ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA LOMBARDIA Piacere, Bio! il miele Piacere, Bio! Il piacere di incontrare e consumare biologico La campagna Piacere, Bio! , promossa da AIAB Lombardia , ha lo scopo di sensibilizzare i cittadini verso i prodotti biologici con visite alle aziende agricole, incontri, mercatini, pubblicazioni. Questa pubblicazione è dedicata al miele, alimento che tutti conosciamo e apprezziamo: assieme al pane nella prima colazione, come dolcificante di bevande e tisane, in accompagnamento ai formaggi, nei dolci, quando abbiamo la tosse o abbiamo bisogno di energia. L’attenzione è rivolta al miele da apicoltura biologica, quello cioè prodotto secondo tecniche che rispettano l’ambiente e le api. L’opuscolo illustra le fasi di lavorazione e le caratteristiche che lo differenziano dal miele convenzionale, le varietà presenti nei nostri territori ed infine come riconoscere dall’etichetta se il miele è certificato e quali garanzie di sicurezza offre il prodotto biologico. Piacere, Bio! Il miele a cura di AIAB Lombardia AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica promuove l’agricoltura biologica, l’ecosviluppo rurale, stili di vita sostenibili. Si rivolge agli agricoltori e tecnici, ai consumatori e alle associazioni. E’ diffusa in tutto il territorio nazionale con sedi regionali. www.aiab.it; www.aiablombardia.it indice IL MIELE Aspetto Conservazione 5 TIPOLOGIE DI MIELI E TERRITORI DI PRODUZIONE Il miele di nettare I mieli unifloreali I mieli millefiori Il miele di melata LA PRODUZIONE DEL MIELE Le fasi di lavorazione 7 IL MIELE BIOLOGICO Il sistema di controllo Differenze tra miele biologico e miele convenzionale LEGGERE L’ETICHETTA 17 15 23 MIELI DI LOMBARDIA Il miele di Acacia o Robinia Il miele di Castagno Il miele di Erba Medica Il miele di Melata I mieli Millefiori Il miele di Rododendro Il miele di Tarassaco Il miele di Tiglio 25 L’AGRICOLTURA BIOLOGICA E’ AMICA DELLE API 30 Bibliografia 31 Viva le api Viva la vita Sono un uomo fortunato; ho potuto dedicare gran parte della mia vita lavorativa, da oltre trent’anni, a un’attività interessante e appassionante come l’allevamento di api. Il contatto con questa forma vitale così complessa e così diversa da noi uomini contribuisce non solo a darci la dimensione dell’esiguità del nostro sapere ma anche della limitatezza dell’umana capacità di “dominare” il vivente. E’ un allevamento ma non comporta la necessità di abbattere l’animale cui ti dedichi. Curi degli animali ma il tuo compito non è, generalmente, quello di fornire l’alimentazione, l’abbeverata, l’asportazione delle deiezioni… E’ attività zootecnica ma, al contrario di molti altri allevamenti, l’apicoltura non implica alcuna ricaduta negativa sull’ambiente. E’ anzi attività con gran valenza sociale e indispensabile per il ciclo vitale e per gran parte delle produzioni agricole e forestali. Tuo compito e ruolo è assicurare le cure e l’accudimento che consentano ai tuoi animali di produrre oltre le loro notevolissime necessità e oltre il loro importante consumo di eccellenti materie, quali grandi quantità di variegato miele e superproteico polline. Fare bene apicoltura è quindi assai più simile a un’attività d’”arte”, nel senso originario del temine, che non a un’attività di dimensione e scala “industriale”. Sei tenuto ad aggiornarti e a innovare ma non sei costretto, obbligato per sopravvivere, a condurre l’attività in modo agroindustriale, tale da compromettere la fertilità del domani. I prodotti dell’apicoltura sono inoltre generalmente fra i più preservati dai fenomeni di polluzione ambientale anche grazie all’azione di filtro che si realizza con la morte stessa delle api in caso di significativi fenomeni di inquinamento ambientale. Insomma per molti suoi aspetti, nel suo insieme, l’apicoltura è, se comparata ad altre forme d’allevamento zootecnico, un’attività già di per sé assai vicina al modo di produzione biologico. L’unico aspetto su cui ha trionfato anche in apicoltura la logica produttivistica convenzionale, con i suoi limiti e guasti è ed è stato l’aspetto della lotta alle patologie. La sfida dell’apicoltura italiana e in prima fila di quella bio, numericamente e qualitativamente la più importante d’Europa, è incentrata sulla constatazione che ogni molecola somministrata lascia una sua traccia e segno in un animale come l’alveare dal metabolismo così unico e particolare. Difendere le nostre api con il minor impatto possibile è l’obiettivo grazie a cui abbiamo già costruito tanto. Il mio auspicio è che anche questa pubblicazione contribuisca a far crescere la consapevolezza dell’importanza del ruolo ambientale delle api, della loro indispensabilità come della unicità e gradevolezza dei loro prodotti e che possiamo e dobbiamo preservare api, mieli e fertilità per le generazioni che verranno. Francesco Panella Presidente U.N.A.API 4 IL MIELE Il miele è uno degli alimenti più antichi conosciuti e per millenni ha rappresentato l’unico a base zuccherina utilizzato nell’alimentazione dell’uomo. Esistono molti modi per definire il miele. Dal punto di vista biologico lo si deve considerare come un alimento “di riserva”, ossia cibo accumulato come scorta dalle api e poche altre specie di insetti loro simili: il miele infatti è un prodotto che l’ape ottiene trasformando le sostanze zuccherine che essa raccoglie in natura. Come alimento per l’uomo possiamo considerare il miele come l’unica fonte di zuccheri semplici che non necessita di alcuna ulteriore trasformazione per essere commestibile. Un grande pregio del miele è di poter fornire all’organismo energia prontamente disponibile, senza richiedere processi digestivi e senza apportare sostanze indigeribili o dannose. Per questa ragione risulta un alimento indicato a tutti, dagli sportivi ai malati, e per le più svariate occasioni alimentari, dalla prima colazione agli abbinamenti e contrasti culinari, all’utilizzo quale migliore dolcificante sano e gradevole. Secondo la definizione legale invece: “…per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”. Il miele è, quindi, un alimento prodotto dalle api a partire dal nettare, secreto dalle piante da fiori, e dalla melata, un derivato della linfa degli alberi, che alcuni insetti succhiatori espellono sotto forma di eccesso di zuccheri, dopo essersene nutriti. Questa definizione, meglio di tutte, fa risaltare la duplice natura del miele, che è sia animale che vegetale. L’operato delle api è fondamentale per la sua elaborazione; solo loro infatti possono raccogliere, trasformare e rielaborare la sostanza vegetale di partenza che caratterizza il miele più di ogni altra cosa. Piante diverse forniscono diverso tipo di nettare, da cui nasce la varietà del prodotto miele: per ognuno uno specifico colore, odore, sapore e consistenza. Lo stesso vale per la melata, che derivando dalla linfa delle piante, ne conserva le diverse qualità anche dopo la trasformazione ad opera degli insetti succhiatori quali afidi e cocciniglie. 