ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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23 giugno 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag.3 MINORI: Legali, non piace il curatore del minore (italia oggi)
Pag.4 FALLIMENTI: Così la delibera Oua (italia oggi)
Pag.5 UNIVERSITA’: Giurisprudenza, i presidi dicono no (italia oggi)
Pag.6 CONGRESSO FORENSE: L'affondo degli ordini sull'Oua (italia oggi)
Pag.7 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Chiusi gli emendamenti (diritto e giustizia)
Pag.9 ANM: Assemblea contro l'ordinamento (italia oggi)
Pag.10 PROFESSIONI: Un piano di riserva per rimediare al fallimento della riforma
(diritto e giustizia)
Pag.11 PROFESSIONI: Debutta il forum delle professioni (italia oggi)
Pag.12 AVVOCATI: Sì a nuove regole per la deontologia (italia oggi)
Pag.14 GIUDICI ONORARI: Intese possibili sulla riforma di got e vpo
di Paolo Valerio - Presidente Federmot (italia oggi)
Pag.15 CONSULTA: La Consulta torna al completo (diritto e giustizia)
Pag.16 PROCESSO CIVILE: Niente efficienza con la riforma cpc (italia oggi)
Pag.19 CSM: Incarichi direttivi più rapidi (il sole 24 ore)
Pag.20 INFORMATIZZAZIONE: Con l'Ict la giustizia risparmia (italia oggi)
Pag.22 STUDI LEGALI: Un test per valutare quanto è efficace la strategia Mktg
(italia oggi)
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
ITALIA OGGI
Legali, non piace il curatore del minore
Non sarà un percorso netto quello del disegno di legge licenziato dalla camera il 15 luglio 2004
sulla disciplina della difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili e modifica degli articoli 336 e 337 del
codice civile in materia di procedimenti davanti al tribunale per i minorenni che in questi giorni sta
tenendo impegnati in lunghe notturne i senatori delle commissioni riunite giustizia e speciale in
materia di infanzia e di minori. Un testo che consente al procedimento minorile di uscire dalla
finestra della camera di consiglio per entrare dalla porta principale di un processo a cognizione
piena ma scontenta l'avvocatura italiana, che sostiene ´l'inutile duplicazione delle figure di curatore
speciale e difensore' previsto nell'articolo 1, in tema di procedimenti di adozione e affidamento
familiare.
Due i punti di partenza del testo di sette articoli il cui esame è iniziato in referente al senato il 15
giugno 2005: all'articolo 1 la legge n. 184/83 sul diritto del minore a una famiglia e nei successivi il
titolo IX del codice civile dove i nuovi articoli 336 e 337 cc disciplinano per filo e per segno il
ricorso per chiedere uno dei provvedimenti afferenti la potestà dei genitori.
Ma il nodo della questione è nell'articolo 1 che nei procedimenti in tema di adozione e affidamento
distingue le necessarie figure dei difensori d'ufficio e di fiducia delle parti private da quella di ´un
curatore speciale a titolo gratuito del minore che lo rappresenti per ogni grado e fase del giudizio'.
L'Oua ha sollevato in una relazione critica inviata al senato una serie di obiezioni al testo licenziato
dalla camera e oggi confluite negli emendamenti in via di discussione presentati fra gli altri da
Ettore Bucciero e Antonino Caruso di An, rispettivamente presidente della commissione speciale e
della commissione giustizia.
´Siamo contrari all'introduzione del curatore speciale del minore perché senza nessun giustificabile
motivo si inserisce una figura terza nella dialettica familiare, presenza questa che andrebbe limitata
ai soli casi di concreto conflitto di interessi', dichiara a ItaliaOggi Roberto Zazza, avvocato del Foro
di Roma e componente del centro studi Oua.
´Non viene detto chi sia questo curatore né da chi venga nominato, e con un minore che si trova in
giudizio con curatore e difensore il rischio è che nella scelta di entrambe le figure prevalgano criteri
di nepotismo o di appartenenza piuttosto che di qualità. Meglio sarebbe scegliere secondo criteri
automatici negli elenchi dei difensori d'ufficio e dei curatori presso ogni consiglio dell'Ordine degli
avvocati un avvocato come curatore e se proprio ciò non è possibile introdurre almeno rigidi criteri
di selezione'. D'accordo sul punto anche l'Aiaf: ´Se gli emendamenti venissero integralmente
recepiti i cittadini sia maggiorenni sia minorenni vedranno i propri diritti di difesa finalmente
rispettati nei procedimenti dinanzi ai tribunali per i minorenni'. Di diverso avviso Roberto Centaro,
senatore di Fi e relatore del testo in commissione giustizia: ´Dopo aver illustrato i singoli
emendamenti speriamo di cominciare a votarli entro la prossima settimana. Il curatore speciale non
svolgerà funzioni di patrocinio legale, sarà nominato dal giudice e non certamente pescato negli
elenchi del consiglio dell'Ordine. Quello che molti non vogliono capire è che il curatore non difende
ma rappresenta il minore in giudizio; l'impianto della riforma è sostanzialmente buono e non
saranno presi in considerazione gli emendamenti che puntano a stravolgerlo, bisogna solo eliminare
qualche discrasia'. (riproduzione riservata) Marzia Paolucci
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ITALIA OGGI
Così la delibera Oua
ItaliaOggi pubblica la delibera Oua sul ddl difesa dei minori in giudizio
CONSIDERATO
- che nei prossimi giorni andrà in votazione al senato l'articolo 1 del ddl n. 3048 regolante la difesa
d'ufficio dei minori nei giudizi civili;
- che dall'andamento dei lavori parlamentari si ha motivo di ritenere che su punti cruciali del ddl
possano essere disattese le indicazioni dell'avvocatura emendative del testo già approvato dalla
camera il 15 luglio 2004.
VISTA la relazione della commissione famiglia e minori e dell'ufficio studi dell'Oua approvata e
fatta propria dall'assemblea di Grottaferrata del 12 settembre 2004.
ESPRIME il forte dissenso dell'avvocatura:
a) per la previsione della nomina di un curatore del minore senza la previa valutazione di un
concreto conflitto di interessi che la renda utile e opportuna;
b) per l'inutile duplicazione delle figure di curatore speciale e difensore, che moltiplica presenze
processuali assai spesso inutili, complica le procedure di scelta e nomina e infine rende ancor più
intollerabile la gratuità del munus e della difesa tecnica;
c) per la spasmodica ricerca di riforme a costo zero pagate però in termini di trasparenza, efficienza,
qualità e velocità del servizio giustizia quando non in aperta contraddizione con la giurisprudenza
della Corte di giustizia dei diritti dell'uomo;
d) per la grave contraddizione con la logica giuridica prima che con le convenzioni internazionali
(soggettività giuridica autonoma, diritto all'ascolto) e l'articolo 111della Costituzione di ridurre
anche in presenza di un concreto conflitto di interessi il diritto di difesa del minore alla sola
legittimazione al gravame.
ESPRIME la viva apprensione dell'avvocatura per l'emergere di atteggiamenti ostativi verso quegli
emendamenti che comunque tendono a rendere il ddl più razionale, sistematico e vicino alle
posizioni che l'avvocatura ha preso nel solo interesse della giustizia e della tutela della famiglia.
SI RISERVA di esprimere più dettagliate censure sui singoli articoli, commi ed emendamenti e di
attivare ogni ulteriore concreta azione contro l'approvazione di norme che non tengano conto dei
suggerimenti di cui al deliberato dell'assemblea dell'Oua del 12 settembre 2004.
INVITA tutta l'avvocatura, ordini e associazioni a un'attenta vigilanza convogliando presso l'Oua
ogni contributo che valga a frustrare la possibile ennesima produzione normativa velleitaria,
dannosa, illegittima e priva di riscontro effettivo delle esigenze della società civile.
