SPAZIO LIBERO
Numero 37 – giugno 2007
Anno
IV
RUBRICHE:
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EDITORIALE
TRA L’INCUDINE DELLA DEMAGOGIA E IL
MARTELLO DELLA RIDUZIONE DEI COSTI
Come tutti sapevamo la fusione di due grossi gruppi bancari è caratterizzata da un’enorme
complessità.
In particolare, tra le tante, sono due le questioni estremamente complicate: la cessione delle filiali
e l’annuncio aziendale che, rispetto ai piani d’impresa, vi sarebbero 3103 persone in più.
Rispetto alle filiali cedute il confronto con i lavoratori interessati sconta l’incolmabile gap di chi è
direttamente coinvolto in prima persona e dove appaiono insormontabili alcuni dati psicologici:
ansia, preoccupazione per il futuro, perdita d’identità, necessità di ricominciare daccapo.
Ma proprio per questo il Sindacato, e la Fisac/Cgil, in particolare, non può cedere alla tentazione
di arrendersi alla via più semplice e più sbagliata: la demagogia.
La demagogia ha due aspetti: il volto palese di soluzioni accattivanti volte a rimuovere i fatti, a
pensare in radice di evitare la cessione, una causa individuale, uno sciopero e il problema è
risolto; il volto nascosto, più odioso, della speculazione sul bisogno di sicurezza delle persone.
Noi non crediamo ai miracoli, crediamo alla percorribilità di opportunità realistiche, tutte quelle
consentite dagli strumenti possibili, in primo luogo quelli negoziali.
E per i colleghi ceduti l’obiettivo non può che essere, ancora una volta, quello di garantire tutte le
tutele economiche e normative del caso attraverso gli strumenti fondanti l’attività sindacale:
la contrattazione quale strada maestra per soluzioni percorribili; l’assunzione di responsabilità
per gli atti posti in essere, senza sfilarsi un secondo dopo aver posto la firma.
Saranno soddisfatti i colleghi ceduti? Chi può, oggi, dirsi soddisfatto se si è messi in vendita
senza sapere nemmeno a chi? Ma l’alternativa qual è: lasciarli andar via senza una straccio di
garanzia?
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EDITORIALE
SEGUE: TRA L’INCUDINE DELLA DEMAGOGIA E IL MARTELLO DELLA RIDUZIONE DEI COSTI
Cercare uno “sfogatoio” attraverso la “palingenesi” dello sciopero o con cause individuali porta, il
giorno dopo, a svegliarsi più dolenti di prima.
A complicare le cose si è aggiunta la dichiarazione aziendale che, stante la distanza tra i risultati (al
15 giugno) dell’ esodo, 3397 colleghi, e quanto stabilito dal piano industriale, 6500 uscite,
“avanzerebbero” 3103 persone, con conseguente inizio di procedure di confronto.
Ebbene, la matematica è scienza esatta, ma se semplicistica o, peggio, furba, non ci piace: non è
pensabile che la riduzione dei costi sia una ragionieristica sottrazione, per giunta a numeri
“tondi”: 6500.
Come è pensabile di dichiarare 3103 “esuberi” non tenendo conto della problematicità emergenziale
degli organici nella Rete, della necessità di approntare una strategia complessiva che
ricomprenda mobilità, riqualificazione professionale, nuova occupazione e formazione.
L’azienda dovrà dimostrare filiale per filiale, ufficio per ufficio che si tratta di esuberi “funzionali”,
non diversamente impiegabili e non, come siamo certi, di esuberi da “costo”, stante,
evidentemente, l’incapacità di aumentare il business, i ricavi.
Anche qui, la fase negoziale, la paziente verifica della situazione, dello scenario complessivo
porteranno alle soluzioni possibili e praticabili, con piena assunzione di responsabilità.
Similmente che per le cessioni, non si pensi, l’azienda non pensi, a scorciatoie: il taglio dei costi come
soluzione salvifica per le difficoltà che si incontrano nel raggiungimento degli utili (e per
l’assegnazione delle stock option).
Tra l’incudine della demagogia e il martello della riduzione dei costi non possono, non debbono,
esserci i lavoratori.
MONDO FILIALI
COSA STA FACENDO IL SINDACATO?
È questa la domanda che sempre più di frequente ci si sente rivolgere nel parlare
con i colleghi, lavorando e girando nelle filiali,
Sembra esserci sempre più uno “scollamento” tra il Sindacato e i lavoratori, nella
percezione, per meglio dire, che hanno i lavoratori dell’operato del
Sindacato.