5 As p e tt o Il miele che acquistiamo non sempre ha lo stesso aspetto. Al momento dell’estrazione tutti i mieli sono liquidi ma in seguito, in un tempo molto variabile, la maggior parte cristallizza. La cristallizzazione non incide sulla qualità, è al contrario un processo naturale, molto rapido nei mieli ricchi di glucosio come ad esempio il tarassaco, la colza, il girasole ed alcuni millefiori, mentre non avviene o avviene solo parzialmente, con il tempo, nei mieli poveri di glucosio e ricchi in fruttosio come quelli di castagno, di acacia e melata. Un fattore che incide sulla velocità di cristallizzazione è la temperatura di conservazione: intorno ai 15 °C la accelerano, mentre temperature molto basse, o alte la bloccano. In ragione di tutto ciò sarà molto difficile ritrovare sul mercato, dall’autunno inoltrato in poi, mieli liquidi che non siano quelli di acacia, di castagno o di melata a meno che non abbiano subito trattamenti termici con conseguente perdita di alcune caratteristiche naturali del miele. C ons e r va z io ne La normativa sul miele non consente interpretazioni e manipolazioni di sorta. Può fregiarsi della denominazione “miele” solo il prodotto tal quale è raccolto dalle api nei fiori o sulle melate. Al miele in commercio infatti non è permessa l’aggiunta di conservanti, aromatizzanti o altro ingrediente che ne alteri in qualsiasi modo le caratteristiche organolettiche e chimico - fisiche. Altri aspetti qualitativi sono la buona conservabilità del miele e la sua freschezza. Se anche il miele nel tempo invecchia, perdendo alcune delle sue caratteristiche, questo avviene con velocità proporzionale alla temperatura di conservazione: pressoché trascurabile sotto i 10°C è via via più rapida tanto più si innalza la temperatura. Uno dei possibili indici di vecchiaia del miele è la separazione di fasi: uno strato di miele liquido alla superficie e uno strato cristallizzato nella parte inferiore. Per preservarne tutte le vive proprietà nutrizionali è importante conservare il miele lontano da fonti di calore, in luoghi freschi e al riparo dalla luce diretta e chiudere con cura la confezione dopo ogni utilizzo. Se ben conservato il prodotto di un anno di età può essere ancora considerato fresco, tanto è vero che la maggior parte dei produttori indica in due anni dalla raccolta il periodo preferenziale di consumo. Nel caso di produzioni primaverili o autunnali, o di una conservazione in ambiente umido, può accadere che il miele contenga un eccesso di acqua e che questo ne causi la fermentazione. Questa alterazione si manifesta in genere in poco tempo. Il miele fermentato è generalmente riconoscibile: appare schiumoso, con bolle di gas inglobate; spesso la parte liquida si separa da quella solida e l’odore e il sapore sono acidi. Sebbene il miele fermentato non sia dannoso per la salute, trattandosi di un prodotto alterato, va buttato. 6 TIPOLOGIE DI MIELI E TERRITORI DI PRODUZIONE I l m i e le di ne t t a re Il miele presenta evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica. Il miele di nettare è quello che le api producono a partire dal nettare delle piante. Il nettare è la sostanza zuccherina che le piante da fiore producono per attirare gli insetti e renderli vettori del polline, l’elemento fecondante, che viene così trasportato su altri fiori. A seconda della loro anatomia, e in particolare della lunghezza della proboscide (tecnicamente detta ligula), le api possono raccogliere il nettare solo da alcuni fiori, che sono detti appunto melliferi. Per questa ragione parliamo quindi di mieli al plurale: diverse le piante, diversi i mieli. . I mieli unifloreali Si parla di miele unifloreale quando esso deriva da un’unica origine botanica e ne risulta caratterizzato specificatamente dal punto di vista della composizione e delle caratteristiche organolettiche e microscopiche; ossia deve essere riconoscibile per aspetto, profumo e gusto. La produzione di mieli unifloreali è possibile per le specie botaniche la cui diffusione sia abbondante e in zone di territorio estese. Per queste tipologie di miele vengono adottate tecniche apistiche particolari per incrementarne la produzione e aumentarne la purezza. Il pregio dei mieli unifloreali risiede nella loro specificità e caratteristiche uniche, che in alcuni casi si traduce anche in rarità e scarsità di diffusione commerciale. 7 I p r i nc ipa li mie li uniflo real i ital ian i MIELE DI CASTAGNO MIELE DI CARDO MIELE DI AGRUMI MIELE DI ACACIA TERRITORI DI PRODUZIONE 8 CARATTERISTICHE La sua produzione è diffusa in tutta l’Italia, nelle zone collinari, ma soprattutto nella fascia prealpina COLORE: molto chiaro o giallo paglierino CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi assente ODORE: molto leggero SAPORE: delicato, vanigliato, ricorda il profumo dei fiori USI: si presta ad ogni uso. E’ il più adatto per dolcificare Le maggiori produzioni si hanno negli agrumeti meridionali e delle isole COLORE: molto chiaro, bianco nel cristallizzato CRISTALLIZZAZIONE: cristallizza spontaneamente dopo alcuni mesi ODORE: intenso, simile ai fiori di arancio SAPORE: molto intenso, tra il floreale e il fruttato. Normalmente dolce, a volte acidulo USI: il suo aroma floreale si abbina bene a quasi tutti gli alimenti dolci. Le sue caratteristiche vengono meglio valorizzate dagli usi a freddo. Ottimo per dolcificare e aromatizzare lo yogurt, la panna montata e i dessert a base di panna, mascarpone o ricotta E’ tipico delle isole, COLORE: ambrato, sfumature arancioni e soprattutto la Sar- beige se cristallizzato CRISTALLIZZAZIONE: spontanea dopo degna qualche mese ODORE: