Raggruppamento Diagnostico Rivolto alla Persona affetta da
rottura dell'Aorta addominale sottorenale, sottoposta ad
endoaneurismorrafia con decorso post-operatorio in ICU.
Descrizione di un caso clinico.
di Gabriella Scaravilli, Master Universitario di I Livello in Management Infermieristico per le Funzioni di
Coordinamento, Infermiera Responsabile Terapia Intensiva Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera
Cannizzaro di Catania.
Riassunto.
Questo lavoro illustra il raggruppamento diagnostico compreso all’interno di un percorso
clinico-assistenziale rivolto alla persona affetta da aneurisma dell’aorta addominale rotto
sottoposta ad intervento di endoaneurismorrafia con decorso post-operatorio in I.C.U..
Accanto al percorso clinico-assistenziale, inteso come strumento organizzativo
dell’assistenza standardizzata, viene descritto un caso clinico che documenta l’importanza
della personalizzazione dell’assistenza mediante piani di assistenza personalizzati:
standardizzazione e personalizzazione dell’assistenza sono un binomio indissolubile per il
raggiungimento dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni.
Parole chiave: diagnosi infermieristica, problema collaborativo, percorso assistenziale
standard, piano assistenziale.
Introduzione.
Il raggruppamento diagnostico è un insieme di diagnosi infermieristiche e di problemi
collaborativi raggruppati in uno specifico percorso clinico-assistenziale o clinical pathway,
come lo definiscono gli inglesi, che consentono una performance infermieristica specifica
per la condizione del soggetto e per la durata della degenza. Questi strumenti di
organizzazione dell’assistenza “si basano sul processo di previsione e descrizione in
anticipo dell’assistenza che i clienti richiedono, nell’ambito della tipologia specifica di
ciascun caso, e poi sul confronto dello stato reale del cliente con quello previsto” (Bower,
1993). Essi rispecchiano pertanto le diagnosi attese, con i relativi obiettivi da raggiungere
e gli interventi necessari per la risoluzione dei problemi inerenti il paziente. Tutto ciò libera
gli infermieri dalla necessità di riscrivere nuovamente piani di assistenza per diversi
pazienti con la medesima patologia o sottoposti al medesimo intervento.
Se da un lato la standardizzazione dell’assistenza aiuta l’infermiere nell’orientare le sue
prestazioni in maniera mirata mediante piani standards, dall’altro lato ogni individuo è
unico e potrebbe pertanto presentare problemi o bisogni diversi rispetto ad un altro
individuo affetto dalla medesima patologia e inquadrato all’interno del medesimo clinical
pathway.
Per consentire un’assistenza mirata e al contempo basata sulla comprensione e sul
riconoscimento della dimensione soggettiva, biofisiologica, psicologica e socio-culturale
della persona malata, è indispensabile affiancare l’erogazione di un’assistenza standard
ad un’assistenza personalizzata, che avviene attraverso le diverse fasi del processo di
nursing: l’accertamento, la diagnosi, la pianificazione mediante la formulazione degli
obiettivi con i relativi interventi ed, infine, la valutazione.
Verrà, in questo contesto, trattato il raggruppamento diagnostico come strumento
organizzativo di standardizzazione che riguarda la permanenza in I.C.U. nella persona
affetta da rottura di aneurisma dell’aorta addominale (A.A.A.) sottorenale sottoposta ad
intervento di endoaneurismorrafia.
Infine, verrà descritto un caso clinico che ritengo emblematico di un paziente affetto da
rottura di A.A.A. nella fase post-operatoria per dimostrare che standardizzazione e
personalizzazione non devono essere considerate come contrapposti e inconciliabili: si
deve concepire e praticare l’assistenza infermieristica come un’attività personalizzata,
rivolta, cioè, alla persona malata nella sua totalità e standardizzata, cioè orientata alla
scelta di quegli interventi che hanno già dimostrato efficacia ed efficienza..
Inquadramento della patologia.
