ASSOCIAZIONE ITALIANA
PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
LOMBARDIA
Piacere, Bio!
il miele
Piacere, Bio!
Il piacere di incontrare e consumare biologico
La campagna Piacere, Bio! , promossa da AIAB Lombardia , ha lo
scopo di sensibilizzare i cittadini verso i prodotti biologici con visite
alle aziende agricole, incontri, mercatini, pubblicazioni.
Questa pubblicazione è dedicata al miele, alimento che tutti
conosciamo e apprezziamo: assieme al pane nella prima
colazione, come dolcificante di bevande e tisane, in
accompagnamento ai formaggi, nei dolci, quando abbiamo la tosse
o abbiamo bisogno di energia.
L’attenzione è rivolta al miele da apicoltura biologica, quello cioè
prodotto secondo tecniche che rispettano l’ambiente e le api.
L’opuscolo illustra le fasi di lavorazione e le caratteristiche che lo
differenziano dal miele convenzionale, le varietà presenti nei nostri
territori ed infine come riconoscere dall’etichetta se il miele è
certificato e quali garanzie di sicurezza offre il prodotto biologico.
Piacere, Bio! Il miele
a cura di AIAB Lombardia
AIAB - Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica promuove l’agricoltura biologica, l’ecosviluppo rurale, stili di vita sostenibili.
Si rivolge agli agricoltori e tecnici, ai consumatori e alle associazioni.
E’ diffusa in tutto il territorio nazionale con sedi regionali.
www.aiab.it; www.aiablombardia.it
indice
IL MIELE
Aspetto
Conservazione
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TIPOLOGIE DI MIELI E TERRITORI DI PRODUZIONE
Il miele di nettare
I mieli unifloreali
I mieli millefiori
Il miele di melata
LA PRODUZIONE DEL MIELE Le fasi di lavorazione
7
IL MIELE BIOLOGICO
Il sistema di controllo
Differenze tra miele biologico e miele convenzionale
LEGGERE L’ETICHETTA
17
15
23
MIELI DI LOMBARDIA
Il miele di Acacia o Robinia
Il miele di Castagno
Il miele di Erba Medica
Il miele di Melata
I mieli Millefiori
Il miele di Rododendro
Il miele di Tarassaco
Il miele di Tiglio
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L’AGRICOLTURA BIOLOGICA E’ AMICA DELLE API
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Bibliografia
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Viva le api Viva la vita
Sono un uomo fortunato; ho potuto dedicare gran parte della mia vita lavorativa, da
oltre trent’anni, a un’attività interessante e appassionante come l’allevamento di api.
Il contatto con questa forma vitale così complessa e così diversa da noi uomini contribuisce non solo a darci la dimensione dell’esiguità del nostro sapere ma anche della
limitatezza dell’umana capacità di “dominare” il vivente.
E’ un allevamento ma non comporta la necessità di abbattere l’animale cui ti dedichi.
Curi degli animali ma il tuo compito non è, generalmente, quello di fornire
l’alimentazione, l’abbeverata, l’asportazione delle deiezioni…
E’ attività zootecnica ma, al contrario di molti altri allevamenti, l’apicoltura non implica
alcuna ricaduta negativa sull’ambiente. E’ anzi attività con gran valenza sociale e
indispensabile per il ciclo vitale e per gran parte delle produzioni agricole e forestali.
Tuo compito e ruolo è assicurare le cure e l’accudimento che consentano ai tuoi
animali di produrre oltre le loro notevolissime necessità e oltre il loro importante
consumo di eccellenti materie, quali grandi quantità di variegato miele e superproteico
polline.
Fare bene apicoltura è quindi assai più simile a un’attività d’”arte”, nel senso originario
del temine, che non a un’attività di dimensione e scala “industriale”.
Sei tenuto ad aggiornarti e a innovare ma non sei costretto, obbligato per sopravvivere,
a condurre l’attività in modo agroindustriale, tale da compromettere la fertilità del
domani.
I prodotti dell’apicoltura sono inoltre generalmente fra i più preservati dai fenomeni
di polluzione ambientale anche grazie all’azione di filtro che si realizza con la morte
stessa delle api in caso di significativi fenomeni di inquinamento ambientale.
Insomma per molti suoi aspetti, nel suo insieme, l’apicoltura è, se comparata ad altre
forme d’allevamento zootecnico, un’attività già di per sé assai vicina al modo di produzione biologico.
L’unico aspetto su cui ha trionfato anche in apicoltura la logica produttivistica convenzionale, con i suoi limiti e guasti è ed è stato l’aspetto della lotta alle patologie.
La sfida dell’apicoltura italiana e in prima fila di quella bio, numericamente e qualitativamente la più importante d’Europa, è incentrata sulla constatazione che ogni molecola somministrata lascia una sua traccia e segno in un animale come l’alveare dal
metabolismo così unico e particolare.
