All’interno le rubriche di
Dal Campo al foro
Movimento per la liberazione dell’AIA
Luca Marelli, Paola Cicconofri
Campionato sammarinese
771593 630059
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ISSN 1593-6309
80020
IL SETTIMANALE DI A, B, LEGA PRO, D, CALCIO FEMMINILE E CALCIO A 5
ANNO 5 - N° 20 - 23 maggio 2013 - 1€
Turrissima!
I corallini si prendono la Coppa Italia di Serie D: Porto Tolle ko 3-1
servizio a pagina 17
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33
Il razzismo ad personam è degli sciocchi
Editoriale
n° 20
di Flavio Grisoli
[email protected]
Ne abbiamo viste (e ne vedremo) tante
in questo Paese assai bislacco, fuori dagli schemi (semplicemente perché non
ce ne sono), schizofrenico, pazzoide,
ma meraviglioso. Ora ci troviamo anche
a fronteggiare una particolare forma di
disapprovazione nazionale verso una
persona. Non è un ex capo di governo e
leader indiscusso di una coalizione parlamentare, ma un giocatore di calcio. A
memoria non mi sembra che si sia mai
scatenato un fervore da parte delle curve
di tutta Italia contro un singolo giocatore,
peraltro pilastro offensivo della Nazionale. Una particolarità, questo ragazzo
è di colore. Sapete benissimo a chi mi
sto riferendo, quindi non c’è bisogno che
faccia il nome. L’obiettivo di queste poche righe è cercare di capire come mai ci
sia questo rigetto, questo rifiuto, questo
livore verso una sola persona. Una sola.
Si parla di cori razzisti, ululati (ieri sera
all’Olimpico di Roma nel secondo tempo
della gara Roma-Napoli, dalla curva Sud
dei sostenitore giallorossi sono partiti cori
contro questo ragazzo, che stava giocando a Siena) scimmieschi. C’è da dire
che c’è vecchia ruggine fra l’attaccante
in questione e la tifoseria della Roma, fin
dai tempi in cui giocava nell’Inter. Provocatoriamente, dopo un gol, irride gli avversari e zittisce il settore ospiti facendo
la linguaccia. Sappiamo bene quanto,
nella psicologia contorta e poco condivisibile a volte degli ultrà, un gesto come
quello possa essere un marchio a fuoco
Reg. del Tribunale di Roma n° 44/2013
impossibile da cancellare. Da quel giorno, ogni occasione è diventata buona per
fischiarlo ed insultarlo. Nulla di condannabile, succede in tutti gli stadi d’Italia. Il
capitano della Roma Francesco Totti è fischiato praticamente ovunque e insultato
in ogni maniera, ma di certo non si parla
di razzismo o di intolleranza. Il “caso” relativo a questo ragazzo di colore è stato
creato anche dalla stampa, non necessariamente sportiva, che ha creato intorno a lui un’aurea particolare, anche in relazione alla sua poca tranquillità interiore.
Dovrebbe chiedersi perché, e lo fece in
Inghilterra: “Why always me?”, stampato
su una maglietta mostrata dopo un gol.
Perché sempre tu? Perché sei un campione, e i campioni delle squadre avversarie sono sempre stati fischiati. Sempre.
Perché sono temuti. Perché sei spalvado, un guascone. E un comportamento
così si paga con le curve. Lo hai sempre
saputo. Non perché sei di colore. Succede solo con te. Il razzismo ad personam
lascialo agli sciocchi. Dimostra di essere superiore. Non ti lasciar trascinare in
queste stupide polemiche. Non sentirle
le curve. Lì non aspettano altro che vederti nervoso, reagire, uscire dal campo.
La pelle non c’entra. Si tratta di una battaglia fra degli sciocchi che cercano solo
visibilità attraverso la destabilizzazione, e
un ragazzo che è patrimonio del calcio
italiano. Quei fischi, quei “buu”, sono di
paura. Finché continuerai a sentirli, vorrà
dire che sei più forte degli altri.
Direttore Responsabile
Flavio Grisoli
email: [email protected]
Amministrazione
via Carlo Emery, 47 - 00188 Roma
Tel/Fax 06.5000975
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Caporedattore
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Direttore Editoriale
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In redazione
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Hanno collaborato
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Luca Marelli, Paola Cicconofri
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Realizzazione Grafica
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numero 20 - 23 maggio 2013
Champions’, Coppa Italia e play-off Serie B
A cura di Gianluca Boserman
[email protected]
SCOMMETTI CON NOI
D
ue finali fratricide e play-off che
non mancheranno di emozionare
ed appassionare anche chi non è tifoso delle squadre in ballo. Partiamo
dalla finale per eccellenza nello stadio per eccellenza: l’ultimo atto della
Champions League 2013 vedrà di
fronte il Borussia Dortmund ed il Bayern Monaco. I bavaresi, alla terza finale negli ultimi 4 anni, sentono che
potrebbe essere giunto il momento
per il Grande Slam. Già intascata la
Bundesliga, con la finale di Coppa di
Germania che li vede nettamente favoriti contro lo Stoccarda, cercano l’alloro più importante, che non alzano da
12 anni, da quando cioè sconfissero il
Valencia ai rigori. Lahm e soci non co-
noscono sconfitta dal 13 marzo quando vennero piegati dall’Arsenal nella
gara di ritorno degli ottavi: da allora,
tra campionato e Champions, i ragazzi
di Heynckes hanno messo insieme 12
vittorie ed un pareggio. Una macchina
da guerra impressionante che merita il
2. Il Borussia Dortmund però non vuol
esser da meno e, sebbene abbia subito un passaggio a vuoto nell’ultimo
mese, ha molte frecce al suo arco.
Lewandoski, Santana, e soprattutto
Marco Reus vogliono regalare la Coppa con le Orecchie a Klopp prima di
una mini rivoluzione in casa giallonera. L’OVER 2,5 non è da sottovalutare così come l’ipotesi GOAL, tutte
scommesse molto probabili. Da uno
scontro fratricida ad un derby attesissimo. Roma e Lazio domenica sera si
contenderanno la Coppa Italia ed un
posto in Europa League. Per la prima
volta la coppa nazionale sarà una questione tra le due compagini capitoline.
Giallorossi più altalenanti e biancocelesti non al top: potrebbe scapparci un
UNDER 2,5 vista la grande posta in
palio. Ma anche la DOPPIA CHANCE
IN/OUT non è da escludere. Infine i
play-off di serie B. Livorno ed Empoli
si son classificate meglio nei confronti di Brescia e Novara e partono con i
favori del pronostico ma i piemontesi
sono in forte ascesa quindi non escluderemmo una finale tra i granata di Nicola ed i ragazzi di Aglietti.
