Priorato delle Confraternite per la Diocesi di Acqui I multiformi ruoli dell’associazionismo confraternale all’interno della società Enrico Ivaldi Che cosa è una confraternita? Col nome di “Confraternita”, nella Chiesa Cattolica si intende: a) una associazione, cioè un gruppo organizzato di persone di ogni età, sesso ed estrazione sociale che cercano di realizzare insieme determinati scopi b) pubblica perché cerca di realizzare questi scopi in nome della Chiesa (da cui riceve il mandato ufficiale), pubblicamente ed a favore di chiunque (non solamente dei suoi associati); c) composta di fedeli, aperta a ricevere tutti coloro che intendano impegnarsi in questa particolare forma di associazione, per camminare, crescere e migliorare insieme in una esperienza di fede, di bene e di amicizia, che produca effetto per sé e per il prossimo. Le Confraternite sono uno tra i modi più antichi (e non solo cristiani, visto che ci sono Confraternite anche in altre fedi) di associazionismo religioso, dalle peculiarità pressoché uniche e molto originali che le distinguono e le caratterizzano da altri gruppi, dando loro importanti possibilità di azione fatte proprie dalla Chiesa dove hanno quindi raggiunto una precisa collocazione. La forma con cui queste associazioni si sono sviluppate e giunte fino a noi ebbe origine nel Medio Evo come risposta al bisogno di pace e misericordia di cui quell’epoca, perturbata da tensioni nella società, aveva bisogno. Ma le Confraternite restano vitali nel tempo rinnovando l’esperienza di fede e di carità che le ha fatte nascere e le fa avanzare da almeno 8 secoli. Ecco perché non é fuori dal tempo parlare anche oggi di associazionismo confraternale, spesso ignorato, travisato, dimenticato o poco conosciuto anche se ha lasciato grandi tracce un po’ ovunque (edifici sacri e non, riti, nomi, oggetti, origine di certe cose e usanze o influenza su di esse, ecc.). Quali sono le finalità della Confraternita ? “Le finalità delle Confraternite si possono riassumere in tre parole: culto, carità, penitenza Oggi l’urgenza dell’evangelizzazione esige che anche le Confraternite partecipino più intensamente e più direttamente all’opera che la Chiesa compie per portare la luce, la redenzione, la grazia di Cristo agli uomini del nostro tempo, prendendo opportune iniziative sia per la formazione religiosa, ecclesiale e pastorale dei loro membri, sia dei vari ceti nei quali è possibile introdurre il lievito del Vangelo”. Giovanni Paolo II, Omelia nel Giubileo Internazionale delle Confraternite, 1 aprile 1984 Le origini Nel Vangelo la pratica della carità diventa segno del regno che Gesù annuncia, e nelle prime comunità cristiane c’era una condivisione spontanea dei beni; con l’espandersi delle comunità, il servizio d’assistenza si struttura nelle “agapè”, termine che sta a significare l’amore caritatevole verso tutti, istituzioni che si trasformarono nell’Alto medioevo in Confrarie. L’origine delle odierne Confraternite va ricercata però in quel periodo cruciale per la Chiesa che va dalla metà del 1200 a tutto il 1300. Significativo, da questo punto di vista, fu il caso di san Francesco d’Assisi e di san Domenico di Guzmàn, che agli inizi del secolo XIII fondarono dei nuovi ordini votati alla povertà e alla predicazione. In contemporanea alla nascita di questi nuovi ordini monastici, si svilupparono anche movimenti laici che giravano di città in città per predicare la penitenza e la conversione. Questi erano chiamati, a seconda dei casi, Flagellanti, Disciplinati, Battuti, per il loro uso di privarsi delle vesti e di flagellarsi nelle pubbliche vie per dimostrare che ci si doveva mortificare per espiare i peccati e raggiungere la salvezza in una adesione senza riserve alla Passione di Cristo in tutti i suoi aspetti più concreti e reali. Le Confraternite che vengono a costituirsi sono quindi la risposta laica alla crisi della Chiesa, così come i nuovi ordini religiosi sono la risposta ecclesiale. Per espiare le colpe e frenare così la collera del Signore, ove il movimento si spostava, erano indette grandiose