- 245 - NOTA SOPRA L'TPOGEO DEI VOLUMNI E l SUOI LAMPADARI Nel Bot/etNno d'Arte del giugno 1915, pago 161-164, il cav. D . Viviani, Sopraintendente ai monumenti dell'Umbria, ha dedicato un breve articolo ai Lamf>adari delt'lf>og-eo dei VOÙtllmt" presso Perugia. In questo Studio di n'costruzione il Viviani espone i risultati ottenuti dall'aver rimesso insieme r\ella forma originaria i frammenti ancora attualmente custoditi sul luogo, di uno dei lampadari che pendevano dal soffitto dell'ipogeo. Tale ricostruzione, felicemente compiuta da persona competente, è da considerare senza dubbio come opera buona, utile ed opportuna. Ma è da osservare e da ricordare, per la storia dei nostri studi, che la lucerna o lampadario testè rimesso insieme e completato coi vari pezzi esistenti e pubblicato quindi in fotografia nel Bollettino citato, pago 163, era stato ricostruito graficamente e pubblicato intero nella medesima forma già da moltissimi anni, e cioè sin da quando G. B. Vermiglioli di Perugia illustrò per il primo l'ipogeo clei Volumni, l'anno stesso clelia scoperta (Il sepolcro dei Volu1IZni scoperto in Perugia nel febbraio del ,840. Perugia, Bartelli, tav. VIII-IX). Il disegno eli ricostmzione, insieme ai frammenti dell'oggetto, trovasi ripetuto nella nuova edizione elell' opuscolo del V ermiglioli, cu rata dal conte Giancarlo Conestabile e da questo inserita nei suoi Jl1ònumeniì' di Perugùt dntsCll e romana, parte 2" (Perugia, Bartelli, 1855, tav. XIII); inoltre in N[art/m, L'art étrusque, p. 496, e finalmente in Daremberg-Saglio, DicNonnaire des antiquités !/recques et romaines, fig. 4605 (I). Il piatto della lucerna pensile fa capo ad una specie eli manico o sostegno centrale figurato, costituito da un genietto, o meglio un vero e proprio Erote od Amorino, anteriormente nudo, COIl ali sul dorso e copricapo in forma di testa di cigno con lungo collo. Nell'aver riconosciuto esattamente la testa del cigno, dai precedenti illustratori dell'oggetto variamente interpretato, sta il merito dell'autore. L'artefice, dunque, ha saputo trarre ingegnoso partito dalla testa di cigno, che ripiegandosi sul lungo collo, costituisce un anello di presa per l'uncino che doveva tener sospeso verticalmente l'oggetto. Oltre le ali e lo strano copricapo, nonchè i calzari ai piedi, l'Erote porta sul dorso, che ne resta intieramente coperto, una specie di himation, di cui un lembo riposa sulla spalla destra, fermato dalla mano, e l'altro lembo è sorretto dalla mano sinistra presso la coscia, ricadendo a terra in ampio panneggio. Questo tipo eli Erote non è nuovo nell'arte etrusco-ellenistica. In uno de' più bei bronzi dellVIuseo Archeologico di Firenze vedesi un Erote alato dello stesso tipo del nostro, (r) Non varia se non il numero dei becchi della lucerna: di sei nella ricostruzione del Vermiglioli, di otto in quella del Viviani. colla stessa acconciatura sul capo, stanclo inginocchiato sugli omeri d el giovine Dioniso, in atto di mesce rgli da bere (Milani, Il R. l )l{useo A rcheologico di Hrenze, testo, pago 149, tav. XXXIV) . È p e r se stesso evidente, che mentre nel gruppo fiorentino la figura ha una funzion e plastica strettamente connessa col significato e l'azione clelia figura principale, nella Lucerna di Perugia, invece, essa è applicata semplicemente come eLemento tecni co e decorativo. L'artefice ha stilizzato e adattato a' s uoi bisogni un motivo vivace tolto dalla grande arte e dalla mitologia figurata. Or non v'è luogo a dubitare cii clue cose: l °) che l'Erote, contrariamente a quanto crede il Viviani, non porta deL cig'no se non le ali e la testa, tutta la rimanente superfice striata che ricopre il dorso della figura non costituenclo già il dorso ciel cigno, come il V. ritiene, ma esse ndo data dallo sviluppo del drappo che abbiamo sopra osservato e cii cui il V. non fa menzione (basta notare come i solchi clietro il dorso clella figura siano eseguiti in una form a affatto singolare ove debbano rappresentare le pium e ciel cigno; essi infatti, come delle vere pieghe, si ritorcono tutti acl arco dalla stessa parte dove l'himation si risolleva, per raccogliersi entro