Anno III - Numero 70 - Domenica 23 marzo 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Governo Renzi
Economia
Anniversari
La ricetta Padoan?
Tagli e privatizzazioni
Tasse locali alle stelle,
suona un altro allarme
Piazza San Sepolcro:
tra storia e mito
a pag. 2
a pag. 3
a pag. 5
EDITORIALE DELLA DOMENICA
di Roberto Buonasorte
u una cosa credo tutti
sono d'accordo, oggi
in Italia regna una
confusione enorme.
C'è confusione tra i
giovani, sempre più preoccupati per il loro futuro; c'è
tra gli imprenditori, disperati
perché oltre a preoccuparsi
dei debiti, impazziscono perché non riescono a riscuotere i crediti.
C'è tanta confusione in politica, a causa di un presidente del Consiglio bugiardo e spericolato.
Anche la nostra comunità
si interroga, ormai lo fa da
mesi, ci si sforza per capire
se sarà possibile ricostruire
un mondo, aprire una grande casa dove poter tornare
a fare politica con passione
ideale e civile, e ci si interroga anche per capire quali
saranno i percorsi di ciascuno .
Certo, continuano incessanti
gli incontri, alcuni pubblici
altri più riservati, tra strette
di mano, mediatori e sorrisini qualcosa si muove, ma
questo non basta.
Il Paese dicevamo, è allo sbando,
e Renzi dice a Bruxelles il contrario
di quello che dice a Roma, alla
S
del partito a Torino per presentare il cartello elettorale
"Destre Unite" che debutterà
alle regionali piemontesi,
oggi a Milano per una importante riunione dei quadri
lombardi.
In questo fine settimana abbiamo registrato l'appello
della Meloni, che evidentemente riconosce l'essenzialità del nostro mondo ai
fini della ricostruzione della
destra italiana.
Certo non c'è nulla di definito, ma è pur sempre un
primo ed importante passo
in avanti verso un obiettivo,
che se abbiamo compreso
bene, dovrà essere comune,
bisognerà capire anche le
tecnitalità proposte, e, se si
tratta di un percorso, capirne l'approdo.
Per questo Storace mi ha
detto che ne parlerà sabato
al nostro Comitato Centrale,
e comunque in quella sede
una decisione va presa, subito e chiara.
Appello e contrappello
dunque, capire cioè se la
sera nella camerata ci si
ritroverà tutti insieme o se
si è perso qualche pezzo
per strada. Anche se oggi come
tutti sanno non c'è più la naia obbligatoria ...
CONTRAPPELLO
Direzione del suo partito il contrario di ciò che aveva detto a Napolitano; alle parti sociali l'opposto
dell'impegno preso con le categorie produttive.
Insomma, una Babele enorme, e a
destra bisognerebbe saperne approfittare.
Ieri sono stato con il segretario
PAOLO E LUCA RISCHIANO DI AGGIUNGERE LA BEFFA AL DANNO
IN CRIMEA I BLINDATI DI PUTIN OCCUPANO L'ULTIMA BASE DEGLI UCRAINI
Due Marò, prove tecniche
di satira fuori luogo
di Cristina Di Giorgi
Q
RUSSIFICAZIONE AVVENUTA
a pag. 7
UNA SIGNIFICATIVA NOVITÀ ALLE ELEZIONI REGIONALI DEL PIEMONTE
Destre Unite:
la lista c’è
on poteva che iniziare dal Piemonte,
“nocciolo” dell’unità d’Italia, l’avventura
di Destre Unite. La lista che racchiude
La Destra, Fiamma Destra Sociale e Futuro e
Libertà è stata ufficialmente presentata ieri a
Torino, nel corso di una conferenza alla quale
hanno partecipato Francesco Storace, Luca
Romagnoli, Adriana Poli Bortone, Max Panero,
e Roberto Menia. Sullo sfondo il moderno
logo elettorale che verrà adottato con un obiettivo: dare un riferimento all’elettorato di destra
per far sì che la Regione-chiave del Nord Ovest
italiano non sia consegnata alla sinistra.
N
uando la satira scade
nel cattivo gusto non è
più divertente presa in
giro. E questo vale in particolare quando lo scherzo riguarda persone che subiscono da tanto – troppo - tempo
una profonda ingiustizia. E’ il
caso dei due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone, che verranno imitati da Luca Bizzarri
e Paolo Kessisoglu nella prossima puntata del loro nuovo
programma. I due comici
hanno infatti pubblicato sui
social network alcune fotografie scattate durante le prove dello show. In esse appaiono in divisa e, come titolo
esplicativo, c’è la frase “nel
frattempo a Nuova Delhi”.
Non appena diffusi, gli scatti
hanno suscitato reazioni e
commenti decisamente e
giustamente critici diretti ai
due “comici”. Tra i numerosi
tweet di commento alle immagini postate, c’è chi ha
scritto “dovete solo vergognarvi”. E alla risposta di
Luca Bizzarri che chiedeva
di cosa si sarebbe dovuto
vergognare, un utente ha risposto: “di prendere in giro
uomini che rischiano la vita
e non vedono da mesi le
proprie famiglie. Penso ci sia
poco da ridere”. E ancora:
“questa non è satira, questa
è demenza”.
Al di là dei toni forti di tali
considerazioni, va detto chiaramente che la libertà di
pensiero e di espressione
non può e non deve mai costituire un alibi dietro il quale
nascondersi nel mettere in
atto comportamenti volutamente offensivi. Soprattutto
se a farne le spese sono persone che, con una compostezza e una dignità che in
molti al posto loro non avrebbero saputo dimostrare, hanno dato a un’Italietta fintamente libertaria una lezione
di stile e di amor di Patria.
Concetti forse sconosciuti ai
più. Valori dimenticati che
non meritano la becera ironia
di una comicità che fa ridere
soltanto chi non sa cosa sia
il rispetto.
2
Domenica 23 marzo 2014
Attualità
“CARTOLINE” DA CERNOBBIO: TAGLI IN VISTA PER MOLTI SETTORI, MA GUAI A T OCCARE I CONT I…
Padoan: forbici e gioielli di famiglia
Il Ministro dell’Economia: ”Accelereremo sulle privatizzazioni di Letta, ma ne stiamo già approntando di nuove”
di Robert Vignola
ambi di governi, passaggi
della campanella con sguardi in cagnesco, Paesi che
cambiano verso: per fare
cosa? Procedere in perfetta
continuità con il passato. Se non si
può dire che il ministro dell’Economia
Pier Carlo Padoan sia stato particolarmente loquace in queste settimane,
ieri il quadro è cambiato. Il rituale
meeting di Cernobbio è stata infatti
la platea scelta per lanciare segnali,
messaggi e indicazioni: ma chi si attendeva di ascoltare almeno una parola nuova, è andato profondamente
deluso. Tagli e privatizzazioni, crescita
fragile e guai a toccare i conti pubblici.
Questo il mantra, dal quale gli occupanti di via XX Settembre degli ultimi
anni, qualunque sia il loro aspetto e
cognome, non sono capaci di scostarsi. Ci si
divide solo u quanto devono durare, che poi
è il neanche troppo lontano riflesso dell’aspettativa di vita dei vari governi di appartenenza.
Ed ecco che secondo Padoan le misure dell’esecutivo “hanno un orizzonte temporale di
medio periodo. Non ha senso pensare a
C
riforme che non abbiano questo orizzonte
temporale”. La tempistica, insomma, punta
alla fine della legislatura: traguardo “ambizioso”,
per usare le parole della Merkel… Ma l’obiettivo, l’obiettivo qual è? E quali sono le leve da
azionare per realizzarlo? Si riesce, qui ad
essere ambiziosi? “Non abbiamo alternativa:
dobbiamo crescere, recuperare competitività
e creare buona occupazione. Il tutto senza
mettere a rischio i conti pubblici”, la risposta
di Padoan a chi si dovesse azzardare a porre
questi quesiti. Insomma: la solita brodaglia.
Con una certezza però: l’attenzione sui tagli.
Nuova sfilza di domande. Saranno veri? Saranno
strutturali? E soprattutto, quanto saranno dolorosi? Padoan dice che
“non stiamo parlando di tagli di carattere lineare. La dimensione delle
risorse è fondamentale per cercare
di ridurre il carico fiscale e si può
fare solo se si finanzia con una riduzione permanente di spese. Un principio fondamentale per il successo
della spending review – aggiunge il
ministro – è che la scelta delle priorità
devono coprire un’ampia gamma
d’interventi, perché si deve aggredire
l’inefficienza a vari livelli, ma non è
un’azione punitiva”. Tutto e niente.
All’insegna del “chi vivrà vedrà”.
Con Cottarelli (è la cronaca di qualche
ora fa) che dice una cosa e Renzi
che lo smentisce subito dopo.
Intanto, però, la parola d’ordine è
privatizzare. Tanto che Padoan intende, in piena continuità con il defunto esecutivo, accelerare il pacchetto di
vendite ideato dal governo Letta. Aggiungendo pure che è già in lavorazione “un
nuovo piano di privatizzazioni”. Poste, Eni,
Finmeccanica? Le Ferrovie dell’emigrante
Moretti? Chi più ne ha più ne metta: del doman non v’è certezza…
VERSO LE ELEZIONI: LE GRANDI MANOVRE DENTRO FORZA ITALIA
Berlusconi prepara una campagna“porta a porta”
di Barbara Fruch
sclude la candidatura dei figli
alle europee, parla d’Europa,
della magistratura, di un Italia
“preoccupante”, auspicando il coinvolgimento degli “anti-politici”. È
un Berlusconi a tutto campo quello
che ha parlato ieri a Roma alla
prima conferenza dei club Forza
Silvio all’Auditorium Seraphicum.
Un’ora sul palco per infiammare la
platea dei “fedelissimi”: la sua prima
uscita pubblica dopo la sentenza
di condanna della Cassazione che
ha confermato l’interdizione dai
pubblici uffici nell’ambito del processo Mediaset.
Il non più Cav, commenta le voci
rimbalzate negli ultimi giorni su
E
una possibile candidatura delle figlie
Barbara e Marina alle prossime elezioni europee. “Sono tutte invenzioni
– risponde Silvio Berlusconi ai giornalisti – I miei figli non saranno candidati nelle liste per le europee”.
Segna così un’altra tappa del cammino verso le prossime elezioni indicando la via per convincere gli
italiani a rinnovare la fiducia nel
centro-destra. Non più attraverso le
tv o i giornali, perché sono guardati
ormai solo dagli addetti ai lavori,
ma i social network e, appunto, i
club Forza Silvio. “Da noi troppe
persone seguono nel voto simpatie
personali. Casini è un bell’uomo, lo
votano perché piace alle signore.
Ma gli italiani non pensano al bene
del Paese che è dato da due forze
in campo che si alternano”. Per vincere, spiega Berlusconi, bisogna
convincere i delusi. “Gli ultimi sondaggi dicono che alle europee andrà
a votare il 46-47% dei cittadini: un
terzo dei voti va a noi e ai nostri alleati, un altro al Pd e ai comunisti (il
Pd,ndr) e un altro a Grillo. Il 50% di
chi non ha ancora deciso come lo
convinciamo? Servono i social network ma anche il contatto diretto
che può avvenire tramite i club”.
Il leader di Forza Italia, sondaggi
alla mano, vuole dunque intaccare
quei 24-26 milioni di elettori che
“si possono convincere”. “I giovani
con i social network, quindi dobbiamo irrobustire la nostra presenza
sui social network – spiega ancora
Berlusconi – Poi ci sono gli anziani
da convincere, che sono il 33% e
l’unico modo per arrivare a convincerli è il contatto diretto e non
c’è altro modo che i club e le sentinelle del voto”.
Dal palco un’analisi approfondita
su un’Italia che definisce “molto
preoccupante”. “Negli ultimi vent'anni – ha spiegato – abbiamo avuto
quattro colpi di Stato con un governo
eletto dai cittadini sostituito da un
esecutivo che i cittadini non conoscono senza passare dalle urne”. Il
presidente del Consiglio, continua
Berlusconi, in Italia “non ha poteri,
può togliersi la giacca e restare in
camicia bianca quando tutti rimangono con la giacca, ma non ha potere. L’unica cosa che può fare è
scrivere l’ordine del giorno nel Con-
siglio dei ministri. Bisogna fare le
riforme e la prima in assoluto che
va fatta è il cambiamento dell’assetto
istituzionale del Paese”.
Non poteva mancare un passaggio
sulla magistratura. “La magistratura
è diventato un super potere, anzi
un contropotere dello Stato che
tiene sotto di sé gli altri due poteri
che sono quello parlamentare e
quello esecutivo”.
