Anno 10 numero 78.
Aprile 2010.
€ 4,00
valori
Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità
ANTONIO SCATTOLON / CONTRASTO
Supplemento > Lavori verdi
Fotoreportage > Tax Haven Club
Dossier > Il problema non è alle Cayman ma in Europa, dove è prassi per il sistema
Evasori in paradiso
Finanza > Una brutta sorpresa allo sportello: due fondi comuni su tre sono armati
Economia solidale > Salpa Difesa Spa. Affari in arrivo e rischio di costi più alti
Internazionale > Obama e non solo. La sanità globale passata ai raggi X
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.
| editoriale |
Fisco da ripensare
Evasione all’italiana
di Alessandro Santoro
L’
L’AUTORE
Alessandro Santoro
è nato a Treviso nel 1970.
Ha studiato a Milano,
a Berkeley e a York.
È attualmente ricercatore
di Scienza delle finanze
e docente di Politica
economica all’Università
degli studi di MilanoBicocca. Insegna anche
all’Università Bocconi
e alla Scuola superiore
del Ministero dell’Economia
e delle finanze. È stato
per cinque anni esperto
tributario del Secit
(ministero delle Finanze)
e per due anni consigliere
del viceministro
dell’Economia Vincenzo
Visco. Il suo ultimo libro
è Evasione fiscale-Chi,
come e perché non paga
le tasse, Il Mulino,
Farsi un’idea, 2009.
EVASIONE FISCALE È UNO DEGLI ARGOMENTI PIÙ DIBATTUTI, ma sarebbe meglio dire più chiacchierati,
del nostro Paese. Rientra nella retorica politica, fa capolino nelle discussioni da bar, riempie
le pagine dei giornali, specie quando è la scusa per parlare di qualche sportivo famoso finito
nella rete. Ognuno ha la sua ricetta, quasi sempre miracolistica, da proporre: dalla galera
al “conflitto di interesse”, dai controlli sotto l’ombrellone ai telefoni gialli.
Al di sotto (ma forse anche al di sopra) di tutto questo rumore sta l’evidenza dei fatti,
che, per quanto oscuri per definizione, dicono almeno tre cose. Primo, l’evasione fiscale,
che pure in Italia è un fenomeno pubblicamente discusso da almeno un secolo,
non è sempre uguale a se stessa. Cambiano nel tempo sia le dimensioni - ad esempio
nella seconda metà degli anni Novanta fino ai primi anni Duemila è risultata in calo sia le tipologie di evasione. Secondo, essa non è un fenomeno solamente italiano, posto
che esiste in tutti i Paesi, ma assume livelli patologicamente alti in quelli mediterranei
(Grecia, Italia, Spagna e Portogallo). Terzo, la propensione a evadere ha probabilmente
un andamento a “U” rispetto alle dimensioni dell’organizzazione produttiva, risultando
elevata nelle attività economica di piccola e di grande dimensione ed inferiore in quelle
di dimensione intermedia.
Quando il banchiere svizzero, intervistato a pagina 20, sostiene che “non si può
addossare alla Svizzera la colpa dell'evasione fiscale tedesca, italiana o americana” ha quindi
ragione. Tuttavia, egli ha anche probabilmente torto quando afferma che “la colpa
è di sistemi fiscali oppressivi e ingiusti” e delle aliquote troppo elevate. Se le cose fossero
così semplici, non si spiegherebbe perché l’Italia abbia avuto elevati livelli di evasione anche
quando le aliquote erano basse. O perché i Paesi scandinavi, che hanno le aliquote effettive
più elevate in assoluto, non primeggino anche nelle classifiche delle quote di ricchezza evasa.
Al di là di aliquote, sanzioni, norme incentivanti e fattori culturali, l’evasione
è strettamente legata alla struttura di un sistema produttivo. Se, come accade nel nostro
Paese, il sistema produttivo è caratterizzato da una miriade di attività economiche di piccole
dimensioni, poco strutturate, a prevalente gestione personale o familiare e con un rapporto
diretto con il consumatore finale, l’evasione diventa una razionale attività a basso costo,
anche se la probabilità di essere controllati e le sanzioni - almeno fino alle recenti riduzioni
governative - non sono inferiori a quelle degli altri Paesi.
Per ricondurre i livelli patologici italiani (tra il 15% e il 20% del Pil di economia
sommersa, che è simile, ma non identica, alla ricchezza evasa) a quelli fisiologici di altri
Paesi (tra il 5 e il 10% del Pil) bisogna, quindi, ripensare le politiche industriali - ad esempio
quelle di aumento della dimensione media delle imprese e di riduzione della frammentazione
dell’offerta - e fiscali, da sempre concepite avendo in mente il modello della grande impresa.
Altrimenti si continuerà a creare uno straordinario flusso di ricchezza che, quali che siano
le minacce periodicamente formulate dai controllori di turno, alimenterà i paradisi fiscali
descritti in queste pagine.
.
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ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 3 |
| sommario |
Regione Toscana
Diritti Valori Innovazione Sostenibilità
ONLUS
valori
mostra-convegno internazionale
terrafutura
buone pratiche di vita, di governo e d’impresa
verso un futuro equo e sostenibile
anno 10 numero 78
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n. 304 del 15.04.2005
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firenze - fortezza da basso
28-30 maggio 2010
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il polsino, ma miliardi di euro
- due, per la precisione - ben nascosti
in accoglienti conti in Svizzera,
per l’avvocato più celebre d’Italia.
Nel 2001 aveva anche creato
una fondazione in Lussemburgo:
la Alkyone. Un “contenitore di altri
tre contenitori” - Calamus, Fima
e Springest - costituite anni prima
nell’isola di Tortola.
ANTONIO SCATTOLON / CONTRASTO
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abitare
GIOVANNI AGNELLI
aprile 2010
mensile
Roma, 2002
globalvision
7
fotoreportage. Tax Haven Club
8
dossier. Evasori in paradiso
Nuovo cinema paradiso. Tutto cambierà per rimanere come prima
Dopo la bufera la Svizzera tornerà. Più forte di prima
Liechtenstein: perché la finanza ha bisogno di un principato nelle Alpi
Scudo fiscale: quando l’amnistia diventa una farsa
Questione di regole. A un anno dalle liste nere cos’è cambiato?
Un isolotto sperduto o il cuore dell’Europa. Quali i veri paradisi fiscali?
finanzaetica
16
18
20
20
22
24
24
Sorpresa allo sportello: due fondi su tre sono armati
Italia: un modello di corruzione di successo
Nuovo Cda per Banca etica/1. Salviato: «Abbiamo contaminato di etica il mercato»
Nuovo Cda per Banca etica/2. Biggeri: «Efficienza e fare rete sono le priorità»
28
30
32
34
35
lavanderia
38
economiasolidale
40
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45
46
47
48
50
Salpa Difesa SpA. Affari in arrivo
Da L’Aquila alla Thyssen. No al processo breve
Come si uccide un’economia
Università: orgoglio dimenticato
Terrafutura 2010: il destino del Pianeta parte dalle città
Il cinema è nomade. Nomadica è il suo festival
internazionale
La sanità globale passata ai raggi X
Africa: dove osano gli avvoltoi
È scoccata l’ora (solidale) di Cochabamba
Difendiamo l’ambiente attraverso la quotidianità
54
56
59
61
63
altrevoci
66
indiceverde
73
finanzaislamica
74
LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI
COMUNICAZIONE E AMMINISTRAZIONE
PUBBLICITÀ, DISTRIBUZIONE,
PROMOZIONE E SVILUPPO
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finanza etica e sostenibilità
> Tax Haven
Fotoreportage
Mensile di economia sociale,
finanza etica e sostenibilità
Club
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Supplemento
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MENSILE DE
L L A CA R I TA
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- ORGANISMO
Fuori dalla crisi
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Supplemento
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ANTONIO SCATTOLON
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ANTONIO SCATTOLON
Mensile di economia sociale,
Anno 10 numero 78.
Aprile 2010.
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Anno 10 numero 78.
Aprile 2010.
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PA S T O R A L E D
ELLA CEI - A
NNO XLIII - N
U M E RO 3 - W
W W. CA R I TA
S I TA L I A N A . I T
/ CONTRASTO
ANTONIO SCATTOLON
Anno 10 numero 78.
Aprile 2010.
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finanza etica e sostenibilità
> Lavori verdi
Supplemento
> Tax Haven
Fotoreportage
Meno tagli
e più welfare
Club
per il sistema
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to postale - D.L. 353/2003
- Spedizione in abbonamen
Italia Caritas
a, dove è prassi
n ma in Europ
non è alle Cayma
per il sistema
ma
Dossier > Il proble
Poste Italiane S.p.A.
to postale - D.L. 353/2003
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per il sistema
armati
i su tre sono più
alti
due fondi comun
e rischio di costi
allo sportello:
Affari in arrivo
ta ai raggi X
brutta sorpresa
Finanza > Unasolidale > Salpa Difesa Spa.La sanità globale passa
solo.
Economia
> Obama e non
Internazionale
I.P. e I.R.
1, DCB Trento - Contiene
armati
i su tre sono più
alti
due fondi comun
e rischio di costi
allo sportello:
Affari in arrivo
ta ai raggi X
brutta sorpresa
Finanza > Unasolidale > Salpa Difesa Spa.La sanità globale passa
solo.
Economia
> Obama e non
Internazionale
I.P. e I.R.
1, DCB Trento - Contiene
4 n° 46) art. 1, comma
(conv. in L. 27/02/200
a, dove è prassi
n ma in Europ
non è alle Cayma
radiso
Evasori in pa
radiso
Evasori in pa
ma
Dossier > Il proble
armati
i su tre sono più
alti
due fondi comun
e rischio di costi
allo sportello:
Affari in arrivo
ta ai raggi X
brutta sorpresa
Finanza > Unasolidale > Salpa Difesa Spa.La sanità globale passa
solo.
Economia
> Obama e non
Internazionale
I.P. e I.R.
1, DCB Trento - Contiene
POSTE ITALIANE
S.P.A. SPEDIZIONE
IN ABBONAMEN
TO
a, dove è prassi
n ma in Europ
non è alle Cayma
radiso
Evasori in pa
ma
Dossier > Il proble
POSTALE - D.L.
353/2003 (CONV.
IN L.27/02/200
4
N.46) ART.1 COMMA
2 DCB - ROMA
aprile 2010
4 n° 46) art. 1, comma
(conv. in L. 27/02/200
Poste Italiane S.p.A.
to postale - D.L. 353/2003
- Spedizione in abbonamen
di Alberto Berrini
4 n° 46) art. 1, comma
(conv. in L. 27/02/200
SEGREGATI DA UN
MURO NEL
DESERTO, DIME
NTICATI DAL MOND
SAHARAWI,POPO
O
LO SENZATERRA
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N QUESTI GIORNI AL CENTRO DELLE CRONACHE ECONOMICHE c’è la crisi dell’euro, sottoposto agli attacchi
della speculazione finanziaria. Questa gioca sull’effetto che la crisi ha avuto sui conti pubblici. La grave
recessione mondiale del 2009 ha, infatti, prodotto una crescita notevole del rapporto debito/Pil, fino
al rischio default per alcuni Paesi economicamente deboli o finanziariamente più esposti.
Interpretato così, il problema è fiscale. Si tratta di eliminare la spesa in eccesso per “far quadrare”
i conti dei bilanci statali al fine di sostenere la “moneta unica”. Ma in questo modo non si distingue
tra causa ed effetto. L’origine del problema sta, infatti, nell’economia, come dimostra la Spagna, il cui
rapporto debito/Pil nel 2007 era al 36% mentre ora supera il 60%. È il crollo economico che determina
la crisi fiscale e la cura dell’euro passa attraverso il ritorno alla crescita e non dai tagli, che ostacolerebbero
ulteriormente la già debole ripresa. Al contrario “la spesa pubblica - specialmente in investimenti
nell’istruzione, nelle tecnologie e nelle infrastrutture - di fatto può portare a diminuire il disavanzo
sul lungo periodo”. (Stigliltz J., “Le scelte e i rischi nella riduzione del deficit”, la Repubblica, 7 marzo 2010).
Del resto per l’economia occidentale e, a maggior ragione per l’Europa, non c’è alternativa a una
politica fiscale espansiva, se si vuole tornare sul sentiero della crescita. È lo stesso Fondo monetario
internazionale che, nel suo recente rapporto “Rethinking Macroeconomic Policy”, sottolinea: “Considerando
che la politica monetaria ha in gran parte raggiunto i propri limiti,
Una diminuzione della
i governi non hanno quasi altra scelta che affidarsi alle politiche di spesa”.
spesa potrebbe ostacolare
Del resto i Paesi che stanno attualmente subendo gli incrementi
ancor di più la ripresa.
più rilevanti dei deficit - e, quindi, del debito - sono gli stessi in cui
Al contrario, gli Stati
boom del credito e delle bolle speculative di ogni genere ha raggiunto
devono garantire sostegno iilpiù
alti livelli.
economico e sociale
Così commenta l’economista e giornalista del Financial Times Martin
Wolf: “I forti incrementi dei disavanzi di bilancio sono l’immagine speculare del taglio della spesa da parte
del malconcio settore privato. (…) Se questi Governi avessero deciso di riportare in pareggio i loro bilanci,
come pretendono molti a destra, (…) ora ci troveremmo alle prese con una riedizione della Grande
Depressione” (“È meglio rinviare la stretta che uccidere la timida ripresa”, Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2010).
Tornando all’Europa è evidente la mancanza di una politica economica comune. Al contrario
nell’eurozona prevale una “strategia non cooperativa” degli Stati membri che puntano per lo più
ad aumentare ciascuno le proprie esportazioni. Il risultato è una crescita prevista per il 2010 solo
dello 0,9% contro il 4,4% degli Stati Uniti.
Non è un caso che sia la Francia il Paese europeo che sta affrontando la crisi con i migliori risultati.
La sua politica economica è per lo più rivolta all’interno del Paese. Parigi ha stanziato decine di miliardi
per i settori forti della sua economia e rafforzato le politiche di welfare soprattutto in ambito familiare.
In sostanza politica industriale e sostegno del welfare. Questo secondo punto ha una valenza
economica oltre che sociale. Solo in questo modo il mondo del lavoro può collaborare attivamente
alla ripresa. Senza una rete di sicurezza sociale non si può guardare al futuro con una ragionevole
tranquillità. Detto in maniera semplice, senza aspettative positive non si investe né si consuma.
E in Italia ne sappiamo qualcosa.
I
ZZO LA
LE ROSARNO D’ITAVITA E LA SUA COPIA, A UN ANNO
LIA DUE ORE D’ACQ
DAL TERREMOT
ALBANIA FAMIG
O
UA CALDA PER
LIE “PRESE DAL
I MILLE DI PALAZ
SANGUE”, IMPR
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 7 |
> Tax Haven Club
ALBUM / CONTRASTO
| fotoreportage |
foto di Bigo, Sara Krulwich, Davide Lanzilao, Max Rossi, Darren Staples / Contrasto / Gamma / Eyedea Presse / Redux / Reuters
Capitani d’industria e stilisti di fama mondiale, attori immortali e sportivi osannati da milioni di tifosi.
Tutti iscritti alla “prestigiosa” Champions League degli evasori fiscali. Perché, dietro al volto pubblico,
c’è un lato privato, ben più oscuro. Un giro del mondo in 80 paradisi. Fiscali.
M
VALENTINO GARAVANI
Talmente immortale
tra gli stilisti da meritare
un documentario:
“Valentino, l’ultimo impero”.
“Off-shore”, verrebbe
da aggiungere, vista la multa
da 33 milioni di euro
per evasione fiscale.
DAVIDE LANZILAO / CONTRASTO
Roma, 2009
| 8 | valori |
ANNO 10 N.78
a quanta bella gente c’è nel dorato mondo dei paradisi fiscali. Più affollati di un party al Billionaire, più esclusivi
di un circolo velico eppure più trash di una puntata dell’Isola dei Famosi. Caraibi, Liecthenstein, Svizzera, Ungheria,
Londra, Montecarlo, San Marino, Hong Kong. Ce ne sono in tutte le latitudini, pronti ad accogliere le carriole
di soldi che i Paperoni nostrani amano celare allo sguardo – peraltro non acutissimo – del fisco italico. Con buona pace
dei poveri Cipputi con contratto da dipendente, per i quali le tasse sono ineluttabili. L’elenco è sterminato.
Immobiliaristi, capitani d’industria, attori, sportivi, professionisti. Che fanno a gara a chi evade di più. In cima alla lista,
il tesoro di Callisto Tanzi, 27 miliardi “migrati” alle Cayman. Tanto per capirci, il triplo della Finanziaria 2010. O dieci
volte di più di quanto Gianni Agnelli avrebbe avuto nei conti in Svizzera: circa due miliardi (l’Avvocato nel 2001 si era
premurato di creare anche una fondazione – la Alkyone – a Vaduz per controllare tre società. I finanzieri fiutarono odore
di evasione). Due miliardi, in società di comodo tedesche, anche per Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica. Che
fece pace con l’erario staccando un assegno di 300 milioni.
A proposito di transazioni: meno alti per importi ma più noti, i casi di Luciano Pavarotti, reo di aver dichiarato
2 milioni e 660 mila lire nel ’90 (reddito accertato: 8 miliardi) e di “Vale” Rossi, sportivo strapagato, ma con un “730”
da miseria (dichiarò nel 2002, 500 euro di fabbricati). Galeotte nei loro casi le residenze fittizie a Monaco e Londra.
Patteggiarono. Rispettivamente, 25 miliardi di lire e 35 milioni di euro. Tra gli atleti, il centauro di Tavullia non è però
solo. A quanto pare, l’allergia alle tasse è profonda almeno quanto quella per le sconfitte: Diego Armando Maradona
è in debito di 30 milioni, Loris Capirossi di 9, Alberto Tomba di 11.
Nel gruppone, anche i ciclisti Paolo Bettini e Mario Cipollini.
Londra traditrice pure per Valentino Garavani: 33 milioni di multa,
surclassato però, tra gli stilisti, dalla coppia Domenico Dolce & Stefano
Gabbana, duo ideatore di vestiti per gente fichetta (e non sempre
dal gusto impeccabile). Il loro caso, nonostante una sanzione astronomica
(800 milioni) è stato stranamente taciuto dai giornali. Il marchio D&G
è infatti uno dei big spender in pubblicità. A buon intenditor poche parole.
Tra gli immobiliaristi, come dimenticare i “furbetti del Quartierino”?
Leader incontrastato “Er Cash”, alias Danilo Coppola dalla borgata
Finocchio, che, triangolando tra le sue società di Roma, Milano
e Lussemburgo, era arrivato ad accumulare 3,5 miliardi di euro
e a detenere il 4,6% di Mediobanca.
In questa lista non poteva mancare un imprenditore che – secondo
i revisori della Kpmg – controllava 64 società off-shore. Fondi neri per 2
miliardi. «Le ho create per pagare meno tasse», ammise il 3 maggio 2001.
Un mese dopo Silvio Berlusconi giurò come presidente del Consiglio.
Un posto in “paradiso” se l’è ritagliato pure Rocco Siffredi. Nelle
pause fra film e spot, il celebre pornoattore ha occultato, secondo
le Fiamme Gialle, 300 mila euro in una società ungherese. Una miseria,
Emanuele Isonio
viste le cifre degli altri.
|
APRILE 2010
|
SOPHIA LOREN
Caso raro tra gli evasori, Sofia
Loren, simbolo per eccellenza
della bellezza italica, premio
Oscar nel 1962 per La Ciociara,
finì in cella. Era il 1982.
La Loren volle tornare in patria
per scontare una pena di 40
giorni (poi condonati a 18).
Sbarcata a Pozzuoli dagli Usa
fu arrestata e trasferita
al carcere di Caserta. Poco
dopo, per non rischiare,
chiese - e ottenne la cittadinanza svizzera.
> Tax Haven Club
DAVIDE LANZILAO / CONTRASTO
| fotoreportage |
DIEGO ARMANDO MARADONA
LUCIANO PAVAROTTI
Tasse e avversari pari sono, per El Pibe de Oro:
li dribbla tutti come fossero birilli. Estro e classe
purissima in campo, ma non proprio un esempio
di rispetto delle regole. Anche fiscali. Il suo
contenzioso con l’Agenzia delle Entrate risale
ai tempi del Napoli, per il mancato pagamento
dell’Irpef sugli ingaggi. Un debito salito,
negli anni, fino a 34 milioni. Finora lo Stato
ha recuperato le briciole: 42 mila euro, un paio
di orologi e un orecchino. Comprato, per 25 mila
euro, dal bomber del Palermo, Fabrizio Miccoli.
La peggiore “stecca” di Big Luciano risale
al 1983, quando prese la residenza
a Montecarlo, in una casa di 150 metri quadri
in cui non ha mai abitato. In questo modo,
tra il 1989 e il 1995, evitò di denunciare quasi
40 miliardi di lire. In un primo momento,
provò ad opporre uno stuolo di avvocati
alle accuse del Fisco. Poi, nel 2001, decise
di chiudere la contesa, con un assegno a nove
zeri (25 miliardi) consegnato direttamente
al ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco.
Cannes, 2008
New York, 2007
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APRILE 2010
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SARA KRULWICH / REDUX
> Tax Haven Club
DARREN STAPLES / REUTERS
| fotoreportage |
VALENTINO ROSSI
Nel 2007 il Fisco gli contestò un’evasione
di 25 milioni e gli comminò una multa di 112,
giudicando fittizia la sua residenza a Londra.
«Da sette anni ho fissato la mia residenza
a Londra. E ho detto Londra. Non Paperopoli
o un paradiso fiscale su un’isoletta. L’ho scelta
perché mi piace», dichiarò The Doctor in una
impacciata quanto controproducente video
dichiarazione. In realtà Rossi (qui ritratto
nel circuito di Donington Park), in quel modo,
dichiarava in Italia solo i redditi da fabbricati
e in Inghilterra solo i (minimi) redditi prodotti
nell’isola. I contratti con la Yamaha
e gli sponsor sparivano nel nulla. Una furbata
che non gli portò bene: perse la faccia
e pure il mondiale. L’anno dopo scese
a patti con l’erario, pagando 35 milioni.
Inghilterra, 2009
> Tax Haven Club
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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MAX ROSSI / REUTERS
| fotoreportage |
LEONARDO DEL VECCHIO
DOLCE & GABBANA
300 milioni di euro. A tanto ammonta la cifra
sborsata da Leonardo Del Vecchio, fondatore
di Luxottica per far pace con il Fisco. Una cifra
senza precedenti nelle transazioni tra un privato
e l’Agenzia delle Entrate. A Del Vecchio
fu contestata la creazione di una società
di comodo in Germania, alla quale trasferì
il controllo del proprio patrimonio, per beneficiare
del regime fiscale più benevolo. Una “scatola
vuota” in cui confluirono, solo nel 1999, 1,55
miliardi. Evadendo così 500 milioni di imposte.
Idoli indiscussi per le fashion victims planetarie,
bestie nere per i finanzieri italiani. I due stilisti
sono stati multati per 800 milioni dall’erario.
Nel 2004, le royalties del marchio D&G
furono trasferite in una serie di scatole cinesi.
Alla testa del gruppo, la Dolce&Gabbana
Luxembourg, controllante unica della Ga.Do. Srl.
800 milioni di evasione, per 60 milioni di italiani:
è come se ognuno di noi avesse pagato,
al posto loro, 13 euro di tasse. Ci avessero
almeno spedito un paio di boxer o una t-shirt...
Francia, 1995
Milano, 2010
H.BIGO / GAMMA / EYEDEA PRESSE
> Tax Haven Club
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ANNO 10 N.78
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dossier
PAOLO TRE / A3 / CONTRASTO
a cura di Andrea Baranes, Matteo Cavallito, Mauro Meggiolaro
Tutto cambierà, per rimanere come prima >18
Dopo la bufera la Svizzera tornerà più forte >20
Perchè la finanza ha bisogno del Liechtenstein >20
Scudo fiscale: quando l’amnistia diventa farsa >22
Un isolotto sperduto o il cuore dell’Europa? >24
Financial Secrecy Index: la mappa dei paradisi >26
SILVIO BERLUSCONI
Negli opuscoli spediti in campagna elettorale,
scriveva, tra i risultati del suo governo: «Finita
la pacchia per chi esporta capitali nei paradisi
fiscali». Strano: nel 2001, la prestigiosa
società di revisione Kpmg aveva ricostruito
la galassia societaria Fininvest per conto
del Tribunale di Milano. Scovò 64 società
offshore controllate dal Cavaliere. Due miliardi
di fondi neri. «Le ho create per pagare meno
tasse», ammise lui. Sarà stato nel frattempo
folgorato sulla via di Damasco?
Roma, 2006
Paradisi fiscali
Guardiamo
a casa nostra
Si accusano i paradisi fiscali e si pensa a isolotti sperduti. Invece i principali sono in Europa.
E sono solo la risposta agli interessi dei grandi poteri economici. Servono nuove regole
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APRILE 2010
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APRILE 2010
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| dossier | evasioni e paradisi |
| dossier | evasioni e paradisi |
Nuovo cinema
Paradiso
Tutto cambierà
per rimanere
come prima
di Mauro Meggiolaro
T
empesta sui paradisi fiscali. L’offensiva contro i rifugi bancari e societari offshore inizia nella primavera del 2008 con l’attacco del governo
tedesco alla LGT Bank di Vaduz, nel Liechtenstein. Con l’aiuto dei servizi segreti, i tedeschi comprano da un oscuro impiegato di banca un file che contiene 1.400 dossier su persone fisiche che hanno un conto nel Principato, residenti in Germania e in altri Paesi. Il furto del signor Heinrich Kieber, così si
chiama il bancario, viene pagato 4,3 milioni di euro, versati su un conto offshore con tanto di ritenuta del 30% alla fonte. Del resto le cose o si fanno sul
serio o non si fanno. Per questo i funzionari tedeschi, rischiando di incappare
FONTE: BANCA CENTRALE SAN MARINO - RELAZ. CONSUNTIVA
SU ATTIVITÀ SVOLTA E ANDAMENTO SIST. FINANZ., 2008
“
L’attacco ai centri off shore
è una pigra distrazione politica
dall’obiettivo di affrontare
seriamente il problema della
regolamentazione finanziaria
nei Paesi industrializzati
”
SAN MARINO: I NUMERI DEL PRINCIPATO
Operatori
Filiali
N. dipendenti
Raccolta*
Attivo*
Attivo/Pil
Raccolta/Pil
Pil nazionale*
BANCHE
FINANZIARIE
TOTALE
12
61
667
13.812
11.536
8,9
10,6
1.297
54
–
256
–
1.322
1,01
66
61
923
13.812
12.858
9,91
in un’accusa per ricettazione, cercano di rivendere le informazioni
ad altri Paesi. Ma senza successo: gli elenchi arrivano gratuitamente
a destinazione. In Italia escono su tutti i giornali. C’è Vito Bonsignore, ex Udc, ora Pdl; Carlo Sama, delfino di Raul Gardini; la famiglia Ferruzzi e molti altri. Oltre all’amarcord di Tangentopoli ci sono imprenditori, politici, gente di spettacolo: «la fotografia
dell’Italia», dichiara l’allora viceministro dell’Economia Vincenzo
Visco. Dopo il Liechtenstein è la volta della Svizzera, il paradiso
bancario più amato dagli italiani. E dagli americani, che nel 2009
prendono di mira la banca Ubs che, dopo una battaglia legale e
diplomatica, è costretta a consegnare 4.450 nomi di presunti evasori, sui 52 mila inizialmente richiesti.
In Italia, soprattutto nella prima fase dello scudo fiscale Ter (conclusa nel dicembre 2009), il bombardamento mediatico è continuo.
Arriva anche il "fiscovelox" per controllare le targhe di chi passa più
spesso la dogana di Como. Anche nel nostro Paese nel marzo del 2009
arriva una “lista”. Quella dell’avvocato svizzero Fabrizio Pessina, che
si fa trovare nel portatile 552 nomi nel corso dell’inchiesta sul rici-
SAN MARINO
C’ERA UNA VOLTA L’EDEN
DALLO SCANDALO DELLA CASSA DI RISPARMIO fino all’inarrestabile
emorragia di fondi. La Serenissima Repubblica di San Marino
ha oltre sette secoli di storia e, almeno dal punto di vista finanziario,
non se l’è mai passata così male (vedi TABELLA ). Per i suoi 31 mila abitanti,
abbarbicati sui nove castelli che delimitano i 60 chilometri quadrati
del terzo Paese più piccolo d’Europa, sono giorni a dir poco convulsi.
In ballo c’è il futuro stesso dell’economia locale e di quell’autonomia
che da sempre è il principale motivo di orgoglio nazionale.
I guai risalgono al maggio scorso e prendono il via con lo scandalo
finanziario che coinvolge il gruppo Delta, la società bolognese attiva
nel credito al consumo. Per gli inquirenti della Procura di Forlì i vertici
di Delta avrebbero dato vita a una vera e propria associazione
a delinquere finalizzata al riciclaggio. Un’operazione da oltre
1,2 miliardi di euro che avrebbe avuto come terminale proprio
il Titano. Nella bufera ci finisce niente meno che la Cassa di Risparmio
di San Marino (Crsm), proprietaria di Delta: Bankitalia accusa l’istituto
di aver svolto attività bancaria in territorio italiano in modo occulto
e senza autorizzazione. È l’inizio di una tempesta senza precedenti.
La Crsm deve disfarsi di Delta che, martoriata dal commissariamento
e dalle inchieste, ha visto azzerarsi il proprio valore. Un crack che pesa
sui conti dell’istituto, ma anche sull’intero sistema finanziario della
piccola repubblica che, dicono le stime, è compensato per il 40%
proprio dalla Cassa. Ma i guai, si sa, non vengono mai da soli. L’altra
emergenza, tra i castelli del Titano, è data dallo Scudo Fiscale che
ha fatto defluire dalle casse degli istituti locali quasi 4 miliardi di euro.
Le agenzie di valutazione abbassano il rating nazionale e qualche analista
inizia a parlare di rischio default. Il governo smentisce (“non abbiamo
debito pubblico”), ma la crisi è ormai conclamata. La Guardia di Finanza
italiana stringe d’assedio la Repubblica a colpi di inchieste e posti
di blocco e il governo del Titano è costretto a cedere. Il 21 gennaio viene
approvata una legge sulla trasparenza che garantisce libero accesso
ai dati dei contribuenti per i Paesi con cui San Marino, su pressione
dell’Ocse, ha sottoscritto accordi bilaterali in materia (ad oggi sono 23).
A marzo, il neo presidente della Banca Centrale (i cui vertici sono stati
azzerati il mese precedente) Ezio Paolo Reggia promette una riforma
della tax governance basata sulla trasparenza e la collaborazione.
Matteo Cavallito
Ormai siamo alla resa definitiva.
claggio che coinvolge Giuseppe Grossi, il “re delle bonifiche” di Milano. Di nuovo i nomi dei presunti evasori escono su tutti i giornali.
Gli Stati non contano più
«Questi fatti sono sintomatici di una guerra non convenzionale attraverso azioni di spionaggio e controspionaggio», spiega il professor Giuseppe Marino, docente di Diritto tributario all’Università di
Milano, nel suo libro “Paradisi e paradossi fiscali”. Una situazione
che fotografa un risvolto inquietante della globalizzazione economica, «che non si affianca a una globalizzazione del diritto né del diritto tributario internazionale, anzi, è fatto oggetto di jogging (Tax me
if you can) o di shopping (I pay taxes where I like)». Il sintomo più grave di questa caccia alle streghe è che «non ci si confronta con la Svizzera, ma con la Ubs. Non è un caso che il rapporto del Senato americano sia denominato “Tax Haven Banks and U.S. Tax Compliance”
e non “Tax Haven Jurisdictions and U.S. Tax Compliance”».
A far traboccare il vaso, a partire dal 2008, è stata la crisi finanziaria internazionale. Ai governi servono soldi per riparare i dissesti
delle banche. E dove andarli a prendere se non nei forzieri dei Paesi
che, proprio «attraverso le patologie del sistema finanziario si sono
arricchiti?». In effetti prima della crisi nessuna azione degli Stati aveva mai veramente impensierito i paradisi fiscali. Ora però sembra che
le cose stiano cambiando. Escono nomi e liste, si stipulano convenzioni, si fa a gara per uscire da liste nere che poi improvvisamente diventano "grigie" (vedi ARTICOLO a pag. 22). Ma che cosa resterà di questa
offensiva senza precedenti nei confronti delle oasi fiscali, societarie,
bancarie? Prevederlo è lo scopo del nostro dossier, disegnato attorno
all’emergenza di San Marino, alle nuove strategie della Svizzera, alle
sempre mutevoli dinamiche dei commerci e delle transazioni internazionali. Alcune conclusioni possiamo però già azzardarle fin da ora.
La rivincita del gattopardo
Basta abbassare un attimo il volume della retorica per sentire un fruscio di fondo, leggero ma insistente. Se n’è fatto portavoce sul Financial Times il prof. Avinash Persaud, emerito del Gresham College di Londra e membro della UN High Level Task Force on
International Financial Reform: «L’attacco ai centri off shore rappresenta una pigra e seducente distrazione politica rispetto all’obiettivo di affrontare seriamente il problema della regolamentazione finanziaria nei paesi industrializzati». In sostanza, se undicimila
miliardi di dollari (quattro volte il Pil della Germania) sono in Svizzera, un motivo ci sarà. Anzi, ce ne sono decine, molti all’interno degli Stati in cui risiedono gli evasori. «Non credo che esista una soluzione generale e valida per tutti i Paesi», spiega Alessandro Santoro,
docente di Scienza delle Finanze all’Università di Milano Bicocca.
«Per combattere l’evasione bisogna capire prima di tutto come si origina la ricchezza sulla quale poi non si pagano le tasse. Per l’Italia il
problema è strutturale: la struttura produttiva è troppo frammentata e per molte categorie l’evasione è relativamente poco costosa; per
altri soggetti, invece, l’evasione, anche quando teoricamente possibile, non è conveniente». In altri Paesi l’evasione è facilitata dai sistemi giuridici e bancari. Basta guardare agli Stati Uniti (Delaware,
Wyoming, Nevada) o alla Gran Bretagna, dove - come riporta uno
studio del professor Jason Sharman, della Griffith University di
Nathan in Australia - è più facile aprire un conto anonimo rispetto
alle Bahamas, al Liechtenstein o alle Isole Vergini Britanniche.
Con queste premesse è facile prevedere che, appena si saranno spenti di nuovo i riflettori, i paradisi bancari, societari e penali (per chi
scappa dalle accuse per riciclaggio), torneranno a prosperare, sempre che abbiamo mai smesso di farlo. Perché questo sistema malato,
dove gli Stati hanno perso la propria sovranità a favore dell’economia e della finanza e dove, nonostante le promesse, non riescono ad
approvare nuove norme di regolamentazione internazionale, continua ad avere maledettamente bisogno di loro.
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* DATI IN MILIONI DI EURO
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le economie
“ Finché
dei Paesi ricchi
saranno costruite
PERCHÉ LA FINANZA MONDIALE
HA BISOGNO DI UN PRINCIPATO NELLE ALPI
ANCHE IL LIECHTENSTEIN è stato colpito duramente dall’offensiva fiscale
degli Stati confinanti. Cosa cambierà per il minuscolo principato racchiuso
tra Svizzera e Austria? Lo abbiamo chiesto a Wolfgang Mayer, partner
di Ahead Wealth Solutions, Società di gestione per fondi d’investimento
con sede a Vaduz. Chi vuole evadere sarà più sicuro in Gran Bretagna
o negli Usa. Per tutto il resto c’è il Liechtenstein.
Dott. Mayer, la fuga di dati dalla LGT Bank e lo scudo fiscale
italiano vi hanno messo a dura prova. Come si sta difendendo
la piazza finanziaria di Vaduz?
L’offensiva fiscale, come la chiama lei, ha cambiato notevolmente
la situazione. In seguito alla pressione internazionale siamo ora disponibili
a scambiare informazioni con altri Paesi. Ma le richieste dovranno essere
motivate e fondate, riferirsi a singoli casi concreti, per i quali siano già stati
aperti dei procedimenti in patria. Anche il rapporto con la Germania
si è normalizzato, ma rimane un dato di fatto: le autorità tedesche
hanno ottenuto dati di clienti delle nostre banche con metodi criminali,
gravemente lesivi della nostra sovranità. I dati bancari erano, sono
e rimarranno sicuri nel nostro Principato, ma purtroppo non possiamo
proteggerli al 100% da azioni criminali finanziate e promosse da Stati esteri.
Ci sono oggi posti più sicuri del Liechtenstein
per l’ottimizzazione fiscale?
