Giornalino mensile della Fisac/Cgil San Paolo Banco di Napoli
SPAZIO LIBERO
Numero 21– Febbraio 2006
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Anno II
EDITORIALE
COMPAGNIA DI SAN PAOLO: COOPTAZIONE PER IL SUD?
Apprendiamo dagli organi di informazione che, a Roma, vi è stato un incontro tra il Presidente della
Regione Campania, Antonio Bassolino, da un lato e il Presidente della Compagnia di San Paolo
Franco Grande Stevens e il Segretario Generale della stessa Compagnia. Piero Gastaldo, dall’altro.
Tale vertice viene a seguito delle fortissime critiche rivolte alla Compagnia da vari soggetti istituzionali
meridionali – Regione Campania, Provincia di Napoli, Comune di Napoli, Università, Giornali,
Sindacato, CGIL in primis – per l’inaccettabile politica di finanziamenti condotta nel 2005, dove, a
fronte di una partecipazione di quasi 16 milioni di euro garantiti da San Paolo Banco Napoli, c’è
stata la risibile cifra di 1,6 milioni di euro “investiti” in Campania (l’1,2% del totale), dal 2003
territorio di riferimento della Fondazione.
Qualcosa si è mosso in quanto, oltre a 900.000 euro di interventi già approvati, vi sarà una Convenzione
tra Compagnia e Università Federico II per garantire un flusso stabile di finanziamenti.
Non ci appare risolto, invece, il nodo della rappresentanza.
La Compagnia si è dichiarata disponibile a “cooptare” un meridionale nel consiglio, stante le lungaggini
che un cambio statutario comporterebbe: ciò non è sufficiente, occorre una rappresentanza organica,
espressione diretta del territorio nel Consiglio di Amministrazione e non una presenza che, per
quanto di prestigio, rimane a titolo personale, non concepita, come accade invece per altri enti
locali, come riferimento istituzionale di soggetti portatori di interessi.
La cooptazione di meridionali, peraltro già presenti, potrebbe essere la soluzione “ponte” ad un cambio
dello statuto della Compagnia, ma è lì che bisogna arrivare, per evitare garanti o tutori “concessi”
secondo logiche non trasparenti, la cui scelta – evidentemente “paternalistica” - configurerebbe
nuovamente un ruolo subalterno al Mezzogiorno.
La CGIL, puntigliosamente, ripropone la propria posizione: la rivendicazione orgogliosa di investire nel
Mezzogiorno, in maniera trasparente, le risorse qui generate.
MONDO FILIALI
BANDITI !
Non troviamo altro termine per definire loschi figuri che si aggirano in diverse agenzie, spacciandosi per
“sindacalisti”, tentando di fare proselitismo attraverso varie forme, le più bieche.
Vari i metodi utilizzati per “convincere“ i colleghi a dare la propria adesione sindacale, questi i più frequenti:
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“promesse” di avanzamenti di carriera, addirittura con tanto di data, non perché vi sia un diritto negato, ma
come “favore”, millantando conoscenze - all’interno dell’organizzazione della banca - di persone che
“possono”, se non di politici influenti che, a loro volta, possono anch’essi fare pressioni
falsi allarmi per presunti trasferimenti e/o cambio di mansioni, di cui si ha notizia perché “ben informati”,
da qui il proporsi, in cambio dell’adesione, per “scongiurare” il pericolo
estorsione di firme, chiedendo una sottoscrizione per fantomatiche associazioni, in realtà celando il modulo
di adesione sindacale, sfruttando così la buona fede del collega interessato
appello al “buon cuore” del collega, perché “ci si conosce da tanto tempo” e, in fondo, “un sindacato vale
l’altro” e, dunque si può anche cambiare organizzazione (giungendo al paradosso di avere, anziché il
Sindacato per i diritti dei Lavoratori, i Lavoratori per il “favore” al “sindacalista”) .
Siamo convinti che, alla lunga, tali sistemi, da banditi appunto, mostreranno tutti i loro limiti.