Per aneurisma si intende una dilatazione permanente e localizzata di
un’arteria con un aumento del diametro di oltre il 50% rispetto al
diametro normale. Un aneurisma si può sviluppare in qualunque arteria
del corpo umano, dalle grosse arterie quale l’Aorta, alle arterie più
piccole, come le femorali, le poplitee, le cerebrali. Una gran parte degli
aneurismi si formano a carico dell’Aorta, con una maggiore frequenza,
l’85% circa, a livello dell’Aorta sottorenale (fig. 1). Il normale diametro
dell’Aorta è di 2 cm nei soggetti adulti (da 1,4 cm a 3 cm), pertanto un
diametro aortico superiore ai 3 cm è generalmente indicativo di un
aneurisma. Questa patologia è considerata di importanza rilevante,
poiché a seconda delle dimensioni del diametro trasversale dell’arteria,
dello spessore della parete vasale e della concomitanza dei fattori di rischio, l’aneurisma
può andare incontro a rottura e presentare, quindi, un’emergenza di tipo emorragica che
mette a rischio la vita del paziente. Circa 15.000 decessi l’anno sono dovuti ad A.A.A.:
questo rende l’aneurisma la tredicesima causa di morte negli U.S.A. e la decima causa di
morte nell’uomo.
La patogenesi dell’aneurisma dell’aorta addominale è l’indebolimento della parete vasale
causata, nella maggior parte dei casi, da aterosclerosi, anche se possono esservi altre
cause tra cui pregressi traumi e infezioni. I fattori di rischio che predispongono
all’aterosclerosi e quindi all’A.A.A. sono il fumo di sigaretta, l’ipercolesterolemia, la
dislipidemia, l’ipertensione, l’età > 55 anni, la familiarità, il sesso maschile, il deficit
genetico di collagene ed elastina. Un enzima, la metalloproteinasi, sembra oggi il
principale responsabile della degradazione del collagene.
Un A.A.A. in fase di quiescenza (aneurisma integro) non presenta quasi mai sintomi al
paziente, per cui spesso la diagnosi è difficile da fare, se non con un’attenta visita
dell’addome, dove è possibile palpare una massa pulsante. Frequentemente viene fatta
diagnosi di A.A.A. in corso di ecografia dell’addome eseguita per lo studio di altri organi
(reni, fegato, colecisti) o con T.A.C. o R.M.N..
Diversa è la sintomatologia di un A.A.A. rotto: violento dolore lombare a causa della
raccolta dell’emorragia in sede retroperitoneale. Al dolore si accompagnano tutti i segni e i
sintomi dell’emorragia e dello shock: pallore, ipotensione, anemizzazione progressiva fino
alla perdita di coscienza e al coma.
Il trattamento è chirurgico classico a cielo aperto o per via
endoprotesica.
L’intervento classico consiste in laparotomia ed endoaneurismorrafia
con impianto di materiale protesico biocompatibile sintetico (protesi
vascolari in Dacron o Gore-Tex)(fig. 2).
L’intervento
per
via
endoprotesica
consiste
nell’esclusione
dell’aneurisma eseguita all’interno del vaso stesso: in anestesia locale,
senza incisione addominale, per via angiografica utilizzando come
accesso vascolare la femorale, dalla quale vengono introdotti degli
strumenti e si risale fino all’Aorta dilatata. All’interno della dilatazione
viene posizionata per agganciamento una protesi sintetica che resta in sede (fig. 3).
La mortalità post-operatoria in un A.A.A. in elezione è
del 1-5%, mentre è decisamente più alta la mortalità
post-operatoria in un A.A.A. rotto (40% fino all’80%).
Materiali e metodi.
Il raggruppamento diagnostico nella persona affetta da rottura di aneurisma dell’aorta
addominale sottorenale in I.C.U. oggetto di questo lavoro, è conseguenza della revisione
della letteratura internazionale in campo infermieristico. La Gordon (1982) si occupa in
particolare della classificazione dei modelli funzionali di salute, che rappresenta uno
strumento eccellente e rilevante che consente di determinare, mediante l’accertamento, lo
stato di salute e lo svolgimento delle funzioni da parte di una persona o di un gruppo e
racchiude in sé il concetto di olismo della persona considerata come unità bio-psicosociale (fig. 4).
1. Modello di percezione e gestione della salute
2. Modello nutrizionale e metabolico
3. Eliminazione
4. Attività-esercizio fisico
5. Sonno-riposo
6. Modello cognitivo-percettivo
7. Percezione di sé
8. Ruoli-relazioni
9. Sessualità-riproduzione
10. Coping-tolleranza allo stress
11. Valori-convinzioni
Fig. 4. I modelli funzionali di salute secondo Gordon (1982).
La metodologia del raggruppamento diagnostico non può non tenere in considerazione la
Classificazione Internazionale delle Diagnosi Infermieristiche da parte del North American
Nursing Diagnosis Association International (NANDA-I): classificazione tassonomica di
172 diagnosi infermieristiche alle quali se ne aggiungeranno altre 25 nella pubblicazione di
“Nursing Diagnoses: Definitions & Classification 2007-2008”, organo ufficiale di NANDA-I.
