I risultati dell’indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro A cura dell’Ufficio Salute e Sicurezza sul Lavoro della Uilm Nazionale Con la collaborazione di Alessia Giurini e Luca Miranda Dottorandi di ricerca in Diritto del Lavoro e Sindacale nell’Università degli studi di Cassino Premessa L’Ufficio Salute e Sicurezza della Uilm nazionale, in occasione del 14° Congresso nazionale, ha predisposto un questionario da somministrare nelle Assemblee congressuali aziendali e nei Congressi territoriali per conoscere direttamente dai lavoratori, dagli iscritti, dai simpatizzanti e dai delegati della Uilm le condizioni lavorative con particolare riferimento all’applicazione delle norme legislative e tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Lavorare in sicurezza, tutelando la salute, è tema fondamentale per i lavoratori e conseguentemente lo è per il Sindacato: conoscere le situazioni concrete, le prassi aziendali, le opinioni e le esigenze dei lavoratori è funzionale a questo obiettivo. Per fare questo abbiamo predisposto un questionario “leggero”, formulato in sole 24 domande, perché sappiamo che è difficile far compilare i questionari soprattutto quando, come nel caso delle Assemblee aziendali, c’è poco tempo a disposizione o quando, come nel caso dei Congressi territoriali, ci sono molti adempimenti da svolgere. Abbiamo perciò sacrificato la voglia di conoscere e di approfondire all’esigenza di semplicità e rapidità di compilazione. Tuttavia non possiamo dirci soddisfatti del tasso di ritorno dei questionari che ci sono giunti da una ventina di strutture territoriali, cioè da una struttura ogni 4 o 5. Sicuramente ci sono nostre responsabilità che non abbiamo avuto il modo di spiegare sufficientemente l’importanza di approfondire la conoscenza sugli aspetti concreti della salute e della sicurezza in azienda per elaborare politiche e sviluppare iniziative. Avremmo poi dovuto sollecitare con maggiore insistenza il ritorno dei questionari. Aggiungiamo che sono giunti alla Uilm nazionale poco più di mille questionari, 1011 per la precisione, che sono risultati un numero sufficiente per l’elaborazione e per trarre elementi conoscitivi e considerazioni sindacali che troverete nelle pagine successive. 1 I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro I dati Nel questionario richiedevamo solo 4 informazioni relative all’intervistato e cioè la struttura territoriale Uilm a cui fa riferimento, l’età, il sesso e la qualifica. 1) L’età media degli intervistati è risultata di 43,4 anni con una sostanziale omogeneità anche disaggregando i dati tra uomini e donne e per area geografica (Nord, Centro e Sud), mentre una lieve differenza, 46,5 anni, si riscontra se escludiamo dai conteggi gli operai. 2) la distribuzione geografica. La distribuzione su base geografica degli intervistati è riportata nel grafico seguente: Grafico 1 - Distribuzione geografica degli intervistati Sud 13% Paese proprio in termini di struttura industriale. Anche la composizione degli intervistati varia nelle tre aree geografiche, solo a titolo di esempio segnaliamo una maggiore presenza di impiegati e quadri nel Centro per effetto della presenza, in particolare nell’area romana di aziende ad alta tecnologia e dell’ITC, così come nel Sud una minore presenza femminile. Eppure, in termini complessivi le risposte registrate nei questionari non differiscono. La nostra interpretazione è che in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro, da un lato le normative vigenti e dall’altro l’azione sindacale abbiano innalzato gli standard e resi omogenei i comportamenti: crediamo cioè di trovarci di fronte a un aspetto positivo, peraltro sempre perfettibile, che è quello di nessuna o poca differenza tra ciò che si fa sulla Sicurezza tra le aziende collocate al Nord, al Centro e al Sud del nostro Paese. Ricordiamo però che stiamo confrontando aziende sindacalizzate e quindi presumibilmente di medio-grande dimensione, non è difficile immaginare che dati, opinioni e comportamenti sarebbero differenti in aziende piccole e in aziende non strutturate. 