LEZIONE:
“I PERCORSI ASSISTENZIALI E DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI”
PROF. GIUSEPPE FERRAIOLO
I Percorsi Assistenziali e Diagnostico-Terapeutici
Indice
1 I PERCORSI ASSISTENZIALI E DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI ---------------------------------------------- 3 1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5. 1.6. 1.7. 1.8. 1.9. UN PO’ DI STORIA---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 DEFINIZIONE --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 SCOPI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 CARATTERISTICHE -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4 VANTAGGI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4 SVANTAGGI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5 OSTACOLI ALL’IMPLEMENTAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------- 5 LA COSTRUZIONE DEI PERCORSI ----------------------------------------------------------------------------------------- 6 IN CONCLUSIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 BIBLIOGRAFIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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I Percorsi Assistenziali e Diagnostico-Terapeutici
1 I Percorsi Assistenziali e Diagnostico-Terapeutici
Possono rappresentare una maniera concreta di dare significato al concetto di Qualità nei
Servizi Sanitari. Si tratta sostanzialmente di sinonimi, in quanto un percorso assistenziale non può
prescindere da un momento diagnostico e terapeutico.
1.1.
Un po’ di storia
Anche i percorsi assistenziali si rifanno alla tecnica dei percorsi critici (critical pathways)
utilizzati dall’industria per ottimizzare i tempi di lavoro, dall’ordine dei materiali ai fornitori, fino
alla consegna del prodotto finito. Negli anni ’30 del secolo scorso negli Stati Uniti le industrie
minerarie, le industrie petrolifere, ecc. cominciarono a stipulare con le organizzazioni sanitarie
contratti che prevedevano pacchetti predefiniti di prestazioni per i propri dipendenti.
Ci si rese conto rapidamente che i percorsi assistenziali miglioravano l’efficienza e la
continuità delle cure e riducevano la variabilità dei trattamenti terapeutici.
1.2.
Definizione
Il percorso assistenziale è un macroprocesso che comprende l’intera gestione del
problema di salute e quindi comprende l’assistenza alla persona per la cura di sé, per eventuali
disabilità, per il sostegno psicologico e sociale. Si articola sia sulla componente Ospedaliera che su
quella Territoriale.
Si tratta di piani in cui intervengono varie discipline e varie professionalità, dedicati ad una
specifica categoria di pazienti, in uno specifico contesto locale, la cui attuazione è valutata mediante
indicatori di processo e di esito.
1.3.
Scopi
Eliminare il più possibile i ritardi nelle azioni da compiere e gli sprechi, contenere le
variazioni non necessarie nei trattamenti terapeutici, assicurare la continuità e il coordinamento
dell’assistenza, ridurre al minimo i rischi per i pazienti, migliorare gli esiti.
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1.4.
Caratteristiche
Un percorso assistenziale di buona qualità deve prevedere :
•
Un approccio interprofessionale, multidisciplinare e, ove necessario,
multiagenzia;.
•
Processi professionali basati su evidenze scientifiche il più possibile;
•
Adattamento e condivisione locale;
•
La suddivisione in fasi di durata prefissata;
•
Chi deve fare che cosa e quando, nelle diverse fasi;
•
La valutazione del percorso mediante validi indicatori di processo e, se
possibile, anche di esito;
•
1.5.
Il coinvolgimento degli utenti.
Vantaggi
L’adozione di un percorso assistenziale favorisce l’integrazione tra le varie unità
organizzative coinvolte, anche se di strutture diverse e riduce gli inconvenienti per i pazienti nei
vari passaggi.
Principalmente viene data notevole importanza ai criteri di appropriatezza degli interventi e
agli esisti di salute, cioè viene fortemente richiamata l’attenzione sul vero prodotto di una
organizzazione sanitaria che non sono le prestazioni ( i prodotti o output), ma gli esiti (outcome).