LO ZOO DI SPIDERITA
Il grande ingannatore di palazzo Chigi
C
i sono tanti modi di essere
in politica quando si è giovani;
il primo è essere giovane
anagraficamente ma vecchio nel
modus operandi, il secondo è essere giovani ed avere l’entusiasmo
e la passione di cambiare il Paese
pur non avendo esperienza alcuna,
il terzo é essere giovani e intravedere una remunerativa carriera e
sistemazione professionale attraverso un’utile scorciatoia ed infine
essere giovani e sentirsi determinanti pensando di essere gli unici
a poter salvare la baracca ma soprattutto, per sottovalutazione del
quoziente intellettivo altrui, che
nessuno si accorga mai delle bugie
che diciamo.
A quale di queste categorie appartiene Renzi? Pensiamoci un
po’. Aveva detto di sostenere il governo Letta e non
lo ha fatto, anzi lo ha silurato. Aveva detto che mai
sarebbe andato a presiedere
il governo se non dopo libere elezioni, e non lo ha
fatto ma ci si è proprio
messo. Quando vinse le
primarie aveva detto di dedicarsi al suo partito e non
lo ha fatto, asserendo che
un governo di larghe intese era
un’eccezione e non una regola
ma poi ha rifatto il governo con
Alfano. Aveva detto dopo la vittoria
di Bersani alle precedenti primarie
di voler evitare scontri nel partito
e ipocrisie che in passato avevano
mandato a casa Prodi per ben
due volte e non lo ha fatto. Aveva
dichiarato di essere stanco dell’Europa che vessa i popoli, e non
lo ha fatto; ha poi accettato come
ministro dell’economia Padoan,
tecnico che conosceva a malapena
e che mai accetterà di ridiscutere
i trattati europei. Aveva detto che
avrebbe incaricato solo 10 ministri
e non lo ha fatto, ne ha nominati
16 con una schiera infinita di
sottosegretari altro che governo snello!
Era sempre stato un grande
oppositore dei doppi incarichi
ed ora oltre a presenziare palazzo Chigi mantiene inalterata
la sua posizione al Nazareno.
Voleva rottamare i vecchi del
suo partito e poi ci va a presentare i libri insieme brigando
per un loro rientro nella politica
magari con un alto incarico europeo per garantirsi una nomenclatura di sostegno alla struttura. Si
è persino sbracciato ed ha finto di
battere i pugni sul tavolo alla
Merkel per ribadire invece che
avrebbe rispettato tutti i parametri
del fiscal compact, anziché fare
rivedere il tutto a favore della
nostra Italia come asseriva nei
giorni scorsi. Aveva detto che i
colloqui con la Cancelliera erano
andati benissimo e che eravamo
in ripresa per poi essere smentito
un secondo dopo da Squinzi, presidente della Confindustria.
Eh no, caro mio, questo non è il
premier che vogliamo, di bugie
siamo stanchi, vabbé che in politica
di solito la coerenza non è di casa,
ma in questo caso la lista è troppo
lunga e pesante, se ci sei batti un
colpo, tu da buon cattolico sai
che le bugie sono un peccato veniale ma dal bugiardo si pretende
almeno buona memoria e cerca di
fare in modo che la lealtà, la
sincerità nel tuo Paese costruito
sulle bugie, non diventino mai
una malattia. Vade retro Renzi.
Via Giovanni Paisiello n.40
00198 Roma
Tel. 06 85357599 - 06 84082003
Fax 06 85357556
email: [email protected]
Direttore responsabile
Francesco Storace
Amministratore
Roberto Buonasorte
Direttore Generale
Niccolò Accame
Capo Redattore
Igor Traboni
Progetto grafico
Raffaele Di Cintio
Società editrice
Amici del Giornale d’Italia
Sito web
www.ilgiornaleditalia.org
Per la pubblicità
Responsabile Marketing
Daniele Belli
tel. 335 6466624 - 06 37517187
mail: [email protected]
-----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma
n° 286 del 19-10-2012
3
Domenica 23 marzo 2014
Economia
IL PRESIDENTE SANGALLI AMMONISCE: DAL 1990 IMPOSTE AUMENTATE DEL 650%
Confcommercio:“Troppe tasse locali”
Secondo gli ultimi dati il problema risiede nel federalismo fiscale che va modificato
di Francesca Ceccarelli
forte l’appello lanciato dal
presidente di Concommercio Carlo Sangalli: bisogna rivedere il federalismo fiscale, in considerazione soprattutto del fatto che il
prelievo relativo ai tributi locali è
cresciuto nel 2012 del 7,8% sul 2011
e del 650% sul 1990. “Nell’affollata
arena fiscale i tributi locali - spiega hanno fatto la parte del leone. Il prelievo è cresciuto nel 2012 del 7,8%
rispetto al 2011, del 650% rispetto
al 1990. Non solo questo ha contribuito ad aggravare la crisi economica,
ma ha creato anche un pericoloso
clima di incertezza come dimostra,
per esempio, il travagliato passaggio
Imu-Tasi. L’assenza di un efficace
coordinamento tra diversi livello di
Governo comporta un incremento
fuori controllo del carico fiscale complessivamente sopportato da famiglie
e imprese” fa notare Sangalli che insiste: “questo federalismo incompiuto
e disordinato necessita di una pro-
È
fonda revisione. Chiediamo al Governo di procedere con decisione
in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e alle
imprese”.
E’ senza dubbio per l’economia italiana la peggior recessione, quella
dal 2008 al 2013 con la perdita di
prodotto di oltre 127 miliardi di euro
(-8,5%) e un calo di occupazione
superiore a 1,7 milioni di unità (-
6,9%). Nello stesso periodo la manovra di finanza pubblica ha sempre
aumentato il livello delle tasse. In
quota di Pil, l'aumento delle imposte
attribuibile al Governo è stato, nel
periodo considerato, pari al 3,5%.
Nel periodo 2008-2013, il trend negativo del ciclo economico avrebbero
giustificato un aumento delle imposte
sulle famiglie limitato allo 0,4% annuo.
In termini cumulati, a fine 2013 il
livello di imposizione sulle famiglie
è giunto a registrare aumenti dell'8,3%
e del 10%, a seconda che si escluda
o meno la tassazione patrimoniale.
La recessione del Pil avrebbe giustificato un aumento non superiore
al 2,5%.
Una situazione dunque, quella italiana,
ormai al collasso: tra il 2008 e il
2013, nel bel mezzo della crisi finanziaria, le manovre di finanza pub-
blica hanno portato solo a un ulteriore
aggravio di imposta per il sistema
economico italiano di circa 56 miliardi.
La causa? Più l’economia entrava in
crisi, più si è fatto ricorso alla leva fiscale. Il risultato è un forte aumento
delle imposte sulle famiglie pari
all'1,6% medio annuo, più del triplo
di quanto sarebbe stato necessario
per non peggiorare ulteriormente
gli andamenti negativi del ciclo economico (cioè lo 0,4% annuo); questo
significa che, tra il 2008 e il 2013, il
livello di imposizione sulle famiglie
è aumentato del 10%.
Ancora una volta le famiglie italiane
a pagare lo scotto del mal Governo
dovendo subire una maggiore tassazione e perdita di potere di acquisto
a causa dell'incremento dell'inflazione
determinato dall'aumento delle imposte indirette; dunque, tra il 2008 e
il 2013 le risorse a disposizione delle
famiglie si sono ridotte, complessivamente, di oltre 70 miliardi. Questa
la fotografia dell’analisi Confcommercio-Cer sull'andamento della
pressione fiscale in Italia dall'inizio
della crisi ad oggi.
IN PERIODO DI TAGLI SI FA ECONOMIA ANCHE PER QUANTO RIGUARDA LE QUATTRO RUOTE
La crisi lascia l’Italia a piedi
Quasi 100mila auto in meno: trend positivo solo per Trentino, Piemonte, Toscana e Lazio
a crisi economica sta
facendo diminuire il
parco circolante con
una conseguente ‘demotorizzazione’ del Paese: è questo quanto afferma un report
del Centro Studi Continental
su base Aci. A fronte di
1.308.922 nuove immatricolazioni nel 2013, infatti, vi
sono state 1.407.790 radiazioni, con un saldo negativo
L
di 98.868 unità. La tendenza
ad abbandonare le quattro
ruote trova conferma nei dati
di quasi tutte le Regioni italiane, tranne Trentino, Piemonte, Lazio e Toscana. In
queste quattro regioni, il parco circolante di autovetture
è cresciuto nel 2013 con aumenti che vanno dalle 52.392
unità del Trentino alle 25.702
della Toscana. In tutte le altre
Regioni italiane è stato registrato un calo: più moderato in Emilia Romagna (1.625 unità), Valle d’Aosta (2.545 unità) e Molise (-3.361
unità) e molto accentuato in
Sicilia (-30.752 unità), Puglia
(-50.284 unità) e Campania
(58.664 unità).
Il processo di demotorizzazione non è però quasi
esclusivamente meridionale,
dato che anche in Friuli Venezia Giulia, Lombardia e
Veneto il saldo tra nuove immatricolazioni e radiazioni
è fortemente negativo. “Questo fenomeno – commenta
il Centro Studi Continental
– deriva dalla crisi che spinge gli italiani a rinunciare
all’automobile, sia perché
non sono in grado di affrontare la spesa di sostituzione
di un’auto ormai non più utilizzabile, ma anche perché
i costi di gestione (carburante, assicurazione, manutenzione, ecc.) sono sempre
più alti.”
A portare alla scelta, ancora
minoritaria, di abbandonare
l’automobile, sono le crescenti difficoltà economiche
che causano in molti casi
l’impossibilità di circolare
poichè in mancanza dell’assicurazione o perché senza
le adeguate condizioni di
sicurezza del veicolo.
Questo è il quadro che emerge dai risultati dei controlli
sempre più frequenti effettuati proprio su questi aspetti
dalle forze dell’ordine. “Tali
comportamenti sono da stigmatizzare – sottolinea il Centro Studi Continental – perché occorre che gli autoveicoli siano sottoposti a controlli periodici per garantire
la sicurezza della circolazione. E non vanno dimenticati quegli accorgimenti ‘volontari’ che non costano nulla
e che possono dare un contributo importante sia alla
sicurezza che all’ambiente
che al contenimento dei costi
di esercizio degli autoveicoli,
quali, per esempio, il controllo periodico dello stato
e della pressione degli pneumatici”.
F.Ce.
ANCORA NUOVI CAPITALI STRANIERI IN ITALIA
Acquisto da record per Blackrock: 160 milioni per Mps
Il colosso americano del risparmio gestito ha puntato su Montepaschi
talia, terra di santi, poeti, navigatori e aziende in
vendita. A contendersi sempre più spesso il
ricco bottino Russia e Stati Uniti, ancor più
dopo le tensioni create dalla riannessione della
Crimea alla Federazione Russa. L’ultimo colpo del
gruppo russo Rosneft è stato quello di sborsare
500 milioni per subentrare a Clessidra (il fondo di
private equity fondato nel 2003 dall’ex banchiere
d’affari di Morgan Stanley e poi Ceo di Fininvest
Claudio Sposito) e in parte a Unicredit e Intesa
Sanpaolo per mettere le mani sul 13,1% di Pirelli
& C. diventando il primo azionista della Bicocca,
anche se gli accordi tra azionisti dovrebbero consentire il mantenimento dello status quo per altri 5
anni (conservando a Marco Tronchetti Provera e ai
suoi manager la gestione operativa del gruppo).
Sempre i russi sarebbero pronti ad arrotondare la
partecipazione (20,989%) in Saras, società al momento
saldamente in mano alla famiglia Moratti (i fratelli
Massimo e Gian Marco possiedono entrambi il
25,011%, mentre un 2,024% è detenuto dalla stessa
Saras come azioni proprie). Una partecipazione conquistata a caro prezzo nel giugno dello scorso anno:
1,37 euro per azione (pari a meno di 180 milioni di
euro complessivi) contro gli 1,207 euro della chiusura
odierna del titolo a Piazza Affari (dove proprio le voci
I
di una possibile nuova mossa dei russi ha fatto salire
le quotazioni del 9,7%). Altri gruppi russi hanno
comprato negli anni ulteriori pezzi dell’industria petrolifera (la raffineria Isab di Siracusa, ceduta dalla famiglia Garrone, proprietaria di Erg, alla Lukoil per 20
milioni a fine 2013) e dell’acciaio (il gruppo Lucchini,
rilevato da Seversel tra il 2005 e il 2010 per un
esborso di 695,2 milioni.
Nel frattempo si sono messi in moto anche gli americani: General Electric, controllata GE Capital aveva
acquisito nel 2009 Interbanca per circa 900 milioni
di euro, ha rilevato nel dicembre del 2012 da Finmeccanica e Cinven, tramite Nuovo Pignone Holding
(ex società dell’Eni a sua volta ceduta agli americani
fin dal 1993) la divisione Aeronautica di Avio Spa
per 3,3 miliardi di euro (le residue attività della
divisione Spazio restano per ora in mano a Finmeccanica e Cinven, ma potrebbero essere cedute per
300-400 milioni alla francese Safran nei mesi prossimi). Oggi il maggior attivismo è di investitori
finanziari come BlackRock, già una delle principali
società di gestione del risparmio a livello mondiale,
con un patrimonio sotto gestione, tra gestioni individuali per clienti istituzionali, fondi comuni ed Etf,
che a fine 2013 era arrivato ad oltre 4.012 miliardi,
di cui quasi 2.318 miliardi in azioni.
