intervista A ntuan ha 38 anni, il sorriso calmo di tanti uomini mediorientali e gli occhi verdi che si incontrano talvolta in Anatolia. Ci accoglie a Roma nel collegio del Gesù, dove sta completando la sua preparazione. Ha un percorso lungo da narrare, geografico, ma soprattutto di fede. Parte dalla Germania, dove è nato durante un periodo di lavoro dei genitori, emigrati come tanti turchi, e prosegue nella città di Mersin, sulla costa mediterranea della Turchia. Da ragazzo cresce in una famiglia che vive dignitosamente la sua povertà: il padre fa il pescatore dopo il fallimento di una piccola impresa. Come si è avvicinato alla fede? Da bambino mi sentivo attratto dalle cose di Dio. Andavo in moschea e partecipavo volentieri ai corsi estivi per imparare a leggere il Corano in arabo e recitare le sure. Mio padre non aveva grande fiducia negli imam e non era molto praticante. Ricordo che una volta, dopo che un imam fondamentalista ci spiegò che le donne peccavano usando il grasso di maiale per truccarsi, papà mi punì e mi vietò di tornare alla moschea. Ma io lo facevo di nascosto e, con alti e bassi, la mia pratica religiosa è continuata. Quando mia mamma si è ammalata di tumore, la sua malattia mi ha avvicinato di più al Signore, perché cercavo risposte. Non avevamo la copertura sanitaria e non potevamo affrontare le spese per le sue cure. Mi sentivo piccolo di fronte a queste difficoltà. Chiedevo aiuto. Attraverso l’islam mi avvicinavo a Lui, pregavo cinque volte al giorno, rispettavo il digiuno. Per molti parenti ero un ragazzo esemplare. Quali studi ha fatto? Terminata la scuola, molti mi consigliavano di lavorare subito. Ma sono riuscito a superare gli ostacoli economici e a iscrivermi all’Università Gazi di Ankara, alla facoltà di Scienze eco48 Popoli giugno-luglio 2010 Il cammino di un gesuita turco Il 26 giugno a Roma diventerà sacerdote il primo gesuita turco, che celebrerà la sua prima messa nella chiesa di Ankara dove 13 anni fa è diventato cristiano. Antuan Ilgit racconta in esclusiva a Popoli la sua storia BILGI BAHCESI TANITIM Francesco Pistocchini nomiche e amministrative. Desideravo insegnare in università o lavorare nella pubblica amministrazione. Mi sono dato da fare per avere borse di studio, così riuscivo anche a mandare aiuti alla famiglia. Intanto continuavo a frequentare la moschea. Ma nel profondo non mi soddisfaceva, cercavo qualcosa di più grande. La pratica dell’islam arrivava a un certo punto e non andava oltre. I rapporti con le ragazze mi mettevano un po’ in crisi. La questione morale mi ha condizionato: ad esempio, trovavo ipocrita avere un rapporto prematrimoniale e poi semplicemente purificarsi con le abluzioni prima del- la preghiera. Volevo confrontarmi su questi temi con i religiosi, ma quando li interpellavo non ricevevo risposte, erano abbastanza evasivi, dicevano che mi ponevo troppe domande. Com’è proseguita questa ricerca? Per trovare risposte ho iniziato a leggere il Corano in turco, cosa abbastanza insolita, dato che anche chi non è arabo dovrebbe leggerlo nella lingua di Maometto. Vi ho trovato alcuni elementi contraddittori, da cui nascevano nuove domande. Alcuni gruppi più integralisti, che davano assistenza agli studenti poveri, hanno cercato di avvicinare anche me. Un dialogo e annuncio mio amico ne faceva parte, ma li trovavo troppo intransigenti. Durante l’ultimo anno di università andai a Istanbul per un tirocinio in un’azienda. Là ho fatto i primi passi del percorso che mi ha portato al cattolicesimo. Mi sono avvicinato alla comunità ebraica e ho conosciuto un rabbino. Ho posto domande sulla loro religione, ma mi è parso che l’ebraismo non si differenziasse troppo dall’islam nel suo mettersi in rapporto con la legge e, comunque, gli ebrei non mostravano interesse ad acco- piuttosto vivace e accogliente. In quel momento mi faceva piacere questa amicizia: mia madre era quasi paralizzata, su mio padre non si poteva più fare pieno affidamento e mia sorella più giovane soffriva per la situazione. Del mio futuro non sapevo niente. Stavo per laurearmi, ma non avevo soldi per una specializzazione. Era un momento difficile. L’esperienza con i protestanti mi ha spinto ad approfondire di più la figura di Gesù e il mio cammino di ricerca mi ha portato a frequentare la chiesa cat- Antuan