la mano sinistra) ( I); 2°) che il genietto stesso non può simboleggiare Apollo, per infinite ragioni che ri sparmi o al lettore, a cominciare da quella, pill cI'ogni altra ovvia, che non s'è mai vis to un Apollo con le ali; il cigno, inoltre, non è un uccello essenzialmente sacro acl Apollo, ma rientra invece cI'orclinario nel ciclo mitologico cii Afroclite, e solo sporadicamente appare nel ciclo cii Apollo e così in quello di Dioniso, come nel caso accennato. Più accorto e prudente erasi mostrato il Vermiglioli, cita to per questo riguardo dallo stesso Viviani, nel vedere in quelle figure «dei Genii, dei Lari o Penati ». Ma nessuno immagina di quanto mal sia madre l'esegesi novella escogitata dal V. Quanto s'è detto potrebbe essere già sufficiente a dilucidare la materia fondamentale cieli 'articolo citato, se l'Autore, pur nel breve spazio di tre pagine, non avesse trovato il modo d'intrattenersi anche sugli elementi decorativi e simbolici scolpiti sopra le pareti della tomba, e non avesse tentato di dare la s ignificazion e allegorica anche di qu esti. - Uno dei timpani sopra le porte del sepolcro, e precisamente il timpano clella cella centrale, presenta un grande scudo rotondo, con testa cii :M edu sa al ce ntro, contornata cii squamme, nello stesso aspetto clell'egida cii Min erva, tra due spade ai lati, ricurve, sormontate da due colombe e due tes te virili, presso una delle quali, a sinistra, si vede una lira eptacorcle, presso l'altra una specie di canestro sostenuto da un oggetto a estremità ricurva, poggiato s ulla spalla. Una tale rapprese ntazione, se qualche difficoltà può offrire riguardo al contenuto allegorico, non sembra presentare troppo gravi dubbi sull'identificazione materiale delle singole parti. I! V ., invece, ha voluto riconoscere nella testa di Medusa nientemeno che una testa di Apollo, e così pure in quasi tutti i rilievi del timpano citato e degli altri ancora, delle immagini o dei simboli della stessa divinità, corroborando un'affermazione coll'altra. Non mi è lecito seguire il V. su questa s trada. Soltanto si richiederebbe ch'egli portasse delle prove, pill o meno solide, a con(I) Cfr. l'Erote della lucerna bemella, presso il quale uno dei lembi del manto si avvolge into rno al braccio sinistro e l'altro pende libero dalla spalla destra (CONESTAIlILE-VERMIGLlOLI, tav. Xl1I, 5). • - 247 - ferma di quanto asserisce, o almeno qualche volta accennasse alla possibiliUl che le cose s iano eia altri vedute sotto un aspetto alquanto diverso da quello ond'egli mostra vederle. Mi permetto di prevenire l'A. sull'unica autorità ch'ei potrebbe mettere innanzi a questo riguardo: lo scritto già ripetutamente citato del Vermiglioli. 11 quale, letterato, storico ed archeologo pe' suoi tempi non disprezzabile, osò, con occhio poco sicuro ma con una fantasia in compenso molto vivace, affermare che la maschera di Medusa sullo scudo rappresentasse una testa di Apollo, e le sguamme, poi, non fossero che foglie di alloro, così rappresentate in tonclo, per rendere pii! agevole l'opera dello scultore nella pietra tufacea troppo friabile sulla quale esso el:a costretto a lavorare (Vermiglioli, 11 sepolt:1'o dei VO!ztlll1li, p. 22). ·M a fill dallo stesso allno Anselmo Feuerbach, illustrando brevemente la scoperta dell'ipogeo nel Bollettùto di c01'rispondema archeologica (p. 116 sgg.), dichiarava apertamente come « nel frontone al di sopra della cella principale comparisce sullo squammoso scudo di Pallade un colossale capo di Medusa» (pag. 119). L'asserzione del Vermiglioli si trova ripetuta nella ristampa dell'opuscolo curata dal conte Giancarlo Conestabile nel 1855, a pagina 56 e seguenti. Per fortuna, a pagina 58 del.1o stesso opuscolo, il Conestabile appone una lunga nota per mettere in guardia il lettore che « l'idea predominante di Vermiglioli nella esplicazione del bassorilievo di questo timpano per comun sentenza di vari dotti non fu felice », e dimostrare colle testimonianze dei «vari dotti» che si tratta realmente di una testa di Medusa. Infine, l'ultimo e recentissimo illustratore clell'ipogeo, Gustavo KOrte, rassicura anche i pii! dubbiosi