Anno II - Numero 233 - Giovedì 3 ottobre 2013 Direttore: Francesco Storace Caso Mps Sovranità Milano Suicidio Rossi,Viola torna in procura Isole ed aerei: il Paese è in vendita Luxuria derubato e boccia Pisapia Colosimo a pag. 2 Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Musumeci a pag. 3 Fruch a pag. 7 ALFANO ASSICURA AL GOVERNO LETTA I NUMERI PER CONTINUARE: E BERLUSCONI IN EXTREMIS FA MARCIA INDIETRO Le ultime parole famose di Robert Vignola hi ha vinto? Letta che resta in sella? Alfano che ha per una volta avuto ragione sul Capo? O Berlusconi, che voleva solo far uscire allo scoperto i traditori? La domanda è tanto difficile da sembrare (come fin troppo spesso accade) sbagliata. Certo non va meglio a chi deve cercare una risposta alla domanda più spontanea: perché? Molti, soprattutto tra gli elettori del centro-destra, se lo saranno chiesto quando – erano le 13.33 – Berlusconi annunciava “non senza interno travaglio” il sì del suo gruppo alla fiducia al Governo. Eppure, neanche due ore prima, le decisioni stabilite erano altre, tanto che Bondi e Cicchitto si azzuffavano mediaticamente e Matteoli preconizzava un Letta-bis col Pdl all’opposizione. Chissà che tutto ciò non avesse a che fare, allora, con quanto ha immediatamente preceduto quella dichiarazione di voto. Con Letta che, confidando urbi et orbi di non aver dormito, “rassicurava” comunque l’Italia che l’indomani avrebbe avuto un nuovo governo, con una nuova maggioranza e nuovi numeri, mentre Alfano gli porgeva il “pizzino” con l’elenco di quanti era riuscito a raccogliere attorno alla sua decisione di strappare col Cav (23 secondo alcuni, 25 secondo altri). Chissà invece se la retromarcia non avesse a che fare con un anelito dello stesso Berlusconi alla ”pacificazione”, cui del resto ha fatto appello nella dichiarazione-choc: certo, se il Pd si rispecchia nelle battute del capogruppo Zanda C “Letta e Napolitano sono inaffidabili” (Silvio Berlusconi) “I ministri del Pdl rassegnano le proprie dimissioni, non ci sono le condizioni per restare” (Angelino Alfano) “Dico no a un Governo con transfughi che viva una vita stentata” (Guglielmo Epifani) “Faccio il tifo per un Governo solido” (Matteo Renzi) “Berlusconi resiste: voto la sfiducia” (Il Giornale di ieri) “I senatori del Pdl all’unanimità voteranno la sfiducia” (Renato Brunetta) Insulti tra falchi e colombe, gruppi parlamentari del Pdl verso l’implosione. Oggi il redde rationem (“si forma una nuova maggioranza indipendentemente da operazioni tattiche e furbesche”), la sua speranza era mal riposta… E infatti Bondi prendeva la parola (e le distanze) così: “non mi unisco a questa compagnia”. E al momento del voto sparirà, insieme ad altri sei colleghi, mentre l’altro pidiellino Vincenzo D’Anna addirittura resterà per votare contro. Aveva allora poco da augurarsi, il presidente del gruppo Schifani, che non ci fossero diaspore: il pomeriggio era tutto un battere d’ali e d’insulti tra falchi e colombe, finalmente liberati dalle voliere. Ad Alfano resterà il Pdl, a Berlusconi Forza Italia: entrambi, guardandosi in cagnesco, a sostenere lo stesso governo di prima. Così è se vi pare, il sipario cala sul Senato (235 sì, 70 no) ma non è stato un bello spettacolo. Tutt’al più, un teatrino. Ad applaudire sono stati invece i deputati Pd, quando il sipario si è alzato alla Camera e Cicchitto ha annunciato “un nuovo gruppo parlamentare”. Epifani se l’è risa, sonoramente: “L'onorevole Berlusconi ha perso, al di là dell'espressione di voto che ha voluto fare, di A cura di Giuseppe Sarra fronte al Paese e all'opinione pubblica”, ha graffiato il segretario del Pd. Dal resto del dibattito della Camera nessuno scossone, nessuna novità: solo gli ennesimi proclami e le solite, languide scintille dialettiche, buone solo rinverdire la vicenda dei ladri di Pisa (e ogni riferimento alle origini del premier è puramente casuale). Ma insomma: tra le dimissioni dei ministri Pdl e la farsa di ieri, cosa è successo? L’Iva si è alzata di un punto. E quindi, chi ha vinto? Chissà... Certo, hanno perso gli italiani. PATATRAC SUI RIFIUTI: LA GIUNTA DI SINISTRA CONTINUA A SBAGLIARE LE SCELTE DEI SITI GRECIA Alba Dorata, tre tornano in libertà ono tornati in libertà tre dei sei parlamentari di Alba Dorata arrestati nell’inchiesta sulle presunte attività illegali della formazione di estrema destra greca. Dopo un interrogatorio fiume durato oltre 14 ore, i due giudici istruttori che stanno ascoltando i deputati e i militanti del partito filo-nazista greco Chrysi Avgì (Alba Dorata) ne hanno incriminati quattro per costituzione e partecipazione ad un'organizzazione criminale, ma hanno disposto il rilascio di tre di essi in libertà vigilata. Intanto ieri è comparso di fronte ai giudici, Nikos Michaloliakos, il leader del partito arrestato nel quadro di una vasta operazione che ha portato agli arresti 22 persone e che è scattata a seguito dell'omicidio del rapper Pavlov Fyssas il 18 settembre scorso. Mentre Michaloliakos faceva il suo ingresso nel tribunale di Atene, un gruppo di circa 300 militanti ha gridato slogan in suo sostegno. B.R. “Grande” (Enrico Letta ad Angelino Alfano dopo la dichiarazione di voto di Berlusconi al Senato) S DISASTRO ZINGARETTI Il consenso del governatore del Lazio precipita nei sondaggi e il Pd si preoccupa di Francesco Storace ugiardi matricolati. Alla regione Lazio si aggira la solita coppia, ZingarettiCivita (l'assessore che si occupa male di rifiuti) che ne combina di tutti i colori. Tre sedute di consiglio regionale tra luglio e settembre per discutere il post Malagrotta, la tormentata decisione a maggioranza e contro il popolo per il sito di Falcognana. E infine la sorpresa di ieri, con l'individuazione in solitaria, senza dirlo a nessuno, clande- B stinamente, della discarica a Bracciano. Una scelta che contraddice il proclama di tenere a Roma i rifiuti della Capitale senza scaricarli sulla sua provincia. Tutto questo si sta abbattendo sui consensi del governatore del Lazio, che era partito con sondaggi trionfalistici ed ora pare avviato verso il tonfo. Le cifre percentuali sulla fiducia dei cittadini verso il presidente del Lazio, Zingaretti, sono ufficialmente nascoste, ma alla Pisana i consiglieri del Pd sono preoccupati: "Ci stiamo facendo male da soli", confidano nei corridoi del consiglio regionale, leggendo cifre che abbassano il gradimento di oltre cinque punti. Lo scontro aperto è con lo staff del governatore, dove primeggiano quelli del quieto vivere, le colombe de' noantri. Sono costoro i responsabili del calo di consensi che si registra con cadenza settimanale. Nel partito c'è subbuglio: su tutti i dossier più delicati - rivela un dirigente molto vicino a Gasbarra, il segretario regionale che pare scomparso dal dibattito politico - "Nicola sceglie di fuggire, nascondersi, pararsi". La realtà è che Zingaretti "puntava ad accreditarsi come l'antiRenzi, ma è bastato l'Espresso a fargli passare i bollori", racconta un ex margheritino molto informato che ancora non manda giù il repulisti elettorale, quando l'allora presidente della Provincia ha preteso di far fuori tutti i consiglieri uscenti dopo lo scandalo Fiorito-Maruccio. Mentre alla Pisana il governatore riesce a far digerire tutto ai suoi consiglieri, è infatti nel partito che trova le maggiori difficoltà. A partire dalla storia della discarica di Falcognana, aggravata adesso dal caos di Bracciano. E la sua immagine è sempre più in difficoltà, perché i cittadini comprendono che non ci sono soluzioni valide ai problemi. La vicenda rifiuti è emblematica, un pasticcio che non servirà a nulla e scontenterà ancora tutti. Poi, le vicende legate alle nomine. Zingaretti ne ha fatte troppe e ogni tanto prende qualche musata, come nel caso del direttore dell'Ater di Roma, dove ha perso al Tar nel tentativo di cacciare un bravo dirigente. E ora ci si è messa anche la Corte dei Conti, che lo ha preso di petto su troppi incarichi e assunzioni. Per uno che si è candidato come alfiere della legalità, una specie di disastro, insomma. 2 Giovedì 3 ottobre 2013 Attualità Prima dell’acquisto di Antonveneta l’ex presidente comunicò la notizia al sindaco e al Presidente della Provincia di Siena Banca rossa, Mussari e quella soffiata al Pd I pm toscani oggi presenteranno nuove richieste di rinvio a giudizio: i vertici del centrosinistra sono salvi – Viola ancora interrogato in Procura per gli scambi di mail con David Rossi di Federico Colosimo anca rossa Mps, il centrosinistra sapeva tutto. Nuove e inquietanti rivelazioni sullo scandalo finanziario che ha travolto il principale istituto di credito italiano. Per i pm toscani, l’8 novembre 2007 Giuseppe Mussari “ha comunicato, al di fuori dal normale esercizio della professione, la notizia dell’acquisto di Antonveneta a Maurizio Cenni e a Fabio Ceccherini”. Esponenti politici del Pd e, all’epoca dei fatti, rispettivamente sindaco e presidente della Provincia di Siena. Cenni e Ceccherini erano due personaggi chiave per gli aspetti di potere senesi, visto che il Comune e la Provincia nominavano i vertici della Fondazione Mps. Su quella scellerata acquisizione erano d’accordo tutti. Mussari è quello che ci ha messo la faccia e pagherà, ma probabilmente a tessere la tela c’erano altri personaggi. E sempre del centrosinistra. Dall’interno degli uffici romani si prendevano tutte le decisioni. Nulla era lasciato al caso e prima di fare qualsiasi cosa bisognava aspettare gli ordini giusti. I pm Natalini, Nastasi e Grosso oggi presenteranno le richieste di rinvio a giudizio nell’in- B chiesta principale sull’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps. Alla sbarra, ben 9 persone. Tra queste, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni. I soliti noti, insomma. E basta. Nonostante i tanti indizi, le dichiarazioni degli ex gerarchi di Siena, i vertici del centrosinistra se la cave- ranno. Per loro neanche un interrogatorio, niente di niente. Intanto in Procura è stato riascoltato anche l’attuale amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola. Un fulmine a ciel sereno per il manager, che ha dovuto spiegare agli inquirenti i motivi di quegli strani scambi di mail con David Rossi, ex responsabile dell’area comunicazione del Monte, gettatosi (presumibilmente) dalla finestra del suo ufficio il 6 marzo scorso. All’interno della Procura regna il silenzio assoluto e la riservatezza più totale. Quanto dichiarato da Viola, ancora non ci è dato saperlo. Fatto sta che l’amministratore delegato della banca rossa, dopo il primo interrogatorio reso l’8 marzo scorso, è finito ancora davanti ai magistrati. Un fatto molto strano e che, chissà, potrebbe riservare un retroscena ancora tutto da decifrare. Stamattina, per concludere, all’interno del Palazzo di Giustizia di Siena riprenderà il processo con ritto abbreviato contro Mussari, Baldassarri e Vigni. L’accusa, per tutti, è di ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza. Reato che per i magistrati gli ex vertici avrebbero compiuto “occultando” il contratto di mandate agreement tra Mps e Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria (documento poi ritrovato nel 2012 nella cassaforte di Vigni). Il Tribunale dovrà decidere prima di tutto se ammettere come parte civile Bankitalia (che nel procedimento è anche parte offesa) e Mps. LA BCE CI CONDANNA AD ALTRE TASSE UNA MANCANZA CHE COSTA PIÙ DI 30 MLD IL CASO SI COMPLICA Draghi contestato anche in Francia Banda larga, l’Italia rimane indietro L’Economic Times ci deride Ministri indiani divisi sui marò di Giuseppe Sarra entre nel vecchio continente cresce l’onda della sovranità nazionale, in particolare tra i paesi più colpiti dalla crisi economica e dalle politiche di austerità messe in campo da Angela Merkel, in Europa si tenta di arginare e – per giunta – censurare i cosiddetti movimenti “euroscettici”. Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, cerca di limitare i danni facendo credere che i fiaschi della politica monetaria siano fischi di approvazione. I fischi, però, se li è beccati lui: da Parigi, dove ha presieduto la riunione di inizio mese del consiglio direttivo della Banca centrale europea, è arrivata la dura contestazione di una delegazione di sindacalisti francesi che hanno presidiato l’ingresso della “Banque de France”. “Una politica monetaria che – hanno incalzato i manifestanti aiuta solo i padroni e non i lavoratori”. Eppure, come suo solito, il numero uno della Bce non ha battuto ciglio. “Un banchiere e un uomo tutto d’un pezzo”, verrebbe da dire. Anzi, nella conferenza stampa in cui M si annunciava che la Bce decideva di lasciare i tassi invariati, ha ribadito che “oggi l’Eurozona è meno colpita da crisi nazionali”. Ma come? Il tasso della disoccupazione, soprattutto tra i giovani, aumenta di mese in mese? Non solo. Draghi si è anche soffermato sulla situazione italiana: “I periodi di instabilità come quelli che hanno colpito la Grecia, il Portogallo e ora l'Italia, minacciano le prospettive di ripresa di questi paesi” ma ha assicurato che “non toccano le fondamenta dell’Eurozona come avveniva tempo addietro”. Non finisce qui. Poi, condanna l’Italia e gli altri paesi a nuove manovre ‘tartassine’: “Il messaggio dei mercati è chiaro: stabilità e riforme”. E rincara: “I Paesi in difficoltà sono consapevoli dei propri problemi, ma ora devono proseguire esprimendo questa consapevolezza in azioni”. Il che tradotto fa più o meno così: “Siete in difficoltà ma dovete introdurre altre tasse. Ve lo chiede l’Europa altrimenti non ce la fate”. Questa la tanto decantata “Europa dei popoli”? In primavera milioni di cittadini sceglieranno da che parte stare. di Barbara Fruch l divario tra nord e sud aumenta, così come quello tra aree urbane e rurali. Così mentre la banda larga è destinata a crescere in quasi tutti i Paesi del mondo l’Italia resta indietro. È piuttosto desolante il panorama che emerge dalla tavola rotonda “Senza rete non si fa rete”, organizzata martedì dalle associazioni Cia, Agia e Cittadinanzattiva che ha messo letteralmente a nudo le nostre debolezze nei confronti dell’Adsl e della connettività a banda larga in generale. In Italia l’accesso alla rete è ancora regno di pochi, nelle aree rurali soltanto il 17 per cento degli abitanti può contare su una connessione costante e di qualità, contro l’89 per cento delle aree urbane. Il problema delle aree ‘ svantaggiate’, dove le infrastrutture tecnologiche sono latenti soprattutto nel Mezzogiorno, finisce per pesare ovviamente sulle imprese agricole: oggi le aziende informatizzate del settore sono circa 61mila (il 3,8 per cento del totale), ma con un gigan- I tesco gap territoriale. Al NordOvest, il 10,8% delle aziende agricole è informatizzato; al Nord-Est, si arriva all’8,1%. Nelle Isole e nel Sud si scende rispettivamente al 2% e all’1,3%. Il “digital divide” tra città e campagna, senza contare quello annoso tra settentrione e meridione, è insomma ancora fortissimo nel nostro Paese, dove secondo l’ultimo rapporto Onu, solamente il 58% della popolazione utilizza attivamente la rete. Si tratta di un risultato che ci mette solamente al 57° posto al mondo in questa speciale classifica. “Bisogna superare il ‘digital divide’ e colmare gli inaccettabili ritardi sull’Agenda digitale, solo così si può raggiungere l’obiettivo della semplificazione amministrativa per cittadini e imprese. Oggi la burocrazia fa perdere al sistema Italia qualcosa come 31 miliardi di euro. Quasi 4.500 euro a cittadino. Soltanto all’agricoltura costa oltre 4 miliardi l’anno, di cui più di un miliardo addebitabile ai ritardi, ai disservizi e alle inefficienze della Pubblica amministrazione”. arnesina nel caos. Prosegue la guerra diplomatica fra Italia e India. Nonostante le ‘rassicurazioni’ del ministro degli Esteri Bonino, che nei giorni scorsi ha espresso le sue perplessità sulla “innocenza” dei Marò, i fucilieri della Marina Militare sono – ancora – trattenuti a New Delhi. A fotografare la scarsa caratura internazionale italiana anche il quotidiano “The Economic Times”. I ministeri della Giustizia e dell’Interno indiani – scrive il giornale - hanno posizioni discordanti su come risolvere l’impasse esistente nelle indagini sull’incidente in cui sono coinvolti i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Nulla è cambiato dal 15 febbraio del 2012, giorno dell’ “incidente diplomatico”. Secondo il quotidiano - infatti, come peraltro ribadito all’inviato speciale di Palazzo Chigi De Mistura dal ministro Khurshid - la Giustizia vorrebbe procedere all’interrogatorio degli altri quattro fucilieri che erano a bordo della nave “Enrica Lexie” attraverso una rogatoria, mentre l’Interno propende per un ricorso alla Corte Suprema. Mentre la situazione in Kerala appare sempre più complicata, F milioni di italiani disseminano di pensieri i social network. Tra i più condivisi: “La vita è una tempesta, puoi ripararti al sole per un momento, e il successivo ti potresti ritrovare sbattuto contro gli scogli”, scrive Michela Moschetti fidanzata di Latorre. “A fare grande una persona – prosegue la Moschetti - è come si comporta quando arriva la tempesta, devi guardarla in faccia, e dirle avanti fai presto, io saprò resistere!!!”. G.S. Roma, via Giovanni Paisiello n.40 Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità su Il Giornale d’Italia rivolgersi al Responsabile Marketing Daniele Belli, tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] 3 Giovedì 3 ottobre 2013 Attualità Punto della situazione a palazzo Chigi. Pressione di Letta su banche per ricapitalizzazione della compagnia Air France avverte:“Le condizioni le dettiamo noi” De Juniac: “Simbolo di Alitalia verrebbe tutelato”. Apertura da Intesa Sanpaolo di Giorgio Musumeci IL NUOVO PADRONE È UN NEOZELANDESE RESIDENTE IN SVIZZERA era una volta l’Alitalia. Potrebbe iniziare così la storia della nostra, ormai da tempo “ex”, compagnia di bandiera. Archiviate da tempo le foto dei Divi del cinema che scendevano sorridenti dagli aerei marchiati dal tricolore, o delle inconfondibili hostess “in verde” che invitavano a salire a bordo, oggi la compagnia aerea italiana fa parlare di sé sulle cronache soltanto per difficoltà economiche e scioperi del personale. E così, dopo fallimenti, aiuti dello Stato, e costituzioni di nuove società, si arriva all’ultimo (per ora) capitolo che si sta scrivendo in queste settimane. La disponibilità mostrata dalla compagnia di bandiera francese Air France di acquistare un’ulteriore fetta dell’Alitalia rendendola di fatto, per metà straniera, ha ravvivato le acque. Nella giornata di martedì, infatti, il presidente del consiglio Enrico Letta ha incontrato i vertici della società aerea insieme al ministro dei trasporti Maurizio Lupi, il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato oltre al sottosegretario alla presidenza del consiglio, Filippo Patroni Griffi. Tuttavia, all’incontro a palazzo Chigi non è stata presa alcuna decisione, e il tavolo tecnico è stato rimandato alla prossima settimana. Sul fronte bancario, ieri mattina, il presidente di consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha dichiarato come la suddetta banca sia pronta a fare la propria parte per il superamento della crisi che sta vivendo l’Alitalia. Rispondendo a chi gli chiedeva se Intesa Sanpaolo fosse disponibile a partecipare a una ricapitalizzazione o a immettere nuovi fondi in Alitalia, GrosPietro ha aggiunto: "Il nostro mestiere è quello di anticipare dei fondi alle imprese che hanno possibilità di sviluppo, se Alitalia si dimostrerà come un'impresa che ha capacità di sviluppo noi faremo il nostro mestiere anche verso Alitalia". Sardegna, venduta l’isola di Budelli C’ Tre milioni il prezzo battuto all’asta. Governo e Ente Parco possono ancora rimediare Intanto, da oltralpe arriva la notizia che Air France è pronta a venire in soccorso di Alitalia, ma solo se saranno soddisfatte le condizioni che ha posto. Il numero uno del gruppo franco-olandese, Alexander de Juniac, in un’intervista pubblicata dal sito internet di Les Echos, ha prospettato "una grandissima compagnia europea". “Le nostre condizioni sono molto stringenti. Se saranno soddisfatte, sono pronto ad andare avanti", ha dichiarato de Juniac, senza tuttavia precisare di quali condizioni si tratti. "Se Alitalia con noi si dà i mezzi per svilupparsi in modo sostenibile a medio e lungo termine, noi la accompagneremo nel cammino di riconquista". Il presidente di Air France risponde anche sul timore di molti circa il destino dello storico marchio Alitalia: “Se Alitalia diverrà uno dei tre grandi marchi del gruppo (con Air France e Klm), nessun marchio sarà trattato peggio degli altri''. ''Capiamo che Alitalia sia un simbolo nazionale in Italia - aggiunge de Juniac- un marchio di valore verso il quale non abbiamo intenzione di aver pregiudizi, qualunque cosa succeda''. Tornando alle mosse del governo, nel corso della riunione di martedì scorso –stando a una nota diramata al termine dell’incontro- “si è svolto un confronto sulla situazione di difficoltà della compagnia di trasporto aereo discutendo con spirito costruttivo, sulla base del piano rappresentato dal presidente e dall'amministratore delegato, diverse ipotesi volte a consentire il superamento dell'attuale fase congiunturale". Il premier Enrico Letta, dal canto suo, scongiura un’ulteriore matassa da sbrogliare e, riunendo i vertici della compagnia, le banche e i fornitori, chiede uno sforzo per evitare che la situazione di cassa precipiti. Nel mirino del presidente del consiglio ci sono soprattutto le banche, alle quali vengono chiesti oltre 300 milioni (la liquidità necessaria indicata dal piano industriale). A tal proposito, esprime fiducia il ministro dello Sviluppo economico, Zanonato, che parla di una "una grande disponibilità da parte delle banche ad accogliere l'appello del premier Letta. Stiamo cercando –prosegue il ministro- una soluzione per superare le attuali difficoltà finanziarie e attuare il piano di risanamento di Del Torchio e consentire ad Alitalia di discutere il proprio futuro senza difficoltà e pressioni". A chiedere l’intervento del governo erano stati sindacati e politici preoccupati dai numeri della compagnia, che nei primi sei mesi dell'anno ha accumulato una perdita di quasi 300 milioni di euro e si trova in cassa una liquidità di appena 128 milioni. Il tempo è un nemico; dopo il 'no' dei francesi all'aumento di capitale da 150 milioni, nella giornata di venerdì a Milano tornerà a riunirsi il cda, in vista dell'assemblea dei soci del 14 ottobre che dovrà varare l'operazione. Il tavolo tecnico del governo si riunirà, invece, all'inizio della settimana prossima "in considerazione della situazione politica". 