processioni di popolo, guidate da alte croci, durante le quali era uso privarsi delle vesti e flagellarsi, cioè “battersi”, e “compagnie dei battuti” vennero chiamate le prime associazioni, a volte indicate anche come “compagnie dei Disciplinati (dal nome “disciplina” che si dava alla frusta usata, solitamente costituita da un mazzo di cinque corde, in ricordo delle piaghe di Cristo.). Un nuovo impulso allo sviluppo delle Confraternite venne dal Giubileo del 1400, indetto da Bonifacio IX; il cosiddetto movimento laicale dei Bianchi, uomini e donne in cappa bianca, con il volto incappucciato, provenienti dalla Provenza, attraversò la nostra penisola diretto a Roma in pellegrinaggio. I Bianche e la “Cappa” Se in origine il principale segno distintivo dell’appartenenza ad una Confraternita era la divisa: in origine bastava una semplice “professio in signis” in quanto bastava vestire un certo abito per essere riconosciuto come penitente. I “Disciplinati” partecipavano alle cerimonie a torso nudo per potersi flagellare. •Ma la “cappa”, che è l’abito tipico dei Confratelli, si impose dopo il 1399, con il movimento dei Bianchi che dalla Provenza si estese a tutta la Liguria ed al Basso Piemonte; essi vestivano cappa e cappuccio di tela bianca, e presto questo abito venne adottato da tutte le Confraternite. L'abito fu realizzato nella forma a càmice tuttora nota, per richiamare la tunica indossata da Gesù nella Sua Passione Redentrice I colori delle cappe Il Bianco richiama il colore delle prime cappe indossate dai Flagellanti medievali e la purezza del battesimo in Cristo il grigio ricorda la tela grezza, di simile colore, dell'umile saio degli ordini monastici: l'uso di una cappa simile indica le Confraternite (ed i legami tra esse e tale Ordine) sorte al seguito dei "Fratelli e Sorelle della Penitenza" nati dall'esperienza di San Francesco; il rosso é il colore caratteristico della Confraternita della Trinità dei Pellegrini, fondata da San Filippo Neri, ed indica l'effusione dello Spirito Santo ed il fuoco della carità che deve infiammare il cuore di chi é iscritto a questa associazione nell'esercitarne lo scopo il marrone ed il giallo scuro richiamano rispettivamente la tonaca o il mantello dei religiosi dell'Ordine Carmelitano (i cui primi eremiti, e non solo essi, adottavano vesti di tinta affine, tessute con peli d'animale) e indica una Confraternita della Madonna del Carmine; ma questo colore (indipendentemente dall'Ordine religioso di aggregazione) potrebbe anche semplicemente indicare Confraternite nate dal Movimento Penitenziale medievale, i cui primi membri vestivano rudi tuniche di tela di sacco; Quelle dei “battuti” praticarono nel dorso della cappa un’apertura, conservata in pochi casi, per potersi “battere”. La cappa era confezionata in tela grezza ed il colore variava dal bianco, il più diffuso, al bigio della tela grezza, allo scuro fino al giallo zafferano della Confraternita delle Umiliate. Col tempo si aggiunse alla divisa la “mozzetta”, una specie di corto mantello oltrepassante di poco il gomito; Tabarrini, scapolari, cingoli, stemmi Alcune parti dell'abito dei religiosi sono passate all'abito confraternale: lo scapolare (cioé lo "stolone" che poggia sulle spalle e pende su petto e schiena, simbolo anch'esso che si é rivestiti di Cristo e sottomessi a Lui), la corona del Rosario o quella dell'Addolorata (dell'Ordine dei Servi di Maria), la cintura di cuoio (anziché il cingolo di corda) dell'Ordine Agostiniano, il mantello (ridotto a mozzetta) richiamo a quello delle tonache (ma, per altro verso, anche alla "cappa magna" di un dignitario non religioso), lo stemma (più precisamente: il "signum", ossia il sigillo) di un Ordine religioso I colori dei tabarrini l'azzurro é il colore mariano per eccellenza: é il colore del cielo, in cui é già stata assunta la Madonna. il verde é innanzitutto il colore dell'Arciconfraternita di San Rocco e, di conseguenza, delle sue aggregate; esso riprende il colore delle vesti con cui questo santo pellegrino viene effigiato nell'iconografia tradizionale e invita alla