3) Uomini e donne Centro 32% Nord 55% Sud 13% Nord Se confrontiamo questo dato con la distribuzione delle 55% lavoratriciCentro e dei lavoratori metalmeccanici secondo l’ultimo censimento, risalente però all’ormai lontano 2001, si nota 32% Sud come nella nostra indagine il Centro e il Sud dell’Italia 9% rispetto all’universo metalmecsiano più che rappresentati canico, cheCentro è per tre quarti collocato nel Nord del nostro 15% Paese. Nord Grafico 2 - Distribuzione geografica dei metalmeccanici 76% Sud 9% Centro 15% Nord 76% quadri 6% come generalmente le risposte Appare interessante notare ai questionari non differiscano per area geografica, nonoimpiegati stante siano32% evidenti le differenze tra le tre grandi aree del operai 61% quadri Hanno risposto al questionario, specificando il sesso 825 uomini e 109 donne, mentre in 77 questionari manca la risposta: in termini percentuali abbiamo quindi un 88,3% di uomini e un 12% scarso di donne. Tale dato, di certo non positivo in quanto riflette una minore partecipazione femminile alla vita della nostra Organizzazione, va tuttavia letto nel contesto dell’industria metalmeccanica che di per sé, è nel suo complesso, caratterizzata da una bassa presenza femminile. Se infatti consultiamo l’ultima Indagine annuale Federmeccanica sull’industria metalmeccanica, la 31ma riferita ancora al 2007, che fornisce importanti elementi di dettaglio utili per la conoscenza del nostro settore ci accorgiamo che le donne sono poco meno del 19% dei lavoratori dipendenti complessivi. Certamente, vi sono settori tra quelli ricompresi nell’intera industria metalmeccanica, per esempio l’elettronica e gli elettrodomestici, che registrano una presenza consistente di donne, ma che comunque si attesta più o meno a un terzo degli occupati, ma vi sono anche settori come la siderurgia, la cantieristica navale o la meccanica pesante che registrano presenze femminili inferiori al 10%. Anche in questo caso non si registrano sostanziali differenze tra le risposte al questionario delle donne rispetto a quelle degli uomini, pur essendovi rilevanti differenze. Per esempio, nella composizione per qualifica che vede al 24% le donne impiegate contro al dato medio del 17%. 4) L’inquadramento Per quanto riguarda invece l’inquadramento degli intervistati, quasi l’80% risulta con qualifica di operaio, il 17% come impiegato e il restante 3% risulta equamente diviso tra quadri e intermedi. Nel complesso, sull’inquadramento l’insieme di coloro che hanno risposto al nostro questionario differisce rispetto alla 3 Centro 15% Nord 76% composizione percentuali delle qualifiche che registriamo nell’industria metalmeccanica che invece sono ripartiti come nella figura seguente Grafico 3 - Distribuzione delle qualifiche nell’industria metalmeccanica Fonte: Federmeccanica 2007 quadri 6% impiegati 32% operai 61% intermedi 1% In questo caso, come è abbastanza scontato che sia, abbiamo registrato delle differenze nelle risposte del personale operaio rispetto al personale impiegato su alcune questioni e in particolare quelle più attinenti all’attività lavorativa, come per esempio sull’uso dei DPI, prove di evacuazione e le visite mediche periodiche. Il questionario e le risposte 1) Quesiti di ordine generale DG1) La prima domanda del questionario chiedeva “Sei a conoscenza di chi sia il responsabile del servizio di prevenzione e protezione nell’ambito dell’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”. A tale domanda hanno risposto praticamente tutti gli intervistati (solo 6 mancate risposte) e le risposte affermative sono state il 94%. Disaggregando le risposte per area geografica, per sesso e per categoria otteniamo comunque risposte affermative superiori al 90%. Un po’ di ripasso 1 Il servizio di prevenzione e protezione è una struttura obbligatoriamente istituita dal datore di lavoro, composta da soggetti interni o esterni all’azienda e finalizzata all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è un soggetto designato dal datore di lavoro e in possesso delle capacità e dei requisiti professionali adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, al fine di coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Il dato ci