2,94 milioni di euro. A tanto è stata battuta all’asta l’isola di Budelli, perla dell’arcipelago della Maddalena. Il passaggio di mano di uno dei paradisi turistici del nostro Paese è avvenuto davanti al giudice del Tribunale di Tempio Pausania. L'Isola, che ospita la celebre Spiaggia "rosa", autentica perla del Parco nazionale dell'arcipelago della Maddalena, è in un'area incontaminata di 1,6 metri quadri dove non è possibile costruire nulla, visti i pesanti vincoli paesaggistici e ambientali che gravano sull'area: non ci si può, infatti, neppure mettere piede se non si è accompagnati dal personale del Parco. L’asta per la vendita di “Budelli” si è resa necessaria a causa del fallimento che ha colpito il precedente proprietario dell’isola, una società immobiliare con sede nel capoluogo lombardo. Il nuovo acquirente di questo spettacolo paesaggistico è un imprenditore neozelandese con società in Svizzera. “Un vero ambientalista, innamorato di Budelli e dell'arcipelago della Maddalena da decenni, un neozelandese impegnato nella autentica conservazione della flora e della fauna marina e terrestre, ha vissuto in varie parti del mondo ed è coinvolto in significativi progetti di conservazione marina e terrestre in vari siti”. Giò Mura, legale dell’imprenditore, traccia l’identikit del suo cliente col tentativo di asso- pire le critiche generate dalla vendita della notissima isola sarda. "Ha acquistato l'isola con l'obiettivo di preservarne l'ecosistema in conformità con gli ideali dell'Ente Parco dell'Arcipelago”, chiarisce ancora l'avvocato Mura, che ha rappresentato lo studio legale toscano, primo patrocinatore del neozelandese, nell'udienza davanti al giudice dell'esecuzione immobiliare di Tempio Pausania, Alessandro di Giacomo. Secondo quanto riferito dal legale Mura, il neo proprietario “sottoporrà uno specifico piano di conservazione dell'isola alle autorità e alla comunità locale della Maddalena per lavorare insieme impegnandosi in un progetto di conservazione che tenga conto del migliore interesse di tutti coloro che amano e rispettano questo speciale arcipelago e la sua straordinaria modalità di vita". Tuttavia, l’imprenditore neozelandese potrebbe presto uscire di scena. Entro 90 giorni, infatti, il ministero dell'Ambiente e l'Ente Parco potrebbero far valere il diritto di prelazione, versando però la stessa cifra battuta all'asta. G.M. IL CASO SOTTOFASCIASEMPLICE LO DIMOSTRA: MAI PIÙ OPERAZIONI DI DIFFAMAZIONE E DI DEMOLIZIONE DELL’IMMAGINE DI TANTI UOMINI E DONNE LIBERI In Italia tira una brutta aria: la Fondazione An difenda la nostra cultura di Mario Vattani interessante intervento di Alessio Aschelter sul Giornale d’Italia del 24 settembre 2013 “Note identitarie alla conquista dell’immaginario. La musica alternativa e quelle etichette ghettizzanti”, mi dà lo spunto per una considerazione sulla difesa della “nostra” cultura, portando come esempio un caso che mi riguarda molto personalmente. Infatti dopo la vicenda della mia breve partecipazione a un concerto sul palco di Casapound, mi ha meravigliato la furia censoria e diffamatoria con cui sono stato aggredito non solo io, ma anche e soprattutto le canzoni, la musica di Sottofasciasemplice. Ancora più esasperante è stato veder prendere di mira, con lo stesso intento persecutorio, un intero contesto musicale che (malgrado tutto..) noi chiamiamo ancora “musica alternativa”, ma che alcuni giornalisti-censori hanno voluto dileggiare e travisare, usando termini grotteschi come “fascio-rock” e - peggio, perché L’ sappiamo quanto fa comodo che una cosa tiri l’altra - “nazi-rock”. Credo abbia senso approfondire questo punto proprio su questo giornale, il cui Direttore Francesco Storace, quando apprese della campagna stampa lanciata contro di me, esclamò alla radio:“Viva il nostro canto libero!”. In un Paese come l’Italia, l’apertura mentale nei confronti di arte, cultura e creatività dovrebbe avere un ruolo importante. Eppure nel mio caso, per il reato di “musica alternativa”, si è potuto per mesi impunemente insultare e bollare addirittura come razzista una persona che nella vita avrà vissuto al massimo dieci anni in Italia, ha servito il paese in America, in Africa, in Asia, ha da sempre una profonda curiosità verso tutti i popoli, le tradizioni, le lingue che ha incontrato, tanto da sposare una donna giapponese e avere due figli che sono il risultato di un’unione tra persone e tra culture. Sì perché pur essendomi macchiato del reato di “musica alternativa”, non sono mai venuto meno al mio giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione: è quella la stessa Costituzione che mi dà anche il diritto, come italiano, di esprimere un dubbio in una canzone, sul modo manicheo in cui vennero raccontati alcuni dei momenti fondanti della nostra Repubblica. Non sarò né il primo né l’ultimo italiano a volerlo e a poterlo fare. Ma soprattutto, ho ancora più diritto, come ogni italiano, di esprimermi ben più liberamente quando lo faccio attraverso l’arte, la musica, il racconto, la rappresentazione. Finora la varietà dei miei interessi nel campo dell’arte e della cultura aveva sempre giocato a mio favore, permettendomi negli anni in Egitto, in Giappone, negli Stati Uniti - di allargare le mie conoscenze e i miei contatti, sempre a vantaggio del servizio e del Paese. E’ stato veramente triste e umiliante per me trovarmi a rendere conto in questo modo della mia passione per la musica e per l’arte in generale. Perché la verità è che gli strumenti che sono stati usati da un poker di giornali e giornaletti, sono degni del totalitarismo più bieco: disinformazione, falsità, dileggio (“quella non è musica… fa rabbrividire..!”), roba da fare invidia ai curatori berlinesi della mostra anni ’30 su “L’Arte Degenere”, ai loro partner sovietici, e ai loro degni successori della DDR. Se è vero che per fortuna i magistrati mi hanno alla fine dato ragione, è stato più difficile quando ho rivolto la mia attenzione ai giornali responsabili di quel linciaggio mediatico: addirittura quando mi mossi per ottenere il ritiro di un articolo infamante in cui mi si dava nientedimeno che del “picchiatore”, un giudice inizialmente volle archiviare il caso, opponendo che, siccome in alcune canzoni di Sottofasciasemplice si faceva cenno a episodi di lotta, l’articolo non era da considerarsi diffamatorio. Come dire insomma che Francis Ford Coppola può essere chiamato mafioso perché ha diretto tutti quei film sulla mafia, o Anthony Burgess violentatore, perché ha scritto Arancia Meccanica. Personalmente ho voluto dimenticare le bruttissime figure fatte nella mia vicenda da alcuni “ex” per i quali provo solo imbarazzo, mentre ricorderò sempre con gratitudine i molti rappresentanti politici e alcune importanti firme della stampa, così come gli amici che hanno voluto e saputo intervenire in mio favore. Ma non è bastato, e quindi non basta. Per questo penso che se esiste oggi una Fondazione Alleanza Nazionale che tra i suoi obiettivi ha quello di valorizzare, difendere e promuovere la cultura e i valori della nostra tradizione, quelli dovrebbero comprendere anche l’arte e la musica che sono state create, e verranno create da tanti di noi in futuro. In Italia tira una brutta aria, e noi non dobbiamo permettere mai più che si ripetano operazioni di diffamazione e di sistematica demolizione dell’immagine di tanti uomini e donne liberi, per l’arte o la musica che hanno creato e che vogliono lasciare alla loro Comunità. 4 Giovedì 3 ottobre 2013 Esteri LE ULTIME DALLA CINA: IL GOVERNO STA MUTANDO IL SUO ATTEGGIAMENTO REPRESSIVO CONTRO LA SPIRITUALITA’ Non c’è più religione: anzi, c’è ancora Cade un’altra… grande muraglia del comunismo: “l’oppio dei popoli” viene riabilitato come arma anti-corruzione. Ma resta il drammatico nodo del Tibet di Giuliano Castellino sisteva “il sogno americano” e in questi giorni si è infranto contro una terribile e drammatica crisi. C’era il comunismo russo mangia-preti….oggi Putin punta l’indice contro l’Europa, colpevole di aver perso le sue radici cristiane, di essere eterofobica e di subire l’offensiva relativista. C’erano nazioni arabe laiche, nazionali e socialiste, non fondamentaliste, che non rappresentavano nessuna minaccia ed anzi erano interlocutori privilegiati per tutti i paesi del Mediterraneo. C’era anche la Cina ultra-comunista, che faceva dell’ateismo la sua religione! Insomma, c’era tutto un altro mondo! Un mondo oggi stravolto: da un lato in senso negativo (vediamo mondo arabo ed il ritorno al progetto di un grande Califfato) e in altri aspetti in modo positivo (pensiamo all’ex Urss). Quello che ci colpisce, in questi giorni, è la svolta cinese, patria del motto “religione oppio dei popoli”, oggi invece convertita a “religione arma anti-corruzione”. In poche e semplici parole il governo cinese ha riabilitato la fede. Il Presidente Xi Jinping nella sua “guerra” contro la corruzione, il E malcostume ed il malaffare (davvero tutto il mondo sembra essere paese!), ha chiamato in causa perfino il potere della religione, allo scopo di portare maggiore moralità in un paese che sembra aver perso alcuni parametri fondamentali. Mai, negli anni passati, avremmo immaginato una tangentopoli cinese. Il Presidente della Cina sembra voglia cambiare un po’ gli animi del suo popolo, da troppo tempo, almeno trent’anni, non solo lobotomizzati dalla dottrina marxista, forse anche da quella più estrema, ma da oltre trent’anni, anche oppressa dalla dittatura della produzione e da riforme economiche basate sullo sfruttamento e sul profitto della nazione. Dove non sono mancati i Laogai, posti più simili a campi di sterminio, che a campi di lavoro o di prigionia e dove l’unico credo è stato il Dio denaro. Dopo tanti anni la dittatura cinese sembra disposta a lasciare maggior spazio a quello che era fino a ieri considerato “l’oppio dei popoli” e addirittura conta sulla sua influenza positiva per raddolcire gli animi e rimoralizzare un paese corrotto fino al midollo. In questo periodo di assestamento della nuova amministrazione, entrata in carica lo scorso marzo, le varie lobby e fazioni all’interno del potere cinese sembrano volersi spartire la torta ed anche quella favorevole ad una maggiore tolleranza religiosa starebbe facendo sentire la sua voce. Non tanto per improvvisa devozione, ma al fine tutto pragmatico di combattere crimine, corruzione e amoralità diffuse, tramite un timor di Dio vecchio stampo. Tutte le Ong, le organizzazioni umanitarie e le comunità buddhiste, stanno confermando questo cambio di vento sostenendo che il periodo maggiormente persecutorio nei confronti di religioni e culti sarebbe infatti terminato. In molti sostengono che il presidente Xi Jinping abbia forti simpatie buddhiste, come del resto l’intera sua famiglia, e non è certo l’unico caso all’interno del Partito Comunista. Come Xiao, da tempo promotore del “soft power”, membro di Partito e fervente buddhista, promotore della Cina come “il più grande Paese buddhista al mondo”. E’ facile immaginare che per vari motivi, o di fede reale o pragmatismo, l’era dell’ateismo e delle persecuzioni sia terminata e che assisteremo presto a un progressivo rilassamento dei controlli più repressivi nei confronti delle tre religioni tradizionali cinesi - ovvero il buddhismo, il confucianesimo e il taoismo - ma, secondo altre fonti, anche nei confronti del cristianesimo qualcosa si starebbe muovendo. Fonti vaticane affermano che “La Cina sta cambiando atteggiamento anche con la Chiesa cattolica e comincia ormai a non sopportare più l’assenza di relazioni diplomatiche con lo Stato Pontificio: potremmo forse vedere le prime concessioni in occasione della no- mina del vescovo di Shanghai”. Comunque, al di là delle indiscrezioni, le religioni che sono state esplicitamente menzionate fino ad ora non comprendono il cattolicesimo, ma si concentrano sulle tre religioni tradizionali. Si tratta però di un segnale notevole: sotto Jiang Zemin, infatti - e dal 1999 in poi - si sono avute le persecuzioni anti-religiose più forti degli ultimi anni, con la messa al bando del gruppo spirituale Falun Gong e la scomparsa del Panchen Lama riconosciuto dal Dalai Lama, sostituito con un bambino approvato dal governo centrale. Un discorso a parte comunque riguarderebbe il Tibet, dove la situazione è diversa, è più politica, e le tensioni potrebbero rimanere più a lungo. Quello che possiamo affermare, concludendo questo articolo sull’ex atea Cina è che anche paesi tradizionalmente anti-religiosi stanno riscoprendo le loro radici ed una visione spirituale della vita, mentre noi europei stiamo facendo di tutto per sradicarci dalle nostre tradizioni e dalla nostra cultura. La nostra Civiltà è nata, cresciuta e prosperata sul sacro. Oggi sta morendo sul profano e sul relativismo, mentre altri continuano a prendere ad esempio il nostro passato. 