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ITALIA OGGI
La Conferenza dei presidi di facoltà critica il dm di riforma del corso di laurea. Oggi tocca alla Crui
Giurisprudenza, i presidi dicono no
L'applicazione dal prossimo anno accademico non è possibile
La riforma del corso di laurea in giurisprudenza non può partire dal prossimo anno accademico
(2005/2006): molte università infatti hanno già approvato il manifesto degli studi e inoltre
rimangono da chiarire molti aspetti, tra cui il rapporto con la laurea triennale. È a sfondo critico il
parere espresso lo scorso 16 giugno dalla Conferenza dei presidi della facoltà di giurisprudenza
sullo schema di decreto ministeriale per la riforma del corso di laurea in legge, predisposto dal
sottosegretario al Miur Maria Grazia Siliquini e in attesa dei pareri di legge prima della firma del
ministro Moratti.La Siliquini si era impegnata a terminare l'iter di approvazione entro giugno per
poter applicare la riforma dal prossimo anno ma le ipoteche sono ancora molte. Dopo i presidi, oggi
si dovrà esprimere la conferenza dei rettori il cui parere è condizione di legge per l'adozione formale
del decreto. Tanto che alla camera e al senato il decreto non è stato assegnato alle commissioni
competenti proprio perché manca questo parere.
Da parte loro gli avvocati sono in attesa di vedere il testo finale del decreto, per verificare da una
parte se la distribuzione dei crediti tra le materie corrisponde alla sentita esigenza di
professionalizzare il percorso universitario (come ha sottolineato Michelina Grillo, presidente
Oua) e se è stata accolta la proposta di inserire tra il primo anno in comune e i successivi quattro, ai
quali la partecipazione dovrebbe essere a numero chiuso, un esame (proposta avanzata dal
presidente Aiga, Mario Papa). Tornando alla mozione dei presidi, le motivazioni del dissenso
riguardano in particolare le modalità di coordinamento tra il corso quinquennale e quello triennale. I
due percorsi di laurea (quinquennale e triennale), ha spiegato Vincenzo Ferrari, presidente della
conferenza, devono procedere necessariamente su binari paralleli anche se distinti. Non si può
attivare il corso quinquennale se non si è provveduto anche al riordino di quello triennale. In ogni
caso, ha precisato il presidente, anche qualora si optasse per il mantenimento del due percorsi
triennali di scienze giuridiche e scienze dei servizi giuridici, attualmente in vigore (peraltro
auspicato dall'università), prima di procedere all'attivazione dell'1 più quattro bisognerebbe
comunque avere il tempo di introdurre delle norme di coordinamento e di passaggio tra i due corsi.
Non solo. La mozione chiede che siano anzi mantenute in vigore le classi di laurea triennale, in
scienze giuridiche e in scienze dei servizi giuridici e che venga garantita l'istituzione di ´almeno' una
classe di laurea biennale magistrale, con queste collegata ma distinta dalla classe di laurea in
giurisprudenza.Nella mozione, la conferenza ha anche avanzato critiche nei confronti
dell'innalzamento della soglia dei crediti minimi vincolanti per ottenere l'agognato titolo, previsto
dal decreto (216 secondo la bozza, a cui devono esser aggiunti gli 84 riservati alla autonomia delle
università per un totale di 300) ma ritenuto lesivo dell'autonomia degli atenei, ribadendo la necessità
di mantenere l'attuale soglia di 198/200. Una revisione dei crediti necessari per arrivare alla laurea,
secondo quanto riportato nella mozione, comporterebbe anche la necessità di mettere mano agli
ordinamenti vigenti che sino a ora hanno funzionato positivamente. (riproduzione riservata) Simona
Andreazza e Claudia Morelli
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ITALIA OGGI
L'affondo degli ordini sull'Oua
L'avvocatura scalda i motori in vista dei congressi di Milano (novembre 2005) e Roma (giugno
2006) e gli ordini preparano l'affondo. Oggi si riunirà dopo mesi di stop il comitato organizzatore
per definire l'ordine del giorno definitivo e concludere tutta l'attività istruttoria per consentire al
presidente del Consiglio nazionale forense di proclamare formalmente l'indizione, a partire dalla
quale si eleggeranno i delegati su base circondariale. I due temi clou dell'evento saranno la riforma
dell'ordinamento professionale e la riforma dello statuto del congresso dell'avvocatura e dell'Oua. E
la tessitura dei giochi è già iniziata, con una pressione montante da parte degli ordini su entrambe le
questioni. La riforma professionale magari tramite quella generale delle professioni, da veicolare nel
ddl competitività all'esame della camera, da una parte, potrebbe portare a una prorogatio degli
attuali consigli (in scadenza l'anno prossimo), così come è accaduto per l'albo unico dei dottori
commercialisti e ragionieri. Sul secondo fronte, sul tappeto c'è la sorte dell'Organismo unitario come
forma di rappresentanza politica mista ordini e associazioni. Alcuni ordini vorrebbero modificare lo
statuto e il sistema elettorale attuale per l'individuazione dei delegati, con l'obiettivo di far ´pesare di
più' il mondo ordinistico rispetto a quello associativo. Una bella partita, non c'è che dire. Che in un
momento di grandi cambiamenti (i due congressi cadranno vicini alle elezioni politiche del 2006)
potrebbe cambiare gli equilibri, difficili, su cui l'avvocatura si è retta in questi ultimi anni.
(riproduzione riservata) Claudia Morelli
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Ordinamento giudiziario: chiusi gli emendamenti
Se si gioca si vince ha detto ieri il ministro della Giustizia Roberto Castelli. «Non chiedete a me se
riusciremo a votarlo questa sera (ieri, ndr) dipende se verranno a votare» ha continuato il
Guardasigilli guardandosi attorno in Senato, alludendo alla ripetuta mancanza del numero legale che
ha costellato la discussione della riforma dell’ordinamento giudiziario. Ieri però la “chiamata alle
armi” ha sortito il suo effetto perché nonostante la continua e ripetuta richiesta da parte del
Centrosinistra della verifica del numero legale, la riforma è riuscita ad andare avanti e già oggi
potrebbe essere approvata.
L’emendamento Anti-Caselli. L’unica proposta di modifica approvata è stato l’emendamento
presentato dal relatore Luigi Bobbio (An) volto ad impedire la nomina ad incarichi direttivi
giudicanti o requirenti di primo e di secondo grado a magistrati che abbiano meno di quattro anni di
servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo. In mattinata, il relatore aveva
presentato una modifica all’emendamento, specificando che l’impedimento alla nomina riguardava
non più gli incarichi direttivi di primo o secondo grado, ma tutti gli incarichi direttivi diversi da
quelli di legittimità, modifica contestata dal Centrosinistra che avrebbe voluto riaprire il termine per
la presentazione di sub-emendamenti. Per evitare qualsiasi possibilità di ulteriore polemica, Bobbio
alla fine ha optato per il testo originario dell’emendamento, dal momento che l’obiettivo sarebbe
comunque centrato. Ma proprio l’obiettivo della proposta è stato al centro di reciproche accuse tra
maggioranza e opposizione.
La modifica, ha spiegato lo stesso Bobbio, è volta ad assicurare stabilità temporale già dall’entrata
in vigore di uffici direttivi importanti, come anticipazione significativa della riforma. Modifica che
già lo scorso 24 maggio, per stessa ammissione del relatore, fuori dall’Aula, era in realtà volta a
sbarrare la strada a Giancarlo Caselli per la nomina di Procuratore nazionale Antimafia (vedi tra gli
arretrati del 25 maggio 2005). Tesi, quest’ultima sostenuta dal Centrosinistra in Aula. Per evitare
qualsiasi strumentalizzazione il ministro della Giustizia, Roberto Castelli non ha dato parere
favorevole, rimettendosi all’Aula: «pur apprezzando le motivazioni dell’iniziativa – ha detto il
Guardasigilli – se dessimo parere favorevole questo potrebbe essere strumentalizzato per il
coinvolgimento con concorsi importanti in atto». E l’Aula ha approvato.
