Periodico bimestrale. Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv.in L.27/02/2004 n°46 art.1, comma 1, DCB PISA
Aut. trib. di Firenze n. 4387 del 12-05-94 - IR - I.P. - Agosto
Studio SIPONTO
Adolescenza
Etica professionale
Edizione digitale
www.simg.it
ISSN 1724-1375
Società Italiana di
Medicina Generale
2013
4
Apnee ostruttive del sonno
Fibrillazione atriale
BPCO e strategie preventive Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Direttore Scientifico
Giuseppe Ventriglia
ASCO
Portale ASCO in APP, sempre più a portata di mano!
I. Cricelli, A. Tognelli.......................................................................................... 5
SIMG
Società Italiana di Medicina Generale
Via Del Pignoncino 9/11 • 50142 Firenze
Tel. 055 700027 • Fax 055 7130315
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Studio Siponto
Studio Siponto: studio finalizzato a valutare e a migliorare l’adesione dei
pazienti ipertesi al trattamento farmacologico, nella città di Manfredonia
R. Sammarco.................................................................................................... 7
Copyright by
Società Italiana di Medicina Generale
Obesità in adolescenza
Rischi dell’attività sportiva fra gli adolescenti obesi
F. Lemma, N. Sigismondi, B. Messini................................................................ 12
Edizione
Pacini Editore S.p.A.
Via Gherardesca 1 • 56121 Pisa
Tel. 050 31 30 11 • Fax 050 31 30 300
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Marketing Dpt Pacini Editore Medicina
Andrea Tognelli
Medical Project - Marketing Director
Tel. 050 31 30 255 • [email protected]
Problemi etici
Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i medici di medicina
generale in Italia
R. Piccinocchi, V. Tambone, G. Piccinocchi, M.A. Vitali........................................ 20
Fabio Poponcini
Sales Manager
Tel. 050 31 30 218 • [email protected]
Manuela Mori
Advertising Manager
Tel. 050 31 30 217 • [email protected]
OSAS
La Medicina Generale e la sindrome delle apnee ostruttive del sonno
S.E. Giustini, A. Sanna..................................................................................... 29
Redazione
Lucia Castelli
Tel. 050 31 30 224 • [email protected]
Stampa
Industrie Grafiche Pacini • Pisa
2013
Dermatite iatrogena
Un sospetto caso di dermatite iatrogena
G. Grassini, G. Casale, F. Pallavicino, A. Grassini................................................ 15
Adolescenza
Gli adolescenti assistiti dal medico di medicina generale …
come migliorare la pratica
M. D’Uva, M. Langella, G. Ragni ...................................................................... 24
Alice Tinagli
Junior Advertising Manager
Tel. 050 31 30 223 • [email protected]
4
OSAS - TTI
Il Tavolo Tecnico Interdisciplinare (TTI).
Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS
S.E. Giustini.................................................................................................... 32
Anemia
Anemia e terapia marziale.
I dati di Health Search – Società Italiana di Medicina Generale
O. Brignoli...................................................................................................... 33
Riacutizzazioni di BPCO
Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive
G. Sevieri, P. Isidori.......................................................................................... 38
Fibrillazione atriale
Fibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato
per i medici di medicina generale
D. Battigelli, O. Brignoli, G. Ermini, A. Filippi, B. Guillaro, S.E. Giustini.................. 45
Inserto speciale
HS-Newsletter
Finito di stampare presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A. - Ottobre 2013
Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.
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del Trattamento: Pacini Editore S.p.A. - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Ospedaletto (Pisa).
Medicina Generale
Direttore Editoriale
Alessandro Rossi
Editoriale
Per la Medicina Generale è … “Il Tempo delle Mele”
G. Medea......................................................................................................... 3
Società Italiana di
Direttore Responsabile
Claudio Cricelli
Gerardo Medea
Editoriale
Consiglio di Presidenza Nazionale SIMG (Brescia)
Per la Medicina Generale è …
“Il Tempo delle Mele”
Quando negli anni ’80 cominciai la professione di medico di famiglia, il mio terrore (nel caso dell’edema polmonare acuto … un vero
incubo) era imbattermi al domicilio del paziente in una delle tante e temibili emergenze mediche.
E non c’era settimana che ciò non avvenisse realmente, tant’è che era imperativo rifornire quasi giornalmente la piccola – ma a suo modo
esaustiva – farmacia contenuta nella mia borsa da medico.
In ambulatorio poi l’emergenza era fronteggiare il presente, gestire e risolvere le acuzie quotidiane adattando l’attività ai bisogni contingenti espressi dai pazienti.
Certo esistevano anche allora i pazienti ipertesi, diabetici, broncopneumopatici, ma non era la loro malattia cronica a emergere bensì i loro
possibili quanto frequenti problemi acuti o qualcuna delle loro pericolose complicanze.
In cinque lustri non rimane più nulla di quel mondo, poiché sono cambiate le malattie, sono cambiati i farmaci per curarle, sono cambiati
i pazienti e soprattutto sono cambiati (o comunque lo stanno facendo, obtorto collo, in questi anni) i medici, in particolare quelli delle cure
primarie.
Il cambio di paradigma è stato così radicale che molti di noi, forse perché impreparati culturalmente o forse solo perché fiaccati da una
professione che non ci ha restituito soddisfazioni equivalenti all’impegno e all’entusiasmo in essa profusi, hanno cominciato a manifestare
sintomi di scoramento: qualcuno resiste a denti stretti, altri hanno rinunciato a qualsiasi tentativo di adattamento anticipando la pensione,
qualcuno ha sviluppato una sindrome da burn-out.
Ma c’è stato anche chi, senza tentennamenti, ha cavalcato e in un certo senso anticipato l’onda del cambiamento.
Gestire i malati cronici (l’80% del quotidiano lavoro di un medico di medicina generale [MMG]) richiede, infatti, la concatenazione di tre
elementi: conoscenze, strumenti professionali e organizzazione. Occorre poi che il processo di cura, sul singolo come su gruppi di pazienti,
sia sistematicamente monitorato con indicatori di processo e di esito, oltre che economici affinché i professionisti possano ricevere stimoli
al miglioramento continuo e gli amministratori utili indicazioni programmatorie. E per ultimo, ma non per importanza, è necessario definire
un salario in parte agganciato ai risultati, all’appropriatezza e all’intensità delle cure erogate.
Formazione continua, cartella clinica strutturata per problemi (cartacea prima, elettronica poi), strumenti per l’audit e la valutazione singola
e di gruppo, reti professionali, personale di studio, sono termini che fanno parte oramai del patrimonio culturale collettivo dei MMG italiani.
Ma quando, circa 30 anni fa, in tempi non sospetti, e con forte capacità anticipatoria, la Società Italiana di Medicina Generale cominciò
a porre queste necessità all’attenzione della professione, nata con la riforma del 1978 sulle ceneri del sistema mutualistico, per molti si
trattava di eresie, associate a un pizzico di follia divinatoria, e perciò magica e inattendibile.
Quei MMG (non pochi per fortuna) che hanno però creduto in quella “eresia”, hanno cominciato e continuano a rinfrescare le loro conoscenze mediche, fanno riferimento alle migliori conoscenze scientifiche, applicano le linee guida più accreditate, utilizzano strumenti
informatici evoluti per la gestione e il monitoraggio dei cronici, hanno disegnato nei loro studi avanzati modelli organizzativi sfruttando le
risorse (assai modeste) messe a disposizione dal Contratto Collettivo Nazionale oppure in molti casi investendo del proprio. Non mancano
poi i medici di famiglia che fanno ricerca clinica ed epidemiologica di alta qualità e impact factor.
n.4>>> 2013
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
3
Editoriale
G. Medea
Manca però ancora la volontà di trasformare in “sistema” queste eccellenze.
Nel novembre 2012 il Ministro Balduzzi ha riformato l’articolo 8 della del Dlgs 502/92 (riordino delle cure primarie), nel quale la novità più
grossa è l’obbligatoria partecipazione a gruppi organizzati di MMG (AFT o UCCP), con l’obiettivo forse più di rafforzare il territorio in tema
di gestione delle acuzie/urgenze piuttosto che delle cronicità. Anche se nello specifico le Regioni potranno impiegare personale dipendente
presso le nuove strutture multi professionali e stipulare accordi per l’erogazione di specifiche attività assistenziali per i pazienti cronici.
Nel decreto però prevalgono le ombre (assenza di risorse economiche), rispetto alle luci (restyling organizzativo delle cure primarie). Nulla
è ancora accaduto di quanto era stato decretato. Entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge si doveva procedere all’adeguamento
delle convenzioni, limitatamente agli aspetti organizzativi. Decorso il termine il Ministro della Salute, con decreto adottato di concerto con
il Ministro dell’Economia e delle Finanze doveva emanare disposizioni attuative.
Nil est dictu facilius!
Nel frattempo alcune Regioni (Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia e poche altre) stanno proponendo ciascuna un proprio modello di
governo delle patologie croniche, in cui, a parte i buoni propositi generali (presa in carico dei cronici, spostamento dell’asse dell’assistenza
dall’ospedale verso il territorio, efficienza) esprimono opinioni spesso assai divergenti su come i MMG debbano concretamente diventare
i protagonisti in tema di gestione della cronicità. Noi a tal proposito abbiamo le nostre convinzioni, in verità già più volte enunciate, e la
pretesa di fornire qualche buon consiglio per chi avrà il pregio di ascoltarlo.
Non è più demandabile il potenziamento organizzativo delle cure primarie. Queste ultime devono essere trasformate da un sistema a bassa
a uno ad alta intensità di cure. Solo così si potrà far fronte ai nuovi bisogni derivanti dalla riduzione dei posti letto, dalla de-ospedalizzazione
precoce, e dal crescente numero di persone con disabilità e fragilità.
Il riassetto, in assenza di risorse aggiuntive, potrebbe considerare anche ipotesi alternative quali quella di ridurre il numero dei MMG,
aumentando (a isorisorse) quello del personale di studio, invertendo quell’infelice rapporto medici/infermieri che vede la Medicina Generale
italiana agli ultimi posti in Europa. Oppure anche di affiancare ai medici di famiglia quelli di continuità assistenziale sottraendoli a un’attività
professionale spesso avvilente o improduttiva. Ne verrebbe a guadagnare la medicina d’iniziativa, il governo dei malati cronici, le cure
domiciliari ai malati terminali. Il modello toscano da questo punto di vista ci insegna che è praticabile, efficace ed esportabile.
AFT e UCCP, oggi sulla carta solo scatole vuote di contenuti e proposte professionali, sono un’opportunità per sperimentare iniziative di
integrazione ospedale-territorio sulla scorta di modelli già sperimentati dalle Agenzie Sanitarie Americane come il Kaiser Permanente. Tutti
i MMG italiani devono essere dotati di sistemi elettronici (Clinical Decision Support System, cruscotti di governance) per valutare l’appropriatezza e il raggiungimento dei risultati di cura per singolo paziente e per singole patologie, onde innescare un circolo di miglioramento
continuo.
Tali risultati devono essere condivisi in una rete professionale multilivello, i cui dati devono essere gestiti con meccanismi botton-up per
la ricerca clinica sul campo, l’audit e il governo clinico. Gli stessi strumenti devono essere messi a disposizione dei Direttori di Distretto.
Quest’ultimo deve diventare cuore (e mente) del governo della cronicità oltre che della prevenzione primaria e secondaria.
È inaccettabile, infine, che a fronte di una strategia così ampiamente condivisa che enfatizza lo spostamento dell’asse dell’assistenza
dall’ospedale al territorio, in cui la presa in carico dei cronici è l’obiettivo qualificante, vi sia una politica del farmaco che preclude alla
Medicina Generale la possibilità di prescrivere farmaci innovativi (ad esempio, nuovi anticoagulanti orali e incretine) destinati proprio alla
cura dei malati cronici.
Sono i nostri convincimenti, ma sono anche le nostre “sfide”.
C’è ne sarebbe anche un’ultima, forse la più osteggiata.
Ci chiediamo, infatti, perché termini come “cambiamento, qualità delle cure, eccellenza nei comportamenti professionali, trasparenza”,
facciano fatica a entrare nel vocabolario della nostra professione o meglio più correttamente in quello di chi dovrebbe incardinare tali
termini nei contratti e negli accordi collettivi nazionali o regionali.
I medici di famiglia, come altri professionisti, non sono tutti eguali e non c’è accordo collettivo nazionale-regionale che possa annullare
queste disuguaglianze.
Alcuni di Voi forse ricorderanno che, sempre negli anni ’80, spopolò nei cinema di tutta Europa il film “Il tempo delle mele” con la splendida
Sophie Marceau. Raccontava delle turbolenze del passaggio dall’infanzia all’adolescenza in parallelo con la crisi di una coppia quarantenne. Tra crisi esistenziali, turbamenti, litigi e ri-innamoramenti, giovani e meno giovani si adattavano alle trasformazioni che la vita gli
imponeva diventando infine e per davvero “adulti” e “maturi”. Anche per la Medicina Generale Italiana è “Il tempo delle mele”. Tempo di
trasformazioni radicali, di rapidi e ineludibili adattamenti a nuove situazioni, di scelte complesse, di opportunità da sfruttare. È tempo per
la Medicina Generale di diventare adulta e matura e dunque di diventare finalmente protagonista del proprio futuro.
“Il tempo delle mele” per la Medicina Generale … e “tempi duri” per le mele marce.
4
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Iacopo Cricelli1, Andrea Tognelli2
1
Genomedics; 2 Medical Project – Marketing Director, Pacini Editore Medicina
Sotto certi aspetti il settore dell’high tech è
forse quello che in questi anni critici impartisce il maggior impulso innovativo ai propri
prodotti, con evidenti ricadute nella sfera
sociale e professionale.
In pochi anni si sono affacciati sul mercato
dispositivi che hanno reso possibile cambiamenti impensabili. La telefonia mobile dei
primi anni ’90 sembra già un lontano ricordo
se paragonata alle prestazioni delle ultime
generazioni di smartphone; i personal computer hanno mutato sembianze e dimensioni
incrementando le loro performance.
La sfera medica è uno dei settori in cui la
tecnologia si è manifestata con maggiore
rapidità, sia nei supporti gestionali (sempre
più user friendly e integrati ai bisogni professionali) sia in termini di informazione e
consultazione scientifica.
Molte le novità nell’aria, tra cui inedite dinamiche che stanno delineando nuovi scenari
di mercato e sostanziali cambiamenti delle
nostre abitudini professionali.
Una breve panoramica ci aiuta a comprendere il repentino fenomeno e conoscere le
nuove evoluzioni di uno strumento di lavoro
come il Portale ASCO.
Sempre di più “mobile”
Tablet e smartphone rappresentano un
mercato in crescita, mentre si nota una
flessione dei PC (e dei notebook): nel 2013
Figura 1.
Percentuale di tempo dedicato dalla popolazione a vari media e relativa percentuale di
investimenti pubblicitari (Fonte: http://www.slideshare.net).
ASCO
Portale ASCO in APP,
sempre più a portata di mano!
-10% rispetto al 2012, mentre sembrano
trovare pian piano collocazione di mercato
anche PC ibridi-touch come gli ultimi prodotti proposti con Microsoft Windows 8.
La crescita dei tablet è vertiginosa: 50-60%
di vendite in più del 2012, mentre con cifre
molto inferiori (circa il 4%) crescono i cellulari, smartphone inclusi.
In parallelo si assesta anche il mondo dei
sistemi operativi: Android è leader del mercato con circa 800 milioni di dispositivi venduti nell’anno, al secondo posto Windows
(poco più di 300 milioni), iOs/MacOs (circa
300 milioni) e Rim (tra 20 e 25 milioni).
L’impatto sui media
La rapida diffusione dei prodotti cosiddetti
“mobile” sta generando un cambiamento
radicale nella cosiddetta “dieta mediatica”
cioè del tempo dedicato ai vari media disponibili (Fig 1). Si registra una progressiva flessione della stampa, della radio, una stabilità della
TV e Internet, ed una consistente tendenza
alla crescita per il settore tablet e smartphone.
Tutto questo comporta anche un rimodellamento degli investimenti pubblicitari connessi ai media, in cerca di adattamento ai nuovi
comportamenti degli utenti e parametro fondamentale per comprendere come raggiungere il cittadino e informarlo tempestivamente.
Medici digitali
è sorprendente constatare che ormai 1
medico su 2 possieda uno smartphone e 1
n.4>>> 2013
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
5
ASCO
I. Cricelli, A. Tognelli
Visitatori unici
Figura 2.
Evoluzione degli accessi unici mensili.
Mese
su 3 un tablet. Inutile dire che il computer
ha una diffusione ormai universale nella
classe medica, con una alta percentuale di
utenza anche per l’uso di Internet. Questi
numeri ci consegnano la lettura del professionista sanitario come “medico digitale”,
abilitato e cosciente delle nuove opportunità
per la pratica professionale, l’informazione
e l’aggiornamento.
ASCO per i medici internauti
Negli ultimi 6 anni abbiamo seguito l’evoluzione del portale “progetto ASCO” registran-
6
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
do un costante e progressivo aumento degli
accessi unici e delle pagine viste per singolo medico visitatore. La struttura del portale, le funzioni ed i servizi disponibili sono
stati accuratamente ampliati e migliorati al
fine di renderli sempre più interessanti e di
rapida consultazione. Le opportunità di formazione a distanza, senza o con ECM, completano il quadro, oltre alla newsletter che
raggiunge circa 13.500 medici di medicina
generale, ed un “archivio” di tutta la produzione editoriale della SIMG, con le sue
riviste e monografie calibrate sui bisogno di
aggiornamento dei MMG (Fig. 2).
iPhone e iPad pronti per ASCO!
Alla consultazione tramite Personal
Computer è adesso possibile affiancare l’utilizzo di una APP (sistema iOS, scaricabile
in APP Store) che offre la navigazione nei
contenuti del portale in totale mobilità (iPhone - Ipad) senza pregiudicarne la fruibilità
e l’accesso, mediante semplici gesti sugli
oramai familiari “touch screen”.
Renato Sammarco
Studio Siponto*: studio finalizzato a valutare
e a migliorare l’adesione dei pazienti ipertesi
al trattamento farmacologico,
nella città di Manfredonia
Introduzione
L’ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio di morbilità e mortalità
cardio- e cerebrovascolare, il controllo dei
valori pressori è dunque essenziale.
L’uso corretto della terapia antipertensiva
ha mostrato di ridurre il rischio di ictus e
coronaropatie del 34 e del 21% rispettivamente 1, purtroppo però raggiungere il controllo pressorio non è sempre facile.
I fattori potenzialmente responsabili di questa difficoltà sono molti, tra questi la scarsa
aderenza è considerata l’ostacolo critico al
successo terapeutico 2.
L’“aderenza terapeutica” è il grado di adesione del paziente alle terapie prescritte;
l’attitudine del paziente a proseguire la
terapia per tutto il tempo indicato dal medico viene invece definita “persistenza”.
Circa un quarto dei pazienti non aderisce
completamente alle terapie prescritte 2 e
quasi la metà interrompe il trattamento dopo
1 anno dall’inizio della terapia 3. Le scarse
persistenza e aderenza al trattamento riducono l’efficacia della terapia con conseguenti
effetti sull’incidenza di eventi cardiovascolari
(CV), sulle ospedalizzazioni e sui costi 3-5.
I fattori legati alla scarsa aderenza alla
terapia ipotensiva sono molti, i più comuni riguardano la tollerabilità dei farmaci, la
complessità dello schema posologico, l’età
del paziente e la scarsa consapevolezza
dei rischi legati all’ipertensione non controllata. Ma non è solo il paziente a essere
colpevole dello scarso controllo pressorio,
gli ostacoli sono molti e possono dipendere
anche dal medico, dalla sua aderenza alle
linee guida 6, dall’inerzia terapeutica, cioè
la scarsa attitudine a modificare le terapie
qualora risultino inefficaci 7, e dall’organizzazione stessa del sistema sanitario.
Le strategie che possono essere messe in
atto per migliorare il problema aderenza e
controllo pressorio sono diverse; dal punto
di vista del clinico è importante prescrivere
terapie che garantiscano il massimo dell’aderenza e persistenza, prescrivendo per
esempio farmaci a lunga durata d’azione
e ben tollerati; importante è uno schema
posologico semplice e chiaro, preferire ad
esempio associazioni precostituite; evitare
di “non agire”, l’inerzia terapeutica è un fattore chiave per l’insuccesso terapeutico. Da
parte del paziente è importante fidarsi delle
prescrizioni mediche, controllare la propria
pressione arteriosa anche a casa e riferire al
medico ogni evento avverso prima di decidere di modificare o sospendere la terapia 8.
Obiettivi
La Medicina Generale è un contesto ideale nel quale valutare il problema della
Studio Siponto
Medico di Medicina Generale, Manfredonia
aderenza alla terapia ipotensiva e quindi
progettare e attuare interventi finalizzati a
migliorarla.
Sulla base di questa premessa, l’obiettivo
primario dello studio SIPONTO è stato valutare, in un contesto “non sperimentale”,
l’efficacia di un intervento opportunistico
educazionale nel migliorare l’aderenza dei
pazienti al trattamento farmacologico.
Obiettivi secondari sono stati: valutare la
percentuale di adesione alla prescrizione
terapeutica e le motivazioni addotte dai
pazienti per la scarsa aderenza; analizzare le modalità di intervento del medico in
risposta al problema della scarsa aderenza
e valutare l’efficacia dell’intervento in termini di riduzione dei valori pressori e di raggiungimento del target; in ultimo effettuare
un’analisi descrittiva dei pazienti con alta
aderenza per evidenziarne caratteristiche
anagrafiche e cliniche.
Materiali e metodi
Fasi dello studio
Lo studio si è svolto attraverso le seguenti
fasi:
a) interrogazione dei database per l’identificazione dei soggetti da includere;
b)reclutamento dei pazienti eleggibili,
effettuato nell’arco di 3 mesi. I pazien-
* Siponto è un sito archeologico (dalle sue rovine dopo decenni il Re svevo Manfredi ha dato origine nel 1232 alla città che porta il suo nome:
Manfredonia) e frazione residenziale di Manfredonia.
n.4>>> 2013
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
7
Studio Siponto
ti reclutati hanno ricevuto lo schema
posologico della terapia prescritta, un
opuscolo educazionale sulla terapia
antipertensiva e hanno effettuato un
incontro programmato con il medico;
c)intervento del medico. In occasione dell’incontro programmato con il
medico sono state valutate le motivazioni della scarsa aderenza ed è stato
pianificato e attuato un piano di interventi (cambio di posologia, cambio di
terapia, suggerimenti comportamentali,
eventuali ulteriori visite programmate)
finalizzati a migliorare l’aderenza del
paziente;
d) rivalutazione dell’aderenza. A distanza
di 6 mesi dal reclutamento dell’ultimo
paziente è stato nuovamente interrogato il database con le stesse modalità
per documentare eventuali variazioni
della aderenza alla terapia.
Selezione dei medici inclusi
nello studio
Hanno partecipato allo studio 14 medici di
medicina generale attivi nel territorio della
ASL FG e, in particolare, nel distretto di
Manfredonia.
I medici sono stati inclusi nello studio se in
possesso dei seguenti requisiti:
• almeno 750 assistiti in carico;
• un software per la gestione della cartella clinica computerizzata per estrarre
i dati dei pazienti ipertesi secondo le
specifiche del progetto;
• un collaboratore di studio e/o di un
infermiere;
• disponibilità a visitare i pazienti su
appuntamento.
Popolazione in studio
I medici partecipanti allo studio hanno
arruolato i pazienti di età ≥ 18 anni, con diagnosi di ipertensione arteriosa (ICD9 401404), per i quali l’analisi delle prescrizioni
nei 6 mesi precedenti lo studio evidenziasse
un’aderenza inferiore all’80% per almeno
una delle classi di farmaci antipertensivi
prescritte. Sono stati esclusi i pazienti con
storia di eventi cardio- e cerebrovascolari,
i pazienti con scompenso cardiaco e con
gravi malattie croniche (neoplasie in fase
avanzata, psicosi, demenze) e i pazienti che
8
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
R. Sammarco
hanno rifiutato di sottoscrivere il documento di consenso informato. Sono stati inoltre
esclusi quei pazienti per i quali la ridotta
percentuale di giorni coperti dalla terapia
potesse essere giustificata (posologia inferiore a 1 cp al giorno, interruzioni concordate del trattamento, ecc).
I pazienti con aderenza > 80% sono stati
inclusi in una prima analisi descrittiva per
evidenziarne le caratteristiche cliniche e
anamnestiche.
Valutazione dell’aderenza alla terapia
L’aderenza alla terapia farmacologica è
stata valutata determinando, mediante
interrogazione degli archivi computerizzati dei medici partecipanti, il numero di
compresse prescritte per ciascuna classe
terapeutica, nei sei mesi precedenti l’inizio dello studio. Poiché la maggior parte
dei farmaci ipotensivi vengono utilizzati
alla posologia di una compressa al giorno,
abbiamo assunto che il numero di compresse prescritte dovesse coincidere con
il numero di giorni a cui le prescrizioni si
riferivano. L’aderenza, pertanto, è stata
misurata come la proporzione di giorni
coperti dalla terapia (PGT). In accordo con
quanto già definito in letteratura, i pazienti
sono stati classificati nelle seguenti categorie: alta aderenza (PGT ≥ 80%), aderenza intermedia (PGT tra 40 e 79%), bassa
aderenza (PGT < 40%) 4.
Il valore del PGT è stato calcolato per ciascuna classe di farmaci (alfa litici, beta
bloccanti, calcio antagonisti, diuretici, aceinibitori, sartani). Per i pazienti in politerapia è stato calcolato un PGT “complessivo”
rapportando il numero di tutte le compresse
prescritte al numero di compresse necessarie a coprire il periodo di 6 mesi.
Risultati
I pazienti in carico nei 14 centri di medicina
generale sono risultati 18.130, di questi i
pazienti ipertesi erano 3.601, il 19,9%,
percentuale in linea con i dati di prevalenza della patologia. L’età media è risultata di
68 ± 12,2 anni, il 55% era di sesso femminile e il 57,6% aveva anche diagnosi di
diabete. La percentuale di pazienti a target
nell’ultimo anno risultava del 77%.
