Lisdha news Trimestrale di informazione sul mondo dell’handicap e della solidarietà Adrian non ce l’ha fatta Da pazienti psichiatrici ad attori Agevolazioni su montascale e ascensori Anno XV n. 59 Anno XVI La notte luminosa di chiara M. ottobre-dicembre 2008 Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 2, DCB (VARESE)” - “Taxe perçue” In caso di mancato recapito si prega di rispedire alla redazione: 21100 Varese - Via Proserpio 13 - che si impegna a pagare la relativa tassa SOMMARIO 4 6 16 Detto fra noi 26 Esperienze L’ultima parola non è la nostra Il coraggio di rimettersi in gioco La poesia dei miracoli 3 Tra le righe Se dobbiamo competere 20 22 4 Mobilità L’Avvocato risponde Trasporto gratuito alle Superiori Cosa cerca il turista disabile Mobilità frenata 6 L’Esperto risponde Assistenza La City-toilette e l’Eurochiave In Italia più badanti che dipendenti del servizio sanitario Ci prendiamo cura di te Pagare il giusto 8 Spazio aperto Sono stanchissimo di lottare 10 Attualità La notte luminosa di Chiara M. Adrian non ce l’ha fatta Sognando vince il pregiudizio 25 26 29 29 29 Segnalazioni Elogio (per una volta) dell’imperfezione A Madrid la fiera internazionale sull’assistenza 12 15 16 30 30 Fisco Detrazioni che premiano la mobilità Visitate il nostro SITO INTERNET La vita da dentro 18 LISDHA NEWS www.lisdhanews.it Direttore Editoriale Fabrizio Chianelli Abbiamo creato per voi un sito “accessibile” Direttore Responsabile Marcella Codini Abbiamo voluto realizzare un sito Web accessibile a persone affette da disabilità, e ciò indipendentemente dal tipo di strumento di navigazione utilizzato (ad esempio browser grafici, browser vocali, cellulari, navigatori per automobile ecc.) e dalle limitazioni cui ci si trovi costretti (ad es. un ambiente rumoroso, sovra o sotto-illuminato, o circostanze che impongano di non utilizzare le mani ecc.). Nel sito si aiutano inoltre le persone a reperire più velocemente informazioni nel Web, indicando le modalità per un corretto uso dei contenuti multimediali, onde renderli accessibili ad una più vasta utenza. Hanno collaborato a questo numero Chiara Ambrosioni Laura Belloni Bruno Biasci Ennio Codini Carlo Alberto Coletto Maria Cristina Gallicchio Francesco Gentile Emanuela Giuliani Giuseppe Giuliani Cecilia Nono Davide Orazi Alma Pizzi 2 - LISDHA NEWS Amici nella vita, amici per la vita 31 Anno XVI - Numero 59 - Ottobre 2008 Redazione e amministrazione via Proserpio 13 - 21100 Varese tel. 0332/499854, 0332/225543; 348/3679493 fax 0332/499854 email:[email protected] www.lisdhanews.it. Il sito internet è offerto da Weblink Servizi Telematici, vicolo San Michele 2/a, Varese. Grafica e impaginazione Emmevi Grafica (VA) Stampa Litografia Stephan Germignaga (VA) Controlla sull’etichetta la scadenza del tuo abbonamento Autorizzazione Tribunale di Varese n. 624 del 19/2/1992 ABBONAMENTI Per ricevere Lisdha News occorre versare un contributo minimo annuo di 15 euro sul ccp n. 13647250 intestato a Lisdha News, via Proserpio 13, 21100 Varese. L'abbonamento può essere fatto in qualunque periodo dell’anno. In ottemperanza alla Legge 675/96 La informiamo che il Suo nominativo compare nella banca dati dell'Associazione Il Girasole, editore di "Lisdha news" e viene utilizzato per l'invio del periodico e di eventuale altro materiale informativo. Ai sensi dell'art. 13 l. 675/96 potrà, in ogni momento, avere accesso ai dati, chiederne la modifica o la cancellazione scrivendo a: Il Girasole, via Proserpio 13, 21100 Varese. N. 59 - OTTOBRE 2008 DETTO FRA NOI di Laura Belloni Stefano Giuliani L’ULTIMA PAROLA NON È LA NOSTRA Dio continua a realizzare il Suo sogno, nonostante le nostre ingiustizie. “ I o ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Io ho un sogno, oggi!” Era il 28 agosto 1963, quando, a Washington, Martin Luther King, apostolo della non violenza e dell’integrazione razziale pronunciava il suo famoso discorso. Poco tempo dopo veniva assassinato: tutto sembrava finito, la sua vita sprecata. Ma in quegli stessi anni, don Pino Puglisi continuava a formare le coscienze dei giovani palermitani emarginati, affinché non si piegassero a qualsiasi ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Fu ucciso dalla mafia nel 1993, ma con i fatti ha testimoniato che “il Signore sa scrivere diritto anche sulle righe storte!” Consolata da simili esempi, ho cercato nei giorni inquieti e straziati di questa estate, qualcosa che facesse intravedere i caratteri chiari ed ordinati di Colui che scrive la Storia del mondo e di ciascuno, nonostante le nostre ingiustizie. Certo, la vittoria di Obama alla nomination democratica segna un cambiamento storico, ma la guerra nel Caucaso raggela. Ed ecco, una notizia passa veloce. Non è di quelle che stimola il gossip, ma ha la forza esplosiva della Vita che vince sulla morte: per la prima volta nella loro carriera, alcuni medici hanno assistito ad un parto di gemelli, uno bianco e l’altro nero! Leo e Ryan sono, infatti, figli di una donna ghanese dalla pelle scura e di un uomo tedesco dalla carnagione chiara. L’evento eccezionale è avvenuto a Berlino, che ha visto nascere le mostruose le teorie sulla razza pura, ha subìto i distruttivi bombardamenti Alleati, che la ridussero un ammasso di macerie e fu divisa in due dal muro voluto dai sovietici per mantenere il loro potere in Europa. Forse sarò una visionaria, ma questa straordinaria nascita, avvenuta proprio in giorni di angoscia, sembra realizzare il lieto annuncio del Natale: Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is. 9,5). Sì, il Signore porta a compimento il Suo sogno sull’Uomo e la Creazione. Aiutiamoci l’un l’altro ad affrontare i tempi di crisi che continuano a minacciare l’avvenire. L’ultima parola non è la nostra! N. 59 - OTTOBRE 2008 LISDHA NEWS - 3 TRA LE RIGHE di Ennio Codini SE DOBBIAMO COMPETERE Oggi sempre più la parola meritocrazia sostituisce la parola uguaglianza. Questo si lega all’idea che puntare sulle eccellenze individuali sia la chiave per affrontare le sfide della competizione su scala globale. Ma è proprio così? Q uando ero ragazzo sembrava che la società fosse in marcia verso l’uguaglianza. Oggi, invece, non solo di fatto le disuguaglianze sembrano crescere ma sembra affermarsi l’idea che la disuguaglianza sia un bene perché, si dice, bisogna valorizzare e premiare i migliori. Quando ero ragazzo il bravo insegnante era quello che portava avanti tutta la classe e anzitutto gli allievi che apparivano più deboli; oggi si dice che la scuola deve premiare il merito, valorizzare le eccellenze. Questo è chiaramente un problema per tutti i soggetti deboli e in particolare per i disabili. Perché, specie in un contesto nel quale le risorse non crescono può condannarli a un destino segnato: “Sei debole? Allora non puoi pretendere quello che giustamente spetta ai forti. Devi accontentarti delle briciole”. Facendo qualche esempio di dettaglio: “Vai male a scuola? Non puoi certo pretendere che l’insegnante 4 - LISDHA NEWS pensi a te trascurando così i migliori. Loro devono vincere e tu devi perdere. E’ giusto così”. Ancora: “Sei spesso in malattia? Peccato. Non puoi certo pensare di mantenere il posto di lavoro. Bisogna che te ne vada per fare posto a qualcuno che si ammala di meno”. La cerimonia di consegna di un Premio Nobel Perché si sta affermando questo modo di pensare? Le ragioni sono tante ma certo una di grande rilievo è che il mondo appare sempre più caratterizzato dalla competizione. Notavo questa estate che sui giornali come alla televisione si continua a parlare di una ‘competizione’ che sarebbe in atto a livello globale e della necessità quindi per l’Italia di essere ‘competitiva’. E per essere competitivi, si ripete ossessivamente, bisogna valorizzare il merito, le eccellenze. Ma è proprio vero? Quando andavo a scuola capitava che gli insegnanti dividessero la classe in gruppi e mettessero poi i gruppi in competizione tra loro. Gli insegnanti lasciavano di solito i ragazzi liberi quanto alla formazione dei gruppi, e che cosa accadeva? Me lo ricordo bene: alcuni tra i migliori si mettevano insieme; anche alcuni dei peggiori facevano lo stesso; però succedeva anche che si formassero gruppi ‘misti’. E chi vinceva? I gruppi dei peggiori perdevano sempre, ovvio. I gruppi dei migliori vincevano, ovvio. Ma non vincevano sempre. Anzi, spesso, sorprendentemente, vincevano i gruppi misti. Perchè? Perché accadeva che l’amicizia facesse lavorare bene insieme. Perché si riusciva a valorizzare le qualità di tutti anche di studenti mediocri capaci comunque di far bene alcune cose. E non si trattava solo di vincere quella competizione, alla fine tutti nel gruppo e soprattutto i più deboli avevano imparato qualcosa. Ecco, quando si tratta di competere, logiche di squadra possono essere più efficaci rispetto alla pura e semplice valorizzazione dell’eccellenza individuale. E fanno crescere. Ed è chiaro che i deboli e in particolare i disabili sono fuori gioco se si ragiona solo in termini di eccellenza individuale mentre possono entrare in gioco se si ragiona in termini di squadra. E poi più banalmente la storia ci mostra che i Paesi vincenti non sono stati tanto quelli con più eccellenze quanto quelli dove la popolazione in genere ha raggiunto certi livelli. L’Italia ad esempio ha avuto forse nell’Ottocento e nel Novecento meno ‘eccellenze’ della Francia o della Germania? No. Eppure ad ogni confronto è apparsa più debole dei vicini. Perché? Perché in Francia e in Germania tutti sapevano leggere e scrivere mentre l’Italia era piena di analfabeti. Perché mentre in Francia e in Germania i poveri erano degli operai nell’Italia dei sud i poveri lavoravano come braccianti nei latifondi dei baroni. E la Sicilia? Le sono mai mancate le eccellenze? No, anzi, che si guardi alla storia della letteratura o a quella della fisica, alla storia della filosofia o a quella del pensiero economico sbucano siciliani da tutte le parti. Sono molti più dei lombardi, per esempio. Eppure la Lombardia è sviluppata e la Sicilia è arretrata. Perché al di là delle eccellenze la storia della Sicilia è stata segnata da una dramN. 59 - OTTOBRE 2008 matica ignoranza di buona parte della popolazione. E se oggi ci chiediamo che cosa continua a mancare all’Italia per raggiungere davvero la Francia e la Germania se ci chiediamo perché malgrado lo straordinario sviluppo del dopoguerra restiamo sempre un passo indietro rispetto a queste nazioni ebbene la spiegazione più semplice è in alcuni dati drammatici recentemente pubblicati dal Corriere della Sera si ricava che il livello di istruzione dell’italiano tipo è molto inferiore rispetto a quello del francese o del tedesco tipo e invece molto simile a quello si riscontra in alcune popolazioni africane. Potremmo competere ragionando di più in termini di squadra. Dovremmo, per competere, pensare anzitutto a quelle componenti della popolazione che per varie ragioni appaiono deboli. Come? Facciamo un esempio. Il ministro Gelmini dice di voler valorizzare e promuovere la qualità nella scuola. Può darsi che si tratti solo di chiacchiere, di cose che si dicono così, magari anche credendoci ma senza poi adottare misure efficaci. Può darsi che tutto si risolva con insegnanti che pur di avere qualche soldo in più in busta paga vanno all’ennesimo corso di aggiornamento o accettano di lavorare qualche ora in più senza che nulla cambi nel loro insegnamento. Ma poniamo invece che il ministro voglia fare sul serio. Che cosa potrebbe fare? Un modo ragionevole potrebbe essere quello di premiare chi raggiunge davvero dei risultati. Ma come? In qualche scuola si è cominciato a dare dei premi agli alunni migliori. Ad esempio: “Hai ottenuto il massimo punteggio alla maturità? La scuola ti regala un buono per acquistare un computer”. Il sistema potrebbe svilupparsi anche premiando gli insegnanti degli allievi migliori. Ad esempio: “Nella classe X tre ragazzi hanno ottenuto il massimo punteggio alla maturità? Bene, la scuola premia gli insegnanti di quella classe con 500 euro in più nella busta paga di luglio”. Così però si valorizzano solo le eccellenze individuali. Si potrebbe invece guardare anche al gruppo. Si potrebbe dire ad esempio: “A settembre i ragazzi vanno tutti al British Council per un test di inglese. A giugno ci ritornano per un secondo test. A giugno per ogni classe si misura la differenza nei punteggi medi. Dove la differenza risulta maggiore ai ragazzi e al loro insegnante è dato un premio”. Provate ad immaginare. Si avrebbe- ro così classi che lavorano come squadre per alzare il livello di tutti. Tanti i risultati: non solo si imparerebbe a lavorare per un obiettivo preciso (cosa non usuale nella scuola italiana) ma si imparerebbe a lavorare in squadra (anche questa cosa non usuale nella scuola italiana) andando a valorizzare i talenti di tutti e anzitutto quelli dei più deboli (per i quali i margini di progresso sono maggiori). Non più le solite lamentele degli insegnanti sui bassi livelli di partenza (anzi, paradossalmente livelli bassi potrebbero rivelarsi un vantaggio perché consentono progressi più rapidi). Non più la logica di molti insegnanti di seguire i bravi e abbandonare i ‘cattivi’ al loro destino. Non più uno studio solitario dei bravi per il voto e un non-studio degli altri “perché tanto è inutile”. Ma lavoro comune per un obiettivo comune di qualità raggiungibile solo con la crescita di tutti. Se dobbiamo competere non è forse questo il modo migliore di preparare i nostri ragazzi? Perché non imparare a valorizzare il lavoro di squadra più che le eccellenze individuali? Cfpil Varese Il ministro dell'istruzione Maria Stella Gelmini N. 59 - OTTOBRE 2008 LISDHA NEWS - 5 L’AVVOCATO RISPONDE a cura dell’Avvocato Fabrizio Chianelli TRASPORTO GRATUITO ALLE SUPERIORI Una recente sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che sono le Province che devono provvedere gratuitamente al trasporto degli alunni disabili. S ono la madre di un ragazzo disabile che l’anno prossimo andrà alle scuole superiori. Fino ad oggi il trasporto da casa a scuola è stato assicurato dal comune ma per l’anno prossimo non si capisce chi dovrà fornire il trasporto per le superiori. Potete dirmi se anche per le superiori mio figlio ha diritto al trasporto? C.M. Salerno Dopo lunghi anni di incertezza sulla questione del diritto al trasporto gratuito nelle scuole superiori a favore degli alunni disabili, una recente Sentenza del Consiglio di Stato (20 maggio 2008 n. 2361/2008) ha fatto chiarezza in modo definitivo stabilendo che in mancanza di apposita e precisa legge regionale, l'obbligo a fornire il servizio di trasporto gratuito di alunni con disabilità alle scuole superiori è della Provincia. Questa decisione ha quindi eliminato i dubbi derivati proprio dalla mancanza di una norma specifica. Infatti l’articolo 12 della Legge 104/92 non parla espressamente del diritto di trasporto e l’articolo 28, comma 1 della Legge 118/71 prevede il dovere del trasporto gratuito nelle scuole dell’obbligo solo a carico dei Comuni; infine l’articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98 prevede che le Province hanno l’obbligo di fornire il "supporto organizzativo" per l’integrazione nelle scuole superiori e nulla dice sul trasporto gratuito. Il Consiglio di Stato supera tutte queste obiezioni, facendo leva sulla Sentenza della Corte Costituzionale 215/87 che ha abrogato il terzo comma dell’articolo 28 della Legge 118/71 perché si limitava a "facilitare", anziché "ad assicurare", l’integrazione nelle scuole superiori. Alla luce di questa sentenza della Corte Costituzionale il Consiglio di Stato afferma la competenza obbligatoria della Provincia nell’assicurare i servizi strumentali all’integrazione nelle scuole superio- ri, tra cui prioritario quello del trasporto gratuito, proprio per rendere effettivo in concreto il diritto allo studio degli alunni con disabilità in tali scuole, come aveva già fatto la Legge 118/71 nei confronti dei Comuni per la scuola dell’obbligo. CONGEDI RETRIBUITI AL CONIUGE Mia moglie, affetta da distrofia muscolare è invalida al 100% con diritto all’indennità di accompagnamento e riconosciuta in stato di gravità. Ultimamente si è aggravata e necessita di assistenza continua. Ho saputo che esiste la possibilità di prendere due anni di permesso retribuito per l’assistenza di un parente. Questo è valido anche per un lavoratore dipendente da una ditta privata? AD MN La risposta è positiva, senza alcun dubbio. Infatti l’art.42 del Decreto Legislativo 151/2001 prevedeva il diritto dei genitori di persone disabili gravi di fruire di due anni di congedo retribuito, anche frazionabile. Lo stesso diritto, dopo la scomparsa dei genitori era previsto anche per i fratelli/sorelle mentre nessun riferimento era fatto a favore del coniuge. L’anomalia è stata superata dalla Corte Costituzionale con sentenza INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO ANCHE SENZA CARTA DI SOGGIORNO LO HA STABILITO LA CORTE COSTITUZIONALE Sono illegittime le norme, contenute in alcuni articoli del Testo Unico sull'immigrazione e della Finanziaria 2001 che escludono che l'indennità di accompagnamento possa essere concessa agli stranieri presenti regolarmente in Italia, non in possesso di carta di soggiorno. