Priorato delle
Confraternite per
la Diocesi di
Acqui
I multiformi ruoli
dell’associazionismo confraternale
all’interno della società
Enrico Ivaldi
Che cosa è una confraternita?
Col nome di “Confraternita”, nella Chiesa Cattolica si
intende:
a) una associazione, cioè un gruppo organizzato di
persone di ogni età, sesso ed estrazione sociale
che cercano di realizzare insieme determinati
scopi
b) pubblica perché cerca di realizzare questi scopi
in nome della Chiesa (da cui riceve il mandato
ufficiale), pubblicamente ed a favore di chiunque
(non solamente dei suoi associati);
c) composta di fedeli, aperta a ricevere tutti coloro
che intendano impegnarsi in questa particolare
forma di associazione, per camminare, crescere e
migliorare insieme in una esperienza di fede, di
bene e di amicizia, che produca effetto per sé e
per il prossimo.
Le
Confraternite sono uno tra i
modi più antichi (e non solo
cristiani, visto che ci sono
Confraternite anche in altre fedi)
di associazionismo religioso,
dalle peculiarità pressoché
uniche e molto originali che le
distinguono e le caratterizzano
da altri gruppi, dando loro
importanti possibilità di azione
fatte proprie dalla Chiesa dove
hanno quindi raggiunto una
precisa collocazione.
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La forma con cui queste associazioni si sono sviluppate e giunte fino a noi ebbe
origine nel Medio Evo come risposta al bisogno di pace e misericordia di cui
quell’epoca, perturbata da tensioni nella società, aveva bisogno.
Ma le Confraternite restano vitali nel tempo rinnovando l’esperienza di fede e di
carità che le ha fatte nascere e le fa avanzare da almeno 8 secoli.
Ecco perché non é fuori dal tempo parlare anche oggi di associazionismo
confraternale, spesso ignorato, travisato, dimenticato o poco conosciuto anche se ha
lasciato grandi tracce un po’ ovunque (edifici sacri e non, riti, nomi, oggetti, origine di
certe cose e usanze o influenza su di esse, ecc.).
Quali sono le finalità della
Confraternita ?
“Le finalità delle Confraternite si possono riassumere in tre parole:
 culto,
 carità,
 penitenza
Oggi l’urgenza dell’evangelizzazione esige che anche le Confraternite partecipino
più intensamente e più direttamente all’opera che la Chiesa compie per
portare la luce, la redenzione, la grazia di Cristo agli uomini del nostro tempo,
prendendo opportune iniziative sia per la formazione religiosa, ecclesiale e
pastorale dei loro membri, sia dei vari ceti nei quali è possibile introdurre il
lievito del Vangelo”.
Giovanni Paolo II, Omelia nel Giubileo Internazionale delle Confraternite, 1 aprile
1984
Le origini
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Nel Vangelo la pratica della carità diventa segno del
regno che Gesù annuncia, e nelle prime comunità
cristiane c’era una condivisione spontanea dei beni;
con l’espandersi delle comunità, il servizio d’assistenza
si struttura nelle “agapè”, termine che sta a significare
l’amore caritatevole verso tutti, istituzioni che si
trasformarono nell’Alto medioevo in Confrarie.
L’origine delle odierne Confraternite va ricercata però in
quel periodo cruciale per la Chiesa che va dalla metà del
1200 a tutto il 1300.
Significativo, da questo punto di vista, fu
il caso di san Francesco d’Assisi e di
san Domenico di Guzmàn, che agli
inizi del secolo XIII fondarono dei nuovi
ordini votati alla povertà e alla
predicazione.
In contemporanea alla nascita di questi nuovi ordini monastici, si svilupparono
anche movimenti laici che giravano di città in città per predicare la penitenza e la
conversione.
Questi erano chiamati, a seconda dei casi, Flagellanti, Disciplinati, Battuti, per il
loro uso di privarsi delle vesti e di flagellarsi nelle pubbliche vie per dimostrare che
ci si doveva mortificare per espiare i peccati e raggiungere la salvezza in una
adesione senza riserve alla Passione di Cristo in tutti i suoi aspetti più concreti e
reali.
Le Confraternite che vengono a costituirsi sono quindi la risposta laica alla crisi
della Chiesa, così come i nuovi ordini religiosi sono la risposta ecclesiale.