BlackRock, che dal novembre 2012 ha deciso di avvalersi dell’esenzione dall’obbligo di comunicazione
delle partecipazioni sotto il 5% detenute nell’ambito
dell’attività di gestione del risparmio (come un altro
fondo americano, AllianceBernstein, ma limitatamente
a Telecom Italia), è presente “in chiaro” in Unicredit
(5,246%), Intesa Sanpaolo (5,004%), Mps (BlackRock
ha annunciato ieri di possedere una quota del
5,748%), Azimut (5,004%) e Prysmian (5,006%).
Negli ultimi mesi il fondo ha inoltre comunicato di
essere calato nel capitale di Telecom Italia al 4,813%
e al 4,953% in quello di Atlantia (società che controlla
Autostrade per l’Italia), ma non è detto che le quote
non siano poi state ulteriormente movimentate.
Dietro a BlackRock grandi nomi della finanza americana:
tra le partecipazioni più importanti, AllianceBernstein
con una quota dell’1,20% in Fiat Industrial e dello
0,13% in Saipem, Jp Morgan che ha il 14,75% di
Arena, il 2,25% di Azimut e il 2,527% di Mps, il
3,53% di Banco Popolare, lo 0,95% di Interpump e
lo 0,07% di Genearli, mentre Morgan Stanley ha lo
0,19% di Autogrill e uno 0,83% di Moncler. Vanguard
ha il 4,08% di Fiat, il 2,41% di Prysmian, il 2,18% di
Unicredit, il 2% di Generali, l’1,73% di Intesa Sanpaolo
e di Terna, l’1,52% di Finmeccanica, l’1,45% di
Saipem, l’1,43% di Enel, l’1,34% di Banca Popolare
di Sondrio, l’1,31% di Mps, l’1,26% di Telecom
Italia, l’1% di Mediaset, lo 0,85% di Azimut, lo 0,89%
di Interpump, lo 0,68% di De Longhi e lo 0,67% di
Autogrill. E poi ancora: Threadneedle ha il 2,175% di
Banca Generali e l’1,46% di De Longhi, Market Field
Asset Management ha il 7,006% di Buzzi Unicem,
l’1,87% di Fiat e lo 0,53% di Generali, Templeton è
presente col 6,78% di Prysmian, il 3,27% di Unicredit,
l’1,34% di Azimut, l’1,18% di Intesa Sanpaolo.Infine
Fidelity ha il 12,65% di Interpump, il 3,91% di De
Longhi, il 3,73% di Azimut, lo 0,98% di UniCredit, lo
0,88% di Finmeccanica, lo 0,39% di Moncler, lo
0,10% di Telecom Italia, lo 0,07% di Fiat, di Generali
e di Terna e lo 0,055 di Mps.
Per ora si stima che i fondi a stelle e strisce detengano almeno 82 miliardi di euro di titoli italiani,
pari al 22,7% della capitalizzazione di Piazza Affari
e ad oltre il 5% del Pil italiano. Cifre da capogiro
che riducono il Belpaese a merce d’alta qualità:
peccato se ne accorgano tutti fuorchè gli italiani.
F.Ce.
4
Domenica 23 marzo 2014
Storia
LA MORTE DEL GENERALE RESTA UN GIALLO IRRISOLTO: SUICIDIO O ASSASSINIO? TANTE LE DOMANDE RIMASTE SENZA RISPOSTA
Cavallero, il ‘memoriale’ e la vendetta di Badoglio/2
Un mistero lungo settant’anni, probabilmente destinato a rimanere tale, avvolge la fine del discusso personaggio
di Emma Moriconi
onna Rachele, moglie
di Benito Mussolini, che
di guerra e di politica
forse capisce poco, possiede in compenso un
grande sesto senso. È nota la sua
avversione per il genero Galeazzo,
meno noto forse il suo pensiero
su altri personaggi che si sono
avvicendati nel corso della vita
di Mussolini intorno alla sua figura.
Rachele è verace romagnola, sanguigna, istintiva, diretta. Non le
manda certo a dire e, a onor del
vero, in più circostanze, forse, Benito farebbe bene ad ascoltare i
suoi suggerimenti …
Ecco cosa racconta la moglie del
Duce a Bruno d’Agostini nel 1946:
‘Ce ne stavamo alla Rocca, e lui
era malato, soffriva allo stomaco,
e io stavo sulla porta, non so cosa
facevo, quando ti vedo arrivare
nel cortile quella bella faccia di
Cavallero, che già stava manovrando sotto sotto. Mi fa un saluto,
molti complimenti, donna Rachele
di qua, donna Rachele di là, e poi
dice che vuole parlare con mio
marito. ‘Con mio marito?’ dico ‘Ditelo a me quel che avete da dire,
brutto birbante, furfante, farabutto
e traditore, questo mica è palazzo
Venezia, qui comando io’.
Rachele, come al solito, non sbaglia. Il 21 luglio 1943 sulla scrivania di Roberto Farinacci giunge
una lettera: ‘Fa sempre maggiore
D
attenzione – gli scrive Cavallero
– Grandi e compagni congiurano
per scalzare Mussolini; ma il loro
gioco sarà in ogni modo vano,
perché Casa Reale conduce, con
il duca Acquarone, la lotta per
conto proprio’.
Dal diario del maresciallo Caviglia: ‘quante novità! La più interessante è che Cavallero preparerebbe la sua successione a Mussolini abbastanza apertamente,
sicché sorgono attriti con Grandi,
con Bottai, con Farinacci, tutti candidati alla successione …’.
Poveri illusi, tutti.
Il solo a restare in sella – semplicemente perché più falso ed abile
degli altri – si chiama Pietro Badoglio. Che con Cavallero ha un
conto aperto dai giorni di Caporetto. Non appena il maresciallo
diventa primo ministro, ne ordina
l’arresto. Grazie all’intercessione
di Vittorio Emanuele, alquanto indignato per la decisione di Badoglio (che dirà di essere stato ‘frainteso’, non smentendo neppure in
questa circostanza la sua doppiezza ed abilità di trapezista), Cavallero viene liberato ma poi arrestato
di nuovo in agosto per complotto
e condotto a Forte Boccea. In tutto
questo marasma di ‘teste che cadono’, Badoglio fa il ‘deus ex machina’: eppure anche lui ha avuto
lo stesso excursus di Cavallero…
fascista era stato, anche lui, né più
né meno. E invece Badoglio da
gli ordini, e Cavallero li subisce.
Strano Paese, l’Italia …
Il cosiddetto ‘memoriale Cavallero’, dettato al capo del Servizio
informazioni militari Carboni, rivela come il generale pluridecorato si affanni a rivendicare il ‘me-
rito’ di essere stato tra i primi cospiratori contro Mussolini, cospirazione che – dice – è iniziata sin
dal novembre 1942. In realtà i cospiratori che iniziano a tessere la
loro tela sin dal 1942 sono nume-
rosi… comunque la corsa a mettersi in salvo non funziona per
nessuno. Nemmeno per Cavallero.
Il 12 settembre ‘43, dopo che Re,
Badoglio e compagnia si sono dileguati, viene liberato dai tedeschi:
il memoriale, nel frattempo, è rimasto ben in vista su una scrivania.
Chi ce lo ha lasciato? Carboni? O
Badoglio? La seconda opzione
sembrerebbe la più plausibile.
Comunque Kesserling propone a
Cavallero di guidare le forze armate italiane per continuare la
guerra al fianco dei tedeschi. È
reale ciò che dice Kesserling? O i
tedeschi gli stanno tendendo una
trappola per condurlo in Germania
e sistemare per bene le cose, avendo scoperto l’esistenza del memoriale? Fatto sta che lui rifiuta.
Due giorni dopo, il suo corpo viene
rinvenuto nel giardino dell’albergo
Belvedere di Frascati: giace su una
poltrona di vimini, con un proiettile
in testa. Chi abbia premuto quel
grilletto non si saprà mai: si è suicidato perché ha capito che è finita? O forse sono stati i tedeschi
ad aver risolto quello che poteva
essere un ‘problema’ in modo
cruento e definitivo? O, ancora, si
è trattato della vendetta finale
dello storico nemico Pietro Badoglio? Certe verità, probabilmente,
non si scopriranno mai. Ciò che si
sa, però, è l’ultima cosa che Cavallero dice a Caviglia: ‘domani
mi mettono una palla nella testa’.
[email protected]
5
Domenica 23 marzo 2014
Anniversari
MILANO, 95 ANNI FA CENTODICIANNOVE PERSONE PONGONO LE BASI DELLA RIVOLUZIONE, DANDO IL VIA ALLA RIVOLUZIONE
23 marzo 1919: ecco i Fasci italiani di Combattimento
‘Abolizione di tutti i titoli di casta. Unici titoli d’onore e di nobiltà, quelli dell’ingegno e dell’onestà del lavoro’
di Emma Moriconi
ilano, Piazza San Sepolcro, 23 marzo
1919. In un salone del
Circolo degli interessi
industriali e commerciali della città lombarda sono riunite
centodiciannove persone. Presiede
Ferruccio Vecchi, che parla per primo, seguito da Enzo Ferrari. Benito
Mussolini espone i tre punti della
dichiarazione dell’adunata del 23
marzo: innanzitutto ‘l’adunata … rivolge il suo primo saluto e il suo
memore e riverente pensiero ai figli
d’Italia che cono caduti per la grandezza della Patria e per la libertà
del mondo, ai mutilati e invalidi, a
tutti i combattenti, ex combattenti,
agli ex prigionieri che compirono
il loro dovere, e si dichiara pronta a
sostenere energicamente le rivendicazioni d’ordine materiale e morale che saranno propugnate dalle
associazioni dei combattenti’. Nel
punto 2 della dichiarazione ‘l’adunata
del 23 marzo dichiara di opporsi
all’imperialismo degli altri popoli a
danno dell’Italia ed accetta il postulato supremo della Società delle
Nazioni che presuppone l’integrazione di ognuna di esse: integrazione
che, per quanto riguarda l’Italia,
deve realizzarsi sulle Alpi e sull’Adriatico con la rivendicazione e
l’annessione di Fiume e della Dalmazia’. Infine, ‘l’adunata del 23 marzo
impegna i fascisti a sabotare con
tutti i mezzi le candidature dei neutralisti di tutti i partiti’.
Vengono poi elencati i punti pro-
M
grammatici del nuovo gruppo politico: ‘costituente nazionale … per
procedere alla radicale trasformazione delle basi economiche della
vita sociale’, ‘… decentramento del
potere esecutivo, autonomia amministrativa delle regioni e dei comuni
a mezzo di propri organi legislativi.
Sovranità popolare esercitata per
mezzo del suffragio universale e
uguale diritto dei cittadini di ambo
i sessi, col diritto al popolo d’iniziativa
del referendum e del veto. Estirpazione della burocrazia irresponsabile
e riorganizzazione degli organi statali’ … ‘abolizione del Senato …
abolizione della Polizia politica; costituzione di una guardia civica comunale e nazionale’, ‘abolizione di
tutti i titoli di casta. Unici titoli d’onore
e di nobiltà, quelli dell’ingegno e
dell’onestà del lavoro’ …
Sono nati i Fasci italiani di Combattimento.
La giornata del 23 marzo ha un
precedente nell’adunanza preliminare del 21 marzo nella redazione
del Popolo d’Italia: del Fascio milanese di Combattimento fanno parte
Benito Mussolini, Ferruccio Vecchi,
Enzo Ferrari, Mario Giampaoli, Michele Bianchi, Ferruccio Ferrandini
e Carlo Meraviglia. I membri della
giunta procedono ad una colletta:
218 lire sono la somma che si riesce
a mettere insieme per fronteggiare
le spese.
Da quel 23 marzo 1919 il termine
‘sansepolcrismo’ sta ad indicare lo
spirito rivoluzionario dei Fasci, a cui
Filippo Tommaso Marinetti dedica
nel 1939 Il Poema ‘per i poeti e gli
artisti futuristi italiani nel Trentennale
del Futurismo’: ‘Il Duce in primo
piano il Duce potenza irradiante fuor
da un corpo solido elastico pronto
allo scatto senza pesi né abitudini
per un continuo pensare volere decidere agguantare schiacciare respingere accelerare verso la nuova
luce il suo pungo stringere idee pratiche e audacie impensabili Geometria dei suoi gesti elegantizzati
dall’entusiasmo nel cesellare rompere
riplasmare e la voce li prolungava
sferzando ironica o tagliando analisi
in sintesi nette Minaccia ed estasi
intorno alle quadrate pause mussoliniane che nel soffitto burocratico
facevano tremare antiche prudenze
e meticolose avarie di bilanci’.
