INCONTRI AL PADIGLIONE VENEZIA La loro visita non poteva passare inosservata, non qui al Padiglione Venezia, visitato giornalmente da migliaia di cinesi e da qualche decina di occidentali. A portare al nostro padiglione, Maria Cristina Paganoni, ricercatore di Lingua e Cultura Inglese presso l’Università degli Studi di Milano, e Sara Bonanomi, dottoressa magistrale in Lingue, Culture e Comunicazione Internazionale presso la stessa Università, un reportage di testi e immagini per la rivista Arcipelagomilano (http://www.arcipelagomilano.org). “Il tutto è iniziato a causa della tesi di laurea di Sara- scherza Maria Cristina- che ha raccolto e analizzato un campione significativo di testi della campagna mediatica sull’Expo 2015 di Milano, sulla stampa nazionale e internazionale. La ricerca ha ben presto mostrato vari punti di convergenza tematica fra Milano 2015 e Shanghai 2010, due eventi che, seppur da prospettive diverse quali il cibo e la città, mettono al centro la nozione di sostenibilità. A questo si aggiunga- continuano all’unisono le due ricercatriciche all’interno del Padiglione italiano di Shanghai c’è uno spazio dedicato al futuro Expo milanese. Questo vuol dire- sottolinea Sara- che ci si attende in Nord Italia un notevole flusso di turisti e potenziali investitori asiatici e cinesi e quindi ci siamo chieste quali soluzioni nella linea della sostenibilità potesse proporre l’Expo Shanghai 2010, rappresentativa com’è di una Cina in piena ascesa economica e sociale. Per certi aspetti ci ha sorpreso osservare a quale velocità la società cinese si stia evolvendo. A questo riguardo, ci ha molto colpito molto come l’area delle migliori pratiche urbane riesca a suggerire soluzioni avveniristiche, ma sostenibili e soprattutto realizzabili, che mostrano una sensibilità crescente e sempre più diffusa nei confronti dell’ambiente. L’immagine che avevamo- continuano- della Cina come gigante industriale sfrenatamente produttivo, anche a scapito dell’ambiente e della salute, ne è emersa positivamente ridimensionata”. La Cina ha puntato, per il successo dell’expo 2015, soprattutto al suo interno, avendo guardato con attenzione a come i cosiddetti Paesi industrializzati avessero organizzato le ultime manifestazioni, per cui, visto che Milano ospiterà l’expo 2015, è indispensabile guardare a Shanghai, anche se l’Expo di Shanghai non ha raccolto un reale interesse, a parte qualche servizio sulla stampa e televisioni nazionale e locale, nel complesso piuttosto superficiale. D’altro canto, se non si esplorano eventi di questo tipo con una chiave di lettura più critica e curiosa è anche difficile andare oltre “l’effetto lunapark”, esposizioni universali che rischiano di diventare occasioni celebrative e a volte superate, se non si considera il contesto in cui vengono ospitate. “Ci ha stupito una certa indifferenza nell’imprenditoria locale lombarda- sottolineano le due studiose- che farebbe bene, secondo noi, a misurarsi con la Cina in modo più attento, specialmente nell’attuale congiuntura economica. La sostenibilità urbana sarebbe potuta davvero diventare una piattaforma tematica di grande interesse e attualità, un’opportunità per scambiare competenze fra Paesi molto diversi. A dimostrarlo è il fatto che ogni padiglione espositivo ha una propria anima e una propria storia. La nostra percezione, peraltro, è che nel complesso i padiglioni europei abbiano per lo più riproposto un riconoscibile, se non scontato, brand nazionale, poco in sintonia con il tema della sostenibilità. Diversamente, i padiglioni dei paesi asiatici, in particolare quello cinese, vivono l’Expo come un momento per un’assertiva rappresentazione di sé in quanto nuovi protagonisti del contesto globale. La spettacolare scenografia dell’area dedicata all’Asia è eloquente a questo riguardo. Quanto all’Italia, ci pare che il nostro padiglione nazionale riproponga un’immagine del Paese ancora molto stereotipata e stranamente sorda alle criticità contemporanee della nostra società, innanzi tutto il problema della vivibilità urbana. Il Padiglione Venezia, in virtù della sua collocazione all’interno dell’area delle migliori pratiche urbane, ci è sembrato invece molto più in sintonia con il tema dell’Expo, o perlomeno con quanto noi andavamo cercando, con una suggestiva commistione di passato e presente a sottolineare il ruolo plurisecolare di Venezia come centro economico e culturale, da sempre in dialogo con culture altre e, in particolare, la Cina. Molto buona anche l’idea di fornire documentazione di supporto e opuscoli informativi per illustrare i passi concreti intrapresi dalla molteplicità di attori pubblici e privati che ha costituito il network VEGA e il parco tecnologico di Porto Marghera, nato come intervento di riqualificazione ambientale di un’area industriale dismessa e oggi cuore della ricerca scientifica sulla sostenibilità urbana. Siamo poi venute a conoscenza di una serie di interventi di alto profilo sul tessuto lagunare, quali l’Arsenale, la Giudecca, San Basilio e l’isola di San Servolo, anche e soprattutto per la loro destinazione pubblica. Speriamo che possano fungere da esempio per altre città italiane, prima fra tutte Milano e l’intera area metropolitana. Poiché siamo sempre più convinte che la futura Expo milanese sia un’occasione da non perdere. Ciò richiederà, tuttavia, una preparazione seria e approfondita che vada oltre gli inevitabili intenti promozionali e commerciali, di per sé non sufficienti. L’attuale progetto del sito espositivo milanese in chiave minimalista e sostenibile sembra peraltro rappresentare una svolta seria verso un reale ripensamento della qualità della vita a Milano e nelle sue periferie. Ma il vero interrogativo riguarda il destino non solo dell’area espositiva al termine dell’evento ma, in generale, il progetto di rigenerazione urbana che dovrebbe rinnovare il capoluogo lombardo, da città grigia a “green city”, auspicabilmente nell’interesse di tutta la società civile e non solo degli investitori privati”. E con questo Maria Cristina Paganoni e Sara Bonanomi ci salutano, mentre gli ospiti cinesi in Padiglione non perdono l’occasione di posare davanti ai tessuti di Bevilacqua o alle teche con esposte le eccellenze della produzione made in Veneto, con in mano una maschera veneziana.