LE GRANDI EPIDEMIE TRA ANTICHITA’ MEDIOEVO E RINASCIMENTO Sifilide Malattia che (per quanto se ne sa), compare alla fine del 1400. E’ stata la regina delle malattie veneree prima di venire detronizzata dall’AIDS. Una vera metafora della trasgressione e della vita dissoluta. E’ stata anche la malattia più “culturale” e che più si è fatta sentire sul piano morale e nella letteratura (pensiamo al Candide di Voltaire, ai romanzi di Guy de Maupassant o di Flaubert). Nel Candide di Voltaire il protagonista riconosce Pangloss in un accattone affetto da sifilide contratta dalla prostituta Pasqualina la quale … doveva questo regalo a un cordigliere dottissimo, che… [l’aveva] avuto da una vecchia contessa, che l’aveva ricevuta da un capitano di cavalleria, che la doveva a una marchesa, che la doveva a un paggio, che l’aveva ricevuta da un gesuita, il quale, nel suo noviziato, l’aveva avuta da un compagno diretto di Cristoforo Colombo. Voltaire, Candide (1759) Quando è comparsa questa malattia? Fino alla fine del Quattrocento non vi sono segnalazioni sicure. Il 1° settembre 1494 Carlo VIII re di Francia entrava in Italia alla testa di di un esercito di 36.000 mercenari seguiti da una coorte di prostitute e accattoni. Entra a Roma dove i suoi uomini si abbandonano a bagordi di tutti i tipi. Lo stesso fanno poco dopo a Napoli. Quando abbandonano Napoli si portano dietro una nuova malattia, presto battezzata dai francesi “mal di Napoli” e dai napoletani “mal francese”. Esplode nella battaglia di Fornovo (6 luglio 1495) fra Carlo VIII e Francesco Gonzaga. I mercenari di Carlo VIII vengono congedati nell’estate del 1495 e al ritorno nei loro paesi diffondono in tutta Europa la nuova pestilenza. La malattia si manifesta in diverse fasi. Sifilide primaria: lesione caratteristica il sifiloma. Erosione ulcerata a margini regolari, infiltrata, di colorito rosso, circondata da un lieve rilievo circolare, indolente. Compare tre settimane dopo il rapporto sessuale. Guarisce con formazione di una cicatrice. Sifilide primaria: lesione caratteristica il sifiloma. erosione ulcerata a margini regolari, infiltrata, di colorito rosso, circondata da un lieve rilievo circolare, indolente. Nella donna spesso non si vede perché interna alla vagina e al collo dell’utero. Guarisce con la formazione di una cicatrice. Compare tre settimane dopo il rapporto sessuale. Linfoadenopatia loco regionale. Sifilide second. 2-6 settim. dopo la lesione primaria. Eruzione bilat. simmetrica. Lesioni eritematose (roseola: chiazza rossa non rilevata). Lesioni papulose (papule: rilievo del volume di una lenticchia a contorni netti) di color rosso rameico. Talvolta lesioni papulo-pustole. Non dolenti né pruriginose. Sifilide terziaria caratterizzata da lesioni ai diversi organi e apparati In particolare: sistema nervoso (paralisi progressiva e tabe dorsale) sistema vascolare (aneurisma dell’aorta) Sifilide connatale che si trasmette per via placentare La malattia era certamente nuova. Da dove proveniva? La teoria più accreditata è l’ipotesi americana. Il 4 marzo 1493 la caravella Niña recante a bordo Cristoforo Colombo torna dall’America e getta l‘ancora a Siviglia. Secondo alcune testimonianze alcuni dei suoi marinai erano affetti da una strana malattia caratterizzata dalla presenza di “bubboni” inguinali. Veniva indicata come mal di Hispaniola (Haiti), perché pensavano di averla contratta attraverso i rapporti sessuali con le isolane. Subito dopo Colombo nel 1494 e nel 1495, tornano dalle Americhe due altre spedizioni comandate da Antonio de Torres che conduce in Spagna molti indiani di ambo i sessi. E’ possibile che diverse indiane si siano ritrovate a Napoli ad esercitare la prostituzione, oppure che qualche spagnolo infettato si sia recato a Napoli a combattere contro Carlo VIII. La teoria americana della sifilide è attendibile ma non è provata al 100%. Oltre alle evidenze storiografiche la teoria americana si basa su due dati biologici: 1) La costante assenza di alterazioni sifilitiche terziarie nelle ossa precedenti il 1494 2) Un lavoro che ha evidenziato forti omologie fra il Treponema