La valutazione dell’aderenza nella popolazione inclusa nello studio ha mostrato che
il 9,7% dei pazienti avevano una bassa
aderenza (PGT < 40), il 35,3% un’aderenza
intermedia (PGT tra 40 e 79) e il 55% un’aderenza elevata (PGT > 80) (Fig. 1).
I pazienti con alta aderenza sono stati
stratificati per genere ed età, per numero
di contatti con il medico, numero di farmaci prescritti e classi farmacologiche.
I risultati di queste analisi mostrano che i
pazienti maschi e coloro appartenenti alle
età intermedie hanno più frequentemente
una buona propensione a seguire le cure. I
pazienti più giovani e i più anziani mostrano
invece un’aderenza mediano/bassa in più
della metà dei casi (Fig. 2).
I pazienti che più spesso hanno contatti
con il curante (> 6 nei 12 mesi) sono risultati più aderenti così come i pazienti con
schemi posologici più semplici (il 60% dei
soggetti in monoterapia aderenti rispetto a
poco più del 30% di coloro in terapia con 4
farmaci) (Fig. 3a, 3b).
Per quanto riguarda la classe farmacolo-
Figura 1.
Percentuali di aderenza nei pazienti ipertesi.
55,0%
35,3%
9,7%
Bassa
Intermedia
Alta
Studio Siponto
Studio Siponto
Figura 2.
Percentuale dei pazienti con alta aderenza nei diversi gruppi di età.
59,9%
56,8%
57,5%
52,0%
47,1%
41,0%
< 50
50-59
60-69
70-79
80-89
≥ 90
Ta b e l l a I.
Motivazioni riportate dai pazienti per giustificare la scarsa aderenza.
Paura di effetti collaterali
28,8%
Comparsa di disturbi attribuiti alla terapia ipotensiva
34%
Schema posologico complesso
9,6%
Assunzione contemporanea di troppi farmaci
25,3%
Terapia ritenuta non indispensabile
17,9%
Costo della terapia non sostenibile
0%
Difficoltà pratiche (difficoltà di accesso alla prescrizione,
difficoltà di accesso alla farmacia, ecc.)
5,6%
Altro (specificare)
11,7%
gica, i pazienti in trattamento con farmaci
bloccanti il sistema renina-angiotensina,
in particolare i sartani, sono più frequentemente aderenti (56,4%) rispetto alle altre
classi di farmaci, in particolare i diuretici
(32,6%) (Fig. 4).
Fase interventistica
I pazienti con aderenza intermedia e bassa
(45%) sono stati arruolati nella fase interventistica dello studio. Sono stati dunque interrogati per capire le ragioni della scarsa adesio-
ne alla prescrizione e sono stati poi sottoposti
a intervento educazionale. Tra le motivazioni
addotte dai pazienti per giustificare il comportamento non aderente le principali sono
state: la comparsa di effetti collaterali (34%)
o la paura degli stessi (28,8%) e l’assunzione contemporanea di troppi farmaci (25,3%).
Tra gli altri, la decisione che la terapia non
fosse indispensabile e la presenza di difficoltà pratiche nel reperimento della prescrizione
e dei farmaci (Tab. I).
Gli interventi proposti ai pazienti sono
stati quindi personalizzati in base alle esigenze degli stessi. Nel 63,3 % dei casi è
stato effettuato un intervento educazionale
riguardante i benefici della terapia e i rischi
correlati all’ipertensione. In circa il 50% dei
casi è stato modificato lo schema terapeutico o la posologia (Tab. II).
Al termine dei 6 mesi di follow-up dopo
l’intervento educazionale è stata effettuata nuovamente l’analisi dei database degli
sperimentatori, per evidenziare eventuali
variazioni dell’aderenza terapeutica e del
controllo pressorio.
L’obiettivo principale dello studio è stato
solo parzialmente raggiunto poiché solo
i pazienti con aderenza intermedia (PGT
tra 40 e 79) sono aumentati dal 35,3% al
41,8% mentre i pazienti con bassa aderenza sono rimasti pressoché stabili. Si è rilevato un calo dei pazienti con alta aderenza,
che però non erano stati sottoposti a intervento educazionale.
Infine, per quanto riguarda il controllo
pressorio si è riscontrato un aumento dei
pazienti con valori pressori a target dal 76,9
al 81,8% tra la I e la II estrazione (Fig. 5).
F i g u r a 3.
Percentuale di pazienti con alta aderenza all’interno dei gruppi creati in base al numero di contatti (a) e al numero di farmaci assunti (b).
60
50
40
40
30
20
10
0
a
%
%
70
60
50
30
20
10
0
< 6 contatti
da 6 contatti
a 12 contatti
> 12 contatti
b
Monoterapia
Politerapia 2
Politerapia 3
Politerapia 4
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
9
Studio Siponto
R. Sammarco
F i g u r a 4.
Percentuale dei pazienti con alta aderenza all’interno dei gruppi creati in base alla classe
farmacologica assunta.
60
51,7%
50
%
40
47,0%
44,8%
50,8%
56,4%
32,6%
30
20
10
0
Alfa-bloccanti
Diuretici
Beta-bloccanti
Calcioantagonisti
Ace-inibitori
Sartani
Ta b e l l a II.
Interventi messi in atto dai medici in base alle esigenze dei singoli pazienti.
Intervento educazionale (benefici della terapia, complicanze dell’ipertensione)
63,3%
Modifica dello schema posologico
24,8%
Modifica della posologia
23,5%
Sostituzione di uno o più farmaci
16,1%
Coinvolgimento dei familiari
10,4%
F i g u r a 5.
Percentuale dei pazienti a target nelle due
rilevazioni.
81,80%
76,90%
I estrazione
II estrazione
Pazienti a target
Conclusioni
L’aderenza è uno dei fattori determinanti
del controllo pressorio ed è stato dimostrato
essere collegata agli eventi CV e dunque
alle ospedalizzazioni e ai costi sanitari 5 6. Gli
elementi che determinano l’aderenza sono
imputabili ai pazienti ma anche ai medici
che li hanno in cura. Lo studio SIPONTO,
10
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
svoltosi in un setting di Medicina Generale,
ci ha fornito dati incoraggianti rispetto alla
percentuale dei pazienti con pressione controllata, risultata del 77% e sostanzialmente
in linea con i dati di pratica clinica nazionali
provenienti dal database Health Search che
indicano una percentuale di pazienti “non a
target” del 21% nel 2011 9.
La percentuale di aderenza intermedia (PGT
compreso tra 40 e 79) è risultata aumentata nella valutazione compiuta dopo l’intervento educazionale, non è stato possibile
dimostrare invece un simile effetto sulla
percentuale di bassa aderenza (PGT < 40).
I soggetti con alta aderenza, non coinvolti in
alcun intervento educazionale, sono invece
diminuiti nel corso dei 6 mesi dello studio.
Questo fenomeno, per quanto singolare, è
spiegabile considerando il problema della
persistenza terapeutica; la letteratura ci
dice infatti che i pazienti ipertesi, anche se
inizialmente aderenti, abbandonano le terapie nel 43% dei casi nel corso di un anno 3.
Quindi, possiamo riassumere che l’obiettivo dello studio è stato solo parzialmente
raggiunto; l’intervento proposto è servito a
fare in modo che i pazienti con aderenza già
mediocre non peggiorassero ulteriormente
la propria adesione alle cure, non è stato
però sufficientemente incisivo a spronare
quelli con bassa aderenza. Inoltre sarebbe
probabilmente stato utile anche ai pazienti
altamente aderenti che sappiamo, e abbiamo visto essere, comunque a rischio persistenza.
Questo studio ha evidenziato la difficoltà,
da parte dei medici di medicina generale,
a effettuare interventi terapeutici “eccezionali” rispetto alla normale attività clinica;
e come spesso gli aspetti organizzativi del
setting siano fondamentali per poter seguire il paziente nel suo cammino verso una
buona aderenza terapeutica. Gli impegni
professionali e i carichi di lavoro sempre
più gravosi imposti, negli ultimi anni, ai
medici di medicina generale determinano la
necessità di personale di segreteria e infermieristico che possa funzionare da filtro e,
quando adeguatamente formato, essere
il primo interlocutore di tutti i pazienti nel
fornire informazioni di base sull’importanza
dell’aderenza terapeutica.
In conclusione, nonostante tutte le limitazioni imposte da un contesto “non sperimentale” e dall’assenza di un gruppo di
controllo, questo studio ci ha permesso
di intravedere come un intervento educazionale mirato possa migliorare l’aderenza
alla terapia e aumentare quindi la possibilità dei pazienti di raggiungere il controllo
pressorio. Per rendere efficace e fattibile
tale intervento in tutte le realtà della medicina generale sono però indispensabili la
presenza e il coinvolgimento di diverse
figure professionali a supporto del lavoro
del medico.
Ringraziamenti
Ringrazio con stima i colleghi di Manfredonia
che hanno partecipato alla ricerca: Libero
Scarano, Nicola Roberto Beverelli, Pasquale
Claudio Barbato, Ciro Schiavone, Giuseppe
Grasso, Antonio Accarrino, Antonio
Castriotta, Bartolomeo Guerra, Pasquale
Rinaldi, Giovanni Prencipe, Michele Santoro,
Giuseppe Di Candia e Gaetano Trotta. Si
ringrazia anche i colleghi: Gaetano Giorgio
D’Ambrosio e Mario Domenico Dell’Orco,
per l’elaborazione dei dati.
Studio Siponto
Studio Siponto
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Rivista Società Italiana di Medicina Generale
11
Francesco Lemma1, Natale Sigismondi2, Beatrice Messini3
Medico abilitato alla Medicina Generale; 2 Medico di Medicina Generale;
Dirigente Medico 1° livello, U.O. Pediatria Foligno e Responsabile Servizio Endocrinologia Pediatrica
Obesità in adolescenza
1
3
Rischi dell’attività sportiva
fra gli adolescenti obesi
Epidemiologia e fisiopatologia
Lo studio retrospettivo che abbiamo condotto è volto a mettere in luce il fatto che
il peso eccessivo in età adolescenziale può
rappresentare un fattore di rischio per trauma durante l’attività fisica scolastica, al fine
d’imporre un’attenta valutazione sulla tipologia di esercizi che questi pazienti dovrebbero eseguire data la loro condizione.
Gli adolescenti rappresentano il 15,4% della
popolazione che si reca presso le Emergency
Rooms (Pronto Soccorso) statunitensi e sono
il 15,8% delle visite effettuate 1.
Secondo il National Center for Injury
Prevention and Control (www.cdc.gov/injury), nel 2009 il 36,7% dei decessi fra adolescenti compresi tra i 12 e i 17 anni è stato
causato da un trauma non intenzionale; di
questi la metà è avvenuto in seguito a trauma della strada. Per quanto riguarda i traumi non fatali, dai dati aggiornati al 2010,
emerge che il 19,8% degli adolescenti
tra i 12 e i 17 anni che si era recato in
Emergency Room, lo aveva fatto per cadute
non intenzionali e il 14,6% per traumi legati
all’eccessivo sforzo fisico. La prima causa
(24,8%) è rappresentata dai colpi subiti 2.
Lo studio HBSC ha valutato la prevalenza dei traumi adolescenziali in Europa tra
il 2009 e il 2010. Nello studio si fa riferimento a quanti pazienti di 11, 13 e 15 anni
hanno avuto bisogno di almeno una visita
medica per trauma. In Italia la prevalenza
fra i maschi di 11 anni è del 52%, fra quelli
di 13 anni è del 54% e fra quelli di 15 anni
12
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
è del 56%. Fra le femmine le prevalenze
sono: 35, 42 e 39% 3.
Negli Stati Uniti le visite effettuate nelle
Emergency Rooms per traumi riconducibili
a incidenti sportivi o ad attività ricreative
sono circa 2,5 milioni per anno e rappresentano il 23% del totale di tutte le visite
per trauma nei soggetti al di sotto dei 19
anni.
Il sesso maschile, l’età compresa tra i 6 e
i 18 anni, l’appartenenza alla razza bianca
sono associati a un maggiore rischio di
trauma sportivo 4.
L’eccesso ponderale ha una grande influenza sulla possibilità di incorrere in traumi fra
i bambini e gli adolescenti 5; inoltre tra i
traumatizzati l’essere sovrappeso si traduce in ricoveri prolungati e incremento delle
complicanze durante la degenza rispetto
ai soggetti che hanno un peso normale 6-8.
Tuttavia non è stata osservata un’associazione fra obesità e severità del trauma 5.
Un’importante differenza fra obesi e non
obesi sta nelle conseguenze che i traumi
producono.
I pazienti obesi presentano più frequentemente traumi degli arti inferiori e nello specifico si verificano più stiramenti muscolari
e danni ai legamenti.
Un’altra interessante evidenza è che questi stessi soggetti hanno un rischio minore
di incorrere in traumi del capo, del volto e
intraddominali 9 10.
Una ricerca condotta nei Paesi Bassi presso
i medici di famiglia e pubblicata nel 2009
ha dato risultati interessanti. Sono stati
intervistati 2.459 soggetti fra i 2 e i 17 anni
che sono stati poi suddivisi in due sottogruppi di età: 2-11 e 12-17.
Rispetto ai non obesi, i pazienti in sovrappeso e obesi avevano più problemi agli arti
inferiori, soprattutto alle caviglie e ai piedi.
Inoltre il sottogruppo tra i 12 e i 17 anni
con eccesso ponderale aveva effettuato un
maggior numero di visite ambulatoriali per
patologie muscolo-scheletriche 11.
L’obesità induce inoltre delle modificazioni
patologiche dello scheletro come lo scivolamento dell’epifisi della testa del femore,
la tibia vara dell’adolescente (malattia di
Blount), il cattivo allineamento metafisidiafisi e l’incremento dell’angolo di valgismo tibio-femorale. Tutto ciò si traduce in
un aumento delle sofferenze osteoarticolari
soprattutto alle ginocchia e alle caviglie.
Le fratture sono 4,5 volte più frequenti fra
gli obesi. Infatti l’aumento della mineralizzazione delle ossa negli obesi non è sufficiente a compensare l’incremento delle forze
che si esercitano sugli arti in occasione di
una caduta 12 13.
Un altro aspetto interessante riguarda la
locomozione: i bambini e gli adolescenti in
sovrappeso presentano un’andatura tipicamente più lenta e incerta con sovraccarico
delle anche, delle ginocchia, delle caviglie
e dei piedi 14.
Nella popolazione pediatrica obesa si ha
un maggiore appiattimento dell’arco plantare e una sua minore rigidità. In più, la
n.4>>> 2013
Rischi dell’attività sportiva fra gli adolescenti obesi
dorsiflessione attiva della caviglia a ginocchia flesse a 90° è significativamente
ridotta; questa condizione può aumentare
il rischio di contatto fra i piedi durante il
cammino per un prolungamento della
fase di appoggio del passo 15. Sono stati
condotti pochi studi sul rapporto tra obesità adolescenziale e aumento del rischio
di trauma durante l’attività sportiva. La
maggior parte di essi sono pubblicazioni
statunitensi che prendono come campione
atleti di football americano.
Non tutti concordano sul fatto che l’indice
di massa corporea (BMI) eccessivo rappresenti un fattore di rischio per trauma 16-18,
ma quelli più recenti hanno messo in evidenza come i ragazzi obesi abbiano il doppio delle probabilità di subire un infortunio
sportivo rispetto ai soggetti normopeso 19 20.
Materiali e metodi
Questo è uno studio epidemiologico per
coorte retrospettivo che ha preso in esame
gli accessi in Pronto Soccorso per causa
traumatica negli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 17 anni nel periodo tra il 1°
gennaio 2008 e il 31 marzo 2011. L’evento
produttore del trauma era da ricercare nelle
attività sportive scolastiche.
Nella costruzione del gruppo dei soggetti con eccesso ponderale, sono stati presi
in considerazione tutti gli adolescenti
che, nel periodo indicato, avevano avuto
accesso almeno una volta all’ambulatorio
dedicato al trattamento dell’obesità dell’unità di degenza pediatrica dell’ospedale
S. Giovanni Battista di Foligno, e che avevano ricevuto la diagnosi di sovrappeso,
ossia un BMI compreso tra l’85° e il 94°
percentile, o di obesità, ossia un BMI superiore al 95° percentile, secondo le tabelle
internazionali elaborate dall’International
Obesity Task Force 21. Il gruppo dei soggetti
senza eccesso ponderale è stato realizzato
accedendo alla banca dati dei pazienti del
dottor Natale Sigismondi, medico di medicina generale che svolge la propria attività
presso la ASL 3 della Regione Umbria nel
distretto di Foligno. Sono stati selezionati gli
adolescenti tra i 12 e i 17 anni che tra il
2008 e il 2011 erano stati valutati clinicamente dal dottore e che presentavano un
BMI inferiore all’85° percentile, ma supe-
riore al 5° percentile; condizione che definiremo “normopeso”.
Pertanto la popolazione presa in considerazione, e che è esposta al fattore di rischio
“sovrappeso/obesità”, è prevalentemente
quella che risiede nel territorio di pertinenza
della ASL 3 dell’ Umbria; si deve altresì considerare la possibilità che presso l’ambulatorio per il trattamento delle obesità siano
giunti pazienti da comuni limitrofi a quello
di Foligno, ma tale popolazione è comunque
perfettamente assimilabile a quella residente a Foligno per ciò che riguarda l’ambiente,
lo stile di vita e le abitudini alimentari.
è stata quindi effettuata un’analisi delle cartelle cliniche realizzate in Pronto Soccorso
e sono state messe in evidenza quelle che
riportavano in dimissione una diagnosi di
trauma la cui eziopatogenesi era legata ad
attività sportive in ambito scolastico.
Le strutture ospedaliere di riferimento per
lo studio delle cartelle cliniche sono state gli
ambulatori del Pronto Soccorso dell’Ospedale
S. Giovanni Battista di Foligno e quelli dell’Ospedale di Assisi, facente parte della Asl n.
2. L’analisi delle cartelle cliniche è stata compiuta utilizzando i programmi di archiviazione
elettronica ospedaliera che forniscono informazioni sugli accessi avvenuti nel comprensorio di tutte e due le ASL umbre.
Risultati
Sono state controllate complessivamente
111 cartelle cliniche di cui 51 appartenenti
al gruppo dei soggetti con peso superiore
all’85° percentile e 60 a quello dei pazienti
definiti normopeso.
I valori qui di seguito riportati si riferiscono
al primo controllo effettuato sui pazienti nel
periodo di riferimento 1° gennaio 2008-31
marzo 2011. Pertanto alcuni di essi avevano già una diagnosi di alto peso corporeo
antecedente.
Fra i soggetti sovrappeso/obesi l’età media
alla prima visita era di 13 anni e 4 mesi con
un minimo di 12 anni e un massimo di 16
anni e 7 mesi (mediana 12 anni e 11 mesi).
L’altezza media era di 1,58 m (deviazione
standard ± 0,079). Il peso medio era di
73,52 kg (DS ± 16,5). Il BMI medio risultava essere quindi di 28,86 kg/m2 (DS ±4,31)
(Tab. I).
I soggetti di sesso maschile erano 26. L’età
Obesità in adolescenza
Ta b e l l a I.
Media
Età
13 anni e 4 mesi
Peso
73,52 kg ± 16,5
Altezza
1,58 m ± 0,079
BMI
28,86 kg/m2 ± 4,31
media era di 13 anni. L’altezza media era
di 1,6 m (DS ±0,09). Il peso medio pari a
76,74 kg (DS ±17,22) con un BMI medio di
29,57 kg/m2 (DS ±3,96).
I soggetti di sesso femminile erano 25. L’età
media era di 13 anni e 8 mesi. L’altezza media
era di 1,57 m (DS ± 0,065). Il peso medio pari
a 70,18 kg (DS ± 15,35) con un BMI medio di
28,11 kg/m2 (DS ± 4,61).(Tab. II).
Nel periodo di riferimento abbiamo avuto
10 pazienti che hanno effettuato un accesso al Pronto Soccorso per trauma da attività
fisica durante le ore di educazione fisica
a scuola. Se invece consideriamo anche
l’attività sportiva extrascolastica il numero
totale di pazienti era 12.
Tra i 60 soggetti normopeso abbiamo avuto
2 pazienti includibili nei criteri di selezione.
In totale 7 se si considera anche l’attività
extrascolastica (Tab. III).
L’incidenza dei traumi da attività fisica a
scuola fra i pazienti in sovrappeso o obesi
è il 15,6%, mentre l’incidenza fra i normopeso è il 3,3%.
Il rischio relativo è: 4,705 (95% IC 1,04-21,17).
Questo significa che i “sovrappeso/obesi”
hanno un rischio quasi cinque volte maggiore di subire un infortunio durante le ore
di educazione fisica rispetto ai coetanei
“normopeso”.
Tale risultato è statisticamente significativo.
Se consideriamo la globalità degli eventi traumatici che abbiamo individuato fra i
111 pazienti selezionati, vediamo che, dei
19 casi di trauma, ben 10 (52,6%) sono
avvenuti durante le ore scolastiche di educazione fisica, 6 durante le partite di calcio
(tutti maschi), 1 da caduta in bicicletta e 2
in concomitanza di attività sportive non precisate.
Inoltre dei 6 casi di trauma riportati durante le partite di calcio, solo 1 apparteneva al
gruppo “sovrappeso-obesi”.
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
13
Obesità in adolescenza
F. Lemma et al.
Media maschi
Media femmine
Età
13 anni
13 anni e 8 mesi
Peso
76,74 kg ± 17,22
70,18 kg ± 15,35
1,6 m ± 0,09
1,57 m ± 0,065
29,57 kg/m2 ± 3,96
28,11 kg/m2 ± 4,61
Altezza
BMI
Ta b e l l a III.
Trauma educazione
fisica
Non traumi o traumi
extrascolastici
Totale
Obesi
8
43
51
Non Obesi
2
58
60
Totale
10
101
111
Discussione
Questi dati, al netto della limitatezza del campione, possono essere interpretati in diversi
modi. Attività fisica scolastica non idonea:
lo sport praticato durante le ore di educazione fisica potrebbe non essere mirato alle
problematiche della popolazione obesa, ma
standardizzato e applicato indistintamente a
tutta la popolazione scolastica.
La scuola è l’unica sede dove si pratica
sport: gli adolescenti potrebbero praticare poca attività sportiva extrascolastica e
questo spiegherebbe perché più della metà
degli incidenti si sono realizzati a scuola.
Gli obesi vengono esclusi dalle società
sportive: la bassa autostima, l’incapacità
a ottenere risultati soddisfacenti in breve
tempo, l’inadeguatezza a ricoprire i ruoli
assegnati dall’allenatore, potrebbero spingere i ragazzi in sovrappeso ad abbandonare precocemente le società sportive e a
rinunciare a intraprendere altre esperienze.
Il calcio, sport diffuso e amato in Italia e
spesso eccessivamente competitivo anche
a livelli amatoriali, potrebbe celare proprio
questa problematica. Questo spiegherebbe
perché, in 5 casi su 6, i pazienti infortunati
durante le partite di calcio appartenevano al
gruppo dei normopeso.
Queste affermazioni sono comunque in
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5
Ta b e l l a II.
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
linea con quanto già espresso da altri autori.
Si auspica pertanto che vengano intrapresi
ulteriori studi che riguardino il rapporto tra
traumatismo durante l’attività sportiva ed
eccesso ponderale infantile e adolescenziale, allo scopo di sviluppare metodiche
di allenamento che possano adattarsi a
dei soggetti che, sebbene idonei a condividere le esperienze sportive con i coetanei,
necessitano di maggiore attenzione per la
loro peculiare condizione fisica.
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1
Giovanni Grassini1, Giacomo Casale2, Francesca Pallavicino3, Alberto Grassini4
Medico di Medicina Generale, SIMG, Scuola Piemontese di Medicina Generale, Asti; 2 Medico di Medicina Generale,
Asti (Attestato di Formazione specifica in Medicina Generale); 3 Alba (III Anno del Corso di Formazione in Medicina Generale);
4
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, Asti
Un sospetto caso di dermatite iatrogena
Di fronte a una lesione cutanea il medico
di medicina generale (MMG) deve talvolta
considerare la possibile interazione farmacologica tra una molecola di recente
commercializzazione e una dermatite.
Presentiamo un caso emblematico.
Storia clinica
Maschio di 83 anni, cardiopatia ipertensiva, pregressa emorroidectomia; non ha mai
lamentato problemi dermatologici significativi. Nel 1995 primo episodio di fibrillazione
atriale (FA) trattato con cardioversione (CVE);
nel 2003 recidiva e risposta favorevole alla
terapia con propafenone 325 mg x 2/die;
nel 2006 recidiva di FA e, dopo un’ulteriore CVE, sostituzione del propafenone con
amiodarone. Asintomatico sino al febbraio
2011 quando, a seguito di visita oculistica
periodica, fu fatta diagnosi di cornea verticillata da depositi di amiodarone interferenti con il forame pupillare e conseguente
limitazione del visus (senza altre alterazioni
regmatogene). Il paziente nega altri effetti
avversi correlabili all’amiodarone.
Il cardiologo, non riscontrando controindicazioni all’esame obiettivo e all’ECG,
sostituì l’amiodarone con il dronedarone
400 mg x 2/die.
Circa 10 giorni dopo l’inizio della terapia con dronedarone, il paziente iniziò a
lamentare una dermatite pruriginosa a
livello dell’avambraccio sinistro (lesione
eritemato-desquamativa in parte essudante, simil-moniliforme). Nonostante la corre-
n.4>>> 2013
lazione temporale la lesione si presentava
troppo localizzata per un’attribuzione certa
alla terapia antiaritmica con dronedarone.
Nel sospetto di una micosi, lo specialista
dermatologo prescrisse terapia topica con
econazolo (senza risultato a distanza di
30 giorni).
Ad un secondo controllo il dermatologo ipotizzò una lesione eczematosa o una tinea
corporis con eczematizzazione secondaria
da farmaco topico. Per evitare una terapia
antimicotica sistemica, date le possibili
interazioni farmacologiche degli imidazolici
e della terbinafina col dronedarone, lo specialista consigliò medicazione con eosina
2% e antimicotici locali.