5 Giovedì 3 ottobre 2013 Roma Il prescelto è Oreste Liporace, attualmente a capo dell’Urp del Comando generale dell’Arma Un carabiniere alla guida dei “pizzardoni” della Capitale Il suo stipendio costerà 190mila euro l’anno. Intanto le casse comunali sono sempre più vuote rriva dal Comando generale della Benemerita il nuovo capo della polizia municipale di Roma. Il sindaco Marino e il vice capo di gabinetto con delega alla sicurezza Rossella Matarazzo hanno infatti annunciato la nomina per tale incarico del tenente colonnello Oreste Liporace, un ufficiale dal curriculum di tutto rispetto: insignito di diverse onorificenze (ha una medaglia di bronzo al valor civile ed è ufficiale al merito della Repubblica italiana), ha ricoperto numerosi incarichi di comando (base Nato di Vicenza, Compagnie di Castellammare di Stabia e Castel Gandolfo) ed è stato capo sezione dell’Ufficio legislazione e dell’ufficio ordinamento, nonché capo ufficio del vicecomandante generale dell’Arma e capo ufficio operazioni e aiutante di campo del comandante interregionale di Napoli. Attualmente è il capo ufficio relazioni con il pubblico del Comando generale. Oltretutto ha tre lauree (Economia, Giurisprudenza e Scienza della sicurezza). A mancare quasi completamente in questo pur rilevante elenco di qualifiche è però un elemento che, nel nuovo difficile incarico che andrà a ricoprire, gli sarebbe di certo stato molto utile: ovvero esperienze di polizia locale. Liporace, calabrese di origine, ha avuto la meglio su una serie di altri A candidati (tra essi il capo dell’Anticrimine della Questura Raffaele Clemente e alti ufficiali di polizia locale di altre città) che, nei tre mesi trascorsi dalle dimissioni del precedente comandante (Carlo Buttarelli) per disaccordo con il primo cittadino, sono stati via via considerati e poi messi da parte. L’idea di Ignazio Marino di scegliere per il delicato S ORVE GL IAVANO SULLE COLTIVAZIONI Le sentinelle dell’erba? I nomadi del campo rom incarico un esterno alla polizia municipale, è quindi stata realizzata. Nonostante le difficoltà di bilancio (l’ingaggio dell’ormai ex carabiniere costerà alle già disastrate casse comunali la bellezza di 190 mila euro l’anno, una cifra che si sarebbe potuta tranquillamente risparmiare scegliendo un interno al Corpo. Proposta peraltro presentata in consiglio L E V I E comunale dall’opposizione e prontamente bocciata) e nonostante le proteste degli appartenenti alla polizia locale romana, che considerano le scelte del sindaco come una delegittimazione al loro operato. “Siamo molto perplessi – ha dichiarato Marco D’Emilia, responsabile del coordinamento Fp Cgil – dal fatto che si continua a prendere persone da fuori invece di valorizzare il personale interno e di risparmiare. Marino ha scelto un carabiniere per guidare la Municipale: per lui evidentemente di 27 dirigenti dei Gruppi non ce n’è uno all’altezza. Il Corpo sembra ormai diventato una terra di conquista”. Gli fa eco Stefano Giannini, segretario romano del SULP, secondo cui “alla fine Marino è riuscito a nominare un carabiniere a capo della Polizia Locale. Nulla contro la persona, a cui auguriamo da subito un buon lavoro nel difficile incarico di sostituire Burrarelli. Ma da subito gli chiediamo di farsi portavoce delle problematiche della nostra categoria. Non è più tollerabile per noi – ha concluso – lavorare come poliziotti ed essere trattati come carne da macello”. La situazione, insomma, non è affatto delle migliori (per usare un eufemismo). Anche perché, come fanno notare i sindacati, la necessità di una riorganizzazione del Corpo è decisamente prioritaria. Soprattutto se si tiene conto che attualmente l’organico dei vigili urbani della Capitale è fin troppo ridotto (servirebbero circa 2500 unità in più) e che, a causa del blocco dell’ultimo concorso (che Marino si è impegnato pubblicamente a portare a termine), le assunzioni sono ferme a cinque anni fa. Senza contare che vanno risolti anche non pochi problemi pratici quali le dotazioni di servizio (mancano radio) e copertura assicurativa in caso di infortuni sul lavoro relativi all’uso delle armi d’ordinanza, che gli agenti utilizzano tra l’altro senza indennità aggiuntive. Problemi questi che il neo comandante dovrà affrontare fin da subito. E che non fanno che aggravare il compito di chi dovrà gestire una situazione già di per sé “normalmente” complessa come quella romana. A maggior ragione se l’interfaccia politica è quantomeno discutibile. Cristina Di Giorgi D E L L ’ I M M I G R A Z I O N E Entrati da clandestini, sequestrati dai connazionali Due minorenni chiusi a chiave in attesa del pagamento del riscatto dall’Egitto olevano sfuggire alla mancanza di libertà nel loro Paese. Il fatto è che nel nostro hanno trovato, complice proprio l’immigrazione incontrollata, gli stessi aguzzini che gli hanno reso la vita impossibile sulla loro terra Natale. Risultato: hanno dovuto vivere chiusi a chiave in una stanza di un appartamento della periferia romana. Così i carabinieri della compagnia di Roma Casilina hanno trovato due ragazzi minorenni egiziani sequestrati dopo essere sbarcati clandestinamente in Italia da due connazionali che li avrebbero poi rilasciati dietro il pagamento di un riscatto da parte dei famigliari rimasti in patria. I due sequestratori, di 24 e 34 anni, sono stati arrestati. Le indagini - ricostruisce una nota - sono iniziate a seguito della denuncia di un cittadino egiziano che si è rivolto ai carabinieri della stazione di Milano Porta Genova, riferendo che due suoi connazionali, di 16 e 17 anni, sbarcati clandestinamente a Catania nelle settimane precedenti, si trovavano a Roma trattenuti da due egiziani all'interno di un'abitazione sconosciuta. La banda di malviventi avrebbe rilasciato i due ostaggi solo previo pagamento, da parte dei genitori in Egitto, di 5mila euro per ogni persona rilasciata, da corrispondere mediante bonifico bancario internazionale le cui coordinate bancarie del conto corrente sarebbero state comunicate ai genitori V roduzione, coltivazione e detenzione ai fini di spaccio. Queste le accuse in base alle quali gli agenti del commissariato Romanina hanno arrestato una coppia di fratelli giostrai “residenti” nel campo nomadi La Barbuta. I poliziotti, dopo una serie di indagini e appostamenti, hanno sequestrato decine di piante di marijuana, alte almeno un paio di metri. La coltivazione si trovava sul lato est del campo (un mega villaggio attrezzato costato più di 5 milioni di euro) ed era addirittura sorvegliata da sentinelle appostate in tre diversi punti di osservazione. L’insediamento, a cavallo tra l’VIII Municipio della Capitale e il comune di Ciampino, era considerato uno dei fiori all’occhiello dell’accoglienza P alla popolazione nomade. Che, negli auspici degli ideatori, avrebbe dovuto concretizzarsi nella predisposizione di campi attrezzati periodicamente visitati da presidi di controllo e monitoraggio delle aree. Così chiaramente non è stato. E quest’ultimo sequestro è soltanto uno degli episodi di più o meno grave violazione della legalità che si sono verificati negli insediamenti “regolari” (risse, accoltellamenti, baby prostituzione, incendi e discariche abusive, ecc). Dove, senza che si riesca a far nulla per impedirlo, il caos regna indisturbato. E turba non solo la legalità, ma anche e soprattutto la vita dei cittadini che hanno la sfortuna di abitare nei pressi di quelle aree. CDG dei due minori in Egitto, con un Sms. A quel punto la segnalazione è passata ai carabinieri di Roma che hanno avviato le ricerche. La stazione di Roma Quadraro e i militari del Nucleo operativo di Roma Casilina hanno passato al setaccio intere palazzine e, finalmente, sono arrivati in via dei Sulpici, ritrovando i 2 ragazzi. Perquisito l'intero appartamento, i militari hanno scoperto numerosi titoli di viaggio, biglietti ferroviari della tratta Messina - Catania, passaporti, permessi di soggiorno e diversi cellulari che sono stati sequestrati. La ricostruzione della drammatica vicenda ha permesso di individuare i sequestratori. Dopo serrate indagini durate tre giorni con servizi di osservazione, pedinamento e controllo, il 34enne, H.A. egiziano ma residente a Roma da diversi anni, nonché capo dell'organizzazione e il 24enne, S.F. anche lui egiziano e in Italia da poco tempo, sono stati arrestati. I due sono accusati di sequestro di persona a scopo di estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: si trovano nel carcere di Regina Coeli, a disposizione dell'autorità giudiziaria. I due minori, invece, sono stati affidati ad un centro di prima accoglienza. Sarà oggetto di successive indagini la ricostruzione del percorso intrapreso dai due minori prima di giungere alla capitale. Gustavo Lidis 6 Giovedì 3 ottobre 2013 Italia DAL LAZIO A COLPI DI PROCEDIMENTI COMMISSARIALI, SUI RIFIUTI LA REGIONE LAZIO CONTINUA A NASCONDERSI LA MORTE A SEGUITO DI UN GRAVE INCIDENTE STRADALE La mobilitazione trasloca da Falcognana a Bracciano Addio a Giuliano Gemma, icona del western tricolore I Comitati del Divino Amore già da oggi al fianco dei cittadini del Lago per far sì che la soluzione “provvisoria” di Cupinoro non diventi definitiva ulla questione rifiuti, il vaso di Pandora è ormai scoperchiato, e come affermato da Francesco Storace “le bugie vengono a galla”. La soluzione Cupinoro nei pressi di Bracciano sconfessa inesorabilmente le politiche sin qui adottate dalle istituzioni locali di Roma e del Lazio. Una scelta presa in extremis dal duo Zingaretti-Marino, a ridosso della definitiva chiusura di Malagrotta, eludendo l'esame delle rispettive assemblee, regionale e capitolina e che va inevitabilmente ad impattare dal punto di vista ambientale, in un'area agricola e di forte richiamo turistico come quella lacustre. Congelata invece per il momento l'ipotesi Falcognana per stessa ammissione dell'assessore capitolino all'Ambiente Estella Marino secondo la quale “non è detto che venga utilizzata”. Forse per il troppo clamore che ne accompagnava la scelta, forse per le effettive (troppe) criticità che presentava, si è quindi optato per la linea più alemanniana possibile, che è quella di conferire i rifiuti di Roma al di fuori dei suoi confini. Anche questa è a tutti gli effetti una cocente sconfitta per la sinistra che per mesi, pur non mettendoci la faccia, ha difeso la soluzione di Falcognana nonostante agli occhi di tutti, e sotto ogni aspetto, presentava innumerevoli crepe. E così grazie ai sotterfugi e nascondendosi dietro l'euforia della chiusura di Malagrotta, Regione e Co- S mune hanno presentato il piatto pronto ad opposizioni, opinione pubblica e soprattutto, ai cittadini di Bracciano che ora rischiano di doversi sobbarcare parte dell'immondizia di oltre tre milioni di abitanti. Il sospetto infatti è che, visti i precedenti e al fine di poter schivare qualsiasi malcontento all'interno dei confini capitolini, quella di Cupinoro possa ben presto divenire una soluzione definitiva. Occhio, però: la solidarietà non ha residenza, quanto meno dai confini corti. E per oggi è già annunciata la prima manifestazione di protesta nel Comune in riva al lago. A parteciparvi, cosa che forse commissari e amministratori non 09:07 potevano sospettare, saranno proprio i Comitati di Falcognana, che hanno dato la loro completa disponibilità a combattere insieme questa battaglia. Intanto Malagrotta chiude i battenti. E non poteva essere altrimenti. Sottoposta a procedimenti pecuniari da parte dell'Ue e ormai con capienza esaurita, la discarica più grande d'Europa conosceva da tempo il suo destino. Eppure tale chiusura viene rivendicata dalla sinistra come sua grande vittoria. “Un grandissimo risultato di queste amministrazioni”, “una vittoria storica del centro sinistra”, recitano in coro i comunicati propagandistici delle due maggioranze. Ma si tratta della solita vittoria di Pirro, di chi raccoglie quanto seminato in precedenza. Ugo Cataluddi atale a Giuliano Gemma un terribile incidente stradale avvenuto a Cerveteri, vicino a Roma. L’attore, 75 anni, è rimasto coinvolto in un impatto frontale mentre era a bordo della propria auto, una Toyota Yaris, che si è schiantata con una Bmw. Lo scontro è avvenuto in via del Sasso, in una frazione di Cerveteri, all'altezza dell'incrocio con via di Zambra. Seppur trasportato d’urgenza all'ospedale di Civitavecchia non c’è stato nulla da fare: è morto durante il trasporto. Gli altri due feriti, più lievi, sono un uomo con suo figlio. Doveva essere una serata nel civitavecchiese tra amici: Bingo e poi una cena a base di pesce da "Baffone". Gemma aveva dunque dato appuntamento a Cerveteri, dove viveva, ai suoi amici e insieme si sarebbero rilassati nella sala giochi di viale Garibaldi e poi si sarebbero seduti ai tavoli poco distanti del ristorante. E invece il tragico schianto sulla strada del Sasso ha portato tutti a radunarsi all'ospedale San Paolo, anche sua moglie, la giornalista Daniela "Baba" Richerme, accorsa immediatamente. La carriera- Nato a Roma il 2 settembre del 1938, Gemma aveva trascorso l'infanzia a Reggio Emilia fino al 1944 quando la famiglia è tornata a Roma. Uno zigomo inconfondibile quello di ”Ringo” che da piccolo, giocando in un prato, F restò coinvolto nello scoppio accidentale di un ordigno bellico. Fu consacrato al grande pubblico con il genere dello spaghetti western al quale portò