L’Anm verso lo sciopero. L’Associazione nazionale magistrati, intanto ieri ha ribadito il suo netto
no alla riforma, con una conferenza stampa convocata per annunciare le proteste di oggi con le
assemblee locali ma soprattutto con la manifestazione nazionale del 25 giugno a Roma, nell’Aula
magna della Corte suprema di Cassazione, alla quale parteciperanno autorevoli esponenti
accademici. «Sul contenuto della riforma, in quattro anni non si è mai realmente discusso, essendosi
proceduto con blindature, maxi-emendamenti, voti di fiducia e contingentamento dei tempi»
riportava i comunicato della Giunta esecutiva centrale. Secondo la Gec «non sono stati esaminati gli
aspetti di incostituzionalita e di ingestibilità segnalati dall’Associazione e dalla cultura giuridica»
così come non si è tenuto conto dei rilievi formulati dal presidente della Repubblica nel suo
messaggio alle Camere. I vertici del sindacato delle toghe hanno inoltre ricordato che l’Aula del
Senato ha respinto, oltre a quelli presentati dall’opposizione «anche un emendamento che proveniva
da esponenti della stessa maggioranza e che rispondeva ad uno dei rilievi del Capo dello Stato».
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L’Anm per tutto questo, ripercorrendo velocemente le tappe della discussione parlamentare ha
espresso quindi «la fortissima preoccupazione per una così grave rottura degli equilibri
costituzionali», ribadendo «la propria ferma contrarietà ad una pessima legge che, al di là degli
intenti chiaramente punitivi dei suoi promotori, non risolve uno solo dei problemi che affliggono la
giustizia, nessun beneficio porterà ai cittadini ed anzi provocherà gravissime e immediate
disfunzioni nell’organizzazione giudiziaria». Detto questo la Gec ha dichiarato anche «di essere
pronta ad adottare tutte le forme di protesta e di denunzia consentite dall’ordinamento democratico»,
sciopero compreso. Il presidente Ciro Riviezzo ha parlato di sfacelo, perché la riforma così scritta
porterà ad una «crisi della giustizia sempre più profonda e un’ulteriore lacerazione del tessuto
istituzionale». La sua incostituzionalità, ha continuato Riviezzo «innescherà un contenzioso infinito,
la riforma sarà difficile da attuare per qualunque governo» mentre i continui ricorsi alla Consulta
finiranno col bloccare nomine e trasferimenti dei magistrati e l’esito finale sarà che «i tempi dei
processi si allungheranno ancora». «Nostro dovere – ha detto Riviezzo – è richiamare alla
ragionevolezza, per questo diciamo al Parlamento: perché dobbiamo andare verso lo sfascio?». Se
sarà sciopero lo deciderà il Comitato esecutivo centrale sabato prossimo, al termine della
manifestazione nazionale. (p.a.)
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ITALIA OGGI
Protesta Anm
Assemblea contro l'ordinamento
L'Anm torna alla carica contro la riforma dell'ordinamento giudiziario. L'aula del senato prosegue a
tamburo battente tra una richiesta del numero legale e una sospensione dei lavori al voto degli
emendamenti e l'esito è decisamente aperto: il voto finale potrebbe arrivare a questo punto in ogni
momento utile.
I magistrati, così, in allerta dalla scorsa settimana, hanno riavviato le iniziative di protesta contro la
riforma, innanzitutto, ma anche contro il metodo di lavoro parlamentare che ha impedito ´di fatto
una discussione seria e serena e l'approfondimento di temi delicati che incidono sull'esercizio della
giurisdizione e sulle garanzie per i cittadini'. Sul contenuto della riforma, in quattro anni, secondo
l'Anm, non si è mai realmente discusso, affidandosi a blindature, maxi-emendamenti, voti di fiducia
e contingentamento dei tempi. L'Anm, che ha dichiarato di essere pronta ad adottare tutte le forme
di protesta e di denunzia consentite dall'ordinamento democratico, ´farà sentire la propria voce e le
proprie ragioni' nelle assemblee locali del 23 giugno 2005 e nella manifestazione nazionale del 25
giugno 2005 a Roma, nell'aula magna della Corte suprema di cassazione.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Un piano di riserva per rimediare al fallimento della riforma
Riforma, dopo la fumata nera si riconoscano almeno entro la fine di questa legislatura le professioni non
regolamentate e le associazioni rappresentative della categoria. Il futuro di oltre un milione e mezzo di
professionisti è nel Ddl 1048/C sull’istituzione del certificato professionale controllato e sulla delega al
Governo per la disciplina della categoria. A sostenerlo sono stati i ieri, Giorgio Berloffa, presidente di
Assoprofessione e Roberto Falcone, presidente nazionale della Consap durante il convegno organizzato ieri a
Roma, presso l’Hotel Nazionale a piazza Montecitorio.Al convegno, il primo per rilanciare e sollecitare la
riforma organica del settore o almeno il riconoscimento delle Associazioni che la rappresentano, sono
intervenuti oltre al senatore Giovanni Battafarano, responsabile delle professioni dei Ds, l’onorevole Pierluigi
Mantini, responsabile professioni della Margherita, l’onorevole Michele Ranieli, responsabile professioni per
l’Udc, l’onorevole Sergio Gambini, il professor Nino Galloni, economista, Rosario Trefiletti, presidente e
segretario generale della Federconsumatori, Virgilio Baresi, segretario generale dell’Istituto nazionale dei
revisori contabili e Giovanni De Pasquale presidente dell’Anaip. Di fronte a questo autorevole parterre
Giorgio Berloffa ha ribadito che nessun testo di riforma potrà essere condiviso se porrà la pregiudiziale sulle
attività tipiche o regolamentate. E ha continuato «La verità è che attraverso l’eliminazione della
sovrapposizione si vogliono surrettiziamente attribuire nuove riserve per gli Ordini». Insomma, è un ulteriore
tentativo di rafforzare il sistema ordinistico. «Questo, però – ha concluso il presidente di Assoprofessioni –
non lo permette l’Europa, non lo permette il mercato e non può certo permetterlo l’Italia».Dello stesso avviso
è anche Roberto Falcone che, nonostante la fumata nera della riforma delle professioni, ha sostenuto che ci
sono comunque i tempi tecnici, entro la fine di questa legislatura, per dare un chiaro segnale ai professionisti,
riconoscendo i loro profili di attività così come sono. E l’unica via d’uscita risiede proprio nel Ddl Ruzzante
Mantini che per lo meno riconosce il sistema duale costituito dagli Ordini professionali già esistenti e dal
riconoscimento delle professioni non regolamentate. «È vero – ha aggiunto il presidente della Consap – che il
mondo delle professioni avrebbe bisogno di una riforma a 360 gradi, a bocce ferme, ma è altrettanto vero che
mentre si discute di questi grandi principi la Commissione Igiene e Sanità del Senato discute di una legge che
istituisce ben 22 nuovi Ordini nel settore sanitario». Per cui visto che non è possibile una riforma organica
del settore la soluzione è nel Ddl 1048/C. Un progetto di legge ampiamente condiviso dal Comitato ristretto
della Commissione Attività produttive della Camera che però – ha affermato l’onorevole Sergio Mantini –
attende il parere del sottosegretario al ministero delle Attività produttive, Roberto Cota (Lega Nord), che
delegato dal Governo, proprio oggi dovrebbe comunicare il responso di Palazzo Chigi. D’Altronde, ha
sottolineato Mantini, dopo il fallimento dell’emendamento dell’Esecutivo sul fronte della riforma e
l’approvazione della direttiva europea sul riconoscimento automatico delle professioni non regolamentate in