Al successivo controllo l’eczema in sede
di pregressa lesione appariva migliorato ma esteso anche in sedi prima indenni
dalla dermatite. Dopo un ulteriore tentativo
terapeutico specialistico ex adjuvantibus
con cortisonici locali e per os, senza alcun
significativo miglioramento, la dermatite
mostrava lesioni eritemato-squamo-crostose a livello degli arti superiori. Fu possibile
documentare la presenza di lesioni più rade
e meglio delimitate, circolari e squamocrostose agli arti inferiori; vennero pertanto consigliati accertamenti ematochimici
e biopsia delle lesioni cutanee. Gli esami
ematici prescritti dal dermatologo risultarono negativi per connettivopatie autoimmuni
o altre patologie correlate mentre l’esame
istologico orientava verso una dermatite
fototossica verosimilmente iatrogena.
Dermatite iatrogena
1
Sulla base di questi esami, lo specialista
cardiologo sospese il dronedarone e, dati
i problemi riscontrati a livello oculare per
l’assunzione precedente di amiodarone,
impostò terapia antiaritmica con sotalolo
40 mg x 3/die che si è dimostrò efficace.
Sospeso il dronedarone le lesioni cutanee
lentamente e progressivamente si attenuano fino a scomparire. Tuttavia, dopo la risoluzione della dermatite vescico-nodulare,
il paziente continuò a lamentare una dermatite eritematosa intensamente pruriginosa su pelle particolarmente secca e tipica
del paziente anziano in cui la componente
ghiandolare sebacea progressivamente si
riduce. I dermatologi prescrissero creme
idratanti e cortisoniche, in aggiunta ad antistaminici orali a dosi piene.
Inizialmente i risultati furono modesti ma il
quadro si risolse del tutto a distanza di circa
sei mesi dalla sospensione del dronedarone.
Discussione
Terapia per il mantenimento del ritmo
I farmaci per il controllo del ritmo cardiaco attualmente sul mercato (antiaritmici di
classe Ia, Ic e III) hanno un’efficacia variabile e possibili effetti collaterali con conseguenti limitazioni di sicurezza. L’amiodarone
è considerato il farmaco con la maggior
efficacia nel mantenimento del ritmo sinusale. Tra i suoi possibili effetti avversi molto
frequente è la cheratopatia da accumulo di
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
15
Dermatite iatrogena
inclusioni lisosomali e depositi corneali, la
cosiddetta cornea verticillata, che colpisce
la quasi totalità dei pazienti in trattamento,
nella maggioranza dei casi in forma asintomatica.
Il dronedarone (Multaq, Sanofi Aventis) è
un derivato dell’amiodarone, immesso nel
2011 sul mercato farmaceutico italiano,
approvato dalla FDA per ridurre gli eventi
cardiovascolari in pazienti con FA o flutter
atriale. L’alterazione della struttura chimica del dronedarone è stata introdotta per
accorciare l’emivita, diminuire la lipofilicità
e minimizzare la tossicità non cardiovascolare rispetto all’amiodarone. Dai risultati di
diversi trial clinici, si evince che il dronedarone è efficace nel ridurre l’incidenza di
ricorrenze di FA, sebbene in misura inferiore
rispetto all’amiodarone. Le reazioni avverse
più frequentemente osservate sono diarrea,
nausea e vomito, stanchezza e astenia.
Sono state anche segnalate, seppur con
frequenza minore, reazioni a livello della
cute e del sottocutaneo, in particolare rash
cutanei (generalizzato, maculare, maculopapulare); meno comuni sono stati eritemi,
eczema, fotosensibilizzazione e dermatiti
allergiche.
Reazioni fototossiche indotte
da farmaci
Farmaci per via orale e topica possono
scatenare reazioni di fotosensibilizzazione
G. Grassini et al.
cutanea qualora la pelle venga esposta a
radiazioni ultraviolette. Fotoallergia e fototossicità possono verificarsi in pazienti
sensibili nel caso le radiazioni ultraviolette interagiscano con sostanze chimiche
presenti in sufficiente quantità nella cute.
La fotosensibilizzazione farmaco-indotta
costituisce una parte delle eruzioni cutanee
iatrogene sebbene l’incidenza attuale non
sia nota.
Le reazioni di fotosensibilizzazione possono essere suddivise in fotoallergia e
fototossicità. Sebbene molti farmaci, in
particolare antibiotici e antimalarici, possano provocare entrambe le forme, tra le
eziologie esistono non poche differenze
(Tabb. I-III). Le reazioni fotoallergiche sono
immunologicamente mediate, richiedono
una precedente sensibilizzazione e clinicamente hanno l’aspetto di dermatiti allergiche da contatto; le reazioni fototossiche,
invece, non richiedono una precedente
sensibilizzazione e, all’esame obiettivo,
mimano un’esagerata esposizione solare e
si risolvono in un periodo temporale molto
minore delle forme fotoallergiche.
Tre passaggi sono necessari per il verificarsi
di una reazione fototossica: il farmaco o una
sua parte attiva deve raggiungere le cellule
cutanee, una luce di appropriata lunghezza
d’onda deve penetrare la pelle, l’energia
deve essere assorbita.
Clinicamente, le reazioni fototossiche
Box 1
Caratteristiche delle reazioni fototossiche farmaco-indotte:
• più comuni rispetto alle reazioni fotoallergiche
• richiedono una maggiore esposizione
alla sostanza
• dose-dipendenti
• si verificano minuti/ore dopo l’esposizione al sole
• non richiedono precedente sensibilizzazione
• clinicamente mimano un’esagerata
esposizione al sole
• si risolvono in tempo più brevi delle
forme foto allergiche (se non complicate entro 48-72 ore)
• insorgono nella sede di contatto e si
ripetono ad ogni esposizione
• all’esame istologico, si osservano
necrosi cutanea e edema del derma
• non sono immunologicamente mediate
• non sono necessariamente provocate
da cross-reazione tra farmaci
somigliano alla risposta della pelle a un’esagerata esposizione solare, dopo minuti
o ore compare edema ed eritema; questi
sintomi possono evolvere sfavorevolmente con vescicolazione e desquamazione.
Molti pazienti lamentano dolore e senso di
bruciore. Anche l’iperpigmentazione cutanea è piuttosto comune, può risultare da
un’eccessiva proliferazione e migrazione di
Ta b e l l a I.
Reazioni da fotosensibilizzazione cutanea.
1) Dermatite polimorfa solare
1) Fotodermatite
idiopatica
2) Orticaria solare
3) Dermatite attinica cronica
1) Fototossica
È una forma molto più frequente di quella fotoallergica; può manifestarsi in ogni persona che abbia assunto una dose sufficiente di farmaci e
di radiazioni luminose
2) Fotoallergica
Necessita di una precedente sensibilizzazione (tipo 4° msec. Gell e
Coombs; si manifesta esclusivamente in soggetti predisposti (atopici). Il
farmaco (od anche solo una parte della molecola) viene coniugato sotto
l’azione della luce con una proteina che funge da vettore per formare un
nuovo antigene che, a livello delle cellule del Langherhans, attiva i linfociti T che, in presenza di una nuova esposizione all’antigene, liberano
citochine ed innescano una reazione infiammatoria
Fotosensibilità
cutanea
2) Fotodermatite
esogena
3) Fotodermatite
endogena
16
Si associa ad alterazioni endogene metaboliche come la pellagra (carenza di vitamine del gruppo C
ed in particolare niacina e/o triptofano) oppure le porfirie
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Dermatite iatrogena
Un sospetto caso di dermatite iatrogena
Ta b e l l a II.
Diagnosi differenziale DIC/DAC.
Dermatite allergica
Dermatite irritativa
Predisposizione
Sì (prevalentemente soggetto atopico)
No
Incidenza statistica
Bassa
Alta
Dose dipendente
No
Sì
Dose attiva per indurre la lesione
Minima
Significativa
Sintomi
È necessaria una esposizione precedente per la
sensibilizzazione (spesso misconosciuta e documentabile Già alla prima esposizione
con una attenta anamnesi)
Tempo di insorgenza
Minuti/Ore
Ore/Giorni
Tempo di guarigione
Lento (anche con la sospensione della esposizione)
Rapido (con la sospensione dell’esposizione)
Manifestazioni cliniche
Inizialmente locali poi, con il progredire degli episodi,
anche sistemica
Sempre localizzata alla superficie di contatto
Pigmentazioni cutanee
Occasionali
Frequenti
Ta b e l l a III.
Fotosensibilità.
Fotoallergia
Amantadina
Aciclovir
Benzocaina
Benzoil Perossido
Celecoxib
Chinidina
Chinino
Ciprofloxacina
Coal Tar
Dibucaina
Fenotiazine
(ad es.Clorpromazina)
Idroclorochina
Idroclorotiazide
Idrocortisone
Ketoprofene
Levofloxacina
Lomefloxacina
Naprossene
Piroxicam
Porfirine
Ranitidina
Salicilati
Solfoniluree
Tetracicline
Tretionina
Fototossicità
Sì
Sì
Meccanismo d’azione
ORALE
UVA
UVA
UVA
UVB
UVA
UVA
UVA
UVA
UVA
UVA
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
UVB
UVA
UVA
UVA
UVA
UVA/UVB
UVA
Sì
Sì
Sì
UVB +Visibile
UVA
UVA + UVB
UVA
UVA
UVA/UVB
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Spettro d’azione
(UV = ultravioletti)
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
TOPICO
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì (solo uva)
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
17
Dermatite iatrogena
G. Grassini et al.
Figura 1.
Arto superiore nella fase iniziale della dermatite.
eruzione cutanea insorta dopo esposizione solare. Dal momento che alcuni farmaci possono indurre sia fotoallergia che
fototossicità, spesso si rende necessario
ricorrere al fotopatch test per distinguere
fra le due forme. Anche la biopsia cutanea può contribuire alla conferma della
diagnosi.
Conclusioni
Figura 2.
Arto inferiore nella fase terminale ripartiva delle lesioni, dopo circa 3 mesi dall’insorgenza
dei primi sintomi.
melanociti come nel caso dello psoralene
oppure per il deposito del farmaco a livello
della cute (ad es. amiodarone, clorpromazina, desipramina e argento).
18
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Il sospetto di fotoallergia o fototossicità
farmaco-indotta può generalmente essere fatta combinando una storia di utilizzo di farmaci fotosensibilizzanti con una
Nel caso clinico giunto alla nostra osservazione la terapia con dronedarone si era
dimostrata sicuramente efficace nel controllo del ritmo cardiaco.
La breve emivita del farmaco (30 ore,
dichiarate in bibliografia) non sembrerebbe
correlare con la lunga durata della manifestazione cutanea, più verosimile per altre
molecole della stessa classe farmacologica a più lunga emivita come l’amiodarone
(emivita tra i 20 e i 100 giorni).
La lunga persistenza della sintomatologia
cutanea potrebbe essere correlata ad una
alterata funzione del sistema microsomiale epatico che metabolizza il dronedarone
(CYP3A4) anche se non abbiamo i mezzi
per documentarlo.
La dermatite del nostro paziente, nell’ipotesi in cui si tratti di reazione di fotosensibilizzazione, è classificabile come fototossicità
dal momento che per manifestarsi non ha
richiesto una precedente sensibilizzazione
ed, all’esame istopatologico, a livello epidermico è stata osservata necrosi e non
la spongiosi tipica delle reazioni fotoallergiche. La nostra ipotesi è suffragata anche
dal fatto che gli antiaritmici sono classificati fra i farmaci potenzialmente fototossici.
Non è da escludere che il dronedarone, per
scatenare la manifestazione cutanea, abbia
cross-reagito con uno degli altri farmaci
assunti dal paziente e questa particolarità
potrebbe anche essere una delle cause che
ha indotto il lungo periodo per la restitutio
ad integrum delle lesioni dermatologiche.
La diagnosi dell’evento osservato sembrerebbe suffragata dalla coincidenza temporale nell’insorgenza e dalla lenta guarigione
in seguito alla sospensione del farmaco. In
questo caso, la lunga emivita del dronedarone (anche se minore di quella dell’amiodarone) potrebbe aver influito sui tempi di
recupero.
Un sospetto caso di dermatite iatrogena
Nel rispetto della Legge, è stata compilata e inviata la scheda di segnalazione di
sospetta reazione avversa (http://www.
agenziafarmaco.gov.it/it/content/modalitàdi-segnalazione-delle-sospette-reazioniavverse-ai-medicinali).
Ricordando che non è corretto sul piano
deontologico né etico fare una nuova prova
di somministrazione per vedere se la dermatite si ripete, e che non abbiamo mezzi diagnostici sofisticati a nostra disposizione, non
possiamo fare altro che trarre alcune considerazioni di tipo puramente osservazionale:
1. non è possibile escludere che il farmaco
possa aver agito da solo oppure in associazione con altre molecole innescando
la dermatite ma resta il fatto che le lesioni si sono risolte con la sospensione del
dronedarone in circa 3 settimane;
2. la biopsia cutanea evidenzia aspetti
istologici tipici delle forme fototossiche
(questo però non concorda con il lungo
processo riparativo delle lesioni);
3. la persistenza, per alcuni mesi dopo
la sospensione, di una dermatite con
caratteristiche differenti è suggestiva
(ma non è stato possibile dimostrarlo) per una polisensibilizzazione in un
soggetto atopico in cui il dronedarone
sia stato solo uno degli agenti patogeni o scatenanti la reazione;
4. la persistenza di una dermatite, per giunta solo agli arti superiori, anche nei mesi
in cui viene meno l’esposizione solare (o
per lo meno la cute risulta coperta dagli
indumenti), induce qualche dubbio sulla
diagnosi del dermatologo che aveva
individuato una componente fototossica che, a nostro parere, può aver agito
solo come meccanismo coadiuvante ed
eventualmente innescante;
5. non riteniamo la diagnosi conclusiva.
Resta il fatto che il paziente è attualmente asintomatico ma permane tuttora sotto sorveglianza (sia da parte del
MMG che dello specialista) per tentare
di dirimere la/le cause alla base della
sua patologia dermatologica.
Dermatite iatrogena
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Rivista Società Italiana di Medicina Generale
19
Roberto Piccinocchi2, Vittoradolfo Tambone2, Gaetano Piccinocchi1,
Massimiliano Andrea Vitali2
Problemi etici
1
SIMG Napoli; 2 Università Campus Bio-Medico Roma
Studio pilota sui problemi etici emergenti
fra i medici di medicina generale in Italia
Introduzione - background
Il medico di medicina generale (MMG), per
la natura della sua professione si trova di
fronte a problematiche etiche e bioetiche
molto diverse, almeno in termini di applicazione, da quelle in cui si trovano i medici ospedalieri, ma sino ad ora non sono
disponibili evidenze che possano confermare questa ipotesi. Intuitivamente queste
problematiche sembrano coinvolgere tutto
il tessuto sociale e familiare e la medicina
del territorio, all’interno di dinamiche che a
volte rimangono ignorate e lontane anche
dagli obiettivi didattici del sistema universitario italiano. D’altra parte il MMG può,
in quanto conoscitore dei suoi pazienti e
dell’ambiente in cui vivono, essere coinvolto in problematiche che influiscono sulla
salute della persona, intesa come completo
benessere fisico, mentale e sociale, oltre
che sull’emergere di un deciso riorietamento sul paziente della prassi e della ricerca
clinica, che valorizzi entrambe le autonomie, quella del paziente e quella del medico. Per questo ci è sembrato importante
realizzare un’indagine conoscitiva su tutto il
territorio nazionale inerente ai problemi etici
emergenti tra i MMG: quello che presentiamo è uno studio pilota volto a formulare e
testare un questionario adeguato a tal fine.
L’obiettivo di questo studio, e di quello che
seguirà, è in primo luogo quello di raccogliere dati oggettivi sufficienti per poter
organizzare un piano formativo specifico
che sarà un concreto ambito di collabo-
20 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
razione e collegamento tra il mondo universitario e la Società Italiana di Medicina
Generale (SIMG).
sono stati raccolti in una griglia di raccolta in Excel®. Per l’analisi statistica ci si è
avvalsi del pacchetto statistico STATA 10®.
Materiali e metodi
Risultati
È stato sviluppato un questionario cartaceo volto a conoscere se esistano e come
vengano percepite le problematiche etico/
bioetiche nella professione del MMG, provando a misurare quali siano connesse a
questa professione sia in modo qualitativo
sia in modo quantitativo e a comprendere
quali modalità formative per questa categoria professionale assolvano maggiormente
l’eventuale bisogno formativo della popolazione esaminata.
Il questionario, composto da 18 domande,
cerca di esplorare le caratteristiche della
popolazione intervistata (anno di Laurea,
specializzazioni, numero di anni di attività
come MMG), le caratteristiche del territorio
in cui lavora l’intervistato (regione, provincia, distanza da ospedali/hospice, quantità
di assistiti), le modalità di lavoro dell’intervistato (individuale, in équipe, in associazione), la percezione da parte dell’intervistato
di problematiche etiche/bioetiche (e le principali, eventuali difficoltà ad affrontarle) e
infine l’ambito della formazione (ricevuta e
desiderata).
Il questionario è stato sottoposto, in forma
anonima, ai partecipanti del 32° Congresso
Nazionale della SIMG, tenutosi a Firenze nel
novembre del 2011.
Sono stati compilati 382 questionari e i dati
Il 74% della popolazione intervistata ha
dichiarato di aver conseguito la laurea tra
il 1975 e il 1984 e di avere più di vent’anni
di esperienza nella medicina territoriale. Il
72% dei medici intervistati possiede una
o più specializzazioni. Dei 359 rispondenti
alla domanda sul numero di assistiti (94%
degli intervistati totali), il 91% ha più di
1000 assistiti.
Il 90% degli intervistati ha risposto alle
domande riguardo ad ASL e distretto di
appartenenza e i dati sono sintetizzati nella
Figura 1 che mostra sulla mappa nazionale
la distribuzione per regione di provenienza
degli intervistati.
Il 60% degli intervistati presta il suo servizio
ad una distanza dall’ospedale più vicino inferiore ai 5 km e molti di questi hanno anche
un hospice/RSA nelle vicinanze. I medici che
hanno risposto alla domanda “Sei l’unico
medico nell’ambulatorio in cui lavori?” sono
stati 370. Di questi 231 hanno dichiarato di
non lavorare da soli. Tuttavia, alla domanda
“Se hai risposto NO, lavori in associazione?”
hanno dichiarato di lavorare in associazione 250 intervistati, nonostante la domanda
fosse rivolta solo ai 231 che avevano dichiarato di non lavorare da soli. Nel 14% dei casi
nell’associazione è presente un pediatra.
Successivamente si chiedeva all’intervistato
n.4>>> 2013
Problemi etici
Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i MMG in Italia
Figura 1.
Distribuzione per regione di appartenenza.
se avesse mai dovuto affrontare dilemmi etici
nello svolgimento della sua professione. Dei
363 intervistati che hanno risposto, il 73%
ha risposto affermativamente e di questi il
60% ha poi dichiarato di aver avuto difficoltà
nel risolverli.
La domanda 14 sondava le possibili problematiche etiche connesse alla professione.
Sono stati individuati 21 item differenti oltre
alla possibilità di indicarne altri. Nell’85%
dei casi è stata data almeno una risposta.
Nel 14% dei questionari non c’è stata nes-
suna risposta. L’80% dei rispondenti ha
indicato più temi di quelli richiesti disattendendo il limite di 5 dato dalla domanda
stessa. In nessun caso è stato risposto alla
domanda usando l’opzione “altro”.
I dati delle risposte alla domanda sono riassunti, in ordine di frequenza, in Tabella I.
Si è proceduto successivamente a verificare, laddove possibile, se l’ordine degli
item indicati variasse in funzione delle
altre variabili esplorate nel questionario. È
risultato che, nella pratica medica, variabili
Figura 2.
Modello formativo preferito per apprendere strumenti di risoluzione di problematiche etico/
bioetiche.
Altro
6
74
Master
173
Corsi residenzali
Newsletter
Consulting on line
29
Discussione e conclusioni
41
157
ECM
0
50
come la distanza dall’ospedale/hospice, il
lavorare da soli o con altri colleghi, la presenza o meno di un pediatra non influiscono
sulla percezione delle problematiche di tipo
etico connesse alla professione in modo
statisticamente significativo.
Risulta molto interessante il fatto che ai
primi tre posti i problemi etici percepiti risultano essere sempre, nell’ordine, i seguenti:
• comunicazione di cattive notizie;
• problemi familiari associati alle dipendenze (alcol, droghe, eccetera);
• rapporto con i colleghi.
Altrettanto interessante risulta che la
“Comunicazione della prognosi infausta”
non sia percepita come un problema rilevante per la maggior parte del campione,
nonostante la “Comunicazione di cattive
notizie” sia stata espressa come problema
attivo dal 50% degli intervistati. Le risposte a questa domanda sono state poi stratificate per le altre variabili conoscitive: la
variazione è di pochi punti percentuali nei
22 item e non statisticamente significativa.
Dalle domande che sondavano l’aspetto
della percezione del bisogno formativo è
emerso che il 94% degli intervistati non
ha sostenuto nell’arco del proprio “cursus studiorum” un corso di Etica Medica/
Bioetica e di questi il 62% (211 intervistati)
ha affermato di aver avuto modo di approfondire le tematiche etiche. Ciò nonostante
in 315 hanno dichiarato di sentire la necessità di formazione per acquisire strumenti
in quest’ambito. È stato quindi verificato
se esistesse una relazione tra la difficoltà a risolvere problemi etici e la necessità
di dover acquisire strumenti formativi in
quest’ambito. Questo è stato fatto utilizzando il test del c2 di Pearson, da cui è risultata una relazione statisticamente significativa. (p < 0,05)
In ultimo si è provato a indagare quale fosse
la tipologia di strumenti formativi necessari
secondo gli intervistati. I risultati sono riportati in Figura 2.
100
150 200
Pensiamo che i risultati raccolti, studiati
e qui presentati suggeriscano le seguenti
riflessioni:
1. il fatto che, indipendentemente da altre
variabili, i tre principali problemi etici
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
21
Problemi etici
riconosciuti come tali, e sempre nel
medesimo ordine, siano la comunicazione di cattive notizie, i problemi familiari
associati alle dipendenze e il rapporto
con i colleghi, è indice della rilevanza,
spesso sottovalutata, della dimensione relazionale nello svolgimento della
professione del MMG. Mentre, infatti,
i problemi legati alla comunicazione in
letteratura rappresentano circa il 5%
rispetto a quelli abitualmente considerati prioritari nel dibattito bioetico, quali
aborto, fecondazione in vitro ed eutanasia, dallo studio qui presentato emerge
come questi siano prioritari nella percezione dei professionisti insieme a quelli
derivanti dalla difficoltà nel relazionarsi
con i problemi accessori a quelli strettamente sanitari, come ad esempio i
R. Piccinocchi et al.
problemi familiari associati alle dipendenze (alcool, droghe, ecc.). È da notare, inoltre, che i primi tre problemi etici
segnalati centrano problematiche sia di
relazionalità verticale (risposta 1 e 2),
sia di relazionalità orizzontale (risposta 3) e fanno riferimento a situazioni
che sembrano protrarsi nel tempo.
Questa nota temporale distingue il
problema della comunicazione della
diagnosi infausta (rank15) da quello
della comunicazione di cattive notizie
(rank1). Il problema etico emergente, in
altre parole, non sarebbe tanto comunicare una diagnosi di una situazione a
termine ma informare di una situazione che comporta una problematica di
futura gestione della vita del paziente
e della sua famiglia (ad esempio, la
Ta b e l l a I.
Le problematiche etiche connesse alla professione emerse in ordine di preferenza.
Tema etico emerso
Rank
%
Comunicazione cattive notizie
1
50%
Problemi familiari associati a dipendenze
(alcool, doghe, ecc.)
2
48%
Rapporto tra colleghi
3
45%
Rifiuto delle cure
4
38%
Idratazione e alimentazione in pazienti
terminali
5
38%
Aborto
6
36%
Modalità di prescrizione farmacologica
7
34%
Contragestione (pillola del giorno dopo)
8
29%
Segreto professionale
9
27%
Gestione di dipendenze a rischio
10
22%
Gestione visite domiciliari
11
17%
Abbandono del paziente
12
16%
Procreazione artificiale
13
16%
Contraccezione
14
15%
Comunicazione della prognosi infausta
15
10%
Richiesta di eutanasia
16
10%
Dire/non dire la verità al paziente
17
10%
Richieste di medicina estetica
18
10%
ECM
19
8%
Comunicazione del rischio di ammalarsi
20
3%
Prescrizione test genetici
21
1%
Altro
22
0%
22 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
sterilità di coppia, una malattia cronico
degenerativa, ecc.). Naturalmente questa ipotesi interpretativa dovrà essere
controllata nel successivo studio con
opportuni quesiti mirati. In ogni caso
anche la risposta con rank17 dovrà
essere rivalutata per comprendere se
sia più opportuno abbinarla alla risposta con rank1 o a quella con rank15:
allo stato attuale la sua lettura rimane
ambigua. Altro dato interessante è che
gli item tra loro complementari, come
ad esempio “Comunicazione della prognosi infausta” e “Comunicazione di
cattive notizie“ non si diluiscono tra loro
nell’effetto, infatti il primo a differenza
del secondo resta sempre scarsamente
rilevante. Si può affermare, in base ai
dati raccolti, che il sentire la necessità
di acquisire strumenti formativi in ambito etico è in relazione all’esperienza
della difficoltà a interagire con questa
tipologia di problematiche, difficoltà che
non varia in funzione degli anni lavorativi trascorsi: sembra pertanto un tema
sempre attuale nell’ambito della categoria professionale studiata. Tale dato è
confermato anche dal tasso di risposta
affermativa (80% dei rispondenti) alla
domanda 17 (“Senti la necessità di
strumenti formativi?”) del questionario
volta a sondare la volontà di acquisire
strumenti per affrontare queste problematiche;
2. colpisce che il 27% dei medici intervistati (che affermano di non aver incontrato problemi etici nello svolgimento
della professione) si discostino in modo
così radicale dal restante 73% (che
affermano di aver incontrato problemi
etici nello svolgimento della professione). Era prevedibile una stratificazione
riguardante la quantità e il tipo di problemi etici ma non una frattura così
netta all’interno di una stessa modalità
di pratica professionale. Inoltre, il fatto
di avere o meno ricevuto formazione
etica non modifica in modo significativo
il desiderio espresso di formazione;
3. raggruppando le risposte di rank 4, 5
e 16 da una parte e quelle di rank 6
e 8 dall’altra, risultano come problemi
etici emergenti degni di nota anche
l’eutanasia e l’aborto. Certamente un
Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i MMG in Italia
elemento di confusione deriva dall’aver
erratamente equiparato la contragestione alla pillola del giorno dopo anziché
alla RU486;
4. le attività formative con maggiore percentuale di scelta (corsi residenziali,
ECM e Master) sono quelle che permettono maggiore relazione formativa
interpersonale sia con docenti (relazione verticale), sia con colleghi (relazione
orizzontale). Tale tendenza è coerente
con quanto discusso al punto 1 e suggerisce una particolare attenzione alla
formazione relazionale che si può forse
tradurre con l’inserimento di moduli
di Psicologia Sociale e di Antropologia
nella didattica formale. Sempre a questo riguardo sarà interessante indagare,
attraverso lo studio successivo, il senso
di solitudine e la percezione del peso
derivante dalla responsabilità personale
nei MMG. Infine, la scelta di strumenti formativi esplicitamente universitari
(Master) pur essendo presente, appare
da rafforzare. Questo dato ci sembra
derivare dalla scarsa offerta attuale e
suggerire un maggior legame formativo
tra MMG e mondo universitario.