grandi incassi al botteghino con pellicole, tra cui “Una pistola per Ringo” e “Anche gli angeli mangiano fagioli”. Ma la carriera iniziò a diciott'anni in film come "Figurazione speciale" o come "Stunt-man": dopo le prime comparsate, i ruoli da protagonista in svariati film di diverso genere, dal mitologico alla commedia. Il primo ruolo, risale al film “Messalina”: cento i film interpretati tra cinema e televisione. Su tutti l'indimenticabile Generale dei Garibaldini nel “Gattopardo” di Luchino Visconti. Una seconda parte di carriera più ponderata in cui si specializza in parti drammatiche ed impegnate: il film “Speriamo che sia femmina”, la fiction “Butta la luna”. Fu anche premiato con un David di Donatello, tre Premi De Sica e un Golden Globe mentre nel 2012 è stato addirittura scritturato da Woody Allen per la commedia “To Rome with Love”. Solo poche settimane fa l’attore aveva anche ricevuto al Terra di Siena Film Festival il premio alla carriera come protagonista di “Deserto dei tartari”. L’Italia e il mondo intero dice addio a un grande artista, ma ancor prima a un grande uomo, mai superbo, che ha fatto dell’umiltà uno stile di vita. F.Ce. 7 Giovedì 3 ottobre 2013 La transgender più famosa d’Italia si scaglia contro l’ex collega di Rifondazione Comunista Dall’Italia ANCORA EPISODI DI VIOLENZA: SALE LA TENSIONE Attentato in Val di Susa: incendiato un escavatore Luxuria, derubata dai rom critica la Milano di Pisapia A L’ex parlamentare tuona dopo essere stata accerchiata in metrò da una ventina di ladri: “Una situazione del genere non rappresenta certo un buon biglietto da visita per la città” ilano non è una città sicura. A dirlo, prendendo di petto il Sindaco Giuliano Pisapia, non sono i soliti politici d’opposizione bensì ‘l’amica’ Vladimir Luxuria. La transgender più famosa d’Italia è finita infatti vittima di una ventina di rom che si aggirava si aggirano in stazione Centrale. È successo domenica mattina, verso le 11.30, quando la banda di ladri, dopo averla circondata mentre acquistava il biglietto per la metropolitana, le hanno rubato il resto. “Sono arrivata a Milano in compagnia di mia sorella intorno alle 11 e trenta di domenica mattina perché dovevo partecipare a Domenica live – scrive Luxuria – Una volta arrivata in stazione Centrale ci siamo dirette verso la metropolitana, che è il mezzo più comodo per arrivare a Cascina Gobba e poi agli studi televisivi, e, non trovando una biglietteria aperta, siamo andate verso le biglietterie automatiche. Qui ci siamo trovate di fronte a una ventina di nomadi che si ag- M giravano con aria sospetta e che, una volta tirati fuori i soldi per i biglietti, ci hanno quasi accerchiate. Mentre alcuni di questi urlavano tra di loro e si spingevano, altri nel parapiglia sono riusciti ad appropriarsi del resto emesso dalla macchinetta automatica, facendolo poi sparire con un rapido passaggio di mano in mano”. L’episodio non ha avuto conseguenze più gravi grazie all’intervento di un addetto dell’Atm, l’azienda del trasporto milanese, arrivato in soccorso di Luxuria e della sorella. “Anche se ci hanno portato via solo pochi euro, resta il fortissimo fastidio per la pre- TORINO – L’INCIDENTE IN STRADA DELL’AEROPORTO Ha ucciso una bimba: lo slavo era stato arrestato già 14 volte on aveva la patente, era stato arrestato già 14 volte, era agli arresti domiciliari ed era ubriaco: eppure Roberto Nikolic, rom di 21 anni, domenica sera era al volante della Bmw che ha centrato in pieno la Punto grigia su cui viaggiavano la piccola Charice Obibhunu, due anni appena, morta sul colpo, e la sua mamma, ora ricoverata al Cto di Torino con fratture e traumi. A pochi giorni dal quel tremendo incidente avvenuto in Strada dell’Aeroporto, nella capitale piemontese, fa rabbrividire il curriculum da delinquente, riportato sulle pagine de ‘La Stampa Torino’, che ricostruisce il passato del giovane al volante. Furti nelle case o nelle ditte del Torinese, per lo più. Qualche settimana dietro le sbarre e poi agli arresti domiciliari nell’accampamento di Strada Aeroporto. Oppure in altre aree destinate ai nomadi, per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. L’ultima tappa della sua parabola criminale risale allo scorso maggio, quando all’ipermercato Auchan di Venaria, venne sorpreso a rubare dagli agenti della sorveglianza e fu arrestato dai carabinieri della Compagnia di Venaria. E non era di cerlo la prima volta: nel 2010 venne anche fermato dagli agenti del commissariato di Barriera di Milano per una rapina. Poco prima gli avevano stretto le manette intorno ai polsi i carabinieri di Caselle per un’altra razzia commessa in un’abitazione privata. Fuori N e dentro il carcere. Senza contare le volte che Nikolic è stato sorpreso al volante di una macchina che guidava senza patente, nascondendo nell’abitacolo arnesi da scasso. L’ultima ‘bravata’ è costata però a vita a una bimba di appena due anni. Nonostante fosse agli arresti domiciliari Nikolic domenica è evaso, ha partecipato a una festa di nozze, ha alzato il gomito e poi si è messo in moto. Poi sotto una pioggia battente ha perso il controllo della Bmw cabrio che stava guidando. Ora è ricoverato al Maria Vittoria, in prognosi riservata, a causa delle fratture riportate in diverse parti del corpo. Per fortuna, poco alla volta, migliorano le condizioni di Katiuscia Dessi, la mamma della piccola vittima, Charise, ancora ricoverata in terapia intensiva al Cto. Martedì è arrivato a Torino anche Austin Obibhunu, il papà della piccola Charise, che era in Germania per lavoro. Stanno meglio anche gli altri due ragazzi serbi che erano sulla Bmw guidata da Nikolic. Entrambi sono ricoverati al Giovanni Bosco, ma non sono in pericolo di vita. Una tragedia, comunque, che poteva essere evitata. Dopo ben quattordici arresti un immigrato dovrebbe essere sbattuto fuori dall’Italia o, per lo meno, marcire in galera. Invece probabilmente verrà rilasciato e continuerà a rubare e guidare senza patente, pur avendo ucciso una piccola innocente. Questa è l’Italia. Miriana Markovic potenza e arroganza che abbiamo subito” racconta l’ex deputata che se la prende indirettamente con il sindaco Pisapia, suo collega in passato tra le file dei seguaci della falce e martello (Pisapia nel 1996 è infatti stato eletto deputato in Parlamento come indipendente nelle liste del Partito della Rifondazione Comunista). “Con tutti gli stranieri che arrivano a Milano, una situazione del genere non rappresenta certo un buon biglietto da visita per la città” conclude Luxuria ricordando come l’episodio da lei vissuto non rappresenta certo un caso isolato nel mezzanino sotto la stazione Centrale, nel quale la presenza di questuanti è quotidiana. Ad aprire gli occhi sulla realtà milanese insomma è anche colei che si è sempre battuta per i diritti di tutti. Peccato che sia stata proprio la ‘sua sinistra’ a creare i mostri che ora si aggirano per l’Italia. E adesso evidentemente agli ex compagni non resta che spararsi addosso l’un l’altro. Barbara Fruch ncora un attentato in Val di Susa. A essere colpita è stata nuovamente la Geomont di Bussoleno. Un escavatore dell’azienda, che lavora nei cantieri di Chiomonte per la realizzazione della Tav, è stato dato alle fiamme ieri, in pieno giorno, nel cortile. È stata la moglie del titolare a dare l’allarme. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Susa che hanno domato le fiamme. Completamente bruciata la perforatrice cingolata giunta la scorsa notte nel deposito in strada del Monginevro. “È stata la mia compagna a vedere le fiamme intorno alle 13 e a dare l’allarme - dice Giuseppe Benente, il titolare - Ignoro le cause ma certamente quel macchinario non si è incendiato da solo: non ne posso più, lavorare in queste condizioni è impossibile”. I pm Andrea Padalino e Giuseppe Rinaudo hanno aperto un fascicolo: indagano digos e carabinieri. L’ultimo atto intimidatorio ha a che fare proprio con l’accelerazione dei lavori nei cantieri Tav: ieri mattina presso gli uffici di Finpiemonte, la finanziaria della Regione Piemonte, è stata inoltre recapitata una busta contenente alcuni proiettili da parte di un mittente anonimo. Il plico è stato aperto dal custode, messo in quarantena a scopo precauzionale in attesa degli esiti degli esami sulla polvere. Quello di ieri è il 15esimo episodio di violenza in Val di Susa dall’inizio di luglio. Sempre alla Geomont due compressori e una macchina, utilizzata abitualmente per trivellare nell’ambito dei lavori per la nuova linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione, erano andate a fuoco in un capannone, il 31 agosto scorso. L’attentato che non è mai stato rivendicato. Mentre sale la tensione, entra nel vivo il processo per la violazione di sigilli della baita No Tav che tra i 21 imputati a Torino vede anche Beppe Grillo e il leader del movimento No Tav, Alberto Perino. Martedì è stato sentito come testimone il comandante dei carabinieri di Susa, Stefano Mazzanti. Presente in aula Alberto Perino. L’episodio risale al 2010 quando un gruppo di No Tav si recò con Grillo alla baita che, considerata abusiva, era stata posta sotto sequestro. B.F. Eurosky Tower . Entrare in casa e uscire dal solito. Il relax ha una nuova casa. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. Eurosky Tower è destinato a diventare un simbolo di Roma e soprattutto un grande investimento che si rivaluterà nel tempo. Le residenze sono state progettate per offrire spazi comodi, ma al tempo stesso funzionali, perfettamente rifiniti in ogni dettaglio e con tagli che vanno dai 50 mq fino agli oltre 300 mq. 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Trentatrè i nuovi indagati ggetti preziosi di varia natura, Rolex d’oro, libri antichi e penne pregiate: questo è quanto avrebbe acquistato con denaro pubblico l’ex-capogruppo del Pdl in Consiglio Regionale, Mario Diana. Così almeno hanno ricostruito i carabinieri e la Guardia di Finanza che indagano per conto della Procura di Cagliari sulla gestione dei fondi dei gruppi dell’Assemblea sarda. Diana, nel frattempo, è stato raggiunto da un avviso di garanzia poichè, secondo i magistrati, con soldi pubblici avrebbe anche organizzato diversi convegni e studi su proposte di legge in materia di piano casa, rotatorie e taxi rosa. Secondo quanto appurato dagli investigatori sarebbero stati acquistati nel periodo natalizio libri preziosi per una somma di 55mila euro a cui vanno ad aggiungersi altri 20mila euro per penne Montblanc. Complessivamente Diana, sempre secondo la Procura di Cagliari (l’inchiesta è coordinata Dall’Italia Trovati 2 cadaveri in un’Alfa Romeo Follia omicida: spara a moglie e figlio prima di suicidarsi È La donna è morta sul colpo. Tutto si è consumato in pochi istanti: l’anziano ha imbracciato il suo fucile da caccia ed ha fatto fuoco O ncora un dramma della follia quello avvenuto nella serata di martedì a Caltagirone, in provincia di Catania. Un uomo di 67 anni, Gaetano Sortino, ha ucciso la moglie 63enne Concetta Zimone con un colpo di fucile, dopo avere ferito un figlio di 44 anni, Giuseppe, in modo grave, e mancato la figlia di un anno più grande. Infine l’uomo, un panificatore incensurato con problemi di depressione, ha rivolto il fucile da caccia contro se stesso e si è tolto la vita. Una tragedia che si è consumata tra il panificio e l’abitazione di famiglia, entrambi ubicati nello stesso edificio. Agghiacciante la sequenza dei fatti, ricostruiti dalla Polizia, coordinata dal dirigente Marcello Ludovico Ariosto e intervenuta sul luogo del delitto. Sortino, imbracciata A dal pm Marco Cocco) avrebbe speso 250mila euro per scopi non legittimi. Un illecito alle spalle dei cittadini sardi che pare essere trasversale: la Gdf ha infatti notificato altri 33 avvisi di garanzia, riscontrando tra gli indagati anche Francesca Barracciu (Pd), neo candidata governatrice del centrosinistra alle prossime elezioni del 2014, il segretario regionale del Pd, il senatore Silvio Lai, e l’ex presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Giacomo Spissu (Pd). L’accusa? Ai nominati viene contestato un utilizzo irregolare dei fondi. Mentre la popolazione sarda è allo stremo delle forze, c’è chi pensa alle proprie tasche e non c’è partito