Biennale Foto/Industria 2015
Luca
Campigotto, Arsenale di Venezia, 2000 © Luca Campigotto
A Bologna la seconda edizione di Biennale Foto/Industria, rassegna che guarda al mondo
del lavoro e della produzione industriale
Fotografia industriale. Una definizione che ai più richiama alla mente le immagini rigorose di
Gabriele Basilico, o quelle ancor più analitiche e metodiche di Bernd e Hilla Becher. In realtà questa
espressione va ben oltre ciò che in un primo momento si è portati a pensare: abbraccia un mondo
sfaccettato e denso di concetti e visioni, incrociando una moltitudine di situazioni, processi e forme
legate all’universo del lavoro e della produzione. Puntare lo sguardo (e l’obiettivo della fotocamera)
su questa moltitudine è proprio quello che fa la rassegna a cadenza biennale Foto/Industria,
promossa e organizzata dalla Fondazione MAST di Bologna e allestita fino al prossimo 1 novembre in
numerose sedi del centro cittadino – ben dodici, tra edifici storici e luoghi di forte valenza culturale –
oltre che negli spazi del MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia).
David
LaChapelle Distributore di benzina Exxon, 2012
© David LaChapelle, Courtesy Galerie Daniel Templon Paris/ Brussels
“Produrre” è il macro-tema di questa seconda edizione, un concetto dal quale il direttore artistico
François Hébel ha estratto cinque sotto-temi cui ricondurre i lavori dei diversi fotografi in mostra:
produzione (Edward Burtynsky, O. Winston Link, Luca Campigotto), post-produzione (David
LaChapelle, Hong Hao), produttori (Pierre Gonnord, Neal Slavin, Gianni Berengo Gardin), prodotti
(Hein Gorny, Léon Gimpel), pausa (Kathy Ryan, Jason Sangik Noh). Ne risulta una molteplicità di
punti di vista e contenuti presentati sotto forma di piccole ma incisive mostre personali, a se stanti e
al contempo interconnesse, rappresentative della varietà di elementi di riflessione che possono
scaturire dallo speciale legame tra mondo produttivo e fotografia d’autore.
Neal
Slavin Squadre di salvataggio del Royal National Lifeboat Institution Cromer, Contea di Norfolk ©
Neal Slavin
Vi è l’accento posto da Edward Burtynsky sulla trasformazione ambientale provocata dall’impatto
industriale, resa attraverso immagini di grande equilibrio estetico, che sfilano davanti allo spettatore
sorrette da una concitata base musicale e incorniciate dagli affreschi del seicentesco Palazzo Pepoli
Campogrande.
C’è il portamento dignitoso degli ultimi minatori di carbone delle Asturie ritratti da Pierre Gonnord:
volti sporchi e occhi limpidi che sembrano appartenere a un’altra epoca, a un altrove lontano, e la
cui mesta fierezza è posta in rilievo anche dalla straordinaria location, l’oratorio del santuario di
Santa Maria della Vita.
O. Winston
Link, Maud si inchina al Virginia Creeper, Green Cove, Virginia, 1956
© The Estate of O. Winston Link, courtesy Robert Mann Gallery
C’è il portentoso, e quasi surreale, irrompere delle ultime locomotive a vapore nella placida
quotidianità della provincia americana, entusiasticamente immortalate da Winston Link nella
seconda metà degli anni ’50. Ci sono i vivaci ritratti di gruppo scattati negli anni ’80 da Neal Slavin:
dai bagnini ai venditori di hot dog, dagli addetti alle pulizie ai guardiani di elefanti, raggianti e
composti nella loro tenuta da lavoro. E i lavoratori sono protagonisti anche negli scatti in bianco e
nero di Gianni Berengo Gardin, o meglio, è il rapporto tra “l’uomo, il lavoro e la macchina” a
risaltare nel notevole corpus fotografico in mostra, carico di acume e forza narrativa.
Gianni
Berengo Gardin. L’industriale Alberto Alessi, i designer Achille Castiglioni, Enzo Mari, Aldo Rossi,
Alessandro Mendini, Milano 1989 © Gianni Berengo Gardin/Contrasto
Insomma, uno dei punti di forza di questa Biennale Foto/Industria, dove trovano spazio in egual
misura lavori autonomi e commissionati dalle imprese, fascino per il mondo industriale e approccio
critico, è proprio la peculiarità di un percorso espositivo articolato e scandito da umori e realtà
distinte, “dall’infinitesimale al gigantesco”, nel quale è possibile individuare l’intrecciarsi di tre assi
portanti – piacere estetico, carattere educativo e dimensione politica –, come suggerisce Hébel.
Lodevole è poi il sostegno alla fotografia emergente, grazie al concorso GD4PhotoArt 2015 a cura di
Urs Stahel, di cui al MAST sono esposti i finalisti (Marc Roig Blesa, Raphaël Dallaporta, Madhuban
Mitra e Manas Bhattacharya) e il vincitore, Óscar Monzón, che con il progetto Maya ha innescato un
cortocircuito tra realtà urbana e immaginario pubblicitario.
Kathy
Ryan 6/17/2013, 6:49 p.m., “ The New York Times” © Kathy Ryan
Il MAST ospita anche altri due significativi progetti, a completare il quadro di una Biennale in
dialogo con il passato, con la città e con il pubblico. Si tratta dell’interessante mostra Dall’album al
libro fotografico, che ripercorre la storia dell’industria italiana attraverso 120 volumi provenienti
dalla collezione milanese di Savina Palmieri, tra album fotografici, preziose pubblicazioni e opuscoli
promozionali, e del laboratorio di sperimentazione fotografica La Capanna del Mago Nino, grazie al
quale bimbi e adolescenti possono apprendere tecniche e rudimenti da un maestro d’eccezione come
il fotografo Nino Migliori.
Unico neo di Foto/Industria 2015: la breve durata (appena un mese, eccetto le esposizioni al MAST
che proseguiranno fino al 10 gennaio 2016), un vero peccato per un evento di tale spessore, ma un
motivo in più non solo per affrettarsi a visitare le quattordici mostre in programma, ma anche per
approfittare del ricco calendario di eventi collaterali, tra performance, proiezioni cinematografiche,
incontri con i fotografi e visite guidate con i curatori coinvolti.
Francesca Cogoni
Foto/Industria 2015 – Biennale di Fotografia Industriale
MAST e sedi varie, Bologna
Fino all’1 novembre 2015
Martedì – domenica, 10.00-19.00
Ingresso gratuito
www.fotoindustria.it
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