Sulla base di quanto discusso sin qui crediamo di poter concludere che lo strumento e la metodologia sperimentata, pur
con alcune correzioni, appare efficace e
gradita. Inoltre, da quanto emerso dai dati
analizzati, si può affermare che esiste una
predominanza di temi riguardanti ciò che
chiamiamo “etica del lavoro ben fatto” sulle
problematiche tradizionali della bioetica clinica. Infine è utile che l’Università collabori
con la SIMG per realizzare un’offerta forma-
Problemi etici
tiva mirata sia per quanto riguarda la forma
sia i contenuti, specialmente in vista della
successiva indagine sul territorio nazionale
che potrà dare indicazioni utili a controllare
questa interpretazione e a mettere a fuoco
una formazione continua consonante alle
richieste dei MMG.
Bibliografia di riferimento
La Monaca G. L’informazione nel rapporto
medico paziente. Giuffrè Editore 2005.
Pelaez M. Etica, professioni e virtù. Edizioni
Sares 2009.
Refolo P, Minacori R, Mele V, et al. Patient
reported outcomes: the significance of
using humanistic measures in clinical
pratice. Eur Rev Med Pharmacol Sci
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Sacchini D. The professional autonomy of the
medical doctor in Italy. Theor Med Biotech
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Rivista Società Italiana di Medicina Generale 23
Mario D’Uva1, Michele Langella2, Giuseppina Ragni3
Adolescenza
1
Medico di Medicina Generale, SIMG Latina; 2 Medico non strutturato, Gruppo di Studio Collaborativo Cure Primarie
Orion2006, Cisterna di Latina; 3 Pediatria di libera scelta, Cisterna di Latina
Gli adolescenti assistiti dal medico di medicina
generale … come migliorare la pratica
Studio osservazionale sulla transizione degli adolescenti
con e senza condizioni patologiche croniche al sistema
delle cure per l’adulto nel Distretto 1 ASL Latina
Introduzione
Lo scopo di questo lavoro è quello di esplorare e analizzare la pratica assistenziale
durante la transizione alle cure dell’adulto
per la popolazione di adolescenti nell’ambito della medicina primaria partendo dai
dati di una nostra indagine osservazionale
condotta nel Distretto 1 della ASL Latina.
In particolare si descrive come i medici
di medicina generale (MMG) accolgono e
gestiscono i loro nuovi assistiti adolescenti,
i comportamenti e le aspettative dei pazienti adolescenti (14-18 anni) e dei loro genitori e si discute per capire quali interventi
possono essere messi in atto dal MMG per
migliorare il processo stesso di transizione
nel presupposto che ciò possa significare
un guadagno di salute della popolazione.
Sebbene venga riconosciuto agli interventi
di educazione sanitaria un ruolo importante
nel favorire i determinanti della salute della
popolazione giovanile 1-4 non ci sono studi
che provino l’evidenza di efficacia quando
gli interventi sono attuati in maniera personalizzata nel setting della medicina primaria e dai MMG in particolare sugli assistiti
adolescenti. Comunque alcune istituzioni
importanti raccomandano di far acquisire
all’adolescente, nella fase di transizione, le
competenze necessarie alla comprensione
della sua condizione di giovane adulto e/o
di malato cronico 5.
Nel nostro sistema sanitario sono di competenza dei MMG e dei pediatri di libera scelta
(PLS) sia l’assistenza primaria con le cure
24 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
appropriate che la prevenzione e l’educazione sanitaria personalizzata finalizzata
al mantenimento e alla salvaguardia della
salute.
La nostra indagine descrittiva mostra che
la transizione e l’attuale pratica assistenziale non sono ben strutturate e potrebbero
essere ottimizzate.
Materiali e metodi
è stato disegnato uno studio osservazionale in forma di indagine con un questionario
anonimo che aveva come obiettivo la conoscenza, all’epoca della transizione alle cure
dell’adulto, di opinioni, aspettative e comportamenti dichiarati di adolescenti, loro
genitori e medici delle cure primarie (PLS e
MMG) del Distretto 1 Latina.
Lo studio ha ottenuto l’approvazione del
Comitato Etico locale. I questionari erano
strutturati a domande chiuse e diversificati
per le varie popolazioni oggetto di studio.
Nei mesi da marzo a maggio 2013 sono
stati intervistati 58 adolescenti con età
compresa tra 14 e 18 anni, di cui 11 affetti
da patologia cronica, e un loro genitore, dal
quale è stato ottenuto il consenso informato
esteso.
In occasione di una riunione distrettuale è
stato somministrato ai MMG un questionario inerente il comportamento tenuto
sull’accoglienza e gestione dei loro assistiti
fino a 18 anni. Hanno aderito 59 MMG.
Risultati
Le domande poste ai MMG erano sette, vedi
Tabella I.
Il 54% dei MMG dichiara di ricevere
un report sulla storia clinica pregressa
al momento della prima visita; l’89%
dichiara di eseguire una prima visita
Ta b e l l a I.
Questionario per i MMG.
1.Al momento della prima visita, il genitore
del paziente adolescente porta con sé un
report redatto dal pediatra?
2.Al momento della presa in carico del
nuovo assistito adolescente esegui una
prima visita medica dedicata?
3.Nella tua pratica tieni conto, riguardo alla
riservatezza e privacy, delle preferenze
del paziente anche se minore?
4.Alle prime consultazioni formuli e
descrivi con il paziente e la famiglia un
programma di educazione terapeutica e
di medicina preventiva personalizzato?
5.In particolare analizzi con l’adolescente
di entrambi i generi un programma di
educazione alla sessualità responsabile?
6.In caso di patologie croniche discuti con
il paziente e la famiglia il programma di
cure e follow-up?
7.Stabilisci un collegamento con il Centro
di ii o iii livello per favorire l’aderenza
alle cure e monitoraggio del paziente con
malattia cronica?
n.4>>> 2013
Gli adolescenti assistiti dal MMG … come migliorare la pratica
Figura 1.
Risposte dei MMG.
medica dedicata al paziente neo-iscritto
adolescente; l’88% dichiara che tiene
conto delle preferenze del paziente
adolescente, anche se minore; il 71%
dichiara di formulare un programma per-
Ta b e l l a i i.
Questionario per gli adolescenti.
sonalizzato di educazione terapeutica e
per la salvaguardia della salute; infine il
54% riferisce di affrontare un programma
per la sessualità responsabile in maniera
opportunistica (Fig. 1).
Adolescenza
Le domande poste agli adolescenti erano
sette, vedi Tabella II.
Il 47% degli adolescenti intervistati dichiara
di non aver mai posto domande al medico
riguardo al suo stato di salute; il 26% di non
essere mai stato visitato dopo l’iscrizione
con il MMG; il 35% riferisce di non aver mai
avuto raccomandazioni sulla prevenzione
sanitaria dal MMG; il 98% dichiara di recarsi alle consultazioni con il MMG accompagnato da un familiare; infine il 97% dichiara
che nell’ultimo anno non ha dovuto fronteggiare una situazione o rischio potenziale per
la sua salute (Fig. 2).
Le domande poste ai genitori degli adolescenti erano tre, vedi Tabella III.
Il 93% dei genitori dichiara che il proprio
figlio partecipa alle decisioni che riguardano
la sua salute; il 70% riferisce che il MMG
non ha concordato con loro un piani di controllo e cura; il 34% ritiene che il livello di
qualità percepita dell’assistenza si sia ridotto nel passaggio alle cure dell’adulto presso
il MMG (Fig. 3).
Figura 2.
Risposte degli adolescenti 14-18 anni.
1.Hai posto in qualche occasione delle
domande al pediatra su problemi
correlati alla tua salute?
2.Quante volte sei stato dal medico
di famiglia da quando è avvenuta la
transizione?
3.Riguardo al tuo stato di salute ti sentivi
più sicuro con il pediatra rispetto al
medico di famiglia?
4.In qualche occasione di visita con il
medico di famiglia ti è stata data qualche
informazione di prevenzione sanitaria?
5.Ti è stato spiegato dal medico di famiglia
il programma di visite mediche per la tua
malattia cronica?
6.Quando ti sei recato dal medico di
famiglia sei sempre stato accompagnato
da un genitore o un familiare?
7.Durante l’ultimo anno ti sei trovato
esposto e hai dovuto fronteggiare
situazioni di rischio potenziale per
la salute come fumo, alcool, droga,
sessualità irresponsabile o altro?
Ta b e l l a i i i.
Questionario per i genitori.
1.Suo figlio partecipa attivamente alle decisioni che riguardano la salvaguardia del proprio
stato di salute?
2.Il medico di famiglia che ha preso in cura suo figlio ha concordato con lei un piano o un
programma di controllo e cura?
3.Ritiene che la transizione alle cure dell’adulto abbia ridotto il livello di qualità dell’assistenza
sanitaria a suo figlio?
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 25
Adolescenza
M. D’Uva et al.
F i g u r a 3.
Risposte dei genitori.
Discussione
Le informazioni raccolte nella nostra indagine si riferiscono a dichiarazioni e opinioni
soggettive. Tuttavia, pur con questo limite,
riteniamo che possano essere utilizzate
per descrivere lo stato attuale della pratica
e per capire dove è possibile, se si vuole,
apportare modifiche per migliorarla.
La mancanza di una pianificazione delle
visite con un programma di interventi sembra un elemento importante per i genitori
degli adolescenti dopo il passaggio dal PLS
a MMG e infatti ritengono che il livello di
qualità percepita dell’assistenza sanitaria si
riduca.
Molti adolescenti dichiarano di non aver mai
ricevuto interventi di prevenzione e di educazione sanitaria personalizzata, nonostante
la gran parte dei MMG dichiari di effettuare
una prima visita dedicata e di proporre una
prevenzione ed educazione alla salvaguardia della salute anche non strutturata. è
molto probabile che il MMG lo faccia solo
in maniera opportunistica e quindi solo nei
confronti degli adolescenti che accedono
allo studio medico. Sappiamo che solo il
70% della popolazione adolescente tra i 12
e 18 anni ha almeno un contatto annuale
con il MMG 8.
Sembra che gli adolescenti abbiano scarsa consapevolezza dell’esposizione a rischi
potenziali per la salute, probabilmente la
famiglia e la scuola non sono sufficienti a
questa conoscenza.
Mentre alcune revisioni della letteratura
mostrano evidenze di efficacia sugli esiti di
salute utilizzando modelli di coinvolgimento
26 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
proattivo dei pazienti affetti da condizioni
patologiche-croniche durante la transizione, non è così per gli interventi con modelli
di transizione strutturata che comprendano
anche aspetti di educazione alla salvaguardia della salute negli adolescenti altrimenti
sani 10.
Tuttavia alcune esperienze italiane indicano che la prassi può essere migliorata con
interventi strutturati programmati e integrati
nella medicina primaria 6 7.
Interventi che peraltro potrebbero risultare
sostenibili considerando che la popolazione
adolescenziale neo-iscritta con un MMG
non supera in media le 5 unità per anno.
Nella pratica si osservano molte varie situazioni da quelle in cui l’adolescente, accompagnato dai genitori, rimane indifferente o
distratto, a quelle in cui accede da solo con
le motivazioni tra le più varie che però possono celare bisogni inespressi e che sono
peculiari proprie di questa età. Si creano
nell’adolescente nuove esigenze e bisogni
da soddisfare, per effetto della maturazione
del corpo e di altri fattori come le pressioni
culturali, le aspettative sociali e le aspirazioni individuali. Egli deve affrontare problemi e situazioni nuove i cosiddetti “compiti
evolutivi” che tenta di risolvere attraverso
strategie adattative, a cui non sempre è
preparato.
Le caratteristiche di questa epoca della vita
sono la ricerca di una autonomia psicologica, il conflitto tra dipendenza e indipendenza dai genitori, la percezione del corpo
che si modifica, la scoperta della sessualità,
il desiderio di “rischiare”. L’adolescente è
maggiormente esposto più delle altre epo-
che della vita a rischi per la salute (Tab. IV)
e al possibile fallimento terapeutico per il
rifiuto naturale della malattia e delle cure.
Per migliorare la pratica nella medicina
primaria bisogna ottimizzare le competenze organizzative, relazionali e tecnicoscientifiche.
Ci sono dunque aspetti organizzativi che
possono essere ottimizzati dalla prima visita
dedicata, alla pianificazione condivisa con
adolescente e un genitore, di almeno 1
incontro per anno dai 14 ai 18 anni. Alcuni
di questi incontri possono anche coincidere,
in maniera opportunistica, con gli accessi
per bisogni di salute degli adolescenti, ad
esempio per le richieste di certificazioni o
quando il MMG è chiamato a intervenire,
direttamente o indirettamente per questioni
che riguardano la salute dell’adolescente o
per i conflitti con i genitori.
Tutte queste occasioni che richiedono compiti di assistenza sanitaria diagnostica e
terapeutica già impegnano, e non poco, le
abilità relazionali e comunicative del MMG.
In ogni caso il suo necessario approccio biopsico-sociale rende più facile svolgere anche
compiti con interventi di natura preventiva e
di educazione alla salvaguardia della salute
soprattutto in questa fascia di età.
è utile chiedere un report anamnestico
redatto dal PLS che facilita l’inizio della relazione con l’assistito adolescente soprattutto
se portatore di una condizione patologica
Ta b e l l a I V.
Rischi potenziali per gli adolescenti.
1. Alcool
2. Fumo di sigaretta
3. Droga
4. Malattie trasmesse per via sessuale
5. Gravidanze indesiderate
6. Violenza
7. Comportamenti antisociali
8. Disturbi dell’alimentazione
9. Sedentarietà
10.Isolamento in mondo virtuale
11.Traumi da incidenti stradali
Gli adolescenti assistiti dal MMG … come migliorare la pratica
Adolescenza
Ta b e l l a V.
Conoscenze che l’adolescente dovrebbe acquisire in fase di transizione.
1. Comprendere il funzionamento degli organi/apparati interessati dalla malattia ed essere in grado di spiegarlo agli altri
2. Essere in grado di riconoscere un eventuale peggioramento clinico o di complicanze e di prevederle e prevenirle
3. Conoscere il funzionamento di piccole apparecchiature ed essere in grado di risolvere problemi relativi di piccola entità
4. Conoscere i nomi dei farmaci e i loro effetti e reazioni avverse, acquisendo piena autonomia nell’assunzione
5. Sapersi occupare della propria igiene personale
6. Riconoscere le figure di riferimento e supporto alle quali rivolgersi in caso di problemi
7. Essere informati circa la sessualità responsabile e la prevenzione di malattie a trasmissione sessuale
8. Essere a conoscenza dei rischi connessi all’abuso di fumo di tabacco, droghe e alcool
9. Conoscere e assumere una corretta alimentazione
10. Conoscere i rischi connessi con il gioco virtuale e l’isolamento in mondo virtuale
11. Praticare regolarmente attività fisica
cronica, relazione che in ogni caso il MMG
dovrebbe indirizzare verso quella di “tipo
adulto”, rispondendo al bisogno di informazioni anche non esplicite e sostenendo
la maturazione della sua consapevolezza e
autonomia.
Infine nel costruire ed effettuare un piano
di intervento educazionale personalizzato,
integrativo a quello fornito dalla famiglia
e dalla scuola, l’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) suggerisce 6 9 che gli
obiettivi degli interventi educativi per la
salvaguardia della salute sugli adolescenti
siano prevalentemente quelli di rendere la
persona consapevole e capace di prendere
decisioni appropriate (life skills) circa i problemi di salute (Tab. V).
L’impatto organizzativo per implementare tutto questo cambiamento migliorativo
potrebbe essere anche considerato sostenibile in quanto la prevalenza media degli
assistiti con età tra i 7 e 18 anni iscritti con
un MMG varia dal 6 al 8%, mentre l’incidenza di nuovi iscritti per anno è in media
inferiore a 1% e di fatto per ogni 1000 assistiti ci sono in carico circa 70 adolescenti di
cui 5 nuovi per anno.
Resta da valutare se questo cambiamento
possa corrispondere a esiti di salute misurabili a distanza per la popolazione generale.
5
6
Ringraziamenti
Si ringraziano tutti i medici di medicina primaria del Distretto 1 ASL Latina.
7
Bibliografia
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3
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et al. Supporting the transition of lookedafter young people to independent living:
a systematic review of interventions and
adult outcomes. Child Care Health Dev
2011;37:767-79.
Per richiesta di informazioni o comunicazioni: D’Uva Mario, C.so della Repubblica 256, Cisterna di Latina, E-mail: [email protected].
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 27
Luglio
- Settembre 2013
Luglio-Settembre
2013
Numero
Numero
4 4
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Health Search, istituto di ricerca della S.I.M.G.
Health
Search, istituto di ricerca della S.I.M.G.
(Società Italiana di Medicina Generale)
(Società Italiana di Medicina Generale)
SOMMARIO
SOMMARIO
News...
News
Dolore, Mmg a lezione da Teseo
Un modello formativo su cure palliative e terapia del dolore focalizzato sui
Mmg per dare concreta attuazione alle Aggregazioni funzionali territoriali
previste dalla legge 38/2010 e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
A partire da un primo intervento su 21 medici-formatori “con speciale
interesse per le cure palliative” per arrivare a cascata al coinvolgimento
di 335 colleghi sul territorio, con un’attività continuativa di audit. È il
progetto Teseo...
Dolore, Mmg a lezione da Teseo
I risultati del progetto formativo
promosso dalla Simg
Analisi del mese
Emicrania e cefalea nella Medicina
Generale Italiana
a cura del Dr. Gino Cancian
Analisi del mese...
MMG di Pordenone
Emicrania e cefalea nella Medicina Generale Italiana
Emicrania e cefalea costituiscono un importante problema di salute
pubblica. Considerando la diffusione di queste patologie nella popolazione
generale, nonché la loro varietà di forme e difficoltà di classificazione,
il Medico di Medicina Generale (MMG) rappresenta una figura centrale
nell’identificazione, caratterizzazione e trattamento precoce di questa
problematica clinica.
Il problema diagnostico legato alle cefalee è senza dubbio complesso.
La cefalea si distingue infatti in forme primarie, di cui l’emicrania ne è
la forma più comune, nelle quali non sono evidenziabili cause organiche
sottostanti, e forme secondarie, che sono dovute a lesioni organiche
ben definite. In questo contesto è fondamentale formulare una corretta
diagnosi per il paziente affetto da cefalea sì da favorirne il trattamento
più corretto.
continua alle pagine 2-3
Ultima pubblicazione HS
Identificazione degli eventi di infarto
acuto del miocardio dai recordpaziente
informatizzati
utilizzando
differenti sistemi di codifica: uno studio
di validazione in tre paesi europei
tratto da BMJ Open
Progetti Internazionali
Team Operativo
Come accedere al Database:
ricerche ed analisi
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50141 Firenze. Italia
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Orario: Lunedì - Venerdì 10.30-12.30,
14.30-17.00
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1
e
INSERTO SPECIALE
Luglio-Settembre
2013
Luglio
- Settembre 2013
Numero
Numero
4 4
News
Dolore, Mmg a lezione da Teseo
I risultati del progetto formativo promosso dalla Simg: coinvolti 21 medici formatori e 335 sul territorio
In un anno visite cliniche specifiche su 3.820 pazienti pari all’1,2% degli assistiti
(...continua dalla prima pagina)
Un modello formativo su cure palliative e terapia del dolore focalizzato sui Mmg per dare concreta attuazione alle
Aggregazioni funzionali territoriali previste dalla legge 38/2010 e migliorare la qualità di vita dei pazienti. A partire
da un primo intervento su 21 medici-formatori (T0) “con speciale interesse per le cure palliative” per arrivare a
cascata al coinvolgimento di 335 colleghi sul territorio, con un’attività continuativa di audit (T2). È il progetto
Teseo, presentato in occasione di Impact 2013, promosso da Simg con il grant educazionale di Angelini. «Essere
seguiti da un medico specificatamente formato sul dolore - dichiara Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico,
responsabile area dolore e cure palliative della Simg e referente scientifico del progetto Teseo - permette al paziente
di essere sottoposto a un accurato esame clinico dedicato e a un percorso terapeutico finalizzato verso obiettivi
con lui condivisi». I risultati sono interessanti: le visite cliniche specifiche per il dolore, che prima del progetto non
rientravano nella pratica clinica del Mmg, hanno portato a diagnosticare e a tipizzare il dolore per 3.820 pazienti
(pari all’1,2% del totale), somministrando una terapia appropriata. Nella metà è stato diagnosticato un dolore di
tipo infiammatorio,
in un terzo di tipo meccanico strutturale e in 1 paziente su 5 è stato identificato un dolore neuropatico. Sul totale
dei pazienti tipizzati, 2.725 sono stati inseriti dai Mmg nel registro delle “early palliative care” con l’obiettivo di
identificare precocemente i malati con bisogno di approccio palliativo. Di questi, solo il 28% è malato oncologico,
mentre gli altri sono affetti da altre patologie, in primis di natura cardiovascolare (16%). Segno che l’ambito delle
cure palliative si sta estendendo al «fine vita» in senso più ampio, anche oltre la sfera oncologica. I bisogni del
paziente sono al centro anche di un altro progetto, lo studio osservazionale «Arianna», promosso da Agenas con
l’obiettivo di migliorare l’accesso alle cure palliative domiciliari per i malati con patologie croniche in fase evolutiva,
oncologiche e non, attraverso la sperimentazione di un modello organizzativo integrato secondo quanto previsto
dall’intesa Stato-Regioni. Gli obiettivi: informare i pazienti e le famiglie della prognosi; prendere decisioni cliniche
sull’interruzione di terapie curative, sull’uso di terapie oncologiche con intento palliativo, sulla riduzione al minimo
dei rischi di un sottotrattamento o di un trattamento eccessivo, sulla definizione del “tempo opportuno” per l’avvio
di un certo tipo di cure palliative.
«Per ottenere questi obiettivi - sottolinea il vicepresidente Commissione nazionale cure palliative e terapie del
dolore e responsabile scientifico del progetto Gianlorenzo Scaccabarozzi - è necessaria una larga integrazione tra
cure palliative e geriatria, servizi per anziani e cure di fine vita, professionisti e assistenti familiari, medici specialisti
e Mmg, decision makers e comunità».
Tratto da il Sole 24 Sanità
22
Luglio-Settembre
2013
Luglio
- Settembre 2013
Numero
4
Numero
4
Analisi del mese
Emicrania e cefalea nella Medicina Generale Italiana
(...continua dalla prima pagina)
Premessa
Emicrania e cefalea costituiscono un importante problema di salute pubblica. Considerando la diffusione di queste
patologie nella popolazione generale, nonché la loro varietà di forme e difficoltà di classificazione, il Medico di
Medicina Generale (MMG) rappresenta una figura centrale nell’identificazione, caratterizzazione e trattamento
precoce di questa problematica clinica.
Il problema diagnostico legato alle cefalee è senza dubbio complesso. La cefalea si distingue infatti in forme
primarie, di cui l’emicrania ne è la forma più comune, nelle quali non sono evidenziabili cause organiche sottostanti,
e forme secondarie, che sono dovute a lesioni organiche ben definite. In questo contesto è fondamentale formulare
una corretta diagnosi per il paziente affetto da cefalea sì da favorirne il trattamento più corretto. Conoscere e
monitorare l’impatto epidemiologico della patologia, nelle sue forme principali, costituisce certamente un primo
passo verso una gestione più attenta del fenomeno.
La conoscenza della prevalenza di emicrania e cefalea nel database di Health Search (HS), assieme a quelli che
sono i dati relativi al trattamento della patologia, costituisce quindi un’informazione utile al MMG per traslare queste
informazioni alla propria pratica clinica.
Metodi
[numeratore] numero di pazienti (registrati da almeno un anno nelle liste dei medici di MG) che riportavano
una diagnosi di emicrania (ICD9CM: 346*, 625.4*), cefalea ricorrente o da tensione (ICD9CM: 784.0*, 307.81) o
nevralgie (ICD9CM: 350.1*, 729.2*);
[denominatore] popolazione attiva nelle liste di assistenza del MMG con almeno 1 anno dalla presa in carico.
Prevalenza di uso di farmaci (anno 2011) con almeno una delle diagnosi sopra elencate:
[numeratore] numero di pazienti (registrati da almeno due anni nella liste dei medici MG) che riportavano almeno
una prescrizione di triptani (ATC: N02CC01, 03, 04-07) o ergotamina (ATC: N02CA52) o paracetamolo (ATC:
N02BE51) o indometacina ed altri (ATC: M01AB01, 51; N02CX*) o antiinfiammatori non steroidei (FANS; ATC:
M01*, N02BA01, escluso M01AB01, 51);
[denominatore] soggetti con una delle diagnosi di emicrania e cefalea precedentemente elencate al 31/12/2010.
Tutte le stime ottenute sono state stratificate per area geografica, sesso e classi di età.
