Raggruppamento Diagnostico Rivolto alla Persona affetta da rottura dell'Aorta addominale sottorenale, sottoposta ad endoaneurismorrafia con decorso post-operatorio in ICU. Descrizione di un caso clinico. di Gabriella Scaravilli, Master Universitario di I Livello in Management Infermieristico per le Funzioni di Coordinamento, Infermiera Responsabile Terapia Intensiva Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Cannizzaro di Catania. Riassunto. Questo lavoro illustra il raggruppamento diagnostico compreso all’interno di un percorso clinico-assistenziale rivolto alla persona affetta da aneurisma dell’aorta addominale rotto sottoposta ad intervento di endoaneurismorrafia con decorso post-operatorio in I.C.U.. Accanto al percorso clinico-assistenziale, inteso come strumento organizzativo dell’assistenza standardizzata, viene descritto un caso clinico che documenta l’importanza della personalizzazione dell’assistenza mediante piani di assistenza personalizzati: standardizzazione e personalizzazione dell’assistenza sono un binomio indissolubile per il raggiungimento dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni. Parole chiave: diagnosi infermieristica, problema collaborativo, percorso assistenziale standard, piano assistenziale. Introduzione. Il raggruppamento diagnostico è un insieme di diagnosi infermieristiche e di problemi collaborativi raggruppati in uno specifico percorso clinico-assistenziale o clinical pathway, come lo definiscono gli inglesi, che consentono una performance infermieristica specifica per la condizione del soggetto e per la durata della degenza. Questi strumenti di organizzazione dell’assistenza “si basano sul processo di previsione e descrizione in anticipo dell’assistenza che i clienti richiedono, nell’ambito della tipologia specifica di ciascun caso, e poi sul confronto dello stato reale del cliente con quello previsto” (Bower, 1993). Essi rispecchiano pertanto le diagnosi attese, con i relativi obiettivi da raggiungere e gli interventi necessari per la risoluzione dei problemi inerenti il paziente. Tutto ciò libera gli infermieri dalla necessità di riscrivere nuovamente piani di assistenza per diversi pazienti con la medesima patologia o sottoposti al medesimo intervento. Se da un lato la standardizzazione dell’assistenza aiuta l’infermiere nell’orientare le sue prestazioni in maniera mirata mediante piani standards, dall’altro lato ogni individuo è unico e potrebbe pertanto presentare problemi o bisogni diversi rispetto ad un altro individuo affetto dalla medesima patologia e inquadrato all’interno del medesimo clinical pathway. Per consentire un’assistenza mirata e al contempo basata sulla comprensione e sul riconoscimento della dimensione soggettiva, biofisiologica, psicologica e socio-culturale della persona malata, è indispensabile affiancare l’erogazione di un’assistenza standard ad un’assistenza personalizzata, che avviene attraverso le diverse fasi del processo di nursing: l’accertamento, la diagnosi, la pianificazione mediante la formulazione degli obiettivi con i relativi interventi ed, infine, la valutazione. Verrà, in questo contesto, trattato il raggruppamento diagnostico come strumento organizzativo di standardizzazione che riguarda la permanenza in I.C.U. nella persona affetta da rottura di aneurisma dell’aorta addominale (A.A.A.) sottorenale sottoposta ad intervento di endoaneurismorrafia. Infine, verrà descritto un caso clinico che ritengo emblematico di un paziente affetto da rottura di A.A.A. nella fase post-operatoria per dimostrare che standardizzazione e personalizzazione non devono essere considerate come contrapposti e inconciliabili: si deve concepire e praticare l’assistenza infermieristica come un’attività personalizzata, rivolta, cioè, alla persona malata nella sua totalità e standardizzata, cioè orientata alla scelta di quegli interventi che hanno già dimostrato efficacia ed efficienza.. Inquadramento della patologia. Per aneurisma si intende una dilatazione permanente e localizzata di un’arteria con un aumento del diametro di oltre il 50% rispetto al diametro normale. Un aneurisma si può sviluppare