Anno III - Numero 70 - Domenica 23 marzo 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Governo Renzi Economia Anniversari La ricetta Padoan? Tagli e privatizzazioni Tasse locali alle stelle, suona un altro allarme Piazza San Sepolcro: tra storia e mito a pag. 2 a pag. 3 a pag. 5 EDITORIALE DELLA DOMENICA di Roberto Buonasorte u una cosa credo tutti sono d'accordo, oggi in Italia regna una confusione enorme. C'è confusione tra i giovani, sempre più preoccupati per il loro futuro; c'è tra gli imprenditori, disperati perché oltre a preoccuparsi dei debiti, impazziscono perché non riescono a riscuotere i crediti. C'è tanta confusione in politica, a causa di un presidente del Consiglio bugiardo e spericolato. Anche la nostra comunità si interroga, ormai lo fa da mesi, ci si sforza per capire se sarà possibile ricostruire un mondo, aprire una grande casa dove poter tornare a fare politica con passione ideale e civile, e ci si interroga anche per capire quali saranno i percorsi di ciascuno . Certo, continuano incessanti gli incontri, alcuni pubblici altri più riservati, tra strette di mano, mediatori e sorrisini qualcosa si muove, ma questo non basta. Il Paese dicevamo, è allo sbando, e Renzi dice a Bruxelles il contrario di quello che dice a Roma, alla S del partito a Torino per presentare il cartello elettorale "Destre Unite" che debutterà alle regionali piemontesi, oggi a Milano per una importante riunione dei quadri lombardi. In questo fine settimana abbiamo registrato l'appello della Meloni, che evidentemente riconosce l'essenzialità del nostro mondo ai fini della ricostruzione della destra italiana. Certo non c'è nulla di definito, ma è pur sempre un primo ed importante passo in avanti verso un obiettivo, che se abbiamo compreso bene, dovrà essere comune, bisognerà capire anche le tecnitalità proposte, e, se si tratta di un percorso, capirne l'approdo. Per questo Storace mi ha detto che ne parlerà sabato al nostro Comitato Centrale, e comunque in quella sede una decisione va presa, subito e chiara. Appello e contrappello dunque, capire cioè se la sera nella camerata ci si ritroverà tutti insieme o se si è perso qualche pezzo per strada. Anche se oggi come tutti sanno non c'è più la naia obbligatoria ... CONTRAPPELLO Direzione del suo partito il contrario di ciò che aveva detto a Napolitano; alle parti sociali l'opposto dell'impegno preso con le categorie produttive. Insomma, una Babele enorme, e a destra bisognerebbe saperne approfittare. Ieri sono stato con il segretario PAOLO E LUCA RISCHIANO DI AGGIUNGERE LA BEFFA AL DANNO IN CRIMEA I BLINDATI DI PUTIN OCCUPANO L'ULTIMA BASE DEGLI UCRAINI Due Marò, prove tecniche di satira fuori luogo di Cristina Di Giorgi Q RUSSIFICAZIONE AVVENUTA a pag. 7 UNA SIGNIFICATIVA NOVITÀ ALLE ELEZIONI REGIONALI DEL PIEMONTE Destre Unite: la lista c’è on poteva che iniziare dal Piemonte, “nocciolo” dell’unità d’Italia, l’avventura di Destre Unite. La lista che racchiude La Destra, Fiamma Destra Sociale e Futuro e Libertà è stata ufficialmente presentata ieri a Torino, nel corso di una conferenza alla quale hanno partecipato Francesco Storace, Luca Romagnoli, Adriana Poli Bortone, Max Panero, e Roberto Menia. Sullo sfondo il moderno logo elettorale che verrà adottato con un obiettivo: dare un riferimento all’elettorato di destra per far sì che la Regione-chiave del Nord Ovest italiano non sia consegnata alla sinistra. N uando la satira scade nel cattivo gusto non è più divertente presa in giro. E questo vale in particolare quando lo scherzo riguarda persone che subiscono da tanto – troppo - tempo una profonda ingiustizia. E’ il caso dei due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che verranno imitati da Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu nella prossima puntata del loro nuovo programma. I due comici hanno infatti pubblicato sui social network alcune fotografie scattate durante le prove dello show. In esse appaiono in divisa e, come titolo esplicativo, c’è la frase “nel frattempo a Nuova Delhi”. Non appena diffusi, gli scatti hanno suscitato reazioni e commenti decisamente e giustamente critici diretti ai due “comici”. Tra i numerosi tweet di commento alle immagini postate, c’è chi ha scritto “dovete solo vergognarvi”. E alla risposta di Luca Bizzarri che chiedeva di cosa si sarebbe dovuto vergognare, un utente ha risposto: “di prendere in giro uomini che rischiano la vita e non vedono da mesi le proprie famiglie. Penso ci sia poco da ridere”. E ancora: “questa non è satira, questa è demenza”. Al di là dei toni forti di tali considerazioni, va detto chiaramente che la libertà di pensiero e di espressione non può e non deve mai costituire un alibi dietro il quale nascondersi nel mettere in atto comportamenti volutamente offensivi. Soprattutto se a farne le spese sono persone che, con una compostezza e una dignità che in molti al posto loro non avrebbero saputo dimostrare, hanno dato a un’Italietta fintamente libertaria una lezione di stile e di amor di Patria. Concetti forse sconosciuti ai più. Valori dimenticati che non meritano la becera ironia di una comicità che fa ridere soltanto chi non sa cosa sia il rispetto. 2 Domenica 23 marzo 2014 Attualità “CARTOLINE” DA CERNOBBIO: TAGLI IN VISTA PER MOLTI SETTORI, MA GUAI A T OCCARE I CONT I… Padoan: forbici e gioielli di famiglia Il Ministro dell’Economia: ”Accelereremo sulle privatizzazioni di Letta, ma ne stiamo già approntando di nuove” di Robert Vignola ambi di governi, passaggi della campanella con sguardi in cagnesco, Paesi che cambiano verso: per fare cosa? Procedere in perfetta continuità con il passato. Se non si può dire che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sia stato particolarmente loquace in queste settimane, ieri il quadro è cambiato. Il rituale meeting di Cernobbio è stata infatti la platea scelta per lanciare segnali, messaggi e indicazioni: ma chi si attendeva di ascoltare almeno una parola nuova, è andato profondamente deluso. Tagli e privatizzazioni, crescita fragile e guai a toccare i conti pubblici. Questo il mantra, dal quale gli occupanti di via XX Settembre degli ultimi anni, qualunque sia il loro aspetto e cognome, non sono capaci di scostarsi. Ci si divide solo u quanto devono durare, che poi è il neanche troppo lontano riflesso dell’aspettativa di vita dei vari governi di appartenenza. Ed ecco che secondo Padoan le misure dell’esecutivo “hanno un orizzonte temporale di medio periodo. Non ha senso pensare a C riforme che non abbiano questo orizzonte temporale”. La tempistica, insomma, punta alla fine della legislatura: traguardo “ambizioso”, per usare le parole della Merkel… Ma l’obiettivo, l’obiettivo qual è? E quali sono le leve da azionare per realizzarlo? Si riesce, qui ad essere ambiziosi? “Non abbiamo alternativa: dobbiamo crescere, recuperare competitività e creare buona occupazione. Il tutto senza mettere a rischio i conti pubblici”, la risposta di Padoan a chi si dovesse azzardare a porre questi quesiti. Insomma: la solita brodaglia. Con una certezza però: l’attenzione sui tagli. Nuova sfilza di domande. Saranno veri? Saranno strutturali? E soprattutto, quanto saranno dolorosi? Padoan dice che “non stiamo parlando di tagli di carattere lineare. La dimensione delle risorse è fondamentale per cercare di ridurre il carico fiscale e si può fare solo se si finanzia con una riduzione permanente di spese. Un principio fondamentale per il successo della spending review – aggiunge il ministro – è che la scelta delle priorità devono coprire un’ampia gamma d’interventi, perché si deve aggredire l’inefficienza a vari livelli, ma non è un’azione punitiva”. Tutto e niente. All’insegna del “chi vivrà vedrà”. Con Cottarelli (è la cronaca di qualche ora fa) che dice una cosa e Renzi che lo smentisce subito dopo. Intanto, però, la parola d’ordine è privatizzare. Tanto che Padoan intende, in piena continuità con il defunto esecutivo, accelerare il pacchetto di vendite ideato dal governo Letta. Aggiungendo pure che è già in lavorazione “un nuovo piano di privatizzazioni”. Poste, Eni, Finmeccanica? Le Ferrovie dell’emigrante Moretti? Chi più ne ha più ne metta: del doman non v’è certezza… VERSO LE ELEZIONI: LE GRANDI MANOVRE DENTRO FORZA ITALIA Berlusconi prepara una campagna“porta a porta” di Barbara Fruch sclude la candidatura dei figli alle europee, parla d’Europa, della magistratura, di un Italia “preoccupante”, auspicando il coinvolgimento degli “anti-politici”. È un Berlusconi a tutto campo quello che ha parlato ieri a Roma alla prima conferenza dei club Forza Silvio all’Auditorium Seraphicum. Un’ora sul palco per infiammare la platea dei “fedelissimi”: la sua prima uscita pubblica dopo la sentenza di condanna della Cassazione che ha confermato l’interdizione dai pubblici uffici nell’ambito del processo Mediaset. Il non più Cav, commenta le voci rimbalzate negli ultimi giorni su E una possibile candidatura delle figlie Barbara e Marina alle prossime elezioni europee. “Sono tutte invenzioni – risponde Silvio Berlusconi ai giornalisti – I miei figli non saranno candidati nelle liste per le europee”. Segna così un’altra tappa del cammino verso le prossime elezioni indicando la via per convincere gli italiani a rinnovare la fiducia nel centro-destra. Non più attraverso le tv o i giornali, perché sono guardati ormai solo dagli addetti ai lavori, ma i social network e, appunto, i club Forza Silvio. “Da noi troppe persone seguono nel voto simpatie personali. Casini è un bell’uomo, lo votano perché piace alle signore. Ma gli italiani non pensano al bene del Paese che è dato da due forze in campo che si alternano”. Per vincere, spiega Berlusconi, bisogna convincere i delusi. “Gli ultimi sondaggi dicono che alle europee andrà a votare il 46-47% dei cittadini: un terzo dei voti va a noi e ai nostri alleati, un altro al Pd e ai comunisti (il Pd,ndr) e un altro a Grillo. Il 50% di chi non ha ancora deciso come lo convinciamo? Servono i social network ma anche il contatto diretto che può avvenire tramite i club”. Il leader di Forza Italia, sondaggi alla mano, vuole dunque intaccare quei 24-26 milioni di elettori che “si possono convincere”. “I giovani con i social network, quindi dobbiamo irrobustire la nostra presenza sui social network – spiega ancora Berlusconi – Poi ci sono gli anziani da convincere, che sono il 33% e l’unico modo per arrivare a convincerli è il contatto diretto e non c’è altro modo che i club e le sentinelle del voto”. Dal palco un’analisi approfondita su un’Italia che definisce “molto preoccupante”. “Negli ultimi vent'anni – ha spiegato – abbiamo avuto quattro colpi di Stato con un governo eletto dai cittadini sostituito da un esecutivo che i cittadini non conoscono senza passare dalle urne”. Il presidente del Consiglio, continua Berlusconi, in Italia “non ha poteri, può togliersi la giacca e restare in camicia bianca quando tutti rimangono con la giacca, ma non ha potere. L’unica cosa che può fare è scrivere l’ordine del giorno nel Con- siglio dei ministri. Bisogna fare le riforme e la prima in assoluto che va fatta è il cambiamento dell’assetto istituzionale del Paese”. Non poteva mancare un passaggio sulla magistratura. “La magistratura è diventato un super potere, anzi un contropotere dello Stato che tiene sotto di sé gli altri due poteri che sono quello parlamentare e quello esecutivo”. LO ZOO DI SPIDERITA Il grande ingannatore di palazzo Chigi C i sono tanti modi di essere in politica quando si è giovani; il primo è essere giovane anagraficamente ma vecchio nel modus operandi, il secondo è essere giovani ed