19/11/2013 INDICE RASSEGNA STAMPA 19/11/2013 Fiesole Toscana Oggi 17/11/2013 p. 9 Per poter sopravvivere i cristiani puntano su scuola e educazione Luca Primavera 1 Toscana Oggi La Parola Di Fiesole 17/11/2013 p. III Francesco e il cappellino lanciato dai fiesolani Sara Nocentini 3 Toscana Oggi La Domenica 17/11/2013 p. V Nella sera di Halloween 150 giovani in seminario per meditare sulla santità Simone Pitossi 5 Iniziative ed eventi Corriere Fiorentino 19/11/2013 Indice Rassegna Stampa p. 12 Capitale della cultura, i bilanci di firenze 6 Pagina I REPORTAGE DALLA TERRA SANTA Con il 2% sono ormai minoranza nella minoranza Per poter sopravvivere i cristiani puntano su scuola e educazione DI LUCA PRIMAVERA 0 sservando la facciata della basilica del Santo Sepolcro è possibile notare una piccola scala a pioli di legno appoggiata su un cornicione ai piedi di una monofora. È lì dal 1854. La chiamano la «scala inamovibile» ed è il simbolo del cosiddetto «Statu quo», ovvero il decreto che regola i diritti di proprietà e di accesso delle comunità cristiane all'interno del Santo Sepolcro, della tomba di Maria a Gerusalemme e della basilica della Natività a Betlemme. Lo Statu quo, assegna la Basilica quasi interamente ai greci ortodossi, regolando tempi e luoghi di adorazione e celebrazione anche per i cattolici (rappresentati dall'Ordine francescano), gli armeni, i copti, i siri e gli etiopi. Dal XII secolo due famiglie musulmane, sono custodi della chiave dell'unico portone di ingresso, sul quale nessuna Chiesa ha diritto. Da quando il Sultano ha emanato lo Statu quo nel 1852 nulla è cambiato. Quello della scala inamovibile, rappresenta bene parte del complesso intreccio di storie e culture che compongono l'affascinante mosaico della Terra Santa. Una terra dove vivono fianco a fianco ebrei, musulmani e cristiani, tre comunità a loro volta differenziate al loro interno da una varietà di tradizioni, lingue, riti, provenienze e orientamenti difficili da contare. «Il concetto di identità - spiega padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa - è molto importante, ma è inteso in maniera differente rispetto a quanto si fa in Occidente. È definito dalla propria religione. Appartenere a una fede, significa appartenere a una comunità». Lo sanno bene i cristiani di questa terra, un piccolo «resto» che ha custodito la fede nei secoli. Oggi non arrivano nemmeno Fiesole al due per cento della popolazione tra cattolici latini, ortodossi e protestanti. «Il loro numero in termini assoluti è stabile - aggiunge padre Pizzaballa - mentre cala in termini percentuali». Il conflitto israelo-palestinese si combatte infatti anche dal punto di vista demografico. Gli ebrei, ma soprattutto i musulmani, fanno più figli. E i cristiani, in maggioranza arabi, si trovano a essere una minoranza nella minoranza. Rifiutati dagli altri arabi, perché non musulmani e da Israele perché non ebrei. In questo contesto, dove le singole comunità difficilmente si contaminano e le identità dipendono in buona parte dalla famiglia in cui si nasce, assumono un'importanza strategica la scuola e l'educazione. Nel villaggio di MaalotTarshiha, a pochi chilomentri da Nazareth, nel cuore della Galilea, incontriamo una piccola comunità melchita. Mentre ci accolgono nella sala parrocchiale alla compagnia del parroco (sposato) e delle suore cattoliche italiane dell'ordine di Santa Dorotea, da fuori giunge la cantilena di un muezzin. Il sogno di questa comunità è quello di concludere i lavori per la realizzazione di una scuola cristiana privata da affiancare all'asilo che funziona a pieno regime. Sono già state realizzate cinque aule, ma per l'agibilità dei locali mancano ancora un nuovo ingresso e un rifugio antibomba. «La scuola statale - spiegano Pagina 1 appassionatamente alcuni rappresentanti della parrocchia - sta vivendo una grande crisi: c'è molta violenza. Noi vorremmo oltre che elevati standard degli insegnamenti anche un'adeguata formazione morale per i nostri figli». Le scuole cristiane in Terra Santa sono all'avanguardia e di gran lunga le migliori. A fianco della situazione relativamente semplice dei cristiani che vivono in Galilea, c'è quella assai complicata di quelli che vivono in Cisgiordania e a Gaza. «La