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con sentenza del 29-30 luglio 2008 (pubblicata sulla GU, serie speciale n. 6 - LISDHA NEWS 33 del 6 agosto 2008) accogliendo l'eccezione sollevata dal tribunale di Brescia in merito alla controversia tra una cittadina albanese, l'Inps e il ministero delle Finanze. Nella sentenza la Corte rileva che è manifestamente irragionevole subordinare la concessione di detta prestazione assistenziale al possesso di un titolo di soggiorno che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di reddito. N. 59 - OTTOBRE 2008 I vostri quesiti su internet Potete trovare tutti i precedenti quesiti della rubrica “L’Avvocato risponde” 158 del 18 aprile 2007 che afferma: “la norma censurata […] esclude attualmente dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi, sulla base del vincolo matrimoniale ed in conformità dell’ordinamento giuridico vigente, tenuto al primo posto (vedi obbligo agli alimenti art. 433 cod. civ.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte; obblighi che l’ordinamento fa derivare dal matrimonio. Ciò implica, come risultato, un trattamento deteriore del coniuge del disabile, rispetto ai componenti della famiglia di origine». Su questi presupposti la norma è stata censurata di incostituzionalità ed oggi possiamo affermare con certezza che anche il coniuge della persona con handicap grave ha diritto al congedo straordinario. ASSEGNO DI FREQUENZA E ASILO NIDO Ho un bambino disabile grave che ho iscritto all’asilo nido. Ha diritto di ottenere l’assegno di frequenza? MC CO garantito l'inserimento negli asili nido”. Infatti la stessa sentenza ha precisato che il servizio fornito dall'asilo nido non si riduce ad una funzione di sostegno alle famiglie nella cura dei figli o di mero supporto per facilitare l'accesso dei genitori al lavoro, ma comprende anche finalità formative, essendo rivolto a favorire l'espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali del bambino. Le finalità di educazione e formazione sono peraltro confermate a livello normativo, essendo ora gli asili nido riconosciuti come "strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi e i tre anni ed a sostenere le famiglie e i genitori". ASSISTENTI A SCUOLA Nella classe di mio figlio di 24 alunni vi sono due disabili gravi tra cui mio figlio. Entrambi i bambini hanno bisogno di essere accompagnati al bagno ed aiutati nell’igiene personale ma né le bidelle né le maestre vogliono prendersi la responsabilità. Cosa possiamo fare? suddivisi per materie sul nostro sito internet all’indirizzo: www.lisdhanews.it rubrica “L’Avvocato risponde” l'obbligo per i Comuni di assegnare alle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado, assistenti per l'autonomia e la comunicazione, specificamente formati, in forza dell'articolo 13 comma 3 della Legge 104/92. Per quanto riguarda infine l’assistenza all’igiene personale degli alunni con disabilità, la sentenza del Tar riafferma l’obbligo delle scuole di assegnare a bidelli tale assistenza. Per questo personale c'è l'obbligo di frequentare un breve corso di aggiornamento e scatta il diritto ad un aumento di stipendio. In definitiva consiglio di far presente la sentenza sopra detta e in caso di rifiuto chieda ad un avvocato di presentare un ricorso d’urgenza. PL Roma Anche in questo caso possiamo rispondere affermativamente grazie ad una sentenza della Corte costituzionale n. 467/2002 che ha stabilito che i bambini in situazione di handicap iscritti negli asili hanno diritto a percepire l’indennità di frequenza. Tale pronuncia oltre a investire il riconoscimento di un diritto a contenuto economico riafferma il diritto all’educazione e all’integrazione dei minori così come previsto dalla legge quadro sull’handicap 104/92 nell’articolo 12 comma 1 che recita: “ al bambino da 0 a 3 anni handicappato è N. 59 - OTTOBRE 2008 Innanzi tutto occorre rilevare che la sentenza dell’11 aprile 2007 del Tar del Lazio, ha stabilito che è illegittima la presenza di due alunni disabili, di cui uno grave, nella stessa classe composta da più di venti alunni. Il Tar ha applicato il decreto ministeriale n. 141/99 sulla composizione delle classi frequentate anche da alunni con disabilità, che non debbono superare i 20 alunni, fra i quali uno solo, in situazione di gravità: eccezionalmente possono aversi due alunni "non gravi". La stessa sentenza ribadisce LISDHA NEWS - 7 L’ESPERTO RISPONDE a cura di Bruno Biasci LA CITY-TOILETTE E L'EUROCHIAVE L'utilità di installare in città le City-toilette, ossia servizi igienici autopulenti, e di dotarle di Eurochiave. S ono interessata a conoscere, se vi è possibile, il prezzo di una city-toilette per disabili e non, e tutto ciò che è necessario per l'installazione di ciascuno di questi servizi. Ed eventualmente mi piacerebbe anche avere l'indirizzo di una ditta a cui rivolgermi per un preventivo. Annamaria Molin Ferremi referente per le problematiche dell'handicap del Consiglio Comunale di Bolzano Tramite il Ccsb (Comitato per la Città Senza Barriere) di Varese ci siamo occupati in diversi momenti dei servizi igienici autopulenti sempre nell'intento di sensibilizzare il Comune di Varese a provvedere all'installazione di questi servizi di cui la città è veramente carente. Le difficoltà per i disabili sono rilevanti in quanto non dispongono di alternative, infatti quasi tutti i bar hanno i servizi inaccessibili. Avevamo ottenuto una ricca documentazione dalla Wall tedesca che già nel 2003 aveva installato 150 Citytoilette a Berlino. La Wall a quell'epoca informava che avrebbe potuto fare l'installazione e la manutenzione gratis a fronte di pubblicità applicata a queste cabine esteticamente valide. Per informazioni maggiori e per vedere come sono fatte queste Citytoilette occorre indirizzarsi al sito www.wall.de. Per il prezzo e le condizioni ci si poteva riferire alla Wall Italia ma quest'ultima ora non c'è più e gli eventua- li contatti si dovranno avere con la sede principale di Berlino. E' utile sapere che le City-toilette della Wall, che sono tutte adatte anche ai disabili, sono munite di sistema Eurochiave, cioè un particolare tipo di serratura azionabile con una chiave speciale di cui la persona disabile si può dotare facilmente. Detta chiave ha preso il nome dal sistema e cioè Eurochiave in quanto essa è diffusa in diversi paesi europei e il disabile può utilizzarla in moltissimi posti (wc, servoscala, piattaforme elevatrici, ecc) e in qualunque ora della giornata (quindi senza la necessità che vi sia una persona addetta). A Varese l'Eurochiave è stata installata a cura del Comune in alcuni servizi igienici ma si sta operando per aumentarne la diffusione come già è avvenuto nella vicina Svizzera. Per stare al mercato italiano delle City-toilette potreste rivolgervi alla P.T. Matic che ha sede a Milano ed è contattabile tramite il suo sito internet che è www.ptmatic.it; l'email è [email protected]. A questa ditta avevamo chiesto un preventivo nel 2002. Il costo comunicato allora era compreso tra 2.000, e 3.500 euro e riguardava installazione, assistenza e manutenzione inclusi i prodotti di consumo. L'onere per il Comune avrebbe dovuto riguardare la base in calcestruzzo e gli allacciamenti (acqua, energia elettrica e fognatura). In caso di realizzazione presso di voi saremmo interessati a conoscere il luogo, per una eventuale visita, e le eventuali difficoltà incontrate. APERTURA PORTE Vorrei sottoporvi due quesiti relativi alla progettazione di camere di albergo per disabili: - la porta delle camere deve aprir- 8 - LISDHA NEWS N. 59 - OTTOBRE 2008 si verso l'esterno (come ho sempre immaginato) o verso l'interno? - l’arredo della camera tipo deve essere adatto ad ospitare (anche se in maniera discontinua) un disabile su sedia a rotelle? arch. Domanico Per quanto riguarda il primo quesito le segnalo che non vi è alcuna prescrizione circa il senso di apertura delle porte di camere di albergo che si affacciano sul corridoio. Rimane l'obbligo invece di installare porte di accesso dei servizi igienici che si aprano verso l'esterno o siano del tipo scorrevole (vedere la Legge Regionale lombarda 6/86). Le porte dei bagni non devono aprirsi verso l'interno per non ridurre lo spazio utile normalmente occupato più o meno parzialmente dai sanitari; altro motivo è quello di facilitare, in caso di emergenza, l'ingresso dei soccorritori che troverebbero difficoltà a raggiungere una persona incidentalmente caduta sul pavimento dietro la porta. L'ideale sarebbe installare porte del tipo rototraslante che hanno il doppio vantaggio di potersi aprire nei due sensi e di essere meno ingombranti durante il loro movimento. Riguardo al secondo quesito circa l'accessibilità degli arredi all'interno di una camera di albergo valgono gli spazi di manovra previsti al punto 8.0.2 del Dm 236/89. Sarebbe l'ideale che tutte le camere consentissero questa libertà di movimento per chi è in carrozzina ma l'obbligatorietà riguarda solamente 2 camere su 40 o frazioni di 40 come indicato al punto 5.3 del già citato Decreto Ministeriale. BARRIERE SUL BALCONE Vorrei avere informazioni sulle barriere architettoniche relative ai serramenti: nel caso di portafinestra per passaggio su balcone, crea problemi la presenza di scorrevoli che, per garantire la tenuta ad acqua, arie e vento e acustica, hanno un telaio a terra di 7 cm? Esiste una sorta di liberatoria da parte del committente privato se a quest'ultimo andasse bene tale soluzione? Enrico Spinelli Come prima cosa occorre riferirsi alla normativa sulle barriere architettoniche che, per l'aspetto tecnico, si esplicita nel Dm 236/89. Questo Decreto, per quanto riguarda il quesito da lei esposto recita al punto 4.1.8: "… La soglia interposta tra balcone o terrazzo e ambiente interno non deve presentare un dislivello tale da costituire ostacolo al transito di una persona su sedia a ruote. E' vietato l'uso di porta-finestre con traversa orizzontale a pavimento di altezza tale da costituire ostacolo al moto della sedia a ruote." Se si considera che il diametro delle ruotine delle carrozzine dei disabili (e anche dei passeggini per bambini) varia da 15 a 20 cm è facile dedurre che l'altezza da lei indicata di 7 cm è da considerarsi inaccettabile. Per consentire l'agevole passaggio della carrozzina sarebbe necessario installare su entrambi i lati una rampa con la pendenza del 15% e cioè lunga circa 45 cm. Sembra evidente che sia preferibile installare una porta-finestra priva della guida inferiore (o con guida ribaltabile) come ce ne sono in commercio; ad esempio il tipo Eclisse (www.eclisse.it). Il problema dell'acqua di "stravento" può comunque essere superato con l'incasso di una canalina esterna di raccolta acqua (vedi schizzo qui sotto). Il committente non può rilasciarle una liberatoria per una soluzione che non è ammessa dalla legge in quanto è il progettista che deve dimostrare all'Ente competente di aver assolto i requisiti di accessibilità previsti dalla legge 13/86. Quanto detto vale sia per la costruzione di nuovi edifici sia per le ristrutturazioni. D'altra parte se non vogliamo perpetuare la presenza di ostacoli che impediscono alle persone con difficoltà di deambulazione di muoversi liberamente nell'ambiente costruito come è loro diritto, è indispensabile osservare le norme emesse da molti anni in materia di barriere architettoniche. META' PER UNO SEMBRA GIUSTO Vi chiedo un parere riguardo alla ripartizione delle spese di acquisto ed installazione di un elevatore per disabili. Sono disabile al 100% ed abito al quinto piano di un condominio dove ho acquistato e installato a mie spese l'elevatore. Il contributo che ho percepito, in percentuale sulla spesa effettiva, non ha coperto tutto il costo reale pertanto ho dovuto sborsare di tasca mia la somma di 3900 euro circa. Da circa 5 mesi, un condomino, che abita anche lui nello stesso piano del mio, ha avuto un incidente grave con la moto ed è rimasto paralizzato e quindi ora utilizza anche lui l'elevatore. Ecco la mia domanda: questo condomino non dovrebbe partecipare alla spesa da me effettuata e quindi pagandomi la metà (ossia 1800 euro circa)? Lettera firmata Sembra assolutamente doveroso che la persona che, per sua sfortuna, trova utile o addirittura indispensabile utilizzare la piattaforma elevatrice ora esistente debba concorrere al 50% della spesa da lei sostenuta per l'installazione e così pure per le spese di manutenzione o riparazione che un sistema meccanico come questo prima o poi richiederà. Del resto il condomino da lei chiamato in causa si avvantaggia del fatto che se lei non avesse installato il sistema di elevazione avrebbe dovuto sostenere interamente la spesa mentre, in questa caso, se la può cavare con metà della stessa senza neppure l'onere connesso con la pratica da lei svolta per ottenere il parziale rimborso previsto dalla Legge 13/89. Quanto detto è sul piano dell'opportunità ma c'è pure qualcosa che ha valore di legge ed è quanto enuncia il codice civile all'art 1121 di cui riportiamo questo stralcio di testo: "... Nel caso previsto dal 1° comma (l'innovazione gravosa) i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e mantenimento dell'opera." Nel caso specifico sembrerebbe quindi opportuno fare una richiesta scritta di collaborazione alla spesa citando il sopra riportato articolo del Codice Civile. è possibile inviare i propri quesiti in tema di barriere architettoniche a Lisdha news, “L’Esperto risponde” via Proserpio, 13 - 21100 Varese, e-mail: [email protected] N. 59 - OTTOBRE 2008 LISDHA NEWS - 9 S PA Z I O A P E R T O SONO STANCHISSIMO DI LOTTARE L a drammatica lettera inviata al presidente Berlusconi da Salvatore Crisafulli che, uscito dal coma completamente paralizzato, è in grado di comunicare all’esterno solo grazie al computer. "Non chiedo l'eutanasia, ma la possibilità di vivere dignitosamente". Carissimo Presidente Berlusconi, scrivo a lei che considero "la mia ultima spiaggia". Sono un uomo che vive da paralizzato, la mia patologia viene definita Sindrome Assimilabile alla Locked.in ovvero "uomo incatenato" o meglio ancora "uomo imprigionato", imprigionato nel mio stesso corpo. Mi sento murato vivo, vivendo in un abisso. Potrà capire le mie angoscianti e terrificanti pene: questa patologia comporta la totale paralisi del mio corpo. A differenza di chi vive in Stato Vegetativo (io lo sono stato), sono riuscito a recuperare la coscienza e a comunicare il mio pensiero con il computer grazie a un sofisticato software muovendo lo sguardo, la testa e in particolare gli occhi. Mi chiamo Salvatore Crisafulli (disabile gravissimo), 43 anni, di Catania, e sono stato vittima di uno spaventoso incidente stradale avvenuto a Catania la mattina dell’11 settembre del 2003. Sono entrato subito in coma e successivamente in stato vegetativo permanente (almeno così sentenziava la scienza medica per due anni). Poi, incredibilmente, nel 2005 dopo circa sette mesi dal trauma (quando per i medici ancora ero in stato vegetativo) ho ripreso coscienza e sentivo e capivo tutto, sentivo ed avvertivo anche di avere fame e sete, ma non riuscivo a dimostrarlo perché non potevo muovermi e i medici erano convinti che fossi un vegetale (in pratica una foglia d'insalata) e vivevo nel terrore. Oggi invece assaporo i gusti del cibo perché vengo nutrito dalla bocca. La mia terrificante e allucinante odissea è stata trascritta anche in un libro, dal titolo “Con gli occhi sbarrati”. 