in qualunque arteria del corpo umano, dalle grosse arterie quale l’Aorta, alle arterie più piccole, come le femorali, le poplitee, le cerebrali. Una gran parte degli aneurismi si formano a carico dell’Aorta, con una maggiore frequenza, l’85% circa, a livello dell’Aorta sottorenale (fig. 1). Il normale diametro dell’Aorta è di 2 cm nei soggetti adulti (da 1,4 cm a 3 cm), pertanto un diametro aortico superiore ai 3 cm è generalmente indicativo di un aneurisma. Questa patologia è considerata di importanza rilevante, poiché a seconda delle dimensioni del diametro trasversale dell’arteria, dello spessore della parete vasale e della concomitanza dei fattori di rischio, l’aneurisma può andare incontro a rottura e presentare, quindi, un’emergenza di tipo emorragica che mette a rischio la vita del paziente. Circa 15.000 decessi l’anno sono dovuti ad A.A.A.: questo rende l’aneurisma la tredicesima causa di morte negli U.S.A. e la decima causa di morte nell’uomo. La patogenesi dell’aneurisma dell’aorta addominale è l’indebolimento della parete vasale causata, nella maggior parte dei casi, da aterosclerosi, anche se possono esservi altre cause tra cui pregressi traumi e infezioni. I fattori di rischio che predispongono all’aterosclerosi e quindi all’A.A.A. sono il fumo di sigaretta, l’ipercolesterolemia, la dislipidemia, l’ipertensione, l’età > 55 anni, la familiarità, il sesso maschile, il deficit genetico di collagene ed elastina. Un enzima, la metalloproteinasi, sembra oggi il principale responsabile della degradazione del collagene. Un A.A.A. in fase di quiescenza (aneurisma integro) non presenta quasi mai sintomi al paziente, per cui spesso la diagnosi è difficile da fare, se non con un’attenta visita dell’addome, dove è possibile palpare una massa pulsante. Frequentemente viene fatta diagnosi di A.A.A. in corso di ecografia dell’addome eseguita per lo studio di altri organi (reni, fegato, colecisti) o con T.A.C. o R.M.N.. Diversa è la sintomatologia di un A.A.A. rotto: violento dolore lombare a causa della raccolta dell’emorragia in sede retroperitoneale. Al dolore si accompagnano tutti i segni e i sintomi dell’emorragia e dello shock: pallore, ipotensione, anemizzazione progressiva fino alla perdita di coscienza e al coma. Il trattamento è chirurgico classico a cielo aperto o per via endoprotesica. L’intervento classico consiste in laparotomia ed endoaneurismorrafia con impianto di materiale protesico biocompatibile sintetico (protesi vascolari in Dacron o Gore-Tex)(fig. 2). L’intervento per via endoprotesica consiste nell’esclusione dell’aneurisma eseguita all’interno del vaso stesso: in anestesia locale, senza incisione addominale, per via angiografica utilizzando come accesso vascolare la femorale, dalla quale vengono introdotti degli strumenti e si risale fino all’Aorta dilatata. All’interno della dilatazione viene posizionata per agganciamento una protesi sintetica che resta in sede (fig. 3). La mortalità post-operatoria in un A.A.A. in elezione è del 1-5%, mentre è decisamente più alta la mortalità post-operatoria in un A.A.A. rotto (40% fino all’80%). Materiali e metodi. Il raggruppamento diagnostico nella persona affetta da rottura di aneurisma dell’aorta addominale sottorenale in I.C.U. oggetto di questo lavoro, è conseguenza della revisione della letteratura internazionale in campo infermieristico. La Gordon (1982) si occupa in particolare della classificazione dei modelli funzionali di salute, che rappresenta uno strumento eccellente e rilevante che consente di determinare, mediante l’accertamento, lo stato di salute e lo svolgimento delle funzioni da parte di una persona o di un gruppo e racchiude in sé il concetto di olismo della persona considerata come unità bio-psicosociale (fig. 4). 