All’interno le rubriche di Dal Campo al foro Movimento per la liberazione dell’AIA Luca Marelli, Paola Cicconofri Campionato sammarinese 771593 630059 9 ISSN 1593-6309 80020 IL SETTIMANALE DI A, B, LEGA PRO, D, CALCIO FEMMINILE E CALCIO A 5 ANNO 5 - N° 20 - 23 maggio 2013 - 1€ Turrissima! I corallini si prendono la Coppa Italia di Serie D: Porto Tolle ko 3-1 servizio a pagina 17 www.professionecalcio.eu www.professionecalcio.eu 33 Il razzismo ad personam è degli sciocchi Editoriale n° 20 di Flavio Grisoli [email protected] Ne abbiamo viste (e ne vedremo) tante in questo Paese assai bislacco, fuori dagli schemi (semplicemente perché non ce ne sono), schizofrenico, pazzoide, ma meraviglioso. Ora ci troviamo anche a fronteggiare una particolare forma di disapprovazione nazionale verso una persona. Non è un ex capo di governo e leader indiscusso di una coalizione parlamentare, ma un giocatore di calcio. A memoria non mi sembra che si sia mai scatenato un fervore da parte delle curve di tutta Italia contro un singolo giocatore, peraltro pilastro offensivo della Nazionale. Una particolarità, questo ragazzo è di colore. Sapete benissimo a chi mi sto riferendo, quindi non c’è bisogno che faccia il nome. L’obiettivo di queste poche righe è cercare di capire come mai ci sia questo rigetto, questo rifiuto, questo livore verso una sola persona. Una sola. Si parla di cori razzisti, ululati (ieri sera all’Olimpico di Roma nel secondo tempo della gara Roma-Napoli, dalla curva Sud dei sostenitore giallorossi sono partiti cori contro questo ragazzo, che stava giocando a Siena) scimmieschi. C’è da dire che c’è vecchia ruggine fra l’attaccante in questione e la tifoseria della Roma, fin dai tempi in cui giocava nell’Inter. Provocatoriamente, dopo un gol, irride gli avversari e zittisce il settore ospiti facendo la linguaccia. Sappiamo bene quanto, nella psicologia contorta e poco condivisibile a volte degli ultrà, un gesto come quello possa essere un marchio a fuoco Reg. del Tribunale di Roma n° 44/2013 impossibile da cancellare. Da quel giorno, ogni occasione è diventata buona per fischiarlo ed insultarlo. Nulla di condannabile, succede in tutti gli stadi d’Italia. Il capitano della Roma Francesco Totti è fischiato praticamente ovunque e insultato in ogni maniera, ma di certo non si parla di razzismo o di intolleranza. Il “caso” relativo a questo ragazzo di colore è stato creato anche dalla stampa, non necessariamente sportiva, che ha creato intorno a lui un’aurea particolare, anche in relazione alla sua poca tranquillità interiore. Dovrebbe chiedersi perché, e lo fece in Inghilterra: “Why always me?”, stampato su una maglietta mostrata dopo un gol. Perché sempre tu? Perché sei un campione, e i campioni delle squadre avversarie sono sempre stati fischiati. Sempre. Perché sono temuti. Perché sei spalvado, un guascone. E un comportamento così si paga con le curve. Lo hai sempre saputo. Non perché sei di colore. Succede solo con te. Il razzismo ad personam lascialo agli sciocchi. Dimostra di essere superiore. Non ti lasciar trascinare in queste stupide polemiche. Non sentirle le curve. Lì non aspettano altro che vederti nervoso, reagire, uscire dal campo. La pelle non c’entra. Si tratta di una battaglia fra degli sciocchi che cercano solo visibilità attraverso la destabilizzazione, e un ragazzo che è patrimonio del calcio italiano. Quei fischi, quei “buu”, sono di paura. Finché continuerai a sentirli, vorrà dire che sei più forte degli altri. Direttore Responsabile Flavio Grisoli email: [email protected] Amministrazione via Carlo Emery, 47 - 00188 Roma Tel/Fax 06.5000975 email: [email protected] Caporedattore Filippo Gherardi email: [email protected] Direttore Editoriale Massimiliano Giacomini email: [email protected] In redazione D.M.d’Ambrosio, L.Frenquelli, G.Condò email: [email protected] Hanno collaborato Guido Del Re Luca Marelli, Paola Cicconofri email: [email protected] [email protected] [email protected] Realizzazione Grafica Rocco Lotito - [email protected] 4 numero 20 - 23 maggio 2013 Champions’, Coppa Italia e play-off Serie B A cura di Gianluca Boserman [email protected] SCOMMETTI CON NOI D ue finali fratricide e play-off che non mancheranno di emozionare ed appassionare anche chi non è tifoso delle squadre in ballo. Partiamo dalla finale per eccellenza nello stadio per eccellenza: l’ultimo atto della Champions League 2013 vedrà di fronte il Borussia Dortmund ed il Bayern Monaco. I bavaresi, alla terza finale negli ultimi 4 anni, sentono che potrebbe essere giunto il momento per il Grande Slam. Già intascata la Bundesliga, con la finale di Coppa di Germania che li vede nettamente favoriti contro lo Stoccarda, cercano l’alloro più importante, che non alzano da 12 anni, da quando cioè sconfissero il Valencia ai rigori. Lahm e soci non co- noscono sconfitta dal 13 marzo quando vennero piegati dall’Arsenal nella gara di ritorno degli ottavi: da allora, tra campionato e Champions, i ragazzi di Heynckes hanno messo insieme 12 vittorie ed un pareggio. Una macchina da guerra impressionante che merita il 2. Il Borussia Dortmund però non vuol esser da meno e, sebbene abbia subito un passaggio a vuoto nell’ultimo mese, ha molte frecce al suo arco. Lewandoski, Santana, e soprattutto Marco Reus vogliono regalare la Coppa con le Orecchie a Klopp prima di una mini rivoluzione in casa giallonera. L’OVER 2,5 non è da sottovalutare così come l’ipotesi GOAL, tutte scommesse molto probabili. Da uno scontro fratricida ad un derby attesissimo. Roma e Lazio domenica sera si contenderanno la Coppa Italia ed un posto in Europa League. Per la prima volta la coppa nazionale sarà una questione tra le due compagini capitoline. Giallorossi più altalenanti e biancocelesti non al top: potrebbe scapparci un UNDER 2,5 vista la grande posta in palio. Ma anche la DOPPIA CHANCE IN/OUT non è da escludere. Infine i play-off di serie B. Livorno ed Empoli si son classificate meglio nei confronti di Brescia e Novara e partono con i favori del pronostico ma i piemontesi sono in forte ascesa quindi non escluderemmo una finale tra i granata di Nicola ed i ragazzi di Aglietti. 