Parole in libertà, si potrebbe dire,
marinettiane nel contenuto e nello
stile, ma certamente filologiche
alla conclusione di Mussolini nell’adunata: ‘Non siamo degli statici;
siamo dei dinamici e vogliamo
prendere il nostro posto che deve
essere sempre all’avanguardia’ e
alle parole dello stesso Benito all’indomani: ‘Noi ci permettiamo il
lusso di essere aristocratici e democratici, reazionari e rivoluzionari,
legalisti e illegalisti, a seconda
delle circostanze’.
TESTIMONIANZE IMPOSSIBILI: IL RACCONTO DI UN FASCISTA DELLA PRIMA ORA
“Quel giorno a San Sepolcro nasceva l’uomo nuovo”
di Cristina Di Giorgi
l mio era un lavoro pesante. Ore e ore trascorse
in una fabbrica, che però
non riuscivano ad annullare
la mia dignità di Uomo. Quella
stessa dignità che qualcuno,
parlando di proletariato, sembrava voler difendere e rivendicare. Ma io non mi fidavo, perché la lotta di classe
sembrava una bandiera dietro
cui nascondere invidia verso
i padroni ed egoismo. E, per
dirla tutta, non mi fidavo nemmeno della politica, di destra
o di sinistra che fosse. Nessuno sembrava interessarsi
davvero a ciò che veramente
era importante: ovvero la Patria. E gli Uomini che avrebbero dovuto costruirla e difenderla.
In quei primi mesi del 1919,
nella mia Milano e in tutta Italia, erano in molti, ex combattenti e non solo, ad essere
convinti che quella che la nostra Terra benedetta aveva
subito con i trattati di Pace di
Parigi era un'offesa alla nostra
dignità di nazione. E la cosa
peggiore era che nessuno
dei partiti che componevano
il Parlamento sembrava voler
far nulla in proposito. Per questo, quando lessi sul Popolo
I
d'Italia del 2 marzo un comunicato in cui si indiceva una
riunione per creare un nuovo
gruppo che si definiva “anti
partito”, decisi di andarci. Volevo vedere da vicino se questi nascenti Fasci di Combattimento potevano costituire
una speranza nuova per l'Italia. E capire se ed in che
modo potevo fare la mia parte.
La sera del 21 marzo, a pochi
giorni dalla manifestazione
annunciata per il 23, mi recai
quindi in Piazza San Sepolcro,
nei locali dell'Associazione
Commercianti ed Esercenti.
Quello che ascoltai mi piacque molto, anche e soprattutto
perché a parlare furono persone convinte, che guardavano negli occhi i propri interlocutori. Diedi quindi anche
io la mia adesione al “Fascio
primigenio”, quello milanese.
Seppi anche, in quella sede,
che già in tanti, da tutta Italia,
avevano aderito al progetto.
Non restava quindi che attendere la nascita ufficiale del
nuovo movimento. E anche
se in quelle frenetiche ore giravano voci che qualcuno
stesse tentando di impedire
la riunione, l'entusiasmo dei
fascisti – come avevamo già
iniziato a chiamarci tra noi –
era grande.
Quando ci ritrovammo in piazza San Sepolcro eravamo tutti
consapevoli che stava per
succedere qualcosa che
avrebbe cambiato il corso
della storia. E ne avemmo la
prova quando prese la parola
Benito Mussolini: “L'adunata
del 23 marzo – disse - rivolge
il suo primo saluto e il suo
memore e reverente pensiero
ai figli d'Italia che sono caduti
per la grandezza della Patria
e per la libertà del Mondo, ai
mutilati e invalidi, a tutti i com-
battenti, agli ex prigionieri
che compirono il loro dovere,
e si dichiara pronta a sostenere energicamente le rivendicazioni d'ordine materiale
e morale che saranno propugnate dalle associazioni dei
combattenti”. Quell'uomo, destinato a diventare il nostro
Capo per indole, capacità e
carisma, proseguì poi rivendicando l'annessione all'Italia
di Fiume e della Dalmazia e
condannando i neutralisti di
tutti i partiti.
Dopo di lui parlò Filippo Tom-
maso Marinetti, che sottolineò
la necessità di contrastare chi,
come i socialisti, sfruttava la
richiesta di giustizia sociale
degli operai per danneggiare
la Nazione. Un discorso questo
che conoscevo bene e che,
da umile lavoratore, condividevo in pieno. Come quello
sugli operai che, pur essendo
entrati in sciopero e avendo
occupato le fabbriche, avevano continuato a lavorare.
Anche gli altri interventi furono
applauditi ed acclamati da
quella prima assemblea di
Uomini nuovi, fautori di una
“terza via” tra i due poli opposti, come disse ancora Mussolini.
Eravamo movimentisti, nazionalisti, antiparlamentari,
sindacalisti rivoluzionari, progressisti, sostenitori della socializzazione delle imprese e
dei mezzi di produzione. Ma
sopra ogni cosa eravamo tutti
profondamente e consapevolmente innamorati della nostra Patria. Per la quale, da
veri italiani, avremmo sacrificato anche la vita.
6
Domenica 23 marzo 2014
Società
L’INCREDIBILE CASO DI SIMONETTA BARTOLINI, RESPINTA DALLA COMMISSIONE PERCHÉ “MILITANTE”
Docente universitaria? Sì,
ma solo se non sei di destra
Nonostante un curriculum di tutto rispetto, la candidata non è diventata professoressa
di Cristina Di Giorgi
a meritocrazia. Ovvero i titoli,
l’esperienza sul campo, gli
anni di studio, le pubblicazioni.
Elementi che, uniti ad un buon
esame, dovrebbero consentire
a chiunque li possieda di diventare professore universitario associato. Questo
almeno secondo ragione e giustizia. In
Italia però c’è un altro e più importante
requisito, in assenza del quale si viene
inevitabilmente ed insindacabilmente
messi da parte: l’essere politicamente
conformi alla lobby di sinistra.
L’ultima – ma non l’unica – a fare le
spese di questa situazione è Simonetta
Bartolini, autorevole studiosa della letteratura italiana del Novecento ed esperta
di Giovanni Guareschi e Ardengo Soffici.
Motivo della sua bocciatura è che secondo il commissario Mario Sechi “la
candidata presenta un profilo marcatamente militante”. In altre parole: l’essere
stata politicamente schierata a destra –
perché di questo si tratta - è titolo di demerito ed esclusione. Anche a fronte di
competenze elevate e comprovate come
quelle della signora Bartolini. Che, va
detto, ha reagito con classe dando ai
tanti che ne avrebbero bisogno una notevole lezione di stile. La sua posizione
l’ha chiarita con un composto e misurato
editoriale sul giornale da lei diretto (To-
L
Simonetta Bartolini
talità.it): “Come direttore – ha scritto la
Bartolini - mi sembrava inopportuno
utilizzare queste pagine per far pubblicità
ad una storia scandalosa e riprovevole,
ma che mi riguardava direttamente. Un
piccolo conflitto di interessi che avrebbe
aumentato il numero di visite, ma che
mi avrebbe messo in imbarazzo. Ci ho
pensato a lungo, ho riflettuto sul fatto
che la nostra piccola comunità aveva il
diritto di essere informata per prima di
quel che era successo al direttore di
Un ricordo di Don Araldo
questa testata, poi ho deciso di lasciare
che chi era estraneo alla vicenda la valutasse e semmai ne scrivesse denunciandola”.
E l’hanno fatto in molti. Perché se è vero
che il mondo accademico italiano (e
non solo quello purtroppo) è dominato
dai fautori del pensiero unico di sinistra,
portato avanti anche con azioni di militanza politica dura, per fortuna menti e
penne libere ce ne sono ancora. Tra
essi (per citarne solo alcuni) Renato Besana, Dino Messina e Marcello Veneziani,
che ne hanno ampiamente scritto sui
quotidiani di cui sono collaboratori.
Tutti loro, con al fianco chiunque abbia
anche soltanto un minimo di senso di
giustizia, si sono schierati con Simonetta
Bartolini, a difesa non solo delle sue
qualifiche accademiche e intellettuali,
ma anche e soprattutto del diritto – suo
e di chiunque si venga a trovare in una
situazione simile – di vedersi riconosciuti
correttezza e rispetto delle regole. Anche
perché “l’Università – scrive Valentino
Tocci su il Primato Nazionale – è un
luogo di libero interscambio culturale,
dove devono convivere le più diverse
idee” e non il regno , di un presunto
“commissario politico di Ateneo che vigila sull’ortodossia del pensiero unico e
va a caccia dei controrivoluzionari”. Siamo in Italia, e non nella Russia comunista
di Stalin. O no?
Testimonianze dal passato
Il portale dell’Alto Adige racconta un pezzo
di storia: le memorie di Edmondo Russo,
il poliziotto che scortò il Duce fino al 25 aprile
n pezzo di storia
torna alla luce attraverso il racconto che Ermano Russo,
figlio di Edmondo, fa
al portale dell’Alto Adige, pubblicato sul sito
altoadige.geolocal.it. Ermanno Russo tiene con
sé, nel proprio portafogli, una foto che ritrae
Benito Mussolini mentre sale in macchina
davanti a Villa Feltrinelli.
‘L’ha scattata mio padre
Edmondo’, racconta. Il
poliziotto Edmondo
Russo è stato la guardia personale di Mussolini per otto anni.
Quello che mostra Russo poi è
davvero uno spaccato di un’epoca lontana: è un album di foto
che riporta scatti del 1941: ‘I
nomi li so tutti, ma è passato
tanto tempo, lasciamo stare’
dice ai giornalisti. Altre foto ritraggono Edmondo con la Decima Mas nella piazza di Gargnano: ‘Con la famiglia lo abbiamo raggiunto sul Garda –
dice ancora Russo – ero piccolo
ma ricordo bene Mussolini’.
Nei racconti che Edmondo ha
consegnato ad Ermanno emerge anche la figura di Franz Spögler, il capitano delle Wehrmacht
che sorvegliò Claretta Petacci
e che divenne nel tempo buon
U
amico di Russo. Archivi privati,
che vengono alla luce e raccontano uno spaccato di storia,
attraverso i ricordi e le immagini
di una macchina fotografica
che per un attimo ha fermato
il tempo. Istanti immobili, che
sembra vogliano riprendere vita
attraverso la memoria di chi è
venuto dopo ed è divenuto depositario di quei ricordi vissuti
in prima persona di un’epoca
che, innegabilmente, deve ancora essere adeguatamente
analizzata e studiata, compresa
e conosciuta.
Un’altra occasione per radunare
spezzoni di memoria, di storia,
quella del nostro Paese.
Emma Moriconi
TORRE PELLICE, TORINO, BOLOGNA, RAVENNA: QUANDO LA DEMAGOGIA HA LA MEGLIO SULLA VERITÀ
Mussolini cittadino onorario.
Ma davvero è un problema?
Assistenza all’infanzia, normativa sul lavoro, bonifiche
non sono ragioni sufficienti per l’onorificenza?
evocare o no la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini? Sembra
essere questo uno dei principali
problemi che le amministrazioni di diversi
Comuni italiani stanno recentemente affrontando. Ovviamente su suggerimento
dell’Associazione nazionale partigiani,
che ha promosso una ricerca negli archivi
di tutte le istituzioni cittadine locali per
verificare l’eventuale presenza dell’illustre
politico nei registri e procedere, in caso
di riscontro positivo, con l’immediata
cancellazione. Sua e di tutte le personalità
insignite dell’onorificenza durante il Ventennio. Una sorta di “damnatio memoriae” locale insomma, che sa di ideologico e demagogico. Senza contare che
i suoi fautori vorrebbero forse che tale
azione sia considerata una priorità assoluta, con buona pace dei più svariati
problemi che gli italiani tutti devono affrontare.
Tutto è iniziato con le decisioni dei consigli comunali di Torre Pellice e Torino,
che hanno proposto di depennare il
Duce dall’elenco dei cittadini onorari
dopo novant’anni dalla sua iscrizione
nello stesso. E se per il piccolo comune
valdese la cosa si è risolta rapidamente,
per il capoluogo piemontese si è invece
tradotta in una notevole perdita di tempo
R
Araldo Di Crollalanza
opo il nostro speciale dedicato ad Araldo di Crollalanza, una lettrice ci scrive
alcuni suoi personali ricordi di
quest’uomo nobile e dalle alte
doti morali. Le parole di Antonia
Monteleone, barese trapiantata
a Belluno, che riportiamo, dimostrano come la dignità di quest’uomo sia rimasta nei cuori di
chi lo ha conosciuto e fanno capire anche quanto abbia ancora
oggi da insegnare un personaggio
di questa levatura morale. Ecco
il ricordo di Sua Eccellenza, nelle
parole della signora Antonia:
‘Un giorno siamo andati a trovarlo
in Senato, era già anziano, Sua
Eccellenza. Stava staccando i
francobolli non timbrati dalle let-
D
tere in arrivo … gli abbiamo
chiesto cosa stesse facendo. Rispose: ‘faccio risparmiare lo
Stato usando questi’.