sifilitico e i Treponemi americani Harper KN, Ocampo PS, BM di Steiner, George RW, ms di Silverman, ed altri (2008) sull'origine del Treponematoses: Un metodo filogenetico. PLoS Negl Trop DIS 2 (1): e148. doi: 10.1371/journal.pntd.0000148 Di certo gli eserciti maschili si scontrano, ma anche si incrociano con gli eserciti delle prostitute. Molte città italiane sono dei lupanari Venezia: all’inizio del ‘500 ha 11.600 prostitute pubbliche (registrate), e non contiamo le clandestine. Roma: culla del rinascimento ne conta 6800, una categoria numerosissima, superata solo dai mendicanti La malattia colpisce tutte le categorie sociali, da quelle più umili ai re. A Napoli nella Basilica di San Domenico Maggiore vi sono le mummie di 10 re aragonesi e 28 altri nobili napoletani che risalgono al Quindicesimo e Sedicesimo secolo. Recenti studi hanno dimostrato la rapida diffusione della sifilide nell’aristocrazia. Mummia di Maria d’Aragona (1503-1568) bellissima nobildonna amica di Michelangelo. Recenti studi hanno evidenziato gomme sifilitiche e lesioni da papilloma virus in una verruca perianale. Carlo VIII che muore a 28 anni, pare di sifilide; Francesco I viene accusato di aver perso la battaglia di Pavia nel 1525 perché tormentato da un ascesso perineale complicante il suo mal francese. Alessandro VI Borgia (e suo figlio Cesare, il modello del Principe di Machiavelli). Guy de Maupassant, Gustave Flaubert, Giacomo Casanova e Benvenuto Cellini Il quadro clinico è, all’inizio, molto più grave di quello che si manifesterà a partire dal Settecento in avanti. Leggendo le memorie di Giacomo Casanova si vede come a partire da quell’epoca non sia più considerata una malattia gravissima. Una malattia è infatti molto più devastante in una popolazione mai esposta in precedenza. Perché? La spiegazione è di tipo darwiniano. Viene chiamata SIFILIDE da Gerolamo Fracastoro (1478-1553) nell’opera Syphilis sive morbus gallicus (1530), un lungo poema in esametri che ha come protagonista il pastore Syphilus che, per aver offeso il sole viene colpito dalla malattia. Fracastoro quindici anni dopo la pubblicazione del poema ipotizza la sua trasmissione attraverso invisibili Seminaria. Si ispira alle teorie atomistiche di Lucrezio il quale, a proposito della “peste di Atene”, aveva supposto che fosse provocata da atomi di materia biologica presenti tra gli infiniti “semi delle cose”(Semina rerum). Fondazione di Ospedali per il trattamento di questa malattia, naturalmente nelle città portuali: Genova e Savona. Viene curata per molti anni con unzioni e frizioni al mercurio (mischiato a grasso di maiale, sale). Il mercurio era già usato dai romani e dagli arabi nelle dermatosi). Oppure per via orale somministrando calomelano (cloruro mercurioso Hg2Cl2) o sublimato corrosivo (bicloruro di Hg HgCl2). Oppure ancora con i “bagni a vapore” mercuriali con cinabro (HgS) Guaiàco o legno santo (dal secondo decennio del Cinquecento). Ridotto in polvere si fa bollire a fuoco lento ed è usato come decotto e per inalazione. Nel 1864 Angelo Scarenzio introduce a Pavia la terapia mercuriale (calomelano) per via sottocutanea. August von Wassermann, 1906, reazione di Wasserman Nel 1910 Paul Ehrlich introducono l’arsenobenzolo (Salvarsan 606). Nel 1943 viene introdotta la penicillina. L’idea dei seminaria di Fracastoro si materializza, in un certo senso, con la scoperta di Fritz Schaudinn nel 1905 del battere responsabile della malattia, il Treponema pallidum (appartenente all’ordine delle spirochete). Lebbra. Malattia terribile provocato dal Mycobacterium leprae, un battere scoperto dal norvegese Armauer Hansen nel 1871 nel lebbrosario di Bergen (Norvegia). Malattia antica presente in oriente. Antichi riferimenti nei testi cinesi e indiani nel primo millennio a.C. Forse il suo agente eziologico si è differenziato per mutazione spontanea da un analogo micobatterio dei ratti. Nell’area mediterranea fu forse portata dall’esercito di Alessandro Magno di ritorno dalla sua campagna d’India (327-326 a. C.). E’ diffusa in età romana e nel medioevo. A partire dal VI sec.d.C. è da considerarsi stabilmente