lunedi 07 Luglio 2003
RAPPORTO FACTORING
Le società pensano più a migliorare i margini di guadagno che a fare grandi
volumi"
Parla carretta (assifact)
Factoring, la scommessa di un 2003 ancora positivo
JULIA GIAVI LANGOSCO
Appalti e PA ora è possibile cedere i crediti
MASSIMILIANO DI PACE
Industrie in ritirata, si espandono le banche
I protagonisti
STEFANO CAVIGLIA
Piccole imprese, un nuovo mercato per continuare a crescere
ELISABETTA MIRARCHI
Scatta l’Iva per adeguarsi all’Ue l’impatto di un’imposta finora schivata
fisco
Un contratto su misura per ogni tipo di credito
GIUSEPPE PIZZONIA
Il settore fa poca leva sul marketing
ROSA SERRANO
Il factoring dieci domande e dieci risposte
Finanzia dal calcio alle Asl
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Parla Alessandro Carretta (assifact)
"Le società pensano più a migliorare i margini di guadagno che a fare grandi
volumi"
"Dopo anni e anni di crescita veloce una fase di assestamento può essere considerata fisiologica". Il segretario
generale di Assifact, nonché docente di Economia degli intermediari all’università di Tor Vergata a Roma, Alessandro
Carretta, non drammatizza l’andamento quasi piatto del factoring nei primi tre mesi del 2003. "I miei associati – spiega
– si stanno preoccupando meno di fare grandi volumi a tutti i costi e più di ottenere margini di guadagno superiori".
E ci riescono?
«E’ difficile dirlo. Aumentare i margini non è facile in un momento come questo in cui è richiesto un arricchimento
continuo dei servizi e un miglioramento della qualità. Tuttavia è importante che ci sia una maggiore attenzione a questo
aspetto».
Le imprese italiane apprezzano il factoring?
«Più di quanto in genere non si creda. Ad oggi qualche decina di migliaia di aziende utilizza questo tipo di servizi, come
creditore o come debitore. Non sono poche, anche se in prospettiva, certo, la vera scommessa è farli conoscere e
provare a un bacino molto più ampio ».
A chi spetta il ruolo più importante per favorire la diffusione di questo strumento?
«Soprattutto alle banche. Sono loro che tengono i rapporti con la massa delle piccole e medie imprese. Dunque
dovrebbero esser loro a spiegare ai clienti che cos’è il factoring e in che modo potrebbe risultare prezioso per l’attività
di un’azienda. Ma chi lavora in banca deve essere preparato su un tema complesso e non molto conosciuto. Non per
niente in questo momento la nostra associazione di categoria sta tenendo corsi di formazione on line che servono
proprio a specializzare sul factoring 300 persone».
Al governo avete niente da chiedere a questo proposito?
«Ci sono altre due questioni per noi molto importanti che coinvolgono direttamente l’esecutivo. La prima è il progetto di
riforma della legge sui fallimenti, oggi in commissione Giustizia al Senato, che prevede tutele più forti rispetto al
passato per il creditore. Ebbene chiediamo che questo rafforzamento valga anche per le società di factoring. L’altra
questione fondamentale riguarda i nuovi principi contabili che dovranno entrare in vigore in Europa nel 2005. Per noi è
di fondamentale importanza che anche con la nuova normativa le società di factoring possano continuare a iscrivere i
crediti in bilancio. Come hanno sempre fatto».
(s.cav.)
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Factoring, la scommessa di un 2003 ancora positivo
JULIA GIAVI LANGOSCO
Sarà perché i servizi finanziari alle famiglie languono, sar à che il comparto titoli boccheggia e che le imprese, fiaccate
dalla crisi, non vanno in borsa, sta di fatto che servizi relegati dalle banche al rango di "complementari", stanno rivivendo
un buon momento. Il factoring, in particolare, è percorso da slanci che in molti casi ricordano i fasti dei primi anni ‘80,
quando scoppiò la moda del parabancario. Bastano alcuni dei tanti dati prodotti da Assifact, il sodalizio delle major del
comparto, per rendersene conto. Nel 2002, annus horribilis per molti comparti dell’attività bancaria e della finanza,
secondo un’indagine campione riferita a 30 imprese identificabili con la serie A del factoring, il turnover, ovvero l’insieme
lordo dei crediti acquistati nel periodo, è aumentato di un rotondo 8% con una massa complessiva di operazioni di 119
miliardi di euro.
Il bello del pro soluto. Negli stessi 12 mesi l’outstanding, il termine con il quale gli habitué del ramo identificano i crediti in
essere, è aumentato di un dignitoso 5%. Dati modesti? Non lo sono. Soprattutto se si va un po’ a guardare dentro queste
cifre. Oltre il 67% delle operazioni in essere riguarda la formula avanzata del factoring pro soluto, una soluzione di
cessione del credito proveniente dalla fatturazione che libera definitivamente l’impresa cedente, al contrario di quanto
avviene col pro solvendo, che lascia in capo all’impresa la spada di Damocle della responsabilità subordinata. «Il
factoring pro soluto — spiega Luigi Moncata, amministratore delegato di Unicredit factoring — ha ormai largamente
sorpassato la cessione di fatture pro solvendo. Grazie al pro soluto, le imprese, definitivamente liberate del credito
trasferito sul factor, possono impostare con più tranquillità la gestione della finanza aziendale». Quanto ai factor
l’espansione del pro soluto significa anche commissioni più premianti, dal momento che il rischio assunto è maggiore di
quello proveniente dal factoring pro solvendo. E, in larga misura, si spiega proprio con la migliorata remunerazione del
servizio, seppure in modo variegato da factor a factor, il rinnovato interesse che il sistema del credito dimostra per
l’exparabancario. Dove ha anche ricominciato a investire.