6 numero 20 - 23 maggio 2013 Cosentino: “La Serie A fra due anni a 14 squadre” Il vicepresidente della LND con delega al calcio femminile traccia il bilancio di fine anno “Bisogna investire sui settori giovanili, le società devono capire che si parte da lì” di Germana Condò [email protected] A distanza di alcuni mesi dall’istituzione del Dipartimento di Calcio Femminile, e in vista delle elezioni del nuovo consiglio nel mese di luglio, il Vicepresidente della LND Antonio Cosentino traccia un bilancio di questo periodo di transizione per il calcio in rosa, analizzando le problematiche affrontate dalle società e riflettendo sulle possibili soluzioni da adottare nei prossimi mesi. Molti tra i presidenti delle società, primo tra tutti Leonardo Marras della Torres, ritengono che un campionato di Serie A con sedici squadre sia insostenibile, soprattutto in considerazione della situazione in cui versa il calcio femminile italiano. L’ideale sarebbe un campionato a dieci, dodici squadre al massimo. Non concorda con questa seppur diffusa opinione Cosentino, il quale sostiene: «Per come è organizzato il mondo dilettantistico in Italia, non si può pensare di diminuire il numero delle squadre, altrimenti si dovrebbe ragionare solo in termini di campionato amatoriale, così come accade in Europa. Il numero ridotto di squadre - spiega - creerebbe problemi per gestire le promozioni e le retrocessioni. Si potrebbe pensare di ridurre a due le squadre promosse a livello regionale. Ma poi che cosa farebbero le società che partecipano a questi campionati? Forse, il numero perfetto sarebbe quattordici. Posso anticipare che tra due stagioni sarà proprio questo il numero delle società che parteciperanno al campionato di Serie A». In effetti, a livello dilettantistico, non esiste in Europa un’altra realtà simile a quella italiana. E all’obiezione che la classifica è la conferma più evidente dello squilibrio del livello delle squadre, il Vicepresidente LND risponde: «Questo accade anche con il campionato maschile, in cui non si può certo dire che le retrocesse di quest’anno siano state al livello della Juventus». È il mondo del calcio italiano, maschile o femminile che sia. La questione economica accomuna tutti. Chi può investire di più, ottiene risultati superiori. Inoltre, chi ha alle spalle un settore giovanile importante, ha buone chance in più di mettere su una grande squadra. «Purtroppo da noi poche società hanno un settore giovanile - riflette Cosentino - e non capiscono che per aver ragazze brave in squadra, bisogna partire da lì». La novità per la prossima stagione sarà la soppressione della Serie A2 e il ritorno alla Serie B, scomparsa dal 2011 nel panorama dei campionati. «È stato un passaggio quasi obbligato quello alla Serie A2 spiega Antonio Cosentino - voluto dalle regioni a statuto speciale, le quali per giocare un campionato di livello superiore, davano maggiori contributi. L’anno successivo ci siamo trovati senza la partecipazione delle società appartenenti a queste stesse regioni e senza i relativi contributi». Ancora non è chiara l’organizzazione dei gironi, dipenderà dalla partecipazione e dalle iscrizioni delle società sportive. Certamente bisognerà mettere le società sportive in condizioni di potersi iscrivere al campionato nazionale che, per chi esce dal regionale risulta troppo costoso e spesso rinuncia per motivi economici a far esprimere le proprie atlete in un campionato maggiore. Antonio Cosentino (Foto Archivio) numero2013- 23 - 04maggio aprile 2013 numero 2013 88 La “Rosea” invade il campo: Abete tace Se non noi, chi? Movimento per la liberazione dell’AIA dello sport, ovviamente, non mancano i riferimenti agli arbitri ed al loro sistema, che, sempre di più, è un autentico sistema di potere (se non di potere, di cosa?), altro che di garanzia della regolarità dei campionati. “Tecnologia, non soltanto sul gol fantasma”: una bocciatura, senza appello, degli assistenti sottrazionali. “Riforma della giustizia sportiva”. Noi aggiungiamo: cancellazione immediata delle discrezionalità indecorose, che minano la credibilità, già ai minimi storici, già al di sotto dello zero, di un’organizzazione che è considerata connotata da autentica, micidiale ingiustizia “ “ Nella pubblicazione della Gazzetta C i sia consentito di festeggiare un primo traguardo: le prime cinquanta “puntate” del nostro Movimento per la liberazione dell’A.I.A. Se non festeggiare, commemorare: per ora, c’è ben poco da stare allegri, con questa Federazione Calcio e questo po’ po’ di A.I.A. che abbiamo sotto gli occhi. Forse, di queste puntate faremo una pubblicazione natalizia (che comprenderà, com’è ovvio, anche quelle fino all’ultima decade di dicembre). Certo, non siamo riusciti ancora a liberarla, quest’Associazione che dissocia i dissidenti, quest’aggregazione che disgrega i dissenzienti, queste casacche variopinte su volti di arbitri, assistenti, quarti ufficiali di gara e sottrazionali (questi ultimi, poi, che invenzione prelibata, come diceva il barbiere di Siviglia) sempre affilati, sempre tirati, sempre tristi, mai sorridenti. Casacche variopinte, non più nere: l’unico aspetto di non-tristezza e non-cupezza, ma solo sotto il profilo cromatico. Un bel passo avanti, nella direzione della non-antipatia arbitrale: ma di Tullio Lanese, non certamente di Nicchi & Pisacreta. Si diceva: non siamo riusciti a liberarla, l’A.I.A. Nic & Pis avranno sorriso, riso, si saranno scompisciati dalle risate, pensando, nella loro ciclopica presunzione: “Non ci riuscirete mai”. La risposta è semplice. È quella che si gridava già nel Novecento: “Non esistono liberatori, ma soltanto popoli che si liberano”. Lo proclamò anche (ma non fu il primo) un personaggio, Che Guevara, che dovrebbe stare molto a cuore, ai post-comunisti Nic & Pis. Ma, ben si sa, ai post-comunisti piacciono i proclami che fanno comodo, non quelli che potrebbero imbarazzare. Sia come sia, il popolo dell’A.I.A. si libererà da solo, quando lo vorrà. Quando si sarà sottratto alla viltà (se non viltà, cosa?) odierna. Quando non sarà più atterrito ed inchiodato dal terrore del deferimento disciplinare. Quando uno statuto federale più genuino, meno incoerente e più digeribile di quello Juniornapolitanico (ma a che è servito?) cancellerà, finalmente, la vergogna, che ancora oggi persiste: la cosiddetta giustizia (ad) domestica(ta) arbitrale. Un istituto antigiuridico, anti-democratico, che, oltre a sfregiare la logica, corrode e corrompe la dignità personale degli associati all’A.I.A. Ma che volete, Napolitano Junior si sarà distratto… Questa micidiale (in)giustizia domestica tiene imbrigliati, imbavagliati, ingessati, mummificati tutti gli arbitri e dirigenti arbitrali. È una (in)giustizia interna, che condanna senza pietà chi osa denunciare con la propria firma e che - indirettamente, ma con messaggio che più chiaro non si può - propizia, promuove, incentiva le lettere anonime, il massimo dell’antilealtà sportiva, la sublimazione della