intenso SAPORE: un leggerissimo fondo amaro e astringente USI: da tavola, soprattutto su formaggi freschi E’ prodotto su tutto il territorio nazionale nelle zone di media montagna COLORE: ambrato, a volte quasi nero CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta ODORE: forte e tannico SAPORE: pungente e amaro USI: ottimo per chi non ama i sapori troppo dolci e indicato a tavola sui formaggi di media stagionatura COLORE: ambra scura con tonalità arancioni CRISTALLIZZAZIONE: veloce in cristalli fini ODORE: mediamente intenso, caramellato, anice, liquirizia SAPORE: caramellato USI: si presta a tutti gli usi. Si accompagna felicemente con formaggi dai gusti molto intensi E’ diffuso in piccole produzioni in Liguria, Toscana, Umbria e Sardegna COLORE: ambrato chiaro, se cristallizzato è quasi grigio CRISTALLIZZAZIONE: rapida e compatta ODORE: intenso, quasi di funghi secchi, pungente SAPORE: forte, quasi di liquirizia USI: non risultando molto dolce può piacere anche a chi non ama il miele. L’aroma particolare lo rende adatto alla preparazione di piatti salati, in salse a base di burro o con formaggi sapidi tipo il Ragusano Si produce in Italia centro-meridionale, dove sono stati piantati eucalipti per rimboschimento o come siepi MIELE DI CORBEZZOLO MIELE DI ERBA MEDICA COLORE: ambrato, da beige a nocciola se E’ tipico della Pianura Padana cristallizzato CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi, a pasta grossa ODORE: di media intensità SAPORE: tenue, vinoso USI: come dolcificante, per preparare dolci o abbinato a formaggi freschi MIELE DI ERICA Si produce prevalentemente in Sardegna e nelle zone di macchia mediterranea in autunno dopo estati piovose MIELE DI EUCALIPTO COLORE: ambrato, con sfumature grigioverdi CRISTALLIZZAZIONE: rapida e omogenea, può fermentare velocemente ODORE: pungente SAPORE: molto amaro USI: il gusto particolarmente amaro e pungente lo rende di difficile utilizzo ma può essere piacevolmente abbinato alla frutta fresca e utilizzato per preparazione di dolci particolari 9 MIELE DI GIRASOLE MIELE DI LAVANDA MIELE DI RODODENDRO MIELE DI ROSMARINO 10 E’ relativamente recente, al passo con la coltivazione della pianta COLORE: giallo acceso CRISTALLIZZAZIONE: rapida con cristalli difficili da sciogliere ODORE: leggero, ricorda il polline fresco SAPORE: leggermente erbaceo, quasi rinfrescante USI: ottimo per tutti gli usi da tavola e molto utilizzato in pasticceria In Italia è poco diffuso, in Sardegna c’è una variante derivata dalla lavanda selvatica, con aroma meno intenso COLORE: da chiaro ad ambrato CRISTALLIZZAZIONE: fine, pastosa ODORE: molto intenso, aromatico, fresco, leggermente vegetale SAPORE: molto particolare USI: pregiato miele da tavola. Ideale sui formaggi di capra Si produce solo in montagna ad altezze tali che rendono la produzione incostante COLORE: molto chiaro, bianco nel cristallizzato CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi, pastosa ODORE: delicato, debole floreale leggermente di vegetale SAPORE: delicato USI: adatto a tutti gli usi. Accompagna bene i formaggi pecorini La produzione è scarsa e molto limitata, tipica di Puglia, Sardegna e isole minori COLORE: giallo, avorio o bianco quando cristallizza CRISTALLIZZAZIONE: cristallizza velocemente in grana fine ODORE: tenuemente floreale SAPORE: tenue e delicato USI: poco diffuso, ma pregiato. Ottimo in abbinamento con formaggi da latte di capra e pecora COLORE: dipende dal contenuto di melata che lo rende più scuro. CRISTALLIZZAZIONE: lenta, molto spessa, grossolana ODORE: fresco, balsamico SAPORE: retrogusto mentolato USI: indicato nelle tisane Si produce sui tigli selvatici delle pendici delle Alpi, spesso miscelato con castagno o melata della stessa origine COLORE: ambrato CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi, a granulazione fine ODORE: molto intenso, speziato SAPORE: simile all’aroma, ricorda il timolo USI: da usare come dolcificante nelle tisane Si produce nelle zone montuose all’interno della Sicilia MIELE DI SULLA Tipico di Lombardia e Piemonte ad inizio primavera MIELE DI TARASSACO COLORE: giallo vivo o biege se miscelato con miele di salice CRISTALLIZZAZIONE: molto rapida e fine ODORE: molto intenso e amoniacale SAPORE: simile all’odore ma più fine USI: in abbinamento a formaggi saporiti di media stagionatura MIELE DI TIGLIO E’ prodotto in Italia centrale, meridionale e insulare dove la sulla, pianta foraggera, fiorisce a fine primavera MIELE DI TIMO COLORE: chiaro, a volte quasi bianco CRISTALLIZZAZIONE: compatta, dopo alcuni mesi ODORE: tenue SAPORE: delicato, leggermente acidulo, senza retrogusto USI: il sapore neutro lo rende adatto a tutti gli usi, la consistenza fine e compatta lo rende adatto ad essere spalmato sul pane 11 . I mieli millefiori Sono millefiori tutti quei mieli che non possono essere definiti unifloreali. Questo non è certo indice di minor qualità; è solo l’impossibilità di definire tutte le componenti floreali presenti in queste tipologie di mieli. Non esiste una categoria unica di millefiori, perché questi mieli presentano milioni di varianti a seconda delle possibili combinazioni di piante da cui derivano e dalla loro origine territoriale. In molte zone, infatti, i millefiori presentano caratteristiche esclusive e costanti nel tempo. Possiamo quindi dire che esistono prodotti legati alla provenienza regionale e identificabili attraverso la dichiarazione di origine del luogo di produzione. Due importanti tipologie di millefiori sono quelle dell’Appennino e di montagna. Il miele millefiori dell’Appennino è di colore variabile, così come l’odore e il sapore che da un anno all’altro possono ricordare alcuni fiori o frutti. La cristallizzazione inizia alcuni mesi dopo il raccolto. E’ un miele decisamente aromatico che si presta alla maggior parte degli usi in cucina. Dall’ambrato a tonalità molto scure a seconda della presenza di melata, il miele millefiori di montagna cristallizza dopo alcuni mesi dal raccolto. Come tutti i millefiori le sue caratteristiche organolettiche variano molto da un anno all’altro, regalando sapori e odori più o meno intensi ed un utilizzo universale in cucina. 