Banche titolate. Alla crescita dei volumi commerciali del comporto corrisponde anche una crescita strutturale. Varie
società di factoring puntano all’investitura di banche e la trasformazione in vari casi è già in atto. Nel gruppo Monte dei
paschi di Siena, MPS Leasing & Factoring (MPS L&F), ha da poco festeggiato il suo primo compleanno da banca per i
servizi finanziari alle imprese. E già si propone come "centro d’eccellenza" del gruppo, avendo raggiunto nel primo anno
di attività un roe del 7,2%, con una previsione di crescita nel 2003 all’8,6% e con il 15% come obiettivo per il 2005.
Un’altra giovanissima rampante è Banca Ifis, quotata al ristretto. Il consiglio d’amministrazione, sotto la presidenza di
Sebastian Egon Furstemberg, ha felicemente verbalizzato che il volume delle operazioni concluse con le imprese amiche
è aumento quasi del 32% nel corso del 2002. Anche più "festaiolo" è risultato il successivo consiglio d’amministrazione
della Ifis che ha aumentato, nel primo trimestre 2003, l’utile netto di oltre il 70%. Ma Banca Ifis, si dirà, è una piccola
realtà. Nell’insieme il comparto cresce, ma l’8% di aumento del turnover registrato nel 2002 è ben diverso del 15% che
Assifact ha segnalato per il 2001. E lo stesso risultato del 2002 sarà probabilmente migliore di quello che i conti di
Assifact fanno intravedere per il 2003. Nel primo trimestre l ’espansione del turnover è stata infatti del 5%, un terzo del
15% del 2001.
La scommessa 2003. Nella parte alta del comparto si prospettano comunque risultati buoni anche per quest’anno e viene
descritto uno scenario incoraggiante anche per un futuro più lontano, ma a una condizione: per mantenere alta la
redditività, bisogna innovare e questo costa. Che innovare sia indispensabile lo sanno bene in Unicredit factoring
(numero 4 nella graduatoria nazionale) dove per il 2002 si è esibito un risultato lordo di gestione a 12,6 milioni di euro,
corrispondenti a una crescita del 70% e un utile netto a 6,1 milioni di euro con un exploit di aumento addirittura del 74%.
«L’apporto di innovazione rappresentato dal factoring pro soluto — conferma Moncada — ha un ruolo importante in
questi risultati». Ma nel futuro si dovrà andare anche oltre. Il fascicolo delle cartolarizzazioni ha già incominciato a girare
per i tavoli di Unicredit factoring. E delle sue concorrenti.
Factoring senza frontiere. Crescere con nuovi prodotti, ma anche con il modello organizzativo. A fare tendenza sono
anche le esperienze come quella di Centrofactoring, che fa capo a Banca CR di Firenze. Qui, ad alimentare le attese per
il futuro concorrono soprattutto i collegamenti azionari di gruppo e le prospettive internazionali. La presenza di Sanpaolo
Imi nell’azionariato della controllante e i collegamenti indiretti con Cardine, a sua volta inserito nell’alveo del gruppo
torinese, fanno ben sperare Mario Marinesi, che di Centro factoring è direttore generale. In effetti Sanpaolo Imi ha già
ceduto a Centrofactoring la clientela proiettata sull’estero, tanto che proprio l’International factoring fa intravedere a
Marinesi buone opportunità di crescita in termini di quota di mercato. Le sinergie in questi casi non sono solo un termine
astratto.
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Appalti e PA ora è possibile cedere i crediti
MASSIMILIANO DI PACE
Il regolamento attuativo della legge Merloni (109/94), il Dpr 554/99, consente la cessione dei crediti vantati nei confronti
della Pubblica amministrazione (PA), derivanti da contratti di appalto di lavori pubblici, di concessione di lavori pubblici,
e da contratti di progettazione nell’ambito della realizzazione di lavori pubblici. Si tratta di una possibilità non molto
conosciuta (visto che una vecchia norma, l’articolo 339 della legge 2248/1865, vietava la cessione di crediti vantati nei
confronti della pubblica amministrazione), ma la cui valorizzazione potrebbe dar luogo a una ventata di dinamismo nel
difficile settore degli appalti pubblici.
Non è un caso d’altronde che Assifact, l’associazione italiana delle societ à di factoring, ha pubblicato recentemente un
opuscolo (disponibile sul sito www.assifact.it), che illustra il factoring relativo a crediti verso enti pubblici, chiarendo,
attraverso 10 domande e risposte, le possibili problematiche che l’utilizzo potrebbe creare. Fra esse vi è l’esatta
definizione di lavori pubblici. Per questo aspetto viene in soccorso l’articolo 1, comma 1, della legge 109/94, secondo il
quale sono lavori pubblici le attivit à di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di
opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica.
La normativa sui lavori pubblici (e quindi l ’applicazione della cessione dei crediti) si estende oggi anche ai contratti misti
di lavori, forniture e servizi qualora i lavori assumano valore economico superiore al 50%, ma in futuro, fanno notare in
Assifact, l’ampliamento della definizione a livello comunitario di "lavoro pubblico" potrebbe comportare l ’inclusione di
qualsiasi fornitura di servizi.
Va poi notato come il ricorso sempre più frequente della stessa amministrazione pubblica verso strumenti finanziari
innovativi (ad esempio le cartolarizzazioni), rende l ’utilizzo del factoring con i crediti vantati con amministrazioni
pubbliche più agevole. E anche meno costoso, dato che i debiti delle P.A., se sono incerti nei tempi di liquidazione,
quasi mai lo sono sotto il profilo della certezza della riscossione. Pertanto non è quasi mai necessario ricorrere
all’assicurazione del credito, che costituisce un servizio, ed anche un costo, del factoring.