Le motivazioni sono molteplici. Ad esempio i giovani hanno una scarsa
consapevolezza delle regole, del fatto cioè che norme uguali per tutti
significa anche tutela per il singolo. I giovani in realtà sono più pronti a
guardarsi intorno, a cercare nuove opportunità in altri contesti lavorativi,
come dimostrano le dimissioni sempre più frequenti che si registrano ormai
su tutto il territorio nazionale.
Quelli che sono prossimi alla pensione, invece, non si ritrovano più in una banca
così grande, e dunque così distante, e l’esodo sembra quasi un destino
ineluttabile. A questo punto, ciò che conto è solo andar via e capitalizzare
quanto più è possibile. Anche in questo caso, l’interesse del singolo prevale
sugli interessi più generali.
Per tutti gli altri, il significato degli accordi siglati dal sindacato nell’ambito della
contrazione sulla fusione sfugge. Eppure si tratta di accordi importanti:
l’accordo quadro, che fissa le materie degli accordi, e che riflettono tutti
gli argomenti tipici di un contratto integrativo. Si obbliga quindi l’azienda a
confrontarsi su tutte queste materie.
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MONDO FILIALI
segue: COSA STA FACENDO IL SINDACATO?
Poi c’è l’accordo sulle relazioni sindacali, che fissa le regole del confronto.
E ancora gli accordi sui problemi che di volta in volta si presentavano sul tavolo: la
possibilità di accesso al sistema incentivante, le cessioni degli sportelli, i
finanziamenti al circolo ricreativo per l’anno in corso, la ristrutturazione dei servizi
centrali.
Mancano ancora altre materie calde come l’organizzazione del lavoro, la mobilità, gli
inquadramenti, l’orario di lavoro.
Ma appare evidente che andando avanti per punti, per accordi separati, manca una
visione d’insieme; manca cioè una visione del punto di approdo di tali accordi, e
questo aumenta il senso di disorientamento e di distanza.
La consapevolezza di queste difficoltà ha portato il direttivo della Fisac/Cgil ad
organizzarsi nel breve periodo predisponendo linee rivendicative unitarie su
mobilità, riconversione professionale e formazione, circolo ricreativo, assistenza
sanitaria, finanziamenti e condizioni agevolate al personale e quant’altro.
Una piattaforma rivendicativa da portare presto all’attenzione dei colleghi, per spiegare
a tutti che l’obiettivo del Sindacato è trasformare le tutele di qualcuno in tutele per
tutti.
Se alcuni hanno dei diritti ed altri meno, quei diritti appaiono privilegi: quello che sta
facendo il Sindacato è trasformare i “privilegi” di alcuni in diritti.per tutti.
CHI HA PAURA DEL GOVERNO PRODI’?
E’ vero, questo governo e’ insufficiente, quando non autosufficiente, rissoso, spesso pasticcione,
incapace di qualsiasi politica di marketing, con una pessima propensione alla comunicazione
mediatica, vittima del proprio elettorato che si aspetta sempre una “rinascita immediata” quasi una nuova era, un mondo nuovo - dopo gli “anni bui” della destra, eppure, a rischio di
essere impopolare, io questo governo lo difendo!
Lo difendo per un motivo semplice, di fondo, valoriale, che tenterò di spiegare.
In tanta confusione la vera differenza tra destra e sinistra, come diceva Bobbio, è nella
considerazione delle differenze: per la destra le differenze sono naturali dunque
immodificabili, il figlio dell’operaio sarà “naturalmente” un operaio; per la sinistra le differenze
sono un prodotto storico sociale – il figlio dell’operaio sarà quello che la dinamica sociale
produrrà - se hai mezzi per studiare ed emanciparsi potrà anche divenire un dottore, se gli
mancheranno le opportunità farà anch’egli l’operaio.
Badate bene al significato di questi concetti: il primo rappresenta la conservazione, l’impossibilità di
qualsiasi evoluzione, la condanna a rimanere quello che si è, il persistere perenne di una
diversità ritenuta “naturale”; l’altro rappresenta la possibilità di cambiare, di evolversi, di
emanciparsi, di poter andare avanti, di, alla fine, un’idea di progresso.