12 I l m i e le di me la t a La melata deriva dalla linfa delle piante ed è prodotta in seguito all’intervento di insetti. Per procurarsi le sostanze vitali questi insetti succhiano grandi quantità di linfa ed espellono l’eccesso sotto forma di melata, che si deposita in gocce sulla superficie di foglie e rami. Qui le api la raccolgono e poi la utilizzano per produrre miele. MIELE DI MELATA DI METCALFA PRUINOSA MIELE DI MELATA DI ABETE TERRITORI DI PRODUZIONE CARATTERISTICHE Si produce nell’arco alpino e nell’Appennino tosco-romagnolo COLORE: molto scuro, tendente al nero, con sfumature verdastre CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi assente ODORE: leggermente resinato, di legno bruciato, di zucchero carammellato SAPORE: poco dolce, balsamico USI: ottimo con formaggi poco sapidi e per chi non ama il classico La Metcalfa pruinosa è un insetto di origine americana da poco introdotto in Italia soprattutto del nord. Attacca piante diverse e produce melata abbondante COLORE: ambra - nocciola scuro opaco CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi assente ODORE: vegetale, quasi di verdura cotta SAPORE: poco dolce, a volte quasi salato USI: ottimo con formaggi poco sapidi e per chi non ama il miele classico 13 LA PRODUZIONE DEL MIELE L’apicoltura si contraddistingue per essere un’attività di allevamento avente caratteristiche peculiari e per molti aspetti vicine ai principi di produzione biologica. Ad esempio l’animale allevato consente un surplus per l’uomo solo se gode di condizioni di vita ottimali. In un anno un alveare consuma per le proprie necessità circa 230 kg di miele e decine di kg di polline, mentre la resa media di un alveare stanziale va dai 15 ai 40 kg di miele e circa 3 – 4 kg di polline l’anno. La legge stessa sancisce l’interesse nazionale ricoperto dall’apicoltura in funzione della conservazione dell’ambiente naturale, dell’ecosistema e dell’agricoltura in generale, essendo finalizzata a garantire l’impollinazione delle piante e la biodiversità. Dove per biodiversità si intende la misura della varietà di specie animali e vegetali e rispettarla significa conservare e mantenere intatto o quantomeno equilibrato l’intero sistema vitale. L’apicoltore deve calarsi nei panni di un esperto botanico in modo da individuare la zona ideale per installare i propri apiari. Gli apiari possono essere nomadi, quando le api vengono spostate inseguendo le fioriture, oppure stanziali, quando gli alveari restano fissi in una postazione, chiamata “apiario”. In queste postazioni sarà possibile trovare fino a qualche decina di alveari da cui le api eseguiranno i loro innumerevoli voli finalizzati alla raccolta di nettare e polline. La conoscenza del territorio diventa molto importante nella produzione di mieli unifloreali. L’apicoltore dovrà infatti valutare la coincidenza temporale della fioritura principale, di cui si vuole produrre il miele, con altre suscettibili di interessare le api bottinatrici, per poter così evitare “l’inquinamento” del nettare primario raccolto. 15 Le f a s i di la vo ra z io ne La lavorazione dell’uomo inizia quando finisce il lavoro dell’ape: il periodo della smielatura avviene comunemente verso la fine delle fioriture dopo che le api hanno immagazzinato ed opercolato il miele nei favi anche all’interno dei melari. In occasione delle varie fioriture più ricche i melari vengono sovrapposti al nido dove si svolge il ciclo biologico e riproduttivo della famiglia, e contengono favi aggiuntivi, più piccoli, di nettare, dove le api deporranno il miele in eccesso rispetto al loro fabbisogno. Alla fine della fioritura prescelta, al momento opportuno l’apicoltore toglie i melari e li porta in appositi laboratori dove avverrà la smielatura. I favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le cellette chiuse da un coperchio di cera. Si procede quindi alla disopercolatura per permettere al miele di fuoriuscire. Questa operazione viene effettuata manualmente con una apposita forchetta o coltello, oppure attraverso un procedimento meccanizzato, per mezzo di una macchina disopercolatrice. E’ molto importante che durante la smielatura i melari vengano conservati facendo molta attenzione al tasso di umidità, per evitare di intaccare la qualità del miele. Dopo la disopercolatura i favi dei melari vengono posti in una macchina detta smielatore, che con la forza centrifuga farà fuoriuscire il miele dalle cellette. Da qui il miele viene convogliato nei maturatori, passando attraverso filtri che trattengono i pezzetti di cera e altre impurità. A questo punto il miele viene lasciato decantare. Durante tale fase avviene la separazione di tutte le impurità: se queste possiedono un peso specifico maggiore del miele scendono sul fondo del maturatore se, invece hanno un peso specifico inferiore affiorano in superficie andando così a formare una specie di schiuma. Dopo qualche settimana il miele è pronto per il confezionamento. 16 IL MIELE BIOLOGICO I l s i s te ma di c o nt ro llo Il marchio bio non è tanto una certificazione di qualità del prodotto quanto della qualità complessiva e ambientale del modo di produrlo. I due aspetti possono coincidere, ma è bene far chiarezza su questo equivoco che da sempre accompagna i prodotti biologici. Scegliere miele biologico non significa necessariamente consumare del miele migliore dal punto di vista organolettico, quanto preferire del miele prodotto in armonia con l’ambiente, la biodiversità e in modo da non comportare effetti negativi sulla natura. La “certificazione di conformità” rispetto al metodo di produzione biologico è un atto mediante il quale una terza parte, imparziale, indipendente e competente, rappresentata dall’ Organismo di Certificazione, dichiara che, con ragionevole attendibilità, un prodotto, processo o servizio è conforme alla norma che regola la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici (Reg. CE 834/2007 e Reg. CE 889/2008). E’ comunque il produttore stesso ad essere garante civilmente e penalmente per i requisiti del prodotto venduto, e prima di poter essere certificato come produttore biologico deve dimostrare di essere a norma con le disposizioni comunitarie e nazionali che regolano la materia dei prodotti convenzionali. Il miele può essere commercializzato come biologico solo se il produttore o il confezionatore sono in grado di assicurare un sistema di rintracciabilità lungo l’intera catena produttiva, a partire dal prelievo dei melari e fino al prodotto confezionato, compreso il trasporto e la distribuzione al consumatore finale. Tale sistema deve essere validato dall’Organismo di Certificazione. Il miele trasportato e lavorato in laboratorio dovrà essere raccolto in contenitori dedicati e identificati, sui quali verranno annotati, mediante etichettatura, il riferimento al metodo di produzione biologico e la natura dello stesso. Qualora siano accertate serie irregolarità nel rispetto del regolamento biologico da parte dell’operatore, l’Organismo di Certificazione dovrà provvedere che nell’etichettatura o nella pubblicità del lotto o dell’intero ciclo di produzione coinvolto, non sia fatto riferimento al metodo di produzione bio. Ove invece venga constatata un’infrazione grave o avente effetti prolungati nel tempo, sarà vietato all’operatore di commercializzare prodotti biologici. 