Per espiare le colpe e frenare così la collera del Signore, ove il movimento
si spostava, erano indette grandiose processioni di popolo, guidate da alte
croci, durante le quali era uso privarsi delle vesti e flagellarsi, cioè
“battersi”, e “compagnie dei battuti” vennero chiamate le prime
associazioni, a volte indicate anche come “compagnie dei Disciplinati (dal
nome “disciplina” che si dava alla frusta usata, solitamente costituita da un
mazzo di cinque corde, in ricordo delle piaghe di Cristo.).
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Un nuovo impulso allo sviluppo
delle Confraternite venne dal
Giubileo del 1400, indetto da
Bonifacio IX;
il cosiddetto movimento laicale dei
Bianchi, uomini e donne in cappa
bianca, con il volto
incappucciato, provenienti dalla
Provenza, attraversò la nostra
penisola diretto a Roma in
pellegrinaggio.
I Bianche e la “Cappa”

Se in origine il principale segno
distintivo dell’appartenenza ad una
Confraternita era la divisa: in origine
bastava una semplice “professio in
signis” in quanto bastava vestire un
certo abito per essere riconosciuto
come penitente. I “Disciplinati”
partecipavano alle cerimonie a torso
nudo per potersi flagellare.
•Ma la “cappa”, che è l’abito tipico dei Confratelli, si impose
dopo il 1399, con il movimento dei Bianchi che dalla Provenza
si estese a tutta la Liguria ed al Basso Piemonte; essi
vestivano cappa e cappuccio di tela bianca, e presto questo
abito venne adottato da tutte le Confraternite.
L'abito fu realizzato nella forma a càmice tuttora nota, per
richiamare la tunica indossata da Gesù nella Sua Passione
Redentrice
I colori delle cappe
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Il Bianco richiama il colore delle prime cappe indossate dai
Flagellanti medievali e la purezza del battesimo in Cristo
il grigio ricorda la tela grezza, di simile colore, dell'umile saio degli
ordini monastici: l'uso di una cappa simile indica le Confraternite (ed i
legami tra esse e tale Ordine) sorte al seguito dei "Fratelli e Sorelle
della Penitenza" nati dall'esperienza di San Francesco;
il rosso é il colore caratteristico della Confraternita della Trinità dei
Pellegrini, fondata da San Filippo Neri, ed indica l'effusione dello
Spirito Santo ed il fuoco della carità che deve infiammare il cuore di
chi é iscritto a questa associazione nell'esercitarne lo scopo
il marrone ed il giallo scuro richiamano rispettivamente la tonaca o
il mantello dei religiosi dell'Ordine Carmelitano (i cui primi eremiti, e
non solo essi, adottavano vesti di tinta affine, tessute con peli
d'animale) e indica una Confraternita della Madonna del Carmine; ma
questo colore (indipendentemente dall'Ordine religioso di
aggregazione) potrebbe anche semplicemente indicare Confraternite
nate dal Movimento Penitenziale medievale, i cui primi membri
vestivano rudi tuniche di tela di sacco;
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Quelle dei “battuti” praticarono nel dorso
della cappa un’apertura, conservata in
pochi casi, per potersi “battere”. La cappa
era confezionata in tela grezza ed il colore
variava dal bianco, il più diffuso, al bigio
della tela grezza, allo scuro fino al giallo
zafferano della Confraternita delle
Umiliate.
Col tempo si aggiunse alla divisa la
“mozzetta”, una specie di corto mantello
oltrepassante di poco il gomito;
Tabarrini, scapolari, cingoli, stemmi
Alcune parti dell'abito dei religiosi sono passate
all'abito confraternale:
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lo scapolare (cioé lo "stolone" che poggia sulle
spalle e pende su petto e schiena, simbolo
anch'esso che si é rivestiti di Cristo e sottomessi a
Lui),
la corona del Rosario o quella dell'Addolorata
(dell'Ordine dei Servi di Maria),
la cintura di cuoio (anziché il cingolo di corda)
dell'Ordine Agostiniano,
il mantello (ridotto a mozzetta) richiamo a quello
delle tonache (ma, per altro verso, anche alla
"cappa magna" di un dignitario non religioso),
lo stemma (più precisamente: il "signum", ossia il
sigillo) di un Ordine religioso
I colori dei tabarrini
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l'azzurro é il colore mariano per eccellenza: é il colore del cielo, in cui é già
stata assunta la Madonna.
