Lisdha
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Trimestrale
di informazione
sul mondo
dell’handicap
e della solidarietà
Adrian non ce l’ha fatta
Da pazienti psichiatrici
ad attori
Agevolazioni su montascale e ascensori
Anno XV
n. 59
Anno XVI
La notte luminosa
di chiara M.
ottobre-dicembre 2008
Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 2, DCB (VARESE)” - “Taxe perçue”
In caso di mancato recapito si prega di rispedire alla redazione: 21100 Varese - Via Proserpio 13 - che si impegna a pagare la relativa tassa
SOMMARIO
4
6
16
Detto fra noi
26
Esperienze
L’ultima parola non è la nostra
Il coraggio di rimettersi
in gioco
La poesia dei miracoli
3
Tra le righe
Se dobbiamo competere
20
22
4
Mobilità
L’Avvocato risponde
Trasporto gratuito alle Superiori
Cosa cerca il turista disabile
Mobilità frenata
6
L’Esperto risponde
Assistenza
La City-toilette e l’Eurochiave
In Italia più badanti che dipendenti
del servizio sanitario
Ci prendiamo cura di te
Pagare il giusto
8
Spazio aperto
Sono stanchissimo di lottare
10
Attualità
La notte luminosa di Chiara M.
Adrian non ce l’ha fatta
Sognando vince il pregiudizio
25
26
29
29
29
Segnalazioni
Elogio (per una volta)
dell’imperfezione
A Madrid
la fiera internazionale sull’assistenza
12
15
16
30
30
Fisco
Detrazioni
che premiano la mobilità
Visitate il nostro
SITO INTERNET
La vita da dentro
18
LISDHA
NEWS
www.lisdhanews.it
Direttore Editoriale
Fabrizio Chianelli
Abbiamo creato per voi
un sito “accessibile”
Direttore Responsabile
Marcella Codini
Abbiamo voluto realizzare un sito Web
accessibile a persone affette da disabilità, e
ciò indipendentemente dal tipo di strumento di navigazione utilizzato (ad esempio
browser grafici, browser vocali, cellulari,
navigatori per automobile ecc.) e dalle limitazioni cui ci si trovi costretti (ad es. un
ambiente rumoroso, sovra o sotto-illuminato, o circostanze che impongano di non utilizzare le mani ecc.).
Nel sito si aiutano inoltre le persone a reperire più velocemente informazioni nel Web,
indicando le modalità per un corretto uso
dei contenuti multimediali, onde renderli
accessibili ad una più vasta utenza.
Hanno collaborato
a questo numero
Chiara Ambrosioni
Laura Belloni
Bruno Biasci
Ennio Codini
Carlo Alberto Coletto
Maria Cristina Gallicchio
Francesco Gentile
Emanuela Giuliani
Giuseppe Giuliani
Cecilia Nono
Davide Orazi
Alma Pizzi
2 - LISDHA NEWS
Amici nella vita, amici per la vita
31
Anno XVI - Numero 59 - Ottobre 2008
Redazione e
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N. 59 - OTTOBRE 2008
DETTO FRA NOI
di Laura Belloni
Stefano Giuliani
L’ULTIMA PAROLA
NON È LA NOSTRA
Dio continua a
realizzare il
Suo sogno,
nonostante
le nostre
ingiustizie.
“
I
o ho un sogno, che i miei quattro
figli piccoli vivranno un giorno
in una nazione nella quale non
saranno giudicati per il colore della
loro pelle, ma per le qualità del loro
carattere. Io ho un sogno, oggi!” Era
il 28 agosto 1963, quando, a
Washington, Martin Luther King,
apostolo della non violenza e dell’integrazione razziale pronunciava
il suo famoso discorso. Poco tempo
dopo veniva assassinato: tutto sembrava finito, la sua vita sprecata.
Ma in quegli stessi anni, don Pino
Puglisi continuava a formare le
coscienze dei giovani palermitani
emarginati, affinché non si piegassero a qualsiasi ideologia disposta a
svendere la dignità dell’uomo per
soldi. Fu ucciso dalla mafia nel
1993, ma con i fatti ha testimoniato
che “il Signore sa scrivere diritto
anche sulle righe storte!”
Consolata da simili esempi, ho
cercato nei giorni inquieti e straziati
di questa estate, qualcosa che facesse intravedere i caratteri chiari ed
ordinati di Colui che scrive la Storia
del mondo e di ciascuno, nonostante le nostre ingiustizie. Certo, la vittoria di Obama alla nomination
democratica segna un cambiamento
storico, ma la guerra nel Caucaso
raggela.
Ed ecco, una notizia passa veloce.
Non è di quelle che stimola il gossip, ma ha la forza esplosiva della
Vita che vince sulla morte: per la
prima volta nella loro carriera, alcuni medici hanno assistito ad un
parto di gemelli, uno bianco e l’altro
nero! Leo e Ryan sono, infatti, figli
di una donna ghanese dalla pelle
scura e di un uomo tedesco dalla
carnagione chiara. L’evento eccezionale è avvenuto a Berlino, che ha
visto nascere le mostruose le teorie
sulla razza pura, ha subìto i distruttivi bombardamenti Alleati, che la
ridussero un ammasso di macerie e
fu divisa in due dal muro voluto dai
sovietici per mantenere il loro potere in Europa.
Forse sarò una visionaria, ma questa straordinaria nascita, avvenuta
proprio in giorni di angoscia, sembra realizzare il lieto annuncio del
Natale: Un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio (Is. 9,5). Sì,
il Signore porta a compimento
il Suo sogno sull’Uomo e la
Creazione.
Aiutiamoci l’un l’altro ad affrontare i tempi di crisi che continuano a
minacciare l’avvenire. L’ultima
parola non è la nostra!
N. 59 - OTTOBRE 2008
LISDHA NEWS - 3
TRA LE RIGHE
di Ennio Codini
SE DOBBIAMO
COMPETERE
Oggi sempre più la
parola meritocrazia
sostituisce la parola
uguaglianza.
Questo si lega
all’idea che puntare
sulle eccellenze
individuali sia la
chiave per affrontare
le sfide della
competizione su
scala globale.
Ma è proprio così?
Q
uando ero ragazzo sembrava
che la società fosse in marcia
verso l’uguaglianza.
Oggi, invece, non solo di fatto le
disuguaglianze sembrano crescere
ma sembra affermarsi l’idea che la
disuguaglianza sia un bene perché, si
dice, bisogna valorizzare e premiare i
migliori.
Quando ero ragazzo il bravo insegnante era quello che portava avanti
tutta la classe e anzitutto gli allievi
che apparivano più deboli; oggi si
dice che la scuola deve premiare il
merito, valorizzare le eccellenze.
Questo è chiaramente un problema
per tutti i soggetti deboli e in particolare per i disabili.
Perché, specie in un contesto nel
quale le risorse non crescono può
condannarli a un destino segnato:
“Sei debole? Allora non puoi pretendere quello che giustamente spetta ai
forti. Devi accontentarti delle briciole”.
Facendo qualche esempio di dettaglio: “Vai male a scuola? Non puoi
certo pretendere che l’insegnante
4 - LISDHA NEWS
pensi a te trascurando così i migliori.
Loro devono vincere e tu devi perdere. E’ giusto così”. Ancora: “Sei
spesso in malattia? Peccato. Non
puoi certo pensare di mantenere il
posto di lavoro. Bisogna che te ne
vada per fare posto a qualcuno che si
ammala di meno”.
La cerimonia di consegna di un Premio Nobel
Perché si sta affermando questo
modo di pensare?
Le ragioni sono tante ma certo una
di grande rilievo è che il mondo appare sempre più caratterizzato dalla
competizione. Notavo questa estate
che sui giornali come alla televisione
si continua a parlare di una ‘competizione’ che sarebbe in atto a livello
globale e della necessità quindi per
l’Italia di essere ‘competitiva’. E per
essere competitivi, si ripete ossessivamente, bisogna valorizzare il merito, le eccellenze.
Ma è proprio vero?
Quando andavo a scuola capitava
che gli insegnanti dividessero la classe in gruppi e mettessero poi i gruppi
in competizione tra loro.
Gli insegnanti lasciavano di solito i
ragazzi liberi quanto alla formazione
dei gruppi, e che cosa accadeva? Me
lo ricordo bene: alcuni tra i migliori
si mettevano insieme; anche alcuni
dei peggiori facevano lo stesso; però
succedeva anche che si formassero
gruppi ‘misti’.
E chi vinceva? I gruppi dei peggiori
perdevano sempre, ovvio. I gruppi
dei migliori vincevano, ovvio. Ma
non vincevano sempre. Anzi, spesso,
sorprendentemente, vincevano i
gruppi misti. Perchè?
Perché accadeva che l’amicizia
facesse lavorare bene insieme. Perché
si riusciva a valorizzare le qualità di
tutti anche di studenti mediocri capaci comunque di far bene alcune cose.
E non si trattava solo di vincere
quella competizione, alla fine tutti nel
gruppo e soprattutto i più deboli avevano imparato qualcosa.
Ecco, quando si tratta di competere,
logiche di squadra possono essere
più efficaci rispetto alla pura e semplice valorizzazione dell’eccellenza
individuale. E fanno crescere.
Ed è chiaro che i deboli e in particolare i disabili sono fuori gioco se si
ragiona solo in termini di eccellenza
individuale mentre possono entrare
in gioco se si ragiona in termini di
squadra.
E poi più banalmente la storia ci
mostra che i Paesi vincenti non sono
stati tanto quelli con più eccellenze
quanto quelli dove la popolazione in
genere ha raggiunto certi livelli.
L’Italia ad esempio ha avuto forse
nell’Ottocento e nel Novecento meno
‘eccellenze’ della Francia o della
Germania? No. Eppure ad ogni confronto è apparsa più debole dei vicini.
Perché? Perché in Francia e in
Germania tutti sapevano leggere e
scrivere mentre l’Italia era piena di
analfabeti. Perché mentre in Francia
e in Germania i poveri erano degli
operai nell’Italia dei sud i poveri
lavoravano come braccianti nei latifondi dei baroni.
E la Sicilia? Le sono mai mancate le
eccellenze? No, anzi, che si guardi
alla storia della letteratura o a quella
della fisica, alla storia della filosofia
o a quella del pensiero economico
sbucano siciliani da tutte le parti.
Sono molti più dei lombardi, per
esempio. Eppure la Lombardia è sviluppata e la Sicilia è arretrata. Perché
al di là delle eccellenze la storia della
Sicilia è stata segnata da una dramN. 59 - OTTOBRE 2008
matica ignoranza di buona parte della
popolazione.
E se oggi ci chiediamo che cosa
continua a mancare all’Italia per raggiungere davvero la Francia e la Germania se ci chiediamo perché malgrado lo straordinario sviluppo del
dopoguerra restiamo sempre un
passo indietro rispetto a queste nazioni ebbene la spiegazione più semplice è in alcuni dati drammatici recentemente pubblicati dal Corriere della
Sera si ricava che il livello di istruzione dell’italiano tipo è molto inferiore
rispetto a quello del francese o del
tedesco tipo e invece molto simile a
quello si riscontra in alcune popolazioni africane.
Potremmo competere ragionando di
più in termini di squadra. Dovremmo,
per competere, pensare anzitutto a
quelle componenti della popolazione
che per varie ragioni appaiono deboli.
Come?
Facciamo un esempio. Il ministro
Gelmini dice di voler valorizzare e
promuovere la qualità nella scuola.
Può darsi che si tratti solo di chiacchiere, di cose che si dicono così,
magari anche credendoci ma senza
poi adottare misure efficaci. Può
darsi che tutto si risolva con insegnanti che pur di avere qualche soldo
in più in busta paga vanno all’ennesimo corso di aggiornamento o accettano di lavorare qualche ora in più
senza che nulla cambi nel loro insegnamento.
Ma poniamo invece che il ministro
voglia fare sul serio. Che cosa potrebbe fare?
Un modo ragionevole potrebbe
essere quello di premiare chi raggiunge davvero dei risultati.
Ma come?
In qualche scuola si è cominciato a
dare dei premi agli alunni migliori.
Ad esempio: “Hai ottenuto il massimo punteggio alla maturità? La scuola ti regala un buono per acquistare
un computer”.
Il sistema potrebbe svilupparsi
anche premiando gli insegnanti degli
allievi migliori. Ad esempio: “Nella
classe X tre ragazzi hanno ottenuto il
massimo punteggio alla maturità?
Bene, la scuola premia gli insegnanti di quella classe con 500 euro in più
nella busta paga di luglio”.
Così però si valorizzano solo le
eccellenze individuali.
Si potrebbe invece guardare anche
al gruppo. Si potrebbe dire ad esempio: “A settembre i ragazzi vanno
tutti al British Council per un test di
inglese. A giugno ci ritornano per un
secondo test. A giugno per ogni classe si misura la differenza nei punteggi medi. Dove la differenza risulta
maggiore ai ragazzi e al loro insegnante è dato un premio”.
Provate ad immaginare. Si avrebbe-
ro così classi che lavorano come
squadre per alzare il livello di tutti.
Tanti i risultati: non solo si imparerebbe a lavorare per un obiettivo preciso (cosa non usuale nella scuola italiana) ma si imparerebbe a lavorare
in squadra (anche questa cosa non
usuale nella scuola italiana) andando
a valorizzare i talenti di tutti e anzitutto quelli dei più deboli (per i quali
i margini di progresso sono maggiori).
Non più le solite lamentele degli
insegnanti sui bassi livelli di partenza
(anzi, paradossalmente livelli bassi
potrebbero rivelarsi un vantaggio perché consentono progressi più rapidi).
Non più la logica di molti insegnanti di seguire i bravi e abbandonare i
‘cattivi’ al loro destino. Non più uno
studio solitario dei bravi per il voto e
un non-studio degli altri “perché
tanto è inutile”. Ma lavoro comune
per un obiettivo comune di qualità
raggiungibile solo con la crescita di
tutti.
Se dobbiamo competere non è forse
questo il modo migliore di preparare
i nostri ragazzi?
Perché non imparare a valorizzare il lavoro di squadra più che le eccellenze individuali?
Cfpil Varese
Il ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini
N. 59 - OTTOBRE 2008
LISDHA NEWS - 5
L’AVVOCATO RISPONDE
a cura dell’Avvocato Fabrizio Chianelli
TRASPORTO GRATUITO
ALLE SUPERIORI
Una recente sentenza
del Consiglio di Stato
ha stabilito che sono
le Province che
devono provvedere
gratuitamente al
trasporto degli
alunni disabili.
S
ono la madre di un ragazzo
disabile che l’anno prossimo
andrà alle scuole superiori.
Fino ad oggi il trasporto da casa a
scuola è stato assicurato dal comune ma per l’anno prossimo non si
capisce chi dovrà fornire il trasporto per le superiori. Potete dirmi se
anche per le superiori mio figlio ha
diritto al trasporto?
C.M. Salerno
Dopo lunghi anni di incertezza sulla
questione del diritto al trasporto gratuito nelle scuole superiori a favore
degli alunni disabili, una recente
Sentenza del Consiglio di Stato (20
maggio 2008 n. 2361/2008) ha fatto
chiarezza in modo definitivo stabilendo che in mancanza di apposita e precisa legge regionale, l'obbligo a fornire il servizio di trasporto gratuito di
alunni con disabilità alle scuole superiori è della Provincia. Questa decisione ha quindi eliminato i dubbi
derivati proprio dalla mancanza di
una norma specifica. Infatti l’articolo
12 della Legge 104/92 non parla
espressamente del diritto di trasporto
e l’articolo 28, comma 1 della Legge
118/71 prevede il dovere del trasporto gratuito nelle scuole dell’obbligo
solo a carico dei Comuni; infine l’articolo 139 del Decreto Legislativo
112/98 prevede che le Province
hanno l’obbligo di fornire il "supporto organizzativo" per l’integrazione
nelle scuole superiori e nulla dice sul
trasporto gratuito. Il Consiglio di
Stato supera tutte queste obiezioni,
facendo leva sulla Sentenza della
Corte Costituzionale 215/87 che ha
abrogato il terzo comma dell’articolo
28 della Legge 118/71 perché si limitava a "facilitare", anziché "ad assicurare", l’integrazione nelle scuole
superiori. Alla luce di questa sentenza della Corte Costituzionale il
Consiglio di Stato afferma la competenza obbligatoria della Provincia
nell’assicurare i servizi strumentali
all’integrazione nelle scuole superio-
ri, tra cui prioritario quello del trasporto gratuito, proprio per rendere
effettivo in concreto il diritto allo studio degli alunni con disabilità in tali
scuole, come aveva già fatto la Legge
118/71 nei confronti dei Comuni per
la scuola dell’obbligo.