Risultati
In Tabella 1 sono riportati i valori di prevalenza di emicrania e cefalea. Complessivamente la malattia riporta una
prevalenza dell’ 11,38%, dove le forme ricorrenti e muscolo-tensive possiedono l’impatto più elevato (8,45%). Dal
punto di vista della distribuzione geografica non si hanno differenze sostanziali, se non valori leggermente superiori
al NORD EST e nelle ISOLE. Tendenzialmente, il CENTRO Italia mostra una prevalenza minore per tutte le forme di
cefalea.
Le donne presentano quasi il doppio dei casi rispetto agli uomini, mantenendo questa differenziazione in tutte le
forme di cefalea. Meno evidenti sono le differenze di prevalenza tra donne e uomini per quanto concerne le nevralgie.
La prevalenza della malattia varia col variare dell’età vedendo i 25-54enni con valori proporzionali superiori al 13%,
dove le forme ricorrenti e muscolo-tensive sono di maggior rilievo. Sopra i 65 anni la prevalenza della malattia
scende per tutte le sue forme.
Il dato relativo al trattamento farmacologico risulta complessivamente in linea con quanto precedentemente riportato
per la patologia, pur presentando delle differenze che sono meno evidenti. Complessivamente, le proporzioni di
soggetti in trattamento è solo per i triptani leggermente superiore al 5%, seguiti dai pazienti trattati con FANS
(3,74%). Ergotamina, paracetamolo, indometacina ed altri mostrano valori al di sotto dell’1% (Tabella 2).
3 3
Luglio-Settembre
2013
Luglio
- Settembre 2013
Numero
4
Numero
4
Analisi del mese
Tabella 1 e Tabella 2
ANALISI GEOGRAFICA
NORD OVEST
NORD EST
CENTRO
SUD
ISOLE
ANALISI PER GENERE
Maschi
Femmine
ANALISI PER ETA’
<15
15-24
25-34
35-44
45-54
55-64
65-74
>=75
TOTALE
ANALISI GEOGRAFICA
NORD OVEST
NORD EST
CENTRO
SUD
ISOLE
ANALISI PER GENERE
Maschi
Femmine
ANALISI PER ETA’
15-24
25-34
35-44
45-54
55-64
65-74
>=75
TOTALE
N
%
6282
6863
3653
5572
2826
3,05
3,27
1,93
2,49
2,64
CEFALEA
RICORRENTE O DA
TENSIONE
N
%
17894
8,69
18245
8,70
13261
6,99
20154
8,99
9569
8,93
6363
18833
1,42
3,85
25765
53358
5,75
10,92
2969
5635
0,66
1,15
33721
72892
7,53
14,91
1966
3940
6318
6522
3814
1721
915
25196
2,04
3,10
3,74
3,88
2,69
1,46
0,78
2,69
8778
12826
16804
16709
11366
7050
5590
79123
9,11
10,10
9,94
9,94
8,03
5,99
4,79
8,45
176
687
1338
1699
1664
1526
1514
8604
0,18
0,54
0,79
1,01
1,18
1,30
1,30
0,92
10513
16601
22864
23357
15872
9726
7680
106613
10,91
13,07
13,53
13,90
11,21
8,26
6,58
11,38
EMICRANIA
N
TRIPTANI
%
IERGOTAMINA
N
%
NEVRALGIE
TOTALE
N
%
N
%
1787
2027
1358
2405
1027
0,87
0,97
0,72
1,07
0,96
24568
25568
17454
26415
12608
11,94
12,20
9,20
11,78
11,77
PARACETAMOLO
N
%
INDOMETACINA
+ altri
N
%
N
FANS
%
1240
1316
822
1071
604
5,45
5,43
5,08
4,31
5,17
16
27
20
16
12
0,07
0,11
0,12
0,06
0,10
94
143
70
76
21
0,41
0,59
0,43
0,31
0,18
244
322
165
105
73
1,07
1,33
1,02
0,42
0,62
1039
1008
678
638
369
4,56
4,16
4,19
2,57
3,16
1004
4049
3,21
5,92
22
69
0,07
0,10
96
308
0,31
0,45
194
715
0,62
1,05
891
2841
2,85
4,15
286
680
1492
1542
766
225
2,78
4,27
6,84
7,23
5,24
2,55
2
8
22
13
28
10
0,02
0,05
0,10
0,06
0,19
0,11
36
72
108
96
51
26
0,35
0,45
0,50
0,45
0,35
0,30
52
96
234
268
142
86
0,51
0,60
1,07
1,26
0,97
0,98
227
506
1014
1063
516
275
2,21
3,18
4,65
4,98
3,53
3,12
62
5053
0,89
5,07
8
91
0,12
0,09
15
404
0,22
0,41
31
909
0,45
0,91
131
3732
1,89
3,74
Il parere del Medico di Medicina Generale
Questi risultati offrono spunti di riflessione sia dal punto di vista clinico-epidemiologico che da quello formativo.
Dal confronto con la letteratura, in cui la prevalenza di emicrania si attesta tra l’8 ed il 12%, emerge una chiara
sottostima della prevalenza della malattia. Ciò è da ricondursi ad una ridotta registrazione della diagnosi di
emicrania nel database, fenomeno probabilmente dovuto sia ad una scarsa conoscenza e considerazione degli
aspetti clinici correlati a questa malattia, sia ad una difficoltà oggettiva nel codificarla tramite l’uso dei soli codici
ICD9, i quali possono presentare una scarsa specificità a fronte della complessa classificazione internazionale
delle cefalee. Allo stesso modo, la scarsa proporzione di pazienti trattati con triptani (5,07%), farmaci di uso
ormai consolidato nel trattamento di questa patologia, sottolinea la necessità di implementare degli strumenti
negli attuali software di gestione del paziente in medicina generale, sì da sensibilizzare e formare e/o aggiornare
il clinico a questa problematica e quindi favorire la corretta registrazione della diagnosi. Infatti, data l’importanza
della cronicità di questa malattia il MMG risulterebbe la figura essenziale nella sua gestione, anche con la presa in
carico totale, ossia senza un necessario ricorso allo specialista, nelle forme meno complesse. La creazione di un
tool con l’attuale sistema internazionale di classificazione delle cefalee (“complementando” la scarsa specificità
dell’ICD9) negli strumenti informatici ad oggi disponibili potrebbe essere un primo passo in questa direzione.
A cura del Dott. Gino Cancian e i Ricercatori di Health Search
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Luglio-Settembre
2013
Luglio - Settembre
2013
Numero
Numero
44
Ultima pubblicazione HS
Identificazione degli eventi di infarto acuto del miocardio dai record-paziente
informatizzati utilizzando differenti sistemi di codifica: uno studio di validazione in
tre paesi europei
Coloma PM, Valkhoff VE, Mazzaglia G, Nielsson MS, Pedersen L, Molokhia M, Mosseveld M, Morabito P, Schuemie
MJ, van der Lei J, Sturkenboom M, Trifirò G; EU-ADR Consortium.
L’obiettivo di questo studio consisteva nello stimare il valore predittivo positivo (PPV) per differenti sistemi di
codifica di determinate patologie, utilizzando anche il “diario clinico” (i.e., descrizione della diagnosi in forma
di testo libero), per quanto concerne la registrazione dell’infarto acuto del miocardio (IMA) presente in recordpaziente informatizzati.
Questo studio di validazione prevedeva l’identificazione dei casi di IMA, catturati nei record elettronici di medicina
generale o nelle diagnosi di dimissione ospedaliera, utilizzando le informazioni presenti nel testo libero ed i codici
del sistema di classificazione internazionale per il primary care (ICPC), della classificazione internazionale delle
patologie, 9° versione e successive modifiche (ICD-9-CM) ed la sua 10° revisione (ICD-10).
I database impiegati per la realizzazione dello studio comprendevano le informazioni cliniche raccolte routinariamente,
dal 1996 al 2009, dalla medicina generale italiana ed olandese e dai ricoveri registrati in un database danese.
Un totale di 4034232 pazienti, corrispondenti a 22428883 anni-persona di follow-up costituivano la popolazione
in studio. Tra questi sono stati identificati 42774 casi di IMA, di cui 800 sono stati casualmente selezionati per
condurre lo studio di validazione. I valori di PPV sono stati calcolati come complessivi e riferiti agli specifici codici
/descrizioni presenti nel testo libero. I PPV del “Best-case scenario” e “worst-case scenario” sono stati calcolati
per considerare la presenza di casi non identificabili o non classificabili. E’ stato inoltre valutato l’effetto della
misclassificazione dei casi di IMA sulle stime di rischio durante l’esposizione a farmaci.
Complessivamente sono stati identificati i record di 748 casi (93,5% del campione). Il sistema ICD-10 possedeva
il “best-case scenario” con un valore di PPV del 100%., mentre l’ ICD-9-CM il 96,6%. ICPC possedeva il “best-case
scenario” del 75% ed il testo libero oscillava tra il 20 ed il 60%. Tutti i valori corrispondenti di PPV dei “worst-case
scenario” si riducevano. Quando si includevano i codici diagnostici con i valori di PPV più bassi si osservavano
cambiamenti trascurabili delle stime di associazione con un’ esposizione ad un farmaco che notoriamente
incrementava il rischio di IMA. Tuttavia, codici con i PPV più elevati comportavano un’attenuazione del rischio per
le associazioni farmaco-IMA .
I codici ICD-9-CM ed ICD-10 sembrano possedere un buon PPV nell’identificazione dei casi di IMA nei recordpaziente informatizzati. Tuttavia, sono necessarie ulteriori strategie per ottimizzare l’utilità del sistema ICPC e la
ricerca del testo libero. L’uso di codici specifici per l’IMA nella stima del rischio durante l’esposizione a farmaci può
portare a piccole ma significative variazioni del rischio anche con una riduzione della precisione delle stime stesse.
a cura dei ricercatori di Health Search
tratto da BMJ Open
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Numero
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Progetti Internazionali
SAFEGUARD: Safety Evalutation of Adverse Reactions in Diabetes
www.safeguard-diabetes.org
Il progetto SAFEGUARD ha l’obiettivo di valutare e quantificare i rischi cardiovascolari, cerebrovascolari
e pancreatici dei farmaci antidiabetici. Il progetto, oltre all’analisi delle segnalazioni spontanee e
alla conduzione di studi sull’uomo, prevede l’impiego di database contenenti informazioni cliniche e
terapeutiche di più di 1,7 milioni di pazienti in USA e in Europa, tra cui quelli inclusi in Health Search
CSD LPD. Tale progetto consentirà di migliorare le conoscenze sulla sicurezza dei farmaci antidiabetici.
The EMA_TENDER (EU-ADR Alliance)
www.alert-project.org
Il progetto EMA_TENDER (EU-ADR Alliance) nasce dal precedente progetto EU-ADR e ha lo scopo di
studiare tre specifiche problematiche di sicurezza da farmaci: a) modalità e determinanti di impiego dei
contraccettivi orali, b) monitoraggio dei rischi da pioglitazone e c) associazione tra bifosfonati e disturbi
cardiovascolari. Il progetto impiega database clinici, tra cui Health Search CSD LPD, che coprono
più di 45 milioni di pazienti provenienti da 5 paesi europei (Italia, Olanda, Regno Unito, Germania e
Danimarca).
ARITMO: Arrhythmogenic potential of drugs
www.aritmo-project.org
Il progetto ARITMO si propone di analizzare il profilo di rischio aritmogenico di circa 250 farmaci
antipsicotici, anti-infettivi, ed anti-istaminici. La strategia consiste nell’utilizzo di dati provenienti da
studi prospettici, database, tra i quali anche Health Search CSD LPD, e studi in-silico. Tutte queste
informazioni verranno armonizzate con l’obiettivo di fornire un rapporto finale sul profilo di rischio
aritmogenico dei farmaci osservati e sui determinanti clinici e genetici di tale rischio.
OCSE PSA: Early Diagnosis Project – PSA
Il progetto OCSE si propone di valutare le modalità di impiego del test per i livelli del PSA (ProstateSpecific Antigen) nella diagnosi precoce del cancro della prostata. A tale fine il progetto utilizza database
di medicina generale di diverse nazioni europee, tra cui Health Search CSD LPD per l’Italia. Lo studio
consentirà di identificare le modalità di impiego del test PSA più efficienti nel diagnosticare in maniera
precoce il cancro della prostata.
Il team operativo
Health Search, istituto di ricerca della S.I.M.G.
(Società Italiana di Medicina Generale)
Direttore Generale
Iacopo Cricelli
Direttore della Ricerca
Francesco Lapi
Direttore Tecnico
Alessandro Pasqua
Analisi Statistiche e Data Management
Serena Pecchioli
Monica Simonetti
66
Elisa Bianchini
Luglio - Settembre
2013
Luglio-Settembre
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Numero
4
Comunicazioni
Il Team di Ricerca HS con il contributo scientifico
della SIMG ha partecipato allo sviluppo di un nuovo
e affascinante programma: MilleGPG.
Health Search, per la sua struttura assolutamente
non finanziata, non può permettersi di sostenere
ulteriori costi; tuttavia Millennium a fronte della
fruttuosa e lunga collaborazione ha ritenuto di
poterci sostenere.
Ai ricercatori HS è pertanto dedicato un
listino speciale per il primo anno, totalmente
esclusivo
acquisire
e riservato; dando la possibilità di
gratuitamente la licenza MilleGPG
ad un costo ridotto del 50% per il contratto di
manutenzione per il I anno al fine di premiare lo
sforzo che quotidianamente fate per consentire la
sopravvivenza della nostra rete di ricerca.
Per ulteriori informazioni vi invitiamo a contattare l’ufficio commerciale Millennium al numero verde: 800 949 502
Come accedere al database
lorem ipsum
Ricerche, Analisi e Studi
L’Istituto Health Search (HS) mette a disposizione le proprie informazioni e le proprie risorse ai fini di un’attività
di promozione della ricerca scientifica “no profit”. Poiché ogni richiesta di estrazione richiede un carico di lavoro
aggiuntivo rispetto alle attività “istituzionali” proprie della struttura è importante fornire alcune brevi linee guida
atte a facilitare i soggetti proponenti la ricerca.
Al fine di una corretta programmazione ogni richiesta dovrebbe contenere le seguenti informazioni: finalità
della richiesta (ad es. congressi, lavori per ASL, pubblicazioni scientifiche); obiettivi dell’indagine; scadenze;
periodo di riferimento; caratteristiche della popolazione in studio; uso dei codici internazionali di classificazione
delle patologie (ICD-9 CM) e delle prescrizioni (ATC); la richiesta di accertamenti, ricoveri, visite specialistiche
deve essere effettuata precisando l’esatta dicitura con cui le prestazioni sono definite in Millewin®; le informazioni
da ricavare dagli accertamenti con valore necessitano di ulteriori specifiche di estrazione, ad esempio: *ultimo
valore rispetto ad una determinata data; * media dei valori in un determinato arco temporale
Richieste “Semplici” (modulo e informazioni disponibili nel sito www.healthsearch.it
“Health Search/CSD-LPD” da compilare e rispedire all’indirizzo [email protected])
sezione
In particolare rientrano in questa categoria tutte quelle richieste che si limitano alla valutazione di un evento di
tipo descrittivo, come ad esempio:
•
Prevalenza di patologia
•
Incidenza cumulativa o Rischio
•
Prevalenza d’uso di farmaci
•
Prevalenza d’uso di prescrizione di indagini diagnostico-strumentali
Richieste “Articolate” (modulo e informazioni disponibili nel sito www.healthsearch.it
“Health Search/CSD-LPD” da compilare e rispedire all’indirizzo [email protected])
sezione
Se la richiesta del medico ricercatore, alla luce della maggiore articolazione della ricerca (es. studio casocontrollo o coorte, valutazioni di efficacia di interventi formativi, studi di valutazione economica) non rientra
in tali modelli si renderà necessario un processo di revisione da parte di un apposito comitato scientifico per
l’approvazione finale della ricerca.
7 7
Saffi Ettore Giustini1, Antonio Sanna2
Medico di Medicina Generale, Modulo eCCM Montale (PT); Consulente AIFA Cure Primarie; Delegato nazionale Società
Italiana di Medicina Generale (SIMG) al TavoloTecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS;
2
Dirigente Medico, U.O. Pneumologia, Azienda USL 3, Pistoia; Delegato nazionale Associazione Interdisciplinare Medicina
Apparato Respiratorio (AIMAR) al TavoloTecnico Interdisciplinare Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS
La Medicina Generale
e la sindrome delle apnee ostruttive del sonno
La sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno
(OSAS) è caratterizzata da ricorrenti episodi sonno-correlati di ostruzione completa o
parziale del rino- e/o dell’orofaringe, rispettivamente indicati come apnea e ipopnea,
causa di alterazioni dello scambio gassoso,
dell’emodinamica cardiovascolare e dell’architettura del sonno 1 2. Una qualsiasi modificazione anatomica delle prime vie aeree
combinata ad alterazioni neurofunzionali
del controllo dei muscoli del distretto rino- e
orofaringeo ne è la causa 3-5. L’obesità è il
suo maggiore fattore di rischio; altri fattori
di rischio modificabili sono il consumo di
alcool e il fumo di sigarette. Non modificabili sono invece il sesso maschile, la menopausa, la razza nera e l’età 6. La OSAS ha
una prevalenza che tra i 30 e 60 anni arriva
fino al 24% nel sesso maschile e al 9% in
quello femminile 7. Applicando tali dati alla
Medicina Generale il numero dei soggetti
che ne sono affetti è compreso tra i 90 e i
240 ogni mille assistiti.
Il russamento abituale e persistente, le
pause respiratorie durante il sonno, la sonnolenza diurna, i risvegli con sensazione di
soffocamento, sono i sintomi caratterizzanti
tale quadro sindromico 8. Questa sintomatologia, associata a documentazione polisonnografica notturna di almeno 5 eventi
ostruttivi (apnea, ipopnea o risvegli associati a sforzo respiratorio) per ora di sonno,
è diagnostica per OSAS 9. Poiché un dato
strumentale pari a 15 o più eventi ostruttivi
per ora di sonno è associato a un incre-
n.4>>> 2013
mentato rischio cardiovascolare tale valore
soglia è comunque considerato diagnostico
anche in assenza di sintomi 9.
La OSAS è la più frequente causa medica di eccessiva sonnolenza diurna (ESD)
e con questa è responsabile del 21,9%
degli incidenti stradali 10. I soggetti che ne
sono affetti hanno un rischio per incidente
stradale da 2 a 7 volte superiore a quello
osservato nei soggetti sani 11 12. Tale rischio
è più che doppio rispetto a quello imputabile all’abuso di alcool e/o al consumo di
ansiolitici o cannabis 13. Studi recenti indicano che la OSAS è un significativo fattore
di rischio anche per infortuni sul lavoro e
ridotta performance lavorativa 14-16. è inoltre
fattore di rischio per insufficienza respiratoria 17, ipertensione arteriosa sistemica e
mordidità cardio- e cerebrovascolare 18 19.
Il trattamento, oltre a misure di ordine generale quali la riduzione del peso corporeo, evitare l’assunzione di alcool o ipnotici prima
di andare a letto, evitare il fumo di sigaretta, trattare i processi infiammatori delle
prime vie aeree, evitare il decubito supino
durante il sonno, consiste di terapie specifiche tutte finalizzate a garantire la pervietà
faringea durante il sonno 2 9. L’applicazione
di una pressione positiva continua nelle
vie aeree (CPAP) assicura la scomparsa o
quantomeno la significativa riduzione del
numero e durata delle apnee e ipopnee
ostruttive sonno-correlate 20. Diminuisce
inoltre il numero di incidenti stradali ai
valori osservati nella popolazione genera-
OSAS
1
le 21-23 ed è sempre maggiore l’evidenza
che corregge l’insufficienza respiratoria,
riduce il rischio cardio- e cerebrovascolare e migliora i deficit neurocognitivi 2 24-27.
Anche perché riduce il numero delle visite
mediche, dei giorni di ricovero, del consumo dei farmaci e la mortalità, la CPAP è
ancora oggi considerato il trattamento di
prima scelta della OSAS 2 9 24 25. A causa
dell’incremento dell’incidenza e prevalenza
dell’obesità patologica 28 è sempre più frequente documentare nello stesso individuo
apnee e/o ipopnee e insufficienza respiratoria ipossiemico-ipercapnica da ipoventilazione 29. In questi casi la somministrazione
di un doppio livello di supporto pressorio,
una vera e propria ventilazione meccanica
non invasiva (NIV), risolve o meglio corregge
rispetto alla CPAP, l’ipoventilazione e l’insufficienza respiratoria 30. Non tutti i soggetti
OSAS accettano di essere trattati con una
CPAP o con una NIV, o non si adattano a
tale modalità terapeutica 31. In questi casi
il rimodellamento chirurgico delle prime
vie aeree o l’applicazione di dispositivi
orali sono valide alternative terapeutiche
avendo come obiettivo il miglioramento del
quadro clinico-strumentale e, nel caso dei
dispositivi orali, una migliore adesione alla
terapia 2 9.
Poiché di lunga durata e abitualmente a
lenta progressione la OSAS soddisfa i criteri dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità per la definizione di malattia cronica 32. I sistemi sanitari dei paesi economi-
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 29
OSAS
camente avanzati prevedono che i soggetti
con malattia cronica siano intercettati con
screening di primo livello, diagnosticati precocemente, e quindi stratificati per
livello di rischio e danno d’organo 32. Sono
diversi gli strumenti validati per lo screening
della OSAS e della ESD. Tra questi il Berlin
Questionnaire, costruito appositamente per
lo screening della OSAS nell’ambulatorio del
medico di medicina generale (MMG) 33, e la
Epworth Sleepiness Scale 34, per lo screening della ESD nella popolazione generale,
sono validati in lingua italiana 35, autosomministrati, e non sono time or money consuming. Sono quindi disponibili strumenti che
rendono possibile lo screening sul territorio
in modo sostenibile per il MMG e che facilitano l’emersione di un quadro clinico che,
sulla base dei dati di prevalenza internazionalmente noti, in Italia appare sottodiagnosticato. Successivamente alla conferma
diagnostico-strumentale e all’eventuale
prescrizione del trattamento il MMG, d’intesa e in collaborazione con gli specialisti
coinvolti nella gestione della OSAS, è figura
centrale nella prevenzione e gestione delle
complicanze cardio- e cerebrovascolari
caratterizzanti la storia naturale della OSAS
quando non diagnosticata o trattata in
modo ottimale 36.
Pur non essendo la OSAS, in Italia, ufficialmente riconosciuta quale fattore di rischio
per incidenti stradali e sul lavoro, è sempre
più attuale l’attenzione del medico legale e
del medico competente nel ricercarla e valutarla quando venga loro chiesto un giudizio
di idoneità psico-fisica. L’acquisizione dei
dati utili alla formulazione di tale giudizio ha
inizio con il certificato anamnestico, redatto
dal MMG, e si completa con il contributo del
neurologo, odontoiatra, otorinolaringoiatra e
pneumologo, se richiesto dalla commissione medica locale 37. Il ruolo del MMG nella
gestione del soggetto OSAS non è quindi
confinato alla sola cura di un problema di
salute del proprio assistito ma si sostanzia
nella necessità di assolvere obblighi normativi stabiliti dal codice della strada 37.
Nei paesi economicamente avanzati è
documentata la difficoltà nell’accesso alla
diagnosi e cura della OSAS 38. Una valutazione realizzata in Toscana indica pari a
circa 300 giorni il tempo medio tra la prenotazione della prima visita e l’inizio del
30 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
S.E. Giustini, A. Sanna
trattamento domiciliare con CPAP 39. Pur
nell’attesa di norme che la riconoscano
fattore di rischio per incidenti stradali e sul
lavoro la crescente attenzione dedicata alla
OSAS quando venga richiesto un giudizio di
idoneità psico-fisica, ne sta rendendo sempre più difficoltoso l’accesso alla diagnosi
e cura.
Consapevoli di tali problematiche la Società
Italiana di Medicina Generale (SIMG) d’intesa con l’Associazione Interdisciplinare
Medicina Apparato Respiratorio (AIMAR),
l’Associazione Italiana Medicina del Sonno
(AIMS), il Coordinamento Medici Legali
Aziende Sanitarie (COMLAS), la Società
Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene
Industriale (SIMLII), la Società Italiana
Medicina del Sonno Odontoiatrica (SIMSO),
la Società Italiana di Neurologia (SIN),
la Società Italiana di Otorinolaringoiatria
(SIO) e la Direzione Medica di Rete
Ferroviaria Italiana, partecipa al Tavolo
Tecnico Interdisciplinare (TTI) Sonnolenza
e Sicurezza nei pazienti OSAS. Tale TTI ha
tra i suoi obiettivi, finalizzati alla formulazione del giudizio di idoneità psico-fisica
alla guida o lavorativa, l’armonizzazione dei
linguaggi, delle informazioni e delle modalità operative delle diverse figure sanitarie
deputate alla diagnosi e cura della OSAS,
la condivisione e implementazione di percorsi clinico-assistenziali sostenibili per il
sistema sanitario, la produzione di proposte
normative da offrire al legislatore. è atteso che il TTI, oltre al raggiungimento degli
obiettivi di cui sopra, permetta al MMG e a
tutte le altre figure mediche coinvolte per
quanto di loro competenza nella gestione
medica e normativa del soggetto affetto da
OSAS, di semplificare la parte burocratica
e amministrativa rendendo più facilmente
e più rapidamente fruibile l’accesso alla
diagnosi e alla cura per i malati affetti da
questa importante malattia.
Bibliografia
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apnea/hypopnea syndrome: definitions, risk
factors, and pathogenesis. Clin Chest Med
2010;31:179-86.
2
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Neurol Int 2011;3:e15:60-6.
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Remmers JE, DeGroot WJ, Sauerland EK, et
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during sleep. J Appl Physiol 1978;44:931-8.
1
Sanna A, Veriter C, Stanescu D. Upper airway
obstruction induced by negative-pressure
ventilation in awake healthy subjects. J Appl
Physiol 1993;75:546-52.