E ancora: ‘Una volta in stazione
a Bari, aspettando il treno per
Roma lo vidi che stava per salire
in seconda classe. Allora gli dissi:
‘Eccellenza, la prima classe è
più avanti …’. E lui: ‘figlia mia,
voglio far risparmiare lo Stato’.
Ma lo Stato gli forniva solo
biglietti di prima classe … una
volta andò dal Duce per comunicargli che aveva finito i lavori
prima della scadenza ed aveva
anche risparmiato mille lire … il
Duce gli disse semplicemente
‘hai fatto il tuo dovere’.
E.M.
tra firme, votazioni e approvazione della
relativa delibera.
Tali iniziative, come scrive Giorgia Castelli
sul Secolo – dimostrano come l’onda
lunga della pregiudiziale antifascista è
ancora dura a morire. L’Anpi infatti non
si è lasciata sfuggire l’occasione: prima
è arrivato il plauso ai consigli comunali
di Torre Pellice e Torino e poi l’invito a
fare come loro. Tra i comuni che annoverano il Duce tra i propri cittadini vi
sono sicuramente Bologna e Ravenna. E
se la prima sta provvedendo in modo
“politicamente corretto” (per lo meno
secondo il pensiero unico di sinistra), la
seconda ha invece deciso di non revocare l’onorificenza. Anche con i voti dei
consiglieri di sinistra. Questo perché –
ha spiegato il sindaco – “abbiamo ritenuto che non fosse giusto, per riflettere
affinché il fascismo non torni mai”.
“La cittadinanza onoraria – ha affermato
l’Associazione partigiani – è un grande
riconoscimento, conferito a persone che
si sono battute con determinazione e
coraggio per la libertà, la democrazia
e il progresso. Persone che non possono
condividere tale onore con chi ha instaurato un regime dittatoriale ed ha
privato i cittadini italiani della libertà”.
Quello che però ovviamente l’Anpi non
considera è che alla gente, in questi
tempi duri in particolare, importa poco
o niente dell’ideologia. Quel che dovrebbe contare sono infatti le azioni concrete, la soluzione di problemi reali,
l’aiuto alle famiglie, la realizzazione di
una politica sociale degna di questo
nome. Tutte cose che, a ben vedere, il
governo Mussolini ha compiuto (vedi
assistenza alla maternità e all’infanzia,
normativa sul lavoro, infrastrutture, bonifiche, ecc.), anche se qualcuno, strumentalmente, fa finta di dimenticarlo.
C.D.G.
7
Domenica 23 marzo 2014
Esteri
COMPLETATO IL PASSAGGIO DI CONSEGNE DELLE AREE MIL ITARI IN CRIME A
La Russia entra senza bussare
Un blindato fa irruzione nell’ultima base tenuta dagli ucraini, ci scappa un ferito
Intanto resta alta la tensione diplomatica: attesa per le contromisure degli Usa
di Bruno Rossi
a Federazione Russa sembra abbastanza chiaramente indirizzata verso
una real-politik abbastanza
asciutta: dialogo aperto
sul fronte diplomatico internazionale,
ma non a patto di mettere in discussione l’appartenenza della Crimea.
Eventuali avventurismi del nuovo regime ucraino, in tal senso, difficilmente saranno tollerati. E se i nuovi
comandanti del vapore a Kiev volevano ieri tastare il polso alla pazienza
dell’orso siberiano, la risposta è stata
secca a Belbek. La cittadina ospitava
l’ultima delle basi ucraine in Crimea:
i militari al suo interno hanno fatto
resistenza al passaggio di consegne
con i russi, e questi ultimi sono
passati all’azione: un mezzo blindato
ha sfondato il cancello della base e
a rimetterci è stato un soldato ucraino,
rimasto ferito nel trambusto che ne
è scaturito. Il tutto è avvenuto peraltro
in diretta tv sui canali satellitari russi,
finché un militare non ha chiesto
l’interruzione delle trasmissioni.
Difficile parlare di casus belli e dipingere l’episodio come un “assalto”.
Basti pensare che su 18mila militari
ucraini dislocati in Crimea, già 16mila
sono passati sotto le insegne russe.
Mosca si è trovata pure tra le mani
l’unico sommergibile di tutta la flotta
ucraina e il ministro della difesa
russo Sergei Shoigu ha aggiunto
che un totale di 147 basi militari,
già ucraine, della penisola della Crimea, sono ora sotto il comando di
Mosca, aggiungendo che il controllo
militare della Russia della regione è
completato.
Situazione che fa del resto il paio
con quella dei civili di Crimea. Al di
là del plebiscitario risultato del referendum del 16 marzo, in settimana
l’unica vera difficoltà che hanno avutole autorità civili russe in tutta la
L
penisola sono state nel rispondere
alle interminabili file di cittadini che
si sono recati nelle prefetture per
ottenere il passaporto con la nuova
cittadinanza. E nelle vicine province
orientali ucraine, i russo-foni guardano con invidia alla penisola.
Intanto il fronte diplomatico resta
caldo, con quelle sanzioni un chilo
alla volta che vengono “dedicate”
dall’occidente agli interessi russi.
Ieri nuovo giro e Mosca ha annunciato che si riserva “il diritto a una
risposta appropriata”, secondo le
parole del ministro degli Esteri Lavrov. Ma anche l’iperattivismo mo-
strato dall’Osce non è troppo ben
visto. “Il mandato dell’Osce in Ucraina
riflette la nuova realtà politico-legale
e non si applica alla Crimea e Sebastopoli, che ora fanno parte della
Russia”, ha chiaritolo stesso Lavrov.
Ribadendo il concetto: a maggior
ragione dopo ciò che è accaduto,
con quei sanguinosi coni d’ombra
all’interno dei quali hanno agito i
cecchini che hanno mandato a monte
gli accordi di fine febbraio, ben vengano gli osservatori in Ucraina. Ma
in Crimea, non ne sente il bisogno
proprio nessuno…
In effetti venerdì sera l’Osce (Orga-
nizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, di cui fa parte
anche la Russia) ha deciso l'invio di
un centinaio di osservatori in Ucraina.
I primi 40 sono già partiti. Gli osservatori dovranno monitorare la situazione della sicurezza, i diritti umani e la tutela delle minoranze.
Sul piano con gli Usa, un nuovo incontro per discutere della crisi in
Ucraina fra il ministro degli esteri
russo Sergei Lavrov e il segretario
di Stato americano John Kerry dovrebbe tenersi a margine dell’imminente vertice sulla sicurezza nucleare dell’Aja, dove Lavrov guiderà
la delegazione di Mosca al posto
del presidente Vladimir Putin. Ma la
settimana entrante segna anche l’atterraggio di Barack Obama sul suolo
europeo, per un tour che lo porterà
appunto all’Aja, poi a Bruxelles e
infine a Roma. Il consigliere per la
Sicurezza Nazionale Susan Rice ha
già anticipato che la missione di
Obama sarà incentrata inevitabilmente sulla crisi ucraina, sostenendo
“l’importanza delle alleanze” e affermando persino che “la Russia è
sempre più isolata e gli Stati Uniti
guidano la comunità internazionale”
nel sostegno a Kiev.
ESTREMISTI E FEMMINISTE AGGREDISCONO STUDENTI CATTOLICI: “FASCISTI, VI ROMPIAMO LA TESTA”
Madrid: la violenza della sinistra contro gli anti abortisti
Il titolo del volantino distribuito: “E’ una cosa buona che tu esista”. Solidarietà dei presenti
di Cristina Di Giorgi
I
n Spagna è vietato manifestare contro
l’aborto. A farsi guardie del sistema
ideologico del pensiero unico, che
considera l’interruzione della gravidanza
come un vero e proprio diritto, femministe
e membri dei collettivi. Che hanno violentemente assalito un gruppo di universitari cattolici di Madrid, reo appunto di
aver organizzato la distribuzione di un
volantino che contesta la restrittiva legge
del governo Zapatero sull’argomento.
Il testo che i ragazzi del movimento ecclesiale stavano presentando, intitolato “E’
una cosa buona che tu esista”, è assai articolato e si basa sul concetto che se è
vero che i cristiani non devono imporre
nulla alla società, è però altrettanto vero
che non si può “pretendere di risolvere i
problemi eliminando una vita umana”.
Inoltre – è scritto nel volantino – “quanto
più si sottolinea astrattamente il diritto
della donna a decidere sul suo corpo,
tanto più la si abbandona alla solitudine”.
Nella parte finale del documento si legge
poi che “per recuperare fiducia nella vita,
e pertanto la capacità di accoglierla e rispettarla dal primo istante in cui sorge,
abbiamo bisogno di incontrare un amore
incondizionato, l’amore di qualcuno che
abbracci la nostra vita con tutte le sue domande e difficoltà”.
Quali di queste affermazioni non sia andata
giù agli estremisti di sinistra è un mistero.
Resta il fatto che dopo aver dato ripetutamente dei fascisti agli universitari cattolici, li hanno minacciati al grido di “vi
rompiamo la testa”. Per poi passare alle
vie di fatto: una femminista ha infatti strattonato una ragazza e le ha tolto i volantini
gettandoli a terra e lo stesso hanno fatto
i suoi compari con gli altri manifestanti.
A quel punto i ragazzi cattolici hanno raccolto il loro materiale sparso al suolo e
se ne sono andati, non senza aver raccolto
diverse testimonianze di solidarietà da
chi aveva assistito all’aggressione.
8
Domenica 23 marzo 2014
Roma
CONTINUA IL BRACCIO DI FERRO COL COMUNE
LA SANITÀ ALLO SFASCIO
San Filippo Neri: chiude
il reparto, pazienti sfrattati
C’è la Maratona:
Vigili in sciopero
I sindacati: “Campidoglio irresponsabile,
la città rischia di restare paralizzata”
La protesta di una malata di artrite reumatoide: “una decisione
vergognosa. L’ospedale funziona ed è anche fonte di prestigio”
ischiano di essere “sfrattati” e
ritrovarsi in mezzo ad una strada. Sono i malati dell’ospedale
San Filippo Neri, struttura sanitaria che, grazie ai tagli alla
sanità, subirà la chiusura di un intero reparto, come annunciato circa un mese
con la pubblicazione sul bollettino della
Regione Lazio.
Una scelta politica che grava sulla vita di
ben 100 persone affette da artrite reumatoide, una grave malattia autoimmunitaria altamente invalidante che se non
curata in tempo, colpisce e distrugge le
membrane sinoviali delle articolazioni,
procurando così fortissimi dolori, gonfiore
e infermità.
Per curarne i pazienti affetti (se le altre
terapie non hanno fatto effetto), si usano i
così detti farmaci biologici, ossia quelli
di nuova generazione che non si comprano in farmacia ma vengono consegnati
direttamente dal personale ospedaliero
competente. Cure che, tra l’altro, non
possono essere interrotte che non tutti
gli ospedali prescrivono.
Somministrazioni che vedono il San Filippo
Neri rientrare tra i poli di eccellenza. Ma
ancora per poco, tra non molto infatti i
pazienti saranno costretti a spostarsi in
una nuova struttura per ricevere la stessa
adeguata assistenza medica.
A protestare contro la decisione è Nicoletta
Carcaterra, affetta da artrite reumatoide
da quando aveva 15 anni, che ha fondato
nel 2007 il gruppo “I curati a metà malati di artrite reumatoide”. “Con l’ordinanza che attesta la chiusura del reparto,
R
ggi c’è la Maratona di
Roma. Ma i vigili si terranno
a distanza. Come in effetti
ampiamente preannunciato dalle
sigle sindacali dell’ormai inferocita
categoria, l’appuntamento (assai
delicato dal punto di vista della
viabilità e della sicurezza) verrà
disertato dalla Polizia di Roma
Capitale, sul piede di guerra ormai
da tempo con i vertici del Campidoglio.
Difficile dire se ci sarà un bis
con il successo dello sciopero
indetto a gennaio, ma già ieri i
promotori dell’agitazione erano
certi di centrare un bel risultato
di adesioni. “A meno di 24 ore
dallo sciopero della Polizia locale
di Roma possiamo già dire che
è completamente riuscito”, dichiarava Stefano Giannini, segretario romano del Sulpl.
“Abbiamo costretto l’amministrazione comunale – ha spiegato
Giannini – a giorni frenetici per
cercare di individuare complessi
meccanismi nel tentativo di rinforzare il turno della mattina (in
O
l’ospedale non è più ufficialmente Centro
Antares e perde dunque di diritto la possibilità di prescrivere i farmaci biologici
ai propri pazienti - spiega Nicoletta, intervistata da Roma Today - In questo
modo ci sono 100 malati in mezzo a una
strada e altri 3.500 che necessitano di
cure altrettanto importanti, anche loro
non sanno dove andare. Al momento non
è già più possibile prenotare una prima
visita reumatologica, quindi si effettuano
solo visite di controllo” afferma ancora la
paziente spiegando come nell’ospedale
sono già state avviate le procedure per
chiudere il servizio di assistenza.