CONGEDI RETRIBUITI AL
CONIUGE
Mia moglie, affetta da distrofia
muscolare è invalida al 100% con
diritto all’indennità di accompagnamento e riconosciuta in stato di
gravità. Ultimamente si è aggravata e necessita di assistenza continua. Ho saputo che esiste la possibilità di prendere due anni di permesso retribuito per l’assistenza di
un parente. Questo è valido anche
per un lavoratore dipendente da
una ditta privata?
AD MN
La risposta è positiva, senza alcun
dubbio. Infatti l’art.42 del Decreto
Legislativo 151/2001 prevedeva il
diritto dei genitori di persone disabili
gravi di fruire di due anni di congedo
retribuito, anche frazionabile. Lo
stesso diritto, dopo la scomparsa dei
genitori era previsto anche per i fratelli/sorelle mentre nessun riferimento era fatto a favore del coniuge.
L’anomalia è stata superata dalla
Corte Costituzionale con sentenza
INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO ANCHE SENZA CARTA DI SOGGIORNO
LO HA STABILITO LA CORTE COSTITUZIONALE
Sono illegittime le norme, contenute
in alcuni articoli del Testo Unico sull'immigrazione e della Finanziaria
2001 che escludono che l'indennità di
accompagnamento possa essere concessa agli stranieri presenti regolarmente in Italia, non in possesso di carta
di soggiorno.
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale
con sentenza del 29-30 luglio 2008
(pubblicata sulla GU, serie speciale n.
6 - LISDHA NEWS
33 del 6 agosto 2008) accogliendo l'eccezione sollevata dal tribunale di
Brescia in merito alla controversia tra
una cittadina albanese, l'Inps e il ministero delle Finanze.
Nella sentenza la Corte rileva che è
manifestamente irragionevole subordinare la concessione di detta prestazione
assistenziale al possesso di un titolo di
soggiorno che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di reddito.
N. 59 - OTTOBRE 2008
I vostri
quesiti
su internet
Potete trovare
tutti i precedenti
quesiti della rubrica
“L’Avvocato risponde”
158 del 18 aprile 2007 che afferma:
“la norma censurata […] esclude
attualmente dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito
il coniuge, pur essendo questi, sulla
base del vincolo matrimoniale ed in
conformità dell’ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto
(vedi obbligo agli alimenti art. 433
cod. civ.) all’adempimento degli
obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte; obblighi
che l’ordinamento fa derivare dal
matrimonio. Ciò implica, come risultato, un trattamento deteriore del
coniuge del disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine». Su
questi presupposti la norma è stata
censurata di incostituzionalità ed oggi
possiamo affermare con certezza che
anche il coniuge della persona con
handicap grave ha diritto al congedo
straordinario.
ASSEGNO DI FREQUENZA E
ASILO NIDO
Ho un bambino disabile grave che
ho iscritto all’asilo nido. Ha diritto
di ottenere l’assegno di frequenza?
MC CO
garantito l'inserimento negli asili
nido”. Infatti la stessa sentenza ha
precisato che il servizio fornito dall'asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alle famiglie nella
cura dei figli o di mero supporto per
facilitare l'accesso dei genitori al
lavoro, ma comprende anche finalità
formative, essendo rivolto a favorire
l'espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino. Le finalità di educazione e formazione sono peraltro confermate a
livello normativo, essendo ora gli
asili nido riconosciuti come "strutture
dirette a garantire la formazione e la
socializzazione delle bambine e dei
bambini di età compresa tra i tre mesi
e i tre anni ed a sostenere le famiglie
e i genitori".
ASSISTENTI A SCUOLA
Nella classe di mio figlio di 24
alunni vi sono due disabili gravi tra
cui mio figlio. Entrambi i bambini
hanno bisogno di essere accompagnati al bagno ed aiutati nell’igiene
personale ma né le bidelle né le
maestre vogliono prendersi la
responsabilità. Cosa possiamo fare?
suddivisi per materie
sul nostro sito internet
all’indirizzo:
www.lisdhanews.it
rubrica “L’Avvocato
risponde”
l'obbligo per i Comuni di assegnare
alle scuole dell'infanzia, primarie e
secondarie di primo grado, assistenti
per l'autonomia e la comunicazione,
specificamente formati, in forza dell'articolo 13 comma 3 della Legge
104/92. Per quanto riguarda infine
l’assistenza all’igiene personale degli
alunni con disabilità, la sentenza del
Tar riafferma l’obbligo delle scuole di
assegnare a bidelli tale assistenza.
Per questo personale c'è l'obbligo di
frequentare un breve corso di aggiornamento e scatta il diritto ad un
aumento di stipendio. In definitiva
consiglio di far presente la sentenza
sopra detta e in caso di rifiuto chieda
ad un avvocato di presentare un ricorso d’urgenza.
PL Roma
Anche in questo caso possiamo
rispondere affermativamente grazie
ad una sentenza della Corte costituzionale n. 467/2002 che ha stabilito
che i bambini in situazione di handicap iscritti negli asili hanno diritto a
percepire l’indennità di frequenza.
Tale pronuncia oltre a investire il
riconoscimento di un diritto a contenuto economico riafferma il diritto
all’educazione e all’integrazione dei
minori così come previsto dalla legge
quadro sull’handicap 104/92 nell’articolo 12 comma 1 che recita: “ al
bambino da 0 a 3 anni handicappato è
N. 59 - OTTOBRE 2008
Innanzi tutto occorre rilevare che la
sentenza dell’11 aprile 2007 del Tar
del Lazio, ha stabilito che è illegittima la presenza di due alunni disabili,
di cui uno grave, nella stessa classe
composta da più di venti alunni. Il Tar
ha applicato il decreto ministeriale n.
141/99 sulla composizione delle classi frequentate anche da alunni con
disabilità, che non debbono superare i
20 alunni, fra i quali uno solo, in
situazione di gravità: eccezionalmente possono aversi due alunni "non
gravi". La stessa sentenza ribadisce
LISDHA NEWS - 7
L’ESPERTO RISPONDE
a cura di Bruno Biasci
LA CITY-TOILETTE
E L'EUROCHIAVE
L'utilità di installare in città le City-toilette, ossia servizi
igienici autopulenti, e di dotarle di Eurochiave.
S
ono interessata a conoscere, se
vi è possibile, il prezzo di una
city-toilette per disabili e non,
e tutto ciò che è necessario per l'installazione di ciascuno di questi
servizi. Ed eventualmente mi piacerebbe anche avere l'indirizzo di
una ditta a cui rivolgermi per un
preventivo.
Annamaria Molin Ferremi
referente per le problematiche dell'handicap
del Consiglio Comunale di Bolzano
Tramite il Ccsb (Comitato per la
Città Senza Barriere) di Varese ci
siamo occupati in diversi momenti
dei servizi igienici autopulenti sempre nell'intento di sensibilizzare il
Comune di Varese a provvedere
all'installazione di questi servizi di
cui la città è veramente carente. Le
difficoltà per i disabili sono rilevanti
in quanto non dispongono di alternative, infatti quasi tutti i bar hanno i
servizi inaccessibili.
Avevamo ottenuto una ricca documentazione dalla Wall tedesca che già
nel 2003 aveva installato 150 Citytoilette a Berlino. La Wall a quell'epoca informava che avrebbe potuto
fare l'installazione e la manutenzione
gratis a fronte di pubblicità applicata
a queste cabine esteticamente valide.
Per informazioni maggiori e per
vedere come sono fatte queste Citytoilette occorre indirizzarsi al sito
www.wall.de.
Per il prezzo e le condizioni ci si
poteva riferire alla Wall Italia ma quest'ultima ora non c'è più e gli eventua-
li contatti si dovranno avere con la
sede principale di Berlino.
E' utile sapere che le City-toilette
della Wall, che sono tutte adatte
anche ai disabili, sono munite di
sistema Eurochiave, cioè un particolare tipo di serratura azionabile con
una chiave speciale di cui la persona
disabile si può dotare facilmente.
Detta chiave ha preso il nome dal
sistema e cioè Eurochiave in quanto
essa è diffusa in diversi paesi europei
e il disabile può utilizzarla in moltissimi posti (wc, servoscala, piattaforme elevatrici, ecc) e in qualunque ora
della giornata (quindi senza la necessità che vi sia una persona addetta).
A Varese l'Eurochiave è stata installata a cura del Comune in alcuni servizi igienici ma si sta operando per
aumentarne la diffusione come già è
avvenuto nella vicina Svizzera.
Per stare al mercato italiano delle
City-toilette potreste rivolgervi alla
P.T. Matic che ha sede a Milano ed è
contattabile tramite il suo sito internet
che è www.ptmatic.it; l'email è
[email protected].
A questa ditta avevamo chiesto un
preventivo nel 2002. Il costo comunicato allora era compreso tra 2.000, e
3.500 euro e riguardava installazione,
assistenza e manutenzione inclusi i
prodotti di consumo. L'onere per il
Comune avrebbe dovuto riguardare la
base in calcestruzzo e gli allacciamenti
(acqua, energia elettrica e fognatura).
In caso di realizzazione presso di
voi saremmo interessati a conoscere
il luogo, per una eventuale visita, e le
eventuali difficoltà incontrate.
APERTURA PORTE
Vorrei sottoporvi due quesiti relativi alla progettazione di camere di
albergo per disabili:
- la porta delle camere deve aprir-
8 - LISDHA NEWS
N. 59 - OTTOBRE 2008
si verso l'esterno (come ho sempre
immaginato) o verso l'interno?
- l’arredo della camera tipo deve
essere adatto ad ospitare (anche se
in maniera discontinua) un disabile
su sedia a rotelle?
arch. Domanico
Per quanto riguarda il primo quesito
le segnalo che non vi è alcuna prescrizione circa il senso di apertura delle
porte di camere di albergo che si affacciano sul corridoio. Rimane l'obbligo
invece di installare porte di accesso
dei servizi igienici che si aprano verso
l'esterno o siano del tipo scorrevole
(vedere la Legge Regionale lombarda
6/86). Le porte dei bagni non devono
aprirsi verso l'interno per non ridurre
lo spazio utile normalmente occupato
più o meno parzialmente dai sanitari;
altro motivo è quello di facilitare, in
caso di emergenza, l'ingresso dei soccorritori che troverebbero difficoltà a
raggiungere una persona incidentalmente caduta sul pavimento dietro la
porta. L'ideale sarebbe installare porte
del tipo rototraslante che hanno il doppio vantaggio di potersi aprire nei due
sensi e di essere meno ingombranti
durante il loro movimento.
Riguardo al secondo quesito circa
l'accessibilità degli arredi all'interno di
una camera di albergo valgono gli
spazi di manovra previsti al punto
8.0.2 del Dm 236/89. Sarebbe l'ideale
che tutte le camere consentissero questa libertà di movimento per chi è in
carrozzina ma l'obbligatorietà riguarda solamente 2 camere su 40 o frazioni di 40 come indicato al punto 5.3 del
già citato Decreto Ministeriale.
BARRIERE SUL BALCONE
Vorrei avere informazioni sulle
barriere architettoniche relative ai
serramenti: nel caso di portafinestra per passaggio su balcone, crea
problemi la presenza di scorrevoli
che, per garantire la tenuta ad
acqua, arie e vento e acustica,
hanno un telaio a terra di 7 cm?
Esiste una sorta di liberatoria da
parte del committente privato se a
quest'ultimo andasse bene tale soluzione?
Enrico Spinelli
Come prima cosa occorre riferirsi
alla normativa sulle barriere architettoniche che, per l'aspetto tecnico, si
esplicita nel Dm 236/89. Questo
Decreto, per quanto riguarda il quesito da lei esposto recita al punto 4.1.8:
"… La soglia interposta tra balcone
o terrazzo e ambiente interno non
deve presentare un dislivello tale da
costituire ostacolo al transito di una
persona su sedia a ruote. E' vietato
l'uso di porta-finestre con traversa
orizzontale a pavimento di altezza
tale da costituire ostacolo al moto
della sedia a ruote."
Se si considera che il diametro delle
ruotine delle carrozzine dei disabili (e
anche dei passeggini per bambini)
varia da 15 a 20 cm è facile dedurre
che l'altezza da lei indicata di 7 cm è
da considerarsi inaccettabile.
Per consentire l'agevole passaggio
della carrozzina sarebbe necessario
installare su entrambi i lati una rampa
con la pendenza del 15% e cioè lunga
circa 45 cm.
Sembra evidente che sia preferibile
installare una porta-finestra priva
della guida inferiore (o con guida
ribaltabile) come ce ne sono in commercio; ad esempio il tipo Eclisse
(www.eclisse.it). Il problema dell'acqua di "stravento" può comunque
essere superato con l'incasso di una
canalina esterna di raccolta acqua
(vedi schizzo qui sotto).
Il committente non può rilasciarle
una liberatoria per una soluzione che
non è ammessa dalla legge in quanto
è il progettista che deve dimostrare
all'Ente competente di aver assolto i
requisiti di accessibilità previsti dalla
legge 13/86.
Quanto detto vale sia per la costruzione di nuovi edifici sia per le ristrutturazioni.
D'altra parte se non vogliamo perpetuare la presenza di ostacoli che impediscono alle persone con difficoltà di
deambulazione di muoversi liberamente nell'ambiente costruito come è
loro diritto, è indispensabile osservare
le norme emesse da molti anni in
materia di barriere architettoniche.
META' PER UNO SEMBRA GIUSTO
Vi chiedo un parere riguardo alla
ripartizione delle spese di acquisto
ed installazione di un elevatore per
disabili.
Sono disabile al 100% ed abito al
quinto piano di un condominio dove
ho acquistato e installato a mie
spese l'elevatore. Il contributo che
ho percepito, in percentuale sulla
spesa effettiva, non ha coperto tutto
il costo reale pertanto ho dovuto
sborsare di tasca mia la somma di
3900 euro circa.
Da circa 5 mesi, un condomino, che
abita anche lui nello stesso piano del
mio, ha avuto un incidente grave
con la moto ed è rimasto paralizzato
e quindi ora utilizza anche lui l'elevatore.
Ecco la mia domanda: questo condomino non dovrebbe partecipare
alla spesa da me effettuata e quindi
pagandomi la metà (ossia 1800 euro
circa)?
Lettera firmata
Sembra assolutamente doveroso che
la persona che, per sua sfortuna, trova
utile o addirittura indispensabile utilizzare la piattaforma elevatrice ora
esistente debba concorrere al 50%
della spesa da lei sostenuta per l'installazione e così pure per le spese di
manutenzione o riparazione che un
sistema meccanico come questo prima
o poi richiederà. Del resto il condomino da lei chiamato in causa si avvantaggia del fatto che se lei non avesse
installato il sistema di elevazione
avrebbe dovuto sostenere interamente
la spesa mentre, in questa caso, se la
può cavare con metà della stessa senza
neppure l'onere connesso con la pratica da lei svolta per ottenere il parziale rimborso previsto dalla Legge
13/89.
Quanto detto è sul piano dell'opportunità ma c'è pure qualcosa che ha
valore di legge ed è quanto enuncia il
codice civile all'art 1121 di cui riportiamo questo stralcio di testo: "... Nel
caso previsto dal 1° comma (l'innovazione gravosa) i condomini e i loro
eredi o aventi causa possono tuttavia,
in qualunque tempo, partecipare ai
vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e
mantenimento dell'opera."
Nel caso specifico sembrerebbe
quindi opportuno fare una richiesta
scritta di collaborazione alla spesa
citando il sopra riportato articolo del
Codice Civile.
è possibile inviare i propri quesiti in tema di barriere architettoniche a Lisdha news,
“L’Esperto risponde” via Proserpio, 13 - 21100 Varese, e-mail: [email protected]
N. 59 - OTTOBRE 2008
LISDHA NEWS - 9
S PA Z I O A P E R T O
SONO STANCHISSIMO DI LOTTARE
L
a drammatica lettera inviata al presidente Berlusconi
da Salvatore Crisafulli che,
uscito dal coma completamente
paralizzato, è in grado di comunicare all’esterno solo grazie al
computer. "Non chiedo l'eutanasia, ma la possibilità di vivere
dignitosamente".
Carissimo Presidente Berlusconi,
scrivo a lei che considero "la mia
ultima spiaggia".
Sono un uomo che vive da paralizzato, la mia patologia viene definita Sindrome Assimilabile alla
Locked.in ovvero "uomo incatenato" o meglio ancora "uomo imprigionato", imprigionato nel mio stesso corpo. Mi sento murato vivo,
vivendo in un abisso.