Ilgit e i luoghi del suo incontro con la fede: la moschea Müftü di Mersin e la chiesa di sant’Antonio a Istanbul. gliere un non ebreo. Un giorno entrai in una chiesa francescana nel centro di Istanbul. Nella chiesa silenziosa mi sono fermato a pregare a lungo. All’uscita presi alcuni libri esposti, perlopiù stampati dai protestanti, uno dei quali era dedicato alla vita di Gesù. Conteneva un questionario che si poteva compilare e spedire. Ho spedito. Che cosa avvenne? Tornato a Mersin, dopo qualche tempo ricevetti la visita a casa di due protestanti svizzeri, che mi hanno invitato a conoscere la loro comunità, tolica della città. Prima ho conosciuto il bibliotecario, un uomo anziano, colto e discreto, con cui ho iniziato a leggere la Bibbia. Intanto aspettavo di partire per il servizio militare e avevo tempo per stare vicino a mia madre. Un giorno ho assistito per la prima volta a una messa. Era in turco. Non avevo mai visto persone rivolgersi a Dio nella mia lingua. Si parlava di un Dio ami«Frequentavo co, fratello, che si dà da più o meno mangiare e da bere, un assiduamente Dio che fattosi uomo si la moschea. mette in cammino con gli Mi accorgevo, uomini. Fui molto colpito. però, che nel Il bibliotecario mi chiese profondo non mi soddisfaceva, cercavo qualcosa di più grande» se volevo proseguire nel catecumenato e mi ha presentato a Raimondo Bardelli, un padre cappuccino che si trovava in Turchia da una decina d’anni. Si occupava di temi legati all’affettività e alla sessualità, preparava alcuni opuscoli e ho iniziato ad aiutarlo nella preparazione dei testi in turco: un modo per approfondire la fede. Con padre Raimondo mi sono preparato seguendo il Vangelo di Marco. Così è arrivato al battesimo? Decisi di farmi battezzare, ma dovevo parlarne con i miei genitori, non volevo fare tutto di nascosto. Mia madre era rispettosa della scelta, anche se non entusiasta. Mi chiedeva solamente di continuare a rispettare l’islam. Invece mio padre la prese molto male e mi minacciò, vietandomi di continuare a frequentare la chiesa. Così, insieme ai cappuccini, decidemmo di aspettare. Dissi a mio padre che avevo cambiato idea, ma continuavo ad andare in chiesa di nascosto. Quando lui era fuori casa, ricevevamo le visite di padre Raimondo e di alcune suore che aiutavano mia madre. Apprezzavo l’impegno di queste persone, che tra l’ostilità di alcuni, con una lingua difficile, restavano tra noi. Aiutavo anche padre Raimondo ad animare i ragazzi di un piccolo convitto per i bambini delle famiglie cristiane. Vedendo i gesti di carità, condividendo molti momenti con questi ragazzi, ho iniziato a immaginare anche per me una vita da religioso. Era il fiorire di una vocazione. Desideravo il battesimo, ma non sapevo come fare. Intanto ho passato un esame per la carriera accademica nell’università di Marmara. Stavo per realizzare un desiderio della mia vita professionale, ma sapevo anche che, se fossi diventato cristiano, potevo compromettere tutto. Mi trovavo davanti a un bivio. Che scelta ha fatto? Feci il servizio militare, che è obbligatorio. Prendevo tempo, ma intanto giugno-luglio 2010 Popoli 49 intervista Mersin: la moschea Mugdat, una delle più grandi della Turchia. come ufficiale potevo mantenermi. Mi mandarono nei carristi ad Ankara. C’era una chiesa cattolica, curata dai padri assunzionisti e portai avanti un cammino di catecumenato. Padre Raimondo chiese a padre Xavier Nuss che mi battezzasse ad Ankara. Finalmente, nella veglia di Pasqua del 1997, insieme ad altri tre ragazzi, ho ricevuto i sacramenti. Come si è avvicinato ai gesuiti? Frequentando la cappella di Ankara ho incontrato Christian Troll, «Un giorno entrai un gesuita tedein una chiesa sco islamologo, francescana che che insegnasi trova nel centro va ad Ankara. di Istanbul. Nella Gli interessava chiesa silenziosa parlare con me mi sono fermato del mio Paese a pregare a lungo. e della cultuAll’uscita presi ra turca. Siamo un libro dedicato diventati amici alla vita di Gesù» e ho iniziato a conoscere la spiritualità ignaziana. Poi ho incontrato padre Tom Michel, anch’egli esperto di islam e di dialogo. All’epoca non c’era nessuna casa della Compagnia di Gesù in Turchia. Grazie ai cappuccini sono venuto in Italia per fare una prova di vita religiosa. Sono arrivato in un convento