Intanto la Direzione Generale dell’ospedale rassicura: “Nessun paziente dovrà
interrompere le cure. La continuità assistenziale sarà garantita attraverso la presa
in carico di altri centri qualificati di reumatologia individuati dalla direzione del
San Filippo Neri in accordo con i
pazienti”spiega il Commissario Straordinario Lorenzo Sommella. Una prospettiva
comunque che non convince Nicoletta
Carcaterra che spiega come “cambiare
medico e struttura non è una cosa così
facile”. “Non si capisce perché si sta
chiudendo – conclude la donna – non
solo un centro che funziona e che accoglie
tante persone, ma che è anche fonte di
prestigio”.
Intanto su 100 pazienti, 20 sono stati già
spostati in altri centri, ma stando ai racconti
e alle testimonianze degli altri, non tutti
vengono accettati nelle strutture alternative
per mancanza di budget.
Una situazione vergognosa. È impensabile
che uno stato non si faccia carico del
“diritto alla salute” che tutti i cittadini dovrebbero avere.
Carlotta Bravo
occasione della Maratona, ndr).
Questo però è un forte azzardo
perché non sapremo realmente
quanti colleghi aderiranno allo
sciopero fino a domattina alle 7.
Restano inoltre di fatto scoperti
tutti i turni del pomeriggio nei
gruppi periferici a cui dobbiamo
aggiungere il rischio elevato di
pioggia su Roma”.
Insomma: con tutto che è domenica, le ripercussioni potrebbero essere assai pesanti. “Una
scommessa forte che l’amministrazione gioca sulla pelle della
città, in quanto si è probabilmente
sottovalutata l’importanza del
ruolo che la Polizia locale riveste
nella gestione della città”, ha aggiunto il portavoce sindacale.
“Dal 19 dicembre - conclude
Giannini – l’amministrazione comunale era a conoscenza della
data, una gestione di una capitale
non può ridursi all’ultimo giorno
di lavoro senza sapere come
andrà a finire la gestione di un
evento sportivo”.
Valter Brogino
SOLO NELLE ULTIME ORE TRE SCONTRI GRAVI CON DUE MORTI E FERITI TRA LA CASSIA, LA MAGLIANELLA E LA FLAMINIA
Roma capitale … di incidenti
La Città eterna detiene un record, quello dei sinistri stradali con esito mortale: più 4,55% in un anno
n record negativo, quello che
detiene la Capitale: gli incidenti
con esito mortale registrano
un aumento del 4,55% . È questo il
risultato catastrofico che riporta la
Città Eterna, in controtendenza rispetto al dato nazionale che registra
invece un calo dei sinistri mortali.
Si parla di 13.943 incidenti con 118
morti nel 2013. Secondo i dati del
2011, Roma è la capitale anche in
questa macabra classifica: la Città
Eterna conduce con 140 morti sulle
strade, seguita da Brescia con 62,
Napoli con 61, Milano con 56, Torino
con 52 e Bologna con 49. Pessimo
il report anche relativamente agli
incidenti che vedono coinvolti ciclomotori e moto. Gli ultimi dati
Istat sul nazionale a disposizione
sono relativi al periodo che va dal
2000 al 2009: i morti sulle strade
passano da 7.000 a 4.237, registrando un calo del 39% mentre il
numero dei morti è invariato: nel
2000 erano 1.378, nel 2008 1.380,
nel 2009 1.249.
Per tornare a Roma, gli ultimi eventi
tragici sono quelli di Valentina Giannini, la diciottenne rimasta uccisa
U
due giorni fa in un incidente in
moto sulla via Cassia; di Sergio
Basso, travolto da un pirata della
strada in via della Maglianella e di
un incidente grave sulla via Flaminia
con tre feriti di cui uno in gravi
condizioni.
Valentina è stata sbalzata dalla moto
a seguito di uno scontro con una
vettura e travolta da un altro mezzo
a due ruote: secondo la prima ricostruzione dei fatti ad opera della
Polizia municipale, l’auto avrebbe
sorpassato la moto sulla quale Valentina viaggiava, urtandola e forse
agganciandola. Valentina sedeva
al posto del passeggero, sarebbe
stata sbalzata e poi investita da un
altro mezzo a due ruote che proprio
in quel momento passava sulla strada. La giovane è morta sul colpo, i
due motociclisti sono rimasti feriti:
quello che guidava la moto che
ospitava Valentina è stato trasportato
al Policlinico Gemelli in codice rosso, l’altro centauro in codice verde.
Una delle due moto si è incendiata
a seguito dell’impatto.
Sergio Basso, 50 anni, lavoratore,
moglie e due figli, è stato investito
invece da un pirata della strada
che mentre era alla guida sembra
stesse scrivendo un sms. Inutile la
corsa al San Camillo. Il pirata della
strada avrebbe investito l’uomo
per evitare un altro mezzo che
viaggiava sulla carreggiata opposta.
Dopo l’incidente l’uomo è fuggito.
La Renault Twingo, che è risultata
intestata ad una società romana, è
stata abbandonata a pochi chilometri dal luogo dell’incidente. Ora
l’uomo dovrà rispondere di omissione di soccorso e omicidio.
Non finisce qui la lista dei lutti della
Capitale relativi alle ultime ore:
nella nottata di ieri una donna è
stata ricoverata al Gemelli in coma
a seguito di uno scontro tra tre
auto sulla via Flaminia all’altezza
del km 17,600. Ferite anche altre
due persone che sono state ricoverate in condizioni non critiche
all’ospedale San Pietro. La dinamica
è in corso di approfondimento, ma
sembra che si tratti di un incidente
che ha coinvolto tre veicoli di cui
due si sarebbero scontrati frontalmente.
Emma Moriconi
9
Domenica 23 marzo 2014
Dall’Italia
A TREVISO ARRIVANO QUARANTA PROFUGHI DA LAMPEDUSA
Venezia, #staiserenissima
Proprio mentre il Veneto minaccia l’indipendenza, il Governo lo riempie di immigrati
entre il Veneto ha intrapreso la sua battaglia per l’indipendenza, il Governo
continua a “sfruttare”
la regione. Anche il nord-est è infatti
chiamato a fronteggiare l’emergenza immigrati.
Come? Accogliendo i clandestini.
Sono “sbarcati” ieri infatti a Treviso
40 profughi. Sono solo i primi di
un piano di posizionamento che
prevede l’arrivo in tutto il Veneto
di poco meno di 300 stranieri. Ad
annunciarlo già venerdì è stato il
Governo scatenando l’ira della Lega
Nord che dopo aver alzato le barricate in Lombardia ora suona tamburi di guerra anche nella Marca.
Dove sono stati ospitati i profughi
non è stato chiarito: quasi certamente all’interno di strutture alberghiere e di solidarietà come già
avvenuto in passato quando, non
più di due anni fa, altrettanti i profughi vennero ospitati a Parè e Conegliano.
Una situazione che non va giù alla
Lega. “Oggi (ieri, ndr), nonostante
la prefettura abbia informato il ministero della incapacità della provincia di Treviso di farsi carico di
altri 40 clandestini, – dichiara Patrizia Bisinella, parlamentare della
Lega Nord – lo stato ha comunicato
che comunque era necessario occuparsene e che i clandestini fossero alloggiati anche in strutture
M
alberghiere. Ci opporremo a questa
vergognosa scelta del Ministero
dell’Interno. A Treviso il tasso di
integrazione degli immigrati è tra i
più alti del paese perché in passato
le politiche sono sempre state orientate al rigoroso rispetto delle regole.
Da domani (oggi, ndr) i trevigiani
sono costretti a far fronte di tasca
loro, nonostante la crisi economica
e le difficoltà, al sostentamento di
nuovi clandestini. Le imprese chiudono ogni giorno, non c’è lavoro,
non ci sono alloggi pubblici, i servizi
sociali peggiorano per l’enorme
carico di domande che la crisi economica ha creato eppure Renzi fa
finta di niente e parla entusiasticamente dei 4000 clandestini sbarcati
nelle ultime ore. Domani (oggi,ndr)
la Lega Nord sarà presente in Piazza
dei Signori vicino alla prefettura di
Treviso – conclude l’esponente –
per opporsi a questa scelta scellerata del governo centrale”.
Sul caso è intervenuto anche il presidente della Provincia di Treviso:
“Renzi ci ha fatto un bel regalo di
Pasqua – commenta Leonardo Muraro – mandandoci a Treviso dei
profughi dei quali, in questo momento, non abbiamo certo bisogno.
Persone che, lo ricordo, saranno
pagate circa 40 euro al giorno, uno
schiaffo ai nostri cittadini. È inutile
fare tanto i paladini contro gli accattoni, come vedo in questi giorni
a Treviso, se questo serve a fare
spazio per l’arrivo di questi profughi
– continua Muraro – Va bene l’accoglienza, ma in questo caso sembra davvero un regalo inutile di
Renzi e Alfano, che forse vuole togliersi un peso dalla sua Sicilia, a
un territorio che in questo momento
vive un momento molto difficile a
livello economico e non ha certo
bisogno di elementi che potrebbero
alzare il livello della tensione sociale”.
Una nuova emergenza quella dei
clandestini che sicuramente amplia
l’appeal della proposta di “Plebiscito.eu” che ha lanciato online il
referendum per ottenere un Veneto
indipendente dall’Italia, restaurando
in sostanza la Repubblica dei Dogi.
RAGUSA – L’OPERAZIONE DI POLIZIA, CARABINIERI E FINANZA
Sbarchi di clandestini:
arrestati tre scafisti
Gli stranieri, tra cui 200 bambini, hanno viaggiato per 5 giorni,
in condizioni disumane, pagando circa 4 mila euro ciascuno
ontinuano gli sbarchi e fioccano
ancora arresti che colpiscono i mandanti e gli esecutori dei cosiddetti
“viaggi della speranza”.
La Polizia di Ragusa insieme ai Carabinieri di Modica ed alla Tenenza della
Guardia di Finanza di Pozzallo ha eseguito il fermo di Ben Ali Alì, Ben Abd
Rahmen Menny, e Ben Mbarek, tutti di
origini tunisine per avere tratto ingiusto
ed ingente profitto compiendo atti diretti
a procurare l’ingresso clandestino nel
territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. I tre arrestati hanno condotto dalle coste libiche
a quelle italiane tre imbarcazioni cariche
di stranieri di diverse nazionalità e tra
loro numerosissimi minori (oltre 200)
molti dei quali neonati. Sarebbero infatti
i responsabili dei tre sbarchi avvenuti
tra il 19 e 20 al porto di Pozzallo: si tratta
complessivamente circa cinquecento
stranieri.
I tunisini sono stati individuati dopo gli
sbarchi grazie agli immigrati che hanno
rotto il silenzio raccontando delle condizioni disumane imposte dai trafficanti
per raggiungere le coste italiche.
Hanno detto di essere partiti 5 giorni
prima a bordo di tre imbarcazioni, dove
C
sono stati stipati. All’interno delle “carrette
del mare” i disperati sono stati fatti
sedere uno accanto all’altro ed in alcuni
casi uno sopra all’altro, compresi i neonati,
tenuti in braccio per giorni.
Dopo aver soccorso ed assistito gli stranieri, la Polizia di Stato ha iniziato le
procedure di identificazione e di intervista
e qui si è capito, vista la paura degli
stessi, che gli scafisti erano fra gli sbarcati.
Tutti gli stranieri ascoltati hanno spiegato
di aver deciso di fuggire dai loro paesi
d’origine in quanto le condizioni di vita
erano terribili, tra guerre civili e dittatura.
Ecco come funziona la tratta dei nuovo
schiavi: una volta deciso di scappare, la
strada “obbligatoria” è solo quella di
andare in Libia dove le organizzazioni
criminali locali si occupano di reclutare
i disperati ed in cambio di circa 4 mila
euro li mettono su imbarcazioni precarie
per far raggiungere le acque internazionali dove poi chiedono soccorso per
entrare in Italia. I testimoni dopo aver
fornito un’attenta descrizione dei responsabili dell’organizzazione criminale,
hanno indicato senza alcun dubbio
coloro che avevano condotto l’imbarcazione. È chiaro, come rilevano le forze
dell’ordine, che questi elementi fanno
parte di una complessa associazione a
delinquere gravitante in Libia ed in altri
paesi africani che da anni organizzano
questi viaggi. Mentre i tre sono stati rinchiusi nel carcere a Ragusa le indagini
continuano.
Intanto si attendono altre imbarcazioni.
Sarebbero circa 4mila gli stranieri in arrivo secondo quanto dichiarato da José
Angel Oropeza, direttore dell’ufficio di
coordinamento dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) che
ammette la situazione di emergenza.
“Le imbarcazioni provengono dalla Libia
ed è la prima volta che si assiste a
un’ondata di arrivi cosi consistente e
concentrata in poche ore”.