presente in Europa occidentale come dimostrano le fonti scritte e le indagini paleopatologiche sui cimiteri medievali. All’inizio del primo Millennio ulteriore incremento a seguito delle Crociate. Il medico arabo Albucasis la interpretava sulla base della teoria tetraumorale di Galeno. Trasmissione diretta interumana forse per via cutanea o respiratoria e diffusione dalla mucosa nasale di pazienti non trattati. Interessa prevalentemente la pelle, il sistema nervoso periferico, provoca distrofie con amputazioni degli arti. Due forme: la lebbra tubercoloide (decorso benigno) la lebbra lepromatosa (decorso evolutivo grave) La lesione elementare è il leproma (nodulo di infiltrazione granulomatosa). Il Micobatterio cresce lentamente. Raddoppia in 18-42 giorni, più nelle parti fredde. Intracellulare Colpisce soprattutto la cute e i tronchi nervosi Lebbra lepromatosa: noduli confluenti (facies leonina). Pare vi sia affinità fra bacillo di Hansen e cellule di Schwann. Infiltrazione nervosa e atrofia con deficit motori e sensitivi. Aree cutanee di anestesia. Si utilizzava la prova dell’anestesia. Uno spillone veniva infisso nelle zone di cute maculata o piagata dopo che si erano bendati gli occhi al sospetto: in caso di lebbra la sensibilità dolorifica era inesistente. La diagnosi di lebbra equivaleva ad una vera morte civile. I lebbrosi nell’Alto Medioevo vivevano spesso in piccole comunità sparse. Nel XII-XIII sec. Vengono fondati i lebbrosari (fra i primi ospedali fondati in Occidente). In Francia nel XIII sec. erano 2000 e in tutta Europa circa 19.000! La cura dei lebbrosi era lo scopo dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme, fondato all’inizio del XII secolo, con il ritorno dei Crociati e l’esplosione della lebbra. Fondarono le Case di San Lazzaro (da cui il nome Lazzaretti). All’inizio dell’età moderna la malattia diminuì di importanza sociale. Tuttavia a Genova esiste tuttora un reparto per lebbrosi. La Peste Origine murina. Presente fin dai tempi più remoti. In Occidente è dubbia la sua presenza prima del Trecento. Nel 1347 la sua comparsa fu drammatica e devastante. Ne parla Boccaccio nell’introduzione del Decamerone. Ha simboleggiato la paura, l’orrore, il terrore e la morte nell’epoca tardo medievale. Origine dell’epidemia nel 1347. La città di Caffa, colonia genovese della Crimea venne cinta d’assedio dai Tartari e venne salvata da un’epidemia di peste scoppiata tra gli assedianti. Per vendicarsi i Tartari catapultarono all’interno della città i cadaveri dei soldati morti. Al ritorno i difensori genovesi morirono quasi tutti e quelli che riuscirono a tornare in Italia diedero origine ad una pandemia che si diffuse in tutta Europa, raggiungendo la Russia e la Groenlandia. Sterminò 1/4, forse 1/3 della popolazione europea. Altre epidemie importanti furono quella del 1630 descritta dal Manzoni e quella di Londra del 1664-65. Il bacillo responsabile è la Yersinia (o pasturella) pestis. Scoperto dal francese Alexander Yersin nel 1894. Normale parassita del ratto e di altri roditori (es. scoiattolo, marmotta) ma non dell’uomo. E’ trasmesso dai topi (rattus rattus o topo nero e rattus norvegicus o topo marrone) e dalle pulci. L’inoculazione avviene attraverso il morso di una pulce. Quando questa si nutre del sangue di un roditore infetto nel suo esofago si ha un ristagno di sangue dove si moltiplica il battere. Il nuovo morso trasmette l’infezione. Vettori Pulce del ratto: Xenopsilla Cheopis Ma anche la Pulce dell’uomo: Pulex Irritans Catena di propagazione Ratto infettopulce del ratto (X. Cheopis)uomo Una volta giunta all’uomo vi può essere la sequenza di trasmissione Uomo infettopulce umana (P. Irritans)uomo Uomo infettopulce del ratto (X. Cheopis)uomo Uomo infettouomo (forme polmonari) Il ciclo vitale della pulce si verifica fra primavera e autunno e negli stessi mesi si sviluppa la peste. Forma bubbonica. La più frequente. Linfoadenite. 