione n. 6 Agosto Settembre 2004
bambino, questo mi sorrideva; sarà per il naso, sarà per
il colore della pelle, sarà che sono buffo. Mi sono messo
davanti allo specchio e ho iniziato a ridere. Non solo
perché sono buffo (può essere), ma perché sono, prima
di tutto, una persona.
Certo siamo in sei miliardi su questo pianeta, ma ogni
persona è importante in ugual misura, nessuno escluso.
A Kwito ero una persona in più rispetto a loro, anzi,
eravamo diciannove persone in più. E quanto è in grado
di lasciarti una persona anche se la vedi solo per qualche
minuto? E quanto mi hanno lasciato loro a me, che erano
davvero in tanti?
Ora non saprei rispondere, forse non saprò mai
rispondere, probabilmente è meglio non rispondere mai.
Perché ciò che ti lascia una persona non si può misurare
con il righello. Mi hanno lasciato l’infinito. Non si riesce
a non pensare all’Angola, non si può e non si deve
dimenticare. Come le sberle che ti danno la mamma
e il papà non si scordano mai e ti fanno crescere, così
i calci nel sedere che ti tira il continente nero non si
dimenticano.
L
‘uomo può volare? Una domenica mattina, in
oratorio, c’erano dei bambini che giocavano sulle
altalene appena terminato il catechismo. Uno di loro,
non so per qual strano motivo, inizia a parlare:«Io non
posso volare; non ho il becco!». Beh, uno sarebbe indotto
a pensare che basterebbero le ali per poter alzarsi da
terra. Ma non è proprio così. Non bastano delle semplici
ali per riuscire a volare, bisogna essere degli uccelli, con
ali, becco e tutto ciò che serve.
Ogni cosa è importante. Questo serve solo per capire cosa
possiamo e abbiamo fatto in Africa. Qualcuno pensa di
non aver fatto niente. Io penso che abbiamo fatto tanto,
tantissimo. Ovvio, non possiamo volare, non dobbiamo
mirare a cose troppo grandi, però, quello che sapevamo
fare l’abbiamo fatto.
E vi fu grande gioia in quella città
At 8,8
rriva Luanda, capitale dell’impero capitalistico
occidentale. Pro e contro? Di più! Un gioco, un
labirinto senza uscita. La ruota che usavano nel passato
per le torture. Su questa ruota ci sono tutti i poveri e
gli unici autorizzati a farla girare sono i ricchi. Gira.
Gira. Ma quando si fermerà? Luanda è fantastica, non
tanto per la sua bellezza (che è tutto dire), ma per la sua
fantascientificità.
Non sembra faccia parte del nostro pianeta. Forse
neanche i nostri sogni-incubi o la nostra immaginazione
sono arrivati a disegnare una tela così.
E’ un qualcosa di venuto male, mostruoso, poco
umano. Eppure, a pensarci bene, è umanissima; è
opera dell’uomo, di quella parte dell’uomo che rimane
rinchiuso, immerso nella sua boccia di vetro, e ha una
paura dannata di saltare fuori. Pensa solo che la vera
libertà è quella ricchezza che ha intorno.
Chissà come fanno a vivere tranquilli gli abitanti ricchi
di Luanda. Probabilmente non c’è neanche bisogno di
distinguere fra abitanti ricchi e poveri, perché i poveri
non sono considerati abitanti, sono semplicemente ospiti
poco desiderati, sono dei nei, un puntino nero su un
foglio bianco.
Cosa capire e apprendere da questo spettacolo
scandaloso? Come fare a gridare lo scandalo? Molta
gente da noi è sorda, rinchiusa nella boccia. Dobbiamo
spaccare il loro vetro? No, non possiamo decidere sulla
libertà dell’altro. Però possiamo fargli vedere che noi
siamo fuori, e che stiamo molto meglio di lui. Ecco il
nostro compito oggi, qui in Italia. Mentre per quanto
riguarda noi stessi, dobbiamo cercare di non rientrare in
questa boccia di vetro. E’ difficile, a volte impossibile,
ma forse…
Davide
A
MERCATO EQUO E SOLIDALE
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