Il terzo elemento che ha contribuito in modo importante alla stesura del raggruppamento
diagnostico è il modello bifocale della pratica clinica di L. J. Carpenito (1996), che consiste
nella formulazione di diagnosi infermieristiche e di problemi collaborativi. Le prime sono un
giudizio clinico riguardante le risposte della persona a problemi di salute e/o processi vitali
attuali o potenziali, i secondi hanno per oggetto il monitoraggio dell’insorgenza o della
modificazione di complicanze reali o potenziali. L’infermiere è responsabile sia nelle
diagnosi infermieristiche che nei problemi collaborativi, ma nelle prime può prendere
decisioni primarie autonome per la risoluzione dei problemi, nei secondi le decisioni
infermieristiche devono essere prese in collaborazione con altre figure professionali
(medico, fisioterapista, tecnico, psicologo ecc.) e non costituiscono decisioni primarie per
la risoluzione del problema.
Il raggruppamento diagnostico.
Nella tabella che segue, nella prima colonna vengono elencate le diagnosi infermieristiche
(D.I.) e i problemi collaborativi (C.P.) della persona affetta da rottura di A.A.A. sottorenale
nella fase post-operatoria in I.C.U.. Accanto alle D.I. e ai C.P. vengono elencate le cause
determinanti ed infine gli interventi atti al monitoraggio, alla gestione e alla prevenzione dei
problemi. Il clinical pathway prevede un decorso post-operatorio in assenza di
complicanze con permanenza in I.C.U. fino alla III giornata post-operatoria.
che
Diagnosi inf. (D.I.) e
Problemi Collaborativi
(C.P.)
C.P. Insufficienza
cardiaca
Cause
Interventi
· trombosi coronarica
da shock emorragico
e ipotensione
· riconoscere prontamente i segni e i sintomi
dell’I.M.A: monitorare i parametri vitali, F.C , P.A.,
ritmo cardiaco
C.P. Infarto del
miocardio
C.P. Emorragia
operatoria
post-
·
sorvegliare su eventuali segni di sofferenza
miocardica sull’E.C.G.
·
monitorare
enzimi
cardiaci
· deiscenza
anastomosi
· gestire i drenaggi in modo corretto e monitorarne le
perdite
· emostasi intraoperatoria non
accurata
· monitorare i valori di Hb, Ht e coagulazione
· monitorare P.A., F.C., P.V.C. , F.R. ogni ora in I e II
g.p.o., ogni 2 ore in III g.p.o.
· turbe coagulative
· ispezionare l’addome e la ferita chirurgica
· infondere liquidi ed emoderivati se necessario
(emazie concentrate, plasma o fattori della
coagulazione)
C.P. Ipovolemia
·
emorragia
operatoria
post-
·
v. C.P. Emorragia post-operatoria
·
somministrare liquidi e.v. per idratare il paziente
(200 ml/h alternando elettrolitica reidratante a
ringer lattato e soluzione fisiologica)
·
monitorare il bilancio che deve essere di pareggio
tra le entrate e le uscite
· perdita di liquidi dai
visceri
durante
l’intervento
·
·
bilancio
idrico
fortemente negativo
terapia
diuretica
Diagnosi inf.che (D.I.) e
Problemi Collaborativi
(C.P.)
C.P. Riduzione della
gittata cardiaca
Cause
·
·
Interventi
· monitorare F.C., ritmo, F.R., pressione arteriosa
invasiva (I.B.P.), pressione arteriosa non invasiva
(N.I.B.P.), P.V.C. diuresi, temperatura corporea
ogni ora in I e II g.p.o., ogni 2 ore in III g.p.o.
I.M.A.
emorragia postoperatoria
·
ipovolemia grave
· monitorare bilancio idrico
·
ipotermia grave
· aumentare il pre-load in caso di ipovolemia
· somministrare farmaci inotropi se necessario
· mantenere una T° corporea di 37° mediante
l’ausilio di coperte termiche total body
· monitoraggio valori emogasanalitici (PO2, PCO2,
SO2) e metabolici (H2CO3, BE, lattati) ogni 4 ore
in I-II g.p.o., ogni 6 ore in III g.p.o.