il verde é innanzitutto il colore dell'Arciconfraternita di San Rocco e, di
conseguenza, delle sue aggregate; esso riprende il colore delle vesti con
cui questo santo pellegrino viene effigiato nell'iconografia tradizionale e
invita alla speranza durante il pellegrinaggio terreno, prefigurazione di
quello verso l'Eternità: il verde simboleggia la stagione della rifioritura, del
ritorno della vita, e quindi l'umanità;
il nero, il colore simbolico della terra, da cui ha principio la vita, alla quale
torna con la morte, é adottato, per questi motivi, dalle Confraternite della
Buona Morte ("buona" nel senso cristiano del termine, sia innanzitutto dal
punto di vista di una adeguata preparazione ed assistenza spirituale, che
da quello del provvedere ai servizi necessari ai diversi atti e situazioni che
accompagnano quest'ultimo momento della vita
altri colori o combinazioni di colori usati o usabili possono derivare
dall'iconografia con cui é tradizionalmente effigiato un Santo Patrono (ad
es. il viola del mantello di San Giuseppe, che però potrebbe indicare anche
Confraternite penitenziali); dalla carica da evidenziare (ad es. il giallo-oro,
colore della solennità, in genere usato per gli ornamenti delle cappe e/o
delle mantelline dei responsabili della Confraternita, non importa di che
tipo);
I cingoli
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Tutte le cappe sono o dovrebbero essere munite di un
cordone per cingere i fianchi: é un richiamo alle funi con cui fu
legato il Signore e quindi a sentirsi strinti a Lui, alla Sua legge,
e ad avere autocontrollo morale.
A volte il cordone ha dei nodi (in genere 3, 5 o 7) che
ricordano alcuni momenti della Passione
le 3 cadute sulla via del Calvario,
le 5 Sante Piaghe del Crocifisso,
le Sue 7 effusioni di Sangue
Quello che ora é un semplice cingolo, anticamente terminava
con dei veri e propri flagelli (= frustini con frange in metallo o
pietra), usati pubblicamente dai primi Confratelli per colpirsi
sulla nuda carne per concreto atto di penitenza (per decenza,
per non scoprire il busto, essi portavano cappe con un buco
sul dorso)
L’uso
del cappuccio è stato
introdotto in origine proprio
come protezione dalle
malattie. A tale scopo vennero
anche utilizzati cappucci muniti
di un filtro a forma di becco,
che, nell’intenzione di chi lo
portava, doveva servire a
minimizzare il rischio di
contagio.

Il cappuccio successivamente ha assunto un’altra
duplice funzione: quando questo è calato sul volto
non permette di essere riconosciuti, indicando
l'anonimato delle buone opere (nessuno sa perciò
chi deve ringraziare per il bene ricevuto) e
l'annullamento della differenza di classe sociale
(sono accomunati il ricco col povero, l'istruito col
meno colto).
Altri elementi delle Confraternite:
l’impronta
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sul lato del cuore un distintivo, detto
"impronta", con l'effigie o lo stemma del
Santo o Mistero titolare della
Confraternita o della relativa "famiglia"
(a volte é una croce o un medaglione,
attaccato magari al collare, dove si usa).
Esso indica che i Confratelli
appartengono alla stessa "casàtia" ossia
ambito familiare del Santo o Mistero di
Fede cui é dedicata la loro rispettiva
associazione di appartenenza:
il nome "casàccia" con cui venivano
anticamente chiamate le Confraternite,
ha proprio questo significato.
Altri elementi delle Confraternite:
Lampade e mazze processionali
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Lanterna portatile issata su un'asta utilizzata
durante le processioni per accompagnare la
cassa o per il trasporto del SS. Sacramento o
del viatico o per accompagnare i defunti. Le
lanterne sono spesso a coppia o in più
esemplari di numero pari.
Le Mazze processionali indicano i superiori
delle confraternite oppure servono a
mantenere ordinata la processione. Alla
sommità dell'asta figura generalmente un
pomo con una croce o una statuetta, spesso
entro un'edicola, raffigurante il santo patrono
o l'emblema della confraternita, della
congregazione o della parrocchia.
Stendardi processionali
Funzione sociale delle Confraternite.
In un’epoca in cui non vi era alcuna
forma di tutela sociale pubblica, le
Confraternite esercitarono
un’importante funzione di “società di
mutuo soccorso” rivolto a diverse
categorie con la distribuzione di cibo
ai poveri, fossero essi Confratelli in
primo luogo oppure concittadini e
l’assistenza in ricoveri ai vecchi non
più in grado di lavorare.