10 - LISDHA NEWS Durante il grande dibattito sulla "dolce morte" chiesta ripetutamente da Piergiorgio Welby, fui costretto a scrivere una lettera indirizzata allo stesso Welby, supplicandolo (inumente) di lottare per la vita. Ottenni una risposta veramente straziante "Uno Stato che non ha pietà di me, che non sa ascoltare la mia voce, sarà meno capace di ascoltare la tua. Uno Stato che saprà rispettare le scelte di fine vita, sarà più capace di rispettare le tante straordinarie vite che siamo". Parole oggi da me condivise. Sono stato protagonista di numerosi appelli, in particolare per la vita, ed anche per dimostrare che lo Stato Vegetativo è vita. Lo scorso mese di marzo sono stato protagonista e promotore di una protesta denominata: "contro l'eutanasia passiva dello Stato italiano" iniziando uno sciopero della fame e rifiuto delle cure, per mancanza di assistenza e di applicazione di varie leggi sui disabili gravissimi (eravamo in 90). Protesta sospesa dopo aver ricevuto una lunghissima e toccante lettera dall'ex Ministro della Salute, Livia Turco. Lo scorso 8 aprile (i media sordi e muti) dopo una mia missiva al Capo dello Stato (nella quale chiedevo che si aprisse un dibattito sulla nostra condizione e sulla mancata attuazione di varie leggi che garantiscono il diritto alla salute sancito dalla Costituzione) ricevetti una lettera del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in cui ribadiva di sollecitare un confronto sensibile e un chiarimento responsabile su quella questione eticamente delicata, e di richiamare l'attenzione sul bisogno di maggiore intensità di cura e di assistenza per le persone che lottavano per la vita, richiamando anche il diritto al voto dei disabili intrasportabili. Cosa assolutamente infattibile in Sicilia. Le devo far presente che il Capo dello Stato non ha fatto per me come per Piergiorgio Welby. Per lui si aprì un grande e devastante dibattito e il suo caso, portato davanti a tutta la classe politica, è diventato di dominio pubblico. Cosa che non è avvenuto sul mio e degli altri invalidi come me: al nostro appello pubblico, ha risposto in forma privata. Ad oggi, nonostante abbia ricevuto la lettera del Capo dello Stato, è cambiato poco e nulla, una delusione veramente inaccettabile. Sono stanchissimo di lottare e optare ancora per la vita. Caro Presidente fino ad oggi io amo la vita, la morte per me rappresenta veramente un orrore, lei è la mia ultima spiaggia da percorrere. Sono stanco e stufo di aspettare. Se anche lei non mi dà ascolto, la mia voglia di vivere cessa di avere efficacia. Passano i giorni, i mesi e gli anni, ed è sempre tutto uguale. Per far sentire la mia voce “silenziosa”, ho bisogno veramente del suo aiuto. N. 59 - OTTOBRE 2008 S PA Z I O A P E R T O Nel mio cuore e nella mia mente esistono due grandi sogni: il primo è quello di poterla incontrare per poter trascorrere un giorno insieme, chiedendogli di guardarmi intensamente negli occhi e mettersi nei miei panni, sono pronto a farmi trasportare anche a casa sua per un incontro, anche in forma privata. (…) L'altro mio sogno è andare in America, anche come cavia per essere sottoposto alla nuova tecnologia scientifica americana, la ossigeno terapia iperbarica (già con la mia famiglia ci siamo interessati per organizzare un mio viaggio negli Usa, ma ci vogliono tanti soldi). I mass media si concentrano ripetutamente e con accanimento solo su chi chiede l'eutanasia senza poi andare in fondo al problema, le discussioni si infiammano sui giornali e nelle tv, quando vengono sollevati casi come quello di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro. Non può il diritto di morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani. Se lo Stato riuscisse a garantire pienamente la tutela della vita, in ogni fase della malattia e della disabilità ed anche nella fase insostenibile, credo non esisterebbe alcun fenomeno di eutanasia. Certo, poi, quando, si arriva alla disperazione (come, attualmente, nel mio caso), si spegne quella fiamma della speranza, che, non trovando concrete risposte assistenziali, sfocia in una domanda di eutanasia e di fine vita. Di solare evidenzia sembra che lo Stato Italiano (in particolar modo la sinistra) sia orientato al riconoscimento del diritto di morire, evidentemente non conviene spendere soldi per chi vive da paralizzato, in particolar modo nella propria casa. Presidente, le ripeto che la dolce morte trova spazio dove c’è disperazione, dove c’è un grande senso di abbandono e di sofferenza. Dove, invece, c’è volontà di vivere le cose stanno in modo inverso. Nessuno se non come me, potrà mai capire. Da svariati anni non esiste una intensa e continuativa assistenza, non esiste e non vengono applicati gli aspetti sociali, esistono varie leggi come la 328 e la 162 non recepita dalla Regione Sicilia. N. 59 - OTTOBRE 2008 Esiste invece la burocrazia, il menefreghismo, l'abbandono e l'indifferenza totale da tutte le istituzioni competenti, nessuno sa niente, nessuno agisce, nessuno si muove. Esiste un grandissimo divario tra Nord e Sud del Paese! In Lombardia e in Veneto ci sono persone nelle nostre stesse condizioni a cui non manca (quasi) niente, in Sicilia manca tutto. Il mio e nostro dramma non può essere più sottotaciuto, io non ce la faccio più. In Sicilia tutti nascondono il mio caso, non importa il passato, quello che oggi importa è il presente e il futuro, voltiamo una volta per tutte pagina. Ad oggi non chiedo l'eutanasia, chiedo di vivere dignitosamente ma se le mie richieste non verranno soddisfatte, con strazio e sofferenza chiederò pubblicamente di porre fine alla mia esistenza incaricando una persona a me tanto cara, di soddisfare le mie richieste, di essere trasportato in un altro luogo, lontano dalla Sicilia, (stabilendo tempi e modalità) e, ove necessita, effettuare una registrazione video. Se riusciremo in tempo mi piacerebbe incontrare alcuni personaggi sparsi per l'Italia che in quest'ultimo periodo mi sono stati veramente vicini. Mi dispiace per tutte quelle persone che credevano in me e nella mia lotta per la vita. Ma soprattutto e in particolare mi dispiace per la mia onorata e splendida famiglia. Mamma perdonami, d'altronde sei già molto sofferente e ammalata e lo sai che non hai più le forze per accudirmi amorevolmente. Perdonatemi tutti, ma io non riesco a sopportare questa lunga ed atroce sofferenza di Stato. La supplico di prendermi in considerazione, non voglio essere trattato come un malato terminale, voglio essere assistito adeguatamente, ci vuole una nuova coscienza civile di questo gravissimo problema lungamente messo da parte, perché a tutti potrebbe capitare il mio stesso inconveniente. Caro Presidente in attesa del mio più grande sogno (incontrarla), le invio i miei saluti e mi affido alla sua parola, ringraziandola anticipatamente per l’attenzione e la disponibilità. Catania dal 26 al 31 Agosto 2008 Salvatore Crisafulli http://www.salvatorecrisafulli.it/ LISDHA NEWS - 11 ATTUALITÀ Intervista con l’autrice di due libri di successo Una malattia che progressivamente riduce le funzioni vitali e i movimenti l'ha colpita da ormai vent'anni, ma lei Chiara, non si è arresa, anzi… D ue libri in tre anni, dai titoli apparentemente contraddittori: “Crudele dolcissimo amore” (2005) e “Oscura luminosissima notte” (2008). L’autrice è Chiara, una persona che da circa 20 anni affronta giornalmente una malattia inguaribile e progressiva che, dice, “sta demolendo la mia struttura fisica”. Ma non si arrende, anche quando la morfina non basta più: “Mi guardo allo specchio e dico: “Oddio, anche oggi ho perso un pezzo di me. Allora ho imparato a lavorare su quello che mi resta”. Chi cerca in questa intervista il nome della malattia o altri particolari che possano soddisfare la curiosità, non troverà nulla di tutto questo; dice Chiara nel suo secondo libro, in 12 - LISDHA NEWS LA NOTTE LUMINOSA DI CHIARA M. risposta a un interlocutore: “Rivelare la diagnosi significava in un certo senso “identificarmi” con una categoria di malati, mentre il mio messaggio è, vuole essere rivolto a tutti. Il dolore … è universale. L’esperienza deve andare al di là di una fredda cartella clinica. … Bisogna vedere la persona”. Prepariamoci allora a incontrare non un’ ammalata ma una persona eccezionale, che al di là e nonostante una malattia rara, incurabile e molto dolorosa sa dare speranza a chi legge. I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue, è stato realizzato un film sulla sua esperienza, una regista conosciuta, Cinzia TH Torrini (“Elisa di Rivombrosa”) ha scritto la prefazione del primo libro ed è fra le sue più sincere ammiratrici, dopo averla incontrata per caso. - Chiara, perché lei si firma e si fa conoscere come Chiara M., senza cognome? «È una scelta strettamente editoriale. Alle volte (così mi hanno spiegato gli addetti ai lavori della mia casa editrice) per qualche autore si sceglie un modo per uscire pubblicamente, farsi riconoscere e ricordare dai lettori. Per me hanno scelto appunto Chiara M. ». - Nel giro di tre anni ha scritto, per l’Editrice San Paolo, due libri che hanno un titolo caratterizzato da parole in apparente contraddizione: “Crudele dolcissimo amore” e “Oscura luminosissima notte”. Cosa ha voluto significare con questi titoli un po’ criptici? «Non li definirei “criptici”, piuttosto in ogni titolo è sintetizzato il contenuto del libro. A fine lettura ognuno può capirne perfettamente il significato». - Lei è conosciuta ovunque, soprattutto dopo l’uscita del primo libro, che è stato accolto con grande favore, perché ha rivelato il suo dramma N. 59 - OTTOBRE 2008 e assieme la sua forza di vivere: cosa o chi l’ha spinta a scrivere? «E’ stata una casualità (anche se sono convinta, come spesso ripeto, che non ci sia nulla di veramente “casuale”). Mi trovavo a Verona in occasione di un convegno nazionale sulla disabilità. Mi avevano invitata a parlare, assieme ad altri, su un aspetto che fino a quel momento non avevano mai affrontato nel programma: la spiritualità nella disabilità. Era presente in sala anche Vito Mancuso, editor della San Paolo, che dopo avermi ascoltata ha voluto conoscermi. Ci siamo scambiati gli indirizzi e-mail e di lì a qualche mese mi ha contattata. All’inizio mi ha chiesto semplicemente se avevo scritto altre cose e se potevo mandargliele da leggere; poi… da cosa nasce cosa. Comunque, fino alla fine, quasi non credevo alla possibilità di scrivere un libro. Non pensavo di riuscirci, invece ce l’ho fatta con le mie sole forze». - Perché un secondo libro? A chi si rivolge? Quali nuove esperienze fa conoscere? «Dopo il primo libro non mi sfiorava neppure l’idea di scriverne un secondo. Ero convinta di non aver più nulla da aggiungere. Ma “Qualcuno” evidentemente aveva altri progetti per la sottoscritta. Questo secondo libro è la continuazione della mia “avventura”, come la definisco io; scendo ancora più in profondità nella mia anima. È più “tosto” del primo, come dico nel prologo. Quando ho iniziato a prepararlo non pensavo di rivolgerlo a qualcuno in particolare. Non è nel mio carattere fare calcoli di questo genere. Io scrivo, dono (mi piace di più questo termine), ciò che ho vissuto e poi il libro arriva a chi deve arrivare, nel momento giusto (secondo me), alla persona che lo incontrerà». to il dramma che lei viveva nonostante il suo costante sorriso: come ha affrontato il progredire della malattia e come lo affronta? «Non è facile e neppure scontato. Ogni giorno è sempre più dura, sempre più in salita. Ho però trovato una ricetta accessibile a tutti: vivo il momento presente. Quello che ho passato, bello o brutto che sia, è passato; il futuro ancora non mi appartiene e non ho possibilità di “manovrarlo” a mio piacimento. Posso creare magari le condizioni perché riesca a realizzare una certa cosa, un sogno o un desiderio, ma non posso avere la certezza assoluta che tutto questo avverrà. Il presente invece è qui, è tutto mio, lo sento, lo vedo, lo respiro. Sta a me decidere come viverlo. Se è pieno di dolore, so però che è “attimo” e che dopo questo, ci sarà un altro attimo e magari il dolore sarà anche un po’ meno. La forza ce l‘ho per un attimo, per “quell’attimo”. Il “dopo” è dopo. Avrò la forza anche per il “dopo”, ma per adesso è il presente che conta. Questo mi aiuta ad andare avanti». - Quando le ho chiesto questa intervista mi ha scritto di avere un po’ di pazienza perché “era molto presa con i camici bianchi”, cioè con gli ospedali: anche in questi momenti in cui si capisce che la malattia non le dà tregua lei non dice di no, si prende solo del tempo ma poi risponde a chi si rivolge a lei. «È così. Io penso sempre a chi c’è “dall’altra parte”. Mi immedesimo, penso che anche a me farebbe piacere avere una risposta, un contatto. Purtroppo però molto spesso la mia situazione fisica non mi permette, soprattutto, di rispondere a tutti quelli che mi scrivono o addirittura di tenere i contatti almeno telefonici con gli amici di prima. Questo mi fa soffrire parecchio, ma spero nella loro comprensione». - Sappiamo che molti giovani trovano in lei speranza e coraggio: può darne anche a chi si trova nelle condizioni di disabilità o di grande sofferenza, come molti dei nostri lettori? «Io penso che speranza e coraggio siano presenti in ciascuno di noi. Fanno parte dell’essere umano. Purtroppo alle volte sono sepolti sotto cumuli di dolore, disperazione, solitudine, abbandono… Si tratta di farli riemergere, di dare ossigeno al cuore, all’anima, alla mente. Non restare da soli, “costringere i sani” a darci una mano (servirà anche a loro!), non per pietà ma perché siamo persone anche noi con una dignità da conservare. Fare della nostra disabilità, per quanto possibile, un punto di forza, moltiplicare in potenza quel poco, pochissimo, che ci rimane. Un solo sbattere di palpebra ha permesso a un giornalista francese, dopo un incidente, di scrivere un libro. Così come un dito e un computer hanno permesso di comunicare col mondo ad una ragazza intelligente considerata da tutti una demente. Ci siamo, esistiamo, non siamo “rifiuto”. Anche noi siamo un disegno di Dio». - Fra le righe dei suoi libri si coglie, anche se non detto, un messaggio: si può anche non aver paura della morte. E’ così? «Sì, anche se non è facile. La socie- - Lei era infermiera professionale a Trento, una grave malattia inguaribile l’ha portata in pochi anni sulla carrozzina, ma la sua voglia di esserci e di comunicare non è mai venuta meno nonostante le grandi sofferenze: cosa la sostiene? «Mi fido del Socio (come amo definire LUI), anche brontolando, anche sbuffando, ma mi fido e vedo che la cosa mi conviene!». - L’ho conosciuta che già era in carrozzina, anni fa, portava i guanti bianchi e mi chiedevo perché; poi il racconto da lei fatto a un convegno a cui ero presente mi ha svelaN. 