Difendere le nostre api con il minor impatto possibile è l’obiettivo grazie a cui abbiamo
già costruito tanto.
Il mio auspicio è che anche questa pubblicazione contribuisca a far crescere la
consapevolezza dell’importanza del ruolo ambientale delle api, della loro indispensabilità come della unicità e gradevolezza dei loro prodotti e che possiamo e dobbiamo
preservare api, mieli e fertilità per le generazioni che verranno.
Francesco Panella
Presidente U.N.A.API
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IL MIELE
Il miele è uno degli alimenti più antichi conosciuti e per millenni ha rappresentato l’unico a base zuccherina utilizzato nell’alimentazione dell’uomo.
Esistono molti modi per definire il miele.
Dal punto di vista biologico lo si deve considerare come un alimento “di
riserva”, ossia cibo accumulato come scorta dalle api e poche altre specie
di insetti loro simili: il miele infatti è un prodotto che l’ape ottiene trasformando le sostanze zuccherine che essa raccoglie in natura.
Come alimento per l’uomo possiamo considerare il miele come l’unica
fonte di zuccheri semplici che non necessita di alcuna ulteriore trasformazione per essere commestibile. Un grande pregio del miele è di poter fornire
all’organismo energia prontamente disponibile, senza richiedere processi
digestivi e senza apportare sostanze indigeribili o dannose. Per questa ragione risulta un alimento indicato a tutti, dagli sportivi ai malati, e per le
più svariate occasioni alimentari, dalla prima colazione agli abbinamenti e
contrasti culinari, all’utilizzo quale migliore dolcificante sano e gradevole.
Secondo la definizione legale invece: “…per miele si intende il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che
esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie,
immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”.
Il miele è, quindi, un alimento prodotto dalle api a partire dal nettare,
secreto dalle piante da fiori, e dalla melata, un derivato della linfa degli alberi, che alcuni insetti succhiatori espellono sotto forma di eccesso di zuccheri, dopo essersene nutriti.
Questa definizione, meglio di tutte, fa risaltare la duplice natura del miele,
che è sia animale che vegetale.
L’operato delle api è fondamentale per la sua elaborazione; solo loro infatti possono raccogliere, trasformare e rielaborare la sostanza vegetale
di partenza che caratterizza il miele più di ogni altra cosa. Piante diverse
forniscono diverso tipo di nettare, da cui nasce la varietà del prodotto miele:
per ognuno uno specifico colore, odore, sapore e consistenza.
Lo stesso vale per la melata, che derivando dalla linfa delle piante, ne conserva le diverse qualità anche dopo la trasformazione ad opera degli insetti
succhiatori quali afidi e cocciniglie.
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As p e tt o
Il miele che acquistiamo non sempre ha lo stesso aspetto. Al momento
dell’estrazione tutti i mieli sono liquidi ma in seguito, in un tempo molto
variabile, la maggior parte cristallizza.
La cristallizzazione non incide sulla qualità, è al contrario un processo naturale, molto rapido nei mieli ricchi di glucosio come ad esempio il tarassaco, la colza, il girasole ed alcuni millefiori, mentre non avviene o avviene
solo parzialmente, con il tempo, nei mieli poveri di glucosio e ricchi in fruttosio come quelli di castagno, di acacia e melata. Un fattore che incide sulla
velocità di cristallizzazione è la temperatura di conservazione: intorno ai
15 °C la accelerano, mentre temperature molto basse, o alte la bloccano. In
ragione di tutto ciò sarà molto difficile ritrovare sul mercato, dall’autunno
inoltrato in poi, mieli liquidi che non siano quelli di acacia, di castagno o di
melata a meno che non abbiano subito trattamenti termici con conseguente
perdita di alcune caratteristiche naturali del miele.
C ons e r va z io ne
La normativa sul miele non consente interpretazioni e manipolazioni di sorta. Può fregiarsi della denominazione “miele” solo il prodotto tal quale è
raccolto dalle api nei fiori o sulle melate.
Al miele in commercio infatti non è permessa l’aggiunta di conservanti, aromatizzanti o altro ingrediente che ne alteri in qualsiasi modo le caratteristiche organolettiche e chimico - fisiche.
Altri aspetti qualitativi sono la buona conservabilità del miele e la sua freschezza. Se anche il miele nel tempo invecchia, perdendo alcune delle sue
caratteristiche, questo avviene con velocità proporzionale alla temperatura
di conservazione: pressoché trascurabile sotto i 10°C è via via più rapida
tanto più si innalza la temperatura. Uno dei possibili indici di vecchiaia del
miele è la separazione di fasi: uno strato di miele liquido alla superficie e
uno strato cristallizzato nella parte inferiore.
Per preservarne tutte le vive proprietà nutrizionali è importante conservare
il miele lontano da fonti di calore, in luoghi freschi e al riparo dalla luce
diretta e chiudere con cura la confezione dopo ogni utilizzo.