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33
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
31
Saffi Ettore Giustini
OSAS - TTI
Delegato SIMG
Il Tavolo Tecnico Interdisciplinare (TTI)
Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS
La sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno
(OSAS) è caratterizzata da russamento abituale e persistente, pause respiratorie ed
eccessiva sonnolenza diurna (ESD). Riconosce
l’obesità quale maggiore fattore di rischio e si
osserva in entrambi i sessi con una prevalenza
che tra i 30 e 60 anni arriva fino al 9% in quello femminile ed al 24% in quello maschile. è la
più frequente causa medica di ESD e con questa è responsabile del 21,9% degli incidenti
stradali. I soggetti OSAS hanno un rischio per
incidente stradale da 2 a 7 volte superiore a
quello osservato nei soggetti sani. Tale rischio
è più che doppio rispetto a quello imputabile
all’abuso di alcol e/o al consumo di ansiolitici
o cannabis. Più recenti studi indicano che la
OSAS è un significativo fattore di rischio anche
per infortuni sul lavoro e ridotta performance
lavorativa. Un’analisi condotta con il contributo
dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato pari
a euro 838.014.400 e 101.083.761 i costi
socio-sanitari per anno attribuibili rispettivamente ad incidenti stradali e lavorativi nei soggetti OSAS. Il loro trattamento con applicazione di una pressione positiva continua nelle vie
aeree abbatte il numero di incidenti stradali ai
valori osservati nella popolazione generale con
riduzione dei costi sanitari diretti ed indiretti.
Più recenti studi indicano che tale trattamento
riduce anche il numero di incidenti domestici
e sul lavoro.
Sulla base di tali dati è atteso che l’ottimale
gestione sanitaria, anche relativa all’idoneità psico-fisica alla guida dei soggetti affetti
da OSAS, riduca l’infortunistica stradale dei
cittadini residenti in Europa. Per questo la
Comunità Europea ha recentemente avviato
le valutazioni per l’inserimento della OSAS
nell’allegato III (requisiti fisici e psichici per il
32 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
conseguimento della patente di guida) della
Direttiva 91/439/CEE, riferimento normativo
obbligato per i codici della strada di tutti gli
stati membri. In ambito comunitario l’Italia
è per questo rappresentata dalla Direzione
Medica di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) su
delega del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti.
In Italia, pur non essendo la OSAS formalmente riconosciuta quale fattore di rischio
per incidenti stradali e sul lavoro, è sempre
più attuale l’attenzione del medico legale
e del medico competente nel ricercarla e
valutarla quando venga loro chiesto un giudizio di idoneità psico-fisica. Già nel 2010
il Coordinamento Medici Legali Aziende
Sanitarie (COMLAS) ha concretizzato il suo
interesse a quest’argomento dedicando un
intero capitolo delle sue “Linee guida per
gli accertamenti in ambito Commissione
Medica Locale” alla valutazione dell’idoneità psico-fisica alla guida dei soggetti OSAS.
L’acquisizione dei dati utili alla formulazione di tale giudizio ha inizio con il certificato
anamnestico, redatto dal medico di medicina
generale, e si completa con il contributo del
neurologo, odontoiatra, otorinolaringoiatra e
pneumologo, tutti protagonisti nel porre diagnosi di OSAS e nel curarla.
Recenti valutazioni condotte in diverse aree
territoriali dell’Italia indicano la reale e significativa difficoltà nell’accesso alla diagnosi e
cura. è infatti spesso di molti mesi l’intervallo di tempo tra la prenotazione della prima
visita e l’inizio del trattamento, in particolare
quello domiciliare con CPAP. Pur nell’attesa
di norme che la riconoscano fattore di rischio
per incidenti stradali e sul lavoro la crescente
attenzione dedicata alla OSAS quando venga
richiesto un giudizio di idoneità psico-fisica,
ne sta rendendo sempre più difficoltoso l’accesso alla diagnosi e cura.
Consapevoli di tali problematiche diverse
società scientifiche e la Direzione Medica di RFI
partecipano al Tavolo Tecnico Interdisciplinare
Sonnolenza e Sicurezza nei pazienti OSAS.
L’Associazione Interdisciplinare Medicina
Apparato Respiratorio (AIMAR), l’Associazione Italiana Medicina del Sonno (AIMS),
il COMLAS, la Società Italiana di Medicina
Generale (SIMG), la Società Italiana di
Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
(SIMLII), la Società Italiana Medicina del
Sonno Odontoiatrica (SIMSO), la Società
Italiana di Neurologia (SIN), la Società Italiana
di Otorinolaringoiatria (SIO) e la Direzione
Medica di RFI hanno individuato ed approvato gli obiettivi da perseguire e raggiungere.
Questi sono: 1) armonizzare i linguaggi e le
modalità operative delle diverse figure mediche deputate alla diagnosi e cura della OSAS
quando finalizzate alla formulazione del giudizio di idoneità psico-fisica alla guida o lavorativa; 2) produrre percorsi clinico-assistenziali
finalizzati alla valutazione dell’idoneità psicofisica alla guida o lavorativa che siano facilmente e rapidamente fruibili per il cittadino e
sostenibili per il sistema sanitario; 3) produrre
proposte normative da offrire al legislatore
italiano ed in sede comunitaria.
Il Tavolo Tecnico Interdisciplinare Sonnolenza e
Sicurezza nei pazienti OSAS, primo esempio in
Italia di integrazione paritetica fra professionisti
e rappresentanti delle istituzioni deputate alla
produzione di norme in materia di idoneità psico-fisica, è pienamente operativo dal mese di
gennaio del corrente anno. (28 marzo 2013).
n.4>>> 2013
Ovidio Brignoli
Società Italiana di Medicina Generale
I dati di Health Search - Società Italiana di Medicina Generale
Highlights Simposio - Relatore: Adriana Masotti
Congresso Nazionale SIMG 2012
Introduzione
Database Health Search:
La carenza marziale è considerata una delle prevalenza dell’anemia
più importanti sindromi da malnutrizione ed sideropenica in Italia
è l’unico tipo di malnutrizione ancora significativamente diffuso nelle nazioni industrializzate 1. L’anemia sideropenica che ne
deriva è la forma più comune di anemia,
rappresentandone circa il 50% dei casi, ed
è una patologia molto diffusa: i dati epidemiologici indicano che essa colpisce circa
500 milioni di persone nel mondo e si stima
che possa causare ogni anno oltre 800.000
morti, prevalentemente in Africa e in Asia 2.
Negli Stati Uniti, tra gli adulti interessa circa
il 12% delle donne in premenopausa non
gravide e il 2% degli uomini. Oltre che da un
punto di vista clinico, l’anemia sideropenica
ha una notevole rilevanza sociale, in quanto
non solo limita la crescita e l’apprendimento nel bambino, ma riduce anche la capacità lavorativa dell’adulto.
Purtroppo gli studi osservazionali ed epidemiologici esistenti riguardano principalmente i paesi del terzo mondo; gli studi
effettuati in occidente sono stati condotti
su popolazioni estremamente selezionate
(popolazioni pediatriche, pazienti in dialisi,
ecc.).
In questo lavoro saranno presentati i dati
relativi a un campione rappresentativo
della popolazione italiana, provenienti dal
database di Health Search (HS), riguardanti
l’anemia sideropenica e la terapia marziale; tali dati sono stati confrontati con quelli
provenienti dalla letteratura internazionale.
n.4>>> 2013
HS è l’unico database della Medicina
Generale validato a livello nazionale e internazionale ed è attivo dal 1998; esso contiene attualmente i dati clinici di circa un milione di persone distribuite uniformemente sul
territorio nazionale, raccolti da oltre 1.000
medici di medicina generale (MMG).
Lo studio della prevalenza dell’anemia
sideropenica nel database HS ha preso
in considerazione i dati dal 2007 al 2011
compresi; i dati più recenti, quelli relativi al
2011, saranno considerati come base per
l’esposizione.
I dati presi in considerazione riguardavano
l’anemia sideropenica codificata secondo l’International Classification of Disease
(codice ICD-9: 280) e quella non codificata, quest’ultima individuata dalla presenza
contemporanea di anemia (Hb < 12 g/dl
nelle femmine, < 13 nei maschi), microcitosi (MCV < 80 fl) e ipoferritinemia (< 12 ng/
ml nelle femmine, < 20 nei maschi). Per
anemia “non codificata” si intendono i casi
nei quali il medico registra la patologia
“anemia” NON utilizzando il codice ICD-9
per la codifica della stessa.
I dati relativi alla prevalenza di anemia si
intendono riferiti all’anno 2011.
L’andamento della prevalenza dell’anemia sideropenica si dimostra crescente
all’aumentare dell’età e riveste particolare
Anemia
Anemia e terapia marziale
evidenza nella popolazione femminile nella
fascia di età 35-54 anni, cioè in quella fascia di popolazione che racchiude le
donne in età fertile e in fase premenopausale (Figg. 1, 2).
è possibile inoltre osservare come nella
popolazione anziana il trend è sovrapponibile nei due sessi, anche se le femmine
sono più esposte, perché anche nel caso
in cui non presentino una carenza marziale manifesta hanno depositi di ferro meno
abbondanti.
Nella popolazione con anemia sideropenica, il 59% dei soggetti è rappresentato da
donne con età < 55 anni, il 25% da donne
con età ≥ 55 anni e solo il 16% da maschi
(Fig. 2).
Aspetti fisiopatologici
Dal punto di vista fisiopatologico 4, il patrimonio di ferro di un individuo adulto è pari
a 3-5 g: gran parte del ferro (circa il 68%)
è legato all’eme sotto forma di emoglobina,
in piccola parte è contenuto nella mioglobina e in enzimi ossidativi (5%), per la parte
restante è ferro di deposito contenuto nella
ferritina e nella transferrina (27%, pari a
circa 1 g). Per quanto riguarda il ricambio
giornaliero, le perdite sono dovute all’escrezione con le urine e il sudore e al ricambio
cellulare (in particolare a livello dell’epidermide e della mucosa intestinale); tali perdite ammontano a 1 mg al giorno e sono
compensate da un assorbimento giornaliero equivalente, pari a circa il 10% dell’in-
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 33
Anemia
O. Brignoli
Figura 1.
Prevalenza di anemia sideropenica (codificata e non codificata) nel database Health Search,
suddivisa per sesso e fascia di età. Anno 2011.
10
9
8
7
%
6
5
4
3
2
1
0
15-24
25-34
35-44
45-54
55-64
Maschi
1,7
0,9
Femmine
5,7
7,3
65-74
75-84
≥ 85
0,7
0,9
9,3
10,5
1,1
2
3,9
6,1
5,2
3,4
5,7
7,5
Figura 2.
Prevalenza di anemia sideropenica (codificata e non codificata) di sesso maschile e femminile
distinto per fascia d’età. Anno 2011.
25%
Maschi
Femmine < 55 anni
Femmine ≥ 55 anni
troito alimentare (una dieta varia contiene
circa 15-30 mg di ferro). Nella donna in età
fertile, le mestruazioni fanno aumentare le
perdite di ferro a una media di circa 3 mg
al giorno, rendendo più difficile il reintegro
con la dieta.
Le cause di carenza marziale e di anemia
sideropenica sono costituite da un aumentato fabbisogno di ferro (accrescimento corporeo nei giovani, mestruazioni, gravidanza
e parto, allattamento), da aumentate perdite (menorragia, emorragie gastrointestinali,
interventi chirurgici), da ridotta assunzione
(diete squilibrate o carenti, vegetariane,
alcolismo, età avanzata) o da ridotto assorbimento (celiachia, patologie gastroduode-
34 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
16%
59%
nali, gastroresezione o bypass intestinale,
insufficienza renale).
La carenza marziale lieve o moderata in
assenza di anemia 5, caratterizzata dalla
sola ipoferritinemia, è più frequente (secondo alcuni fino a 3 volte) dell’anemia sideropenica; i suoi sintomi sono costituiti da perdita di capelli, affaticamento, intolleranza al
freddo, irritabilità. Il test diagnostico fondamentale è rappresentato dalla determinazione della ferritina sierica, che rappresenta
un ottimo indice delle riserve di ferro. Lo
screening della popolazione generale non è
raccomandato e i potenziali pazienti vanno
identificati attraverso la storia clinica e la
valutazione dei sintomi.
Diagnosi: linee guida
e indagine Health Search
I dati HS sulla diagnostica dell’anemia
sideropenica sono stati confrontati con le
linee guida internazionali contenute in due
lavori recenti: il primo a cura della British
Columbia Medical Association del Canada 6
sulla carenza marziale e l’altro della British
Society of Gastroenterology 7 sull’anemia
sideropenica.
Le linee guida sull’anemia sideropenica 7,
con un grado di raccomandazione A in tutti
i maschi e B nelle femmine dopo la menopausa, consigliano di prendere in considerazione l’esecuzione di una gastroscopia
e una colonscopia, a meno che non vi sia
un’anamnesi di significative perdite ematiche non gastrointestinali.
è noto che le principali cause di sanguinamento occulto gastrointestinale nei pazienti
con anemia sideropenica sono rappresentate, nell’ordine, dall’utilizzo di FANS,
dal carcinoma del colon o dello stomaco,
dall’ulcera peptica e dall’angiodisplasia 3.
Nell’analisi del database di HS si conferma
questa correlazione diretta tra utilizzo di
FANS e prevalenza di anemia sideropenica
dal momento che si osserva un’aumentata
percentuale di pazienti che abbiano avuto
una prescrizione di Fans nella popolazione con anemia sideropenica (27,2%) vs. la
popolazione generale del database (22,7%).
Questa correlazione diretta è confermata anche dall’aumentata percentuale di
pazienti che abbiano ricevuto tre prescrizioni di Fans nella popolazione con anemia sideropenica (7,7%) vs. la popolazione
generale del database (5,7%).
Inoltre, nella popolazione esaminata da HS,
la percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica ai quali è stato prescritto almeno una volta nell’anno 2011 una
gastroscopia o una colonscopia è stata solo
del 5%, con una leggera prevalenza del
sesso maschile in tutte le fasce di età e in
particolare fra i 55 e i 74 anni.
Andando a esaminare la percentuale di
pazienti affetti da anemia sideropenica ai
quali è stato prescritto almeno una volta
negli ultimi 5 anni una gastroscopia o una
colonscopia, le percentuali aumentano in
maniera significativa, attestandosi intorno al
30% nei maschi e nelle femmine in meno-
Anemia
Anemia e terapia marziale
Trattamento
Lo scopo del trattamento dell’anemia sideropenica è quello di ottenere la normalizzazione
del livello di emoglobina e del volume eritrocitario e il ripristino delle riserve di ferro nei
depositi, oltre che di rimuovere e correggere
con un intervento mirato la causa scatenante. Per quanto riguarda la gestione della terapia marziale, la terapia orale è più sicura per
il paziente e ha un migliore rapporto costo/
efficacia rispetto a quella parenterale.
Si devono preferire i composti di ferro allo
stato bivalente (ferroso) 1 8, che sono assorbiti
meglio dello ione trivalente, scegliendo il preparato sulla base della tolleranza individuale.
La dose terapeutica può variare da 100 a
200 mg di ferro elemento al giorno in una
o due dosi, preferibilmente a stomaco vuoto.
Il controllo della risposta alla terapia richiede
l’esecuzione di un esame emocromo dopo
2-4 settimane, che dovrebbe mostrare un
incremento dei livelli di emoglobina di 1-2 g/
dl 8 10. Se il dosaggio terapeutico è appropriato e la causa del deficit di ferro è stata rimossa, si ottiene la correzione dell’anemia in 2-4
mesi, anche se è opportuno continuare il
trattamento per altri 4-6 mesi per ripristinare
le riserve di ferro 10.
L’analisi condotta sul database HS analiz-
% di popolazione con celiachia
F i g u r a 3.
Confronto popolazione generale di Health Search vs. popolazione generale di Health Search
con anemia sideropenica per prevalenza di persone con problema celiachia. Anno 2011.
2,5
2
1,5
1
0,5
0
Popolazione HS con
anemia sideropenica
Popolazione HS
2,4%
Percentuale di pazienti affetti da anemia sideropenica ai quali è stato
prescritto almeno una volta il test per la celiachia nell’anno 2011
zando il periodo 2007-2011 ha permesso di evidenziare come la percentuale di
pazienti affetti da anemia sideropenica che
abbiano ricevuto almeno una prescrizione
all’anno di terapia marziale orale, risulti
sempre inferiore al 20% (15% nell’anno
2011) (Fig. 4). Allo stesso modo nello stesso arco temporale la percentuale di pazienti
affetti da anemia sideropenica che hanno
ricevuto almeno tre prescrizioni di terapia
marziale orale in un anno è molto più bassa
ed è di poco superiore al 3% (Fig. 5).
I dati di HS evidenziano quindi chiaramente
come venga attuato un insufficiente trattamento farmacologico del paziente affetto da
anemia sideropenica con terapia marziale
orale.
Di conseguenza questi dati sicuramente impongono alla Medicina Generale una
riflessione sul perché vi sia un tale sottotrattamento, sia esso legato a una sottovalutazione dei rischi collegati all’anemia che
basato su considerazioni riconducibili alla
scarsa tollerabilità dei farmaci disponibili in
commercio.
Tollerabilità della terapia marziale
e aderenza al trattamento
è quindi plausibile che i dati di HS riflettano
anche una ridotta aderenza al trattamento
F i g u r a 4.
Percentuale di pazienti affetti da anemia con prescrizione di terapia marziale orale (almeno
una prescrizione in ciascun anno).
30
25
20
%
pausa e intorno al 16-17% nelle femmine
in premenopausa.
Le linee guida sull’anemia sideropenica 7 8
indicano inoltre che lo screening sierologico
per la celiachia (anticorpi anti-transglutaminasi tissutale) dovrebbe essere eseguito in
tutti i pazienti, con un grado di evidenza B,
dal momento che nei soggetti con anemia
sideropenica la probabilità di diagnosi di
celiachia è relativamente elevata (intorno
al 5%) 9.
Al contrario, nel database di HS la percentuale di casi di celiachia rilevata nella
popolazione con anemia sideropenica si
attesta all’1,6% nell’anno 2011, mentre la
prevalenza osservata in tutta la popolazione
HS è risultata dello 0,5% (Fig. 3); tali dati
indicano una netta sottostima della prevalenza della celiachia, probabilmente dovuta al fatto che il test viene eseguito troppo
raramente, come dimostra il fatto che solo il
2,4% dei pazienti con anemia sideropenica
è stato sottoposto al test per la celiachia.
15
10
5
0
Anemia sideropenica
2007
2008
2009
2010
2011
19
18,3
18,4
17,2
15
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 35
Anemia
O. Brignoli
F i g u r a 5.
Percentuale di pazienti affetti da anemia con prescrizione di terapia marziale orale (almeno
tre prescrizioni in ciascun anno).
6
5
%
4
3
2
1
0
Anemia sideropenica
2007
2008
2009
2010
2011
3,4
3,4
3,6
3,4
3,1
F i g u r a 6.
Percentuale di pazienti affetti da anemia con switch di terapia marziale orale (almeno due
molecole prescritte in ciascun anno).
12
%
10
10.000 pazienti, indica che questo preparato ha un’incidenza di eventi avversi a livello
gastrointestinale pari al 3,7%, nettamente
inferiore (p < 0,002) rispetto alle altre formulazioni di ferro 11.
In conclusione, i dati epidemiologici sull’anemia sideropenica e la carenza marziale
provenienti dal database HS confermano
quelli presenti nella letteratura internazionale.
è evidente che solo una minoranza dei
pazienti affetti da anemia sideropenica
viene trattato farmacologicamente, probabilmente anche a causa della scarsa tollerabilità gastrointestinale delle preparazioni
attualmente in commercio.
La recente disponibilità, in fascia A del
prontuario terapeutico SSN, di una nuova
formulazione di solfato ferroso a rilascio
prolungato, dotata di ottima biodisponibilità
ed eccellente tollerabilità, può consentire un
trattamento efficace della carenza marziale con una buona compliance da parte del
paziente.
8
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2007
2008
2009
2010
2011
6,3
6,5
6,2
5,9
6,3
2
3
da parte dei pazienti, dovuto alla scarsa tolleranza alla terapia marziale per os: in effetti il problema dell’intolleranza alla supplementazione orale di ferro è molto comune e
si manifesta con nausea, vomito, dispepsia,
che sono dose-dipendenti, oltre a stipsi e
diarrea. Per ridurre i sintomi è opportuno
iniziare con dosaggi più bassi e aumentarli
in 4-5 giorni, frazionare il dosaggio giornaliero e/o assumere il ferro ai pasti, anche
se ciò determina una riduzione dell’assorbimento.
La scarsa tolleranza al trattamento, che si
traduce in una ridotta compliance (adesione al trattamento) da parte del paziente, è
chiaramente testimoniata da un altro dato
rilevato dal database di HS: solamente il 6%
dei pazienti affetti da anemia sideropenica
36 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
aveva almeno uno switch (cioè il passaggio
da un preparato farmaceutico a un altro) di
terapia marziale orale nel corso degli anni
presi in considerazione (Fig. 6).
Il solfato ferroso è, come indicato dall’OMS,
il preparato di riferimento per la terapia
marziale orale ma allo stesso tempo è il
preparato che presenta maggiori eventi
avversi a livello gastrointestinale 11.
Va segnalata la recente introduzione sul
mercato italiano di un farmaco a base di
solfato ferroso 80 mg unito a un complesso polimerico (nome commerciale Tardyfer,
classe di rimborsabilità A), che dimostra un
superiore profilo di tollerabilità rispetto agli
altri preparati orali determinando quindi una
superiore compliance da parte del paziente.
Una recente metanalisi effettuata su oltre
4
5
6
7
8
9
Stoltzfus RJ, Dreyfuss ML. Guidelines for
the use of iron supplements to prevent and
treat iron deficiency anemia. International
Nutritional Anemia Consultative Group
(INACG), World Health Organization (WHO),
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Anemia
Anemia e terapia marziale
Messaggi chiave
1.Lo scopo del trattamento dell’anemia sideropenica è di ottenere la normalizzazione del livello di emoglobina e del volume eritrocitario e il ripristino delle riserve di ferro nei depositi, oltre che di rimuovere e correggere la causa scatenante
2.
La terapia marziale per os è più sicura per il paziente e ha un migliore rapporto costo/efficacia rispetto a quella parenterale
3.
Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si dovrebbero preferire i composti di ferro allo stato
bivalente (ferroso), che sono assorbiti meglio dello ione trivalente, scegliendo il preparato sulla base della tolleranza individuale
4.
La dose terapeutica può variare da 100 a 200 mg di ferro elemento al giorno in una o due dosi, preferibilmente a stomaco vuoto
5.
Il problema della scarsa tolleranza alla terapia marziale per os è molto comune e si manifesta con nausea, vomito, dispepsia, che
sono dose-dipendenti, oltre a stipsi e diarrea; gli effetti collaterali con il solfato ferroso sono presenti in circa il 32% dei pazienti
6.
Per ridurre i sintomi è opportuno iniziare con dosaggi più bassi e aumentarli in 4-5 giorni, frazionare il dosaggio giornaliero e/o
assumere il ferro ai pasti, anche se ciò determina una riduzione dell’assorbimento
7.
La carenza marziale lieve o moderata in assenza di anemia, caratterizzata dalla sola ipoferritinemia, è più frequente dell’anemia
sideropenica conclamata e si accompagna a sintomi come perdita di capelli, affaticamento, intolleranza al freddo, irritabilità
8.
La terapia marziale deve essere proseguita a lungo (per almeno 4-6 mesi), per cui appare particolarmente importante disporre
di preparati che consentono una maggiore aderenza al trattamento
9.
La recente disponibilità in fascia A di una formulazione di solfato ferroso più complesso polimerico (che ne garantisce un assorbimento prolungato), dotata di ottima biodisponibilità ed eccellente tollerabilità, può consentire un trattamento efficace della
carenza marziale con una buona aderenza al trattamento da parte del paziente
management of iron deficiency anemia:
emerging role of celiac disease, Helicobacter
pylori, and autoimmune gastritis. Semin
Hematol 2009;46:339-50.
10
Pasricha SR, Flecknoe-Brown SC, Allen KJ,
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11
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Rivista Società Italiana di Medicina Generale 37
Gianfranco Sevieri1, Pierpaolo Isidori2
Riacutizzazioni di BPCO
1
Specialista Malattie Apparato Respiratorio, International Fellow American College of Chest Physicians;
2
Responsabile U.O.S.D. Pneumologia, A.O. “Ospedali Riuniti Marche Nord”, Presidio di Fano (PU)
Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive
Introduzione
La broncopneumopatia cronica ostruttiva
(BPCO) è una condizione caratterizzata da
ostruzione cronica delle vie aeree, costellata periodicamente da episodi di recrudescenza dei sintomi respiratori già presenti
in fase di quiescenza clinica della malattia.
L’aumento della dispnea, della tosse, con
abbondante produzione di escreato che
spesso vira verso la purulenza, sono i segni
che definiscono “clinicamente un episodio
acuto“ che costringe il paziente a richiedere
l’intervento medico e il curante a modificare
e a rendere più aggressivo il trattamento.
Questi episodi, paragonabili all’angina
instabile, influenzano negativamente il
decorso della BPCO perché accelerano il
declino funzionale, foriero di ulteriori recidive facendo progredire la malattia verso
l’insufficienza cardio-respiratoria 1.
Se il paziente percepisce l’episodio come
un evento che limita fortemente le sue normali attività, la realtà è diversa e documenta
non solo un deterioramento della funzione
respiratoria, un aumento della flogosi nelle
vie aeree con conseguente distruzione del
tessuto polmonare 2, ma anche un aumentato rischio di morbilità e di mortalità a
breve e a lungo termine 3 4.
Il Lung Health Study valutando le conseguenze delle riacutizzazioni sul dato funzionale, per cinque anni in 6.000 pazienti
38 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
(fumatori, fumatori discontinui ed ex
fumatori), ha confermato che una sola
riacutizzazione è in grado di incrementare
il declino del FEV1 di 7 ml/anno 5.
Questi eventi acuti sono inoltre responsabili di una percentuale significativa di visite
mediche, di accessi in Pronto Soccorso e
in particolar modo di ospedalizzazioni 1, che
si rendono necessarie per quei pazienti che
presentano una funzionalità respiratoria più
compromessa (FEV1 < 40%) e/o per il fallimento della terapia domiciliare, con importanti ripercussioni sulla spesa sanitaria 6.
In Italia il costo medio annuo è di € 2.100
a paziente, le visite specialistiche e generali variano da 3 a 5 all’anno, un terzo dei
pazienti non trae beneficio in qualità della
vita (QoL), mentre i ricoveri per riacutizzazioni di BPCO sono triplicati nel quinquennio 2000-2005 con una mortalità pari a
5.5/100.000 abitanti 7.