59 - OTTOBRE 2008 LISDHA NEWS - 13 tà di oggi allontana la morte, il termine stesso di morte, con messaggi opposti: forza, bellezza, salute, successo, dinamismo ecc. Tutto questo però non resta in eterno e prima o poi il conto bisogna pagarlo. Quanto più riusciamo ad accettare questa realtà, quanto più riusciamo a parlarne con naturalezza, senza gesti strani o fuggendo, tanto più entriamo “in confidenza” con questa parola e sarà tutto di guadagnato per noi. Viceversa rimandando a dopo questo discorso, sarà più difficile. Morire – sembra scontato e facile da dire (ma non è così) – non è la fine di tutto. Si passa in un certo qual modo in un’altra stanza, in un’altra dimensione. È il “passaggio” da qua a là a mettere in difficoltà e a generare paura e timore nella maggioranza di noi. Molto spesso si assiste alla morte di qualcuno dei nostri cari (io l’ho sperimentato con mia madre) e il più delle volte è doloroso. Per chi lo vive e per chi assiste. Se cerchiamo di considerare questo momento della nostra vita in una Logica più alta, se ci fidiamo di Colui che ha permesso la nostra stessa esistenza (anche se povera e miserabile per chi vede da fuori), allora si può iniziare ad intravvederne il senso. Altrimenti tutto crolla ed è la disperazione. Possiamo però “allenarci”. Come nelle Olimpiadi: più intenso è l’allenamento, più importante sarà il risultato. Proviamoci. Non abbiamo nulla da perdere». - Lei è una testimone preziosa e i Suoi libri lo sono altrettanto: continuerà a scrivere e a comunicare con il prossimo nonostante i limiti che la malattia le impone? «Non lo so. Visto che il regista di tutto ciò che è successo finora è il mio Socio, aspetto segnali eventuali da Lui. Se Lui vorrà io ci sarò». - Grazie Chiara per il tempo che ci ha dato e per il messaggio che ci trasmette. «Grazie a voi». Alma Pizzi Dai suoi scritti Alcuni brani tratti dai due libri pubblicati da Chiara M. per le edizioni San Paolo: Crudele, dolcissimo amore e Oscura, luminosissima notte. Gli uomini sono infelici perché non sanno "aspettare" il tempo. Questo famigerato tempo che sembra sempre più tiranno. Non c'è tempo. Ho poco tempo. Sempre più si usano queste frasi. Tutto e subito. Così si brucia l'incanto di osservare, vedere realmente quello che sta attorno a noi, chi sta attorno a noi… la bellezza interiore di una persona all'apparenza insignificante. Il tesoro nascosto che c'è in ciascuno di noi e che alle volte pesa come una montagna perché non si riesce a donare. Sembra che a nessuno interessi ricevere dall'altro e nello stesso tempo, tutti cercano il tesoro. Siamo tutti matti. Questa frenesia vestita di vuoto sembra inghiottire ogni cosa. Il dolore è scartato ed invece è l'unica cosa veramente valida per riequilibrare il tutto. Mi rendo conto solo adesso un pochino a cosa mi sono serviti questi lunghi anni di convivenza con il dolore. Vestito di mille sfumature, osservato nelle sue mille sfaccettature o per meglio dire vissuto è il passe partout che mi permette di accedere ai cuori delle persone che mi telefonano o che mi vengono a trovare. Quando si parla di vivere il presente, si cerca di capire prima con la testa, poi si prova a metterlo in pratica, poi inizi a capirlo anche con l'anima. Ho un moto di repulsione davanti al film della mia vita quando vedo la demolizione di me attraverso questo schifo di nemico che è la malattia. Il suo lavoro è ineccepibile. E' una perfezionista in questo. Non manca un giorno. Ferie recuperi, scioperi per lei non esistono (…) assurdo, ma mi vergognavo. (…) E' passato del tempo, mesi, in cui c'è stata dentro di me questa lotta aspra, durissima. (…) Un po' alla volta mi sono in un certo senso riappacificata con me stessa. Non è stato facile per me accettare questa nuova realtà della carrozzina (…) Tutto mi si rivoltava dentro, un urlo silenzioso che non sapevo dove rivolgere. Mi sembrava che fosse l'inizio della fine. E la certezza che io "così" non avrei avuto più il coraggio di andare in giro. Lo so che può sembrare Non si può negare che c'è una sorta di divisione tra sani e malati. Due mondi paralleli, che però si possono incontrare in modo nuovo, in una reciprocità che non separa chi dà e chi riceve, ma li mette sullo stesso piano, in una condivisione più alta, più profonda, al di sopra della cosiddetta "diversità". Quando ancora camminavo il termine "disabilità" anche se scritto sui soliti certificati, lo avvertivo in modo diverso. Poi è arrivata la "quattroruote" e le cose sono cambiate e di molto. Adesso sono una vera disabile (…) Non tutti quelli che stanno in carrozzina hanno dei dolori fisici. (…) Il dolore scava, goccia, dopo goccia, la roccia della mia umanità. Togliendomi quello che in apparenza sembra indispensabile, mi apre porte sconosciute di conoscenza che altrimenti non avrei saputo in che modo trovare. Ho dovuto sprofondare molte e molte in abissi di dolore, schiacciata al punto da restare senza fiato, senza lacrime, con la sensazione che al posto dell'anima ci fosse un deserto. Ma solo adesso, solo dopo tutto questo, mi è permesso di entrare nella sofferenza degli altri, di arrivare dove molti non accedono… Avevamo raccontato la sua drammatica storia nel gennaio 2007. I l 24 luglio scorso su un quotidiano locale appare la notizia di un "disabile albanese annegato con la sua carrozzina nel lago a Gavirate" e l’articolo già lascia intuire che non può che trattarsi di un suicidio. A qualcuno viene subito in mente che l’uomo in questione possa essere il quarantenne Adrian Lule, da me intervistato per il Lisdha news nel gennaio 2007 e la cui immagine, in compagnia della moglie, compare sulla copertina del numero stesso. Una telefonata ad un amico comune e il dubbio si fa purtroppo subito certezza. All'epoca del mio incontro con lui, Adrian era per la verità molto depresso, per la situazione di inattività, per i dolori molto forti di cui soffriva, per le difficoltà economiche, per il "peso" che sentiva di costituire per gli altri, sia per i suoi familiari, che per la società che lo aveva accolto (e che non di rado gli faceva "pesare" il costo che lui "straniero e disabile" rappresentava) e, infine, per i continui problemi che incontrava, come “straniero”, nell’ottenere un’assistenza e delle prestazioni per lui essenziali. La sua invalidità molto grave (era tetraplegico) era dovuta ad un incidente avvenuto nel 2001 mentre si recava al lavoro in centro a Varese. Ciò gli avrebbe consentito di ottenere un risarcimento e una rendita, come infortunio sul lavoro, ma siccome all’epoca Adrian era ancora clandestino e perciò occupato irregolarmente, il suo datore di lavoro, per evitare guai, gli aveva fatto promettere, in cambio di una somma di denaro (che poi non è mai arrivata!) che non avrebbe dichiarato che si stava recando al lavoro. Poi il permesso di soggiorno l’aveva ottenuto, ma non la carta di N. 59 - OTTOBRE 2008 ADRIAN NON CE L’HA FATTA soggiorno che gli avrebbe dato diritto a ricevere l’indennità di accompagnamento e altre prestazioni per lui essenziali. Solo a breve avrebbe finalmente ottenuto, dopo tanti anni di attesa, anche questo documento; inoltre, ironia della sorte: pochi giorni dopo la morte di Adrian la Corte Costituzionale ha dichiarato (vedi articolo a pagina 6) l’illegittimità delle norme che condizionano l’indennità di accompagnamento al possesso della carta di soggiorno… Adrian era stato molto contento per l'intervista e aveva fatto avere alcune copie del Lisdha news ai suoi parenti rimasti in Albania. Così come - tramite l'Associazione Donatori del Tempo - era stato possibile fargli avere un materasso antidecupito di cui aveva bisogno. Tante comunque erano le difficoltà e le sofferenze che ogni giorno si trovava ad affrontare, e depressione e disperazione erano purtroppo le sue compagne abituali, che hanno portato al tragico epilogo della sua vicenda umana. Ricordo Adrian come un uomo semplice, che cercava in realtà dalla vita cose molto semplici e per il quale, sicuramente, la società che lo ha "accolto" avrebbe potuto fare di più. “Cercavamo braccia e sono arrivati uomini”, nel caso di Adrian, questa famosa frase di Max Frisch appare quantomai vera…. Mi piace infine ricordare Adrian attraverso le parole di Marco, un obiettore in servizio civile presso i Servizi Sociali a Gavirate, che subito dopo la morte ha indirizzato una lettera al quotidiano on line “Vareseweb”: “Insieme ai miei compagni prestavamo servizio Un primo piano di Adrian Lule domiciliare di assistenza a lui e alla sua famiglia. Anche se gli orari erano molto "extra" rispetto agli orari di servizio abituale, la visita a casa Lule era sempre piacevole. Pur trovando tanto dispiacere dentro di me nel portare servizio ad un ragazzo quasi mio coetaneo, nel pieno della sua vitalità, trovavo molto spesso anche l'opportunità per alcuni momenti piacevoli, scoprendo sul mio volto un sorriso, che poco prima di entrare non c'era. E conoscendo la sua storia, quei momenti avevano per me un valore ancora più grande. In questo momento in cui i ricordi positivi lasciano il posto all'amarezza e al dolore, vorrei ringraziarlo, Adrian. E con lui sua moglie Elisabeta e la loro bambina e alle tante le persone, che come loro, con le loro storie, hanno tanto, tanto da insegnare a noi italiani, bianchi, cattolici, regolari e con permesso di soggiorno.” Marcella Codini LISDHA NEWS - 15 ATTUALITÀ È annegato con la sua carrozzina nel lago di Gavirate ATTUALITÀ ATTUALITÀ ESPERIENZE Da pazienti psichiatrici ad attori Un’eccezionale esperienza mostra come sia possibile affrontare e sconfiggere la malattia mentale calcando il palcoscenico. N el 1999 il Dipartimento di salute Mentale di Massa Carrara ha deciso di offrire una nuova dimensione, un nuovo spazio, ai suoi pazienti. Li ha fatti salire sul palcoscenico del teatro e li ha fatti recitare: questo ha dato degli eccezionali risultati. L’avventura teatrale continua ancora oggi con tale successo da spingere gli organizzatori a dar vita alla Biennale “Teatr’Anch’Io” che – come vedremo – si svolge già dal 2003. Si tratta di un incontro che porta in primo piano il teatro impegnato e al quale partecipano sei compagnie teatrali provenienti da tutta Italia, selezionate da un’apposita giuria. Tutte le persone coinvolte in questa avventura hanno vissuto e continuano a vivere una bellissima esperienza, che ha rivelato le doti e le capacità altrimenti nascoste di molti pazienti psichiatrici. Nel ’99 gli attori potenziali si sono uniti per dare vita all’ Associazione Compagnia Teatrale “Sognando”, gui16 - LISDHA NEWS “SOGNANDO” VINCE IL PREGIUDIZIO dati da operatori e volontari del Dipartimento, oltre che – naturalmente – da un bravo e appassionato regista: Fernando Petroli. L’Associazione – è doveroso segnalarlo – nasce nell’ambito dei programmi socioriabilitativi integrati dell’Asl n.1 di Massa, che ha reso operativo presso il Centro Diurno della Città, un Laboratorio Teatrale per i pazienti con gravi limitazioni cognitive e relazionali in carico ai Centro di Salute Mentale di Massa e Carrara aperto alla cittadinanza. Fin dall’inizio il Laboratorio si è trasformato in una fucina culturale e creativa significativa, capace di elaborare progetti condivisi e solidali, tesi a modificare l’atteggiamento di pregiudizio nei confronti dei portatori di disagio mentale.“Siamo una scommessa – afferma Remigio Raimondi, direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl 1 di Massa - perché le persone che recitano sono pazienti gravi, con diagnosi severe, che hanno avuto la fortuna di essere guidati da un regista capace. Quanto all’idea di allestire una Biennale – continua Raimondi - è nata negli anni, vedendo i risultati dell’impegno nell’attività teatrale. Per la prima edizione, nel 2003, le risorse erano poche, poi abbiamo cominciato a crescere e a riscuotere consensi. I lavori, quindi, sono sempre più pregevoli. E’ importante anche il lavoro di rete che si è attivato sul territorio, coinvolgendo comuni, province, il settore privato. L’intento è dare la possibilità ai pazienti coinvolti di emanciparsi dai dipartimenti, di perseguire l’autonomia. Le sei compagnie selezionate per prendere parte alla Biennale devono essere sempre composte in maggioranza da pazienti psichiatrici”. Aggiungiamo che la Biennale intende proporre a livello internazionale un’immagine della malattia mentale alternativa, dove desideri, aspettative e voglia di normalità prevalgano sulla dimensione medica. “Questo progetto – conclude Raimondi - si inserisce in una più ampia visione della vita globalizzata, in cui i ritmi affrettati costringono alla solitudine molte persone, che segretamente anelano comprensione e scambio di calore umano. Per conoscere meglio i diversi aspetti di questa esperienza, abbiamo parlato con Annamaria Glavina, referente del N. 59 - OTTOBRE 2008 Dipartimento di Salute Mentale Asl 1 di Massa Carrara e Direttore Artistico della compagnia Sognando. - Partiamo dall’origine, ovvero l’idea di fondare una compagnia teatrale formata da persone con dei disagi psichici o fisici. «Abbiamo iniziato nel 1999. Si è proprio pensato di fare una cosa che potesse servire ai nostri ragazzi e abbiamo deciso di iniziare con il teatro teatro, senza parlare di teatro-terapia. Naturalmente all’inizio c’era molto timore, anche i ragazzi avevano paura di non essere in grado di imparare … magari di non essere in grado di salire sul palcoscenico. Così abbiamo detto: proviamo e vediamo come va. Ed è andata benissimo!» - Qual è il dipartimento di Massa Carrara per il quale lavorate? «Il nostro è il Dipartimento di salute mentale. Abbiamo tanti pazienti da seguire. Abbiamo detto: proviamo a fare del teatro con un copione. E così è stato. Abbiamo individuato un gruppo di nostri ragazzi tra i 30 e i 50 anni e gli abbiamo presentato quest’idea. Si tratta di ragazzi seguiti dal servizio, tra l’altro con patologie molto serie. Avvicinandosi al teatro hanno riacquistato la loro dignità: la loro vita precedente li vedeva chiusi in casa, dove non si prendevano cura di se stessi. Poi, piano piano, avvicinandosi al teatro, frequentando questa nuova dimensione, anche andando in tournée, piano piano sono tornati alla vita». - Con quante persone avete lavorato in questi anni? «Dal ’99 ad oggi abbiamo avuto una cinquantina di ragazzi. Qualcuno poi ha lasciato perché è stato inserito nel mondo del lavoro, oppure ha lasciato perché non gli interessava più continuare. Non è un’esperienza che viene imposta, è una cosa che si fa liberamente». - Quando decidete di andare in scena dove trovate i testi da rappresentare, quali sono gli autori che scegliete? «Abbiamo iniziato con diverse cose di Scarpetta e abbiamo fatto “Sabato Domenica e Lunedì” di Eduardo De Filippo, adattandola alla lingua italiana dal dialetto napoletano. La nostra prima rappresentazione si è basata su un testo di Maria Raffaella Cuomo Lanzara. Ci sono stati poi due lavori di Emilio Calieri, quindi – come