17 Differenze tra miele biologico e miele convenzionale Il miele si definisce biologico solamente se è prodotto in conformità con le regole e le tecniche di apicoltura biologica. Tali tecniche sono volte ad ottenere un prodotto alimentare sicuro e di buona qualità organolettica. Gli elementi che sono all’origine dei rari casi di contaminazione del miele italiano provengono da prodotti introdotti volontariamente nell’alveare dall’apicoltore a scopo terapeutico (farmaci, antiparassitari) o da limitatissime quantità di sostanze presenti nell’ambiente come metalli pesanti e molecole chimiche irrorate a uso agricolo. Per prevenire tali possibilità la normativa del biologico prevede una serie di obblighi e accorgimenti che esponiamo qui di seguito. . Il periodo di conversione e la cera biologica Un’azienda apistica che voglia vendere prodotti con riferimento al metodo di produzione biologico è tenuta a sostenere un periodo di conversione della durata di un anno durante il quale rispettare l’insieme delle condizioni dettate dal Regolamento comunitario del biologico, provvedendo in primo luogo a “bonificare” la cera dei favi da nido sostituituendola nella sua totalità con cera biologica. La differenza tra cera convenzionale e cera biologica è di rilievo sia per il rischio di contaminazione dei vari prodotti apistici sia per il benessere della famiglia d’api. La cera comune proviene dalla lavorazione di quella presente nel nido e di quella di opercolo (prelevata dal melario) e contiene spesso residui di molecole provenienti dai trattamenti chimici, impiegati per la lotta alle patologie delle api. Durante la conversione l’apicoltore può utilizzare anche la propria cera d’opercolo lavorata, ma deve dimostrarne la provenienza e l’assenza di residui chimici. Molti apicoltori, anche convenzionali, hanno ormai capito l’importanza dell’utilizzo di cera pulita. Oltre alla possibilità di contaminazione del miele, l’utilizzo di cera convenzionale può avere ricadute anche sul benessere delle api, costrette a vivere in un ambiente con molecole chimiche persistenti, che oltretutto inducono resistenze ai parassiti delle api che si debbono combattere. Le aziende apistiche biologiche sono tenute dal Regolamento a utilizzare cera certificata; le aziende convenzionali più professionali, che cercano di lavorare con una filosofia vicina a quella della lotta biologica, pretendono la lavorazione della propria cera o utilizzano quella proveniente dal continente africano, dove non è ancora necessario effettuare trattamenti per la sopravvivenza dell’alveare. 18 . L’ubicazione degli apiari La scelta dell’ubicazione degli apiari è importante per l’azienda biologica. Gli alveari devono essere collocati in zone che assicurino sufficiente disponibilità di nettare e polline provenienti essenzialmente da coltivazioni biologiche, da flora spontanea o da fioriture di colture condotte con metodi a basso impatto ambientale, mantenendo una distanza di sicurezza da fonti di inquinamento. Tali obblighi risultano di notevole importanza in un contesto agricolo-industriale come quello italiano dove si utilizza ben il 33% dell’intera quantità di insetticidi usata nei 27 paesi d’Europa. Tra questi vi è un uso crescente anche dei famigerati insetticidi sistemici neurotossici, ormai utilizzati in tutte le coltivazioni (fruttiferi, vigne, agrumi, orticoli), sul verde pubblico e privato, e che contribuiscono a esplicare il loro micidiale effetto su molte forme vitali. Concepiti e utilizzati sovente a prescindere dalla stessa presenza di insetti dannosi esplicano il loro effetto in modo sia puntuale che cronico su tutti gli insetti e residuano nell’ambiente (aria, suolo, acqua, sedimenti) e nei prodotti agricoli. 19 . L’origine delle api Anche l’origine della specie di api è selezionata dalle aziende biologiche. Si privilegia la razza d’api locale e i suoi ecotipi. Se si trova nella necessità di acquistare famiglie d’api, l’apicoltore biologico può farlo solo da allevamenti conformi. Nel caso di indisponibilità di famiglie d’api biologiche il Regolamento prevede la possibilità di rinnovare e mantenere il proprio patrimonio apistico introducendo api e regine convenzionali nella misura del 10% degli alveari già posseduti, con l’obbligo di collocarli su cera biologica. . La nutrizione artificiale L’apicoltore a volte deve ricorrere alla nutrizione artificiale delle famiglie per aiutarne la sopravvivenza a rischio, a causa di condizioni avverse. Nelle aziende biologiche la nutrizione è consentita solo tra l’ultima raccolta di miele e 15 giorni prima del successivo periodo di flusso di nettare, utilizzando miele e zucchero bio. . La lotta sanitaria In agricoltura biologica ogni metodologia di lotta contro le patologie deve basarsi prima di tutto sulla prevenzione. In apicoltura deve quindi essere privilegiato: • l’allevamento di razze resistenti • il periodico rinnovo delle regine • il controllo sistematico della covata per l’individuazione tempe stiva delle patologie • il rinnovo periodico della cera • la costante disinfezione del materiale e delle attrezzature • la collocazione degli apiari in ambienti opportuni Le malattie delle api ci sono sempre state, ma con l’aumento degli scambi internazionali, nel secolo scorso hanno avuto una rapida quanto radicata diffusione in quasi tutto il mondo. Le patologie più aggressive risultano essere quelle che colpiscono l’allevamento delle api, la covata, per il continuo ricambio della imponente popolazione, e la varroasi che è un terribile acaro succhiatore di emolinfa, il “sangue” delle api. Mentre le patologie della covata sono di origine batterica, la varroasi è causata da un acaro parassita giunto dall’estremo oriente all’inizio degli anni ‘80 che ha cambiato totalmente il modo di fare apicoltura. 