Palestina è sottoposta ad una vera e propria occupazione militare. Lo dovete scrivere nei vostri giornali! La Chiesa è rimasta l'unica a dire la verità. Le autorità israeliane puntano a "gestire" l'occupazione, ma non a "risolverla"». A pronunciare queste parole, non è un estremista facinoroso, ma il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Ci accoglie calorosamente a Gerusalemme nella sede del Patriarcato, con il suo stile schietto e fraterno. Al suo fianco c'è don Mario Cornioli, originario di Sansepolcro e incardinato a Fiesole che presta il suo servizio a Betlemme e tutta la Terra Santa. Padre Ibrahim Faltas ci accoglie con un largo sorriso. L diventato «famoso» dopo che nel 2002 quando era parroco di Betlemme, ha vissuto nella basilica della Il Patriarca Twal: La Palestina è sottoposta ad una vera e propria occupazione militare. Lo dovete scrivere nei vostri giornali ! La Chiesa è rimasta l'unica a dire la verità» Fiesole Natività 39 giorni assediata dalle truppe israeliane che inseguivano dei militanti palestinesi armati. Oggi ci mostra il centro giovanile a Beit Hanina, poco lontano da Gerusalemme, dove oltre alle già tante attività adesso i giovani avranno un nuovo campo sportivo e un campetto da calcetto in erba sintetica. L preoccupato per la crescente tensione e reputa possibile fra non troppo tempo lo scoppio di una nuova intifada, la terza. Non è dello stesso avviso padre Marwan Dides, del scuola cristiana di Betlemme, anche lui francescano. «La gente è stanca e ha voglia di una vita normale. Se ci sarà una terza intifada verrà dall'alto e non dal basso». Sa bene quali potrebbero essere le conseguenze. Suo fratello è stato ucciso senza un chiaro motivo nel corso della seconda intifada mentre andava a Jenin per portare delle medicine. A distanza di anni da quella tragedia, l'Autorità palestinese, oltre ad avergli consegnato il «Certificato di martire», continua a inviargli un piccolo sussidio e un paio di confezioni di cibo in scatola ogni tanto. Vera Baboun è il primo sindaco donna della Palestina. L cristiana, ha cinque figli, ed è vedova. Suo marito aveva preso parte alla prima intifada e per questo era stato incarcerato ed è morto. Nei suoi occhi azzurri e penetranti c'è una forza misteriosa, si percepisce il carisma e il fascino di un leader. «Da quando è stato costruito il muro - ci spiega - è cresciuta un'intera generazione che non ha potuto vedere il Santo Sepolcro. Se è importante per voi che venite dall'Italia, potete immaginare il significato che ha per noi». Betlemme dista una manciata di chilometri da Gerusalemme. Per i palestinesi che ci vivono la città santa non è raggiungibile. A separarle c'è un muro alto 12 metri e un check point che controlla chi vuole passare dall'altra parte. Impronte digitali, approfondite perquisizioni e lungaggini imponderabili, rendono di fatto ogni passaggio, quando riesce, un terno al lotto. Pochi giorni fa un ragazzo palestinese è stato ucciso da un militare israeliano mentre sedeva a fianco di suo padre nell'auto che attendeva di essere perquisita. Ogni mattina prima che sorga il sole centinaia di persone si mettono ore in fila per superare i controlli e andare al di là del muro. Lo fanno per cercare un lavoro a giornata, racimolare qualche shekel e trovare di che vivere. Molti di loro si sottopongono all'estenuante trafila dei check point solo per annusare un po'di libertà. Intanto, a fianco dei soldati israeliani armati di tutto punto, nei pressi del varco che separa la Palestina da Israele, don Mario Cornioli e la sua comunità, ogni venerdì, si armano di crocifissi e corone e «sparano» - come dice lui - rosari ai piedi di un muro che sembra invalicabile. Pagina 2 II 6 novembre il gruppo di Ac ha partecipato all'Udienza generale. Il racconto di Sara che è entrata in piazza S. Pietro per prima e ha lanciato il cappello di Ac al Papa e... lui l'ha preso al volo mostrandolo a tutti Francesco e il cappellino lanciato dai fiesolani DI SARA NOCENTINI* ara prendi ferie: il 6 novembre si va da Francesco!». Ed è così che l'ho saputo, un sms che ti cambia la giornata, un sms che ti permette di immaginare, di fare progetti, di fare dei sogni. L'attesa è stata lunga e forse è stata proprio questa che ha