dicevo – di Scarpetta e De Filippo. L’anno scorso è stata la volta di “Caviale e lenticchie” di Scarnicci e Tarabusi e quest’anno porN. 59 - OTTOBRE 2008 tiamo in scena la commedia di un autore poco conosciuto: Raffaele Cécere, originario delle Marche. Cécere è venuto alla nostra prima al Teatro Guglielmi, ha partecipato molto volentieri! Di proposito scegliamo un testo brillante: non vogliamo portare in scena ansia, tristezza. Abbiamo trovato un regista che è eccezionale, Fernando Petroli. Lui era completamente estraneo al discorso psichiatrico, pur conoscendo il problema. Lavora da 40 anni a livello amatoriale. Gli abbiamo proposto di darci una mano e ha accettato con entusiasmo: con i ragazzi si trova benissimo, altrettanto i ragazzi con lui, quindi è un ottimo connubio». a un tavolo. Ripetiamo la lettura seduti per 4, 5 volte, quindi lo facciamo in piedi. A questo punto interviene il regista. La prima volta c’è proprio l’analisi del copione: il regista – appunto – spiega ad ognuno il personaggio, come deve essere, cosa bisogna fare e perché». - Come inizia il vostro lavoro di ricerca del testo che porterete in scena? «Andiamo su Internet sul sito gt.tempo: dobbiamo tener conto di diversi fattori, come quello del numero. Siamo una compagnia abbastanza numerosa, di 18 persone: alcune sono solo comparse e 12/15 gli attori che hanno proprio una loro parte. E’ quindi già una difficoltà trovare il copione con15 personaggi. Poi che sia brillante. Quindi iniziamo a scegliere e leggere i testi, per verificare che siano adattabili alla nostra realtà. Ad esempio, se c’è un dialogo molto lungo il registra cerca di “sforbiciarlo” per renderlo più recitabile. Inoltre tra gli attori c’è chi riesce ad interpretare un testo più lungo e chi fa un po’ di fatica in più». - Vi spostate molto? Il tour del 2008 dove vi ha portati? «Oltre alle zone limitrofe, come Forte dei Marmi o la zona di Carrara, abbiamo un’agenzia che ci fa lavorare per dare dei contributi ad altri disabili. Andiamo così a Genova, a Livorno, a Pisa, a Firenze. Siamo stati anche a Roma, invitati in un altro Festival nell’ambito del quale abbiamo offerto la nostra collaborazione. Siamo stati a Carpi, in provincia di Campobasso, a Folgaria, a Pontremoli e altrove. Abbiamo girato abbastanza». - Il vostro lavoro ha il patrocinio di molte persone, tra le quali anche il Presidente della Repubblica. In cosa consiste questo patrocinio? «Dunque, il Presidente della Repubblica ci manda due medaglie con valore rappresentativo, gli altri inviano alcune righe scritte in cui affermano di apprezzare il lavoro che facciamo. Abbiamo tutto agli atti. Anche il Presidente del Parlamento Europeo ci offre il suo appoggio». - Avete avuto ospiti noti nel corso della Biennale? «Sì, per esempio l’anno scorso, nell’ambito della Terza Biennale, abbiamo avuto Simone Cristicchi». - Torniamo alle rappresentazioni teatrali messe in scena dalla Compagnia. Si tratta di un lavoro molto impegnativo: quanto tempo è necessario per realizzare una commedia? «In genere iniziamo a gennaio con il copione già pronto: facciamo la prima lettura da seduti, riunendoci tutti attorno - Come viene fatto in una vera e propria opera teatrale … «Sì, anche se il nostro può essere definito un laboratorio. Iniziamo a gennaio e, in genere, facciamo una prima rappresentazione entro i primi 15 giorni del mese di giugno successivo. Deve essere un sabato e la scena è il nostro teatro comunale di Massa. Dopodichè portiamo in giro la nostra commedia». - Tutti gli attori della Compagnia sono felici di prendere parte a questa esperienza. «Sì, vengono molto volentieri e partecipano con grande entusiasmo. Devo ripetere il caso di un ragazzo che è con noi proprio dall’inizio, ovvero dal ’99: prima non usciva di casa se non accompagnato, non permetteva a nessuno di avvicinarlo né di toccarlo. Oggi racconta barzellette, partecipa con gioia alle cene della Compagnia, viene da solo alle prove – le facciamo tre volte alla settimana e ogni volta durano tre ore – per cui si muove con i mezzi pubblici, si è fatto l’abbonamento e come lui anche altre persone». In questo modo voi raggiungete l’obiettivo della vostra questa entusiasmante “missione”. Complimenti. Chiara Ambrosioni Per avere ulteriori informazioni sulla compagnia rivolgersi a: Compagnia Teatrale Sognando Via Marina Vecchia, 74 54100 Massa tel. 0585/493092, [email protected]. www.superando.it LISDHA NEWS - 17 FISCO ATTUALITÀ ESPERIENZE Recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate DETRAZIONI CHE PREMIANO LA MOBILITÀ Le regole da seguire per avere diritto alla detrazione del 36% per interventi che favoriscono la mobilità interna ed esterna all’abitazione a favore di persone portatrici di handicap grave. C on due recenti interventi l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti con riferimento a due casi pratici, prospettati da due contribuenti, relativi all’installazione di un montascale e di un ascensore. Installazione del montascale E’ stato analizzato il caso di un contribuente disabile che ha installato, interamente a proprie spese, previa autorizzazione dell’assemblea condominiale, un montascale per accedere al piano garage. E’ stato confermato che la spesa sostenuta è classificabile fra gli interventi edilizi sulle parti comuni di 18 - LISDHA NEWS edifici residenziali finalizzati a rimuovere le barriere architettoniche (art. 1 L. 449/97) e pertanto rientra fra quelle che possono beneficiare delle detrazione fiscale del 36% delle spese sostenute, entro un tetto massimo di spesa (su cui applicare la percentuale di detrazione) di 48.000 euro. In particolare è stato chiarito che il contribuente disabile ha diritto ad applicare la detrazione del 36% sull’intero importo della spesa da lui sostenuta (entro il citato limite di 48.000 euro) e non solo sulla quota di spesa calcolata in base alla tabella millesimale condominiale (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 336 del 1.8.2008). Installazione dell’ascensore Ad un'altra tipologia di intervento su parti comuni di un edificio, finalizzato all’abbattimento delle barriere architettoniche, il fisco ha invece riservato una diversa interpretazione. In particolare è stato affrontato il caso di un condomino che intendeva installare, interamente a proprie spese, un ascensore nel pozzo di luce condominiale. In tal caso l’Agenzia delle entrate ha specificato che la detrazione del 36%, prevista per le opere finalizzate all’eliminazione delle barriere architettoniche, come è da considerarsi quella di installazione dell’ascensore, può essere fruita sull’importo N. 59 - OTTOBRE 2008 della spesa sostenuta (sempre con il limite massimo di spesa di 48.000 euro) in base alle tabelle millesimali di proprietà (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n.264 del 25.6.2008). Il fisco ha giustificato tale differenza di trattamento affermando che l’ascensore diviene oggetto di proprietà comune (dato che è installato in un parte comune dell’edificio) e quindi è utile ed utilizzabile da tutti i condomini, il montascale invece è necessario solo al disabile che lo ha installato. Gli altri condomini non hanno né la necessità né l’interesse ad utilizzare tale mezzo d’ausilio. Detrazione del 36% per gli interventi che favoriscono la mobilità nell’abitazione Al riguardo pare opportuno precisare che danno diritto alla detrazione del 36 % delle spese sostenute (da fruire nella dichiarazione dei redditi, in 10 quote annuali di pari importo) oltre agli interventi sugli immobili finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche anche quelli destinati alla realizzazione di qualsiasi strumento che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo di tecnologia avanzata, sia adatto a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione per le persone portatrici di handicap gravi (art. 3 comma 3 L. 104/92). La specifica detrazione del 36% compete solo per le spese sostenute per realizzare interventi sugli immobili. Non compete cioè per il semplice acquisto di strumenti, anche se diretti a favorire la comunicazione e la mobilità interna ed esterna, quali telefoni a viva voce, schermi a tocco, computer, tastiere espanse. Tali beni, comunque, appartenenti alla categoria dei sussidi tecnici e informatici, possono fruire, alle condizioni previste dalla normativa, della specifica detrazione del 19%. Per non rischiare di perdere il diritto alla detrazione del 36%, occorre però fare attenzione ad una serie di adempimenti da porre in essere, fra cui: - l’invio della comunicazione di inizio lavori, redatta su apposito modello, al centro operativo dell’Agenzia delle entrate di Pescara e all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio (unitamente alla documentazione relativa all’intervento, che può essere sostituita con una autocertificazione che attesta il possesso di tali documenti e la disponibilità ad esibirli a richiesta degli uffici fiscali); - il pagamento mediante bonifico (bancario o postale) con indicazione della causale del versamento, del codice fiscale del committente e del beneficiario del pagamento (esecutore dei lavoro). Per maggiori informazioni in merito si può fare riferimento alla guida dell’Agenzia delle Entrate Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali sul sito internet www.agenziaentrate.it (attraverso il percorso Documentazione – Guide fiscali – Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali – pdf) anche reperibili in formato cartaceo - in distribuzione gratuita - presso gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate. Francesco Gentile LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER DISABILI Pubblicata la guida dell’Agenzia delle Entrate L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Guida alle agevolazioni fiscali per i disabili aggiornata con la normativa in vigore a maggio 2008. Il documento può essere consultato sul sito internet www.agenziaentrate.it, attraverso il percorso Documentazione – Guide fiscali – Guida alle agevolazioni per i disabili (oppure direttamente all’indirizzo http://www.agenziaentrate.it/ilwwc m/connect/Nsi/Documentazione/Gu ide+Fiscali/ cliccando poi Guida N. 59 - OTTOBRE 2008 alle agevolazioni per i disabili – pdf) Copia cartacea della stessa può essere reperita – in distribuzione gratuita – anche presso gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate. Vengono trattate le agevolazioni relative all’acquisto e al mantenimento dei veicoli, dei mezzi di ausilio, dei sussidi tecnici e informatici, all’abbattimento delle barriere architettoniche, alle spese sanitarie e di assistenza personale oltre alle specifiche detrazioni previste per figli a carico portatori di handicap. LISDHA NEWS - 19 ESPERIENZE Incontro con Antonio Pellizzaro IL CORAGGIO DI RIMETTERSI IN GIOCO La riduzione drastica e improvvisa della capacità visiva, specie in età adulta, comporta tantissime difficoltà sia a livello personale che lavorativo. Nonostante il verificarsi di un evento traumatico Antonio Pellizzaro, grazie alle propria volontà e ad una fede profonda e consapevole, ha trovato la forza di reagire e di affermarsi professionalmente attraverso l'apprendimento della tecnica dello shiatsu. I sacrifici che Antonio ha dovuto affrontare per divenire un operatore di trattamenti shiatsu non sono stati pochi. Gli spostamenti quotidiani a Milano, la necessità di riprendere un percorso di apprendimento sia pratico che teorico, hanno costantemente accompagnato il cammino di formazione intrapreso. Tutt'oggi, Antonio non nasconde le difficoltà che incontra nello spostarsi per poter svolgere i trattamenti anche a Cantello oltre che a Golasecca, dove risiede con la moglie e il figlio, ma ha le idee chiare sui motivi che sono stati alla base della sua scelta lavorativa e sull'importanza che la tecnica dello shiatsu potrebbe avere nel consentire un'ulteriore possibilità di inserimento a favore dei minorati della vista. 20 - LISDHA NEWS - Antonio cosa l’ha spinta a intraprendere l’esperienza professionale come operatore di trattamenti shiatsu? «Il motivo principale che mi ha spinto ad intraprendere questa strada è lo spunto derivato dalla perdita della vista. Mi sono chiesto cosa mi sarebbe piaciuto fare e mi sono orientato verso un’attività che desse particolare importanza alla relazione con la persona. Da ragazzo ho iniziato a lavorare come attrezzista ed ero soddisfatto. Intorno ai venticinque anni è nato in me il desiderio di svolgere una professione che fosse maggiormente rivolta al sociale. Ho intrapreso degli studi che mi hanno condotto al conseguimento della qualifica di operatore di comunità. La perdita successiva della vista, in seguito ad una retinite bilaterale, mi ha indotto a ripensare nuovamente la mia attività lavorativa. Si sono prospettate due possibilità: andare a Firenze per frequentare il corso di fisioterapia per ciechi o scegliere un’altra via come poi ho effettivamente fatto». - Quali tipi di corsi ha frequentato per apprendere la tecnica necessaria? «Nel 2001 ho frequentato a Milano un corso intensivo promosso dalla Regione ed organizzato dall’Accademia Italiana Shiatsu-do riservato ai disabili visivi e non che mi ha consentito di ottenere il diploma di operatore shiatsu. Successivamente ho frequentato dei corsi di aggiornamento». N. 59 - OTTOBRE 2008 - Come si definisce lo shiatsu? «Lo shiatsu è una digito pressione eseguita al fine di raggiungere un naturale processo di autoguarigione connesso al generale miglioramento della vitalità. Genera una miglior qualità della vita qualsiasi sia l’età, la condizione e lo stato di benessere/disagio dei soggetti coinvolti». - Lo shiatsu in Italia è considerato un rimedio medico? «No, non c’è alcun riconoscimento in questo senso. Lo shiatsu non è una terapia alternativa, non è una medicina non convenzionale, non è un massaggio terapeutico, sportivo od estetico». - Come si svolge in pratica il trattamento? «Da subito cerco di creare le condizioni ottimali perché la persona che si sottopone al trattamento si senta il più possibile a proprio agio. Un elemento che per alcuni favorisce ulteriormente la propria tranquillità è costituito dal fatto che, di norma, non è necessario che la persona tolga i propri abiti. E’ sufficiente indossare vestiti che non creino costrizioni. Generalmente i trattamenti shiatsu avvengono su specifici materassini posti al suolo. Personalmente ho scelto di effettuare i trattamenti utilizzando un lettino su cui ci si può sdraiare comodamente». - Quali sono le maggiori difficoltà che ha incontrato nella sua esperienza? «È importante utilizzare al meglio la propria sensibilità per creare un’intesa fra l’operatore e la persona seguita, fra ciò che la persona desidera e quello che si è pronti a dare. Trovare un equilibrio in questo senso è davvero impegnativo ma altrettanto gratificante». - E le maggiori soddisfazioni? «Sono soddisfatto nel momento in cui capisco che la persona coinvolta nei trattamenti ha tratto del beneficio. Ritengo che sia fondamentale cercare di aiutare gli altri a raggiungere un equilibrio psico-fisico che consenta loro di meglio affrontare la vita di tutti i giorni». - Esiste al momento un albo di operatori shiatsu? «Per il momento no. Non esiste uno specifico albo professionale. In teoria chiunque potrebbe improvvisarsi come operatore di trattamenti shiatsu. La Regione Lombardia rilascia degli attestati. Questo rappresenta sicuramente un buon segnale che fa sperare N. 59 - OTTOBRE 2008 in una prossima regolamentazione del settore». - Pensa che lo shiatsu possa rappresentare uno sbocco professionale adatto per i disabili visivi? «Certamente, una