Fattori che incrementano
il rischio
La tosse e il catarro cronici 8, la gravità della
broncocostrizione (FEV1), la scarsa qualità
di vita, la presenza di reflusso gastroesofageo, l’incremento dei leucociti sono stati
identificati come potenziali fattori di rischio
nello studio Eclipse 9. Ulteriori fattori capaci
di ridurre le difese immunitarie sono risultati
la presenza di comorbilità 10 e, in particolare, la colonizzazione batterica 11 favorita dal
ristagno delle secrezioni e dalla continua
esposizione ad agenti nocivi (fumo di sigaretta, inquinanti ambientali o occupazionali,
infezioni virali) che alterano le difese naturali del polmone. I batteri che colonizzano le
vie aeree dei pazienti con BPCO non sono
semplici commensali o innocenti spettatori
ma producono, nel loro interno, forti quantità di sostanze flogogene 12, che alimentano il sottostante processo infiammatorio,
responsabile di un ulteriore danno anatomico e funzionale nel distretto respiratorio e di
una caduta “aggiuntiva” dei poteri difensivi
locali, creando pertanto un circolo vizioso
capace di autoalimentarsi (Fig. 1) 13.
I batteri, pertanto, svolgono un ruolo
importante sia come fattori stimolanti il
decadimento funzionale in fase stabile
della malattia, sia come agenti causali
delle riacutizzazioni e, spesso come complicanza, di virosi respiratorie 14 15.
Gli altri agenti patogeni sono i virus che
svolgono un ruolo importante sia nella
insorgenza della BPCO sia come responsabili di riacutizzazioni.
Innanzitutto le infezioni virali da adenovirus
contratte durante l’infanzia e in età giovanile possono rappresentare un reale fattore
di rischio per lo sviluppo della BPCO in età
adulta 16.
Gli adenovirus, infatti, hanno la prerogativa
di persistere, per lunghi periodi, in forma
latente nelle cellule delle vie aeree renden-
n.4>>> 2013
Riacutizzazioni di BPCO
Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive
dole più vulnerabili ai batteri e alle noxae
esterne.
In secondo luogo, più di un terzo degli episodi acuti è da riferire a un’infezione virale 17.
Infine, le lesioni anatomofunzionali e il peggioramento dell’infiammazione bronchiale
provocati da questi microrganismi faciliterebbero la proliferazione batterica culminante poi nella riacutizzazione 17.
Figura 1.
Il circolo vizioso dell’infezione (da Sethi, 2005, mod. 27).
Infezione
L’infezione virale, infatti, è responsabile
di una riduzione transitoria delle difese
dovuta all’effetto citopatico sulle cellule ciliate, indotto sull’epitelio bronchiale
e sulle cellule immunocompetenti, che
favorisce una maggiore adesività batterica alla mucosa respiratoria 17.
Tra i batteri, Haemophylus influenzae,
Streptococcus pneumoniae, Moraxella
catarrhalis, definiti “trio infernale”, sono
i patogeni di più frequente riscontro sia
durante la fase stabile della malattia sia in
corso di riacutizzazione.
L’H. influenzae resta, comunque, l’agente infettivo maggiormente isolato dalle vie
aeree, con la peculiarità di riuscire non
solo ad aderire alla mucosa bronchiale ma
di penetrare all’interno delle sue cellule
(internalizzazione) per proteggersi dall’azione degli antibiotici e dall’attività battericida
anticorpo mediata, trasformandosi in un
“reservoir di infezione” in grado di incrementare una risposta infiammatoria che
perpetua il circolo vizioso (Fig. 1) 18-20.
Le indagini condotte in fibrobroncoscopia
con catetere protetto 21 22 hanno documentato che durante un episodio acuto il numero di colonie batteriche risulta più elevato
e di conseguenza maggiore il rilascio di
citochine infiammatorie (IL6. IL8, TNFa, LTB4,
proteina C reattiva) rilevabili nell’escreato
e nel plasma 23 24 associate a incremento
nelle vie aeree e nel sangue periferico di
neutrofili 25 e di eosinofili 26, che contribuiscono al declino del FEV1, diretto responsabile di ulteriori recidive.
La grave ostruzione (FEV1 < 40%), le
comorbilità (cardiopatie di varia natura,
diabete), l’impiego protratto di antibiotici a
largo spettro o di steroidi orali, i frequenti accessi, per varie cause, in ospedale o
abitudini voluttuarie (alcool, fumo) possono essere predittivi di altre specie batte-
Flogosi
Difese locali
Danno tissutale
riche infettanti quali enterobatteri Gram
negativi (Klebsiella, E. coli, Enterobacter) o
Pseudomonas 28 29.
L’escreato purulento 30 31 diventa, invece,
un importante indicatore di riacutizzazione
”batterica”.
La resistenza batterica
Molte specie batteriche da diversi anni sono
diventate resistenti a molti antibiotici: tale
fenomeno, che ha assunto ormai dimensioni preoccupanti nel mondo, sarebbe da
imputare allo spropositato, immotivato e
talora non appropriato impiego degli antimicrobici.
Questa pressione selettiva sui batteri associata alla mancata introduzione in commercio di nuovi preparati e sovente alla scarsa
aderenza al trattamento antibiotico, spesso
sospeso in anticipo rispetto alla prescrizione, ha modificato nei patogeni la sensibilità
agli antimicrobici.
Queste mutazioni batteriche che Darwin
definiva “selezione naturale” sono divenute
causa di fallimenti terapeutici nel terzo millennio e causa di morbilità e mortalità.
I batteri si difendono e sono varie le modalità con cui essi possono affilare le loro
armi …
Oltre a una resistenza trasferibile che si attua
mediante il passaggio di frammenti di DNA
(plasmidi) da una cellula batterica all’altra,
esiste una resistenza “acquisita” e una resistenza definita “fenotipica”, il biofilm.
La resistenza “acquisita” insorge con diversi
meccanismi:
Neutrofili
1. i patogeni possono modificare il bersaglio su cui agiscono gli antimicrobici: per i b-lattamici il bersaglio sono
le PBPs (Penicillin Binding Proteins),
enzimi deputati alla sintesi della parete
e alla morfologia batterica. S. pneumoniae e Staphylococcus aureus attuano
tale tipo di resistenza. Per i macrolidi
il bersaglio è la subunità 50S ribosomiale di cui necessitano per attuare la
sintesi proteica. S. pneumoniae diventa
resistente modificando questo sito di
attacco. Molti batteri alterano, invece,
l’enzima DNA girasi, il bersaglio dei
fluorochinoloni per impedire la loro
replicazione;
2. altro tipo di resistenza è la produzione
di b-lattamasi, enzimi inattivanti i betalattamici, messa in atto da H. influenzae, M. catarrhalis e dagli enterobatteri
Gram negativi, o di carbapemenasi, che
inattivano i carbapenemici, attuata in
particolare da Klebsiella pneumoniae.
Inoltre, molte Enterobacteriaceae e
diverse specie di Pseudomonas chiudono i pori della loro membrana esterna impedendo il passaggio di molecole
antimicrobiche. Se l’internalizzazione
aveva rappresentato per i batteri un
ulteriore potenziale rimedio per sfuggire alla pressione degli antibiotici,
prima dell’immissione nella farmacopea di macrolidi e fluorochinoloni, con
il biofilm, definito la resistenza del terzo
millennio, forse hanno raggiunto il loro
obiettivo. Il biofilm è un ulteriore mezzo
di difesa messo in atto, ormai, da molti
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 39
Riacutizzazioni di BPCO
patogeni implicati sia in patologia respiratoria sia in altre infezioni (rinosinusiti,
prostatiti, uretriti, cistiti, ecc.). Questi
microrganismi, dopo essersi ancorati
alla superficie di diverse mucose oppure su materiali inerti (protesi, valvole
cardiache, ecc.), iniziano una lenta fase
moltiplicativa originando microcolonie
che cominciano a secernere una matrice
mucopolisaccaridica (slime) che impedisce la penetrazione di antibiotici e li
protegge dalle difese immunitarie dell’ospite 32-35. All’interno di questa matrice
sono scavati minuscoli canali d’acqua
che si anastomizzano fra loro, formando
una sorta di sistema circolatorio. I germi
che vivono all’interno di questo microcosmo biologico, riescono a comunicare
fra loro inviandosi molecole-messaggio
(Quorum sensing) necessarie alla produzione del biofilm, regolata geneticamente, ma anche per liberare all’esterno
ceppi particolarmente virulenti destinati
a colonizzare altre sedi complicando
e cronicizzando l’infezione. Il CDC di
Atlanta (Centers for Disease Control and
Prevention) stima che la formazione dei
biofilm batterici sia implicata almeno nel
65-80% di tutte le infezioni.
Per fronteggiare tale fenomeno occorre,
pertanto ottimizzare l’impiego di antibiotici
“già esistenti“; questo rappresenta il più
efficace approccio per ridurre la diffusione
di batteri resistenti preservando l’efficacia
degli antimicrobici.
La prescrizione di un antibiotico non deve
essere un atto routinario, automatizzato … la scelta deve essere fatta conoscendo e valutando tutte le caratteristiche,
efficacia, dosaggio, potenzialità e il giusto
intervallo fra le dosi perché il successo
terapeutico dipende dalla sua capacità di
raggiungere, nella sede di infezione, una
concentrazione efficace a produrre un effetto battericida.
Un antibiotico “ottimale” dovrebbe possedere una rapida azione battericida, un
ampio spettro di attività, eccellente profilo
farmacocinetica/farmacodinamica, buona
tollerabilità, possibilmente somministrato
in dose singola, consentire una breve durata di trattamento e una ridotta capacità a
indurre resistenze.
40 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
G. Sevieri, P. Isidori
Trattamento
Uno dei principali compiti che il trattamento
deve assolvere è ridurre numero e gravità
delle riacutizzazioni che i pazienti BPCO
subiscono annualmente 36.
Gli obiettivi terapeutici sono: alleviare
i sintomi, in particolare la dispnea con
l’impiego di broncodilatatori short acting
di classi diverse (b-adrenergici e anticolinergici) per nebulizzazione 37; ridurre la
flogosi mediante corticosteroidi orali che,
oltre ad agire sull’edema e l’ipersecrezione, incrementano sia la SLPI (Secretory
Leucoproteinase Inhibitor) ad attività antivirale e antibatterica, sia il FEV1 38 39.
La presenza di espettorato purulento invece giustifica l’impiego dell’antibiotico 40. In
questo caso è fondamentale l’eradicazione
batterica per evitare l’insorgenza di ceppi
resistenti e un nuovo episodio dopo un
breve periodo. Infatti, più si riduce il carico batterico nelle vie bronchiali, più lungo
sarà il tempo necessario ai patogeni per
moltiplicarsi e indurre una nuova riacutizzazione 41.
Il trattamento antibiotico deve essere precoce e appropriato 42 onde evitare rischi
certi (nuova visita, uso di un antimicrobico
alternativo, nuove indagini, ospedalizzazione, incremento costi) o potenziali (sviluppo
di resistenza e fallimento con una molecola prima efficace).
Il ricorso all’antibiotico è giustificato
in presenza dei 3 Criteri di Anthonisen
(Fig. 2) e da pazienti con esacerbazioni
gravi che richiedano ventilazione meccanica invasiva o non invasiva; la scelta
dell’antibiotico deve essere in accordo a
quanto previsto dalle linee guida stilate
dall’ERS (European Respiratory Society) e
dall’ESCMID (European Society of Clinical
Microbiology and Infectious Diseases) 44
tenendo in considerazione i livelli di resistenza “clinicamente rilevabili“.
Prevenzione
Qualsiasi intervento in grado di rallentare il
calo funzionale respiratorio può prolungare
la sopravvivenza del paziente con BPCO.
La cessazione dell’abitudine tabagica 45,
l’impiego appropriato di broncodilatatori
long acting di classi diverse 46 47 associati
o meno a corticosteroidi inalatori 48 49, sono
alcune delle strategie da attuare per evitare
le riacutizzazioni della BPCO.
La vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica 50 51, i programmi di riabilitazione
respiratoria 52, la profilassi con antibiotici a
dosaggi ottimali 53 sono ulteriori presidi validi a prevenire gli episodi acuti.
Un elemento chiave nel controllo della BPCO
e nella prevenzione delle esacerbazioni
infettive è rappresentato dall’OM-85, un
immunostimolante ottenuto per lisi chimica
di microorganismi Gram+ e Gram- spesso
presenti nelle infezioni respiratorie. In parti-
Figura 2.
Criteri di Anthonisen (da Anthonisen et al., 1987, mod. 43; Woodhead et al., 2011, mod. 44).
• Aumento espettorazione
• Escreato purulento
• Peggioramento dispnea
Tipo 1
3 presenti
Tipo 2
2 presenti
Tipo 3*
1 presente
* IAVR (infezione delle alte vie respiratorie) nei 5 giorni precedenti l’episodio.
Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive
F i g u r a 3.
I cinque stadi dell’OM-85 (da De Benedetto e Sevieri, 2013, mod. 54).
colare, OM-85 è costituito da H. influenzae,
Branhamella catarrhalis, K. pneumoniae,
K. ozaenae, S. pneumonia, S. pyogenes,
S. viridans e S. aureus 54. L’estratto liofilizzato viene somministrato oralmente e contiene proteine, peptidi, tracce di acidi grassi,
acidi lipoteici e lipopolisaccaridi detossifica-
ti. La formulazione di OM-85 contiene 7
mg dell’estratto batterico, mentre quella
pediatrica ne contiene 3,5 mg. I passaggi di
OM-85 nel tratto gastrointestinale e i suoi
effetti sul sistema immunitario sono schematizzati nella Figura 3 54.
Gli effetti protettivi di OM-85 sono essen-
F i g u r a 4.
Effetti sul sistema immune (da De Benedetto e Sevieri, 2013, mod. 54).
Aumento risposta Th1:
Produzione INF-g
OM-85
Aumento attività macrofagica
e monocitaria
Aumento produzione IL-11
Aumento produzione IL-12
Riduzione risposta Th2:
Riduzione produzione IL-4
Riduzione livelli IgE
Fagociti
produzione NO2–
produzione O2–
molecole di adesione
Aumento dei livelli di:
IgA secretorie
IgA, IgM, IgG (IgG4) sieriche
Riacutizzazioni di BPCO
zialmente dovuti al suo ruolo modulatorio
sia nelle risposte umorali sia in quelle cellulari. In particolare, dati recenti suggeriscono
che gli effetti immunoprotettivi di OM-85
sono mediati dalla stimolazione della reazione cellulare Th1 55 e dall’induzione della
sintesi di immunoglobuline (Ig), essenzialmente IgA, da parte delle cellule B.
In contemporanea all’induzione della risposta cellulare, OM-85 aumenta anche la
risposta immunitaria innata nei polmoni,
stimolando l’attività dei fagociti e quindi
aumentando la distruzione dei patogeni
invasivi 56.
Sono stati suggeriti vari meccanismi
mediante i quali OM-85 può stimolare cellule fagocitiche. Mauel et al. hanno dimostrato che immunomodulatori batterici incrementano la produzione di superossido e
nitrito dei macrofagi alveolari incrementando così le attività microbicide e citolitiche 57.
Inoltre, dati sperimentali hanno dimostrato
che OM-85 incrementa l’espressione delle
molecole di adesione 58 e che l’attivazione
dei fagociti è innescata da una via CD-14
indipendente. I principali meccanismi di
azione di OM-85 sono illustrati in Figura 4.
I componenti immunostimolanti di OM-85 –
porina, mureina e la porzione N-terminale
di lipoproteina 59 – probabilmente attivano
i sistemi immunitari innati mediante interazione con i recettori toll-like (TLR) e con un
meccanismo dipendente dalla proteina di
adattamento al segnale MyD88 55 60 61.
L’attività preventiva svolta da OM-85 nel
ridurre gli episodi di esacerbazioni in
pazienti anziani con bronchite cronica e
BPCO è stata confermata da Collet et al. in
uno studio spontaneo in doppio cieco, randomizzato, controllato vs. placebo, condotto
in 381 pazienti di età compresa tra 58 e
75 anni 62.
I pazienti, ex fumatori (più di un pacchetto al giorno per 20 anni), presentavano un
volume espiratorio forzato in un secondo tra
il 20 e il 70%, con un miglioramento dopo
test con salbutamolo inferiore al 15%.
Il trattamento prevedeva l’assunzione a stomaco vuoto di una capsula al giorno per 30
giorni consecutivi, seguita da una capsula al
giorno per 10 giorni consecutivi nei successivi 3 mesi (Fig. 5).
Anche se nei due gruppi di trattamento non
è stata evidenziata alcuna differenza tra il
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 41
Riacutizzazioni di BPCO
G. Sevieri, P. Isidori
F i g u r a 5.
Schema trattamento (da Collet et al.,1997, mod. 62).
Schema posologico utilizzato da Collet
Una capsula al giorno per 30 giorni consecutivi,
seguita da una capsula al giorno per 10 giorni consecutivi
nei 3 mesi successivi
1° mese
2° mese
3° mese
4° mese
10 gg
10 gg
10 gg
30 giorni
giorni di trattamento
giorni di NON trattamento
numero degli episodi di riacutizzazione registrati, è stato però possibile evidenziare una
differenza tra alcuni parametri che in una
valutazione globale possono essere considerati come minor gravità degli episodi di
riacutizzazione (Tab. I) 62.
I risultati di questo studio suggeriscono che
il trattamento di questo tipo di paziente, con
un prodotto dotato di efficacia immunomodulante come OM-85, può avere un effetto
favorevole sulla progressione della malattia,
riducendo la probabilità di eventi respiratori
gravi da richiedere l’ospedalizzazione.
Inoltre, sempre nel gruppo trattato con
OM-85 sono state evidenziate anche le
favorevoli implicazioni economiche in termini di riduzione dei costi diretti, correlati
a visite mediche, prescrizioni di antibiotici,
indagini diagnostiche, degenze ospedaliere, e di costi indiretti, rappresentati da un
minore numero di ore destinate all’assistenza e da minore perdita di giornate lavorative anche da parte dei familiari 63.
L’efficacia immunostimolante è stata con-
fermata da Solér et al. 64 su un gruppo di 273
pazienti (età media 58 anni) con diagnosi di
BPCO di grado lieve o da bronchite cronica,
in uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato verso placebo. Utilizzando lo
stesso schema terapeutico scelto da Collet
(Fig. 5), gli Autori hanno riscontrato una
probabilità significativamente elevata di
non incorrere in episodi di riacutizzazione
(p = 0,014) nel gruppo di pazienti trattati
con OM-85. Inoltre, l’effetto del trattamento
era più significativo tra i pazienti colpiti da
due o più episodi di esacerbazione acuta,
dal momento dell’inclusione nello studio, o
fra i fumatori (p = 0,001).
Dati riguardanti la situazione in Oriente
sono stati forniti da uno studio randomizzato, controllato vs. placebo, su 384 pazienti
affetti da bronchite cronica ed esacerbazioni acute di BPCO 65. Al termine dello studio
la frequenza di episodi di esacerbazioni nel
gruppo trattato con il farmaco era significativamente diminuita rispetto al gruppo trattato con placebo, (23 vs. 33%, p < 0,05).
Ta b e l l a I.
Confronto tra i pazienti trattati con OM-85 e placebo. Parametri scelti per indicare la gravità
degli episodi (da Collet et al.,1997, mod. 62).
Trattati con
OM-85
Trattati con
placebo
p
Rischio di ospedalizzazione
per problemi respiratori
16,2%
23,2%
p = 0,089
Giorni di ospedalizzazione
1,5
3,4
p = 0,037
Migliorata
Peggiorata
p = 0,028
Dispnea dopo riesacerbazione
42 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Inoltre, i risultati hanno anche dimostrato
che, tra i pazienti con esacerbazioni, quelli
con esacerbazioni ricorrenti erano minori
nel gruppo trattato con OM-85 rispetto al
gruppo di controllo (38,7 vs. 73,1, p <0,01)
e che la percentuale di antibiotici somministrati era minore nel gruppo attivo rispetto a
quello trattato con placebo (37,8 vs. 63%,
p < 0,05) 65.
Gli effetti di OM-85 sono stati sperimentati
anche su una popolazione di pazienti HIV
positivi. Questi pazienti hanno elevata prevalenza di BPCO e sono ad alto rischio di
sviluppare ITR stagionali 66.
Lo studio ha coinvolto 130 pazienti, trattati
con OM-85 10 giorni al mese per tre mesi,
ogni anno per quattro anni, in considerazione
dell’alta compliance dimostrata dai pazienti. Il confronto degli eventi infettivi registrati
nel gruppo, nel periodo precedente il trattamento e in quello successivo, ha mostrato
una riduzione del numero delle infezioni
delle vie respiratorie nel gruppo di pazienti
con BPCO (da 92 a 13 in un biennio), della
sinusite ricorrente (da 47 a 11) e in misura
minore quelli di otite acuta ricorrente (da 15
a 4). Inoltre al termine del periodo di studio
è stata registrata un diminuzione dei cicli di
terapia antibiotica somministrata ai pazienti
da 259 a 54. Nonostante si tratti di uno studio osservazionale e soffra per questo delle
caratteristiche limitazioni, quali mancanza
di un trattamento di controllo e di randomizzazione, mancanza di una valutazione
dell’effetto della terapia di base dei pazienti,
mancanza di una valutazione della variabilità stagionale durante il corso degli anni, le
caratteristiche osservate si sono mantenute
costanti nel corso degli anni di trattamento, quindi si può affermare che il OM-85
riduce la frequenza degli eventi respiratori
che richiedono il trattamento antibiotico in
tutti i gruppi trattati, in particolare nei fumatori ad alto rischio e nei pazienti affetti da
BPCO 54 67.
Infine, oltre alle linee guida GOLD 2011,
che hanno definito l’uso di agenti immunostimolanti una scelta utile nel trattamento
del paziente broncopneumopatico cronico,
dal 2012 l’utilizzo degli immunostimolanti,
e in particolare di OM-85, è stato inserito
nelle linee guida dell’ERS/EAAC (European
Respiratory Society/European Academy of
Allergy and Clinical Immunology) e viene
Le riacutizzazioni di BPCO e strategie preventive
considerato trattamento aggiuntivo alla
terapia della rinosinusite cronica senza
polipi 37 68.
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Doriano Battigelli, Ovidio Brignoli, Giuliano Ermini,
Alessandro Filippi, Bruno Guillaro, Saffi Ettore Giustini
Fibrillazione atriale: un piano di aggiornamento
integrato per i medici di medicina generale
Un programma di aggiornamento articolato su:
• Guida Pratica Disease Management
SIMG: edizione cartacea distribuita in
allegato al fascicolo n. 3 della Rivista
SIMG. Ulteriori approfondimenti online:
www.progettoasco.it/dm/fa;
• Modulo di formazione a distanza
con 4 ECM nel portale www.progettoasco.it, disponibile da novembre 2013.
Di seguito riportiamo un quadro sinottico per focalizzare la fibrillazione atriale
e il suo significato in Medicina Generale
anche alla luce della disponibilità dei
nuovi farmaci anticoagulanti orali.
Si descrive anche in modo puntuale un
caso clinico, come anticipazione di quelli compresi nel modulo di formazione a
distanza ECM.
Sinossi clinico-assistenziale
Fibrillazione atriale (FA): aritmia sopraventricolare caratterizzata dalla perdita da parte
degli atri di attività elettrica organizzata con
conseguente contrazione atriale inefficace,
da cui possibile produzione di trombi intraatriali e/o insufficienza cardiaca e aumentato rischio di mortalità per eventi ischemici
cerebrovascolari e per scompenso cardiaco.
Prevalenza/incidenza
e classificazione
Presente in Italia nel 2,04% delle persone
n.4>>> 2013
con età maggiore di 15 anni 1 (prevalenza quasi doppia rispetto a quella di studi
precedenti), aumenta con l’età: da 0,16%
fino ai 50 anni, a 10,65% sopra gli 85.
L’incidenza annuale è circa 0,25%.
Un medico di medicina generale (MMG) con
1500 assistiti ha in media 27 pazienti con
FA. Ogni anno 2-3 pazienti svilupperanno
una FA.
Sono a maggior rischio di FA persone con:
• età > 65 anni;
• ipertensione arteriosa;
• obesità;
• diabete che richieda un trattamento farmacologico;
• ipertrofia ventricolare sinistra o la dilatazione dell’atrio sinistro;
• insufficienza cardiaca;
• cardiopatia congenita valvolare o
ischemica;
• disfunzione tiroidea (soprattutto tireotossicosi);
• apnee notturne (OSAS);
• BPCO;
• insufficienza renale cronica;
• abuso di alcool (etilismo cronico o
acuto) o assunzione di cocaina.
La FA viene classificata in 2:
• parossistica, se si è risolta spontaneamente entro 7 giorni dall’insorgenza (di
solito entro 48 ore);
• persistente, se dura più di 7 giorni o
richiede cardioversione farmacologica o elettrica per ripristinare il ritmo
sinusale;
Fibrillazione atriale
Gruppo di lavoro Medicina Generale
• permanente o cronica, se è accettata
dal paziente (e dal medico) e non si
ritengono utili tentativi (ulteriori) di cardioversione;
• di nuova insorgenza, se viene diagnosticata per la prima volta;
• ricorrente, qualsiasi forma di FA recidiva.
La FA permanente è quasi la metà di tutte
le FA, le percentuali della FA parossistica e
della persistente sono sostanzialmente simili 1 3. Nel 18% la FA è di nuova insorgenza.
Screening e gestione
del paziente con FA
• In circa il 30% dei casi la FA rimane
asintomatica e non è diagnosticata.
• Le linee guida europee 4 raccomandano lo screening opportunistico con la
palpazione del polso nelle persone di
età > 65 anni.
• Momento fondamentale per identificare la FA asintomatica in Medicina
Generale è la misurazione della pressione arteriosa, soprattutto nei soggetti
più a rischio, durante la quale si può
valutare la regolarità del polso.
• Eventuali sfigmomanometri automatici usati da medico o paziente devono
essere dotati di algoritmo validato in
grado di segnalare una possibile FA.
