Tutto Ä Dana
Dono agli altri
Riflessioni sul significato di un
centro
Note di Pierluigi Confalonier i Lutirano di Marradi 20-21Novembre 2010
A cura della redazione
per info :
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opuscoli 1
“ Costruire la dimora del Dhamma” S.N. Goenka
Chiunque serva in centro ha un importante ruolo nel conservare la purezza
della vibrazione di Dhamma. Nel centro non ‚ permessa altra attivitƒ che
quella di sostegno alla pratica dell’Ottuplice Nobile Sentiero: sila, samadhi,
panna. Tutti i membri dell’associazione e tutti i servitori di Dhamma devono
essere perfettamente consapevoli che qualsiasi cosa nel centro, dagli edifici,
ai mobili, ai macchinari, al cibo, tutto ‚ stato acquistato con dana, tutto Ä
dana, e come tale va trattato.
Qualsiasi lavoro si svolga nel centro, dal servire, costruire, o fare
giardinaggio, tutto deve essere fatto con uno spirito pieno di metta verso tutti
gli esseri.
Chiunque entri nel centro deve farlo con la ferma risoluzione che ogni sua
azione –sia essa mentale, vocale o fisica – serva a rafforzare l’atmosfera di
Dhamma. Questa ‚ la chiave per un armonico sviluppo del centro.
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Il senso e il significato dello stare insieme
Le regole e i principi dello stare insieme
I comportamenti e le scelte che ne derivano
Le realizzazioni concrete che ne scaturiscono.
L’invito ad esporre opinioni per il futuro di questo centro mi permette di condividere
con voi alcune riflessioni.
“Perch† siamo qui e dove andiamo?”
Mi sembrano due domande essenziali del volontariato.
In un momento in cui l’impegno prioritario ‚ puntato sulla struttura del centro, credo
che il presupposto essenziale sia che il nostro fare scaturisca da una cultura
dell’essere (dall’essere pieni di Dhamma). Penso, cio‚, vi siano necessitƒ interiori da
conoscere e da valorizzare.
L’invito che faccio a me stesso ‚ quello di rinnovare, in ogni momento, il significato
dell’essere e del fare insieme; poich† questo significato ‚ la condizione necessaria
perch† un progetto si realizzi. Mi immagino una sorta di cantiere interiore, dove si
costruiscono strutture fatte con i mattoni della concordia, dell’intesa, della solidarietƒ
e del rispetto, mentre, all’esterno, avanzano i lavori nel cantiere edile del nostro
centro.
Questa cultura dell’essere ‚ espressa dall’attenzione alla persona: le persone sono
pi‡ importanti di qualsiasi progetto, perch† ogni progetto nasce per le persone ed ‚
quindi ad esse che va rivolta l’attenzione maggiore, siano essi i volontari o gli
studenti.
Come? Per esempio coltivando quelle attitudini, quegli atteggiamenti interiori che si
esprimono attraverso comportamenti di amicizia: essere pi‡ vicini gli uni agli altri,
per conoscere meglio i problemi e le difficoltƒ di ognuno, e per condividere le gioie,
esprimere dissensi, timori, e tutta la gamma dei sentimenti.
Diversitƒ come ricchezza
La diversitƒ ‚ comunemente intesa come problema, mentre ‚ portatrice di un valore
immenso, perch† la complementarietƒ ha la capacitƒ di assommare i talenti di
ognuno aumentando la potenza dell’azione rivolta al bene comune.
In questo senso, l’altro diviene necessario perch† io diventi persona, impegnato nella
creazione di una societƒ migliore. Ascoltarlo, aiutarlo a scoprire e utilizzare il talento
in lui riposto, accettarlo per comprendere me stesso. Essere disponibile a far tacere
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un po’ di me stesso per accogliere l’altro; questo ‚ amore reciproco, che genera
pace nel cuore, letizia per l’altro e me: l’agape, l’amore fraterno.
Conosciamo questo straordinario momento di vita, nell’esperienza del servizio a un
corso, dove consapevolmente ci doniamo per 10 giorni, in modo che altri ne
beneficino.
In un centro permanente, questa esperienza puˆ ampliarsi innescando in noi un
processo di permanente formazione, veramente utile alla nostra crescita spirituale.