Se ben conservato il prodotto di un anno di età può essere ancora considerato fresco, tanto è vero che la maggior parte dei produttori indica in due
anni dalla raccolta il periodo preferenziale di consumo.
Nel caso di produzioni primaverili o autunnali, o di una conservazione in
ambiente umido, può accadere che il miele contenga un eccesso di acqua
e che questo ne causi la fermentazione. Questa alterazione si manifesta in
genere in poco tempo. Il miele fermentato è generalmente riconoscibile: appare schiumoso, con bolle di gas inglobate; spesso la parte liquida si separa
da quella solida e l’odore e il sapore sono acidi.
Sebbene il miele fermentato non sia dannoso per la salute, trattandosi di un
prodotto alterato, va buttato.
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TIPOLOGIE DI MIELI E
TERRITORI DI PRODUZIONE
I l m i e le di ne t t a re
Il miele presenta evidenti differenze conseguenti alla diversa origine botanica.
Il miele di nettare è quello che le api producono a partire dal nettare delle
piante. Il nettare è la sostanza zuccherina che le piante da fiore producono
per attirare gli insetti e renderli vettori del polline, l’elemento fecondante,
che viene così trasportato su altri fiori.
A seconda della loro anatomia, e in particolare della lunghezza della proboscide (tecnicamente detta ligula), le api possono raccogliere il nettare
solo da alcuni fiori, che sono detti appunto melliferi.
Per questa ragione parliamo quindi di mieli al plurale: diverse le piante,
diversi i mieli.
. I mieli unifloreali
Si parla di miele unifloreale quando esso deriva da un’unica origine botanica e ne risulta caratterizzato specificatamente dal punto di vista della
composizione e delle caratteristiche organolettiche e microscopiche; ossia
deve essere riconoscibile per aspetto, profumo e gusto.
La produzione di mieli unifloreali è possibile per le specie botaniche la cui
diffusione sia abbondante e in zone di territorio estese.
Per queste tipologie di miele vengono adottate tecniche apistiche particolari
per incrementarne la produzione e aumentarne la purezza.
Il pregio dei mieli unifloreali risiede nella loro specificità e caratteristiche
uniche, che in alcuni casi si traduce anche in rarità e scarsità di diffusione
commerciale.
7
I p r i nc ipa li mie li uniflo real i ital ian i
MIELE DI
CASTAGNO
MIELE DI
CARDO
MIELE DI
AGRUMI
MIELE DI
ACACIA
TERRITORI DI
PRODUZIONE
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CARATTERISTICHE
La sua produzione è
diffusa in tutta l’Italia,
nelle zone collinari,
ma soprattutto nella
fascia prealpina
COLORE: molto chiaro o giallo paglierino
CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi
assente
ODORE: molto leggero
SAPORE: delicato, vanigliato, ricorda il
profumo dei fiori
USI: si presta ad ogni uso. E’ il più adatto
per dolcificare
Le maggiori produzioni si hanno negli
agrumeti meridionali
e delle isole
COLORE: molto chiaro, bianco nel cristallizzato
CRISTALLIZZAZIONE: cristallizza spontaneamente dopo alcuni mesi
ODORE: intenso, simile ai fiori di arancio
SAPORE: molto intenso, tra il floreale e
il fruttato. Normalmente dolce, a volte
acidulo
USI: il suo aroma floreale si abbina bene a
quasi tutti gli alimenti dolci. Le sue caratteristiche vengono meglio valorizzate dagli
usi a freddo. Ottimo per dolcificare e aromatizzare lo yogurt, la panna montata e i
dessert a base di panna, mascarpone o
ricotta
E’ tipico delle isole, COLORE: ambrato, sfumature arancioni e
soprattutto la Sar- beige se cristallizzato
CRISTALLIZZAZIONE: spontanea dopo
degna
qualche mese
ODORE: intenso
SAPORE: un leggerissimo fondo amaro e
astringente
USI: da tavola, soprattutto su formaggi freschi
E’ prodotto su tutto
il territorio nazionale
nelle zone di media
montagna
COLORE: ambrato, a volte quasi nero
CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta
ODORE: forte e tannico
SAPORE: pungente e amaro
USI: ottimo per chi non ama i sapori troppo
dolci e indicato a tavola sui formaggi di media stagionatura
COLORE: ambra scura con tonalità arancioni
CRISTALLIZZAZIONE: veloce in cristalli fini
ODORE: mediamente intenso, caramellato,
anice, liquirizia
SAPORE: caramellato
USI: si presta a tutti gli usi. Si accompagna
felicemente con formaggi dai gusti molto intensi
E’ diffuso in piccole