Bisogna poi segnalare che il recente D.Lgs 231/2002, che ha recepito la direttiva comunitaria 2000/35/Ce, imponendo il
pagamento di interessi ai debitori che onorano con ritardo le fatture (ossia oltre la scadenza del termine di pagamento,
o se questo non è indicato, dopo 30 giorni dal ricevimento della fattura), ha potenzialmente semplificato un aspetto
dell’attività del factoring che è dato proprio dalla gestione dei crediti (avviso delle scadenze, solleciti, riscossione).
In definitiva l’Assifact si attende una crescita di questa componente del mercato, visto che sono state avviate alcune
operazioni, da parte di operatori del factoring (in genere banche e societ à specializzate) già impegnati sul fronte dei
crediti verso le amministrazioni pubbliche, che nel complesso riguardano il 24% del valore dei crediti ceduti (questi
ultimi pari a 31,3 miliardi di euro a fine marzo 2003).
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Industrie in ritirata, si espandono le banche I protagonisti
STEFANO CAVIGLIA
Arretramento dei grandi gruppi industriali ed espansione degli istituti di credito: si può sintetizzare così la tendenza
dominante negli ultimi anni nel mondo del factoring.
Quella che è stata finora la principale peculiarità del mercato italiano, ovvero la forte presenza industriale nel settore
dell’acquisto e della cessione dei crediti, sta progressivamente venendo meno, dopo aver contribuito a fare del nostro
paese uno dei più importanti al mondo in questo settore.
Le grandi industrie devono occuparsi sempre più dei loro core business e lasciano campo libero agli istituti di credito. Il
che comporta anche la prevalenza di un modello di factoring su un altro, visto che quello dei gruppi industriali è
tradizionalmente un mercato "captive" rivolto ai fornitori del gruppo, mentre quello bancario si rivolge all’interno
mercato.
L’esempio più significativo è quello della Fidis del gruppo Fiat, influenzata naturalmente dalle vicissitudini affrontate
nell’ultimo anno dalla casa madre. La società è sempre terza come quote di mercato (dopo Mediofactoring, del gruppo
Intesa e Ifitalia, di Bnl), ma il suo peso in termini di incidenza sul fatturato globale del settore diminuisce: il cosiddetto
turnover cumulativo di Fidis, ovvero il totale degli anticipi effettuati e rimborsati (che si può considerare equivalente al
dato del fatturato per gli altri settori) che era di oltre 19 milioni di euro alla fine del 2001 (pari a quasi il 18 per cento del
mercato), è sceso a meno di 18 nel 2002 (poco meno del 15 per cento), restando poi stabile in termini percentuali nel
primo trimestre del 2003 (con 4 miliardi e oltre 240 milioni di euro).
Ma non si tratta solo di Fiat. Più indietro del 2001 non si può ragionevolmente andare con i confronti, perché nel
frattempo sono cambiati i criteri di rilevazione, ma se si facesse una zoomata sul decennio precedente si scoprirebbe
una serie di società di factoring legate alla grande industria pubblica che ormai non ci sono più (come l’Iri) oppure
hanno di gran lunga ridotto l’attività, perch é il gruppo di riferimento industriale ha deciso di concentrarsi sulla propria
attività principale.
Che cosa spingeva un gruppo industriale di dimensioni internazionali ad intraprendere un’attività così impegnativa che
richiede una fortissima specializzazione?
Oltre alla remuneratività, che comunque c’è sempre stata, il discorso riguardava e riguarda soprattutto la relazione con
le aziende fornitrici. A queste ultime viene offerto un servizio prezioso, con la possibilità di ottenere in anticipo il
corrispettivo dei crediti vantati nei confronti del gruppo.
E’ anche attraverso il factoring, insomma, che nei decenni passati i grandi gruppi industriali italiani hanno messo in
piedi consolidate reti di rapporti in grado di legare a se stesse interi ambienti produttivi.
Ora che questa modalità va a ridursi (pur restando indubbiamente ancora imponente nel caso di Fidis) il cuore di
questa attività è in mano agli istituti di credito. Sono state le banche a sviluppare il factoring negli ultimi anni, sono
soprattutto le banche a credere alle possibilità di sviluppo di un mercato il cui valore complessivo nel 2002 è stato di
circa 135 miliardi di euro come turn over, pari al 18 per cento del mercato mondiale e addirittura al 25 per cento di
quello europeo.
La crescita è stata impetuosa, in genere a due cifre, negli anni a cavallo del decennio, rallentando nel 2002. Ma il
settore ha continuato a crescere anche in una fase di congiuntura bassa, e non solo in Italia (si parla del 4 per cento a
livello mondiale).
Il primo trimestre del 2003 ha registrato una battuta d’arresto, con una crescita fra lo zero e l’1 per cento, che fra i
protagonisti del settore non viene drammatizzata, essendo vista come una pausa naturale dopo la lunga galoppata
degli anni precedenti.
Tre sono i gruppi che da anni si dividono le fette più grosse del mercato: Mediofactoring (gruppo Banca Intesa), Ifitalia
(gruppo Banca nazionale del lavoro) e Factorit (banche popolari).
La quota più importante spetta al primo, con oltre 29,7 milioni di euro di turn over alla fine del 2002, pari a poco meno
del 25 per cento del mercato, in aumento in termini assoluti ma in leggero calo in termini percentuali rispetto all’anno
precedente (quando era pari a 28,6 milioni, con una quota di poco inferiore al 27 cento).
Le aspettative del gruppo sono decisamente positive, sia sul mercato in generale che sulla società in particolare. «I
risultati alla fine del primo trimestre 2003 — spiega il direttore generale di Mediofactoring Carlo Alfei – ci danno in
crescita, con una quota del 26,41 per cento del mercato. Più in generale, le prospettive sono buone soprattutto per il
factoring inteso come complesso di servizi da offrire alla clientela. Dalla valutazione alla gestione del credito,
dall’anticipo del corrispettivo alla garanzia di solvibilità: offriamo una gamma di opportunità davvero ampia ai nostri
clienti e un numero sempre maggiore di piccole e medie imprese comincia ad apprezzarne il valore».