Rivelatore coerente della concezione della destra è quanto il Cavaliere sbraitò rabbioso in uno dei
confronti televisivi con il suo avversario storico: “la sinistra – urlava ad un Prodi con scarsi
riflessi – con il suo odio sociale minaccia il figlio del dottore, per avvantaggiare il figlio
dell’operaio”; dimenticava così l’art.3 della Costituzione - allorquando la Repubblica deve
impegnarsi a rimuovere gli ostacoli alla realizzazione di un’uguaglianza delle opportunità - e
parimenti rivelando tutto il suo egoismo di classe.
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SEGUE: CHI HA PAURA DEL GOVERNO PRODI?
Questi valori, pur nei limiti e nella confusione descritti all’inizio, cominciano, ancora con
insufficienza, a realizzarsi mediante piccoli segnali. Il tentativo di abbattimenti di
alcuni privilegi di casta, si pensi a farmacisti e notai, o le modalità di accesso alla
professioni,vanno verso quei valori di fondo. La rabbia e i fischi di commercianti,
imprenditori, professionisti, tutti uniti nel contrastare i piccoli passi verso il recupero
di quell’enorme scandalo, considerato “naturale” in questo paese, che è il privilegio di
poter evadere il fisco, rappresenta il senso dell’efficacia di quanto il governo, in
questo campo, sta attuando. Ma una verifica l’abbiamo anche noi, nei nostri piccoli
osservatori: la nascita di tanti conti fiscali nelle nostre agenzie, la richiesta di
“consulenza” sui mezzi di pagamento, o la franca e insieme ingenua domanda di come
poter continuare “naturalmente” come prima a nascondere e occultare i propri
movimenti.
Il segnale, ripeto ancora piccolo, è qui: non è vero che tutto è immodificabile,
irrimediabile, che tutti sono uguali, che c’è una melassa che tutto avvolge; questa è la
tesi principe di chi vuole conservare gli attuali assetti, di chi non vuole minimamente
rinunciara ai propri “naturali” privilegi, di chi gettando fango su tutto e tutti vuole
distruggere ogni speranza che qualcosa può, come già sta accadendo, cambiare.
Chi vuole la spallata al governo – un governo oggettivamente ed intrinsecamante debole e mobilita l’opinione pubblica attraverso TV e giornali non lo fa per nobili fini, ma per
evitare quel minimo di cambiamento che pure sta verificandosi; è la solita, nota,
faccia della conservazione (e anche di Montezemolo).
Finisco con una battuta: per i miei valori, il peggiore dei governi di centro sinistra è
migliore del migliore dei governi di centro destra.
CARMINE D’ANGELO
IL COMPAGNO E FRATERNO AMICO CARMINE D’ANGELO CI HA
LASCIATI DOPO UNA LUNGA SOFFERENZA CHE HA SAPUTO
ACCETTARE CON ORGOGLIO E GRANDE DIGNITA’.
CHI LO HA CONOSCIUTO NON HA BISOGNO CHE SI PARLI DI LUI
IN TERMINI DI ELOGIO E DI GRANDE APPREZZAMENTO PER
L’IMPEGNO DI UNA VITA SPESA PER I LAVORATORI, NEL NOME
DELLA CGIL, DEI SUOI VALORI E DELLE SUE BATTAGLIE.
NON ESISTONO PAROLE ADEGUATE PER DESCRIVERE APPIENO LA
SUA LEALTA’, LA SUA DISPONIBILITA’ E LA SUA FORZA
D’ANIMO, L’ALLEGRIA ALLA VITA CHE LO ANIMAVA.
LE LAVORATRICI ED I LAVORATORI, LA FISAC/CGIL E IL
SINDACATO HANNO PERSO UN COMPAGNO CHE HA SEMPRE
CREDUTO NELLA SOLIDARIETA’, NELLA FORZA DELLA LOTTA
PER LA DIFESA DEI DIRITTI E DEI BISOGNI CHE NASCONO DAL
MONDO DEL LAVORO.
CARISSIMO CARMINE, TI RICORDEREMO SEMPRE!!
Don Lorenzo Milani I ragazzi di paese
(da Lettera ad una professoressa) a quarant’anni dalla morte
Dopo l'istituzione della scuola media a Vicchio arrivarono a Barbiana anche i ragazzi di paese.
Tutti bocciati naturalmente.
Apparentemente il problema della timidezza per loro non esisteva. Ma erano contorti in altre cose.
Per esempio consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un sacrificio. Non avevano mai sentito
dire che a scuola si va per imparare e che andarci è un privilegio.
Il maestro per loro era dall'altra parte della barricata e conveniva ingannarlo.