I limiti di chi li propone,che anziché avvicinarsi ai colleghi con spirito di servizio, si accostano con spirito rapace e
mostrano così gli ancora più evidenti limiti delle “organizzazioni sindacali” a cui obbediscono, le quali per
attivare questi mezzi devono necessariamente essere alla canna del gas, in termini di consenso, ed incapaci
di sviluppare un minimo di progetto, di percorso, di elaborazione da proporre ai lavoratori.
I lavoratori a loro volta, farebbero bene ad essere meno ingenui e a riconoscere le “patacche”, l’accattonaggio di
miserabili “imbonitori”, così come a non indugiare su scorciatoie miracolistiche.
Ma siamo preoccupati perché così facendo si snatura l’azione sindacale e si danneggia più complessivamente l’idea di
Sindacato: il Sindacato rappresenta organicamente i lavoratori, tutti i lavoratori, il Sindacato non può
presentarsi come una lobby, una cordata, interna all’azienda, il Sindacato non può sostituirsi alle scelte
aziendali, il Sindacato deve garantire a tutti i diritti, identiche basi di partenza, non ingannare i colleghi.
Ma siamo preoccupati anche per il costume che così si diffonde: pensare che non sia il proprio merito ma
l’”appartenenza” a dare un vantaggio ha effetti distorcenti per lo stesso vivere civile.
“Ogni volta che si lotta contro un ingiustizia, per un ideale, si trasmette una piccola onda di speranza e
questa, mescolandosi a milioni di altre, crea una corrente che può abbattere il più solido muro di
oppressione”: questo è il ruolo del Sindacato e nella Cgil cerchiamo di non dimenticarlo, mai.
Pace, libertà, giustizia, fratellanza sono sempre all’ordine del giorno
Dal 6 al 9 febbraio si è svolto il Congresso Nazionale della Fisac a 60 dalla sua fondazione a 100 anni dalla
fondazione della CGIL.
Pur non essendo, per scelta “editoriale” il nostro giornalino un “bollettino” sindacale, sentiamo di dovervi riportare
brani della relazione introduttiva, stante la vibrante e drammatica attualità della argomentazioni trattate, che ben
si inseriscono nelle tematiche tipiche della nostra rubrica, sfuggendo ogni prosa “burocratica”.
….Un miliardo di persone-un sesto dell’umanità- vive in condizioni di povertà estrema. Il 40% della popolazione mondiale
sopravvive di mera sussistenza ed ogni giorno muoiono per denutrizione e banali malattie migliaia di donne e
bambini. L’ecosistema rischia l’autodistruzione per l’uso indiscriminato delle risorse disponibili e un timido trattato,
come quello di Kioto, non viene sottoscritto dalle nazioni più rapaci e aggressive nell’attacco alla natura.
Un intero continente, l’Africa, - dove per la prima volta è comparso l’uomo – è utilizzato come pattumiera del mondo.
Dominato con crudeltà e cupidigia predatoria, ulteriormente desertificato dalle scelte di mercato delle multinazionali
farmaceutiche, che, nella loro bulimica avidità di profitti, impediscono la liberalizzazione dei brevetti e la
diffusione delle medicine agli indigenti, in particolare, ai malati di Aids.
La globalizzazione, anziché essere orientata per dare risposte ai più poveri, alla tutela dell’ambiente, alla diffusione del
benessere e della democrazia. ha accentuato drammaticamente le disuguaglianze economiche e sociali. Nel 1820 il
maggior divario tra l’economia più sviluppata, quella inglese, e la più povera, quella africana, si definiva in un rapporto
del reddito pro capite di quattro ad uno. Oggi è di venti ad uno.
La ricchezza si concentra in gruppi sempre più ristretti avviando ampie fasce sociali, una volta garantite, verso la
marginalità.
Ad oltre sessant’anni di distanza dalla fine del secondo conflitto mondiale, le quattro priorità indicate da Roosvelt “la
libertà di parola ovunque nel mondo, la libertà di onorare Dio ciascuno a proprio modo, la libertà dal bisogno, la
libertà dalla paura” rimangono priorità assolute.