produzioni in
Liguria,
Toscana,
Umbria e Sardegna
COLORE: ambrato chiaro, se cristallizzato è
quasi grigio
CRISTALLIZZAZIONE: rapida e compatta
ODORE: intenso, quasi di funghi secchi, pungente
SAPORE: forte, quasi di liquirizia
USI: non risultando molto dolce può piacere
anche a chi non ama il miele. L’aroma particolare lo rende adatto alla preparazione di
piatti salati, in salse a base di burro o con
formaggi sapidi tipo il Ragusano
Si produce in Italia
centro-meridionale,
dove sono stati
piantati
eucalipti
per rimboschimento
o come siepi
MIELE DI
CORBEZZOLO
MIELE DI
ERBA MEDICA
COLORE: ambrato, da beige a nocciola se E’ tipico della
Pianura Padana
cristallizzato
CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi, a
pasta grossa
ODORE: di media intensità
SAPORE: tenue, vinoso
USI: come dolcificante, per preparare dolci
o abbinato a formaggi freschi
MIELE DI
ERICA
Si produce prevalentemente in Sardegna e nelle zone
di macchia mediterranea in autunno
dopo estati piovose
MIELE DI
EUCALIPTO
COLORE: ambrato, con sfumature grigioverdi
CRISTALLIZZAZIONE: rapida e omogenea,
può fermentare velocemente
ODORE: pungente
SAPORE: molto amaro
USI: il gusto particolarmente amaro e pungente lo rende di difficile utilizzo ma può
essere piacevolmente abbinato alla frutta
fresca e utilizzato per preparazione di dolci
particolari
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MIELE DI
GIRASOLE
MIELE DI
LAVANDA
MIELE DI
RODODENDRO
MIELE DI
ROSMARINO
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E’ relativamente
recente, al passo
con la coltivazione
della pianta
COLORE: giallo acceso
CRISTALLIZZAZIONE: rapida con cristalli
difficili da sciogliere
ODORE: leggero, ricorda il polline fresco
SAPORE: leggermente erbaceo, quasi
rinfrescante
USI: ottimo per tutti gli usi da tavola e molto
utilizzato in pasticceria
In Italia è poco diffuso, in Sardegna
c’è una variante
derivata dalla lavanda
selvatica,
con aroma meno
intenso
COLORE: da chiaro ad ambrato
CRISTALLIZZAZIONE: fine, pastosa
ODORE: molto intenso, aromatico, fresco,
leggermente vegetale
SAPORE: molto particolare
USI: pregiato miele da tavola. Ideale sui
formaggi di capra
Si produce solo in
montagna ad altezze tali che rendono la produzione
incostante
COLORE: molto chiaro, bianco nel cristallizzato
CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi,
pastosa
ODORE: delicato, debole floreale leggermente di vegetale
SAPORE: delicato
USI: adatto a tutti gli usi. Accompagna bene
i formaggi pecorini
La produzione è
scarsa e molto
limitata, tipica di
Puglia, Sardegna e
isole minori
COLORE: giallo, avorio o bianco quando
cristallizza
CRISTALLIZZAZIONE: cristallizza velocemente in grana fine
ODORE: tenuemente floreale
SAPORE: tenue e delicato
USI: poco diffuso, ma pregiato. Ottimo in
abbinamento con formaggi da latte di capra
e pecora
COLORE: dipende dal contenuto di melata che
lo rende più scuro.
CRISTALLIZZAZIONE: lenta, molto spessa,
grossolana
ODORE: fresco, balsamico
SAPORE: retrogusto mentolato
USI: indicato nelle tisane
Si produce sui tigli selvatici delle
pendici delle Alpi,
spesso miscelato
con castagno o
melata della stessa origine
COLORE: ambrato
CRISTALLIZZAZIONE: dopo alcuni mesi, a
granulazione fine
ODORE: molto intenso, speziato
SAPORE: simile all’aroma, ricorda il timolo
USI: da usare come dolcificante nelle tisane
Si produce nelle
zone
montuose
all’interno
della
Sicilia
MIELE DI
SULLA
Tipico di
Lombardia
e
Piemonte ad inizio
primavera
MIELE DI
TARASSACO
COLORE: giallo vivo o biege se miscelato con
miele di salice
CRISTALLIZZAZIONE: molto rapida e fine
ODORE: molto intenso e amoniacale
SAPORE: simile all’odore ma più fine
USI: in abbinamento a formaggi saporiti di
media stagionatura
MIELE DI
TIGLIO
E’ prodotto in
Italia centrale, meridionale e insulare
dove la sulla, pianta
foraggera, fiorisce
a fine primavera MIELE DI
TIMO
COLORE: chiaro, a volte quasi bianco
CRISTALLIZZAZIONE: compatta, dopo alcuni
mesi
ODORE: tenue
SAPORE: delicato, leggermente acidulo, senza retrogusto
USI: il sapore neutro lo rende adatto a tutti gli
usi, la consistenza fine e compatta lo rende
adatto ad essere spalmato sul pane
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. I mieli millefiori
Sono millefiori tutti quei mieli che non possono essere definiti unifloreali.
