Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, Milano Q U OT I D I A N O I N D I P E N D E N T E D I CO M O E P ROV I N C I A www.lordine.it DOMENICA 3 luglio 2011 - Anno IV - Numero 157 - Euro 1,00 *Euro 1, 20 L’Ordine + Il Giornale Vendita abbinata obbligatoria solo in Como e provincia contro la città chiusa recensione urbana Non di Tar, ma di politica vive la Como futura Il tribunale non sospende l’ordinanza, e ci pare decisivo. Perché deleghiamo alla giustizia scelte solo politiche, come quella sul modello di città Cosa va e cosa no nella Erba shakespeariana di Giovanni Sallusti di Luigi Torriani Continuiamo a non capirci. Continuiamo a perdere distinzioni elementari, a passeggiare sopra ovvietà concettuali, a replicare strilli mediatici isterici già strillati mille volte prima di noi. Pure sul tema della città chiusa, dell’ordinanza che serra i locali e le vite, che questo giornale ha limpidamente issato come bandiera d’una battaglia culturale. Pure in questo caso, dove i termini politici della contesa dovrebbero essere chiari, chi sta con l’abc liberale e chi contro (dopodiché se quest’ultimo è un sindaco del PdL si pone un problema di coerenza programmatica), pure qui mischiamo ipocritamente politica e giustizia. È un virus talmente radicato nel corpaccione italico, questo rattrappirsi del pensiero di fronte alle aule di tribunale, questo abdicare la dignità decisionale e fin etica a esclusivo favore di una consorteria professionale, quella di chi giudica... Segue a pagina 3 Il Licinium di Erba è l'unico teatro all'aperto della provincia di Como, l'unico – insieme al Vittoriale – dell'intera Lombardia. Realizzato alla fine degli anni '20 in stile greco-romano secondo la moda dannunziana dell'epoca, situato alla sommità della scalinata di Terragni, circondato dai boschi, il Licinium è oggi un contesto francamente imperdibile per chi ha interessi culturali e anche per chi vuol trascorrere una serata romantica. Chi ha assistito alla prima dell'Otello di Shakespeare andata in scena venerdì sera sotto un cielo stellato sa bene che cosa intendo dire. E Shakespeare non è casuale, perché il Licinium da quest'anno non è più un teatro generalista ma è un teatro shakespeariano. È l'unico teatro italiano che è entrato a far parte (da gennaio 2011) della Shakespeare Theatre Association, associazione americana che riunisce gli ottanta maggiori teatri shakespeariani del mondo. Dal punto di vista del progetto di un territorio a vocazione turistico-culturale di cui su queste pagine si parla da tempo, la sfida erbese di un teatro dedicato esclusivamente alle opere di Shakespeare è la novità più significativa del panorama comasco. E ha tutte le carte in regole per diventare una scommessa vincente anche sul piano strettamente economico, richiamando visitatori da tutta Italia e oltre (vedasi tra l'altro Expo 2015). Ma dato che questo giornale è tutt'altro che dedito ai resoconti agiografici, dopo i dovuti complimenti non ci faremo troppi scrupoli a confessare una perplessità di natura per così dire metodologica. Mi faceva giustamente notare una brillante donna presente allo spettacolo dell'altra sera che nelle presentazioni ufficiali dell'opera e nell'opuscolo distribuito agli spettatori si fa un gran parlare della nozione di marketing. Si parla per esempio di “progetto di marketing territoriale”, “impresa culturale”, “strategia di marketing”, “risultato economico”, “successo” e simili. Un uomo scaramantico come minimo si toccherebbe seduta stante gli attributi. Noi ci limitiamo a dire che è ben strano parlare di “marketing” mentre si è all'opera in un'operazione di marketing. In filosofia si parla di “paradosso dell'edonista”, per dire che il piacere è una risposta immediata a un evento, e se lo istituiamo direttamente come oggetto scompare (nessuno infatti pensa “in questo momento sto facendo questa azione al fine di godere di un determinato piacere”, si gode quando si gode e basta, e se si pensa troppo a ciò di cui si vuole godere mentre si sta godendo si finisce per smettere di godere, e non si sta parlando per forza di sesso ma di qualsiasi forma di piacere, per esempio il cibo). Nel caso in questione si potrebbe parlare di una sorta di “paradosso del marketing”. Il marketing funziona bene se è vissuto dalla gente come effetto di un evento, non se viene tematizzato come oggetto di divulgazione. Infatti sulle fascette dei libri si scrive “Roberto Saviano l'ha definito il miglior libro del mese”, e non “la casa editrice, con una grande operazione di marketing, ha chiesto a Saviano di scrivere che è il miglior libro del mese”. Quello del Licinium è innanzitutto un grande evento culturale e come tale va vissuto. Proprio in quanto grande evento culturale ha anche delle probabili implicazioni positive in termini economici e di immagine per il territorio. Ma queste implicazioni devono essere un calcolato effetto implicito dell'evento, non dei calcoli esplicitamente effettuati di fronte al pubblico. Comunque vale davvero la pena assistere all'Otello del Licinium. Vale la pena andarci una sera. Non per partecipare a un grande “progetto di marketing territoriale” ma per trascorrere una bella serata. se Pantalone non paga più falsi miti A quei cari Comuni laghée che non voglion