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Venivano assistiti anche i bambini, orfani di confratelli e trovatelli, e le
vedove, mentre per permettere alle ragazze povere di sposarsi veniva
loro costituita la dote.
Ogniqualvolta nella famiglia di un confratello si verificava un decesso
o una malattia grave, gli altri confratelli non solo provvedevano alle
cure, ma si incaricavano anche di portare avanti il lavoro
dell’ammalato nei campi o nel laboratorio.
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Due erano le attività
sociali tipiche delle
Confraternite:
l’assistenza agli
ammalati e
la sepoltura dei morti,
Attività che diventavano indispensabili durante le gravi epidemie, specie di peste,
che periodicamente colpivano le nostre terre, quando nessuno provvedeva più a
questi funzioni, che costituivano il primo presidio contro il diffondersi del contagio.
Nelle campagne questo ufficio assumeva una valenza ancora maggiore, per la
presenza di cascine isolate, lontane dalla Chiesa ove doveva essere celebrato
l’ufficio funebre. Non esisteva ancora nessun servizio pubblico che provvedesse
alla sepoltura dei cadaveri; il triste compito era assolto in genere dalle confraternite
o dai familiari del defunto.
8 aprile 1536 – seconda apparizione della Beata vergine Maria ad Antonio Botta
Tu andrai da quelli di Savona e dirai che
annuncino al popolo di digiunare per tre sabati, e
facciano fare la processione per tre giorni a tutti i
Religiosi e Disciplinanti; ed a questi Disciplinanti
sia raccomandata la disciplina soprattutto nel
giorno del Venerdì Santo.
Perché se non fosse per quelle poche orazioni ed
opere buone, compiute dalle Confraternite e da
altri servi di Dio, il mondo sarebbe ancor più
tribolato che non è.”
Il Concilio di Trento e le nuove direttive
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Con l’applicazione delle norme del
Concilio di Trento (1545-1563) ed il
mutato atteggiamento nei confronti della
cultura penitenziale, i contenuto più
spirituale della flagellazione veniva
esaurendosi. I pubblici flagellamenti,
ormai circoscritti ai riti della Settimana
Santa, andarono scemando sino ad
esaurirsi quasi intorno alla fine
dell’Ottocento
Numerosi saranno i vescovi che
solleciteranno la creazione della
Confraternita della Dottrina cristiana
per arginare la diffusione delle dottrine
protestanti e di quella del Santissimo
Sacramento per allargare la devozione
eucaristica: così, tra la fine del
Cinquecento e i primi del Seicento,
vediamo sorgere confraternite di questo
tipo in tutte le parrocchie più importanti.
Le Arciconfraternite e le aggregazioni

Quasi nello stesso periodo si avvia un
processo più deciso di disciplina dei
modelli della devozione e della pratica
assistenziale delle confraternite
attraverso la creazione a Roma delle
Arciconfraternite, organismi dotati di
ampi privilegi e di numerose
indulgenze: ad esse saranno sollecitate
ad aggregarsi tutte le confraternite
presenti nelle diocesi e la conseguenza
sarà che sempre più spesso si andrà
imponendo localmente il modello di vita
devozionale mutuato da Roma. La sua
caratteristica specifica consiste, in
sostanza, nell’essere dotata di ampi
privilegi e di numerose indulgenze da
parte dei pontefici e di poterle trasferire
ad altre analoghe associazioni devote,
grazie al meccanismo
dell’aggregazione.
Ulteriore indizio di una trasformazione dei referenti per la pietà religiosa dei laici nel
Seicento è il graduale affiancarsi al cumulo dei privilegi indulgenziali del ben più
corposo accumulo di reliquie di ogni genere, di cui ci è lasciata traccia negli
inventari delle confraternite -

Nei secoli XVI e XVII, affievolitosi
lo spirito dei flagellanti, le
confraternite accentuano lo spirito
più prettamente liturgico e, con il
passare del tempo acquistano
anche una certa autonomia
economica, ed a volte anche una
certa prosperità attraverso lasciti e
donazioni e restano
profondamente radicate nel
territorio o nel quartiere, ecco
allora nascere rivalità, antagonismi
e campanilismi; questa
competitività si esprime anche
con i crocifissi processionali,
sempre più grandi e maestosi,
soprattutto in Liguria e nelle
diocesi limitrofe, ed in certi
momenti le Autorità componenti
cercano di mettere freno a certi
sfarzi.