tutti gli Stati Ue, non c’é più alcun motivo di tenere bloccato il disegno di legge. Tuttavia – ha consigliato
l’onorevole – le associazioni devono cercare il confronto con il sottosegretario Cota. Mantini, del resto, non
nasconde che nel caso in cui non ci fosse altra via d’uscita, l’opposizione potrebbe richiedere di inscrivere
comunque il Ddl in Aula, ma il pericolo è che mancando l’accordo con la maggioranza anche l’ultima carta
verrebbe bruciata. E ha concluso «prima di giocarla cercherei anche il minimo spazio per il
confronto».Anche l’onorevole Michele Ranieli invita Assoprofessioni e la Consap a scendere in piazza e a
manifestare il proprio rammarico e la propria delusione per la mancanza di norme che tutelino i loro
professionisti. Perché a farne le spese, ha sottolineato Rosario Trefiletti, non sono soltanto le professioni non
regolamentate quanto i consumatori. E ha concluso, la direttiva europea è chiara «no alle restrizioni, si ai
sistemi di certificazione». Unico assente l’eurodeputato Stefano Zappalà che comunque ha inviato un breve
appunto sulla questione ritenendo no derogabile la riforma del settore.Assoprofessioni e Consap non hanno
comunque dubbi e continuano a percorrere la via della mediazione politica, cercando di attribuire adeguata
dignità a milioni di professionisti che esercitino attività non regolamentate. Del resto, come ha sempre
sostenuto il presidente della Consap, è una riforma quella contenuta nel Ddl 1048/C a costo zero che va nella
direzione della competitività. Cristina Cappuccini
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L'associazione è presieduta da Zazza
Debutta il forum delle professioni
È stato costituito nei giorni scorsi a Roma il Forum delle professioni, un'associazione
interprofessionale che mira a valorizzare l'esercizio delle professioni ordinistiche e non. L'assemblea
costituente del Forum ha nominato alla presidenza Roberto Zazza (avvocato), alla segreteria
generale Andrea Aguiari (dottore commercialista), alla tesoreria Massimo Liberati (dottore
commercialista). Subito all'opera, il vuole individuare, da un lato, le nuove opportunità e le nuove
modalità di esercizio delle professioni, e dall'altro, aumentare gli standard qualitativi a tutela dei
fruitori delle prestazioni. Il vero elemento di novità sta però nell'azione di sviluppo del ruolo sociale
della attività professionali che oggi vede i professionisti quali maggiori contribuenti Irpef. Il Forum
individua nel rapporto con gli enti locali, e in particolare la regione, l'area centrale di operatività,
cercando di valorizzare le proposte di legge di riordino delle professioni nate a seguito della
modifica della Costituzione (articolo 117, titolo V) del 2001. Proprio in Toscana, Calabria,
Lombardia, Piemonte sono in atto i procedimenti legislativi per arrivare alla costituzione delle
consulente regionali. Sarà necessario, ancora, innestare percorsi formativi e di specializzazione
intimamente connessi alle realtà locali.
Non solo. Per il Forum è ormai indifferibile il riconoscimento e la regolamentazione delle
professioni non ordinistiche. Anche da questo punto di vista c'è l'impegno a stimolare il legislatore.
(riproduzione riservata)
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Si è tenuto a Siracusa il convegno dedicato agli aspetti critici. Cnf: dai consigli pochi procedimenti
Sì a nuove regole per la deontologia
Serve un regolamento comune sul rito disciplinare di I grado
Un procedimento disciplinare uniforme e comune a tutti i consigli degli ordini forensi che sia
conforme al principio del giusto processo e che sappia tutelare il diritto alla difesa degli avvocati nei
procedimenti disciplinari davanti ai rispettivi ordini di appartenenza.
Questa la risposta degli ordini forensi alle lacune della legge professionale che, pur prevedendo
l'irrogazione di sanzioni per gli avvocati che infrangono le regole del bon ton professionale, non
disciplina il procedimento disciplinare davanti ai rispettivi ordini d'appartenenza.
Occasione per confrontarsi sulla spinosa questione della deontologia forense e proporre soluzioni
concrete e valide per tutta la categoria professionale è stata il convegno, organizzato dall'Unione
degli ordini forensi della Sicilia e l'ordine degli avvocati di Siracusa, presieduti rispettivamente da
Giovanni Vaccaro e Pietro Romano, tenutosi a Siracusa il 18 giugno scorso.
Tra i presenti all'incontro Luigi Tirale, vicepresidente del Cnf (Consiglio nazionale forense), che ha
denunciato la scarsa applicazione da parte dei singoli consigli nazionali delle sanzioni disciplinari
nei confronti dei propri iscritti.
´Di fronte al numero crescente delle iscrizioni', infatti, ha sottolineato Tirale, ´il numero dei ricorsi
che giungono in secondo grado è estremamente esiguo'. Tuttavia, ha precisato il vicepresidente Cnf,
tale situazione non può essere attribuita esclusivamente a un comportamento inerte dei consigli, ma
anche all'inadeguatezza dell'attuale legge professionale che pur prevedendo l'obbligatorietà
dell'esercizio dell'azione disciplinare descrive un procedimento per l'applicazione delle sanzioni
privo di qualsiasi garanzia di imparzialità, nel quale il consiglio svolge la funzione di organo anfibio
in quanto allo stesso tempo accusatore, istruttore e giudicante.
È necessario quindi intervenire sulla legge, al fine di introdurre il principio di imparzialità del
giudice domestico senza, tuttavia, incidere sull'autonomia dei singoli ordini.
E intanto, nell'attesa di una riforma, i singoli ordini forensi si stanno organizzando predisponendo
dei regolamenti disciplinari che introducono per l'incolpato almeno un livello minimo di garanzie.
In particolare, tra i rimedi prospettati dai singoli ordini per superare l'impasse dell'accorpamento nel
consiglio di tutte le funzioni del procedimento, quello della separazione tra la fase istruttoria,
affidata a una commissione composta da un numero di consiglieri variabile in base al numero dei
componenti del consiglio, e quella accusatoria, attribuita al consigliere relatore (escluso dalla
commissione che si occupa delle indagini), ma anche maggior spazio alla raccolta delle prove.
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Secondo Maurizio De Tilla, presidente della Cassa forense, intervenuto all'incontro, il problema
della terzietà del giudice domestico non è l'unica causa dell'abbassamento della soglia deontologica
dei professionisti.
A influire sul mancato rispetto delle regole di comportamento da parte degli avvocati il sempre più
crescente numero degli iscritti, che rende impossibile un controllo effettivo sull'osservanza delle
regole di condotta. Il presidente ha quindi sottolineato la necessità di una legge delega per il riordino
delle professioni che risolva una volta per tutte il problema dell'accesso alla professione forense.
Del resto, una riforma che ponga mano all'ormai obsoleta legge professionale è un'esigenza
improrogabile anche in vista delle normative emanate di recente in materia di privacy e
antiriciclaggio.
Tra le altre proposte, inoltre, anche quella di abolire il divieto del patto di quota lite, che impedisce
agli avvocati di pattuire con il cliente un compenso ulteriore oltre a quello già liquidato dal giudice,
che è già realtà in molti paesi Ue come la Spagna e l'Inghilterra, dove l'eliminazione dell'istituto è
stata accompagnata da regolamenti deontologici integrativi.