1. Modello di percezione e gestione della salute 2. Modello nutrizionale e metabolico 3. Eliminazione 4. Attività-esercizio fisico 5. Sonno-riposo 6. Modello cognitivo-percettivo 7. Percezione di sé 8. Ruoli-relazioni 9. Sessualità-riproduzione 10. Coping-tolleranza allo stress 11. Valori-convinzioni Fig. 4. I modelli funzionali di salute secondo Gordon (1982). La metodologia del raggruppamento diagnostico non può non tenere in considerazione la Classificazione Internazionale delle Diagnosi Infermieristiche da parte del North American Nursing Diagnosis Association International (NANDA-I): classificazione tassonomica di 172 diagnosi infermieristiche alle quali se ne aggiungeranno altre 25 nella pubblicazione di “Nursing Diagnoses: Definitions & Classification 2007-2008”, organo ufficiale di NANDA-I. Il terzo elemento che ha contribuito in modo importante alla stesura del raggruppamento diagnostico è il modello bifocale della pratica clinica di L. J. Carpenito (1996), che consiste nella formulazione di diagnosi infermieristiche e di problemi collaborativi. Le prime sono un giudizio clinico riguardante le risposte della persona a problemi di salute e/o processi vitali attuali o potenziali, i secondi hanno per oggetto il monitoraggio dell’insorgenza o della modificazione di complicanze reali o potenziali. L’infermiere è responsabile sia nelle diagnosi infermieristiche che nei problemi collaborativi, ma nelle prime può prendere decisioni primarie autonome per la risoluzione dei problemi, nei secondi le decisioni infermieristiche devono essere prese in collaborazione con altre figure professionali (medico, fisioterapista, tecnico, psicologo ecc.) e non costituiscono decisioni primarie per la risoluzione del problema. Il raggruppamento diagnostico. Nella tabella che segue, nella prima colonna vengono elencate le diagnosi infermieristiche (D.I.) e i problemi collaborativi (C.P.) della persona affetta da rottura di A.A.A. sottorenale nella fase post-operatoria in I.C.U.. Accanto alle D.I. e ai C.P. vengono elencate le cause determinanti ed infine gli interventi atti al monitoraggio, alla gestione e alla prevenzione dei problemi. Il clinical pathway prevede un decorso post-operatorio in assenza di complicanze con permanenza in I.C.U. fino alla III giornata post-operatoria. che Diagnosi inf. (D.I.) e Problemi Collaborativi (C.P.) C.P. Insufficienza cardiaca Cause Interventi · trombosi coronarica da shock emorragico e ipotensione · riconoscere prontamente i segni e i sintomi dell’I.M.A: monitorare i parametri vitali, F.C , P.A., ritmo cardiaco C.P. Infarto del miocardio C.P. Emorragia operatoria post- · sorvegliare su eventuali segni di sofferenza miocardica sull’E.C.G. · monitorare enzimi cardiaci · deiscenza anastomosi · gestire i drenaggi in modo corretto e monitorarne le perdite · emostasi intraoperatoria non accurata · monitorare i valori di Hb, Ht e coagulazione · monitorare P.A., F.C., P.V.C. , F.R. ogni ora in I e II g.p.o., ogni 2 ore in III g.p.o. · turbe coagulative · ispezionare l’addome e la ferita chirurgica · infondere liquidi ed emoderivati se necessario (emazie concentrate, plasma o fattori della coagulazione) C.P. Ipovolemia · emorragia operatoria post- · v. C.P. Emorragia post-operatoria · somministrare liquidi e.v. per idratare il paziente (200 ml/h alternando elettrolitica reidratante a ringer lattato e soluzione fisiologica) · monitorare il bilancio che deve essere di pareggio tra le entrate e le uscite · perdita di liquidi dai visceri durante l’intervento · · bilancio idrico fortemente negativo terapia diuretica Diagnosi inf.che (D.I.) e Problemi Collaborativi (C.P.) C.P. Riduzione della gittata cardiaca Cause · · Interventi · monitorare F.C., ritmo, F.R., pressione arteriosa invasiva (I.B.P.), pressione arteriosa non invasiva (N.I.B.P.), P.V.C. diuresi, temperatura corporea ogni ora in I e II g.p.o., ogni 2 ore in III g.p.o. I.M.A. emorragia postoperatoria · ipovolemia grave · monitorare bilancio idrico · ipotermia grave · aumentare il pre-load in caso di ipovolemia · somministrare farmaci inotropi se necessario · mantenere una T° corporea di 37° mediante l’ausilio di coperte termiche total body · monitoraggio valori emogasanalitici (PO2, PCO2, SO2) e metabolici (H2CO3, BE, lattati) ogni 4 ore in I-II g.p.o., ogni 6 ore in III g.p.o. · monitoraggio dei parametri polmonari, cardiaci e sistemici mediante catetere di Swan Ganz o PICCO se necessario C.P. Aritmie · ipovolemia · anemia · bassa gittata cardiaca · monitorare