maggiore sensibilità tattile, prerogativa di chi soffre di problemi alla vista, può rappresentare sicuramente un vantaggio. Rimane comunque ferma la necessità che l’operatore in prima persona dimostri buone condizioni fisiche e una giusta disciplina mentale e comportamentale». - A suo parere potrebbe essere auspicabile un inserimento lavorativo preferenziale per minorati della vista che svolgono la sua professione? «Questa eventualità rappresenterebbe un grande passo in avanti per aiutare un numero crescente di disabili visivi che ne abbiano la capacità e la predisposizione a entrare stabilmente nel mondo del lavoro. Punto irrinunciabile a tutela degli utenti e delle professionalità più valide sarebbe comunque la predisposizione di prove di esame con inserimento in particolari liste che legittimano all’assunzione attraverso la struttura del collocamento». - Questo tipo di corsia preferenziale dove sarebbe a suo parere maggiormente praticabile? «Le strutture ospedaliere rappresenterebbero sicuramente una via di ingresso privilegiata per uno sbocco lavorativo di questo genere. Per quel che mi risulta sono in corso alcuni esperimenti in tal senso nell’area del milanese. Non è neppure da sottovalutare l’importanza che anche alcune strutture private come le palestre e i centri benessere potrebbero apportare per l’affermarsi di una nuova figura professionale come l’operatore shiatsu. Per chi come me preferisce gestire in maniera molto personale il rapporto con i clienti rimane primaria la scelta di lavorare come libero professionista. L’esempio della Cina in cui gli operatori shiatsu non vedenti sono privilegiati dal punto di vista delle assunzioni potrebbe essere molto significativo per l’adozione di misure simili anche in Italia». - Se la sente di tirare le somme dell’attività finora svolta e di lanciare un messaggio di speranza a tutti i nostri lettori? «Il mio personale bilancio è decisamente positivo. Nel corso di questi anni mi sono notevolmente arricchito sia dal punto di vista esperienziale che da quello umano. Il contatto costante e non superficiale con le persone mi ha fatto crescere notevolmente, stimolandomi spesso ad effettuare cambiamenti ed adattamenti. Si tratta certamente di una professione impegnativa ed estremamente “variabile”, almeno tanto quanto le persone che sinora ho incontrato. Insomma non c’è davvero il tempo di annoiarsi. Mi sento di esprimere un messaggio di speranza dettato dalla possibilità di cambiamento presente in ciascuno di noi che ci consente di affrontare e spesso “ribaltare” anche situazioni di stallo prolungate o periodi di grosse fatiche e sofferenze. L’incontro positivo con l’altro ci migliora e ci trasforma sempre». Davide Orazi LO SHIATSU E I DISABILI VISIVI Un rapporto in evoluzione In Italia non esiste una specifica normativa che consenta agli operatori shiatsu con disabilità visiva di accedere in via preferenziale a incarichi lavorativi all’interno delle strutture sanitarie. Per arrivare a un risultato di questa portata necessiterebbe sia una modifica normativa relativa alle leggi nell’ambito del collocamento mirato, sia una regolamentazione più specifica di questa disciplina. E’ la stessa natura dello shiatsu a non permettere un’assimilazione all’interno del campo clinico. Ciò infatti sarebbe incompatibile con la visione occidentale della medicina e porterebbe a un inutile appesantimento dal punto di vista burocratico. Una esplicita regolamentazione dello shiatsu come specifica disciplina potrebbe invece portare a una maggiore garanzia per tutti coloro che si rivolgono a questo rimedio con l’aspettativa di trarne beneficio. In passato percorsi professionali sono stati riservati a disabili ma ancora molto resta da fare. Chi fosse interessato a ricevere informazioni più dettagliate può contattare Antonio Pellizzaro al numero 0331/958003. D. O. LISDHA NEWS - 21 ESPERIENZE Quando l’arte cambia la vita… LA POESIA DEI MIRACOLI Stefano Busti, quarantenne di Cunardo, colpito da sclerosi multipla a metà degli anni Ottanta, ha scoperto nella poesia un prezioso strumento di espressione e comunicazione mediante il quale ha trovato anche l’amore. Oggi, pur nelle difficoltà causate dalla malattia, è sereno grazie anche alla delicata ma solida presenza di Simona, la sua ragazza. P oesia deriva dal verbo greco “poiein” che significa “fare”. Essa è l’arte di esprimere in versi esperienze, idee, emozioni, fantasie. Ma è anche la capacità di muovere l’animo umano e di suscitare negli altri emozioni e fantasie diverse. E’ un linguaggio universale molto peculiare perché chi legge può abbandonarsi ai versi interpretandoli liberamente, facendoli propri, aderenti al proprio vissuto, caricandoli di significati personali. La poesia è magia: trasfigura la realtà di chi scrive ed è sogno per chi viaggia con il cuore, grazie alla graffiante dolcezza di una sequenza di parole scelte o sgorgate spontaneamente. E’ un “fare” mediante parole. In questo senso, la poesia è anche tera22 - LISDHA NEWS pia: valvola di sfogo, sublime evasione da una realtà a volte troppo cruda. - Sono contenta di poterti intervistare, Stefano. So che sei affetto da sclerosi multipla ma non molto di più… quando te ne sei accorto? «La malattia si è stranamente manifestata molto presto quando ero adolescente. Frequentavo la seconda ragioneria a Luino e stavo bene. Poi, all’improvviso, verso la fine del mese di novembre del 1983, ho avuto una gastroenterite ed altri disturbi quali febbre, vertigini, stanchezza, diplopia (sdoppiamento della vista), vomito. Sono rimasto circa un mese a letto, curato da mio papà, all’epoca medico-chirurgo presso l’ospedale di Cittiglio. Come spesso accade, i sintomi iniziali di questa malattia non erano specifici e quindi la diagnosi risultava particolarmente complicata». - Poi, cosa è successo? «Un collega neurologo interpellato da mio padre, sulla base dei soli sintomi riferiti, aveva avanzato l’ipotesi che si potesse trattare di sclerosi a placche. Tuttavia, a fine dicembre, mi sentivo abbastanza bene, quindi mi sono alzato dal letto e sono tornato a scuola. All’epoca, questa malattia era poco conosciuta, i miei sintomi erano gli stessi di altre patologie ed io personalmente non avevo dato molto peso a quella diagnosi…» N. 59 - OTTOBRE 2008 - La conferma quando ti è giunta? «Nell’85 sono stato ricoverato presso il reparto di neurologia dell’ospedale di Gallarate per effettuare un accertamento diagnostico. Mi hanno praticato la lombare e la tac: i risultati, però, erano contrastanti. In seguito, per fare chiarezza, sono stato sottoposto a risonanza magnetica presso la clinica privata S. Pio X a Milano. Il referto cartaceo che mi è giunto a casa, confermava, purtroppo, la presenza della malattia». - Come è stato l’impatto? «Lì per lì, non mi sono disperato. A quel tempo, mi sentivo bene, non avevo mai avuto occasione di fare esperienza di questa malattia attraverso l’incontro con altri malati e non mi sono troppo preoccupato delle conseguenze. Nei dieci anni successivi, però, c’è stato un notevole peggioramento e nel 1994, superata la mia forte avversità per la sedia a rotelle grazie all’intervento della mia prima ragazza, ho accettato di usare la carrozzina. Tuttavia, ancora oggi, non sono del tutto paralizzato: muovo le mani e le braccia abbastanza bene e riesco a stare in piedi appoggiandomi a persone o aggrappandomi ad oggetti». - E a scuola, con gli amici? «Per fortuna, all’inizio, la malattia non era così evidente, né così invalidante. I miei genitori sono stati molto presenti e mi hanno sempre aiutato. Però, nel pieno dell’adolescenza, la consapevolezza di essere ammalato - che riaffiorava nonostante i tentativi di rimozione - ha certamente pesato. La tristezza che mi assaliva, il bisogno di essere apprezzato e di dimostrare che valevo, il desiderio frustrato di vivere una storia d’amore, hanno trovato nella poesia un balsamo prodigioso». - E’ dunque in quel periodo che hai iniziato a comporre poesie? «Ho incominciato per gioco con un mio compagno di classe: abbiamo scritto una frase per ciascuno e poi per compito a casa ci siamo impegnati a scrivere una poesia. E’ così che, nell’aprile del 1984, è nata la mia prima poesia: “Luce del buio”». LUCE DEL BUIO “Uno squarcio di luce irraggiungibile… Una volontà inesistente… E penso a colui che mai sarò” N. 59 - OTTOBRE 2008 - Decisamente incisiva e sintetica, anche se oggi non mi pare che tu non sia determinato… «Il carattere si è rafforzato nel tempo, anche se sono sempre stato testardo. Nello stile, mi ha profondamente influenzato il movimento dell’ermetismo ed in particolare Ungaretti. Ad oggi, sono state pubblicate ben cinque raccolte di poesie: “l’Arcolbaleno” 1987- “Il silenzio attorno” 1989- “La porta dei sogni” 1992- “Il vento tra i rami” 1993 ed “In fondo al cuore di quest’uomo” nel 2004. Nel 2003, ho anche inciso un Cd intitolato “Femmina Italiana”che raccoglie alcune mie canzoni. Ho avuto anche l’opportunità di realizzare una decina di spettacoli a Varese e dintorni nei quali alla recitazione di miei componimenti da parte di attori si alternava l’interpretazione delle mie canzoni. Oltre naturalmente alla mia famiglia, devo ringraziare, in particolare, alcuni miei preziosi collaboratori: le cantanti Anna Borriello e Lilli Gregori, gli arrangiatori Riccardo Bricchi e Sante Palumbo e l’attrice di Cunardo Silvia Sartorio. Nel 1989 ho scritto, poi, una sceneggiatura per un film dal titolo “Io con le ragazze ho sempre avuto i miei problemi” che, in futuro, spero di poter vedere rappresentata, anche, previo adattamento, sul palcoscenico di un teatro». - Invece, ad un certo punto, l’amore è arrivato… «Sembra una fiaba… nel 2000, sono stato invitato per un’intervista presso la scuola media di Cunardo. Oltre alla pubblicazione di un articolo che mi riguardava sul giornalino della scuola, ho avuto l’immenso privilegio di vedere la mia vita e le mie opere inserite nel programma degli esami di terza media. Ma non è tutto! Durante l’incontro con insegnanti ed alunni, ho conosciuto Simona… Si era trasferita a Cunardo da Gallipoli in seguito alla prima nomina nella scuola per l’anno 1999/2000. Tornata nella sua città per le vacanze estive, mi ha scritto una cartolina che lasciava trasparire, senza ombra di dubbio, il suo interesse per me. Ci siamo sentiti per telefono e con l’inizio del successivo anno scolastico, sono andato a trovarla nella sua abitazione di Cunardo. Verso la fine di settembre, ci siamo fidanzati ed eccoci qui, dopo otto anni, ancora insieme». UN CORPO DI DONNA “Scontato paragonare un corpo di donna al sottile segreto che cela un sogno Anche banale forse sognare di sfiorarle le labbra con le tue Che cos’è? Spaventa forse Sembra la voglia di trovare un po’ di luce che ti riscaldi un istante così freddo Sembra Sembra il silenzio Ed è più bello del buio Poi quando ti tende le braccia scoprendo i suoi sogni Non hai più voglia neanche di parlare Un lago alpino non ti spaventa di più Un lago alpino non ti affascina di più E gli occhi Quegli occhi che incastonano un viso di diamante E ogni volta sorprende di più No Un paragone non ha senso di esistere Un fiore non è un corpo di donna Ma un corpo di donna si Lui può essere un fiore Il fiore più strano Il fiore più bello che in un giardino vive Il tramonto più rosso non dirà mai le frasi che sussurra il corpo di una donna Un mondo di segreti che non lasciano il tempo di respirare Che non lasciano il tempo neanche di ringraziare Solo amare Amare E la nebbia non fa più paura E le parole tremano un po’ E poi Quelle gambe Non le avevi viste mai così vicine” Stefano Busti LISDHA NEWS - 23 - Simona, cosa ti ha colpito di Stefano? « Le sue battute, come si rapportava con gli altri. Sono stata attratta da lui fin dal primo incontro a scuola. La carrozzina, su cui già allora era costretto, non l’ho mai nemmeno considerata: era come se non ci fosse. E’ incredibile, ma ho sempre pensato ad un ragazzo così… e l’ho trovato!» - Stefano, come trascorri la giornata? «Alla mattina mi reco all’ospedale di Cittiglio dove sono impiegato presso l’ufficio cartelle cliniche. Per fortuna, posso ancora guidare in autonomia l’automobile; ho solo necessità di qualcuno che mi aiuti a salire e scendere dal mezzo ed a riporvi e prelevare la carrozzina. Nel pomeriggio, al termine del lavoro, mi reco direttamente in auto a prendere Simona a casa ed insieme facciamo delle piccole gite. Se il tempo lo consente, ci rechiamo a Grantola o a Gavirate dove ci sono delle belle piste ciclabili; d’inverno, frequentiamo i centri commerciali di Cuvio, Gavirate e Cocquio Trevisago. Mi piace anche leggere e guardare dei buoni film. Sia io che Simona ci troviamo molto bene al lavoro ed abbiamo intrecciato ottime relazioni amicali. Inoltre, ho la fortuna di avere una bellissima e grande famiglia: per ora, infatti, vivo ancora con i miei genitori e mia nonna materna; sotto di noi abita mio fratello minore Gianmarco che ha due belle bambine Cecilia e Maddalena. L’altro mio fratello, Alessandro, che ha una bimba di nome Valentina, abita a Milano, ma viene spesso a trovarci. Insomma, non si può proprio dire che io soffra di solitudine». - Quale è il tuo attuale stato di salute? «In realtà, non ho dolori, la vista è buona e la memoria anche. Solo, non riesco a camminare ed ho qualche difficoltà a muovere gli arti superiori anche a causa del tremore che aumenta, in special modo, quando decido di compiere un gesto: si tratta del “tremore intenzionale”. Ti sembrerà incredibile, ma non assumo nessun farmaco. Il decorso della malattia, ora, sembra, per fortuna, quasi invisibile… certo, sono arrabbiato: non riesco a camminare e non capisco il perché di quanto mi è accaduto! So che Dio c’è, cerco le risposte, ma non le trovo… anch’io, come Ungaretti, bramo Dio». - Fisioterapia? «Da due anni, una volta alla settimana, mi reco a Varese, presso il 24 - LISDHA NEWS centro Olos di viale Aguggiari e pratico feldenkrais, una ginnastica dolce dalla quale traggo rilevanti benefici. Per fortuna, grazie al fatto che sono socio dell’Aism (associazione italiana sclerosi multipla) con la quale il centro è convenzionato, sostengo unicamente un terzo del costo del corso». - A chi si deve rivolgere chi desiderasse acquistare un tuo libro? «Purtroppo, per ora, i miei libri non si trovano nelle comuni librerie. Pertanto, chi desiderasse acquistarne uno, può tranquillamente telefonare al seguente cellulare: 335/6841331, oppure recarsi a Varese nella gioielleria “Cose preziose” presso il centro commerciale “Le Corti” dove vengono distribuiti». Salutiamo e ringraziamo per la disponibilità Stefano e Simona ai quali facciamo i nostri più affettuosi auguri per un futuro davvero speciale, ricco di amore e di poesia! Maria Cristina Gallicchio N. 59 - OTTOBRE 2008 MOBILITÀ Manca un'informazione corretta COSA CERCA IL TURISTA DISABILE Non bastano le guide create faticosamente dalle associazioni per dare al turista indicazioni sull'accessibilità, occorre che siano i normali opuscoli "turistici" stampati dagli enti locali a riportare queste informazioni. A bbiamo provato a fingerci "turisti in carrozzina" arrivati a visitare la città di Varese. Ci siamo quindi rivolti all'ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica (quello che in tutte le città è identificato con una grossa i minuscola). A Varese si trova in pieno centro nello stabile della Camera di Commercio ed è raggiungibile solamente superando una scala di ben 12 gradini; infatti non esiste ascensore o servoscala. C'è un'impiegata e, su un espositore, una quantità di depliant che decantano le bellezze dei diversi