speranza durante il pellegrinaggio terreno, prefigurazione di quello verso l'Eternità: il verde simboleggia la stagione della rifioritura, del ritorno della vita, e quindi l'umanità; il nero, il colore simbolico della terra, da cui ha principio la vita, alla quale torna con la morte, é adottato, per questi motivi, dalle Confraternite della Buona Morte ("buona" nel senso cristiano del termine, sia innanzitutto dal punto di vista di una adeguata preparazione ed assistenza spirituale, che da quello del provvedere ai servizi necessari ai diversi atti e situazioni che accompagnano quest'ultimo momento della vita altri colori o combinazioni di colori usati o usabili possono derivare dall'iconografia con cui é tradizionalmente effigiato un Santo Patrono (ad es. il viola del mantello di San Giuseppe, che però potrebbe indicare anche Confraternite penitenziali); dalla carica da evidenziare (ad es. il giallo-oro, colore della solennità, in genere usato per gli ornamenti delle cappe e/o delle mantelline dei responsabili della Confraternita, non importa di che tipo); I cingoli - Tutte le cappe sono o dovrebbero essere munite di un cordone per cingere i fianchi: é un richiamo alle funi con cui fu legato il Signore e quindi a sentirsi strinti a Lui, alla Sua legge, e ad avere autocontrollo morale. A volte il cordone ha dei nodi (in genere 3, 5 o 7) che ricordano alcuni momenti della Passione le 3 cadute sulla via del Calvario, le 5 Sante Piaghe del Crocifisso, le Sue 7 effusioni di Sangue Quello che ora é un semplice cingolo, anticamente terminava con dei veri e propri flagelli (= frustini con frange in metallo o pietra), usati pubblicamente dai primi Confratelli per colpirsi sulla nuda carne per concreto atto di penitenza (per decenza, per non scoprire il busto, essi portavano cappe con un buco sul dorso) L’uso del cappuccio è stato introdotto in origine proprio come protezione dalle malattie. A tale scopo vennero anche utilizzati cappucci muniti di un filtro a forma di becco, che, nell’intenzione di chi lo portava, doveva servire a minimizzare il rischio di contagio. Il cappuccio successivamente ha assunto un’altra duplice funzione: quando questo è calato sul volto non permette di essere riconosciuti, indicando l'anonimato delle buone opere (nessuno sa perciò chi deve ringraziare per il bene ricevuto) e l'annullamento della differenza di classe sociale (sono accomunati il ricco col povero, l'istruito col meno colto). Altri elementi delle Confraternite: l’impronta sul lato del cuore un distintivo, detto "impronta", con l'effigie o lo stemma del Santo o Mistero titolare della Confraternita o della relativa "famiglia" (a volte é una croce o un medaglione, attaccato magari al collare, dove si usa). Esso indica che i Confratelli appartengono alla stessa "casàtia" ossia ambito familiare del Santo o Mistero di Fede cui é dedicata la loro rispettiva associazione di appartenenza: il nome "casàccia" con cui venivano anticamente chiamate le Confraternite, ha proprio questo significato. Altri elementi delle Confraternite: Lampade e mazze processionali Lanterna portatile issata su un'asta utilizzata durante le processioni per accompagnare la cassa o per il trasporto del SS. Sacramento o del viatico o per accompagnare i defunti. Le lanterne sono spesso a coppia o in più esemplari di numero pari. Le Mazze processionali indicano i superiori delle confraternite oppure servono a mantenere ordinata la processione. Alla sommità dell'asta figura generalmente un pomo con una croce o una statuetta, spesso entro un'edicola, raffigurante il santo patrono o l'emblema della confraternita, della congregazione o della parrocchia. Stendardi processionali Funzione sociale delle Confraternite. In un’epoca in cui non vi era alcuna forma di tutela sociale pubblica, le Confraternite esercitarono un’importante funzione di “società di mutuo soccorso” rivolto a diverse categorie con la distribuzione di cibo ai poveri, fossero essi Confratelli in primo luogo oppure concittadini e l’assistenza in ricoveri ai vecchi non più in grado di lavorare. Venivano assistiti