avere l’entusiasmo e la passione di cambiare il Paese pur non avendo esperienza alcuna, il terzo é essere giovani e intravedere una remunerativa carriera e sistemazione professionale attraverso un’utile scorciatoia ed infine essere giovani e sentirsi determinanti pensando di essere gli unici a poter salvare la baracca ma soprattutto, per sottovalutazione del quoziente intellettivo altrui, che nessuno si accorga mai delle bugie che diciamo. A quale di queste categorie appartiene Renzi? Pensiamoci un po’. Aveva detto di sostenere il governo Letta e non lo ha fatto, anzi lo ha silurato. Aveva detto che mai sarebbe andato a presiedere il governo se non dopo libere elezioni, e non lo ha fatto ma ci si è proprio messo. Quando vinse le primarie aveva detto di dedicarsi al suo partito e non lo ha fatto, asserendo che un governo di larghe intese era un’eccezione e non una regola ma poi ha rifatto il governo con Alfano. Aveva detto dopo la vittoria di Bersani alle precedenti primarie di voler evitare scontri nel partito e ipocrisie che in passato avevano mandato a casa Prodi per ben due volte e non lo ha fatto. Aveva dichiarato di essere stanco dell’Europa che vessa i popoli, e non lo ha fatto; ha poi accettato come ministro dell’economia Padoan, tecnico che conosceva a malapena e che mai accetterà di ridiscutere i trattati europei. Aveva detto che avrebbe incaricato solo 10 ministri e non lo ha fatto, ne ha nominati 16 con una schiera infinita di sottosegretari altro che governo snello! Era sempre stato un grande oppositore dei doppi incarichi ed ora oltre a presenziare palazzo Chigi mantiene inalterata la sua posizione al Nazareno. Voleva rottamare i vecchi del suo partito e poi ci va a presentare i libri insieme brigando per un loro rientro nella politica magari con un alto incarico europeo per garantirsi una nomenclatura di sostegno alla struttura. Si è persino sbracciato ed ha finto di battere i pugni sul tavolo alla Merkel per ribadire invece che avrebbe rispettato tutti i parametri del fiscal compact, anziché fare rivedere il tutto a favore della nostra Italia come asseriva nei giorni scorsi. Aveva detto che i colloqui con la Cancelliera erano andati benissimo e che eravamo in ripresa per poi essere smentito un secondo dopo da Squinzi, presidente della Confindustria. Eh no, caro mio, questo non è il premier che vogliamo, di bugie siamo stanchi, vabbé che in politica di solito la coerenza non è di casa, ma in questo caso la lista è troppo lunga e pesante, se ci sei batti un colpo, tu da buon cattolico sai che le bugie sono un peccato veniale ma dal bugiardo si pretende almeno buona memoria e cerca di fare in modo che la lealtà, la sincerità nel tuo Paese costruito sulle bugie, non diventino mai una malattia. Vade retro Renzi. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Domenica 23 marzo 2014 Economia IL PRESIDENTE SANGALLI AMMONISCE: DAL 1990 IMPOSTE AUMENTATE DEL 650% Confcommercio:“Troppe tasse locali” Secondo gli ultimi dati il problema risiede nel federalismo fiscale che va modificato di Francesca Ceccarelli forte l’appello lanciato dal presidente di Concommercio Carlo Sangalli: bisogna rivedere il federalismo fiscale, in considerazione soprattutto del fatto che il prelievo relativo ai tributi locali è cresciuto nel 2012 del 7,8% sul 2011 e del 650% sul 1990. “Nell’affollata arena fiscale i tributi locali - spiega hanno fatto la parte del leone. Il prelievo è cresciuto nel 2012 del 7,8% rispetto al 2011, del 650% rispetto al 1990. Non solo questo ha contribuito ad aggravare la crisi economica, ma ha creato anche un pericoloso clima di incertezza come dimostra, per esempio, il travagliato passaggio Imu-Tasi. L’assenza di un efficace coordinamento tra diversi livello di Governo comporta un incremento fuori controllo del carico fiscale complessivamente sopportato da famiglie e imprese” fa notare Sangalli che insiste: “questo federalismo incompiuto e disordinato necessita di una pro- È fonda revisione. Chiediamo al Governo di procedere con decisione in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e alle imprese”. E’ senza dubbio per l’economia italiana la peggior recessione, quella dal 2008 al 2013 con la perdita di prodotto di oltre 127 miliardi di euro (-8,5%) e un calo di occupazione superiore a 1,7 milioni di unità (- 6,9%). Nello stesso periodo la manovra di finanza pubblica ha sempre aumentato il livello delle tasse. In quota di Pil, l'aumento delle imposte attribuibile al Governo è stato, nel periodo considerato, pari al 3,5%. Nel periodo 2008-2013, il trend negativo del ciclo economico avrebbero giustificato un aumento delle imposte sulle famiglie limitato allo 0,4% annuo. In termini cumulati, a fine 2013 il livello di imposizione sulle famiglie è giunto a registrare aumenti dell'8,3% e del 10%, a seconda che si escluda o meno la tassazione patrimoniale. La recessione del Pil avrebbe giustificato un aumento non superiore al 2,5%. Una situazione dunque, quella italiana, ormai al collasso: tra il 2008 e il 2013, nel bel mezzo della crisi finanziaria, le manovre di finanza pub- blica hanno portato solo a un ulteriore aggravio di imposta per il sistema economico italiano di circa 56 miliardi. La causa? Più l’economia entrava in crisi, più si è fatto ricorso alla leva fiscale. Il risultato è un forte aumento delle imposte sulle famiglie pari all'1,6% medio annuo, più del triplo di quanto sarebbe stato necessario per non peggiorare ulteriormente gli andamenti negativi del ciclo economico (cioè lo 0,4% annuo); questo significa che, tra il 2008 e il 2013, il livello di imposizione sulle famiglie è aumentato del 10%. Ancora una volta le famiglie italiane a pagare lo scotto del mal Governo dovendo subire una maggiore tassazione e perdita di potere di acquisto a causa dell'incremento dell'inflazione determinato dall'aumento delle imposte indirette; dunque, tra il 2008 e il 2013 le risorse a disposizione delle famiglie si sono ridotte, complessivamente, di oltre 70 miliardi. Questa la fotografia dell’analisi Confcommercio-Cer sull'andamento della pressione fiscale in Italia dall'inizio della crisi ad oggi. IN PERIODO DI TAGLI SI FA ECONOMIA ANCHE PER QUANTO RIGUARDA LE QUATTRO RUOTE La crisi lascia l’Italia a piedi Quasi 100mila auto in meno: trend positivo solo per Trentino, Piemonte, Toscana e Lazio a crisi economica sta facendo diminuire il parco circolante con una conseguente ‘demotorizzazione’ del Paese: è questo quanto afferma un report del Centro Studi Continental su base Aci. A fronte di 1.308.922 nuove immatricolazioni nel 2013, infatti, vi sono state 1.407.790 radiazioni, con un saldo negativo L di 98.868 unità. La tendenza ad abbandonare le quattro ruote trova conferma nei dati di quasi tutte le Regioni italiane, tranne Trentino, Piemonte, Lazio e Toscana. In queste quattro regioni, il parco circolante di autovetture è cresciuto nel 2013 con aumenti che vanno dalle 52.392 unità del Trentino alle 25.702 della Toscana. In tutte le altre Regioni italiane è stato registrato un calo: più moderato in Emilia Romagna (1.625 unità), Valle d’Aosta (2.545 unità) e Molise (-3.361 unità) e molto accentuato in Sicilia (-30.752 unità), Puglia (-50.284 unità) e Campania (58.664 unità). Il processo di demotorizzazione non è però quasi esclusivamente meridionale, dato che anche in Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto il saldo tra nuove immatricolazioni e radiazioni è fortemente negativo. “Questo fenomeno – commenta il Centro Studi Continental – deriva dalla crisi che spinge gli italiani a rinunciare all’automobile, sia perché non sono in grado di affrontare la spesa di sostituzione di un’auto ormai non più utilizzabile, ma anche perché i costi di gestione (carburante, assicurazione, manutenzione, ecc.) sono sempre più alti.” A portare alla scelta, ancora minoritaria, di abbandonare l’automobile, sono le crescenti difficoltà economiche che causano in molti casi l’impossibilità di circolare poichè in mancanza dell’assicurazione o perché senza le adeguate condizioni di sicurezza del veicolo. Questo è il quadro che emerge dai risultati dei controlli sempre più frequenti effettuati proprio su questi aspetti dalle forze dell’ordine. “Tali comportamenti sono da stigmatizzare – sottolinea il Centro Studi Continental – perché occorre che gli autoveicoli siano sottoposti a controlli periodici per garantire la sicurezza della circolazione. E non vanno dimenticati quegli accorgimenti ‘volontari’ che non costano nulla e che possono dare un contributo importante sia alla sicurezza che all’ambiente che al contenimento dei costi di esercizio degli autoveicoli, quali, per esempio, il controllo periodico dello stato e della pressione degli pneumatici”. F.Ce. ANCORA NUOVI CAPITALI STRANIERI IN ITALIA Acquisto da record per Blackrock: 160 milioni per Mps Il colosso americano del risparmio gestito ha puntato su Montepaschi talia, terra di santi, poeti, navigatori e aziende in vendita. A contendersi sempre più spesso il ricco bottino Russia e Stati Uniti, ancor più dopo le tensioni create dalla riannessione della Crimea alla Federazione Russa. L’ultimo colpo del gruppo russo Rosneft è stato quello di sborsare 500 milioni per subentrare a Clessidra (il fondo di private equity fondato nel 2003 dall’ex banchiere d’affari di Morgan Stanley e poi Ceo di Fininvest Claudio Sposito) e in parte a Unicredit e Intesa Sanpaolo per mettere le mani sul 13,1% di Pirelli & C. diventando il primo azionista della Bicocca, anche se gli accordi tra azionisti dovrebbero consentire il mantenimento dello status quo per altri 5 anni (conservando a Marco Tronchetti Provera e ai suoi manager la gestione operativa del gruppo). Sempre i russi sarebbero pronti ad arrotondare la partecipazione (20,989%) in Saras, società al momento saldamente in mano alla famiglia Moratti (i fratelli Massimo e Gian Marco possiedono entrambi il 25,011%, mentre un 2,024% è detenuto dalla stessa Saras come azioni proprie). Una partecipazione conquistata a caro prezzo nel giugno dello scorso anno: 1,37 euro per azione (pari a meno di 180 milioni di euro complessivi) contro gli 1,207 euro della chiusura odierna del titolo a Piazza Affari (dove proprio le voci I di una possibile nuova mossa dei russi ha fatto salire le quotazioni del 9,7%). Altri gruppi russi hanno comprato negli anni ulteriori pezzi dell’industria petrolifera (la raffineria Isab di Siracusa, ceduta dalla famiglia Garrone, proprietaria di Erg, alla Lukoil per 20 milioni a fine 2013) e dell’acciaio (il gruppo Lucchini, rilevato da Seversel tra il 2005 e il 2010 per un esborso di 695,2 milioni. Nel frattempo si sono messi in moto anche gli americani: General Electric, controllata GE Capital aveva acquisito nel 2009 Interbanca per circa 900 milioni di euro, ha rilevato nel dicembre del 2012 da Finmeccanica e Cinven, tramite Nuovo Pignone Holding (ex società dell’Eni a sua volta ceduta agli americani fin dal 1993) la divisione Aeronautica di Avio Spa per 3,3 miliardi di euro (le residue attività della divisione Spazio restano per ora in mano a Finmeccanica e Cinven, ma potrebbero essere cedute per 300-400 milioni alla francese Safran nei mesi prossimi). Oggi il maggior attivismo è di investitori finanziari come BlackRock, già una delle principali società di gestione del risparmio a livello mondiale, con un patrimonio sotto gestione, tra gestioni individuali per clienti istituzionali, fondi comuni ed Etf, che a fine 2013 era arrivato ad oltre 4.012 miliardi, di cui quasi 2.318 miliardi in azioni. BlackRock, che dal novembre 2012 ha deciso di avvalersi dell’esenzione