Tra gli altri intervenuti al convegno anche Mario Papa, presidente dell'Aiga, Renato Veneruso,
vicepresidente Oua, Valerio Vancheri, vicepresidente Ucpi, e Salvatore Grimaudo, Unione camere
civili. (riproduzione riservata) Simona Andreazza
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ITALIA OGGI
Intese possibili sulla riforma di got e vpo
di Paolo Valerio - Presidente Federmot
In questi giorni nei tribunali e nelle procure italiane il 90% dei got (giudici onorari di tribunale) e
dei vpo (viceprocuratori onorari) scioperano contro la scelta del governo di accantonare la riforma
della magistratura onoraria di tribunale, compresa la proposta Vitali su cui si era creato un ampio
consenso trasversale. L'attuale normativa prevede che il mandato triennale dei got e dei vpo possa
essere rinnovato solo una volta e, data l'illogicità di tale meccanismo disincentivante, l'eliminazione
della temporaneità è l'unica richiesta alla quale got e vpo non intendono rinunciare.
Se si vuole rinunciare alla proposta Vitali, una valida alternativa potrebbe essere la proposta
formulata dall'on. Siniscalchi (Ds) che accoglie alcuni rilievi sollevati dall'Anm prevedendo che
l'accesso al ruolo di complemento debba avvenire per esami, seppure all'esito di un corso-concorso
riservato ai got e ai vpo, essendo essi soltanto tra i magistrati onorari quelli che già oggi svolgono
funzioni complementari a quelle dei magistrati togati; inoltre l'ipotesi Siniscalchi comporterebbe,
rispetto alla proposta Vitali, un notevole abbattimento della consistenza numerica del ruolo di
complemento: da 4.500 a meno di 3 mila unità. Come ulteriore e diversa alternativa, volendo
percorrere un'ipotesi di compromesso da realizzare attraverso un articolato normativo più snello, il
legislatore potrebbe eliminare la disposizione che vieta ai got e ai vpo di essere confermati
nell'incarico per più di una volta, introducendo invece la possibilità di rinnovare l'incarico triennale
sino al 75° anno di età; tale soluzione dovrebbe accompagnarsi ovviamente a una riqualificazione
economica e previdenziale dei got e vpo. La Federmot, insomma, è aperta a tutte le soluzioni, ma
scenderà di nuovo in sciopero ogni 30 giorni se la riforma non verrà varata entro questa legislatura.
La posta in gioco, infatti, non è il diritto del singolo lavoratore, ma l'autonomia e l'indipendenza di
magistrati la cui cognizione si estende ai reati puniti con la reclusione sino a 24 anni e alle
controversie civili di qualunque valore e materia. Non costituiscono risposte convincenti né l'ipotesi
circolata nei giorni scorsi di un'ennesima proroga usa e getta, né le circolari emanate dal Consiglio
superiore della magistratura il quale, sostituendosi al legislatore, tenta di imbrigliare le competenze
dei magistrati onorari di tribunale, ottenendo quale unico risultato certo l'allungamento dei tempi già
apocalittici dei processi, a tutto vantaggio degli imputati colpevoli e dei debitori insolventi.
Considerato il taglio aristocratico, le circolari Csm avrebbero avuto maggiore successo nell'Atene
del V secolo a.C., dove avrebbero consentito a Socrate di morire per morte naturale anziché
bevendo cicuta all'esito di una tempestiva sentenza esecutiva. Proprio non abbiamo bisogno di prese
di posizione apodittiche in cui si scambia l'effetto per la causa e il rimedio per il male: la
magistratura onoraria di tribunale, bollata da alcuni come un problema, è invece l'unica soluzione
proponibile contro l'eccessiva durata dei processi penali e civili. Dovrebbero capirlo anche quei
pochi magistrati togati che, in questa settimana, abbandonata la redazione delle sentenze e la
direzione delle indagini preliminari, sono scesi in aula a tenere le udienze già assegnate ai got e ai
vpo per boicottarne lo sciopero. Mi confortano le parole di un Socrate nei nostri giorni: sulla porta
della sua anticamera un cartello avvisa che il procuratore della repubblica presso il tribunale di
Milano riceve solo su presentazione di un'istanza scritta ma, essendomi annunciato senza
appuntamento, sono stato così salutato al termine di un lungo e cordiale colloquio: ´Io e voi siamo
colleghi; quando avete un problema non presentatemi istanze scritte perché vi risponderei per
iscritto e non risolveremmo il problema; venite direttamente a trovarmi anche senza appuntamento e
parlando troveremo una soluzione'. (riproduzione riservata)
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DIRITTO E GIUSTIZIA
La Consulta torna al completo
Fumata bianca per la Corte costituzionale, ieri il Parlamento ha eletto Gaetano Silvestri. I
parlamentari votanti sono stati 760, la partecipazione più numerosa delle ultime sedute. Dopo
l’elezione di Luigi Mazzella la scorsa settimana, ma soprattutto dopo il doppio passo falso della
mancanza del quorum che aveva bloccato l’elezione di Silvestri, il Parlamento è riuscito a ridare alla
Consulta il suo plenum, incompleto da gennaio quando erano decaduti Carlo Mezzanotte e Valerio
Onida.
Messinese, 61 anni, laureato in Giurisprudenza, Silvestri nel 1980 ha ottenuto la cattedra di diritto
parlamentare nella facoltà di Scienze politiche, poi nell’88 è stato chiamato alla cattedra di Diritto
costituzionale della Facoltà di Giurisprudenza sempre dell’Università di Messina. Dal 1990 al 1994
è stato componente del Consiglio superiore della magistratura, eletto dal Parlamento e nel 1998 è
stato nominato componente del Consiglio scientifico dell’Istituto di studi sulle Regioni del
Consiglio nazionale delle ricerche e dallo stesso anno è Rettore dell’Università di Messina.
I presidenti di Camera e Senato, Pier Ferdinando Casini e Marcello Pera, ad elezione avvenuta
hanno dichiarato la loro soddisfazione. Dopo la lettura del risultato in aula, Pera e Casini hanno
avuto un colloquio di circa mezz’ora, al termine del quale il presidente della Camera ha
accompagnato il suo collega fino all’ingresso di Montecitorio. «C’è apprezzamento e viva
soddisfazione da parte nostra – ha detto Pera – perché è stato ascoltato il nostro invito affinchè si
risolvesse questo nodo». Il presidente della Camera Casini ha rimarcato: «siamo soddisfatti che sia
finito questo percorso, era un problema serio». Per due volta, infatti, la settimana scorsa era mancato
il quorum a sorpresa sul nome di Silvestri, indicato come candidato del Centrosinistra. Accuse
reciproche imputavano la defaillances a problemi interni agli schieramenti (vedi tra gli arretrati del
17 giugno 2005).
Ma il problema del quorum si riproporrà a novembre, quando il presidente della Repubblica dovrà
nominare altri tre giudici, essendo in scadenza il mandato di Piero Alberto Capotosti (attuale
presidente), del vice Fernanda Contri e Guido Neppi Modona, proposti nel 1996 dall’allora
presidente Oscar Luigi Scalfaro. (p.a.)