Sulle linee guida
Ma questo essere in comunitƒ, o in una associazione, il partecipare insieme ad un
progetto per il bene comune implica un’etica e una direzione.
Ecco un estratto da “ The family of Dhamma”, January 5 1993 che indica lo stile di
vita, il codice di condotta per la famiglia del Dhamma, l’ideale che andrebbe coltivato:
Samagga - uniti, liberi dalle discussioni, con la felicit€ di dentro
Sammodamana: si comportano con, compassione, amore, felicit€, cordialit€ , in ogni
momento.
Avivadamana: non litigano tra di loro
Ma, khirodakibhuta vivono insieme come l’acqua e il latte che, uniti, non si possono
separare.
Piya cakkhu, con gli occhi pieni di miele, contenti.
E un estratto dall’articolo di Goenka nella rivista Maha Bodhi, sett. 1976:
“L'uomo ƒ un essere sociale. Non ƒ possibile n„ utile per lui vivere separato dalla
societ€. Il suo merito come cittadino ƒ il contributo che egli porta nel rendere la
societ€ pi… pacifica ed armoniosa. La base di ogni comunit€ sana ƒ sempre la
salutare e armoniosa pace degli individui che la compongono. Le persone che non
possono trovare concordia/intesa rimangono tese e infelici, e rendono anche gli altri
tesi e ansiosi.(…) Dobbiamo soprattutto fare in modo che ogni individuo sia felice,
sano e in armonia con gli altri. Solo se ogni individuo ha una mente pura e tranquilla
possiamo aspettarci pace nella societ€.”
Penso che siamo qui per questo: per imparare un’arte di vivere e trasmetterla alla
societƒ; perch† questo centro diventi il luogo ideale dove poter coltivare queste
attitudini, per poi portarle nella societƒ.
Sul volontariato
Con il nostro servizio, il nostro volontariato in questo centro, stiamo preparando
questa societƒ ideale, e ciˆ ‚ un grande onore ma anche una grande responsabilitƒ.
Ci sono molte realtƒ che operano per il bene comune; e forse, l’associazione
Vipassana italiana ha ora raggiunto la maturitƒ necessaria per iniziare a confrontarsi
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con esse e per impostare un progetto di comunicazione con la societƒ, gli enti, i
media; sia per beneficiare del contributo di altre esperienze nel volontariato sia per
essere pi‡ efficace nella divulgazione di una offerta che, date le sue peculiaritƒ,
potrebbe rimanere nella nicchia dell’”orientale.”
Incontrarsi con le altre realtƒ del volontariato, crescere con le persone di cuore che
portano preziosi valori e aiutano la societƒ non implica perdere la propria autonomia
e specificitƒ.
Il volontariato in generale ‚ spazio del dovere sociale, un concentrato di integritƒ e
responsabilitƒ civile. Richiede una solida base di valori, regole e principi morali su cui
fondare il perseguimento degli obiettivi. Valori, principi e regole che vanno adottati e
applicati nel rispetto della loro sostanza pi‡ che della forma.
Se i principi condivisi sono chiarezza, rispetto, consenso, onestƒ, legalitƒ, richiedono
– e ci richiedono - di essere espressi soprattutto nelle scelte pratiche, con un modus
operandi che si conformi ad essi; diversamente, rimarrebbero solo dichiarazioni
formali.
I valori integrati nel gruppo danno senso e significato allo stare insieme.
Il progetto che vorrei condividere con voi ‚, appunto, per una comunitƒ in cui
coltivare i semi di responsabilitƒ, impegno civile, legalitƒ, e del rispetto per se stessi
e per gli altri.
E’ da questi semi che, per me, nasce la speranza che il progetto Vipassana in Italia,
pur con le naturali e fisiologiche evoluzioni che i tempi imporranno, trasmetterƒ la
forza dirompente dei suoi principi universali e sempre validi alle generazioni che
verranno.