anche i bambini, orfani di confratelli e trovatelli, e le vedove, mentre per permettere alle ragazze povere di sposarsi veniva loro costituita la dote. Ogniqualvolta nella famiglia di un confratello si verificava un decesso o una malattia grave, gli altri confratelli non solo provvedevano alle cure, ma si incaricavano anche di portare avanti il lavoro dell’ammalato nei campi o nel laboratorio. Due erano le attività sociali tipiche delle Confraternite: l’assistenza agli ammalati e la sepoltura dei morti, Attività che diventavano indispensabili durante le gravi epidemie, specie di peste, che periodicamente colpivano le nostre terre, quando nessuno provvedeva più a questi funzioni, che costituivano il primo presidio contro il diffondersi del contagio. Nelle campagne questo ufficio assumeva una valenza ancora maggiore, per la presenza di cascine isolate, lontane dalla Chiesa ove doveva essere celebrato l’ufficio funebre. Non esisteva ancora nessun servizio pubblico che provvedesse alla sepoltura dei cadaveri; il triste compito era assolto in genere dalle confraternite o dai familiari del defunto. 8 aprile 1536 – seconda apparizione della Beata vergine Maria ad Antonio Botta Tu andrai da quelli di Savona e dirai che annuncino al popolo di digiunare per tre sabati, e facciano fare la processione per tre giorni a tutti i Religiosi e Disciplinanti; ed a questi Disciplinanti sia raccomandata la disciplina soprattutto nel giorno del Venerdì Santo. Perché se non fosse per quelle poche orazioni ed opere buone, compiute dalle Confraternite e da altri servi di Dio, il mondo sarebbe ancor più tribolato che non è.” Il Concilio di Trento e le nuove direttive Con l’applicazione delle norme del Concilio di Trento (1545-1563) ed il mutato atteggiamento nei confronti della cultura penitenziale, i contenuto più spirituale della flagellazione veniva esaurendosi. I pubblici flagellamenti, ormai circoscritti ai riti della Settimana Santa, andarono scemando sino ad esaurirsi quasi intorno alla fine dell’Ottocento Numerosi saranno i vescovi che solleciteranno la creazione della Confraternita della Dottrina cristiana per arginare la diffusione delle dottrine protestanti e di quella del Santissimo Sacramento per allargare la devozione eucaristica: così, tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento, vediamo sorgere confraternite di questo tipo in tutte le parrocchie più importanti. Le Arciconfraternite e le aggregazioni Quasi nello stesso periodo si avvia un processo più deciso di disciplina dei modelli della devozione e della pratica assistenziale delle confraternite attraverso la creazione a Roma delle Arciconfraternite, organismi dotati di ampi privilegi e di numerose indulgenze: ad esse saranno sollecitate ad aggregarsi tutte le confraternite presenti nelle diocesi e la conseguenza sarà che sempre più spesso si andrà imponendo localmente il modello di vita devozionale mutuato da Roma. La sua caratteristica specifica consiste, in sostanza, nell’essere dotata di ampi privilegi e di numerose indulgenze da parte dei pontefici e di poterle trasferire ad altre analoghe associazioni devote, grazie al meccanismo dell’aggregazione. Ulteriore indizio di una trasformazione dei referenti per la pietà religiosa dei laici nel Seicento è il graduale affiancarsi al cumulo dei privilegi indulgenziali del ben più corposo accumulo di reliquie di ogni genere, di cui ci è lasciata traccia negli inventari delle confraternite - Nei secoli XVI e XVII, affievolitosi lo spirito dei flagellanti, le confraternite accentuano lo spirito più prettamente liturgico e, con il passare del tempo acquistano anche una certa autonomia economica, ed a volte anche una certa prosperità attraverso lasciti e donazioni e restano profondamente radicate nel territorio o nel quartiere, ecco allora nascere rivalità, antagonismi e campanilismi; questa competitività si esprime anche con i crocifissi processionali, sempre più grandi e maestosi, soprattutto in Liguria e nelle diocesi limitrofe, ed in certi momenti le Autorità componenti cercano di mettere freno a certi