Per i clienti che cercano la discrezione e la protezione della propria sfera
privata e hanno bisogno di servizi bancari e finanziari di altissimo livello,
il Liechtenstein rimane una piazza a cinque stelle. Per chi invece porta i suoi
capitali all’estero solo per motivi fiscali, la situazione si farà sicuramente
più difficile, non solamente a Vaduz, ma in tutto il mondo. In ogni caso
penso che i paradisi fiscali del futuro siano quelli del passato. Parlo delle
possibilità offerte - da sempre - dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna
(in particolare in regioni come Delaware, Wyoming, Isole del Canale,
Isole Vergini, ndr) agli investitori stranieri: opportunità inimmaginabili
in Liechtenstein o in Svizzera.
Immagini che un giorno il Liechtenstein e gli altri luoghi
a fiscalità agevolata vengano aboliti. Che ne sarebbe
dell’attuale sistema finanziario?
Wolfgang Mayer.
su pesanti livelli
di indebitamento
il sistema finanziario
non potrà fare
a meno dei paradisi
fiscali
”
Sicuramente continuerebbe a esistere, ma in modo radicalmente diverso.
Anche perché i singoli Paesi finanziano i propri deficit vendendo titoli
di Stato (ma anche titoli comunali e regionali) che vengono comprati
in grandi quantità da piazze finanziarie come il Liechtenstein o la Svizzera.
Alla fine il vero problema è l’incapacità degli Stati di gestire i propri bilanci
in modo sostenibile. Finché le economie dei Paesi più ricchi saranno
costruite su pesanti livelli di indebitamento, il sistema finanziario
internazionale non potrà fare a meno di noi. Mauro Meggiolaro
Dopo la bufera la Svizzera tornerà
Più forte di prima
Attrae capitali non solo per il segreto bancario, ma anche per i servizi offerti. Intervista a un banchiere elvetico: «Le regole cambieranno anche qui».
INGAPORE, DUBAI, ISOLE VERGINI E HONG KONG saranno solo un parcheggio temporaneo. Poi i capitali torneranno
a Lugano, Zurigo e Ginevra. Per una serie di buoni motivi. Ce li spiega L. M., un banchiere svizzero che
ha accettato di parlare con Valori, ma ha scelto
di Mauro Meggiolaro
di rimanere anonimo.
S
Il segreto bancario scricchiola, lo scudo fiscale
drena liquidità. Il modello bancario svizzero è
entrato in crisi? Ed è vero che ora molti clienti
cercano rifugi più sicuri?
Il 2008 e il 2009 sono stati anni difficili, ma non esagererei. C’è stata la crisi e gli attacchi specifici da alcuni Stati,
anche con mezzi illegali. La Germania sta acquistando
1.500 nomi di presunti evasori da una “talpa” della banca Hsbc di Ginevra. Lo scorso novembre l’Internal Revenue
Service, l’agenzia delle entrate americana, ha ottenuto i
nomi di 4.450 clienti della Ubs (e gli Usa, se si pensa al Delaware, non sono certo un esempio di trasparenza).
Ed, è vero, in questi ultimi mesi, anche a causa del terrorismo dei media, molti hanno deciso di spostare i pro-
si può addossare alla Svizzera
“ Non
la colpa dell’evasione italiana,
tedesca o americana. Ma ai sistemi
fiscali oppressivi e ingiusti
”
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pri soldi a Singapore, Dubai, nelle Isole Vergini Britanniche e a Hong Kong. Sono piazze “complementari” rispetto alla Svizzera. Hanno sempre attirato capitali e da
sempre ospitano filiali di banche svizzere, ma anche delle maggiori banche inglesi, americane, italiane. La fuga
verso questi nuovi “lidi” è però temporanea. Quando si
saranno spenti i riflettori tutti torneranno in Svizzera.
Perchè la Svizzera continuerà ad avere un ruolo centrale?
Perché la maggior parte dei clienti delle nostre banche
non sceglie la Svizzera per il segreto bancario o per evadere le tasse. Già oggi il 30% dei capitali amministrati nella Confederazione arrivano dalla Russia o dal Golfo Persico, dove le norme fiscali e sulla segretezza dei dati sono
ancora più favorevoli. La Svizzera viene preferita per la
stabilità politica e finanziaria, l’inflazione bassa, una valuta solida come il franco e, soprattutto, la professionalità
e la varietà dei servizi bancari, che è unica al mondo.
Recentemente il responsabile per la Svizzera
del Credit Suisse ha dichiarato che in futuro
non accetterete più capitali per i quali sapete
che non sono state pagate le tasse in patria...
Sottoscrivo in pieno. Siamo pronti a chiedere agli stranieri che depositano soldi nelle nostre banche una cer-
tificazione che attesti il pagamento delle tasse nel Paese
di provenienza, ma non possiamo controllare che sia veritiera o non sia già stata usata presso altre banche per la
stessa somma. Non si può chiedere alle banche svizzere
di indagare sui propri clienti. Spetta agli Stati. E qui vorrei che parlassimo in modo molto chiaro: non si può addossare alla Svizzera la colpa dell’evasione fiscale tedesca, italiana o americana. La colpa è di sistemi fiscali
oppressivi e ingiusti. In Germania un’impresa paga quasi il 60% di tasse sugli utili, poco più che in Italia e in
Giappone. Negli Stati Uniti il 40%. In Svizzera si paga il
28,5%. Finché Germania, Italia e gli altri Paesi non cambieranno le proprie regole fiscali, i capitali continueranno ad arrivare in Svizzera. È inevitabile. Alcuni ministri
in questo periodo fanno la voce grossa per raccogliere
qualche consenso in più, ma sanno benissimo che la
Confederazione è l’unica vera valvola di sfogo per i loro
sistemi inefficienti. Per la loro inerzia legislativa.
Che cosa ne pensa dello scudo fiscale italiano?
Molti capitali italiani sono usciti dalla porta e rientrati dalla finestra. Nel 2002-2003, in occasione del primo e del secondo scudo, le maggiori banche svizzere hanno creato filiali in Italia e in altri Paesi confinanti. In molti casi gli asset
sono stati rimpatriati, ma continuano ad essere gestiti dalle stesse banche, al di qua delle Alpi. L’Ubs ha “perso” 22,8
miliardi di franchi (15,2 miliardi di euro) con lo scudo, ma
ne ha recuperati più di 14. Lo stesso Credit Suisse.
Ma in Svizzera non si evadono solo le tasse. Si
ricicla anche denaro...
Molto meno che in Italia, che ha appena sanato il falso
in bilancio e le frode fiscale con lo scudo, e in Germania,
dove vengono lavati dai 40 ai 60 miliardi di euro all’anno. In Svizzera le leggi sul riciclaggio sono molto più severe. E poi, si sa, i soldi sporchi si puliscono prima di tutto dove si crea il reddito. A Londra, a New York, nelle
grandi piazze finanziarie. Oppure nelle filiali bancarie
più vicine ai luoghi dove si commerciano armi, droga,
dove si esercita illegalmente la prostituzione. Da noi,
nella maggior parte dei casi, i soldi arrivano già puliti.
Che consigli darebbe oggi a uno straniero che
volesse aprire un conto in Svizzera?
Gli consiglierei di venire per la qualità dei servizi bancari e per l’attenzione al cliente, non solo per evadere il
fisco. Le regole sul segreto bancario piano piano cambieranno anche qui. La pressione degli Stati è troppo
grande. Le banche sono deboli, la loro reputazione è ai
minimi e i cittadini, per la prima volta, hanno la possibilità di far valere le proprie ragioni. Anche nei confronti delle banche.
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Lugano. La Svizzera
è al terzo posto
nella classifica
stilata da Tax Justice
Network sui Paradisi
fiscali, dopo Delaware
(Usa) e Lussemburgo.
LIBRI
Giuseppe Marino
Paradisi e paradossi
fiscali. Il rovescio
del diritto tributario
internazionale
Egea, 2009
Alessandro Santoro
L’evasione fiscale.
Chi, come e perché
non paga le tasse
Il Mulino,
Farsi un’idea, 2010
APRILE 2010
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| dossier | evasioni e paradisi |
| dossier | evasioni e paradisi |
GLI ALTRI SCUDI FISCALI: NESSUNO “BUONO” COME QUELLO ITALIANO
DALLO SCUDO
AL “LUNGO INVERNO”
FRANCIA
Lo scudo d’Oltralpe avrebbe dovuto chiudersi il 31
dicembre 2009 ma è stato successivamente prorogato.
I contribuenti che decidono di aderirvi sono tenuti a pagare
con gli interessi tutte le tasse arretrate più un’imposta
dell’80% sul valore degli assets detenuti all’estero.
Per gli evasori scoperti dopo la chiusura dei termini
dell’amnistia scatta la denuncia penale e l’innalzamento
dell’imposta fino al 100%. Si stima che i capitali regolarizzati
alla fine del 2009 si aggirino sui 3 miliardi di euro.
FONTI: REUTERS, NEW YORK TIMES, WEALTH-BULLETIN.COM,
ITALIA OGGI (CITANDO FONTI UFFICIALI IRS)
OLANDA
I contribuenti olandesi che aderiscono volontariamente
all’amnistia vanno incontro a condizioni
sostanzialmente favorevoli ma, in caso di successiva
denuncia, possono subire sanzioni pesantissime.
Gli evasori possono condonare gli assets non dichiarati
(detenuti in Olanda negli ultimi 5 anni e all’estero
negli ultimi 12) pagando un’imposta del 15%.
Per gli assets occultati e successivamente scoperti
la tassazione sale al 300%. Le stime di gennaio parlano
di 5.500 operazioni di condono per un’emersione
complessiva di circa 1,5 miliardi di euro.
STATI UNITI
Secondo il commissario dell’Internal Revenue Service
(Irs) statunitense, Douglas Shulman, alla scadenza
del provvedimento di amnistia (15 ottobre 2009)
i soggetti aderenti erano stati circa 14.700. I termini
del condono prevedono sanzioni fino al 50% sui conti
detenuti all’estero negli ultimi sei anni. Alla scadenza
dei termini sono previste per gli evasori non pentiti
denunce penali e multe superiori al 200% del valore
dei capitali occultati. Interpellato sulle cifre complessive,
Shulman non ha voluto fornire dati precisi limitandosi
a parlare di “alcuni miliardi di dollari”.
REGNO UNITO
Introdotto lo scorso settembre e scaduto all’inizio del 2010,
il condono britannico prevedeva una tassazione del 10% sui capitali
passibili di amnistia (quelli accumulati e occultati negli ultimi
20 anni). Gli evasori individuati dopo la scadenza del provvedimento
subiscono una tassazione del 30% e corrono il rischio di una
denuncia penale. Un trattamento particolare per i contribuenti
che hanno nascosto i propri assets nel “paradisiaco” Liechtenstein.
L’accordo tra Londra e Vaduz concede loro di pagare una tassa
del 10% (con gli interessi) sui capitali occultati negli ultimi 10 anni.
Questa speciale amnistia scade il 31 marzo 2015. Si stima che
i rimpatri complessivi possano raggiungere i 3 miliardi di sterline.
Fabrizio Vedana,
responsabile
dei servizi legali
di Unione
Fiduciaria SpA:
«Per i paradisi
fiscali è iniziato
un lungo inverno».
Dalla guerra di cifre all’impietoso confronto con l’estero. Fino all’inestricabile mistero dell’anonimato. Lo Scudo Fiscale italiano è una contraddizione senza fine.
FONTE: BANCA D’ITALIA (FEBBRAIO 2010)
C
lio Tremonti, lo scudo avrebbe dovuto ridare ossigeno ai conti pubblici, assestando contemporaneamente un duro colpo ai sempre più
impopolari paradisi fiscali. Ma, alla resa dei conti, si è rivelato un provvedimento fumoso e inconcludente, protagonista indiscusso di una
tragicommedia senza fine. Iniziata, nel pieno rispetto della tradizione
nazionale, con l’immancabile “guerra di cifre”.
Quando si danno i numeri
I numeri ufficiali vengono resi pubblici a dicembre. Il rimpatrio, sostiene il governo, vale 95 miliardi di euro. Per il ministero del Tesoro
non ci sono dubbi: quello prodotto dallo
I RICAVI DELLO SCUDO FISCALE ITALIANO (milioni di euro)
scudo è “uno straordinario successo, segno
di forza della nostra economia e di fiducia
INIZIALMENTE CONCEPITO SU UNA FINESTRA TEMPORALE compresa tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2009,
nell'Italia”. Ma la realtà, per qualcun altro, è
lo scudo è stato prorogato fino al 30 aprile 2010. Al termine della prima scadenza l’aliquota è passata dal 5 al 6%.
un po’ diversa. I capitali scudati, afferma la
Dal primo marzo è salita al 7%.
Banca d’Italia, valgono un po’ meno: 85 miPAESE
RIMPATRI
RIMPATRI SENZA LIQUIDAZIONE
TOTALE
DI PROVENIENZA
EFFETTIVI
E REGOLARIZZAZIONI
GENERALE
liardi. Ma soprattutto, e qui sta l’aspetto claSvizzera
24.949
35.007
59.956
moroso, soltanto una parte minoritaria di esLussemburgo
1.282
6.020
7.302
si sarebbe effettivamente rientrata in Italia.
Monaco
2.601
1.514
4.115
In altre parole, spiegano da via Nazionale, il
San Marino
1.986
1.834
3.819
suolo patrio avrebbe riabbracciato appena 35
Austria
838
414
1.251
miliardi mentre la quota restante (50) sarebLiechtenstein
350
884
1.234
be stata semplicemente regolarizzata e manRegno Unito
507
384
891
tenuta all’estero. Tremonti non arretra di un
Francia
370
482
852
passo e, seccato, ribadisce: 93 miliardi di rimIrlanda
7
837
843
patri, 2 di regolarizzazione. “La cifra ufficiale
Germania
505
110
615
Usa
301
307
608
è 95 miliardi”. Ma è ormai chiaro che dati ufGuernsey
20
441
462
ficiali e condivisi, di fatto, non esistono più.
Singapore
Altri
TOTALE
| 22 | valori |
331
829
34.874
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
97
1.928
50.260
|
428
2.757
85.134
Perdono a poco prezzo
Per quanto frutto di un mostruoso ridi-
Lo scudo italiano vale dagli 85 ai 95 miliardi, una cifra
che non trova eguali in nessun altro condono del Pianeta.
Come spiega la peculiarità italiana?
È un concorso di cause. Da un lato c’è l’alto tasso di evasione
dei contribuenti italiani, dall’altro un insieme di sanzioni più leggere
rispetto a quelle imposte dal provvedimento.
Scudo fiscale: quando l’amnistia
diventa una farsa
ONDONO PER LE DICHIARAZIONI OMESSE O FASULLE, aliquota
complessiva del 5%, garanzia (presunta) dell’anonimato, eliminazione della confisca e assenza di accertamenti - tranne nei casi di sospetto riciclaggio - sui patrimoni “regolarizzati”.
di Matteo Cavallito
Sono gli elementi principali del cosiddetto scudo fiscale italiano, la maxi amnistia varata in estate dal governo con l’obiettivo dichiarato di rimpatriare parte di quelle attività
finanziarie e patrimoniali detenute all’estero alla fine del 2008. Concepito, prima, e difeso a oltranza, poi, dal ministro delle Finanze Giu-
UNA CIFRA FUORI DAL COMUNE, il mistero dell’anonimato,
il problema del riciclaggio. Sono molti gli elementi critici dello scudo
fiscale italiano. E intanto, mentre in Italia si discute, una realtà
sembra emergere con forza: se vorranno sopravvivere, i paradisi fiscali
dovranno necessariamente cambiare aspetto. Valori ne ha discusso
con Fabrizio Vedana, avvocato, responsabile dei Servizi Legali
di Unione Fiduciaria S.p.A. e socio onorario dell'Istituto Nuova etica
Economia e diritto (Ineed).
mensionamento, i 35 miliardi di Bankitalia segnano comunque
un’evidente anomalia. Nessuna amnistia fiscale nel resto del Pianeta (vedi SCHEDE ), infatti, ha saputo far emergere cifre anche solo
minimamente paragonabili. Lo si potrebbe leggere come un sintomo di successo, ma anche qui spicca una realtà completamente diversa. A rendere impari il confronto, infatti, è soprattutto l’eccezionale indulgenza del provvedimento italiano. L’aliquota
clamorosamente bassa (che tale si è mantenuta visto che le proroghe hanno prodotto un innalzamento al 6 e al 7%) farà sì che solo
una minima parte dei capitali possa effettivamente terminare nei
forzieri pubblici. La grande massa, al contrario, farà felici solo gli
istituti privati. Ad oggi i veri trionfatori della vicenda.
L’aspetto più inquietante dell’intera epopea è però un altro. Secondo l’Agenzia delle Entrate i contribuenti che hanno aderito all’amnistia sarebbero circa 200 mila. Le segnalazioni su sospette operazioni di riciclaggio appena 50. Possibile che la lavanderia
dell’economia mafiosa e illegale in genere abbia avuto un ruolo così esiguo? Se lo chiede perfino il compassato numero uno di Bankitalia Mario Draghi che, invitando gli istituti a intensificare i controlli, parla apertamente di “numero esiguo”. Le sue parole segnano
l’inizio di una nuova polemica, ma il colpo di scena è dietro l’angolo. A fine febbraio le associazioni degli intermediari finanziari, Assofin e Assofiduciaria, hanno emesso un comunicato raggelante: “se
il Fisco ce lo chiede – hanno precisato - siamo obbligati a trasmettere tutti i dati sui capitali riemersi grazie allo scudo”. Le norme del
condono, infatti, garantiscono l’anonimato, peccato però che una
circolare interministeriale del 2007 affermi l’esatto contrario. Come
si risolve, dunque, il dilemma? Il 4 marzo il capogruppo del Pd in
commissione Finanze alla Camera Alberto Fluvi lo ha chiesto esplicitamente attraverso un’interrogazione ufficiale. Nessuno, ad oggi,
è stato in grado di dargli una risposta.
.
Quello dell’anonimato resta un problema aperto. Ad oggi
nemmeno il governo sembra sapere con certezza se esso
potrà essere garantito o meno.
In generale la garanzia dell’anonimato è forte quando esistono
soggetti in grado di applicare l’imposta alla fonte, come nel caso
delle fiduciarie che operano quali sostituti d’imposta. Diverso il caso
dei beni immobili e di altri capitali occultati. Il vero problema riguarda
soprattutto la segnalazione all’anagrafe tributaria per la quale non
esistono indicazioni puntuali. Secondo una legge del 2001, infatti,
sebbene raccolti presso l’anagrafe stessa, i dati sui contribuenti
possono essere utilizzati solo in presenza di indagini per reati gravi
come la truffa o l’associazione mafiosa che non erano e non sono
sanabili con lo scudo fiscale.
Dopo lo scoppio della crisi i paradisi fiscali hanno subìto
un attacco senza precedenti. Come pensa che
ne usciranno? Dovranno modificare la propria natura?
Per i paradisi fiscali è iniziato un “lungo inverno”. I più lungimiranti
accetteranno il fatto che in futuro dovranno essere meno
“paradisiaci” continuando magari a offrire una fiscalità privilegiata,
ma abolendo al tempo stesso parte di quegli elementi che li hanno
condotti sulla famosa lista nera. Il percorso virtuoso è ormai iniziato
e il ritorno al passato non ci sarà.
Chi sembra passarsela decisamente male è San Marino.
Come vede il futuro della Repubblica del Titano?
San Marino, a ben vedere, ha iniziato un percorso virtuoso già
da un paio d’anni dopo l’approvazione delle nuove norme anti
riciclaggio. Oggi la Repubblica vorrebbe reinventarsi trasformandosi
da paradiso fiscale in piazza finanziaria privilegiata per l’accesso
delle società extracomunitarie nel mercato Ue sul modello
del principato di Monaco. È un obiettivo ambizioso ma credo
ci sia ancora molta strada da fare.
Matteo Cavallito
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 23 |
| dossier | evasioni e paradisi |
| dossier | evasioni e paradisi |
L’ultimo incontro del G20 si è svolto
a Pittsburg, lo scorso settembre.
La lotta ai paradisi fiscali era uno dei primi
punti in agenda. Il prossimo summit sarà
a giugno in Canada.
QUESTIONE DI REGOLE
A UN ANNO DALLE LISTE NERE COS’È CAMBIATO?
“IL NOSTRO IMPEGNO nel combattere
le giurisdizioni non-cooperative ha dato risultati
impressionanti”. Con questo auto-elogio si apre
il paragrafo dedicato ai paradisi fiscali della
dichiarazione finale dell’ultimo G20, svoltosi
a Pittsburgh lo scorso settembre. Dopo un anno
di vertici internazionali che hanno posto al centro
dell’agenda la finanza e i paradisi fiscali, i risultati
sono davvero così impressionanti? A volere vedere
il bicchiere mezzo pieno, alcuni passi in avanti
sono stati fatti. Si è probabilmente discusso
di paradisi fiscali più nell’ultimo anno che nei dieci
precedenti. La sensazione, però, è che i progressi
siano ancora nettamente insufficienti.
L’iniziativa più rilevante è quella portata avanti
dall’Ocse, storicamente la prima organizzazione
a pubblicare una propria “lista nera” di giurisdizioni
non cooperative in ambito fiscale. La lista,
aggiornata nel corso del 2009, ha però sollevato
forti critiche. Per compilare l’elenco, l’Ocse ha preso
in esame in primo luogo la firma e il rispetto
degli accordi sullo scambio di informazioni
in materia fiscale (Tax Information Exchange
Agreements – TIEAs). In questi accordi lo scambio
di informazioni non è automatico, ma su richiesta
delle autorità di un Paese e può richiedere
settimane, mentre i capitali possono sparire con
pochi click di un computer. Si tratta poi di accordi
bilaterali, che possono essere aggirati da operazioni
di triangolazione, ovvero tramite diversi passaggi
con Paesi non firmatari. Inoltre giudicare se un
Paese è un paradiso fiscale sul numero di accordi
firmati è assolutamente fuorviante, visto che per
“fare numero” è possibile firmare accordi con Paesi
verso i quali i flussi finanziari sono trascurabili.
Le reti della società civile internazionale
sostengono da tempo che, al posto dei una serie
di trattati bilaterali, è necessario un trattato
multilaterale che preveda uno scambio automatico
di informazioni, e non su richiesta. Le stesse reti
segnalano come la singola misura più efficace
nella lotta contro i paradisi fiscali, i flussi illeciti
di capitali, la corruzione e l’evasione fiscale
consisterebbe nel promuovere una rendicontazione
Paese per Paese dei dati contabili delle imprese
multinazionali, che devono oggi pubblicare
unicamente dati aggregati per macro-regioni. Tali
proposte sono attualmente allo studio nella stessa
Ocse, ma non sembrano realizzabili in tempi brevi.
LA FRANCIA “COLPISCE” IN CASA
A livello di singoli Paesi si registrano delle iniziative
interessanti. Lo scorso 15 febbraio, la Francia ha
pubblicato una propria lista nera di “territori non
cooperativi” in materia fiscale e prevede di applicare
una tassazione più elevata alle imprese francesi
che hanno filiali e sussidiarie in tali territori.
La lista si basa in buona parte su quella proposta
dall’Ocse, ma con un’importante novità. Tassando
direttamente le imprese in patria, viene per la prima
volta riconosciuto che il problema maggiore
non risiede tanto nelle normative delle piccole isole
tropicali e dei territori offshore, quanto nei nostri
Paesi e nei nostri sistemi economici, veri beneficiari
di un sistema economico e di potere concentrato
nel Nord del mondo.
Anche la Germania si è mossa con forza
contro i paradisi fiscali e l’evasione, prendendo
di mira in particolare i Paesi confinanti, Svizzera
e Liechtenstein in testa.
Segnali incoraggianti, ma ancora troppo deboli
e soprattutto lasciati all’iniziativa dei singoli Paesi.
Malgrado il moltiplicarsi di vertici internazionali,
manca un coordinamento efficace a livello globale.
Le proposte più valide si scontrano contro i veti
incrociati di governi e mondo della finanza
e sembrano oggi arenate alla fase di discussione
accademica.
Con il passare dei mesi la lobby finanziaria
rialza la testa, mentre i governi insistono nel
ripetere che la crisi è ormai alle spalle. Il rischio
concreto è che si chiuda la finestra di opportunità
politica per promuovere con urgenza una
regolamentazione davvero efficace nella lotta
contro i paradisi fiscali. Se i Paesi del G20 vogliono
conseguire dei “risultati impressionanti” la strada
è ancora lunga e il prossimo vertice, fissato
in Canada a fine giugno, deve rappresentare
una svolta concreta nell’azione internazionale.
Andrea Baranes
Un isolotto sperduto o il cuore dell’Europa
Quali i veri paradisi fiscali?
Esistono centri finanziari off shore per tutti i gusti. Rispondono alla domanda dei grandi poteri economici. Ma non serve prendere di mira piccole isole nell’Oceano. La maggior parte dei capitali è nascosta in Europa.
A LISTA NERA DEI PARADISI FISCALI stilata dall’Ocse è vuota.
Andorra, il Principato del Liechtenstein e quello di Monaco sono stati gli ultimi a uscirne, nel maggio 2009, in
seguito all'impegno ad adeguarsi agli standi Andrea Baranes dard internazionali e a firmare accordi di
scambio di informazioni in materia fiscale (vedi BOX a pag. 27). La questione dei paradisi fiscali è risolta? I
dati sui flussi illeciti di capitali e l’evasione fiscale dimostrano il contrario: è un fenomeno in continua crescita. Secondo uno studio appena pubblicato dal Fondo monetario internazionale (“Cross-border investment in small international financial centers” di Philip
Lane e Gian Maria Milesi-Ferretti) nascosti nei piccoli centri finanziari ci sarebbero 18 mila miliardi di dollari (Svizzera esclusa).
Una discrepanza che nasce, in primo luogo, dalla difficoltà di
dare delle definizioni. Gli esperti parlano di tre tipi di “paradisi”: fiscali propriamente detti, societari e bancari. I primi sono specializzati nel favorire l'elusione e l'evasione fiscale, i secondi facilitano l'apertura di filiali e succursali per imprese transnazionali, i terzi
agevolano le operazioni e il segreto bancario.Tra questi ultimi la
L
A tenere in piedi il sistema dei
paradisi fiscali sono gli enormi
interessi economici e finanziari
di banche, imprese e ricchi
| 24 | valori |
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
|
Svizzera è da tempo nell'occhio del ciclone e si susseguono le notizie di imprese pronte a lasciare il Paese in vista di una probabile revisione delle sue leggi in materia. Il Financial Times dello scorso 4
marzo riferiva, al contrario, come diverse compagnie inglesi stiano
migrando dalla Gran Bretagna proprio nel Paese elvetico. Un esempio emblematico di come diversi tipi di impresa vadano alla ricerca
di normative - o, meglio, dell'assenza di normative - che rispondano alle loro, diverse, esigenze (più o meno lecite).
In altre parole i paradisi fiscali forniscono un'offerta di servizi che
risponde a una precisa domanda proveniente dai grandi poteri economici e finanziari. Interessi che consentono a giurisdizioni che
contano poco o nulla nel panorama internazionale di continuare a
prosperare. I paradisi fiscali si specializzano in determinate operazioni, cercando di compiacere le imprese e i capitali meglio dei loro
concorrenti e occupando una nicchia del “mercato” dell'evasione,
dei flussi illeciti di capitali, della corruzione.
za. Fino a pochi anni fa l’Irlanda era considerata un paradiso fiscale
nel cuore dell'Europa, per delle politiche fiscali molto aggressive, che
le consentivano di attrarre capitali e imprese dall'estero, a discapito
dei grandi Stati europei. Con l'allargamento a Est, oggi la stessa Irlanda deve fronteggiare la concorrenza sempre più agguerrita delle
repubbliche baltiche, della Moldova e di altri Paesi pronti a offrire
condizioni migliori alle imprese multinazionali. A livello internazionale la gara è ancora più agguerrita.
La rete della società civile Tax Justice Network ha messo a punto
il Financial Secrecy Index ( vedi MAPPA a pag. 26), un indice basato su
un insieme di parametri, per cogliere i diversi aspetti giuridici che
possono generare un paradiso fiscale. Si scopre che alcuni Paesi non
applicano il segreto bancario, ma autorizzano la creazione di società
anonime. Molti si impegnano a ratificare le convenzioni internazionali, ma non rivelano dettagli riguardo i trust. Altri condannano
l'evasione fiscale, ma consentono la ri-domiciliazione delle imprese.
Una gara al ribasso
Una questione soprattutto europea
Si tratta di una galassia in continuo mutamento geografico e temporale. Se una giurisdizione, magari in risposta a pressioni della comunità internazionale, rivede una propria normativa, perde il “vantaggio competitivo” e subito gli subentra un altro territorio off shore,
pronto a prendere il suo posto. Si innesca così una corsa verso il fondo in materia di deregolamentazione, assenza di controlli, segretez-
Un sistema estremamente complesso e mutevole. Schiere di consulenti e avvocati sono a disposizione delle grandi imprese e dei clienti più facoltosi per indirizzarli verso il territorio che offre le condizioni più vantaggiose per una determinata operazione. In questo
contesto si comprende come i tentativi della comunità internazionale di contrastare i paradisi fiscali si siano rivelati fino a oggi falli-
mentari e indirizzati verso l’obiettivo sbagliato. Prendere di mira alcune piccole isole e obbligarle a modificare poche leggi non fermerà
né intaccherà il fenomeno. Occorre imporre delle misure condivise
su scala globale, che vadano alla radice del problema: i giganteschi
interessi economici e finanziari delle banche, delle imprese e dei singoli ricchi che fruiscono e tengono in piedi l'intero sistema.
Il rapporto del Fmi, citato all’inizio dell’articolo, rivela come
quasi la metà dei capitali conservati nei paradisi fiscali sia nelle famose Cayman Island, che sono un british overseas territory, cioè di fatto sotto il controllo britannico. Ed emerge come i veri custodi della
ricchezza mondiale siano Gran Bretagna, Olanda, Svizzera, Lussemburgo, Belgio, Irlanda, e non certo le isolette sperdute nei Caraibi o
nel Pacifico. Il problema dei paradisi fiscali è, quindi, prima di tutto
una questione europea.
Alcune proposte per affrontare nella maniera “giusta” questo stato di cose sono state avanzate da tempo dagli esperti e dalle reti della società civile internazionale. Le principali difficoltà non sono di
natura tecnica, ma nella volontà politica delle grandi potenze economiche, che, riunite nel G20, si sono assegnate il compito di fissare nuove regole per la finanza e di combattere i paradisi fiscali. Fino
a oggi la montagna del G20 ha partorito un topolino piccolo piccolo. La speranza è che a giugno il prossimo appuntamento in Canada possa segnare un'inversione di rotta. Nel frattempo, gli squali della finanza e i grandi criminali lavorano indisturbati.
.
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| dossier | evasioni e paradisi |
CLASSIFICA FINANCIAL
SECRECY INDEX
[ TOP 20 ]
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Delaware (Usa)
1503,80
Lussemburgo
1127,02
Svizzera
513,40
Cayman Islands
403,48
City of London (Uk)
347,79
Rep. d’Irlanda
143,73
Bermuda
122,30
Singapore
109,34
Belgio
78,60
Hong Kong
76,34
Jersey
76,22
Austria
42,32
Guernsey
36,20
Bahrain
23,53
Olanda
23,18
British Virgin Islands
14,98
Madeira (Portogallo)
12,36
Cipro
11,59
Panama
10,83
Israele
10,37
| dossier | evasioni e paradisi |
I PARADISI FISCALI NEL MONDO
[SECONDO LA CLASSIFICA DI TAX JUSTICE NETWORK]
LEGENDA [ ALCUNI PARAMETRI DI “NON TRASPARENZA”]
Le società non sono tenute a rendere pubbliche e accessibili via internet le proprietà societarie
Le società non sono tenute a rendere pubblici i bilanci
Le società possono creare protected cell companies, cellule “protette” che gestiscono separatamente i propri assets
Vige il segreto bancario legalizzato
Non sono stati siglati almeno 60 trattati bilaterali per il pieno scambio informativo in materia fiscale
5
CITY OF LONDON [UK]
Popolazione: 9.200
Società registrate: 2.438.789
Società per abitante: 256,09
6
OLANDA
15
9
Popolazione: 16.715.999
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
BELGIO
LUSSEMBURGO
2
Popolazione: 10.414.336
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
Popolazione: 491.775
Società registrate: 15.000
Società per abitante: 0,03
IRLANDA
Popolazione: 4.203.200
Società registrate: 184.306
Società per abitante: 0,04
13
GUERNSEY
18
Popolazione: 65.484
Società registrate: 18.627
Società per abitante: 0,28
DELAWARE [USA]
1
Popolazione: 885.122
Società registrate: 846.000
Società per abitante: 0,96
16
CAYMAN ISLANDS
Popolazione: 49.035
Società registrate: 87.230
Società per abitante: 1,78
19
BERMUDA
11
14
BAHRAIN
Popolazione: 728.709
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
HONG KONG
10
Popolazione: 7.055.071
Società registrate: 719.253
Società per abitante: 0,1
JERSEY
Popolazione: 91.626
Società registrate: 33.395
Società per abitante: 0,36
ISOLE VERGINI BRITANNICHE
Popolazione: 24.491
Società registrate: 813.516
Società per abitante: 33,22
4
7
Popolazione: 67.837
Società registrate: 17.648
Società per abitante: 0,26
CIPRO
Popolazione: 1.084.748
Società registrate: 207.736
Società per abitante: 0,19
PANAMA
Popolazione: 3.360.474
Società registrate: 120.000
Società per abitante: 0,04
17
MADEIRA [PORTOGALLO]
Popolazione: 246.689
Società registrate: 6.500
Società per abitante: 0,03
3
SVIZZERA
Popolazione: 7.604.467
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
12
20
ISRAELE
Popolazione: 7,233,701
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
AUSTRIA
Popolazione: 8.210.281
Società registrate: nd
Società per abitante: nd
8
SINGAPORE
Popolazione: 4.657.542
Società registrate: 180.660
Società per abitante: 0,04
FINANCIAL SECRECY INDEX
Elaborato dai ricercatori di Tax Justice Network (Tjn), il Financial Secrecy Index ha classificato
60 paradisi fiscali, ponderando il loro livello di “opacità” con il peso economico-finanziario.
L’opacità è misurata attraverso un indicatore formato da 12 fattori: segreto bancario
legalizzato, registro delle fondazioni e delle fiduciarie accessibile via internet, efficacia
del sistema antiriciclaggio misurata secondo il sistema di rating di Financial Action Task
Force (FATF), registro dei bilanci societari accessibile via internet, registro delle proprietà
societarie accessibile via internet, partecipazione all’indagine 2009 di Tax Justice Network,
partecipazione a un sistema automatico di scambio informativo in materia fiscale,
sottoscrizione di almeno 60 trattati bilaterali per il pieno scambio informativo in materia
fiscale, effettivo accesso della giurisdizione alle informazioni bancarie, possibilità
di ridomiciliazione (cambio di giurisdizione) societaria, possibilità di creazione di protected cell
companies, ovvero di società che contengono al loro interno cellule “protette” che gestiscono
separatamente i propri assets. L’indice nasce in risposta alla classificazione stilata
nel luglio 2009 dall’Ocse (vedi ARTICOLO a pag. 22), considerata da Tax Justice Network
carente e scarsamente indicativa del livello di non trasparenza di un paradiso fiscale.
www.financialsecrecyindex.com
FONTI: FINANCIAL SECRECY INDEX, TAX JUSTICE NETWORK NOVEMBRE 2009. NOSTRE ELABORAZIONI DA:
CIA, WORLD FACTBOOK LUGLIO 2009; UNITED STATES CENSUS BUREAU 2009; OFFICE FOR NATIONAL STATISTICS,
UK STATISTICS AUTHORITY 2008; INSTITUTO NACIONAL DE ESTATISTICA DO PORTUGAL 2007
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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FATTA LA LEGGE, TROVATO L'INGANNO
I TAX INFORMATION EXCHANGE AGREEMENTS (TIEAS) sono degli accordi bilaterali tramite i quali due Paesi si impegnano a scambiarsi informazioni
– unicamente su richiesta di una delle due parti in causa – in materia fiscale. In base al numero di accordi firmati, una nazione viene inserita nelle famigerate
liste nere, grigie o bianche dell'Ocse, ovvero, in pratica, viene considerata dalla comunità internazionale un paradiso fiscale o meno.