F.C., ritmo cardiaco ed E.C.G., P.V.C., I.B.P. e N.I.B.P. · monitorare i valori di Hb e HT C.P. Insufficienza renale · effettuare bilancio idroelettrolitico · turbe elettrolitiche (alterazioni KCa-Na) · somministrare terapia antiaritmica se necessario · necrosi tubulare acuta da shock · monitorare diuresi e bilancio idroelettrolitico · monitorare i livelli sierici di creatinina · C.P. Insufficienza multiorgano (M.O.F.): · bassa gittata cardiaca prolungata Insufficienza · shock emorragico (perdita del potere oncotico dell’Hb e Albumine e stravaso nel terzo spazio con edema) implementare la terapia farmacologica · v. C.P. Emorragia post-operatoria · v. C.P. Riduzione della gittata cardiaca epatica Insufficienza renale Insufficienza polmonare (A.R.D.S.) · riconoscere l’insorgenza del polmone da shock (A.R.D.S.) mediante il monitoraggio dei parametri respiratori (PO2, PCO2, SO2) e l’osservazione dell’RX torace · instaurare una corretta ventilazione assistita o meccanica in base alle condizioni cliniche · infondere emoderivati (albumina) Diagnosi inf.che (D.I.) e Problemi Collaborativi (C.P.) C.P. Embolia polmonare Cause · trombosi profonda · Interventi venosa coagulopatie · riconoscere i segni e i sintomi dell’embolia polmonare · somministrare terapia eparinica (eparina calcica s.c. 12.500 U.I./5 ml) · monitorare i valori emocoagulativi · mobilizzazione C.P. distale Tromboembolia · embolizzazione di un frammento di trombo proveniente dall’aneurisma · trombosi di un vaso per la stasi distale · coagulopatie precoce · riconoscere prontamente i segni e i sintomi della tromboembolia · ispezionare gli arti inferiori (colore, temperatura) e palpare i polsi periferici (pedidio, tibiale anteriore e posteriore, popliteo) almeno due volte per turno · somministrare terapia eparinica (eparina calcica s.c. 12.500 U.I./5 ml) · mobilizzazione precoce · terapia del dolore se necessaria D.I. Rischio di compromissione della funzionalità respiratoria correlata alla presenza di secrezioni nell’albero bronchiale · presenza di secrezioni nell’albero bronchiale · immobilizzazione · difficoltà a tossire per il dolore · estubare il paziente appena le condizioni cliniche lo consentono · monitorare la funzionalità respiratoria mediante emogasanalisi ogni 4 ore in I-II g.p.o., ogni 6 ore in III g.p.o. · richiedere rx torace ogni 24 ore fino alla III giornata post-operatoria · effettuare broncoaspirazioni sterili se il paziente è intubato · se il paziente è estubato, favorire l’espettorazione spontanea mediante l’educazione del paziente e la corretta informazione · FisioKinesiTerapia motoria e respiratoria · Terapia del dolore D.I. Rischio di inefficace liberazione delle vie aeree correlata a secrezioni troppo dense · secrezioni dense · umidificazione dell’ossigeno-terapia · · somministrazione di aerosol medicati 3 volte/die (Bentelan, Bisolvon e Breva) mancata umidificazione dell’O2-terapia Diagnosi inf.che (D.I.) e Problemi Collaborativi (C.P.) D.I. Rischio di infezione polmonare Cause · polmonite da stasi delle secrezioni Interventi · v. D.I. Rischio di compromissione della funzionalità respiratoria e D.I. Inefficace liberazione delle vie aeree · immobilizzazione · mobilizzazione precoce · digiuno prolungato · ripresa precoce dell’alimentazione D.I. Rischio di infezione correlata alla soluzione di continuo della cute secondaria a ferita chirurgica · soluzione di continuo della cute per la ferita chirurgica · non rispetto delle procedure di asepsi · monitorare l’eventuale insorgenza di sepsi ispezionando la ferita · effettuare medicazioni con iodiopovidone e medicazione pronta sterile a partire dalla II g.p.o. e ogni 48 ore o qualora la medicazione si presenti sporca · immunodeficienza · utilizzare drenaggi a circuito chiuso · diabete D.I. Rischio di infezione correlata alla presenza di cateteri intravascolari · presenza di cateteri intravascolari · monitorare l’eventuale insorgenza di sepsi catetere-correlata (leucocitosi, rialzo termico, ispezione del sito di inserzione) · effettuare medicazioni sterili con soluzione fisiologica e iodiopovidone e garza sterile ogni 4872 ore o più frequentemente se la