· monitoraggio dei parametri polmonari, cardiaci e
sistemici mediante catetere di Swan Ganz o
PICCO se necessario
C.P. Aritmie
·
ipovolemia
·
anemia
·
bassa gittata
cardiaca
· monitorare F.C., ritmo cardiaco ed E.C.G., P.V.C.,
I.B.P. e N.I.B.P.
· monitorare i valori di Hb e HT
C.P. Insufficienza renale
· effettuare bilancio idroelettrolitico
·
turbe elettrolitiche
(alterazioni KCa-Na)
· somministrare terapia antiaritmica se necessario
·
necrosi tubulare
acuta da shock
· monitorare diuresi e bilancio idroelettrolitico
· monitorare i livelli sierici di creatinina
·
C.P.
Insufficienza
multiorgano (M.O.F.):
·
bassa
gittata
cardiaca prolungata
Insufficienza
·
shock emorragico
(perdita del potere
oncotico dell’Hb e
Albumine e stravaso
nel terzo spazio con
edema)
implementare
la
terapia
farmacologica
· v. C.P. Emorragia post-operatoria
· v. C.P. Riduzione della gittata cardiaca
epatica
Insufficienza renale
Insufficienza
polmonare
(A.R.D.S.)
·
riconoscere l’insorgenza del polmone da shock
(A.R.D.S.) mediante il monitoraggio dei parametri
respiratori (PO2, PCO2, SO2) e l’osservazione
dell’RX torace
·
instaurare una corretta ventilazione assistita o
meccanica in base alle condizioni cliniche
·
infondere
emoderivati
(albumina)
Diagnosi inf.che (D.I.) e
Problemi Collaborativi
(C.P.)
C.P. Embolia polmonare
Cause
· trombosi
profonda
·
Interventi
venosa
coagulopatie
· riconoscere i segni e i sintomi dell’embolia
polmonare
· somministrare terapia eparinica (eparina calcica
s.c. 12.500 U.I./5 ml)
· monitorare i valori emocoagulativi
· mobilizzazione
C.P.
distale
Tromboembolia
· embolizzazione di un
frammento di trombo
proveniente
dall’aneurisma
· trombosi di un vaso
per la stasi distale
· coagulopatie
precoce
· riconoscere prontamente i segni e i sintomi della
tromboembolia
· ispezionare gli arti inferiori (colore, temperatura) e
palpare i polsi periferici (pedidio, tibiale anteriore e
posteriore, popliteo) almeno due volte per turno
· somministrare terapia eparinica (eparina calcica s.c.
12.500 U.I./5 ml)
· mobilizzazione precoce
· terapia del dolore se necessaria
D.I.
Rischio
di
compromissione
della
funzionalità respiratoria
correlata alla presenza
di secrezioni nell’albero
bronchiale
· presenza di
secrezioni nell’albero
bronchiale
· immobilizzazione
· difficoltà a tossire
per il dolore
· estubare il paziente appena le condizioni cliniche lo
consentono
· monitorare la funzionalità respiratoria mediante
emogasanalisi ogni 4 ore in I-II g.p.o., ogni 6 ore in
III g.p.o.
· richiedere rx torace ogni 24 ore fino alla III giornata
post-operatoria
· effettuare broncoaspirazioni sterili se il paziente è
intubato
· se il paziente è estubato, favorire l’espettorazione
spontanea mediante l’educazione del paziente e la
corretta informazione
· FisioKinesiTerapia motoria e respiratoria
· Terapia del dolore
D.I. Rischio di inefficace
liberazione delle vie
aeree
correlata
a
secrezioni troppo dense
· secrezioni dense
· umidificazione dell’ossigeno-terapia
·
· somministrazione di aerosol medicati 3 volte/die
(Bentelan, Bisolvon e Breva)
mancata
umidificazione
dell’O2-terapia
Diagnosi inf.che (D.I.) e
Problemi Collaborativi
(C.P.)