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
Una particolare usanza ligure merita a
questo proposito una segnalazione:
quella di portare l’immagine di Cristo
rivolta all’indietro.
Sembra che questo risalga ad un
privilegio concesso ai genovesi come
premio al valore dimostrato nella
liberazione del Santo Sepolcro (1099).
La storia racconta che i Genovesi
entrarono per primi in Gerusalemme,
guidati dal loro comandante Guglielmo
Embriaco “Testa di Maglio”; pare infatti
che i crociati di Genova portassero in
battaglia il crocifisso rivolto
all’indietro, in modo che gli infedeli
non potessero vederne il volto.

Un’altra versione, invece, racconta che
il privilegio di portare il Cristo rivolto
verso il portatore risalga alla battaglia
di Lepanto contro i turchi (1571). I
genovesi, guidati da Giovanni Andrea
Doria, che combattevano con il Cristo
innalzato come vessillo, vedendo
avanzare i Turchi, voltarono dalla
propria parte l’immagine di Cristo, per
attingere coraggio ed ottenere la di
Lui benedizione e perché i Turchi
non erano degni di guardarlo. In
memoria di questo fatto, il Papa
concesse ai Genovesi che nelle
processioni tenessero l’immagine
del Cristo voltata verso colui che lo
portava.
La tradizione, come spesso accade, tuttavia si ricollegava con la
praticità; infatti i pesanti e maestosi crocifissi, risultavano impossibili da
portare, per evidenti problemi di equilibrio, rivolti in avanti e quindi il
privilegio genovese venne utilizzato anche da altre confraternite non
genovesi.
Risvolti della Battaglia di Lepanto
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Nel corso del XVI secolo, anche in
seguito alla vittoria della lega Santa
nella battaglia di Lepanto contro i
turchi (1571), associata, secondo Pio
V all’intercessione della Vergine, si
diffusero le Confraternite Mariane
La recita del Rosario, non più in formi
individuale, costituisce senza dubbio
l’unica devozione comune che la
Controriforma abbia elaborato a livello
di pietà popolare
La proliferazione di confraternite
mariane e di altre dalle titolazioni e
finalità più diverse appare anzi come il
segno più sicuro della inefficace
presenza dell’ordinamento
parrocchiale ai fini di una più
generalizzata attuazione della riforma
tridentina.
Durante la seconda metà del 500 e i primi
anni del 600 proseguì il tentativo dell’autorità
vescovile di riformare le Confraternite e non
poche di esse acconsentirono alla revisione
dei loro statuti.
Fu San Carlo Borromeo il principale riformatore delle Confraternite, che per esse,
e soprattutto per i loro membri, stese una apposita "Regola" in cui sono
contenute numerose e preziose indicazioni, tuttora valide ed attuali.
Questi sono improntate a forme democratiche: il pericolo di un potere
arbitrario viene scongiurato col rendere tutte le cariche elettive, con la
possibilità per ogni confratello di essere eletto, con l’annualità delle cariche e
con un costante controllo della base.
Del tutto originale nelle Confraternite è la possibilità di partecipazione
femminile, fino alla formazione di Confraternite di sole donne alle quali
veniva così offerta la rarissima opportunità di aggregazione sociale e di
partecipazione al di fuori dei confini della famiglia.
Con il XV secolo le
Confraternite cercano di
affrancarsi rivendicando
una loro autonomia; nel
corso di un secolo infatti
esse acquistano un peso
consistente all’interno
delle comunità,
Assumono la gestione delle attività assistenziali e dilatando via via le loro
prerogative, sino a trasformarsi in veri e propri centri di potere svincolati
dalla giurisdizione ecclesiastica.
Divenute economicamente autosufficienti, le confraternite più ricche
costruirono anche sedi proprie, gli Oratori e, ben presto alle Confraternite
titolari si aggregano nello stesso Oratorio altri gruppi innescando un processo
che porterà alla costituzione delle cosiddette Casacce che assunsero spesso
il nome del santo a cui era dedicata la Confraternita o del luogo in cui essa
era ubicata.
Sviluppo delle attività
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Negli anni tra il 1400 ed il 1550 si hanno profondi mutamenti
nelle finalità di carattere sociale perseguite dalle confraternite,
che ne rafforzano molto il peso sociale.