medicazione è sporca · effettuare medicazioni sterili con soluzione fisiologica e iodiopovidone e film trasparente in poliuretano ogni 7 giorni o più frequentemente se la medicazione è sporca · prediligere la medicazione con garza qualora il paziente fosse febbrile · sostituire le linee infusionali semplici ogni 72 ore e le linee con soluzioni ipertoniche, con lipidi o emoderivati ogni 24 ore (CDC Atlanta) C.P. cerebrale Insufficienza · trombosi carotidea · monitorare la funzionalità cerebrale mediante l’esame neurologico · ipossia prolungata · mantenere la posizione di Fowler di almeno 30° rispetto al piano del letto · somministrare farmaci per l’insufficienza cerebrale se necessario Diagnosi inf.che (D.I.) e Problemi Collaborativi (C.P.) C.P. Ileo paralitico/ischemia intestinale Cause Interventi · clampaggio della mesenterica inferiore e ipogastrica in corso di intervento · valutare la peristalsi almeno 2 volte per turno · valutare la riapertura dell’alvo ai gas e alle feci (colore, odore e consistenza) · ipotensione · distensione intestinale · compressione dei vasi mesenterici da parte dell’ematoma D.I. Rischio di nutrizione inferiore al fabbisogno correlata a digiuno prolungato · assenza di peristalsi D.I. Compromissione dell’integrità cutanea · immobilizzazione · favorire la peristalsi mediante la mobilizzazione precoce · iniziare alimentazione solo idrica (thè zuccherato) in II g.p.o. dopo valutazione della peristalsi e clampaggio del SNG per 10’; dieta semi-liquida a pranzo e dieta leggera a cena in III g.p.o. · · monitorare l’eventuale insorgenza di ulcere da decubito mediante l’ispezione cutanea malnutrizione e alterato trofismo cutaneo · mobilizzazione precoce del paziente e rotazione dei decubiti a letto ogni 2 ore · D.I. Rischio di squilibrio della temperatura corporea · ipotermia intraoperatoria · perdita massiva di liquidi · monitorare la temperatura corporea · · C.P. Dolore operatorio post- D.I. Ansia/paura di morte riprendere l’alimentazione il più precocemente possibile riscaldare il paziente con copertina termica monouso infondere liquidi caldi se necessario · ferita chirurgica · somministrazione di Remifentanil a dosaggio antidolorifico fino alla III g.p.o. · gravità della malattia · informare il paziente non appena si risveglia dall’anestesia · assenza preparazione psicologica operatoria di · comunicare in modo efficace con il paziente pre- Descrizione di un caso clinico. Il paziente G.B. di anni 64 giunge al Pronto Soccorso per dolore addominale. Viene sottoposto a TAC addome che evidenzia un aneurisma dell’aorta addominale sottorenale rotto. Il paziente è in condizioni generali gravi, ipoteso, anemico, cosciente ma obnubilato. Viene subito trasportato in sala operatoria in stato di shock emorragico. Durante l’intervento chirurgico il personale dell’I.C.U. incomincia la compilazione della cartella infermieristica raccogliendo i dati anagrafici e l’anamnesi: il paziente è diabetico, iperteso e fumatore. Durante il colloquio con i familiari, si viene informati dell’attività lavorativa del paziente: Presidente di un’importante Azienda. 0 giornata post-operatoria. Il paziente giunge in I.C.U. dopo intervento di aneurismorrafia e impianto di tubo aortoaortico in Dacron precoagulato 18 mm. Dopo averlo monitorizzato, si effettua un ulteriore accertamento infermieristico, che consiste nella rilevazione di dati tecnici. Il paziente si presenta intubato, ventilato meccanicamente in S.I.M.V., sedato con Remifentanil 2 mg/42 ml a 20 ml/h e Propofol a 10 ml/h. L’emodinamica è stabile sostenuta da Nitroglicerina (TNG) 1gamma/Kg/min. Ritmo sinusale, F.C. 90-100 b/min. Trend di P.V.C. di normovolemia (7-12 mmHg). Presenta un catetere venoso centrale a 5 lumi in giugulare interna dx, un catetere venoso centrale di grosso calibro a 2 vie per emodialisi continua veno-venosa (C.V.V.H.) per infusione rapida di emocomponenti in giugulare interna sx, un catetere in arteria radiale per il monitoraggio della pressione arteriosa invasiva (I.B.P.) e l’esecuzione di prelievi emogasanalitici, vena periferica incannulata con ago-cannula 14 G, sondino naso-gastrico (S.N.G.), 