Questo non è certo indice di minor qualità; è solo l’impossibilità di definire
tutte le componenti floreali presenti in queste tipologie di mieli.
Non esiste una categoria unica di millefiori, perché questi mieli presentano
milioni di varianti a seconda delle possibili combinazioni di piante da cui
derivano e dalla loro origine territoriale. In molte zone, infatti, i millefiori
presentano caratteristiche esclusive e costanti nel tempo. Possiamo quindi
dire che esistono prodotti legati alla provenienza regionale e identificabili
attraverso la dichiarazione di origine del luogo di produzione.
Due importanti tipologie di millefiori sono quelle dell’Appennino e di montagna. Il miele millefiori dell’Appennino è di colore variabile, così come
l’odore e il sapore che da un anno all’altro possono ricordare alcuni fiori o
frutti. La cristallizzazione inizia alcuni mesi dopo il raccolto. E’ un miele decisamente aromatico che si presta alla maggior parte degli usi in cucina.
Dall’ambrato a tonalità molto scure a seconda della presenza di melata,
il miele millefiori di montagna cristallizza dopo alcuni mesi dal raccolto.
Come tutti i millefiori le sue caratteristiche organolettiche variano molto da
un anno all’altro, regalando sapori e odori più o meno intensi ed un utilizzo
universale in cucina.
12
I l m i e le di me la t a
La melata deriva dalla linfa delle piante ed è prodotta in seguito
all’intervento di insetti. Per procurarsi le sostanze vitali questi
insetti succhiano grandi quantità di linfa ed espellono l’eccesso
sotto forma di melata, che si deposita in gocce sulla superficie
di foglie e rami. Qui le api la raccolgono e poi la utilizzano per
produrre miele.
MIELE DI MELATA
DI METCALFA
PRUINOSA
MIELE DI
MELATA DI
ABETE
TERRITORI DI
PRODUZIONE
CARATTERISTICHE
Si produce nell’arco
alpino e nell’Appennino
tosco-romagnolo
COLORE: molto scuro, tendente al nero,
con sfumature verdastre
CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi
assente
ODORE: leggermente resinato, di legno
bruciato, di zucchero carammellato
SAPORE: poco dolce, balsamico
USI: ottimo con formaggi poco sapidi e
per chi non ama il classico
La Metcalfa pruinosa è un
insetto di origine americana da poco introdotto in
Italia soprattutto del nord.
Attacca piante diverse e
produce melata abbondante
COLORE: ambra - nocciola scuro opaco
CRISTALLIZZAZIONE: molto lenta, quasi
assente
ODORE: vegetale, quasi di verdura cotta
SAPORE: poco dolce, a volte quasi salato
USI: ottimo con formaggi poco sapidi e
per chi non ama il miele classico
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LA PRODUZIONE DEL MIELE
L’apicoltura si contraddistingue per essere un’attività di allevamento avente caratteristiche peculiari e per molti aspetti vicine ai principi di produzione
biologica. Ad esempio l’animale allevato consente un surplus per l’uomo
solo se gode di condizioni di vita ottimali. In un anno un alveare consuma
per le proprie necessità circa 230 kg di miele e decine di kg di polline, mentre la resa media di un alveare stanziale va dai 15 ai 40 kg di miele e circa
3 – 4 kg di polline l’anno.
La legge stessa sancisce l’interesse nazionale ricoperto dall’apicoltura
in funzione della conservazione dell’ambiente naturale, dell’ecosistema e
dell’agricoltura in generale, essendo finalizzata a garantire l’impollinazione
delle piante e la biodiversità. Dove per biodiversità si intende la misura della
varietà di specie animali e vegetali e rispettarla significa conservare e mantenere intatto o quantomeno equilibrato l’intero sistema vitale.
L’apicoltore deve calarsi nei panni di un esperto botanico in modo da individuare la zona ideale per installare i propri apiari.
Gli apiari possono essere nomadi, quando le api vengono spostate inseguendo le fioriture, oppure stanziali, quando gli alveari restano fissi in una
postazione, chiamata “apiario”.
In queste postazioni sarà possibile trovare fino a qualche decina di alveari
da cui le api eseguiranno i loro innumerevoli voli finalizzati alla raccolta di
nettare e polline.
La conoscenza del territorio diventa molto importante nella produzione di mieli unifloreali. L’apicoltore dovrà infatti valutare la coincidenza
temporale della fioritura principale, di cui si vuole produrre il miele, con
altre suscettibili di interessare le api bottinatrici, per poter così evitare
“l’inquinamento” del nettare primario raccolto.
15
Le f a s i di la vo ra z io ne
La lavorazione dell’uomo inizia quando finisce il lavoro dell’ape: il periodo
della smielatura avviene comunemente verso la fine delle fioriture dopo che
le api hanno immagazzinato ed opercolato il miele nei favi anche all’interno
dei melari. In occasione delle varie fioriture più ricche i melari vengono
sovrapposti al nido dove si svolge il ciclo biologico e riproduttivo della famiglia, e contengono favi aggiuntivi, più piccoli, di nettare, dove le api deporranno il miele in eccesso rispetto al loro fabbisogno.