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ITALIA OGGI
Il documento degli Osservatori sulla revisione del processo civile contenuta nel decreto competitività
Niente efficienza con la riforma cpc
Le nuove regole metteranno in crisi gli uffici e il diritto di difesa
Abrogare la possibilità di scegliere tra rito civile ordinario e rito societari:, Riformulare la norma che
modifica l'articolo 183 così da non rinunciare all'udenza per la discussione delle prove. Introdurre una
disciplina transitoria che applichi la riforma ai processi instaurati dopo l'entrata in vigore della legge (11
settembre 2005). Sono queste le richieste avanzate dagli Osservatori di Firenze, Roma, Napoli, Bologna, Bari
e Milano (organizzazioni che uniscono avvocati, magistrati e operatori per una corretta gestione del prcesso
civile), che hanno stilato un documento che mette a fuoco i passaggi critici della riforma del processo civile
contenuta nella legge competitività. Gli Osservatori criticano in particolare due passaggi: la riforma
dell'articolo 183 cpc e la previsione, nelle disposizioni di attuazione, della facoltà per le parti del rito da
applicare alla causa, se quello ordinario oppure quello societario, che lascia alle parti medesime la istruttoria
della causa. Gli operatori contestano la circostanza che da questa riforma possa avviarsi un circolo virtuoso
nel senso della efficienza, visto che al contrario si creerà maggiore confunsione. Da una parte, i termini
ristretti per i difensori per domande e memorie risulterebbero inutili se la fase istruttoria e quella decisionale
si svolgono secondo i ritmi attuali. La previsione che il giudice decida sulle prove non più in udienza ma con
ordinanza successiva, è il timore, creerà un ´ruolo delle riserve' ingestibile per le cancellerie. L'opzione rito
ordinario/societario, infine, non metterà in condizioni giudici e cancellerie di conoscere che tipo di
procedimento sarà alla fine adottato rendendo impossibile gli adempimenti processuali in linea.
ItaliaOggi pubblica la Lettera aperta degli Osservatori di Firenze, Roma, Napoli, Bologna, Bari e Milano a
tutte le rappresentanze istituzionali, associative e sindacali della magistratura, avvocatura e personale
amministrativo del settore giustizia in ordine alla legge n. 80 del 2005 Gli Osservatori sulla giustizia civile
sono organismi, operanti da alcuni anni in varie sedi locali, che aggregano magistrati, avvocati, docenti
universitari e personale giudiziario, accomunati, al di fuori di ogni logica di appartenenza, dalla
consapevolezza che la risposta alle gravi difficoltà di funzionamento della giustizia civile debba essere
ricercata anche attraverso la riaffermazione, nei diversi ruoli, della fedeltà ai valori della Costituzione e in
particolare al principio di uguaglianza, di cui all'art. 3, co. 2, e al principio del giusto processo di cui all'art.
111, che, anche sotto il profilo della ragionevole durata, è strumento di garanzia dei diritti e delle libertà dei
cittadini. Gli Osservatori sono convinti che l'efficienza della giustizia civile è questione che non riguarda
soltanto la disciplina processuale, ma in misura significativa anche le concrete prassi operative e che tra le
regole processuali generali e astratte e il potere del singolo giudice di dirigere il processo esistono spazi che,
a seconda del modo in cui sono riempiti, condizionano fortemente l'efficienza del processo e l'effettività della
giurisdizione. È per tale motivo che in questi anni gli Osservatori si sono dedicati alla individuazione e alla
diffusione di quelle prassi che, in relazione alla legislazione esistente ed alle limitate risorse materiali
effettivamente disponibili, possano favorire la efficace e rapida celebrazione del processo civile. Persuasi
della correttezza di questo modo pragmatico di guardare e affrontare le cause che impediscono, al momento,
un soddisfacente funzionamento del processo civile, gli Osservatori hanno accolto negativamente alcune
delle innovazioni legislative recentemente entrate in vigore, che minacciano di non apportare alcun beneficio
alla giustizia civile, ma di creare solo pesanti ostacoli alla rapida definizione dei processi. Il 12 maggio
scorso è stata approvata la legge di conversione del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, relativo al ´Piano di
azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale', cosiddetto ´decreto sulla competitività'. Nel decreto
originario erano state inserite anche disposizioni disomogenee in materia fallimentare (modifica dei
presupposti e degli effetti della revocatoria e del concordato preventivo) e processuale civile (in materia di
comunicazioni e notificazioni). In sede di conversione in legge del decreto, è stato introdotto, utilizzando il
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voto di fiducia e quindi sottraendo, di fatto, la materia al dibattito parlamentare, un maxi-emendamento
contenente, fra l'altro, una miscellanea di ulteriori innovazioni delle procedure concorsuali, del processo
ordinario di cognizione, dei procedimenti in materia di separazione e divorzio, del processo esecutivo. La
stessa legge di conversione contiene inoltre ben tre deleghe al governo per operare, entro i prossimi sei mesi,
la modifica radicale (per mezzo decreti legislativi) della disciplina del processo civile innanzi alla Corte di
cassazione, dell'arbitrato e dell'intera legge fallimentare. Al di là di alcune innovazioni condivisibili,
l'intervento normativo ha introdotto tra l'altro modifiche nelle modalità di svolgimento del processo al di
fuori di una politica generale della giustizia, ignorando il movimento avviato dagli Osservatori sulla giustizia
civile, dalle associazioni forensi, dal Consiglio nazionale forense e dalla Anm, che negli ultimi tempi ha
inteso farsi carico del problema della giustizia con ottiche e metodi diversi, puntando sull'organizzazione,
sulla collaborazione tra tutti gli operatori del diritto, sulla ricognizione e promozione delle prassi migliori.
Un metodo che è stato lodato anche dal procuratore generale presso la Corte di cassazione nella sua relazione
all'inaugurazione dell'anno giudiziario come elemento di novità nel modo di affrontare le questioni della
giustizia.
Gli Osservatori sulla giustizia civile di Firenze, Roma, Napoli, Bologna, Bari e Milano rilevano che un tale
intervento, per quanto concerne il processo ordinario di cognizione:
¥ risulta estraneo ai contenuti e alle finalità del decreto legge sulla competitività;
¥ vanifica il lavoro da tempo in corso in molti uffici giudiziari per adottare interpretazioni e comportamenti
più attenti ai diritti dei cittadini attraverso l'elaborazione di ´protocolli di udienza';
¥ ripropone questioni processuali che assorbiranno energie e tempo, quasi che il fine del processo non sia di
attuare i diritti delle persone, ma decidere su come si deve decidere, allontanando sempre di più il momento
di composizione della lite;
¥ costituisce un alibi per nascondere i veri punti critici della giustizia che affondano le radici in carenze
organizzative o cattivi costumi.
Le preoccupazioni degli Osservatori si concentrano su due norme in particolare:
La riforma dell'art. 183 cpc non si limita a superare (come da tanti auspicato) la bipartizione in due distinte
udienze della fase di prima trattazione: in realtà essa:
¥ elimina l'obbligatorietà dell'interrogatorio libero e del tentativo di conciliazione;
¥ prevede che le parti precisino domande ed eccezioni nelle stesse memorie con le quali devono chiedere i
mezzi di prova e in termini perentori ristretti (non superiori a 30 giorni);
¥ prevede che il giudice non partecipi alla fase della precisazione e modificazione delle domande e delle
eccezioni;
¥ prevede che il giudice decida sulle istanze di prova sulla base delle memorie scritte e con ordinanza
riservata da emettere ´entro 30 giorni'.
In tal modo:
¥ si altera profondamente la fisionomia della fase introduttiva, svilendo i tentativi di razionalizzazione del
processo basati anche sulla rivitalizzazione del principio di oralità;
¥ si provoca una contrazione del diritto di difesa, in quanto appare oggettivamente più difficile formulare
istanze istruttorie senza preventivamente conoscere le precisazioni delle domande o eccezioni della
controparte;
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¥ si crea un'illusione di efficienza attraverso la previsione di termini che sono: a) difficilmente rispettabili per
il giudice, se non in condizioni di contenute dimensioni del ruolo di cause (che recenti studi indicano nel
numero massimo di 500 e che invece in molti tribunali sono due o tre volte superiori); b) inutilmente contratti
per i difensori, se le fasi di istruzione e decisione non saranno poi effettivamente contenute;
¥ inoltre si pongono le basi per la creazione di un'altra forma di processo scritto, inevitabilmente destinato a
entrare in concorrenza con il cosiddetto rito societario (dlgs n. 5/2003), pure introdotto per tutte le materie da
altra norma della riforma.