Negli ultimi anni, le giurisdizioni sospettate di essere paradisi fiscali si sono affrettate a siglare un buon numero di tali accordi, ovviamente, però,
con Paesi verso i quali i flussi finanziari sono scarsi o nulli, o ancora meglio tra di loro.
Tra gli accordi bilaterali firmati da San Marino, spiccano quelli con l'Islanda, le Bahamas, Andorra, il Principato di Monaco e le gettonatissime Groenlandia
e isole Far Oer. Viene da domandarsi quale impatto potranno mai avere tali accordi sul contrasto all'evasione internazionale e ai grandi flussi illeciti
di capitali. Se anche ci fossero dei movimenti sospetti tra queste giurisdizioni, siamo sicuri che il Principato di Monaco muoverebbe una richiesta
di informazioni al Liechtenstein o ad Andorra, alle Bahamas o a Samoa, in base ai TIEAs siglati? Nessun accordo, al contrario, risulta al momento firmato
tra lo stesso Principato e l'Italia, dove probabilmente avrebbe una rilevanza ben diversa. Ma tanto l'importante è fare numero.
Ancora, le giurisdizioni più forti economicamente e politicamente, quali Stati Uniti o Germania, possono riuscire a imporre la firma di un accordo bilaterale
alle piccole nazioni offshore. I Paesi del Sud no. È così che quasi tutti i TIEAs “veri” firmati fino a oggi coinvolgono Paesi del Nord, mentre i proventi
della corruzione o dei traffici illeciti realizzati nelle nazioni più povere possono continuare indisturbati a fluire nei forzieri delle grandi banche nel Nord
tramite le loro filiali nei paradisi fiscali.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 27 |
| inbreve |
| inbreve |
Sorpresa allo sportello: due fondi su tre sono “armati” >30
Italia: un modello di corruzione di successo >32
Un nuovo Cda per Banca Etica, interviste a Salviato e Biggeri >34
finanzaetica
CONNECTICUT:
LE AGENZIE
DI RATING
IN TRIBUNALE
BASTA SPECULAZIONI
SUI DEBITI:
DALL’EUROPA UN’OFFENSIVA
CONTRO I CDS
MICROCREDITO:
INTERESSI
TRASPARENTI
PER LEGGE
“FINANZA ETICA
CREDICI!” 2010,
UN PREMIO
ALLA CREATIVITÀ
MILANO, DERIVATI:
SÌ AL RINVIO A GIUDIZIO
È IL PRIMO PROCESSO
AL MONDO
APPUNTAMENTO
AD APRILE CON
L’AZIONARIATO
CRITICO
Il procuratore generale
del Connecticut Richard Blumenthal
(nella foto) ha depositato una
denuncia formale nei confronti
di due delle principali agenzie
di rating del mondo, Moody’s
e Standard & Poor’s, accusandole
di aver consapevolmente
sopravvalutato il livello di sicurezza
attribuito agli investimenti in titoli
subprime allo scopo di ricevere
elevati compensi. In una dichiarazione
ripresa dal portale SocialFunds.com,
Blumenthal ha definito “catastrofici”
gli esiti delle
valutazioni delle
agenzie che, a suo
dire, avrebbero reso
possibile “il più grande
collasso economico
dai tempi della
Grande Depressione”.
L’iniziativa giudiziaria
riporta d’attualità
il tema dei conflitti di interesse
che caratterizzano l’operato delle
agenzie. Negli Usa esistono appena
dieci società registrate presso
la Sec come “Nationally Recognized
Statistical Rating Organizations”
e autorizzate in quanto
tali ad emettere valutazioni
sui prodotti finanziari. Gli emittenti
di questi ultimi, lamentano i critici,
pagano spesso le agenzie
per la valutazione del rating
sugli investimenti determinando
così una situazione sospetta
e poco trasparente a discapito
dell’obiettività e dell’indipendenza
di giudizio degli analisti.
Derivati limitati, anzi, addirittura vietati. Mentre studia
un piano di soccorso per la Grecia, l’Europa si interroga
sul futuro della speculazione ipotizzando misure
drastiche contro i derivati assicurativi, i famigerati
Credit Default Swaps (Cds), costruiti sui debiti
degli Stati. Nati come mezzi di protezione dal rischio
bancarotta, i Cds sono diventati lo strumento
speculativo privilegiato per chi intende giocare
al ribasso scommettendo “negativamente” sul futuro
di una società o di uno Stato. A farne le spese, manco
a dirlo, è stata negli ultimi tempi proprio la Grecia.
Le prospettive negative di quest’ultima, infatti, hanno
fatto crescere il valore dei Cds a protezione del debito
ateniese innescando una corsa all’acquisto dei derivati
che ha contribuito all’ulteriore innalzamento
del loro valore. Una benedizione per gli speculatori
ma anche un dramma per lo Stato ellenico
che ha visto crescere il suo rischio Paese, la sfiducia
degli investitori e il costo dei prestiti.
“Non dobbiamo permettere che la speculazione
approfitti delle difficoltà della Grecia” ha dichiarato
a marzo il cancelliere tedesco Angela Merkel
auspicando una limitazione dell’uso dei derivati.
Ancora più esplicita è stata il ministro delle Finanze
francese Christine Lagarde che ha invocato una rigida
regolamentazione “se non addirittura l’abolizione”
dei Cds sui debiti sovrani. Anche l’Italia ha espresso
le sue perplessità sul tema. In un intervento ripreso
da Il Sole 24 Ore, il governatore dell’istituto centrale
e presidente del Financial stability forum Mario Draghi
ha parlato di “problema sistemico” proponendo
l’istituzione di una cassa di compensazione (clearing
house) in grado di bilanciare le perdite proteggendo
il sistema dagli eventuali crack degli intermediari
attivi in questo mercato.
Arriva dal Bangladesh uno storico
provvedimento che potrebbe
influenzare le politiche
di microcredito nei Paesi
in via di sviluppo. Nella patria
di Muhammad Yunus, fondatore
di Grameen Bank e Premio Nobel
per la Pace 2006 per la sua opera
nel settore, la locale Microcredit
Regularity Authority (Mra) intende
rendere pubblici i tassi di interesse
praticati da tutti gli emittenti
dei microprestiti attivi nel Paese.
Ad annunciarlo la direttrice
della Mra Leela Rashid nel corso
di una conferenza stampa.
La proposta, ha spiegato
l’agenzia bengalese bdnews24,
sarà sottoposta al vaglio del governo
per l’approvazione. Da tempo
il microcredito è stato oggetto
di critiche per via degli eccessivi
interessi imposti con tassi che
tendono ad essere tanto più alti
quanto più poveri sono i contraenti
dei prestiti. Il valore medio dei tassi
applicati nell’Europa Occidentale
si aggira sul 12% contro
il 15 dell’Europa dell’Est. Grameen
Bank pratica tassi fino al 20%
ma nel Terzo Mondo c’è anche
chi impone costi decisamente
superiori. Gli operatori si difendono
sostenendo che ammortizzare
i rischi attraverso l’analisi
del territorio, la formazione dei clienti
e il monitoraggio degli investimenti
è tanto più costoso quanto
più è povera l’area interessata.
“Valorizzare soluzioni creative
di comunicazione sociale sui temi
della Finanza Etica”. È questo
l’obiettivo di “Credici!”, il concorso
organizzato da Fondazione Sistema
Toscana e da Fondazione Culturale
Responsabilità Etica onlus,
in collaborazione con Mediateca
Toscana. “Con lo scoppio della crisi
finanziaria nell’autunno del 2008
– ricordano gli organizzatori –
i richiami alla necessità di maggiore
etica nella finanza sono diventati
argomento di punta per politici,
economisti, commentatori. Ma cosa
è – veramente – la “finanza
etica”?”. È questa la domanda
che ispira l’iniziativa con l’obiettivo
di promuovere nuove soluzioni
comunicative sul tema premiando
le migliori opere realizzate
per l’occasione. Due le categorie
in gara: cartoni animati di durata
compresa tra 30’’ e 1.30’
e cortometraggi video (da 30’’ e 3’).
Le opere saranno valutate da una
giuria popolare degli “Abitanti
di Zoes” su www.zoes.it, il primo
social network italiano sui temi
della sostenibilità, e da una
commissione nominata dagli
organizzatori. La presentazione
di tutti i progetti concorrenti
e la premiazione dei due migliori
(previsti due assegni da 1.000
e 1.500 euro rispettivamente)
saranno realizzate a Terra Futura,
a Firenze, dal 28 al 30 Maggio 2010.
Il disastro dei derivati sottoscritti dal Comune di Milano
approda in tribunale dando il via a un processo
destinato a fare la storia. Con una decisione assunta
il 17 marzo, il Giudice dell’Udienza Preliminare Simone
Luerti ha accolto la richiesta del Pm milanese
Alfredo Robledo rinviando a giudizio undici manager
degli istituti Deutsche Bank, Ubs, JP Morgan e Depfa
accusati di aver guadagnato illecitamente un centinaio
di milioni di euro nella maxi operazione sui derivati
emessi dal Comune su un’obbligazione da 1,6 milioni.
Per i manager, l’ex direttore generale di Palazzo
Marino Giorgio Porta e l’esperto incaricato della
ristrutturazione del debito comunale Mauro Mauri
si ipotizza il reato di truffa aggravata. Le banche hanno
respinto le accuse. Mentre
l’opposizione chiede al Comune
lombardo di costituirsi parte
civile, l’ex sindaco Gabriele
Albertini ha difeso l’operato
di Porta e Mauri nonché la scelta
di ristrutturazione debitoria.
Il processo, che prenderà
il via a maggio, rappresenta un evento storico.
È la prima volta, infatti, che gli istituti di credito
finiscono invischiati in un processo penale
per le loro operazioni con i derivati. Nel mondo
si ravvisa un unico precedente giudiziario risalente
agli anni ’90 e riguardante una corte britannica
ma, allora, si trattò di un semplice contenzioso
amministrativo. Lo scorso anno, la Corte dei Conti
sostenne che, alla fine del 2007, i comuni che avevano
sottoscritto derivati sul proprio debito erano stati 737.
La somma dei loro disavanzi si attestava a quota
27,2 miliardi di euro (ma l’indagine non comprendeva
gli enti pubblici di Piemonte, Trentino Alto Adige
e Valle d’Aosta). In una recente intervista
a Repubblica, il docente della Sda Bocconi Fabio
Amatucci ha ipotizzato che gli enti italiani
che detengono derivati siano circa 3.000.
Importanti appuntamenti nel mese
di aprile sul tema dell’azionariato
critico, l’attività di pressione
degli investitori responsabili condotta
con l’obiettivo di influenzare
positivamente le politiche
delle aziende. Il 29 aprile, a Milano,
è il giorno delle attese assemblee
di Eni ed Enel. La Fondazione
Culturale Responsabilità Etica (Fcre)
e la Campagna per la Riforma
della Banca Mondiale partecipano
all’iniziativa animando
la discussione sull’impatto sociale
e ambientale delle operazioni
Eni in Kazakhstan, Nigeria e Congo
Brazzaville. Nel mirino degli azionisti
attivi anche l’operato del colosso
dell’elettricità Enel che, oltre
a non perdere di vista i suoi progetti
sul nucleare, attraverso la sua
controllata spagnola Endesa
si prepara a costruire una serie
di dighe nella regione di Aysén,
nella Patagonia cilena, sollevando
seri dubbi sulla sostenibilità
ambientale dell’operazione.
Di Eni ed Enel si parla anche
il 26 aprile in occasione del convegno
“Investitori responsabili, azionisti
attivi” organizzato da Fcre.
L’incontro, anch’esso a Milano,
affronterà diversi casi concreti
animando il dibattito sul ruolo
della partecipazione attiva
degli azionisti nella prevenzione
delle crisi economiche e finanziarie.
| 28 | valori |
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
|
|
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 29 |
| finanzaetica | investitori (ir)responsabili |
| finanzaetica |
ALFRED PALMER / LIBRARY OF CONGRESS
Sorpresa
allo sportello:
due fondi su tre
sono “armati”
GLI INVESTIMENTI DELLE BANCHE ITALIANE IN IMPRESE CHE PRODUCONO “ARMI CONTROVERSE”...
CLASSIFICA 2008
ASSOGESTIONI
PER PATRIMONIO
GESTITO
GRUPPO BANCARIO
/SGR
2
7
...E IN IMPRESE CHE PRODUCONO ARMI
TITOLI DI AZIENDE CHE
PRODUCONO ALCUNI TIPI DI
ARMI CONTROVERSE
(VALORE IN MLN DI €)
TITOLI DI AZIENDE
CHE PRODUCONO
ARMI NUCLEARI
TITOLI DI AZIENDE
CHE PRODUCONO
MINE ANTIPERSONA
TITOLI DI AZIENDE
CHE PRODUCONO
CLUSTER MUNITIONS
Pioneer - Unicredit
52,62
30,04
1,29
22,58
BNP Paribas
48,11
43,87
0
4,23
6
Mediolanum
21,05
10,65
0,45
10,41
1
Gruppo Intesa San Paolo
11,50
7,43
0,72
3
Gruppo UBI
4,07
3,17
5
Gruppo Montepaschi
2,20
1,76
9
Azimut SGR
1,91
13
Anima SGR
15
12
GRUPPO BANCARIO
/SGR
TITOLI DI
IMPRESE CHE
INVESTONO
IN ARMI
Pioneer - Unicredit
478,058
Mediolanum
207,989
Gruppo Intesa San Paolo
189,365
4,07
DNP - Paribas
152,804
0
0,90
Azimut SGR
82,020
0
0,44
Anima SGR
35,499
1,67
0
0,24
Gruppo MPS
32,932
1,32
1,32
0
0
Gruppo BPM
22,991
Banca Carige
0,74
0,65
0
0,08
Arca SGR
22,967
Credito Emiliano
0,47
0,24
0,03
0,23
Gruppo UBI Banca
21,267
11
Bipiemme SGR
0,44
0
0,35
0,44
Gruppo Banco Popolare
19,080
8
Generali
0,37
0,21
0
0,16
Credito Emiliano
11,403
4
Arca SGR
0
0
0
0
Kairos Partners
11,299
10
Gruppo Banco Popolare
0
0
0
0
Generali
10,947
16
ICCREA - Banche di Credito Coop.
0
0
0
0
ICCREA - Banche di Credito Coop.
7,333
14
Kairos Partners
0
0
0
0
Banca Carige
4,023
FONTE: ELABORAZIONI SU DATABASE IRES TOSCANA SULLE AZIENDE CHE PRODUCONO ALCUNI TIPI DI ARMI CONTROVERSE – MINE ANTIPERSONA, CLUSTER MUNITIONS, ARMI NUCLEARI
E RELATIVI VETTORI (QUESTI ULTIMI NON INCLUSI TUTTAVIA NEL CONTEGGIO AZIONARIO) – INDIVIDUATE TRA LE PRIME 100 AZIENDE A PRODUZIONE MILITARE (E IN PARTICOLARE
LE 70 QUOTATE IN BORSA) QUALI CENSITE DAL SIPRI, LO STOCKHOLM INTERNATIONAL PEACE RESEARCH INSTITUTE, NELL’ANNUARIO 2009 (SIPRI, ARMAMENTS, DISARMAMENT
AND INTERNATIONAL SECURITY, SIPRI YEARBOOK 2009, OXFORD UNIVERSITY PRESS, OXFORD-NEW YORK, 2009). PER CIÒ CHE CONCERNE I FONDI SONO STATI ANALIZZATO SOLO I PRIMI
50 TITOLI E TRA QUESTI SOLO QUELLI AZIONARI DEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO AZIONARI PURI, FLESSIBILI E BILANCIATI, CON UNA COMPONENTE AZIONARIA SUPERIORE AL 10%
DI ALCUNE DELLE PRINCIPALI IMPRESE DI GESTIONE DEL RISPARMIO DEI PRIMI 15 GRUPPI BANCARI ITALIANI, CUI ABBIAMO AGGIUNTO BPN PARIBAS. LA DATA DI RIFERIMENTO PER
LA CLASSIFICA DEI GRUPPI BANCARI PER CAPITALE GESTITO E PER I RENDICONTI ANALIZZATI È, NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI , IL 31 DICEMBRE 2008 (ELABORAZIONI MERIAN RESEARCH).
Chi investe in fondi azionari o misti
ha il 70% di probabilità di finanziare
imprese che producono armi
FONTE: ELABORAZIONI SU DATABASE IRES TOSCANA
PRENDENDO IN CONSIDERAZIONE LE PRIME 100 AZIENDE
CHE PRODUCONO ARMI (E IN PARTICOLARE LE 70 QUOTATE
IN BORSA) QUALI CENSITE DAL SIPRI, LO STOCKHOLM
INTERNATIONAL PEACE RESEARCH INSTITUTE, NELL’ANNUARIO
2009 (SIPRI, ARMAMENTS, DISARMAMENT AND INTERNATIONAL
SECURITY, SIPRI YEARBOOK 2009, OXFORD UNIVERSITY
PRESS, OXFORD-NEW YORK, 2009). PER CIÒ CHE
CONCERNE I FONDI SONO STATI ANALIZZATO SOLO I PRIMI
50 TITOLI E TRA QUESTI SOLO QUELLI AZIONARI DEI FONDI
COMUNI DI INVESTIMENTO AZIONARI PURI, FLESSIBILI
E BILANCIATI, CON UNA COMPONENTE AZIONARIA
SUPERIORE AL 10% DI ALCUNE DELLE PRINCIPALI IMPRESE
DI GESTIONE DEL RISPARMIO DEI PRIMI 15 GRUPPI
BANCARI ITALIANI, CUI ABBIAMO AGGIUNTO BPN PARIBAS.
LA DATA DI RIFERIMENTO PER LA CLASSIFICA DEI GRUPPI
BANCARI PER CAPITALE GESTITO E PER I RENDICONTI
ANALIZZATI È, NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI, IL 31
DICEMBRE 2008 (ELABORAZIONI MERIAN RESEARCH).
Ires Toscana presenta i primi risultati dello studio pilota “Finanza e Armi”. I clienti Unicredit, Mediolanum, Intesa e BNP Paribas hanno più armi in portafoglio. Senza saperlo.
HI ENTRA IN BANCA E CHIEDE DI DEPOSITARE I PROPRI RISPARMI in un fondo comune azionario o misto ha il 70%
di probabilità di investire in aziende che producono armi. Carri armati, fucili, pistole, sistemi radar, ma
anche le famigerate bombe a grappolo (cluster), che spesso non esplodono quando toccano il suolo,
creando veri e propri campi minati. A dirlo è uno studio di Ires Toscana, presentato a Milano, alla fiera
di Marco Atella
“Fa’ la cosa giusta!” il 13 marzo scorso. In collaborazione con Merian Research, Ires ha analizzato 417
fondi comuni di investimento promossi dai maggiori gruppi bancari italiani. In ben 288 ha trovato azioSopra, Fort Knox, Kentucky:
ni di imprese a produzione militare. «Al primo posto c’è Pioneer, del Gruppo Unicredit, che, nei suoi
un carro armato M3
della seconda Guerra Mondiale
fondi ha 478 milioni di euro investiti in imprese che producono armi», spiega Chiara Bonaiuti di Ires,
durante un’esercitazione.
coordinatrice della ricerca, precisando che «si tratta di uno studio pilota, ancora in fieri, che ha fotograUsa, 1942
fato uno spaccato della realtà dei fondi di investimento. Pertanto i
PRODUTTORI DI ARMI:
dati e relative classifiche sin qui ottenute devono essere considerati
FONTI DI FINANZIAMENTO
provvisori». Al secondo posto c’è Mediolanum (207,99 milioni), di
ANTICIPI DI CLIENTI E FORNITORI
OBBLIGAZIONISTI
PRESTITI BANCARI
AZIONISTI
cui la Fininvest della famiglia Berlusconi ha oltre il 35% delle azio80%
ni. Il terzo e il quarto posto spettano a Intesa-Sanpaolo e al gruppo
70
francese BNP-Paribas, che nel 2006 ha assorbito la Banca nazionale
del lavoro. A seguire gli altri, ma a qualche lunghezza di distanza.
60
Il cliente che abbia comprato fondi come Pioneer Italian Equity
50
o European Research, proposti da Unicredit, ha per esempio inve40
stito in azioni di colossi degli armamenti come Bae Systems o Fin30
meccanica, mentre chi si è rivolto a un consulente globale Mediolanum ha forse potuto cogliere le opportunità offerte dal fondo
20
Industrial Equity, che in un colpo solo ha messo in portafoglio ben
10
trenta titoli di imprese che producono armi: da Raytheon a General
0
Dynamics, da Eads a Textron e Northrop Grumman.
| 30 | valori |
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
|
FONTE: REPORT PROFUNDO ECONOMIC RESEARCH PER BANKTRACK
ATK
RHEINMETALL
FINMECCANICA
UNITED
TECHNOLOGIES
EADS
THALES
GENERAL
DYNAMICS
BAE
SYSTEMS
LOCKHEED
MARTIN
C
BANCHE ALL’ANGOLO, TRA DUE FRONTI OPPOSTI
BANCHE E ARMI, UNA RELAZIONE ACCERTATA E MOLTO CONTESTATA. Gli istituti
di credito si trovano stretti in una morsa, tra due forze opposte. Da un lato
la società civile e le campagne che chiedono una maggior responsabilità sociale,
soprattutto la campagna “Banche armate” (www.banchearmate.it), che dal 2000
ha acceso i riflettori sul tema dei servizi forniti dagli istituti di credito all’industria
militare per l’esportazione di armamenti. Dall’altro, l’industria militare
e in particolare le aziende che fanno capo a Finmeccanica, che esercitano forti
pressioni sugli Istituti di credito. Basta leggere quanto scritto nell’ultima relazione
d’esercizio dell’Aiad, la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa
e la Sicurezza (www.aiad.it), datata 23 luglio 2009, che ha definito “atteggiamento
demagogico” la decisione delle banche di autoregolamentare la propria attività nel
settore. Nel testo si legge: “A tenere viva l’attenzione dell’Associazione è stato anche
il problema delle banche etiche che, professandosi “non armate”, hanno sospeso
ogni transazione di esportazione, se pur già disciplinata nel rispetto della Legge
185/90. In maniera ricorrente l’Aiad ha rappresentato la propria preoccupazione
per l’amplificarsi delle conseguenze derivanti alle imprese ed al riguardo sono state
inoltrate sia a Confindustria che all’Abi diverse comunicazioni alle quali hanno fatto
seguito molteplici incontri sia con i vertici dell’Abi che dei diversi Gruppi Bancari
nonché con il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi; numerosi anche gli
interventi nell’ambito di Seminari e Convegni per porre in evidenza l’atteggiamento
fondamentalmente demagogico proprio degli istituti bancari”. Un testo da manuale
di perfetta lobby, a cui, almeno finora, né l’Associazione Bancaria Italiana (Abi), né
le singole banche che in questi anni si sono dotate di codici di responsabilità per
quanto riguarda il finanziamento e i servizi all’esportazione militare hanno risposto.
IN RETE
www.irestoscana.it - www.merian-research.it
Mine, cluster e armi nucleari
Ma non basta. Lo studio di Ires è andato a cercare all’interno dei portafogli dei fondi anche i produttori di “armi controverse”. «Si tratta di
armi come le mine antiuomo e le cluster o di ordigni nucleari di distruzione di massa», continua Chiara Bonaiuti. «Per identificare le
aziende produttrici di questo tipo di armamenti abbiamo adottato
un’interpretazione rigorosa, basata sui dati dell’istituto di ricerca svedese Sipri (Stockholm international peace research institute), più restrittiva rispetto ai criteri utilizzati comunemente dai grandi investitori istituzionali, come il fondo pensione del governo norvegese».
Anche nella classifica delle armi “controverse” Unicredit è al primo
posto, con 30 milioni investiti nelle armi nucleari, 22,6 in imprese che
producono bombe a grappolo e 1,29 milioni nei produttori delle famigerate mine antiuomo. A seguire Bnp Paribas, che è “forte” nelle armi nucleari (43,87 milioni) e Mediolanum, che investe oltre 10 milioni di euro in produttori di bombe a grappolo. «Non è facile per un
risparmiatore sapere se i suoi soldi vengono utilizzati per finanziare il
settore delle armi», spiega Chiara Bonaiuti. «Quello che ciascuno può
fare, è chiedere alla propria banca di essere più trasparente e di mettere in atto politiche responsabili nelle esportazioni di armamenti e nella sostenibilità dei fondi. Oppure può investire in un fondo etico, che
escluda al 100% gli armamenti. L’obiettivo dello studio di Ires Toscana
è offrire ai risparmiatori uno strumento trasparente per operare scelte
responsabili in un campo delicato quale quello degli armamenti».
.
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ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 31 |
| finanzaetica | tangenti sotto esame |
| finanzaetica |
Italia:
un modello
di corruzione
di “successo”
C’È UN FUTURO
DOPO TANGENTOPOLI?
ERA IL LONTANO 1998 QUANDO IVAN CICCONI, ingegnere e direttore di Itaca (Istituto
per la trasparenza negli appalti e la compatibilità ambientale) intitolava Storia del futuro
di tangentopoli il libro in cui spiegava, non solo i meccanismi del sistema di tangenti
scoperchiato dal pool di Mani pulite, ma anche attraverso quali nuovi rivoli sarebbe sparito
il danaro pubblico: con i general contractors, soggetti privati che gestiscono i lavori
per la costruzione dell’Alta velocità, senza limiti di spesa.
E ora a che punto siamo?
Rispetto a Tangentopoli è completamente un’altra cosa perché è cambiata la forma dei partiti.
Siamo di fronte a un fenomeno ancora non del tutto esplorato, ma di portata enorme: si sono
moltiplicate le occasioni di malaffare e ci troviamo di fronte a decine di migliaia di “mariuoli”,
di politici che hanno occupato le gestioni pubbliche. E agiscono senza più nessun tipo
di controllo democratico. Fino a Tangentopoli i partiti ancora esercitavano un controllo
e il sistema della corruzione era giustapposto, era dietro, ma comunque c’erano la gara
e la procedura. Ora sono entrati direttamente nei meccanismi.
Come siamo arrivati alla moltiplicazione dei mariuoli?
Facciamo scuola: Banca mondiale studia la maxitangente Enimont e All Iberian, il network di società riconducibili
a Fininvest. Nulla di cui essere orgogliosi: sono almeno 60 i miliardi di euro sottratti ogni anno alla nostra qualità della vita.
EURO AL MILLIMETRO. Tanto abbiamo pagato i binari dell’Alta velocità. In Spagna, Francia e Giappone un chilometro
costa circa 10 milioni di euro; in Italia 60 milioni. Dobbiamo risolvere problemi costruttivi particolarmente comdi Paola Baiocchi plicati? No, manteniamo un apparato capillare di corruzione che ci sottrae almeno 60 miliardi di euro l’anno,
secondo le stime della Corte dei Conti, che ha quantificaLIBRI
to, per difetto, la “tassa occulta” che ogni cittadino paga
per avere in cambio una sanità meno valida, meno scuola
pubblica e una minore qualità della vita. E che ci vede obbligati a lavorare cento ore in più l’anno rispetto ad altri
Paesi (dati Oecd), proprio per l’inefficienza del sistema.
60
Ivan Cicconi
Storia del futuro
di Tangentopoli
Edizioni Dei, 1998
Casi da manuale
Donatella della Porta
Alberto Vannucci
Mani impunite
Laterza, 2007
Marco Travaglio
Ad personam
Chiarelettere, 2010
| 32 | valori |
Alcuni tra i maggiori casi italiani di corruzione degli ultimi anni sono oggetto di uno studio da parte della Banca
mondiale. Siamo in buona compagnia, ci assicura l’organismo internazionale, con altri 200 casi circa. Ma la notizia non è di quelle che ci fa gonfiare il petto d’orgoglio.
L’iniziativa è inquadrata nel programma StAR (Stolen Assett Recovery), che ha precedenti di studio come il recupero dei capitali esportati illegalmente dai propri Paesi da
personaggi del calibro di Alberto Fujmori - pluricondannato presidente del Perù - o il recupero del saccheggio dei
beni delle Filippine, esportati da Marcos in Svizzera.
Allo studio di Banca mondiale ci sono i meccanismi
creati da Sergio Cusani per allestire la maxitangente Enimont: 150 miliardi pagati a partiti, magistrati e avvocati.
Quella che è stata definita la “madre di tutte le tangenti”
serviva a spostare 2.805 miliardi di lire dalle casse dello
Stato al gruppo Ferruzzi, per riscattare la quota Enimont.
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
|
Sotto esame anche Berlusconi e All Iberian, la galassia
di 65 società riconducibili a Fininvest creata a Londra dall’avvocato Mills, attraverso le quali sono passate le tangenti per il Psi e Cesare Previti ha corrotto un giudice nella vicenda del Lodo Mondadori.
Mazzette per 1.600 miliardi
Secondo le stime della Banca mondiale ogni anno nel
mondo vengono pagati in "mazzette" da 1.000 a 1.600 miliardi di dollari. «È normale che Banca mondiale vada a vedere un modello di corruzione di “successo”», spiega Alberto Vannucci, ricercatore all’Università di Pisa presso il
dipartimento di Scienze politiche e sociali. «La corruzione
opera con meccanismi a valanga: più corruzione c’è, più è
facile che si rinforzi attraverso sistemi di apprendimento.
Chi opera oggi nell’universo della corruzione – continua
Vannucci - ha imparato come correre meno rischi, come
dissimulare le tangenti attraverso società di consulenza intestate ai parenti, che rendono servizi impalpabili agli enti
pubblici. L’apprendimento produce dall’altra parte una necessità di aggiornamento per preparare strumenti di controllo che permettano di fronteggiare questo tipo di rischi».
Statisticamente l’Italia ha livelli di corruzione da Paese
in via di sviluppo, come ricorda l’Indice di percezione della corruzione stilato ogni anno da Transparency International (www.transparency.it): eravamo al 41mo posto nel
2007, siamo scivolati al 63mo nel 2009. Molto al di sotto
del Botswana (37ma). Nonostante l’indice sia una somma
di percezioni, non va sottovalutato. “Si stima che il peggioramento di un punto dell’indice di corruzione comporti una diminuzione degli investimenti diretti esteri del-
L’Europa ha emanato otto anni fa una direttiva che estende il reato di corruzione anche ai rapporti
tra privati. L’Italia è stata l’unica a non recepirla. Inoltre i due reati collegati a quello della corruzione
– il falso in bilancio per il corruttore e l’abuso di ufficio per i funzionari pubblici corrotti – sono stati
sostanzialmente depenalizzati dal Parlamento con maggioranze trasversali. L’ultima moltiplicazione
di possibilità è rappresentata da società di diritto privato a controllo pubblico (come Difesa
SpA, ndr) dove c’è la completa intercambiabilità dei soggetti pubblici con quelli privati.
Come uscirne?
Azzerando i partiti o arrivando finalmente a quella definizione dei partiti che l’articolo 49
della Costituzione ha lasciato aperta.
Pa. Bai.
l’11%”, spiega Marco Arnone, docente di Economia all’Università del Piemonte Orientale, per 5 anni funzionario al
Fondo monetario internazionale, nel suo libro “Il costo
della corruzione”. Nel volume collega una serie di fattori
indicativi della corruzione: è tipico dei Paesi con un elevato indice di corruzione la scelta di prediligere le ”grandi
opere”, piuttosto che azioni di manutenzione dell’esistente. Ma anche le scelte di bassi livelli di spesa pubblica per
istruzione e sanità. A sua volta un basso livello di istruzione è uno dei fattori che permettono a un sistema corrotto
di perpetuarsi e questa considerazione ci offre un ulteriore
motivo per opporci ai tagli annunciati dalla ministra Gelmini, che insistono su una situazione già disastrosa: in Italia il 55% della popolazione ha al massimo la terza media.
Siamo il Paese occidentale con meno ricercatori sul totale
degli occupati, la classe politica e la pubblica amministrazione hanno una formazione inadeguata.
Conflitto di interesse
Depenalizzato il falso in bilancio, ridotti i tempi di prescrizione dei reati, reso sempre più arbitrario e vischioso
il procedimento penale: «In Italia per mettersi al riparo
dal rischio dei processi è stato fatto l’inenarrabile», dice
Alberto Vannucci. «Abbiamo un modello sofisticato di
corruzione, ormai istituzionalizzata, che è il conflitto di
interessi, ma non lo percepiamo come corruzione, perché nel conflitto di interessi le due figure del corrotto e
del corruttore coincidono. Un esempio tra mille: il digitale terrestre. La scelta di adottare questa tecnologia giova solo al gruppo Fininvest».
.
| finanzaetica | nuovo Cda per Banca Etica |
| finanzaetica |
Salviato
«Abbiamo
contaminato
di etica
il mercato»
Biggeri
«Le priorità
sono:
efficienza
e fare rete»
Dopo undici anni come presidente di Banca Etica Fabio Salviato lascia l’incarico perché ha raggiunto
il limite dei mandati. «L’infanzia della banca è finita, è il momento di passare a progetti più significativi».
NDICI ANNI FA NON AVREI IMMAGINATO di arrivare al
punto in cui siamo oggi». Ricorda così gli albori di Banca Etica, Fabio Salviato, che dalla nascita dell’istituto di credito fino ad
oggi ne è stato l’unico presidente.
di Elisabetta Tramonto
Ma è arrivato il momento di lasciare le redini della banca (perché ha raggiunto il limite dei mandati). Nell’assemblea dei soci del 22 maggio verrà eletto un nuovo
Cda e un nuovo presidente. Salviato comunque non uscirà di scena.
«U
Che cosa pensa di aver contribuito a creare in questi undici anni? Che bagaglio lascia alla banca e ai soci?
Ho contribuito a creare una sensibilità verso la finanza etica per 50
mila persone in Italia, tra clienti e soci di Banca Etica; a dare un prestito a 10 mila imprese e a creare almeno 10 mila nuovi posti di lavoro. Ma il risultato più grande è stato aver contaminato l’intero sistema finanziario.
Quali problemi restano aperti?
Siamo riusciti a dimostrare che una banca etica e socialmente responsabile è possibile, tanto che ci sono degli imitatori, mentre undici anni fa il sistema lo negava. Ma l’infanzia è finita, questa bambina del ’99 ha 11 anni. È il momento di passare a progetti più
significativi e di dare risposte ai nuovi bisogni che stanno emergendo, come un’agenzia nazionale per il microcredito, la questione
energetica, un maggiore impulso rispetto alla domanda della green
economy. Ed è fondamentale sviluppare la dimensione globale/europea, anche perché le reti solidali e i soci fondatori si sono globalizzati e chiedono di seguire le loro attività all’estero. È il momento di dedicarsi di più alla finanza di progetto, il project financing.
Le associazioni ci domandano prodotti ad hoc, per esempio centi| 34 | valori |
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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naia di Comuni chiedono di finanziarli per assumere la proprietà
municipalizzata dell’acqua.
Banca Etica è accusata di scarsa efficienza...
Sicuramente abbiamo numerosi aspetti organizzativi da migliorare,
ma sul lato dell’efficienza abbiamo fatto notevoli passi avanti. Ma
non si può stabilire l’efficienza di Banca Etica paragonandola agli
istituti di credito tradizionali. Prendiamo per esempio la figura del
vicepresidente, in Banca Etica ha una funzione socioculturale, dedicata alla formazione e alla cultura. Può essere vista come inefficienza, invece è cultura. Il confronto regge solo con altre banche etiche.
L’area progettuale è il valore aggiunto della banca, ma non possiamo accontentarci. Dobbiamo comunque essere più efficienti.
Come vede la banca tra 10 anni?
Ho scritto un libro che parte dal 1970 e arriva al 2020. I prossimi saranno dieci anni interessanti. La crisi durerà: una crisi globale, finanziaria, economica, ambientale ed energetica. Il ruolo di Banca
Etica potrebbe essere importante, contribuendo a creare delle reti,
sociali e solidali (gas commercio equo, ecc.), che, con un’azione culturale, ma anche imprenditoriale, e un adeguato utilizzo del denaro, potrebbero ottenere forti cambiamenti. Ma le reti devono cominciare a collaborare insieme alla politica.
Dopo undici anni da presidente di Banca Etica che cosa
farà? Si allontanerà da questo mondo?
Continuerò a seguire le attività internazionali della banca, sia con il
progetto Banca Etica europea, che con Febea e Sefea. E mi dedicherò
al progetto “Etica servizi” presso l’azienda agricola La Costigliola:
una ex fortificazione del 1000, che dovrebbe diventare un riferimento per la formazione di Banca etica.
.
Tra i candidati al Cda Ugo Biggeri è l’unico che si è dichiarato disponibile a diventare
presidente. Da tre mesi sta dialogando con soci e dipendenti della banca per favorire la massima partecipazione.