Tutto ciò, però, non deve indurci solo ad un bilancio di sconfitte, al ripiegamento dinanzi alla inesorabilità del male, alla
scettica constatazione del reale. Noi, oggi abbiamo il dovere di credere e dire che un mondo migliore è possibile ed
a questo obiettivo dobbiamo dedicare la nostra azione, il nostro impegno, la nostra passione militante…………..
“Compagni – scriveva Vladimir Majakovskij – la primavera è sempre all’ordine del giorno”. Per questo noi dobbiamo
considerare la pace, la libertà, la giustizia, la fratellanza, sempre all’ordine del giorno…
MIMMO MOCCIA, SEGRETARIO GENERALE DELLA FISAC/CGIL
BARI 6 FEBBRAIO 2006
LINUS
La nascita della rivista “linus”, nell’aprile del 1965, ha contribuito fortemente allo “sdoganamento”
culturale del fumetto, ritenuto genere di serie b, a cominciare sin dal primo numero, che
ospitava un dibattito tra, niente di meno che, Elio Vittorini, Umberto Eco ed Oreste del
Buono.
Quale miracolo, se pensiamo che oggi assurge a dibattito culturale il “reality show” con le sue
ancelle: Alda D’Eusanio e Maria de Filippi.
L’artefice del miracolo si chiamava Giovanni Gandini, morto il 17 febbraio ultimo scorso e che qui
vogliamo omaggiare.
Gandini sognava di pubblicare mensilmente le strisce dei Peanuts di Charles Schulz: la copertina
con Linus che si succhia il pollice, con l’inseparabile coperta, appartiene all’immaginario
collettivo di diverse generazioni.
La costruzione costante, numero dopo numero, di una rivista un po’ snob, attirava la curiosità e il
piacere personale degli autori, primi tra tutti i traduttori dall’inglese e dall’americano, si
trasformava (o si sapeva far trasformare) in piacere dei lettori.
Il dosaggio tra le strisce (strip) americane (Li’L Abner, Dick Tracy), e le avventure di
fantascienza, fanno assurgere la rivista a “cult”, all’inizio soprattutto nei cosiddetti salotti
buoni (quelli di “Valentina”, immortale personaggio di Crepax, pubblicato proprio su linus).
Ma ecco che, da fenomeno elitario, in piena contestazione Linus diventa rivista del Movimento
Studentesco: si pubblicavano meno fumetti e più satira politica, nascente allora in Italia.
In molti dobbiamo riconoscere a Gandini - che ha il merito di aver fatto una rivista popolare e
contemporaneamente di tendenza - di averci dato la consapevolezza, attraverso Charlie
Brown, della nostra “inadeguatezza” nel mondo e, subito dopo, la coscienza attraverso la
critica politica, contenuta sempre nella sua rivista, che quel mondo poteva esser diverso.
MUNICH di Steven Spielberg e le Olimpiadi di Torino 2006
Le Olimpiadi nacquero nella Grecia antica come “metafora della guerra”, in cui lo spirito guerriero trovava
sfogo nella competizione, dopo la quale si onoravano però sia i vincitori che i vinti.
Le Olimpiadi dell’era moderna sono nate per gli stessi motivi e per sostanziare negli sport moderni,
eliminando le differenze esistenti, la fratellanza tra i popoli.
Purtroppo, non è sempre stato così: nella Olimpiade del 1972 un commando palestinese di “Settembre
nero” sequestrò gli atleti israeliani al villaggio olimpico di Monaco di Baviera. La vicenda è ora narrata
nel film “Munich” di Steven Spielberg, in visione nei cinema, del quale non intendiamo ora scrivere
una recensione. In esso c’è una ricostruzione, non storica ma cinematografica, della vicenda e di
quello che ne fu il tragico seguito, sia per i responsabili palestinesi che per quelli israeliani.