Potrà capire le mie angoscianti e
terrificanti pene: questa patologia
comporta la totale paralisi del mio
corpo. A differenza di chi vive in
Stato Vegetativo (io lo sono stato),
sono riuscito a recuperare la
coscienza e a comunicare il mio
pensiero con il computer grazie a
un sofisticato software muovendo
lo sguardo, la testa e in particolare
gli occhi.
Mi chiamo Salvatore Crisafulli
(disabile gravissimo), 43 anni, di
Catania, e sono stato vittima di uno
spaventoso incidente stradale avvenuto a Catania la mattina dell’11
settembre del 2003. Sono entrato
subito in coma e successivamente in
stato vegetativo permanente (almeno così sentenziava la scienza
medica per due anni). Poi, incredibilmente, nel 2005 dopo circa sette
mesi dal trauma (quando per i
medici ancora ero in stato vegetativo) ho ripreso coscienza e sentivo e
capivo tutto, sentivo ed avvertivo
anche di avere fame e sete, ma non
riuscivo a dimostrarlo perché non
potevo muovermi e i medici erano
convinti che fossi un vegetale (in
pratica una foglia d'insalata) e vivevo nel terrore.
Oggi invece assaporo i gusti del
cibo perché vengo nutrito dalla
bocca. La mia terrificante e allucinante odissea è stata trascritta anche
in un libro, dal titolo “Con gli occhi
sbarrati”.
10 - LISDHA NEWS
Durante il grande dibattito sulla
"dolce morte" chiesta ripetutamente
da Piergiorgio Welby, fui costretto a
scrivere una lettera indirizzata allo
stesso Welby, supplicandolo (inumente) di lottare per la vita.
Ottenni una risposta veramente
straziante "Uno Stato che non ha
pietà di me, che non sa ascoltare la
mia voce, sarà meno capace di
ascoltare la tua. Uno Stato che
saprà rispettare le scelte di fine vita,
sarà più capace di rispettare le tante
straordinarie vite che siamo".
Parole oggi da me condivise.
Sono stato protagonista di numerosi appelli, in particolare per la
vita, ed anche per dimostrare che lo
Stato Vegetativo è vita.
Lo scorso mese di marzo sono
stato protagonista e promotore di
una protesta denominata: "contro
l'eutanasia passiva dello Stato italiano" iniziando uno sciopero della
fame e rifiuto delle cure, per mancanza di assistenza e di applicazione di varie leggi sui disabili gravissimi (eravamo in 90).
Protesta sospesa dopo aver ricevuto una lunghissima e toccante lettera dall'ex Ministro della Salute,
Livia Turco.
Lo scorso 8 aprile (i media sordi e
muti) dopo una mia missiva al Capo
dello Stato (nella quale chiedevo
che si aprisse un dibattito sulla
nostra condizione e sulla mancata
attuazione di varie leggi che garantiscono il diritto alla salute sancito
dalla Costituzione) ricevetti una lettera del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in cui
ribadiva di sollecitare un confronto
sensibile e un chiarimento responsabile su quella questione eticamente delicata, e di richiamare l'attenzione sul bisogno di maggiore
intensità di cura e di assistenza per
le persone che lottavano per la vita,
richiamando anche il diritto al voto
dei disabili intrasportabili.
Cosa assolutamente infattibile in
Sicilia.
Le devo far presente che il Capo
dello Stato non ha fatto per me
come per Piergiorgio Welby. Per lui
si aprì un grande e devastante dibattito e il suo caso, portato davanti a
tutta la classe politica, è diventato
di dominio pubblico. Cosa che non
è avvenuto sul mio e degli altri
invalidi come me: al nostro appello
pubblico, ha risposto in forma privata.
Ad oggi, nonostante abbia ricevuto la lettera del Capo dello Stato, è
cambiato poco e nulla, una delusione veramente inaccettabile.
Sono stanchissimo di lottare e
optare ancora per la vita.
Caro Presidente fino ad oggi io
amo la vita, la morte per me rappresenta veramente un orrore, lei è la
mia ultima spiaggia da percorrere.
Sono stanco e stufo di aspettare.
Se anche lei non mi dà ascolto, la
mia voglia di vivere cessa di avere
efficacia. Passano i giorni, i mesi e
gli anni, ed è sempre tutto uguale.
Per far sentire la mia voce “silenziosa”, ho bisogno veramente del
suo aiuto.
N. 59 - OTTOBRE 2008
S PA Z I O A P E R T O
Nel mio cuore e nella mia mente
esistono due grandi sogni: il primo
è quello di poterla incontrare per
poter trascorrere un giorno insieme,
chiedendogli di guardarmi intensamente negli occhi e mettersi nei
miei panni, sono pronto a farmi trasportare anche a casa sua per un
incontro, anche in forma privata.
(…)
L'altro mio sogno è andare in
America, anche come cavia per
essere sottoposto alla nuova tecnologia scientifica americana, la ossigeno terapia iperbarica (già con la
mia famiglia ci siamo interessati
per organizzare un mio viaggio
negli Usa, ma ci vogliono tanti
soldi).
I mass media si concentrano ripetutamente e con accanimento solo
su chi chiede l'eutanasia senza poi
andare in fondo al problema, le
discussioni si infiammano sui giornali e nelle tv, quando vengono sollevati casi come quello di
Piergiorgio Welby e di Eluana
Englaro.
Non può il diritto di morire diventare la nuova frontiera dei diritti
umani.
Se lo Stato riuscisse a garantire
pienamente la tutela della vita, in
ogni fase della malattia e della disabilità ed anche nella fase insostenibile, credo non esisterebbe alcun
fenomeno di eutanasia. Certo, poi,
quando, si arriva alla disperazione
(come, attualmente, nel mio caso),
si spegne quella fiamma della speranza, che, non trovando concrete
risposte assistenziali, sfocia in una
domanda di eutanasia e di fine vita.
Di solare evidenzia sembra che lo
Stato Italiano (in particolar modo la
sinistra) sia orientato al riconoscimento del diritto di morire, evidentemente non conviene spendere
soldi per chi vive da paralizzato, in
particolar modo nella propria casa.
Presidente, le ripeto che la dolce
morte trova spazio dove c’è disperazione, dove c’è un grande senso
di abbandono e di sofferenza. Dove,
invece, c’è volontà di vivere le cose
stanno in modo inverso. Nessuno se
non come me, potrà mai capire.
Da svariati anni non esiste una
intensa e continuativa assistenza,
non esiste e non vengono applicati
gli aspetti sociali, esistono varie
leggi come la 328 e la 162 non recepita dalla Regione Sicilia.
N. 59 - OTTOBRE 2008
Esiste invece la burocrazia, il
menefreghismo, l'abbandono e l'indifferenza totale da tutte le istituzioni competenti, nessuno sa niente, nessuno agisce, nessuno si
muove.
Esiste un grandissimo divario tra
Nord e Sud del Paese! In Lombardia
e in Veneto ci sono persone nelle
nostre stesse condizioni a cui non
manca (quasi) niente, in Sicilia
manca tutto.
Il mio e nostro dramma non può
essere più sottotaciuto, io non ce la
faccio più.
In Sicilia tutti nascondono il mio
caso, non importa il passato, quello
che oggi importa è il presente e il
futuro, voltiamo una volta per tutte
pagina.
Ad oggi non chiedo l'eutanasia,
chiedo di vivere dignitosamente ma
se le mie richieste non verranno
soddisfatte, con strazio e sofferenza
chiederò pubblicamente di porre
fine alla mia esistenza incaricando
una persona a me tanto cara, di soddisfare le mie richieste, di essere
trasportato in un altro luogo, lontano dalla Sicilia, (stabilendo tempi e
modalità) e, ove necessita, effettuare una registrazione video. Se riusciremo in tempo mi piacerebbe
incontrare alcuni personaggi sparsi
per l'Italia che in quest'ultimo
periodo mi sono stati veramente
vicini.
Mi dispiace per tutte quelle persone che credevano in me e nella mia
lotta per la vita.
Ma soprattutto e in particolare mi
dispiace per la mia onorata e splendida famiglia. Mamma perdonami,
d'altronde sei già molto sofferente e
ammalata e lo sai che non hai più le
forze per accudirmi amorevolmente.
Perdonatemi tutti, ma io non riesco a sopportare questa lunga ed
atroce sofferenza di Stato.
La supplico di prendermi in considerazione, non voglio essere trattato come un malato terminale,
voglio essere assistito adeguatamente, ci vuole una nuova coscienza civile di questo gravissimo problema lungamente messo da parte,
perché a tutti potrebbe capitare il
mio stesso inconveniente.
Caro Presidente in attesa del mio
più grande sogno (incontrarla), le
invio i miei saluti e mi affido alla
sua parola, ringraziandola anticipatamente per l’attenzione e la disponibilità.
Catania dal 26 al 31 Agosto 2008
Salvatore Crisafulli
http://www.salvatorecrisafulli.it/
LISDHA NEWS - 11
ATTUALITÀ
Intervista con l’autrice di due libri di successo
Una malattia che
progressivamente
riduce le funzioni
vitali e i movimenti
l'ha colpita da ormai
vent'anni, ma lei
Chiara, non si è
arresa, anzi…
D
ue libri in tre anni, dai titoli
apparentemente contraddittori:
“Crudele dolcissimo amore”
(2005) e “Oscura luminosissima notte”
(2008).
L’autrice è Chiara, una persona che
da circa 20 anni affronta giornalmente una malattia inguaribile e progressiva che, dice, “sta demolendo la mia
struttura fisica”. Ma non si arrende,
anche quando la morfina non basta
più: “Mi guardo allo specchio e dico:
“Oddio, anche oggi ho perso un
pezzo di me. Allora ho imparato a
lavorare su quello che mi resta”.
Chi cerca in questa intervista il
nome della malattia o altri particolari che possano soddisfare la curiosità, non troverà nulla di tutto questo;
dice Chiara nel suo secondo libro, in
12 - LISDHA NEWS
LA NOTTE
LUMINOSA
DI CHIARA M.
risposta a un interlocutore: “Rivelare
la diagnosi significava in un certo
senso “identificarmi” con una categoria di malati, mentre il mio messaggio è, vuole essere rivolto a tutti.
Il dolore … è universale.
L’esperienza deve andare al di là di
una fredda cartella clinica. …
Bisogna vedere la persona”.
Prepariamoci allora a incontrare
non un’ ammalata ma una persona
eccezionale, che al di là e nonostante
una malattia rara, incurabile e molto
dolorosa sa dare speranza a chi legge.
I suoi libri sono stati tradotti in
diverse lingue, è stato realizzato un
film sulla sua esperienza, una regista
conosciuta, Cinzia TH Torrini
(“Elisa di Rivombrosa”) ha scritto la
prefazione del primo libro ed è fra le
sue più sincere ammiratrici, dopo
averla incontrata per caso.
- Chiara, perché lei si firma e si fa
conoscere come Chiara M., senza
cognome?
«È una scelta strettamente editoriale. Alle volte (così mi hanno spiegato gli addetti ai lavori della mia casa
editrice) per qualche autore si sceglie
un modo per uscire pubblicamente,
farsi riconoscere e ricordare dai lettori. Per me hanno scelto appunto
Chiara M. ».
- Nel giro di tre anni ha scritto,
per l’Editrice San Paolo, due libri
che hanno un titolo caratterizzato
da parole in apparente contraddizione: “Crudele dolcissimo amore”
e “Oscura luminosissima notte”.
Cosa ha voluto significare con questi titoli un po’ criptici?
«Non li definirei “criptici”, piuttosto
in ogni titolo è sintetizzato il contenuto del libro. A fine lettura ognuno può
capirne perfettamente il significato».
- Lei è conosciuta ovunque, soprattutto dopo l’uscita del primo libro,
che è stato accolto con grande favore, perché ha rivelato il suo dramma
N. 59 - OTTOBRE 2008
e assieme la sua forza di vivere: cosa
o chi l’ha spinta a scrivere?
«E’ stata una casualità (anche se
sono convinta, come spesso ripeto,
che non ci sia nulla di veramente
“casuale”). Mi trovavo a Verona in
occasione di un convegno nazionale
sulla disabilità. Mi avevano invitata a
parlare, assieme ad altri, su un aspetto che fino a quel momento non avevano mai affrontato nel programma:
la spiritualità nella disabilità.
Era presente in sala anche Vito
Mancuso, editor della San Paolo, che
dopo avermi ascoltata ha voluto
conoscermi. Ci siamo scambiati gli
indirizzi e-mail e di lì a qualche mese
mi ha contattata. All’inizio mi ha
chiesto semplicemente se avevo scritto altre cose e se potevo mandargliele
da leggere; poi… da cosa nasce cosa.
Comunque, fino alla fine, quasi non
credevo alla possibilità di scrivere un
libro. Non pensavo di riuscirci, invece ce l’ho fatta con le mie sole forze».
- Perché un secondo libro? A chi si
rivolge? Quali nuove esperienze fa
conoscere?
«Dopo il primo libro non mi sfiorava neppure l’idea di scriverne un
secondo. Ero convinta di non aver più
nulla da aggiungere. Ma “Qualcuno”
evidentemente aveva altri progetti per
la sottoscritta. Questo secondo libro è
la continuazione della mia “avventura”, come la definisco io; scendo
ancora più in profondità nella mia
anima. È più “tosto” del primo, come
dico nel prologo.
Quando ho iniziato a prepararlo non
pensavo di rivolgerlo a qualcuno in
particolare. Non è nel mio carattere
fare calcoli di questo genere. Io scrivo, dono (mi piace di più questo termine), ciò che ho vissuto e poi il libro
arriva a chi deve arrivare, nel momento giusto (secondo me), alla persona
che lo incontrerà».
to il dramma che lei viveva nonostante il suo costante sorriso: come
ha affrontato il progredire della
malattia e come lo affronta?
«Non è facile e neppure scontato.
Ogni giorno è sempre più dura, sempre più in salita. Ho però trovato una
ricetta accessibile a tutti: vivo il
momento presente. Quello che ho
passato, bello o brutto che sia, è passato; il futuro ancora non mi appartiene e non ho possibilità di “manovrarlo” a mio piacimento. Posso creare
magari le condizioni perché riesca a
realizzare una certa cosa, un sogno o
un desiderio, ma non posso avere la
certezza assoluta che tutto questo
avverrà. Il presente invece è qui, è
tutto mio, lo sento, lo vedo, lo respiro. Sta a me decidere come viverlo.
Se è pieno di dolore, so però che è
“attimo” e che dopo questo, ci sarà un
altro attimo e magari il dolore sarà
anche un po’ meno. La forza ce l‘ho
per un attimo, per “quell’attimo”. Il
“dopo” è dopo. Avrò la forza anche
per il “dopo”, ma per adesso è il presente che conta. Questo mi aiuta ad
andare avanti».
- Quando le ho chiesto questa
intervista mi ha scritto di avere un
po’ di pazienza perché “era molto
presa con i camici bianchi”, cioè con
gli ospedali: anche in questi momenti in cui si capisce che la malattia
non le dà tregua lei non dice di no, si
prende solo del tempo ma poi
risponde a chi si rivolge a lei.
«È così. Io penso sempre a chi c’è
“dall’altra parte”. Mi immedesimo,
penso che anche a me farebbe piacere avere una risposta, un contatto.
Purtroppo però molto spesso la mia
situazione fisica non mi permette,
soprattutto, di rispondere a tutti quelli che mi scrivono o addirittura di
tenere i contatti almeno telefonici con
gli amici di prima. Questo mi fa soffrire parecchio, ma spero nella loro
comprensione».
- Sappiamo che molti giovani trovano in lei speranza e coraggio:
può darne anche a chi si trova nelle
condizioni di disabilità o di grande
sofferenza, come molti dei nostri
lettori?
«Io penso che speranza e coraggio
siano presenti in ciascuno di noi.
Fanno parte dell’essere umano.
Purtroppo alle volte sono sepolti
sotto cumuli di dolore, disperazione,
solitudine, abbandono… Si tratta di
farli riemergere, di dare ossigeno al
cuore, all’anima, alla mente. Non
restare da soli, “costringere i sani” a
darci una mano (servirà anche a
loro!), non per pietà ma perché siamo
persone anche noi con una dignità da
conservare. Fare della nostra disabilità, per quanto possibile, un punto di
forza, moltiplicare in potenza quel
poco, pochissimo, che ci rimane. Un
solo sbattere di palpebra ha permesso
a un giornalista francese, dopo un
incidente, di scrivere un libro. Così
come un dito e un computer hanno
permesso di comunicare col mondo
ad una ragazza intelligente considerata da tutti una demente.
Ci siamo, esistiamo, non siamo
“rifiuto”. Anche noi siamo un disegno di Dio».