D
A PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE CULTURALE RESPONSABILITÀ
Etica potrebbe diventare presidente di Banca Etica. Ugo
Biggeri è l’unico tra i candidati al prossimo Cda ad aver
dato la sua disponibilità a ricoprire questa carica. 44 anni, sposato, con tre figli, una laurea
di Elisabetta Tramonto
in fisica e molti anni nella cooperazione internazionale con Mani Tese. Oggi abita a Vicchio, nelle
A sinistra, Fabio
Salviato, attuale
colline vicino a Firenze, in una dimensione comunitapresidente di Banca
ria, condividendo casa e quotidianità con altre famiglie
Etica. A destra,
Ugo Biggeri, il suo
e accogliendo ragazzi dall’estero con situazioni difficili
possibile successore
alle spalle. Di Banca Etica è il socio numero 19.
alla presidenza.
Se fosse eletto, quali sarebbero le prime questioni su cui vorrebbe intervenire?
Intendo mettere a frutto la fase di ascolto che ho portato avanti da quando mi sono candidato sul mio blog
(www.zoes.it/blogs/ugo-biggeri) dove da più di tre mesi dialogo con soci e dipendenti della banca, per capire
quali sono le loro esigenze. Ho riscontrato una grande
voglia di essere ascoltati. Durante gli incontri che sto facendo in giro per l’Italia parlo per un quarto d’ora e poi
ascolto. Voglio sfruttare questo momento magico di
grande partecipazione. Oggi ho le idee chiare sulle pro-
I NUOVI CANDIDATI AL CDA DI BANCA ETICA [CHE HANNO RACCOLTO ALMENO 300 FIRME TRA I SOCI]
GIULIO TAGLIAVINI
Emiliano, cinquant’anni, professore
ordinario di Economia degli intermediari
finanziari presso l’Università degli Studi
di Parma. È stato membro del comitato
etico di Banca etica. Per confrontarsi
con i soci della banca e rispondere alle
domande sulla sua candidatura ha attivato
un blog su internet (gtcandidato.blogspot.com). «Sono
“affezionato” al progetto di Banca Etica, che seguo da anni.
E vedo dei problemi da affrontare urgentemente», questo
il motivo principale che ha spinto il professor Tagliavini
a candidarsi al Cda. Quali, dunque, i problemi più urgenti?
«È necessario essere più innovativi sia sul fronte della
raccolta che degli impieghi e rafforzare l’offerta di prodotti
più caratterizzati verso il sociale. Per esempio non esistono
al momento prodotti specifici rivolti al terzo settore. Banca
Etica dovrebbe essere più attiva nel prestito sociale,
nel microcredito e nell’inclusione finanziaria».
RENZO CANAL
Nato a Ponte di Piave, in provincia
di Treviso. Ha settant’anni, di cui quaranta
di attività bancaria, da impiegato
a direttore ad amministratore delegato,
presso diversi istituti di credito.
Perché candidarsi al Cda di Banca Etica?
«Ho sempre seguito con estremo favore
la vita della banca. Appena in pensione, forte anche
della mia esperienza, ho ritenuto di poter dare
il mio contributo». Se fosse eletto quali questioni
affronterebbe per prime? «Mi impegnerei ad analizzare
l’attuale modello di operatività della banca per trovare
i modi per ottenere più efficienza e ridurre i costi.
È poi necessario sviluppare la banca on line per allargare
la clientela e risolvere il problema della distanza dalle filiali.
È anche un modo per entrare nel terzo settore.
Fondamentale inoltre allargare i servizi offerti dalla banca
e rafforzare il patrimonio e i ricavi».
FRANCO MARZOCCHI
Ha 57 anni e da 35 vive e lavora
nel mondo delle cooperative: è dirigente
di Federsolidarietà-Confcooperative.
È tra i soci fondatori di Banca Etica
e ha fatto parte del primo Cda dal 1997
al 2000. Perché candidarsi nuovamente?
«Da dieci anni seguo la vita di Banca Etica
dal punto di vista delle cooperative sociali e oggi ritengo
di poter dare un contributo utile in questo momento
importante per il progetto della banca». Dove dovrebbe
dirigersi la banca da domani per crescere? «Una direzione
importante è rafforzare i rapporti con le reti nazionali
e le grandi organizzazioni: sistemi complessi come
Federsolidarietà. Le cooperative sociali sono un interlocutore
fondamentale con enormi potenzialità che finora
non hanno potuto esprimere. Rafforzare queste relazioni
permetterebbe anche di aumentare in modo significativo
il capitale sociale, una delle attuali priorità per la banca».
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ANNO 10 N.78
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NERO SU BIANCO: DIECI ANNI DI BANCA ETICA
A DIECI ANNI dalla nascita di Banca Etica, il suo
storico presidente, Fabio Salviato, ne racconta la storia
in un libro in uscita il 7 aprile: “Ho sognato una
banca”. Un sogno diventato realtà, che Fabio Salviato
racconta in prima persona, ripercorrendo le tappe che
attraversano trent'anni di attivismo sociale, dagli
scontri del '77 all'occupazione della base americana
di Comiso, dal messaggio rivoluzionario del commercio
equo agli anni Novanta, con il boom del terzo settore.
Fino ai giorni nostri, quando il modello di Banca Etica
è pronto per essere esportato in altri Paesi europei.
Oltre a narrare le vicende e i personaggi principali
legati alla nascita della banca, nel libro si legge una
storia mai scritta: quella dei movimenti e delle reti
cooperative che hanno dato vita al “sogno” e che
da decenni animano la coscienza critica dei cittadini
europei. Lontani dai riflettori della politica-spettacolo
e dai salotti buoni delle grandi famiglie dell'industria
e della finanza, le cooperative, le associazioni
e le organizzazioni non governative hanno saputo
rispondere in modo creativo e partecipato ai bisogni
di milioni di persone, creando opportunità di lavoro
e integrazione per giovani emarginati, disabili,
disoccupati dalle regioni più isolate e depresse fino
alle periferie infinite delle grandi città contemporanee.
In un periodo di grave crisi economica e di sfiducia
nel sistema bancario, la storia di Banca Etica vuole
indicare una via d’uscita a partire dal basso, dal
coinvolgimento di clienti, soci, cittadini, in un piano
di sviluppo sociale che ha come motore il credito. Il libro
ha lo scopo di risvegliare la creatività e la passione per
il “fare”, per l’attivismo sociale, in un momento storico
segnato dall’apatia e dal ripiegamento dei cittadini
nella propria sfera privata. L’esperienza di Banca Etica
e delle migliaia di persone che hanno contribuito
a farla crescere sono la dimostrazione che, mettendosi
in rete, si possono realizzare idee straordinarie
e contribuire concretamente a rendere migliore
il mondo in cui viviamo e in cui vivranno i nostri figli.
Fabio Salviato
in collaborazione con
Mauro Meggiolaro
Prefazione di Ilvo Diamanti
Postfazione di Stefano Zamagni
Ho sognato una banca. Dieci anni
sulla strada di banca etica
Feltrinelli, Serie bianca, Aprile 2010
blematiche della banca. Se dovessi essere eletto presidente, innanzitutto, cercherei di fare squadra con il
Consiglio di amministrazione, all’interno del quale
vorrei che le responsabilità siano distribuite, separando
la parte operativa da quella politica. Non è una critica
alla gestione precedente: finora si è dimostrato che Banca Etica esiste, ora occorre pensare a come la banca vede sé stessa, ridefinire la mission politica, ripartendo anche da un nuovo sogno.
Da un punto di vista pratico quali sono le priorità da affrontare?
Bisogna lavorare sull’organizzazione interna della ban-
ca, in modo da essere più efficienti verso i clienti. È necessario mettere in moto la cultura della soddisfazione
del cliente: del cittadino responsabile o dell’associazione impegnata nel sociale e nell’ambiente. Finora lo abbiamo fatto in termini di trasparenza, di rispetto di valori etici, ma bisogna pensare alla soddisfazione anche
riguardo i tempi di risposta e l’efficienza. Credo sia importante fare sempre più rete con altri soggetti per stimolare processi di innovazione sociale e finanziaria, di
coniugare idealità, efficienza e coesione organizzativa.
Molti soci chiedono innovazione, anche nei prodotti, per essere competitivi con le altre banche. Che cosa ne pensa?
Sono d’accordo. Per esempio, undici anni fa Banca Etica ha introdotto il finanziamento al terzo settore, oggi
invece lo offrono anche altre banche. Noi dobbiamo farlo meglio e lavorare sull’innovazione.
Che futuro vede per Banca Etica tra dieci anni?
Sarà sempre più un motore di sviluppo per l’economia
alternativa, intervenendo non solo sul non profit, ma anche sul profit responsabile, capace di stringere alleanze
e sostenere un welfare partecipato. Spero che tra dieci anni non sarà la sola a farlo.
Lei vive sulle colline fiorentine con una moglie,
tre figli e una vita di comunità. Come pensa di
conciliarla con l’attività di presidente, di una
banca con sede a Padova?
È fondamentale chiarire quale ruolo dovrei ricoprire.
Quello di presidente non è di tipo operativo, ma politico. Più che a Padova è importante essere presente a Milano, Roma e in tutta Italia. Banca Etica deve avere sempre più un respiro nazionale e internazionale.
.
GLI EX MEMBRI DEL CDA CHE OGGI SI RICANDIDANO
LUIGI BARBIERI
Nel Cda di Banca Etica dal 2001
Nato ad Abano
Terme nel 1935,
ha operato nei
settori dell’equo
e solidale,
del biologico
e dell’associazionismo.
Ha deciso di ricandidarsi
«per trasmettere la sua
esperienza ai nuovi membri
del Cda». Quali le prime
questioni da affrontare? «Serve
un ulteriore decentramento dalla
sede centrale alle periferie,
un consolidamento del patrimonio
e più attenzione ai giovani,
agli stranieri e alle aree fragili».
| 36 | valori |
ANNO 10 N.78
MARINA COPPO
Nel Cda di Banca Etica dal 2007
Nata a Bolzano
nel 1961,
laureata in
Economia delle
imprese non
profit. Ha operato
in diverse cooperative sociali
ed è stata assessore comunale ai
Servizi sociali. Si ricandida perché
«un mandato non è sufficiente
per portare il proprio contributo».
Le priorità per Banca Etica? «Aprirsi
di più a un mondo che in questi
11 anni è cambiato. E sviluppare
competenze in 2-3 attività
per portare un valore aggiunto,
l’immigrazione per esempio».
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APRILE 2010
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SERGIO MORELLI
Nel Cda di Banca Etica dal 2007
Nato a Milano
nel 1941,
laureato
in Economia
e Commercio,
Sociologia
e Teologia. Dal 1999 assessore
al Bilancio del Comune di San
Giuliano milanese. Le priorità?
«Riorganizzare la banca,
riequilibrando il rapporto tra
il numero di dipendenti in sede
e nelle filiali. Il sistema informativo
e informatico deve essere
aggiornato, snellito e velocizzato.
Bisogna essere più attenti alle
esigenze delle cooperative sociali».
RITA DA PADOVA
Nel Cda di Banca Etica dal 2007
Nata a Foggia
nel 1955.
Dal 1991
si è occupata
di finanza etica.
Si ricandida «per
ubbidienza ai soci, che le hanno
chiesto di essere referente
dell’area Sud». Per Banca Etica
è urgente: «lavorare sul proprio
modello organizzativo
e sull’efficienza. Bisogna essere
meno ideologici e saper tradurre
in pratica gli ideali. Bisogna
lavorare di più per semplificare
l’accesso al credito per
chi ha difficoltà ad ottenerlo».
TOMMASO MARINO
Nel Cda di Banca Etica dal 2001
Nato a Reggio Calabria
nel 1951, laureato
in ingegneria elettronica.
Dal 1998 è nel Consiglio
nazionale sulla disabilità.
Si ricandida «per continuare
il lavoro cominciato in questi
anni, in particolare
l’organizzazione territoriale
dei soci e il codice etico».
Le priorità da affrontare?
«Sviluppare le attività
nel Sud Italia e, soprattutto,
adottare una politica
che permetta di coordinare
le diverse realtà,
oggi tra loro distanti».
APPUNTAMENTI APRILE>GIUGNO
7 - 10 aprile
NAIROBI (KENIA)
2010 AFRICA/MIDDLE EAST REGIONAL
MICROCREDIT SUMMIT (AMERMS)
Convegno organizzato dalla Microcredit
Summit Campaign e sponsorizzato dalla
Association of Microfinance Institutions.
www.microcreditsummit.org
8 - 10 aprile
MONTPELLIER (FRANCIA)
BIENNALE EUROPÉENNE DE LA FINANCE
RESPONSABLE ET DURABLE
Convegno sull’economia etica
e la finanza responsabile.
www.befrd.org
9 aprile
MILANO
NOVITÀ ANTIRICICLAGGIO
Incontro di discussione sulle procedure
da seguire per contrastare riciclaggio
e finanziamento del terrorismo.
Organizza Business International.
www.businessinternational.it
12 aprile
MILANO
PPP E PROJECT FINANCE
PER LE ENERGIE RINNOVABILI
Seminario dedicato all’analisi
della disciplina del Project Financing
e degli schemi operativi
per il finanziamento di progetti
nel settore delle energie rinnovabili.
www.businessinternational.it
13 - 14 aprile
PADOVA
BUSINESS PLAN E PIANO ECONOMICO
FINANZIARIO PER IMPIANTI FV
Il corso si propone di illustrare
le metodologie e gli strumenti
per la progettazione economicogestionale di impianti fotovoltaici.
www.businessinternational.it
21 - 23 aprile
MILANO
SALONE DELLA GESTIONE
DEL RISPARMIO
Tre giorni di incontri presso Palazzo
Mezzanotte a Piazza Affari. Il Salone,
primo evento in Italia interamente
dedicato al settore del risparmio gestito,
sarà un’occasione d’incontro per
gli operatori dell’industria, gli esponenti
delle istituzioni e delle autorità
di vigilanza, i media e i risparmiatori.
www.salonedelrisparmio.com
23 aprile
“FINANZA ETICA – CREDICI!” 2010
Scadono i termini per l’invio delle opere
in concorso per il Premio “Finanza Etica
– Credici!” 2010, l’iniziativa pensata
per valorizzare soluzioni creative
di comunicazione sociale sui temi della
Finanza Etica (vedi ARTICOLO a pag. 29).
Il bando e la relativa documentazione sono
pubblicati su www.fcre.it e www.zoes.it.
www.fondazionesistematoscana.it
www.fcre.it
29 aprile
MILANO
INVESTITORI RESPONSABILI,
AZIONISTI ATTIVI
Perché la partecipazione attiva degli
azionisti è fondamentale per un buon
funzionamento delle imprese?
Se ne discute al convegno organizzato
a Milano dalla Fondazione Culturale
Responsabilità Etica.
www.fcre.it
29 aprile
MILANO
ASSEMBLEE AZIONISTI ENI ED ENEL
Appuntamento con l’azionariato critico
alle assemblee di Eni ed Enel cui
partecipano la Fondazione Culturale
Responsabilità Etica e Crbm (Campagna
per la Riforma della Banca Mondiale).
Tra le questioni di attualità, la presenza
di Eni in Kazakhstan, Nigeria e Congo
Brazzaville e gli investimenti di Enel
nelle dighe in Patagonia e nel settore
dell’energia nucleare
www.crbm.org
www.fcre.it
5 - 7 maggio
COPENHAGEN (DANIMARCA)
THE PRI ACADEMIC CONFERENCE 2010
Conferenza sui Principi dell’Investimento
Responsabile (Pri), il codice di condotta
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A [email protected]
realizzato in sede Onu e sottoscritto,
ad oggi, da quasi 700 operatori
di mercato di tutto il Pianeta.
www.unpri.org
10 - 12 maggio
AMSTERDAM (OLANDA)
MICRO FINANCIAL SERVICES WORLD
Si intitola “Opportunities & innovation
in microfinance for practitioners
& socially responsible investors”
l’evento, della durata di tre giorni,
organizzato da Hanson Wade.
www.mfs-world.com
12 - 14 maggio
CASTROCARO
FESTIVAL DEL FUNDRAISING
Tre giorni di incontri per il più grande
evento italiano sulla raccolta fondi.
www.festivaldelfundraising.it
22 maggio
PADOVA
BANCA ETICA – ASSEMBLEA DEI SOCI
L’Assemblea dei soci è l’organo sovrano
di Banca Popolare Etica, che delibera
in sede ordinaria e straordinaria. Possono
parteciparvi tutti coloro che risultano
iscritti al libro soci da almeno novanta
giorni (dalla prima convocazione
dell’assemblea). Nell’occasione
si voterà per il rinnovo del Consiglio
di amministrazione, del Collegio
sindacale e del Comitato dei probiviri.
Ogni socio ha diritto a un unico voto
a prescindere dal numero delle azioni
sottoscritte. Fabio Salviato lascia
la carica di presidente dopo 10 anni.
www.bancaetica.com
24 - 26 maggio
NEW YORK (USA)
GLOBAL MICROFINANCE INVESTMENT
CONGRESS 2010
Terza edizione del convegno organizzato
dall’American Conference Institute (Aci)
in collaborazione con PlaNet Finance.
Tendenze di mercato, opportunità
di investimento nel microcredito e nuove
pratiche di sostenibilità per il settore
sono i temi principali della discussione.
www.microfinancecongress.com
26 - 28 maggio
AMSTERDAM (OLANDA)
AMSTERDAM GLOBAL
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CONFERENCE ON SUSTAINABILITY
AND TRANSPARENCY
Evento dedicato al tema della
sostenibilità e della comunicazione
dei risultati raggiunti al riguardo
da parte delle imprese.
www.amsterdamgriconference.org
10 giugno
STOCCOLMA (SVEZIA)
THE ANNUAL EUROPEAN SUMMIT
IN CORPORATE GOVERNANCE
AND RESPONSIBLE INVESTMENT
Incontro dedicato all’analisi dei fattori
ambientali, sociali e di governance
nella gestione degli investimenti.
secure.imn.org
10 - 11 giugno
TRENTO
FINANCIAL COOPERATIVE APPROACHES
TO LOCAL DEVELOPMENT THROUGH
SUSTAINABLE INNOVATION
Incontro sul ruolo della finanza nello
sviluppo locale attraverso il cooperative
banking e il microcredito. Sponsorizza
Euricse - European Research Institute
on Cooperative and Social Enterprises.
www.euricse.eu
22 - 23 giugno
ASSISI
COMPARING INEQUALITIES
Workshop sul tema dell’analisi delle
disuguaglianze organizzato dall’Italian
Association for the Study of Comparative
Economic Systems (AISSEC),
con il sostegno dell’Università
di Perugia, della European Association
for Comparative Economic Studies
(EACES) e dell’Associazione italiana
degli economisti del lavoro.
www.socialcapitalgateway.org
/call_AISSEC_work_ASSISI.pdf
24 - 25 giugno
LONDRA (UK)
7TH EMN ANNUAL CONFERENCE
Settima edizione della conferenza
annuale dello European Microfinance
Network organizzata congiuntamente
con la Cdfa - Community Development
Finance Association e con il sostegno
della Commissione Europea
nell’ambito delle celebrazioni del 2010
come Anno Europeo della lotta
all’esclusione sociale e alla povertà.
www.european-microfinance.org
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 37 |
S
In edicola
il nuovo settimanale.
Parla di persone
che non sono
in vendita
www.carta.org
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Effetto crisi
I cacciatori
di briciole
di Paolo Fusi
N’ALTRA APPARIZIONE MIRABOLANTE DELLA CRISI GLOBALE SONO I LOBBYISTI E I BROKER IMPROVVISATI. Gente
che ha lavorato (o sostiene di averlo fatto) per i servizi segreti, per l’esercito o per qualche oscuro ufficio
di qualche governo, insomma una fauna di ladri di polli multicolore e festante, avvolta in trench
impagabili e nascosta sotto cappelli ridicoli e antiquati. Una parte importante del mio lavoro,
da quando è iniziata la crisi, è smascherarne a grappoli, che si appiccicano e cercano di staccare
a forza le ultime briciole rimaste dal tavolo del mercato delle risorse.
Alcuni hanno strategie mirabolanti. Uno di loro, in Pakistan, si è inventato un’identità parallela,
cui ha dato il nome di un eroe del capitalismo pakistano del XIX secolo. Afferma di essere colonnello
(che laggiù equivale al nostro “dottò”, nomignolo proferito per chiunque abbia le mani che denuncino
l’assenza di lavoro pesante) e nelle sue lettere commerciali straparla di meeting ad alto livello con ufficiali
dell’esercito, alti burocrati e manager di multinazionali. Ce la fa perché una gran parte delle informazioni
(riservate) di cui dispone è vera. Dopo due mesi ho scoperto perché: fa l’uomo di fatica alla mensa
del quartier generale dell’esercito di Karachi e ascolta un sacco di discorsi a cui la gente comune
non assiste. Il resto sono documenti fatti con photoshop.
Un altro, in Angola, gioca sul fatto di avere un cognome importante e sostiene di essere parente
di un ex colonialista portoghese che ora, nostalgico dell’Africa, sia rientrato a reinvestire ciò che la sua
famiglia nelle ultime cinque generazioni aveva tolto a questa terra
La globalizzazione
tribolata. Il giochetto funziona: in Angola quando inizi un affare garantisci
e la crisi sortiscono strani il 5% o il 10% al clan del presidente e loro ti danno una certa quota
effetti. C’è chi si inventa di commesse garantite. Facendo la fame i primi tre anni il simpatico
un mestiere da broker
truffatore mette da parte un gruzzolo e, invece di usarlo per se, lo usa
o da agente segreto.
E c’è anche chi gli crede per investire in una proprietà immobiliare in Portogallo accanto a quella
della famiglia di cui millanta di essere membro. La fortuna aiuta gli audaci.
Il vecchio padrino di quella famiglia, morendo lo considera un parente e gli molla un lascito
non indifferente. A questo punto, se fosse stato furbo, avrebbe chiuso la partita. Invece no, a quel punto
ha cominciato a credere davvero alle proprie bugie e ci ha dato l’incarico di dimostrare l’impossibile:
che lui fosse davvero ciò che diceva di essere. Ora l’hanno scoperto ed è in galera in Estremadura.
Alle Isole Seychelles un ex fotografo francese, che negli anni ’90 aveva inutilmente cercato di mettere
su una ditta per mercenari nelle guerre di conquista delle multinazionali americane, si è messo
a fare l’agente dei servizi segreti francesi senza esserlo e, come a volte succede in quel campo, pian
pianino anche Parigi ha cominciato a prenderlo sul serio. Finché non si è messo a raccontare storie
incredibili sull’atollo di St. Joseph, un tempo proprietà della famiglia dello Shah di Persia, nel quale,
secondo questo agente, un’organizzazione filonazista misteriosamente sopravvissuta alla guerra
metterebbe in atto esperimenti scientifici su cavie umane e sulla splendida fauna locale. La cosa più
assurda è che qualcuno – come sempre accade in questi frangenti – gli ha creduto e ha messo in moto
la macchina macinasoldi dei servizi, implicando a destra e a manca politici, calciatori, letterati,
scienziati, attori. È finito in gloria, con il fotografo-spia con una pallottola in testa, che a noi piace
pensare che lasci un epitaffio: meglio un giorno da leone che cento anni da elettore italiano.
U
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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| inbreve |
| inbreve |
Salpa Difesa SpA. Affari in arrivo >42
Da L’Aquila alla Thyssen: no al processo breve >45
Terrafutura 2010: il destino del Pianeta parte dalle città >48
economiasolidale
UN MARCHIO
UNICO
PER CIOCCOLATI
ARTIGIANALI
A NISCEMI APRE
IL PRIMO “ECOPUNTO”:
LA SPESA SI PAGA
CON I RIFIUTI DA RICICLARE
TOSCANA,
MICROCREDITI
PER LE FAMIGLIE
IN DIFFICOLTÀ
MONZA, CARITAS
CHIEDE LA FIERA
DELL’ALTRA
ECONOMIA
I BLOGGER GASTRONOMICI
SI MOBILITANO
PER I DOLCI ABRUZZESI:
È IL FORNO CORAGGIOSO
WWF E BRITISH
COUNCIL:
CAMPIONI
PER IL CLIMA
Il cioccolato rappresenta una
delle produzioni di qualità delle quali
l’Italia può farsi vanto nel mondo.
Ed è uno degli alimenti che conquista
più consensi tra i palati degli italiani.
Eppure la doppia morsa delle
strategie commerciali di supermercati
e ipermercati, da un lato, e della
crisi economica dall’altro, rischia
di danneggiare le piccole produzioni
artigianali, vere eccellenze del settore,
che danno impiego a duemila
persone e producono 2,3 tonnellate
di cioccolato ogni anno. Un peccato
doppio: sia perché gli appassionati
non possono gustare il vero sapore
del cioccolato, sia perché si finiscono
per perdere le differenze regionali
delle quali il settore è pieno.
Quanti hanno avuto modo di provare
la consistenza granulosa
del cioccolato siciliano di Modica?
O gli abbinamenti con lamponi,
albicocche e marroni degli artigiani
di Cuneo? Per difendere questa
tradizione, una decina di Camere
di commercio (capofila, quelle
di Cuneo, Ragusa, Belluno) insieme
alla Fine chocolate organization,
hanno lanciato il marchio “Cioccolati
d’Italia” (volutamente al plurale)
che permetterà di riconoscere
le migliori produzioni artigianali.
«Il nuovo marchio vuole valorizzare
le tipicità locali – spiega Ferruccio
Dardanello, presidente
di Unioncamere – permettendo
di promuovere, in Italia e all’estero,
l’immagine del cioccolato artigianale».
Andare a fare la spesa pagando con... l’immondizia.
L’immagine – lo sappiamo – è un’estremizzazione
giornalistica. Ma quello che sta succedendo a Niscemi
(Caltanissetta) ci si avvicina molto. Nel negozio First,
bottega inaugurata il 30 gennaio dalla cooperativa
siciliana Liberambiente, i cittadini portano rifiuti
differenziati e, in cambio, ottengono punti: un punto
per cento grammi di carta, cartone o ferro, tre punti
per cento grammi di plastica, 5 punti per un etto
di alluminio. Una volta raggiunta quota 70 punti, possono
comprare generi alimentari come al supermercato.
La sostenibilità economica dell’iniziativa - l’unica
attiva in Italia dopo la chiusura del negozio sperimentale
di Moncalieri (Torino) - è garantita dalla differenza tra
quanto la bottega paga ai cittadini (sottoforma
di punti premio) e i ricavi della vendita
del materiale alla filiera del riciclaggio
del Conai (Consorzio nazionale produttori
e utilizzatori di imballaggi).
Innumerevoli i vantaggi dell’esperimento:
il comune nisseno può risparmiare denaro
per la raccolta rifiuti, evita che molti materiali
utili finiscano in discarica, riduce l’energia usata
per smartirli e instilla nei cittadini la sacrosanta cultura
del riciclo e del riuso. «Se il rifiuto viene inteso come
un valore da scambiare con alimenti o con il denaro
- spiega Mario Meli, uno dei quattordici membri della
cooperativa - è più facile responsabilizzare i cittadini.
Un centro come il nostro Ecopunto è uno strumento
utilissimo per assicurare il controllo democratico
della gestione dei rifiuti».
L’idea da Niscemi dovrebbe presto figliare in altri
comuni siciliani. La cooperativa Liberambiente
vuole aprire un Ecopunto in ogni provincia dell’isola.
Con la prospettiva di creare un consorzio di cooperative
che rendano tali iniziative capillari sul territorio nazionale.
La Toscana non è sicuramente una
delle regioni più povere. Eppure
nel 2009 i suoi cittadini non hanno
potuto “onorare” 40 miioni di euro
per le bollette del gas, 150 milioni
per rifiuti e acqua. I pignoramenti
immobiliari sono cresciuti del 15%
a Firenze e del 12,5% a Lucca.
E il 32% della popolazione anziana
vive con meno di 750 euro al mese.
La Regione, insieme all’Arci, alla
Caritas e alla Fondazione toscana
per la prevenzione dell’usura hanno
quindi dato il via a un progetto
di microcredito agevolato. Attraverso
85 centri d’ascolto sparsi
ul territorio regionale, le famiglie
normalmente “non bancabili”
ma che dimostrano di poter restituire
i propri debiti se aiutate a superare
il momento di difficoltà, potranno
accedere a prestiti quinquennali
fino a 4 mila euro, per i quali
la Regione firmerà a garanzia, grazie
ad un fondo di 1,2 milioni di euro.
Ai Centri d’ascolto ci si potrà
rivolgere per avere informazione
ed orientamento, per ottenere
assistenza e tutoraggio economicofinanziario, per la compilazione
della documentazione necessaria
alla richiesta. Le famiglie potranno
recarsi ai centri anche per avere
un aiuto nella corretta gestione
del bilancio familiare e nella regolare
restituzione del prestito ricevuto.
L’elenco completo dei Centri
è consultabile su www.regione.
toscana.it/sociale/microcredito.
Appuntamento il 18 aprile a Monza:
la centrale piazza Carrobiolo ospiterà
la prima fiera dell’Altra Economia:
stand informativi, laboratori
su commercio equo e solidale,
finanza etica, pratiche di sostenibilità,
musica, animazione e degustazioni.
La particolarità di questa iniziativa
sta nell’essere stata proposta
dalla Caritas cittadina, ovvero,
da un soggetto esterno al variegato
mondo dell’economia alternativa.
Grazie ai suoi numerosi centri
d’ascolto e di accoglienza sul territorio
la Caritas ha potuto toccare con mano
l’aumento delle richieste d’aiuto.
Un boom d’accessi legato alla crisi.
Un’occasione che ha fatto aprire
gli occhi e domandarsi se non fosse
il caso di trovare nuovi modelli
economici: «La crisi - spiegano
i promotori - ha messo in luce
la debolezza della risposta affidata
al mero individualismo, mentre
chi ha costruito relazioni comunitarie,
associative e di buon vicinato,
ha retto meglio agli scossoni».
All’evento hanno aderito il DesBri
(Distretto dell’economia solidale della
Brianza), la Retina dei Gas, i sindacati
confederali e Banca Etica. «La Fiera
- spiega Sergio Venezia del DesBri desidera promuovere e presentare
alla città e alla nuova provincia,
realtà, movimenti, persone che hanno
deciso di intraprendere strade
diverse per coniugare la solidarietà
al lavoro e all’economia».
Un tam tam si va diffondendo tra gli appassionati
di internet e di dolci artigianali. In mezzo a tanto vociare
inutile, stavolta lo scopo è nobile. Serve a sostenere
il coraggio e la caparbietà delle “Sorelle Nurzia”,
una storica azienda dolciaria abruzzese che dal 1835
produce torroni, colombe, uova pasquali e biscotti.
L’azienda sorge ad Onna, uno dei borghi più colpiti
dal terremoto di un anno fa e, pur tra mille difficoltà,
appena un mese dopo il sisma, ha deciso di riaprire
i propri forni. Un punto fermo per chi aveva già perso
tanto. Una garanzia di futuro per i propri dipendenti.
Ma non è facile riprendere in mano la propria attività
se nel frattempo attorno tutto è fermo. «Onna è ancora
un paese fantasma - racconta Mara Marinangeli,
responsabile dei Progetti Speciali dell’azienda dove i pullman di tutto il mondo fanno tappa
per vedere la devastazione. Ormai i viaggi
della tragedia li dirottano qui».
Su due dei blog gastronomici italiani
più apprezzati, “AAA Accademia
Affamati Affannati” di Artemisia Comina
e “Tzatziki a colazione” di Lydia, è così
apparsa una proposta: coinvolgere
almeno 99 blogger (tanti quante sono
le cannelle della famosa fontana de L’Aquila)
per far conoscere e acquistare on line i prodotti
delle Sorelle Nurzia (www.sorellenurzia.it) e diffonderli
anche fuori del territorio aquilano. Qualunque blogger
può aderire, pubblicando, il 6 aprile, primo anniversario
del sisma, una ricetta che utilizzi i prodotti del forno
abruzzese. Il successo sarà sicuramente maggiore
del previsto: i blogger aderenti hanno di gran lunga
superato quota 99. In più, l’iniziativa è sbarcata
su Facebook e ha raccolto oltre mille fan.
“L’intento - si legge nel blog 99colombe.blogspot.com,
creato per contenere tutte le ricette che saranno
proposte - non è di promuovere una vendita una tantum,
ma di far conoscere l’azienda e i suoi prodotti”. Fare
una buona azione non è mai stato così facile. E dolce.
C’è tempo fino al 30 aprile
per partecipare - sui siti internet
del British Council e del WWF alla selezione di dieci nuovi
“Campioni del clima”: un’opportunità
rivolta a giovani tra i 17 e i 22 anni
per entrare a fare parte di una rete
internazionale ed attivarsi
concretamente all’interno
della propria scuola o comunità.
Il progetto si chiama “Climate
generation” e ha l’obiettivo
di sostenere giovani che possano
guidare con l’esempio le proprie
comunità, e non solo, verso attività
che abbiano un impatto positivo
sul cambiamento climatico.
I campioni selezionati potranno
spendere fino a mille euro
per sviluppare un progetto, prendere
parte ad un “Climate camp”,
e partecipare ad un training
per sviluppare le proprie capacità
di progettazione e comunicazione.
Il summit delle Nazioni Unite
sull’ambiente dello scorso dicembre
a Copenhagen, il viaggio sul Climate
express, il vertice dei ministri
dell’Ambiente dei G8 a Kobe,
in Giappone, nel 2008,
la partecipazione al G20 Summit
a Londra nel 2009. Sono alcune
delle attività che hanno visto coinvolti
i “Campioni del clima” selezionati
dal British Council in Italia
nelle scorse edizioni del concorso.
Per informazioni:
www.britishcouncil.it
www.generAzioneclima.wwf.it
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I COMPITI
DI DIFESA SPA
Salpa
Difesa SpA
Affari in arrivo
Ha suscitato molte critiche il varo di Difesa SpA all’interno della Finanziaria 2010: potrebbe far lievitare i costi
di beni e servizi, aumentando la discrezionalità negli appalti e potrebbe allontanarci dal dettato costituzionale.
OPO IL PASSAGGIO PARLAMENTARE, che ha precisato alcuni aspetti non completamente chiari, mi sento
molto più tranquillo». Sono le parole del professor Michele Nones, direttore dell’area Sicurezza e Difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai), che commenta così con Valori la creazione di Difesa SpA:
la società di cui il ministero della Difesa dovrebbe essere azionista unico. Fa parte delle sorprese licenziate dalla frenetica attività del governo alla conclusione dello scorso anno (vedi BOX nella padi Paola Baiocchi
gina seguente) e sulle quali il dibattito è ancora aperto e le reazioni politiche non mancano, anche
se vengono avanzate nella forma disaggregata che ha ormai assunto l’opposizione in Italia.
Eppure le novità che introduce Difesa SpA sono consistenti (vedi BOX in questa pagina): riguarNella foto sopra,
dano un campo delicato come quello della difesa, che rappresenta uno dei cardini su cui si basa uno
la portaerei Cavour.
Stato. Assieme ad altre decisioni già prese, come le missioni sotto il
IL CACCIA NON DECOLLA. PROBLEMI IN VISTA PER LOCKHEED E FINMECCANICA
comando Nato in Afghanistan, l’acquisizione di nuovi armamenti
d’attacco come i cacciabombardieri F35 e come la portaerei Cavour,
GUAI IN VISTA PER L’INDUSTRIA AERONAUTICA AMERICANA e i suoi partner.
la società che privatizza parte del comparto della Difesa potrebbe
A marzo, il Government Accountability Office (Gao) Usa, l’equivalente della nostra
Corte dei Conti, ha formalmente chiesto alla Casa Bianca di rivedere i contratti
contribuire ad allontanarci ulteriormente dal quadro costituzionale
di produzione dell’F-35 Lightning II, il nuovo modello di cacciabombardiere
che prevede il nostro esercito nella sola funzione difensiva.
«D
destinato a sostituire il consolidato F-16. Sotto accusa l’impennata dei costi
produttivi e i ritardi di consegna. Rispetto al programma 2007, i costi
di acquisizione sono cresciuti di 46 miliardi e la fase di sviluppo è stata estesa
per altri due anni. L’F-35 è prodotto dal gigante usa Lockheed Martin
con la collaborazione di costruttori stranieri tra cui l’italiana Finmeccanica
e la sua controllata Alenia. L’Italia, spiega una nota Alenia del 2008, è il secondo
partner internazionale per valore dell’impegno economico con un investimento
da 1 miliardo di dollari. Se Washington accoglierà i suggerimenti del Gao, il ritorno
previsto dell’operazione (800 milioni) potrebbe ridimensionarsi.