contraddizione in termini, l’esaltazione della delazione, della “soffiata”. Magari architettata, se non addirittura auto-spedita, come faceva il maresciallo dei Carabinieri ne “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia, una delle rarissime coscienze civili della nostra Nazione. Eccolo, un liberatore: lo scrittore di Racalmuto, colui che, animo nobile, si opponeva ai “professionisti dell’antimafia”, colui che avrebbe avuto come bersaglio fisso (e non mobile) Antonio Ingroia, per citarne uno. Anche Sciascia fu, e ti pareva, “vox clamantis in deserto”. Il popolo italiano non voleva liberarsi. E non si è liberato ancora. Ma giorno verrà, presago il cor mel dice… (se non il cuore, cosa?). E, Nic & Pis, Abete di lattice compreso, ne siano certi: non sarà un giorno lontano. Dalla liberazione alla dignità, il passo è breve. Eccoci, dunque, a una sorpresa editoriale, “Il calcio www.professionecalcio.eu www.professionecalcio.eu che vogliamo”, un opuscolo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport sabato scorso, in omaggio accluso al magazine settimanale della “rosea”. Dal sommario: “Le tre cose da fare per salvare il calcio italiano”; “I conti di un sistema malato”; “Le 10+1 proposte per cambiare il calcio italiano”; “Ecco il calcio che vogliamo”. Ma, dico, lo immaginate, un libretto del genere, nell’era Matarrese, o Carraro? Certo che no. Il fatto è che dell’erba molle… con quel che segue. È inutile anche pensarci, perderci un attimo di tempo: il soffice Abete non risponderà, non replicherà, si rincantuccerà, resterà in silenzio, farà finta di non aver letto. Il suo ufficio stampa, rassegna stampa inclusa, se ne starà inerte. Insomma, siamo arrivati al punto di non ritorno: i suggerimenti diretti, dall’esterno. Come se non ci fosse (ma, in effetti, non c’è) un governo interno. Che vuol dire, tutto ciò? In primo luogo, che il calcio ha perso l’iniziale maiuscola e, se continua così, perderà anche la minuscola. Che la situazione è drammatica (“salvare il calcio”; “cambiare il calcio”; “un sistema malato”). 99 Che in Federazione Calcio non c’è guida e, quindi, bisogna intervenire dall’esterno. Nella pubblicazione della Gazzetta dello sport, ovviamente, non mancano i riferimenti agli arbitri ed al loro sistema, che, sempre di più, è un autentico sistema di potere (se non di potere, di cosa?), altro che di garanzia della regolarità dei campionati. “Tecnologia, non soltanto sul gol fantasma”: una bocciatura, senza appello, degli assistenti sottrazionali. “Riforma della giustizia sportiva”. Noi aggiungiamo: cancellazione immediata delle discrezionalità indecorose, che minano la credibilità, già ai minimi storici, già al di sotto dello zero, di un’organizzazione che è considerata connotata da autentica, micidiale ingiustizia. Urbano Cairo, presidente del Torino, ha spietatamente indicato l’obbligo della moviola in campo, che “darebbe maggiore credibilità e trasparenza”. L’ha confermato Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta. Quanto ai lettori, sono stati, manco a dirlo, molto più diretti. Uno (“SamuBruz”) ha addirittura scritto: “Tutto ciò che è sporco è da cambiare: dai presi- denti all’organizzazione dell’arbitraggio”. Hai letto, Nicchi? Hai letto, Pisacreta? Vi suggeriscono qualcosa, queste parole? Credete che siano le uniche? No, tutt’altro. Qualcuno ha scritto: “Vorrei più arbitri capaci di fare il loro lavoro”. Un altro, ancora, ha auspicato: “Un calcio senza trucchi e senza sudditanze” (con il termine “sudditanze” a chi si riferisce, se non agli arbitri?). Un altro ha ironizzato sulla pulizia del calcio. Conclusione: la “Gazzetta” ha invaso il campo. Ma l’ha invaso perché, da Abete in poi, nessuno ha dato più l’idea di volerlo difendere, salvaguardare, tutelare, questo campo. Se non c’è governo, subentra l’anarchia. È questo il rischio, ormai immanente ed imminente. Abete & Compagnia cantante non se ne accorgeranno. Ne resteranno, prima o poi, travolti. Peggio per loro. Meglio per il calcio. Meglio perfino per l’A.I.A. Vorrà dire che, se non l’avrà liberata il Movimento, se non si sarà auto-liberata, si svincolerà da lacci e lacciuoli per via indiretta: quando tutto sarà crollato intorno a Giancarlino (copyright Aldo Grasso) Abete. numero2013- 23 - 04maggio aprile 2013 numero 2013 10 10 La finale di Wembley e l’orgoglio di essere arbitri Luca Marelli Rubrica S abato prossimo, come ampiamente annunciato qualche settimana orsono, l’Italia arbitrale sarà orgogliosamente davanti alla televisione per sostenere cinque ragazzi impegnati nella direzione della finale di Champions’ League tra Bayern Monaco e Borussia Dortmund. Sono anni che Nicola Rizzoli, con i fidi scudieri di mille gare internazionali Andrea Stefani e Renato Faverani, attendeva questa gara, che ha inseguito con impegno e costanza, inanellando una serie infinita di prestazioni ad altissimo livello. Già lo scorso anno, come confermato recentemente dallo stesso designatore UEFA Pierluigi Collina, Nicola avrebbe dovuto dirigere la finalissima dei campionati Europei a Kiev. In realtà venne poi designato Pedro Proença della federazione portoghese poiché l’Italia arrivò, con una certa sorpresa, all’atto finale con la Spagna. Ha dovuto attendere undici mesi prima di assaporare, finalmente, il profumo della grande occasione ma credo che ne sia valsa la pena: entrare da arbitro centrale sul mitico prato della stadio di Wembley sarà un’emozione unica che personalmente non riesco nemmeno ad immaginare. In questa rubrica ho spesso sollevato il velo su tante contraddizioni e tanti episodi di cattiva gestione dell’Associazione senza mai oltrepassare i limiti della delazione fine a sé stessa, cercando di far comprendere i principi sui quali dovrebbe fondarsi un ente basato, in gran parte, su un servizio volontario remunerato con un rimborso spese spesso inadeguato. Ho segnalato azioni disciplinari “ad personam” senza essere mai smentito, ho ritenuto corretto evidenziare anche i buoni risultati ottenuti in tema di aumento delle diarie perché sono convinto che si possa essere onesti oppositori di una dirigenza che, obiettivamente, si sta mostrando propositiva, purtroppo non riuscendo ad abbandonare la vena vendicativa nei confronti di coloro che si permettono si sollevare la seppur minima critica. In questa circostanza ritengo sia necessario evidenziare un risultato assolutamente straordinario per tutto il mondo arbitrale italiano. Sono passati 13 anni dall’ultima designazione tricolore per la finale di Champions’ Lea- gue, quando Stefano Braschi (attualmente