Quello che ci interessa mettere in risalto è che nel film risulta chiaro che il vendicarsi reciprocamente atto
per atto, quando sono in gioco i destini di due popoli, non risolve la questione ma la inasprisce, la
rende torbida, interminabile e dai confini inesplicabili. Non solo, anche i destini delle persone in gioco
sono irrimediabilmente perduti, perchè ciò che vince nella disputa di guerra e terrorismo è solo
l’affermazione violenta della supremazia della propria nazione, gruppo, patria o etnia e non il senso
di fratellanza universale che rende, al contrario, indispensabile il riconoscimento dell’altro da sé,
soprattutto nel mondo di oggi che vuole vivere pienamente la sua “globalità”.
Tale considerazione, tratta dal film di Spielberg, ci sembra molto adatta oggi che sono in corso le
Olimpiadi invernali a Torino, anche a costo di essere impopolari
Infatti, da quando sono cominciate non facciamo altro che assistere, nelle trasmissioni televisive, ad una
esaltazione esagerata della appartenenza di patria, con reiterate esecuzioni dell’inno nazionale quando
gli atleti nazionali vincono, con “la bandiera italiana al vento”, con cronache dove si parla quasi solo
degli atleti nazionali (perdenti o vincenti che siano), dove si fa il “tifo” in modo scomposto per i propri
atleti dimenticando, o volendosi dimenticare, che le Olimpiadi sono la manifestazione sportiva
mondiale per eccellenza nella quale, come detto, si onorano i vincitori e si onorano i perdenti, a
qualunque parte in gara essi appartengono.
La competizione è il sale dello sport e bisogna cercare sempre di vincere, ma vincere nello sport non è
sempre certo, si può anche perdere. E’ più importante “come” si combatte, come si rispetta
l’avversario, come si lotta per conquistarsi l’altrui rispetto, come si arriva, insomma, al risultato
finale.
Educare allo sport significa educare alla comprensione e al rispetto dell’altro, all’interno della
competizione; educare cioè alla umana fratellanza e non alla intolleranza reciproca, allo scontro, alla
violenza, alla guerra.
FLASH
riceviamo e pubblichiamo
Egr. Sig. Silvio Berlusconi
(momentaneamente) presso
Presidenza del Consiglio dei Ministri
della Repubblica
Italiana
Ho ricevuto l’opuscolo da Lei inviato sull’innovazione digitale per
le famiglie.
Le comunico che non apprezzo affatto un siffatto gesto di mera
propaganda, corredata da una sua lettera ricca di falsità e di
dati di ignota provenienza.
Intanto, per quel che può servire, le faccio presente che lei scrive a
nome di un’Istituzione pubblica, ma personificandola, tanto da
firmarsi in prima persona. Questa è, se ce ne fosse ancora
bisogno, l’ennesima prova che lei ha una concezione del tutto
Privata di ciò che in realtà è la Cosa Pubblica, quella che gli
antichi romani chiamavano appunto Res Publica.
In secondo luogo la inviterei a non rivolgersi più nei miei confronti
usando il termine “amico/a”: Lei non è amico mio, né tanto
meno lo è del popolo italiano, di cui, ahimè, faccio parte, per cui
può tranquillamente rivolgersi a noi chiamandoci “sudditi”, così
almeno evita l’ipocrisia.
Infine, la pregherei di evitare di elencarci quello che lei e il suo
governo ha fatto: lo abbiamo ben chiaro, e, purtroppo, ne
pagheremo le conseguenze molto a lungo, quindi ci ricorderemo
senz’altro di lei e del suo modo di gestire la “ Cosa Pubblica”.
Con i più cordiali saluti.
Lettera firmata e spedita
Ricordiamo che le trattative per il
rinnovo del contratto integrativo
aziendale riprenderanno il 28, 29
e 30 marzo a Torino
La Redazione
Giorgio Campo
Alfredo Conte
Antonio Coppola
Antonio D’Antonio
Mario De Marinis
Antonio Forzin
Amedeo Frezza
Rosalia Lopez
Raffaele Meo
Italo Nobile
Maria Teresa Rimedio
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