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Portaerei Cavour: missione
umanitaria o pubblicitaria?
«Se avesse contenuto anche la parte relativa all’acquisto delle armi sarebbe stato un golpe», riassume la senatrice Silvana Pisa (Sinistra e Libertà), già membro per due legislature della Commissione parlamentare della Difesa. «Al momento mancano i decreti attuativi - continua
ALL’INTERNO DELLA LEGGE FINANZIARIA 2010, approvata a fine anno, sono
contenuti gli articoli che prevedono la costituzione della società “Difesa servizi
SpA” interamente controllata dal ministero della Difesa con un capitale
sociale iniziale di 1 milione di euro. Il ministero della Difesa è l’azionista
unico e nomina pertanto i membri del Consiglio di amministrazione (anche
tra gli appartenenti alle Forze armate) e dà il suo assenso alla nomina
dei dirigenti. Lo statuto dovrà essere approvato entro 45 giorni dal ministro
della Difesa insieme a quello dell’Economia. La Difesa servizi SpA opererà
nel campo della gestione degli acquisti di beni mobili e di servizi civili
per il Ministero della Difesa, dell’affitto anche temporaneo dei beni immobili,
della cessione dell’uso degli stemmi. I suoi compiti sono:
1. L’attività negoziale diretta all’acquisizione di beni mobili, servizi
e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti
istituzionali dell’amministrazione della Difesa e non direttamente correlate
all’attività operativa delle Forze armate, che dovranno essere individuate
da un decreto del ministro della Difesa insieme a quello dell’Economia.
La società potrà svolgere anche le funzioni di centrale di committenza
per le Forze armate, compresi i Carabinieri, e, attraverso apposite
convenzioni, anche le Forze di polizia.
2. L’attività dimostrativa sul territorio nazionale e/o estero
di equipaggiamenti prodotti dall’industria italiana e acquistati dallo Stato,
come previsto dall’articolo 7 della legge 24 dicembre 1985 n. 808.
3. L’attività di valorizzazione e di gestione, fatta eccezione per la vendita,
degli immobili militari, anche attraverso accordi con altri soggetti
e contratti di sponsorizzazione.
4. L’attività di valorizzazione delle denominazioni e degli stemmi
delle Forze Armate, compresi i Carabinieri e la Guardia di Finanza
attraverso la cessione del loro uso.
Silvana Pisa - e questo aggiunge indeterminatezza ai suoi contorni, ma
un assaggio di quello che potrebbe rappresentare lo abbiamo avuto
con l’invio della portaerei Cavour per i terremotati di Haiti. A parte
che resto critica sulla gestione degli aiuti umanitari con strumenti militari, ma il ministro della Difesa La Russa, ha dichiarato che l’operazione è stata sponsorizzata al 90% da Finmeccanica, Fincantieri e Eni,
che hanno speso per muovere la Cavour, secondo i dati forniti da La
Russa, dai 100 mila ai 200 mila euro al giorno e posso presumere - conclude Silvana Pisa - che avanzeranno delle richieste in cambio».
A fronte delle devastanti conseguenze del sisma di Haiti, si è preferito mandare la Cavour per mettere in mostra il made in Italy, piuttosto che il più veloce ed economico invio di aerei. Una gestione strumentale delle emergenze che richiama i contenuti delle recenti indagini sugli appalti della Protezione civile.
Michele Nones esclude che si possa arrivare a generare un sistema simile, anche perché: «la capacità di spesa di Difesa SpA sarà molto limitata e, comunque, pur essendo formalmente una società privata, dovrà rispettare la normativa italiana ed europea in materia di
appalti pubblici».
Per altri invece Difesa SpA disporrà di un bilancio tra i 3 e i 5 miliardi l’anno. Secondo Gianni Alioti, dell’Ufficio internazionale del-
la Cisl, diventando Difesa SpA una “centraLIBRI
le di committenza” per le forze armate e, in
futuro, anche per la Polizia: «Potrebbe aumentare il margine di discrezionalità, se
non di arbitrio, nell’affidamento di beni e
servizi. Qualcosa di simile a quanto si è visto in Iraq riguardo al lievitare dei costi di
Francesco Vignarca
e Massimo Paolicelli
tutta una serie di affidamenti, soprattutto
Il caro armato
nella logistica, che prima erano sotto il conAltreconomia, 2009
trollo diretto del Pentagono e poi sono passati in mano privata. Il rischio è quello di
creare un “sistema”, uno schema come quello emerso dalle indagini sulla Protezione civile - conclude Alioti - visto che i soggetti decisionali sono gli stessi e i meccanismi anche».
Segreti e opacità
L’opacità nelle decisioni è l’elemento che preoccupa maggiormente
Francesco Vignarca, giornalista di Altreconomia e autore con Massimo
Paolicelli di “Caro armato”, libro sui costi delle Forze armate. «Con Difesa SpA si perde il controllo sugli appalti, perché non saranno più sottoposti né al Parlamento né alla Corte dei conti, trattandosi di una società di diritto privato. Poi c’è l’aspetto del segreto sulla destinazione
di siti del demanio militare per installazioni di carattere energetico. Siti che potrebbero - conclude Francesco Vignarca - essere usati per la
costruzione di centrali nucleari o per lo stoccaggio delle scorie atomiche, “bypassando” completamente le resistenze di Regioni e cittadini
e anche le “valutazioni di impatto ambientale”».
«Da subito la Difesa potrebbe dismettere una serie di siti e strutture coinvolgendo le comunità locali», riprende Gianni Alioti. «Con Difesa SpA, invece, i siti rimarrebbero nella sfera della segretezza militare, pur con destinazione civile. Un concetto di riuso molto lontano
dalla riconversione di infrastrutture militari che sta dando ottimi frutti, come abbiamo recentemente visto nella trasmissione “Presa diretta”. Sull’area di un aeroporto militare dismesso della Germania dell’Est è stato realizzato un gigantesco impianto fotovoltaico».
Le caserme cinematografiche
«I risvolti positivi dell’operazione - secondo Nones - sono rappresentati dal rimettere ordine nella gestione/manutenzione degli alloggi destinati ai militari. Molti alloggi sono occupati abusivamente o con canoni da riportare a valori di mercato, cosa che ora il ministero non è in grado di seguire. C’è poi - continua Nones - la questione dell’utilizzo da parte dei privati di strutture militari. Molti siti si prestano a diventare set cinematografici, pubblicitari o a ospitare presentazioni, ma la Difesa finora non poteva incassare direttamente danaro (vedi BOX Tutti in mimetica). La Fiat, per esempio,
che ha utilizzato la portaerei Cavour per una manifestazione, ne ha
“pagato” l’uso con automobili. Ma la raccolta di questi diritti, anche se arriverà a qualche centinaio di milioni l’anno, rappresenterà
comunque le briciole nel bilancio della Difesa».
Un bilancio anch’esso con la mimetica (come dice Francesco Vignarca in “Caro armato”), difficile da quantificare perché, a partire
dal governo Prodi, è stato “spalmato” anche su altri dicasteri, come
quello dello Sviluppo economico. Ma sicuramente non fatto di briciole, visto che si aggira sui 23,5 miliardi di euro l’anno, compresi
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ANNO 10 N.78
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BARBARA CARDELLA
| economiasolidale |
VENDESI ISOLA CON ANNESSO ARSENALE
TUTTI IN MIMETICA
QUATTRO DEI DIECI ARTICOLI ISTITUTIVI DI DIFESA SPA riguardano l’uso dei marchi
militari: un pubblico che apprezza felpe e magliette con le insegne delle nostre Forze
armate esiste già e acquista nei diversi negozi della bergamasca Officina della moda,
che vende capi con le insegne dei Lagunari, dell’Aviazione e della Folgore e conta
di aprire a medio termine 30-40 negozi in Italia e di espandersi in Cina, Giappone
e Finlandia. E anche la Rcs ha ottenuto il permesso di vendere in edicola materiale
da collezione della Marina.
Tutto questo è possibile da tre anni a questa parte grazie all’accordo tra le Forze
armate e la Plg, Professional Licensing Group, un’azienda che opera nella
commercializzazione di marchi della moda e anche di alcune delle squadre di calcio
più note, come il Milan, la Juventus e la Roma.
Le aziende che utilizzano i marchi militari italiani versano il 35% degli incassi
alla Plg, che dovrebbe poi girare una percentuale alle Forze armate. Ma queste ultime
non possono fatturare, quindi Plg ha “permutato” bene e servizi alle Forze armate, come
l’affitto di stand per fiere, motor show e saloni nautici, oppure dvd promozionali,
opuscoli, la pubblicità per i concorsi di arruolamento, materiale per le conferenze
stampa. Difesa SpA invece fatturerà. Cioè prima si è creata la condizione che facesse
nascere il bisogno di fatturare e poi si è trovata una soluzione. Ma siamo sicuri
che sia la migliore?
Pa. Bai.
Da L’Aquila
alla Thyssen
No al processo breve
Oltre ai dubbi finora sollevati, Difesa SpA non è nemmeno risolutiva per una serie di problemi. «Non è negativa - dice Michele
Nones – ma non serve a chiarire quali sono le scelte dell’Italia, quali gli scopi e che modello intendiamo attuare per integrarci nel sistema di difesa europeo. Rischia così di essere un palliativo: l’aspirina che cura qualche sintomo, ma non la malattia».
.
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Possono fare paura dei cittadini che chiedono giustizia? Forse sì e forse è per questo che, con le ruspe, hanno cominciato
ad asportare le macerie di palazzi storico-artistici del centro senza nessuna mappatura per ricostruirli.
Tutte le condizioni economiche praticate sono indicate nei fogli informativi a disposizione della Clientela presso le filiali della banca.
51 milioni di euro al mese destinati all’intervento in Afghanistan
sotto il comando Nato.
«Ancora una volta - aggiunge Silvana Pisa - si sostiene che la gestione dei privati possa risolvere i problemi del pubblico. Ma perché non far funzionare bene il pubblico? La crisi economica in atto dimostra l’insuccesso della logica privatistica».
È DATATO 18 DICEMBRE 2009 il primo via libera al decreto sul
“federalismo demaniale” proposto dal ministro per la Semplificazione
Roberto Calderoli. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera,
nel distratto clima prenatalizio, al trasferimento del controllo
di gran parte dei beni demaniali dallo Stato agli Enti locali,
Province (ma non dovevano sparire?), Regioni e Città metropolitane.
I beni demaniali a cui si fa riferimento nel decreto sono il demanio
marittimo (spiagge, porti, isole), il demanio idrico (fiumi, laghi),
il demanio militare dismesso (caserme), gli aeroporti di interesse
regionale, le miniere e i fabbricati statali. L’articolo 4 del provvedimento
include nella lista anche i “beni assoggettati a vincolo storico,
artistico e ambientale che non abbiano rilevanza nazionale”.
Licenziato in nome della valorizzazione e della semplificazione,
il decreto apre la strada a una colossale svendita di beni artistici e
ambientali perché semplifica le procedure per l’attribuzione dei beni
statali ai fondi immobiliari. L’altro articolo controverso, perché
concede carta bianca a qualsiasi trasformazione, è quello che
stabilisce che la delibera del piano di valorizzazione e di alienazione
da parte di un Consiglio comunale “costituisce variante allo
strumento urbanistico generale”. Il decreto è ora al vaglio delle
Commissioni parlamentari
competenti. Se non venisse
modificato potrebbero essere
venduti beni come l’isola di
Palmaria a La Spezia (nella
foto), l’Arsenale di Venezia o il
Castello di Brindisi. A quando la
Fontana di Trevi?
Pa. Bai.
I AVETE TOLTO IL FUTURO, non toglieteci con il processo breve anche la giustizia”. È la scritta che si leggeva su un cartello affisso a una cancellata del centro de L’Aquila, il 6
marzo, durante la manifestazione che ha visto
sfilare insieme i comitati e le associazioni dei fadi Lorenzo Coluccini
miliari delle vittime delle stragi: dal terremoto
de L’Aquila all’alluvione nel messinese. Valori era presente in quei giorni, ha visto la forza di quel movimenComitati, cittadini
to e, raccogliendo le testimonianze dei manifestanti, ha
e molti amministratori
pubblici con le fasce
capito perché dal 18 marzo si è cercato di fermarlo con
tricolori sfondano
le ruspe e l’Esercito. Ecco la cronaca.
le cancellate che
“C
chiudono il centro
storico per raccogliere
le macerie il 7 marzo.
Riprendersi la città
Prendono in mano le pietre delle case abbattute dal terremoto e il colpo per chi lì vede è forte come se le avessero lanciate. Le separano invece: le tegole sane vanno
conservate, la plastica e i metalli finiscono nella raccolta differenziata. Sono gli aquilani, che stanno conducendo un’intifada coraggiosa, a cui ha fatto da detonatore la pubblicazione delle intercettazioni degli imprenditori Francesco Maria Vito Piscicelli e Guido Cerruti, che dicevano di ridere pensando agli affari che
avrebbero realizzato con il terremoto. E allora il dolore per le perdite umane subite, la paura di aver perso
tutto, l’indignazione per essere stati usati come palcoscenico mediatico e, infine, la comprensione della dimensione dell’imbroglio che sta alla base dell’“affare”
della ricostruzione, tutto si è sommato ed è diventato
una rabbia lucida e gli aquilani hanno sfondato le cancellate della zona rossa, sono entrati nella loro “città
proibita” per riprendersela palmo a palmo. L’ultima
domenica di febbraio hanno iniziato una raccolta differenziata delle macerie, su iniziativa dei giovani del
comitato 3e32 (www.3e32.com), la rete cittadina che
prende il nome dall’ora del sisma del 6 aprile (vedi BOX );
hanno forzato le cancellate della zona rossa e sono entrati con le carriole.
Il processo breve
cancella la giustizia
E lo scorso 6 marzo c’è stata una saldatura tra le lotte: su
invito dell’Associazione per le vittime della Casa dello Studente (de L’Aquila), sono arrivati da tutta Italia nel capoluogo abruzzese i comitati e le associazioni che si sono co|
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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LIBRI
Il dossier del
Comitatus Aquilanus
A cura di Georg Frisch
con la collaborazione
di Vezio De Lucia
e Roberto De Marco
L’Aquila. Non si uccide
così anche una città?
Napoli Clean edizioni,
2009
L’aggiornamento
del dossier al link:
www.scribd.com/doc/
21872747/Comitatus
- Aquilanus-L-AquilaNon-si-uccide-cosianche-una-citta%C2%A0-2009
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stituiti in questi anni in seguito a stragi (come quella ferroviaria del 29 giugno 2009 a Viareggio) e a calamità naturali (come l’alluvione che lo scorso ottobre ha travolto
il messinese, che ha portato alla nascita dell’Associazione
dei familiari delle vittime di Giampilieri). Ma anche l’Associazione Legami d’Acciaio, dei parenti degli operai della Thyssen di Torino, e il Comitato dei genitori dei bambini morti nel crollo della scuola Francesco Jovine di San
Giuliano di Puglia nel 2002. C’era il popolo delle Agende
rosse, che chiede verità e giustizia per la morte di Borsellino di Falcone e per tutti i caduti di quella stagione di
bombe. Hanno sfilato insieme per le vie del centro de
L’Aquila, formando un fronte comune per dire “no” all’ipotesi di approvazione del disegno di legge sul “processo breve”. Una norma che cancellerebbe - ripetono i
familiari - ogni speranza di giustizia e legittimerebbe da
parte delle istituzioni il modus operandi di un sistema ormai marcio e corrotto. Durante quella manifestazione
c’è stato un primo segnale di qualcosa che arrivava a
guastare il clima di festosa riappropriazione. Agli aqui-
lani che erano alla manifestazione abbiamo chiesto:
«Chi sono quei duecento che sono andati alla manifestazione in sostegno a Bertolaso, contemporanea a questa?». «Vorremmo saperlo anche noi», ci ha risposto Lorenzo, studente di Ingegneria che ora vive in periferia.
DALLE CASEMATTE
LA RICONQUISTA DEL TERRITORIO
DI FRONTE A UNA CITTÀ SMEMBRATA nel suo tessuto sociale
un gruppo di giovani aquilani è riuscito a ricreare un punto
di aggregazione. Subito dopo il terremoto del 6 aprile 2009
i giovani si sono organizzati nella rete cittadina chiamata
“3e32”, come l’ora della scossa sismica che ha distrutto la città
e la sua provincia. Una rete cittadina non profit, apartitica
e autogestita, che dall’ottobre dello scorso anno ha occupato
e ristrutturato uno stabile all’interno dell’ex Ospedale
psichiatrico di Collemaggio, in disuso già prima del 6 aprile.
Un complesso di spazi sociali e per la socialità che hanno
chiamato, gramscianamente e in omaggio agli ospiti dell’ex
istituto psichiatrico, Casematte. La chiusura del centro storico
e dei suoi luoghi di incontro, la dispersione della comunità
nelle new town, ha reso necessaria la creazione di un luogo
in cui confrontarsi e proporre iniziative. «È fondamentale
per noi l’unione delle forze per rimpossessarci fisicamente della
nostra città e della nostra libertà», hanno dichiarato i ragazzi
di 3e32. All’interno dei prefabbricati e delle roulotte
che ospitano i giovani, campeggia il titolo di un giornale:
“Bertolaso: forse mi è sfuggito qualcosa”.
Qui si organizzano periodicamente assemblee pubbliche
e non mancano le iniziative con cui gli aquilani stanno
imparando ad applicare la disobbedienza civile. L’iniziativa più
incisiva è quella che ha dato il via al “Movimento delle carriole”.
L’ultima domenica di febbraio e per tutte le domeniche di marzo
questi ragazzi, con un seguito sempre maggiore di tutta
la cittadinanza, hanno forzato il blocco delle forze dell’ordine
intorno alla zona rossa con vanghe, picconi e carriole, per
ripulire la città selezionando le tonnellate di macerie ancora
presenti. Un’azione per riprendersi il centro storico e per
cambiare il finale della storia, che non è piaciuta e che i nuovi
commissari alla gestione del post terremoto stanno cercando
di vanificare con l’arrivo dell’esercito. ‹‹A loro non interessa
minimamente ripulire la città – ci hanno detto i ragazzi del 3e32 –
a loro interessa che non sia il movimento delle carriole a farlo,
Lo. Co.
che non siano i cittadini organizzati in proprio››.
Arrivano le ruspe
Dal 18 marzo nel centro storico, sono arrivate le ruspe
dei vigili del fuoco e del genio civile militare, su decisione del ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo
e dal commissario alla ricostruzione e presidente della
Regione Chiodi e dal vicecommissario Cialente, sindaco dell’Aquila. Sono arrivate ‹‹per cercare di riconquistarsi il favore dei media e togliere spazio al movimento››, così ha detto Salima di 3e32. ‹‹Non esistono, infatti, le macchine per vagliare le macerie e trasformarle in
materiali destinati ad uso edilizio, da impiegare nella ricostruzione - ci ha spiegato Laura Biffi, dell’Osservatorio Ricostruire Pulito di Legambiente - e non hanno
nemmeno pronte le discariche››.
.
Come si uccide
un’economia
La cassa integrazione nell’aquilano è aumentata del 9% nei primi due mesi dell’anno. Urgono investimenti sul lavoro.
dalla
crisi, il sisma del 6 aprile 2009 e la mala gestione del dopo terremoto hanno significato
una mannaia sull’occupazione e
sull’economia della provincia», ha
di Lorenzo Coluccini
dichiarato a Valori Umberto Transatti, segretario generale Cgil provinciale. I dati parlano chiaro: nel
2008 il numero complessivo di ore di cassa integrazione (ordinaria,
straordinaria e in deroga) sono state 850 mila. Ad un anno dal terremoto il numero è salito a 7,25 milioni di ore. Una cifra enorme,
su cui influisce la chiusura di quasi tutte le attività commerciali del
centro storico, su 800 esercizi commerciali sono meno di 20 quelli
che hanno potuto riprendere l’attività.
Spiega Umberto Transatti: «Su quei 7,25 milioni di ore di cassa
integrazione 3,8 sono direttamente collegate alla morte dell’economia del centro storico. I posti di lavoro persi sono 5.600. Numeri in
controtendenza rispetto al resto dell’Abruzzo, dove i dati occupazionali hanno subìto una flessione in linea con la media nazionale
e la Cig, stando ai dati di marzo, è addirittura in leggera diminuzione. A L’Aquila, invece, è cresciuta del 9% nei primi due mesi dell’anno». Un’emergenza che ha spinto la Cgil aquilana ha chiedere
al governo finanziamenti immediati e un prelievo del 30% dei fondi già destinati dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) per il rilancio del lavoro.
Un dato frutto anche di una ricostruzione che non ha tenuto
conto dell’economia cittadina e che ha sperperato. Conti alla mano
il piano C.A.S.E. prevede un extra costo di 350 milioni
IL COSTO DELLA RICOSTRUZIONE
in più rispetto alla ricostruzione tradizionalmente concepita. Milioni di euro che avrebbero potuto tamponaSECONDO I DATI DEL RAPPORTO “Non si uccide così anche una città?”- che Valori ha anticipato
re le perdite economiche di molti aquilani, ora costretti
sul numero di dicembre - i fondi destinati alla ricostruzione de L’Aquila sono stati sperperati
a vivere con assegni mensili di indennità che oscillano
in progetti inefficienti.
tra gli 80 e 300 euro e che possono tardare anche due
COSTI PIANO C.A.S.E.
QUANTO AVREBBE POTUTO
(EURO)
COSTARE (EURO)
mesi. «In compenso - raccontano alcuni ragazzi della reCosto al metro quadrato (stime Comitatus Aquilanus)
1.300
1.300
te cittadina 3e32 - da gennaio 2010 chi ha un mutuo,
Costo totale per ricostruire centro storico
380 milioni
380 milioni
anche su una casa che non esiste più, deve riprendere a
(293.000 metri quadrati di zona residenziale da ricostruire)
pagarne le rate alle banche, con gli interessi». «Alla luce
Map (Moduli abitativi permanenti) dove sistemare
140 milioni
di questi dati - secondo Umberto Transatti - l’Aquila e la
7.000 aquilani in attesa della casa
sua provincia ad oggi sono scivolate molto in basso nelCosto piano C.A.S.E.
490 milioni
la classifica del Pil procapite, senza che vi sia all’orizCosto totale della ricostruzione
870 milioni
520 milioni
zonte il minimo accenno di risalita».
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APRILE 2010
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BARBARA CARDELLA
«S
U UN TERRITORIO GIÀ COLPITO PESANTEMENTE
Università:
orgoglio
dimenticato
In calo le iscrizioni dei fuori sede per la mancanza di residenze
RIMA DEL TERREMOTO L’Aquila poteva vantare un polo universitario tra i
più rinomati a livello nazionale. Un perno della cultura, su cui la città
- dopo la dismissione del polo industriale delle ICT (Information and
Communication Technology) che anni fa qui garantiva 5.600 posti di lavoro e adesso 300 - aveva pundi Lorenzo Coluccini
tato per salvare la propria economia. Dopo il 6 aprile 2009 però questa realtà sta mutando profondamente e in negativo.
Basta guardare il numero delle iscrizioni: nel 2009 gli studenti erano
25 mila, di cui 13 mila fuori sede. Adesso sono 20 mila, ma a calare sono soprattutto gli studenti fuori sede. Abbiamo raccolto la denuncia
del rettore dell’Università, Ferdinando Di Orio.
P
Rettore, perché questo abbandono di massa?
Per la mancanza di posti letto che si è creata con la chiusura del centro storico. Questa carenza non permette più residenza degli studenti
provenienti dalla regione e dal resto d’Italia. Per il momento resistono i pendolari, ma provenienti da un’area circoscritta. Una situazione
che la Regione Abruzzo avrebbe dovuto tutelare, ma evidentemente a
livello istituzionale si ignora cosa sia il diritto allo studio.
Sta dicendo che la Regione non si è interessata al problema?
Proprio così. Le posso garantire che gli unici posti letto che sono stati reperiti li abbiamo trovati noi, facendo una mappatura delle case agibili.
Le carriole
pronte
a partire
per il centro
storico,
davanti alle
Casematte
del 3e32.
La Protezione Civile vi aveva promesso 500 posti letto nella
Caserma di Campomizzi, cosa è successo?
A novembre la Protezione civile ha convocato alla Conferenza dei servizi per la residenzialità studentesca, l’Università, la Regione, il Comune e l’Azienda per il diritto allo studio. Ha promesso che entro tre
mesi i 200 sfollati che alloggiavano nella Caserma avrebbero avuto
una sistemazione differente e che quegli spazi sarebbero andati agli
universitari. Poi, quando è venuto fuori che per questi 200 cittadini
non c’erano altre sistemazioni, il tentativo della Protezione civile è stato quello di mettere contro studenti e sfollati.
Come si è comportato?
Ho indetto una conferenza stampa per rettificare che non c’era da parte mia e degli studenti nessuna intenzione di mandar via forzatamente quelle 200 persone.
E come si è risolta la questione?
Con il metodo con cui fin qui ci hanno trattato: disponendo che quelle 200 persone dovevano forzatamente tornare una seconda volta sulla costa pescarese. Una deportazione per questi concittadini alla quale ci siamo fermamente opposti. Alla fine siamo riusciti a non farli spostare. Ma noi vorremmo un confronto sereno con la Protezione civile e le istituzioni, non uno scontro.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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| economiasolidale | Fiera sostenibile |
| L’evento | economiasolidale |
Terrafutura 2010:
il destino
del Pianeta
parte dalle città
SOANA TORTORA (ACLI):
L’UOMO È NULLA SENZA COMUNITÀ
STEFANO BIONDI (FIBA-CISL):
PENSARE “LOCALE” AIUTA LA FINANZA
«AGGLUTINARE». Usa un termine “denso” di significati
Soana Tortora, responsabile Sviluppo sostenibile delle Acli,
per spiegare cosa si aspetta da Terrafutura. «Vogliamo farne
un luogo per ricostruire un’idea di coesione sociale oggi più
che mai minacciata da uno sviluppo insostenibile».
«La finanza è per la società come il sangue per un corpo:
se è intossicato, finisce per diffondere tossine in tutto l’organismo».
La metafora è di Stefano Biondi, segretario toscano della Fiba-Cisl,
il sindacato che riunisce i lavoratori di banche e assicurazioni.
Il più rappresentativo del settore finanziario.
Creare “comunità responsabili” nei centri urbani:
non è una sfida impossibile?
Per quale motivo, anche per disintossicare la finanza,
è utile partire dal livello locale?
È difficile ma non disperata. Certo, siamo come Davide contro Golia,
perché i mass media veicolano messaggi antitetici all’idea
di responsabilità e sostenibilità. Ma nelle città esistono associazioni
e progetti che vanno nella direzione giusta. Dobbiamo tornare
ad ascoltarci. Ritrovare la passione di incontrarci, frequentarci. I network
sociali, anche sul web – come Zoes – sono utilissimi.
“Comunità sostenibili e responsabili” sarà il tema della settima edizione della mostra sulle buone pratiche.
Governi e istituzioni internazionali hanno fallito. Dal livello più vicino ai cittadini arriverà invece la risposta giusta?
I CHIAMA “EFFETTO FARFALLA”. Si dice che il battito d’ali di
una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del Pianeta. Qualcosa di molto piccolo che crea
conseguenze dirompenti in un vasto territorio. La
metafora ideale per spiegare il perché quest’anno
di Emanuele Isonio
l’edizione di Terrafutura, la mostra-convegno dell’Altra economia che si tiene a Firenze dal 28 al 30 mag-
S
gio, avrà come tema guida le “Comunità sostenibili e responsabili”: «Sono passati dieci anni da quando a Seattle
decine di migliaia di persone bloccarono i lavori del Wto,
l’Organizzazione mondiale per il commercio», ricorda Simone Siliani, ex assessore fiorentino alla Cultura e tra gli
organizzatori di Terrafutura, per conto della Fondazione
culturale responsabilità etica. «Oggi, notiamo un para-
RAFFAELLA BOLINI (ARCI):
RILOCALIZZARE, MA SENZA FARE CITTADELLE
NON SOLO TERRAFUTURA. Il tema della
“ricostruzione comunitaria” è al centro anche del
congresso nazionale dell’Arci (Chianciano, 15 - 18
aprile). «Siamo a un punto di non ritorno. Serve
un chiaro progetto di futuro», spiega Raffaella Bolini
(nella foto) della Presidenza Arci. «La comunità
può essere una delle chiavi per leggere il mondo».
Perché puntare sulla “comunità”?
La globalizzazione basata sul mercato senza regole
ha strappato i legami comunitari. Ha delocalizzato
l’economia, separando i territori della produzione
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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dai territori del consumo. Ha imposto una
concorrenza spietata: vediamo gli altri come
avversari, non come alleati e ciò aumenta
il senso d’insicurezza. La risposta può essere
nel rilocalizzare le attività umane: ricostruire
i vincoli comunitari per ritrovare i legami tra diritti
e responsabilità reciproche. Puntare sulla comunità
permette di diffondere le buone pratiche
su cui basare un nuovo modello di sviluppo.
le cittadelle del Medioevo.
Però oggi puntano sulla comunità
i partiti reazionari e xenofobi.
La politica nazionale vive sempre più su un terreno
virtuale e quei movimenti hanno capito
l’importanza del rapporto col territorio. Non
possiamo lasciargli il compito di colmare tale
vuoto. Dobbiamo tradurre questo valore in modo
positivo, instillando in esso la cultura del dialogo,
Non c’è il rischio di chiusura?
dell’integrazione, dell’accoglienza, contro le paure
Ricostruire il senso di comunità non vuol dire rifare razziste. Una comunità aperta, forte, dialogante.
Quali “grimaldelli” usare per aprire cuore e coscienze?
Ricordiamoci che nessuno di noi è un’isola. Gli esseri umani
non possono vivere isolati, chiusi in casa, davanti alla tv. Così facendo
uccidiamo anche la forma più elementare di comunità: la famiglia.
Dobbiamo ricordare i grandi vantaggi di ricostruire le comunità:
per la nostra sicurezza, perché abitare i luoghi urbani e creare legami
con gli altri riduce il senso di paura. Per l’ambiente che ci circonda,
perché sentirlo nostro aumenta l’attenzione nei suoi confronti.
Per i nostri figli e nipoti, perché realizzare comunità più solidali assicura
un maggiore benessere futuro.
E la politica? Puntare sulle comunità serve anche
a rivitalizzare il suo rapporto coi cittadini?
Certamente. La gente si è abituata a delegare passivamente.
La democrazia partecipativa e deliberativa darà nuova linfa alla politica.
dosso: c’è un generale riconoscimento dell’importanza
dei temi della sostenibilità ambientale e sociale. E
un’ampia consapevolezza delle cause alla base dell’attuale crisi economica. Tuttavia le istituzioni nazionali e sovranazionali sono incapaci di trovare strumenti efficaci
per affrontare tali questioni». Un ragionamento suffragato dai pessimi risultati del vertice sul clima di Copenhagen e dalle deludenti decisioni in merito alla riforma del sistema finanziario. Come far seguire quindi iniziative concrete all’attuale presa di coscienza? Partendo
dalle comunità locali, secondo i promotori di Terrafutura. «Sono le prime vittime della crisi», prosegue Siliani.
«Da sole non hanno la forza di risolvere i problemi globali. Ma è a livello locale che troviamo maggiore attenzione verso le “buone pratiche”, perché più diretto è il legame tra amministratori e cittadini. Sono il terreno ideale per sperimentare un diverso e più equo modello di sviluppo da trasmettere poi ai livelli decisionali superiori».
Il battito d’ali che provoca uragani, appunto.
Per un motivo piuttosto semplice: per avviare la ricostruzione
della filiera del denaro devono essere chiari i luoghi in cui viene
raccolto e i luoghi in cui sarà reinvestito. Un’operazione simile si può
fare solo a livello locale.
Negli ambiti cittadini, il controllo è più semplice?
Esatto. Si possono chiamare le responsabilità per nome. Capire
chi fa cosa. Il mondo della finanza è qualcosa che, se lo consideri
a livello globale, sfugge al controllo dei cittadini e alla loro possibilità
di comprenderlo. Invece il controllo da parte di cittadini, aziende,
enti locali è essenziale per imporre un uso più sano del denaro.
E in concreto cosa va fatto per costruire un nuovo modo
di concepire la finanza?
Nessuno ha la ricetta pronta. Per trovare una via d’uscita serve
il contributo di tutti. Certo è che bisogna puntare sulle strategie di rete.
Don Milani diceva “sortire insieme dai problemi è la politica, da soli
è egoismo”. In tal senso, l’esperienza di Terrafutura è emblematica:
riunisce molti soggetti tra loro culturalmente e politicamente diversi,
che hanno però trovato il modo di ragionare insieme sui problemi della
nostra società. Ognuno porta il proprio contributo. Serve poi il coraggio
di mettersi in gioco per raggiungere un bene comune superiore.
Città: luoghi di sperimentazione
Per costruire comunità locali sostenibili bisogna ovviamente partire dalle città: producono l’80% dei gas serra e
in esse vive ormai la metà della popolazione mondiale.
Luoghi di contraddizioni e conflitti, simbolo e prodotto
della globalizzazione. Ma anche speranza per un futuro
diverso. Le città, nel Medioevo, segnarono la fine dei sistemi feudali. Nelle città si svilupparono le fiorenti esperienze dei Comuni, l’Umanesimo, il Rinascimento e i venti della Riforma. «Sono – osserva Siliani – i luoghi ideali
per disegnare nuove vie. Hanno sempre cercato di rispondere ai problemi di coesione sociale e ora ospitano
numerose realtà impegnate sul fronte socio-ambientale».
Ma la riflessione sulle “comunità sostenibili” può
aiutare a risolvere un’altro tema: come dare nuova sostanza al concetto di democrazia, «mai come oggi tanto
diffuso eppure a rischio-svuotamento. Possono agevolare un equilibrio tra partecipazione dei cittadini alla vita
pubblica, rappresentanza e responsabilità collettiva».
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ANNO 10 N.78
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Nella pagina a fianco,
alcuni momenti
della passata edizione
di Terrafutura.
L’APPUNTAMENTO
TRE GIORNI, tredici
sezioni, 15 eventi, 800
relatori, 5 mila enti.
alla Fortezza da Basso
di Firenze. L’obiettivo
di Terrafutura 2010
(Firenze, 28-30
maggio) è quello di
mostrare il panorama
delle buone pratiche,
nate soprattutto dalle
comunità locali,
evidenziandone tutte
le potenzialità.
www.terrafutura.it
APRILE 2010
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| economiasolidale | circolazione culturale |
| economiasolidale |
Il cinema
è nomade
Nomadica
è il suo festival
Debutta ad aprile un cinefestival dal formato innovativo: itinerante, autogestito, modulare. Una manifestazione
che fa conoscere in quaranta città italiane piccole produzioni indipendenti.
CRIVERE UN MESSAGGIO, METTERLO IN UNA BOTTIGLIA
e affidarlo al mare è l’ultima speranza dei naufraghi, dei
romantici e dei sognatori. Qualcosa del genere è successo pochi mesi fa, a partire da un’idea della siciliana casa di produziodi Paola Baiocchi
ne Malastrada film, il messaggio in
bottiglia si è dato l’aspetto più moderno della mail e ha cominciato la sua navigazione su internet. Il testo recitava
così: “Cari amici e amiche, in questo periodo di
vuoto e di monopoli illegali che riguardano l'economia quanto la cultura di noi tutti, abbiamo avvertito la necessità di lanciare un nuovo progetto dal
basso, per sostenere opere cinematografiche valide
che non rientrano nei canali classici a causa dei soliti motivi”. La mail continuava poi con l’invito, rivolto a tutti coloro che sono vicini o attivi in luoghi dove sia possibile organizzare proiezioni e incontri, a mettersi in contatto con Nomadica, Festival del Cinema e delle Arti.
S
Povero e nomade, fatto dalla gente
e non dai capitali
L’idea di un festival del cinema “povero e nomade” è piaciuta e le risposte sono arrivare. Anzi, sono state così numerose da aver perfino
travolto i giovani che hanno lanciato questo progetto. I luoghi delle proiezioni si sono moltiplicati (quaranta da aprile a settembre nel
momento in cui scriviamo), dando la fotografia di un’Italia affamata di cultura e disponibile a vedere film in circuiti
non tradizionali. Le proiezioni si svolgeranno nelle
sedi di associazioni, in biblioteche, perfino in un castello e le richieste arrivano da circoli di partito, da
centri sociali – uno anche a Scampìa – da spazi autogestiti in tutto lo stivale.