confermanclo recisamente la stessa interpretazione (1). A parte l'erudizione bibliografica, bastava un'occhiata sia alla maschera di Medusa eseguita in rilievo sul fondo della lucerna stessa, sia alle varie altre maschere simili scolpite sui lucernari del soffitto (Conestabile, tav. IV, KOrte, tav. II), nonchè sugli alti plinti, famosi, che sostengono le- urne funebri, per convincersi come tali motivi rappresentino tutti una cosa sola. L'assenza delle ali unicamente sul capo della Medusa dello scudo, non è un fatto tale da modificare ag·1i occhi di nessuno il carattere della figura. Ciò nonostante, chi oserebbe oggi prendersela col buon Vermiglioli, se la vista difettosa gli giocava talora dei brutti tiri? Il Vermiglioli, per nulla spossato dopo il primo enorme parto della sua fantasia, non erasi fermato lì. Il V., tuttavia, si spinge arditamente assai pii! lontano. Come è possibile, ad esempio, introdurre col V., fra gli attributi di Apollo, le due colombe (il Vermiglioli le supponeva due corvi) scolpite sopra le impugnature delle spade? Poichè lo scudo e le spade si riferiscono, come il V. stesso riconosce, al guerriero sepolto nell'ipogeo, più rispondente al vero o almeno pil! probabile sembra l'ipotesi che le colombe vi siano a rappresentare degli uccelli augurali, non apollinei, usati nell'aruspicina etrusca, e che la loro presenza sopra le spade testimonino della qualità sacerdotale di cui è probabile che fosse investito il guerriero o alcun altro dei personaggi sepolti nell'ipogeo (2). (I) G. KORTE, Das Voltlm niergrab bei Perugia - Ein Beitrag z/w C/tr01wlog-ie der etruskisclzen J<imst, nerlin, 1909 (AMandltmge1t d. K Gesellscha;t d. Wissenscha;tett Z1I G6ttinge1t Phil. Hist. K/asse, N. F., Bd. XIII, n. I), p. 7. Le due diverse interpretazioni sono riportate insieme da G. DENNIS, in The Cities ami Cellleteries o; l:.ìruria, rBB3, Il, p. 442. (2) KORTE, op. cit., p. 8. interpreta le colombe come segni del favore della divinità in genere. Il busto, dalla faccia completamente scheggiata via, rappresentato all'angolo sinistro del timpano, con l'abbondante chioma che gl'incornicia il capo e con l'attributo della lira, è l'unico e1ei rilievi il quale possa riferirsi con qualche verisimiglianza ad Apollo. II grifone, però, cui a questo proposito accenna il V., con che egli vuole indicare uno dei corni della lira, terminante quasi a becco di uccello adunco, non costituisce che un elemen to decorativo, come le teste di uccelli acqÌlatici alle impugnature delle s pade, e offre quindi un indizio troppo poco sicuro per fondarvi l'idea della presenza di Apollo. L'altro busto a destra, che il V. semplicemente spiega come « Apollo pastore con le verga sulla spalla» (cfr. Conestabile-Vermiglioli, op. cit., p. 60), non è certamente tale. Se un titolo all'onore di divinità volessimo tributargli, sarebbe agevole riconoscere in esso una divinità campestre, ad esp.mpio Silvano . .Ma la natura degli attributi, checchè se ne dica, resta tuttavia incerta. G. KOrte, pur riconoscendo il bastone e il canestro, non attribuisce alcuna natura divina ai personaggi rappresentati nei busti. Egli al contrario, ne fa dei personaggi di carattere affatto secondario, e cioè uno dei servi con il bagaglio e uno dei suonatori, come si veggono spesso rappresentati nei convogli funebri etruschi, scolpiti o dipinti. Finalmente, le civette scolpity sopra l'architrave di una delle celle laterali (Conestabile-Vermiglioli, op. cit., tav. IV, 3), quelle che il V. chiama gufi, ma che già lo stesso Vermiglioli aveva indicato per il loro più vero essere, se pure sono eia interpretare come attributi divini, appartengono senza dubbio a .Minerva e non ad Apollo. Dopo di che non resta altro eia aggiungere, salvo che la famiglia etrusca dei Volumni era probabilmente devota di Apollo, ma non più di questa che di altre divinità. I rilievi deIl'ipogeo, dato che a questi vogliamo riconoscere indistintamente un significato religioso simbolico, ne sono la prova lampante. GOFFREDO BENDINELLI. DOTT. AROVINO COLASANTI. Redattore respolIsabile. Roma , 1915 - Tipografia EditrIce Romana, via della Frezza, 57-61.