20 In buona parte dei grandi paesi produttori di miele la prevenzione e la lotta alle malattie batteriche della covata viene attuata con l’ausilio di antibiotici e sulfamidici. In Italia, e nel resto dell’Unione Europea, non è consentito invece l’uso di preparati a base antibiotica nemmeno in apicoltura convenzionale e il miele deve risultare esente da qualsiasi residuo di tali sostanze. Se non vi è differenza nella tecnica apistica di lotta alle malattie batteriche, la battaglia contro la varroasi ha segnato spesso un confine netto tra l’apicoltore bio, che nei casi di infestazione da Varroa destructor utilizza esclusivamente prodotti naturali come gli acidi organici (acido ossalico e formico) nonché di essenze evaporanti quali mentolo, timolo, eucaliptolo o canfora e l’apicoltore convenzionale, che può utilizzare preparati a base di acaricidi di sintesi. Poiché nel biologico il benessere animale rimane un obiettivo da perseguire, pur essendo proibito somministrare medicinali allopatici in fase preventiva, è possibile trattare per la cura di una patologia insorta, sotto controllo del medico veterinario. Durante la cura, le colonie trattate con preparati non consentiti nel bio dovranno essere isolate in apposito apiario e la cera dovrà essere completamente sostituita con altra cera biologica. Successivamente le famiglie saranno soggette al periodo di conversione di un anno. 21 LEGGERE L’ETICHETTA L’etichettatura di un alimento segue delle norme fissate appositamente per aiutare il consumatore ad effettuare una scelta consapevole al momento dell’ acquisto. Oltre alle informazioni previste per legge, i produttori sono liberi di fornire qualsiasi altra informazione, purché non induca in errore il consumatore, come ad esempio persuaderlo ad acquistare un prodotto alimentare attribuendo a questo effetti o proprietà che in realtà non possiede. Per quanto riguarda il miele biologico, essendo prima di tutto un prodotto alimentare, dovrà riportare in etichetta quanto prescritto dalla normativa comunitaria e nazionale in relazione al miele. Le indicazioni obbligatorie da riportare sull’etichetta di qualsiasi vasetto di miele sono: • • • • • • • la denominazione di vendita la quantità netta o nominale il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del produttore o confezionatore o venditore la dicitura di identificazione del lotto di produzione l’indicazione del termine minimo di conservazione il Paese d’origine la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (quando diverso dall’indirizzo del responsabile di commercializ- zazione già indicato in etichetta) La denominazione di vendita “Miele” è riservata solo alla sostanza dolce naturale che le api producono da nettare o dalle secrezioni di piante e insetti. Questo significa che al miele non può essere aggiunto alcun ingrediente alimentare, colorante o additivo e non può essere tolto nessun componente. Nel caso di procedimenti industriali di lavorazione in etichetta deve essere specificato che si tratta di “miele filtrato”, o “miele industriale”. 23 Poiché Il miele non è sempre uguale, ma a seconda della zona, delle consuetudini e tecniche con cui viene prodotto cambia molto le sue caratteristiche, l’Unione Europea ha stabilito che sull’etichetta sia indicato il paese d’origine o i paesi in cui il miele è stato raccolto, senza per altro avere l’obbligo di indicare eventuali processi di conservazione (pastorizzazione) subiti dal prodotto. E’ questa una delle ragioni che invita a preferire “miele italiano”, dicitura che dà la garanzia di qualità. In un prodotto di qualità, la denominazione di vendita sarà affiancata da altre informazioni facoltative come l’origine floreale o vegetale (ad esempio “miele di acacia” oppure “miele di castagno”) se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche. Altre possibili indicazioni facoltative potranno essere rappresentate dall’origine territoriale o da criteri di qualità specifici come le denominazioni d’origine quali DOP e IGP. Le indicazioni di origine botanica e/o geografica rappresentano uno dei criteri di valorizzazione più semplici, diffusi e cercati dal consumatore, fondamentali per un prodotto di tale varietà secondo l’origine territoriale. Con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo è finalmente possibile definire direttamente l’alimento come biologico e non più attraverso il riferimento al metodo di produzione agricolo. Dal 01 gennaio 2009 non è più obbligatorio usare la denominazione di vendita “Miele da agricoltura biologica”: è legittima anche quella di Miele biologico, oltre a derivati e abbreviazioni, quali «bio» e «eco». Dal 1 luglio 2010 diventa obbligatoria l’apposizione del nuovo logo biologico europeo, unico per tutti i ventisette paesi membri, sotto al quale dovrà essere posizionato il codice numerico dell’Organismo di Certificazione e immediatamente sotto a quest’ultimo l’indicazione di origine della materia prima agricola (già assolta nel caso del miele). 24 MIELi di LOMBARDIA L’apicoltura in Lombardia è molto attiva e produce diverse tipologie di mieli. Il territorio lombardo, grazie ai diversi ecosistemi corrispondenti alle zone di montagna, collinari e di pianura offre fioriture abbondanti per le api durante gran parte dell’anno. In pianura e sui primi rilievi, precocemente in primavera, fiorisce il tarassaco; maggio è il mese della robinia, una tra le specie più importanti per l’apicoltura lombarda. Il castagno, diffuso fino a 700-800 metri di quota, fiorisce all’inizio dell’estate. Di poco successiva la fioritura del tiglio selvatico nei territori montani, quelli altimontani sono interessati dal rododendro e dalla flora alpina dei pascoli. Ci sono poi tutti i millefiori, l’erba medica e la melata. Sono i consumatori stessi a stimolare gli apicoltori alla diversificazione delle produzioni. Il comparto lombardo apistico è costituito da oltre 100.000 alveari e coinvolge circa 5.000 operatori: solo per alcune centinaia è attività da reddito più o meno importante, ma per tutti è fonte di autoconsumo e di appassionata attività amatoriale. Le pagine che seguono ci guidano alla conoscenza dei mieli prodotti nella nostra regione, della loro origine botanica e territori di provenienza, delle caratteristiche qualitative e possibili utilizzi in cucina. 