70-80% delle persone colpite moriva in 4-7 giorni. Nelle città fra il 25 e il 40% delle persone colpite moriva. Forma setticemica. Una variante è la peste nera caratterizzata da emorragie cutanee e viscerali. Forma polmonare. Contatto diretto interumano. Rapidamente mortale. Vestito di un medico che visita gli appestati. Nel naso della maschera venivano messe sostanze profumate per combattere il contagio. Teorie umorali e miasmatiche Si curava con i soliti rimedi (salasso, purganti, lassativi, cauterizzazione dei bubboni, impiastri caldi). Cura efficace solo con gli antibiotici. Un’altra malattia infettiva da vettori intermedi è il tifo esantematico (o tifo petecchiale). Ha variamente colpito fin dal medioevo ma certamente fu molto frequente fra 1500 e 1600 alternandosi tragicamente alla peste. Il vettore è il pidocchio e l’agente infettivo la Rickettsia prowazeki (è più piccola dei comuni batteri, circa 300 millimicron, ma molto più grande dei virus. Il pidocchio succhia il sangue infetto e si ammala a sua volta. Prima di morire può attaccarsi a un altro soggetto e trasmettergli le Rickettsie. Come fa? Mentre succhia il sangue depone sull’epidermide le feci e con le feci le Rickettsie che hanno proliferato nel suo stomaco. L’individuo allora si gratta e così facilita senza saperlo la trasmissione attraverso la soluzione di continuo data dalla morsicatura del pidocchio. Dopo un tempo di incubazione che varia fra 5 e 15 giorni si sviluppa la malattia. Insorgenza improvvisa con brividi prolungati, cefalea, dolori articolari, vomito. Dopo un periodo variabile di qualche giorno compare, soprattutto sul dorso una soffusione emorragica petecchiale dovute all’azione delle tossine sui capillari sanguigni. Nella seconda settimana o si ha la risoluzione della malattia o la morte del paziente (prima dell’avvento degli antiobiotici avveniva nel 20% dei casi). Mentre le epidemie di peste si sviluppano fra primavera e autunno, come abbiamo visto, quelle di tifo esantematico si manifestano di più in inverno perché la gente si lava di meno e se ne sta rintanata in casa coprendosi di indumenti che, se sudici, costituiscono l’habitat naturale del pidocchio. Spesso presente nelle trincee si è pensato che la peste del 430 a.c. descritta dallo storico greco Tucidide fosse proprio Tifo esantematico. IL VAIOLO E LA VACCINAZIONE L’introduzione delle procedure di vaccinazione sono strettamente legate alla storia del vaiolo. L’origine del vaiolo è, probabilmente, molto antica, in Asia e in Africa e forse risale all’esplosione demografica di 10.000 anni fa. La mummia del faraone Ramsete V, che morì in giovane età ne mostra i segni In area islamica Rhazes lo distingue dal morbillo e Avicenna lo descrive chiaramente nel suo “Canone della medicina” Tra il 1500 e il 1800 il vaiolo venne portato dai primi colonizzatori nelle Americhe, in Australia e in Nuova Zelanda. In alcune popolazioni uccise fino al 50% degli individui. L’episodio forse più significativo fu la istruzione dell’impero Azteca da parte degli invasori spagnoli. Hernán Cortés con meno di seicento uomini, mentre stava per ricevere una sonora sconfitta, venne soccorso da un piccolo gruppo di uomini, alcuni dei quali avevano in incubazione il vaiolo. La malattia era nuova per gli Aztechi che la contrassero quasi tutti. Un terzo morì e Cortés ottenne una facile vittoria. In Inghilterra nel Settecento 1/3 della popolazione ne portava i segni ed i 2/3 dei ciechi erano tali a causa del vaiolo. Orthopoxvirus 200 nm (milionesimi di millimetro) Contagio per via aerea (goccioline di Plugge) Contagio per contatto diretto con materiale infetto. arma biologica durante l’occupazione dell’America da parte delle truppe britanniche. Due varianti fondamentali Variola major 25-30 % di mortalità Varianti 1) vaiolo confluente 80% di mortalità 2) vaiolo emorragico 100% di mortalità Variola minor (discreto) 1% di mortalità Sviluppo dell’infezione Naso, cavità orale linfonodi, milza (moltiplicazione silente) 8 giorni viremia (attraverso leucociti giunge alla cute) 12 giorni (fine dell’incubazione) febbre bifasica 1) fase: febbre alta per 2-3 giorni ed eruzione rosso-maculare (cefalea, dolori al dorso) 2) fase: scomparsa della febbre per un giorno e successiva esplosione di febbre altissima con papule vescicole pustole (incuneate)croste (cadono lasciando il volto butterato). Diagnosi Differenziale: Varicella. Nel vaiolo le lesioni sono più devastanti, interessano di più il volto e meno il tronco, il contrario vale per la varicella. Nel vaiolo le lesioni si sviluppano in maniera sincrona, sono cioè tutte allo stesso stadio, nella varicella possono essere in stadi diversi. Pustole vaiolose La variolazione o vaiolazione In Oriente (Thailandia e Cina) si era osservato come un attacco di vaiolo conferisse immunità nei confronti della malattia. Inalazione di croste polverizzate di vaiolo discreto (conservate per alcune settimane e forse questo ne attenuava la virulenza). Frequentemente fatale In Grecia, in Turchia ed in alcuni paesi arabi alcune donne esperte scarificavano superficialmente la cute sana e introducevano per via per-cutanea, per mezzo di un ago, del materiale estratto da una pustola di vaiolo discreto. Se la disseminazione per via polmonare era spesso fatale, non così dalla cute; la progressione più lenta (e la presumibile minor viremia) permetteva lo sviluppo di una efficace difesa immunitaria. Complicazioni raramente fatali. Lady Montagu, diffuse in Occidente questa pratica nel Settecento Variolazione della famiglia reale inglese preceduta da un esperimento su trovatelli e carcerati. Tuttavia la variolazione che era una pratica abbastanza sicura nelle mani delle esperte donne turche, diventò una procedura pericolosa, quasi un incubo in Europa. Perchè? 1) Mentre le donne turche scarificavano in superficie e ponevano a contatto il materiale infetto con un ago, i medici occidentali andavano più in profondità e utilizzavano la lama di un coltello che trasferiva più materiale. 2) Vi era poi l’idea che bisognasse indebolire la malattia (quasi concepita come entità ontologica a se stante), prima della variolazione, attraverso digiuni, purghe, salassi ed emetici. 3) Lady Montague protestò contro queste procedure, ma non era facile per una donna, per giunta senza titoli di qualificazione, farsi ascoltare. Così la variolazione divenne spesso un incubo. EDWARD JENNER (1749-1823) Introdusse la vaccinazione -esperto botanico -esperto ornitologo (studi sul cuculo) -anatomo-patologo (scoprirà che l’ostruzione delle coronarie provoca l’angina pectoris) -osservazioni sul vaiolo vaccino o cowpox -1795 concepisce l’esperimento fondamentale -14 maggio 1796: inoculazione della variante bovina del vaiolo -donatrice: Sarah Nelmes, figlia di un prospero fattore che si era infettata mungendo una mucca; -ricevente: James Phipps, figlio di un suo bracciante. 1 luglio: vaiolazione. Pustole presenti nella mano e nel polso di una mungitrice colpita da vaiolo bovino. Jenner 1798 Per la prima volta era stato dimostrato inoppugnabilmente che: a) somministrando ad una persona normale e sana il vaiolo bovino (infezione innocua per gli esseri umani) le si impediva di contrarre la malattia nella forma umana. Il vaiolo vaccinico per inoculazione rendeva immuni dal vaiolo umano b) che era possibile trasmettere con facilità il vaiolo vaccino da un individuo ad un altro. DIFFUSIONE La procedura si diffuse in Inghilterra. Nel 1800 vennero effettuate 100.000 vaccinazioni. Subito dopo in America ed in Europa Per trasportare il virus vaccinico nei due continenti si utilizzò il metodo braccio a braccio, impiegando bambini portatori di pustole ed altri sani da inoculare durante il viaggio prelevando il pus quando si verificava l’eruzione. In Francia: nel 1805 Napoleone prescrisse che fossero vaccinati tutti i soldati In Italia: --Genova introdotta dal medico Onofrio Scassi. --In Lombardia Luigi Sacco che si era formato a Pavia, sensibile agli insegnamenti di Polizia Medica di Johann Peter Frank secondo cui la salute non è un fatto individuale ma un bene collettivo da salvaguardare. Vaccinò 1.500.000 persone. --Obbligo solo nel 1888 con la legge Crispi-Pagliani Nel 1967 l’OMS decise di eradicare il vaiolo a livello mondiale. Lo scopo si raggiunse nel 1977. Nel 1980 consigliò a tutti i paesi di cessare le vaccinazioni. Tutte le riserve del virus vennero distrutte tranne due: Atlanta in Georgia (USA) e Mosca. Fu