In quest’ambito fu particolarmente importante la loro funzione
di “società di mutuo soccorso” rivolto a diverse categorie a
cominciare dagli indigenti, fossero essi confratelli in primo
luogo oppure concittadini, con distribuzione di cibo, con
ricoveri per i vecchi non più in grado di lavorare.
i bambini ed i giovani vennero assistiti, orfani di confratelli
oppure trovatelli e così le vedove; per le fanciulle povere poi
che, prive di dote, non avrebbero potuto sposarsi, questa
veniva elargita attingendo al reddito di particolari lasciti
testamentari a ciò finalizzati.
Il capitale delle confraternite
Tradizionalmente le “confrarie” avevano quattro fonti di
finanziamento:
 le quote dei loro membri,
 le offerte dei privati,
 i lasciti loro pervenuti
 il reddito dei beni immobili di loro proprietà, frutto di
donazioni o di investimenti.
La scomparsa fisica dei confratelli, per epidemie, guerre o
per cause naturali, grazie ad un grandissimo numero di
lasciti testamentari, genera per le confraternite
l’accumulo di un’ingente massa di ricchezze patrimoniali.
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Grazie a questa
disponibilità finanziaria, il
campo d’attività va sempre
più estendendosi, mentre
cresce la loro autonomia
dai poteri tradizionali;
gestiscono direttamente la
pubblica assistenza di
molti grandi e medi centri
tramite i loro ospedali,
orfanotrofi e ricoveri, e
questo dà loro anche
potere nella società del
tempo.
Inoltre, con la creazione dei Monti di Pietà come rimedio alla piaga
dell’usura, Monti gestiti dalle Confraternite, esse entrano nel campo della
finanza, in un Italia che ha creato e sta rafforzando quel sistema bancario
che avrebbe poi governato in gran parte l’economia europea.
Questa espansione è però foriera per le Confraternite di conflitti, specie
con l’autorità religiose, che porteranno ad una progressiva riduzione
delle loro autonomie.
Il declino
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Con il Settecento comincia un progressivo indebolimento delle
confraternite che ha tra le sue cause l’ingresso sempre più
significativo dei poteri pubblici nel campo dell’assistenza e
dell’istruzione, l’erosione delle proprietà che assicuravano alle
confraternite rendite consistenti, l’attenuarsi dell’impulso associativo
per fini devozionali.
Sarà poi il turbine della politica riformatrice degli stati e l’esperienza
rivoluzionaria e l’egemonia francese sull’Europa nel primo
decennio dell’Ottocento a mutare radicalmente anche il volto e le
funzioni delle confraternite che alla fine del 700 verranno addirittura
soppresse dal regime Napoleonico.
Tuttavia anche quando troveranno le forze per rinascere nell’età
della Restaurazione, saranno istituzioni totalmente subordinate alla
parrocchia, con compiti limitati in ambito devozionale e con un
seguito tra la popolazione dei fedeli sempre meno significativo.
Le confraternite oggi
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Oggi le confraternite agiscono in un contesto diverso ma devono
saper venire incontro alle nuove esigenze dei tempi in cui si vive.
In altre parole le Confraternite non sono soltanto coloro che portano il crocifisso
ma tutti quelli che condividono la consapevolezza, di far parte di una
associazione che ha una precisa ed originale fisionomia, prestano un minimo
di impegno costante affinché l’associazione possa funzionare, hanno dei fini
generali e dei fini peculiari e come realizzarli concretamente e seguono uno
statuto approvato da un Vescovo, cui fanno capo.
I confratelli debbono pertanto impegnarsi in opere di
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formazione,
assistenza cristiana,
catechesi, e
devozione
portando avanti il messaggio di testimonianza cristiana lasciatoci dai coloro
che negli anni ne hanno portato avanti le tradizioni e che, è bene non
dimenticarlo, spesso digiunavano e si privavano del poco che avevano per
mettere da parte i soldi necessari a partecipare all’incanto per poter portare il
“Cristo” o la cassa della Madonna alla Processione del loro paese
Le confraternite di tutto il mondo in
pellegrinaggio a Lourdes il 5 aprile
2008
5 maggio 2013
Le diapositive sono disponibili sul sito
internet
http://www.prioratoconfraterniteacqui.it
alla voce
Le confraternite
Formazione
Grazie per l’attenzione!
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