Abbiamo chiesto spiegazioni a Giuseppe Spina,
uno degli ideatori di Nomadica: «Ogni anno chiudono decine di sale cinematografiche e i circuiti dove proiettare film che non siano le grandi produzioni americane si riducono sempre più. Anche in
molti circoli Arci (che pure hanno una convenzione con la Siae che rende facili le proiezioni, ndr) si è
NUOVE COMUNITÀ ECONOMICHE: PRODUZIONI DAL BASSO
abdicata quell’offerta culturale che una volta era patrimonio dei cineforum, e si è passati a proiettare soC’E CHI CERCA FINANZIATORI per un “mensile che diffonda una nuova cultura del viaggio, più
lo le partite. Nomadica va a colmare questo vuoto».
responsabile e sostenibile”. C’è chi presenta il progetto per un gioco da tavolo. C’è chi vuole stampare
delle magliette improbabili e chi invece propone L’altra Chernobyl, un documentario “attraverso il quale
desideriamo analizzare il rapporto tra salute e rifiuti in Campania, perché tutti devono sapere”.
Produzionidalbasso.com è una piattaforma, una vetrina on line completamente gratuita dove pubblicare
i propri progetti per trovare chi li condivida e li voglia finanziare. Sono sufficienti piccoli contributi
da cinque o dieci euro per diventare produttori di film, mecenati di libri o sponsor di compositori musicali.
Dal 2005 Produzioni dal basso ha permesso a decine di progetti di essere portati a termine e ad alcuni
anche di diventare dei successi, in un mondo parallelo fatto con la distribuzione passa-parola sul web
e in piccoli circuiti, dove ostinatamente, quasi caparbiamente, si continua a fare cultura e informazione.
È il caso di Una montagna di balle, documentario realizzato in Campania da un gruppo di videomakers:
una testimonianza basata su riprese girate in sette anni “sulla cosiddetta emergenza rifiuti”. Un’emergenza
che non ha nulla di straordinario, se non la sua continuità nel tempo.
www.produzionidalbasso.com
Pa. Bai.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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LIBRI
Antonello Mangano
Sigonella. Un posto
civile: sette ottime
ragioni per riconvertire
la base Usa di Sigonella
Uno dei progetti
finanziati dalle
Produzioni dal basso
Due film dal catalogo
di Nomadica: in alto
la lavorazione
del documentario
“U stissu sangu, storie
più a Sud di Tunisi”,
come una persona
si trasforma
in un “clandestino”
dagli sbarchi ai centri
di identificazione.
In basso “Mater”,
film d’animazione.
A sinistra,
la carovana, logo
della manifestazione.
UNA MONTAGNA DI RIFIUTI E DI SPETTATORI
OTRA VEZ, IDROCARBURI IN BOLIVIA
UN VERO SUCCESSO NATO DAL NULLA, anzi dalla
“monnezza”. Una montagna di rifiuti è un film che
racconta la gestione dei rifiuti in Campania, fatto
a partire da 250 ore di girato dalla televisione di
strada Insutv in sette anni, e trasformate in 77 minuti
di filmato. A fianco delle immagini del lungometraggio
scorre una fiction, che ha trovato il volto e la voce
di Ascanio Celestini. Una montagna di balle è stato
prodotto proponendo l’idea sulla piattaforma
produzionidalbasso.com, e il progetto è stato
sottoscritto prima da cinquecento co-produttori,
che sono poi diventati 1.500. Una volta realizzato
il film ha cominciato a girare anche in internet, dato
che è una licenza Common Right ed è stato visto
da oltre 150mila persone. In Italia è stato visto in più
di 140 proiezioni pubbliche nei circuiti alternativi
ed ora è stato acquistato da Current, la web tv messa
in piedi da Al Gore, per cui gli autori - che si firmano
con il nome collettivo di Nicola Angrisano - prevedono
che entro la fine dell’anno saranno almeno un milione
gli spettatori di questo film nato dal basso.
Una montagna di balle ha partecipato a molti festival,
tra cui anche Cinemambiente di Torino. In tour
in Sardegna si poteva simbolicamente pagare
il biglietto d’ingresso consegnando un sacco di rifiuti
differenziati. Insomma un piccolo grande successo
che potrebbe essere beneaugurante per altre
produzioni che cominciano ora il loro tour, nomadico
Pa. Bai.
e anche un po’ randagio.
LA TERZA NAZIONALIZZAZIONE degli idrocarburi
in Bolivia è al centro del documentario Otra Vez,
che ripercorre le fasi storiche che hanno
caratterizzato il commercio del gas e del petrolio
in Bolivia nell’ultimo secolo e che hanno reso la storia
politica e sociale boliviana strettamente legata
al commercio delle risorse energetiche e alle sue
nazionalizzazioni. Viene raccontata la storia del Paese
dal 1935 al 2005, attraverso il Massacro del gas,
quando nel 2003 in una settimana vengono uccisi
decine di manifestanti. Miko Meloni è l’autore del
documentario, girato nel 2006 in poco più di un anno,
con immagini d’archivio e interviste a esperti del tema
o persone che hanno vissuto in prima persona
gli accadimenti. Il film è stato autoprodotto, pensato,
girato e montato da Miko Meloni. Silvia Barone
e Giulio Bruno, hanno partecipato creando i titoli,
mentre Alessandra Vanzi ha registrato la voce off.
All’autore abbiamo chiesto se ha incontrato problemi
nella distribuzione in Italia e se ha fatto confronti
con altri Paesi. La sua risposta è stata tagliente:
«La distribuzione audiovisiva in Italia è specchio
di quello che c’è in atto nella società tutta: un
disastro. I veri padroni del mercato sono l’ignoranza
e le raccomandazioni, non si lavora altrimenti.
Sia in Europa che altrove in Occidente,
va decisamente meglio, considerando che si riesce
a guadagnare da vivere lavorando in questo settore.
Pa. Bai.
Dignitosamente, anche».
Una distribuzione dal basso
La formula del festival è semplice, non servono
sponsorizzazioni o Palazzi del Cinema: la parte più
difficile è superare l’imbarazzo nella scelta dallo
sconfinato catalogo di Nomadica che contiene
film autoriali, d’animazione o documentari, che rischiano di far fare l’indigestione ai cinefili più
ghiotti. Poi bisogna comunicare la selezione agli
organizzatori, che provvederanno alla spedizione
a fronte di una cifra molto contenuta.
IN INTERNET
A metà degli anni ’70, dicono i dati delwww.nomadica.eu
l’Anec, l’Associazione nazionale esercenti
cinema, si contavano in Italia più di diecimila sale. Ora sono meno di duemila e a soffrire di più per questa
scomparsa sono soprattutto le città di provincia, dove i film si fermano poco e sono quasi “estinti” i cinema d’essai. Per chi ha gusti meno commerciali l’unica soluzione resta il noleggio. «Ma la
visione collettiva di un film è un’altra cosa e - dice ancora Giuseppe Spina - organizzare un cineforum sta assumendo una valenza rivoluzionaria».
Anche la distribuzione fatta “dal basso” proposta da Nomadica
ha una valenza importante: basta dare un’occhiata a quanti film, anche pluripremiati, negli ultimi anni hanno faticato a trovare un distributore oppure non sono mai arrivati nelle sale. E che anche la
Rai, magari dopo averli prodotti, non ha mai trasmesso.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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APPUNTAMENTI APRILE>GIUGNO
Oltre 250 giornalisti, più di 100
appuntamenti, con incontri, dibattiti,
interviste, proiezioni di documentari,
mostre e presentazioni di libri.
Ci saranno figure come l’ex vicepresidente
Usa Al Gore e Paul Steiger, fondatore
e direttore dell’agenzia statunitense
di giornalismo investigativo ProPublica.
www.ijf10.org/it
10 - 11 aprile
ITALIA
SUN DAY
Giornate dedicate alla promozione
dell'energia solare e delle fonti
rinnovabili.
www.ecosportello.org
14 - 16 aprile
PERUGIA
LOCAL SOLUTIONS FOR CHANGE
Conferenza internazionale e assemblea
dei membri dell'Alleanza per il clima.
Tre giorni di workshop e tavole rotonde
per scambiare esperienze, definire strategie
per il prossimo decennio e attuare
soluzioni per un futuro sostenibile,
a partire dalla dimensione locale.
www.climatealliance.it
17 aprile
MILANO
VERSO I LAVORI VERDI
Si tiene a Milano il primo convegno
del progetto Gjusti (Green Jobs Università
Scuole, Territori, Imprese) rivolto
a organizzazioni di categoria, cooperative,
sindacati, stampa per informare sul futuro
dei lavori verdi. Il secondo convegno
sarà l’8 maggio a Zavattarello (Pavia),
dedicato a operatori economici
e istituzioni locali dell’Oltre Po.
www.progettogjusti.it
17 - 24 aprile
ITALIA
PORTA LA SPORTA
L’Associazione dei Comuni Virtuosi,
il WWF, Italia Nostra, il Fai e Adiconsum
lanciano la settimana nazionale
“Porta la Sporta” per promuovere
l’uso della borsa riutilizzabile al posto
dei sacchetti di plastica.
www.portalasporta.it
19 - 20 aprile
ITALIA
I GIORNI DELLE RINNOVABILI
Anche quest’anno ISES ITALIA organizza
la consueta iniziativa per far conoscere
a tutti le tecnologie delle fonti
energetiche rinnovabili. Hanno
già aderito 115 impianti in tutta italia.
www.isesitalia.it/igdr2010.html
21 - 25 aprile
PERUGIA
INTERNATIONAL JOURNALISM FESTIVAL
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ANNO 10 N.78
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26 aprile - 1 maggio
BARI
BIOL
Il Premio Internazionale per il miglior
olio extravergine biologico del mondo,
terrà in Puglia la sua 15° edizione
all’insegna del rapporto tra agricoltura
e città e del miglioramento delle
condizioni di vita degli agricoltori.
www.premiobiol.it
27 - 29 aprile
STOCCARDA (GERMANIA)
PHOTOVOLTAIC TECHNOLOGY SHOW
2010 EUROPE
Sesta edizione di Photon’s, organizzata
presso la nuova fiera del commercio
di Stoccarda. La tre giorni di eventi
si concentra su tutti gli aspetti
delle tecnologie fotovoltaiche
e del loro sviluppo.
www.photon-expo.com
1 - 16 maggio
EUROPA
EUROPEAN SOLAR DAYS
Terza edizione della campagna
di informazione sull’energia solare, che
lo scorso anno ha coinvolto più di 500
mila cittadini europei, che hanno preso
parte ai circa 7 mila eventi organizzati
in 16 Paesi. In Italia, nel 2009, sono
state organizzate 460 iniziative.
www.europeansolardays.it
3 - 7 maggio
LIONE (FRANCIA)
EUROPEAN BIOMASS
CONFERENCE & EXHIBITION
Diciottesima edizione dell’evento
dedicato alle biomasse. Le conferenze
si terranno dal 3 al 7 maggio, mentre
l’esibizione chiuderà un giorno prima.
Presso il Lyon Convention Centre,
Cité Internationale.
www.conference-biomass.com
APRILE 2010
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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]
5 - 7 maggio
VERONA
SOLAREXPO
È una delle fiere più importanti dedicate
alla sostenibilità energetica e alla
green economy, un mercato destinato
a giocare un ruolo fondamentale
nell’ambito di un processo globale
di riduzione delle emissioni di gas serra.
www.solarexpo.com
7 - 9 maggio
PADOVA
FESTIVAL DELLA CITTADINANZA
L’evento vuole riunire insieme cittadini,
professionisti, istituzioni, imprese, profit
e non profit, associazioni, scuole,
nei luoghi simbolo della città, creando
un evento culturale che ne percorra le vie
e pervada le sue piazze, e che apra spazi
anche informali di incontro e relazione.
www.festivaldellacittadinanza.it
19 - 23 maggio
SAN VITO LO CAPO (TP)
FESTIVAL ENERGIE ALTER-NATIVE
L’evento ha lo scopo di creare una
community di aziende, associazioni, enti
ed artisti che si incontrano tutto l’anno
per diffondere la cultura e le applicazioni
pratiche delle energie rinnovabili.
Prende il via a San Vito Lo Capo,
per poi spostarsi a Palermo (2-4 luglio)
e a Catania (2-4 ottobre).
www.festivalenergiealter-native.org
21 - 22 maggio
ROMA
COLLOQUIO SCIENTIFICO ANNUALE
SULL’IMPRESA SOCIALE
Incontro presso la Facoltà di Economia
dell’Università Roma Tre. Il “Colloquio
scientifico annuale sull’impresa sociale”,
giunto alla quarta edizione, sarà occasione
di confronto fra studiosi e ricercatori sugli
elementi costitutivi di questo modello
d’impresa. Organizza Iris Network - Istituti
di Ricerca sull’Impresa Sociale.
www.irisnetwork.it
26 - 27 maggio
ROMA (ITALIA)
III SOLAR REVOLUTION SUMMIT
Quali sono le sfide e le opportunità degli
operatori italiani del settore dell’energia
solare? Come si può sviluppare una
filiera? Questi ed altri i temi dell’incontro
in programma a Palazzo Rospigliosi
in via XXIV Maggio 43 a Roma.
solarsummit.businessinternational.it
www.metalli-lindbeg.com
| economiasolidale |
28 - 30 maggio
FIRENZE
TERRA FUTURA
Torna anche quest’anno
alla Fortezza da Basso
la mostra-convegno delle buone
pratiche, giunta alla VII edizione.
Un’area espositiva, di anno in anno
più ampia e articolata, e un calendario
di appuntamenti culturali di alto
spessore, tra convegni, seminari,
workshop; e ancora laboratori
e momenti di animazione e spettacolo.
www.terrafutura.it
giugno
ITALIA
GOLETTA VERDE
È la campagna estiva
di Legambiente
di informazione e sensibilizzazione
sullo stato di salute del nostro mare.
Dal 1986 ad oggi, ogni estate, il battello
ambientalista compie il periplo
delle coste italiane prelevando
e analizzando circa 500 campioni
d’acqua ed eseguendo su ognuno
le analisi previste dalla legge.
www.legambiente.eu/campagne
/goletta/index.php
5 giugno
MONDO
WORLD ENVIRONMENT DAY
Il 5 giugno è la Giornata Mondiale
dell’Ambiente istituita dall’Onu
per stimolare una maggiore sensibilità,
promuovere azioni concrete
e concentrare l’attenzione dei governi
sulle tematiche ambientali.
www.unep.org/wed/2010/english
6 giugno
RICCIONE
NO ECOMAFIA TOUR
Parte il 6 giugno da Riccione, in occasione
del Premio Ilaria Alpi, la nuova
campagna itinerante di Legambiente,
per portare l’annuale dossier “Rapporto
Ecomafia” a contatto con la gente,
ricondurlo alla sua origine, proprio dove
accadono i fatti di cronaca. Dove muore
un poco alla volta il nostro Paese.
www.legambiente.eu/documenti/2008
/0604_ecomafiatour/index.php
16 - 18 giugno
PARIGI (FRANCIA)
SALON DES ENERGIES RENOUVELABLES
Il Salone delle energie rinnovabile
della capitale francese è nato nel 2001,
e da quell’anno non ha mai abbandonato
il panorama del settore.
www.energie-ren.com/2010
coltiva un domani migliore, ogni giorno.
Scegliere un negozio b’io, significa essere certi di acquistare cibi
biologici e biodinamici, selezionati e certificati. Ma vuol dire anche
ridurre l’inquinamento e lo sfruttamento della terra. Una scelta sicura
e positiva, che puoi fare negli oltre 250 negozi b’io in tutta Italia.
vieni a trovarci!www.b-io.it
| inbreve |
| internazionale
| inbreve |
La sanità globale passata ai raggi X >56
Africa: dove osano gli avvoltoi >59
È scoccata l’ora (solidale) di Cochabamba >61
internazionale
UN TEDESCO
SU QUATTRO
RIMPIANGE
IL SOCIALISMO
HAITI, IL COSTO
DELLA RICOSTRUZIONE
SARÀ DI 11,5 MILIARDI
DI DOLLARI
USA, VIA LIBERA
ALLA VENDITA
DI ARMI
A TAIWAN
SOMALIA,
SIGLATO
L’ACCORDO
DI PACE
OCCUPAZIONE, RICERCA,
SCUOLA, LOTTA
ALLA POVERTÀ, AMBIENTE:
LA RIPRESA SECONDO L’UE
ITALIA:
IMPUNITÀ
PER I SOLDATI
IN MISSIONE
Il venticinque per cento dei cittadini
tedeschi pensa che "a volte sarebbe
auspicabile che ci fosse ancora
il Muro”. È il quadro emerso
da un sondaggio effettuato
dalla società Emnid e pubblicato
dal tabloid Bild, che indica come
sia aumentato notevolmente
negli ultimi tempi il desiderio
di tornare ai tempi della Repubblica
democratica tedesca (Rdt).
L’ostalgie - la nostalgia dell’Est è causata dalla crisi economica
e dalla crescente insoddisfazione
sui provvedimenti adottati
dalla nuova coalizione di governo
per fronteggiarla.
E uno su sei, circa il 16%,
è convinto che "non potrebbe
succedere assolutamente
nulla di meglio". Si tratta quindi
di una quota molto più alta
rispetto ai risultati di un sondaggio
dell’Istituto di Lipsia per le ricerche
di mercato pubblicato lo scorso
novembre, secondo cui - 20 anni
dopo la caduta del Muro di Berlino circa il 12% dei tedeschi voleva
di nuovo il Muro, una percentuale
equamente distribuita tra i cittadini
delle regioni occidentali e orientali
della Germania. La rilevazione
della Emnid indica inoltre
che l’80% dei tedeschi residenti
nell’ex Germania dell’Est, e il 72%
di quelli che abitano nell’ex Ovest,
potrebbe immaginare di vivere
in un socialismo stile Rdt.
La quantità di denaro necessario per la ricostruzione
di Haiti, dopo il devastante terremoto del 12 gennaio
scorso, è pari a 11,5 miliardi di dollari. A riferirlo
è uno studio presentato nei giorni scorsi dal governo
di Port-au-Prince, al quale hanno collaborato anche
la Banca mondiale e le Nazioni Unite. «Si tratta
comunque di un work in progress - ha spiegato
all’agenzia France-Presse il ministro del Turismo
haitiano Patrick Delatour -, rappresenta perciò
un documento che sarà continuamente aggiornato
nel prossimo futuro». La cifra, già di per sé stratosferica,
deve essere dunque considerata «preliminare»,
come sottolineato anche
dal portavoce della World
bank per l’America Latina,
Sergio Jellinek.
Il terremoto ha provocato
220 mila vittime accertate,
mentre il numero di rifugiati
è cresciuto ad oltre un milione.
“Il sisma ha creato una condizione senza precedenti
nel Paese - ricorda il documento - aggravata
ulteriormente dal fatto che ha colpito la regione più
popolata nonché i centri economici ed amministrativi”.
In particolare, lo studio valuta in 7,9 miliardi
di dollari i danni materiali, dei quali 4,4 miliardi sono
relativi ad infrastrutture, come scuole, ospedali, strade,
ponti, immobili, porte e aeroporti. E già solamente questa
quota è pari al 120% del prodotto interno lordo di Haiti.
La nuova stima è comunque inferiore a quella
ipotizzata il 16 febbraio scorso dalla Banca
interamericana per lo sviluppo, che aveva parlato
di 14 miliardi di dollari.
I negoziati per la vendita a Taiwan,
da parte degli Stati Uniti, di una
serie di forniture di armi andranno
avanti, nonostante l’irritazione
della Cina. Le commissioni Affari
esteri dei due rami del Parlamento
americano non hanno infatti ritenuto
di intervenire sulla materia,
nei trenta giorni di tempo che,
per legge, avevano a disposizione
e che sono scaduti il 1° marzo
scorso. Il dipartimento della Difesa
americano potrà dunque lavorare
al fine di concludere gli accordi,
che complessivamente sono stati
valutati in circa 6,4 miliardi di dollari
e che comprendono la fornitura
di missili, elicotteri e navi da guerra.
In particolare, la vendita
riguarda una notevole quantità
di sistemi anti-missile “Patriot”,
che sono prodotti dalla Lockheed
Martin Corp. e dalla Raytheon Co.
Si tratta di un impianto,
del valore di 2,8 miliardi di dollari,
che andrebbe ad integrare gli altri
22 siti missilistici già presenti
sul territorio di Taiwan, predisposti
per difendersi da un eventuale
attacco da parte della Cina. Inoltre,
fanno parte della proposta di vendita
alcuni elicotteri UH-60 Blackhawk,
per un valore di 3,1 miliardi,
fabbricati dalla United Technologies
Corp. e dalla Boeing Co.
Pechino, come era facilmente
immaginabile, non ha gradito
affatto la decisione americana,
annunciando contromosse politiche
ed economiche.
Il rappresentante speciale delle
Nazioni Unite per la Somalia,
Ahmedou Ould-Abdallah (nella foto),
si è felicitato con il governo federale
del Paese, e con il movimento Ahlu
Sunna Wal Jama'a, dopo la firma
ufficiale di un accordo tra le due parti.
Esse, secondo l’intesa siglata presso
l’Unione africana, e nello spirito
dell’Accordo di Gibuti, si impegnano
a cooperare per il raggiungimento
della pace e della riconciliazione.
Ahmedou
Ould-Abdallah
ha dichiarato
che «Grazie
a questa firma,
possiamo affermare
di avere di fronte
a noi una nuova
realtà: la rinascita
dello Stato somalo.
Per questo sono convinto che il Paese
sia sulla via giusta per passare dalla
definizione di “Stato in fallimento”
a quella di “Stato fragile”».
Il rappresentante Onu ha anche
sottolineato l’apporto fondamentale
di alcune organizzazioni internazionali
che si sono adoperate al fine
di raggiungere l’accordo: tra queste,
ha citato l’Unione africana, la Lega
degli Stati arabi, l’Unione europea,
ma ha anche menzionato i governi
di Norvegia e Stati Uniti.
«L’accordo è un successo
per entrambe le parti e dimostra
che le cose possono cambiare,
e cambieranno, in Somalia»,
ha concluso Ahmedou Ould-Abdallah.
La Commissione europea ha presentato, il 3 marzo
scorso, la strategia Europa 2020 per uscire dalla crisi
e preparare l’economia della Ue ad affrontare le sfide
del prossimo decennio. Bruxelles individua tre motori
di sviluppo: una crescita intelligente (promuovendo
la conoscenza, l’innovazione, l’istruzione e la società
digitale), una crescita sostenibile (rendendo la nostra
produzione più efficiente sotto il profilo dell’uso
delle risorse, rilanciando nel contempo la nostra
competitività) e una crescita inclusiva (incentivando
la partecipazione al mercato del lavoro, l’acquisizione
di competenze e la lotta alla povertà).
In particolare, la nuova strategia propone cinque
obiettivi che l’Unione europea dovrebbe raggiungere
entro il 2020: il fatto che il 75% delle persone di età
compresa tra 20 e 64 anni debbano avere un lavoro;
il raggiungimento di investimenti in ricerca e sviluppo
pari al 3% del Pil dell’Unione; il conseguimento
dei traguardi prefissati in materia ambientale
dalla direttiva “20-20-20”; la diminuzione del tasso
di dispersione scolastica ad una cifra inferiore
al 10% e l’innalzamento al 40% del numero di laureati;
l’uscita dalla condizione di povertà per almeno
20 milioni di persone.
Secondo il presidente della Comissione europea,
José Manuel Barroso, Europa 2020 «illustra le misure
che dobbiamo adottare ora e in futuro per rilanciare
l’economia dell’Ue. La crisi ha messo in luce questioni
fondamentali e tendenze non sostenibili che
non possiamo più ignorare. Il disavanzo di crescita
dell’Europa sta compromettendo il nostro futuro.
Dobbiamo agire con decisione e costruire un nuovo
modello economico basato su conoscenza, basse
emissioni nocive per l’ambiente e alti livelli
di occupazione. Questa battaglia impone di mobilitare
tutte le forze presenti in Europa».
«Non è punibile a titolo di colpa
per violazione di disposizioni
in materia di tutela dell’ambiente
e tutela della salute e della sicurezza
dei luoghi di lavoro [...] per fatti
commessi nell’espletamento
del servizio connesso ad attività
operative o addestrative svolte
nel corso di missioni internazionali,
il militare e l’appartenente alla
Polizia di Stato dai quali non poteva
esigersi un comportamento diverso
da quello tenuto». È questo il testo
di un articolo introdotto quasi
di soppiatto dal governo italiano
nel decreto legge 1 del 2010,
convertito in legge il 5 marzo scorso
dal Parlamento. Una norma
che consente di derogare, dunque,
alle norme in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro
per i nostri soldati impiegati
all’estero e costituisce una vera
e propria impunità che equipara
i militari in missione agli 007.
«Nel silenzio dei media – ha
commentato il deputato del Partito
democratico Jean Leonard Touadi –
la maggioranza ha dato il via libera
ad una norma scandalosa che decreta
un vero e proprio scudo per gli alti
gradi dell’esercito nel caso di violazioni
di disposizioni in materia di ambiente
e tutela della salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro nel corso di missioni
internazionali. Una disposizione
che deresponsabilizza i vertici
delle Forze Armate e lascerà
nell’ingiustizia le vittime presenti
e future dell’uranio impoverito».
| 54 | valori |
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
|
|
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 55 |
| internazionale | pubblico o privato |
LE CONTRADDIZIONI DEL MONDO
CHE CURA I SUOI ABITANTI
| 56 | valori |
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
|
3.420
3.673
645
2.631
698
135
20,5
21,4
83
80
34
7,4
8,9
154
175
34
16,1
17,6
73
81
123
147
80
22,3
23
22,9
23,2
CANADA
23
39
135
131
81
19
34
31,1
33,2
26
31
GERMANIA
ITALIA
Spesa pro capite complessiva in $ a parità di potere d’acquisto
Numero di medici (2000-2007) per ogni 10 mila abitanti
Numero di letti d’ospedale per ogni 10 mila abitanti
Anni di aspettativa di vita alla nascita (2007)
Mortalità per patologie tumorali (ogni 100 mila abitanti)
Mortalità per patologie cardiovascolari (ogni 100 mila abitanti)
% di uomini obesi (2000-2007) oltre i 15 anni di età
% di donne obese(2000-2007) oltre i 15 anni di età
179
133
78
120
103
2,9
3,3
132
155
82
37
39
8
11,8
11,8
20,1
66
43
2,4
3,4
2.815
207
97
674
59
49
78
131
142
143
74
14
22
83
199
279
216
2.581
140
21
16.0
USA
FRANCIA
REGNO UNITO
Cosa salvare dell’America
pre-riforma
|
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 57 |
5.7
TURCHIA
MESSICO
POLONIA
IRLANDA
SLOVENIA
GIAPPONE
FINLANDIA
SVEZIA
GRECIA
DANIMARCA
OLANDA
PORTOGALLO
AUSTRIA
CANADA
BELGIO
5.9
6.4
6.8
CECOSLOVACCHIA
LUSSEMBURGO
6.8
7.3
COREA
7.4
UNGHERIA
7.6
8.1
7.7
In media nei Paesi dell’Ocse la
spesa per i sistemi sanitari è pari
a quasi il 9% del Pil.
8.2
8.4
8.7
AUSTRALIA
GRAN BRETAGNA
8.7
ITALIA
8.5
8.9
OECD
SPAGNA
8.9
NORVEGIA
9.2
NUOVA ZELANDA
9.1
9.3
ISLANDA
9.6
9.8
Ocse
www.oecd.org/health
WHO
www.who.int
Epicentro (ISS)
www.epicentro.iss.it
9.8
9.9
10.1
10.1
SITI INTERNET
10.2
10.4
10.8
Spesa pubblica
Spesa privata
11.0
«Quello degli Usa è un modello individualistico, quelli europei sono invece solidaristici», spiega Marcello Crivellini, docente di Automazione e Organizzazione sanitaria al
Politecnico di Milano, nel libro Sanità e salute: un conflitto
di interesse (edito da Franco Angeli). «Nel primo viene privilegiata la scelta libera del cittadino di andarsi a curare
dove crede, in relazione alle proprie possibilità economiche. Nei secondi è lo Stato che se ne occupa. Ma questa
dicotomia storica non sembra più in grado di descrivere
l’attualità, che è fatta di molti soggetti operanti». Ad affliggere il sistema americano non sono solo i milioni (circa 40, fino ad oggi) di cittadini privi di copertura assicurativa. Janet Corrigan, presidente della Ong National quality forum, ha denunciato recentemente al Washington
Post che anche i casi di malasanità sono in aumento nel
Paese: se dieci anni fa un rapporto intitolato “Errare è
umano” dell’Institute of Medicine stimava fino a 98 mila
i casi di pazienti morti ogni anno per errori medici, «oggi
riteniamo che la cifra sia superiore alle 100 mila unità»,
ha spiegato Janet Corrigan.
Ma la sanità americana pre-riforma, notoriamente affidata in larga parte ai privati, è davvero da buttare? «Nei
confronti del sistema degli Stati Uniti ci sono molti pregiudizi», spiega Edwin Morley Fletcher, docente di Politiche pubbliche del welfare all’Università La Sapienza di Ro-
GERMANIA
LA SPESA PIU CARA, CON LA RIFORMA LA COPERTURA SARÀ UNIVERSALE
Ad oggi (non considerando la riforma sanitaria di Barack Obama) negli Usa su 285 milioni
di abitanti circa 190 milioni possiedono un’assicurazione sanitaria. Circa il 15% non ha invece
copertura: la maggior parte di loro vive nel sud-ovest del Paese e ha meno di 65 anni (età in cui
scatta la copertura Medicare, che copre 40 milioni di anziani e che rappresenta circa il 18% della
spesa negli Usa); il 36% ha inoltre un reddito inferiore ai 25 mila dollari. Oltre agli anziani, anche
chi ha un reddito particolarmente basso può contare su un aiuto statale: il programma Medicaid
assiste 41 milioni di persone, per una spesa di 244 miliardi di dollari nel 2002: il 57% a carico
dello Stato federale, il 43% a carico dei singoli Stati. Infine esiste il servizio Ship, che copre oltre
5 milioni di giovani. Insomma: prima della riforma la coperta sanitaria made in Usa non sembra
troppo corta quanto piuttosto “bucata” al centro: si può dire, semplificando un po’, che a farne
le spese è, infatti, la middle class non anziana, né troppo giovane. In generale negli Usa negli anni
scorsi la spesa sanitaria è stata altissima: secondo l’Ocse pubblico e privato finanziano il sistema
per il 16% del Pil, pari, riferiscono le statistiche dell’Oms, a 6.719 dollari (a parità di potere
d’acquisto). Per il 2009 si parla di un costo complessivo pari a circa 2.500 miliardi di dollari:
il 17,3% del Pil. Eppure la cifra fino ad oggi non ha garantito cure a tutta la popolazione. E nella
classifica della mortalità infantile, gli Usa sono al 29° posto tra le 37 nazioni più industrializzate.
CUBA
LA SPESA SANITARIA [PUBBLICA E PRIVATA]
NEI PAESI DELL’OCSE
SVIZZERA
USA
RUSSIA
GIAPPONE
FRANCIA
SISTEMI SANITARI A CONFRONTO
CINA
USA
S
Obama, probabilmente non si ripeterà mai più. Ma come
funziona il sistema attualmente in vigore in America?
FONTE: OECD HEALTH DATA 2009, OECD (HTTP://WWW.OECD.ORG/HEALTH/HEALTHDATA)
da quando la prestigiosa rivista
medica americana New England Journal of Medicine pubblicava un articolo intitolato “I nuovi rifugiati d’America”. Si
raccontavano le storie di quei cittadini che,
non coperti da un’assicurazione sanitaria,
di Andrea Barolini
non erano in grado di far fronte alle spese richieste dagli ospedali e per questo decidevano di tentare
di curarsi all’estero. L’ospedale Bumrungrad di Bangkok,
ad esempio, registrava 55 mila ricoveri di cittadini statunitensi nel 2006, in crescita del 30% rispetto agli anni precedenti. Un esodo che, dopo la storica riforma di Barack
FONTE: WORLD HEALTH STATISTICS 2009 - ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA
Dagli Usa all’Europa la dicotomia pubblico-privato sembra superata: quasi tutti i sistemi sono ibridi. E puntano a contenere
la spesa pubblica. Secondo Edwin Morley Fletcher in futuro sarà inevitabile aumentare l’apporto del settore privato.
ONO PASSATI QUATTRO ANNI
3.465
6.719
La sanità
globale
passata
ai raggi X
| internazionale |
| fondi irresponsabili | internazionale |
ma. «Certamente esistono delle criticità di fondo, ma un
sistema che integra l’apporto privato con le regole pubbliche può funzionare molto bene. Lo dimostrano Svizzera e Olanda, che, ad esempio, obbligano le compagnie
a consentire di stipulare polizze a tutti i cittadini a prescindere dal rischio assicurativo che ciò comporta».
Spesa pubblica insostenibile
L’impianto della riforma ideata dal governo guidato da
Barack Obama sembra ispirarsi proprio ai due Paesi europei. I problemi americani, però, non sono solo legati all’erogazione delle prestazioni. A preoccupare sono anche
i costi: la quota di spesa pubblica americana in rapporto
al Pil negli ultimi anni è stata più ampia di quella di molti Stati europei. «Ma anche per i Paesi più legati al servizio
pubblico l’apporto dei privati sarà inevitabile in futuro»,
sottolinea Fletcher. «In Italia, ad esempio, se la crescita del
Pil è mediamente di circa un punto percentuale, la spesa
sanitaria aumenta molto più velocemente. Nei prossimi
anni si potrà scegliere di proseguire con prelievi ingiusti
come quelli effettuati attraverso i ticket, oppure scegliere
altri meccanismi perequativi, come i sistemi delle franchigie o dei bonus-malus». Altra grande sfida, poi, è quella legata alle nuove tecnologie informatiche. «Obama ha
stanziato a febbraio del 2009 ingenti somme di denaro
per la digitalizzazione delle strutture sanitarie: è il più
grande investimento al mondo di informatica applicata
alla sanità», prosegue Fletcher.
I medici raccontano
La realtà dei Paesi più ricchi del mondo l’hanno raccontata gli stessi medici. Un’indagine condotta in quattro
Paesi europei (Gran Bretagna, Italia, Norvegia e Svizzera)
e pubblicata da BMC Health Services Research ha mirato
a chiedere ai dottori di raccontare le situazioni dei loro
Paesi. Il risultato è un quadro complesso: nonostante le
quattro nazioni offrano tutte un sistema sanitario a copertura universale, esso non garantisce tutte le terapie.
Molti interventi sono pagati, in tutto o in parte, dai cittadini, che sborsano in media 200 dollari in Gran Bretagna
e addirittura 1.085 dollari in Svizzera. Il 50,5% degli intervistati, inoltre, ritiene che l’acLIBRI
cesso ai servizi sanitari non sia
paritario. Il 78% individua almeno una categoria di pazienti che,
per ragioni economiche, rischia
di dover rinunciare a un’adeguata assistenza medica. Si tratta soprattutto di malati mentali, imMarcello Crivellini
migrati, anziani e malati cronici.
Sanità e salute:
un conflitto d’interesse
I più bisognosi insomma.
I sistemi sanitari
dei maggiori
paesi europei
e degli Stati Uniti
Franco Angeli, 2004
| 58 | valori |
.
Al momento della stampa di questo numero
di Valori è giunta dagli Usa la notizia
che il provvedimento di riforma sanitaria
dovrà essere sottoposto ad una nuova
votazione per irregolarità procedurali.
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
|
SISTEMI SANITARI A CONFRONTO
Con la riforma, la spesa pubblica supererà il 50% del totale: si prevede un costo di 940 miliardi
di dollari nei prossimi 10 anni, che consentirà a circa 32 milioni di cittadini americani
che oggi non hanno accesso alle cure mediche di sottoscrivere una polizza assicurativa
con una compagnia privata, grazie a finanziamenti pubblici e incentivi. Il testo impone inoltre
nuove regole (vincolanti) per le compagnie assicurative che non potranno negare la copertura
a nessuno, neppure a chi sia affetto da malattie croniche (come accade oggi).