pare positivo e incoraggiante, perché significa che, almeno nelle realtà aziendali più strutturate, che sono quelle con presenza sindacale consolidata, le disposizioni circa l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione sono un fatto concreto, realmente applicato nelle imprese, con persone che si occupano di questo tema. Certamente, occorre insistere affinchè tutti i lavoratori sappiano chi è responsabile per l’azienda della prevenzione e della protezione dei lavoratori. DG2) Anche la seconda domanda del questionario verteva sul servizio di prevenzione e protezione chiedendo “Sei a conoscenza, se c’è/ci sono, di chi sia/siano l’addetto/gli addetti al servizio di prevenzione e protezione nell’ambito dell’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”. I “Si” risultano leggermente inferiori a quelli della domanda precedente, com’è forse lecito attendersi, e tuttavia sono comunque superiori al 90%. Assai contenute risultano le mancate risposte. Un po’ di ripasso 2 Gli addetti del servizio di prevenzione e protezione sono persone in possesso di specifiche capacità e dei requisiti professionali, facenti parte del servizio di prevenzione e protezione. In particolare, gli addetti devono essere in possesso di specifiche competenze in materia di: prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. DG3) La domanda circa la presenza in azienda di almeno un dirigente è stata da noi intesa come “cartina tornasole” per comprendere la tipologia aziendale, sulla base dell’as4 I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro sunto che la presenza di almeno un dirigente, distingue l’impresa strutturata dalle imprese di natura artigianale o di piccola imprenditoria. Il risultato è una percentuale di aziende con almeno un dirigente superiore al 96% sull’insieme dei questionari, percentuale leggermente più bassa al Nord 95% e più alta fino a toccare il 100% al Sud e nelle imprese con presenza sindacale tra gli impiegati. Un po’ di ripasso 3 Il dirigente è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. Pertanto, incorre in responsabilità, al pari del datore di lavoro, in quanto obbligato all’attuazione delle norme prevenzionistiche, anche a prescindere dalla presenza di un’eventuale delega “formale” del datore. DG4) La quarta domanda: “Sai se il preposto della tua azienda si occupa della sicurezza?”, intesa nel senso di un effettivo ruolo in materia di Salute e Sicurezza sul lavoro del preposto ha registrato un elevato tasso di risposte affermative, superiore al 90% anche nei sottoinsiemi per area geografica, sesso e qualifica. Tuttavia preoccupano le risposte negative che comunque sfiorano il 10% e le mancate risposte che valgono un’analoga percentuale. Riteniamo infatti, ma è abbastanza esplicito in tutto l’impianto normativo vigente, che la Sicurezza e la Salute sul lavoro deve essere uno dei compiti del preposto, cioè di colui che concretamente e quotidianamente guida e controlla l’attività lavorativa. Un po’ di ripasso 4 Il preposto è colui che, in virtù di limitati poteri gerarchici e funzionali, è incaricato di: - sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei lavoratori dei loro obblighi;-segnalare al datore di lavoro o al dirigente tutte le eventuali situazioni di pericolo; - verificare che nelle zone a rischio grave e specifico accedano solo i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni; - informare, richiedere e dare istruzioni ai lavoratori circa i rischi e l'osservanza delle misure di sicurezza, anche affinché abbandonino il posto di lavoro, astenendosi dal richiedere la ripresa dell’attività; - frequentare appositi corsi di formazione. DG5) Il quadro, fin qui tutto sommato confortante, sull’applicazione concreta e quotidiana della normativa vigente che emerge dalle risposte precedenti, mostra però una prima evidenza preoccupante nelle risposte alla domanda “Sai chi è il medico competente incaricato dall’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”. A tale domanda infatti poco meno di 9 intervistati su 10 rispondono di conoscere il medico competente. Si tratta – secondo noi – di una carenza importante nell’applicazione