una decisione affrettata? Rapporto rischi/benefici. In assenza di pericolo sarebbe stato stupido continuare una pratica che provocava effetti collaterali negativi in 250 casi / milione di vaccinati. Ma si discute se reintrodurla in quest’epoca di bioterrorismo. JAMA 1999. Rapporto di Ken Alibek direttore del programma di armi biologiche del governo sovietico. Selezione di nuovi ceppi virulenti e contagiosi. Pericolo che cadano in mano a terroristi Louis Pasteur (1822-1895) Intuisce il principio generale delle vaccinazioni Scoperta dell’attenuazione della virulenza di un agente infettivo. Studi sul colera dei polli. L’invecchiamento produceva l’attenuazione del battere. Pasteur osservò che il battere attenuato poteva essere utilizzato per immunizzare attivamente i polli contro la malattia. Capì che era lo stesso fenomeno osservato da Jenner nell’uomo. L’uomo o i polli sono segnati dal contatto con il vaiolo vaccinico o con batteri patologici dalla virulenza attenuata. In analogia con quanto osservato da Jenner l’immunizzazione contro il colera dei polli venne indicata come “vaccinazione” Tuttavia la scoperta di Pasteur non costituiva una semplice replica per i polli di quanto Jenner aveva fatto per il vaiolo umano. Il fenomeno dell’immunità entrava direttamente nella microbiologia pratica. Per la prima volta una coltura in vitro di un battere ne permetteva sperimentalmente l’attenuazione e il suo impiego per bloccare lo sviluppo di una malattia infettiva. Finalmente con Pasteur non si dipendeva più dal caso per ottenere agenti vaccinanti naturali (come era il vaiolo vaccinico), ma si poteva pensare di produrre vaccini a volontà in laboratorio. Studi sul carbonchio. Il carbonchio era una malattia dalla notevole importanza economica e medica. Colpisce molte specie di animali (pecore, capre, mucche) e l’uomo. E’ dovuta al Bacillus anthracis (antrax in greco carbone) scoperto da Davaine e da Koch. Forma spore. Vi sono diversi tipi di carbonchio, in particolare: Forma cutanea: pustola carbonchiosa o pustola maligna. Segue al contagio per via cutanea. Nel punto di inoculazione si forma una macchia rossa pruriginosa che poi si vescicola ed esita in una escara (crosta) nera come il carbone, da cui il termine carbonchio. Attorno si possono formare altre vescicole mentre si sviluppa un edema duro. A questo punto vi può essere una duplice evoluzione: guarigione oppure evoluzione in forma setticemica. Forma polmonare. E’ soprattutto una malattia professionale di lavoratori del cuoio, pellicciai, tappezzieri, cenciaioli etc. Deriva dall’inalazione delle spore del battere; è rapidamente mortale. Forma gastro enterica deriva dalla ingestione di carni infette. Raramente mortale. Pasteur scoprì che il Bacillus anthracis deve essere coltivato fra i 42 ed i 43 gradi per impedirne la sporulazione e può essere attenuato con sostanze chimiche (come ad esempio l’acido fenico). Esperimento di Poully le Fort con pecore, capre e mucche, finanziato dagli agricoltori francesi. Fu un primo caso di spettacolarizzazione della scienza in quanto l’esperimento fondamentale venne effettuato di fronte a giornalisti provenienti da tutto il mondo, in particolare il Times di Londra. Studi sulla rabbia. In Italia nel 1887 vi furono un centinaio di casi. Nel 1973 l’Italia è stata dichiarata esente dalla malattia ma recentemente ne sono stati degnalati 2 casi provenienti dall’India dove è frequente. Negli Stati Uniti 4-5 casi/anno. Nell’aprile del 2004 ha fatto scalpore la notizia di una epidemia di rabbia in un’isola brasiliana alla foce del Rio delle Amazzoni. Il disboscamento ha provocato una riduzione degli animali di cui si nutrono i pipistrelli-vampiro che quindi attaccano l’uomo. Le popolazioni non sanno che bisogna immediatamente vaccinarsi dopo essere stati morsicati da questi pipistrelli-vampiro. Si stima che vi siano ancora circa 15.000 casi all’anno (800 quelli ufficialmente notificati all’OMS), particolarmente in India, Africa, Sud Est Asiatico, Filippine. In Europa è frequente la rabbia silvestre (volpi). -la rabbia è provocata da un virus neurotropo a RNA. -inoculato