dall’obbligo di comunicazione delle partecipazioni sotto il 5% detenute nell’ambito dell’attività di gestione del risparmio (come un altro fondo americano, AllianceBernstein, ma limitatamente a Telecom Italia), è presente “in chiaro” in Unicredit (5,246%), Intesa Sanpaolo (5,004%), Mps (BlackRock ha annunciato ieri di possedere una quota del 5,748%), Azimut (5,004%) e Prysmian (5,006%). Negli ultimi mesi il fondo ha inoltre comunicato di essere calato nel capitale di Telecom Italia al 4,813% e al 4,953% in quello di Atlantia (società che controlla Autostrade per l’Italia), ma non è detto che le quote non siano poi state ulteriormente movimentate. Dietro a BlackRock grandi nomi della finanza americana: tra le partecipazioni più importanti, AllianceBernstein con una quota dell’1,20% in Fiat Industrial e dello 0,13% in Saipem, Jp Morgan che ha il 14,75% di Arena, il 2,25% di Azimut e il 2,527% di Mps, il 3,53% di Banco Popolare, lo 0,95% di Interpump e lo 0,07% di Genearli, mentre Morgan Stanley ha lo 0,19% di Autogrill e uno 0,83% di Moncler. Vanguard ha il 4,08% di Fiat, il 2,41% di Prysmian, il 2,18% di Unicredit, il 2% di Generali, l’1,73% di Intesa Sanpaolo e di Terna, l’1,52% di Finmeccanica, l’1,45% di Saipem, l’1,43% di Enel, l’1,34% di Banca Popolare di Sondrio, l’1,31% di Mps, l’1,26% di Telecom Italia, l’1% di Mediaset, lo 0,85% di Azimut, lo 0,89% di Interpump, lo 0,68% di De Longhi e lo 0,67% di Autogrill. E poi ancora: Threadneedle ha il 2,175% di Banca Generali e l’1,46% di De Longhi, Market Field Asset Management ha il 7,006% di Buzzi Unicem, l’1,87% di Fiat e lo 0,53% di Generali, Templeton è presente col 6,78% di Prysmian, il 3,27% di Unicredit, l’1,34% di Azimut, l’1,18% di Intesa Sanpaolo.Infine Fidelity ha il 12,65% di Interpump, il 3,91% di De Longhi, il 3,73% di Azimut, lo 0,98% di UniCredit, lo 0,88% di Finmeccanica, lo 0,39% di Moncler, lo 0,10% di Telecom Italia, lo 0,07% di Fiat, di Generali e di Terna e lo 0,055 di Mps. Per ora si stima che i fondi a stelle e strisce detengano almeno 82 miliardi di euro di titoli italiani, pari al 22,7% della capitalizzazione di Piazza Affari e ad oltre il 5% del Pil italiano. Cifre da capogiro che riducono il Belpaese a merce d’alta qualità: peccato se ne accorgano tutti fuorchè gli italiani. F.Ce. 4 Domenica 23 marzo 2014 Storia LA MORTE DEL GENERALE RESTA UN GIALLO IRRISOLTO: SUICIDIO O ASSASSINIO? TANTE LE DOMANDE RIMASTE SENZA RISPOSTA Cavallero, il ‘memoriale’ e la vendetta di Badoglio/2 Un mistero lungo settant’anni, probabilmente destinato a rimanere tale, avvolge la fine del discusso personaggio di Emma Moriconi onna Rachele, moglie di Benito Mussolini, che di guerra e di politica forse capisce poco, possiede in compenso un grande sesto senso. È nota la sua avversione per il genero Galeazzo, meno noto forse il suo pensiero su altri personaggi che si sono avvicendati nel corso della vita di Mussolini intorno alla sua figura. Rachele è verace romagnola, sanguigna, istintiva, diretta. Non le manda certo a dire e, a onor del vero, in più circostanze, forse, Benito farebbe bene ad ascoltare i suoi suggerimenti … Ecco cosa racconta la moglie del Duce a Bruno d’Agostini nel 1946: ‘Ce ne stavamo alla Rocca, e lui era malato, soffriva allo stomaco, e io stavo sulla porta, non so cosa facevo, quando ti vedo arrivare nel cortile quella bella faccia di Cavallero, che già stava manovrando sotto sotto. Mi fa un saluto, molti complimenti, donna Rachele di qua, donna Rachele di là, e poi dice che vuole parlare con mio marito. ‘Con mio marito?’ dico ‘Ditelo a me quel che avete da dire, brutto birbante, furfante, farabutto e traditore, questo mica è palazzo Venezia, qui comando io’. Rachele, come al solito, non sbaglia. Il 21 luglio 1943 sulla scrivania di Roberto Farinacci giunge una lettera: ‘Fa sempre maggiore D attenzione – gli scrive Cavallero – Grandi e compagni congiurano per scalzare Mussolini; ma il loro gioco sarà in ogni modo vano, perché Casa Reale conduce, con il duca Acquarone, la lotta per conto proprio’. Dal diario del maresciallo Caviglia: ‘quante novità! La più interessante è che Cavallero preparerebbe la sua successione a Mussolini abbastanza apertamente, sicché sorgono attriti con Grandi, con Bottai, con Farinacci, tutti candidati alla successione …’. Poveri illusi, tutti. Il solo a restare in sella – semplicemente perché più falso ed abile degli altri – si chiama Pietro Badoglio. Che con Cavallero ha un conto aperto dai giorni di Caporetto. Non appena il maresciallo diventa primo ministro, ne ordina l’arresto. Grazie all’intercessione di Vittorio Emanuele, alquanto indignato per la decisione di Badoglio (che dirà di essere stato ‘frainteso’, non smentendo neppure in questa circostanza la sua doppiezza ed abilità di trapezista), Cavallero viene liberato ma poi arrestato di nuovo in agosto per complotto e condotto a Forte Boccea. In tutto questo marasma di ‘teste che cadono’, Badoglio fa il ‘deus ex machina’: eppure anche lui ha avuto lo stesso excursus di Cavallero… fascista era stato, anche lui, né più né meno. E invece Badoglio da gli ordini, e Cavallero li subisce. Strano Paese, l’Italia … Il cosiddetto ‘memoriale Cavallero’, dettato al capo del Servizio informazioni militari Carboni, rivela come il generale pluridecorato si affanni a rivendicare il ‘me- rito’ di essere stato tra i primi cospiratori contro Mussolini, cospirazione che – dice – è iniziata sin dal novembre 1942. In realtà i cospiratori che iniziano a tessere la loro tela sin dal 1942 sono nume- rosi… comunque la corsa a mettersi in salvo non funziona per nessuno. Nemmeno per Cavallero. Il 12 settembre ‘43, dopo che Re, Badoglio e compagnia si sono dileguati, viene liberato dai tedeschi: il memoriale, nel frattempo, è rimasto ben in vista su una scrivania. Chi ce lo ha lasciato? Carboni? O Badoglio? La seconda opzione sembrerebbe la più plausibile. Comunque Kesserling propone a Cavallero di guidare le forze armate italiane per continuare la guerra al fianco dei tedeschi. È reale ciò che dice Kesserling? O i tedeschi gli stanno tendendo una trappola per condurlo in Germania e sistemare per bene le cose, avendo scoperto l’esistenza del memoriale? Fatto sta che lui rifiuta. Due giorni dopo, il suo corpo viene rinvenuto nel giardino dell’albergo Belvedere di Frascati: giace su una poltrona di vimini, con un proiettile in testa. Chi abbia premuto quel grilletto non si saprà mai: si è suicidato perché ha capito che è finita? O forse sono stati i tedeschi ad aver risolto quello che poteva essere un ‘problema’ in modo cruento e definitivo? O, ancora, si è trattato della vendetta finale dello storico nemico Pietro Badoglio? Certe verità, probabilmente, non si scopriranno mai. Ciò che si sa, però, è l’ultima cosa che Cavallero dice a Caviglia: ‘domani mi mettono una palla nella testa’. [email protected] 5 Domenica 23 marzo 2014 Anniversari MILANO, 95 ANNI FA CENTODICIANNOVE PERSONE PONGONO LE BASI DELLA RIVOLUZIONE, DANDO IL VIA ALLA RIVOLUZIONE 23 marzo 1919: ecco i Fasci italiani di Combattimento ‘Abolizione di tutti i titoli di casta. Unici titoli d’onore e di nobiltà, quelli dell’ingegno e dell’onestà del lavoro’ di Emma Moriconi ilano, Piazza San Sepolcro, 23 marzo 1919. In un salone del Circolo degli interessi industriali e commerciali della città lombarda sono riunite centodiciannove persone. Presiede Ferruccio Vecchi, che parla per primo, seguito da Enzo Ferrari. Benito Mussolini espone i tre punti della dichiarazione dell’adunata del 23 marzo: innanzitutto ‘l’adunata … rivolge il suo primo saluto e il suo memore e riverente pensiero ai figli d’Italia che cono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i combattenti, ex combattenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d’ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle associazioni dei combattenti’. Nel punto 2 della dichiarazione ‘l’adunata del 23 marzo dichiara di opporsi all’imperialismo degli altri popoli a danno dell’Italia ed accetta il postulato supremo della Società delle Nazioni che presuppone l’integrazione di ognuna di esse: integrazione che, per quanto riguarda l’Italia, deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico con la rivendicazione e l’annessione di Fiume e della Dalmazia’. Infine, ‘l’adunata del 23 marzo impegna i fascisti a sabotare con tutti i mezzi le candidature dei neutralisti di tutti i partiti’. Vengono poi elencati i punti pro- M grammatici del nuovo gruppo politico: ‘costituente nazionale … per procedere alla radicale trasformazione delle basi economiche della vita sociale’, ‘… decentramento del potere esecutivo, autonomia amministrativa delle regioni e dei comuni a mezzo di propri organi legislativi. Sovranità popolare esercitata per mezzo del suffragio universale e uguale diritto dei cittadini di ambo i sessi, col diritto al popolo d’iniziativa del referendum e del veto. Estirpazione della burocrazia irresponsabile e riorganizzazione degli organi statali’ … ‘abolizione del Senato … abolizione della Polizia politica; costituzione di una guardia civica comunale e nazionale’, ‘abolizione di tutti i titoli di casta. Unici titoli d’onore e di nobiltà, quelli dell’ingegno e dell’onestà del lavoro’ … Sono nati i Fasci italiani di Combattimento. La giornata del 23 marzo ha un precedente nell’adunanza preliminare del 21 marzo nella redazione del Popolo d’Italia: del Fascio milanese di Combattimento fanno parte Benito Mussolini, Ferruccio Vecchi, Enzo Ferrari, Mario Giampaoli, Michele Bianchi, Ferruccio Ferrandini e Carlo Meraviglia. I membri della giunta procedono ad una colletta: 218 lire sono la somma che si riesce a mettere insieme per fronteggiare le spese. Da quel 23 marzo 1919 il termine ‘sansepolcrismo’ sta ad indicare lo spirito rivoluzionario dei Fasci, a cui Filippo Tommaso Marinetti dedica nel 1939 Il Poema ‘per i poeti e gli artisti futuristi italiani nel Trentennale del Futurismo’: ‘Il Duce in primo piano il Duce potenza irradiante fuor da un corpo solido elastico pronto allo scatto senza pesi né abitudini per un continuo pensare volere decidere agguantare schiacciare respingere accelerare verso la nuova luce il suo pungo stringere idee pratiche e audacie impensabili Geometria dei suoi gesti elegantizzati dall’entusiasmo nel cesellare rompere riplasmare e la voce li prolungava sferzando ironica o tagliando analisi in sintesi nette Minaccia ed estasi intorno alle quadrate pause mussoliniane che nel soffitto burocratico facevano tremare antiche prudenze e meticolose avarie di bilanci’. Parole in libertà, si potrebbe dire, marinettiane nel contenuto e nello stile, ma certamente filologiche alla conclusione di Mussolini nell’adunata: ‘Non siamo degli statici; siamo dei dinamici e vogliamo prendere il nostro posto che deve essere sempre all’avanguardia’ e alle parole dello stesso Benito all’indomani: ‘Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze’. TESTIMONIANZE IMPOSSIBILI: IL RACCONTO DI UN FASCISTA DELLA PRIMA ORA “Quel giorno a San Sepolcro nasceva l’uomo nuovo” di Cristina Di Giorgi l mio era un lavoro pesante. Ore e ore trascorse in una fabbrica, che però non riuscivano ad annullare la mia dignità di Uomo. Quella stessa dignità che qualcuno, parlando di proletariato, sembrava voler difendere e rivendicare. Ma io non mi fidavo, perché la lotta di classe sembrava una bandiera dietro cui nascondere invidia verso i padroni ed egoismo. E, per dirla tutta, non mi fidavo nemmeno della politica, di destra o di sinistra che fosse. Nessuno sembrava interessarsi davvero a ciò che veramente era importante: ovvero la Patria. E gli Uomini che avrebbero dovuto costruirla e difenderla. In quei primi mesi del 1919, nella mia Milano e in tutta Italia, erano in molti, ex combattenti e non solo, ad essere convinti che quella che la nostra Terra benedetta aveva subito con i trattati di Pace di Parigi era un'offesa alla nostra dignità di nazione. E la cosa peggiore era che nessuno dei partiti che componevano il Parlamento sembrava voler far nulla in proposito. Per questo, quando lessi sul Popolo I d'Italia del 2 marzo un comunicato in cui si indiceva una riunione per creare un nuovo gruppo che si definiva “anti partito”, decisi di andarci. Volevo vedere da vicino se questi nascenti Fasci di Combattimento potevano costituire una speranza nuova per l'Italia. E capire se ed in che modo potevo fare la mia parte. La sera del 21 marzo, a pochi giorni dalla manifestazione annunciata per il 23, mi recai quindi in Piazza San Sepolcro, nei locali dell'Associazione Commercianti ed Esercenti. Quello che ascoltai mi piacque molto, anche e soprattutto perché a parlare furono persone convinte, che guardavano negli occhi i propri interlocutori. Diedi quindi anche io la mia adesione al “Fascio primigenio”, quello milanese. Seppi anche, in quella sede, che già in tanti, da tutta Italia, avevano aderito al progetto. Non restava quindi che attendere la nascita ufficiale del nuovo movimento. E anche se in quelle frenetiche ore giravano voci che qualcuno stesse tentando di impedire la riunione, l'entusiasmo dei fascisti – come avevamo già iniziato a chiamarci tra noi – era grande. Quando ci ritrovammo in piazza San Sepolcro eravamo tutti consapevoli che stava per succedere qualcosa che avrebbe cambiato il corso della storia. E ne avemmo la prova quando prese la parola Benito Mussolini: “L'adunata del 23 marzo – disse - rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d'Italia che sono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà del Mondo, ai mutilati e invalidi, a tutti i com- battenti, agli ex prigionieri che compirono il loro dovere, e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d'ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle associazioni dei combattenti”. Quell'uomo, destinato a diventare il nostro Capo per indole, capacità e carisma, proseguì poi rivendicando l'annessione all'Italia di Fiume e della Dalmazia e condannando i neutralisti di tutti i partiti. Dopo di lui parlò Filippo Tom- maso Marinetti, che sottolineò la necessità di contrastare chi, come i socialisti, sfruttava la richiesta di giustizia sociale degli operai per danneggiare la Nazione. Un discorso questo che conoscevo bene e che, da umile lavoratore, condividevo in pieno. Come quello sugli operai che, pur essendo entrati in sciopero e avendo occupato le fabbriche, avevano continuato a lavorare. Anche gli altri interventi furono applauditi ed acclamati da quella prima assemblea di Uomini nuovi, fautori di una “terza via” tra i due poli opposti, come disse ancora Mussolini. Eravamo movimentisti, nazionalisti, antiparlamentari, sindacalisti rivoluzionari, progressisti, sostenitori della socializzazione delle imprese e dei mezzi di produzione. Ma sopra ogni cosa eravamo tutti profondamente e consapevolmente innamorati della nostra Patria. Per la quale, da veri italiani, avremmo sacrificato anche la vita. 6 Domenica 23 marzo 2014 Società L’INCREDIBILE CASO DI SIMONETTA BARTOLINI, RESPINTA DALLA COMMISSIONE PERCHÉ “MILITANTE” Docente universitaria? Sì, ma solo se non sei di destra Nonostante un curriculum di tutto rispetto, la candidata non è diventata professoressa di Cristina Di Giorgi a meritocrazia. Ovvero i titoli, l’esperienza sul campo, gli anni di studio, le pubblicazioni. Elementi che, uniti ad un buon esame, dovrebbero consentire a chiunque li possieda di diventare professore universitario associato. Questo almeno secondo ragione e giustizia. In Italia però c’è un altro e più importante requisito, in assenza del quale si viene inevitabilmente ed insindacabilmente messi da parte: l’essere politicamente conformi alla lobby di sinistra. L’ultima – ma non l’unica – a fare le spese di questa situazione è Simonetta Bartolini, autorevole studiosa della letteratura italiana del Novecento ed esperta di Giovanni Guareschi e Ardengo Soffici. Motivo della sua bocciatura è che secondo il commissario Mario Sechi “la candidata presenta un profilo marcatamente militante”. In altre parole: l’essere stata politicamente schierata a destra – perché di questo si tratta - è titolo di demerito ed esclusione. Anche a fronte di competenze elevate e comprovate come quelle della signora Bartolini. Che, va detto, ha reagito con classe dando ai tanti che ne avrebbero bisogno una notevole lezione di stile. La sua posizione l’ha chiarita con un composto e misurato editoriale sul giornale da lei diretto (To- L Simonetta Bartolini talità.it): “Come direttore – ha scritto la Bartolini - mi sembrava inopportuno utilizzare queste pagine per far pubblicità ad una storia scandalosa e riprovevole, ma che mi riguardava direttamente. Un piccolo conflitto di interessi che avrebbe aumentato il numero di visite, ma che mi avrebbe messo in imbarazzo. Ci ho pensato a lungo, ho riflettuto sul fatto che la nostra piccola comunità aveva il diritto di essere informata per prima di quel che era successo al direttore di Un ricordo di Don Araldo questa testata, poi ho deciso di lasciare che chi era estraneo alla vicenda la valutasse e semmai ne scrivesse denunciandola”. E l’hanno fatto in molti. Perché se è vero che il mondo accademico italiano (e non solo quello purtroppo) è dominato dai fautori del pensiero unico di sinistra, portato avanti anche con azioni di militanza politica dura, per fortuna menti e penne libere ce ne sono ancora. Tra essi (per citarne solo alcuni) Renato Besana, Dino Messina e Marcello Veneziani, che ne hanno ampiamente scritto sui quotidiani di cui sono collaboratori. Tutti loro, con al fianco chiunque abbia anche soltanto un minimo di senso di giustizia, si sono schierati con Simonetta Bartolini, a difesa non solo delle sue qualifiche accademiche e intellettuali, ma anche e soprattutto del diritto – suo e di chiunque si venga a trovare in una situazione simile – di vedersi riconosciuti correttezza e rispetto delle regole. Anche perché “l’Università – scrive Valentino Tocci su il Primato Nazionale – è un luogo di libero interscambio culturale, dove devono convivere le più diverse idee” e non il regno , di un presunto “commissario politico di Ateneo che vigila sull’ortodossia del pensiero unico e va a caccia dei controrivoluzionari”. Siamo in Italia, e non nella Russia comunista di Stalin. O no? Testimonianze dal passato Il portale dell’Alto Adige racconta un pezzo di storia: le memorie di Edmondo Russo, il poliziotto che scortò il Duce fino al 25 aprile n pezzo di storia torna alla luce attraverso il racconto che Ermano Russo, figlio di Edmondo, fa al portale dell’Alto Adige, pubblicato sul sito altoadige.geolocal.it. Ermanno Russo tiene con sé, nel proprio portafogli, una foto che ritrae Benito Mussolini mentre sale in macchina davanti a Villa Feltrinelli. ‘L’ha scattata mio padre Edmondo’, racconta. Il poliziotto Edmondo Russo è stato la guardia personale di Mussolini per otto anni. Quello che mostra Russo poi è davvero uno spaccato di un’epoca lontana: è un album di foto che riporta scatti del 1941: ‘I nomi li so tutti, ma è passato tanto tempo, lasciamo stare’ dice ai giornalisti. Altre foto ritraggono Edmondo con la Decima Mas nella piazza di Gargnano: ‘Con la famiglia lo abbiamo raggiunto sul Garda – dice ancora Russo – ero piccolo ma ricordo bene Mussolini’. Nei racconti che Edmondo ha consegnato ad Ermanno emerge anche la figura di Franz Spögler, il capitano delle Wehrmacht che sorvegliò Claretta Petacci e che divenne nel tempo buon U amico di Russo. Archivi privati, che vengono alla luce e raccontano uno spaccato di storia, attraverso i ricordi e le immagini di una macchina fotografica che per un attimo ha fermato il tempo. Istanti immobili, che sembra vogliano riprendere vita attraverso la memoria di chi è venuto dopo ed è divenuto depositario di quei ricordi vissuti in prima persona di un’epoca che, innegabilmente, deve ancora essere adeguatamente analizzata e studiata, compresa e conosciuta. Un’altra occasione per radunare spezzoni di memoria, di storia, quella del nostro Paese. Emma Moriconi TORRE PELLICE, TORINO, BOLOGNA, RAVENNA: QUANDO LA DEMAGOGIA HA LA MEGLIO SULLA VERITÀ Mussolini cittadino onorario. Ma davvero è un problema? Assistenza all’infanzia, normativa sul lavoro, bonifiche non sono ragioni sufficienti per l’onorificenza? evocare o no la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini? Sembra essere questo uno dei principali problemi che le amministrazioni di diversi Comuni italiani stanno recentemente affrontando. Ovviamente su suggerimento dell’Associazione nazionale partigiani, che ha promosso una ricerca negli archivi di tutte le istituzioni cittadine locali per verificare l’eventuale presenza dell’illustre politico nei registri e procedere, in caso di riscontro positivo, con l’immediata cancellazione. Sua e di tutte le personalità insignite dell’onorificenza durante il Ventennio. Una sorta di “damnatio memoriae” locale insomma, che sa di ideologico e demagogico. Senza contare che i suoi fautori vorrebbero forse che tale azione sia considerata una priorità assoluta, con buona pace dei più svariati problemi che gli italiani tutti devono affrontare. Tutto è iniziato con le decisioni dei consigli comunali di Torre Pellice e Torino, che hanno proposto di depennare il Duce dall’elenco dei cittadini onorari dopo novant’anni dalla sua iscrizione nello stesso. E se per il piccolo comune valdese la cosa si è risolta rapidamente, per il capoluogo piemontese si è invece tradotta in una notevole perdita di tempo R Araldo Di Crollalanza opo il nostro speciale dedicato ad Araldo di Crollalanza, una lettrice ci scrive alcuni suoi personali ricordi di quest’uomo nobile e dalle alte doti morali. Le parole di Antonia Monteleone, barese trapiantata a Belluno, che riportiamo, dimostrano come la dignità di quest’uomo sia rimasta nei cuori di chi lo ha conosciuto e fanno capire anche quanto abbia ancora oggi da insegnare un personaggio di questa levatura morale. Ecco il ricordo di Sua Eccellenza, nelle parole della signora Antonia: ‘Un giorno siamo andati a trovarlo in Senato, era già anziano, Sua Eccellenza. Stava staccando i francobolli non timbrati dalle let- D tere in arrivo … gli abbiamo chiesto cosa stesse facendo. Rispose: ‘faccio risparmiare lo Stato usando questi’. E ancora: ‘Una volta in stazione a Bari, aspettando il treno per Roma lo vidi che stava per salire in seconda classe. Allora gli dissi: ‘Eccellenza, la prima classe è più avanti …’. E lui: ‘figlia mia, voglio far risparmiare lo Stato’. Ma lo Stato gli forniva solo biglietti di prima classe … una volta andò dal Duce per comunicargli che aveva finito i lavori prima della scadenza ed aveva anche risparmiato mille lire … il Duce gli disse semplicemente ‘hai fatto il tuo dovere’. E.M. tra firme, votazioni e approvazione della relativa delibera. Tali iniziative, come scrive Giorgia Castelli sul Secolo – dimostrano come l’onda lunga della pregiudiziale antifascista è ancora dura a morire. L’Anpi infatti non si è lasciata sfuggire l’occasione: prima è arrivato il plauso ai consigli comunali di Torre Pellice e Torino e poi l’invito a fare come loro. Tra i comuni che annoverano il Duce tra i propri cittadini vi sono sicuramente Bologna e Ravenna. E