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numero 20 - 23 maggio 2013
Cosentino: “La Serie A fra due anni a 14 squadre”
Il vicepresidente della LND con delega al calcio femminile traccia il bilancio di fine anno
“Bisogna investire sui settori giovanili, le società devono capire che si parte da lì”
di Germana Condò
[email protected]
A
distanza di alcuni mesi dall’istituzione del Dipartimento di Calcio
Femminile, e in vista delle elezioni
del nuovo consiglio nel mese di luglio,
il Vicepresidente della LND Antonio
Cosentino traccia un bilancio di questo periodo di transizione per il calcio
in rosa, analizzando le problematiche
affrontate dalle società e riflettendo
sulle possibili soluzioni da adottare
nei prossimi mesi. Molti tra i presidenti
delle società, primo tra tutti Leonardo Marras della Torres, ritengono che
un campionato di Serie A con sedici
squadre sia insostenibile, soprattutto
in considerazione della situazione in
cui versa il calcio femminile italiano.
L’ideale sarebbe un campionato a dieci, dodici squadre al massimo. Non
concorda con questa seppur diffusa
opinione Cosentino, il quale sostiene:
«Per come è organizzato il mondo dilettantistico in Italia, non si può pensare di diminuire il numero delle squadre,
altrimenti si dovrebbe ragionare solo in
termini di campionato amatoriale, così
come accade in Europa. Il numero ridotto di squadre - spiega - creerebbe
problemi per gestire le promozioni e le
retrocessioni. Si potrebbe pensare di
ridurre a due le squadre promosse a
livello regionale. Ma poi che cosa farebbero le società che partecipano a
questi campionati? Forse, il numero
perfetto sarebbe quattordici. Posso
anticipare che tra due stagioni sarà
proprio questo il numero delle società
che parteciperanno al campionato di
Serie A». In effetti, a livello dilettantistico, non esiste in Europa un’altra
realtà simile a quella italiana. E all’obiezione che la classifica è la conferma più evidente dello squilibrio del
livello delle squadre, il Vicepresidente
LND risponde: «Questo accade anche
con il campionato maschile, in cui non
si può certo dire che le retrocesse di
quest’anno siano state al livello della
Juventus». È il mondo del calcio italiano, maschile o femminile che sia. La
questione economica accomuna tutti.
Chi può investire di più, ottiene risultati
superiori. Inoltre, chi ha alle spalle un
settore giovanile importante, ha buone
chance in più di mettere su una grande squadra. «Purtroppo da noi poche
società hanno un settore giovanile - riflette Cosentino - e non capiscono che
per aver ragazze brave in squadra, bisogna partire da lì». La novità per la
prossima stagione sarà la soppressione della Serie A2 e il ritorno alla Serie
B, scomparsa dal 2011 nel panorama
dei campionati. «È stato un passaggio
quasi obbligato quello alla Serie A2 spiega Antonio Cosentino - voluto dalle
regioni a statuto speciale, le quali per
giocare un campionato di livello superiore, davano maggiori contributi. L’anno successivo ci siamo trovati senza la
partecipazione delle società appartenenti a queste stesse regioni e senza i
relativi contributi». Ancora non è chiara
l’organizzazione dei gironi, dipenderà
dalla partecipazione e dalle iscrizioni
delle società sportive. Certamente bisognerà mettere le società sportive in
condizioni di potersi iscrivere al campionato nazionale che, per chi esce
dal regionale risulta troppo costoso e
spesso rinuncia per motivi economici
a far esprimere le proprie atlete in un
campionato maggiore.
Antonio Cosentino
(Foto Archivio)
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La “Rosea” invade il campo: Abete tace
Se non noi, chi?
Movimento per la liberazione dell’AIA
dello sport, ovviamente, non mancano i riferimenti agli arbitri ed al
loro sistema, che, sempre di più, è
un autentico sistema di potere (se
non di potere, di cosa?), altro che
di garanzia della regolarità dei campionati. “Tecnologia, non soltanto
sul gol fantasma”: una bocciatura,
senza appello, degli assistenti sottrazionali. “Riforma della giustizia
sportiva”. Noi aggiungiamo: cancellazione immediata delle discrezionalità indecorose, che minano la
credibilità, già ai minimi storici, già al
di sotto dello zero, di un’organizzazione che è considerata connotata
da autentica, micidiale ingiustizia
“
“
Nella pubblicazione della Gazzetta
C
i sia consentito di festeggiare un primo traguardo: le prime cinquanta
“puntate” del nostro Movimento per la liberazione dell’A.I.A. Se non festeggiare,
commemorare: per ora, c’è ben poco da
stare allegri, con questa Federazione Calcio e questo po’ po’ di A.I.A. che abbiamo
sotto gli occhi. Forse, di queste puntate
faremo una pubblicazione natalizia (che
comprenderà, com’è ovvio, anche quelle
fino all’ultima decade di dicembre). Certo, non siamo riusciti ancora a liberarla,
quest’Associazione che dissocia i dissidenti, quest’aggregazione che disgrega i
dissenzienti, queste casacche variopinte
su volti di arbitri, assistenti, quarti ufficiali
di gara e sottrazionali (questi ultimi, poi,
che invenzione prelibata, come diceva il
barbiere di Siviglia) sempre affilati, sempre tirati, sempre tristi, mai sorridenti. Casacche variopinte, non più nere: l’unico
aspetto di non-tristezza e non-cupezza,
ma solo sotto il profilo cromatico. Un bel
passo avanti, nella direzione della non-antipatia arbitrale: ma di Tullio Lanese, non
certamente di Nicchi & Pisacreta. Si diceva: non siamo riusciti a liberarla, l’A.I.A.
Nic & Pis avranno sorriso, riso, si saranno
scompisciati dalle risate, pensando, nella
loro ciclopica presunzione: “Non ci riuscirete mai”. La risposta è semplice. È quella
che si gridava già nel Novecento: “Non
esistono liberatori, ma soltanto popoli che
si liberano”. Lo proclamò anche (ma non
fu il primo) un personaggio, Che Guevara, che dovrebbe stare molto a cuore, ai
post-comunisti Nic & Pis. Ma, ben si sa,
ai post-comunisti piacciono i proclami che
fanno comodo, non quelli che potrebbero imbarazzare. Sia come sia, il popolo
dell’A.I.A. si libererà da solo, quando lo
vorrà. Quando si sarà sottratto alla viltà
(se non viltà, cosa?) odierna. Quando non
sarà più atterrito ed inchiodato dal terrore del deferimento disciplinare. Quando
uno statuto federale più genuino, meno
incoerente e più digeribile di quello Juniornapolitanico (ma a che è servito?) cancellerà, finalmente, la vergogna, che ancora
oggi persiste: la cosiddetta giustizia (ad)
domestica(ta) arbitrale. Un istituto antigiuridico, anti-democratico, che, oltre a
sfregiare la logica, corrode e corrompe la
dignità personale degli associati all’A.I.A.