Insostenibile, inoltre, appare l'aggravio di lavoro per le cancellerie dei tribunali (soprattutto di quelli più
grandi) che dovranno gestire un vero e proprio ´ruolo delle riserve', con inevitabile aumento dei tempi di
lavoro in considerazione del numero degli atti da ricevere, da notificare, da inserire nei fascicoli ecc.
Altrettanto preoccupanti sono le ricadute sull'organizzazione del lavoro dei magistrati e delle cancellerie del
nuovo articolo 70-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile che, per la tutela dei
medesimi diritti, introduce un altro rito a cognizione piena, caratterizzato da diversità di poteri processuali
del giudice e delle parti, da diversa scansione delle preclusioni, da diversa articolazione della fase di
trattazione e di quella istruttoria. La norma, come già rilevato da alcuni professori di dottrine giuridiche,
porrà, tra l'altro, un'alternativa irrazionale per chi si sforza di rispettare la legge: violare le norme che
regolano il rito ordinario oppure violare le norme che disciplinano il rito societario.
Se l'attore, in base al nuovo articolo 70-ter, abbia fatto la proposta di proseguire nelle forme di cui al dlgs 17
gennaio 2003, n. 5, vi sarà un consistente intervallo di tempo durante il quale il cancelliere, il presidente del
tribunale e il giudice designato sono sicuramente tenuti a compiere attività processuali, ma non sanno quali,
non conoscendo con quale rito il processo verrà celebrato. Se l'attore, poi, dovesse convenire in giudizio più
parti, queste ultime sarebbero costrette a compiere atti processuali senza poter prevedere gli effetti di tali atti.
Entrambe le norme avranno un impatto notevole sull'organizzazione degli studi degli avvocati, incidendo
sulle esigenze organizzative e formative dei professionisti, già messe alla prova da un decennio di riforme (si
pensi alla riforma del processo civile del 1990, all'istituzione del giudice di pace, delle sezioni stralcio e del
giudice unico di primo grado, alla modifica del patrocinio a spese dello stato, alla nuova disciplina delle
spese di giustizia); avranno effetti negativi anche sull'organizzazione del lavoro dei magistrati e degli uffici di
cancelleria: basti pensare al tempo che occorrerà per modificare il programma informatico di gestione dei
ruoli.
È per i motivi che precedono che gli Osservatori di Firenze, di Roma, di Napoli, di Bologna, Bari e Milano si
rivolgono a tutte le rappresentanze istituzionali, associative e sindacali della magistratura, dell'avvocatura e
del personale amministrativo del settore della giustizia, affinché ricerchino un coordinamento tra le diverse
iniziative già avviate e comunque si adoperino per ottenere, prima dell'11 settembre 2005:
¥ l'abrogazione della norma che introduce l'art. 70-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
civile;
¥ la riformulazione della norma che modifica l'art. 183 del codice di procedura civile così da limitare
l'innovazione all'unificazione delle due udienze della fase introduttiva (art. 180 cpc e art. 183 cpc), come da
tempo richiesto da gran parte della dottrina, dell'avvocatura e della magistratura;
¥ quantomeno, una disciplina transitoria che limiti l'applicabilità delle nuove norme ai processi instaurati
dopo l'entrata in vigore della legge.
Gli Osservatori di Firenze, Roma, Napoli, Bologna, Bari e Milano ([email protected]).
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IL SOLE 24 ORE
Approvati i primi interventi per velocizzare le procedure
Csm: incarichi direttivi più rapidi
ROMA • Concorsi anticipati; modelli standard per i pareri sui magistrati e tetti temporali per le
attività dei consigli giudiziari e dello stesso Csm. Il Consiglio superiore della magistratura risponde
con queste misure al richiamo fatto quattro mesi fa dal capo dello Stato, che aveva lamentato gli
eccessivi ritardi dell'organo di autogoverno nelle nomine dei dirigenti degli uffici giudiziari.
Quelli approvati ieri dal plenum sono i primi interventi per accelerare le procedure. Scelte condivise
da tutti i gruppi presenti nel Csm, che hanno espresso il proprio sì all'unanimità. I concorsi per
assegnare incarichi direttivi saranno banditi sei mesi prima che il titolare uscente vada in pensione.
La gran parte delle iniziative decise servirà però a velocizzare l'istruttoria, cioè la raccolta degli
elementi conoscitivi che servono alle nomine, che oggi assorbe quasi la metà ( 170 giorni) del
tempo complessivo ( più di un anno) in media necessario ad assegnare un incarico direttivo. Si va
dall'adozione di un modello standard per i pareri che i consigli giudiziari devono dare sui magistrati,
in modo da renderne più veloce la compilazione, alla loro riduzione ( saranno richiesti solo se non
sono stati resi negli ultimi tre anni di carriera di un magistrato), sino all'indicazione di tetti limite
entro i quali vanno concessi. Ma non basta: secondo il Csm va reso effettivo ed eventualmente
ampliato l'esonero di parte dell'attività giudiziaria per i magistrati che fanno parte dei consigli
giudiziari. La disciplina più rigorosa investirà lo stesso Consiglio: non più di 90 giorni di tempo per
formulare le proposte di nomina in commissione.
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ITALIA OGGI
Il ministro Stanca ha presentato i progetti informatici applicati ai tribunali
Con l'Ict la giustizia risparmia
81 milioni di euro in meno con gli invii on-line
Giustizia: con le notizie di reato on-line si risparmiano 23 milioni di euro all'anno, e solo al Sud. La
giustizia corre on-line con la posta elettronica certificata e alleggerisce il conto delle spese. Oltre a
snellire le procedure e abbreviare i tempi burocratici, questo nuovo strumento d'innovazione
tecnologica sta infatti per innescare risparmi gestionali che, a regime, saranno di almeno 23 milioni
di euro l'anno solo nel settore della gestione della giustizia nel Meridione. Il ministro per
l'innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca, presidente del comitato dei ministri per la società
dell'informazione, ha appena firmato le comunicazioni che danno il via a una serie di progetti per
sostituire con la posta elettronica certificata la tradizionale trasmissione manuale degli avvisi di
reato da parte delle varie forze dell'ordine a 77 procure della repubblica poste nel Sud. L'iniziativa
riguarda i ministeri dell'interno e della giustizia e coinvolgerà carabinieri, polizia di stato, guardia di
finanza e corpo forestale dello stato.
´Molte comunicazioni relative alle notizie di reato, che ora vengono recapitate a mano da personale
delle forze dell'ordine, giungeranno alle procure per via elettronica, fino ad arrivare all'obiettivo di
trattare, in questa prima fase, in modo digitale quasi un milione di comunicazioni', ha detto Stanca.
L'iniziativa ha richiesto un investimento complessivo di 14,8 milioni di euro, di cui 3,7 finanziati
dal comitato dei ministri per la società dell'informazione, e rientra nel più ampio ´Progetto @P@',
finalizzato alla diffusione e all'utilizzo della comunicazione elettronica nella p.a. italiana che,
complessivamente, richiederà investimenti per circa 42 milioni di euro, di cui 13 cofinanziati dallo
stesso comitato interministeriale, innescando risparmi annui per almeno 130 milioni di euro. I
progetti, decollati in questi giorni con la firma del ministro per l'innovazione e le tecnologie e portati
avanti dal Cnipa, riguardano non solo la gestione della giustizia, ma anche diverse altre attività
relative al funzionamento del complesso apparato burocratico pubblico e hanno tra gli obiettivi
l'efficienza dei servizi e la trasparenza.