attraverso il morso dei cani, dei vampiri o della volpe rossa, attuale principale serbatoio e fonte di infezione. -dai nervisist. nerv. centrale -quando si instaurano i sintomi neurologici centrali è sempre fatalmente mortale. -bava alla bocca e idrofobia (disfagia e spasmi provocati dai tentativi di bere o anche solo dalla visione dell’acqua). -gli animali aggrediscono senza essere provocati. Il marker anatomo-patologico della malattia è costituito dai corpi di Negri. Scoperti da Adelchi Negri (1876-1912) nell’Istituto di Patologia Generale di Pavia -Nel 1824 un certo Rossi a Torino scoprì l’infettività del sistema nervoso dei cani morti a causa della malattia. Questa scoperta dirottava l’origine dell’infezione dalla saliva al tessuto nervoso. -Pasteur iniziò ad infettare conigli per via intracerebrale, utilizzando frammenti di sostanza nervosa di conigli venuti a morte. Scoprì che il tempo di incubazione (alcune settimane) si attenuava sempre più e andava a stabilizzarsi attorno ai sei giorni dopo 70-100 passaggi (virus “fisso” perché non era più possibile abbreviarne il periodo di incubazione). Il virus fisso non era più virulento per via sottocutanea e poteva essere considerato un virus attenuato. Poi Pasteur provò a seccare il virus esponendolo alla soda caustica che è igroscopica è ottenne ulteriori attenuazioni della virulenza. A questo punto Pasteur effettuò iniezioni con materiale avirulento seguite da iniezioni di virulenza progressivamente maggiore fino al virus pienamente infettivo (virus da strada): gli animali non contrassero l’infezione. Pasteur fece anche l’osservazione importantissima che era possibile immunizzare un animale che avesse già contratto l’infezione ma nel quale la rabbia non era ancora esplosa -> vaccinazione terapeutica in opposizione alla vaccinazione preventiva. Joseph Meister e la prima vaccinazione terapeutica nell’uomo (6 luglio 1885). Fondazione dell’Istituto Pasteur. Pericoli della vaccinazione antirabbica. Alcuni vaccini preparati successivamente: -poliomielite -peste bubbonica -varicella -colera -rosolia -epatite A e B -influenza -morbillo -parotite -pertosse -febbre gialla La sieroterapia Emil Behring (primo premio Nobel per la Medicina nel 1901) e Shibasaburo Kitasato iniettarono dosi subletali di brodocolture filtrate di bacilli del tetano e della difterite nelle cavie (contenenti le tossine tetaniche e difteriche). Il siero sviluppava delle antitossine che iniettate a cavie conferivano una immunità temporanea. Esisteva quindi una immunità umorale accanto a quella cellulare LA MICROBIOLOGIA (termine introdotto da Pasteur nel 1881) A fianco: probabilmente la più antica testimonianza di un’infezione virale. Stele funeraria egizia che risale alla diciottesima dinastia (1580-1350) Nell’antichità il poeta latino Lucrezio (98 ca - 55 a.C.) aveva supposto che “corpuscoli” di materia biologica potessero trasmettere le malattie contagiose. Nel Cinquecento Gerolamo Fracastoro (1478-1553) aveva supposto a proposito della sifilide che fosse prodotta da “seminaria” cioè “piccole particelle vive e invisibili” in grado di diffondere la malattia. La teoria alternativa più di moda era la “teoria miasmatica”. Il miasma o “contaminazione” è inteso come esalazione nociva alla salute che emana dalle carni putrefatte, dalle paludi, dalla materia organica in disfacimento. Il miasma poteva spiegare la disseminazione di una malattia in un gruppo di individui esposti. Precursore della teoria del contagio Agostino Bassi (1773-1856) Da “Documenti Bassiani” a cura di Luigi Belloni Stadio adulto di un insetto Lazzaro Spallanzani (1729-1799) Aveva cercato di confutare la dottrina della generazione spontanea. Ogni essere vivente si origina da un altro essere vivente. Bassi: dimostra che il mal del segno o calcinaccio o moscardino, malattia che colpisce i bachi da seta, è provocata da un fungo. Bassi generalizza l’idea della trasmissione di un agente vivo infettivo quando scrive: “tutti i contagi di qualunque specie siano, nessuno eccettuato sono prodotti da esseri parassiti, ossia da esseri organici viventi i quali entrano in altri