l’accorpamento CRITICA DA SINISTRA ALLE PRIMARIE DELLA SINISTRA Le piccole amministrazioni sono un dispendio ormai ingiustificato di Gerardo Monizza di Emanuela Meucci Dov'è finita la politica? Solo litigi e promesse non mantenute. Solo rinvii di progetti che diventano inutili col passare del tempo ed evidenti sprechi di risorse umane e di denaro. La politica è sempre stata sporca magari puttana ora è solo cialtrona. Non solo - la politica - non sa risolvere le piccole e grandi questioni sul tappeto della società, ma - in aggiunta - ha ottenuto un solo risultato davvero commendevole: allontanare tutti dalla presa di coscienza necessaria per sostenere un dibattito, per studiare soluzioni, per vivere consapevolmente i problemi del paese. Il Governo centrale (litigiosissimo come pochi tra i precedenti) elabora piani d'intervento guidati solo dalle necessità di pareggio dei bilanci. Se l'intento è lodevole, l'impresa sembra impossibile ed anzi dannosissima all'equilibrio tra necessità e possibilità, tra rigore e approssimazione. Come nel gioco del Monopoli gli Imprevisti stanno sempre all'angolo, in agguato. Così si taglia - pesantemente - affidandosi all'intuito e alla competenza (e alla “pevfidia”) del ministro di Economia e Finanze che si assume i pochi onori e i tantissimi... Segue a pagina 2 C’erano una volta i Comuni di Sant’Abbondio e Santa Maria Rezzonica. Ma oggi non ci sono più. Sulle mappe, i due piccoli paesi hanno smesso di esistere. Al loro posto, un Comune nuovo di zecca: il Comune di San Siro. Correva l’anno 2000 quando sindaci e consiglieri si resero conto che così non si poteva più andare avanti: poche le risorse, pochissimi i cittadini. Piuttosto che stare male da soli, meglio stare bene insieme: e così decisero di unirsi. Undici anni dopo, sul sito del Comune si può leggere la storia di questa fusione, che affonda le sue radici... Segue a pagina 2 la Como (non) nel pallone La Squadra che non riesce a fare il salto e diventar Città Manca la fidejussone, ma il problema vero è uno scollamento endemico di Beppe Pisani Ci risiamo. Di Bari e soci hanno mandato a scuola la “creatura” senza grembiulino e senza libri. L’imbarazzo, si sa, fra i bimbi cresce in un attimo. Tutti a sfottere e la maestra che cerca di zittirli. “Adesso piccino mio, torni a casa e quando avrai comprato i libri ed il grembiulino nuovo, potrai tornare a scuola insieme a tutti gli altri. Vai caro, vai!”. Fosse una fiaba, più o meno ce la racconterebbero così. Fiaba non è ed il titubante direttore generale Maurizio Porro si offre mesto... Segue a pagina 4 DICONO Dicono che un assessore abbia avuto un incontro interessante. Dicono che per una volta non si tratti di genere femminile ALL’INTERNO Alfano va alla guerra contro le consorterie di Mario Taccone (a pagina 3) TEMPO Su di noi nemmeno una nuvola su di noi l'amore è una favola su di noi se tu vuoi volare lontano dal mondo, portati dal vento non chiedermi dove si va. Noi due respirando lo stesso momento per fare l'amore qua e là. Mi stavi vicino e non mi accorgevo di quanto importante eri tu adesso ci siamo, fai presto, ti amo non perdere un attimo in più. Da “Su di noi” di Pupo Per oggi è prevista una giornata di sole. viaggio al termine del tessile Storia d’un furto specchio del nostro limite: il sospetto di Federica Dato Infido sporcatore d’anima e serenità. S’è insinuato e quando lo fa, quando gli riesce di penetrare gli strati tinti a lucidità, non è facile da lavar via. Germe cittadino, eredità lasciataci dagli spalloni che la fiducia, per sopravvivere, non va riposta neppure nel fratello. Tratteggiatore di scenari da film giallo, il sospetto abita Como tanto quanto il lago. Il sospetto racchiude, esprime e fotografa tutti i limiti nostri, di noi comaschi in evoluzione eppure sempre uguali a noi stessi. Ché la Storia non si cambia e per smaltirne le tracce, quelle che hanno dettato i profili d’una comunità, ci vuol tempo, e forse manco quello basta. Alla Storia si affiancano poi le storie, quelle che han meno prestigio, rilevanza assoluta, ma che, fatte di singole vite, dicono molto dei tempi. La storia che vi raccontiamo oggi ha tutte le caratteristiche sopra elencate, per questo inquietante, giornalisticamente succulenta e dal retrogusto ama- ro. Perché parla del nostro territorio, che non ne esce bene. Ormai una settimana fa, le tenebre sono calate a celare mani e volti e intenti. Furtivi passi lasciano furtivi furgoni. Corpi addestrati si fanno beffa di cancelli e protezioni. Sanno, professionisti come sono, che l’allarme li tradirebbe passassero dagli ingressi convenzionali. E allora inizia la scalata. Una mano dopo l’altra, un piede dopo l’altro, lo sforzo del sollevar tutti se stessi taciuto, il brusio annullato e il timore che nel silenzio della notte persino lo strusciar dell’abito possa esser udito. Moderni Diabolik, vogliamo immaginarli, pure dotati di mascherina. La finestra sul tetto forzata, torce ad illuminar la via che porta al pannello che controlla l’antifurto. Pochi secondi: è manomesso. I quattordicimila metri da trafugare spinti con fatica rapida fino in bocca al grande ingresso del capannone. La merce è quella, stabilita in precedenza. Tele bianche, pronte per la stampa e ancora prive di segni... Segue a pagina 5