25 I l m i e le di Ac a c ia o Ro binia Tra i mieli unifloreali, quello di acacia è senza dubbio il più diffuso e conosciuto. L’acacia è una specie originaria del nord America, ora diffusa quasi ovunque nel nord Italia, soprattutto come pianta infestante. Il miele ricavato dal nettare dei suoi fiori, che si presentano a grappoli profumati, è la produzione più importante a livello quantitativo per gli apicoltori lombardi che, in molti casi, colpiti da una vera e propria febbre, ne seguono la fioritura spostando le api dalle zone più a sud della regione fino a spingersi alle valli prealpine. Il periodo di fioritura delle piante di acacia è molto breve e precoce, fattore che rende la produzione facilmente soggetta all’andamento stagionale. In buone annate però, i bravi apicoltori riescono a produrre anche 30 kg per alveare. Il miele di acacia tra i più amati per il suo sapore molto dolce, quasi vanigliato, è uno dei pochi che resta per lungo tempo allo stato liquido, ha un colore chiaro e aroma leggero. E’ un miele delicato che si presta per questo a qualsiasi uso. Per l’elevato contenuto in fruttosio e l’assenza di sapori forti, è il più adatto per dolcificare. Da provare abbinato a formaggi erborinati come il gorgonzola: l’odore tenue e floreale dell’acacia dovrebbe bilanciare l’odore tipico di muschio e muffa del formaggio. I l m i e le di Ca st a g no Il castagno è uno degli alberi più diffusi nelle zone collinari e montane italiane. Il miele di castagno costituisce una delle principali produzioni a livello nazionale, soprattutto nell’arco alpino e lungo la dorsale appenninica. Nel mese di giugno, al momento della fioritura, gli apicoltori spostano gli alveari in prossimità o all’interno dei vasti boschi per ricavare uno degli ultimi mieli della stagione. Ha un colore chiaro, odore intenso e molto aromatico e il sapore non è troppo dolce, anzi si può assaporare un retrogusto più o meno amaro. La cristallizzazione è molto lenta e, una volta raggiunta, fa assumere al miele un colore scuro, quasi marrone. Lo si può trovare spesso in miscela naturale con la melata prodotta sulla pianta stessa da insetti che si nutrono della sua linfa. Quando il miele è mischiato alla melata presenta un colore più scuro e il gusto è meno amaro. Il gusto amaro e l’aroma forte non lo rendono adatto a dolcificare, ma piuttosto a insaporire o aromatizzare. E’ ottimo su pane e burro e a tavola su ricotta, formaggi di media stagionatura tipo caciotta o parmigiano. 26 I l m i e le di E rba Me dic a E’ il miele tipico della Pianura Padana, perché l’erba medica, pianta foraggera più coltivata in Italia, assume molto importanza soprattutto nel nord. La si riconosce dalle foglie trifogliate e dai fiori con corolla violetta, bluastra o gialla in racemi e con il legume che forma una spirale. L’erba medica è una sorgente nettarifera molto delicata a causa di una caratteristica del suo fiore, che infastidisce le api: quando l’ape si posa sul fiore, il tubo staminale scatta verso l’alto colpendo l’insetto e intrappolandolo contro il petalo. Per dare vita ad un miele unifloreale, si deve attendere che la pianta fiorisca completamente per la produzione da seme, e soprattutto lontana da altra flora più appetibile per le api. Il colore del miele è ambrato chiaro quando è allo stato liquido, beige quando cristallizza. La cristallizzazione è spontanea e avviene dopo alcuni mesi dal raccolto. L’aroma è delicato, così come il sapore, leggermente floreale con qualche nota di fieno o di cavolo. Essendo un miele abbastanza neutro può essere utilizzato sia come dolcificante, sia in abbinamento a formaggi freschi e a media stagionatura oppure per la preparazione di dolci, soprattutto torrone. I l m i e le di Me la t a Il miele di melata si produce da circa metà luglio agli inizi di agosto nelle zone dell’arco alpino e fino alla pianura a partire dalla secrezione zuccherina di insetti parassiti di numerose specie vegetali. Se le condizioni climatiche lo consentono, rappresenta forse l’ultimo importante raccolto di una breve ma intensa stagione apistica, che gli apicoltori sono molto felici di protrarre. Spesso lo troviamo in vendita con la dicitura “miele di bosco”. Una varietà molto pregiata e rara è il miele di melata di abete. Il miele di melata si presenta con un colore molto scuro, a volte quasi nero (ambra scuro con riflessi rosso verdastri la melata di abete; ambranocciola scuro opaco la melata di latifoglie). Ha un odore molto forte, speziato, che ricorda quello del legno bruciato o dello zucchero caramellato. La cristallizzazione è quasi assente ed il sapore, spesso quasi salato, presenta un grado di dolce meno forte rispetto ai mieli di nettare ma al contrario del miele di castagno non presenta la nota amara. Le particolari caratteristiche lo rendono gradevole a chi normalmente non ama il miele. Viene comunemente usato per dolcificare il latte e in accompagnamento a formaggi poco sapidi. 27 I m i e li Mille fio ri Sono prodotti a partire dalla miscela di nettare proveniente da più fioriture, nessuna delle quali riesce a prevalere sulle altre. Per questo motivo esistono numerose varianti di miele millefiori, tante quante possono essere le possibili combinazioni di piante. In Lombardia sono molto pregiati quelli prodotti nelle zone di alta montagna. I Millefiori presentano quindi tutte le tonalità di colore, dall’ambrato chiaro al molto scuro. L’odore è ampio e aromatico, dal delicato al floreale e il sapore varia ogni volta. Per le sue molteplici caratteristiche il miele millefiori è adatto a qualsiasi utilizzo culinario. La cristallizzazione è sempre presente, di solito caratterizzata da una massa compatta. I l m i e le di Ro do de ndro Chiamato anche “rosa delle Alpi” il rododendro è una bellissima pianta tipica degli ambienti alpini, che fornisce un nettare molto appetito dalle api. In Lombardia il miele di rododendro viene prodotto solo in montagna nei mesi di giugno e luglio, dove però le condizioni del clima molto instabili rendono la resa incostante di anno in anno. La resa media è compresa tra 7-8 kg/alveare alle quote più elevate e 10-15 kg/alveare alle altitudini più basse. Per poterlo produrre bisogna avvalersi delle tecniche di nomadismo, trasportando le api di notte a quote di almeno 800 metri sul livello del mare. Il colore è molto chiaro diventa bianco quando il miele cristallizza e l’odore è leggero, fresco e fruttato. E’ facile imbattersi in mieli definiti abitualmente di rododendro che presentano aroma più ricco e intenso a causa di “contaminazioni” di nettare di lampone o timo. Anche il sapore è lieve e delicato, spesso ricorda una marmellata di piccoli frutti selvatici e accompagna bene formaggi piccanti come pecorini stagionati ed erborinati. 