GRAN BRETAGNA
COPERTURA TOTALE NEL “QUASI MERCATO”
Nel Regno Unito nacque il primo servizio sanitario del mondo, il National Health Service (NHS),
nel 1946. Sebbene si tratti di un sistema a copertura “totale”, è presente una forma di cosiddetto
“quasi mercato”, che consente al NHS di “appoggiarsi” alla rete privata. E al Paese di rimanere
in Europa quello che spende meno, per la sanità in percentuale sul Pil: l‘8,4% del Pil britannico, oltre
un punto in meno della media europea, e mezzo in meno rispetto alla media dei Paesi Ocse. La spesa
pro-capite è invece pari a 2.815 dollari a parità di potere d’acquisto, contro gli oltre 3.400 di Francia
e Germania (l’Italia è a quota 2.631). Circa l’80% della spesa è costituita da capitali pubblici,
e di questa oltre un quarto è finanziata attraverso la tassazione generale. Si tratta dunque di un sistema
prevalentemente pubblico, ma le cui strutture, dopo le riforme di Margaret Thatcher degli anni ’90,
non sono più a gestione e proprietà statale, ma vendute a fondazioni autonome (i trust, che devono
raggiungere un ritorno del 6% del capitale investito, ovvero il Capital Cost Absorption). I medici, inoltre,
non sono dipendenti pubblici, ma professionisti privati, in una logica appunto di “quasi mercato”.
Va detto, però, che il numero di letti è più basso della media europea: meno della metà che
in Germania, ad esempio. Nel 2000 il 70% circa degli studi medici era collegato al NHS, anche se
il numero di dottori operanti è tradizionalmente basso rispetto al resto d’Europa: 1,7 medici per mille
abitanti, contro una media di 3,5 (in Italia sono quasi 6). Il settore privato “puro” ha un peso minore
in Gran Bretagna: in termini di posti letto vale il 5% del totale, ed è in mano a pochi grandi gruppi.
FRANCIA
LA SPESA PIÙ ALTA DOPO GLI STATES
Insieme a Germania e Svizzera è uno dei Paesi più esposti dal punto di vista della spesa sanitaria:
in percentuale sul Pil il costo complessivo del sistema è pari all’11%, secondo tra i Paesi Ocse solo
agli Stati Uniti, con oltre un quarto della spesa a carico dello Stato. Il che equivale a 3.420 dollari
pro capite. La gestione del servizio è affidata, in prima istanza, all’Assemblea nazionale e al governo,
che si avvalgono di una rete di uffici di controllo e programmazione decentrati che agiscono sul
territorio. Ogni anno il Parlamento approva infatti la spesa nazionale sanitaria nell’Objectif National
des Depences d’Assurances Maladie (Ondam). La maggior parte delle strutture sono pubbliche
e dal 1 gennaio 2000 è stata introdotta la Couverture Medicale Universelle, che affianca il sistema
assicurativo, che è obbligatorio ma orientato prevalentemente a forme integrative, regolato da leggi,
controllato dallo Stato e basato sull’appartenenza professionale. Così ad esempio i lavoratori del
commercio e dell’industria, l’80% del totale, fanno riferimento alla Cassa nazionale d’assicurazione
per i lavoratori salariati (Cnamts), mentre gli agricoltori sono coperti dalla Mutualité sociale agricole
(MSA). Non c’è molta libertà di scelta, dunque, se non quella di rivolgersi al medico che si preferisce,
che però applicherà un tariffario di riferimento per i rimborsi. Va detto però che i cittadini pagano
direttamene molti dei servizi a cui accedono, e vengono rimborsati solo successivamente.
SVIZZERA
ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE, MA REGOLATE
La sanità elvetica si basa su un sistema assicurativo obbligatorio: le polizze sono fornite
da una della compagnie (casse malattie) autorizzate, alle quali è possibile aggiungere una polizza
integrativa. In ogni caso i rapporti sono fortemente regolati a livello federale o cantonale.
Le assicurazioni, infatti, hanno degli obblighi: non possono rifiutarsi di accettare alcun assicurato
per via, ad esempio, delle patologie pregresse, né è possibile ottenere profitti dall’assicurazione
obbligatoria di base. Il “rischio assicurativo” deve essere infatti calcolato su base cantonale e non
individuale; inoltre sono presenti forti vincoli sui prezzi da applicare e sulle prestazioni da garantire.
Chi opera anche nel campo delle “integrative”, infine, è tenuto a separare i due settori di attività.
Una serie di condizioni che, di fatto, hanno scoraggiato la maggior parte delle grandi compagnie,
convincendole a non entrare nel settore delle polizze obbligatorie (il cui segmento risulta, di fatto,
non-profit): queste ultime presentano dunque come attori quasi solo le vecchie casse malattia.
Nel Paese operano sia ospedali pubblici che privati: questi ultimi hanno rapporti contrattuali con
il sistema delle assicurazioni; i primi ricevono finanziamenti extra dallo Stato. L’obiettivo è di garantire
ai cittadini una copertura totale ma, soprattutto, la libertà di scegliere il tipo di prestazioni
e l’assicuratore. Ciò ha portato la spesa complessiva della sanità svizzera a livelli molto alti:
il 10,8% del Pil, terzo dato dei Paesi Ocse, ma essendo una parte importante (circa il 40%) a carico
del sistema privato, ciò comporta che la spesa pubblica, in realtà, è una delle più basse d’Europa.
Nella foto, bjkdfhsk ghrsigrisg uiosuiosuiosui
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Africa: dove osano
gli avvoltoi
Il recente successo del newyorkese FG Hemisphere, specializzato negli investimenti “alternativi”, è un campanello
d’allarme per le nazioni più povere del Pianeta. I fondi avvoltoio hanno ancora fame. E continuano ad attaccare.
di Matteo Cavallito
HIPC: L’INIZIATIVA PER I PAESI POVERI INDEBITATI
LANCIATA NEL 1996 DALLA BANCA MONDIALE e dal Fondo
monetario internazionale, l’iniziativa si pone l’obiettivo di ridurre
il debito estero delle nazioni più povere del Pianeta in cambio
dell’avvio di programmi locali di lotta alla povertà. Coinvolgendo
creditori sovrani e commerciali, il programma mira a ridurre
l’indebitamento a un livello ritenuto sostenibile (generalmente
il 150% del valore dell’export). Nel 2005 il piano è stato esteso
attraverso la cosiddetta “Multilateral Debt Relief Initiative” (Mdri)
che prevede la sostanziale cancellazione dei debiti con Fmi, Banca
mondiale e African Development Fund per i Paesi che completano
il programma Hipc. L’iniziativa ha coinvolto finora 35 Paesi (29 sono
africani). Altri cinque potrebbero essere inseriti a breve. M.Cav.
FG HEMISPHERE. È un fondo con
base a New York, che da tempo si è specializzato nel segmento degli investimenti “alternativi”. Non ama farsi pubblicità, ma nelle
ultime settimane è balzato, suo malgrado, agli onori delle cronache per aver compiuto un’impresa che ha dell’incredibile. Grazie
alla sentenza favorevole di un tribunale di Hong Kong, FG ha ottenuto il pignoramento delle concessioni che la Cina dovrà pagare alla Repubblica Democratica del Congo nell’ambito di un
maxi progetto di estrazione mineraria. Un passo in avanti decisivo verso l’incasso di un credito di oltre 100 milioni di dollari vantato nei confronti del Paese africano. Ma anche l’ultimo capitolo
di una storia che non conosce vergogna.
L’
ULTIMO IN ORDINE DI TEMPO SI CHIAMA
|
ANNO 10 N.78
|
APRILE 2010
| valori | 59 |
| internazionale |
| giustizia climatica | internazionale |
La vicenda aveva preso il via nel lontano
1980 quando il governo dell’allora Zaire
contrasse un debito con la società jugoslava
EnergoInvest per la realizzazione di una linea di trasmissione elettrica tra le città di
Bukavu e Goma. Quando nel 1991 Kinshasa dichiarò di non poter pagare il debito,
EnergoInvest ricorse al giudizio dell’International Chamber of Commerce ottenendo
una sentenza di risarcimento pari a 11,7 milioni di dollari (cui andava aggiunto un interesse del 9%). Ma recuperare il credito restava un’impresa difficile, meglio trovare
qualcuno che si facesse carico dell’operazione. Fu allora che la FG Hemisphere entrò in
scena. La compagnia, fondata dagli ex consulenti di Morgan Stanley, Peter Grossman e
Keith Fogerty, acquisì i diritti sul credito e si
lanciò all’attacco. A colpi di sentenze, inteL’area industriale di Bukavu, in Congo.
ressi maturati e penali caricate, il credito
crebbe fino quasi a decuplicarsi. Praticamente l’affare del secolo.
(Hipc) Initiave, fondi poco noti come Camdex, Gracechurch o
Quelli come FG Hemisphere si definiscono fondi distressed, ma
Antwerp Investments hanno dato vita a un’orgia speculativa senza
gli osservatori li hanno da tempo ribattezzati vulture, avvoltoi. Laprecedenti vanificando qualsiasi iniziativa di ristrutturazione.
sciano i loro nidi domiciliati in paradisi naturali e fiscali come Bahamas o Isole Cayman e volano bassi, preferibilmente sulle savane delInformazioni carenti
l’Africa subsahariana, alla ricerca di debiti mai saldati. Acquisiscono
Difficile calcolare il ricavo complessivo ottenuto dai vulture negli ula prezzo scontato, portano i governi in tribunale e ottengono risartimi anni spolpando le casse di nazioni come Uganda, Tanzania,
cimenti da capogiro, allungando le mani su ogni entrata possibile:
Congo Brazzaville o Camerun. Un rapporto congiunto Fondo modalle concessioni per lo sfruttamento delle risorse naturali fino agli
netario internazionale/World Bank datato 2007 parlava di almeno
aiuti internazionali allo sviluppo. Secondo l’African Development
1 miliardo di dollari (a fronte di una spesa iniziale di 427 milioni),
Bank i rendimenti finali possono raggiungere anche il 2000%.
ma la cifra potrebbe essere di gran lunga superiore. Nell’agosto
Lo sanno bene finanzieri d’assalto come Michael Sheehan, che
2009, il quotidiano britannico Guardian ha stimato che, negli ultinel 1999, attraverso il suo fondo domiciliato alle Isole Vergini Brimi anni, almeno 54 società avessero trascinato in tribunale 12 Paetanniche - tale Donegal International - aveva acquisito per tre misi reclamando complessivamente 1,8 miliardi di dollari. Un mese
lioni di dollari un debito contratto vent’anni prima dallo Zambia
più tardi, il Fmi e l’International Development Association hanno
con la Romania per l’acquisto di macchinari agricoli. L’investimensegnalato un drastico calo delle cause legali tra i fondi e le nazioni
to ha reso cinque volte l’esborso iniziale. Una storia assurda, come
del programma Hipc: dalle 54 nel 2008 alle 14 attive nel settembre
tante altre, del resto. Da quando, all’inizio del XXI secolo, le grandi
scorso. Ma è una notizia solo parzialmente attendibile. «Ci sono
istituzioni sovranazionali hanno avviato la cancellazione dei loro
molti casi in cui le nazioni stesse non rendono noti perché hanno
crediti attraverso (vedi BOX ) l’Heavily Indebted Poor Countries
deciso di fare un accordo con i fondi e temono che la pubblicità
possa mettere a repentaglio l’intesa», spiega
USA E GRAN BRETAGNA: LA LEGGE PUÒ ATTENDERE
Nick Dearden, direttore della Jubilee Debt
Campaign, una delle più importanti iniziaIMPEDIRE AI FONDI AVVOLTOIO DI UTILIZZARE I TRIBUNALI di sua Maestà per reclamare i crediti vantati
tive di cancellazione debitoria del mondo.
(e gonfiati) nei confronti delle nazioni più povere e indebitate del Pianeta. È l’obiettivo della proposta di legge
«Le informazioni sono molto irregolari, è
attualmente in discussione nel Parlamento britannico. Dopo aver passato due letture alla Camera bassa, la norma
ha già diviso il mondo politico. Se da un lato sono in molti a giudicare il provvedimento un passo in avanti nella lotta
uno dei problemi del nostro lavoro».
alla povertà, c’è anche chi, soprattutto nell’opposizione conservatrice, teme che la riforma possa scoraggiare nuovi
Stati Uniti e Gran Bretagna, principali seinvestimenti condannando così le nazioni Hipc alla perenne depressione economica. Non è ancora chiaro ad oggi
se il Parlamento britannico riuscirà ad esprimere un voto definitivo prima delle elezioni politiche del prossimo
di delle contese legali, stanno studiando
3 giugno. Secondo il Financial Times, i tribunali britannici ospitano il 20% delle cause intentate dai vulture funds
nuove leggi per contrastare gli avvoltoi (venel mondo. Una quota notevole, ma pur sempre inferiore a quella compensata dalle corti Usa, sedi di una contesa
di BOX ), ma la strada è ancora lunga e ad oglegale su tre. Attualmente, il Congresso sta esaminando due provvedimenti in materia. Il primo, conosciuto
come “Stop Vulture Funds Act”, intende fissare al 6% l’interesse massimo caricabile dai fondi sui crediti vantati.
gi non esiste nessuna norma in grado di porIl secondo, denominato “Judgment Evading Foreign States Accountability Act”, vorrebbe, però, proibire alle nazioni
re un limite massimo agli interessi che i fonche hanno casi legali pendenti di accedere al mercato dei capitali statunitense. Entrambe le proposte sono ancora
di possono caricare sui debiti. La cena dei
alle fasi preliminare della discussione.
M. Cav.
predatori può continuare.
.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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È scoccata l’ora
(solidale)
di Cochabamba
Convocata dal governo di Evo Morales la Conferenza Mondiale dei Popoli in Bolivia vuole discutere le
cause sistemiche del cambiamento climatico ed elaborare una Dichiarazione universale dei diritti della Madre Terra.
ON SCORDIAMOCI MAI CHE NON È ACCETTABILE che oggi un cittadino statunitense consumi 25 barili di petrolio all’anno, un europeo 11, un cinese 2, un latinoamericano o un
caraibico 1, un africano meno di mezzo: questo è
razzismo ambientale». A definire quedi Corrado Fontana
sta categoria degli effetti di ingiustizia
sociale e ambientale che l’attuale modello di
L’INVITO
civilizzazione impone è Giuseppe De Marzo,
scrittore, attivista e portavoce dell’Associa«IL GOVERNO dello
Stato Plurinazionale
zione A Sud.
di Bolivia convoca
Il tema forte è quello della sempre più
i cittadini del mondo,
i movimenti sociali
evidente
iniqua distribuzione dei beni coe i difensori
muni e naturali rispetto alla sopravvivenza
della Madre Terra
e invita scienziati,
del Pianeta e di tutti i popoli che lo abitano.
accademici, avvocati
Una delle molle principali che condurrà
e governanti
«N
che vogliano lavorare
con i propri cittadini,
alla Conferenza
Mondiale dei Popoli
sul Cambiamento
Climatico e i Diritti
della Madre Terra,
che avrà luogo
dal 20 al 22 Aprile
2010 in Cochabamba,
Bolivia».
Bolivia, gennaio 2010
Evo Morales Ayma
Presidente dello
Stato Plurinazionale
di Bolivia
Giuseppe De Marzo. Il
logo della Conferenza
e un’immagine di
Copenhagen (Cop 15).
DARIO BROLLO
Affari d’oro
molti – si parla già di 10 mila persone – a Cochabamba,
in Bolivia, dal 19 al 22 aprile per partecipare alla Conferenza mondiale dei popoli sul clima e i diritti della Madre Terra. Secondo Giuseppe De Marzo: «Non si può chiedere ai Paesi del Sud di diminuire i propri
consumi adesso, senza che si stabiliscano responsabilità comuni, ma diverse, che facciano riferimento al debito di carbonio accumulato in atmosfera o ai rifiuti tossici e chimici stoccati nel mondo o alle foreste e ai fiumi distrutti e alle condizioni di riproduzione
di molti popoli compromesse. Questo è il debito ecologico e non si può ignorare».
| internazionale |
| proposte concrete | internazionale |
In Bolivia si cambia
si potrà «parlare finalmente di “giustizia climatica” e non
di “problema ambientale”».
La rivoluzione del meeting boliviano si vede, sia nella forA SUD
ma che nei contenuti. Per la prima volta è un governo,
è un’associazione
quello guidato da Evo Morales, a convocare una confeAmerica Latina, luogo di futuro
italiana indipendente
renza mondiale, invitando non solo governi, ma anche la
Perché Cochabamba? La risposta affonda nel recente pasnata nel 2003
per affiancare
società civile e i movimenti: si tratta di un riconoscimensato ma guarda al futuro. Il 2009 sarà forse ricordato per
i movimenti sociali
to
di
pari
dignità
a
tutti
i
soggetti
interessati.
il Vertice mondiale sul clima di Copenaghen, dove la dee indigeni del Sud
del mondo.
Gli obiettivi sono espliciti: discutere insieme le «caumocrazia rappresentativa ottocentesca si è mostrata non
Protagonista di varie
se
strutturali
e
sistemiche
che
guidano
il
cambiamento
più capace di decidere davanti allo “strabordare” degli indenunce degli
climatico e proporre misure radicali che assicurino il beteressi del profitto. L’aspetto positivo di un tale fallimenimpatti ambientali
e sociali negativi
nessere dell'intera umanità in armonia con la natura»; elato dell’attuale modello di governance mondiale è stato
che i processi
borare
una
Dichiarazione
universale
dei
diritti
della
Maperò che, a differenza del passato, sette Paesi non sono riudi globalizzazione
e di sviluppo
dre Terra; «accordarsi sulle proposte di nuovi impegni per
sciti a imporre ad altri 183 un documento – che comunprovocano,
il
Protocollo
di
Kyoto
e
sui
progetti
di
Decisione
della
que è circolato – con impegni contraffatti, come quello di
ha promosso
Convenzione quadro delle Nazioni unite sul
partire, per il calcolo della CO2, dal 2005 e
e sostiene alcune
campagne
LIBRI
cambiamento climatico», pensando al debito
non dal 1990, come imponeva invece il Tratinternazionali
climatico, ai migranti e ai rifugiati ambientatato di Kyoto del 1997.
insieme ai movimenti
del Sud del mondo
li, alla riduzione delle emissioni, al trasferiOra si tratta di capire come la futura dee alle reti
mento
delle
tecnologie;
stabilire
«la
costrumocrazia
della Terra potrà strutturarsi, sui
dei movimenti
altermondialisti.
zione di un Tribunale di giustiza climatica».
nuovi equilibri emergenti tra storici e neonawww.asud.net
Un punto decisivo, quest’ultimo, perché di
ti poli di potere: Cina, Usa, Iran, Russia e, sofronte a una crisi verticale dell’attuale paraprattutto, America Latina. Non a caso la conGiuseppe De Marzo
digma di civilizzazione (crisi ecologica, crisi
ferenza sui diritti della Madre Terra avviene in
Buen Vivir
Per una nuova
alimentare, crisi energetica finanziaria, crisi
Bolivia: l’America Latina a partire dal 2002democrazia della terra
economica, crisi migratoria), parte della solu2003, col consolidamento di alcuni governi
Ediesse, 2009
zione passerà per molti attraverso una via giud’ispirazione progressista, rappresenta un
ridica: con l’elevazione a un rango superiore
nuovo polo di potere con tutti gli elementi
IN INTERNET
dei diritti della natura sarà, infatti, possibile
necessari (economia, mercato, germoplasma,
porre diritto ambientale ed economico allo
politiche di integrazione commerciale). Sud
www.cmpcc.org
stesso livello. A Cochabamba, dice De Marzo,
America significa un mercato da oltre mezzo
miliardo di persone e più della metà della bio«LE BANCHE INVESTANO A DIFESA DEL CLIMA»
diversità del Pianeta: per dirla in breve con le
parole di Giuseppe De Marzo: «Se dobbiamo
LE BANCHE INTERNAZIONALI non fanno abbastanza per combattere il cambiamento climatico. A sostenerlo è BankTrack,
immaginare un mondo tra venti o trent’annetwork globale di Ong che monitora il comportamento degli istituti di credito. La posizione della rete è contenuta
in un documento, intitolato A challenging climate 2.0; what banks must do to combat climate change, che punta il dito
ni, non possiamo che immaginare il ruolo desoprattutto verso le banche commerciali: molte di esse sono concentrate su attività di business e settori che hanno
terminante per tutti, anche sul piano della
un impatto diretto sul clima. Al contrario, le banche potrebbero giocare un ruolo decisivo se convogliassero i propri
giustizia climatica e della sostenibilità, del
capitali verso investimenti ambientalmente responsabili. Il documento completo è online sul sito www.banktrack.org
continente latinoamericano».
ASSOCIAZIONE A SUD
.
DEBITO ECOLOGICO IN CIFRE RETE OILWATCH INTERNAZIONALE
DEBITO ECOLOGICO E PETROLIO: 2 CASI DOCUMENTATI (ANNO 2000)
1.Debitore: Caltex (consorzio Texaco - Chevron)
Paese creditore: Indonesia - Provincia di Riau-Sumatra
Popoli: Sakai, Laut, Talang Mamak, Bonai, Hutan e Akit.
In totale 4.747 famiglie e 35.682 persone. I più colpiti dall'attività petrolifera sono stati i Sakai.
Ecosistema colpito: boschi umidi
Durata dell'intervento: 40 anni
Impresa: Caltex Pacific Indonesia è un consorzio tra la compagnia petrolifera Texaco e Chevron che
opera in differenti paesi asiatici.
Estensione ecologica del danno: L’attività petrolifera ha distrutto l'ecosistema in ognuna delle sue tappe.
Durante la fase di perforazione si generano grandi quantità di acque di formazione che contengono
una miscela di acque sotterranee e materiali liquidi e solidi, tra cui petrolio, liquidi di perforazione, sostanze
chimiche e materiale geologico. Possono contenere quantità pericolose di composti organici (idrocarburi)
e inorganici (tracce di metalli pesanti) altamente tossici. Le acque di formazione vengono scaricate in piscine
nelle quali vengono separati acqua e idrocarburi, si produce così uno strato superficiale di petrolio e le acque
sottostanti vengono versate direttamente nell'ambiente senza essere sottoposte ad altri trattamenti.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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2. Debitore: Shell
Paese creditore: Nigeria
Popoli: Ogoni e altri.
In tutto 5.000 persone del popolo Ogoni e 30.000 di altri popoli.
Ecosistema colpito: foreste di mangrovie (manglar)
Durata dell'intervento: 40 anni
Impresa: Royal Dutch Shell, impresa anglo-olandese
Danni: tonnellate di CO2 e gas metano generati; sversamenti
di prodotti chimici per incidenti; fenomeni di inquinamento
del fiume Niger; degrado e impatto sul flusso naturale di scambio
tra acque fluviali e acque del mare, colpendo le terre e le coltivazioni;
deforestazione e trattenimento di flussi di acqua per la costruzione
di strade; impatto sui boschi seccati o marciti; repressione
dura delle autorità locali attuata sulle popolazioni impegnate
nella difesa del territorio.
Difendiamo
l’ambiente
attraverso
la quotidianità
Karl-Ludwig Schibel
coordina in Italia le
attività dell’Alleanza
per il Clima.
A Perugia la rete di enti locali Alleanza per il Clima organizza un convegno
per spiegare come riuscire a lottare contro i cambiamenti climatici partendo dal basso.
A PRIMA CONFERENZA SULL'AMBIENTE e sullo sviluppo dell’Onu si tenne a Rio de Janeiro nel 1992. Da quell’anno i governi si sono incontrati quindici volte (l’ultima a Copenaghen nel dicembre scorso). In 18
anni, il gotha della politica globale
di Andrea Barolini
non può dire di essere riuscito a centrare gli obiettivi iniziali. Per cui sorge la domanda: che sia sbagliato l’approccio al problema? È la convinzione dei promotori dell’Alleanza per il clima, rete internazionale di enti e associazioni che
piuttosto che passare ancora per i “massimi sistemi” punta «ad una
spinta dal basso», spiega Karl-Ludwig Schibel, che coordina le attività in Italia, e che ha organizzato la conferenza internazionale Local Solutions for Change.
L
LA RETE CONTA 1.500 ALLEATI
L’APPUNTAMENTO
L’ALLEANZA PER IL CLIMA
è un’associazione di comuni ed enti
locali europei, impegnata dal 1990
nel tentativo di promuovere un approccio diverso
alla salvaguardia del clima globale. Non più fatto di regole
e decisioni calate dall’alto, ma di cultura delle azioni
quotidiane che coinvolgono cittadini, enti territoriali
e imprese. Alla rete, attualmente, aderiscono 1.500 soggetti,
che si sono impegnati volontariamente a rispettare
specifici obiettivi, campi d’attività e misure per uno
sviluppo ambientalmente sostenibile. Tali strategie sono
contenute in un Manifesto dell’Alleanza per il clima
(del 1990) e in una Dichiarazione dell’Alleanza per il clima
(del 2000). Attraverso una partnership con i popoli
indigeni delle foreste pluviali, i membri dell’Alleanza
contribuiscono anche alla lotta alla deforestazione
tramite campagne di sensibilizzazione e il boicottaggio
dei legnami tropicali. Fa parte del progetto, infine,
un giornale, reperibile sul sito www.utopieconcrete.it.
14 - 16 aprile
PERUGIA
CONFERENZA
INTERNAZIONALE
“LOCAL SOLUTIONS
FOR CHANGE”
Tre giorni di workshop
e tavole rotonde per
scambiare esperienze,
definire strategie
per il prossimo
decennio e attuare
soluzioni per un futuro
sostenibile. Muovendo
sempre dalla
dimensione locale.
Partire dal basso per arrivare al mondo intero: non è un progetto troppo ambizioso?
La nostra Alleanza è costituita da piccoli enti che vogliono ottenere
cambiamenti globali. Può sembrare un’utopia ma quello che occorre è un cambiamento culturale, a partire dall’agire quotidiano.
Che si possa partire da qui è certo, ma potrà bastare?
In Italia, e non solo, oggi la protezione del clima è idealmente affidata alle conferenze internazionali: processi ad alti livelli. Noi invece siamo convinti che la protezione del clima passi prima di tutto da
un’attività quotidiana sul territorio.
Perciò a quali soggetti vi rivolgete?
Vogliamo responsabilizzare imprese, cittadini, amministrazioni locali. Pensi alle energie rinnovabili: fino ad ora in Italia fanno notizia quasi solamente gli “esempi eccellenti”, come le buone pratiche.
Nessuno discute il loro ruolo, ma è tempo di non accontentarci.
Tradotto: occorre essere in tanti.
Ma non si può sempre aspettare che sia il prossimo a muoversi.
Giusto, ma non occorrono anche leggi e regolamenti?
No, è un approccio che non funziona. C’è una legge che impone agli
enti pubblici di usare il 30% di beni e servizi ecocompatibili, eppure molti sono vicini allo zero. Ripeto: il nodo è culturale.
C’è già stato qualcuno, agli “alti livelli”, che si sia interessato al vostro approccio?
Agli alti livelli? Siamo noi gli alti livelli! Cosa c’è di più “alto” delle
nostre vite quotidiane?
.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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APPUNTAMENTI APRILE>GIUGNO
11 aprile
SUDAN
ELEZIONI LEGISLATIVE
E PRESIDENZIALI
Appuntamento importante per la politica
del grande paese africano, alla vigilia
della scadenza di una delle missioni Onu
(30 aprile) più lunga, più costosa e più
inutile (nella foto il segretario generale
delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon). Si
fronteggeranno il Partito del Congresso
nazionale (Ncp) e il Movimento per la
liberazione del popolo sudanese (Splm).
Nel 2011 dovrebbe, invece, svolgersi il
referendum per l’indipendenza del Sud
del Sudan.
12 - 13 aprile
SHARM-EL-SHEIKH (EGITTO)
COMESA INVESTMENT FORUM
Infrastrutture, tecnologie
dell’informazione e della comunicazione,
agricoltura, energie rinnovabili, servizi
finanziari e turismo saranno gli
argomenti di questa due giorni
organizzata dal Comesa (Common
Market for Eastern and Southern Africa)
in collaborazione con il governo
egiziano. Saranno presenti i ministri dei
19 Paesi che formano il Comesa e
Donald Kaberuka, presidente dell’African
Development Bank. Il Comesa è un
organismo che vuole stabilire
collaborazioni di sviluppo attraverso
l’integrazione regionale.
www.comesa.int
19 - 22 aprile
COCHABAMBA (BOLIVIA)
CONFERENZA DEI POPOLI
Da Copenhagen
a Cochabamba: i Forum
sociali si confrontano
per definire le strategie di azione
e mobilitazione in difesa della vita
di fronte al cambiamento climatico
e i diritti della Madre Terra. Il primo
appuntamento dopo la conferenza Onu
di dicembre si svolgerà a Cochabamba,
nella città simbolo della lotta per l’acqua.
22 - 23 aprile
SEOUL (REPUBBLICA DI COREA)
BUSINESS FOR THE ENVIRONMENT B4E
Il Summit coreano segna l’incontro tra
governi, imprese, media e Ong dopo la
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ANNO 10 N.78
|
conferenza sul clima di Copenhagen, in
cui verranno discussi i risultati di Cop
15. Organizzato dall’Unep, l’agenzia delle
Nazioni unite per l’ambiente, al Summit
saranno presenti Wangari Maathai,
premio Nobel per la Pace e fondatore
del movimento Greenbelt, Richard
Branson presidente del gruppo Virgin.
E ci saranno gli amministratori delegati
della Dow Chemical Company, Siemens,
LG Electronics, Coca-Cola, Hitachi, Nalco.
www.b4esummit.com
24 - 25 aprile
WASHINGTON DC (STATI UNITI)
SPRING MEETING IFM
Annuale convegno di primavera del
Fondo monetario internazionale e della
Banca mondiale. Parteciperà anche il
segretario generale dell’Osce, Marc
Perrin de Brichambaut.
www.imf.org
25 aprile
AUSTRIA
ELEZIONI PRESIDENZIALI
1° maggio - 31 ottobre
SHANGHAI (CINA)
ESPOSIZIONE UNIVERSALE 2010
Si aspettano 70 milioni di visitatori
allo Shanghai Expo 2010, l’Esposizione
universale che sarà ospitata dalla
capitale economica della Cina. Better
city for better life una città migliore per
una migliore qualità della vita, è il tema
di un Expo sul quale la Cina scommette
ingenti risorse per “stupire” (come
promette sul sito ufficiale) la comunità
internazionale e bissare il successo
delle Olimpiadi.
en.expo2010.cn
3 - 28 maggio
NEW YORK (USA)
CONFERENZA DI RIESAME DEL TNP
Il Trattato di non proliferazione nucleare,
entrato in vigore nel 1970 e prorogato
nel 1995 a tempo indeterminato con
l’impegno a revisioni quinquennali, come
la sessione che viene ora affrontata, ha
come obiettivi il disarmo, la prevenzione
della diffusione delle armi atomiche e l’uso
pacifico del nucleare. 190 i Paesi che
APRILE 2010
|
PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A [email protected]
hanno aderito al Trattato, comprese cinque
nazioni che detengono armi nucleari
(Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina).
Il Trattato prevede che tutti gli Stati
firmatari in possesso di tecnologie nucleari
per uso civile sottopongano al controllo
della Iaea (Agenzia internazionale
sull’energia atomica) i loro impianti,
come nel caso dell’Iran. Possiedono armi
nucleari ma non aderiscono al Tnp:
Israele, India, Pakistan e Corea del Nord.
www.onu.org
7 - 9 maggio
DUBLINO (IRLANDA)
MEETING ANNUALE DELLA TRILATERAL
COMMISSION
Riunione plenaria della Commissione
fondata da David Rockefeller nel 1972,
che riunisce oggi 390 membri tra le
persone considerate più influenti al
mondo, provenienti dal settore degli
affari, dalle università, dai sindacati, dalla
pubblica amministrazione, dalla ricerca e
dalle Organizzazioni non governative. 160
membri arrivano dall’Europa, 120 dal
Nord America e 110 dall’area asiatica del
Pacifico. L’argomento dei meeting non
viene comunicato alla stampa prima
dell’inizio dei lavori: lo scorso anno è
stato sulle opportunità offerte dalla crisi
(nella foto: il primo meeting della
Trilateral, a Tokio nel 1973).
www.trilateral.org
7 - 10 maggio
MELILLA (SPAGNA)
SOCIAL CAPITAL IN PRACTICE
Organizzata dalla Social Capital
Foundation, la Conferenza riunirà
scienziati, politici e operatori sociali per
discutere nella pratica le questioni
connesse al capitale sociale.
www.socialcapitalgateway.org
8 - 9 maggio
VIENNA (AUSTRIA)
FORUM MONDIALE DELLA SCIENZA
Il Forum mondiale delle scienze permette
contatti tra i rappresentanti delle politiche
scientifiche dei Paesi appartenenti
all’Osce (Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico).
www.oecd.org
19 - 21 maggio
FRANCIA (PARIGI)
10TH ANNIVERSARY
CIS OIL & GAS SUMMIT
Ministri dell’energia di Russia, Ucraina,
Paesi del Caspio e dell’Asia centrale
incontrano rappresentanti delle imprese
petrolifere.
www.clarionevents.com
27 - 28 maggio
ABIDJAN (COSTA D’AVORIO)
AFDB ANNUAL MEETING
Nel corso del meeting annuale dei
governatori dell’African Development
Bank Group (Afdb) e dell’African
Development Fund, verrà ufficialmente
lanciato l’African Economic Outlook
2010, una panoramica delle prospettive
economiche del continente per
l’anno in corso.
www.afdb.org
28 maggio - 1° giugno
RIGA (LETTONIA)
SESSIONE PLENARIA
PRIMAVERILE DELLA NATO
www.nato-pa.int
11 giugno - 11 luglio
SUDAFRICA
CAMPIONATO MONDIALE
DI CALCIO
Organizzato ogni 4 anni dalla FIFA
(Fédération International de Football
Association) il Campionato mondiale
di calcio è arrivato alla sua 19ma
edizione e sarà ospitato per la prima
volta da un Paese africano.
Per il Sudafrica sarà un passaggio
di accreditamento internazionale,
dopo gli anni dell’apartheid.
La finale si svolgerà nell’emisfero
australe dopo 32 anni dall’edizione
del 1978 in Argentina. Grandissima
l’attesa per l’evento sportivo,
ma grandissima anche l’apprensione
che possano svilupparsi scontri di tipo
xenofobo, proprio mentre i riflettori
di tutto il mondo saranno puntati
sul Sudafrica.
www.southafrica2010.it
28 giugno - 1 luglio
MONTREAL (CANADA)
TERZO CONGRESSO
ASSOCIATION FOR
SOCIAL ECONOMICS
www.socialcapitalgateway.org
PUBB
CISL
|
economiaefinanza
|
|
altrevoci
a cura di Michele Mancino
LA PERVERSA
LOGICA DELLO
SHOPPING
A OGNI COSTO
TUTTI I VOLTI
NASCOSTI
DELLA
RICCHEZZA
LA GIUSTIZIA
TRA LE BUFALE
DI MEDIA
E POLITICA
L’ITALIA
DEL ’900
CHE CAMBIÒ
L’AMORE
RICICLARE,
RISPARMIARE
E GUSTARE UN
BUON PASTO
Nel corso dei secoli i più
grandi economisti hanno
individuato nel capitalismo
lo strumento per raggiungere
il massimo beneficio per tutti.
Ci è stato insegnato che
il libero mercato è il modello
economico perfetto per coniugare interessi
individuali e vantaggi collettivi. Ma, alla luce
delle nuove vicende economiche, possiamo
ancora affermare che il libero mercato sia
la ricetta più vantaggiosa? O non sarà il caso
di iniziare a considerarlo un’efficace azione
ideologica? Il fatto che ora anche tra
gli economisti “classici” si rafforzi l’idea
dell’opportunità di maggiori controlli
su mercato e transazioni finanziarie (perfino
l’Economist, che dal 1843 promuove i valori
del liberalismo, rivaluta il welfare francotedesco a scapito del modello anglosassone)
non è una prova definitiva, ma senz’altro
un indizio in tal senso. Il libro di Bosio
permette di tracciare un percorso della storia
economica del Novecento, comprensibile
a tutti. Dalla Grande Depressione del ’29
al crollo del 2008. Per arrivare a formulare
delle proposte che riportino al centro l’uomo
e teorizzino il riconoscimento dei beni comuni
mondiali e dell’umanità come soggetto
giuridico e politico al quale devono far capo
diritti autonomi e prevalenti rispetto
a quelli riconosciuti alle nazioni dai vari
organismi internazionali.
Quanti
paradossi
s’insinuano
nelle nostre
vite senza che
quasi ce ne
accorgiamo. Chi non ricorda i bei
weekend in un centro storico,
in un parco o in qualche luogo
mozzafiato dei quali l’Italia
è piena? Oggi viuzze e giardini
sono spesso abbandonati
in favore di intere giornate
trascorse in mega strutture
dell’Ikea, di Carrefour o negli
outlet. Centri per lo shopping
ampliatisi a dismisura fino
ad assumere le sembianze
di veri distretti: il trionfo della
logica perversa della grande
distribuzione organizzata.