sfarzi. Una particolare usanza ligure merita a questo proposito una segnalazione: quella di portare l’immagine di Cristo rivolta all’indietro. Sembra che questo risalga ad un privilegio concesso ai genovesi come premio al valore dimostrato nella liberazione del Santo Sepolcro (1099). La storia racconta che i Genovesi entrarono per primi in Gerusalemme, guidati dal loro comandante Guglielmo Embriaco “Testa di Maglio”; pare infatti che i crociati di Genova portassero in battaglia il crocifisso rivolto all’indietro, in modo che gli infedeli non potessero vederne il volto. Un’altra versione, invece, racconta che il privilegio di portare il Cristo rivolto verso il portatore risalga alla battaglia di Lepanto contro i turchi (1571). I genovesi, guidati da Giovanni Andrea Doria, che combattevano con il Cristo innalzato come vessillo, vedendo avanzare i Turchi, voltarono dalla propria parte l’immagine di Cristo, per attingere coraggio ed ottenere la di Lui benedizione e perché i Turchi non erano degni di guardarlo. In memoria di questo fatto, il Papa concesse ai Genovesi che nelle processioni tenessero l’immagine del Cristo voltata verso colui che lo portava. La tradizione, come spesso accade, tuttavia si ricollegava con la praticità; infatti i pesanti e maestosi crocifissi, risultavano impossibili da portare, per evidenti problemi di equilibrio, rivolti in avanti e quindi il privilegio genovese venne utilizzato anche da altre confraternite non genovesi. Risvolti della Battaglia di Lepanto Nel corso del XVI secolo, anche in seguito alla vittoria della lega Santa nella battaglia di Lepanto contro i turchi (1571), associata, secondo Pio V all’intercessione della Vergine, si diffusero le Confraternite Mariane La recita del Rosario, non più in formi individuale, costituisce senza dubbio l’unica devozione comune che la Controriforma abbia elaborato a livello di pietà popolare La proliferazione di confraternite mariane e di altre dalle titolazioni e finalità più diverse appare anzi come il segno più sicuro della inefficace presenza dell’ordinamento parrocchiale ai fini di una più generalizzata attuazione della riforma tridentina. Durante la seconda metà del 500 e i primi anni del 600 proseguì il tentativo dell’autorità vescovile di riformare le Confraternite e non poche di esse acconsentirono alla revisione dei loro statuti. Fu San Carlo Borromeo il principale riformatore delle Confraternite, che per esse, e soprattutto per i loro membri, stese una apposita "Regola" in cui sono contenute numerose e preziose indicazioni, tuttora valide ed attuali. Questi sono improntate a forme democratiche: il pericolo di un potere arbitrario viene scongiurato col rendere tutte le cariche elettive, con la possibilità per ogni confratello di essere eletto, con l’annualità delle cariche e con un costante controllo della base. Del tutto originale nelle Confraternite è la possibilità di partecipazione femminile, fino alla formazione di Confraternite di sole donne alle quali veniva così offerta la rarissima opportunità di aggregazione sociale e di partecipazione al di fuori dei confini della famiglia. Con il XV secolo le Confraternite cercano di affrancarsi rivendicando una loro autonomia; nel corso di un secolo infatti esse acquistano un peso consistente all’interno delle comunità, Assumono la gestione delle attività assistenziali e dilatando via via le loro prerogative, sino a trasformarsi in veri e propri centri di potere svincolati dalla giurisdizione ecclesiastica. Divenute economicamente autosufficienti, le confraternite più ricche costruirono anche sedi proprie, gli Oratori e, ben presto alle Confraternite titolari si aggregano nello stesso Oratorio altri gruppi innescando un processo che porterà alla costituzione delle cosiddette Casacce che assunsero spesso il nome del santo a cui era dedicata la Confraternita o del luogo in cui essa era ubicata. Sviluppo delle attività Negli anni tra il 1400 ed il 1550 si hanno profondi mutamenti nelle finalità di carattere sociale perseguite dalle confraternite, che ne rafforzano molto il peso sociale. In