designatore della CAN A) scese in campo per dirigere l’ultimo atto tra Real Madrid e Valencia, anche allora un derby, dopo che l’anno precedente la finale venne diretta da Pierluigi Collina al Camp Nou (la famosa Manchester United-Bayern Monaco). Sabato toccherà a Nicola Rizzoli, designato da Collina e gestito in ambito nazionale da Braschi, ed anche a lui toccherà un derby, questa volta tedesco tra le due formazioni che si sono dimostrate nettamente superiori alle concorrenti durante questa edizione di Champions’. Con Rizzoli scenderanno in campo, nel ruolo di addizionali, Gianluca Rocchi e Paolo Tagliavento, reduci da due stagioni completamente differenti: il primo chiude con questa gara un anno eccellente che lo ha visto tornare ai livelli abituali, il secondo chiude a Londra dopo un campionato irto di difficoltà ma consapevole di godere di grande fiducia per le sue innegabili capacità. La speranza è che questo appuntamento sia utile per cominciare la fase di recupero del direttore di gara umbro e per poter ricominciare ad ammirarlo in prestazioni adeguate al suo talento. Ovviamente, e nel solco della cultura (poco) sportiva italiana, in questi giorni alcune voci sostengono che la designazione non sia basata su un merito acquisito sul campo ma sia il frutto di una scelta personale del designatore Collina, bolognese come Rizzoli. Questa insinuazione era, francamente, scontata ma non ho timore a definirla altrettanto insensata. Abituati come siamo a leggere ed ascoltare polemiche infinite, ormai gran parte dell’opinione pubblica si è convinta che i nostri arbitri siano realmente scadenti. Nulla di più falso. La dimostrazione che troppo spesso ci si basa su convinzioni fallaci ci viene fornita proprio dalle graduatorie UEFA (ove la trasparenza non è un optional ma la normalità) in cui compaiono ben tre arbitri italiani nella categoria Elite (la fascia più elevata in assoluto), caso unico in tutto il panorama europeo. Rizzoli, in particolare, ne fa parte da ormai 4 stagioni e solo circostanze particolari gli hanno impedito di essere scelto per le gare decisive (come precedentemente segnalato, a titolo di esempio, in occasione dell’Europeo in Ucraina). In sostanza non si tratta di una scelta basata sull’amicizia ma di un meritato riconoscimento delle qualità evidenziate in tante stagioni. E non è nemmeno un caso (sebbene pochi lo sappiano perché si preferisce sempre minimizzare le qualità dei nostri ragazzi) che ben due terne (Rizzoli, Faverani e Stefani; Rocchi, Cariolato e Di Liberatore) siano state preselezionate per i mondiali che si svolgeranno in Brasile nell’estate del 2014. E, ancora, che lo stesso arbitro bolognese sarà impegnato il mese prossimo nel mondiale Under 17, una delle competizioni a cui la FIFA riserva grandissima attenzione. In sostanza la scuola italiana, come peraltro ormai da decenni e sulla tradizione di straordinari predecessori come Agnolin, Lo Bello, Lanese, Pieri, Collina, Braschi, Rosetti e Farina, continua a confermarsi ai massimi livelli. Sarebbe forse il caso, chiuso il campionato tra mille polemiche (e sul quale ci soffermeremo la prossima settimana dopo la disputa dell’ultimo atto della Coppa Italia), onorare nel giusto modo i meriti acquisiti a livello internazionale da coloro che continuo a considerare miei colleghi. Perché questi ragazzi non rappresentano solo l’Associazione Italiana Arbitri nel mondo ma tutto il calcio italiano. E devono essere un orgoglio nazionale come lo sono per tutti i 33000 associati che, sabato, sorrideranno davanti alla televisione sognando di arrivare, un giorno, al posto di Nicola, di Andrea, di Renato, di Paolo e di Gianluca… Nicola Rizzoli (Foto Archivio) 12 numero 20 - 23 maggio 2013 Coppa Italia: tutto su Verona-Torres Panico: “Le motivazioni faranno la differenza” pagine a cura di Germana Condò [email protected] L ’atleta più nota nell’attuale panorama del calcio femminile italiano, Patrizia Panico, attaccante della Torres vincitrice del campionato 2013, ci racconta la stagione vissuta con la squadra sarda e i prossimi impegni con la Nazionale di Cabrini in vista del Campionato Europeo. Questo scudetto rappresenta per te un ulteriore premio in una carriera già ricca di successi. «Quando si vince non si pensa tanto al riconoscimento personale quanto a condividere il momento con la squadra e festeggiare insieme. La vittoria passa attraverso il sacrificio e l’impegno condiviso con tutte le ragazze». Sembra che il calcio femminile stia crescendo, il campionato quest’anno è stato movimentato. Anche voi avete avuto momenti di incertezza. «Magari! Mi piacerebbe fosse così. Credo che ogni squadra nel corso di una stagione abbia dei picchi di forma come momenti di forma non ottimale». Ci vuoi fare un bilancio della stagione fino ad oggi? «Nel nostro caso è successo che alcune giocatrici non fossero in forma proprio nel momento clou del campionato. Abbiamo anche disputato la Champions League fino a marzo, e questo ci ha stancate molto. Tanti sono i fattori che possono non far vincere tutte le partite. La Torres ha disputato un campionato stupendo e più di questo non poteva fare. Giustamente ha vinto lo Scudetto, nonostante il Tavagnacco che comunque ha disputato una stagione fantastica. La differenza è che il Tavagnacco ha pareggiato diversi scontri diretti che noi abbiamo vinto». Capitolo Coppa Italia. Giocherete la semifinale sabato (diretta televisiva a partire dalle 15.50 su Professione Sport TV, canali 820 e 826 Blu della piattaforma Sky) contro il Bardolino Verona. Tu conosci anche alcune giocatrici che sono convocate con te in Nazionale. A chi dovrete stare più attente? «Sono le motivazioni che fanno da ago della bilancia in queste partite. E sicuramente ognuna delle squadre arrivate in semifinale ne ha di diverse. È una gara secca, in novanta minuti si decide tutto e anche una squadra dai valori minori può vincere. Da un lato anche il Verona ha dei grandi valori individuali, Gabbiadini su tutti, dall’altro ci siamo noi che rischiamo di essere appagate dallo Scudetto e di arrivare più rilassate. Fermo restando che la Torres ha l’esperienza giusta per affrontare una semifinale di Coppa Italia anche dopo la vittoria del campionato. Inoltre, quest’anno siamo fisicamente più brillanti e nei due scontri con il Verona abbiamo sempre vinto noi». Poi ci sono gli impegni con la Nazionale. Siete reduci dallo stage di Coverciano, in vista dell’Europeo. Come avete lavorato? E come ti trovi con Cabrini? «Bene, ma non solo con lui. Tutto lo staff è di altissimo livello. Non so dire