se la prima sta provvedendo in modo “politicamente corretto” (per lo meno secondo il pensiero unico di sinistra), la seconda ha invece deciso di non revocare l’onorificenza. Anche con i voti dei consiglieri di sinistra. Questo perché – ha spiegato il sindaco – “abbiamo ritenuto che non fosse giusto, per riflettere affinché il fascismo non torni mai”. “La cittadinanza onoraria – ha affermato l’Associazione partigiani – è un grande riconoscimento, conferito a persone che si sono battute con determinazione e coraggio per la libertà, la democrazia e il progresso. Persone che non possono condividere tale onore con chi ha instaurato un regime dittatoriale ed ha privato i cittadini italiani della libertà”. Quello che però ovviamente l’Anpi non considera è che alla gente, in questi tempi duri in particolare, importa poco o niente dell’ideologia. Quel che dovrebbe contare sono infatti le azioni concrete, la soluzione di problemi reali, l’aiuto alle famiglie, la realizzazione di una politica sociale degna di questo nome. Tutte cose che, a ben vedere, il governo Mussolini ha compiuto (vedi assistenza alla maternità e all’infanzia, normativa sul lavoro, infrastrutture, bonifiche, ecc.), anche se qualcuno, strumentalmente, fa finta di dimenticarlo. C.D.G. 7 Domenica 23 marzo 2014 Esteri COMPLETATO IL PASSAGGIO DI CONSEGNE DELLE AREE MIL ITARI IN CRIME A La Russia entra senza bussare Un blindato fa irruzione nell’ultima base tenuta dagli ucraini, ci scappa un ferito Intanto resta alta la tensione diplomatica: attesa per le contromisure degli Usa di Bruno Rossi a Federazione Russa sembra abbastanza chiaramente indirizzata verso una real-politik abbastanza asciutta: dialogo aperto sul fronte diplomatico internazionale, ma non a patto di mettere in discussione l’appartenenza della Crimea. Eventuali avventurismi del nuovo regime ucraino, in tal senso, difficilmente saranno tollerati. E se i nuovi comandanti del vapore a Kiev volevano ieri tastare il polso alla pazienza dell’orso siberiano, la risposta è stata secca a Belbek. La cittadina ospitava l’ultima delle basi ucraine in Crimea: i militari al suo interno hanno fatto resistenza al passaggio di consegne con i russi, e questi ultimi sono passati all’azione: un mezzo blindato ha sfondato il cancello della base e a rimetterci è stato un soldato ucraino, rimasto ferito nel trambusto che ne è scaturito. Il tutto è avvenuto peraltro in diretta tv sui canali satellitari russi, finché un militare non ha chiesto l’interruzione delle trasmissioni. Difficile parlare di casus belli e dipingere l’episodio come un “assalto”. Basti pensare che su 18mila militari ucraini dislocati in Crimea, già 16mila sono passati sotto le insegne russe. Mosca si è trovata pure tra le mani l’unico sommergibile di tutta la flotta ucraina e il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha aggiunto che un totale di 147 basi militari, già ucraine, della penisola della Crimea, sono ora sotto il comando di Mosca, aggiungendo che il controllo militare della Russia della regione è completato. Situazione che fa del resto il paio con quella dei civili di Crimea. Al di là del plebiscitario risultato del referendum del 16 marzo, in settimana l’unica vera difficoltà che hanno avutole autorità civili russe in tutta la L penisola sono state nel rispondere alle interminabili file di cittadini che si sono recati nelle prefetture per ottenere il passaporto con la nuova cittadinanza. E nelle vicine province orientali ucraine, i russo-foni guardano con invidia alla penisola. Intanto il fronte diplomatico resta caldo, con quelle sanzioni un chilo alla volta che vengono “dedicate” dall’occidente agli interessi russi. Ieri nuovo giro e Mosca ha annunciato che si riserva “il diritto a una risposta appropriata”, secondo le parole del ministro degli Esteri Lavrov. Ma anche l’iperattivismo mo- strato dall’Osce non è troppo ben visto. “Il mandato dell’Osce in Ucraina riflette la nuova realtà politico-legale e non si applica alla Crimea e Sebastopoli, che ora fanno parte della Russia”, ha chiaritolo stesso Lavrov. Ribadendo il concetto: a maggior ragione dopo ciò che è accaduto, con quei sanguinosi coni d’ombra all’interno dei quali hanno agito i cecchini che hanno mandato a monte gli accordi di fine febbraio, ben vengano gli osservatori in Ucraina. Ma in Crimea, non ne sente il bisogno proprio nessuno… In effetti venerdì sera l’Osce (Orga- nizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, di cui fa parte anche la Russia) ha deciso l'invio di un centinaio di osservatori in Ucraina. I primi 40 sono già partiti. Gli osservatori dovranno monitorare la situazione della sicurezza, i diritti umani e la tutela delle minoranze. Sul piano con gli Usa, un nuovo incontro per discutere della crisi in Ucraina fra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato americano John Kerry dovrebbe tenersi a margine dell’imminente vertice sulla sicurezza nucleare dell’Aja, dove Lavrov guiderà la delegazione di Mosca al posto del presidente Vladimir Putin. Ma la settimana entrante segna anche l’atterraggio di Barack Obama sul suolo europeo, per un tour che lo porterà appunto all’Aja, poi a Bruxelles e infine a Roma. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale Susan Rice ha già anticipato che la missione di Obama sarà incentrata inevitabilmente sulla crisi ucraina, sostenendo “l’importanza delle alleanze” e affermando persino che “la Russia è sempre più isolata e gli Stati Uniti guidano la comunità internazionale” nel sostegno a Kiev. ESTREMISTI E FEMMINISTE AGGREDISCONO STUDENTI CATTOLICI: “FASCISTI, VI ROMPIAMO LA TESTA” Madrid: la violenza della sinistra contro gli anti abortisti Il titolo del volantino distribuito: “E’ una cosa buona che tu esista”. Solidarietà dei presenti di Cristina Di Giorgi I n Spagna è vietato manifestare contro l’aborto. A farsi guardie del sistema ideologico del pensiero unico, che considera l’interruzione della gravidanza come un vero e proprio diritto, femministe e membri dei collettivi. Che hanno violentemente assalito un gruppo di universitari cattolici di Madrid, reo appunto di aver organizzato la distribuzione di un volantino che contesta la restrittiva legge del governo Zapatero sull’argomento. Il testo che i ragazzi del movimento ecclesiale stavano presentando, intitolato “E’ una cosa buona che tu esista”, è assai articolato e si basa sul concetto che se è vero che i cristiani non devono imporre nulla alla società, è però altrettanto vero che non si può “pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana”. Inoltre – è scritto nel volantino – “quanto più si sottolinea astrattamente il diritto della donna a decidere sul suo corpo, tanto più la si abbandona alla solitudine”. Nella parte finale del documento si legge poi che “per recuperare fiducia nella vita, e pertanto la capacità di accoglierla e rispettarla dal primo istante in cui sorge, abbiamo bisogno di incontrare un amore incondizionato, l’amore di qualcuno che abbracci la nostra vita con tutte le sue domande e difficoltà”. Quali di queste affermazioni non sia andata giù agli estremisti di sinistra è un mistero. Resta il fatto che dopo aver dato ripetutamente dei fascisti agli universitari cattolici, li hanno minacciati al grido di “vi rompiamo la testa”. Per poi passare alle vie di fatto: una femminista ha infatti strattonato una ragazza e le ha tolto i volantini gettandoli a terra e lo stesso hanno fatto i suoi compari con gli altri manifestanti. A quel punto i ragazzi cattolici hanno raccolto il loro materiale sparso al suolo e se ne sono andati, non senza aver raccolto diverse testimonianze di solidarietà da chi aveva assistito all’aggressione. 8 Domenica 23 marzo 2014 Roma CONTINUA IL BRACCIO DI FERRO COL COMUNE LA SANITÀ ALLO SFASCIO San Filippo Neri: chiude il reparto, pazienti sfrattati C’è la Maratona: Vigili in sciopero I sindacati: “Campidoglio irresponsabile, la città rischia di restare paralizzata” La protesta di una malata di artrite reumatoide: “una decisione vergognosa. L’ospedale funziona ed è anche fonte di prestigio” ischiano di essere “sfrattati” e ritrovarsi in mezzo ad una strada. Sono i malati dell’ospedale San Filippo Neri, struttura sanitaria che, grazie ai tagli alla sanità, subirà la chiusura di un intero reparto, come annunciato circa un mese con la pubblicazione sul bollettino della Regione Lazio. Una scelta politica che grava sulla vita di ben 100 persone affette da artrite reumatoide, una grave malattia autoimmunitaria altamente invalidante che se non curata in tempo, colpisce e distrugge le membrane sinoviali delle articolazioni, procurando così fortissimi dolori, gonfiore e infermità. Per curarne i pazienti affetti (se le altre terapie non hanno fatto effetto), si usano i così detti farmaci biologici, ossia quelli di nuova generazione che non si comprano in farmacia ma vengono consegnati direttamente dal personale ospedaliero competente. Cure che, tra l’altro, non possono essere interrotte che non tutti gli ospedali prescrivono. Somministrazioni che vedono il San Filippo Neri rientrare tra i poli di eccellenza. Ma ancora per poco, tra non molto infatti i pazienti saranno costretti a spostarsi in una nuova struttura per ricevere la stessa adeguata assistenza medica. A protestare contro la decisione è Nicoletta Carcaterra, affetta da artrite reumatoide da quando aveva 15 anni, che ha fondato nel 2007 il gruppo “I curati a metà malati di artrite reumatoide”. “Con l’ordinanza che attesta la chiusura del reparto, R ggi c’è la Maratona di Roma. Ma i vigili si terranno a distanza. Come in effetti ampiamente preannunciato dalle sigle sindacali dell’ormai inferocita categoria, l’appuntamento (assai delicato dal punto di vista della viabilità e della sicurezza) verrà disertato dalla Polizia di Roma Capitale, sul piede di guerra ormai da tempo con i vertici del Campidoglio. Difficile dire se ci sarà un bis con il successo dello sciopero indetto a gennaio, ma già ieri i promotori dell’agitazione erano certi di centrare un bel risultato di adesioni. “A meno di 24 ore dallo sciopero della Polizia locale di Roma possiamo già dire che è completamente riuscito”, dichiarava Stefano Giannini, segretario romano del Sulpl. “Abbiamo costretto l’amministrazione comunale – ha spiegato Giannini – a giorni frenetici per cercare di individuare complessi meccanismi nel tentativo di rinforzare il turno della mattina (in O l’ospedale non è più ufficialmente Centro Antares e perde dunque di diritto la possibilità di prescrivere i farmaci biologici ai propri pazienti - spiega Nicoletta, intervistata da Roma Today - In questo modo ci sono 100 malati in mezzo a una strada e altri 3.500 che necessitano di cure altrettanto importanti, anche loro non sanno dove andare. Al momento non è già più possibile prenotare una prima visita reumatologica, quindi si effettuano solo visite di controllo” afferma ancora la paziente spiegando come nell’ospedale sono già state avviate le procedure per chiudere il servizio di assistenza. Intanto la Direzione Generale dell’ospedale rassicura: “Nessun paziente dovrà interrompere le cure. La continuità assistenziale sarà garantita attraverso la presa in carico di altri centri qualificati di reumatologia individuati dalla direzione del San Filippo Neri in accordo con i pazienti”spiega il Commissario Straordinario Lorenzo Sommella. Una prospettiva comunque che non convince Nicoletta Carcaterra che spiega come “cambiare medico e struttura non è una cosa così facile”. “Non si capisce perché si sta chiudendo – conclude la donna – non solo un centro che funziona