Ottimismo e fiducia anche in casa Factorit, dove la battuta d’arresto dei mesi passati non è stata minimamente sentita,
visto che nel primo trimestre 2003 la società ha registrato una crescita del 18,6 rispetto allo stesso periodo 2002, che
l’ha portata ad aumentare fino al 9,2 per cento la sua quota di mercato.
«Puntiamo soprattutto sulle piccole imprese – spiega il responsabile delle relazioni esterne, Sandro Moretti – che
possono utilizzare il factoring come forma di finanziamento alternativo specie nelle fasi in cui le banche sono meno
propense a concedere crediti». E’ proprio su questo segmento che la concorrenza si preannuncia più agguerrita nei
prossimi mesi.
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Piccole imprese, un nuovo mercato per continuare a crescere
ELISABETTA MIRARCHI
Qualcosa sta cambiando. Il factoring, come altre attività parabancarie sofisticate, era soprattutto utilizzato dalle grandi
aziende: pochi soggetti cedevano grandi quantità di crediti a banche o ad apposite società nate proprio per occuparsi di
questa attività. All’inizio, e fino a poco tempo fa, i crediti erano ceduti nella forma pro solvendo, ovvero solo se
andavano a buon fine.
In questo modo, l’attività di factoring si presentava come un’attività di nicchia, dedicata a pochi soggetti che
desideravano esternalizzare la funzione di recupero crediti concentrandosi sul proprio core business.
Più recentemente, per le società di factoring si è aperta una nuova fase. Da una parte, a dominare ormai è la cessione
di crediti pro soluto: la società di factoring accetta un certo importo di crediti da una impresa a prescindere dal buon
esito del recupero. In questo modo la società di factoring offre un servizio più complesso, che incorpora anche un’alea,
mentre l’impresa si concentra sul core business avendo la certezza di poter recuperare una certa cifra .
Dall’altra parte, le società di factoring si mostrano sempre più interessate alle piccole e medie imprese. E, cosa ancora
più straordinaria, queste ultime stanno diventando sempre più sofisticate e comprendono il valore di un’attività come il
factoring, che in passato sembrava lontana dai loro interessi.
Questi due elementi aprono un fase nuova nel factoring nostrano e consentono forse di guardare al futuro con un certo
ottimismo, nonostante la congiuntura non favorevole.
(a.b.)
I crediti commerciali sono spesso per le imprese una nota dolente se non un vero e proprio problema nella gestione dei
flussi finanziari e del bilancio. L’uscita di sicurezza si chiama "factoring", vale a dire la cessione dei propri crediti ad una
società finanziaria che provvede anche a garantire la solvibilità dei debitori e quindi un flusso di denaro predeterminato
nel tempo. Un servizio che molte imprese guardano ancora con diffidenza anche se negli ultimi anni le società di
factoring hanno visto crescere in modo significativo il turnover, ossia il volume di crediti ceduti. "L’andamento dei primi
tre mesi 2003 del volume di attività è tendenzialmente costante e, per la fine dell’anno, prevediamo di confermare il
livello del 2002 – precisa il presidente di Assifact, Alessandro Carretta Gli aumenti a due cifre degli anni precedenti
sono ormai un ricordo ma, in un generale contesto economico sfavorevole, non possiamo lamentarci".
Si chiama Mediofactoring, fa parte del gruppo Banca Intesa, e vanta il primato assoluto in Italia e in Europa. Il direttore
generale, Carlo Alfei, per misurare l ’entità della sua società snocciola alcuni dati: "Nel 2002 il mercato mondiale,
Europa in testa, è cresciuto del 4 per cento raggiungendo un turnover di circa 750 miliardi di euro. Nel contesto
europeo l’Italia rappresenta il 25 per cento del mercato, in quello internazionale sfiora il 18. Sempre nello stesso anno il
nostro paese si è attestato sui 120 miliardi di euro: di questi Mediofactoring ne ha realizzati 29,7 miliardi, pari al 24,97
per cento della quota di mercato. E se nel primo trimestre 2003 il turnover è stato stabile, la nostra quota è salita al
26,41 per cento. Puntiamo sulla qualità dei prodotti a maggior valore aggiunto, il prosoluto, che da solo rappresenta il
77 per cento della nostra attività globale e al 31 marzo 2003 il 30,24 per cento della quota di mercato nazionale. Stiamo
lavorando per un consolidamento della nostra posizione anche alla luce delle diverse fusioni realizzate nel corso degli
anni: l’ultima in ordine di tempo, l’acquisto del ramo d ’azienda della Comit Factoring. Inoltre, abbiamo la vocazione ad
assistere le pmi, anche incentivando la nostra assistenza agli imprenditori nelle loro operazioni internazionali di import
ed export, e di estero su estero. In questa fase abbiamo allo studio nuovi prodotti e tendiamo a valorizzare la risorsa
Internet: nel mese di giugno abbiamo registrato circa 10 mila accessi" .
Le principali società di factoring lavorano soprattutto sui grandi volumi e su poche centinaia di cedenti. La Banca Monte
Paschi di Siena Leasing&Factoring ha invertito la rotta puntando sulle pmi. Il perché lo spiega Antonio Attanasio,
direttore generale: "Un obiettivo primario che sta dando risultati sorprendenti. Basti pensare che abbiamo ogni anno
dalle 300350 mila fatture anticipate ai nostri clienti. La chiave del successo sta nel modello organizzativo che sfrutta le
enormi potenzialità del gruppo Mps tramite duemila filiali dislocate sul territorio nazionale. La creazione di una
piattaforma informatica evoluta inoltre consente un’interattività costante con la nostra direzione e le filiali che hanno
autonomia deliberativa e di gestione operativa del rapporto con il cliente. Il coinvolgimento diretto della rete bancaria
periferica fa sì che la cultura del prodotto factoring si diffonda fra gli operatori di filiale e quindi fra la clientela stessa.