luoghi di interesse (castelli, musei, parchi, ecc..) della città o situati nelle varie località del Varesotto. Naturalmente vi sono indicazioni di orari e del come raggiungere questi luoghi: nulla invece è dato di sapere circa la possibilità effettiva di accesso da parte di persone con difficoltà di deambulazione. Nel caso specifico esiste la Guida all'accessibilità "Varese per tutti" edita meritoriamente dal Cesvov (Centro di Servizi per il Volontariato della provincia di Varese) ma questa non fornisce quanto è necessario: sia per l'incompleta elencazione dei posti visitabili, sia per l'informazione che è ridotta, come avviene per le guide di altre città, a semplici sim- N. 59 - OTTOBRE 2008 bolini "semaforici". Ora, chi vive il mondo della disabilità sa per certo che esistono svariate forme di handicap; ci sono i disabili "fisici" con situazioni molto diverse: da chi si serve di stampelle a chi si serve di carrozzina manuale o addirittura elettrica; ci sono i disabili sensoriali, in particolare i ciechi e i non vedenti con tutt'altre necessità. Riteniamo che debba essere l'ente pubblico, cioè il Comune o la Provincia, o gli enti che si occupano di promuovere la conoscenza dei luoghi di interesse ad inserire nelle proprie pubblicazioni le informazioni quanto più dettagliate circa l'accessibilità. Starà poi al disabile valutare l'effettiva possibilità di accedere alla struttura in base alle proprie limitazioni e alle proprie possibilità di essere accompagnato o meno. Certamente l'interessato conoscerà peso e dimensioni del proprio mezzo di locomozione per valutare se l'ampiezza delle porte "critiche" è sufficiente o se la portata del servoscala ne consente l'imbarco (una persona in carrozzina elettrica può arrivare anche a 200 kg). Sarebbe sufficiente che, al termine della descrizione delle bellezze e dei valori storici del sito di cui viene proposta la visita, venissero aggiunte tali informazioni. Certo, è importante la valutazione oggettiva dell'accessibilità basandosi soprattutto sul Dm-236/89 e non sul giudizio di una singola persona sia pure disabile. Il Dm è già il risultato, certamente migliorabile, dei giudizi espressi da diverse associazioni di disabili. Occorre quindi fare opera di persuasione nei confronti di chi pubblica gli opuscoli o i pieghevoli turistici affinché vengano inserite le informazioni necessarie al disabile. Le risorse economiche degli Enti consentono di emettere più edizioni aggiornate nell'arco del tempo, cosa che non sempre è possibile se a pubblicare una guida cartacea si fa carico un singolo gruppo associativo. L'eventuale presenza del sito internet corrispondente alla guida consente certo di pubblicare informazioni aggiornabili ma è anche vero che non sono molti gli utilizzatori di sistemi informatici e neppure molti quelli che si organizzano in anticipo la visita turistica, passo passo, di una città. Molti trovano più agevole consultare i depliant, data la loro ampia diffusione e possibilità di conservazione, e decidere quindi al momento dove andare. Bruno Biasci LISDHA NEWS - 25 MOBILITÀ Intervista al presidente nazionale Anglat Claudio Puppo MOBILITÀ FRENATA L'Anglat da 25 anni si batte per garantire il diritto alla mobilità dei disabili . "Nel settore dei trasporto privato abbiamo le migliori norme a livello europeo, ma il trasporto pubblico è decisamente carente. Molto resta da fare, anche in ambito turistico: in Italia oltre 6 milioni di persone con disabilità e circa 8 milioni di familiari e amici ogni anno rinunciano a trascorrere una vacanza, in quanto non ricevono informazioni precise sull’accessibilità e sui servizi delle strutture turistico-ricettive." P uò aiutarci a presentare l’Anglat a chi ancora non la conosce? Di cosa vi occupate esattamente? «Innanzi tutto, la voglio ringraziare dell’opportunità che ci dà di poter ancora una volta parlare di Anglat. Come recita la nostra presentazione ufficiale, l'Anglat (Associazione Nazionale Guida Legislazione Andicappati Trasporti) è stata fondata nel 1981 quale Associazione di categoria con lo scopo fondamentale di migliorare, relativamente ai trasporti, le normative in vigore onde consentire a tutte le persone disabili di poter fruire del diritto alla mobilità che è sinonimo di autonomia e di libertà. A questo scopo l’Associazione si preoccupa di intessere un rete di rapporti con istituzioni e altri enti per far udire la propria voce in vista di un lavoro estremamente concreto. Per questo Anglat fa parte di numerose importanti realtà, per esempio la Consulta Nazionale per l'Handicap istituita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali». 26 - LISDHA NEWS - Quali risultati avete ottenuto in termini legislativi in questi anni? «Molte leggi vigenti, sia a livello nazionale che locale, sono (anche) frutto del nostro lavoro: normative quali il contrassegno invalidi, le leggi sui benefici fiscali, sulle patenti di guida anche per coloro che sono affetti da grave difficoltà motoria, che riguarda due o più arti; sulla patente per la guida di motoveicoli e motocicli. Siamo consci che una piccola percentuale di persone affette da gravi disabilità non ha ancora ottenuto la possibilità di guidare in autonomia un veicolo… ma il lavoro dell’Anglat non è ancora finito e speriamo che a breve questo divario possa essere colmato». - Ricevete l’attenzione sperata da parte delle istituzioni e dello Stato? In che misura? «L’attenzione che i Governi e i funzionari ministeriali hanno riservato all’Anglat è sempre stata molto positiva, anche se le nostre proposte e richieste non hanno avuto sempre lo stesso successo. Ad esempio il Garante della Privacy sta creando diversi problemi ai cittadini disabili italiani. Infatti con l’en- Il presidente dell'Anglat Claudio Puppo N. 59 - OTTOBRE 2008 trata in vigore del Dl 196/2003 (e precisamente l’art. 74), l’Italia ha imboccato una strada opposta rispetto al consiglio dell’Unione Europea che tende a unificare in tutti gli stati membri l’aspetto del contrassegno invalidi. Infatti il citato articolo 74 impone che sui contrassegni non compaia alcun logo, simbolo o parola che possa far riferimento a una invalidità. Ciò in realtà danneggia il diritto di mobilità dei cittadini italiani, sia che si muovano all’interno del nostro Paese che in Europa. L’Anglat e tutte le associazioni di categoria si stanno battendo su questo fronte. Per il resto, come ho detto, è anche grazie all’attenzione e volontà di alcuni politici e funzionari che, nel settore del trasporto privato, abbiamo le migliori norme a livello europeo». - Un obiettivo particolarmente sentito per la vostra Associazione riguarda i mezzi pubblici: come agisce l’Anglat in questo campo? «Come ben sappiamo, la mobilità è alla base di ogni attività, cioè non basta avere una casa accessibile, un lavoro (accessibile), fare dell’attività sportiva o ludica, se non abbiamo un mezzo di trasporto che ci permetta di collegare una struttura con l’altra. Tramite un nostro recente censimento nazionale sul trasporto pubblico abbiamo dimostrato che il servizio (a eccezione di quello aereo) è insufficiente e inadeguato». - Rimane l’alternativa dell’automobile con adattamento di guida. «In effetti al momento solo il proprio veicolo garantisce la massima mobilità, sia che la persona disabile guidi direttamente, sia che venga trasportata. Proprio per questo motivo siamo impegnati nella ricerca di soluzioni tecniche capaci di dare precise risposte alle disabilità motorie gravi (quali tetraplegia, sclerosi multipla, distrofia, focomelia grave, ecc.). Da un lato forniamo supporto alle principali ditte che elaborano e installano ausili di guida e trasporto, dall’altro cerchiamo di suggerire costantemente al Governo e ai Ministeri competenti normative che possano recepire dette soluzioni tecniche, sempre nel massimo rispetto della sicurezza. Tra l’altro, secondo le indicazioni fornite da alcune compagnie assicurative, pare che i titolari di patente di guida speciale abbiano in media il 60% di sinistri in meno rispetto ai patentati normodotati. La nostra collaborazione con le case N. 59 - OTTOBRE 2008 automobilistiche esiste da oltre un ventennio, in particolare con Fiat Autonomy, con il Gruppo Volkswagen, con Renault, Nissan, Peugeot, Opel ecc. Operiamo anche congiuntamente a compagnie di autonoleggio, del settore ricambi auto, del ramo assicurativo e bancario». PIÙ FACILE VOLARE PER DISABILI E ANZIANI - Oltre all’attività di carattere legislativo, però, l’Anglat è impegnata anche sul piano della mobilità in ambito turistico… «È esatto. Parallelamente ai progetti in campo istituzionale l’Anglat ha elaborato il progetto chiamato “Vacanza Facile”, in collaborazione con l’Astoi (Associazione Tour Operator Italiani) e con molti tour operator. Il progetto è partito dalla constatazione che in Italia oltre 6 milioni di persone con disabilità e circa 8 milioni di familiari e amici ogni anno rinunciano a trascorrere una vacanza, in quanto non ricevono informazioni precise sull’accessibilità e sui servizi esistenti delle strutture turistico-ricettive, in modo da sentirsi certi che sia loro garantita la giusta autonomia e mobilità nella località dove vorrebbero recarsi. Ci siamo resi conto che il primo problema per la persona diversamente abile non è tanto (in prima fase) la presenza di strutture adatte, ma la possibilità di informarsi agevolmente sul grado di accessibilità e sull’offerta dei servizi esistenti: questi dati molto spesso sono trascurati o distorti, raramente divulgati con correttezza e serietà sulle brochure promozionali o sui siti internet. Inoltre abbiamo riscontrato che molto spesso, là dove compare il simbolo internazionale sull’accessibilità (il famoso “omino in carrozzina”), di fatto la struttura non risponde realmente ai requisiti di legge, e si corre Non c’è più posto per la discriminazione nei cieli europei: abbattere le barriere di accesso per i disabili diventa obbligatorio anche in volo. Lo stabilisce il regolamento europeo n. 1107/2006 entrato completamente in vigore dal 26 luglio 2008. A godere di maggiori tutele sono i disabili e le persone anziane, in pratica “qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o motoria, temporanea o permanente) o intellettiva, per ragioni di età”. Il principio di base è che nessuno si può rifiutare di accettare una prenotazione o di imbarcare un passeggero a causa della sua situazione psico-fisica. Anche se, per ragioni di sicurezza è comunque possibile porre dei limiti: in questo caso il vettore aereo (il suo agente o l’operatore turistico) dovrà proporre un’alternativa o il diritto al rimborso, sia alla persona disabile, sia al suo accompagnatore; il passeggero inoltre dovrà essere informato per tempo, comunicando anche le motivazioni del rifiuto. Al disabile dovranno essere garantite: - l’assistenza gratuita dal punto di arrivo fino al posto a sedere sull’aeromobile e viceversa; - chiare indicazioni in relazione ai punti di arrivo a partenza; - possibilità, su richiesta, di garantire l’accompagnamento da parte dell’assistente personale del disabile (compreso sbarco e imbarco) e di cani guida riconosciuti (previo preavviso di 48 ore e limitatamente allo spazio disponibile a bordo dell’aeromobile); - predisposizione di attrezzature per la mobilità (sedie a rotelle elettriche o elevatori). Gli indirizzi di riferimento a cui inviare eventuali reclami si possono trovare sul sito www.enac-italia.it/Reg1107-2006/contatti.htm. In vigore dal 26 luglio il regolamento che abbatte le barriere LISDHA NEWS - 27 il rischio di porre il disabile di fronte a un disservizio che si traduce in un forte disagio. Per tutte queste ragioni l’Anglat ha sottoscritto un protocollo d’intesa che prevede la verifica dell’accessibilità delle strutture turistiche proposte dai vari tour operator. Nella pratica, compiamo verifiche in loco volte a raccogliere tutte le informazioni utili alla persona disabile (contemplando tutte le variegate forme di disabilità); stendiamo per ogni struttura indicata dai nostri numerosi partner un documento cartaceo di oltre 20 pagine, che risponde a oltre 2.000 domande e misurazioni e un documento fotografico (contenente 150-200 immagini), in modo da evidenziare l'accessibilità o viceversa le possibili barriere presenti nella struttura turistica scelta. Ciò implica anche una valutazione di elementi per così dire collaterali come il servizio in aereo (là dove occorre), le procedure di sbarco, la struttura aeroportuale, il transfert da e per l’aeroporto, oltre che la verifica di tutte le aree comuni dell’hotel o villaggio. Questi documenti sono a disposizione delle agenzie di viaggi. In questo modo tutti i tour operator aderenti al progetto sono in grado a fornire un servizio realmente adatto ai clienti con disabilità. Naturalmente anche il cittadino disabile deve trovare le condizioni per poter essere compreso al momento di comunicare all’agente di viaggi informazioni corrette sulle proprie difficoltà, sul grado di autonomia e sulle necessità. Per agevolare questo tipo di comunicazione, Anglat sta collaborando attivamente con un istituto scientifico, con diversi network del settore turistico e con le associazioni e federazioni di categoria relativamente alla formazione del personale delle agenzie di viaggio. Inoltre occorre segnalare che l’Anglat si avvale dell’opera di volontari che collaborano attivamente con le oltre 50 sedi presenti in tutte le regioni italiane e possono coadiuvare nell’ottimizzazione di tutti i servizi citati». - Riassumendo, come si deve comportare la persona disabile (o un suo famigliare) che decide di usufruire del progetto Vacanza Facile? «L’utente può in primo luogo verificare sul sito dell’Anglat quali sono i tour operator che hanno sottoscritto il progetto “Vacanza Facile”. Poi potrà selezionare una destinazione di vacanza e verificare l’accessibilità 28 - LISDHA NEWS delle strutture; infine, recandosi presso l'agenzia di viaggi di fiducia, potrà domandare quali strutture ricettive sono state verificate dalla nostra Associazione e richiedere la scheda informativa sul grado di accessibilità». - Parliamo degli utenti: chi si rivolge alla vostra Associazione? «Attualmente l’Anglat conta oltre 45.000 iscritti appartenenti a una fascia di età molto ampia, dalla prima infanzia alla terza età. Si tratta di cittadini affetti da patologie invalidanti di vario tipo: disabilità motoria, sensoriale, psichica o di altra natura come particolari allergie, necessità di dialisi... Chiunque sia direttamente interessato alle problematiche della mobilità e del turismo accessibile può iscriversi all’Associazione». - Una volta iscritto, si può dire che il socio acquisisce diritto a dei servizi? «In realtà è un po’ improprio porre la questione in questi termini: noi non basiamo l’attività dell’Anglat su aspetti di mercato o economici, ma sulla promozione della massima mobilità dei cittadini disabili, oltre che vigilare sulla corretta applicazione della normativa. Esistono alcune convenzioni economiche per i soci Anglat, ma questo è un aspetto secondario del nostro lavoro». - L’Associazione ha dato vita alla rivista Quattro + Quattro. Che profilo ha questa pubblicazione? «Questa rivista è nata e viene gestita grazie all’Editore Ventura, e l’Anglat ne acquista regolarmente alcune pagine insieme con la Fisaps. Abbiamo deciso di non realizzare una pubblicazione troppo “tecnica” (già altri periodici si occupano egregiamente degli aspetti più specifici), ma di dare piuttosto un’impronta discorsiva: vengono presentati ai soci e a tutti i lettori alcuni eventi, segnalati convegni e notizie di interesse, ripor- tati