esseri pure organici viventi, in cui trovano pascolo, ossia alimento loro confacente, in questi si schiudono crescono e si riproducono” Sviluppi successivi Robert Koch (1843-1810). Medico condotto di un paesino prussiano. Robert Koch: Scopre il Bacillus anthracis (1876) sotto forma di piccoli corpuscoli filiformi nel sangue di vitelli morti per carbonchio (in realtà già osservati precedentemente da Casimir Davaine e contemporaneamente) e ne chiarisce il ciclo vitale osservando anche il fenomeno di formazione delle spore. Sviluppa la tecnica della goccia sospesa di umor acqueo o di siero su frammento di milza proveniente da animali ammalati. Dopo 8 passaggi su goccia sospesa la cultura era ancora infettiva. Tuttavia in un mezzo liquido i batteri non erano differenziabili in quanto si mischiavano rapidamente; invece in un substrato solido sarebbe stato possibile isolare le singole colonie e quindi effettuare esperimenti di inoculazione partendo da ceppi puri di determinati microrganismi. Koch sviluppò allora i terreni solidi di coltura dei batteri -Fettine di patata cotta -Brodo solidificato in gelatina -Su suggerimento della moglie di un suo assistente utilizzò l’agar-agar, estratto in oriente da un’alga, come mezzo indurente. Koch introdusse poi la microfotografia e scoprì il bacillo della tubercolosi (1882) ed il vibrione del colera (1883) in Egitto. TBC: all’epoca mieteva migliaia di vittime. Nel 1882 Koch annunciò la scoperta del bacillo della tubercolosi (Mycbacterium tuberculosis) alla Società tedesca di Fisiologia. Fu un trionfo e nel 1905 vinse il premio Nobel per la Medicina. Ci sarebbero voluti 60 anni prima che S. Waksman un microbiologo ebreo-russo isolasse la Streptomicina (dallo Streptomyces griseus), l’antibiotico attivo sulla TBC. Inoltre Koch stabilì che: il microrganismo è causa necessaria ma non sufficiente a produrre la malattia. Da cui il Concetto di portatore sano. Postulati di Koch (regole procedurali che permettono di ascrivere un microrganismo alla malattia). -il microrganismo lo si deve sempre identificare in quella malattia -il microrganismo deve poter essere isolato e coltivato su terreno acellulare (coltura pura) a partire dal tessuto malato -quando inoculato in un animale di laboratorio sano deve poter riprodurre in tutto o in parte la stessa malattia (-qualcuno ha poi aggiunto un ulteriore passaggio: nell’animale infettato di nuovo deve poter essere nuovamente isolato) I “postulati di Koch” divennero un criterio operativo di garanzia per la certezza della diagnosi causale nel campo delle malattie infettive. Si trattava quindi non di postulati in senso logico-matematico, bensì di regole procedurali pratiche, da adottare al fine di ascrivere con certezza una causa microbica a una condizione morbosa. Se comunque una malattia sfugge ai postulati di Koch, può ancora essere considerata una malattia infettiva? Certamente si, basta pensare ai virus che non crescono su colture acellulari o a microrganismi che tuttora non sono coltivabili su coltura pura come il Treponema pallidum,il Mycobacterium Leprae e il Plasmodium falciparum. I postulati di Koch sono come delle reti gettate in mare; per definizione soltanto animali dalle dimensioni superiori alle sue maglie verranno catturati. Non per questo potremmo concludere che non esistano animali più piccoli abilmente sfuggiti alla pesca. Il secondo grande protagonista della teoria microbiologica delle malattie infettive fu Louis Pasteur. Studi sul carbonchio, sul colera dei polli, sulla rabbia. Altre tappe significative nella storia della batteriologia: Schaudinn --> sifilide (Treponema pallidum) Neisser --> gonorrea (gonococco) Hansen --> lebbra (Mycobacterium leprae) Yersin --> peste (Yersinia pestis) Bruce --> brucellosi o febbre maltese (Brucella) La teoria microbiologica delle malattie ben presto venne estesa ai: -- protozoi, quando venne identificato il Plasmodium malariae, dal francese Alphonse Laveran, seguito dagli italiani Marchiafa, Celli e Golgi; -- virus, quando si scoprì che alcuni agenti rimanevano infettivi anche dopo filtrazione (vaiolo, morbillo, varicella, etc.).