D.I. Rischio di infezione
polmonare
Cause
· polmonite da stasi
delle secrezioni
Interventi
· v. D.I. Rischio di compromissione della funzionalità
respiratoria e D.I. Inefficace liberazione delle vie
aeree
· immobilizzazione
· mobilizzazione precoce
· digiuno prolungato
· ripresa precoce dell’alimentazione
D.I. Rischio di infezione
correlata alla soluzione
di continuo della cute
secondaria
a
ferita
chirurgica
· soluzione di continuo
della cute per la
ferita chirurgica
·
non rispetto delle
procedure di asepsi
· monitorare l’eventuale insorgenza di sepsi
ispezionando la ferita
· effettuare medicazioni con iodiopovidone e
medicazione pronta sterile a partire dalla II g.p.o. e
ogni 48 ore o qualora la medicazione si presenti
sporca
· immunodeficienza
· utilizzare drenaggi a circuito chiuso
· diabete
D.I. Rischio di infezione
correlata alla presenza
di cateteri intravascolari
· presenza di cateteri
intravascolari
· monitorare l’eventuale insorgenza di sepsi
catetere-correlata (leucocitosi, rialzo termico,
ispezione del sito di inserzione)
· effettuare medicazioni sterili con soluzione
fisiologica e iodiopovidone e garza sterile ogni 4872 ore o più frequentemente se la medicazione è
sporca
· effettuare medicazioni sterili con soluzione
fisiologica e iodiopovidone e film trasparente in
poliuretano ogni 7 giorni o più frequentemente se la
medicazione è sporca
· prediligere la medicazione con garza qualora il
paziente fosse febbrile
· sostituire le linee infusionali semplici ogni 72 ore e
le linee con soluzioni ipertoniche, con lipidi o
emoderivati ogni 24 ore (CDC Atlanta)
C.P.
cerebrale
Insufficienza
· trombosi carotidea
· monitorare la funzionalità cerebrale mediante
l’esame neurologico
· ipossia prolungata
· mantenere la posizione di Fowler di almeno 30°
rispetto al piano del letto
· somministrare farmaci per l’insufficienza cerebrale
se necessario
Diagnosi inf.che (D.I.) e
Problemi Collaborativi
(C.P.)
C.P.
Ileo
paralitico/ischemia
intestinale
Cause
Interventi
· clampaggio della
mesenterica inferiore
e ipogastrica in
corso di intervento
· valutare la peristalsi almeno 2 volte per turno
· valutare la riapertura dell’alvo ai gas e alle feci
(colore, odore e consistenza)
· ipotensione
· distensione
intestinale
· compressione dei
vasi mesenterici da
parte dell’ematoma
D.I. Rischio di nutrizione
inferiore al fabbisogno
correlata
a
digiuno
prolungato
· assenza di peristalsi
D.I.
Compromissione
dell’integrità cutanea
· immobilizzazione
· favorire la peristalsi mediante la mobilizzazione
precoce
· iniziare alimentazione solo idrica (thè zuccherato)
in II g.p.o. dopo valutazione della peristalsi e
clampaggio del SNG per 10’; dieta semi-liquida a
pranzo e dieta leggera a cena in III g.p.o.
·
· monitorare l’eventuale insorgenza di ulcere da
decubito mediante l’ispezione cutanea
malnutrizione
e
alterato
trofismo
cutaneo
· mobilizzazione precoce del paziente e rotazione
dei decubiti a letto ogni 2 ore
·
D.I. Rischio di squilibrio
della
temperatura
corporea
·
ipotermia
intraoperatoria
·
perdita massiva di
liquidi
· monitorare la temperatura corporea
·
·
C.P.
Dolore
operatorio
post-
D.I. Ansia/paura di morte
riprendere l’alimentazione il più precocemente
possibile
riscaldare il paziente con copertina termica
monouso
infondere
liquidi
caldi
se
necessario
· ferita chirurgica
·
somministrazione di Remifentanil a dosaggio
antidolorifico
fino
alla
III
g.p.o.
· gravità della malattia
·
informare il paziente non appena si risveglia
dall’anestesia
·
assenza
preparazione
psicologica
operatoria
di
· comunicare in modo efficace con il paziente
pre-
Descrizione di un caso clinico.
Il paziente G.B. di anni 64 giunge al Pronto Soccorso per dolore addominale. Viene
sottoposto a TAC addome che evidenzia un aneurisma dell’aorta addominale sottorenale
rotto. Il paziente è in condizioni generali gravi, ipoteso, anemico, cosciente ma obnubilato.
Viene subito trasportato in sala operatoria in stato di shock emorragico.
Durante l’intervento chirurgico il personale dell’I.C.U. incomincia la compilazione della
cartella infermieristica raccogliendo i dati anagrafici e l’anamnesi: il paziente è diabetico,
iperteso e fumatore. Durante il colloquio con i familiari, si viene informati dell’attività
lavorativa del paziente: Presidente di un’importante Azienda.
0 giornata post-operatoria.