Cercavano perfino di copiare. Gli ci volle del tempo per capire che non c'era registro.
Anche sul sesso gli stessi sotterfugi. Credevano che bisognasse parlarne di nascosto. Se vedevano un galletto
su una gallina si davano le gomitate come se avessero visto un adulterio.
Comunque sul principio era l'unica materia scolastica che li svegliasse.
Avevamo un libro di anatomia. Si chiudevano a guardarlo in un cantuccio.Due pagine erano tutte consumate.
Più tardi scoprirono che son belline anche le altre. Poi si accorsero che è bella anche la storia.
Qualcuno non s'è più fermato. Ora gli interessa tutto. Fa scuola ai più piccini, è diventato come noi.
Qualcuno invece siete riusciti a ghiacciarlo un'altra volta.
Delle bambine di paese non ne venne neanche una. Forse era la difficoltà della strada. Forse la mentalità dei
genitori.
Credono che una donna possa vivere anche con un cervello di gallina. I maschi non le chiedono di essere
intelligente.
E' razzismo anche questo. Ma su questo punto non abbiamo nulla da rimproverarvi. Le bambine le stimate più
voi che i loro genitori.
Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto. I professori l'avevano giudicato un cretino.
Volevano che ripetesse la prima per la terza volta.
Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico di natura. I professori l'avevano sentenziato un delinquente. E non
avevano tutti i torti, ma non è un motivo per levarselo di torno.
Né l'uno né l'altro avevano intenzione di ripetere. Erano ridotti a desiderare l'officina. Sono venuti da noi
solo perché noi ignoriamo le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo nella classe giusta per la sua età.
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Segue:Don Lorenzo Milani I ragazzi di paese (da Lettera ad una professoressa)
Si mise Sandro in terza e Gianni in seconda. E' stata la prima soddisfazione scolastica della loro povera vita.
Sandro se ne ricorderà per sempre. Gianni se ne ricorda un giorno sì e uno no.
La seconda soddisfazione fu di cambiare finalmente programma.
Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione. Una perfezione che è assurda perchè il ragazzo sente
le stesse cose fino alla noia e intanto cresce. Le cose estano le stesse, ma cambia lui. Gli diventano puerili
tra le mani.
Per esempio in prima gli avreste detto riletto per la seconda o terza volta la Piccola Fiammiferaia e la neve che
fiocca fiocca fiocca. Invece in seconda ed in terza leggete roba scriba per adulti.
Gianni non sapeva mettere l'acca al verbo avere. M adel mondo dei grandi sapeva tante cose. Del lavoro,
delle famiglie, della vita del paese.
Qualche sera andava col babbo alla sezione comunista o alle sedute del Consiglio Comunale.
Voi coi greci e coi romani gli avete fatto odiare tutta la storia. Noi sull'ultima guerra si teneva quattro ore
senza respirare.
A geografia gli avreste fatto l'Italia per la seconda volta. Avrebbe lasciato la scuola senza aver sentito
rammentare tutto il resto del mondo.
Gli avreste fatto un danno grave. Anche solo per leggere il giornale.
Sandro in poco tempo s'appasionò a tutto. la mattina seguiva il programma di terza. Intanto prendeva nota
delle cose che non sapeva e la sera frugava nei libri di seconda e di prima. A giugno il “cretino”; si presentò
alla licenza e vi toccò passarlo.
Gianni fu più difficile. Dalla vostra scuola era uscito analfabeta e con l'odio per i libri.Noi per lui si fecero
acrobazie. Si riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche materia. Ci occorreva solo che lo
riempiste di lodi e lo passaste in terza.Ci avremmo pensato noi a fargli amare anche il resto.
Ma agli esami una professoressa gli disse:- perchè vai a scuola privata? Lo vedi che non ti sai esprimere?
Lo so anch'io che il Gianni non si sa esprimere.
Battiamoci il petto tutti quanti. Ma prima voi che l'avete buttato fuori di scuola l'anno prima.
Bella cura la vostra.
Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a
rinnovarle all'infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro O per bocciarlo.
Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta.
Invece la lingua che parla e scrive Gianni è quella del suo babbo. Quando Gianni era piccino chiamava la radio
lalla. E il babbo serio:- Non si dice lalla, si dice aradio.
Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma
intanto non potete cacciarlo dalla scuola.
”Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua”; .L'ha detto la Costituzione pensando a lui.
FLASH
La Redazione
Giorgio Campo
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ha collaborato Annabella Esposito
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