- Fra le righe dei suoi libri si
coglie, anche se non detto, un messaggio: si può anche non aver
paura della morte. E’ così?
«Sì, anche se non è facile. La socie-
- Lei era infermiera professionale
a Trento, una grave malattia inguaribile l’ha portata in pochi anni
sulla carrozzina, ma la sua voglia di
esserci e di comunicare non è mai
venuta meno nonostante le grandi
sofferenze: cosa la sostiene?
«Mi fido del Socio (come amo definire LUI), anche brontolando, anche
sbuffando, ma mi fido e vedo che la
cosa mi conviene!».
- L’ho conosciuta che già era in
carrozzina, anni fa, portava i guanti bianchi e mi chiedevo perché; poi
il racconto da lei fatto a un convegno a cui ero presente mi ha svelaN. 59 - OTTOBRE 2008
LISDHA NEWS - 13
tà di oggi allontana la morte, il termine stesso di morte, con messaggi
opposti: forza, bellezza, salute, successo, dinamismo ecc. Tutto questo
però non resta in eterno e prima o poi
il conto bisogna pagarlo.
Quanto più riusciamo ad accettare
questa realtà, quanto più riusciamo a
parlarne con naturalezza, senza gesti
strani o fuggendo, tanto più entriamo
“in confidenza” con questa parola e
sarà tutto di guadagnato per noi.
Viceversa rimandando a dopo questo discorso, sarà più difficile. Morire
– sembra scontato e facile da dire (ma
non è così) – non è la fine di tutto. Si
passa in un certo qual modo in un’altra stanza, in un’altra dimensione.
È il “passaggio” da qua a là a mettere in difficoltà e a generare paura e
timore nella maggioranza di noi.
Molto spesso si assiste alla morte di
qualcuno dei nostri cari (io l’ho sperimentato con mia madre) e il più delle
volte è doloroso. Per chi lo vive e per
chi assiste.
Se cerchiamo di considerare questo
momento della nostra vita in una
Logica più alta, se ci fidiamo di Colui
che ha permesso la nostra stessa esistenza (anche se povera e miserabile per chi vede da fuori), allora
si può iniziare ad intravvederne il
senso. Altrimenti tutto crolla ed è la
disperazione. Possiamo però “allenarci”. Come nelle Olimpiadi: più
intenso è l’allenamento, più importante sarà il risultato. Proviamoci.
Non abbiamo nulla da perdere».
- Lei è una testimone preziosa e i
Suoi libri lo sono altrettanto: continuerà a scrivere e a comunicare
con il prossimo nonostante i limiti
che la malattia le impone?
«Non lo so. Visto che il regista di
tutto ciò che è successo finora è il mio
Socio, aspetto segnali eventuali da
Lui. Se Lui vorrà io ci sarò».
- Grazie Chiara per il tempo che ci ha
dato e per il messaggio che ci trasmette.
«Grazie a voi».
Alma Pizzi
Dai suoi scritti
Alcuni brani tratti dai due libri
pubblicati da Chiara M. per le edizioni San Paolo: Crudele, dolcissimo
amore e Oscura, luminosissima notte.
Gli uomini sono infelici perché non
sanno "aspettare" il tempo. Questo
famigerato tempo che sembra sempre
più tiranno. Non c'è tempo. Ho poco
tempo. Sempre più si usano queste
frasi.
Tutto e subito. Così si brucia l'incanto di osservare, vedere realmente
quello che sta attorno a noi, chi sta
attorno a noi… la bellezza interiore
di una persona all'apparenza insignificante. Il tesoro nascosto che c'è in
ciascuno di noi e che alle volte pesa
come una montagna perché non si
riesce a donare. Sembra che a nessuno interessi ricevere dall'altro e nello
stesso tempo, tutti cercano il tesoro.
Siamo tutti matti.
Questa frenesia vestita di vuoto
sembra inghiottire ogni cosa. Il dolore è scartato ed invece è l'unica cosa
veramente valida per riequilibrare il
tutto. Mi rendo conto solo adesso un
pochino a cosa mi sono serviti questi
lunghi anni di convivenza con il dolore. Vestito di mille sfumature, osservato nelle sue mille sfaccettature o
per meglio dire vissuto è il passe partout che mi permette di accedere ai
cuori delle persone che mi telefonano
o che mi vengono a trovare.
Quando si parla di vivere il presente,
si cerca di capire prima con la testa,
poi si prova a metterlo in pratica, poi
inizi a capirlo anche con l'anima.
Ho un moto di repulsione davanti al
film della mia vita quando vedo la
demolizione di me attraverso questo
schifo di nemico che è la malattia.
Il suo lavoro è ineccepibile. E' una
perfezionista in questo. Non manca
un giorno. Ferie recuperi, scioperi
per lei non esistono (…)
assurdo, ma mi vergognavo. (…)
E' passato del tempo, mesi, in cui c'è
stata dentro di me questa lotta aspra,
durissima. (…) Un po' alla volta mi
sono in un certo senso riappacificata
con me stessa.
Non è stato facile per me accettare
questa nuova realtà della carrozzina
(…)
Tutto mi si rivoltava dentro, un urlo
silenzioso che non sapevo dove rivolgere.
Mi sembrava che fosse l'inizio della
fine. E la certezza che io "così" non
avrei avuto più il coraggio di andare
in giro. Lo so che può sembrare
Non si può negare che c'è una sorta
di divisione tra sani e malati. Due
mondi paralleli, che però si possono
incontrare in modo nuovo, in una
reciprocità che non separa chi dà e
chi riceve, ma li mette sullo stesso
piano, in una condivisione più alta,
più profonda, al di sopra della cosiddetta "diversità".
Quando ancora camminavo il termine "disabilità" anche se scritto sui
soliti certificati, lo avvertivo in modo
diverso.
Poi è arrivata la "quattroruote" e le
cose sono cambiate e di molto.
Adesso sono una vera disabile (…)
Non tutti quelli che stanno in carrozzina hanno dei dolori fisici. (…) Il
dolore scava, goccia, dopo goccia, la
roccia della mia umanità. Togliendomi
quello che in apparenza sembra indispensabile, mi apre porte sconosciute
di conoscenza che altrimenti non
avrei saputo in che modo trovare.
Ho dovuto sprofondare molte e
molte in abissi di dolore, schiacciata
al punto da restare senza fiato, senza
lacrime, con la sensazione che al
posto dell'anima ci fosse un deserto.
Ma solo adesso, solo dopo tutto
questo, mi è permesso di entrare nella
sofferenza degli altri, di arrivare dove
molti non accedono…
Avevamo raccontato
la sua drammatica
storia nel gennaio
2007.
I
l 24 luglio scorso su un quotidiano locale appare la notizia di un
"disabile albanese annegato con
la sua carrozzina nel lago a
Gavirate" e l’articolo già lascia
intuire che non può che trattarsi di
un suicidio. A qualcuno viene subito in mente che l’uomo in questione possa essere il quarantenne
Adrian Lule, da me intervistato per
il Lisdha news nel gennaio 2007 e
la cui immagine, in compagnia
della moglie, compare sulla copertina del numero stesso. Una telefonata ad un amico comune e il dubbio si fa purtroppo subito certezza.
All'epoca del mio incontro con
lui, Adrian era per la verità molto
depresso, per la situazione di inattività, per i dolori molto forti di cui
soffriva, per le difficoltà economiche, per il "peso" che sentiva di
costituire per gli altri, sia per i suoi
familiari, che per la società che lo
aveva accolto (e che non di rado gli
faceva "pesare" il costo che lui
"straniero e disabile" rappresentava) e, infine, per i continui problemi che incontrava, come “straniero”, nell’ottenere un’assistenza e
delle prestazioni per lui essenziali.
La sua invalidità molto grave (era
tetraplegico) era dovuta ad un incidente avvenuto nel 2001 mentre si
recava al lavoro in centro a Varese.
Ciò gli avrebbe consentito di ottenere un risarcimento e una rendita,
come infortunio sul lavoro, ma siccome all’epoca Adrian era ancora
clandestino e perciò occupato irregolarmente, il suo datore di lavoro,
per evitare guai, gli aveva fatto promettere, in cambio di una somma di
denaro (che poi non è mai arrivata!)
che non avrebbe dichiarato che si
stava recando al lavoro.
Poi il permesso di soggiorno
l’aveva ottenuto, ma non la carta di
N. 59 - OTTOBRE 2008
ADRIAN
NON CE
L’HA FATTA
soggiorno che gli avrebbe dato
diritto a ricevere l’indennità di
accompagnamento e altre prestazioni per lui essenziali. Solo a
breve avrebbe finalmente ottenuto,
dopo tanti anni di attesa, anche
questo documento; inoltre, ironia
della sorte: pochi giorni dopo la
morte di Adrian la Corte
Costituzionale ha dichiarato (vedi
articolo a pagina 6) l’illegittimità
delle norme che condizionano l’indennità di accompagnamento al
possesso della carta di soggiorno…
Adrian era stato molto contento
per l'intervista e aveva fatto avere
alcune copie del Lisdha news ai
suoi parenti rimasti in Albania.
Così come - tramite l'Associazione
Donatori del Tempo - era stato possibile fargli avere un materasso
antidecupito di cui aveva bisogno.
Tante comunque erano le difficoltà e le sofferenze che ogni giorno si
trovava ad affrontare, e depressione
e disperazione erano purtroppo le
sue compagne abituali, che hanno
portato al tragico epilogo della sua
vicenda umana.
Ricordo Adrian come un uomo
semplice, che cercava in realtà
dalla vita cose molto semplici e per
il quale, sicuramente, la società che
lo ha "accolto" avrebbe potuto fare
di più.
“Cercavamo braccia e sono arrivati uomini”, nel caso di Adrian,
questa famosa frase di Max Frisch
appare quantomai vera….
Mi piace infine ricordare Adrian
attraverso le parole di Marco, un
obiettore in servizio civile presso i
Servizi Sociali a Gavirate, che
subito dopo la morte ha indirizzato
una lettera al quotidiano on line
“Vareseweb”: “Insieme ai miei
compagni prestavamo servizio
Un primo piano di Adrian Lule
domiciliare di assistenza a lui e
alla sua famiglia. Anche se gli
orari erano molto "extra" rispetto
agli orari di servizio abituale, la
visita a casa Lule era sempre piacevole. Pur trovando tanto dispiacere dentro di me nel portare servizio ad un ragazzo quasi mio coetaneo, nel pieno della sua vitalità,
trovavo molto spesso anche l'opportunità per alcuni momenti piacevoli, scoprendo sul mio volto un
sorriso, che poco prima di entrare
non c'era. E conoscendo la sua
storia, quei momenti avevano per
me un valore ancora più grande.
In questo momento in cui i ricordi
positivi lasciano il posto all'amarezza e al dolore, vorrei ringraziarlo, Adrian. E con lui sua moglie
Elisabeta e la loro bambina e alle
tante le persone, che come loro,
con le loro storie, hanno tanto,
tanto da insegnare a noi italiani,
bianchi, cattolici, regolari e con
permesso di soggiorno.”
Marcella Codini
LISDHA NEWS - 15
ATTUALITÀ
È annegato con la sua carrozzina nel lago di Gavirate
ATTUALITÀ
ATTUALITÀ
ESPERIENZE
Da pazienti psichiatrici ad attori
Un’eccezionale
esperienza mostra
come sia possibile
affrontare e
sconfiggere la malattia
mentale calcando il
palcoscenico.
N
el 1999 il Dipartimento di
salute Mentale di Massa
Carrara ha deciso di offrire
una nuova dimensione, un nuovo spazio, ai suoi pazienti. Li ha fatti salire sul
palcoscenico del teatro e li ha fatti recitare: questo ha dato degli eccezionali
risultati. L’avventura teatrale continua
ancora oggi con tale successo da spingere gli organizzatori a dar vita alla
Biennale “Teatr’Anch’Io” che – come
vedremo – si svolge già dal 2003. Si
tratta di un incontro che porta in primo
piano il teatro impegnato e al quale partecipano sei compagnie teatrali provenienti da tutta Italia, selezionate da
un’apposita giuria.
Tutte le persone coinvolte in questa
avventura hanno vissuto e continuano a
vivere una bellissima esperienza, che ha
rivelato le doti e le capacità altrimenti
nascoste di molti pazienti psichiatrici.
Nel ’99 gli attori potenziali si sono
uniti per dare vita all’ Associazione
Compagnia Teatrale “Sognando”, gui16 - LISDHA NEWS
“SOGNANDO”
VINCE
IL PREGIUDIZIO
dati da operatori e volontari del
Dipartimento, oltre che – naturalmente
– da un bravo e appassionato regista:
Fernando Petroli.
L’Associazione – è doveroso segnalarlo – nasce nell’ambito dei programmi
socioriabilitativi integrati dell’Asl n.1 di
Massa, che ha reso operativo presso il
Centro Diurno della Città, un
Laboratorio Teatrale per i pazienti con
gravi limitazioni cognitive e relazionali
in carico ai Centro di Salute Mentale di
Massa e Carrara aperto alla cittadinanza. Fin dall’inizio il Laboratorio si è trasformato in una fucina culturale e creativa significativa, capace di elaborare
progetti condivisi e solidali, tesi a modificare l’atteggiamento di pregiudizio nei
confronti dei portatori di disagio mentale.“Siamo una scommessa – afferma
Remigio Raimondi, direttore del
Dipartimento di salute mentale della Asl
1 di Massa - perché le persone che recitano sono pazienti gravi, con diagnosi
severe, che hanno avuto la fortuna di
essere guidati da un regista capace.
Quanto all’idea di allestire una
Biennale – continua Raimondi - è nata
negli anni, vedendo i risultati dell’impegno nell’attività teatrale. Per la prima
edizione, nel 2003, le risorse erano
poche, poi abbiamo cominciato a crescere e a riscuotere consensi. I lavori,
quindi, sono sempre più pregevoli. E’
importante anche il lavoro di rete che si
è attivato sul territorio, coinvolgendo
comuni, province, il settore privato.
L’intento è dare la possibilità ai pazienti
coinvolti di emanciparsi dai dipartimenti, di perseguire l’autonomia.
Le sei compagnie selezionate per
prendere parte alla Biennale devono
essere sempre composte in maggioranza da pazienti psichiatrici”.
Aggiungiamo che la Biennale intende
proporre a livello internazionale un’immagine della malattia mentale alternativa, dove desideri, aspettative e voglia di
normalità prevalgano sulla dimensione
medica. “Questo progetto – conclude
Raimondi - si inserisce in una più ampia
visione della vita globalizzata, in cui i
ritmi affrettati costringono alla solitudine molte persone, che segretamente
anelano comprensione e scambio di
calore umano.
Per conoscere meglio i diversi aspetti
di questa esperienza, abbiamo parlato
con Annamaria Glavina, referente del
N. 59 - OTTOBRE 2008
Dipartimento di Salute Mentale Asl 1 di
Massa Carrara e Direttore Artistico della compagnia Sognando.
- Partiamo dall’origine, ovvero
l’idea di fondare una compagnia teatrale formata da persone con dei disagi psichici o fisici.
«Abbiamo iniziato nel 1999. Si è proprio pensato di fare una cosa che potesse servire ai nostri ragazzi e abbiamo
deciso di iniziare con il teatro teatro,
senza parlare di teatro-terapia.
Naturalmente all’inizio c’era molto
timore, anche i ragazzi avevano paura di
non essere in grado di imparare …
magari di non essere in grado di salire
sul palcoscenico. Così abbiamo detto:
proviamo e vediamo come va. Ed è
andata benissimo!»
- Qual è il dipartimento di Massa
Carrara per il quale lavorate?
«Il nostro è il Dipartimento di salute mentale. Abbiamo tanti pazienti da
seguire. Abbiamo detto: proviamo a
fare del teatro con un copione. E così
è stato. Abbiamo individuato un
gruppo di nostri ragazzi tra i 30 e i 50
anni e gli abbiamo presentato quest’idea. Si tratta di ragazzi seguiti dal
servizio, tra l’altro con patologie
molto serie. Avvicinandosi al teatro
hanno riacquistato la loro dignità: la
loro vita precedente li vedeva chiusi
in casa, dove non si prendevano cura
di se stessi. Poi, piano piano, avvicinandosi al teatro, frequentando questa nuova dimensione, anche andando
in tournée, piano piano sono tornati
alla vita».
- Con quante persone avete lavorato
in questi anni?
«Dal ’99 ad oggi abbiamo avuto una
cinquantina di ragazzi. Qualcuno poi ha
lasciato perché è stato inserito nel
mondo del lavoro, oppure ha lasciato
perché non gli interessava più continuare. Non è un’esperienza che viene imposta, è una cosa che si fa liberamente».