del sistema di prevenzione e di protezione dei lavoratori, definito con il decreto legislativo 626/94 prima e attualmente con il decreto 81/2008. Un po’ di ripasso 5 Il medico competente è un professionista nominato dal datore di lavoro, con il quale collabora per la valutazione dei rischi. Egli è incaricato della sorveglianza sanitaria sui singoli e sulla collettività dei lavoratori, informando gli stessi dei relativi risultati. In particolare: - istituisce, aggiorna e custodisce la cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore; - visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno; - partecipa alla riunione periodica. I compiti del medico competente, così come assegnati dalla normativa vigente, sono uno dei fulcri del sistema di prevenzione che assegna ai medici, cioè a persone competenti in materia di salute umana, il compito di monitorare gli effetti dei processi produttivi, dei metodi e dei materiali utilizzati sull’insieme dei lavoratori, ma anche sui singoli soggetti che possono avere una particolare predisposizione a determinati effetti negativi per la salute in qualche modo connessi all’attività lavorativa. DG6) Potrà apparire curioso, ma crediamo, soprattutto per chi non conosce la complessità e le differenze delle attività svolte nelle imprese metalmeccaniche che le risposte alla domanda “Sai chi sono i componenti della squadra di emergenza nominati dall’azienda presso cui svolgi la tua attività lavorativa?”, che ha registrato un tasso di “Si” complessivo del 72,4% desti in noi meno preoccupazione rispetto ai dati quantitativamente superiori registrati, per esempio, per la domanda precedente. Un po’ di ripasso 6 La squadra di emergenza è composta da lavoratori designati preventivamente dal datore di lavoro, in ragione delle dimensioni aziendali e dei rischi presenti nei luoghi di lavoro. Essa è incaricata dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione di tutte le emergenze. Eppure il dato, letto sulla base della nostra conoscenza della complessità e della varietà del mondo metalmeccanico, ci preoccupa meno, assai meno, del dato di cui alla domanda precedente. Vi sono infatti realtà produttive nelle quali la “squadra di emergenza” è essenziale e altre nelle quali per l’attività effettivamente svolta questa risulta non necessaria. Il nostro compito e il nostro obiettivo, coerentemente con le indicazioni di legge, è quello di rendere le persone che lavorano consapevoli dei rischi e di cosa va fatto per prevenirli. DG7) Con la domanda “Sai chi è il tuo Rappresentante per la Sicurezza nei luoghi presso cui svolgi la tua attività lavorativa?” intendevamo conoscere qual’è il rapporto tra i lavoratori e un altro soggetto fondamentale del sistema “sicurezza sul lavoro”, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. I dati superiori al 94% sull’insieme dei questionari e comunque superiori al 93% anche nei sottoinsiemi per area geografica, sesso e qualifica, confermano che 5 questa figura rappresenta, almeno nelle imprese sindacalizzate, un elemento consolidato del sistema di prevenzione. Un po’ di ripasso 7 Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è un rappresentante in possesso di specifiche competenze in materia di salute e sicurezza. Deve occuparsi di tutte le questioni attinenti alla gestione della salute e sicurezza, tramite l’accesso ai luoghi di lavoro, l’informazione, la consultazione tempestiva e preventiva da parte del datore di lavoro, in particolare modo in sede di valutazione dei rischi e riunione periodica. A tal fine, ha diritto a far ricorso alle autorità competenti in caso di inadempienze da parte del datore di lavoro. DG8) L’ultima domanda della parte generale del questionario riguarda il sistema di rappresentanza dei lavoratori, infatti chiede se “Il tuo Rappresentante per la Sicurezza coincide con il tuo RSU?” A tale domanda solo il 72,4% risponde affermativamente. Anche a livello di sottoinsiemi su base territoriale, di sesso e di qualifica professionale, le risposte risultano su livelli analoghi. Questo significa visto che di solito gli RLS coincidono con una parte degli RSU che più di un quarto dei lavoratori che hanno compilato il questionario e quindi iscritti e militanti alla Uilm, vengono rappresentati per le questioni attinenti alla sicurezza da rappresentanti che sono espressione di altre Organizzazioni. 