Vi è abitualmente, rispetto alle linee guida, una maggiore adesione dei professionisti che
dovranno applicare il percorso, in quanto sono coinvolti con pari dignità, in fase di
programmazione. Ciò riguarda anche le professionalità non assistenziali (ad es. Diagnostica clinica,
Diagnostica per immagini, servizi sociali dell’Ente locale, Tribunale del Malato, Associazioni di
famiglie, rappresentanti dei cittadini), in quanto in fase di programmazione il loro coinvolgimento
alla pari, ha comportato uno scambio di opinioni, un rendersi conto del punto di vista dell’ altro,
una maggiore comprensione dei ruoli e delle responsabilità dei singoli attori o gruppi di attori del
processo assistenziale. La partecipazione così ampia, scongiura il pericolo che il percorso possa
essere a “senso unico”, verso gli interessi di un singolo gruppo professionale.
Va considerato inoltre l’orientamento multiassiale del percorso assistenziale, che tiene
contemporaneamente presente esigenze di appropriatezza, efficacia, efficienza, continuità
assistenziale, tempestività, equità, integrazione, soddisfazione degli utenti.
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L’adozione di altre iniziative di valutazione e miglioramento della qualità (introduzione di
un sistema di triage in P.S., il miglioramento nell’uso degli antibiotici,ecc.) non è in contrasto con
l’approccio per percorsi assistenziali, anzi vi è solo la possibilità di un reciproco potenziamento.
L’assistenza delle condizioni di cronicità può notevolmente migliorare, specie se i percorsi
programmati mettono intorno allo stesso paziente sia l’Ospedale che il Territorio, come previsto nel
Chronic Care Model proposto da Wagner nel 2004.
E’ molto più facile che in presenza di un percorso assistenziale gli utenti ricevano le stesse
informazioni dai singoli professionisti, o, ancora meglio, opuscoli informativi che contengano in
maniera dettagliata i tempi dei vari interventi e magari anche gli esiti possibili degli stessi.
1.6.
Svantaggi
Come le linee guida, anche i percorsi assistenziali riguardano uno specifico problema (ictus,
infarto del miocardio, ernia inguinale, artroprotesi, ecc.), mentre sempre più spesso i pazienti sono
multiproblematici anche a causa dell’invecchiamento sempre più avanzato della popolazione. In tali
situazioni si potrebbe seguire il percorso per la patologia principale, segnalando gli scostamenti
dovuti alle patologie accessorie.
Anche se tutte le azioni ed i processi professionali previsti in un buon percorso sono i più
accreditati dalle evidenze scientifiche, riguardano comunque la media dei soggetti portatori della
condizione in esame.
Tutti i percorsi devono essere considerati sempre provvisori, soggetti a continue verifiche e
modifiche, in dipendenza dei risultati della loro applicazione e di eventuali nuove acquisizioni
tecnologiche o conoscitive.
1.7.
Ostacoli all’implementazione
Molti Professionisti Sanitari vedono nei percorsi assistenziali una perdita della flessibilità e
dell’autonomia decisionale ed una sorta di “libro di ricette di cucina” molto poco sensibile alle
caratteristiche del singolo paziente.
La possibilità di confrontare gli esiti (benchmarking) comporta il rischio, a molti non
gradito, di non essere i più bravi.
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Le carenze organizzative, quali risorse limitate, sistemi informativi non adeguati, incentivi
economici e di carriera spesso inesistenti.
1.8.
La costruzione dei percorsi
E’ fondamentale fare riferimento a delle categorie assistenziali principali o funzioni;
ciascuna di esse può essere considera un “processo”, che spesso di interseca o si sovrappone ad un
altro già in corso:
•
Valutazione clinico-sociale diretta include l’anamnesi, la valutazione delle
variabili vitali, la valutazione delle necessità di tipo psicologico e sociale che
possono condizionare l’esito degli interventi.
•
Indagini di laboratorio e strumentali che rispondano al criterio di
appropriatezza, in grado di modificare le decisioni terapeutiche.
•
Documentazione che comprende sia la cartella clinica che tutta la
documentazione e modulistica necessaria a gestire e monitorare il percorso.
•
Richiesta di consulenze medico-specialistiche, psicologiche, sociali ecc.
motivate sempre da specifici quesiti clinici e non in ossequio alla medicina
difensiva.
•
Trattamenti farmacologici, chirurgici, psicoterapici o di sostegno
psicologico, riabilitativi, sociali ciascuno con le sue caratteristiche peculiari,
rispettando l’appropriatezza professionale, cioè fare solo e tutte le cose
efficaci ed indicate ed eseguirle correttamente.