Il paziente giunge in I.C.U. dopo intervento di aneurismorrafia e impianto di tubo aortoaortico in Dacron precoagulato 18 mm. Dopo averlo monitorizzato, si effettua un ulteriore
accertamento infermieristico, che consiste nella rilevazione di dati tecnici. Il paziente si
presenta intubato, ventilato meccanicamente in S.I.M.V., sedato con Remifentanil 2
mg/42 ml a 20 ml/h e Propofol a 10 ml/h. L’emodinamica è stabile sostenuta da
Nitroglicerina (TNG) 1gamma/Kg/min. Ritmo sinusale, F.C. 90-100 b/min. Trend di P.V.C.
di normovolemia (7-12 mmHg). Presenta un catetere venoso centrale a 5 lumi in giugulare
interna dx, un catetere venoso centrale di grosso calibro a 2 vie per emodialisi continua
veno-venosa (C.V.V.H.) per infusione rapida di emocomponenti in giugulare interna sx, un
catetere in arteria radiale per il monitoraggio della pressione arteriosa invasiva (I.B.P.) e
l’esecuzione di prelievi emogasanalitici, vena periferica incannulata con ago-cannula 14 G,
sondino naso-gastrico (S.N.G.), 2 drenaggi retroperitoneali tipo Redon in aspirazione dai
quali le perdite risultano essere modeste.
Entrate liquidi E.V. di 200 ml/h alternando elettrolitica reidratante a ringer lattato.
Emogas nella norma con buoni scambi gassosi. Dopo 1 ora e 30’ il paziente viene
estubato previa sospensione del Propofol e svezzamento del Remifentanil fino a dosaggio
analgesico (7 ml/h).
Si instaura terapia antibiotica, gastroprotettore, terapia antipertensiva e calciparina 0.5 s.c.
x 1. Si inizia l’infusione continua di Albumina a 6 ml/h. Si inizia terapia diuretica con
Furosemide in pompa-siringa 40 mg/25 ml a 2 ml/h a causa di una lieve contrazione della
diuresi.
Dopo 6 ore dall’intervento il paziente lamenta dolore ai polpacci e insensibilità alle dita dei
piedi. Gli arti sono freddi e pallidi. Polsi periferici assenti. Il paziente incomincia a
presentare segni di insofferenza, è agitato e spaventato. È cosciente e vigile, orientato nel
tempo e nello spazio. Si esegue un ecodoppler agli arti inferiori che conferma ischemia
acuta . Si inizia l’infusione continua in pompa di Pentossifillina (Trental) 4 fl/500 ml S.F. a
21 ml/h ed eparina sodica in infusione continua in pompa-siringa 25000 U.I./50 ml in
soluzione fisiologica a 2 ml/h. Il paziente torna in sala operatoria per embolectomia. Dopo
4 ore il paziente ritorna in I.C.U. e riprende le medesime infusioni. Si eseguono T.C.A.
seriati ogni 3 ore che risultano variare da 200 a 220 secondi.
Peristalsi assente, addome trattabile, mantiene il digiuno.
I giornata post-operatoria.
Condizioni generali buone. La gamba dx si presenta tumefatta. Il medico fa diagnosi di
sindrome compartimentale e pratica una fasciotomia alla loggia anteriore e posteriore del
medesimo arto.
I valori ematochimici sono nella norma, tranne che per un rialzo di creatininemia dovuto ad
una stenosi serrata ostiale dell’arteria renale principale di dx diagnosticata in sede di
angioTC eseguita al momento del ricovero. Si inizia infusione di Fenoldopam mesilato
(Corlopam) e si programma un’angioplastica (P.T.A.) con stent renale da effettuarsi in
sala angiografica.
II giornata post-operatoria.
Vengono rimossi i drenaggi retroperitoneali. Peristalsi torbida. Inizia dieta idrica, prima
acqua poi thè zuccherato, dopo prove di clampaggio del SNG. Le prove del SNG sono
negative, pertanto si decide di rimuoverlo.
Paziente collaborante.
III-IV giornata post-operatoria.
Condizioni generali buone. Gas nella norma. Peristalsi presente. Continua dieta idrica a
pranzo, dieta semi-liquida a cena. Si rimuovono il catetere venoso periferico, il catetere
per C.V.V.H. ed il catetere vescicale.
Il paziente si mobilizza seduto sul bordo del letto con i piedi sulla sedia. Non lamenta
dolore. Wining del Remifentanil .