Ma che volete, Napolitano Junior si sarà
distratto… Questa micidiale (in)giustizia
domestica tiene imbrigliati, imbavagliati,
ingessati, mummificati tutti gli arbitri e dirigenti arbitrali. È una (in)giustizia interna,
che condanna senza pietà chi osa denunciare con la propria firma e che - indirettamente, ma con messaggio che più chiaro
non si può - propizia, promuove, incentiva
le lettere anonime, il massimo dell’antilealtà sportiva, la sublimazione della contraddizione in termini, l’esaltazione della
delazione, della “soffiata”. Magari architettata, se non addirittura auto-spedita,
come faceva il maresciallo dei Carabinieri ne “Il giorno della civetta” di Leonardo
Sciascia, una delle rarissime coscienze
civili della nostra Nazione. Eccolo, un liberatore: lo scrittore di Racalmuto, colui
che, animo nobile, si opponeva ai “professionisti dell’antimafia”, colui che avrebbe
avuto come bersaglio fisso (e non mobile)
Antonio Ingroia, per citarne uno. Anche
Sciascia fu, e ti pareva, “vox clamantis
in deserto”. Il popolo italiano non voleva
liberarsi. E non si è liberato ancora. Ma
giorno verrà, presago il cor mel dice… (se
non il cuore, cosa?). E, Nic & Pis, Abete
di lattice compreso, ne siano certi: non
sarà un giorno lontano. Dalla liberazione
alla dignità, il passo è breve. Eccoci, dunque, a una sorpresa editoriale, “Il calcio
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che vogliamo”, un opuscolo pubblicato
dalla Gazzetta dello Sport sabato scorso,
in omaggio accluso al magazine settimanale della “rosea”. Dal sommario: “Le tre
cose da fare per salvare il calcio italiano”;
“I conti di un sistema malato”; “Le 10+1
proposte per cambiare il calcio italiano”;
“Ecco il calcio che vogliamo”. Ma, dico, lo
immaginate, un libretto del genere, nell’era Matarrese, o Carraro? Certo che no. Il
fatto è che dell’erba molle… con quel che
segue. È inutile anche pensarci, perderci
un attimo di tempo: il soffice Abete non
risponderà, non replicherà, si rincantuccerà, resterà in silenzio, farà finta di non
aver letto. Il suo ufficio stampa, rassegna
stampa inclusa, se ne starà inerte. Insomma, siamo arrivati al punto di non ritorno:
i suggerimenti diretti, dall’esterno. Come
se non ci fosse (ma, in effetti, non c’è)
un governo interno. Che vuol dire, tutto
ciò? In primo luogo, che il calcio ha perso l’iniziale maiuscola e, se continua così,
perderà anche la minuscola. Che la situazione è drammatica (“salvare il calcio”;
“cambiare il calcio”; “un sistema malato”).
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Che in Federazione Calcio non c’è guida
e, quindi, bisogna intervenire dall’esterno.
Nella pubblicazione della Gazzetta dello
sport, ovviamente, non mancano i riferimenti agli arbitri ed al loro sistema, che,
sempre di più, è un autentico sistema di
potere (se non di potere, di cosa?), altro
che di garanzia della regolarità dei campionati. “Tecnologia, non soltanto sul gol
fantasma”: una bocciatura, senza appello, degli assistenti sottrazionali. “Riforma
della giustizia sportiva”. Noi aggiungiamo:
cancellazione immediata delle discrezionalità indecorose, che minano la credibilità, già ai minimi storici, già al di sotto dello
zero, di un’organizzazione che è considerata connotata da autentica, micidiale
ingiustizia. Urbano Cairo, presidente del
Torino, ha spietatamente indicato l’obbligo della moviola in campo, che “darebbe
maggiore credibilità e trasparenza”. L’ha
confermato Antonio Percassi, presidente
dell’Atalanta. Quanto ai lettori, sono stati,
manco a dirlo, molto più diretti. Uno (“SamuBruz”) ha addirittura scritto: “Tutto ciò
che è sporco è da cambiare: dai presi-
denti all’organizzazione dell’arbitraggio”.
Hai letto, Nicchi? Hai letto, Pisacreta? Vi
suggeriscono qualcosa, queste parole?
Credete che siano le uniche? No, tutt’altro. Qualcuno ha scritto: “Vorrei più arbitri capaci di fare il loro lavoro”. Un altro,
ancora, ha auspicato: “Un calcio senza
trucchi e senza sudditanze” (con il termine “sudditanze” a chi si riferisce, se non
agli arbitri?). Un altro ha ironizzato sulla
pulizia del calcio. Conclusione: la “Gazzetta” ha invaso il campo. Ma l’ha invaso
perché, da Abete in poi, nessuno ha dato
più l’idea di volerlo difendere, salvaguardare, tutelare, questo campo. Se non c’è
governo, subentra l’anarchia. È questo il
rischio, ormai immanente ed imminente.
Abete & Compagnia cantante non se ne
accorgeranno. Ne resteranno, prima o
poi, travolti. Peggio per loro. Meglio per
il calcio. Meglio perfino per l’A.I.A. Vorrà
dire che, se non l’avrà liberata il Movimento, se non si sarà auto-liberata, si svincolerà da lacci e lacciuoli per via indiretta:
quando tutto sarà crollato intorno a Giancarlino (copyright Aldo Grasso) Abete.
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La finale di Wembley e l’orgoglio di essere arbitri
Luca Marelli
Rubrica
S
abato prossimo, come ampiamente
annunciato qualche settimana orsono, l’Italia arbitrale sarà orgogliosamente
davanti alla televisione per sostenere cinque ragazzi impegnati nella direzione della
finale di Champions’ League tra Bayern
Monaco e Borussia Dortmund. Sono anni
che Nicola Rizzoli, con i fidi scudieri di mille
gare internazionali Andrea Stefani e Renato Faverani, attendeva questa gara, che
ha inseguito con impegno e costanza, inanellando una serie infinita di prestazioni ad
altissimo livello. Già lo scorso anno, come
confermato recentemente dallo stesso
designatore UEFA Pierluigi Collina, Nicola
avrebbe dovuto dirigere la finalissima dei
campionati Europei a Kiev. In realtà venne
poi designato Pedro Proença della federazione portoghese poiché l’Italia arrivò, con
una certa sorpresa, all’atto finale con la
Spagna. Ha dovuto attendere undici mesi
prima di assaporare, finalmente, il profumo
della grande occasione ma credo che ne
sia valsa la pena: entrare da arbitro centrale sul mitico prato della stadio di Wembley
sarà un’emozione unica che personalmente non riesco nemmeno ad immaginare. In
questa rubrica ho spesso sollevato il velo
su tante contraddizioni e tanti episodi di cattiva gestione dell’Associazione senza mai
oltrepassare i limiti della delazione fine a sé
stessa, cercando di far comprendere i principi sui quali dovrebbe fondarsi un ente basato, in gran parte, su un servizio volontario
remunerato con un rimborso spese spesso
inadeguato. Ho segnalato azioni disciplinari
“ad personam” senza essere mai smentito, ho ritenuto corretto evidenziare anche
i buoni risultati ottenuti in tema di aumento delle diarie perché sono convinto che si
possa essere onesti oppositori di una dirigenza che, obiettivamente, si sta mostrando propositiva, purtroppo non riuscendo
ad abbandonare la vena vendicativa nei