quest’ambito fu particolarmente importante la loro funzione di “società di mutuo soccorso” rivolto a diverse categorie a cominciare dagli indigenti, fossero essi confratelli in primo luogo oppure concittadini, con distribuzione di cibo, con ricoveri per i vecchi non più in grado di lavorare. i bambini ed i giovani vennero assistiti, orfani di confratelli oppure trovatelli e così le vedove; per le fanciulle povere poi che, prive di dote, non avrebbero potuto sposarsi, questa veniva elargita attingendo al reddito di particolari lasciti testamentari a ciò finalizzati. Il capitale delle confraternite Tradizionalmente le “confrarie” avevano quattro fonti di finanziamento: le quote dei loro membri, le offerte dei privati, i lasciti loro pervenuti il reddito dei beni immobili di loro proprietà, frutto di donazioni o di investimenti. La scomparsa fisica dei confratelli, per epidemie, guerre o per cause naturali, grazie ad un grandissimo numero di lasciti testamentari, genera per le confraternite l’accumulo di un’ingente massa di ricchezze patrimoniali. Grazie a questa disponibilità finanziaria, il campo d’attività va sempre più estendendosi, mentre cresce la loro autonomia dai poteri tradizionali; gestiscono direttamente la pubblica assistenza di molti grandi e medi centri tramite i loro ospedali, orfanotrofi e ricoveri, e questo dà loro anche potere nella società del tempo. Inoltre, con la creazione dei Monti di Pietà come rimedio alla piaga dell’usura, Monti gestiti dalle Confraternite, esse entrano nel campo della finanza, in un Italia che ha creato e sta rafforzando quel sistema bancario che avrebbe poi governato in gran parte l’economia europea. Questa espansione è però foriera per le Confraternite di conflitti, specie con l’autorità religiose, che porteranno ad una progressiva riduzione delle loro autonomie. Il declino Con il Settecento comincia un progressivo indebolimento delle confraternite che ha tra le sue cause l’ingresso sempre più significativo dei poteri pubblici nel campo dell’assistenza e dell’istruzione, l’erosione delle proprietà che assicuravano alle confraternite rendite consistenti, l’attenuarsi dell’impulso associativo per fini devozionali. Sarà poi il turbine della politica riformatrice degli stati e l’esperienza rivoluzionaria e l’egemonia francese sull’Europa nel primo decennio dell’Ottocento a mutare radicalmente anche il volto e le funzioni delle confraternite che alla fine del 700 verranno addirittura soppresse dal regime Napoleonico. Tuttavia anche quando troveranno le forze per rinascere nell’età della Restaurazione, saranno istituzioni totalmente subordinate alla parrocchia, con compiti limitati in ambito devozionale e con un seguito tra la popolazione dei fedeli sempre meno significativo. Le confraternite oggi Oggi le confraternite agiscono in un contesto diverso ma devono saper venire incontro alle nuove esigenze dei tempi in cui si vive. In altre parole le Confraternite non sono soltanto coloro che portano il crocifisso ma tutti quelli che condividono la consapevolezza, di far parte di una associazione che ha una precisa ed originale fisionomia, prestano un minimo di impegno costante affinché l’associazione possa funzionare, hanno dei fini generali e dei fini peculiari e come realizzarli concretamente e seguono uno statuto approvato da un Vescovo, cui fanno capo. I confratelli debbono pertanto impegnarsi in opere di formazione, assistenza cristiana, catechesi, e devozione portando avanti il messaggio di testimonianza cristiana lasciatoci dai coloro che negli anni ne hanno portato avanti le tradizioni e che, è bene non dimenticarlo, spesso digiunavano e si privavano del poco che avevano per mettere da parte i soldi necessari a partecipare all’incanto per poter portare il “Cristo” o la cassa della Madonna alla Processione del loro paese Le confraternite di tutto il mondo in pellegrinaggio a Lourdes il 5 aprile 2008 5 maggio 2013 Le diapositive sono disponibili sul sito internet http://www.prioratoconfraterniteacqui.it alla voce Le confraternite Formazione Grazie per l’attenzione!