che tenga, ajò. F.Ce. REGGIO CALABRIA - IL GIALLO l’arma legalmente dichiarata, un fucile, ha scatenato la sua furia omicida sparando in casa prima al figlio Giuseppe stramazzato subito al suolo gravemente ferito e adesso ricoverato in gravi condizioni a Catania, e, dopo essere sceso al piano di sotto, dove si sviluppa il locale commerciale, ha rivolto l’arma contro la moglie, 64anni, freddandola con un colpo alla nuca. Poi, una volta accertatosi della morte della donna, avrebbe preso le scale interne del locale che lo collegano all’appartamento di famiglia alla ricerca della figlia che, sentiti i colpi di fucile, si era nel frattempo barricata in casa con i suoi due figli più piccoli, scampati quindi alla furia omicida dell’uomo. Gaetano Sortino, allora, sceso nuovamente nel garage attiguo al locale ha rivolto contro se stesso l’arma sotto il mento togliendosi la vita. In casa, sono stati ritrovati 4 fucili, tutti legalmente detenuti. Un gesto folle Senza motivo apparente se non un raptus di follia. L’uomo da alcuni giorni dava segni di essere in stato confusionale accomunati a manie di persecuzione: era convinto di essere seguito da qualcuno che lo influenzava negativamente. Carlotta Bravo giallo in Calabria per il ritrovamento di due cadaveri, un uomo e una donna di circa 30 anni, di nazionalità romena, trovati ieri mattina a Reggio Calabria. I cadaveri si trovavano all’interno del bagagliaio di un’auto abbandonata sul pontile di San Gregorio. Sul posto sono intervenuti gli agenti della squadra mobile in seguito alla segnalazione da parte di alcuni pescatori del mezzo fermo al molo. L’auto, un’Alfa Romeo 156, risulta essere intestata all’uomo, un romeno di 28 anni. Secondo i primi rilievi dei poliziotti, che hanno trovato fori di arma da fuoco sui cadaveri, la coppia è stata vittima di un duplice omicidio. Forse si tratta di un regolamento di conti. Sulla testa dell’uomo la polizia scientifica ha trovato una ferita non compatibile con un proiettile. Questo fa ipotizzare agli investigatori che l’uomo sia stato stordito e poi ucciso insieme alla donna, con colpi di pistola alla spalla, alle ginocchia e alla testa. Solo a quel punto gli assassini avrebbero portato l’auto al molo, con l’intento di far sparire i corpi. Hanno cercato di fare scivolare l’automobile in acqua, ma l'Alfa 156 è rimasta sospesa sul pontile. Sul posto è stato trovato un palo utilizzato per fare leva. Forse l’arrivo di qualcuno ha costretto gli assassini a fuggire. C.B. LAMEZIA TERME - SEQUESTRATI DUE ORDIGNI DI 7 KG Fabbricavano bombe per attentato, arrestati li agenti del commissariato di Lamezia Terme hanno arrestato un pregiudicato, Giuseppe Greco, 55 anni, ed altre sei persone a lui legate, accusate di avere organizzato, il 2 aprile ed il 28 giugno scorso, due attentati ai danni di una banda criminale rivale. In entrambi i casi, l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine ha sventato gli attacchi dinamitardi sequestrando gli ordigni esplosivi ad alto potenziale ed arrestando quattro persone incaricate di compiere gli atti terroristici. Attraverso le indagini, infatti, gli agenti del commissariato lametino hanno potuto ricostruire nel dettaglio tutte le fasi di organizzazione e di costruzione delle bombe. Altrettanto utili agli in- G quirenti, sono state le intercettazioni ambientali e telefoniche grazie alle quali sono riusciti a seguire tutti gli spostamenti delle persone coinvolte nel progetto di realizzazione degli attentati. Le bombe sequestrate, composte entrambe da oltre sette chili di esplosivo ad alto potenziale, erano state anche riempite di bulloni di ferro per aumentarne le capacità distruttive. Responsabilità di alcuni indagati sono emerse in ordine alla coltivazione di una piantagione di oltre 300 piante di canapa indiana, sequestrata lo scorso 30 luglio. Ai sette arrestati vengono contestati, a vario titolo, i reati di fabbricazione, detenzione e porto di materiale esplodente e coltivazione di sostanze stupefacenti. G.M. PESCARA - SGOMINATA LA ‘GANG DELLA PINETA’ Racket della Prostituzione in manette sette persone ltre 50 agenti della squadra mobile di Pescara e quella di Chieti, hanno eseguito sette misure cautelari a carico di italiani e rumeni accusati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, estorsione, lesioni e minacce. Secondo quanto emerso dalle indagini dirette dalla Procura di Pescara, i sette arrestati farebbero parte della “gang della Pineta”, che gestiva il controllo delle “lucciole” nel territorio di Pescara sud e della Pineta Dannunziana. La storia è sempre quella; ragazze giova- O nissime costrette a vendere il proprio corpo per riempire le tasche di delinquenti. Coloro che cercavano di sfuggire alle imposizioni della banda, venivano puntualmente minacciate e aggredite violentemente affinché anche loro, come le altre, pagassero una sorta di "tassa di occupazione". Le indagini sono durate oltre un anno e si sono basate sia sulle dichiarazioni di alcune delle ragazze vittime degli sfruttatori, sia su numerose intercettazioni e servizi di controllo e pedinamento. G.M. 9 Giovedì 3 ottobre 2013 Arte L’ultima dei Tolomei in una mostra nella Città Eterna: dal 12 ottobre al 2 febbraio al Chiostro del Bramante Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto L’affascinante e misteriosa regina del Nilo continua a far parlare di sé: recenti studi la presentano con canoni del tutto diversi da quelli tradizionali di Emma Moriconi na mostra dedicata ad uno dei personaggi più affascinanti della storia, Cleopatra, la bella regina d’Egitto, l’ultima dei Tolomei, apre le porte il prossimo 12 ottobre al Chiostro del Bramante. Le opere provengono dai maggiori musei nazionali ed internazionali, tra cui il Museo Nazionale Romano, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Egizio di Torino, quello di Firenze, i Musei Vaticani, il Brooklyn Museum of Arts di New York e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Prodotta ed organizzata da Arthemisia Group insieme a DART Chiostro del Bramante, con la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’esposizione è curata da Giovanni Gentili e incentrata sulle vicende storiche che legarono Roma all’Egitto dei Tolomei: si tratta di sculture, marmi, alabastri, mosaici, affreschi, bronzi, terrecotte, ori e argenti, vetri, avori, gemme: un viaggio nell’Egitto del I secolo avanti Cristo, nell’ambiente naturale e fertile vicino al Nilo, a contatto con i protagonisti di quegli anni, fino al 30 a.C., finché cioè visse la regina Cleopatra: Giulio Cesare, suo figlio Cesarione, Marco Antonio, Ottaviano. Vittime e carnefici, sullo sfondo delle sabbie d’Egitto, che vedranno Antonio e Cleopatra suicidi – per amore e per politica – e Cesarione assassinato per volere di Ottaviano. Ma la mostra non è solo storia: è anche e soprattutto co- U stume e colore. Quanto influì la regina sulla moda, sulla religione, sui costumi della realtà egizia? E quanto il fascino dell’Egitto ebbe influenza su Roma e sui romani? Un’esposizione da ammirare dal primo all’ultimo oggetto, in cui la figura dell’ultima dei Tolomei, personaggio affascinante e cantato in opere e pellicole, è analizzato e raccontato in ogni sua sfaccettatura. L’immagine della regina che tutti hanno davanti agli occhi è quella di Liz Taylor nella celebre pellicola di Mankiewicz del 1963: in realtà di Cleopatra si sa ben poco. Dalle immagini tramandate – e visitabili in mostra – doveva avere fronte alta, occhi grandi, mento sporgente e naso aquilino. Più che bella, pare che fosse molto affascinante, caratteristica che le proveniva anche dal mito che sin dall’epoca del suo regno ha pervaso la sua figura. Cleopatra è uno di quei personaggi che è stato preso in prestito dalla storia e consegnato all’eternità del mito anche nella letteratura, nel teatro, nel cinema. Stacy Schiff, nel suo “Cleopatra” edito da Mondadori, per esempio, ROMA Parigi Al Grand Palais una mostra dedicata a Georges Braque naugurata il 18 settembre ed aperta fino al 6 gennaio 2014 al Grand Palais di Parigi, la prima retrospettiva dedicata a Georges Braque è una mostra decisamente unica, che raccoglie quadri e opere di vario genere provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Iniziatore del cubismo ed inventore del collage, Braque (182 – 1996) è stato un artista dal percorso estremamente lungo e multiforme. Nelle duecentocinquanta tele in mostra a Parigi viene ripercorsa la sua carriera artistica, in quadrata in modo esaustivo e completo. Figura pionieristica dei primi del Novecento, con particolare tendenza alla sperimentazione e all’astrazione, Braque è poi passato ad esplorare sistematicamente nature morte e paesaggi. Che ha comunque reinterpretato, destrutturandoli e scomponendoli ma sempre nel ri- fa della regina d’Egitto un ritratto che per molti aspetti ne rende un’idea diversa da quella alla quale il grande pubblico è abituato. Non una “femme fatale”, ma un’abile politica, che sapeva parlare nove lingue, organizzare l’esercito, gestire le trattative, innovare l’Egitto sia in termini sociali che politici che monetari. La criminologa Pat Brown nel suo “The Murder of Cleopatra” edito da Prometheus mette in discussione molti dei dettagli che hanno “colorato” la morte della regina, arrivando a sospettare che più di un suicidio si sia trattato di un omicidio e che l’espediente del serpente sia stato un mezzo per rendere poetica una morte di tutt’altra natura, nel quale l’allusione sessuale che il rettile portava con sé ha avuto il suo peso in termini allegorici. E infatti Dante Alighieri ne fa una lussuriosa. Insomma, i recenti studi su una delle donne più famose della storia ne forniscono un’immagine nuova: del resto, l’immagine che per secoli è stata portata all’attenzione del grande pubblico è quella scritta prevalentemente dai romani. I spetto dell’armonia dell’insieme. “I primi paesaggi cubisti – spiega la curatrice della mostra Brigitte Real – sono quelli del 1908 di Braque. E’ lui ad aver iniziato questa rivoluzione pittorica poco prima di Picasso. Poi ha inventato il collage, che rappresenta una grande rottura nell’arte del XX secolo”. L’esposizione parigina dà un imperdibile sguardo complessivo sul lavoro dell’artista e al suo genio, rapportandolo tra l’altro alla letteratura e alla musica del suo tempo. C.D.G. La Cina Arcaica in mostra a Palazzo Venezia naugurata lo scorso giugno ed aperta al pubblico fino al 20 marzo 2014, la mostra dedicata alla Cina arcaica presenta l’esposizione di circa 150 manufatti preziosi provenienti da diverse collezioni. Si tratta di oggetti datati fino a 5mila anni fa, alcuni di essi fino ad oggi mai visti in Italia. La mostra, che rientra nel quadro dell’accordo di Stato sulla promozione del patrimonio culturale tra Italia e Cina e che prevede lo scambio di spazi museali permanenti dedicati alle rispettive culture, è il frutto di due anni di lavoro ed è divisa in cinque parti dedicate rispettivamente a la nascita della civiltà, l’avvento del regno, i sacrifici per gli dei e gli antenati, la musica legata alle cerimonie e l’epoca degli Stati Guerrieri. Grazie ai manufatti esposti (tra quelli più pregiati vi sono sicuramente i bronzi riccamente decorati), i visitatori I Vienna I beni sequestrati a “Mr. Mega” Kim Doctom in mostra al Mumok imon Denny, esperto d’arte contemporanea, ha realizzato una particolarissima installazione attualmente in mostra al museo Mumok di Vienna. Aperta al pubblico ai primi di luglio, l’esposizione, intitolata The personal effects of Kim Doctom (Gli effetti personali di Kim Doctrom), sarà visitabile fino al 13 ottobre prossimo. La proposta è decisamente curiosa: attraverso un percorso determinato, si potranno ammirare 110 beni di lusso tra quelli che la polizia neozelandese, su segnalazione dell’Fbi, ha requisito nel 2012 a Kim Schmitz, noto come Kim Doctom, fondatore di uno dei più grandi siti di file sharing del mondo (Megaupload e Megavideo) e accusato di riciclaggio, ricettazione e frode (violazione del copyright) per 500 milioni di dollari. E’ proprio da una selezione di quanto prelevato nel corso del maxi sequestro che sono stati tratti gli oggetti in ora in mostra al museo d’arte moderna a Vienna. Tra essi moto, bambole S potranno