confronti di coloro che si permettono si sollevare la seppur minima critica. In questa
circostanza ritengo sia necessario evidenziare un risultato assolutamente straordinario per tutto il mondo arbitrale italiano. Sono
passati 13 anni dall’ultima designazione
tricolore per la finale di Champions’ Lea-
gue, quando Stefano Braschi (attualmente
designatore della CAN A) scese in campo
per dirigere l’ultimo atto tra Real Madrid e
Valencia, anche allora un derby, dopo che
l’anno precedente la finale venne diretta da
Pierluigi Collina al Camp Nou (la famosa
Manchester United-Bayern Monaco). Sabato toccherà a Nicola Rizzoli, designato
da Collina e gestito in ambito nazionale da
Braschi, ed anche a lui toccherà un derby,
questa volta tedesco tra le due formazioni
che si sono dimostrate nettamente superiori alle concorrenti durante questa edizione
di Champions’. Con Rizzoli scenderanno
in campo, nel ruolo di addizionali, Gianluca
Rocchi e Paolo Tagliavento, reduci da due
stagioni completamente differenti: il primo
chiude con questa gara un anno eccellente che lo ha visto tornare ai livelli abituali, il
secondo chiude a Londra dopo un campionato irto di difficoltà ma consapevole di
godere di grande fiducia per le sue innegabili capacità. La speranza è che questo
appuntamento sia utile per cominciare la
fase di recupero del direttore di gara umbro e per poter ricominciare ad ammirarlo
in prestazioni adeguate al suo talento. Ovviamente, e nel solco della cultura (poco)
sportiva italiana, in questi giorni alcune voci
sostengono che la designazione non sia
basata su un merito acquisito sul campo
ma sia il frutto di una scelta personale del
designatore Collina, bolognese come Rizzoli. Questa insinuazione era, francamente, scontata ma non ho timore a definirla
altrettanto insensata. Abituati come siamo
a leggere ed ascoltare polemiche infinite,
ormai gran parte dell’opinione pubblica si è
convinta che i nostri arbitri siano realmente
scadenti. Nulla di più falso. La dimostrazione che troppo spesso ci si basa su convinzioni fallaci ci viene fornita proprio dalle
graduatorie UEFA (ove la trasparenza non
è un optional ma la normalità) in cui compaiono ben tre arbitri italiani nella categoria
Elite (la fascia più elevata in assoluto), caso
unico in tutto il panorama europeo. Rizzoli,
in particolare, ne fa parte da ormai 4 stagioni e solo circostanze particolari gli hanno
impedito di essere scelto per le gare decisive (come precedentemente segnalato, a
titolo di esempio, in occasione dell’Europeo
in Ucraina). In sostanza non si tratta di una
scelta basata sull’amicizia ma di un meritato riconoscimento delle qualità evidenziate
in tante stagioni. E non è nemmeno un
caso (sebbene pochi lo sappiano perché
si preferisce sempre minimizzare le qualità
dei nostri ragazzi) che ben due terne (Rizzoli, Faverani e Stefani; Rocchi, Cariolato
e Di Liberatore) siano state preselezionate
per i mondiali che si svolgeranno in Brasile nell’estate del 2014. E, ancora, che lo
stesso arbitro bolognese sarà impegnato
il mese prossimo nel mondiale Under 17,
una delle competizioni a cui la FIFA riserva grandissima attenzione. In sostanza
la scuola italiana, come peraltro ormai da
decenni e sulla tradizione di straordinari predecessori come Agnolin, Lo Bello,
Lanese, Pieri, Collina, Braschi, Rosetti e
Farina, continua a confermarsi ai massimi
livelli. Sarebbe forse il caso, chiuso il campionato tra mille polemiche (e sul quale ci
soffermeremo la prossima settimana dopo
la disputa dell’ultimo atto della Coppa Italia),
onorare nel giusto modo i meriti acquisiti a
livello internazionale da coloro che continuo
a considerare miei colleghi. Perché questi
ragazzi non rappresentano solo l’Associazione Italiana Arbitri nel mondo ma tutto il
calcio italiano. E devono essere un orgoglio
nazionale come lo sono per tutti i 33000
associati che, sabato, sorrideranno davanti alla televisione sognando di arrivare, un
giorno, al posto di Nicola, di Andrea, di Renato, di Paolo e di Gianluca…
Nicola Rizzoli
(Foto Archivio)
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numero 20 - 23 maggio 2013
Coppa Italia: tutto su Verona-Torres
Panico: “Le motivazioni faranno la differenza”
pagine a cura
di Germana Condò
[email protected]
L
’atleta più nota nell’attuale panorama
del calcio femminile italiano, Patrizia
Panico, attaccante della Torres vincitrice del campionato 2013, ci racconta la
stagione vissuta con la squadra sarda
e i prossimi impegni con la Nazionale di
Cabrini in vista del Campionato Europeo.
Questo scudetto rappresenta per te un
ulteriore premio in una carriera già ricca di successi. «Quando si vince non si
pensa tanto al riconoscimento personale
quanto a condividere il momento con la
squadra e festeggiare insieme. La vittoria
passa attraverso il sacrificio e l’impegno
condiviso con tutte le ragazze». Sembra
che il calcio femminile stia crescendo, il
campionato quest’anno è stato movimentato. Anche voi avete avuto momenti
di incertezza. «Magari! Mi piacerebbe
fosse così. Credo che ogni squadra nel
corso di una stagione abbia dei picchi
di forma come momenti di forma non
ottimale». Ci vuoi fare un bilancio della
stagione fino ad oggi? «Nel nostro caso
è successo che alcune giocatrici non
fossero in forma proprio nel momento
clou del campionato. Abbiamo anche
disputato la Champions League fino a
marzo, e questo ci ha stancate molto.
Tanti sono i fattori che possono non far
vincere tutte le partite. La Torres ha disputato un campionato stupendo e più
di questo non poteva fare. Giustamente
ha vinto lo Scudetto, nonostante il Tavagnacco che comunque ha disputato una
stagione fantastica. La differenza è che il
Tavagnacco ha pareggiato diversi scontri
diretti che noi abbiamo vinto». Capitolo
Coppa Italia. Giocherete la semifinale
sabato (diretta televisiva a partire dalle
15.50 su Professione Sport TV, canali
820 e 826 Blu della piattaforma Sky) contro il Bardolino Verona. Tu conosci anche
alcune giocatrici che sono convocate
con te in Nazionale. A chi dovrete stare
più attente? «Sono le motivazioni che
fanno da ago della bilancia in queste partite. E sicuramente ognuna delle squadre
arrivate in semifinale ne ha di diverse. È
una gara secca, in novanta minuti si decide tutto e anche una squadra dai valori
minori può vincere. Da un lato anche il
Verona ha dei grandi valori individuali,
Gabbiadini su tutti, dall’altro ci siamo noi
che rischiamo di essere appagate dallo
Scudetto e di arrivare più rilassate. Fermo restando che la Torres ha l’esperienza giusta per affrontare una semifinale
di Coppa Italia anche dopo la vittoria del
campionato. Inoltre, quest’anno siamo
fisicamente più brillanti e nei due scontri
con il Verona abbiamo sempre vinto noi».
Poi ci sono gli impegni con la Nazionale.