28 I l m i e le di Ta ra ssa c o Il tarassaco è una pianta erbacea perenne, che quando matura forma il caratteristico globo piumoso che ce lo fa riconoscere come “soffione”, il suo nome più comune. Il miele di tarassaco viene prodotto all’inizio della primavera soprattutto in pianura e nelle zone collinari. Essendo una fioritura precoce solo gli apicoltori con famiglie già abbastanza forti e popolose riescono a produrre quantità di 5-10 kg di miele ad arnia. Si presenta di colore giallo limone con sfumature beige-grigiastre e cremoso. La sua cristallizzazione è rapidissima tanto che se l’apicoltore attende troppo farà molta fatica ad estrarlo dai melari. L’odore è molto intenso, quasi di ammoniaca, così come il gusto che risulta persistente e lo rende un miele difficile, non per tutti i palati. Per chi lo apprezza è ideale servito con formaggi ovini a media stagionatura in quanto il profumo forte un po’ pungente dovrebbe bilanciare le note tipiche aromatiche di tale formaggio. I l m i e le di Tig lio Viene prodotto dalla fioritura di tigli selvatici alle pendici delle Alpi o nei parchi, dove risulta molto diffuso. Le specie di tiglio spontanee in Italia sono di due tipi, il nostrano e il selvatico, mentre altre varietà o ibridi di quello nostrano e di specie esotiche sono diffuse ovunque, nei giardini, nei viali e nell’arredo urbano. Il nettare molto aromatico dei fiori richiama intensamente le api e marca il miele che lo contiene. Il miele unifloreale è molto difficile da ottenere e spesso è presente in miscela con melata della stessa origine o castagno, assumendo un colore chiaro o più scuro a seconda del livello di contaminazione. L’odore di miele di tiglio è unico, riconoscibile perché mentolato, così come il gusto. Se cristallizzato ha una grana grossolana. E’ ottimo sia come miele da tavola che come dolcificante ed è particolarmente indicato nelle tisane calde. 29 L’AGRICOLTURA BIOLOGICA E’ AMICA DELLE API Le api sono considerate degli eccezionali indicatori ambientali: un sensore straordinario in movimento che, grazie a milioni e milioni di microprelievi quotidiani, raccoglie informazioni dal suolo, dall’acqua, dall’aria e dalla vegetazione. Negli ultimi dieci anni la mortalità delle api è stata del 40% più elevata del tasso naturale, con conseguenze prevedibili per la biodiversità, infatti l’80% delle specie vegetali e parte importante della produzione agricola mondiale, per riprodursi, dipende dall’impollinazione degli insetti pronubi. La causa principale è dovuta all’uso crescente, negli ultimi trent’anni, di erbicidi e antiparassitari e all’affermarsi di un modello agricolo che tende a privilegiare le monocolture intensive con grave perdita di ricchezza in biodiversità. Negli anni ’90 inoltre, l’introduzione di insetticidi sistemici (neonicotinoidi) che rimangono in circolo in ogni parte della pianta in modo persistente, hanno contribuito a far precipitare una situazione degli allevamenti apistici già in difficoltà. Con una lotta serrata alle multinazionali della chimica, Davide contro Golia, gli apicoltori italiani sono riusciti ad ottenere la sospensione cautelativa dell’uso di queste molecole quantomeno sulla coltura del mais. E infatti nel 2009 s’è verificata una “rinascita” apistica con un ritorno alla “normalità” in termini di raccolto e tasso di mortalità delle api. Sebbene questa sospensione sia stata solo una goccia nel mare dell’agrochimico italiano, dove solo nel 2006 sono state versate circa 150 mila tonnellate di prodotti fitosanitari su circa il 70% della superficie agricola utilizzata, è stata sufficiente per permettere agli apicoltori di guardare al futuro con più fiducia. Anche i consumatori hanno cominciato a percepire che la scomparsa delle api può compromettere l’intero equilibrio del nostro pianeta. Se gli apicoltori hanno il delicato compito di proteggere e custodire questa sentinella dell’ambiente, come consumatori ciò che con convinzione possiamo fare è scegliere prodotti provenienti da un’agricoltura pulita e da un’apicoltura che rispetta le api e l’ambiente, anche per continuare ad avere tanto miele buono e sicuro sulla nostra tavola. 30 B i b li og ra fia AA.VV. , (2008-09) L’apis, Aspromiele AA.VV., (2002), I colori del miele, UNAAPI AA.VV., (2000), I mieli uniflorali italiani, 2000 Ministero delle Politiche Agroforestali A. Bonadonna, G. Peira, E. Varese, (2006), L’etichettatura dei prodotti alimentari, 2006 Union camere Piemonte F.Panella e L. Allais, (2000), I quaderni dell’apicoltore – 1 apicoltura biologica, UNAAPI L. Persana Oddo, L. Piana, A.G. Sabatini, (2000), Conoscere il miele, 1995 Istituto Nazionale di Apicoltura S i t og r a fia www.mieliditalia.it www.osservatoriomiele.org F oto fonte: www.oekolandbau.de ©BLE, Bonn/Foto: Thomas Stephan ©BLE, Bonn/Foto: Dominic Menzler La foto a pag. 12 è di Valeria Inguaggiato. 31 testo di: Federico Valobra, laureato in scienze agrarie indirizzo tecnico economico orientamento ai servizi per l’assetto territoriale e tutela ambientale. Apicoltore hobbysta, lavora in Lombardia come tecnico apistico. coordinamento _ Rita Zuccolin grafica e ricerca immagini _ Valeria Inguaggiato copertina e editing immagini _ Irene Marchesi a cura di AIAB Lombardia www.aiablombardia.it aiab.lombardia @aiab.it via P.L. da Palestrina, 9 20124 Milano +39 02 67 100 659 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA finito di stampare nel novembre 2009 LOMBARDIA da “Il Melograno” Società Cooperativa Sociale Via Raffaello Sanzio 42/44 - 20021 Bollate (MI)