Infine la nostra scelta di unificare in un’unica banca il leasing e il factoring permette alle piccole e medie imprese di
avere un’unica interlocuzione per la gestione dei cicli dell’attivo (smobilizzo dei crediti) e del passivo (finanziamento
degli investimenti fissi, dall’auto all’attrezzatura, al capannone all’ufficio) del bilancio dell’azienda".
A fare un bilancio di Ifitalia è l’amministratore delegato Franco Rosso: "E ’ un momento riflessivo visto che la situazione
economica non è brillante. Più che lanciare nuove iniziative puntiamo ad affinare e personalizzare il prodotto a seconda
delle specifiche esigenze del cliente. Operiamo con aziende corporate e large corporate alle quali offriamo un servizio
nella gestione dei crediti con componente sia finanziaria che assicurativa; un full factoring a tutto tondo per il cliente che
affida a noi la gestione del parco clienti che comprende gestione, incassi, garanzia e finanziamento. Per la fine
dell’anno contiamo dunque di confermare i volumi del 2002".
Non c’è aria di stagnazione a UniCredit Factoring, per l’amministratore delegato Luigi Moncada: "Negli ultimi quattro
anni la società è cresciuta in modo esponenziale sia sul turnover che sul risultato di gestione. Basti dire che
l’incremento complessivo è stato del 208 per cento. Anche questa prima parte del semestre 2003 mantiene un trend
positivo che prevediamo registrerà, per risultato lordo di gestione, un incremento del 25 per cento rispetto all’anno
scorso. Una crescita dovuta ad una strategia di marketing ad hoc che contempla l’avanzamento dell’attuale business,
l’avvio di una profonda fase di evoluzione organizzativa con un team di lavoro capace di garantire alle aziende elevati
livelli di professionalità. Ulteriore impulso è stato dato dall’attività dell’International Factoring che ci ha permesso di
incrementare importanti accordi con partners internazionali. Infine, abbiamo realizzato un importante progetto
innovativo per l ’implementazione di un sistema di interscambio automatizzato delle informazioni fruibile direttamente da
internet".
Stesso ottimismo esprime Antonio De Martini, direttore generale di Factorit: "A livello commerciale i primi cinque mesi
del 2003 hanno segnato una crescita del 15 per cento mentre in termini economici registriamo un utile lordo superiore
al 30 per cento rispetto allo scorso anno. Siamo in controtendenza rispetto all ’andamento del volume di mercato che
per ora resta sui valori del 2002. La ragione di un trend così positivo è legato alla scelta di diversificare l’attività
tradizionale a supporto delle banche popolari azioniste, alla capillarità ed efficienza della rete commerciale delle banche
popolari, al particolare livello di sofisticazione dei prodotti finanziari erogati alla clientela grazie ad un sistema
informativo all’avanguardia. Noi possiamo contare sul più importante, se non il primo, network bancario italiano
costituito da oltre seimila sportelli".
Andamento positivo anche alla CBIFactor, societ à di factoring del gruppo Banca Lombarda. Ne parla il direttore
generale e amministratore delegato, Giorgio Bondioli: "La nostra previsione è ottimistica: usciamo da un 2002 con una
crescita di oltre il 32 per cento dell’utile netto e nei primi sei mesi di quest’anno registriamo un incremento del 30. Ci
basiamo sulla percezione di una crescente di domanda da parte del mercato dei nostri servizi, soprattutto di gestione
dei crediti sia verso imprese private sia verso le aziende pubbliche. Certamente la congiuntura in atto non facilita
l’azione del factoring perché non è significativa la crescita del fatturato delle aziende, valore su cui è basato la nostra
attività. Tuttavia l’esigenza degli imprenditori italiani di allargare i propri mercati e quindi necessariamente di aprire
relazioni con nuovi acquirenti pubblici e privati apre opportunità importanti per il grande factor che può operare sul
territorio nazionale e estero".
Tempo di grandi cambiamenti a Centro Factoring, dopo l’arrivo, un anno e mezzo fa, del direttore generale, Mario
Marinesi: "E’ una fase stagnante ma viviamo un periodo di tonicità e brillantezza. Stiamo crescendo nell’ordine del 25
per cento circa del turnover anche perché abbiamo varato un piano triennale di un progetto di crescita operativo da
quest ’anno. Muoviamo i primi passi.Tra gli obiettivi: l’aumento di crescita di volume e nei prossimi anni e un incremento
della quota di mercato. Ci siamo dati due obiettivi: la riorganizzazione della macchina aziendale e lo sviluppo della rete
informatica: abbiamo rafforzato i 30 punti di vendita e ne stiamo aprendo altri. Infine abbiamo avviato rapporti di
collaborazione con importanti realtà bancarie nazionali come la Banca CR Firenze e il Gruppo Cardine che ci
permetteranno di essere complementari nell’offerta di servizi più qualificati alle imprese. Operiamo all’estero e siamo
membri del blasonato Club Fci, una catena di importanti operatori di factoring internazionali".
In controndenza, rispetto al mercato anche la Ge Capital Finance. "Abbiamo firmato di recente il bilancio di chiusura <\> spiega il direttore generale, Donato Pinto <\-> con profitti pari a 2 milioni e 200 mila euro. Erano anni che non
accadeva e siamo finalmente a un giro boa che registra una crescita sia dei volumi che dei profitti. Entro la fine
dell’anno calcoliamo di attestarci sul 50 per cento per volumi e di ottenere un miglioramento sui profitti. Abbiamo
cambiato registro: oggi c’è un maggiore focus commerciale sulla piccola e media azienda, una più forte presenza e
diffusione sul territorio nazionale ma anche un’ottimizzazione dei processi interni, sia sui flussi che sui sistemi operativi.