Alla fine della fioritura prescelta, al momento opportuno l’apicoltore toglie i
melari e li porta in appositi laboratori dove avverrà la smielatura.
I favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le cellette chiuse
da un coperchio di cera. Si procede quindi alla disopercolatura per permettere al miele di fuoriuscire. Questa operazione viene effettuata manualmente con una apposita forchetta o coltello, oppure attraverso un procedimento meccanizzato, per mezzo di una macchina disopercolatrice.
E’ molto importante che durante la smielatura i melari vengano conservati facendo molta attenzione al tasso di umidità, per evitare di intaccare la
qualità del miele.
Dopo la disopercolatura i favi dei melari vengono posti in una macchina detta smielatore, che con la forza centrifuga farà fuoriuscire il miele dalle cellette. Da qui il miele viene convogliato nei maturatori, passando attraverso
filtri che trattengono i pezzetti di cera e altre impurità.
A questo punto il miele viene lasciato decantare. Durante tale fase avviene
la separazione di tutte le impurità: se queste possiedono un peso specifico
maggiore del miele scendono sul fondo del maturatore se, invece hanno un
peso specifico inferiore affiorano in superficie andando così a formare una
specie di schiuma.
Dopo qualche settimana il miele è pronto per il confezionamento.
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IL MIELE BIOLOGICO
I l s i s te ma di c o nt ro llo
Il marchio bio non è tanto una certificazione di qualità del prodotto quanto
della qualità complessiva e ambientale del modo di produrlo. I due aspetti
possono coincidere, ma è bene far chiarezza su questo equivoco che da
sempre accompagna i prodotti biologici. Scegliere miele biologico non
significa necessariamente consumare del miele migliore dal punto di vista
organolettico, quanto preferire del miele prodotto in armonia con l’ambiente,
la biodiversità e in modo da non comportare effetti negativi sulla natura.
La “certificazione di conformità” rispetto al metodo di produzione biologico è un atto mediante il quale una terza parte, imparziale, indipendente e
competente, rappresentata dall’ Organismo di Certificazione, dichiara che,
con ragionevole attendibilità, un prodotto, processo o servizio è conforme
alla norma che regola la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici
(Reg. CE 834/2007 e Reg. CE 889/2008).
E’ comunque il produttore stesso ad essere garante civilmente e penalmente per i requisiti del prodotto venduto, e prima di poter essere certificato come produttore biologico deve dimostrare di essere a norma con le
disposizioni comunitarie e nazionali che regolano la materia dei prodotti
convenzionali.
Il miele può essere commercializzato come biologico solo se il produttore
o il confezionatore sono in grado di assicurare un sistema di rintracciabilità lungo l’intera catena produttiva, a partire dal prelievo dei melari e
fino al prodotto confezionato, compreso il trasporto e la distribuzione al
consumatore finale. Tale sistema deve essere validato dall’Organismo di
Certificazione. Il miele trasportato e lavorato in laboratorio dovrà essere
raccolto in contenitori dedicati e identificati, sui quali verranno annotati,
mediante etichettatura, il riferimento al metodo di produzione biologico e
la natura dello stesso.
Qualora siano accertate serie irregolarità nel rispetto del regolamento
biologico da parte dell’operatore, l’Organismo di Certificazione dovrà provvedere che nell’etichettatura o nella pubblicità del lotto o dell’intero ciclo di
produzione coinvolto, non sia fatto riferimento al metodo di produzione bio.
Ove invece venga constatata un’infrazione grave o avente effetti prolungati nel
tempo, sarà vietato all’operatore di commercializzare prodotti biologici.
17
Differenze tra miele biologico
e miele convenzionale
Il miele si definisce biologico solamente se è prodotto in conformità con le
regole e le tecniche di apicoltura biologica. Tali tecniche sono volte ad ottenere un prodotto alimentare sicuro e di buona qualità organolettica.
Gli elementi che sono all’origine dei rari casi di contaminazione del miele
italiano provengono da prodotti introdotti volontariamente nell’alveare
dall’apicoltore a scopo terapeutico (farmaci, antiparassitari) o da limitatissime quantità di sostanze presenti nell’ambiente come metalli pesanti e
molecole chimiche irrorate a uso agricolo. Per prevenire tali possibilità la
normativa del biologico prevede una serie di obblighi e accorgimenti che
esponiamo qui di seguito.
. Il periodo di conversione e la cera biologica
Un’azienda apistica che voglia vendere prodotti con riferimento al metodo di
produzione biologico è tenuta a sostenere un periodo di conversione della
durata di un anno durante il quale rispettare l’insieme delle condizioni dettate dal Regolamento comunitario del biologico, provvedendo in primo luogo a “bonificare” la cera dei favi da nido sostituituendola nella sua totalità
con cera biologica.