dove l’Italia potrà arrivare, perché ogni anno mi trovo davanti ad altre nazionali che sono in continuo progresso. Tu fai tre passi e loro ne hanno fatti dieci». Che vi ha insegnato la recente esperienza di Cipro? «Ne siamo uscite a testa bassa e ridimensionate. Abbiamo visto nazionali come Scozia e Inghilterra crescere sorprendentemente in pochi anni. Bisogna cambiare. Per fare questo abbiamo provato a partire da una buona programmazione anche se direi che più che essere ben mirata a livello federale, sacrifica molto la giocatrice singolarmente. Almeno siamo partite da qualcosa». A luglio disputerete il Campionato Europeo. L’Italia affronterà in ordine la Finlandia, la Danimarca la Svezia. Qual è la squadra che potrebbe crearvi più problemi? «La Svezia, sia perché ha dei valori più importanti rispetto alle altre, sia perché è la padrona di casa e affrontare lo stadio pieno di una squadra del nord Europa potrebbe penalizzarci». Patrizia Panico, bomber della Torres e della Nazionale (Foto Archivio) www.professionecalcio.eu www.professionecalcio.eu 13 13 Il mister del Bardolino Renato Longega “Ci teniamo a far bella figura. E a vincere” Professione Sport TV seguirà in diretta la gara a partire dalle 15.50 sui canali 820 e 826 Sky D opo una domenica di riposo, e di festeggiamenti per la promozione in serie A dei cugini dell’ Hellas Verona, le ragazze gialloblù si sono ritrovate lunedì pomeriggio sul sintetico dello Stadio Olivieri di via Sogare per riprendere la preparazione in vista della grande sfida di Coppa Italia in programma sabato prossimo 25 maggio con inizio alle 16,00. Per la semifinale unica ad eliminazione diretta arriverà in riva all’Adige la Torres dei record che ha appena conquistato l’ennesimo scudetto. Un match che ricorda le grandi sfide del recente passato e dovrà decretare chi tra veronesi e sarde staccherà il biglietto per la finalissima della competizione tricolore per affrontare la vincente tra Tavagnacco e Napoli. Dopo una settimana a ranghi ridotti, a causa del raduno della Nazionale che ha coinvolto quattro gialloblù, le scaligere possono nuovamente allenarsi a ranghi quasi completi. Gabbiadini e compagne saranno sul campo tutti i pomeriggi fino all’appuntamento di sabato. Tastiamo quindi il polso in casa Bardolino in vista dell’importantissima semifinale di sabato 25 contro la Torres campione d’Italia in carica. Il tecnico delle veronesi Renato Longega è fiducioso: «Sì, stiamo tornando e anche meritatamente, perché nei quarti di finale a Brescia abbiamo disputato una bellissima partita (il Bardolino ha vinto 2-0) sia sotto l’aspetto tattico che del gioco. Una gara vinta meritatamente che ci ha permesso di vivere questa semifinale. Ci teniamo molto a far bella figura e a vincere. Sicuramente sarà una partita molto diversa dalle due di campionato (nelle quali le ragazze sarde guidate in panchina da Manuela Tesse si sono imposte sia all’andata che al ritorno)». A complicare i piani di Longega l’assenza per squalifica di Marta Carissimi, che si è vista bloccata dal giudice sportivo per l’accumulo di sanzioni con i turni precedenti, mentre altre squadre come la Torres non hanno avuto di questi problemi perché partite più avanti nella competizione: «Non trovo molto giusto questo regolamento - concorda il tecnico delle gialloblu, che hanno chiuso il campionato al quarto posto, dietro Torres, Tavagnacco e Brescia - però c’è, è uguale per tutti e dobbiamo accettarlo. È chiaro che abbiamo delle assenze, però la rosa è ampia e chi entrerà in campo per sostituire le indisponibile è assolutamente all’altezza della situazione, per cui non sono affatto preoccupato sotto questo aspetto». La locandina promozionale dell’evento pubblicata dal Verona (Foto Archivio) 15 15 www.professionecalcio.eu La mobilità articolare nel gesto sportivo di Massimiliano Mariani [email protected] www.osteopatiakyros.it T roppo spesso assistiamo a partite di calcio durante le quali l’atleta si porta la mano nella parte posteriore della gamba e chiede di essere sostituito. Questo può accadere dopo un tiro potente o anche dopo una corsa in accelerazione, ma quel che può sorprendere di più è notare che l’infortunio sia accaduto su di una gamba allenata e muscolarmente forte. Ancora oggi, in molte squadre, la preparazione fisica rivolta al calciatore privilegia (oltre alla velocità e alla resistenza) l’allenamento della forza dei gruppi muscolari che intervengono come agonisti nel gesto atletico, soprattutto il quadricipite. Molto spesso, però, il rafforzamento muscolare rivolto ad un aumento della potenza, non pensato secondo un approccio globale, può comportare una rigidità della muscolatura. Questo provoca una riduzione della mobilità articolare, aumentando di gran lunga la possibilità di infortuni nell’arco della stagione sportiva. L’infortunio che il calciatore si procura tirando in porta o durante un’accelerazione, senza quindi un reale contrasto con l’avversario, è il risultato di una preparazione fisica che non considera l’atleta nella sua globalità. La mobilità articolare, detta anche flessibilità, è la capacità che permette al corpo di compiere movimenti al massimo dell’ampiezza consentita dalle articolazioni. In genere, i gesti sportivi richiedono notevole ampiezza di movimento: una scarsa ampiezza costringe l’atleta a lavorare ai limiti delle proprie possibilità, con margini di sicurezza ridotti. In questo caso è più facile subire incidenti, andando incontro a fenomeni patologici cronici o traumatici come tendiniti, strappi e stiramenti muscolari. Inoltre, una scarsa flessibilità può limitare la velocità o l’efficacia del gesto atletico, a causa delle maggiori resistenze che i muscoli agonisti devono vincere. La conoscenza della tecnica esecutiva del proprio sport, e delle caratteristiche individuali dell’atleta, deve quindi spingere tecnici e preparatori fisici a sollecitare la mobilità articolare in modo tale da creare una flessibilità che metta l’atleta in una condizione di sicurezza. Nel caso specifico del gioco del calcio, la mobilità articolare rappresenta un prerequisito fondamentale per la tecnica del “tiro” ottimale: calciare al massimo della potenza richiede un equilibrio della forza prodotta sia dai flessori che dagli estensori dell’anca e del ginocchio. È importante valutare la rigidità dei muscoli della catena posteriore prima di fare eseguire esercizi per il quadricipite, visto che nei calciatori i muscoli posteriori della coscia sono molto spesso troppo accorciati. L’allenamento della mobilità articolare deve essere proposto con