2 drenaggi retroperitoneali tipo Redon in aspirazione dai quali le perdite risultano essere modeste. Entrate liquidi E.V. di 200 ml/h alternando elettrolitica reidratante a ringer lattato. Emogas nella norma con buoni scambi gassosi. Dopo 1 ora e 30’ il paziente viene estubato previa sospensione del Propofol e svezzamento del Remifentanil fino a dosaggio analgesico (7 ml/h). Si instaura terapia antibiotica, gastroprotettore, terapia antipertensiva e calciparina 0.5 s.c. x 1. Si inizia l’infusione continua di Albumina a 6 ml/h. Si inizia terapia diuretica con Furosemide in pompa-siringa 40 mg/25 ml a 2 ml/h a causa di una lieve contrazione della diuresi. Dopo 6 ore dall’intervento il paziente lamenta dolore ai polpacci e insensibilità alle dita dei piedi. Gli arti sono freddi e pallidi. Polsi periferici assenti. Il paziente incomincia a presentare segni di insofferenza, è agitato e spaventato. È cosciente e vigile, orientato nel tempo e nello spazio. Si esegue un ecodoppler agli arti inferiori che conferma ischemia acuta . Si inizia l’infusione continua in pompa di Pentossifillina (Trental) 4 fl/500 ml S.F. a 21 ml/h ed eparina sodica in infusione continua in pompa-siringa 25000 U.I./50 ml in soluzione fisiologica a 2 ml/h. Il paziente torna in sala operatoria per embolectomia. Dopo 4 ore il paziente ritorna in I.C.U. e riprende le medesime infusioni. Si eseguono T.C.A. seriati ogni 3 ore che risultano variare da 200 a 220 secondi. Peristalsi assente, addome trattabile, mantiene il digiuno. I giornata post-operatoria. Condizioni generali buone. La gamba dx si presenta tumefatta. Il medico fa diagnosi di sindrome compartimentale e pratica una fasciotomia alla loggia anteriore e posteriore del medesimo arto. I valori ematochimici sono nella norma, tranne che per un rialzo di creatininemia dovuto ad una stenosi serrata ostiale dell’arteria renale principale di dx diagnosticata in sede di angioTC eseguita al momento del ricovero. Si inizia infusione di Fenoldopam mesilato (Corlopam) e si programma un’angioplastica (P.T.A.) con stent renale da effettuarsi in sala angiografica. II giornata post-operatoria. Vengono rimossi i drenaggi retroperitoneali. Peristalsi torbida. Inizia dieta idrica, prima acqua poi thè zuccherato, dopo prove di clampaggio del SNG. Le prove del SNG sono negative, pertanto si decide di rimuoverlo. Paziente collaborante. III-IV giornata post-operatoria. Condizioni generali buone. Gas nella norma. Peristalsi presente. Continua dieta idrica a pranzo, dieta semi-liquida a cena. Si rimuovono il catetere venoso periferico, il catetere per C.V.V.H. ed il catetere vescicale. Il paziente si mobilizza seduto sul bordo del letto con i piedi sulla sedia. Non lamenta dolore. Wining del Remifentanil . Il paziente incomincia a presentare segni di insofferenza: claustrofobia, desiderio di andarsene dalla Terapia Intensiva per occupare un posto di degenza con finestre e ritorno alla vita più fisiologico. Ma principalmente il paziente lamenta di non poter più decidere delle sorti di se stesso, e ribadisce spesso: “Fino a ieri decidevo io, oggi non posso più decidere. Mi sento impazzire. Chiamatemi uno psicologo!”. V giornata post-operatoria. Il paziente viene sottoposto a PTA renale + stent metallico con buon esito. Continua lo stato di insofferenza e irrequietezza. Riprende l’alimentazione dopo il digiuno da procedura angiografica. VI giornata post-operatoria. Condizioni generali buone. Valori di creatininemia in discesa. Il paziente si mobilizza con aiuto dal letto alla sedia. VII giornata post-operatoria. Il paziente si trasferisce nel reparto di Chirurgia Vascolare. Discussione del caso clinico. All’ingresso del paziente in I.C.U. è stato effettuato l’accertamento infermieristico, che si è basato su una raccolta dei dati oggettivi (parametri ed esame obiettivo) e dei dati riferiti dai familiari. L’assistenza infermieristica si è tempestivamente basata sul raggruppamento diagnostico standard del clinical pathway rivolto alla persona affetta da A.A.A. sottorenale rotto. A questo raggruppamento standard si è aggiunta una serie di diagnosi elaborate dopo la raccolta