a Modena, ho iniziato a studiare l’italiano e nel 1999 sono entrato come novizio. Ma leggendo articoli che riguardavano i gesuiti e le loro attività è riemerso l’interesse a conoscerli meglio. La sua famiglia aveva accettato la nuova condizione? Quando sono partito per l’Italia ho mentito ai miei familiari e parenti: tranne mia madre e mia sorella, non sapevano che ero entrato in un ordine religioso, pensavano che avessi vinto una borsa di studio per una specializzazione in economia. Molti facevano progetti sul mio matrimonio. Così avevo una doppia vita: in Italia ero frate, in Turchia un ragazzo musulmano in cerca di fidanzata. Culmine di questa 50 Popoli giugno-luglio 2010 doppia vita è stato il funerale di mia madre. Nella moschea ripetevo i gesti della preghiera musulmana come gli altri, ma dentro di me pregavo il Padre nostro e l’Ave Maria. A lungo andare era una situazione pesante. Così ho deciso di raccontare tutto ad amici e parenti. Molti di loro mi hanno rifiutato, alcuni hanno voluto tagliare ogni legame. È stata dura, ma tutto ciò mi ha spinto ad approfondire la mia relazione con il Signore, una relazione di intimità che mi sostiene nel cammino. e poi all’Istituto Orientale dove ho approfondito la patristica, per conoscere meglio la mia terra di origine e la ricchezza delle Chiese orientali, in modo particolare la Chiesa armena. Mi sono quindi iscritto alla licenza di Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana della Lateranense. Mi interessa affrontare i temi di bioetica: in questo campo vorrei approfondire il dialogo interreligioso, nelle questioni di inizio e fine vita, su cui anche i musulmani si pongono molte domande. Un cammino che, alla fine, l’ha por- Come valuta il dialogo tra islamici e cristiani? tata tra i gesuiti. Arrivato al momento di fare la profes- Come Chiesa dobbiamo entrare in sione perpetua nei cappuccini, non mi dialogo con il mondo plurale in cui sembrava di essere onesto. Mi sentivo viviamo e i credenti devono essere attirato dalla Compagnia di Gesù e sempre pronti a promuovere iniziative dalla sua spiritualità. Ho chiesto una di dialogo interculturale e interreligiopausa di riflessione. In questo mi ha so, stimolare la collaborazione su temi aiutato il gesuita Paolo Bizzeti che, di interesse reciproco, come la dignità d’accordo con i superiori cappuccini, della persona umana, la ricerca del mi ha accolto a Bologna. Padre Paolo bene comune, la costruzione della mi ha lasciato una grande libertà, ma pace, lo sviluppo. Tengo a un dialogo ha capito anche che la mia era una di conoscenza, di amicizia, di ascolto vocazione originaria per i gesuiti e il e di preghiera. Cercare di capire senza mio avvicinamento ai cappuccini era cercare di cambiare l’altro. Sostengo dovuto al fatto che in Turchia avevo con la mia preghiera alcuni gesuiti e potuto incontrare solo loro. In questo la Santa Sede che si impegnano sul periodo ho chiarito la mia vocazione piano del dialogo teologico, ma personalmente non mi vedo inserito in cristiana e il desiderio di farmi prete. Per entrare nei gesuiti da religioso questo percorso, anche perché un muci voleva una dispensa speciale che sulmano non ascolterebbe un convertito al cristianesimo. Non il Padre Generale rilascia sarei un partner serio ai raramente, ma padre Kol- «Tengo a un loro occhi. Per questo venbach acconsentì. Così dialogo ho deciso di studiare la nel 2005 è iniziato que- di amicizia, morale e la bioetica, in sto nuovo percorso della di ascolto. Per mia vita, come novizio questo ho deciso un dialogo di conoscenza reciproca. Ad esempio, dei gesuiti. Ho studiato di studiare rispetto all’aborto, che teologia alla Gregoriana la morale e la bioetica, in un dialogo di conoscenza reciproca» Göreme (Cappadocia): affreschi di una chiesa rupestre. to dalla Cassazione, ha costituito un precedente per i tribunali. Per motivi nazionalistici non è stato ben visto. Nonostante le leggi siano laiche nel garantire le libertà fondamentali, nella pratica esistono discrepanze. cosa dicono l’islam e il cristianesimo? È un diritto? Mi interessa cercare una parola comune per salvaguardare la vita. Questo ci manca; non troverà nemmeno un pronunciamento dei vescovi in Turchia nel campo della bioetica, eppure anche la Turchia segue da vicino le biotecnologie con tutte