2) Le domande di approfondimento DA1) La parte del questionario relativa alle domande di approfondimento inizia con la seguente: “Quante volte l’anno vengono effettuate le prove di evacuazione?” Nel 60% dei casi la risposte è che vengono svolte una o più volte l’anno. Risulta quindi pari al 40% le risposte nelle quali la prova di evacuazione non è mai stata svolta. Se risulta comprensibile che per alcune attività o in alcuni casi, si pensi a piccoli uffici con una decina di impiegati, detta prova non aggiunga sicurezza, ci lascia molto perplessi l’ampiezza dei casi in cui non viene svolta. Un po’ di ripasso 8 La prova di evacuazione: i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio, effettuate almeno una volta l’anno, per mettere in pratica le procedure di esodo e di primo intervento. Detta prova è obbligatoria esclusivamente in tutte le imprese con più di 10 dipendenti, pur essendo consigliata in tutte le aziende a prescindere dalle dimensioni occupazionali. Può non essere svolta, altresì, quando siano presenti notevoli affollamenti o persone anziane od inferme DA2) Nel questionario, a questo punto, erano riportate tre domande la DA2, la DA3 e la DA4, che erano collegate logicamente e intendono valutare il livello percepito di consapevolezza dei rischi collegati all’attività lavorativa e della 6 formazione/addestramento all’uso dei macchinari. La prima domanda (Sei a conoscenza dei rischi effettivi legati alla tua attività lavorativa?) chiede agli intervistati una autovalutazione sulla propria conoscenza e consapevolezza dei rischi collegati al lavoro: la risposta è “Si” nell’87,7% dei casi e – ci pare anche abbastanza evidente – che coloro che hanno risposto negativamente (122 casi) temano per lo più degli effetti “ancora da scoprire” delle attività che svolgono, dei materiali che utilizzano o delle condizioni ambientali in cui operano. DA3) Alla domanda “Sei stato formato e addestrato sull’utilizzo in sicurezza dei macchinari legati alla tua attività lavorativa?”, che va al cuore del tema formazione e sicurezza, a fronte di un 44% di intervistati che dichiarano che questa formazione viene svolta periodicamente, vi è un 27% di intervistati che è stato formato solo al momento dell’assunzione e un ulteriore 8% che è stato formato in occasione di un cambio di mansione. Vi è quindi un buon 20% di lavoratori che non sono stati – neppure episodicamente – formati a lavorare in sicurezza. DA4) La controprova – almeno secondo la nostra interpretazione dei dati rilevati – rispetto a quanto emergeva nella precedente domanda emerge dalle risposte al quesito “Ti senti sufficientemente formato e addestrato all’utilizzo in sicurezza dei macchinari legati alla tua attività lavorativa?”. Solo poco più di tre quarti degli intervistati, per la precisione il 76,2%, si sente formato a sufficienza. E’ chiaro che l’aspetto della “formazione per lavorare in sicurezza” rappresenta una delle priorità – diremmo addirittura la priorità – nell’ambito delle tematiche legate alla prevenzione in azienda. DA5) Con la domanda “Se venissi a conoscenza di un pericolo nell’utilizzo in sicurezza dei macchinari legati alla tua attività lavorativa, cosa faresti?” volevamo comprendere l’atteggiamento degli intervistati a fronte di un pericolo concreto sul lavoro: solo nell’1,2% dei casi la risposta è stata “non farei nulla”, in quasi il 50% dei casi la risposta è stata che ci si sarebbe rivolti a figure aziendali (il superiore gerarchico piuttosto che al servizio di prevenzione e protezione). Negli altri casi la risposta è stata di rivolgersi agli RLS per il 40% e di intervenire direttamente nel 10%, laddove – è utile ricordarlo – gli intervistati erano partecipanti alle assemblee congressuali e ai congressi territoriali e quindi spesso attivisti o delegati della Uilm. DA6) Nel questionario abbiamo inoltre chiesto agli intervistati di valutare “Su una scala di valori da 1 a 10, da un giudizio sul confort della