La differenza tra cera convenzionale e cera biologica è di rilievo sia per il
rischio di contaminazione dei vari prodotti apistici sia per il benessere della
famiglia d’api. La cera comune proviene dalla lavorazione di quella presente nel nido e di quella di opercolo (prelevata dal melario) e contiene spesso
residui di molecole provenienti dai trattamenti chimici, impiegati per la lotta
alle patologie delle api. Durante la conversione l’apicoltore può utilizzare
anche la propria cera d’opercolo lavorata, ma deve dimostrarne la provenienza e l’assenza di residui chimici.
Molti apicoltori, anche convenzionali, hanno ormai capito l’importanza
dell’utilizzo di cera pulita. Oltre alla possibilità di contaminazione del
miele, l’utilizzo di cera convenzionale può avere ricadute anche sul benessere delle api, costrette a vivere in un ambiente con molecole chimiche
persistenti, che oltretutto inducono resistenze ai parassiti delle api che si
debbono combattere.
Le aziende apistiche biologiche sono tenute dal Regolamento a utilizzare
cera certificata; le aziende convenzionali più professionali, che cercano di
lavorare con una filosofia vicina a quella della lotta biologica, pretendono la
lavorazione della propria cera o utilizzano quella proveniente dal continente
africano, dove non è ancora necessario effettuare trattamenti per la sopravvivenza dell’alveare.
18
. L’ubicazione degli apiari
La scelta dell’ubicazione degli apiari è importante per l’azienda biologica.
Gli alveari devono essere collocati in zone che assicurino sufficiente disponibilità di nettare e polline provenienti essenzialmente da coltivazioni
biologiche, da flora spontanea o da fioriture di colture condotte con metodi
a basso impatto ambientale, mantenendo una distanza di sicurezza da fonti
di inquinamento.
Tali obblighi risultano di notevole importanza in un contesto agricolo-industriale come quello italiano dove si utilizza ben il 33% dell’intera quantità
di insetticidi usata nei 27 paesi d’Europa. Tra questi vi è un uso crescente
anche dei famigerati insetticidi sistemici neurotossici, ormai utilizzati in
tutte le coltivazioni (fruttiferi, vigne, agrumi, orticoli), sul verde pubblico e
privato, e che contribuiscono a esplicare il loro micidiale effetto su molte
forme vitali. Concepiti e utilizzati sovente a prescindere dalla stessa presenza di insetti dannosi esplicano il loro effetto in modo sia puntuale che
cronico su tutti gli insetti e residuano nell’ambiente (aria, suolo, acqua,
sedimenti) e nei prodotti agricoli.
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. L’origine delle api
Anche l’origine della specie di api è selezionata dalle aziende biologiche. Si
privilegia la razza d’api locale e i suoi ecotipi.
Se si trova nella necessità di acquistare famiglie d’api, l’apicoltore biologico può farlo solo da allevamenti conformi. Nel caso di indisponibilità di
famiglie d’api biologiche il Regolamento prevede la possibilità di rinnovare
e mantenere il proprio patrimonio apistico introducendo api e regine convenzionali nella misura del 10% degli alveari già posseduti, con l’obbligo di
collocarli su cera biologica.
. La nutrizione artificiale
L’apicoltore a volte deve ricorrere alla nutrizione artificiale delle famiglie
per aiutarne la sopravvivenza a rischio, a causa di condizioni avverse. Nelle
aziende biologiche la nutrizione è consentita solo tra l’ultima raccolta di
miele e 15 giorni prima del successivo periodo di flusso di nettare, utilizzando miele e zucchero bio.
. La lotta sanitaria
In agricoltura biologica ogni metodologia di lotta contro le patologie deve
basarsi prima di tutto sulla prevenzione.
In apicoltura deve quindi essere privilegiato:
•
l’allevamento di razze resistenti
•
il periodico rinnovo delle regine
•
il controllo sistematico della covata per l’individuazione tempe
stiva delle patologie
•
il rinnovo periodico della cera
•
la costante disinfezione del materiale e delle attrezzature
•
la collocazione degli apiari in ambienti opportuni
Le malattie delle api ci sono sempre state, ma con l’aumento degli scambi
internazionali, nel secolo scorso hanno avuto una rapida quanto radicata
diffusione in quasi tutto il mondo.
Le patologie più aggressive risultano essere quelle che colpiscono
l’allevamento delle api, la covata, per il continuo ricambio della imponente
popolazione, e la varroasi che è un terribile acaro succhiatore di emolinfa,
il “sangue” delle api.
Mentre le patologie della covata sono di origine batterica, la varroasi è
causata da un acaro parassita giunto dall’estremo oriente all’inizio degli
anni ‘80 che ha cambiato totalmente il modo di fare apicoltura.