reso questo giorno così speciale... ha fatto in modo che ci potessi arrivare preparata... preparata coi pensieri e preparata con il cuore... sì perché pensando e immaginando a come poteva essere quel giorno ho pensato e immaginato a chi volevo portare con me; e l'elenco è stato davvero lungo... ma non pesante. I giorni scorrono e arriva il 6 novembre: sveglia alle 2, zaino in spalla e tante persone nel cuore: Francesco arriviamo! Arriviamo alle porte del Vaticano molto presto, insieme a tanta gente, ho la fortuna di essere davanti alla porta e mi ci siedo proprio sopra, sulla transenna e «dall'alto» ho la possibilità di vedere i volti di molte persone che, come me, si sono affollate a quella porta. Chissà chi hanno nel cuore; cerco di sbirciare i loro occhi e leggo tante cose: c'è chi si porta dietro speranze, sogni, dolori, domande. Ci chiediamo tutti se riusciremo almeno a vederlo, ci immaginiamo come può essere vederlo un pó più da vicino, dal vivo. 7,30 in punto aprono i cancelli: sguardo indietro per tutti, corsa in avanti, controllo del metal detector. Tutto a posto posso entrare: sono la prima ad entrare nella piazza Santa. Correre lì proprio lì da sola ma non da sola con la bandiera in mano della mia amata Azione Cattolica è stato come star vincendo qualcosa, o meglio è stato ricevere il primo regalo Fiesole perché mentre correvo mi dicevo «ma quando mi ricapita di correre da sola in piazza San Pietro vuota ?! » un gran regalo e la cosa più bella di quella corsa è che non correvo per me, ma per tutte e 150 le persone della Diocesi di Fiesole che erano rimaste dietro; dovevo prendere i posti davanti, l'avevo promesso anche a qualcuno che si sarebbe visto il Papa da vicino. Così un pó per scherzo, un pó per gioco, un pó per « caso » sono arrivata davanti al sagrato. In piedi su due sedie sventolava la bandiera dell'AC, in testa un cappellino bianco. Avevo già vinto, avevamo ricevuto già un gran regalo. Riparte l'attesa per l'inizio dell'udienza: cielo azzurro e un caldo sole a scaldarci . Arriva la papa-mobile, in anticipo di circa 50 minuti: è buffo pensare che anche il Papa infondo era desideroso di incontrarci. Lo vediamo lì sorridente che saluta tutta la sua gente e la saluta davvero, in modo vero, si sta avvicinando a noi, il cuore batteva forte perché sapevo che l'avrei visto da vicino, ma proprio da vicino perché ero ed eravamo in prima fila alle transenne. La macchina fa la curva per svoltare, lo chiamo: « Francesco !», si volta, mi guarda. Si proprio me: mi guarda, mi tolgo il cappello e chiedo con gli occhi la possibilità di lanciarglielo, mi fa di sì con la testa e lo lancio, lui lo prende al volo. Ha il mio cappello, ha il nostro cappello stretto in mano: uno scambio di sguardi, intenso. In quel momento è come se la piazza fosse nuovamente vuota. Non sentivo più nessuno attorno, vedevo solo lui; quell'attimo di sguardi mi è sembrato eterno; guardava me, guardava le persone che portavo con me, mi regala un sorriso così bello che è riuscito ad accarezzarmi proprio il cuore, ha accarezzato uno ad uno chi era lì dentro. Mi sono sentita la persona più fortunata, ero felice; può sembrar strano ma uno sguardo, un sorriso, se vero, ti possono davvero cambiare, e così è stato. E poi aveva il nostro cappellino dell'Azione Cattolica di Fiesole: secondo regalo della giornata. La papa mobile prosegue il suo giro, è bello vedere dal maxi schermo con quanta cura e partecipazione salutava quelle migliaia di persone che erano lì per lui; e lui era lì per loro, per noi. È il momento della catechesi: non riesco a distogliere il pensiero da quello sguardo; sento la gioia che piano piano mi invade completamente. Papa Francesco parla e come sempre tre sono i punti che indica come riferimento: i sacramenti, i carismi, la carità. Sembrava parlasse a me: ogni volta che parla sembra stia parlando a me, a te, a lui, a lei. Dal vivo ti accorgi ancora di più Pagina 3 che il Papa ha la capacità di parlare rivolgendosi a tutti ma ad ognuno di noi: terzo regalo. Scende dal sagrato e si dirige a salutare un nutrito di persone disabili che nel frattempo avevano preso posto proprio dietro le transenne. Tutti lì in attesa di un'attenzione, di un sorriso, una carezza. Il Papa passa lentamente e non si dimentica di nessuno; ad ognuno dedica un saluto speciale, personale. La gioia di quelle persone diventa la mia gioia. 