tua postazione di lavoro”. Le risposte ci hanno in qualche modo stupito a cominciare dal voto medio che è risultato pari a 6,2, con minime oscillazioni per area geografica e variazioni più significative in positivo per chi svolge lavoro impiegatizio (voto medio 6,7) e, in negativo, per le donne (voto medio 6). Tali risultati sono il frutto di una valutazione assai polarizzata con una parte degli intervistati che da una risposta molto negativa (voti molto bassi) e una parte leggermente superiore che fornisce un giudizio molto positivo con voti alti. Colpisce anche il numero abbastanza elevato di mancate risposte, pari al 6,7%. I risultati dell'indagine della Uilm Nazionale su salute e sicurezza sul lavoro DA7) Alla domanda precedente è collegata la seguente: “E’ migliorato nel corso del tempo il confort della tua postazione di lavoro?” che appunto chiede agli interessati l’evoluzione della propria postazione di lavoro che per il 61,5% degli intervistati è migliorata nel corso del tempo. Segnaliamo che anche a valutazioni basse alla domanda DA6 vi sono state risposte in termini di miglioramento nel tempo del confort, per quanto ancora insufficiente, delle postazioni di lavoro. Ci pare di poter segnalare come uno degli aspetti positivi di questi 15/20 anni di legislazione (e di attività sindacale) in materia di prevenzione e di sicurezza, quello dell’innalzamento graduale del confort delle postazioni di lavoro. DA8) Questa domanda e le successive riguardano i dispositivi di protezione individuali, essenziali in molte attività dell’industria metalmeccanica, con la sola eccezione di una parte del personale con la qualifica di impiegato, coloro meno coinvolti nella produzione. Un po’ di ripasso 9 Con il termine DPI si intende qualsiasi attrezzatura, individuata e mantenuta in efficienza dal datore di lavoro, destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi per la salute e sicurezza. Essi devono essere adeguati ai rischi da prevenire e devono tener conto delle esigenze ergonomiche del singolo lavoratore. I lavoratori hanno l’obbligo di utilizzare i DPI, in base alle informazioni ricevute, di prenderne cure e di non modificarli. Il primo quesito “Sei stato formato sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale?” intendeva comprendere se oltre a fornire i DPI, le aziende abbiano formato i propri dipendenti. Svolge formazione periodicamente sull’utilizzo dei DPI il 57% degli intervistati, mentre nel 24% dei casi la formazione è stata svolta in occasione dell’assunzione e nel 5,6% dei casi in occasione di un cambio di mansione. Resta quindi un 13,4% di intervistati che non è stato formato sull’utilizzo dei DPI. DA9) La successiva domanda sui DPI, chiede “Ti senti sufficientemente tutelato dai Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) messia a disposizione dal tuo datore di lavoro?”. Le risposte positive sono il 76,6%, con quindi poco meno di un quarto degli intervistati che non si ritiene tutelato dai DPI. DA10) La successiva questione posta agli intervistati è se “Trovi confortevoli i tuoi attuali dispositivi di protezione individuale (DPI)?”, aspetto assai rilevante per l’uso costante di questi strumenti. A questa domanda il 66% degli intervistati risponde di sì, risultando quindi un terzo degli intervistati che trova scomodi o comunque non confortevoli i DPI. Non è poco e ha importanti riflessi in termini di prevenzione concreta. DA11) Alla domanda “Ogni quanto vengono sostituiti i dispositivi di protezione individuale (DPI)?” le risposte for- nite sono risultate: “periodicamente” nel 29,6% dei casi, “ogni volta si renda necessario” nel 58,7% dei casi, mentre nel restante 11,7% emerge che c’è una certa resistenza da parte aziendale nel sostituire i DPI. DA12) La domanda “Se venissi a conoscenza di un difetto dei dispositivi di protezione individuale, cosa faresti?”, così come quella assai simile sugli eventuali difetti nei macchinari, voleva comprendere l’atteggiamento degli intervistati di fronte a un rischio concreto: solo nell’0,8% dei casi la risposta è stata “non farei nulla”, in quasi il 50% dei casi la risposta è stata che ci si sarebbe rivolti a figure