Il tutto grazie alla metodologia Sei<\ ->Sigma di General Eletric che garantisce la qualità dei processi e dei prodotti".
Anche tra le società a volumi più ridotti si punta ad una riorganizzazione interna. "Su un mercato stagnante il turnover è
aumentato del sei per cento per incremento di volume mentre registriamo una crescita del numero dei clienti e dei
crediti in essere – dice Mario Gnesi, direttore generale, Fin<\->Eco Factoring – Abbiamo dato più spazio all’aspetto
commerciale sia interno che esterno per conquistare nuovi clienti intanto dando una più forte motivazione e spazio ai
nostri operatori commerciali interni. Previsioni è difficile farne ma puntiamo a mantenere questo trend. La nostra
filosofia è in sostanza quella di guardare certo alla crescita, ma con una forte attenzione al grado di rischio"
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fisco
Scatta l’Iva per adeguarsi all’Ue l’impatto di un’imposta finora schivata
Le società di factoring svolgono un'attività economica soggetta all'applicazione dell'IVA. Questo il succo della sentenza
del 26 giugno scorso della Corte di giustizia comunitaria che potrebbe creare qualche problema alle società del settore
che attualmente sono escluse dall'ambito applicativo dell'imposta. Ora la palla passa allo Stato e all'amministrazione
finanziaria che dovranno fornire gli opportuni chiarimenti alla luce della giurisprudenza europea. Cosa comporterebbe
l'applicazione integrale della sentenza per le società di factoring del nostro Paese? «Nell'ipotesi di assoggettamento ad
IVA delle commissioni di factoring addebitate alla clientela, per i factor sottolinea Domenico Pennesi, Direttore
commerciale di Monte Paschi Siena Leasing & Factoring si verrebbe a configurare questo scenario: coloro che hanno
esercitato l'opzione per l'esenzione della fatturazione e registrazione delle operazioni esenti, si troverebbero nella
necessità di dovervi rinunciare per poter beneficiare del miglior rapporto prorata, gli altri ne beneficerebbero
immediatamente. Su questo punto è opportuno precisare che il corrispettivo che riceve la società di factoring è
composto da interessi (che continueranno ad essere esenti da IVA) e dalle commissioni per la gestione del credito.
Incidendo quest'ultima voce, in molti casi, per il 3545% sull'importo complessivo, solo questa percentuale risulterebbe
detraibile dall'IVA pagata dalle societ à di factoring per i loro acquisti. Per i cedenti l'eventuale applicazione dell'IVA
risulterebbe ininfluente perché l'IVA al 20% pagata sulle commissioni e spese, potrà poi essere recuperata. Da non
sottovalutare poi il fatto che i factor appartenenti ad un gruppo bancario che si avvalgono normalmente degli sportelli e,
quindi, riconoscono alle banche del gruppo una commissione per l'attività di intermediazione, attualmente esente da
IVA, potrebbero subire l'aggravio dell'IVA (nella misura del prorata di indetraibilità) qualora non fosse più applicabile
questa norma in quanto verrebbero meno le finalità della legge numero 133/1999 basata sulle caratteristiche delle
operazioni bancarie, tipicamente esenti da IVA. Infine, verrebbe messa in discussione l'applicazione dell'articolo 7 del
DPR numero 633/1972 che fra le diverse attività disciplina anche il regime di territorialità dell'IVA delle operazioni
bancarie e finanziarie.
(r.ser.)
pag. 36
Un contratto su misura per ogni tipo di credito
GIUSEPPE PIZZONIA
Tra gli strumenti evoluti per il finanziamento delle imprese di tutte le dimensioni, il factoring ha ormai assunto una
posizione di rilievo, grazie alla sua diffusione ed alla possibilità di adattarsi a diverse esigenze aziendali.
Un contratto da specialisti. Con il contratto di factoring, una società specializzata o una banca (factor) acquista crediti
commerciali da imprese e provvede alla loro gestione ed incasso. Diventa cos ì possibile per l’impresa cedente
monetizzare subito l’ammontare del credito, (in taluni casi) trasferire ad altri il rischio di insolvenza, liberarsi dalla
gestione amministrativa del credito. Non esiste una disciplina specifica del factoring nel codice civile (anche se ormai
da diversi anni l ’attività delle società di factoring è disciplinata da una apposita legge e si fa in genere riferimento alla
disciplina civilistica della cessione dei crediti); nella prassi ormai consolidata delle numerose società operanti in Italia, il
factoring tende a caratterizzarsi come un rapporto di tipo continuativo, avente ad oggetto tutti i crediti commerciali
dell’impresa (o tutti i crediti di un certo tipo), che normalmente vengono ceduti prima della scadenza, o addirittura anche
prima che vengano in esistenza.
A ciascuno il suo factoring. Si distingue di solito tra factoring domestico ed all’esportazione (a seconda del tipo di
credito), tra factoring ordinario, maturity (attraverso il quale il factor, oltre a rilevare il credito dell’impresa, concede al
debitore ulteriori dilazioni) e reverse (nel quale è il debitore a proporre ai proprî fornitori di gestire i proprî debiti
commerciali attraverso un factor). Dal punto di vista della garanzia, la distinzione classica è tra cessione pro solvendo e
pro soluto. Nella cessione pro solvendo, l’impresa cedente, pur smobilizzando il credito, garantisce la solvibilità del
debitore e rimane perciò responsabile verso il factor nel caso di mancato pagamento. Nel caso di cessione pro soluto,
invece, il rischio del credito viene definitivamente trasferito al factor. Il factoring ha dei costi di vario tipo (generalmente
più alti rispetto alla mera anticipazione su fattura, a causa della maggiore articolazione di servizî resi), che derivano
dalla sua particolare natura di contratto che, oltre a un finanziamento, prevede l ’erogazione di alcuni servizî. I costi
addebitati dal factor sono quindi relativi agli interessi sulle anticipazioni finanziarie erogate (dalla cessione al
pagamento da parte del debitore) ed a commissioni per i servizî di gestione e incasso.