le sue implicazioni etiche. Le conversioni dall’islam al cristianesimo rischiano di essere strumentalizzate? Bisogna usare molta discrezione e rispetto per la sensibilità dei musulmani. Per questo non apprezzo i battesimi fortemente pubblicizzati: sono inutilmente offensivi. Allo stesso modo non apprezzo chi discredita il cristianesimo senza conoscerlo davvero. Oggi le religioni vengono molto strumentalizzate politicamente e questo non aiuta il dialogo. Non mi piacerebbe che la mia vita e la mia storia venissero strumentalizzate. Una volta un giornale ha scritto di «Antuan strappato a Maometto». Questo modo di intendere il mio cammino non mi piace, non penso di essere stato strappato a niente. È il Signore che mi ha fatto fare un salto di qualità verso la persona di Gesù che non è soltanto un profeta ma è soprattutto il Figlio di Dio. Ma non è un passaggio drastico, è un itinerario. La mia conversione è un continuare verso un perfezionamento della mia fede. La parte islamica del mio cammino per me è molto importante, perché nella fede musulmana il Signore si è rivelato a me, nella fede in un unico Dio. Si è avvicinato a me in questo modo. Non rinuncio a questa parte della mia vita, il cristianesimo è una tappa successiva, è il coronamento di tutto il cammino precedente che considero nel suo insieme come un vero dono. In Europa sono forse più numerose le persone di formazione cristiana che passano all’islam. Ne ha conosciute? Sì, alcune, soprattutto persone che hanno cambiato appartenenza religiosa sposandosi. Penso che siano attirate nell’islam da una maggiore nettezza: in queste persone c’è un’attrazione per la semplicità delle norme, nel senso che l’islam è più drastico nel definire cosa si deve o non si deve fare. Insegnamenti del Vangelo come amare i nemici, porgere l’altra guancia, dare la vita per il prossimo sono aspetti più difficili. Penso però che queste persone non abbiano mai avuto un’autentica proclamazione, testimonianza, esperienza della Parola. La sola catechesi non è sufficiente per accostarsi alla persona di Gesù Cristo. Il legame tra identità nazionale e religiosa per i turchi resta molto forte. Ci sono alcuni problemi che nascono dal binomio nazionalità-appartenenza religiosa. Un turco deve essere per forza musulmano e un turco cristiano non è contemplato. Le minoranze religiose non sono considerate veramente turche: devono dirsi turchi, ma agli occhi dei «veri» turchi non lo sono. Un turco che si fa cristiano è visto come un traditore, come diceva mio padre che mi considerava una vergogna della famiglia. Più come traditore della patria che della propria fede. Anche il cambio del mio primo nome turco con il nome Antuan (Antonio), riconosciu- Per quale ragione? La Turchia ha mille volti e non si possono fare discorsi generici sulla tradizione, la religione, il nazionalismo. L’Est della Turchia è diverso dall’Ovest. Una parte è europea e moderna, una più vicina ai tempi di Abramo. Anche nella vita politica la Turchia vive cambiamenti forti. La questione armena resta un tabù, ma almeno si inizia a discuterne. Non sono uno storico e non posso giudicare l’esistenza di un genocidio, ma apprezzo che ci sia una discussione. Penso che non si possa condizionare il dibattito imponendo con leggi il divieto «Un giornale di affermare il ha scritto di genocidio (come “Antuan strappato in Turchia), o a Maometto”. di negarlo (coQuesto modo me in Francia). di intendere Come religioso il mio cammino non ho una rinon mi piace, sposta definitinon penso va, ma cerchedi essere stato rò di servire la strappato a niente» riconciliazione. Anche perché la Turchia non appartiene soltanto a noi turchi, gli armeni vi abitavano prima di noi e abbiamo convissuto insieme per secoli. Che cosa l’aspetta adesso? Devo completare gli studi. È stato accettato il mio progetto di tesi sui temi di inizio vita - come aborto, contraccezione, fecondazione assistita e uso delle cellule staminali - nella bioetica turca, a confronto con il magistero cattolico. Vorrei dare al mio lavoro una chiave di lettura antropologica e religiosa. Studierò le fatwa della Presidenza degli affari religiosi che è un’istituzione ingombrante in un Paese che si dichiara laico. È il primo passo del tipo di dialogo che desidero portare avanti. giugno-luglio 2010 Popoli 51