notevole frequenza, sollecitando la stessa regione muscolare e articolare per almeno 3 volte alla settimana, in quanto gli effetti positivi ottenuti tendono a ridursi già 2 giorni dopo ciascuna seduta. Per questo è importante iniziare un lavoro di rieducazione posturale prima che l’atleta si infortuni e non solamente per recuperare calciatori infortunati o che soffrono di lombalgia o pubalgia, talvolta recidivanti. Inserire nella preparazione fisica un programma di posturale significa capire l’importanza di ottenere una muscolatura che sia allo stesso tempo ed in modo equilibrato tonica ed estendibile, considerando il corpo secondo un approccio globale. numero2013- 23 - 04maggio aprile 2013 numero 2013 16 16 Supercoppe Lega Pro: ipoteca Salernitana La formazione di Perrone passeggia a Busto Arsizio con un super Guazzo: 0-3 Pari con gol fra Avellino e Trapani. Boscaglia: “Discorso apertissimo. Ci teniamo a vincere” di Filippo Gherardi [email protected] D omenica di Supercoppa in Lega Pro, con le finali di andata tanto per la Prima quanto per la Seconda Divisione. Nel primo caso, una contro l’altra le due regine (e già promosse in Serie B ndr) dei rispettivi gironi di regular season: Trapani ed Avellino, scese in campo sul rettangolo di gioco dello stadio Partenio della cittadina campana. Alla fine ciò che ne è uscito è stato un pari per 1 a 1 che ha lasciato ancora apertissimo il discorso legato alla vittoria finale e che però, al tempo stesso, consegna pure qualche rimpianto ai padroni di casa raggiunti sul pari soltanto a causa di un calcio di rigore di Madonia e dopo il vantaggio, nei primi minuti, di Fabbro. Ritorno in programma allo Stadio Provinciale di Erice il prossimo 23 Maggio. Abbiamo raccolto le considerazioni successive ai primi 90’ di questa finale di Roberto Boscaglia, tecnico del Trapani: «Finale aperta, il pari lascia ancora tutto in discussione. La gara di ritorno sarà molto difficile, e dobbiamo essere bravi ad affrontarla con lo stesso atteggiamento mostrato ieri. Mi è piaciuta la prestazione della squadra, abbiamo creato tanto e mostrato delle cose importanti. La vittoria del campionato era il Un’azione della gara fra Avellino e Trapani: il ritorno giovedì al “Provinciale” (Foto Archivio) nostro obiettivo principale, ciò nonostante siamo rimasti concentrati per far bene anche in Supercoppa. Ci teniamo a vincere questo trofeo e giovedì ce la metteremo tutta per riuscirci». Scendendo alla Seconda Divisione, sarà stata la voglia di concludere la stagione in modo praticamente perfetto, oppure il fatto che la Pro Patria sia arrivata, stanca, a giocarsi promozione e campionato, nel girone A, fino agli ultimi minuti, fatto sta che la finale di ieri è andata in archivio con Matteo Guazzo (a destra) festeggiato dai compagni per la doppietta che di fatto ha consegnato la Supercoppa di Seconda Divisione alla Salernitana (Foto Archivio) un pesante ed inappuntabile 0 a 3 per i granata, firmato dalla doppietta di Guazzo e dall’autorete di Polverini, che lascia davvero pochissimi spiragli di incertezza per la gara di ritorno fissata domenica prossima, 26 maggio, allo stadio Arechi. Qui di seguito, ecco le sensazioni, e la delusione, del tecnico della Pro Patria Aldo Firicano: «È molto difficile pensare di andare a Salerno, domenica, e riuscire a ribaltare la situazione. Servirebbe un miracolo. Ieri siamo stati sfortunati e penalizzati da qualche indecisione di troppo che abbiamo finito col pagare a caro prezzo, tuttavia non voglio trovare scusanti e riconoscere, al contrario, che la Salernitana ha dimostrato una volta di più di essere una squadra forte ed in questo momento più attrezzata di noi. Certo è che il fatto di aver vinto il loro girone con diverse settimane di anticipo gli ha permesso di preparare questo impegno nel migliore dei modi, a differenza nostra che siamo arrivati a giocarci il campionato fino all’ultima giornata e, di conseguenza, un po’ scarichi mentalmente alla partita di ieri». www.professionecalcio.eu www.professionecalcio.eu 17 La Turris si prende la rivincita: Porto Tolle ko Coppa Italia Serie D: è 3-1 per i corallini, che due anni dopo la finale persa si prendono il trofeo Fabiano:“Vittoria importantissima, grande merito al presidente Moxedano” di Delfina Maria d’Ambrosio [email protected] Dopo molte sofferenze e momenti difficili, adesso la Turris può finalmente alzare al cielo la tanta agognata Coppa di Serie D. Quello stesso trofeo che nell’edizione 2010-2011 aveva fatto versare lacrime amare ai corallini, sconfitti in finale dal Perugia, ieri ha invece regalato un’immensa emozione a tutti i torresi, tra l’altro proprio allo stadio Renato Curi del capoluogo umbro. I campani in finale si sono imposti per 3-1 sul Delta Porto Tolle in una gara emozionante e ricca di colpi scena. A sbloccare il risultato è stata proprio la Turris che al diciassettesimo ha trovato il gol con Vitale, al quale dopo nemmeno un quarto d’ora ha risposto il biancoblu Zanardo autore della rete dell’1-1. Un pareggio che ha avuto però vita breve, al quarantaseiesimo i corallini hanno trovato il raddoppio con Gasparini, per poi chiudere definitivamente i conti nel secondo tempo con la rete del definitivo 3-1 siglata da Salvati. Franco Fabiano, allenatore della Turris, ha commentato per noi questo storico traguardo: «È una vittoria importantissima, abbiamo regalato una grande gioia alla città di Torre del Greco, una piazza di livello che è stata per troppi anni punita da eventi sfavorevoli che non le hanno dato il risalto che meriterebbe. A Perugia sono venute circa 2000 persone ma la cosa più bella sono state le famiglie, non sembrava vero vedere mogli, mariti e figli esultare insieme. Siamo orgogliosi di aver raggiunto questo obiettivo, ma La festa della Turris a fine gara (Foto Archivio) un grazie particolare per quello che questa squadra sta facendo va al vero artefice, il presidente Mario Moxedano». Alla Turris non è riuscito il salto di categoria, ma con il secondo posto in campionato e la vittoria della Coppa Italia si è comunque potuta togliere belle soddisfazioni: «È una stagione da incorniciare - ha commentato mister Fabiano - abbiamo vinto la Coppa Italia e siamo in semifinale dei play-off, l’anno prossimo lavoreremo su queste basi per riuscire a ottenere anche la promozione. Voglio poi fare i complimenti al Delta Porto Tolle, per quanto il risultato possa sembrare netto è stata una gara ricca di insidie e combattutissima. Abbiamo affrontato una delle squadre a mio parere più forti della serie D, ha un tasso tecnico elevatissimo