“Organizzata” per rinchiuderci
tra le pareti-palcoscenico
di piazze e vie artificiali. Luoghi
della compulsione, per vittime
dell’acquisto emozionale,
slegato da qualsiasi bisogno
effettivo. Con costi sociali
e ambientali che i grandi marchi
cercano di tenere nascosti.
Cerca di svelarli “Shock
Shopping”: guerre tra i marchi
per la conquista di nuovi spazi,
tecniche di fidelizzazione dei
consumatori, manovre mafiose
per riciclare denaro sporco
entrando nel capitale di Despar.
Il denaro può
facilmente
tramutarsi in
svariate forme
di beni anche
molto diversi
tra loro. A differenza di altre
forme di ricchezza concrete,
già determinate, il denaro porta
con sé quella capacità magica
di tramutarsi in ciò che
si vuole: evoca dunque desideri
e promette di esaudirli,
come il genio della lampada
di Aladino. Un bene particolare,
per quanto prestigioso
e di valore per qualcuno,
come una casa in montagna
o una barca a vela, può
non rientrare nell’ambito
delle cose desiderabili
per qualcun altro. Il denaro,
invece, ha il potere di suscitare
i desideri profondi di ciascuno,
proprio per il suo valore reale
eppure ancora indeterminato.
Il denaro non è solo ricchezza,
ma anche utilità, necessità,
simbolo di potere. Per tutti
questi motivi, il denaro mostra
in modo inequivocabile
una fortissima capacità
di seduzione e di corruzione.
«Tutti gli
italiani sono
intercettati».
«La spesa
sulle
intercettazioni
è in continua crescita e occupa
ormai il 33% delle spese
per la Giustizia». Titoli strillati,
rivelazioni apparentemente
clamorose, apparse
rispettivamente su Il Giornale
del 10 Giugno 2008 e durante
un’audizione in Parlamento
del Guardasigilli Angelino Alfano
il 26 Gennaio 2009. Due frasi
prese a caso su un tema
da troppo tempo sulla breccia
della cronaca politica.
Ma è proprio vero che siamo
in un Paese di sorvegliati
speciali? O che le nuove
proposte di legge servono
solo a limitare l’uso eccessivo
di uno strumento affatto
indispensabile per le indagini?
Il libro di Antonio Ingroia,
procuratore aggiunto a Palermo
ha almeno tre meriti: rende
onore alla ostinatezza
dei fatti contro le ricostruzioni
di comodo. Sceglie uno stile
narrativo semplice e lineare.
E rivela retroscena sconosciuti
a (quasi) tutti.
Il nuovo secolo, il ’900, sta
per arrivare. Il clima di festa
invade le strade. Amos Segre,
giovane banchiere ebreo
di Saluzzo, fa a se stesso
una promessa per il nuovo
secolo: diventare qualcuno
e mettere su una solida
famiglia patriarcale.
Il destino però lo costringerà
a fare scelte importanti.
L’irrefrenabile passione
per Teresa, cristiana e figlia
del fattore del luogo,
lo metterà di fronte
all’ostracismo della comunità
ebraica. Ma Teresa non vuole
che il suo uomo debba soffrire
per causa sua. Nell’amore
fideistico e assoluto che prova
per lui ingloba anche la sua
religione: vuole a tutti i costi
diventare ebrea. La storia
di questa donna originale
e commovente si snoda fino
al terribile 1938 delle leggi
razziali fasciste e tutto quello
che ne seguì attraverso
la ricostruzione avvincente
delle vicende familiari,
dei cambiamenti politici
e di costume dell’Italia.
Buttereste mai 600 euro
nell’immondizia? No? Eppure
lo state già facendo. Ogni anno
ogni famiglia italiana getta
nella spazzatura almeno il 12%
degli alimenti che acquista.
Più o meno 600 euro, appunto.
Uno schiaffo alla miseria. Sia
per chi non riesce ad arrivare
a fine mese, sia perché con
quei soldi si potrebbero fare
tante altre belle cose: viaggi,
massaggi, concerti, serate
a teatro. Per rimediare ci vuole
molto meno di quanto si pensi.
Basta avere le dritte giuste.
Quelle contenute in “Avanzi
Popolo”, di Letizia Nucciotti.
Oltre 400 ricette studiate
per trasformare lo scarto
in un avanzo, degno di essere
riciclato per arricchire
o trasformare un pasto. Nella
prima parte del libro, l’autrice
snocciola consigli per comporre
una lista della spesa più
attenta e oculata (“il costo
di un pasto si stabilisce
a partire da una spesa ben
fatta”). Nella seconda, le ricette
sono organizzate in base
all’alimento da riutilizzare:
pane, pasta, riso e farro,
semolino e polenta, salumi,
formaggi, latte, yogurt, uova,
carni, pesce, verdure, legumi,
frutta e dolci.
Edizioni EMI, 2010
SAVERIO PIPITONE
SHOCK SHOPPING
Arianna Editrice, 2009
| 66 | valori |
ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A [email protected]
CAPITALISMO,
UN MODELLO
PERFETTO.
O FORSE NO?
ROBERTO BOSIO
OLTRE IL CAPITALISMO
narrativa
A CURA DI CLAUDIO BELLONI
DENARO
Editrice Servitium, 2010
LIA LEVI
LA SPOSA GENTILE
Edizioni E/O, 2010
ANTONIO INGROIA
C’ERA UNA VOLTA
L’INTERCETTAZIONE
Stampa Alternativa, 2010
LA GRANDE
SCIENZA
È IN REALTÀ
NORMALITÀ
IL CAMMINO
ALLA RICERCA
DELLA PECORA NERA
CHE È DENTRO DI NOI
Uno scrittore, impegnato
da anni nella stesura di una
biografia di Isaac Newton
e soprattutto alla ricerca
di quella crisi esistenziale
che precedette il suo sofferto
addio alla scienza, vuole
trovare la concentrazione
per terminare il suo libro.
Con questo intento prende
in affitto la foresteria della
casa di campagna di un’antica
famiglia decaduta. Ma
a distrarlo dal lavoro che fino
ad allora aveva dato senso alla
sua vita è la presenza di due
donne destinate a incarnare
facce diverse dell’amore.
La sensuale Ottilia, disposta
a concedersi anima e corpo,
e l’aggraziata Carlotta, una
bruna dall’eleganza dimessa,
sempre assorta in qualche
recondito rovello, sono
per l’ospite della foresteria
un mistero che a poco a poco
offusca ogni altro pensiero.
Il suo rapporto con le due
donne dà vita a un intreccio
di relazioni spesso basate
su un equivoco. Complici
una campagna illuminata
da una luce pittorica
e un’atmosfera fuori dal tempo,
lo scrittore finirà per vedere
l’arcano laddove vi è solo
la più banale delle realtà.
Questa storia, ambientata in un Giappone
invivibile e ormai privo di radici, racconta
le avventure di un giovane pubblicitario
coinvolto nella ricerca di una misteriosa
pecora con una macchia sul mantello.
La vicenda, solo all’apparenza banale,
suscita anche l'interesse di un inquietante
personaggio, collaboratore di un potente
politico che ha qualche scheletro nell’armadio
risalente al passato coloniale. Il giovane
pubblicitario viene incaricato di ritrovare
la pecora in questione senza però indizi
se non, appunto, quella foto ricevuta anni
prima da un amico. La ricerca spinge
il protagonista fino nella fredda regione
di Hokkaido. Il viaggio è una metafora
del percorso esistenziale con i suoi dubbi,
le sue angosce e le sue gioie. Pubblicato
in Italia per la prima volta nel 1992 “Nel segno
della pecora” è diventato un romanzo di culto
per gli appassionati di Murakami Haruki.
Viene riproposto in una nuova traduzione
per la prima volta dal giapponese.
MURAKAMI HARUKI
SOTTO IL SEGNO DELLA PECORA
Einaudi, 2010
LETIZIA NUCCIOTTI
AVANZI POPOLO
JOHN BANVILLE
LA LETTERA DI NEWTON
Stampa Alternativa, 2009
Guanda, 2010
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 67 |
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fotografia
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IL MERIDIONE
D’ITALIA
VISTO DA
MARAINI
Il progetto “Nostro Sud”,
uno dei pochissimi lasciati
incompiuti nel corso della
lunga attività professionale
di Fosco Maraini, rappresenta
un episodio di grande
importanza nella sua storia
personale. Nonostante egli
stesso abbia avuto sempre
molte reticenze a parlare nel
dettaglio della genesi, degli
sviluppi e delle sorti di questa
impresa, la parte del suo
archivio fotografico dedicata
al Meridione italiano porta
i segni di un costante
lavorio: una stratificazione
di ordinamenti e raggruppamenti
successivi e di reiterate
selezioni tra prime, seconde
e terze scelte, che sono
la testimonianza di un’esigenza
mai sopita e ribadita a più
riprese nei suoi ultimi anni
di vita, di dare una forma
definitiva e soddisfacente
a questo ricchissimo materiale
fotografico. L’idea di raccontare
per immagini il Sud d’Italia
dell’immediato dopoguerra,
ancora radicalmente
contadino, ma nel quale
già si intravedevano
i primi profondi cambiamenti,
viene ripresa e portata
a compimento
in questo volume.
LO STILE UNICO,
DIVINO
ED ESSENZIALE
DI GRETA GARBO
Greta Garbo è la divina per eccellenza.
Un fascino che scaturisce dalla sua storia
privata e dall’originalità espressa su e giù
dal palcoscenico. Per la prima volta in questo
libro, oltre al suo splendido volto, si possono
ammirare i costumi di scena e gli abiti
di uso quotidiano. Lo “stile Garbo”, ancora
oggi chiaramente riconoscibile e attuale,
viene ricostruito e interpretato lasciando
intatto il mistero che aleggia attorno
alla grande attrice, mettendone in evidenza
la contemporaneità, il minimalismo
e l'essenzialità. Il suo modo di vestire
nella vita privata, improntato alla semplicità,
non era un’estensione del modello in voga
nel cinema. La diva amava un abbigliamento
minimale, comodo e funzionale, molto sportivo,
che prendeva a prestito capi e accessori
da quello maschile. Non seguiva le regole
convenzionali della moda, perché
lei se lo poteva permettere.
A CURA DI STEFANIA RICCI
GRETA GARBO, IL MISTERO DELLO STILE
Skyra, 2010
150 ANNI
DI NUDO
IN MOSTRA
AD AMBURGO
LEGAMBIENTE
RACCONTA
I FURTI D’ARTE
CON I FUMETTI
I NUOVI
CODICI
A BARRE
NEL 2.0
GOOD GUIDE,
L’IMPATTO
AMBIENTALE
PER L’IPHONE
Un secolo e mezzo di nudo
nella fotografia ripercorsi grazie
a oltre 250 foto originali
(tra cui autentici capolavori
risalenti fino all’800), libri
e cartelle con studi.
È la proposta del Museo Fur
Kunst di Amburgo. Un viaggio
tra miti e tabù, tra gli ideali
di bellezza e le percezioni
morali, sempre oscillanti
tra il bisogno di sapere,
l’eccitazione e la curiosità.
La mostra è suddivisa in sette
capitoli dove la nudità
è trattata sempre in relazione
al contesto sociale in cui
è rappresentata. Il nudo infatti
è influenzato sia dalla tradizione
storica e artistica che dalle
reazioni e dagli impulsi della
contemporaneità, interpretati
dal fotografo. Ad esempio,
il movimento per l'emancipazione
delle donne ha portato a nuovi
modi di guardare i corpi.
Immagini di nudo che cent’anni
fa scatenavano feroci
polemiche, oggi difficilmente
farebbero arrossire. «Senza
alcun dubbio, non c'è nulla
che attiri l'attenzione
dell'osservatore per così tanto
come il corpo nudo dell'uomo».
Il commento del giornalista
e fotografo Kurt Freytag nel 1909
è vero oggi come lo era allora.
Per la prima volta il fumetto
entra nel tempio della grafica
italiana. E lo fa per un buon
motivo: raccontare in modo
semplice il lucroso business
dei furti d’arte in Italia.
Prendendo spunto da sei
indagini dei Carabinieri
del comando Tutela Patrimonio
Culturale sono stati realizzati
altrettanti racconti a fumetti,
riuniti nella mostra “Storia
d’Arte e di misfatti”, ospitata
a Roma, nel Palazzo della
Calcografia a Fontana di Trevi,
dal 21 aprile al 16 maggio
(ingresso libero). La mostra
nasce da un’idea
di Legambiente, da tempo
impegnata sul fenomeno
“archeomafia”. Nel solo 2009,
i furti d’arte in Italia sono stati
882 per oltre 13 mila oggetti
trafugati. Grazie all’attività
dei Carabinieri, sono stati
recuperati 55 mila reperti
archeologici provenienti
da scavi clandestini e 19 mila
oggetti d’arte rubati. I fumetti
sono stati sceneggiati da
Silvano Mezzavilla e disegnati
da Giancarlo Alessandrini,
Sara Colaone, Marco Corona,
Giuseppe Palumbo, Maurizio
Ribichini, Fabio Visintin.
Prime sperimentazioni nelle
strade e sui manifesti italiani
per la nuova generazione
i “bar code” leggibili con
il cellulare. Sperimentazioni
di marketing avanzato:
un segno dei tempi, ma anche
un possibile stimolo
per il settore non profit
perché ne colga l’innovazione
per inventare nuove e più
etiche suggestioni. Un esempio
è l’utilizzo del software
“i Nigma”, che genera codici
a barre leggibili da telefoni
cellulari e crea un immediato
collegamento a un sito internet.
Negli Stati Uniti il sistema
viene utilizzato per le previsioni
del tempo, mediante un codice
che viene diffuso e che,
se inquadrato da un cellulare,
automaticamente collega
ad un programmino gratuito
che fornisce le previsioni
meteo. È partito il grande
assalto alla sperimentazione
dei colossi della telefonia
mobile e delle società
di marketing (già viste
le prime timide campagne
su metropolitane e grandi
affissioni), ma il margine
per comunicazioni
non commerciali è elevato,
strettamente legato
alla diffusione del lettore
di nuovi codici a barre:
il cellulare, che più o meno
tutti abbiamo in tasca.
Decine di migliaia di prodotti
catalogati in un database
che indica di ogni merce
l’effettivo impatto ambientale:
basta inquadrare l’immagine
del prodotto nell’obiettivo
del cellulare e Good Guide
fornisce una guida sulla
produzione del prodotto
e sul rispetto di requisiti
ecologici. Pensata per ora solo
per il mobile di culto di casa
Apple, Good Guide si muove
in quell’ambito di green
software che sta conoscendo
grande diffusione grazie
anche alle playlist di utenti
che premiano con grande
visibilità gli sviluppatori
indipendenti che si lanciano
in sperimentazioni contenti
in questo settore. Come
spesso accade, se poi le “app”
avranno successo saranno
gli sviluppatori a studiarne
lo sviluppo per altri modelli.
Si muove su questa strada
anche iRecycle, una semplice
applicazione che indica, grazie
al supporto del Gps, le isole
ecologiche più vicine dove
riciclare prodotti esausti,
dal toner della fotocopiatrice
ad un vecchio monitor.
FOSCO MARAINI
NOSTRO SUD
FINO AL 25 APRILE
NUDE VISION
21 APRILE – 16 MAGGIO
STORIE D’ARTE E DI MISFATTI
ISTITUTO NAZIONALE
PER LA GRAFICA
Alinari, 2010
Museo Fur Kunst Amburgo
Via della Stamperia, 6 - Roma
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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multimedia
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ALBERI
SCRUBBER
COME FILTRO
PER LA CO2
AMNESTY SPIEGA
I DIRITTI UMANI
AI BAMBINI
SU MYPAGE
MyPage è un portale internet dedicato
ai più piccoli, che offre la possibilità di vivere
l’esperienza del web 2.0 in un ambito
di contenuti protetti. Su MyPage arriva ora
una delle più note associazioni per la difesa
dei diritti umani. La sezione italiana di Amnesty
International ha, infatti, aperto la pagina
www.mypage.it/amnestykids e offre
ai bambini e alle bambine la possibilità
di approfondire la conoscenza dei diritti umani,
riflettere sulla loro importanza e agire
per la loro difesa, attraverso semplici e colorati
“kidget”: applicazioni digitali facili da utilizzare
e incollare nella propria pagina personale.
I kidget di MyPage sono strumenti
che consentono la fruizione del sito
e permettono di accedere ad alcune sezioni
tematiche. Per esempio nella sezione
chiamata “I nostri diritti” si possono leggere
articoli della Convenzione internazionale
sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza
e scaricare il “Passaporto dei diritti”
da ritagliare e colorare. Non manca
la più classica delle azioni dirette di Amnesty:
l’invio di una petizione. Attraverso “Azioni
Urgenti Kids” i bambini e le bambine
sono infatti invitati a impegnarsi in prima
persona per la difesa dei diritti umani
dei loro coetanei, partecipando a un’azione
urgente di Amnesty International.
Le torri scrubber sono
apparecchiature che
consentono di abbattere
la concentrazione di sostanze
presenti nelle correnti
gassose, solitamente polveri
nocive. In sostanza, un filtro.
Da questa descrizione, presa
in prestito da Wikipedia,
si deve essere mosso
il professor Lackner
della Columbia University
che sta lavorando a un albero
sintetico, chiamato appunto
Scrubber, in grado di catturare
l’anidride carbonica,
moltiplicando per mille questa
fondamentale capacità
naturale di ogni pianta.
Addirittura per farlo
non richiede l’utilizzo
della luce del sole e, quindi,
si presta ad ogni situazione
e condizione metereologica.
Viene utilizzato uno speciale
rivestimento a base di acque
di calce. Secondo le prime
previsioni rilasciate dal team
di ricercatori ogni nuovo
albero sintetico dovrebbe
essere in grado di riassorbire
l’anidride carbonica prodotta
dalla circolazione costante
di venti autovetture
in una giornata.
www.mypage.it/amnestykids
www.earth.columbia.edu
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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terrafutura
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CO-FARMING:
FINANZIARE LA
PRODUZIONE
AGRICOLA
Un link – visti i contenuti
telematici – tra economia reale
in crisi e la società più attenta
ai temi dell’autoproduzione
e degli orti sociali: questo il succo
di un progetto di cosiddetto
co-farming basato su un sito
internet ad hoc. In pratica
– spiega uno dei suoi ideatori,
Florentin Hortopan – l’idea
è quella di raccogliere 5 mila
euro di partenza attraverso
le quote dei primi soci
partecipanti, che andranno
a sostenere attività produttive,
principalmente agricole,
ma anche specializzate in
semilavorati, situate inizialmente
nelle zone di Pisa e Arezzo.
Non si tratta però di donazioni
a fondo perduto, ma di una
sorta di micro-finanziamento
che dovrebbe permettere ai
produttori – tipicamente piccoli
contadini – di avere un budget
iniziale per sostenere una
determinata produzione. E che
garantisca ai microfinanziatori
un ritorno in natura nel giro
di 6 mesi-1 anno. Il co-farming
prevede anche un contatto tra
investitori e produttori. In futuro
si ipotizza anche di usare il lavoro
dei finanziatori come moneta
di scambio. «In realtà il contadino
“micro affitta” la terra.
Deve accettare una sorta
di intromissione del finanziatore»,
sottolinea Florentin Hortopan.
www.cofarming.net
| 70 | valori |
ANNO 10 N.78
WEB 2.0
AL SERVIZIO
DELLA “GREEN
ECONOMY”
Si chiama Seedelio.com, è un’iniziativa
imprenditoriale, ma soprattutto una
piattaforma on-line a sostegno della diffusione
delle energie rinnovabili. Seedelio-Selezione
preventivi energia responsabile è ancora
in fase di sviluppo, ma permetterà a privati
o aziende di registrare il loro immobile
e lanciare una gara tra quattro installatori
interessati a realizzarvi un impianto solare
fotovoltaico, solare termico o minieolico da cui
ricevere, a seguito di sopralluoghi, un’offerta
attraverso la piattaforma web. Tutto dovrà
nascere da un database di aziende installatrici
(l’obiettivo è 500 entro il 2010), selezionate
su criteri di responsabilità sociale d’impresa:
imprese certificate dall’ente specializzato
Valore Sociale o imprese certificate Sa8000,
oppure imprese che passino un questionario
di 36 domande studiato da Seedelio insieme
a Valore Sociale. Ciascuna impresa viene
comunque verificata dal vivo e subisce
un’ispezione per ogni successiva variazione
dei parametri d’interesse. A Seedelio
si associano poi altre due iniziative, anch’esse
in fase di sviluppo e in cerca di collaboratori:
i cosiddetti “ecoWebshow” (serate
multimediali, informative e promozionali
dedicate a un singolo installatore) da realizzarsi
sul territorio e Sitirinnovabili, un blog che
pubblica videorecensioni da 140 secondi su
una sezione significativa di siti web specializzati
nei temi ambientali e nelle rinnovabili.
www.seedelio.com
www.sitirinnovabili.it
www.ecoWebshow.com
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APRILE 2010
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BIOEXPRESS:
CIBO BIO
E DI STAGIONE
A CASA TUA
TURISMO
SOSTENIBILE
CONTRO
LE MAFIE
L’EUROPA
SOSTIENE
LE RETI
INTELLIGENTI
ULTIMI FONDI
PER AVVIARE
LA CASCINA
CUCCAGNA
Dalla coltivazione biologica
di frutta e verdura, mirata
ai clienti altoatesini e con
l’esclusione dei mesi invernali,
è nata Bioexpress, che
consegna domicilio cassette
di prodotti della terra certificati
bio e freschi grazie a una rete
di aziende che copre Alto Adige,
Lombardia, Emilia Romagna,
Veneto e, da poco, anche
l’area di Roma. Merito
di un’associazione di contadini
che raggiunge circa quattromila
famiglie, proponendo varie
offerte, in base alla dimensione
e alla varietà di prodotti:
le combinazioni considerano
la confezione (borsa o biocesta),
la dimensione e la qualità
dei prodotti inclusi. A questo
ventaglio di proposte si accoda,
in modo intelligente,
la declinazione di tutte
le confezioni e quantità nella
cosiddetta versione “da ufficio”,
ovvero frutta e verdura che non
richieda coltelli o forchette per
essere consumata. Tra gli obiettivi
di Bioexpress e di un sistema
di consegne legato al territorio
c’è l’idea di limitare la lunga
percorrenza di camion,
per valorizzare il rapporto
tra consumatore e agricoltori
locali e avvicinarsi all’ottica
dei prodotti “a Km zero”.
A questo si aggiunge la volontà
di esaltarne la stagionalità.
Parti dal Veneto, ma arrivi in
Sicilia, in Calabria e nei territori
dove l’economia sana cerca,
anche attraverso il turismo,
di strappare il territorio alle
mafie. Così succede se contatti
l’associazione culturale “A mente
libera” di Verona e, attraverso
un tour operator specializzato
in turismo responsabile come
Planet team viaggi, ti trovi a poter
approfittare delle proposte
della cooperativa Ali (Ambiente
legalità intercultura) di Palermo
o di quelle de “I Viaggi del Goel”,
del Consorzio sociale omonimo
della Locride e della Piana
di Gioia Tauro. E così la Sicilia
diventa vicina grazie all’incontro
con le realtà sociali del territorio
e con gli anziani di Portella della
Ginestra, testimoni della strage
dell’1 maggio ’47; alla visita
di Piana degli Albanesi
o al contatto con la comunità
magrebina di Mazara del Vallo;
fino a Cinisi, alla Casa della
memoria in cui Felicia, madre
di Peppino Impastato, accoglieva
i visitatori. Si può dormire
negli agriturismi sorti sui beni
confiscati alla mafia: Tempio
del Monte Jato a San Cipriello
(Pa), Portella della ginestra
a Piana degli Albanesi (Pa) o Terre
di Corleone a Corleone (Pa).
Finanziamenti europei in arrivo
per le smart grid, le reti
intelligenti di trasmissione
dell’elettricità. Ritenute
particolarmente importanti
per ottimizzare la distribuzione
delle energie provenienti
da fonti rinnovabili, le nuove
reti di trasmissione serviranno
a far circolare in maniera
intelligente tra diversi Paesi
e comunità l’energia,
limitando i problemi causati
dal fenomeno dell’intermittenza.
Questo aspetto, che può
verificarsi con le produzioni
energetiche da fonti
rinnovabili, può creare
problemi alle reti elettriche
tradizionali, che si traducono
in sovraccarichi e difficoltà
di pianificazione per
le infrastrutture di trasporto
energetico. Il Parlamento
europeo è intervenuto
con finanziamenti mirati
al sostegno delle produzioni
eoliche e solari e con
indicazioni di incentivo alla
realizzazione in questo ambito
delle smart grids. Perplessità
sono state, invece, sollevate
da Greenpeace in merito
al finanziamento di 13 miliardi
di euro, votato nello stesso
provvedimento, a favore
delle reti di stoccaggio
della CO2 (CCS).
Manca ancora qualche
finanziamento, circa un
milione di euro, per chiudere
i lavori ma la fantasia
all’agenzia milanese Esterni
non manca e neppure
l’appoggio di diversi soggetti
del capoluogo lombardo.
Obiettivo: la conclusione
dei lavori entro il 2010.
La Cascina Cuccagna di Porta
Romana a Milano si avvia così
ad essere completamente
ristrutturata. Associazioni
e contadini urbani sono
avvisati. Il progetto prevede
l’apertura di un grande
giardino pubblico con orti
e serre, aree per mercatini
artigianali, un bar e una
trattoria, oltre a un grande
emporio di prodotti a filiera
corta. Negli spazi abbandonati
da anni della cascina verranno
realizzati inoltre laboratori
artigianali e multimediali,
un incubatore di imprese
creative, un ostello per artisti
con residenza e alcune
chicche tra cui una ciclofficina
e un ecomuseo urbano.
Il progetto è considerato
una sperimentazione, in vista
di Milano Expo 2015,
eventualmente applicabile
ad altre realtà urbane in cui
siano presenti situazioni simili
di cascine abbandonate
in attesa di ripristino.
www.bioexpress.it
www.viaggiamentelibera.it
www.planetviaggi.it
www.alicooperativa.com
www.consorziosociale.coop
future
|
CONSIGLI
GEEK
PER ACQUISTI
SOLIDALI
CON UN SOFTWARE
MONITORIAMO
(E MIGLIORIAMO)
I NOSTRI CONSUMI
Il suggerimento in Rete arriva
da una delle “Girl Geek”
italiane. Come coniugare
passione per l’ultratecnologia
e sostenibilità? La risposta
di Stefania è: mettere la prima
passione al servizio delle
seconda e usare tanta
fantasia e software open.
Tra i tanti consigli rintracciabili
sul sito delle Girl Geek
e sui relativi blog personali
vi è quello di utilizzare
il software GestiGas,
un progetto del CreaLabs
di Torino che ha portato
alla nascita di un software
gestionale per la pianificazione
degli acquisti solidali
in gruppo. Racconta Stefania:
“I primi mesi avevamo
solo un newsgroup con cui
comunicare. Gli ordini erano
fatti a mano, anche perché
il fornitore era solo uno.
Si andava a ritirare la merce
(frutta e verdura) e il referente
segnava su un foglio cartaceo
l’ordine per la settimana
successiva”. Segno del successo
dell’iniziativa è stata una
rapida estensione della rete
con la conseguente necessità
di dotarsi di un software
gestionale coerente.
Razionalizzare i consumi sfruttando strumenti
e informazioni esistenti. L’applicazione, ideata
dal Fraunhofer Institute for Experimental
Software Engineering, consente di monitorare
tramite pc o cellulare i consumi domestici,
attraverso un programma che lega
gli apparecchi presenti in un dato ambiente
ai parametri di costo e di disponibilità
energetica forniti dai gestori di corrente.
L’applicazione è stata presentata con una
finalità educativa poiché il monitoraggio
consente di collegare visivamente
ad ogni oggetto allacciato alla rete elettrica
domestica i relativi dati di consumo, che viene
così rapportato alla disponibilità di energia.
Il collegamento con l’andamento della
disponibilità di energia è quindi collegato
al costo della stessa, prevedendo che
nei momenti di picco di richiesta (come
già accade con le tariffazioni su fascia oraria)
si modifichi il costo e si possa scegliere,
ad esempio, quando è più opportuno usare
una lavatrice o ricaricare un device.
www.cuccagna.org
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 71 |
|
indiceverde
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VALORI SOLAR ENERGY INDEX
NOME TITOLO
ATTIVITÀ
PAESE
Conergy
Centrotherm Photovoltaics
Evergreen Solar
First Solar
GT Solar
Manz Automation
Meyer Burger
Phoenix Solar
PV Crystalox Solar
Q-Cells
Renewable Energy Corporation
Roth & Rau
SMA Solar Technologies
Solar Millennium
Solaria
Solarworld
Solon
Sunpower
Suntech Power
Sunways
Sistemi fotovoltaici
Linee produttive per pannelli solari
Celle e moduli fotovoltaici
Moduli fotovoltaici (film sottile)
Linee produttive per pannelli solari
Linee produttive per pannelli solari
Seghe speciali per lavorazione pannelli
Costruzione di centrali solari
Silicio policristrallino
Celle fotovoltaiche
Silicio, celle, moduli fotovoltaici
Linee produttive per pannelli solari
Inverter solari
Solare termico
Moduli fotovoltaici
Celle e moduli fotovoltaici
Moduli e sistemi fotovoltaici
Celle e moduli fotovoltaici
Celle e moduli fotovoltaici
Celle e inverter solari
Germania
Germania
USA
USA
USA
Germania
Svizzera
Germania
Gran Bretagna
Germania
Norvegia
Germania
Germania
Germania
Spagna
Germania
Germania
USA
Cina
Germania
CORSO DELL’AZIONE
22.03.2010
RENDIMENTO
DAL 15.10.08 AL 22.03.2010
180,90 €
1.127,67 €
457,21$
1.247,07$
1.346,69$
797,96 €
2.726,20 CHF
1.000,33 €
309,47£
188,19 €
2.541,43 kr
1.376,43 €
1.924,01 €
1.256,86 €
779,61 €
501,51 €
205,71 €
661,80$
928,84$
1.125,00 €
-81,91%
12,77%
-66,23%
-7,88%
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-79,43%
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-31,38%
12,50%
-14,07%
€ = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta
in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.
Il sole
della Germania Est
a cura di Merian Research
K
ARL-MARX STADT. Quando Dietmar Roth studiava all’università, la
-14,07%
Valori Solar Energy Index
UN’IMPRESA AL MESE
città di Chemnitz si chiamava così. Una perla industriale nel
profondo est della Germania, dove Roth conosce sua moglie Silvia
+8,67%
Eurostoxx 50
e Bernd Rau, all’interno del dipartimento di fisica della Technische Universität.
Rendimento dal 15.10.08 al 22.03.2010
Alla caduta del muro i tre colleghi si mettono insieme e fondano la Roth & Rau Oberflächentechnik
GmbH, con lo scopo di dare uno sbocco induRoth & Rau
www.roth-rau.de
Sede
Hohenstein-Ernstthal - DE
striale alle tecnologie del plasma, che hanno stuBorsa
Francoforte
diato in università. Poi, alla fine degli anni noAttività
Creata a Chemnitz nel 1990 dai fisici Diethmar e Silvia Roth e Bernd Rau, la società Roth & Rau ha
vanta, la Germania si butta sul solare, arrivano i
sviluppato le tecnologie del plasma nell'industria dei pannelli fotovoltaici. Dal 2006 è quotata alla
sussidi e i rivestimenti al plasma diventano straborsa di Francoforte. Tra il 2008 e il 2009 si è trasformata in un gruppo internazionale con sedici
tegici per migliorare l’efficienza dei pannelli fotocontrollate in otto paesi, tra cui l'Italia (Monza).
voltaici. Nel frattempo l’ex DDR si trasforma in
Rendimento 15.10.08 – 22.03.2010 +37,64%
una Silicon Valley in miniatura. Grazie ai contributi statali e alla lunga tradizione industriale, si
Ricavi [Milioni di euro]
Utile [Milioni di euro]
Numero dipendenti
2007
creano distretti del solare con decine di nuove im2008
272,12
606
prese. Tra queste, la Roth & Rau è oggi una delle
più avanzate. Dal 2007 ad oggi ha raddoppiato il
146,23
fatturato e triplicato i dipendenti. Nell’indice so23,02
236
lare di Valori è una delle poche a chiudere con se11,7
gno positivo. Da inizio gioco ha reso il 37,64%.
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
| valori | 73 |
| finanzaislamica |
Sciiti e sunniti
Una differenza
che conta
di Federica Miglietta*
ELLA RUBRICA DELLO SCORSO MESE abbiamo iniziato un ragionamento riguardo la diversità nell’Islam,
per comprendere come molte delle differenze che emergono siano causate dalle “divisioni” religiose presenti
all’interno del mondo musulmano. In particolare, i fedeli musulmani sono generalmente divisi tra sciiti
e sunniti: cerchiamo, quindi, di delineare le differenze tra i due gruppi.
Il Profeta Muhammad, che in vita godeva di grandissimo prestigio ed era riconosciuto unanimemente come
capo religioso e politico, non aveva stabilito chi avrebbe preso il suo posto quando fosse scomparso. Aveva
solo stabilito che un suo discepolo, Abu-Bakr, guidasse la preghiera nell’ultimo periodo di vita. Alla morte
del Profeta, dunque, si scatenò la lotta per la successione e, dopo aspre discussioni, si convenne che proprio
Abu-Bakr avrebbe assunto la successione politica di Muhammad con il titolo di Khalifa, “successore” o “vice”,
italianizzato in “califfo”. Dopo Abu-Bakr furono designati Umar, Uthman, e Alì. La scelta di quest’ultimo, però,
cugino e genero di Muhammad, fu osteggiata. Ne discese una lunga lotta per il predominio, che portò ad una
scissione netta tra i seguaci di Alì, detti in seguito “sciiti”, (da shi’ah, termine arabo che designa i seguaci),
e il gruppo avverso, i sunniti (ovvero i seguaci della tradizione, Sunnah, in arabo). Secondo gli sciiti, in Alì e nei
suoi discendenti risiedeva una sapienza segreta trasmessa direttamente da Muhammad e i discendenti di Alì
sono venerati come i legittimi “imam”, cioè le guide spirituali. Gli aspetti che differenziano gli sciiti dai sunniti
sono, oltre che di tipo genealogico, soprattutto di carattere religioso e teologico. Questi i due temi centrali:
1) Gli imam: secondo gli sciiti sono dotati di poteri sovrumani e godono
La divisione nacque
dell’infallibilità. Alcune correnti sciite, come i drusi, attribuiscono agli imam
subito dopo la morte
carattere divino, considerato quasi blasfemia dai sunniti, che venerano
di Maometto. E nel tempo Muhammad come ultimo Profeta e depositario della fede rivelata agli uomini.
ha assunto un valore
2) Immanenza del Corano: secondo la teologia sunnita, il Corano è “increato”,
non solo religioso,
presente ab aeterno, cioè da sempre nella sostanza divina ed è stato dettato
ma politico e sociale
al Profeta. Gli sciiti, invece, professano la creazione del Corano e se il Corano
è creato, non è eterno e può essere modificato e interpretato da un imam ispirato da Dio.
Le dispute riguardo le caratteristiche degli imam e la sostanza del Corano hanno un’influenza diretta
sulle fonti giuridiche. I sunniti considerano come fonti giuridiche il Corano, la Sunnah e l’ijtihad
(cioè l’interpretazione dei testi sacri), mentre gli sciiti attribuiscono un valore normativo anche alle parole
e alle azioni degli imam.
In situazioni in cui l’Islam permea tutta la vita economica e sociale, come in Iran (che si configura come
una repubblica islamica di culto sciita), gli imam hanno assunto una precisa gerarchia a capo della quale
c’è l’ayatollah, guida della comunità, anche politica.
Queste differenze sostanziali tra sunniti e sciiti fanno da cornice ad alcuni crimini efferati: per esempio
in Iraq Saddam Hussein (sunnita) ha sterminato con il gas migliaia di sciiti, che pure rappresentano la corrente
* Ricercatrice di Economia maggioritaria in Iraq.
degli intermediari
La comune fede sciita, inoltre, spiega perché il partito libanese Hezbollah sia appoggiato apertamente
finanziari presso
la facoltà di Economia
dall’Iran (di fede sciita) ma non particolarmente ben visto dai Paesi arabi a maggioranza sunnita.
all’Università di Bari
Comprendere, cioè, le differenze tra i gruppi maggioritari dell’Islam aiuta ad orientarsi sul difficile
e presso l’Università
Bocconi di Milano
scacchiere politico mediorientale.
N
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ANNO 10 N.78
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APRILE 2010
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Evasori in paradiso - Florentin Hortopan