e che accoglie tante persone, ma che è anche fonte di prestigio”. Intanto su 100 pazienti, 20 sono stati già spostati in altri centri, ma stando ai racconti e alle testimonianze degli altri, non tutti vengono accettati nelle strutture alternative per mancanza di budget. Una situazione vergognosa. È impensabile che uno stato non si faccia carico del “diritto alla salute” che tutti i cittadini dovrebbero avere. Carlotta Bravo occasione della Maratona, ndr). Questo però è un forte azzardo perché non sapremo realmente quanti colleghi aderiranno allo sciopero fino a domattina alle 7. Restano inoltre di fatto scoperti tutti i turni del pomeriggio nei gruppi periferici a cui dobbiamo aggiungere il rischio elevato di pioggia su Roma”. Insomma: con tutto che è domenica, le ripercussioni potrebbero essere assai pesanti. “Una scommessa forte che l’amministrazione gioca sulla pelle della città, in quanto si è probabilmente sottovalutata l’importanza del ruolo che la Polizia locale riveste nella gestione della città”, ha aggiunto il portavoce sindacale. “Dal 19 dicembre - conclude Giannini – l’amministrazione comunale era a conoscenza della data, una gestione di una capitale non può ridursi all’ultimo giorno di lavoro senza sapere come andrà a finire la gestione di un evento sportivo”. Valter Brogino SOLO NELLE ULTIME ORE TRE SCONTRI GRAVI CON DUE MORTI E FERITI TRA LA CASSIA, LA MAGLIANELLA E LA FLAMINIA Roma capitale … di incidenti La Città eterna detiene un record, quello dei sinistri stradali con esito mortale: più 4,55% in un anno n record negativo, quello che detiene la Capitale: gli incidenti con esito mortale registrano un aumento del 4,55% . È questo il risultato catastrofico che riporta la Città Eterna, in controtendenza rispetto al dato nazionale che registra invece un calo dei sinistri mortali. Si parla di 13.943 incidenti con 118 morti nel 2013. Secondo i dati del 2011, Roma è la capitale anche in questa macabra classifica: la Città Eterna conduce con 140 morti sulle strade, seguita da Brescia con 62, Napoli con 61, Milano con 56, Torino con 52 e Bologna con 49. Pessimo il report anche relativamente agli incidenti che vedono coinvolti ciclomotori e moto. Gli ultimi dati Istat sul nazionale a disposizione sono relativi al periodo che va dal 2000 al 2009: i morti sulle strade passano da 7.000 a 4.237, registrando un calo del 39% mentre il numero dei morti è invariato: nel 2000 erano 1.378, nel 2008 1.380, nel 2009 1.249. Per tornare a Roma, gli ultimi eventi tragici sono quelli di Valentina Giannini, la diciottenne rimasta uccisa U due giorni fa in un incidente in moto sulla via Cassia; di Sergio Basso, travolto da un pirata della strada in via della Maglianella e di un incidente grave sulla via Flaminia con tre feriti di cui uno in gravi condizioni. Valentina è stata sbalzata dalla moto a seguito di uno scontro con una vettura e travolta da un altro mezzo a due ruote: secondo la prima ricostruzione dei fatti ad opera della Polizia municipale, l’auto avrebbe sorpassato la moto sulla quale Valentina viaggiava, urtandola e forse agganciandola. Valentina sedeva al posto del passeggero, sarebbe stata sbalzata e poi investita da un altro mezzo a due ruote che proprio in quel momento passava sulla strada. La giovane è morta sul colpo, i due motociclisti sono rimasti feriti: quello che guidava la moto che ospitava Valentina è stato trasportato al Policlinico Gemelli in codice rosso, l’altro centauro in codice verde. Una delle due moto si è incendiata a seguito dell’impatto. Sergio Basso, 50 anni, lavoratore, moglie e due figli, è stato investito invece da un pirata della strada che mentre era alla guida sembra stesse scrivendo un sms. Inutile la corsa al San Camillo. Il pirata della strada avrebbe investito l’uomo per evitare un altro mezzo che viaggiava sulla carreggiata opposta. Dopo l’incidente l’uomo è fuggito. La Renault Twingo, che è risultata intestata ad una società romana, è stata abbandonata a pochi chilometri dal luogo dell’incidente. Ora l’uomo dovrà rispondere di omissione di soccorso e omicidio. Non finisce qui la lista dei lutti della Capitale relativi alle ultime ore: nella nottata di ieri una donna è stata ricoverata al Gemelli in coma a seguito di uno scontro tra tre auto sulla via Flaminia all’altezza del km 17,600. Ferite anche altre due persone che sono state ricoverate in condizioni non critiche all’ospedale San Pietro. La dinamica è in corso di approfondimento, ma sembra che si tratti di un incidente che ha coinvolto tre veicoli di cui due si sarebbero scontrati frontalmente. Emma Moriconi 9 Domenica 23 marzo 2014 Dall’Italia A TREVISO ARRIVANO QUARANTA PROFUGHI DA LAMPEDUSA Venezia, #staiserenissima Proprio mentre il Veneto minaccia l’indipendenza, il Governo lo riempie di immigrati entre il Veneto ha intrapreso la sua battaglia per l’indipendenza, il Governo continua a “sfruttare” la regione. Anche il nord-est è infatti chiamato a fronteggiare l’emergenza immigrati. Come? Accogliendo i clandestini. Sono “sbarcati” ieri infatti a Treviso 40 profughi. Sono solo i primi di un piano di posizionamento che prevede l’arrivo in tutto il Veneto di poco meno di 300 stranieri. Ad annunciarlo già venerdì è stato il Governo scatenando l’ira della Lega Nord che dopo aver alzato le barricate in Lombardia ora suona tamburi di guerra anche nella Marca. Dove sono stati ospitati i profughi non è stato chiarito: quasi certamente all’interno di strutture alberghiere e di solidarietà come già avvenuto in passato quando, non più di due anni fa, altrettanti i profughi vennero ospitati a Parè e Conegliano. Una situazione che non va giù alla Lega. “Oggi (ieri, ndr), nonostante la prefettura abbia informato il ministero della incapacità della provincia di Treviso di farsi carico di altri 40 clandestini, – dichiara Patrizia Bisinella, parlamentare della Lega Nord – lo stato ha comunicato che comunque era necessario occuparsene e che i clandestini fossero alloggiati anche in strutture M alberghiere. Ci opporremo a questa vergognosa scelta del Ministero dell’Interno. A Treviso il tasso di integrazione degli immigrati è tra i più alti del paese perché in passato le politiche sono sempre state orientate al rigoroso rispetto delle regole. Da domani (oggi, ndr) i trevigiani sono costretti a far fronte di tasca loro, nonostante la crisi economica e le difficoltà, al sostentamento di nuovi clandestini. Le imprese chiudono ogni giorno, non c’è lavoro, non ci sono alloggi pubblici, i servizi sociali peggiorano per l’enorme carico di domande che la crisi economica ha creato eppure Renzi fa finta di niente e parla entusiasticamente dei 4000 clandestini sbarcati nelle ultime ore. Domani (oggi,ndr) la Lega Nord sarà presente in Piazza dei Signori vicino alla prefettura di Treviso – conclude l’esponente – per opporsi a questa scelta scellerata del governo centrale”. Sul caso è intervenuto anche il presidente della Provincia di Treviso: “Renzi ci ha fatto un bel regalo di Pasqua – commenta Leonardo Muraro – mandandoci a Treviso dei profughi dei quali, in questo momento, non abbiamo certo bisogno. Persone che, lo ricordo, saranno pagate circa 40 euro al giorno, uno schiaffo ai nostri cittadini. È inutile fare tanto i paladini contro gli accattoni, come vedo in questi giorni a Treviso, se questo serve a fare spazio per l’arrivo di questi profughi – continua Muraro – Va bene l’accoglienza, ma in questo caso sembra davvero un regalo inutile di Renzi e Alfano, che forse vuole togliersi un peso dalla sua Sicilia, a un territorio che in questo momento vive un momento molto difficile a livello economico e non ha certo bisogno di elementi che potrebbero alzare il livello della tensione sociale”. Una nuova emergenza quella dei clandestini che sicuramente amplia l’appeal della proposta di “Plebiscito.eu” che ha lanciato online il referendum per ottenere un Veneto indipendente dall’Italia, restaurando in sostanza la Repubblica dei Dogi. RAGUSA – L’OPERAZIONE DI POLIZIA, CARABINIERI E FINANZA Sbarchi di clandestini: arrestati tre scafisti Gli stranieri, tra cui 200 bambini, hanno viaggiato per 5 giorni, in condizioni disumane, pagando circa 4 mila euro ciascuno ontinuano gli sbarchi e fioccano ancora arresti che colpiscono i mandanti e gli esecutori dei cosiddetti “viaggi della speranza”. La Polizia di Ragusa insieme ai Carabinieri di Modica ed alla Tenenza della Guardia di Finanza di Pozzallo ha eseguito il fermo di Ben Ali Alì, Ben Abd Rahmen Menny, e Ben Mbarek, tutti di origini tunisine per avere tratto ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. I tre arrestati hanno condotto dalle coste libiche a quelle italiane tre imbarcazioni cariche di stranieri di diverse nazionalità e tra loro numerosissimi minori (oltre 200) molti dei quali neonati. Sarebbero infatti i responsabili dei tre sbarchi avvenuti tra il 19 e 20 al porto di Pozzallo: si tratta complessivamente circa cinquecento stranieri. I tunisini sono stati individuati dopo gli sbarchi grazie agli immigrati che hanno rotto il silenzio raccontando delle condizioni disumane imposte dai trafficanti per raggiungere le coste italiche. Hanno detto di essere partiti 5 giorni prima a bordo di tre imbarcazioni, dove C sono stati stipati. All’interno delle “carrette del mare” i disperati sono stati fatti sedere uno accanto all’altro ed in alcuni casi uno sopra all’altro, compresi i neonati, tenuti in braccio per giorni. Dopo aver soccorso ed assistito gli stranieri, la Polizia di Stato ha iniziato le procedure di identificazione e di intervista e qui si è capito, vista la paura degli stessi, che gli scafisti erano fra gli sbarcati. Tutti gli stranieri ascoltati hanno spiegato di aver deciso di fuggire dai loro paesi d’origine in quanto le condizioni di vita erano terribili, tra guerre civili e dittatura. Ecco come funziona la tratta dei nuovo schiavi: una volta deciso di scappare, la strada “obbligatoria” è solo quella di andare in Libia dove le organizzazioni criminali locali si occupano di reclutare i disperati ed in cambio di circa 4 mila euro li mettono su imbarcazioni precarie per far raggiungere le acque internazionali dove poi chiedono soccorso per entrare in Italia. I testimoni dopo aver fornito un’attenta descrizione dei responsabili dell’organizzazione criminale, hanno indicato senza alcun dubbio coloro che avevano condotto l’imbarcazione. È chiaro, come rilevano le forze dell’ordine, che questi elementi fanno parte di una complessa associazione a delinquere gravitante in Libia ed in altri paesi africani che da anni organizzano questi viaggi. Mentre i tre sono stati rinchiusi nel carcere a Ragusa le indagini continuano. Intanto si attendono altre imbarcazioni. Sarebbero circa 4mila gli stranieri in arrivo secondo quanto dichiarato da José Angel Oropeza, direttore dell’ufficio di coordinamento dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) che ammette la situazione di emergenza. “Le imbarcazioni provengono dalla Libia ed è la prima volta che si assiste a un’ondata di arrivi cosi consistente e concentrata in poche ore”. Miriana Markovic Oltre 2 milioni di voti sul sito (per la precisione 2milioni 360mila 235 voti, che corrispondono al 73% del corpo elettorale della regione) e una percentuale di sì (all’indipendenza del Veneto dall’Italia) che ha raggiunto l’89% con 2 milioni 102mila 969 voti favorevoli. Ci credono sul serio alla separazione da Roma gli indipendentisti guidati da Gianluca Busato, un ex leghista che ha attraversato tutti i movimenti venetisti, e che, dopo il risultato della consultazione online, ha proclamato dal palco