• La diagnosi certa è solo ECGrafica.
• Se ECG negativo e FA sospetta per
sintomi a essa imputabili (cardiopalmo, vertigini, lipotimia, sudorazione,
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 45
Fibrillazione atriale
dispnea, dolori precordiali, spossatezza,
ecc.), utile un monitoraggio elettrocardiografico prolungato (Holter o loop
recorder).
Di fronte a un paziente con polso aritmico
in cui sospetti una FA non nota, il MMG
dovrebbe seguire il percorso diagnosticoterapeutico proposto dalla flow-chart illustrata nella Figura 1.
• Scopo della cura dei pazienti con FA
è ridurre i sintomi e prevenire le gravi
complicanze associate. Questi risultati devono essere perseguiti insieme,
specialmente nei casi di FA di nuova
insorgenza.
• La prevenzione delle complicanze della
D. Battigelli et al.
FA si basa sulla terapia antitrombotica,
il controllo della frequenza ventricolare
e il trattamento delle malattie cardiache
concomitanti.
• La risoluzione dei sintomi della FA
potrebbe richiedere una trattamento per
il controllo del ritmo cardiaco, ottenibile
attraverso la cardioversione elettrica, i
farmaci antiaritmici o la terapia ablativa.
• La prescrizione di questi trattamenti è
solitamente fatta dal cardiologo, tuttavia
la gestione ambulatoriale del paziente
può essere condivisa col MMG.
• Il MMG nei pazienti anziani asintomatici/paucisintomatici, per i quali le linee
guida 5 raccomandano come tratta-
mento il controllo della frequenza ventricolare, e se ritiene di poter impostare
adeguatamente la terapia antitrombotica, può rinunciare alla consulenza cardiologica.
Il trattamento globale della FA è illustrato
nella Figura 2.
Prevenzione
del tromboembolismo
• L’evento più temibile (e potenzialmente
evitabile) della FA è l’ictus cerebrale, il
cui rischio, a parità di età e di patologie
sottostanti, è 5 volte quello di chi è in
ritmo sinusale 6.
Figura 1.
Flow-chart: approccio al paziente con FA di nuovo riscontro in Medicina Generale.
Polso totalmente aritmico
da sospetta FA
di nuovo riscontro
Valutare:
palpitazioni, dispnea, vertigini,
angina, segni sintomi di ictus
o embolia periferica, tempo di
comparsa del disturbo
No sintomi o no difficoltà a svolgere
le usuali azioni quotidiane,
no angina, no embolie, insorgenza
> 48 h o ignota
Difficoltà o incapacità
a svolgere le usuali azioni
quotidiane, segni di embolie,
insorgenza < 48 h,
concomitanti patologie
acute severe
Invio urgente in Pronto
Soccorso e valutazione
cardiologica urgente
ed eventuale
cardioversione
Follow-up MMG
46 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Anamnesi, ECG, rx torace, esami
(emocromo, creatinina, glicemia,
elettroliti, TSH, test coagulativi)
Conferma della FA
Non conferma
della FA
Correzione fattori
precipitanti
Percorso del
paziente con
palpitazioni
anamnestiche
Visita
cardiologica
in tempi brevi
(< 10-15 giorni)
o urgente
Eventuale
inizio terapia
antitrombotica
Controllo
della frequenza
ventricolare
Fibrillazione atriale
Fibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i MMG
Figura 2.
Approccio globale alla fibrillazione atriale.
Fibrillazione atriale
ECG
Prevenzione
del tromboembolismo
Sintomi
Malattie associate
Valutazione iniziale
Valutazione del rischio
tromboembolico
Controllo della frequenza
e del ritmo
Anticoagulanti orali
Aspirina
Nessuna terapia
Tipo di FA
Sintomi
Controllo frequenza
± Controllo ritmo
Cardioversione
Ablazione
Trattamento della patologia
sottostante
• L’entità del rischio di tromboembolia (TE) differisce in base all’eziologia
della FA (valvolare o non-valvolare) e
alla presenza di altre patologie in atto
o pregresse.
• La terapia anticoagulante orale (TAO)
(farmaci anti vitamina k – AVK – e
nuovi anticoagulanti orali – NAO) si è
dimostrata efficace nel ridurre in modo
significativo gli ictus tromboembolici e,
pur potendo provocare emorragie, è
considerata la terapia di prima scelta
nella prevenzione della TE 3.
• Anche gli antiaggreganti piastrinici
riducono gli ictus, pur in percentuale minore di 1/3 rispetto alla TAO, ma
essendo associati, soprattutto negli
anziani, a un rischio emorragico simile
agli anticoagulanti, dovrebbero essere
presi in considerazione (ASA 100 mg +
clopidogrel 75 mg) solo nel caso in cui
il paziente rifiuti la TAO o ci siano chiare
controindicazioni alla stessa 4 7.
• Il rapporto rischio/beneficio della profilassi antitrombotica è pertanto cruciale
nella decisione di instaurare una terapia.
• Per la FA di origine valvolare (malattia
valvolare reumatica o protesi valvolari)
il rischio è sempre tale da indicare l’uso
della TAO (solo gli AVK hanno oggi questa indicazione).
• Per la FA non-valvolare, la profilassi antitrombotica deve essere guidata da una
corretta stratificazione del rischio TE:
ciò si ottiene con il sistema a punteggio
CHA2DS2-VASc 5 8, illustrato in Tabella I.
• Più alto è il punteggio più alto è il rischio
di ictus.
• La profilassi con AVK deve mantenere il
valore di INR fra 2 e 3.
La Figura 3 illustra il comportamento oggi
ritenuto più adeguato.
Ogni paziente con FA deve considerarsi
meritevole di profilassi antitrombotica
fino a prova contraria.
• Le emorragie costituiscono una pos-
Ta b e l l a I.
Valutazione del rischio trombotico.
Lettera
Fattori di rischio
Punti
C
scompenso Cardiaco/disfunzione ventricolo sn
1
H
(Hypertension) ipertensione arteriosa
1
A
età ≥ 75 anni
2
D
Diabete mellito
1
S
Stroke/AIT/embolia sistemica
2
V
malattia Vascolare (pregresso IM, AOCP, placca aortica)
1
A
età 65-74 anni
1
Sc
Sesso categoria – femmina (non si calcola in caso di “lone AF”*
e < 65 anni)
1
* “lone AF”: FA senza storia/evidenza di cardiopatia associata; AOCP: arteriopatia ostruttiva cronica periferica;
AIT: attacco ischemico transitorio; IM: infarto miocardico.
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 47
Fibrillazione atriale
D. Battigelli et al.
F i g u r a 3.
Scelta della terapia antitrombotica nella FA.
FA
Valvolare:
AVK
Se non possibile
ASA + clopidogrel
Non valvolare
< 65 anni e “lone” FA*
(femmine comprese)
Nessuna terapia
* Senza storia/evidenza di cardiopatia.
CHA2DS2-VASc ≥ 1
NAO (prima scelta‡) o AVK (con INR 2-3)
CHA2DS2-VASc = 0
Nessuna terapia
‡
•
•
•
•
•
sibile grave complicanza della terapia
antitrombotica.
Nel decidere la profilassi TE è necessario
considerare anche il rischio emorragico.
Per valutare il rischio di emorragie
viene raccomandato l’uso del sistema
a punteggio HAS-BLED 5, illustrato in
Tabella II.
Si considera a rischio elevato di emorragie un punteggio ≥ 3.
Un HAS-BLED ≥ 3 non deve essere
usato per rinunciare alla TAO (perché
nel bilancio ictus ischemico/emorragia intracranica prevale nettamente il
beneficio della TAO anche nei pazienti
con un punteggio HAS-BLED elevato),
ma indica controlli più stretti e suggerisce la correzione dei fattori di rischio
emorragico potenzialmente reversibili (ad esempio, PA elevata o uso di
FANS).
Calcolo particolarmente consigliato
nei pazienti con un rischio intermedio
(CHA2DS2-VASc = 1), per i quali in
caso di HAS-BLED ≥ 3 potrebbe essere
ragionevole un rinvio della TAO con AVK
o l’uso di NAO.
48 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
Secondo linee guida EU e USA.
La recente comparsa dei nuovi
anticoagulanti orali ha modificato
l’approccio alla profilassi antitrombotica.
I nuovi anticoagulanti orali
(NAO)
• Il rischio di emorragie intracraniche e la
non semplice gestione della TAO con AVK
vengono attenuate dai NAO con azione
diretta contro la trombina (dabigatran) o
antagonisti del fattore X della coagulazione (rivaroxaban, apixaban, edoxaban).
• Sono simili, se non superiori, agli AVK
nel prevenire l’ictus e l’embolismo
sistemico 8.
• Le linee guida Europee 4 e NordAmericane 9 10 consigliano preferenzialmente la profilassi del TE con i NAO.
• Attualmente i NAO non vanno usati
nella FA valvolare.
Vantaggi
• Hanno comportato una riduzione statisticamente significativa di emorragie
intracraniche e di sanguinamenti maggiori rispetto agli AVK.
• Devono essere assunti regolarmente in
dose fissa.
• Non sono influenzati dall’alimentazione
né dalle terapie concomitanti (controindicati antifungini sistemici, ciclosporina,
tacrolimus, dronedarone).
• Non richiedendo aggiustamenti posologici e controlli dell’INR per regolare le
dosi, superando di fatto gli ostacoli di
tipo organizzativo /logistico che limitano
la TAO con AVK.
• Il costo elevato dei NOA si ritiene comunque giustificato dai benefici apportati e dal
conseguente risparmio di risorse ottenibile 11, dato l’alto costo sanitario e sociale di
ictus ed emorragie intracraniche.
Precauzioni d’uso
• In caso d’insufficienza renale moderata
(VFG calcolato < 50 ml/min) è opportuno ridurne il dosaggio.
• Se ne sconsiglia l’uso in caso di grave
insufficienza renale (VFG < 30) e, come
per gli AVK, in caso di grave insufficienza epatica.
• Va valutata periodicamente la funzionalità renale.
Fibrillazione atriale
Fibrillazione atriale: un piano di aggiornamento integrato per i MMG
Ta b e l l a II.
Valutazione del rischio emorragico.
Lettera
Caratteristiche cliniche
Punti
H
(Hypertension) ipertensione arteriosa sistolica > 160 mmHg
A
funzione renale e/o epatica Anormali (1 punto ognuna)*
S
Stroke precedente
1
B
(Bleeding) sanguinamento anamnestico o predisposizione (anemia)
1
L
INR labile (< 60% del tempo in range terapeutico TTR)
1
E
Età > 65 anni
1
D
uso concomitante di FANS, antiaggreganti piastrinici (Drugs) o consumo
di alcol (1 punto ognuno)
1
1o2
1o2
* Per funzione renale anormale si intende dialisi renale, trapianto renale o creatinina ≥ 2,2 mg/dl; per funzione
epatica anormale si intende una cirrosi o valori di bilirubina > 2 volte il valore superiore del normale con ALT o
AST o fosfatasi alcalina > 3 volte il valore superiore del normale.
• In caso di intervento chirurgico, la
sospensione va effettuata da 1 a 5 giorni prima in base alla gravità dell’intervento e alla funzione renale.
• Al momento non esiste un antidoto.
L’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA),
con una decisione contraddittoria, ha
deciso di consentire la prescrizione di
questi farmaci solo a cardiologi, neurologi, internisti, ematologi e geriatri, con
piano terapeutico on-line da rinnovarsi
ogni anno. Se il messaggio che AIFA ha
lanciato ai MMG invita implicitamente a un disimpegno su questo fronte,
la responsabilità etica e professionale
nei confronti dei pazienti rimane però
assolutamente invariata e l’uso quotidiano corretto di questi farmaci, la farmacosorveglianza e l’intervento in caso
di effetti negativi cade inevitabilmente
sulle spalle dei MMG, il cui ruolo si può
cosi sintetizzare:
• identificare i pazienti con indicazione ai
NAO secondo le indicazioni AIFA;
• inviarli agli specialisti con adeguata
documentazione;
• contribuire all’informazione/formazione
del paziente e familiari;
• verificare periodicamente la comprensione delle informazioni;
• favorire la continuità/aderenza terapeutica;
• intervenire in caso di dubbi/problemi/
effetti indesiderati;
• evitare le interazioni farmacologiche;
• verificare periodicamente l’assenza di
controindicazioni all’uso dei NAO.
Criteri stabiliti da AIFA per la rimborsabilità
di dabigatran (a luglio 2013, dabigatran etexilato è il solo rimborsato dal S.S.N. nell’indicazione: prevenzione di ictus ed embolia
sistemica in pazienti adulti con fibrillazione
atriale non valvolare con uno o più fattori
di rischio. Altri nuovi anticoagulanti orali
sono in attesa della rimborsabilità da parte
dell’AIFA), almeno uno dei seguenti:
1. CHA2DS2-VASc ≥ 1 e contemporaneamente HAS-BLED > 3;
2. INR instabile negli ultimi sei mesi con
tempo trascorso in range (fra 2 e 3)
(TTR) < 70%;
3. difficoltà oggettive nell’eseguire i controlli INR.
Per la comunicazione allo specialista inviando il paziente per eventuale piano terapeutico, si propone l’utilizzo della scheda informativa illustrata nella pagina successiva,
conforme ai criteri AIFA, scaricabile dal sito
www.simg.it, Area Cardiovascolare, supporti professionali.
Controllo della frequenza
cardiaca e controllo del ritmo
cardiaco
• In acuto, la scelta di controllare il ritmo
cardiaco (cardioversione elettrica o farmacologica +/o terapia antiaritmica di
mantenimento del ritmo/profilassi delle
recidive o, in casi selezionati, ablazione trans catetere) oppure la frequenza
ventricolare (farmaci modulatori nodali:
beta-bloccanti, calcio-antagonisti non
diidropiridinici, digossina; in rari casi:
ablazione trans catetere del giunto
atrio-ventricolare: “ablate and pace”) è
di solito compito del cardiologo.
• Il MMG deve sapere che, in cronico, i
pazienti asintomatici con un adeguato
controllo della frequenza (accettabile
fino a 110 bpm) non dovrebbero generalmente ricevere farmaci per il controllo del ritmo 5 perché:
−− il trattamento con antiaritmici è motivato dai tentativi di ridurre i sintomi;
−− l’efficacia degli antiaritmici nel
mantenere il ritmo sinusale è
modesto;
−− gli antiaritmici possono ridurre più
che eliminare le recidive di FA;
−− sono frequenti pro-aritmie farmaco-indotte ed effetti collaterali
extra-cardiaci;
−− il confronto fra il controllo farmacologico del ritmo e quello della
frequenza non ha dimostrato differenze nella sopravvivenza e nella
qualità della vita 12.
• Il MMG deve poi fare attenzione ad
associare agli antiaritmici altri farmaci
che possono scatenare aritmie anche
importanti o che interferiscano col
metabolismo degli antiaritmici.
• Prima di prescrivere un nuovo farmaco a
un paziente in trattamento anti-aritmico
è opportuno consultare il sito: www.
qtdrugs.org, dove viene continuamente
aggiornato l’elenco dei farmaci che possono favorire la comparsa di pro-aritmie
secondarie.
Caso clinico
• Maschio, 66 anni, circonferenza addominale 127 cm, non fuma, non beve, fa
uso di psicofarmaci, vive in una casa
protetta, iperteso in trattamento con
ACE-inibitori/HCT.
• Il MMG durante un controllo di routine
della PA riscontra una tachiaritmia asintomatica e lo invia a eseguire un ECG in
urgenza 24 h.
Rivista Società Italiana di Medicina Generale 49
Fibrillazione atriale
D. Battigelli et al.
Egregio Collega,
ti invio.................................... per valutare l’opportunità di prescrivere terapia con nuovi anticoagulanti (NAO) per FA non valvolare
• Ti confermo che non è presente significativa valvulopatia e che sono stati eseguiti gli esami
pre-trattamento (emocromo, PT, PTT, transaminasi, creatininemia); Cockroft & Gault = .....
• Sotto riportati i valori di CHA2DS2-VASc e HAS-BLED
• Il paziente NON è in TAO perché i regolari controlli INR non sono possibili in quanto
....................................................................................................................................
• Paziente è in TAO con TTR negli ultimi sei mesi: .................%: valori e date ultimi INR
....................................................................................................................................
• Numero test con INR < 2 negli ultimi sei mesi:................................................................
• Numero test con INR > 4 negli ultimi sei mesi:................................................................
Lettera
Fattori di rischio
C
scompenso Cardiaco/disfunzione ventricolo sn
1
H
(Hypertension) ipertensione arteriosa
1
A
età ≥ 75 anni
2
D
Diabete mellito
1
S
Stroke/attacco ischemico transitorio/embolia sistemica
2
V
malattia Vascolare (pregresso infarto miocardico, arteriopatia
ostruttiva cronica periferica, placca aortica)
1
A
età 65-74 anni
1
Sc
Sesso categoria – femmina
1
•
Punti
•
•
TOTALE =
Punti
al MMG col consiglio di eseguire visita cardiologica e controllo dell’ECG ‘a
breve’ e con terapia ASA 100 mg e
altiazem 60 mg t.i.d.
Il MMG richiede con urgenza differita
(7-10 gg) visita cardiologica con ECG
(tracciato normale con ritmo sinusale
a FC 120 bpm) ed ecodoppler cardiaco (non valvulopatie né cardiopatia
dilatativa o ipertrofica) e gli esami di
funzionalità tiroidea, non eseguiti in PS,
che evidenziano un ipertiroidismo con
TSH < 0,01 e FT4 54,7.
Il cardiologo conferma la terapia con
altiazem e ASA, ma il MMG, persistendo
la FC sui 120 bpm, sostituisce autonomamente altiazem con metoprololo che
al dosaggio di 150 mg b.i.d riduce e
mantiene la FC a 85 bpm. Il MMG inizia
poi una terapia tireostatica con tapazole
e invia con urgenza differita il paziente
dall’endocrinologo.
CHA2DS2-VASc = 2 (> 65 anni, ipertensione arteriosa) e HAS-BLED = 1 (> 65
anni): indicata pertanto la TAO che però
non viene prescritta, su richiesta delle
persone che gestiscono la casa, per
la difficoltà di gestirla (prelievi per INR,
variazioni di dosaggio degli AVK), per
cui si conferma l’ASA 100 mg/die.
In questo caso la prescrizione di un
NAO, allora non possibile, ma che oggi
soddisfa i criteri AIFA, potrebbe ovviare
al problema logistico.
Lettera
Caratteristiche cliniche
H
(Hypertension) ipertensione arteriosa sistolica > 160 mmHg
A
funzione renale e/o epatica Anormali (1 punto ognuna)
S
Stroke precedente
1
B
(Bleeding) sanguinamento anamnestico o predisposizione
(anemia)
1
L
INR labile (< 60% del tempo in range terapeutico TTR)
1
Bibliografia
E
Età > 65 anni
1
1
D
uso concomitante di FANS, antiaggreganti piastrinici (Drugs) o
consumo di alcol (1 punto ognuno)
1
1o2
1o2
TOTALE =
Ulteriori elementi utili:
..........................................................................................................................................
Medico di Medicina Generale:
Nome..................................................Cognome..................................................................
Codice ASL..........................................................................................................................
• Il cardiologo, evidenziando all’ECG una
FA con FC 160 bpm, manda il paziente
in Pronto Soccorso (PS) dove viene sottoposto a cardioversione farmacologica
(metoprololo e digossina e.v.) che ripri-
50 Rivista Società Italiana di Medicina Generale
stina il ritmo sinusale. Eseguiti in PS: rx
torace, elettroliti, glicemia, creatinina,
VFG, pro-BNP, transaminasi, bilirubina,
PT e PTT risultati tutti normali.
• Dimesso il paziente dal PS e riaffidato
•
Zoni Berisso M, Filippi A, Landolina M, et al.
Frequency, patient characteristics, treatment
strategies and resource utilization of atrial
fibrillation (from the Italian Survey of Atrial
Fibrillation management [ISAF] study). Am J
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4
Camm AJ, Lip GYH, De Caterina R, et al.
2012 focused update of the ESC Guidelines
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update of the 2010 ESC Guidelines for the
management of atrial fibrillation. Eur Heart J
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and safety of the novel oral anticoagulants
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9
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Fibrillazione atriale
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11
Wyse DG, Waldo AL, Di Marco JP, et al.
A comparison of rate control and rhythm
control in patients with atrial fibrillation. N
Engl J Med 2002;347:1825-33.
12
Rivista Società Italiana di Medicina Generale
51
Vitaros®, il primo farmaco topico in crema
per il trattamento della disfunzione erettile,
ha ottenuto l’approvazione europea
In Italia sarà Bracco a distribuire in esclusiva il farmaco
dell’azienda americana Apricus Bio
Milano, 24 giugno 2013 – Apricus Bio, azienda di San Diego specializzata nella ricerca e nello sviluppo di prodotti farmaceutici
innovativi, ha annunciato che Vitaros®, farmaco topico per il trattamento della disfunzione erettile, ha ottenuto la Registrazione
Europea con Procedura Decentralizzata.
Vitaros® è una crema, a base di Alprostadil, di facile applicazione in grado di aumentare rapidamente l’afflusso sanguigno
determinando l’erezione. Il profilo del nuovo farmaco è tale da poter soddisfare le esigenze dei pazienti non trattabili o nonresponders agli attuali trattamenti disponibili per la disfunzione erettile. Alprostadil è un principio attivo largamente utilizzato
come alternativa agli inibitori di PDE-5 e Vitaros®, che è stato valutato positivamente prima dalle Autorità Canadesi e Europee
per la sua tollerabilità ed efficacia, offre una forma farmaceutica estremamente maneggevole e di rapida azione.
Bracco, attende ora il recepimento della registrazione da parte delle Autorità Italiane per presentare nei dettagli le caratteristiche del farmaco alla classe medica e procedere alla commercializzazione sull’intero territorio nazionale.
Il Gruppo Bracco
Bracco è un Gruppo integrato multinazionale che opera nel settore della salute attraverso quattro Business Unit: Bracco
Imaging (diagnostica per immagini), Farma (farmaci etici e da banco), Acist (dispositivi medicali e sistemi avanzati di somministrazione di mezzi di contrasto) e il CDI – Centro Diagnostico Italiano di Milano. Complessivamente il Gruppo occupa
oltre 3300 dipendenti, con un fatturato consolidato di oltre 1,2 miliardi di euro, di cui circa il 70% sui mercati esteri, ed
è presente in tutto il mondo. L’azienda investe annualmente in Ricerca & Sviluppo oltre il 10% del fatturato di riferimento
nell’imaging diagnostico e nei dispositivi medicali avanzati e vanta un patrimonio di oltre 1500 brevetti.
Per ulteriori informazioni:
Micaela Colamasi, Ufficio Stampa Bracco
Tel. 02 21772966 – Fax 02 21772770
E-mail: [email protected]
Un aiuto nutrizionale
dalla colazione alla cena
Meritene® Protein è il consiglio di fiducia da oltre 40 anni, ed è da oggi
disponibile anche nella versione neutra che non altera i sapori degli alimenti
Il progressivo invecchiamento della
popolazione e l’impennata delle malattie
croniche stanno determinando un’evoluzione del ruolo della nutrizione, delineando una nuova area che si colloca tra la
nutrizione tradizionale ed il farmaceutico.
Oggi le innovazioni nel campo
genetico e tecnologico ed un modello
di assistenza sanitaria sempre più
centrata sul paziente stimolano lo
sviluppo di soluzioni nutrizionali
mirate, basate su un forte approccio
scientifico per il trattamento dietoterapico delle condizioni patologiche.
Nestlé Health Science, operativa dal
primo Gennaio 2011, mira a diventare leader
globale in questo nuovo spazio compreso tra
food e pharma.
aiuto durante periodi di aumentato fabbisogno o ridotto apporto di nutrienti come ad
esempio durante una convalescenza.
Meritene® Protein rappresenta infatti
un valido aiuto sia per il paziente che per
il medico.
La ventata di cambiamento ed innovazione
ha coinvolto anche Meritene® Protein.
Un restyling dell’ etichetta, la creazione
del nuovo sito internet, lo sviluppo di nuovi
materiali di informazione e promozione, si
sono affiancati alla più importante novità
dell’anno: il lancio di una nuova formulazione dal gusto Neutro, che non altera
il sapore degli alimenti arricchiti.
L’avventura di Nestlé Health Science è
iniziata con l’acquisizione della divisione
Medical Nutrition di Novartis C.H. e continua oggi, sia attraverso acquisizioni strategiche, che grazie ai forti investimenti
interni in ricerca e sviluppo, fra i quali
l’inaugurazione a Losanna (Svizzera) del
Nestlé Institute of Health Science che
si unisce ai 28 centri di ricerca e sviluppo
esistenti nel gruppo.
Alcuni risultati sono già visibili: il portafoglio
di Nestlé Health Science vanta infatti una
serie di soluzioni nutrizionali innovative.
Ne sono esempio i prodotti per patologie
debilitanti come la malattia di Crohn, i prodotti per l’idratazione e la nutrizione sicura
del paziente disfagico o il Meritene® Protein
che, con i suoi 11,4 g di Proteine, 23 fra
Vitamine e Minerali, rappresenta un valido
Meritene® Protein Neutro, infatti,
grazie alla sua elevata solubilità ed al
suo gusto neutro, può essere aggiunto a una gran varietà di alimenti salati o dolci e bevande calde o fredde,
senza alterarne il sapore. Un concentrato di proteine con elevato valore
biologico, 15 minerali e 13 vitamine,
privo di glutine con ampie possibilità
di utilizzo:
• per correggere le carenze
alimentari
• in caso di inappetenza
• per un più rapido recupero dei
convalescenti
• per supportare le difese
immunitarie
• per combattere la spossatezza e
l’astenia durante i cambi di stagione o i periodi di particolare
stress.
Meritene® Protein è indicato anche nei
casi di aumentati fabbisogni nutrizionali,
per esempio adolescenti o sportivi.
Grazie alla nuova formulazione dal
gusto Neutro che si affianca ai tre gusti
già in commercio (Vaniglia, Cioccolato
e Caffè), Meritene® Protein può
essere utilizzato sia durante i pasti che
come spuntino o merenda nutriente.
Per maggiori informazioni
www.Meritene.it
Scarica

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