I comportamenti, le scelte, il consenso
Goenka spesso esorta: “Siate un esempio ideale. La gente vi osserva, perciˆ ‚
molto importante che le relazioni tra di voi siano cordiali. Dovete attrarre la gente,
non respingerla ! (…)Ricordate che questa ‚ una famiglia, e se un membro della
famiglia ‚ diventato debole, ha bisogno dell’aiuto di tutti. L’intera famiglia deve
aiutare questa persona a diventare forte. Non condannatelo, non giudicatelo, non
cercate di liberarvi di questa persona. Essa ha bisogno di amore e compassione.
Queste devono essere le linee guida di ogni volontario. E il miglior contributo ‚ quello
di aiutare prima se stessi. Stabilizzatevi in Dhamma e fate in modo che la gente
cominci ad apprezzare il vostro stile di vita.“
E il Buddha disse: “Vedendo il pericolo nelle dispute, la sicurezza nella concordia,
dimorate insieme in amicizia”
Nel suo Sutta al popolo dei Licchavi troviamo regole valide per stabilire e mantenere
buone relazioni, in ogni gruppo. Le prime quattro riguardano come stare insieme:
“ organizzare assemblee frequenti e regolari
riunirsi in armonia, sciogliere le riunioni in armonia e sbrigare gli affari in armonia
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non autorizzare ciˆ che non ‚ giƒ stato autorizzato, ma procedere secondo quanto ‚
stato approvato dall’antica tradizione
rispettare, riverire gli anziani e considerarli degni di essere ascoltati “
Anche le regole che il Buddha diede al sangha, per la cui struttura interna si ispirˆ al
modello delle piccole repubbliche, si basano sugli stessi principi.
La dimensione del sangha rendeva, di fatto, possibile la deliberazione comune e la
partecipazione diretta di ogni membro al processo decisionale. Era l’assemblea
plenaria dei monaci : ogni monaco e ogni novizio aveva il diritto di esprimere il suo
parere in merito ai temi all’ordine del giorno e partecipava attivamente a tutti i
processi decisionali, anche a quelli pi… delicati e importanti. Le decisioni erano prese
solo per consenso unanime e tramite dibattiti. Le discussioni continuavano fino al
raggiungimento di un accordo, il consenso, appunto.
L’Illuminato attribuiva al consenso unanime un’importanza cruciale per la vita della
comunit€. Non si considerˆ mai l’autorit€ suprema preposta all’ordine, e non
incoraggiˆ nessuno ad assumersi tale onere dopo la propria morte.
Sottolineˆ che anche le singole sezioni del sangha si mantenessero unite. Le
differenze di opinione erano ammesse, purch„ non minassero la coesione di ciascun
gruppo, deteriorando la vita quotidiana.
Questo importante aspetto distingue l’ordine monastico buddhista dal sistema
democratico, nel quale l’opinione della maggioranza vincola tutti, e le posizioni
minoritarie vengono subordinate. Gli sforzi iniziali dell’Illuminato per gestire il
dissenso e riconoscere la pluralit€ di idee e di prassi all’interno del consorzio umano
riuscirono a salvare le comunit€ monastiche dalle lotte settarie.
CosŠ Goenka ha sottolineato spesso l’importanza del consenso, (dal Codice di
disciplina per i membri del trust):
“Il processo per ottenere il consenso implica un lavoro armonioso per raggiungere
l'accordo sull’argomento oggetto di discussione. Il consenso non si ottiene con la
regola di maggioranza, con le “lobby”, o esercitando pressione sulle persone affinch†
concordino con un determinato punto di vista. N† viene conferito ai membri del trust
potere di veto sulle decisioni con le quali non concordano completamente.
Occasionalmente una persona puˆ dover accettare la decisione del gruppo anche se
non ‚ completamente d’accordo con essa. Ci dovrebbe sempre essere un equilibrio
tra il dare e il prendere nello spirito del servizio altruistico.”
Vipassana e la societƒ
Vorrei ricordare anche un altro importante aspetto delle comunit€ monastiche : con il
sangha, il Buddha non mirava solo a istituire una comunit€ appartata all’interno della
quale creare le condizioni pi… adatte perch„ ciascuno dei suoi membri potesse
raggiungere la liberazione. (…) Lo scopo del Buddha ƒ implicito nel significato del
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termine bhikkhu ( monaco o eremita) “colui che riceve una quota di qualcosa”.