Siete reduci dallo stage di Coverciano, in
vista dell’Europeo. Come avete lavorato? E come ti trovi con Cabrini? «Bene,
ma non solo con lui. Tutto lo staff è di
altissimo livello. Non so dire dove l’Italia
potrà arrivare, perché ogni anno mi trovo davanti ad altre nazionali che sono in
continuo progresso. Tu fai tre passi e loro
ne hanno fatti dieci». Che vi ha insegnato
la recente esperienza di Cipro? «Ne siamo uscite a testa bassa e ridimensionate. Abbiamo visto nazionali come Scozia
e Inghilterra crescere sorprendentemente in pochi anni. Bisogna cambiare. Per
fare questo abbiamo provato a partire
da una buona programmazione anche
se direi che più che essere ben mirata a
livello federale, sacrifica molto la giocatrice singolarmente. Almeno siamo partite
da qualcosa». A luglio disputerete il Campionato Europeo. L’Italia affronterà in ordine la Finlandia, la Danimarca la Svezia.
Qual è la squadra che potrebbe crearvi
più problemi? «La Svezia, sia perché ha
dei valori più importanti rispetto alle altre,
sia perché è la padrona di casa e affrontare lo stadio pieno di una squadra del
nord Europa potrebbe penalizzarci».
Patrizia Panico, bomber della Torres e della Nazionale
(Foto Archivio)
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13
Il mister del Bardolino Renato Longega
“Ci teniamo a far bella figura. E a vincere”
Professione Sport TV seguirà in diretta la gara a partire dalle 15.50 sui canali 820 e 826 Sky
D
opo una domenica di riposo, e di
festeggiamenti per la promozione in serie A dei cugini dell’ Hellas
Verona, le ragazze gialloblù si sono
ritrovate lunedì pomeriggio sul sintetico dello Stadio Olivieri di via Sogare per riprendere la preparazione
in vista della grande sfida di Coppa
Italia in programma sabato prossimo
25 maggio con inizio alle 16,00. Per
la semifinale unica ad eliminazione
diretta arriverà in riva all’Adige la Torres dei record che ha appena conquistato l’ennesimo scudetto. Un match
che ricorda le grandi sfide del recente passato e dovrà decretare chi tra
veronesi e sarde staccherà il biglietto
per la finalissima della competizione
tricolore per affrontare la vincente tra
Tavagnacco e Napoli. Dopo una settimana a ranghi ridotti, a causa del raduno della Nazionale che ha coinvolto
quattro gialloblù, le scaligere possono
nuovamente allenarsi a ranghi quasi
completi. Gabbiadini e compagne saranno sul campo tutti i pomeriggi fino
all’appuntamento di sabato. Tastiamo
quindi il polso in casa Bardolino in vista dell’importantissima semifinale di
sabato 25 contro la Torres campione
d’Italia in carica. Il tecnico delle veronesi Renato Longega è fiducioso:
«Sì, stiamo tornando e anche meritatamente, perché nei quarti di finale a
Brescia abbiamo disputato una bellissima partita (il Bardolino ha vinto 2-0)
sia sotto l’aspetto tattico che del gioco.
Una gara vinta meritatamente che ci
ha permesso di vivere questa semifinale. Ci teniamo molto a far bella figura e a vincere. Sicuramente sarà una
partita molto diversa dalle due di campionato (nelle quali le ragazze sarde
guidate in panchina da Manuela Tesse
si sono imposte sia all’andata che al
ritorno)». A complicare i piani di Longega l’assenza per squalifica di Marta
Carissimi, che si è vista bloccata dal
giudice sportivo per l’accumulo di sanzioni con i turni precedenti, mentre altre squadre come la Torres non hanno
avuto di questi problemi perché partite
più avanti nella competizione: «Non
trovo molto giusto questo regolamento - concorda il tecnico delle gialloblu,
che hanno chiuso il campionato al
quarto posto, dietro Torres, Tavagnacco e Brescia - però c’è, è uguale per
tutti e dobbiamo accettarlo. È chiaro
che abbiamo delle assenze, però la
rosa è ampia e chi entrerà in campo
per sostituire le indisponibile è assolutamente all’altezza della situazione,
per cui non sono affatto preoccupato
sotto questo aspetto».
La locandina promozionale dell’evento pubblicata dal Verona
(Foto Archivio)
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La mobilità articolare nel gesto sportivo
di Massimiliano Mariani
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T
roppo spesso assistiamo a partite di calcio durante le quali
l’atleta si porta la mano nella parte
posteriore della gamba e chiede di
essere sostituito. Questo può accadere dopo un tiro potente o anche
dopo una corsa in accelerazione,
ma quel che può sorprendere di
più è notare che l’infortunio sia accaduto su di una gamba allenata e
muscolarmente forte. Ancora oggi,
in molte squadre, la preparazione
fisica rivolta al calciatore privilegia
(oltre alla velocità e alla resistenza)
l’allenamento della forza dei gruppi
muscolari che intervengono come
agonisti nel gesto atletico, soprattutto il quadricipite. Molto spesso, però,
il rafforzamento muscolare rivolto ad
un aumento della potenza, non pensato secondo un approccio globale,
può comportare una rigidità della
muscolatura. Questo provoca una riduzione della mobilità articolare, aumentando di gran lunga la possibilità
di infortuni nell’arco della stagione
sportiva. L’infortunio che il calciatore
si procura tirando in porta o durante un’accelerazione, senza quindi
un reale contrasto con l’avversario,
è il risultato di una preparazione fisica che non considera l’atleta nella
sua globalità. La mobilità articolare,
detta anche flessibilità, è la capacità
che permette al corpo di compiere
movimenti al massimo dell’ampiezza consentita dalle articolazioni. In
genere, i gesti sportivi richiedono
notevole ampiezza di movimento:
una scarsa ampiezza costringe l’atleta a lavorare ai limiti delle proprie
possibilità, con margini di sicurezza
ridotti. In questo caso è più facile
subire incidenti, andando incontro
a fenomeni patologici cronici o traumatici come tendiniti, strappi e stiramenti muscolari. Inoltre, una scarsa
flessibilità può limitare la velocità o
l’efficacia del gesto atletico, a causa
delle maggiori resistenze che i muscoli agonisti devono vincere. La conoscenza della tecnica esecutiva del
proprio sport, e delle caratteristiche
individuali dell’atleta, deve quindi
spingere tecnici e preparatori fisici
a sollecitare la mobilità articolare in
modo tale da creare una flessibilità
che metta l’atleta in una condizione
di sicurezza. Nel caso specifico del
gioco del calcio, la mobilità articolare rappresenta un prerequisito fondamentale per la tecnica del “tiro”
ottimale: calciare al massimo della
potenza richiede un equilibrio della
forza prodotta sia dai flessori che
dagli estensori dell’anca e del ginocchio. È importante valutare la rigidità
dei muscoli della catena posteriore
prima di fare eseguire esercizi per il
quadricipite, visto che nei calciatori i
muscoli posteriori della coscia sono
molto spesso troppo accorciati. L’allenamento della mobilità articolare
deve essere proposto con notevole
frequenza, sollecitando la stessa regione muscolare e articolare per almeno 3 volte alla settimana, in quanto gli effetti positivi ottenuti tendono
a ridursi già 2 giorni dopo ciascuna
seduta. Per questo è importante iniziare un lavoro di rieducazione posturale prima che l’atleta si infortuni e non solamente per recuperare
calciatori infortunati o che soffrono di
lombalgia o pubalgia, talvolta recidivanti. Inserire nella preparazione fisica un programma di posturale significa capire l’importanza di ottenere
una muscolatura che sia allo stesso
tempo ed in modo equilibrato tonica
ed estendibile, considerando il corpo
secondo un approccio globale.