Miriana Markovic
Oltre 2 milioni di voti sul sito (per
la precisione 2milioni 360mila 235
voti, che corrispondono al 73% del
corpo elettorale della regione) e
una percentuale di sì (all’indipendenza del Veneto dall’Italia) che
ha raggiunto l’89% con 2 milioni
102mila 969 voti favorevoli.
Ci credono sul serio alla separazione da Roma gli indipendentisti
guidati da Gianluca Busato, un ex
leghista che ha attraversato tutti i
movimenti venetisti, e che, dopo il
risultato della consultazione online,
ha proclamato dal palco di piazza
dei Signori “la nascita della Repubblica veneta”, dichiarando nello
stesso tempo “decaduta la sovranità
italiana sul popolo e sul territorio
veneto”.
Una consultazione virtuale, fatta soprattutto attraverso la rete, oltre che
con schede raccolte nei gazebo, e
“voti” telefonici, che, Costituzione
alla mano, non ha alcun valore formale o istituzionale. L’articolo 5
della Carta sancisce infatti che la
Repubblica italiana “è una e indivisibile”. Eppure in Piazza dei Signori nella sera di venerdì si sono
radunate circa 4mila persone con
bandiere di San Marco. Un fotografia
significativa di come i cittadini italiani siano stanchi di un Paese che
non pensa più agli interessi del
suo popolo, privilegiando, al contrario, gli stranieri.
Barbara Fruch
TRAGEDIA DELLA SOLITUDINE A FIRENZE
Uccide la moglie
malata e si costituisce
L’accusa per l’80enne è di omicidio volontario
na vera tragedia della solitudine a Borgo
Pinti, nel pieno centro
di Firenze dove un
uomo di 83 anni ha
strangolato la moglie
di 88 anni , malata, e
subito dopo si è costituito presso il commissariato di San
Giovani in Via Pietrapiana.
Subito le forze dell'ordine si sono attivate raggiungendo la casa dei
due coniugi, ma è stato tutto
inutile: hanno solo potuto constatare la veridicità del racconto
e provvedere ad avviare le indagini
di rito.
Dai primi accertamenti, l'uomo,
che è stato immediatamente arrestato con l'accusa di omicidio
volontario, ha cercato di giustificare il proprio gesto con l'incapacità di riuscire a gestire in maniera dignitosa, l'aggravarsi delle
condizioni di salute della moglie,
che da alcuni anni era afflitta dal
morbo di Alzheimer.
La malattia degenerativa della
compagna di vita e le difficoltà
dovute all'età di entrambi, lo hanno spinto all'insano gesto.
Un fatto non estraneo alla cronaca.
U
Sempre più spesso negli ultimi
anni l'Alzheimer è diventata una
piaga sociale che annienta e destabilizza l'equilibrio delle famiglie,
costrette ad affrontare, nelle maggior parte dei casi impreparati,
la sofferenza di un loro caro. Nel
nostro paese i malati di Alzheimer
sono circa 450 mila e si prevede
che il loro numero tenderà al
raddoppio entro il 2020. Una
malattia invalidante che influisce
sulle capacità intellettive riducendo
colui che ne è colpito in uno
stato di demenza progressiva,
con relativa perdita anche delle
capacità motorie e di comprensione della realtà che lo circonda.
Ad oggi non ci sono metodi
scientifici per poterla prevenire
o individuarla.
F. Ce
10
Domenica 23 marzo 2014
Dall’Italia
BARI – “DANGER ZONE”
MODENA – LA CRISI UCCIDE ANCORA
Strozzato dai debiti:
imprenditore si impicca
A ritrovare il corpo del 53enne, ormai esanime, sono stati i familiari
L’uomo aveva licenziato i quattro dipendenti per carenza di lavoro
ssessionato dai
debiti ha deciso
di farla finita. È
l’ennesima vittima della crisi
quella che arriva da Modena: l’uomo si è impiccato
nel solaio di casa, sede legale della sua azienda, nella
zona del centro storico. A
ritrovare il corpo esanime
sono stati i parenti.
Il 53enne, che viveva con
la moglie e un figlio 26enne,
ha lasciato scritto un messaggio per spiegare il gesto ai familiari.
Sul posto è intervenuta la polizia, la salma
è stata affidata alla Medicina Legale.
Come racconta La Gazzetta di Modena”
il 53enne piccolo imprenditore edile era
responsabile di una ditta, una scarl,
società cooperativa a responsabilità limitata, che aveva sede legale proprio
nella sua abitazione. Poi recentemente il
suo nome si era legato ad altre due imprese sempre del settore edile, una attualmente in liquidazione. Secondo fonti
sindacali la sua ultima ditta, quella che
lo vedeva a capo, non aveva mai avuto
diatribe sindacali, vertenze, nessun ricorso
in cassa edile.
L’azienda aveva alle dipendenze quattro
operai manovali, quattro muratori che
O
sono stati licenziati nel dicembre scorso.
In questi ultimi mesi all’occorrenza l’uomo
li contattava quando c’era un lavoro da
svolgere.
Insomma, una situazione difficile, con lavori precari e a singhiozzo. È stato probabilmente proprio questo, unito anche
alla difficoltà di trovare altri sbocchi occupazionali a gettare nel baratro più
totale l’uomo che non ha visto altra via
di uscita se non la morte.
Sconvolti gli amici e la comunità parrocchiale, che l’uomo frequentava, lo descrivono come una persona generosa,
aperta, cordiale. Per tutti questo tragico
finale è stato un fulmine a ciel sereno.
È l’ennesimo dramma di una crisi che
ha intaccato ogni settore dell’economia.
CHIOGGIA
Sequestro record
di prodotti ittici
Ventidue tonnellate tolte dal mercato
Titolari di due ditte finiscono nei guai
S
equestro record di
prodotti ittici non idonei al consumo a
Chioggia: ventidue tonnellate di pesce sono state tolte dal mercato. A seguito
delle segnalazioni ben sette le ditte di commercializzazione e lavorazione di
prodotti ittici sono state
controllate dai finanzieri
della Stazione navale della
Guardia di Finanza di Venezia, con la collaborazione
della direzione veterinaria
dell’Ulss 19 di Adria (Ro).
Il risultato è stato di tre sequestri eseguiti, per un totale di 21.415 chili di prodotto ittico tolto dal mercato
e 7 persone denunciate
all’autorità giudiziaria. Presi
dalle forze dell’ordine anche 2 scarichi abusivi di
acque reflue di lavorazione.
Nel complesso sono state
due le ditte controllate
nell’area di Chioggia: in
una èstato sequestrato l’impianto di scarico delle acque reflue di lavorazione,
privo di autorizzazione, e
415 chili di pesce surgelato
(polpi, branzini, orate) in
cattivo stato di conservazione con la conseguente
denuncia all’autorità giudiziaria del titolare. Presso
la seconda ditta invece è
stata rinvenuta una tonnellata di vongole “venus gallina” allo stato giovanile
(novellame), per le quali è
vietata la pesca e la commercializzazione. Le vongole sequestrate sono state
rigettate in mare poiché
ancora vive. Anche in questo caso e’stato denunciato
il responsabile della ditta.
Le successive indagini svolte hanno consentito di individuare i pescatori che
avevano vendute le vongole alla ditta controllata; tre
persone sono state denunciate per pesca e vendita
di novellame.
Dal 2012 ad oggi la Stazione Navale Gdf di Venezia
ha sequestrato in varie operazioni circa 202 tonnellate
di pesce ed alimenti vari.
Le operazioni hanno coinvolto anche gli uffici della
Finanza di Veneto, Emilia
Romagna, Friuli, Marche ed
Umbria.
Grandi e piccoli imprenditori che a stento arrivano
a fine mese. Grandi e piccole aziende che vengono
spazzate via da una depressione senza precedente. Ed è proprio il settore edile uno dei più colpiti.
E a pagarne le spese sono
vite innocenti. Nel 2013,
secondo uno studio di Link
Lab (laboratorio di ricerca
Socio Economica dell’Università degli studi Link
Campus University) si è registrato un
suicidio ogni due giorni e mezzo. Ben
centoquarantanove le persone che si
sono tolte la vita, rispetto agli 89 casi registrati nel 2012. Circa un suicidio su
due (il 45,6%) riguarda un imprenditore
(68 i casi nel 2013, 49 nel 2012) ma, tra
un anno e l’altro, si registra un raddoppio
del numero delle vittime tra i disoccupati:
sono 58 i suicidi tra i senza lavoro, rispetto
ai 28 dell’anno prima.
Un fenomeno, diffuso purtroppo su tutto
il territorio nazionale, che sembra non
sia destinato a placarsi. Aumentano, così,
di settimana in settimane, le croci nel cimitero della grande crisi. E intanto Renzi
chiacchiera.
Barbara Fruch
Amianto nei capannoni:
scatta l’ora dei sigilli
Messa in sicurezza un'area di 150mila
metri quadrati. Denunciate 18 persone
erritorio italiano sempre
più avvelenato da criminali
senza scrupolo. L’ultima
incresciosa vicenda nel barese
dove con un’operazione denominata “Danger Zone”, ovvero
“Zona pericolosa”, è stato scoperto un sito contaminato da
amianto. Si tratta di una vasta
operazione di servizio condotta
dai Finanzieri del Gruppo Bari
a tutela dell’ambiente nelle zone
industriali dei comuni di Bari e
Modugno, su cui sono stati rinvenuti numerosi capannoni ad
uso industriale con coperture
in cemento – amianto. Quello
che è stato rivelato era l’evidente
stato di abbandono, privi di
qualsiasi opera di manutenzione
ordinaria e/o straordinaria pre-
T
vista dalla vigente normativa:
infatti le strutture presentavano
crepe e rotture con dispersione
di fibre pericolose per la salute
delle persone. In particolare,
nel corso di tale attività, sono
stati individuati e sottoposti a
sequestro appezzamenti di terreno per circa 150 mila metri
quadrati, con all’interno tettoie
in eternit per circa 60 mila metri
quadrati.
A seguito del blitz da parte delle
forze dell’ordine sono stati denunciati 18 persone ritenute responsabili dell’accaduto. Quindi,
in seguito, per le aree sequestrate sono state immediatamente avviate le procedure di
rimozione, smaltimento e bonifica.
F.Ce.
NUOVI SVILUPPI PER IL PORTO DI VENEZIA
Grandi navi: nel 2016
l’alternativa a San Marco
Dopo la sentenza del Tar arriva l’annuncio del ministro delle infrastrutture
Lupi: “Prima di decidere faremo la valutazione dell’impatto ambientale”
Ci eravamo dati degli
impegni alla Presidenza
del consiglio che vorremo mantenere. La strada che
sarà individuata dovrà essere
verificata e realizzata in termini
di risorse e fattibilità per il
2016, speriamo nel maggiogiugno di quell'anno”: questo
è quanto ha ripetuto il ministro
delle infrastrutture Maurizio
Lupi per quanto riguarda
l’eventuale strada alternativa
che dovrà essere individuato
a Venezia per le grandi navi
da crociera, evitando Piazza
San Marco.
"Mercoledì scorso ci siamo
visti con il ministero dell'ambiente, prima
addirittura della sentenza del Tar, tanto
per dire che questo era il percorso, e
mercoledì prossimo - annuncia Lupi - ci
ritroveremo con i ministri della cultura e
dell'ambiente ambiente: in 90 giorni si
farà la valutazione di impatto ambientale,
secondo le procedure ordinarie. La via
ci dirà quale è la strada che può essere
intrapresa”.
Continua dunque Lupi spiegando anche
il perché del 2016 come obiettivo: “perché
contemporaneamente avevamo lavorato
con molta chiarezza e con molta forza
“
con le compagnie di crociera nazionali
e internazionali e avevamo deciso un
programma che è quello su cui il Tar era
intervenuto”. Resta comunque uno per
il ministro il punto fermo della situazione:
"Dal primo gennaio 2015 - scandisce non potranno più entrare nel canale davanti a San Marco le navi di stazza superiore ai 96 mila tonnellate. Tar o non Tar
questa è la duplice strada che abbiamo
individuato: la tutela ambientale e il turismo delle crociere visto come una risorsa
per il Paese".
Per portare a termine il progetto Lupi
conferma che non è necessario nessun
ulteriore provvedimento governativo:
“Sono stati tutti presi - conferma - tutti
comunicati e programmati”. È stato fatto
riferimento tra l’altro all’ultimo pronunciamento del Tar. “Quando segui un percorso che è giusto nel metodo ogni tanto
il governo, le istituzioni e la politica, sono
forse avanti rispetto ai tribunali. L'importante è tenere fede a tempi e percorsi.
Non servono né gli Adriano Celentano
da una parte né i pasdaran dei crocieristi
dall'altra”.