dei dati sul paziente, consentendo, così, la formulazione di un piano di assistenza personalizzato. L’aver raccolto l’informazione sulla tipologia di attività lavorativa ha consentito al personale infermieristico di individuare una diagnosi infermieristica in più rispetto al raggruppamento diagnostico: “Rischio di disturbo del concetto di sé correlato a recente perdita delle responsabilità di ruolo secondaria ad ospedalizzazione”. Al momento dell’ingresso in I.C.U. è stata posta una diagnosi infermieristica di rischio, che si è trasformata in III g.p.o. in diagnosi infermieristica reale: “Disturbo del concetto di sé correlato a recente perdita delle responsabilità di ruolo secondaria ad ospedalizzazione che si manifesta con insofferenza, irrequietezza, senso di impotenza”. Gli interventi infermieristici sono stati a tal proposito mirati al rapido ripristino della normalità quotidiana: mobilizzazione, lettura di giornali e riviste, visite di familiari e maggior interattività con il personale di assistenza. Il problema si è parzialmente risolto al momento del trasferimento dall’I.C.U. alla Degenza e si è risolto totalmente al momento della dimissione a domicilio. Strettamente correlata alla precedente è la D.I. Ansia/paura di morte. Questa diagnosi infermieristica è tipica dei casi in emergenza e l’eziologia principale è la mancanza di preparazione psicologica e l’assenza completa di informazioni pre-operatorie. Il paziente si sveglia in I.C.U. e si accorge di avere inseriti all’interno del proprio corpo cateteri, cateterini e tubi che minacciano in maniera importante la sua integrità corporea e sottolineano la dipendenza, più o meno elevata, dall’equipe sanitaria, un gruppo di persone sconosciute che ruotano alternativamente al letto del malato. Esistono in letteratura numerose fonti primarie e secondarie che dimostrano l’influenza positiva della preparazione psicologica e della corretta informazione pre-operatoria sull’outcome del malato. Una revisione sistematica del The Johanna Briggs Institute dimostra anche che l’informazione pre-operatoria al paziente in forma scritta mediante opuscoli e libretti informativi o video-filmati è preferibile versus l’informazione verbale. Nel raggruppamento diagnostico è contemplato il C.P. potenziale: Tromboembolia distale, che in g.p.o. O diventa un C.P. reale. Pertanto gli interventi infermieristici sono stati mirati alla tempestiva segnalazione al medico, al monitoraggio dell’evoluzione della complicanza e all’implementazione della terapia farmacologia impostata dal medico. Complicanza non prevista dal raggruppamento diagnostico è quella verificatasi in I g.p.o.: C.P. Sindrome compartimentale. Questo problema collaborativo è stato attenzionato dopo l’insorgenza dell’ischemia acuta agli arti inferiori, come complicanza dell’ischemia. La complicanza potenziale C.P. Insufficienza renale è stata registrata sulla cartella infermieristica dopo l’accertamento diagnostico strumentale angioTC che ha rivelato una stenosi dell’arteria renale. Tuttavia, l’insufficienza renale da potenziale è divenuta reale si è verificata non come copatologia dell’insufficienza multiorgano o per necrosi tubulare acuta, previste nel raggruppamento diagnostico standard, ma come complicanza da patologia ostruttiva dell’arteria renale associata alla prolungata ipotensione e ipoperfusione da shock del distretto renale. Anche in questo caso, l’assistenza infermieristica si è basata sull’immediata rilevazione dei segni e dei sintomi della complicanza, il suo monitoraggio e l’implementazione della terapia farmacologia. Un altro dato che ha consentito di formulare altri problemi collaborativi potenziali è il diabete. Questa patologia concomitante può determinare i C.P. Iper/ipoglicemia e il C.P. Ritardo nel processo di guarigione delle ferite. Nel caso clinico descritto questi problemi collaborativi sono rimasti potenziali durante tutto il percorso assistenziale grazie all’attento monitoraggio della glicemia, alla corretta applicazione del protocollo condiviso per il controllo glicemico mediante l’infusione di insulina e all’attenta gestione delle ferite