numero2013- 23
- 04maggio
aprile 2013
numero
2013
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Supercoppe Lega Pro: ipoteca Salernitana
La formazione di Perrone passeggia a Busto Arsizio con un super Guazzo: 0-3
Pari con gol fra Avellino e Trapani. Boscaglia: “Discorso apertissimo. Ci teniamo a vincere”
di Filippo Gherardi
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D
omenica di Supercoppa in Lega
Pro, con le finali di andata tanto per
la Prima quanto per la Seconda Divisione. Nel primo caso, una contro l’altra le
due regine (e già promosse in Serie B
ndr) dei rispettivi gironi di regular season: Trapani ed Avellino, scese in campo sul rettangolo di gioco dello stadio
Partenio della cittadina campana. Alla
fine ciò che ne è uscito è stato un pari
per 1 a 1 che ha lasciato ancora apertissimo il discorso legato alla vittoria finale
e che però, al tempo stesso, consegna
pure qualche rimpianto ai padroni di
casa raggiunti sul pari soltanto a causa
di un calcio di rigore di Madonia e dopo
il vantaggio, nei primi minuti, di Fabbro.
Ritorno in programma allo Stadio Provinciale di Erice il prossimo 23 Maggio. Abbiamo raccolto le considerazioni
successive ai primi 90’ di questa finale
di Roberto Boscaglia, tecnico del Trapani: «Finale aperta, il pari lascia ancora
tutto in discussione. La gara di ritorno
sarà molto difficile, e dobbiamo essere
bravi ad affrontarla con lo stesso atteggiamento mostrato ieri. Mi è piaciuta
la prestazione della squadra, abbiamo
creato tanto e mostrato delle cose importanti. La vittoria del campionato era il
Un’azione della gara fra Avellino e Trapani: il ritorno giovedì al “Provinciale”
(Foto Archivio)
nostro obiettivo principale, ciò nonostante siamo rimasti concentrati per far bene
anche in Supercoppa. Ci teniamo a vincere questo trofeo e giovedì ce la metteremo tutta per riuscirci». Scendendo alla
Seconda Divisione, sarà stata la voglia
di concludere la stagione in modo praticamente perfetto, oppure il fatto che la
Pro Patria sia arrivata, stanca, a giocarsi
promozione e campionato, nel girone
A, fino agli ultimi minuti, fatto sta che
la finale di ieri è andata in archivio con
Matteo Guazzo (a destra) festeggiato dai compagni per la doppietta che di fatto
ha consegnato la Supercoppa di Seconda Divisione alla Salernitana (Foto Archivio)
un pesante ed inappuntabile 0 a 3 per i
granata, firmato dalla doppietta di Guazzo e dall’autorete di Polverini, che lascia
davvero pochissimi spiragli di incertezza
per la gara di ritorno fissata domenica
prossima, 26 maggio, allo stadio Arechi.
Qui di seguito, ecco le sensazioni, e la
delusione, del tecnico della Pro Patria
Aldo Firicano: «È molto difficile pensare
di andare a Salerno, domenica, e riuscire a ribaltare la situazione. Servirebbe
un miracolo. Ieri siamo stati sfortunati
e penalizzati da qualche indecisione di
troppo che abbiamo finito col pagare a
caro prezzo, tuttavia non voglio trovare
scusanti e riconoscere, al contrario, che
la Salernitana ha dimostrato una volta
di più di essere una squadra forte ed in
questo momento più attrezzata di noi.
Certo è che il fatto di aver vinto il loro
girone con diverse settimane di anticipo
gli ha permesso di preparare questo impegno nel migliore dei modi, a differenza nostra che siamo arrivati a giocarci
il campionato fino all’ultima giornata e,
di conseguenza, un po’ scarichi mentalmente alla partita di ieri».
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La Turris si prende la rivincita: Porto Tolle ko
Coppa Italia Serie D: è 3-1 per i corallini, che due anni dopo la finale persa si prendono il trofeo
Fabiano:“Vittoria importantissima, grande merito al presidente Moxedano”
di Delfina Maria d’Ambrosio
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Dopo molte sofferenze e momenti difficili, adesso la Turris può finalmente
alzare al cielo la tanta agognata Coppa di Serie D. Quello stesso trofeo
che nell’edizione 2010-2011 aveva
fatto versare lacrime amare ai corallini, sconfitti in finale dal Perugia, ieri ha
invece regalato un’immensa emozione a tutti i torresi, tra l’altro proprio allo
stadio Renato Curi del capoluogo umbro. I campani in finale si sono imposti per 3-1 sul Delta Porto Tolle in una
gara emozionante e ricca di colpi scena. A sbloccare il risultato è stata proprio la Turris che al diciassettesimo ha
trovato il gol con Vitale, al quale dopo
nemmeno un quarto d’ora ha risposto
il biancoblu Zanardo autore della rete
dell’1-1. Un pareggio che ha avuto
però vita breve, al quarantaseiesimo
i corallini hanno trovato il raddoppio
con Gasparini, per poi chiudere definitivamente i conti nel secondo tempo
con la rete del definitivo 3-1 siglata da
Salvati. Franco Fabiano, allenatore
della Turris, ha commentato per noi
questo storico traguardo: «È una vittoria importantissima, abbiamo regalato
una grande gioia alla città di Torre del
Greco, una piazza di livello che è stata
per troppi anni punita da eventi sfavorevoli che non le hanno dato il risalto
che meriterebbe. A Perugia sono venute circa 2000 persone ma la cosa
più bella sono state le famiglie, non
sembrava vero vedere mogli, mariti e
figli esultare insieme. Siamo orgogliosi
di aver raggiunto questo obiettivo, ma
La festa della Turris a fine gara
(Foto Archivio)
un grazie particolare per quello che
questa squadra sta facendo va al vero
artefice, il presidente Mario Moxedano». Alla Turris non è riuscito il salto
di categoria, ma con il secondo posto
in campionato e la vittoria della Coppa Italia si è comunque potuta togliere
belle soddisfazioni: «È una stagione
da incorniciare - ha commentato mister Fabiano - abbiamo vinto la Coppa
Italia e siamo in semifinale dei play-off,
l’anno prossimo lavoreremo su queste
basi per riuscire a ottenere anche la
promozione. Voglio poi fare i complimenti al Delta Porto Tolle, per quanto il
risultato possa sembrare netto è stata
una gara ricca di insidie e combattutissima. Abbiamo affrontato una delle
squadre a mio parere più forti della serie D, ha un tasso tecnico elevatissimo
e dei giocatori molto forti, specialmente gli attaccanti hanno il gol nel loro
dna. Noi siamo stati bravi a leggere la
gara, abbiamo giocato in una maniera
diversa rispetto a quella a cui siamo
abituati, invece di aggredirli li abbiamo
aspettati, approfittando di qualsiasi
loro disattenzione. Io ero in tribuna a
causa della squalifica ma in realtà è
come se fossi stato in campo, avevo
dei giocatori che facevano da staffetta
e le mie urla si sentivano abbastanza
chiaramente, ero teso ed emozionato,
sapevo che questa Coppa era troppo
importante e che non potevamo farcela scappare, fortunatamente i ragazzi
hanno risposto alla grande».