1 loro sorrisi diventano i Fiesole miei sorrisi: quarto regalo. Sta per passare nuovamente davanti a noi a piedi per dirigersi verso il secondo gruppo di disabili che lo stanno aspettando. Allungo la mano in silenzio; vicino a me un bimbo, lo saluta, lo bacia, lo accarezza, con la dolcezza che solo un babbo sa fare. Mi dona un altro sguardo, mi da la mano: in quella mano erano con me tutti, ora tutti sono con lui: quinto regalo. Grazie Francesco! *Vice Responsabile diocesana Acr Pagina 4 NELLA SERA DI HALLOWEEN 150 GIOVANI IN SEMINARIO PER MEDITARE SULLA SANTITA Di SIMONE Prr0551 ¡"hiamati alla Vita nuova». È 1 questo il tema degli incontri di preghiera dedicati ai giovani organizzata dalla comunità del Seminario di Fiesole. Il primo incontro c'è stato la sera di giovedì 31 ottobre. Una data non casuale. Mentre tutto il mondo celebrava la festa di Halloween con zucche vuote e streghe, un bel gruppo di giovani (150) si sono incontrati con il Vescovo, con il Rettore del Seminario e la sua comunità per pregare e riflettere insieme. Lorenzo Lachi , seminarista, ci spiega il senso di questi incontri: «Anche quest'anno il seminario di Fiesole incontrerà i giovani di tutta la diocesi in quattro appuntamenti di preghiera. Per evitare che l'incontro mensile diventi una routine o una consuetudine, sia nella modalità che nella proposta, la Comunità del Seminario ad inizio dell'anno pastorale ha dedicato un tempo comunitario per una riflessione sul percorso da offrire ai giovani. Lo scorso anno avevamo dedicato il cammino all'approfondimento dei punti fondamentali della nostra fede. In questo anno invece cercheremo di dare spazio ad una delle Persone della Trinità riscoperte nell'approfondimento del "Credo": lo Spirito Santo, guida di tutti verso una vita nuova». E poi ci racconto il primo appuntamento che è andato benissimo. «Giovedì 31 ottobre sottolinea Lorenzo - c'è stata una numerosissima partecipazione di giovani e la serata è riuscita grazie all'opera dello Spirito Santo che ha ispirato nelle parole e nella guida dell'incontro il nostro pastore, il Vescovo Mario che attraverso due brani paolini ha invitato i giovani a fare memoria del loro battesimo e a riavvicinarsi alla santità che abita in Fiesole tutti i cuori seguendo non solo l'esempio dei Santi, che a volte ci sono stati presentati distanti e irraggiungibili, ma creando e rafforzando proprio con loro una amicizia che li rende compagni di viaggio». Non solo. «I diversi sacerdoti presenti - aggiunge - hanno offerto a molti giovani la possibilità di confrontarsi oppure di confessarsi mentre nella Cappella proseguiva la preghiera al Santissimo animata da canti di adorazione». Anche per tutta la Comunità del Seminario è stato un momento intenso: «Vedere e toccare con mano i frutti dello Spirito lascia sensazioni di gioia e allo stesso tempo di grande stupore. Centocinquanta ragazzi e ragazze - conclude il seminarista che si regalano una serata per sé e per la riscoperta dell'amore di Dio è il segno visibile della vivacità e della forza di Dio e dell'attrattiva del suo amore»_ Giampaolo e Irene, due giovani presenti alla serata, spiegano cl-ie «dopo aver ascoltato le parole del Vescovo sulla santità, è stato impressionante guardarci attorno e avere la sensazione di essere davvero circondati da tanti giovani possibili santi». La conclusione è molto bella. «Siamo tornati a casa con un forte desiderio in cuore: quello di vivere la nostra vita insieme puntando ad essere santi nella quotidianità, rispondendo "sì" all'invito di Gesù di essere pronti a tutto per amare chi ci passa accanto - concludono i due giovani - con un amore la cui misura è di non aver misura». Il prossimo incontro è per il 6 dicembre: il tema «Amati, amiamo». L'appuntamento è per le 19.30 con la cena e alle 2030 con l'inizio della preghiera. Un'occasione da non mancare. Pagina 5 CAPITALE DELLA CUITU I BIu1NcI DI FIRENZE aro direttore, ho letto l'articolo di Francesco - Bonami «Una Capitale europea, anche per gli anni dopo» pubblicato domenica su Corriere Fiorentino e dico subito che sono d'accordo con lui quando scrive «...non sarà solo un fiore all'occhiello (...) Ma un impegno e un dovere a costruire per quell'anno qualcosa che duri anche dopo». E mi rammarico, come assessore alla cultura dell'epoca, di non esserci riuscito (anche se non è facile). Non sono invece d'accordo quando scrive che a Firenze nel 1986 «non accadde niente di culturalmente rilevante». Il programma, selezionato da dodici esperti (tra cui Luzi, Garin, Pampaloni, Bigonciari, Spadoni, Parronchi) prevedeva l'attuazione di 31 mostre d'arte di cui 13 provenienti da altri Paesi (Germania, Spagna, Grecia, Belgio, Francia, Olanda, Gran Bretagna, Ucraina ed una della Cee), 43 conferenze di cui 18 organizzate da altri Paesi (Usa, Francia, Giappone, Polonia) o da istituzioni come l'Istituto Universitario Europeo, l'Unesco, il Centro di cultura per stranieri, la Comunità Israelitica, l'Arcidiocesi di Firenze, l'Onu, 24 spettacoli teatrali, di cui 9 con la partecipazione di altri Paesi (Grecia, Irlanda, Austria Gran Bretagna, Svezia Germania, Francia), 20 manifestazioni musicali con la partecipazione del Teatro Comunale, del teatro della Pergola, del teatro Metastasio, de Musicus Concentus, del teatro Romano di Fiesole, dell'Istituto degli Innocenti, dell'Orchestra Regionale Toscana, de- Iniziative ed eventi gli Amici della Musica, del centro Flog. Tutto il programma venne seguito con intelligenza e competenza dal sindaco Massimo Bogianckino. Infine non è vero che gran parte dei fondi europei «tornarono al mittente» per la semplice ragione che la Cee non ci mise una lira. Contribuì invece adeguatamente il ministero dei Beni culturali e ci mise del suo anche il Comune di Firenze. Non ricordo le cifre, ma non avanzò una lira. Bonami ammette onestamente di non ricordare bene quello che avvenne 27 anni fa. Io invece lo ricordo e comunque è tutto documentato in un opuscolo pubblicato dal Comune di Firenze. Non rivendico alcun merito. Ho soltanto voluto ristabi lire la verità storica. Giorgio M ora1es aro direttore, accade ogni tanto che chi deve scrivere un articolo si inventi di sana pianta il suo contenuto. Così Bonami (su Corriere Fiorentino, domenica), quando parla di Firenze capitale della cultura europea nel 1986, scrive che non si fece nulla e furono addirittura resi i soldi. Ho fatto parte, magari senza merito, del Comitato dei saggi che elaborarono i progetti di attività. Lavoravo con Luzi, Garin, Vidusso, Luti, Spadoni, Brighenti, Giorgio Mori e altri. Conservo i documenti non i rendiconti, che non spettava a me tenere. Ma ricordo che tutti i programmi vennero tagliati per carenza di fondi (non perché non furono spesi). Ne uscì una quantità di iniziative che poi è stata riassunta nella nota che segue, che chiunque avrebbe potuto prendere da Google. «Firenze, capitale della cultura dell'1986, conclude l'anno europeo con la «Mostra del Seicento fiorentino», 65o mila sono stati i visitatori dei 184 eventi culturali realizzati per un costo complessivo di 32 miliardi. Le mostre (13 già concluse, 3 in corso) hanno registrato 466.918 presenze, gli 8o eventi musicali 112.809, i 22 spettacoli di prosa 27.499, i 18 spettacoli di danza 23.707, le 3 rassegne cinematografiche 111.350 e i 41 convegni 5 mila. Tra le personalità del mondo della letteratura, della scienza, delle arti e dello spettacolo che hanno reso omaggio a Firenze capitale europea della cultura citiamo i premi Nobel per la poesia Odisseus Elitis, Vaclv Milosz, per la scienza Ilia Prigogine e Manfred Eigen, Elie Wiesel, Nobel per la pace, J. Watson, Nobel per la medicina, e poi Rafael Alberti, Leopold Sedar Senghor, Hans Georg Gadamer, Edgard Morin, Karl Popper, Emanuel Levinas, Harold Bloom, Eugene Ionesco, Ingmar Bergman, Istvan Szabo, Alexander Kluge, Roland Joffé, Zubin Metha, George Solti, Paul Sacher, Martha Graham, M. Westbrook Sun Ra». E altri meno noti, direi. Ennio Dî N olfo Io mi sarò anche inventato tutto ma di tutta quella sfilza di numeri cosa è rimasto alla Firenze di oggi? Poco o nulla. Come mai poi ci sono sempre documenti e mai rendiconti? Cose se ne saranno sicuramente fatte ma non è la quantità che conta mala qualità e l'eredità che le cose fatte lasciano ad una città. Francesco Bona rn i U RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 6