di piazza dei Signori “la nascita della Repubblica veneta”, dichiarando nello stesso tempo “decaduta la sovranità italiana sul popolo e sul territorio veneto”. Una consultazione virtuale, fatta soprattutto attraverso la rete, oltre che con schede raccolte nei gazebo, e “voti” telefonici, che, Costituzione alla mano, non ha alcun valore formale o istituzionale. L’articolo 5 della Carta sancisce infatti che la Repubblica italiana “è una e indivisibile”. Eppure in Piazza dei Signori nella sera di venerdì si sono radunate circa 4mila persone con bandiere di San Marco. Un fotografia significativa di come i cittadini italiani siano stanchi di un Paese che non pensa più agli interessi del suo popolo, privilegiando, al contrario, gli stranieri. Barbara Fruch TRAGEDIA DELLA SOLITUDINE A FIRENZE Uccide la moglie malata e si costituisce L’accusa per l’80enne è di omicidio volontario na vera tragedia della solitudine a Borgo Pinti, nel pieno centro di Firenze dove un uomo di 83 anni ha strangolato la moglie di 88 anni , malata, e subito dopo si è costituito presso il commissariato di San Giovani in Via Pietrapiana. Subito le forze dell'ordine si sono attivate raggiungendo la casa dei due coniugi, ma è stato tutto inutile: hanno solo potuto constatare la veridicità del racconto e provvedere ad avviare le indagini di rito. Dai primi accertamenti, l'uomo, che è stato immediatamente arrestato con l'accusa di omicidio volontario, ha cercato di giustificare il proprio gesto con l'incapacità di riuscire a gestire in maniera dignitosa, l'aggravarsi delle condizioni di salute della moglie, che da alcuni anni era afflitta dal morbo di Alzheimer. La malattia degenerativa della compagna di vita e le difficoltà dovute all'età di entrambi, lo hanno spinto all'insano gesto. Un fatto non estraneo alla cronaca. U Sempre più spesso negli ultimi anni l'Alzheimer è diventata una piaga sociale che annienta e destabilizza l'equilibrio delle famiglie, costrette ad affrontare, nelle maggior parte dei casi impreparati, la sofferenza di un loro caro. Nel nostro paese i malati di Alzheimer sono circa 450 mila e si prevede che il loro numero tenderà al raddoppio entro il 2020. Una malattia invalidante che influisce sulle capacità intellettive riducendo colui che ne è colpito in uno stato di demenza progressiva, con relativa perdita anche delle capacità motorie e di comprensione della realtà che lo circonda. Ad oggi non ci sono metodi scientifici per poterla prevenire o individuarla. F. Ce 10 Domenica 23 marzo 2014 Dall’Italia BARI – “DANGER ZONE” MODENA – LA CRISI UCCIDE ANCORA Strozzato dai debiti: imprenditore si impicca A ritrovare il corpo del 53enne, ormai esanime, sono stati i familiari L’uomo aveva licenziato i quattro dipendenti per carenza di lavoro ssessionato dai debiti ha deciso di farla finita. È l’ennesima vittima della crisi quella che arriva da Modena: l’uomo si è impiccato nel solaio di casa, sede legale della sua azienda, nella zona del centro storico. A ritrovare il corpo esanime sono stati i parenti. Il 53enne, che viveva con la moglie e un figlio 26enne, ha lasciato scritto un messaggio per spiegare il gesto ai familiari. Sul posto è intervenuta la polizia, la salma è stata affidata alla Medicina Legale. Come racconta La Gazzetta di Modena” il 53enne piccolo imprenditore edile era responsabile di una ditta, una scarl, società cooperativa a responsabilità limitata, che aveva sede legale proprio nella sua abitazione. Poi recentemente il suo nome si era legato ad altre due imprese sempre del settore edile, una attualmente in liquidazione. Secondo fonti sindacali la sua ultima ditta, quella che lo vedeva a capo, non aveva mai avuto diatribe sindacali, vertenze, nessun ricorso in cassa edile. L’azienda aveva alle dipendenze quattro operai manovali, quattro muratori che O sono stati licenziati nel dicembre scorso. In questi ultimi mesi all’occorrenza l’uomo li contattava quando c’era un lavoro da svolgere. Insomma, una situazione difficile, con lavori precari e a singhiozzo. È stato probabilmente proprio questo, unito anche alla difficoltà di trovare altri sbocchi occupazionali a gettare nel baratro più totale l’uomo che non ha visto altra via di uscita se non la morte. Sconvolti gli amici e la comunità parrocchiale, che l’uomo frequentava, lo descrivono come una persona generosa, aperta, cordiale. Per tutti questo tragico finale è stato un fulmine a ciel sereno. È l’ennesimo dramma di una crisi che ha intaccato ogni settore dell’economia. CHIOGGIA Sequestro record di prodotti ittici Ventidue tonnellate tolte dal mercato Titolari di due ditte finiscono nei guai S equestro record di prodotti ittici non idonei al consumo a Chioggia: ventidue tonnellate di pesce sono state tolte dal mercato. A seguito delle segnalazioni ben sette le ditte di commercializzazione e lavorazione di prodotti ittici sono state controllate dai finanzieri della Stazione navale della Guardia di Finanza di Venezia, con la collaborazione della direzione veterinaria dell’Ulss 19 di Adria (Ro). Il risultato è stato di tre sequestri eseguiti, per un totale di 21.415 chili di prodotto ittico tolto dal mercato e 7 persone denunciate all’autorità giudiziaria. Presi dalle forze dell’ordine anche 2 scarichi abusivi di acque reflue di lavorazione. Nel complesso sono state due le ditte controllate nell’area di Chioggia: in una èstato sequestrato l’impianto di scarico delle acque reflue di lavorazione, privo di autorizzazione, e 415 chili di pesce surgelato (polpi, branzini, orate) in cattivo stato di conservazione con la conseguente denuncia all’autorità giudiziaria del titolare. Presso la seconda ditta invece è stata rinvenuta una tonnellata di vongole “venus gallina” allo stato giovanile (novellame), per le quali è vietata la pesca e la commercializzazione. Le vongole sequestrate sono state rigettate in mare poiché ancora vive. Anche in questo caso e’stato denunciato il responsabile della ditta. Le successive indagini svolte hanno consentito di individuare i pescatori che avevano vendute le vongole alla ditta controllata; tre persone sono state denunciate per pesca e vendita di novellame. Dal 2012 ad oggi la Stazione Navale Gdf di Venezia ha sequestrato in varie operazioni circa 202 tonnellate di pesce ed alimenti vari. Le operazioni hanno coinvolto anche gli uffici della Finanza di Veneto, Emilia Romagna, Friuli, Marche ed Umbria. Grandi e piccoli imprenditori che a stento arrivano a fine mese. Grandi e piccole aziende che vengono spazzate via da una depressione senza precedente. Ed è proprio il settore edile uno dei più colpiti. E a pagarne le spese sono vite innocenti. Nel 2013, secondo uno studio di Link Lab (laboratorio di ricerca Socio Economica dell’Università degli studi Link Campus University) si è registrato un suicidio ogni due giorni e mezzo. Ben centoquarantanove le persone che si sono tolte la vita, rispetto agli 89 casi registrati nel 2012. Circa un suicidio su due (il 45,6%) riguarda un imprenditore (68 i casi nel 2013, 49 nel 2012) ma, tra un anno e l’altro, si registra un raddoppio del numero delle vittime tra i disoccupati: sono 58 i suicidi tra i senza lavoro, rispetto ai 28 dell’anno prima. Un fenomeno, diffuso purtroppo su tutto il territorio nazionale, che sembra non sia destinato a placarsi. Aumentano, così, di settimana in settimane, le croci nel cimitero della grande crisi. E intanto Renzi chiacchiera. Barbara Fruch Amianto nei capannoni: scatta l’ora dei sigilli Messa in sicurezza un'area di 150mila metri quadrati. Denunciate 18 persone erritorio italiano sempre più avvelenato da criminali senza scrupolo. L’ultima incresciosa vicenda nel barese dove con un’operazione denominata “Danger Zone”, ovvero “Zona pericolosa”, è stato scoperto un sito contaminato da amianto. Si tratta di una vasta operazione di servizio condotta dai Finanzieri del Gruppo Bari a tutela dell’ambiente nelle zone industriali dei comuni di Bari e Modugno, su cui sono stati rinvenuti numerosi capannoni ad uso industriale con coperture in cemento – amianto. Quello che è stato rivelato era l’evidente stato di abbandono, privi di qualsiasi opera di manutenzione ordinaria e/o straordinaria pre- T vista dalla vigente normativa: infatti le strutture presentavano crepe e rotture con dispersione di fibre pericolose per la salute delle persone. In particolare, nel corso di tale attività, sono stati individuati e sottoposti a sequestro appezzamenti di terreno per circa 150 mila metri quadrati, con all’interno tettoie in eternit per circa 60 mila metri quadrati. A seguito del blitz da parte delle forze dell’ordine sono stati denunciati 18 persone ritenute responsabili dell’accaduto. Quindi, in seguito, per le aree sequestrate sono state immediatamente avviate le procedure di rimozione, smaltimento e bonifica. F.Ce. NUOVI SVILUPPI PER IL PORTO DI VENEZIA Grandi navi: nel 2016 l’alternativa a San Marco Dopo la sentenza del Tar arriva l’annuncio del ministro delle infrastrutture Lupi: “Prima di decidere faremo la valutazione dell’impatto ambientale” Ci eravamo dati degli impegni alla Presidenza del consiglio che vorremo mantenere. La strada che sarà individuata dovrà essere verificata e realizzata in termini di risorse e fattibilità per il 2016, speriamo nel maggiogiugno di quell'anno”: questo è quanto ha ripetuto il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi per quanto riguarda l’eventuale strada alternativa che dovrà essere individuato a Venezia per le grandi navi da crociera, evitando Piazza San Marco. "Mercoledì scorso ci siamo visti con il ministero dell'ambiente, prima addirittura della sentenza del Tar, tanto per dire che questo era il percorso, e mercoledì prossimo - annuncia Lupi - ci ritroveremo con i ministri della cultura e dell'ambiente ambiente: in 90 giorni si farà la valutazione di impatto ambientale, secondo le procedure ordinarie. La via ci dirà quale è la strada che può essere intrapresa”. Continua dunque Lupi spiegando anche il perché del 2016 come obiettivo: “perché contemporaneamente avevamo lavorato con molta chiarezza e con molta forza “ con le compagnie di crociera nazionali e internazionali e avevamo deciso un programma che è quello su cui il Tar era intervenuto”. Resta comunque uno per il ministro il punto fermo della situazione: "Dal primo gennaio 2015 - scandisce non potranno più entrare nel canale davanti a San Marco le navi di stazza superiore ai 96 mila tonnellate. Tar o non Tar questa è la duplice strada che abbiamo individuato: la tutela ambientale e il turismo delle crociere visto come una risorsa per il Paese". Per portare a termine il progetto Lupi conferma che non è necessario nessun ulteriore provvedimento governativo: “Sono stati tutti presi - conferma - tutti comunicati e programmati”. È stato fatto riferimento tra l’altro all’ultimo pronunciamento del Tar. “Quando segui un percorso che è giusto nel metodo ogni tanto il governo, le istituzioni e la politica, sono forse avanti rispetto ai tribunali. L'importante è tenere fede a tempi e percorsi. Non servono né gli Adriano Celentano da una parte né i pasdaran dei crocieristi dall'altra”. Francesca Ceccarelli 11 Domenica 23 marzo 2014 Costume LA LOBBY LGBT E L’IDEOLOGIA DA INCULCARE NEGLI STUDENTI, NONOSTANTE I GENITORI E GLI INSEGNANTI “Vicini”: la sit com pro gay e contro la famiglia L’Ufficio anti discriminazioni razziali la vuole diffondere negli istituti italiani, ma c’è chi si oppone duramente di Cristina Di Giorgi cuole italiane gay friendly: è questo l’ormai arcinoto obiettivo della potente lobby Lgbt. Al progetto, già delineato e messo in atto