Questo “ qualcosa”, altro non ƒ che la ricchezza della compagine sociale da cui
dipendono i monaci. I bhikkhu rinunciano alla propriet€ privata, ma con tale atto si
guadagnano un posto eminente nella societ€, e la promessa di essere nutriti e vestiti
dalla popolazione laica. In cambio offrono un modello di condotta virtuosa e di
autocoscienza.
CosŠ noi, ricevendo e gestendo donazioni dobbiamo impegnarci per offrire in cambio
una condotta virtuosa di comportamento, personale e associativa. Le donazioni e la
loro gestione sono una responsabilitƒ verso la societƒ tutta, e, quindi, ci richiedono
una scelta accurata di modalitƒ che siano garanzia ed espressione di trasparenza.
Penso che il Buddha auspicasse una comunit€ del sangha che fungesse da modello
per una struttura politica e un comportamento morale pi… elevati. A giudicare dalle
sue regole e dall’importanza attribuita al consenso e al rispetto per la tradizione,
l’ordine monastico sembra infatti una sorta di prototipo per un’organizzazione basata
sulla concordia.”
Anche noi, consapevoli dei nostri limiti, possiamo sperimentare e coltivare la
concordia, in ogni ambito, in famiglia, nel lavoro, nel centro. Ogni suo frammento ƒ
prezioso e d€ grandi frutti. Lasciamo al Dhamma, al Vangatore, alla natura, far
fruttare il nostro sforzo. Noi cerchiamo di essere una buona vanga. E di coltivare
l’ottimismo perch„ il terreno possa dare frutto per tutti, insieme al rispetto delle
posizioni dissimili, alla chiarezza di linguaggio e di comportamento, al significato
d’essere insieme.
Il centro ‚ una fucina per la crescita personale e sociale. Come si rinforza il sistema
immunitario fisico, cosŠ ‚ necessario rinforzare il sistema immunitario mentale con
metta e la gioia di vivere: e in un centro, attraverso il servizio volontario, se si
coltivano i valori e si rispettano i principi e le regole, ‚ possibile sviluppare una neuro
plasticitƒ mentale attiva e intenzionale, trasformativa.
Un centro, dunque, sperimentale e di formazione, perch† sempre pi‡ persone etiche
operino nel sociale per creare le condizioni adatte alla realizzazione spirituale.
E’ da questo sforzo di essere che nasce il fare, l’energia alternativa che ‚ capace di
creare e di realizzare grandi progetti.
Energia, dal greco en “ dentro” “in” ed ergazomai “ lavorare”: quindi energia ƒ
lavorare dentro si s„. Alternativa, alter e nativum. Alter, ƒ l’altro da me, ed anche le
parti di me stesso che non conosco. Nativum: contiene in s„ l’idea della nascita,
della vita, del generare, la nascita di qualcosa “altro”, rispetto al gi€ conosciuto.
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Homo sapiens etico
L’evoluzione umana - dagli ominidi all’homo sapiens- ha dato origine ad una infinit€
di peculiarit€ e di talenti che distinguono le molteplici personalit€, per cui possiamo
riconoscere un homo sapiens artista, leader, economico, filosofo etc.
Ma c’ƒ un’altra interessante evoluzione dell’ uomo che si puˆ chiamare homo
sapiens etico. E cioƒ colui che, riconosciutosi depositario di un talento, decide di
utilizzarlo non solo per se stesso, ma per il “bene” comune. Ed ƒ da qui che nasce “la
solidariet€”.
Il mio bene ƒ garantito dal bene comune”. L’antropologia del volontario ƒ quindi la
scienza dell’homo sapiens etico, che trova solo nella costruzione del bene comune
pace e letizia per s„ stesso.
Le prerogative dell’ homo sapiens etico sono le fondamenta sulle quali costruire le
generazioni future che si dedicheranno alla realizzazione spirituale, nella prospettiva
di Goenka sintetizzata qui di seguito (dall’incontro di Goenka con i volontari, Jaipur
1993):
Domanda: Vorrei diminuire le mie attivitƒ di lavoro, ma lo trovo difficile, e mi ‚ anche
stato detto che non sarebbe opportuno.