e dei giocatori molto forti, specialmente gli attaccanti hanno il gol nel loro dna. Noi siamo stati bravi a leggere la gara, abbiamo giocato in una maniera diversa rispetto a quella a cui siamo abituati, invece di aggredirli li abbiamo aspettati, approfittando di qualsiasi loro disattenzione. Io ero in tribuna a causa della squalifica ma in realtà è come se fossi stato in campo, avevo dei giocatori che facevano da staffetta e le mie urla si sentivano abbastanza chiaramente, ero teso ed emozionato, sapevo che questa Coppa era troppo importante e che non potevamo farcela scappare, fortunatamente i ragazzi hanno risposto alla grande». www.professionecalcio.eu www.professionecalcio.eu 19 TIM Together chiude a Treviso dalla Redazione [email protected] L a pioggia non è riuscita a fermare i bambini di TIM Together. Venerdì scorso 17 maggio sono arrivati in tantissimi, accompagnati da dirigenti e genitori, in Piazza dei Signori per l’ultimo appuntamento del contest lanciato in Veneto da Telecom Italia e Lega Nazionale Dilettanti per premiare le Società sportive che hanno promosso e realizzano progetti di integrazione attraverso il calcio. Le Società premiate in questa quarta ed ultima tappa sono state: ASD CONDOR S.A. TREVISO (iniziativa: “Tutti amici sulle ali dell’integrazione”) e ASD LIVENTINA GORGHENSE (iniziativa: “Crescere insieme alle forze vive del territorio”) per la provincia di Treviso; USD LENTIAI (iniziativa: “Trofeo Calvi Alimentari”, realizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down di Belluno) per la provincia di Belluno. Gli ospiti, pur sotto l’ombrello, hanno voluto salutare e ringraziare le squadre premiate per l’impegno profuso nel sociale: dai rappresentanti istituzionali, Andrea De Checchi (Assessore allo Sport del Comune di Treviso) e Paolo Speranzon (Assessore allo Sport della Provincia di Treviso e Sindaco di Motta di Livenza), ai vertici della Federcalcio veneta, nelle persone del Presidente Giuseppe Ruzza e dei Consiglieri regionali Ennio Filippetto (Treviso) e Maurizio Giacomelli (Belluno), passando naturalmente per Telecom Italia, rappresentata localmente da Gianpietro Toninato, Responsabile Trade Marketing Sales Consumer dell’area Nord Est. Sorridenti e soddisfatti gli “ambasciatori” del calcio locale, due grandi ex della storia recente del Treviso: Luigi Beghetto e Giovanni Bosi. Finita la premiazione, come per magia il cielo ha ascoltato le suppliche e la voglia dei bambini di giocare…..e finalmente, dopo aver ricevuto in premio un pallone da calcio ciascuno, il fiume di bimbi ha dato vita ad alcune partitelle sul campo sintetico allestito in Piazza dei Si- gnori. Cori da stadio, tante risate e qualche gol hanno dato così il tocco finale ad una bellissima giornata all’insegna dello sport e dell’amicizia. Bilancio finale più che positivo, dunque, per TIM Together in Veneto: non solo per la perfetta riuscita di tutti e quattro gli eventi di premiazione (i primi tre si sono svolti a Marghera, Verona e Padova), ma soprattutto per il grande entusiasmo con cui le Società hanno aderito al contest, dimostrando quanto il calcio dilettanti veneto sia impegnato nel sociale. Grazie a tutti….ancora una volta si è riusciti a dimostrare che qui batte un grande cuore, quello del calcio e della solidarietà a tutti i livelli. Uno scatto della festa a Treviso (Foto Archivio) www.professionecalcio.eu 21 Vincolo di giustizia o clausola compromissoria www.studiolegaledelre.it Dal campo al foro [email protected] Rubrica a cura di Guido Del Re C on vincolo di giustizia o clausola compromissoria, viene intesa quella disposizione rinvenibile negli statuti delle federazioni sportive che impone ai singoli tesserati e agli affiliati di risolvere le controversie che li coinvolgono attraverso la giurisdizione domestica e quindi sportiva. Il suddetto vincolo, come anticipato, è inserito nella maggioranza degli statuti federali, tra i quali l’ordinamento sportivo calcistico. Nello statuto della FIGC, il vincolo si concretizza nell’ impegno per tutti i tesserati di aderire alla regolamentazione e di accettare l’efficacia dei provvedimenti adottati. Il vincolo di giustizia comporta quindi l’accettazione delle norme e dei provvedimenti emanati dall’associazione e, conseguentemente, la preclusione di ricorrere alle autorità diverse da quelle sportive pena l’irrogazione di sanzioni. In determinate fattispecie, qualora il tesserato voglia ricorrere alla giustizia ordinaria, deve obbligatoriamente chiedere la deroga alla federazione di appartenenza. Lo scopo delle federazioni sportive è quello di garantire una rapida ed efficace risoluzione delle controversie sportive escludendo le lungaggini processuali dell’ordinamento statale. Queste sono sinteticamente le caratteristiche del cosiddetto vincolo o clausola compromissoria sul quale si è espressa più volte la Suprema Corte di Cassazione. La stessa Corte ha, più di una volta, affermato l’illegittimità del vincolo di giustizia inteso in senso assoluto riconoscendo per converso, sempre e comunque, il diritto di adire la giurisdizione dello stato. In buona sostanza, nulla impedisce, quanto meno a rigor di principio, di adire direttamente l’autorità statale senza che, previamente, venga adito il giudice sportivo. Questo perché si è sì tesserati ad una Federazione ma si è anche cittadini dello Stato Italiano. A tal proposito, qualche doveroso accenno merita la legge n. 280 del 2003 che individua ed indica espressamente le questioni riservate alla giustizia sportiva, precisando la competenza delle materie per le quali i tesserati ed affiliati hanno il dovere e l’obbligo di adire gli organi di giustizia propri dell’ordinamento sportivo. Con il c.d. decreto “Salvacalcio”, convertito appunto con la legge n. 280 del 2003, lo Stato ha sancito l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, ad eccezione delle situazioni giuridiche soggettive che siano rilevanti per l’ordinamento statale. In particolare, l’art. 2 della suddetta legge riserva all’ordinamento sportivo l’osservanza e l’applicazione delle norme re- golamentari, organizzative e statutarie allo scopo di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive. Altra materia nella quale la società, l’associazione e i loro affiliati, hanno l’obbligo di adire esclusivamente gli organi sportivi è quella relativa a tutti quei comportamenti rilevanti dal punto di vista disciplinare compresa l’irrogazione delle conseguenti sanzioni sportive. E’ evidente, pertanto, come l’intento del legislatore sia stato quello di riservare alla