Francesca Ceccarelli
11
Domenica 23 marzo 2014
Costume
LA LOBBY LGBT E L’IDEOLOGIA DA INCULCARE NEGLI STUDENTI, NONOSTANTE I GENITORI E GLI INSEGNANTI
“Vicini”: la sit com pro gay e contro la famiglia
L’Ufficio anti discriminazioni razziali la vuole diffondere negli istituti italiani, ma c’è chi si oppone duramente
di Cristina Di Giorgi
cuole italiane gay friendly:
è questo l’ormai arcinoto
obiettivo della potente lobby Lgbt. Al progetto, già
delineato e messo in atto
con iniziative quali la diffusione
tra i banchi dei più piccoli di fiabe
dichiaratamente ed espressamente omosex, si è aggiunto in questi
giorni un nuovo capitolo. “L’ultima
trovata – si legge in un articolo su
Tempi.it – patrocinata dall’Ufficio
antidiscriminazioni razziali in occasione della settimana contro il
razzismo, è la proposta alle scuole
di una sitcom intitolata “Vicini”,
in cui si parla di un condominio
che accoglie le coppie omosessuali ma non le famiglie con bambini”. Alla faccia della discriminazione.
E questa è soltanto una delle tappe
di una campagna tanto ben organizzata (sono stati infatti previsti
convegni, corsi di formazione per
insegnanti e studenti e quant’altro)
quanto criticata soprattutto da arrabbiatissimi genitori. Che non
sono – a scanso di equivoci è bene
ricordarlo e sottolinearlo – razzisti
e omofobi, ma semplicemente appunto genitori, ai quali spetta il
sacrosanto diritto di decidere
come educare i propri figli. O per
lo meno di essere consultati quando si tratta di aver a che fare con
argomenti difficili e delicati come
appunto l’omosessualità.
S
Sulla questione è poi intervenuto
anche il sottosegretario al ministero dell’Istruzione, che ha ripetutamente dichiarato che “l’impronta culturale a senso unico”
del materiale distribuito dall’Unar
indica che è necessario prendere
“provvedimenti per far chiarezza
sugli scopi di tale ufficio”. Non
basta quindi, secondo Gabriele
Toccafondi, bloccare la distribuzione degli opuscoli che introducono nelle scuole (asili compresi)
la teoria del gender. Bisogna infatti
anche (e soprattutto) capire l’utilità
di un Ufficio antidisriminzioni in
relazione a temi come l’educa-
zione degli studenti e i diritti dei
gay. “E’ chiaro – dice ancora Toccafondi in un’intervista – che occorre educare all’accoglienza di
ogni persona, combattendo ogni
forma di violenza, ma ora sotto la
dicitura di lotta alla discriminazione e al bullismo si sta mirando
a tutt’altro: all’imposizione della
teoria del gender e alla promozione di nuove forme di famiglia.
Ancora una volta l’Unar ha destinato alle scuole un filmato ideologico senza il consenso dei genitori, a cui per primi compete
l’educazione dei figli”.
Un organismo ambiguo quello di-
retto da Marco De Giorgi, le cui
politiche sono tutt’altro che finalizzate alla diffusione della libertà
e dei diritti. “Non c’è giorno che
passa – dice ancora il sottosegretario all’Istruzione – in cui non ci
siano genitori che vedono lesa la
loro libertà di educazione. Non si
può usare la scuola come un campo
di battaglia ideologico. Occorre
che i genitori si riprendano il loro
posto e che le scuole glie lo diano,
anche perché chi riesce ad incidere
di più sono proprio le associazioni
o i singoli genitori che si ribellano
all’ideologia imposta”.
Come Barbara Bianchi, la signora
milanese che ha cancellato dai
moduli scolastici la dicitura “genitore uno” sostituendola con quella tradizionale di “mamma”. Ed a
proposito di legittima ribellione,
c’è anche chi ha dato il via ad
una petizione on line in cui si richiedono le dimissioni del direttore dell’Unar, reo secondo i promotori di aver diffuso nelle scuole
materiale con “il preciso scopo
di inculcare negli alunni, dalle
elementari alle superiori, l’ideologia gender, con pesanti avvertimenti ai docenti della pericolosità e del ruolo diseducativo di
particolari indirizzi dati ai ragazzi
niente meno che dalla famiglia,
dalla religione e dalla Chiesa”.
Ingerenze inaccettabili, anche perché l’Ufficio “agisce in materia non
di sua competenza - si legge ancora
nel testo della petizione - e viola
l’obbligo di imparzialità, essendosi
avvalso della consulenza di un
gruppo di lavoro (29 associazioni
tutte Lgbt) i cui pregiudizi sono
stati inseriti” nel materiale prodotto
e diffuso, tra l’altro con denaro
pubblico. Oltre alla formale nota
di demerito che Toccafondi ha detto di aver inviato a Marco De Giorgi
e all’esposto dell’Associazione Giuristi per la Vita già inoltrato alla
Procura regionale della Corte dei
Conti del Lazio, c’è quindi la richiesta di dimissioni del direttore
dell’Unar per “condotta inadeguata
e faziosa”, fino ad ora sottoscritta
da quasi trentamila persone.
12
Domenica 23 marzo 2014
Teatro
IN PROGRAMMA AL TEATRO ELISEO DI ROMA FINO AL PROSSIMO 30 MARZO
“Oscura immensità”, per una vita senza perdono
L’opera è liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Massimo Carlotto
di Francesca Ceccarelli
Non c’è pietà per chi non
ha più una vita”: questo
l’incipit di “Oscura immensità” lo spettacolo in scena
a Roma, al Teatro Eliseo
fino al prossimo 30 marzo. Giulio
Scarpati è Stefano Contin, un calzolaio, marito e padre a cui hanno
ucciso moglie e figlio durante una
rapina ormai quindici anni fa. Autore
del crudele gesto il pregiudicato
Raffaello Beggiato, portato in scena
da Claudio Casadio. Una storia intensa e drammatica diretta da Alessandro Gassmann .
Giustizia, vendetta, perdono, pena.
Sin dalle prime battute ci si deve
subito misurare con un grande dubbio esistenziali del protagonista: “Si
può perdonare chi ti ha ammazzato
moglie e figlio? Per Contin assolutamente no: non c’è pena per colui
che gli ha distrutto la vita, nemmeno
di fronte a una malattia incurabile.
Lo spazio scenico viene diviso tra i
due protagonisti che si cimentano
con due monologhi incrociati, perfettamente cuciti tra loro, che permettono di conoscere a fondo i punti
di vista di vittima e carnefice. Due
vite che sembrano non avere nulla
in comune arriveranno a convergere
in un unico dramma: quello della
morte, di un’ “Oscura immensità”.
Uno spettacolo innovativo dal punto
di vista della scenografia: suoni e
“
videografie puntuali che sottolineano ricordi e racconti dei personaggi
impegnati nel resoconto dei loro
ultimi quindici anni di vita. Location
mobili che si fanno spazio sul palco
vicendevolmente per creare la giusta empatia tra personaggio e rac-
conto: ora ci si trova in una bottega
di un centro commerciale, ora in
un’angusta cella o nella stanza di
una prostituta segnata dagli anni. Il
registro è quello comune, dei giorni
nostri: nessuna volgarità per un linguaggio che comunque si tiene
ben radicato nella realtà che sta
descrivendo.
Quindici anni di odio, astio e apatia
per il padre vedovo; altrettanti di
forzata non-vita in galera, per il
pluriomicida malato terminale. Vittima e carnefice diventano l’uno
specchio dell’altro: sia per Contin
che per Beggiato, l’esistenza ha
perso di senso dopo quel tragico
fatto. Vite spezzate, vissute ai margini
della società che avrebbero una
seconda possibilità se solo uno dei
due cedesse lo spazio al perdono.
Ma non è possibile, a meno che
non si trovi un giusto compromesso.
Nel momento in cui infatti Contin
riesce a sapere il nome dell’esecutore materiale del delitto tutto
cambia: c’è modo di perpetrare
vendetta e quindi trovare pace. Ma
è realmente così? Può la violenza
rispondere ad altra violenza? E’ in
grado un essere umano, al di là
della retorica filosofico-religiosa, di
perdonare senza provare rancore?
E ancora, cosa si prova un attimo
prima di morire? Esiste davvero
questa “oscura immensità” che la
moglie di Contin urla prima di spirare per sempre? Può anche l’uomo
più innocuo trasformarsi in una bestia feroce?
Alessandro Gassmann riesce a
costruire uno spettacolo che racconta un dramma, un noir in piena
regola: non ci sono risposte, ma
solo domande che generano altre
domande. Il sipario si chiude e ci
si alza chiedendosi se valga davvero la pena portarsi rancore o
lasciare che il destino faccia il suo
corso. Questione di coscienza, di
“immenso amore” nei confronti di
sé stesso.
ROMA: DAL 25 MARZO AL 6 APRILE AL TEATRO ARGENTINA, IL REGISTA E ATTORE PROPONE UN RICCARDO III DA NON PERDERE
Shakespeare, la prima volta di Alessandro Gassmann
L’artista porta in scena la tragedia di cui fu protagonista il padre, il grande Vittorio, nel 1968
di Emma Moriconi
na rilettura di un classico come
il Riccardo III di Shakespeare
ad opera di Alessandro Gassmann, per la prima volta alle prese
con il Bardo nella duplice veste di
attore e regista, è un appuntamento
al quale non si può mancare. Gli
elementi per uno spettacolo da brivido ci sono tutti: prima di tutto
l’opera, immortale, profonda, intensa. Poi lo spirito di Gassmann, degno
figlio d’arte, che profonde un’opera
già di per sé meravigliosa dotandola
di un approccio personalizzato che
merita la dovuta attenzione. L’appuntamento è al Teatro Argentina
di Roma dal 25 marzo al 6 aprile.
Un ruolo, quello di Riccardo III, che
il padre di Alessandro, Vittorio, interpretò diretto da Luca Ronconi
nel 1968. Torna dunque sul palcoscenico la deformità fisica, specchio
di quella morale e spirituale del
crudele Riccardo, la sua smania di
potere: per rendere la profondità
di questa doppia deformità, Gassmann sceglie una forma allungata,
fuori misura, che va a sostituire la
classica gobba ormai entrata nell’uso. L’altezza, dunque, che ha un
non so che di mostruoso, che giganteggia sugli altri, che incombe
minacciosa. Dice Gassmann nelle
note di regia: “Ho sempre avuto
nei riguardi del Bardo, forse per
U
gigantesche ombre familiari, un
certo distacco, un approccio timoroso e le messe in scena dei suoi
capolavori, lo confesso, non sono
mai riuscite a coinvolgermi del tutto,
forse per la difficile sintonia con
un linguaggio così complesso e articolato ma anche, in molte traduzioni, oscuro e arcaico. Un “ostacolo”
che mi ha sempre impedito di immaginare una messa in scena in
grado di restituire l’immensa componente poetica ed emozionale e
allo stesso tempo di innervare di
asprezza contemporanea il cuore
pulsante ed immortale dell’opera
shakespeariana attraverso il registro
comunicativo a me più congeniale,
ovvero quello della modernità e
dell’immediatezza.”
Shakespeare è complesso, intenso,
indaga l’animo umano nei suoi
aspetti più aulici e in quelli più foschi, passando dagli amori più grandi agli odi più cupi, dalle gioie più
esaltanti al furore più cieco, dall’ebbrezza della passione amorosa
a quella di furore violento e totalizzante, permea i suoi personaggi di
pulsioni intense, assolute, ciascuno
di essi possiede qualcosa, ed è
sempre qualcosa di totalizzante e
permeante, nel bene o nel male. La
grandiosità di William Shakespeare
sta in questo suo riuscire a scavare
fino in fondo nell’animo umano, a
trovarvi gli anfratti più nascosti e a
tirarli fuori in tutta la loro veemenza,
tutto è espresso al massimo grado.
Riccardo III è una delle opere maggiormente significative di Shakespeare, costituendo un vero e proprio tuffo negli anfratti più oscuri
dell’anima. Ed ecco che nella classicità, bisogna dirlo sempre attuale
nei contenuti, di Shakespeare, che
continua a mettere l’uomo di fronte
a se stesso, Gassmann porta la sua
spinta innovativa, dal sapore contemporaneo, grazie anche all’adattamento di Vitaliano Trevisan che
rende, dice lo stesso Gassmann,
‘chiara e avvolgente la trama, mantenendo l’assoluta fedeltà all’originale per utilizzare un linguaggio
comunemente parlato che permetterà di recitare in maniera che Shakespeare torni a parlare alla gente,
come era in origine’.
Un adattamento che è anche una
riduzione: i personaggi, quaranta
nella versione originale, diventano
dieci: ci sono Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Manrico Gammarda,
Emanuele Maria Basso, Sabrina
Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta
Richeldi, Sergio Meogrossi e Paila
Pavese nel ruolo della Duchessa
di York. La colonna sonora è composta da Pivio & Aldo De Scalzi,
con brani di Ray Charles e dei
Dire Straits, scene e proiezioni di
Giankuca Amodio, costumi di Mariano Tufan.
Scarica

russificazione avvenuta