G: Per la maggior parte degli studenti non ‚ ancora arrivato il tempo di lasciare la
vita laica per dedicarsi a quella monastica. A questo stadio dello sviluppo del
Dhamma, oserei dire, che abbiamo bisogno di buoni laici, ideali laici, che restino
nella societƒ, prendendosi cura di tutte le loro responsabilitƒ, e vivendo una buona e
felice vita.
Quando la societƒ migliorerƒ in questo modo, e pi‡ e pi‡ persone che praticano
Vipassana avranno cura delle proprie responsabilitƒ nel modo giusto, allora, da
questo tipo di societƒ, nasceranno persone che potranno lasciare la vita del laico.
Certo, lasciare giƒ ora la propria casa per la propria liberazione e anche aiutare gli
altri sarebbe l’ ideale. Ma allo stesso tempo si deve sviluppare nel mondo una retta
societƒ. Ci dovrƒ essere un numero sempre maggiore di laici perfetti (cio‚ che
stanno perfezionandosi in Dhamma). Rinunciare, in questo momento, non ‚ una
soluzione. Siate nella societƒ, e siate distaccati, equanimi. “
Questo per me Ä lo scopo di un centro. Offrire la possibilitÅ di conoscersi e
trasformarsi.
Conclusione
Con queste riflessioni ho provato a guardare al centro, il luogo dove si offre una via
d’uscita alla sofferenza. Sono contento di essere qui per cercare insieme con voi il
modo migliore possibile per offrire Vipassana.
Confidente che quando ci sono tre elementi, l’insegnamento, i volontari e il luogo, si
crea magicamente quella unione (o reciprocitƒ) che fa sorgere qualcosa di nuovo, in
noi e negli altri. Nel senso, che l’unione di pi‡ individui non dƒ come risultato la
somma degli stessi, ma forze e risorse moltiplicate.
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“ CosŠ ho udito: una volta il Sublime dimorava fra i Sakya, in una cittadina dei
Sakya chiamata Sakkara.
Allora il venerabile Ananda andˆ dal Sublime, lo riverŠ e sedette da parte.
Sedendo da parte cosŠ egli disse al Sublime: “ Signore, l’essere amici dei virtuosi,
compagni dei virtuosi, intrinseci dei virtuosi ‚ una metƒ della condizione di
purezza”.
“Non dire cosŠ, Ananda! Non dire cosŠ, Ananda! L’essere amici dei virtuosi,
Ananda, l’essere compagni dei virtuosi, intrinseci dei virtuosi ‚ tutta intera la
condizione di purezza: il bhikkhu amico dei virtuosi, compagno dei virtuosi,
intrinseco dei virtuosi tende a coltivare il nobile ottuplice sentiero, tende a
praticare intensamente il nobile ottuplice sentiero.
“ E inche modo, Ananda, il bhikkhu amico dei virtuosi….pratica intensamente il
nobile ottuplice sentiero? Ecco, Ananda, il bhikkhu coltiva la retta visione
connessa al distacco, alla rimozione, alla dissoluzione, risultante nell’abbandono;
coltiva la retta risoluzione…la retta parola…la retta azione…i retti mezzi di vita…il
retto sforzo…la retta consapevolezza…la retta concentrazione connessa al
distacco, alla rimozione…risultante nell’abbandono. CosŠ, Ananda, il bhikkhu
amico dei virtuosi…pratica intensamente il nobile ottuplice sentiero.
“E questo, o Ananda, come cio‚ l’essere amici dei virtuosi, compagni dei virtuosi,
intrinseci dei virtuosi sia tutta intera la condizione di purezza. Questo ‚
verificabile in tal modo: attraverso me, o Ananda, che sono amico dei virtuosi, gli
esseri soggetti alla nascita, all’invecchiamento, e alla morte si liberano dalla
nascita, dall’invecchiamento e dalla morte; gli esseri soggetti all’afflizione, pianto,
dolore, pena ed angoscia si liberano da afflizione, pianto, dolore, pena ed
angoscia. In tal modo, o Ananda, questo ‚ verificabile”. Maha-vagga – Samyutta Nikaya 2
Citazioni da: For the benefit of many ed. VRI - Noi Insieme Rivista dell’AVO associazione volontari ospedalieri Pankaj Mishra La fine della sofferenza ed Guanda - Samyutta Nikaya Ubaldini pag. 570
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