- Quando decidete di andare in scena
dove trovate i testi da rappresentare,
quali sono gli autori che scegliete?
«Abbiamo iniziato con diverse cose di
Scarpetta e abbiamo fatto “Sabato
Domenica e Lunedì” di Eduardo De
Filippo, adattandola alla lingua italiana
dal dialetto napoletano. La nostra prima
rappresentazione si è basata su un testo
di Maria Raffaella Cuomo Lanzara. Ci
sono stati poi due lavori di Emilio
Calieri, quindi – come dicevo – di
Scarpetta e De Filippo. L’anno scorso è
stata la volta di “Caviale e lenticchie” di
Scarnicci e Tarabusi e quest’anno porN. 59 - OTTOBRE 2008
tiamo in scena la commedia di un autore poco conosciuto: Raffaele Cécere,
originario delle Marche. Cécere è venuto alla nostra prima al Teatro Guglielmi,
ha partecipato molto volentieri! Di proposito scegliamo un testo brillante: non
vogliamo portare in scena ansia, tristezza.
Abbiamo trovato un regista che è eccezionale, Fernando Petroli. Lui era completamente estraneo al discorso psichiatrico, pur conoscendo il problema.
Lavora da 40 anni a livello amatoriale.
Gli abbiamo proposto di darci una mano
e ha accettato con entusiasmo: con i
ragazzi si trova benissimo, altrettanto i
ragazzi con lui, quindi è un ottimo connubio».
a un tavolo. Ripetiamo la lettura seduti
per 4, 5 volte, quindi lo facciamo in
piedi. A questo punto interviene il regista. La prima volta c’è proprio l’analisi
del copione: il regista – appunto – spiega ad ognuno il personaggio, come deve
essere, cosa bisogna fare e perché».
- Come inizia il vostro lavoro di ricerca del testo che porterete in scena?
«Andiamo su Internet sul sito
gt.tempo: dobbiamo tener conto di
diversi fattori, come quello del numero.
Siamo una compagnia abbastanza
numerosa, di 18 persone: alcune sono
solo comparse e 12/15 gli attori che
hanno proprio una loro parte. E’ quindi
già una difficoltà trovare il copione
con15 personaggi. Poi che sia brillante.
Quindi iniziamo a scegliere e leggere i
testi, per verificare che siano adattabili
alla nostra realtà. Ad esempio, se c’è un
dialogo molto lungo il registra cerca di
“sforbiciarlo” per renderlo più recitabile. Inoltre tra gli attori c’è chi riesce ad
interpretare un testo più lungo e chi fa
un po’ di fatica in più».
- Vi spostate molto? Il tour del 2008
dove vi ha portati?
«Oltre alle zone limitrofe, come Forte
dei Marmi o la zona di Carrara, abbiamo un’agenzia che ci fa lavorare per
dare dei contributi ad altri disabili.
Andiamo così a Genova, a Livorno, a
Pisa, a Firenze. Siamo stati anche a
Roma, invitati in un altro Festival nell’ambito del quale abbiamo offerto la
nostra collaborazione. Siamo stati a
Carpi, in provincia di Campobasso, a
Folgaria, a Pontremoli e altrove.
Abbiamo girato abbastanza».
- Il vostro lavoro ha il patrocinio di
molte persone, tra le quali anche il
Presidente della Repubblica. In cosa
consiste questo patrocinio?
«Dunque, il Presidente della
Repubblica ci manda due medaglie con
valore rappresentativo, gli altri inviano
alcune righe scritte in cui affermano di
apprezzare il lavoro che facciamo.
Abbiamo tutto agli atti. Anche il
Presidente del Parlamento Europeo ci
offre il suo appoggio».
- Avete avuto ospiti noti nel corso
della Biennale?
«Sì, per esempio l’anno scorso,
nell’ambito della Terza Biennale,
abbiamo avuto Simone Cristicchi».
- Torniamo alle rappresentazioni
teatrali messe in scena dalla
Compagnia. Si tratta di un lavoro
molto impegnativo: quanto tempo è
necessario per realizzare una commedia?
«In genere iniziamo a gennaio con il
copione già pronto: facciamo la prima
lettura da seduti, riunendoci tutti attorno
- Come viene fatto in una vera e propria opera teatrale …
«Sì, anche se il nostro può essere definito un laboratorio. Iniziamo a gennaio
e, in genere, facciamo una prima rappresentazione entro i primi 15 giorni del
mese di giugno successivo. Deve essere
un sabato e la scena è il nostro teatro
comunale di Massa. Dopodichè portiamo in giro la nostra commedia».
- Tutti gli attori della Compagnia
sono felici di prendere parte a questa
esperienza.
«Sì, vengono molto volentieri e partecipano con grande entusiasmo. Devo
ripetere il caso di un ragazzo che è con
noi proprio dall’inizio, ovvero dal ’99:
prima non usciva di casa se non
accompagnato, non permetteva a nessuno di avvicinarlo né di toccarlo.
Oggi racconta barzellette, partecipa
con gioia alle cene della Compagnia,
viene da solo alle prove – le facciamo
tre volte alla settimana e ogni volta
durano tre ore – per cui si muove con i
mezzi pubblici, si è fatto l’abbonamento e come lui anche altre persone».
In questo modo voi raggiungete
l’obiettivo della vostra questa entusiasmante “missione”. Complimenti.
Chiara Ambrosioni
Per avere ulteriori informazioni sulla
compagnia rivolgersi a:
Compagnia Teatrale Sognando
Via Marina Vecchia, 74
54100 Massa
tel. 0585/493092,
[email protected].
www.superando.it
LISDHA NEWS - 17
FISCO
ATTUALITÀ
ESPERIENZE
Recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate
DETRAZIONI
CHE PREMIANO LA MOBILITÀ
Le regole da seguire per avere diritto alla detrazione del 36% per interventi che favoriscono
la mobilità interna ed esterna all’abitazione a favore di persone portatrici di handicap grave.
C
on due recenti interventi
l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti con riferimento a due casi pratici, prospettati
da due contribuenti, relativi all’installazione di un montascale e di un
ascensore.
Installazione del montascale
E’ stato analizzato il caso di un contribuente disabile che ha installato,
interamente a proprie spese, previa
autorizzazione dell’assemblea condominiale, un montascale per accedere
al piano garage.
E’ stato confermato che la spesa
sostenuta è classificabile fra gli interventi edilizi sulle parti comuni di
18 - LISDHA NEWS
edifici residenziali finalizzati a
rimuovere le barriere architettoniche
(art. 1 L. 449/97) e pertanto rientra fra
quelle che possono beneficiare delle
detrazione fiscale del 36% delle spese
sostenute, entro un tetto massimo di
spesa (su cui applicare la percentuale
di detrazione) di 48.000 euro.
In particolare è stato chiarito che il
contribuente disabile ha diritto ad
applicare la detrazione del 36% sull’intero importo della spesa da lui
sostenuta (entro il citato limite di
48.000 euro) e non solo sulla quota di
spesa calcolata in base alla tabella
millesimale condominiale (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 336
del 1.8.2008).
Installazione dell’ascensore
Ad un'altra tipologia di intervento
su parti comuni di un edificio, finalizzato all’abbattimento delle barriere architettoniche, il fisco ha invece
riservato una diversa interpretazione.
In particolare è stato affrontato il
caso di un condomino che intendeva
installare, interamente a proprie
spese, un ascensore nel pozzo di luce
condominiale.
In tal caso l’Agenzia delle entrate
ha specificato che la detrazione del
36%, prevista per le opere finalizzate
all’eliminazione delle barriere architettoniche, come è da considerarsi
quella di installazione dell’ascensore, può essere fruita sull’importo
N. 59 - OTTOBRE 2008
della spesa sostenuta (sempre con il
limite massimo di spesa di 48.000
euro) in base alle tabelle millesimali di proprietà (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n.264 del 25.6.2008).
Il fisco ha giustificato tale differenza di trattamento affermando che
l’ascensore diviene oggetto di proprietà comune (dato che è installato
in un parte comune dell’edificio) e
quindi è utile ed utilizzabile da tutti i
condomini, il montascale invece è
necessario solo al disabile che lo ha
installato. Gli altri condomini non
hanno né la necessità né l’interesse
ad utilizzare tale mezzo d’ausilio.
Detrazione del 36% per gli interventi che favoriscono la mobilità nell’abitazione
Al riguardo pare opportuno precisare che danno diritto alla detrazione
del 36 % delle spese sostenute (da
fruire nella dichiarazione dei redditi,
in 10 quote annuali di pari importo)
oltre agli interventi sugli immobili
finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche anche quelli
destinati alla realizzazione di qualsiasi strumento che, attraverso la
comunicazione, la robotica e ogni
altro mezzo di tecnologia avanzata,
sia adatto a favorire la mobilità
interna ed esterna all’abitazione
per le persone portatrici di handicap
gravi (art. 3 comma 3 L. 104/92).
La specifica detrazione del 36%
compete solo per le spese sostenute
per realizzare interventi sugli immobili. Non compete cioè per il semplice acquisto di strumenti, anche se
diretti a favorire la comunicazione e
la mobilità interna ed esterna, quali
telefoni a viva voce, schermi a tocco,
computer, tastiere espanse. Tali beni,
comunque, appartenenti alla categoria dei sussidi tecnici e informatici,
possono fruire, alle condizioni previste dalla normativa, della specifica
detrazione del 19%.
Per non rischiare di perdere il diritto alla detrazione del 36%, occorre
però fare attenzione ad una serie di
adempimenti da porre in essere, fra
cui:
- l’invio della comunicazione di inizio lavori, redatta su apposito modello, al centro operativo dell’Agenzia
delle entrate di Pescara e all’Azienda
Sanitaria Locale competente per territorio (unitamente alla documentazione relativa all’intervento, che può
essere sostituita con una autocertificazione che attesta il possesso di tali
documenti e la disponibilità ad esibirli a richiesta degli uffici fiscali);
- il pagamento mediante bonifico
(bancario o postale) con indicazione
della causale del versamento, del
codice fiscale del committente e del
beneficiario del pagamento (esecutore dei lavoro).
Per maggiori informazioni in merito si può fare riferimento alla guida
dell’Agenzia delle Entrate Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni
fiscali sul sito internet www.agenziaentrate.it (attraverso il percorso
Documentazione – Guide fiscali –
Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali – pdf) anche reperibili in
formato cartaceo - in distribuzione
gratuita - presso gli uffici periferici
dell’Agenzia delle Entrate.
Francesco Gentile
LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER DISABILI Pubblicata la guida dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Guida alle agevolazioni
fiscali per i disabili aggiornata con
la normativa in vigore a maggio
2008.
Il documento può essere consultato sul sito internet www.agenziaentrate.it, attraverso il percorso
Documentazione – Guide fiscali –
Guida alle agevolazioni per i disabili (oppure direttamente all’indirizzo
http://www.agenziaentrate.it/ilwwc
m/connect/Nsi/Documentazione/Gu
ide+Fiscali/ cliccando poi Guida
N. 59 - OTTOBRE 2008
alle agevolazioni per i disabili –
pdf) Copia cartacea della stessa può
essere reperita – in distribuzione
gratuita – anche presso gli uffici
locali dell’Agenzia delle Entrate.
Vengono trattate le agevolazioni
relative all’acquisto e al mantenimento dei veicoli, dei mezzi di ausilio, dei sussidi tecnici e informatici,
all’abbattimento delle barriere
architettoniche, alle spese sanitarie
e di assistenza personale oltre alle
specifiche detrazioni previste per
figli a carico portatori di handicap.
LISDHA NEWS - 19
ESPERIENZE
Incontro con Antonio Pellizzaro
IL CORAGGIO DI
RIMETTERSI IN GIOCO
La riduzione drastica e improvvisa della capacità visiva, specie in età adulta, comporta tantissime difficoltà sia a livello personale che lavorativo. Nonostante il verificarsi
di un evento traumatico Antonio Pellizzaro, grazie alle propria volontà e ad una fede
profonda e consapevole, ha trovato la forza di reagire e di affermarsi professionalmente attraverso l'apprendimento della tecnica dello shiatsu.
I
sacrifici che Antonio ha dovuto
affrontare per divenire un operatore di trattamenti shiatsu non sono
stati pochi. Gli spostamenti quotidiani a Milano, la necessità di riprendere
un percorso di apprendimento sia pratico che teorico, hanno costantemente
accompagnato il cammino di formazione intrapreso. Tutt'oggi, Antonio
non nasconde le difficoltà che incontra nello spostarsi per poter svolgere i
trattamenti anche a Cantello oltre che
a Golasecca, dove risiede con la
moglie e il figlio, ma ha le idee chiare sui motivi che sono stati alla base
della sua scelta lavorativa e sull'importanza che la tecnica dello shiatsu
potrebbe avere nel consentire un'ulteriore possibilità di inserimento a
favore dei minorati della vista.
20 - LISDHA NEWS
- Antonio cosa l’ha spinta a intraprendere l’esperienza professionale
come operatore di trattamenti
shiatsu?
«Il motivo principale che mi ha spinto ad intraprendere questa strada è lo
spunto derivato dalla perdita della
vista. Mi sono chiesto cosa mi sarebbe
piaciuto fare e mi sono orientato verso
un’attività che desse particolare importanza alla relazione con la persona.
Da ragazzo ho iniziato a lavorare
come attrezzista ed ero soddisfatto.
Intorno ai venticinque anni è nato in
me il desiderio di svolgere una professione che fosse maggiormente
rivolta al sociale. Ho intrapreso degli
studi che mi hanno condotto al conseguimento della qualifica di operatore
di comunità. La perdita successiva
della vista, in seguito ad una retinite
bilaterale, mi ha indotto a ripensare
nuovamente la mia attività lavorativa.
Si sono prospettate due possibilità:
andare a Firenze per frequentare il
corso di fisioterapia per ciechi o scegliere un’altra via come poi ho effettivamente fatto».
- Quali tipi di corsi ha frequentato
per apprendere la tecnica necessaria?
«Nel 2001 ho frequentato a Milano
un corso intensivo promosso dalla
Regione ed organizzato dall’Accademia Italiana Shiatsu-do riservato ai
disabili visivi e non che mi ha consentito di ottenere il diploma di operatore
shiatsu. Successivamente ho frequentato dei corsi di aggiornamento».
N. 59 - OTTOBRE 2008
- Come si definisce lo shiatsu?
«Lo shiatsu è una digito pressione
eseguita al fine di raggiungere un
naturale processo di autoguarigione
connesso al generale miglioramento
della vitalità. Genera una miglior
qualità della vita qualsiasi sia l’età,
la condizione e lo stato di benessere/disagio dei soggetti coinvolti».
- Lo shiatsu in Italia è considerato
un rimedio medico?
«No, non c’è alcun riconoscimento
in questo senso. Lo shiatsu non è una
terapia alternativa, non è una medicina
non convenzionale, non è un massaggio terapeutico, sportivo od estetico».
- Come si svolge in pratica il trattamento?
«Da subito cerco di creare le condizioni ottimali perché la persona che si
sottopone al trattamento si senta il più
possibile a proprio agio. Un elemento
che per alcuni favorisce ulteriormente
la propria tranquillità è costituito dal
fatto che, di norma, non è necessario
che la persona tolga i propri abiti. E’
sufficiente indossare vestiti che non
creino costrizioni.
Generalmente i trattamenti shiatsu
avvengono su specifici materassini
posti al suolo. Personalmente ho scelto di effettuare i trattamenti utilizzando un lettino su cui ci si può sdraiare
comodamente».
- Quali sono le maggiori difficoltà
che ha incontrato nella sua esperienza?
«È importante utilizzare al meglio la
propria sensibilità per creare un’intesa
fra l’operatore e la persona seguita, fra
ciò che la persona desidera e quello
che si è pronti a dare. Trovare un equilibrio in questo senso è davvero impegnativo ma altrettanto gratificante».
- E le maggiori soddisfazioni?
«Sono soddisfatto nel momento in
cui capisco che la persona coinvolta
nei trattamenti ha tratto del beneficio.
Ritengo che sia fondamentale cercare di aiutare gli altri a raggiungere un
equilibrio psico-fisico che consenta
loro di meglio affrontare la vita di
tutti i giorni».
- Esiste al momento un albo di
operatori shiatsu?
«Per il momento no. Non esiste uno
specifico albo professionale. In teoria
chiunque potrebbe improvvisarsi
come operatore di trattamenti shiatsu.
La Regione Lombardia rilascia degli
attestati. Questo rappresenta sicuramente un buon segnale che fa sperare
N. 59 - OTTOBRE 2008
in una prossima regolamentazione del
settore».