Il paziente incomincia a presentare segni di insofferenza: claustrofobia, desiderio di
andarsene dalla Terapia Intensiva per occupare un posto di degenza con finestre e ritorno
alla vita più fisiologico. Ma principalmente il paziente lamenta di non poter più decidere
delle sorti di se stesso, e ribadisce spesso: “Fino a ieri decidevo io, oggi non posso più
decidere. Mi sento impazzire. Chiamatemi uno psicologo!”.
V giornata post-operatoria.
Il paziente viene sottoposto a PTA renale + stent metallico con buon esito. Continua lo
stato di insofferenza e irrequietezza. Riprende l’alimentazione dopo il digiuno da
procedura angiografica.
VI giornata post-operatoria.
Condizioni generali buone. Valori di creatininemia in discesa. Il paziente si mobilizza con
aiuto dal letto alla sedia.
VII giornata post-operatoria.
Il paziente si trasferisce nel reparto di Chirurgia Vascolare.
Discussione del caso clinico.
All’ingresso del paziente in I.C.U. è stato effettuato l’accertamento infermieristico, che si è
basato su una raccolta dei dati oggettivi (parametri ed esame obiettivo) e dei dati riferiti dai
familiari.
L’assistenza infermieristica si è tempestivamente basata sul raggruppamento diagnostico
standard del clinical pathway rivolto alla persona affetta da A.A.A. sottorenale rotto. A
questo raggruppamento standard si è aggiunta una serie di diagnosi elaborate dopo la
raccolta dei dati sul paziente, consentendo, così, la formulazione di un piano di assistenza
personalizzato.
L’aver raccolto l’informazione sulla tipologia di attività lavorativa ha consentito al personale
infermieristico di individuare una diagnosi infermieristica in più rispetto al raggruppamento
diagnostico: “Rischio di disturbo del concetto di sé correlato a recente perdita delle
responsabilità di ruolo secondaria ad ospedalizzazione”. Al momento dell’ingresso in
I.C.U. è stata posta una diagnosi infermieristica di rischio, che si è trasformata in III g.p.o.
in diagnosi infermieristica reale: “Disturbo del concetto di sé correlato a recente perdita
delle responsabilità di ruolo secondaria ad ospedalizzazione che si manifesta con
insofferenza, irrequietezza, senso di impotenza”. Gli interventi infermieristici sono stati a
tal proposito mirati al rapido ripristino della normalità quotidiana: mobilizzazione, lettura di
giornali e riviste, visite di familiari e maggior interattività con il personale di assistenza. Il
problema si è parzialmente risolto al momento del trasferimento dall’I.C.U. alla Degenza e
si è risolto totalmente al momento della dimissione a domicilio.
Strettamente correlata alla precedente è la D.I. Ansia/paura di morte. Questa diagnosi
infermieristica è tipica dei casi in emergenza e l’eziologia principale è la mancanza di
preparazione psicologica e l’assenza completa di informazioni pre-operatorie. Il paziente si
sveglia in I.C.U. e si accorge di avere inseriti all’interno del proprio corpo cateteri,
cateterini e tubi che minacciano in maniera importante la sua integrità corporea e
sottolineano la dipendenza, più o meno elevata, dall’equipe sanitaria, un gruppo di
persone sconosciute che ruotano alternativamente al letto del malato.
Esistono in letteratura numerose fonti primarie e secondarie che dimostrano l’influenza
positiva della preparazione psicologica e della corretta informazione pre-operatoria
sull’outcome del malato. Una revisione sistematica del The Johanna Briggs Institute
dimostra anche che l’informazione pre-operatoria al paziente in forma scritta mediante
opuscoli e libretti informativi o video-filmati è preferibile versus l’informazione verbale.
Nel raggruppamento diagnostico è contemplato il C.P. potenziale: Tromboembolia distale,
che in g.p.o. O diventa un C.P. reale. Pertanto gli interventi infermieristici sono stati mirati
alla tempestiva segnalazione al medico, al monitoraggio dell’evoluzione della complicanza
e all’implementazione della terapia farmacologia impostata dal medico.