chirurgiche. Risultati. La valutazione dell’efficacia e dell’appropriatezza degli interventi infermieristici si effettua alla fine di ogni intervento. Il raggiungimento dei risultati finali si valuta al momento della dimissione dall’I.C.U. ed è dato dal confronto tra le D.I. e i C.P. attesi dal clinical pathway e quelli reali documentati dal piano personalizzato. Nel caso clinico sopra esposto, il paziente ha presentato una sola delle complicanze previste dal raggruppamento diagnostico standard e quelle che si sono presentate non previste dal piano standard sono state colte nell’immediato, monitorate e gestite fino alla loro completa risoluzione. Impiegando il raggruppamento diagnostico come strumento organizzativo dell’assistenza si sono raggiunti principalmente i seguenti obiettivi: il miglioramento dell’efficacia nella gestione delle situazioni cliniche e la diminuzione della variabilità di comportamenti; l’erogazione di un’assistenza altamente specialistica, mirata ed intensiva; la previsione, il tempestivo riconoscimento e il monitoraggio continuo ed intensivo delle complicanze. La formulazione di un piano personalizzato mediante D.I. e C.P. potenziali o reali ha consentito il raggiungimento di un altro risultato: l’erogazione di un’assistenza personalizzata che ha abbracciato tutte le sfere dell’umano, quella fisica, quella psichica e quella sociale. Conclusioni. L’esito positivo dell’implementazione nella pratica clinica di strumenti organizzativi come i clinicals pathways e i piani assistenziali personalizzati è stato possibile grazie allo sviluppo di una cultura professionale interdisciplinare e d’equipe, orientata al cosiddetto clinical governance, cioè al raggiungimento dei risultati e alla qualità delle prestazioni. Fondamento della logica interdisciplinare è accettare che ogni figura professionale dotata di competenze e professionalità proprie agisca mediante la condivisione delle decisioni assistenziali-terapeutiche e delle responsabilità. Questa concezione di un’assistenza multiprofessionale alla persona malata è stata consequenziale alla completa valorizzazione di una competenza specifica della professione infermieristica raggiunta nel periodo post-mansionario, cioè dopo la normativa che regolamenta l’abolizione del mansionario. Ritengo, infine, che la presenza di clinicals pathways all’interno di ogni struttura sanitaria sia indispensabile per la formazione degli infermieri neo-assunti, che possono consultarli preventivamente coniugando la teoria alla pratica, e la formazione continua degli altri professionisti impegnati nella loro elaborazione e revisione periodica. Bibliografia. 1. D. Accorsi, A. Bandini, O. di Todaro. Il team interprofessionale nell’informazione sanitaria al paziente. Centro Studi EBN. Azienda Ospedaliera di Bologna – Policlinico S. Orsola-Malpighi. 2. J.P. Bellack. Nursing assessment: a multidimentional approach. Monterey, 1984 3. C. Bower. Patient outcomes and nursing diagnosis: expanding the value of critical paths. Workshop. Pasadena, California. 1993. 4. G. M. Bulecheck, J.C. McCloskey. Nursing interventions: treatments for nursing diagnosis. Philadelphia: W.B. Saunders. 1985. 5. G. M. Bulecheck, J.C. McCloskey. 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The bifocal clinical nursing model: descriptions and application to patients receiving thrombolytic or anticoagulant therapy. Journal of Cardiovascular Nursing, 4(1), 33-45. Riferimenti Internet: www.gimbe.it www.evidencebasednursing.it www.siquas.it Abstract This paper is based on a diagnostic group in a clinical pathway about a patient suffered from ruptured abdominal aortic aneurysm (rAAA) and recovered in intensive care unit (ICU) after intervention of endoaneurismorraphy. Whith clinical pathway, as organized tool of the standard care, is reported a clinical case, which proves the importance of care personalization by nursing care plans: standard and personal care are very important to achieve a very good result. Key words: nursing diagnosis, collaborative problem, clinical pathway, nursing care plan. Pubblicato su Infermierionline.net il g. 11.10.07 Copyright © AIOL 2007