- Pensa che lo shiatsu possa rappresentare uno sbocco professionale
adatto per i disabili visivi?
«Certamente, una maggiore sensibilità tattile, prerogativa di chi soffre di
problemi alla vista, può rappresentare
sicuramente un vantaggio. Rimane
comunque ferma la necessità che l’operatore in prima persona dimostri buone
condizioni fisiche e una giusta disciplina mentale e comportamentale».
- A suo parere potrebbe essere
auspicabile un inserimento lavorativo preferenziale per minorati
della vista che svolgono la sua professione?
«Questa eventualità rappresenterebbe un grande passo in avanti per aiutare un numero crescente di disabili
visivi che ne abbiano la capacità e la
predisposizione a entrare stabilmente
nel mondo del lavoro. Punto irrinunciabile a tutela degli utenti e delle
professionalità più valide sarebbe
comunque la predisposizione di
prove di esame con inserimento in
particolari liste che legittimano
all’assunzione attraverso la struttura
del collocamento».
- Questo tipo di corsia preferenziale dove sarebbe a suo parere
maggiormente praticabile?
«Le strutture ospedaliere rappresenterebbero sicuramente una via di
ingresso privilegiata per uno sbocco
lavorativo di questo genere. Per quel
che mi risulta sono in corso alcuni
esperimenti in tal senso nell’area del
milanese. Non è neppure da sottovalutare l’importanza che anche alcune
strutture private come le palestre e i
centri benessere potrebbero apportare
per l’affermarsi di una nuova figura
professionale come l’operatore shiatsu. Per chi come me preferisce gestire in maniera molto personale il rapporto con i clienti rimane primaria la
scelta di lavorare come libero professionista. L’esempio della Cina in cui
gli operatori shiatsu non vedenti sono
privilegiati dal punto di vista delle
assunzioni potrebbe essere molto
significativo per l’adozione di misure
simili anche in Italia».
- Se la sente di tirare le somme
dell’attività finora svolta e di lanciare un messaggio di speranza a
tutti i nostri lettori?
«Il mio personale bilancio è decisamente positivo. Nel corso di questi
anni mi sono notevolmente arricchito
sia dal punto di vista esperienziale che
da quello umano.
Il contatto costante e non superficiale
con le persone mi ha fatto crescere
notevolmente, stimolandomi spesso ad
effettuare cambiamenti ed adattamenti.
Si tratta certamente di una professione impegnativa ed estremamente
“variabile”, almeno tanto quanto le
persone che sinora ho incontrato.
Insomma non c’è davvero il tempo di
annoiarsi.
Mi sento di esprimere un messaggio
di speranza dettato dalla possibilità di
cambiamento presente in ciascuno di
noi che ci consente di affrontare e
spesso “ribaltare” anche situazioni di
stallo prolungate o periodi di grosse
fatiche e sofferenze.
L’incontro positivo con l’altro ci
migliora e ci trasforma sempre».
Davide Orazi
LO SHIATSU E I DISABILI VISIVI
Un rapporto in evoluzione
In Italia non esiste una specifica normativa che consenta agli operatori shiatsu con disabilità
visiva di accedere in via preferenziale a incarichi lavorativi all’interno delle strutture sanitarie.
Per arrivare a un risultato di questa portata necessiterebbe sia una modifica normativa relativa alle leggi nell’ambito del collocamento mirato, sia una regolamentazione più specifica di questa disciplina. E’ la stessa natura dello shiatsu a non permettere un’assimilazione all’interno del
campo clinico. Ciò infatti sarebbe incompatibile con la visione occidentale della medicina e porterebbe a un inutile appesantimento dal punto di vista burocratico. Una esplicita regolamentazione dello shiatsu come specifica disciplina potrebbe invece portare a una maggiore garanzia
per tutti coloro che si rivolgono a questo rimedio con l’aspettativa di trarne beneficio. In passato percorsi professionali sono stati riservati a disabili ma ancora molto resta da fare.
Chi fosse interessato a ricevere informazioni più dettagliate può contattare Antonio Pellizzaro
al numero 0331/958003.
D. O.
LISDHA NEWS - 21
ESPERIENZE
Quando l’arte cambia la vita…
LA POESIA DEI MIRACOLI
Stefano Busti, quarantenne di Cunardo, colpito da sclerosi multipla a metà degli anni
Ottanta, ha scoperto nella poesia un prezioso strumento di espressione e comunicazione mediante il quale ha trovato anche l’amore. Oggi, pur nelle difficoltà causate
dalla malattia, è sereno grazie anche alla delicata ma solida presenza di Simona, la
sua ragazza.
P
oesia deriva dal verbo greco
“poiein” che significa “fare”.
Essa è l’arte di esprimere in
versi esperienze, idee, emozioni,
fantasie. Ma è anche la capacità di
muovere l’animo umano e di suscitare negli altri emozioni e fantasie
diverse. E’ un linguaggio universale
molto peculiare perché chi legge
può abbandonarsi ai versi interpretandoli liberamente, facendoli propri, aderenti al proprio vissuto, caricandoli di significati personali. La
poesia è magia: trasfigura la realtà
di chi scrive ed è sogno per chi viaggia con il cuore, grazie alla graffiante dolcezza di una sequenza di parole scelte o sgorgate spontaneamente.
E’ un “fare” mediante parole. In
questo senso, la poesia è anche tera22 - LISDHA NEWS
pia: valvola di sfogo, sublime evasione da una realtà a volte troppo
cruda.
- Sono contenta di poterti intervistare, Stefano. So che sei affetto
da sclerosi multipla ma non molto
di più… quando te ne sei accorto?
«La malattia si è stranamente
manifestata molto presto quando
ero adolescente. Frequentavo la
seconda ragioneria a Luino e stavo
bene. Poi, all’improvviso, verso la
fine del mese di novembre del 1983,
ho avuto una gastroenterite ed altri
disturbi quali febbre, vertigini, stanchezza, diplopia (sdoppiamento
della vista), vomito. Sono rimasto
circa un mese a letto, curato da mio
papà, all’epoca medico-chirurgo
presso l’ospedale di Cittiglio. Come
spesso accade, i sintomi iniziali di
questa malattia non erano specifici e
quindi la diagnosi risultava particolarmente complicata».
- Poi, cosa è successo?
«Un collega neurologo interpellato
da mio padre, sulla base dei soli sintomi riferiti, aveva avanzato l’ipotesi che si potesse trattare di sclerosi a
placche. Tuttavia, a fine dicembre,
mi sentivo abbastanza bene, quindi
mi sono alzato dal letto e sono tornato a scuola. All’epoca, questa
malattia era poco conosciuta, i miei
sintomi erano gli stessi di altre patologie ed io personalmente non avevo
dato molto peso a quella diagnosi…»
N. 59 - OTTOBRE 2008
- La conferma quando ti è giunta?
«Nell’85 sono stato ricoverato
presso il reparto di neurologia dell’ospedale di Gallarate per effettuare un accertamento diagnostico. Mi
hanno praticato la lombare e la tac:
i risultati, però, erano contrastanti.
In seguito, per fare chiarezza, sono
stato sottoposto a risonanza magnetica presso la clinica privata S. Pio
X a Milano. Il referto cartaceo che
mi è giunto a casa, confermava, purtroppo, la presenza della malattia».
- Come è stato l’impatto?
«Lì per lì, non mi sono disperato.
A quel tempo, mi sentivo bene,
non avevo mai avuto occasione di
fare esperienza di questa malattia
attraverso l’incontro con altri malati
e non mi sono troppo preoccupato
delle conseguenze. Nei dieci anni
successivi, però, c’è stato un notevole peggioramento e nel 1994,
superata la mia forte avversità per la
sedia a rotelle grazie all’intervento
della mia prima ragazza, ho accettato di usare la carrozzina. Tuttavia,
ancora oggi, non sono del tutto
paralizzato: muovo le mani e le
braccia abbastanza bene e riesco a
stare in piedi appoggiandomi a persone o aggrappandomi ad oggetti».
- E a scuola, con gli amici?
«Per fortuna, all’inizio, la malattia
non era così evidente, né così invalidante. I miei genitori sono stati
molto presenti e mi hanno sempre
aiutato. Però, nel pieno dell’adolescenza, la consapevolezza di essere
ammalato - che riaffiorava nonostante i tentativi di rimozione - ha
certamente pesato. La tristezza che
mi assaliva, il bisogno di essere
apprezzato e di dimostrare che valevo, il desiderio frustrato di vivere
una storia d’amore, hanno trovato
nella poesia un balsamo prodigioso».
- E’ dunque in quel periodo che
hai iniziato a comporre poesie?
«Ho incominciato per gioco con
un mio compagno di classe: abbiamo scritto una frase per ciascuno e
poi per compito a casa ci siamo
impegnati a scrivere una poesia. E’
così che, nell’aprile del 1984, è nata
la mia prima poesia: “Luce del
buio”».
LUCE DEL BUIO
“Uno squarcio di luce irraggiungibile…
Una volontà inesistente…
E penso a colui che mai sarò”
N. 59 - OTTOBRE 2008
- Decisamente incisiva e sintetica, anche se oggi non mi pare che
tu non sia determinato…
«Il carattere si è rafforzato nel
tempo, anche se sono sempre stato
testardo. Nello stile, mi ha profondamente influenzato il movimento
dell’ermetismo ed in particolare
Ungaretti. Ad oggi, sono state pubblicate ben cinque raccolte di poesie: “l’Arcolbaleno” 1987- “Il silenzio attorno” 1989- “La porta dei
sogni” 1992- “Il vento tra i rami”
1993 ed “In fondo al cuore di quest’uomo” nel 2004. Nel 2003, ho
anche inciso un Cd intitolato
“Femmina Italiana”che raccoglie
alcune mie canzoni. Ho avuto anche
l’opportunità di realizzare una decina di spettacoli a Varese e dintorni
nei quali alla recitazione di miei
componimenti da parte di attori si
alternava l’interpretazione delle mie
canzoni. Oltre naturalmente alla mia
famiglia, devo ringraziare, in particolare, alcuni miei preziosi collaboratori: le cantanti Anna Borriello e
Lilli Gregori, gli arrangiatori
Riccardo Bricchi e Sante Palumbo e
l’attrice di Cunardo Silvia Sartorio.
Nel 1989 ho scritto, poi, una sceneggiatura per un film dal titolo “Io
con le ragazze ho sempre avuto i
miei problemi” che, in futuro, spero
di poter vedere rappresentata,
anche, previo adattamento, sul palcoscenico di un teatro».
- Invece, ad un certo punto,
l’amore è arrivato…
«Sembra una fiaba… nel 2000,
sono stato invitato per un’intervista
presso la scuola media di Cunardo.
Oltre alla pubblicazione di un articolo che mi riguardava sul giornalino della scuola, ho avuto l’immenso
privilegio di vedere la mia vita e le
mie opere inserite nel programma
degli esami di terza media. Ma non
è tutto! Durante l’incontro con insegnanti ed alunni, ho conosciuto
Simona… Si era trasferita a
Cunardo da Gallipoli in seguito alla
prima nomina nella scuola per l’anno 1999/2000.
Tornata nella sua città per le
vacanze estive, mi ha scritto una
cartolina che lasciava trasparire,
senza ombra di dubbio, il suo interesse per me. Ci siamo sentiti per
telefono e con l’inizio del successivo anno scolastico, sono andato a
trovarla nella sua abitazione di
Cunardo.
Verso la fine di settembre, ci siamo
fidanzati ed eccoci qui, dopo otto
anni, ancora insieme».
UN CORPO DI DONNA
“Scontato
paragonare un corpo di donna
al sottile segreto
che cela un sogno
Anche banale
forse
sognare di sfiorarle le labbra
con le tue
Che cos’è?
Spaventa
forse
Sembra la voglia
di trovare un po’ di luce
che ti riscaldi un istante
così freddo
Sembra
Sembra il silenzio
Ed è più bello del buio
Poi
quando ti tende le braccia
scoprendo i suoi sogni
Non hai più voglia
neanche
di parlare
Un lago alpino
non ti spaventa di più
Un lago alpino
non ti affascina di più
E gli occhi
Quegli occhi
che incastonano un viso
di diamante
E ogni volta sorprende di più
No
Un paragone non ha senso
di esistere
Un fiore
non è un corpo di donna
Ma un corpo di donna si
Lui può
essere un fiore
Il fiore più strano
Il fiore più bello
che in un giardino vive
Il tramonto più rosso
non dirà mai
le frasi che sussurra
il corpo di una donna
Un mondo di segreti
che non lasciano il tempo
di respirare
Che non
lasciano il tempo
neanche di ringraziare
Solo amare
Amare
E la nebbia
non fa più paura
E le parole
tremano un po’
E poi
Quelle gambe
Non le avevi viste mai
così vicine”
Stefano Busti
LISDHA NEWS - 23
- Simona, cosa ti ha colpito di
Stefano?
« Le sue battute, come si rapportava con gli altri. Sono stata attratta da
lui fin dal primo incontro a scuola.
La carrozzina, su cui già allora era
costretto, non l’ho mai nemmeno
considerata: era come se non ci
fosse. E’ incredibile, ma ho sempre
pensato ad un ragazzo così… e l’ho
trovato!»
- Stefano, come trascorri la giornata?
«Alla mattina mi reco all’ospedale
di Cittiglio dove sono impiegato
presso l’ufficio cartelle cliniche. Per
fortuna, posso ancora guidare in
autonomia l’automobile; ho solo
necessità di qualcuno che mi aiuti a
salire e scendere dal mezzo ed a
riporvi e prelevare la carrozzina.
Nel pomeriggio, al termine del
lavoro, mi reco direttamente in auto
a prendere Simona a casa ed insieme facciamo delle piccole gite. Se il
tempo lo consente, ci rechiamo a
Grantola o a Gavirate dove ci sono
delle belle piste ciclabili; d’inverno,
frequentiamo i centri commerciali
di Cuvio, Gavirate e Cocquio
Trevisago. Mi piace anche leggere e
guardare dei buoni film. Sia io che
Simona ci troviamo molto bene al
lavoro ed abbiamo intrecciato ottime relazioni amicali. Inoltre, ho la
fortuna di avere una bellissima e
grande famiglia: per ora, infatti,
vivo ancora con i miei genitori e
mia nonna materna; sotto di
noi abita mio fratello minore
Gianmarco che ha due belle bambine Cecilia e Maddalena. L’altro mio
fratello, Alessandro, che ha una
bimba di nome Valentina, abita a
Milano, ma viene spesso a trovarci.
Insomma, non si può proprio dire
che io soffra di solitudine».
- Quale è il tuo attuale stato di
salute?
«In realtà, non ho dolori, la vista è
buona e la memoria anche. Solo,
non riesco a camminare ed ho qualche difficoltà a muovere gli arti
superiori anche a causa del tremore
che aumenta, in special modo,
quando decido di compiere un
gesto: si tratta del “tremore intenzionale”. Ti sembrerà incredibile,
ma non assumo nessun farmaco. Il
decorso della malattia, ora, sembra,
per fortuna, quasi invisibile… certo,
sono arrabbiato: non riesco a camminare e non capisco il perché di
quanto mi è accaduto! So che Dio
c’è, cerco le risposte, ma non le
trovo… anch’io, come Ungaretti,
bramo Dio».
- Fisioterapia?
«Da due anni, una volta alla settimana, mi reco a Varese, presso il
24 - LISDHA NEWS
centro Olos di viale Aguggiari e
pratico feldenkrais, una ginnastica
dolce dalla quale traggo rilevanti
benefici. Per fortuna, grazie al fatto
che sono socio dell’Aism (associazione italiana sclerosi multipla) con
la quale il centro è convenzionato,
sostengo unicamente un terzo del
costo del corso».
- A chi si deve rivolgere chi desiderasse acquistare un tuo libro?
«Purtroppo, per ora, i miei libri
non si trovano nelle comuni librerie.
Pertanto, chi desiderasse acquistarne uno, può tranquillamente
telefonare al seguente cellulare:
335/6841331, oppure recarsi a
Varese nella gioielleria “Cose preziose” presso il centro commerciale “Le
Corti” dove vengono distribuiti».
Salutiamo e ringraziamo per la
disponibilità Stefano e Simona ai
quali facciamo i nostri più affettuosi auguri per un futuro davvero speciale, ricco di amore e di poesia!
Maria Cristina Gallicchio
N. 59 - OTTOBRE 2008
MOBILITÀ
Manca un'informazione corretta
COSA CERCA
IL TURISTA DISABILE
Non bastano le guide create faticosamente dalle associazioni per dare al turista indicazioni sull'accessibilità, occorre che siano i normali opuscoli "turistici" stampati
dagli enti locali a riportare queste informazioni.