•
Nutrizione cioè gli schemi dietetici nelle varie situazioni patologiche e la
nutrizione parenterale.
•
Educazione ed informazione del paziente e della famiglia riguarda le
informazioni date al paziente e/o ai suoi familiari circa la natura, la prognosi,
della condizione in esame, la durata del percorso previsto, le indicazioni
fornite circa le modalità di gestione a breve e/o a medio termine di particolari
situazioni.
•
Pianificazione dei vari momenti del percorso si riferisce alla continuità,
alla integrazione tra Operatori della stessa struttura e di strutture diverse, alla
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tempestività dei passaggi del paziente tra le diverse unità organizzative e tra i
vari livelli assistenziali.
•
Attività del paziente
fa riferimento alla pianificazione delle attività
quotidiane quali la mobilizzazione attiva e passiva, l’uso del bagno, ecc.
•
Sicurezza del paziente è una funzione trasversale a tutte le categorie
assistenziali, in quanto riguarda la gestione dei rischi quali le piaghe da
decubito, la corretta somministrazione dei farmaci, le reazioni iatrogene, gli
effetti collaterali legati a somministrazione di farmaci i sostanze per uso
diagnostico, le cadute,ecc.
•
Monitoraggio del decorso cioè dell’applicazione e dei risultati del percorso.
Un percorso assistenziale oltre a fare riferimento alle funzioni o categorie assistenziali
principali, può articolarsi anche in sottoprocessi temporali o episodi di cura o anche fasi. Queste
corrispondono ai vari momenti del percorso o alle varie sedi in cui il paziente si trova, variano
molto a seconda del tipo di percorso ed hanno durata nel tempo misurabile. Questa distinzione
consente di tener conto separatamente di tutto quanto avviene in Ospedale, nelle singole UO., nel
Territorio, ecc. In linea di massima le varie fasi possono essere:
•
ingresso o di presa in carico ove si presuppone la chiarezza di una
condizione che consente l’arruolamento nel percorso. Notevolmente utile
conoscere il promotore del contatto (il P.S., il Medico di M.G., il
paziente,ecc.);
•
fase iniziale ( ad es. preoperatora);
•
fase intermedia ( ad es. intervento chirurgico);
•
fase finale (ad es. postoperatoria);
•
trasferimento ad altra U.O. o a altra organizzazione (ad es. Rianimazione
o Istituto di riabilitazione esterno);
•
dimissione dalla fase attiva ( ad es. dall’0spedale);
•
follow-up è una fase abbastanza lunga, che varia in relazione alle condizioni
oggetto del percorso, ma che deve consentire di accertare la stabilità degli
esiti e di escludere complicanze tardive.
•
Uscita dal percorso.
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Tutti i vari processi che si verificano all’interno delle varie fasi e delle varie categorie
assistenziali possono essere rappresentati graficamente su diagrammi di flusso o flow chart,
piuttosto che su matrici di responsabilità.
Da quanto detto appare chiaro che le tappe della costruzione di un percorso assistenziale
coincidono con le tappe del ciclo PDCA o di Valutazione e Miglioramento Continuo della Qualità.
Appare altrettanto evidente che un percorso assistenziale richiede l’apporto convinto di
molti attori e che non può essere realizzato senza un gruppo di professionisti esperti nella
metodologia dei percorsi, in grado di comunicarla adeguatamente agli altri professionisti
coinvolgibili.
Ma senza il forte appoggio della Alta Direzione diventa impossibile introdurre qualunque
modifica a qualunque sistema.
1.9.
In conclusione
Tutte le attività di verifica e di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza sanitaria
sono oggi doverose, nonostante le innegabili difficoltà. E’ necessario comunque che un tale
processo, perchè risulti veramente utile, coinvolga attivamente tutto il gruppo che concorre alla
realizzazione delle singole attività connesse al problema identificato e rappresenti un sistema per
fornire al paziente utente un prodotto finale migliore, senza mai costituire un sistema per far
emergere responsabilità o colpe individuali, per valutare i singoli operatori stilando l’elenco dei
buoni e dei cattivi.
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