C’è convenienza fiscale? Dal punto di vista fiscale i costi addebitati dal factor sono ordinariamente deducibili secondo le
loro regole proprie. In questi termini, il ricorso al factoring non presenta particolari vantaggi fiscali. Diverso è il caso in
cui venga chiesto ad un impresa di factoring (o ad una banca) di rilevare crediti già scaduti e rimasti insoluti. In questo
caso, attraverso lo smobilizzo del credito, può diventare possibile la deduzione fiscale della differenza tra il valore
fiscale del credito (valore nominale meno eventuali svalutazioni ed accantonamenti già dedotti) e l’importo pagato dal
factor (importo che è normalmente inferiore al valore nominale del credito perché sconta il rischio di insolvenza che
questo presenta, trattandosi di credito scaduto). L’operazione può risultare vantaggiosa per il cedente soprattutto nel
caso di crediti di dubbia (o difficoltosa) esigibilità, purchè questa circostanza sia obiettivamente dimostrabile; con la
cessione al factor, riesce a monetizzarne il valore, ad evitare il mantenimento in bilancio di crediti difficilmente
recuperabili e gli oneri conseguenti alle attività di recupero, ed a dedurre fiscalmente la perdita subita. Ovviamente, la
deducibilità fiscale presuppone l’esistenza di una perdita certa; a questi fini, nella prassi, viene riconosciuta la
possibilità di deduzione solo nel caso di cessioni con efficacia definitiva (cioè irreversibili), come si verifica in genere nel
caso di cessioni pro soluto, ed in cui sia comprovata l’esistenza della perdita.
Una particolare cautela deve essere tenuta ai fini delle imposte indirette. Le cessioni di credito (su cui si basa
l’attuazione del factoring non sono soggette ad Iva, ma ad imposta di registro. L’aliquota formale è pari allo 0,5% del
valore nominale del credito (anche se il prezzo di cessione è inferiore); per evitare l ’applicazione dell’imposta, si ricorre
normalmente – tra parti private – allo scambio di lettere commerciali (nel senso di documenti che contengono ciascuno
la sottoscrizione di una sola delle parti), che è soggetto a tassa di registro solo in via eventuale, quando si verifica il
cosiddetto "caso d’uso" (quando cioè il contratto di cessione viene esibito davanti ad una pubblica autorità). Non
sempre però è possibile il ricorso allo scambio di lettere commerciali, come ad esempio si verifica nel caso di cessioni
di crediti vantati nei confronti di un soggetto pubblico (lo Stato, un ente locale). In casi come questo, la legge prevede
che la cessione – per essere opponibile al debitore debba essere, oltre che notificata a questi, anche formalizzata con
atto notarile. La tassazione diventa allora inevitabile, salvo che le parti rinuncino alla notifica al debitore (cosa in sé
possibile, dato che non inficia la validità della cessione), regolando tra loro le modalità di gestione e incasso.
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Il settore fa poca leva sul marketing
ROSA SERRANO
Alle società di factoring si rivolgono, soprattutto, le grandi aziende, mentre le piccole e le medie imprese utilizzando
questo strumento finanziario in maniera più sporadica. Quali le motivazioni di questa differenziazione? Alessandro
Carretta, segretario generale di Assifact sottolinea il fatto che nonostante il factoring sia presente da oltre 40 anni, si
deve registrare ancora un fabbisogno di conoscenza ancora notevole e riconosce che esiste una carenza di marketing
delle societ à di factoring e, soprattutto, da parte delle banche che non hanno sufficientemente pubblicizzato questa
forma di finanziamento verso le piccole imprese. Se la piccola impresa si rivolgerà al mondo del factoring — spiega
Carretta — riceverà un trattamento diverso da quello che ottiene nella banca tradizionale, che considera la piccola
impresa nella logica del retail bank, cioè un rapporto standardizzato di massa. E i dati sull’andamento del factoring nel
nostro Paese confermano che il ricorso a questa forma di finanziamento complementare al credito bancario è utilizzata,
soprattutto, dalle grandi imprese».
«Sulla base di una lettura approfondita dei dati del primo trimestre 2003 — rincara Antonio Attanasio, direttore generale
di MPSL&F, Monte Paschi Siena Leasing & Factoring — si evince che il factoring risulta ancora scarsamente
conosciuto da una rilevante parte delle aziende italiane». Nel primi tre mesi di quest’anno, il turnover a livello nazionale
è costituito per il 40% da una operatività di factoring prosolvendo e per il 60% da quella prosoluto». Secondo Attanasio
queste percentuali sottolineano che ad oggi lo strumento factoring viene utilizzato, soprattutto, dalle grandi imprese che
privilegiano la gestione del credito, cioè l’aspetto legato ai servizi, più che lo smobilizzo e cioè l’aspetto finanziario che
interessa, invece, le piccole imprese più orientate a necessità di anticipi sui crediti. MPSL&F, sfruttando le potenzialità
del Gruppo MPS tramite 2000 filiali disloccate su tutto il territorio, si è posto come target anche le piccole e medie
imprese.
Mario Marinesi, Direttore Generale di Centro Factoring, evidenzia che le imprese medio grandi, appartenenti al
segmento cosiddetto Corporate, sono quelle che più facilmente ricorrono ai servizi di factoring, perché facilitate da una
maggiore conoscenza dei servizi offerti dal mercato dalle banche. La domanda proveniente da questo segmento si
orienta prevalentemente verso la ricerca della garanzia sul buon fine dei crediti e verso la ottimizzazione dei flussi di
tesoreria, ottenibile tramite il pagamento maturity dei crediti ceduti al factor. Le medio piccole imprese esprimono,
invece, bisogni connessi ai servizi di factoring, da porsi più che altro in relazione con la necessità di aumentare la
propria capacità di credito e di finanziare lo sviluppo delle vendite.