A
bbiamo provato a fingerci
"turisti in carrozzina" arrivati
a visitare la città di Varese.
Ci siamo quindi rivolti all'ufficio
Informazioni e Accoglienza Turistica
(quello che in tutte le città è identificato con una grossa i minuscola). A
Varese si trova in pieno centro nello
stabile della Camera di Commercio
ed è raggiungibile solamente superando una scala di ben 12 gradini;
infatti non esiste ascensore o servoscala.
C'è un'impiegata e, su un espositore, una quantità di depliant che
decantano le bellezze dei diversi
luoghi di interesse (castelli, musei,
parchi, ecc..) della città o situati
nelle varie località del Varesotto.
Naturalmente vi sono indicazioni di
orari e del come raggiungere questi
luoghi: nulla invece è dato di sapere
circa la possibilità effettiva di accesso da parte di persone con difficoltà
di deambulazione.
Nel caso specifico esiste la Guida
all'accessibilità "Varese per tutti"
edita meritoriamente dal Cesvov
(Centro di Servizi per il Volontariato
della provincia di Varese) ma questa
non fornisce quanto è necessario: sia
per l'incompleta elencazione dei
posti visitabili, sia per l'informazione che è ridotta, come avviene per le
guide di altre città, a semplici sim-
N. 59 - OTTOBRE 2008
bolini "semaforici".
Ora, chi vive il mondo della disabilità sa per certo che esistono svariate forme di handicap; ci sono i disabili "fisici" con situazioni molto
diverse: da chi si serve di stampelle
a chi si serve di carrozzina manuale
o addirittura elettrica; ci sono i disabili sensoriali, in particolare i ciechi
e i non vedenti con tutt'altre necessità.
Riteniamo che debba essere l'ente
pubblico, cioè il Comune o la
Provincia, o gli enti che si occupano
di promuovere la conoscenza dei
luoghi di interesse ad inserire nelle
proprie pubblicazioni le informazioni quanto più dettagliate circa l'accessibilità. Starà poi al disabile
valutare l'effettiva possibilità di
accedere alla struttura in base alle
proprie limitazioni e alle proprie
possibilità di essere accompagnato o
meno.
Certamente l'interessato conoscerà
peso e dimensioni del proprio
mezzo di locomozione per valutare
se l'ampiezza delle porte "critiche" è
sufficiente o se la portata del servoscala ne consente l'imbarco (una
persona in carrozzina elettrica può
arrivare anche a 200 kg). Sarebbe
sufficiente che, al termine della
descrizione delle bellezze e dei
valori storici del sito di cui viene
proposta la visita, venissero aggiunte tali informazioni.
Certo, è importante la valutazione
oggettiva dell'accessibilità basandosi soprattutto sul Dm-236/89 e non
sul giudizio di una singola persona
sia pure disabile. Il Dm è già il risultato, certamente migliorabile, dei
giudizi espressi da diverse associazioni di disabili.
Occorre quindi fare opera di persuasione nei confronti di chi pubblica gli opuscoli o i pieghevoli turistici affinché vengano inserite le informazioni necessarie al disabile.
Le risorse economiche degli Enti
consentono di emettere più edizioni
aggiornate nell'arco del tempo, cosa
che non sempre è possibile se a pubblicare una guida cartacea si fa carico un singolo gruppo associativo.
L'eventuale presenza del sito internet corrispondente alla guida consente certo di pubblicare informazioni aggiornabili ma è anche vero
che non sono molti gli utilizzatori di
sistemi informatici e neppure molti
quelli che si organizzano in anticipo
la visita turistica, passo passo, di
una città. Molti trovano più agevole
consultare i depliant, data la loro
ampia diffusione e possibilità di
conservazione, e decidere quindi al
momento dove andare.
Bruno Biasci
LISDHA NEWS - 25
MOBILITÀ
Intervista al presidente nazionale Anglat Claudio Puppo
MOBILITÀ FRENATA
L'Anglat da 25 anni si batte per garantire il diritto alla mobilità dei disabili . "Nel settore dei trasporto privato abbiamo le migliori norme a livello europeo, ma il trasporto
pubblico è decisamente carente. Molto resta da fare, anche in ambito turistico: in
Italia oltre 6 milioni di persone con disabilità e circa 8 milioni di familiari e amici ogni
anno rinunciano a trascorrere una vacanza, in quanto non ricevono informazioni precise sull’accessibilità e sui servizi delle strutture turistico-ricettive."
P
uò aiutarci a presentare
l’Anglat a chi ancora non la
conosce? Di cosa vi occupate
esattamente?
«Innanzi tutto, la voglio ringraziare
dell’opportunità che ci dà di poter
ancora una volta parlare di Anglat.
Come recita la nostra presentazione
ufficiale, l'Anglat (Associazione
Nazionale Guida Legislazione
Andicappati Trasporti) è stata fondata
nel 1981 quale Associazione di categoria con lo scopo fondamentale di
migliorare, relativamente ai trasporti,
le normative in vigore onde consentire a tutte le persone disabili di poter
fruire del diritto alla mobilità che è
sinonimo di autonomia e di libertà.
A questo scopo l’Associazione si
preoccupa di intessere un rete di rapporti con istituzioni e altri enti per far
udire la propria voce in vista di un
lavoro estremamente concreto. Per
questo Anglat fa parte di numerose
importanti realtà, per esempio la
Consulta Nazionale per l'Handicap
istituita dal Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali».
26 - LISDHA NEWS
- Quali risultati avete ottenuto in
termini legislativi in questi anni?
«Molte leggi vigenti, sia a livello
nazionale che locale, sono (anche)
frutto del nostro lavoro: normative
quali il contrassegno invalidi, le leggi
sui benefici fiscali, sulle patenti di
guida anche per coloro che sono
affetti da grave difficoltà motoria, che
riguarda due o più arti; sulla patente
per la guida di motoveicoli e motocicli. Siamo consci che una piccola percentuale di persone affette da gravi
disabilità non ha ancora ottenuto la
possibilità di guidare in autonomia un
veicolo… ma il lavoro dell’Anglat
non è ancora finito e speriamo che a
breve questo divario possa essere colmato».
- Ricevete l’attenzione sperata da
parte delle istituzioni e dello Stato?
In che misura?
«L’attenzione che i Governi e i funzionari ministeriali hanno riservato
all’Anglat è sempre stata molto positiva, anche se le nostre proposte e
richieste non hanno avuto sempre lo
stesso successo.
Ad esempio il Garante della Privacy
sta creando diversi problemi ai cittadini disabili italiani. Infatti con l’en-
Il presidente dell'Anglat Claudio Puppo
N. 59 - OTTOBRE 2008
trata in vigore del Dl 196/2003 (e
precisamente l’art. 74), l’Italia ha
imboccato una strada opposta rispetto
al consiglio dell’Unione Europea che
tende a unificare in tutti gli stati
membri l’aspetto del contrassegno
invalidi. Infatti il citato articolo 74
impone che sui contrassegni non
compaia alcun logo, simbolo o parola
che possa far riferimento a una invalidità. Ciò in realtà danneggia il diritto
di mobilità dei cittadini italiani, sia
che si muovano all’interno del nostro
Paese che in Europa. L’Anglat e tutte
le associazioni di categoria si stanno
battendo su questo fronte. Per il resto,
come ho detto, è anche grazie all’attenzione e volontà di alcuni politici e
funzionari che, nel settore del trasporto privato, abbiamo le migliori norme
a livello europeo».
- Un obiettivo particolarmente
sentito per la vostra Associazione
riguarda i mezzi pubblici: come
agisce l’Anglat in questo campo?
«Come ben sappiamo, la mobilità è
alla base di ogni attività, cioè non
basta avere una casa accessibile, un
lavoro (accessibile), fare dell’attività
sportiva o ludica, se non abbiamo un
mezzo di trasporto che ci permetta di
collegare una struttura con l’altra.
Tramite un nostro recente censimento nazionale sul trasporto pubblico
abbiamo dimostrato che il servizio (a
eccezione di quello aereo) è insufficiente e inadeguato».
- Rimane l’alternativa dell’automobile con adattamento di guida.
«In effetti al momento solo il proprio veicolo garantisce la massima
mobilità, sia che la persona disabile
guidi direttamente, sia che venga trasportata.
Proprio per questo motivo siamo
impegnati nella ricerca di soluzioni
tecniche capaci di dare precise risposte alle disabilità motorie gravi (quali
tetraplegia, sclerosi multipla, distrofia, focomelia grave, ecc.). Da un lato
forniamo supporto alle principali
ditte che elaborano e installano ausili
di guida e trasporto, dall’altro cerchiamo di suggerire costantemente al
Governo e ai Ministeri competenti
normative che possano recepire dette
soluzioni tecniche, sempre nel massimo rispetto della sicurezza. Tra l’altro, secondo le indicazioni fornite da
alcune compagnie assicurative, pare
che i titolari di patente di guida speciale abbiano in media il 60% di sinistri in meno rispetto ai patentati normodotati.
La nostra collaborazione con le case
N. 59 - OTTOBRE 2008
automobilistiche esiste da oltre un
ventennio, in particolare con Fiat
Autonomy,
con
il
Gruppo
Volkswagen, con Renault, Nissan,
Peugeot, Opel ecc. Operiamo anche
congiuntamente a compagnie di autonoleggio, del settore ricambi auto, del
ramo assicurativo e bancario».
PIÙ FACILE VOLARE
PER DISABILI E ANZIANI
- Oltre all’attività di carattere
legislativo, però, l’Anglat è impegnata anche sul piano della mobilità in ambito turistico…
«È esatto. Parallelamente ai progetti
in campo istituzionale l’Anglat ha
elaborato il progetto chiamato
“Vacanza Facile”, in collaborazione
con l’Astoi (Associazione Tour
Operator Italiani) e con molti tour
operator. Il progetto è partito dalla
constatazione che in Italia oltre 6
milioni di persone con disabilità e
circa 8 milioni di familiari e amici
ogni anno rinunciano a trascorrere
una vacanza, in quanto non ricevono
informazioni precise sull’accessibilità e sui servizi esistenti delle strutture
turistico-ricettive, in modo da sentirsi
certi che sia loro garantita la giusta
autonomia e mobilità nella località
dove vorrebbero recarsi.
Ci siamo resi conto che il primo problema per la persona diversamente
abile non è tanto (in prima fase) la
presenza di strutture adatte, ma la
possibilità di informarsi agevolmente
sul grado di accessibilità e sull’offerta dei servizi esistenti: questi dati
molto spesso sono trascurati o distorti, raramente divulgati con correttezza
e serietà sulle brochure promozionali
o sui siti internet.
Inoltre abbiamo riscontrato che
molto spesso, là dove compare il simbolo internazionale sull’accessibilità
(il famoso “omino in carrozzina”), di
fatto la struttura non risponde realmente ai requisiti di legge, e si corre
Non c’è più posto per la discriminazione nei
cieli europei: abbattere le barriere di accesso
per i disabili diventa obbligatorio anche in
volo. Lo stabilisce il regolamento europeo n.
1107/2006 entrato completamente in vigore
dal 26 luglio 2008. A godere di maggiori tutele sono i disabili e le persone anziane, in pratica “qualsiasi persona la cui mobilità sia
ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di
qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o motoria, temporanea o permanente) o intellettiva,
per ragioni di età”.
Il principio di base è che nessuno si può rifiutare di accettare una prenotazione o di
imbarcare un passeggero a causa della sua
situazione psico-fisica. Anche se, per ragioni
di sicurezza è comunque possibile porre dei
limiti: in questo caso il vettore aereo (il suo
agente o l’operatore turistico) dovrà proporre
un’alternativa o il diritto al rimborso, sia alla
persona disabile, sia al suo accompagnatore;
il passeggero inoltre dovrà essere informato
per tempo, comunicando anche le motivazioni del rifiuto.
Al disabile dovranno essere garantite:
- l’assistenza gratuita dal punto di arrivo fino
al posto a sedere sull’aeromobile e viceversa;
- chiare indicazioni in relazione ai punti di
arrivo a partenza;
- possibilità, su richiesta, di garantire l’accompagnamento da parte dell’assistente
personale del disabile (compreso sbarco e
imbarco) e di cani guida riconosciuti (previo
preavviso di 48 ore e limitatamente allo spazio disponibile a bordo dell’aeromobile);
- predisposizione di attrezzature per la mobilità (sedie a rotelle elettriche o elevatori).
Gli indirizzi di riferimento a cui inviare eventuali reclami si possono trovare sul sito
www.enac-italia.it/Reg1107-2006/contatti.htm.
In vigore dal 26 luglio
il regolamento che
abbatte le barriere
LISDHA NEWS - 27
il rischio di porre il disabile di fronte
a un disservizio che si traduce in un
forte disagio.
Per tutte queste ragioni l’Anglat ha
sottoscritto un protocollo d’intesa che
prevede la verifica dell’accessibilità
delle strutture turistiche proposte dai
vari tour operator. Nella pratica, compiamo verifiche in loco volte a raccogliere tutte le informazioni utili alla
persona disabile (contemplando tutte
le variegate forme di disabilità); stendiamo per ogni struttura indicata dai
nostri numerosi partner un documento cartaceo di oltre 20 pagine, che
risponde a oltre 2.000 domande e
misurazioni e un documento fotografico (contenente 150-200 immagini),
in modo da evidenziare l'accessibilità
o viceversa le possibili barriere presenti nella struttura turistica scelta.
Ciò implica anche una valutazione
di elementi per così dire collaterali
come il servizio in aereo (là dove
occorre), le procedure di sbarco, la
struttura aeroportuale, il transfert da e
per l’aeroporto, oltre che la verifica di
tutte le aree comuni dell’hotel o villaggio.
Questi documenti sono a disposizione delle agenzie di viaggi. In questo
modo tutti i tour operator aderenti al
progetto sono in grado a fornire un
servizio realmente adatto ai clienti
con disabilità.
Naturalmente anche il cittadino
disabile deve trovare le condizioni per
poter essere compreso al momento di
comunicare all’agente di viaggi informazioni corrette sulle proprie difficoltà, sul grado di autonomia e sulle
necessità. Per agevolare questo tipo
di comunicazione, Anglat sta collaborando attivamente con un istituto
scientifico, con diversi network del
settore turistico e con le associazioni
e federazioni di categoria relativamente alla formazione del personale
delle agenzie di viaggio.
Inoltre occorre segnalare che
l’Anglat si avvale dell’opera di
volontari che collaborano attivamente
con le oltre 50 sedi presenti in tutte le
regioni italiane e possono coadiuvare
nell’ottimizzazione di tutti i servizi
citati».
- Riassumendo, come si deve comportare la persona disabile (o un
suo famigliare) che decide di usufruire del progetto Vacanza Facile?
«L’utente può in primo luogo verificare sul sito dell’Anglat quali sono i
tour operator che hanno sottoscritto il
progetto “Vacanza Facile”. Poi potrà
selezionare una destinazione di
vacanza e verificare l’accessibilità
28 - LISDHA NEWS
delle strutture; infine, recandosi presso l'agenzia di viaggi di fiducia, potrà
domandare quali strutture ricettive
sono state verificate dalla nostra
Associazione e richiedere la scheda
informativa sul grado di accessibilità».
- Parliamo degli utenti: chi si
rivolge alla vostra Associazione?
«Attualmente l’Anglat conta oltre
45.000 iscritti appartenenti a una
fascia di età molto ampia, dalla prima
infanzia alla terza età. Si tratta di cittadini affetti da patologie invalidanti
di vario tipo: disabilità motoria, sensoriale, psichica o di altra natura
come particolari allergie, necessità di
dialisi... Chiunque sia direttamente
interessato alle problematiche della
mobilità e del turismo accessibile può
iscriversi all’Associazione».
- Una volta iscritto, si può dire che il
socio acquisisce diritto a dei servizi?
«In realtà è un po’ improprio porre
la questione in questi termini: noi non
basiamo l’attività dell’Anglat su
aspetti di mercato o economici, ma
sulla promozione della massima
mobilità dei cittadini disabili, oltre
che vigilare sulla corretta applicazione della normativa. Esistono alcune
convenzioni economiche per i soci
Anglat, ma questo è un aspetto secondario del nostro lavoro».
- L’Associazione ha dato vita alla
rivista Quattro + Quattro. Che profilo ha questa pubblicazione?
«Questa rivista è nata e viene gestita grazie all’Editore Ventura, e
l’Anglat ne acquista regolarmente
alcune pagine insieme con la Fisaps.