aziendali (il superiore gerarchico piuttosto che al servizio di prevenzione e protezione). Negli altri casi la risposta è stata di rivolgersi agli RLS per uno scarso 38% e di intervenire direttamente nel 10%, laddove come intervento diretto ci si riferisce all’iniziativa sindacale. DA13) Anche nel caso della domanda “Se ti accorgi che un tuo collega sta svolgendo la propria attività lavorativa senza rispettare le disposizioni in materia di sicurezza, come ti comporti?” si è tentato di valutare quanto la cultura della sicurezza è stata fatta propria dagli intervistati: segnalare a un collega un comportamento sbagliato e pericoloso non è una cosa semplice e tant’è che in quasi il 3% dei casi la risposta è “non farei nulla”, mentre nel 72,6% dei casi si è risposto che si avvisa il collega. Nel 15% dei casi ci si rivolgerebbe agli RLS e solo nel 10% dei casi si segnalerebbe il comportamento scorretto al superiore gerarchico o al servizio di prevenzione e protezione. DA14) Le risposte alla seguente domanda: “Quante volte l’anno vengono effettuate le visite mediche da parte del medico competente?”, si ricollega per molti versi alle risposte alla DG5, laddove veniva richiesto se si conosceva il medico competente. In circa il 90% dei casi le visite vengono svolte periodicamente, ma nella restante parte la visita è stata svolta solo in occasione dell’assunzione. Per un confronto tra le risposte ai due quesiti, si tenga conto che alla domanda DA14 vi sono 50 mancate risposte contro le 5 mancate risposte della domanda DG5. DA15) Alla domanda “Pensi che il numero dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza presenti nell’azienda presso cui lavori sia sufficiente?”, relativa quindi a un aspetto molto interno alla vita organizzativa del sindacato, le risposte sono positive in circa due terzi dei casi. Segnaliamo tuttavia che vi sono un numero consistente di mancate risposte, per circa un sesto dei questionari. DA16) Le risposte all’ultima domanda del questionario: “In Azienda sono state organizzate iniziative formative e/o informative in materia di salute e sicurezza sul lavoro?” fornisce un dato interessante sulle campagne formative ed informative per la sicurezza. In 6 casi su 7 chi ha risposto al questionario è stato coinvolto in queste iniziative e in 6 casi su 10 queste iniziative sono ripetute una o più volte l’anno. Ci pare utile ricordare che svolgere queste attività, sia pur in forme minime come la distribuzione di opuscoli o di altro materiale informativo, è dal 2008 un obbligo contrattuale per le imprese. 7 Conclusioni Quali conclusioni trarre da questa nostra indagine, “leggera” ma – crediamo – utile? Proponiamo 3 considerazioni: 1) le norme che si sono succedute in questi ultimi 15/20 anni a partire dalla “piombo, rumore, amianto” del 1992, hanno imposto alle imprese una serie di interventi in termini di prevenzione ma soprattutto hanno dato spazio diffusamente alla partecipazione dei lavoratori per tramite degli RLS al miglioramento della sicurezza in azienda, ma anche al miglioramento delle condizioni di lavoro in termini di tutela della salute e di prevenzione delle malattie: il lavoro è stato lento ma costante e quotidiano. Oggi possiamo valutare anche i successi conseguiti; 2) molto resta ancora da fare, in termini di innalzamento degli standard di comportamento e di prassi anche nelle aziende dove non c’è il sindacato, nelle aziende meno strutturate, ma anche in quelle aziende che – emerge anche dai dati qui presentati – applicano le normative come un onere da sostenere e non come uno strumento che nel tutelare i lavoratori rende efficienti le imprese e contiene i costi; 3) occorre dunque formare i lavoratori con periodicità a lavorare in sicurezza, attivare quei soggetti, come il medico competente, che non può e non deve essere un mero notaio di quel che accade, ma deve mettere le sue competenze professionali al servizio del sistema produttivo, dare strumenti, orientamenti e indicazioni per rafforzare le competenze e le capacità di intervento degli RLS, ma anche degli altri soggetti sindacali perché Salute e Sicurezza sul lavoro ci riguardano, sempre e tutti. 8