L’intenzione di sviluppare l’attività di factoring verso le piccole e medie imprese viene sottolineata da Luigi Moncada,
Amministratore Delegato di UniCredit Factoring che, pur sottolineando la forte collocazione della societ à nel perimetro
della Banca a cui è affidata la clientela Corportate, la stessa conferma la sua propensione a servire imprese di tutte le
dimensioni ed una clientela cross RetailCorporate. In particolare, forte impulso alla crescita del factoring sullo Small
Business è dato dell’incremento dell’Indiretto Fornitori indirizzato ad imprese di grandi dimensioni, con portafogli
fornitori frazionato e possibilmente continuativo, che offre l’opportunità alla Clientela Retail di cedere il credito se il
debitore è di standing elevato. Anche Antonio De Martini, Direttore Generale di Factorit, societ à di factoring delle
Banche Popolari italiane rileva che «la clientela medio piccola è ancora tendenzialmente indirizzata verso prodotti dove
la componente finanziaria prevale su quella di servizio». «Tuttavia tiene a sottolineare alle piccole e medie imprese che
sono il cliente tipico delle Banche Popolari, viene offerta la stessa qualità e la stessa cura nell’erogazione dei servizi
che vengono richiesti dalla grande azienda. Infine, una notazione: la riduzione del costo del denaro che ha fatto
attestare il tasso medio di interesse applicato alla clientela sul 5,76%, pur avendo ridotto i margini degli operatori del
settore, è stato in qualche modo bilanciata dall’altra componente dei loro ricavi e cioè le commissioni di factoring
percepite per il servizio di gestione del credito.
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Il factoring dieci domande e dieci risposte
Dieci domande e dieci risposte per saperne di più sul factoring e per vedere se la propria azienda pu ò essere
interessata a questa forma complementare di finanziamento. Sono quelle che si trovano sul sito www.assifact.it, che è
l’indirizzo Internet dell’associazione delle societ à di factoring.
L’associazione mette a disposizione di tutti una serie di botta e riposta con quesiti del tipo: A quali imprese può essere
utile il factoring? Quali sono i principali vantaggi del factoring? Quali effetti produce sui costi di gestione delle imprese?
Il ricorso al factoring segnala che l’impresa ha difficoltà finanziarie o di rapporto con i clienti?
A proposito di quest’ultima domanda, può essere utile leggere la risposta presente sul sito, risposta tesa a rassicurare
chi si avvicina per la prima volta a questo strumento: «La cessione dei crediti nell’ambito di un rapporto di factoring è un
fatto normale della vita aziendale ed è, anzi, un segno che l’impresa fornitrice è "gestionalmente" valida e
all’avanguardia. In altre parole il ricorso al factoring attesta che «l’azienda è attenta al governo dei propri crediti ed alla
programmazione dei flussi di cassa ad essi conseguenti ».
«LUnione europea si legge ancora nella risposta riportata nel sito Internet di Assifact ha raccomandato agli Stati
membri di facilitare presso le imprese la diffusione del factoring, quale strumento utile ad una più efficace gestione dei
crediti oggetto delle transazioni commerciali».
«Solo chi non conosce il factoring rassicura l’Assifact tende, in alcuni casi, a considerarlo uno strumento finanziario
marginale e/o di recupero di crediti problematici e di conseguenza attribuisce il ricorso al factoring alla presenza di
problemi di finanziamento e di deterioramento della qualità del portafoglio crediti, associandolo in ultima analisi ad una
situazione di difficoltà dell'impresa».
(a.b.)
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Finanzia dal calcio alle Asl
Dalle Asl, aziende sanitarie locali, alle squadare di calcio, le cronache degli ultimi giorni ci offrono diversi casi
emeblematici di come si possa usare il factoring come leva finanziaria.
Prendiamo la Azienda sanitaria di Cosenza, Il commissario straordinario Alberto De Maio, ha annunciato recentemente
una «operazione di factoring, autorizzata dalla Regione, che consentirà di poter disporre della somma necessaria, circa
45 milioni di euro, per pagare tutto il pregresso dovuto alle case di cura private. Il sistema privato è valido quanto quello
pubblico si tratta di due risorse che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri».
Sempre il factoring concorre a dare un contributo su un versante completamente diverso, molto più soggetto alle
altalene finanziarie, il calcio. Si tratta della Lazio. La Faber Factor, la società di factoring del gruppo Merloni ha reso
noto che «parteciperà con altri imprenditori al piano di rilancio della Lazio per salvaguardare il proprio credito di 40
milioni di euro legato ai diritti televisivi della Lazio per il campionato 20032004».. In pratica la Faber Factor parte del
suo credito in azioni. L'operazione, ha precisato la societ à, non prevede alcun impegno operativo da parte di Faber
Factor, sarà una partecipazione puramente finanziaria.
Il via all'aumento di capitale della Lazio ha letteralmente conquistato gli investitori di Piazza Affari, scatenando una
corsa agli acquisti sui titoli del club biancoceleste con le azioni che, dopo numerose sospensioni al rialzo, sono arrivate
a metà della settimana scorsa a chiudere in progresso dell'86,67% a 0,3248 euro (prezzo di riferimento) mentre i diritti
collegati all'aumento hanno subito uno scivolone di oltre il 33% a 0,1125 euro. Altissimi i volumi con oltre 1 milione di
pezzi scambiati contro le 360 mila dei giorni precedenti.
Sempre in coincidenza con l ’annuncio da parte di Vittorio Merloni, i titoli Merloni hanno invece segnato un calo. (p.jad.)
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RAPPORTO FACTORING Le società pensano più a migliorare i