i programmi e le attività che l’Associazione sta attuando. La versione on-line di Quattro + Quattro è consultabile sul nostro sito internet». - Ha appena citato la sigla “Fisaps”: di cosa si tratta? «Fisaps sta per “Federazione Italiana Sport Automobilismo Patenti Speciali”. L’Anglat, fin dalla sua costituzione, si è sempre occupata anche dell’aspetto sportivo del mondo dei motori. Per questo ha avviato la realtà parallela della Fisaps, che oggi fa parte sia del Cip (Comitato Italiano Paralimpico) che della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana. Sono molti i piloti disabili che corrono sui nostri circuiti, sia in gare di settore che assieme ai normodotati. Per lungo tempo il presidente onorario è stato l’amico Clay Regazzoni, scomparso non molto tempo fa. - Si può dire che oggi la situazione riguardo alla mobilità per le persone disabili sia migliorata? «Almeno in parte è così. Una dimostrazione semplice sta nel constatare che cosa volesse dire nei primi anni ’80 (cioè quando è stata fondata l’Anglat) conseguire una patente di guida da parte di una persona disabile affetta da una patologia non “gravissima” (quale una polio, un’amputazione, una paraplegia). Allora si trattava di un vero e proprio calvario fatto di visite e prove di guida; inoltre si potevano guidare solo alcuni modelli che possedevano una cilindrata limitata. Oggi il conseguimento della patente di guida, anche per patologie motorie gravi quali tetraplegia, distrofia ecc. è considerato parte del ciclo riabilitativo, e le procedure sono standardizzate, più omogenee e più semplici da avviare». - L’Anglat in un’immagine. «Il pensiero che anche grazie al nostro impegno una persona vittima di un incidente o di una malattia possa conseguire una patente di guida, che è sinonimo di massima mobilità… è la più bella immagine che Anglat possa dare di sé». Cecilia Nono Per ulteriori informazioni sull’Anglat è possibile consultare il sito internet www.anglat.it o contattare la sede nazionale tel. 06/6140536, e-mail: [email protected] N. 59 - OTTOBRE 2008 ASSISTENZA IN ITALIA PIÙ BADANTI CHE DIPENDENTI DEL SERVIZIO SANITARIO Ci sono 700 mila badanti a fronte di 670mila tra medici, infermieri e altri dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale. L e badanti che si prendono cura dei 'nonni' italiani sono in 700 mila, mentre medici, infermieri e altri dipendenti in forza al Servizio sanitario nazionale sono 670 mila, ovvero 30 mila in meno. Il dato, che ha lasciato molti 'di stucco', è stato diffuso nei mesi scorsi in un confronto a Milano tra il centrodestra e il centrosinistra sui programmi elettorali in campo sanitario e farmaceutico. A raccontare il 'sorpasso' delle badanti è Francesco Longo, direttore del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale (Cergas) dell'Università Bocconi. Le badanti al servizio delle 'tempie grigie' gravano sulle tasche delle famiglie italiane, che spendono, precisa Longo, 7 miliardi l'anno. La questione che si pone - prosegue l'esperto - è se fare rientrare questa spesa nel perimetro del Welfare, svincolandola dalle spese sostenute dalle famiglie. Per far questo ci sarebbero due strade: o aumentare la fiscalità generale per finanziare il servizio, ma mi sembra chiaro che manchino le condizioni per farlo, o inserire una tassa di scopo. In pratica, quello che fa la Germania con un'imposta di spesa dell'1 per cento del reddito lordo". Ma anche se il Governo optasse per una scelta simile, "si porrebbe il problema - precise Longo - della gestione del Fondo, o meglio se far sì che sia ad appannaggio del Governo centrale o delle Regioni. In altri Paesi, in genere, questi soldi vengono gestiti a livello centrale. Secondo la nostra legislazione, invece, la competenza sembrerebbe spettare più alle Regioni, ma ci si domanda se tutte abbiano la capacità amministrativa per assumere un compito di questo tipo. E la domanda - conclude il direttore del Cergas - resta inevasa da tutti gli schieramenti politici". Fonte: Doctornews CI PRENDIAMO CURA DI TE Dalla Provincia di Milano un contributo per pagare le badanti. L a provincia di Milano intende sostenere i nuclei familiari che devono far fronte a carichi di cura e di assistenza, attraverso l'assunzione di un'assistente familiare, per almeno 25 ore settimanali, con l'obiettivo di mantenere al domicilio il proprio congiunto anziano e/o disabile. I destinatari del contributo provinciale sono le famiglie residenti nel territorio di Milano e provincia, il cui reddito Isee dell'assistito/datore di lavoro non superi i 40.000 euro e non beneficino di altri sostegni economici già previsti a favore della domiciliarità. Ad essi la Provincia riconoscerà un contributo pari a euro 0,50/h per il monte ore regolarizzato e per la durata di un anno, se dimostreranno di aver provveduto al pagamento dei contributi Inps a favore della lavoratrice/assistente familiare. Per raggiungere questo obiettivo la Provincia ha stipulato accordi con i Centri servizi di assistenza fiscale e le Associazioni di categoria, che saranno disponibili ad accogliere e seguire le domande dei cittadini per la regolarizzazione delle assistenti familiari, applicando tariffe agevolate. Per informazioni sul progetto: Concetta Gugliotta tel. 02/7740.5142 Paolo Grassi tel. 02/7740.2790. PAGARE IL GIUSTO La campagna di sensibilizzazione promossa dalla Ledha. P er iniziativa della Ledha di Milano, la "Lega per i diritti delle persone con disabilità", ha preso il via la campagna di sensibilizzazione "Pagare il giusto" finalizzata a far sì che i Comuni e i Piani di zona richiedano alla persona disabile il pagamento dei servizi solo in base al suo reddito personale. "Attualmente - sostengono i promoN. 59 - OTTOBRE 2008 tori dell'iniziativa - i Comuni, con poche eccezioni, chiedono sempre più soldi per l'accesso ai servizi essenziali e molte famiglie e persone disabili sono costrette a rinunciare a servizi diurni e residenziali e ad accollarsi gran parte del costo dell'assistenza". Per informazioni sull'iniziativa è possibile contattare la Ledha: via Livigno 2, Milano - tel. 02/6570425, [email protected] www.informahandicap.it LISDHA NEWS - 29 SEGNALAZIONI ELOGIO (PER UNA VOLTA) DELL’IMPERFEZIONE Il documentario tedesco NoBody’s perfect mette in scena la storia di dodici sopravvissuti alla tragedia del talidomide che portò cinquant’anni fa alla nascita di 10mila bambini malformati. “ E ro cieco o sordo o mi serviva necessariamente la luce dell'infermità per vedere la mia vera natura?". Le parole sono di un altro film, ma potrebbero benissimo essere state pronunciate in questo. Come "Lo scafandro e la farfalla", anche "NoBody's perfect", infatti, seppur con un approccio e uno stile radicalmente diversi, pone lo spettatore di fronte all'angoscioso tormento tipico dell'uomo-postmoderno, inorridito dall'imperfezione e dalla malattia. Uscito recentemente nei cinema tedeschi, il documentario, nato da una coproduzione tra Palladio Film e Westdeutscher Rundfunk (Wdr), fa già abbondantemente parlare di sé all'estero. La vicenda prende le mosse da un tragico episodio di cronaca che sconvolse la Germania e il mondo intero alla fine degli anni '50, quando cioè l'industria farmaceutica Grünenthal mise in commercio il famoso Contergan, medicinale destinato ad essere assunto come sedativo La donna in dolce attesa della scultura è la modella e artista inglese Alison Lapper resa disabile dal talidomide e anti-nausea da donne incinte. Le caratteristiche del farmaco, più noto con il nome del suo principio attivo, il talidomide, non erano però state sufficientemente studiate e il risultato fu che circa 10.000 bambini in tutta Europa (5000 nella sola Repubblica federale) nacquero con gravissime malformazioni agli arti, alcuni di loro addirittura senza braccia o senza gambe. Solo nel 1961 il Contergan venne ritirato dal mercato e l'impresa, i cui vertici non furono tuttavia riconosciuti colpevoli nel processo istruito nei loro confronti, fu comunque costretta al risarcimento delle vittime. A cinquant'anni da quei fatti, il regista Niko von Glasow, anch'esso sfigurato dal talidomide, ha deciso di mettere in scena la storia di dodici sopravvissuti, proponendo loro di posare nudi per una mostra fotografica. Dalla realizzazione di questo insolito e provocatorio calendario erotico, è nato un lungometraggio di circa 90 minuti che, in totale controtendenza con le pellicole del genere, rinuncia alla vocazione di reportage di inchiesta, preferendo invece svelare al mondo l'estrema dignità di persone che, pur menomate in parti fondamentali del proprio corpo, sono cionondimeno riuscite a dare un senso alla propria vita e a trovare il modo per gioirne. Intervistato dal quotidiano Die Welt, Von Glasow ha parlato della sua pellicola come di un messaggio sulla bellezza dell'imperfezione: "Durante tutta la giornata io non mi sento affat- to un portatore di handicap. – ha detto con candore - Lo sono solo qualche minuto al giorno... D'altronde quante volte nella Sua giornata Lei riflette sul fatto di essere una donna?". Con lo stesso dissacrante umorismo e il medesimo gusto per il politicamente scorretto con cui in tale circostanza ha risposto alla giornalista, Von Glasow ha così dato voce alle vittime di un errore umano caduto nel dimenticatoio, ormai chiuso nel cassetto dell'indifferenza: "Il pubblico ha finalmente l'occasione per ridere in situazioni che solitamente non lo permetterebbero", ha concluso Von Glasow, che oltre alla regia ha voluto partecipare al film come attore. Non si deve a questo punto pensare che l'opera sia un esercizio intellettuale per cinici voyeuristi, che si compiacciono nel vedere il prossimo in condizioni di disagio e sofferenza. Niente di tutto questo. Il film non manca infatti di momenti di estrema delicatezza, dedicati al racconto delle insormontabili difficoltà affrontate dai protagonisti durante la loro esistenza, dal bullismo a scuola, ai pregiudizi sul posto di lavoro, ai gesti di scherno per strada. Diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare di questi tempi, la tragedia del talidomide non ha insomma ispirato un inno alle virtù taumaturgiche della scienza o alle sue velleità di forgiare l'uomo sano, bensì un canto sull'irriducibile naturalezza della diversità. Da L'Occidentale – Giovanni Boggero A MADRID LA FIERA INTERNAZIONALE SULL'ASSISTENZA Si svolgerà dal 27 al 29 novembre. S i terrà a Madrid in Spagna dal 27 al 29 novembre Pro Care Espana 2008, la Fiera internazionale dei prodotti e dei servizi per l'assistenza professionale agli anziani e ai disabili. L'assistenza professiona30 - LISDHA NEWS le agli anziani e ai disabili sta acquisendo una sempre maggiore importanza sia come intervento in campo sociale, sia come settore economico. Il mercato della salute è in rapida crescita in Europa, in particolare in Spagna dove la percentuale degli ultrasessantacinquenni raggiungerà nel 2050 il 38 per cento della popolazione, anche per il fatto che molti anziani provenienti dal nord dell’ Europa si trasferiscono in quel paese. N. 59 - OTTOBRE 2008 LA VITA DA DENTRO di Emanuela Giuliani AMICI NELLA VITA, AMICI PER LA VITA “Dio crea gli amici, Dio porta l’amico all’amico” (Platone) Q uest’estate mi è capitato di leggere un libricino sull’amicizia, scritto da un monaco benedettino tedesco (Anselm Grun, “L’amicizia”, Queriniana). Poche pagine ma intense. Vi ho trovato diverse citazioni di autori famosi, letterati, teologi, scrittori. Una in particolare mi ha colpito: “Solo a noi poveri che possediamo poco o nulla è concesso godere pienamente della gioia dell’amicizia. Non abbiamo altro che noi stessi. Ed è questo che dobbiamo donare completamente” (Goethe). Cosa c’entra la povertà con l’amicizia e quindi anche con l’amore? L’amicizia nasce e cresce là dove trova dei cuori desiderosi di dare, di accogliere, di farsi conoscere, di condividere. Dei cuori che non si difendono dietro le barricate di tante attività o di molti beni, che non vogliono “comprare” l’altro per accaparrarsi le sue attenzioni o che si disperdono nelle mille cose da fare. Più una persona è “povera” interiormente, non è artefatta, non si nasconde dietro quello che ha o fa, più impara a dare se stessa e non quanto possiede. E solo così nascono relazioni umane significative. L’amicizia è un dono grande, un dono da attendere con rispetto. Non si può costringere nessuno ad esserci amico ma si possono tenere N. 59 - OTTOBRE 2008 aperte le porte per accoglierlo. A volte non si riesce nemmeno a comprendere le motivazioni per cui è nata una forte amicizia. È successo, spesso inaspettatamente, si è avvertito un legame misterioso, profondo, un’intesa particolare. Anche se non sempre avviene così. Capita che due persone si trovino a dover collaborare e a dover vivere tanto tempo insieme senza essersi scelte. Di pelle non si prendono, non si attirano, però hanno buona volontà, desiderio di conoscersi meglio, hanno stessi valori. Anche in queste occasioni ho visto nascere amicizie vere, pur se iniziate nella fatica. In ogni caso, comunque avvenga l’incontro, l’amico è sempre un “sole” nella nostra esistenza e come cita un proverbio del Giappone: “Con un amico al tuo fianco nessun cammino è troppo lungo.” L’amico è uno che sa ascoltare il tuo dolore e i tuoi sfoghi senza volerti fare da maestro e senza darti per forza consigli. È la persona con cui puoi parlare liberamente, senza maschere, senza temere di essere subito giudicato. È, come è stato detto, la tua “patria”, il “luogo” dove trovi casa, riposo, consolazione, rifugio, speranza. L’amico ti fa anche soffrire perché a volte non riesce a capire, ti delude, ti risponde male, ti “cataloga” velocemente, ti corregge. Però il bene che prova per te e che tu provi per lui fa superare ogni cosa. Rispetto al rapporto tra un uomo e una donna e all’amore coniugale, l’affetto che lega due amici non si fonda su vincoli speciali, come il matrimonio. Esso si nutre di una maggiore libertà. Ad esempio gli amici possono vivere lontano, possono anche non vedersi per lunghi periodi. Ognuno dei due ha la sua vita, le sue responsabilità, il suo ambiente. Eppure l’amicizia, quando è stata nutrita dalla franchezza, dall’apertura reciproca, dal dare tempo all’altro, quando è stata vissuta nella libertà, non si spegne a causa delle diversità o della lontananza. Essa è un po’ come la brace che, grazie ad un piccolo soffio di vento, grazie ad un breve incontro, può ritornare fiamma. Tanti di noi, fin dall’adolescenza, hanno cercato la vera amicizia o l’hanno chiesta a Dio come “regalo”. Tanti di noi hanno vissuto (o stanno vivendo) periodi di solitudine e hanno sofferto perché delusi da un cosiddetto amico. Ma, se come già accennato, l’amicizia non può essere imposta o pretesa e può solo essere accolta e protetta, una cosa possiamo comunque farla da subito: prepararci ad essere noi per primi dei buoni amici. In un periodo in cui le persone fanno sempre più fatica a scendere nelle proprie “profondità” e a rivelarsi per quello che sono, forse proprio l’amicizia può essere un antidoto al vivere “in superficie” perché ci aiuta a vivere in pienezza la nostra umanità, aiuta l’uomo a conoscersi, a volersi bene e ad aprirsi agli altri con fiducia. LISDHA NEWS - 31 il tempo passa... hai inviato il tuo contributo per il 2009? Vi ricordiamo che per ricevere Lisdha News occorre versare un contributo minimo annuo di 15 euro sul ccp n. 13647250 intestato a: G. Giuliani Lisdha News - 21100 Varese - Via Luini, 5 Ai nuovi sostenitori verrà inviata in omaggio una nostra pubblicazione che riporta interessanti testimonianze nel campo della disabilità