Abbiamo deciso di non realizzare una
pubblicazione troppo “tecnica” (già
altri periodici si occupano egregiamente degli aspetti più specifici), ma
di dare piuttosto un’impronta discorsiva: vengono presentati ai soci e a
tutti i lettori alcuni eventi, segnalati
convegni e notizie di interesse, ripor-
tati i programmi e le attività che
l’Associazione sta attuando. La versione on-line di Quattro + Quattro è
consultabile sul nostro sito internet».
- Ha appena citato la sigla
“Fisaps”: di cosa si tratta?
«Fisaps sta per “Federazione
Italiana Sport Automobilismo Patenti
Speciali”. L’Anglat, fin dalla sua
costituzione, si è sempre occupata
anche dell’aspetto sportivo del
mondo dei motori. Per questo ha
avviato la realtà parallela della
Fisaps, che oggi fa parte sia del Cip
(Comitato Italiano Paralimpico) che
della
Commissione
Sportiva
Automobilistica Italiana. Sono molti i
piloti disabili che corrono sui nostri
circuiti, sia in gare di settore che
assieme ai normodotati. Per lungo
tempo il presidente onorario è stato
l’amico Clay Regazzoni, scomparso
non molto tempo fa.
- Si può dire che oggi la situazione
riguardo alla mobilità per le persone disabili sia migliorata?
«Almeno in parte è così. Una dimostrazione semplice sta nel constatare
che cosa volesse dire nei primi anni
’80 (cioè quando è stata fondata
l’Anglat) conseguire una patente di
guida da parte di una persona disabile affetta da una patologia non “gravissima” (quale una polio, un’amputazione, una paraplegia). Allora si
trattava di un vero e proprio calvario
fatto di visite e prove di guida; inoltre
si potevano guidare solo alcuni
modelli che possedevano una cilindrata limitata. Oggi il conseguimento
della patente di guida, anche per patologie motorie gravi quali tetraplegia,
distrofia ecc. è considerato parte del
ciclo riabilitativo, e le procedure sono
standardizzate, più omogenee e più
semplici da avviare».
- L’Anglat in un’immagine.
«Il pensiero che anche grazie al
nostro impegno una persona vittima
di un incidente o di una malattia
possa conseguire una patente di
guida, che è sinonimo di massima
mobilità… è la più bella immagine
che Anglat possa dare di sé».
Cecilia Nono
Per ulteriori informazioni sull’Anglat
è possibile consultare il sito internet
www.anglat.it o contattare la sede nazionale
tel. 06/6140536, e-mail: [email protected]
N. 59 - OTTOBRE 2008
ASSISTENZA
IN ITALIA PIÙ BADANTI
CHE DIPENDENTI
DEL SERVIZIO SANITARIO
Ci sono 700 mila badanti a fronte di 670mila tra medici, infermieri e altri dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale.
L
e badanti che si prendono cura
dei 'nonni' italiani sono in 700
mila, mentre medici, infermieri e altri dipendenti in forza al
Servizio sanitario nazionale sono 670
mila, ovvero 30 mila in meno. Il dato,
che ha lasciato molti 'di stucco', è
stato diffuso nei mesi scorsi in un
confronto a Milano tra il centrodestra
e il centrosinistra sui programmi elettorali in campo sanitario e farmaceutico.
A raccontare il 'sorpasso' delle
badanti è Francesco Longo, direttore
del Centro di ricerche sulla gestione
dell'assistenza sanitaria e sociale
(Cergas) dell'Università Bocconi. Le
badanti al servizio delle 'tempie grigie' gravano sulle tasche delle famiglie italiane, che spendono, precisa
Longo, 7 miliardi l'anno. La questione che si pone - prosegue l'esperto - è
se fare rientrare questa spesa nel perimetro del Welfare, svincolandola
dalle spese sostenute dalle famiglie.
Per far questo ci sarebbero due strade: o aumentare la fiscalità generale
per finanziare il servizio, ma mi sembra chiaro che manchino le condizioni per farlo, o inserire una tassa di
scopo. In pratica, quello che fa la
Germania con un'imposta di spesa
dell'1 per cento del reddito lordo".
Ma anche se il Governo optasse per
una scelta simile, "si porrebbe il problema - precise Longo - della gestione del Fondo, o meglio se far sì che
sia ad appannaggio del Governo centrale o delle Regioni. In altri Paesi, in
genere, questi soldi vengono gestiti a
livello centrale. Secondo la nostra
legislazione, invece, la competenza
sembrerebbe spettare più alle
Regioni, ma ci si domanda se tutte
abbiano la capacità amministrativa
per assumere un compito di questo
tipo. E la domanda - conclude il direttore del Cergas - resta inevasa da tutti
gli schieramenti politici".
Fonte: Doctornews
CI PRENDIAMO CURA DI TE
Dalla Provincia di Milano un contributo
per pagare le badanti.
L
a provincia di Milano intende
sostenere i nuclei familiari che
devono far fronte a carichi di
cura e di assistenza, attraverso l'assunzione di un'assistente familiare, per
almeno 25 ore settimanali, con l'obiettivo di mantenere al domicilio il proprio congiunto anziano e/o disabile.
I destinatari del contributo provinciale sono le famiglie residenti nel territorio di Milano e provincia, il cui reddito Isee dell'assistito/datore di lavoro
non superi i 40.000 euro e non beneficino di altri sostegni economici già
previsti a favore della domiciliarità.
Ad essi la Provincia riconoscerà un
contributo pari a euro 0,50/h per il
monte ore regolarizzato e per la durata di un anno, se dimostreranno di
aver provveduto al pagamento dei
contributi Inps a favore della lavoratrice/assistente familiare.
Per raggiungere questo obiettivo la
Provincia ha stipulato accordi con i
Centri servizi di assistenza fiscale e le
Associazioni di categoria, che saranno disponibili ad accogliere e seguire
le domande dei cittadini per la regolarizzazione delle assistenti familiari,
applicando tariffe agevolate.
Per informazioni sul progetto:
Concetta Gugliotta tel. 02/7740.5142
Paolo Grassi tel. 02/7740.2790.
PAGARE IL GIUSTO
La campagna di sensibilizzazione promossa dalla Ledha.
P
er iniziativa della Ledha di
Milano, la "Lega per i diritti
delle persone con disabilità", ha
preso il via la campagna di sensibilizzazione "Pagare il giusto" finalizzata a far sì che i Comuni e i Piani di
zona richiedano alla persona disabile
il pagamento dei servizi solo in base
al suo reddito personale.
"Attualmente - sostengono i promoN. 59 - OTTOBRE 2008
tori dell'iniziativa - i Comuni, con
poche eccezioni, chiedono sempre
più soldi per l'accesso ai servizi
essenziali e molte famiglie e persone
disabili sono costrette a rinunciare a
servizi diurni e residenziali e ad
accollarsi gran parte del costo dell'assistenza".
Per informazioni sull'iniziativa è
possibile contattare la Ledha:
via Livigno 2, Milano - tel. 02/6570425,
[email protected]
www.informahandicap.it
LISDHA NEWS - 29
SEGNALAZIONI
ELOGIO (PER UNA VOLTA)
DELL’IMPERFEZIONE
Il documentario tedesco NoBody’s perfect mette in scena la storia di dodici sopravvissuti alla tragedia del talidomide che portò
cinquant’anni fa alla nascita di 10mila bambini malformati.
“
E
ro cieco o sordo o mi serviva
necessariamente la luce dell'infermità per vedere la mia vera
natura?". Le parole sono di un altro
film, ma potrebbero benissimo essere
state pronunciate in questo. Come
"Lo scafandro e la farfalla", anche
"NoBody's perfect", infatti, seppur
con un approccio e uno stile radicalmente diversi, pone lo spettatore di
fronte all'angoscioso tormento tipico
dell'uomo-postmoderno, inorridito
dall'imperfezione e dalla malattia.
Uscito recentemente nei cinema
tedeschi, il documentario, nato da una
coproduzione tra Palladio Film e
Westdeutscher Rundfunk (Wdr), fa
già abbondantemente parlare di sé
all'estero. La vicenda prende le mosse
da un tragico episodio di cronaca che
sconvolse la Germania e il mondo
intero alla fine degli anni '50,
quando cioè l'industria farmaceutica
Grünenthal mise in commercio il
famoso Contergan, medicinale destinato ad essere assunto come sedativo
La donna in dolce attesa della scultura è la
modella e artista inglese Alison Lapper resa
disabile dal talidomide
e anti-nausea da donne incinte. Le
caratteristiche del farmaco, più noto
con il nome del suo principio attivo, il
talidomide, non erano però state sufficientemente studiate e il risultato fu
che circa 10.000 bambini in tutta
Europa (5000 nella sola Repubblica
federale) nacquero con gravissime
malformazioni agli arti, alcuni di loro
addirittura senza braccia o senza
gambe. Solo nel 1961 il Contergan
venne ritirato dal mercato e l'impresa,
i cui vertici non furono tuttavia riconosciuti colpevoli nel processo istruito nei loro confronti, fu comunque
costretta al risarcimento delle vittime.
A cinquant'anni da quei fatti, il regista Niko von Glasow, anch'esso sfigurato dal talidomide, ha deciso di mettere in scena la storia di dodici
sopravvissuti, proponendo loro di
posare nudi per una mostra fotografica. Dalla realizzazione di questo insolito e provocatorio calendario erotico,
è nato un lungometraggio di circa 90
minuti che, in totale controtendenza
con le pellicole del genere, rinuncia
alla vocazione di reportage di inchiesta, preferendo invece svelare al
mondo l'estrema dignità di persone
che, pur menomate in parti fondamentali del proprio corpo, sono cionondimeno riuscite a dare un senso
alla propria vita e a trovare il modo
per gioirne.
Intervistato dal quotidiano Die Welt,
Von Glasow ha parlato della sua pellicola come di un messaggio sulla bellezza dell'imperfezione: "Durante
tutta la giornata io non mi sento affat-
to un portatore di handicap. – ha detto
con candore - Lo sono solo qualche
minuto al giorno... D'altronde quante
volte nella Sua giornata Lei riflette
sul fatto di essere una donna?". Con
lo stesso dissacrante umorismo e il
medesimo gusto per il politicamente
scorretto con cui in tale circostanza ha
risposto alla giornalista, Von Glasow
ha così dato voce alle vittime di un
errore umano caduto nel dimenticatoio, ormai chiuso nel cassetto dell'indifferenza: "Il pubblico ha finalmente
l'occasione per ridere in situazioni
che solitamente non lo permetterebbero", ha concluso Von Glasow, che
oltre alla regia ha voluto partecipare
al film come attore. Non si deve a
questo punto pensare che l'opera sia
un esercizio intellettuale per cinici
voyeuristi, che si compiacciono nel
vedere il prossimo in condizioni di
disagio e sofferenza.
Niente di tutto questo. Il film non
manca infatti di momenti di estrema
delicatezza, dedicati al racconto delle
insormontabili difficoltà affrontate
dai protagonisti durante la loro esistenza, dal bullismo a scuola, ai pregiudizi sul posto di lavoro, ai gesti di
scherno per strada.
Diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare di questi tempi, la tragedia del talidomide non ha insomma
ispirato un inno alle virtù taumaturgiche della scienza o alle sue velleità di
forgiare l'uomo sano, bensì un canto
sull'irriducibile naturalezza della
diversità.
Da L'Occidentale – Giovanni Boggero
A MADRID LA FIERA
INTERNAZIONALE SULL'ASSISTENZA
Si svolgerà dal 27 al 29 novembre.
S
i terrà a Madrid in Spagna dal
27 al 29 novembre Pro Care
Espana 2008, la Fiera internazionale dei prodotti e dei servizi per
l'assistenza professionale agli anziani
e ai disabili. L'assistenza professiona30 - LISDHA NEWS
le agli anziani e ai disabili sta acquisendo una sempre maggiore importanza sia come intervento in campo
sociale, sia come settore economico.
Il mercato della salute è in rapida
crescita in Europa, in particolare in
Spagna dove la percentuale degli
ultrasessantacinquenni raggiungerà
nel 2050 il 38 per cento della popolazione, anche per il fatto che molti
anziani provenienti dal nord dell’
Europa si trasferiscono in quel paese.
N. 59 - OTTOBRE 2008
LA VITA DA DENTRO
di Emanuela Giuliani
AMICI NELLA VITA,
AMICI PER LA VITA
“Dio crea gli amici,
Dio porta
l’amico all’amico”
(Platone)
Q
uest’estate mi è capitato di
leggere un libricino sull’amicizia, scritto da un monaco
benedettino tedesco (Anselm Grun,
“L’amicizia”, Queriniana). Poche
pagine ma intense.
Vi ho trovato diverse citazioni di
autori famosi, letterati, teologi, scrittori.
Una in particolare mi ha colpito:
“Solo a noi poveri che possediamo
poco o nulla è concesso godere pienamente della gioia dell’amicizia.
Non abbiamo altro che noi stessi.
Ed è questo che dobbiamo donare
completamente” (Goethe).
Cosa c’entra la povertà con l’amicizia e quindi anche con l’amore?
L’amicizia nasce e cresce là dove
trova dei cuori desiderosi di dare, di
accogliere, di farsi conoscere, di condividere. Dei cuori che non si difendono dietro le barricate di tante attività o di molti beni, che non vogliono “comprare” l’altro per accaparrarsi le sue attenzioni o che si disperdono nelle mille cose da fare. Più una
persona è “povera” interiormente,
non è artefatta, non si nasconde dietro quello che ha o fa, più impara a
dare se stessa e non quanto possiede.
E solo così nascono relazioni
umane significative.
L’amicizia è un dono grande, un
dono da attendere con rispetto.
Non si può costringere nessuno ad
esserci amico ma si possono tenere
N. 59 - OTTOBRE 2008
aperte le porte per accoglierlo. A
volte non si riesce nemmeno a comprendere le motivazioni per cui è
nata una forte amicizia. È successo,
spesso inaspettatamente, si è avvertito un legame misterioso, profondo,
un’intesa particolare.
Anche se non sempre avviene così.
Capita che due persone si trovino a
dover collaborare e a dover vivere
tanto tempo insieme senza essersi
scelte. Di pelle non si prendono, non
si attirano, però hanno buona volontà, desiderio di conoscersi meglio,
hanno stessi valori. Anche in queste
occasioni ho visto nascere amicizie
vere, pur se iniziate nella fatica.
In ogni caso, comunque avvenga
l’incontro, l’amico è sempre un
“sole” nella nostra esistenza e come
cita un proverbio del Giappone:
“Con un amico al tuo fianco nessun
cammino è troppo lungo.”
L’amico è uno che sa ascoltare il
tuo dolore e i tuoi sfoghi senza volerti fare da maestro e senza darti per
forza consigli. È la persona con cui
puoi parlare liberamente, senza
maschere, senza temere di essere
subito giudicato.
È, come è stato detto, la tua
“patria”, il “luogo” dove trovi casa,
riposo, consolazione, rifugio, speranza. L’amico ti fa anche soffrire perché a volte non riesce a capire, ti
delude, ti risponde male, ti “cataloga” velocemente, ti corregge. Però il
bene che prova per te e che tu provi
per lui fa superare ogni cosa.
Rispetto al rapporto tra un uomo e
una donna e all’amore coniugale,
l’affetto che lega due amici non si
fonda su vincoli speciali, come il
matrimonio. Esso si nutre di una
maggiore libertà. Ad esempio gli
amici possono vivere lontano, possono anche non vedersi per lunghi
periodi. Ognuno dei due ha la sua
vita, le sue responsabilità, il suo
ambiente. Eppure l’amicizia, quando
è stata nutrita dalla franchezza, dall’apertura reciproca, dal dare tempo
all’altro, quando è stata vissuta nella
libertà, non si spegne a causa delle
diversità o della lontananza. Essa è
un po’ come la brace che, grazie ad
un piccolo soffio di vento, grazie ad
un breve incontro, può ritornare
fiamma.
Tanti di noi, fin dall’adolescenza,
hanno cercato la vera amicizia o
l’hanno chiesta a Dio come “regalo”.
Tanti di noi hanno vissuto (o stanno
vivendo) periodi di solitudine e
hanno sofferto perché delusi da un
cosiddetto amico.
Ma, se come già accennato, l’amicizia non può essere imposta o pretesa e può solo essere accolta e protetta, una cosa possiamo comunque
farla da subito: prepararci ad essere
noi per primi dei buoni amici. In un
periodo in cui le persone fanno sempre più fatica a scendere nelle proprie “profondità” e a rivelarsi per
quello che sono, forse proprio l’amicizia può essere un antidoto al vivere
“in superficie” perché ci aiuta a vivere in pienezza la nostra umanità,
aiuta l’uomo a conoscersi, a volersi
bene e ad aprirsi agli altri con fiducia.
LISDHA NEWS - 31
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