cognizione esclusiva della giustizia sportiva quelle materie (tecniche e disciplinari) che risultino prive di rilevanza e/o interesse per l’ordinamento statuale. L’art. 3 della legge in esame, infine, attribuisce ai soggetti sportivi la facoltà di adire anche il giudice ordinario per ciò che riguarda le controversie cosiddette economiche (rapporti patrimoniali tra le società, associazioni ed atleti. Proseguendo nella lettura della norma si evince la volontà di devolvere quelle controversie aventi ad oggetto atti del Coni o delle federazioni sportive (e non riservate alla giustizia sportiva in via esclusiva, come previsto ex art. 2), alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio, con sede in Roma), a condizione che siano esauriti tutti i gradi della giustizia sportiva. numero2013- 23 - 04maggio aprile 2013 numero 2013 22 22 Riprende il processo Calciopoli a Napoli Volontà di fare giustizia o insabbiare tutto ancora? Paola Cicconofri Rubrica C ose su cui riflettere. Accettare il verdetto del campo sarà mai possibile in Italia? Perché dopo aver snobbato la premiazione della Supercoppa Italiana, l’eclettico Presidente del Napoli sconfessa anche la vittoria scudetto della Juventus. Ha dichiarato in merito: “La Juve vince? Secondo me perde. Perché vincere buttando i soldi dalla finestra e fregandosene del Fair Play finanziario... Se non esiste il Fair Play finanziario, che è una regola...”. Parole molto vicine a quelle dell’ex tecnico Mazzarri che all’indomani della qualificazione matematica alla Champions League aveva ripetuto con la solita insinuazione: ”la Juventus? “se si valutano certi parametri lo scudetto l’ha vinto il Napoli... la matematica non è un’opinione”. Le solite esternazioni prestate alla mercé della stampa e buone per il tifoso da bar sport che non aspetta altro che avere una scusa per giustificare una mancata conquista. Ci troviamo sempre più spesso a ripetere un concetto basilare: se l’esempio per la crescita di una cultura sportiva deve arrivare da chi si para dietro battutine per strappare qualche applauso dalla folla, allora possiamo dormire sonni tranquilli. La situazione non potrà che peggiorare e magari sfociare negli eccessi, a volte anche violenti, che sempre più spesso riempiono le cronache sportive. Riprende a Napoli il processo di appello del rito ordinario per gli imputati di calciopoli con il suo carico di dubbi e di incertezze, legati a un’inchiesta che non ha mai convinto del tutto. Il primo atto sarà un rinvio di una settimana per difetto di notifica. Molti sono gli aspetti da chiarire, dall’affidabilità dell’attribuzione delle sim svizzere operata da Di Laroni manualmente; del perché molte intercettazioni, pur baffate dai carabinieri del nucleo investigativo di via Inselci, furono totalmente ignorante impedendo di fatto che lo scandalo si allargasse coinvolgendo molte altre big del campionato come Milan e Inter. Non dimentichiamo il famoso pc di Tavaroli, che fu arbitrariamente ispezionato a Roma, come emerso dagli atti del processo Telecom, di cui non esisterebbe il verbale dell’ispezione (perché?). E ancora, fu l’Inter a dare l’input agli spionaggi illegali sul calcio? E perché non è stata mai accolta la richiesta del famigerato modello 45 più volte effettuata dalla difesa dell’ex fischietto Massimo De Santis? Situazioni che si andranno ad intrecciare con nuove intercettazioni inedite che, a detta degli avvocati della difesa, aiuteranno a capire ancor meglio l’anomalia di una condanna che lascia ancora oggi molte perplessità. Sempre che l’intento ultimo sia quello di fare giustizia e non solo di continuare ad insabbiare… Le riforma della giustizia sportiva, annunciata in concomitanza della campagna elettorale legata al rinnovo delle cariche federali e del Coni, langue. L’inchiesta sul calcioscommesse è lontana dall’essere chiusa. Anzi, Mauri, il giocatore laziale coinvolto nella maxi inchiesta della procura di Cremona, ha potuto tranquillamente disputare l’intero campionato. Situazione che si contrappone a chi è stato meno fortunato ed ha perso contratto e possibilità di giocare per mesi, per poi vedersi riconosciuta l’innocenza e la conseguente infondatezza delle accuse. Non è solo la sfortuna ad aver inciso in modo così determinate sui destini dei diversi atleti… Arriva anche, a conferma della maturità del nostro campionato, quello che i poltronati definiscono come un “movimento che sa continuamente innovarsi”, un mercato allenatori che interessa mezza serie A... Chiude il campionato non senza polemiche. La direzione dell’arbitro Bergonzi, designato per Siena-Milan ha suscitato più di una perplessità tra i giocatori viola che hanno rilasciato commenti eloquenti alla fine della gara. Gonzalo su Twitter: “Se dico quello che penso non giocherò più in Italia…”; Juan Cuadrado: “Increíble los arbitrajes en Italia”. Incredibile veramente! Stefano Mauri, capitano della Lazio: nonostante l’inchiesta in corso su di lui e l’arresto ha disputatotranquillamente tutto il campionato, a differenza di molti altri colleghi (Foto Archivio) www.professionecalcio.eu 23 Libertas già in finale L’atto conclusivo del campionato è previsto il 27 maggio alle ore 21 a Serravalle La partita in differita giovedì 30 maggio alle 19.35 su Professione Sport TV (ch.820 Blu Sky) Campionato sammarinese A cura di Flavio Grisoli [email protected] S iamo ormai agli sgoccioli per quanto riguarda la stagione 20122013 a San Marino. Si conosce infatti già il nome della prima finalista del campionato, la Libertas che, nella semifinale contro il La Fiorita campione di Coppa si è imposto per 1-0. Partita combattutissima e decisa solo al minuto 81 grazie alla rete messa a segno da Gian Luca Morelli. Nello scontro tra “ripescate” (lo schema qui sotto esemplifica una spiegazione che a parole sarebbe complicata), il Tre Penne campione in carica coltiva ancora speranze di mantenere il titolo dopo aver battuto nientemeno che la Folgore per 2-0. Risultato “bugiardo”, nel senso che le due reti dei biancazzurri sono arrivate negli ultimi dieci minuti di partita con Cibelli e Valli, sicuramente due degli uomini più pericolosi dell’undici che questa sera si troverà di fronte proprio il La Fiorita nell’ultimo match di ripescaggio. Si gioca alle 21 al campo di Montecchio. Chi vince, accederà alla finale che si giocherà lunedì 27 allo Stadio Olimpico di Serravalle con calcio d’inizio alle ore 21. Le telecamere di Professione Sport TV saranno presenti e proporranno l’incontro in differita giovedì 30 alle ore 19.35 sul canale 820 Blu della piattaforma Sky.