con iniziative quali la diffusione tra i banchi dei più piccoli di fiabe dichiaratamente ed espressamente omosex, si è aggiunto in questi giorni un nuovo capitolo. “L’ultima trovata – si legge in un articolo su Tempi.it – patrocinata dall’Ufficio antidiscriminazioni razziali in occasione della settimana contro il razzismo, è la proposta alle scuole di una sitcom intitolata “Vicini”, in cui si parla di un condominio che accoglie le coppie omosessuali ma non le famiglie con bambini”. Alla faccia della discriminazione. E questa è soltanto una delle tappe di una campagna tanto ben organizzata (sono stati infatti previsti convegni, corsi di formazione per insegnanti e studenti e quant’altro) quanto criticata soprattutto da arrabbiatissimi genitori. Che non sono – a scanso di equivoci è bene ricordarlo e sottolinearlo – razzisti e omofobi, ma semplicemente appunto genitori, ai quali spetta il sacrosanto diritto di decidere come educare i propri figli. O per lo meno di essere consultati quando si tratta di aver a che fare con argomenti difficili e delicati come appunto l’omosessualità. S Sulla questione è poi intervenuto anche il sottosegretario al ministero dell’Istruzione, che ha ripetutamente dichiarato che “l’impronta culturale a senso unico” del materiale distribuito dall’Unar indica che è necessario prendere “provvedimenti per far chiarezza sugli scopi di tale ufficio”. Non basta quindi, secondo Gabriele Toccafondi, bloccare la distribuzione degli opuscoli che introducono nelle scuole (asili compresi) la teoria del gender. Bisogna infatti anche (e soprattutto) capire l’utilità di un Ufficio antidisriminzioni in relazione a temi come l’educa- zione degli studenti e i diritti dei gay. “E’ chiaro – dice ancora Toccafondi in un’intervista – che occorre educare all’accoglienza di ogni persona, combattendo ogni forma di violenza, ma ora sotto la dicitura di lotta alla discriminazione e al bullismo si sta mirando a tutt’altro: all’imposizione della teoria del gender e alla promozione di nuove forme di famiglia. Ancora una volta l’Unar ha destinato alle scuole un filmato ideologico senza il consenso dei genitori, a cui per primi compete l’educazione dei figli”. Un organismo ambiguo quello di- retto da Marco De Giorgi, le cui politiche sono tutt’altro che finalizzate alla diffusione della libertà e dei diritti. “Non c’è giorno che passa – dice ancora il sottosegretario all’Istruzione – in cui non ci siano genitori che vedono lesa la loro libertà di educazione. Non si può usare la scuola come un campo di battaglia ideologico. Occorre che i genitori si riprendano il loro posto e che le scuole glie lo diano, anche perché chi riesce ad incidere di più sono proprio le associazioni o i singoli genitori che si ribellano all’ideologia imposta”. Come Barbara Bianchi, la signora milanese che ha cancellato dai moduli scolastici la dicitura “genitore uno” sostituendola con quella tradizionale di “mamma”. Ed a proposito di legittima ribellione, c’è anche chi ha dato il via ad una petizione on line in cui si richiedono le dimissioni del direttore dell’Unar, reo secondo i promotori di aver diffuso nelle scuole materiale con “il preciso scopo di inculcare negli alunni, dalle elementari alle superiori, l’ideologia gender, con pesanti avvertimenti ai docenti della pericolosità e del ruolo diseducativo di particolari indirizzi dati ai ragazzi niente meno che dalla famiglia, dalla religione e dalla Chiesa”. Ingerenze inaccettabili, anche perché l’Ufficio “agisce in materia non di sua competenza - si legge ancora nel testo della petizione - e viola l’obbligo di imparzialità, essendosi avvalso della consulenza di un gruppo di lavoro (29 associazioni tutte Lgbt) i cui pregiudizi sono stati inseriti” nel materiale prodotto e diffuso, tra l’altro con denaro pubblico. Oltre alla formale nota di demerito che Toccafondi ha detto di aver inviato a Marco De Giorgi e all’esposto dell’Associazione Giuristi per la Vita già inoltrato alla Procura regionale della Corte dei Conti del Lazio, c’è quindi la richiesta di dimissioni del direttore dell’Unar per “condotta inadeguata e faziosa”, fino ad ora sottoscritta da quasi trentamila persone. 12 Domenica 23 marzo 2014 Teatro IN PROGRAMMA AL TEATRO ELISEO DI ROMA FINO AL PROSSIMO 30 MARZO “Oscura immensità”, per una vita senza perdono L’opera è liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Massimo Carlotto di Francesca Ceccarelli Non c’è pietà per chi non ha più una vita”: questo l’incipit di “Oscura immensità” lo spettacolo in scena a Roma, al Teatro Eliseo fino al prossimo 30 marzo. Giulio Scarpati è Stefano Contin, un calzolaio, marito e padre a cui hanno ucciso moglie e figlio durante una rapina ormai quindici anni fa. Autore del crudele gesto il pregiudicato Raffaello Beggiato, portato in scena da Claudio Casadio. Una storia intensa e drammatica diretta da Alessandro Gassmann . Giustizia, vendetta, perdono, pena. Sin dalle prime battute ci si deve subito misurare con un grande dubbio esistenziali del protagonista: “Si può perdonare chi ti ha ammazzato moglie e figlio? Per Contin assolutamente no: non c’è pena per colui che gli ha distrutto la vita, nemmeno di fronte a una malattia incurabile. Lo spazio scenico viene diviso tra i due protagonisti che si cimentano con due monologhi incrociati, perfettamente cuciti tra loro, che permettono di conoscere a fondo i punti di vista di vittima e carnefice. Due vite che sembrano non avere nulla in comune arriveranno a convergere in un unico dramma: quello della morte, di un’ “Oscura immensità”. Uno spettacolo innovativo dal punto di vista della scenografia: suoni e “ videografie puntuali che sottolineano ricordi e racconti dei personaggi impegnati nel resoconto dei loro ultimi quindici anni di vita. Location mobili che si fanno spazio sul palco vicendevolmente per creare la giusta empatia tra personaggio e rac- conto: ora ci si trova in una bottega di un centro commerciale, ora in un’angusta cella o nella stanza di una prostituta segnata dagli anni. Il registro è quello comune, dei giorni nostri: nessuna volgarità per un linguaggio che comunque si tiene ben radicato nella realtà che sta descrivendo. Quindici anni di odio, astio e apatia per il padre vedovo; altrettanti di forzata non-vita in galera, per il pluriomicida malato terminale. Vittima e carnefice diventano l’uno specchio dell’altro: sia per Contin che per Beggiato, l’esistenza ha perso di senso dopo quel tragico fatto. Vite spezzate, vissute ai margini della società che avrebbero una seconda possibilità se solo uno dei due cedesse lo spazio al perdono. Ma non è possibile, a meno che non si trovi un giusto compromesso. Nel momento in cui infatti Contin riesce a sapere il nome dell’esecutore materiale del delitto tutto cambia: c’è modo di perpetrare vendetta e quindi trovare pace. Ma è realmente così? Può la violenza rispondere ad altra violenza? E’ in grado un essere umano, al di là della retorica filosofico-religiosa, di perdonare senza provare rancore? E ancora, cosa si prova un attimo prima di morire? Esiste davvero questa “oscura immensità” che la moglie di Contin urla prima di spirare per sempre? Può anche l’uomo più innocuo trasformarsi in una bestia feroce? Alessandro Gassmann riesce a costruire uno spettacolo che racconta un dramma, un noir in piena regola: non ci sono risposte, ma solo domande che generano altre domande. Il sipario si chiude e ci si alza chiedendosi se valga davvero la pena portarsi rancore o lasciare che il destino faccia il suo corso. Questione di coscienza, di “immenso amore” nei confronti di sé stesso. ROMA: DAL 25 MARZO AL 6 APRILE AL TEATRO ARGENTINA, IL REGISTA E ATTORE PROPONE UN RICCARDO III DA NON PERDERE Shakespeare, la prima volta di Alessandro Gassmann L’artista porta in scena la tragedia di cui fu protagonista il padre, il grande Vittorio, nel 1968 di Emma Moriconi na rilettura di un classico come il Riccardo III di Shakespeare ad opera di Alessandro Gassmann, per la prima volta alle prese con il Bardo nella duplice veste di attore e regista, è un appuntamento al quale non si può mancare. Gli elementi per uno spettacolo da brivido ci sono tutti: prima di tutto l’opera, immortale, profonda, intensa. Poi lo spirito di Gassmann, degno figlio d’arte, che profonde un’opera già di per sé meravigliosa dotandola di un approccio personalizzato che merita la dovuta attenzione. L’appuntamento è al Teatro Argentina di Roma dal 25 marzo al 6 aprile. Un ruolo, quello di Riccardo III, che il padre di Alessandro, Vittorio, interpretò diretto da Luca Ronconi nel 1968. Torna dunque sul palcoscenico la deformità fisica, specchio di quella morale e spirituale del crudele Riccardo, la sua smania di potere: per rendere la profondità di questa doppia deformità, Gassmann sceglie una forma allungata, fuori misura, che va a sostituire la classica gobba ormai entrata nell’uso. L’altezza, dunque, che ha un non so che di mostruoso, che giganteggia sugli altri, che incombe minacciosa. Dice Gassmann nelle note di regia: “Ho sempre avuto nei riguardi del Bardo, forse per U gigantesche ombre familiari, un certo distacco, un approccio timoroso e le messe in scena dei suoi capolavori, lo confesso, non sono mai riuscite a coinvolgermi del tutto, forse per la difficile sintonia con un linguaggio così complesso e articolato ma anche, in molte traduzioni, oscuro e arcaico. Un “ostacolo” che mi ha sempre impedito di immaginare una messa in scena in grado di restituire l’immensa componente poetica ed emozionale e allo stesso tempo di innervare di asprezza contemporanea il cuore pulsante ed immortale dell’opera shakespeariana attraverso il registro comunicativo a me più congeniale, ovvero quello della modernità e dell’immediatezza.” Shakespeare è complesso, intenso, indaga l’animo umano nei suoi aspetti più aulici e in quelli più foschi, passando dagli amori più grandi agli odi più cupi, dalle gioie più esaltanti al furore più cieco, dall’ebbrezza della passione amorosa a quella di furore violento e totalizzante, permea i suoi personaggi di pulsioni intense, assolute, ciascuno di essi possiede qualcosa, ed è sempre qualcosa di totalizzante e permeante, nel bene o nel male. La grandiosità di William Shakespeare sta in questo suo riuscire a scavare fino in fondo nell’animo umano, a trovarvi gli anfratti più nascosti e a tirarli fuori in tutta la loro veemenza, tutto è espresso al massimo grado. Riccardo III è una delle opere maggiormente significative di Shakespeare, costituendo un vero e proprio tuffo negli anfratti più oscuri dell’anima. Ed ecco che nella classicità, bisogna dirlo sempre attuale nei contenuti, di Shakespeare, che continua a mettere l’uomo di fronte a se stesso, Gassmann porta la sua spinta innovativa, dal sapore contemporaneo, grazie anche all’adattamento di Vitaliano Trevisan che rende, dice lo stesso Gassmann, ‘chiara e avvolgente la trama, mantenendo l’assoluta fedeltà all’originale per utilizzare un linguaggio comunemente parlato che permetterà di recitare in maniera che Shakespeare torni a parlare alla gente, come era in origine’. Un adattamento che è anche una riduzione: i personaggi, quaranta nella versione originale, diventano dieci: ci sono Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Manrico Gammarda, Emanuele Maria Basso, Sabrina Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta Richeldi, Sergio Meogrossi e Paila Pavese nel ruolo della Duchessa di York. La colonna sonora è composta da Pivio & Aldo De Scalzi, con brani di Ray Charles e dei Dire Straits, scene e proiezioni di Giankuca Amodio, costumi di Mariano Tufan.