conoscere ed apprezzare gli aspetti più caratteristici di ogni epoca, arrivando anche a cogliere il livello di capacità tecnico raggiunto e l’alone di mistero che circonda le varie fasi di un periodo decisamente leggendario. Del quale, visitando la mostra, si ha anche un quadro storico e culturale preciso e dettagliato. L’esposizione si tiene nei locali del Museo Nazionale di Palazzo Venezia (Via del Plebiscito 118, Roma), con orari ed informazioni indicati sulla pagina del ministero dei Beni culturali ad esso dedicata. C.D.G. e robot giganti, server e prototipi, tra cui quello di un orologio che si basa su un sistema brevettato di cinghie di distribuzione collegate che vanno a comporre l’ora su un quadrante e che sono alimentate da un movimento ibrido elettromeccanico controllato da quattro microprocessori. Molto interessante anche la raccolta di articoli di giornale e documenti vari che ripercorrono la vicenda di “Mr. Mega”. C.D.G. 10 Giovedì 3 ottobre 2013 Cultura Lo storico Roberto Festorazzi con "Mussolini e le sue donne" ha cercato di indagare nella sfera sessuale dell'Uomo della Provvidenza Inciampi tra le lenzuola del Duce Aspetti umani inediti nelle pagine di un saggio che però si tradisce quando entra nel campo minato dei (pre)giudizi di Emma Moriconi o storico Roberto Festorazzi tenta un’analisi della sessualità di Mussolini, cercando, in qualche modo, di sfatarne il mito di grande amatore. Intanto, asserisce che a “inventare Mussolini” sia stata la sua passione di gioventù Margherita Sarfatti. Sarebbe meglio dire il contrario: fu Mussolini ad inventare la Sarfatti, conosciuta al grande pubblico grazie alla biografia “Dux”. Parlare di Benito Mussolini è cosa che piace a molti, probabilmente perché intorno all’eterno mito del Duce si può fantasticare ad oltranza, ci si può sbizzarrire in mille modi, sicuri di avere i riflettori puntati addosso. Luce riflessa, si potrebbe dire. “Mussolini e le sue donne”, in fondo, poco aggiunge e poco toglie a quanto già di dominio pubblico. È diverso solo il punto di vista, l’angolazione da cui la virilità di Mussolini è osservata. Festorazzi analizza i fatti attraverso testimonianze, ricerche d’archivio, tracciando una biografia erotico-sentimentale del Duce, tentando di diventare, da storico – scrittore, persino psicologo. Dice infatti di essere “convinto che il Capo del Fascismo fosse uomo fondamentalmente solo, schiavo del suo mito al limite dell’alienazione”. Secondo lui, dunque, bisogna “partire da queste coordinate per spiegare il suo bisogno di compagnia femminile”. È chiaro che quando si parla di una personalità complessa come quella di Mussolini, si può dire tutto e il contrario di tutto. Ma la deduzione di Festorazzi sembra azzardata, oppure è da considerarsi valida per il 99% degli uomini eterosessuali. Il fatto è che la vita privata di un cittadino comune, fatta probabilmente anche di una certa attività sessuale, spesso intensa, non finisce necessariamente in un libro. Ci finisce quella del Duce, dell’uomo più controverso del novecento, figura carismatica, discussa, amata e odiata, osannata e poi vilipesa. La quantità di donne che ha affollato il letto del Duce potrebbe essere né più e né meno la stessa di un indeterminato numero di uomini: tutti “schiavi del proprio mito al limite dell’alienazione”? Bizzarro. Certo, il corpo del Duce fu per due decenni la personificazione dell’Italia stessa, lo si amava come si amava l’Italia, con una certa dose di erotismo in più data la sua fisicità. Un impegno non indifferente, che certamente ha reso il mito ancora più vivo e che di sicuro ha pesato sull’animosità del Duce. Ma parlare di “alienazione” sembra quantomeno discutibile, come appare una L forzatura ricondurre le passioni amorose, spesso capricciose, di Mussolini, ad un “bisogno di compagnia femminile” che gli desse “protezione”. Focoso, Benito, lo era sempre stato, anche in gioventù, quando il suo corpo non era ancora idolatrato da una nazione intera. Appassionato lo era anche prima, quando non aveva bisogno di “protezione”. Appare più probabile un’interpretazione meno macchinosa degli ardori del Duce: amava le donne, e amava dimostrare la sua virilità, cosciente di avere qualcosa di speciale. Lo sguardo magnetico, la mascella prominente, il fisico asciutto, la mente viva, gli occhi che lanciavano fiamme, un modo di fare e di muoversi deciso e affascinante. Del resto, è grazie a queste caratteristiche del suo essere, alla sua personalità eccezionale che è diventato il Duce d’Italia. Smentirlo è un falso storico. Continua Festorazzi nella sua analisi dicendo: “Il mito del Duce, ad un certo punto, divenne una specie di fiera, una belva che imponeva sacrifici d sangue sempre più ingenti: nutrire il mito significava concedergli un tributo quotidiano di carne cruda, come se quel corpo mistico della nazione fosse fatto metaforicamente a fette e servito in pasto alle masse”. Un’immagine forte, evocata dallo storico, per sottolineare la viscerale correlazione tra gli Italiani e il loro Duce, e l’assenza di una sfera privata di Mussolini, che però i momenti per se stesso riusciva comunque a concederseli. Un altro passaggio del libro merita di essere citato, quanto meno per proporre una visione parallela e, in parte, contraria: “siamo ancora prigionieri del mito del Dux – scrive Festorazzi – sia pure di segno contrario rispetto a tempi eroici: ciò che oggi sopravvive di quella narrazione epica è, piuttosto, un anti – mito, ma pur sempre assoluto nelle superlative valenze negative attribuite al personaggio, come se il Duce si fosse impadronito soltanto dei territori del sublime o dell’orrido, privandoci delle altre possibili alternative per rappresentarlo. Perciò ancora oggi tendiamo a considerare Mussolini come un superuomo privo di debolezze e di tare psicologiche … non potendosi fidare di nessuno, in particolare dei suoi cortigiani, Mussolini cercava nelle figure femminili delle interlocutrici sensibili alle quali potersi abbandonare, per rivelarsi, alla fine, per ciò che era, senza timore di essere giudicato o, peggio, smascherato nelle sue debolezze”. Quando Festorazzi parla di “valenze negative attribuite al personaggio” lo fa dando per assoluto questo dato della negatività. Gli Italiani, in realtà, sono una comunità variegata e, su un milione di persone, possono trovarsi un milione di diversi approcci alla figura di Mussolini, nel bene e nel male. Nulla è assoluto, neppure, con buona pace di tutti, il giudizio negativo sul Duce. Certo, dal 1945 in poi hanno scritto solo i vincitori, è chiaro che l’immagine di Mussolini tratteggiata dai suoi nemici sia del tutto negativa: tutto è sempre stato ricondotto ad un solo evento, le leggi razziali, anno 1938. Faceva, e fa, comodo così. Ma il Fascismo era iniziato nel 1922, sedici anni prima, portando all’Italia una serie di misure sociali e popolari che difficilmente vengono raccontate agli scolari. Non solo: l’esperienza della Repubblica Sociale viene taciuta, come pure la normazione sociale che le apparteneva, e il grande intuito di Mussolini nel redigerla, perché di quegli anni si cantano solo le lodi dei partigiani, naturalmente omettendone i crimini. Ma torniamo al saggio di Festorazzi: si potrebbe convenire con lo storico – scrittore circa il bisogno di Mussolini di cercare rifugio, in un certo senso, nelle figure femminili. Certo è che nes- suno saprà mai con esattezza di cosa si componevano le situazioni di intimità di Benito. Su una cosa, invece, Festorazzi coglie nel segno: il Duce era un “uomo”, eccezionale senza dubbio, dal carisma inimitato ed inimitabile, ma pur sempre un uomo. Con le sue debolezze, i suoi momenti di sconforto, le sue riflessioni, le sue paure. In questo senso è apprezzabile il lavoro di Festorazzi, il tentativo – a tratti discutibile perché dà troppe cose per scontate quando scontate non sono affatto – di “umanizzare” la figura dell’uomo Benito Mussolini. Lo ha fatto in teatro, in due occasioni, Pier Francesco Pingitore, mostrando un Mussolini che ripercorre la sua vita, valuta i suoi errori, parla a cuore aperto. Nel 2010 Luca Biagini impersonò il Duce in “Quel 25 luglio a Villa Torlonia”, e ultimamente in “Operazione Quercia”: due momenti cruciali nella vita dell’uomo e dello statista. Il tentativo di Pingitore non è stato sempre compreso, trovando un po’ di ruggine soprattutto in chi nel Duce aveva sempre e solo visto il condottiero inossidabile e mai l’uomo. Ecco, in questi termini il lavoro di Festorazzi è interessante. La conclusione del saggio si presta, piuttosto, a qualche osservazione: “l’esplorazione di questa dimensione del Duce – scrive lo storico – è in grado di fornirci una indiretta risposta agli interrogativi riguardanti le cause che condussero il regime, nel giro di pochi anni, dall’apogeo alla propria fatale autodistruzione. Se lo stesso uomo che aveva creato dal nulla quel sistema, sentiva il bisogno di evaderne, ciò significa che in tale sistema vi era qualcosa di disumano e, in fondo, spaventoso. Scrivendo questa sorta di biografia erotica di Mussolini sono giunto a tale conclusio- ne. Non so se il lettore, al termine di questa carrellata di trofei femminili del Duce, la condivida o meno”. Prima osservazione, d’obbligo, è dedicata al concetto di “pochi anni” espresso in quest’ultimo stralcio del testo. Ventuno. Il governo più lungo della storia d’Italia. Non sono “pochi anni”. Il concetto del “bisogno di evadere” da quel “sistema” resta un po’ fumoso: Mussolini portava sulle sue spalle la responsabilità delle sorti dell’Italia, conscio che il re non era in grado di sostenerne neppure un po’. E infine quando parla di “trofei femminili del Duce” in qualche modo perde un po’ di credibilità: erano, queste donne, le sue fide ascoltatrici, una sorta di “rinforzo psicologico”, oppure no? Oppure erano “trofei”? delle due l’una. Per esempio, la giovane e passionale Claretta non sembra definibile come “trofeo”: carattere e audacia piuttosto possono essere considerate le caratteristiche di questa donna che non ha esitato a morire con il suo uomo. Che Angelica Balabanoff, poi, fosse innamorata di Mussolini non è una novità. Anche lei era donna di carattere, non un “trofeo”. “Nessuna era svanita dal suo orizzonte mentale”, asserisce Festorazzi, neppure nel momento più alto della sua gloria e del suo potere. E anche qui c’è un richiamo al Duce – uomo. Insomma, il saggio di Festorazzi è interessante nel momento in cui pone all’attenzione del lettore la figura di Mussolini – uomo, per moltissimi aspetti inedita e troppo spesso trascurata. Fallisce invece senza appello quando cerca di dare un giudizio che non sembra ammettere contraddittorio, dimenticando che la mente umana, e il cuore, non sono operazioni matematiche e della matematica non seguono le logiche. 