Quanto alla giustizia, in particolare, gli altri progetti riguardano il recupero spese di giustizia, la
registrazione telematica degli atti giudiziari, l'automazione delle adozioni in Sicilia.
Recupero spese di giustizia. Il ministero della giustizia si accinge ad avviare la gestione
informatizzata delle attività di recupero delle spese di giustizia attraverso l'uso della posta
elettronica certificata e della firma digitale, sostituendo con questi moderni strumenti tecnologici
l'interazione e lo scambio di atti con i concessionari relativi alle spese, alle pene pecuniarie e alle
procedure concorsuali. Il dicastero di via Arenula ha investito 1,8 milioni di euro, di cui 750 mila
coperti da finanziamento del Cmsi. Il risparmio annuo sarà di quasi 1 milione di euro grazie
all'eliminazione di 600 mila comunicazioni.
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Registrazione telematica degli atti giudiziari. L'introduzione, da parte del ministero della giustizia e
dall'Agenzia delle entrate, dell'invio elettronico e della registrazione informatica di decreti
ingiuntivi, atti di tribunali, Corti d'appello e Cassazione ha richiesto un investimento di 4,2 milioni
di euro, di cui 1,2 finanziati dal Cmsi. Il vantaggio deriva dall'eliminazione di 1,6 milioni di
comunicazioni cartacee l'anno con un risparmio di 53 milioni di euro.
Automazione delle adozioni in Sicilia. Il tribunale dei minorenni della Sicilia e i consultori isolani si
scambieranno posta elettronica certificata anziché documentazione cartacea. Si tratta di circa 10
mila pratiche l'anno, con un risparmio di una circa 60 mila euro per esercizio, a fronte di un
investimento da parte del ministero della giustizia di 500 mila euro, di cui 200 mila erogati dal
Cmsi. Il progetto pilota è frutto di accordi locali ma verrà allargato ad altre aree del paese.
Processo amministrativo telematico. Per consentire la sostituzione dell'invio tradizionale di
comunicazioni con la posta elettronica certificata nell'ambito del processo amministrativo
telematico, l'Avvocatura dello stato e il Consiglio di stato hanno investito 1,6 milioni di euro, di cui
700 mila del Cmsi, eliminando ben 240 mila comunicazioni l'anno e conseguendo risparmi per 4,7
milioni di euro per esercizio.
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ITALIA OGGI
A lezione di marketing
Un test per valutare quanto è efficace la strategia Mktg
Negli ultimi mesi, il marketing legale è quasi diventato un tema di moda. Sempre più avvocati ne
parlano, gli studi, non solo a Milano, cominciano a pensarci e a investire i soldi.
Ma non tutti hanno già la percezione giusta e pensano che il marketing non sia molto più di una
brochure, un sito web e forse qualche seminario. Ancora peggio è se credono che marketing voglia
dire soltanto fare un buon lavoro e aspettare che i clienti chiamino.
Certamente, come abbiamo visto negli articoli di questa rubrica, un lavoro tecnico d'alto livello è
centrale per la vita dello studio: il sine qua non. Ma secondo le indagini delle consulenze del settore,
quasi tutti i clienti pensano che i loro avvocati facciano un buon lavoro, o ammettono che non sono
in grado di distinguere il lavoro superiore dal lavoro medio. Questo vale per entrambi, clienti
organizzazionali e privati.
I diversi strumenti di marketing possono aiutarci, ma solo quando sono usati bene. La brochure
dello studio informa clienti attuali e potenziali delle capacità, dimensioni e aree di servizio dello
studio, ma solo se loro la leggono.
Però, secondo gli esperti, la maggior parte delle brochure e opuscoli non è mai letta per mancanza di
tempo da parte dei (potenziali) clienti. Purtroppo anche le brochure che sono state lette, non ci
servono tanto a causa della somiglianza nello stile e nel contenuto.
Non serve a nulla a uno studio fare una brochure ´simile a quella dello studio xyz', come solo mi è
stato chiesto qualche mese fa da un avvocato.
Non basta copiare lo stile e il contenuto del concorrente: l'altro studio è diverso, si trova in una
situazione diversa, vuole raggiungere altri clienti ecc., altrimenti non c'è nessun ragione per i clienti
di venire da te!
Per attirare, tenere e incrementare i clienti servono un approccio strategico e un'esecuzione ottima.
Questo è possibile solo se ascoltiamo i nostri clienti, impariamo dai nostri errori e cambiamo strada,
quando è necessario.
Se non si tratta di uno studio composta da un singolo avvocato, ci vogliono anche l'atteggiamento
giusto e gli skill marketing da parte dei collaboratori e dello staff. Solo se tutti comprendono e
vivono il marketing quotidianamente, il marketing ha una chance di successo.
Un piccolo test può aiutare a valutare se il marketing dello studio funziona:
1) lo studio è conosciuto per qualcosa importante che attira i clienti e tutti all'interno dello studio e
tutti i clienti sono in grado di spiegare che cosa sia;
2) il nome dello studio è memorizzabile facilmente e non è cambiato negli ultimi tre anni;
Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
3) abbiamo identificato alcune aree di practice esistenti come future fonti di crescita. Tutti gli
avvocati dello studio ne sono informati e possono identificarle;
4) abbiamo identificato qualche settore specifico e/o tipi di clienti come future fonti di crescita. Tutti
gli avvocati dello studio sono informati e possono identificarli;
5) abbiamo un budget annuale per il marketing che include tutti gli aspetti e strumenti disponibili;
6) regolarmente identifichiamo attuali e potenziali mercati: aree geografiche, tipi di clienti, settori, e
monitoriamo i concorrenti e i ´trend' per pianificare la nostra strategia;
7) regolarmente parliamo con i nostri clienti per identificare il livello della loro soddisfazione da
parte dei nostri servizi;
8) la nostra posizione nel mercato relativo ai concorrenti maggiori è aumentata negli ultimi tre anni
in termini di dimensione, profitto o reputazione e siamo in grado di dimostrarlo;
9) tutti all'interno dello studio comprendono il loro ruolo nel marketing dello studio;
10) tutti i soci hanno dei piani individuali di marketing e si valuta la performance di marketing di
ciascuno almeno una volta l'anno;
11) il piano di marketing dello studio esiste in formato scritto, è stato comunicato a tutti i
collaboratori allo staff dello studio e viene rivisto almeno una volta l'anno.
12) (per gli studi che hanno una professionista di marketing all'interno): il ruolo del nostro
responsabile di marketing è accettato, compreso e valutato da tutti i soci e collaboratori.
Chi ha meno di sei risposte positive a queste domande, deve seriamente pensare all'efficacia del suo
marketing.
Oggi, per tanti avvocati, il marketing non è più un'opzione. I clienti non arrivano più cosi, quando
mettono la targa alla porta. Il marketing è una delle strategie più importanti per il futuro dello studio
e deve essere trattato cosi.
Si raccomanda di esaminare le domande di nuovo.
Tutti i sì sono dei punti di forza. Occorre fare una lista dei vantaggi di questa forza per i clienti e
individuare i modi per comunicarli.
Tutte le riposte negative, i no, invece sono i punti deboli. Bisogna sviluppare una strategia per
superarli.
In ogni caso, lo studio deve pensare e pianificare strategicamente e sviluppare un piano marketing
pro-attivo, fatto su misura per la situazione dello studio, sempre con i bisogni dei clienti al centro.
Se avete dei quesiti specifici, non esitate a inviarli all'indirizzo e-mail: [email protected].
(riproduzione riservata) Silvia Hodges
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23 - Ordine degli Avvocati di Trani