Complicanza non prevista dal raggruppamento diagnostico è quella verificatasi in I g.p.o.:
C.P. Sindrome compartimentale. Questo problema collaborativo è stato attenzionato dopo
l’insorgenza dell’ischemia acuta agli arti inferiori, come complicanza dell’ischemia. La
complicanza potenziale C.P. Insufficienza renale è stata registrata sulla cartella
infermieristica dopo l’accertamento diagnostico strumentale angioTC che ha rivelato una
stenosi dell’arteria renale. Tuttavia, l’insufficienza renale da potenziale è divenuta reale si
è verificata non come copatologia dell’insufficienza multiorgano o per necrosi tubulare
acuta, previste nel raggruppamento diagnostico standard, ma come complicanza da
patologia ostruttiva dell’arteria renale associata alla prolungata ipotensione e
ipoperfusione da shock del distretto renale. Anche in questo caso, l’assistenza
infermieristica si è basata sull’immediata rilevazione dei segni e dei sintomi della
complicanza, il suo monitoraggio e l’implementazione della terapia farmacologia.
Un altro dato che ha consentito di formulare altri problemi collaborativi potenziali è il
diabete. Questa patologia concomitante può determinare i C.P. Iper/ipoglicemia e il C.P.
Ritardo nel processo di guarigione delle ferite. Nel caso clinico descritto questi problemi
collaborativi sono rimasti potenziali durante tutto il percorso assistenziale grazie all’attento
monitoraggio della glicemia, alla corretta applicazione del protocollo condiviso per il
controllo glicemico mediante l’infusione di insulina e all’attenta gestione delle ferite
chirurgiche.
Risultati.
La valutazione dell’efficacia e dell’appropriatezza degli interventi infermieristici si effettua
alla fine di ogni intervento. Il raggiungimento dei risultati finali si valuta al momento della
dimissione dall’I.C.U. ed è dato dal confronto tra le D.I. e i C.P. attesi dal clinical pathway e
quelli reali documentati dal piano personalizzato.
Nel caso clinico sopra esposto, il paziente ha presentato una sola delle complicanze
previste dal raggruppamento diagnostico standard e quelle che si sono presentate non
previste dal piano standard sono state colte nell’immediato, monitorate e gestite fino alla
loro completa risoluzione.
Impiegando il raggruppamento diagnostico come strumento organizzativo dell’assistenza
si sono raggiunti principalmente i seguenti obiettivi: il miglioramento dell’efficacia nella
gestione delle situazioni cliniche e la diminuzione della variabilità di comportamenti;
l’erogazione di un’assistenza altamente specialistica, mirata ed intensiva; la previsione, il
tempestivo riconoscimento e il monitoraggio continuo ed intensivo delle complicanze.
La formulazione di un piano personalizzato mediante D.I. e C.P. potenziali o reali ha
consentito il raggiungimento di un altro risultato: l’erogazione di un’assistenza
personalizzata che ha abbracciato tutte le sfere dell’umano, quella fisica, quella psichica e
quella sociale.
Conclusioni.
L’esito positivo dell’implementazione nella pratica clinica di strumenti organizzativi come i
clinicals pathways e i piani assistenziali personalizzati è stato possibile grazie allo sviluppo
di una cultura professionale interdisciplinare e d’equipe, orientata al cosiddetto clinical
governance, cioè al raggiungimento dei risultati e alla qualità delle prestazioni.
Fondamento della logica interdisciplinare è accettare che ogni figura professionale dotata
di competenze e professionalità proprie agisca mediante la condivisione delle decisioni
assistenziali-terapeutiche e delle responsabilità.
Questa concezione di un’assistenza multiprofessionale alla persona malata è stata
consequenziale alla completa valorizzazione di una competenza specifica della
professione infermieristica raggiunta nel periodo post-mansionario, cioè dopo la normativa
che regolamenta l’abolizione del mansionario.
Ritengo, infine, che la presenza di clinicals pathways all’interno di ogni struttura sanitaria
sia indispensabile per la formazione degli infermieri neo-assunti, che possono consultarli
preventivamente coniugando la teoria alla pratica, e la formazione continua degli altri
professionisti impegnati nella loro elaborazione e revisione periodica.
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Riferimenti Internet:
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www.evidencebasednursing.it
www.siquas.it
Abstract
This paper is based on a diagnostic group in a clinical pathway about a patient suffered
from ruptured abdominal aortic aneurysm (rAAA) and recovered in intensive care unit
(ICU) after intervention of endoaneurismorraphy.
Whith clinical pathway, as organized tool of the standard care, is reported a clinical case,
which proves the importance of care personalization by nursing care plans: standard and
personal care are very important to achieve a very good result.
Key words: nursing diagnosis, collaborative problem, clinical pathway, nursing care plan.
Pubblicato su Infermierionline.net il g. 11.10.07
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Raggruppamento Diagnostico Rivolto alla