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TIM Together chiude a Treviso
dalla Redazione
[email protected]
L
a pioggia non è riuscita a fermare i
bambini di TIM Together. Venerdì scorso 17 maggio sono arrivati in tantissimi,
accompagnati da dirigenti e genitori, in
Piazza dei Signori per l’ultimo appuntamento del contest lanciato in Veneto da
Telecom Italia e Lega Nazionale Dilettanti per premiare le Società sportive che
hanno promosso e realizzano progetti di
integrazione attraverso il calcio. Le Società premiate in questa quarta ed ultima
tappa sono state: ASD CONDOR S.A.
TREVISO (iniziativa: “Tutti amici sulle
ali dell’integrazione”) e ASD LIVENTINA
GORGHENSE (iniziativa: “Crescere insieme alle forze vive del territorio”) per la
provincia di Treviso; USD LENTIAI (iniziativa: “Trofeo Calvi Alimentari”, realizzato in
collaborazione con l’Associazione Italiana
Persone Down di Belluno) per la provincia di Belluno. Gli ospiti, pur sotto l’ombrello, hanno voluto salutare e ringraziare le
squadre premiate per l’impegno profuso
nel sociale: dai rappresentanti istituzionali,
Andrea De Checchi (Assessore allo Sport
del Comune di Treviso) e Paolo Speranzon (Assessore allo Sport della Provincia
di Treviso e Sindaco di Motta di Livenza),
ai vertici della Federcalcio veneta, nelle
persone del Presidente Giuseppe Ruzza
e dei Consiglieri regionali Ennio Filippetto
(Treviso) e Maurizio Giacomelli (Belluno),
passando naturalmente per Telecom Italia, rappresentata localmente da Gianpietro Toninato, Responsabile Trade Marketing Sales Consumer dell’area Nord Est.
Sorridenti e soddisfatti gli “ambasciatori”
del calcio locale, due grandi ex della storia
recente del Treviso: Luigi Beghetto e Giovanni Bosi. Finita la premiazione, come
per magia il cielo ha ascoltato le suppliche e la voglia dei bambini di giocare…..e
finalmente, dopo aver ricevuto in premio
un pallone da calcio ciascuno, il fiume di
bimbi ha dato vita ad alcune partitelle sul
campo sintetico allestito in Piazza dei Si-
gnori. Cori da stadio, tante risate e qualche gol hanno dato così il tocco finale ad
una bellissima giornata all’insegna dello
sport e dell’amicizia. Bilancio finale più
che positivo, dunque, per TIM Together in
Veneto: non solo per la perfetta riuscita di
tutti e quattro gli eventi di premiazione (i
primi tre si sono svolti a Marghera, Verona e Padova), ma soprattutto per il grande entusiasmo con cui le Società hanno
aderito al contest, dimostrando quanto il
calcio dilettanti veneto sia impegnato nel
sociale. Grazie a tutti….ancora una volta
si è riusciti a dimostrare che qui batte un
grande cuore, quello del calcio e della solidarietà a tutti i livelli.
Uno scatto della festa a Treviso
(Foto Archivio)
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Vincolo di giustizia o clausola compromissoria
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Dal campo al foro
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Rubrica a cura di Guido Del Re
C
on vincolo di giustizia o clausola compromissoria, viene intesa
quella disposizione rinvenibile negli
statuti delle federazioni sportive che
impone ai singoli tesserati e agli affiliati di risolvere le controversie che
li coinvolgono attraverso la giurisdizione domestica e quindi sportiva. Il
suddetto vincolo, come anticipato, è
inserito nella maggioranza degli statuti federali, tra i quali l’ordinamento
sportivo calcistico. Nello statuto della
FIGC, il vincolo si concretizza nell’
impegno per tutti i tesserati di aderire
alla regolamentazione e di accettare
l’efficacia dei provvedimenti adottati. Il vincolo di giustizia comporta
quindi l’accettazione delle norme e
dei provvedimenti emanati dall’associazione e, conseguentemente, la
preclusione di ricorrere alle autorità
diverse da quelle sportive pena l’irrogazione di sanzioni. In determinate
fattispecie, qualora il tesserato voglia
ricorrere alla giustizia ordinaria, deve
obbligatoriamente chiedere la deroga alla federazione di appartenenza.
Lo scopo delle federazioni sportive è
quello di garantire una rapida ed efficace risoluzione delle controversie
sportive escludendo le lungaggini
processuali dell’ordinamento statale.
Queste sono sinteticamente le caratteristiche del cosiddetto vincolo o
clausola compromissoria sul quale
si è espressa più volte la Suprema
Corte di Cassazione. La stessa Corte
ha, più di una volta, affermato l’illegittimità del vincolo di giustizia inteso
in senso assoluto riconoscendo per
converso, sempre e comunque, il diritto di adire la giurisdizione dello stato. In buona sostanza, nulla impedisce, quanto meno a rigor di principio,
di adire direttamente l’autorità statale
senza che, previamente, venga adito
il giudice sportivo. Questo perché si
è sì tesserati ad una Federazione ma
si è anche cittadini dello Stato Italiano. A tal proposito, qualche doveroso
accenno merita la legge n. 280 del
2003 che individua ed indica espressamente le questioni riservate alla
giustizia sportiva, precisando la competenza delle materie per le quali i
tesserati ed affiliati hanno il dovere e
l’obbligo di adire gli organi di giustizia
propri dell’ordinamento sportivo. Con
il c.d. decreto “Salvacalcio”, convertito appunto con la legge n. 280 del
2003, lo Stato ha sancito l’autonomia
dell’ordinamento sportivo nazionale,
ad eccezione delle situazioni giuridiche soggettive che siano rilevanti per
l’ordinamento statale. In particolare,
l’art. 2 della suddetta legge riserva
all’ordinamento sportivo l’osservanza e l’applicazione delle norme re-
golamentari, organizzative e statutarie allo scopo di garantire il corretto
svolgimento delle attività sportive.