11 Giovedì 3 ottobre 2013 Cultura Inaugurata domenica scorsa, sarà visitabile a Predappio, nella casa natale di Benito, fino al 31 maggio 2014 Una mostra inedita racconta il giovane Mussolini Il sindaco Frassinetti: “Era ora che la città dimostrasse il coraggio di aprirsi alla storia italiana, parlando del Duce senza paura” di Emma Moriconi na mostra con oltre duecento opere, di cui moltissime inedite, racconta il giovane Mussolini, le sue passioni, il legame con la sua terra e con la famiglia, le battaglie socialiste e l’ascesa. Si tratta di fotografie, lettere, cartoline, volantini, pubblicazioni, articoli di giornale, opuscoli, oggetti, immagini. “Il giovane Mussolini, 18831914. La Romagna, la formazione, l’ascesa politica”: questo il titolo dell’esposizione, aperta domenica scorsa nella casa natale di Benito a Predappio. Sarà visitabile fino a maggio 2014 e si prevede un afflusso non indifferente di appassionati di storia e non solo, attratti dalla possibilità di conoscere il lato meno noto eppure non meno affascinante del personaggio più discusso della storia italiana. “Con questa mostra – ha detto Giancarlo Mazzucca, direttore de Il Giorno di Milano all’inaugurazione – si apre una strada nuova per l’approfondimento della storia italiana del Novecento. E si apre anche una nuova era per Predappio, dove finalmente si parla a viso aperto di Mussolini”. Parole, quelle del direttore della nota testata, che fanno riflettere: la città natale di Benito Mussolini è luogo simbolo, da sempre, frequentatissima dai numerosi visitatori, che non è mai, almeno fino ad oggi, riuscita ad elaborare la vicenda che l’ha vista inconsapevole protagonista per decenni: il fatto di aver dato i natali al Duce d’Italia. Del resto, la notorietà della graziosa cittadina in provincia di Forlì la si deve proprio a Benito Mussolini. All’inaugurazione hanno presenziato Giorgio Frassinetti, sindaco di Predappio, Roberto Balzani, sindaco di Forlì e ordinario di storia contem- U Quadro ad olio di Pietro Angelini poranea all’università di Bologna, Maurizio Ridolfi, presidente del Comitato scientifico e ordinario di storia contemporanea dell’università della Tuscia. Il sindaco di Predappio ha precisato: “questa mostra non tratta il periodo fascista di Mussolini, né racconta la sua figura di Duce. Vuole essere invece un’importante analisi storica sui suoi anni giovanili e sulla sua formazione socialista, un’occasione per studiare e capire le radici di una vita che ha segnato l’Italia del Novecento”. Ha poi aggiunto: “era ora che Predappio dimostrasse il coraggio di aprirsi alla storia italiana, parlando di Mussolini senza paura”. In effetti, dopo quasi settant’anni dalla fine del Fascismo, “era ora” davvero. Anche perché – e pro- babilmente lo hanno finalmente capito un po’ tutti – privare la nazione di un pezzo così importante della propria storia, come si è tentato di fare dal 1945 in poi, è non solo sbagliato ma controproducente. Continuare nel tentativo di cancellare tutto per lasciare spazio (e ampie pagine sui libri di scuola) solo alle leggi razziali non fa che alimentare la curiosità di chi vuole sapere altro e la voglia di chi vuole dire altro. Che Mussolini, cioè, non riduce la sua esistenza e il suo lavoro per l’Italia a quel settembre del 1938. Benvenuta, dunque, a questa esposizione che vuole raccontare “altro”, e che lo fa senza fronzoli, basando l’interesse solo su documenti, relativamente ai quali lo storico Balzani ha detto che “la mostra dovrebbe fare il giro d’Italia, per il ritmo narrativo e la quantità di documenti, che gettano una luce nuova sulla formazione di Benito”. Di certo l’iniziativa è interessante e merita una certa attenzione, perché rivela particolari non conosciuti di un personaggio che, una volta diventato Il Duce, è stato analizzato in ogni aspetto, da quello pubblico a quello privato, trattato da ogni angolazione, alla ricerca spesso spa- smodica finanche dei particolari attinenti alla sfera più intima. È del Mussolini giovane, invece, che si sa ben poco, e questa mostra è sicuramente un mezzo per capirne in maniera più approfondita la poliedrica personalità. È infatti solo attraverso la comprensione della giovinezza di Benito che si possono comprendere ed analizzare con lucidità (e, si spera, una volta tanto con obbiettività) le dinamiche della sua ascesa al potere e dell’immenso – e mai eguagliato – consenso che fu capace di attrarre su di sé. Le sue capacità oratorie, la sua determinazione, la sua frenetica vivacità, le sue alte qualità di giornalista, le sue fervide passioni vengono alla luce attraverso una quantità eccezionale di opere inedite, provenienti da collezioni private ed archivi di Stato, finora tenute chiuse in un cassetto e finalmente alla portata di tutti, grazie alle quali si può tentare di avventurarsi in un percorso storico e sociale che spieghi anche per quali motivazioni sociali si giunse, nell’ottobre del 1922, alla presa del potere da parte delle camicie nere. Comprensione che è impossibile se non si parte dal contesto in cui quei fatti avven- Il Congresso Socialista del 1914 nero, se non si capisce chi fu Benito Mussolini negli anni della sua formazione: gli anni della gioventù, i più formativi, appunto, nella vita di un essere umano. La mostra non vuole essere né celebrativa né denigratoria, ed è forse il primo tentativo in questo senso nella storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi. Uno strumento finalmente solo “storico” per ragionare su un personaggio, e di conseguenza su un’epoca, che per i contemporanei è difficilmente comprensibile se non ci si cala dentro fino in fondo. Molti, dicevamo, gli oggetti in mostra. Un dipinto ad olio, dipinto dall’amico Pietro Angelini nel 1910, mostra un giovane Benito tratto in arresto dai Carabinieri a Predappio dopo un comizio ritenuto sovversivo. Poi, interessantissima, la lettera autografa del 2 aprile 1905 in cui Mussolini confida ad Alfedo Polledro i tumulti del suo animo dopo la morte dell’amata madre, pensieri privati che raccontano il dolore per la grave perdita ma anche elucubrazioni sul socialismo, di cui il sito web dedicato all’evento propone un estratto: « [...] Mi trovo in un periodo di inquietudini morali e materiali ed ho bisogno di raccoglimento e di silenzio. Ma non per questo lascio senza risposta la tua lettera. Ti dirò francamente il mio pensiero, con la franchezza libera di chi è passato attraverso un duro castigamento intellettuale lasciando per via la più grande parte della tradizionale ideologia socialista, compresa la fede beata nei risultati di quelli che tu chiami trastulli parla- mentari. Aderisco pienamente al tuo ordine di idee […] Del resto, credi pure che, se decisivi sommovimenti di popolo avverranno il mio fucile non saprà mai tradire la causa della Rivoluzione […]». E ancora in esposizione si può visionare la foto originale della scolaresca di Forlimpopoli datata 1897, che ritrae il quattordicenne Benito al Valfredo Carducci. Dello stesso periodo sono esposti anche alcuni temi di pedagogia redatti dal futuro maestro oltre che la sua pagella. In mostra anche il primo opuscolo dal titolo “L’uomo e la divinità” pubblicato a Losanna nel 1904, fervente di acceso anticlericalismo, due cartoline raffiguranti i primi due numeri de L’Avanti e de Il Popolo d’Italia, rispettivamente datate 1912 e 1914, il calendario socialista del 1910, che è uno dei pezzi più pregiati dell’originale esposizione: fu stampato a Trento a cura del futuro Duce. E poi la locandina elettorale del 1913 con la sua candidatura al collegio di Forlì, recante lo slogan: “chi vota per me vota per le idee che io difendo, vota per a lotta di classe e per il passaggio dei mezzi di produzione e di scambio alla collettività produttrice, vota in una parola per il socialismo”. Esposta anche una foto del Congresso socialista di Ancona del 1914 in cui Benito è fotografato tra i relatori. La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio 2014 e già è in cantiere una seconda esposizione, di prosieguo, dedicata al Mussolini interventista durante la Prima Guerra Mondiale: un altro pezzo di storia tutta da raccontare e da capire. 12 Giovedì 3 ottobre 2013 Sport TRATTATIVA NELLE FASI CONCLUSIVE I BIANCOCELESTI DEVONO FARE I CONTI CON IL TRABZONSPOR E I CALDISSIMI TIFOSI TURCHI. SCELTE OBBLIGATE PER PETKOVIC Europa League: trasferte ostiche per Lazio e Fiorentina Il Dnipro allenato da Juande Ramos sulla strada di Montella, che schiera un tridente insolito di Federico Colosimo È una coppa snobbata, trascurata. Presa sotto gamba da quasi tutte le partecipanti. Ma è una competizione importante: è l’Europa League. Un trofeo che vale tantissimo, sia in termini economici che in termini di successo. Questa sera, in campo, Lazio e Fiorentina. I biancocelesti tornano in Turchia ben 4 mesi dopo la sconfitta rimediata contro il Fenerbahce che, di fatto, ha estromesso gli uomini di Petkovic da un traguardo storico: la semifinale. Gli aquilotti saranno di scena a Trebisonda e dovranno fare i conti con il Trabzonspor. Attualmente al quarto posto in classifica nella Super League, la formazione guidata in panchina da Akcay promette battaglia: “E’ la nostra prima partita in casa e vogliamo vincere. Lo stadio sarà una bolgia, i nostri tifosi ci spingeranno fino alla vittoria”. Queste, le parole del capitano Tolga Zengin. All’interno dell’Hüseyin Avni Aker, dunque, ci sarà un clima a dir poco rovente. L’allenatore dei biancocelesti è preoccupato, le scelte sembrano obbligate e la formazione è rimaneggiata. La difesa? Allo sbando. Due, gli uomini a disposizione: Ciani e Cana. Punto e basta. Il tecnico di Sarajevo è costretto a mettere le toppe ovunque ma, qualcuno, sul rettangolo verde dovrà pure scendere. Tra questi, Felipe Anderson. Il giocatore più atteso, il colpo di mercato estivo messo a segno da Igli Tare. L’ultima cartuccia a disposi- Petkovic e Montella zione di Petkovic per far cambiare idea su una campagna acquisti sicuramente deludente. In attacco toccherà invece a Perea. Da Formello dicono che il colombiano fisicamente sia formidabile ma, per quel poco che ha fatto vedere contro il Catania, la giovane punta ha mostrato invece di essere acerbo tatticamente. L’occasione per dimostrare ancora una volta di essere un talento a tutti gli effetti, invece, l’avrà Keita. L’ex baby prodigio della cantera del Barcellona vuole continuare a stupire e ritagliarsi spazio all’interno dell’undici titolare. Impresa impossibile? Forse no. Trasferta ucraina per la Fiorentina, che dopo la vittoria contro il Pacos de Ferreira fa visita al Dnipro. Squadra forte e preparata, attualmente in vetta alla classifica del suo campionato e allenata da un grande tecnico qual è Juande Ramos. L’ex coach di Tottenham e Real Madrid lo scorso anno ha regalato brutte sorprese all’allora Napoli di Mazzarri, e adesso vuole continuare a imporre la propria legge anche contro la formazione gigliata. Scelte obbligate anche per Montella, che lascia fuori Neto (scelta tecnica) per schierare tra i pali il promettente Munua. Con Gomez, Rossi e Rebic fermi ai box, l’attacco sarà guidato da Ilicic, Joaquin e Cuadrado. Cercateci e ci troverete ovunque. All’indirizzo www.ilgiornaleditalia.org , con un portale all news ed un giornale sfogliabile e scaricabile on-line. Siamo anche su Facebook all’indirizzo www.facebook.com/ilgiornaleditalia.portale. Siamo anche abili cinguettatori, su Twitter, @Giornaleditalia. Tutti i nostri video sul canale Youtube, Il giornale d’Italia. Se volete scriverci, potete farlo all’indirizzo e-mail: [email protected] Inter-Thohir: siamo agli sgoccioli I conti dell’Inter, alla vigilia del passaggio di consegne alla cordata indonesiana, sono in netto peggioramento. Servono ben 88 milioni di euro per risanare le perdite accumulate nella scorsa stagione. E allora, non si può più aspettare: serve un socio forte, di carattere. Serve un magnate, indonesiano, che di nome fa Erick Thohir. Questa volta la trattativa è arrivata agli sgoccioli. Non si chiuderà né oggi né domani, ma probabilmente domenica. La nuova Inter sta iniziando a prendere forma. Indonesia al potere, così come previsto, e la famiglia Moratti in regia. Il primo acquisto? Una vecchia conoscenza, un amore mai passato: Leonardo. L’ex direttore sportivo del Paris Saint Germain è stato già contattato dall’attuale patron nerazzurro e non vede l’ora di rimettersi in pista. Anche Thohir si è mostrato convintissimo della scelta. Conosceva di fama il calciatore prima e ne ha potuto apprezzare le qualità dirigenziali dopo. In più, quando ne ha discusso con Moratti, è rimasto favorevolmente colpito dal profilo internazionale di “Leo”: che parla sei lingue, conquista i giocatori con il suo fare ed è un accentratore della società (in senso positivo). L’ex fantasista brasi- Erick Thohir liano ha messo la testa a posto. Basta fuggire, la sua vita adesso è a Milano. Sulla scrivania c’è un Inter da ricostruire, con progetti, soldi e una presidenza nuova. E allora cosa aspettare? Da gennaio Leonardo tornerà a essere una figura importante per la società nerazzurra. Problemi?, non mancano mai. Leonardo vuole avere carta bianca, soprattutto sulle scelte di mercato. Per tutti questi motivi, l’addio di Branca sembra ormai certo. E il primo acquisto potrebbe davvero far felice tutti: Mazzarri, Moratti, i tifosi e, perché no, Thohir. L’obiettivo numero uno si chiama Radja Nainggolan. Centrocampista belga dalle ottime qualità, in forza al Cagliari e, soprattutto, di origini indonesiane. E allora cosa volere di più? Bisognerà attendere ancora pochi giorni, ma la partita di sabato sera contro la Roma per Moratti sarà l’ultima da presidente. F.Co.