Altra materia nella quale la società,
l’associazione e i loro affiliati, hanno
l’obbligo di adire esclusivamente gli
organi sportivi è quella relativa a tutti
quei comportamenti rilevanti dal punto di vista disciplinare compresa l’irrogazione delle conseguenti sanzioni
sportive. E’ evidente, pertanto, come
l’intento del legislatore sia stato quello
di riservare alla cognizione esclusiva
della giustizia sportiva quelle materie
(tecniche e disciplinari) che risultino
prive di rilevanza e/o interesse per
l’ordinamento statuale. L’art. 3 della
legge in esame, infine, attribuisce
ai soggetti sportivi la facoltà di adire
anche il giudice ordinario per ciò che
riguarda le controversie cosiddette
economiche (rapporti patrimoniali tra
le società, associazioni ed atleti. Proseguendo nella lettura della norma si
evince la volontà di devolvere quelle
controversie aventi ad oggetto atti
del Coni o delle federazioni sportive
(e non riservate alla giustizia sportiva in via esclusiva, come previsto ex
art. 2), alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo (TAR del
Lazio, con sede in Roma), a condizione che siano esauriti tutti i gradi
della giustizia sportiva.
numero2013- 23
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Riprende il processo Calciopoli a Napoli
Volontà di fare giustizia o insabbiare tutto ancora?
Paola Cicconofri
Rubrica
C
ose su cui riflettere. Accettare il verdetto del campo sarà mai possibile
in Italia? Perché dopo aver snobbato la
premiazione della Supercoppa Italiana,
l’eclettico Presidente del Napoli sconfessa
anche la vittoria scudetto della Juventus.
Ha dichiarato in merito: “La Juve vince?
Secondo me perde. Perché vincere buttando i soldi dalla finestra e fregandosene
del Fair Play finanziario... Se non esiste il
Fair Play finanziario, che è una regola...”.
Parole molto vicine a quelle dell’ex tecnico
Mazzarri che all’indomani della qualificazione matematica alla Champions League
aveva ripetuto con la solita insinuazione: ”la
Juventus? “se si valutano certi parametri lo
scudetto l’ha vinto il Napoli... la matematica
non è un’opinione”. Le solite esternazioni
prestate alla mercé della stampa e buone
per il tifoso da bar sport che non aspetta
altro che avere una scusa per giustificare
una mancata conquista. Ci troviamo sempre più spesso a ripetere un concetto basilare: se l’esempio per la crescita di una
cultura sportiva deve arrivare da chi si para
dietro battutine per strappare qualche applauso dalla folla, allora possiamo dormire
sonni tranquilli. La situazione non potrà che
peggiorare e magari sfociare negli eccessi, a volte anche violenti, che sempre più
spesso riempiono le cronache sportive. Riprende a Napoli il processo di appello del
rito ordinario per gli imputati di calciopoli con
il suo carico di dubbi e di incertezze, legati a un’inchiesta che non ha mai convinto
del tutto. Il primo atto sarà un rinvio di una
settimana per difetto di notifica. Molti sono
gli aspetti da chiarire, dall’affidabilità dell’attribuzione delle sim svizzere operata da Di
Laroni manualmente; del perché molte intercettazioni, pur baffate dai carabinieri del
nucleo investigativo di via Inselci, furono
totalmente ignorante impedendo di fatto
che lo scandalo si allargasse coinvolgendo
molte altre big del campionato come Milan
e Inter. Non dimentichiamo il famoso pc
di Tavaroli, che fu arbitrariamente ispezionato a Roma, come emerso dagli atti del
processo Telecom, di cui non esisterebbe il
verbale dell’ispezione (perché?). E ancora,
fu l’Inter a dare l’input agli spionaggi illegali
sul calcio? E perché non è stata mai accolta la richiesta del famigerato modello 45 più
volte effettuata dalla difesa dell’ex fischietto
Massimo De Santis? Situazioni che si andranno ad intrecciare con nuove intercettazioni inedite che, a detta degli avvocati
della difesa, aiuteranno a capire ancor meglio l’anomalia di una condanna che lascia
ancora oggi molte perplessità. Sempre che
l’intento ultimo sia quello di fare giustizia e
non solo di continuare ad insabbiare… Le
riforma della giustizia sportiva, annunciata
in concomitanza della campagna elettorale
legata al rinnovo delle cariche federali e del
Coni, langue. L’inchiesta sul calcioscommesse è lontana dall’essere chiusa. Anzi,
Mauri, il giocatore laziale coinvolto nella
maxi inchiesta della procura di Cremona,
ha potuto tranquillamente disputare l’intero
campionato. Situazione che si contrappone a chi è stato meno fortunato ed ha perso
contratto e possibilità di giocare per mesi,
per poi vedersi riconosciuta l’innocenza e
la conseguente infondatezza delle accuse. Non è solo la sfortuna ad aver inciso
in modo così determinate sui destini dei
diversi atleti… Arriva anche, a conferma
della maturità del nostro campionato, quello che i poltronati definiscono come un “movimento che sa continuamente innovarsi”,
un mercato allenatori che interessa mezza
serie A... Chiude il campionato non senza
polemiche. La direzione dell’arbitro Bergonzi, designato per Siena-Milan ha suscitato più di una perplessità tra i giocatori viola
che hanno rilasciato commenti eloquenti
alla fine della gara. Gonzalo su Twitter: “Se
dico quello che penso non giocherò più in
Italia…”; Juan Cuadrado: “Increíble los arbitrajes en Italia”. Incredibile veramente!
Stefano Mauri, capitano della Lazio: nonostante l’inchiesta in corso su di lui e l’arresto
ha disputatotranquillamente tutto il campionato, a differenza di molti altri colleghi
(Foto Archivio)
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Libertas già in finale
L’atto conclusivo del campionato è previsto il 27 maggio alle ore 21 a Serravalle
La partita in differita giovedì 30 maggio alle 19.35 su Professione Sport TV (ch.820 Blu Sky)
Campionato sammarinese
A cura di Flavio Grisoli
[email protected]
S
iamo ormai agli sgoccioli per
quanto riguarda la stagione 20122013 a San Marino. Si conosce infatti già il nome della prima finalista del
campionato, la Libertas che, nella
semifinale contro il La Fiorita campione di Coppa si è imposto per 1-0.
Partita combattutissima e decisa solo
al minuto 81 grazie alla rete messa
a segno da Gian Luca Morelli. Nello scontro tra “ripescate” (lo schema
qui sotto esemplifica una spiegazione
che a parole sarebbe complicata), il
Tre Penne campione in carica coltiva ancora speranze di mantenere il
titolo dopo aver battuto nientemeno
che la Folgore per 2-0. Risultato “bugiardo”, nel senso che le due reti dei
biancazzurri sono arrivate negli ultimi
dieci minuti di partita con Cibelli e Valli, sicuramente due degli uomini più
pericolosi dell’undici che questa sera
si troverà di fronte proprio il La Fiorita nell’ultimo match di ripescaggio. Si
gioca alle 21 al campo di Montecchio.
Chi vince, accederà alla finale che si
giocherà lunedì 27 allo Stadio Olimpico di Serravalle con calcio d’inizio alle
ore 21. Le telecamere di Professione
Sport TV saranno presenti e proporranno l’incontro in differita giovedì 30
alle ore 19.35 sul canale 820 Blu della
piattaforma Sky.
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servizio a pagina 17