20
In buona parte dei grandi paesi produttori di miele la prevenzione e la
lotta alle malattie batteriche della covata viene attuata con l’ausilio di
antibiotici e sulfamidici. In Italia, e nel resto dell’Unione Europea, non
è consentito invece l’uso di preparati a base antibiotica nemmeno in
apicoltura convenzionale e il miele deve risultare esente da qualsiasi
residuo di tali sostanze.
Se non vi è differenza nella tecnica apistica di lotta alle malattie batteriche, la battaglia contro la varroasi ha segnato spesso un confine
netto tra l’apicoltore bio, che nei casi di infestazione da Varroa destructor
utilizza esclusivamente prodotti naturali come gli acidi organici (acido
ossalico e formico) nonché di essenze evaporanti quali mentolo, timolo,
eucaliptolo o canfora e l’apicoltore convenzionale, che può utilizzare
preparati a base di acaricidi di sintesi.
Poiché nel biologico il benessere animale rimane un obiettivo da perseguire, pur essendo proibito somministrare medicinali allopatici in fase
preventiva, è possibile trattare per la cura di una patologia insorta, sotto
controllo del medico veterinario. Durante la cura, le colonie trattate con
preparati non consentiti nel bio dovranno essere isolate in apposito
apiario e la cera dovrà essere completamente sostituita con altra cera
biologica. Successivamente le famiglie saranno soggette al periodo di
conversione di un anno.
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LEGGERE L’ETICHETTA
L’etichettatura di un alimento segue delle norme fissate appositamente
per aiutare il consumatore ad effettuare una scelta consapevole al momento dell’ acquisto.
Oltre alle informazioni previste per legge, i produttori sono liberi di fornire qualsiasi altra informazione, purché non induca in errore il consumatore, come ad esempio persuaderlo ad acquistare un prodotto alimentare
attribuendo a questo effetti o proprietà che in realtà non possiede.
Per quanto riguarda il miele biologico, essendo prima di tutto un prodotto
alimentare, dovrà riportare in etichetta quanto prescritto dalla normativa
comunitaria e nazionale in relazione al miele.
Le indicazioni obbligatorie da riportare sull’etichetta di qualsiasi vasetto
di miele sono:
•
•
•
•
•
•
•
la denominazione di vendita
la quantità netta o nominale
il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del produttore o confezionatore o venditore
la dicitura di identificazione del lotto di produzione
l’indicazione del termine minimo di conservazione
il Paese d’origine
la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (quando diverso dall’indirizzo del responsabile di commercializ-
zazione già indicato in etichetta)
La denominazione di vendita “Miele” è riservata solo alla sostanza dolce
naturale che le api producono da nettare o dalle secrezioni di piante e
insetti. Questo significa che al miele non può essere aggiunto alcun
ingrediente alimentare, colorante o additivo e non può essere tolto
nessun componente. Nel caso di procedimenti industriali di lavorazione
in etichetta deve essere specificato che si tratta di “miele filtrato”, o
“miele industriale”.
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Poiché Il miele non è sempre uguale, ma a seconda della zona, delle consuetudini e tecniche con cui viene prodotto cambia molto le sue caratteristiche, l’Unione Europea ha stabilito che sull’etichetta sia indicato il paese
d’origine o i paesi in cui il miele è stato raccolto, senza per altro avere
l’obbligo di indicare eventuali processi di conservazione (pastorizzazione)
subiti dal prodotto.
E’ questa una delle ragioni che invita a preferire “miele italiano”, dicitura
che dà la garanzia di qualità.
In un prodotto di qualità, la denominazione di vendita sarà affiancata da
altre informazioni facoltative come l’origine floreale o vegetale (ad
esempio “miele di acacia” oppure “miele di castagno”) se il prodotto è
interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede
le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche.
Altre possibili indicazioni facoltative potranno essere rappresentate
dall’origine territoriale o da criteri di qualità specifici come le denominazioni d’origine quali DOP e IGP. Le indicazioni di origine botanica e/o
geografica rappresentano uno dei criteri di valorizzazione più semplici, diffusi e cercati dal consumatore, fondamentali per un prodotto di tale varietà
secondo l’origine territoriale.
Con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo è finalmente possibile definire direttamente l’alimento come biologico e non più attraverso
il riferimento al metodo di produzione agricolo.
Dal 01 gennaio 2009 non è più obbligatorio usare la denominazione di
vendita “Miele da agricoltura biologica”: è legittima anche quella di Miele
biologico, oltre a derivati e abbreviazioni, quali «bio» e «eco».
Dal 1 luglio 2010 diventa obbligatoria l’apposizione del nuovo logo biologico europeo, unico per tutti i ventisette paesi membri, sotto al quale dovrà
essere posizionato il codice numerico dell’Organismo di Certificazione e
immediatamente sotto a quest’ultimo l’indicazione di origine della materia
prima agricola (già assolta nel caso del miele).
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MIELi di LOMBARDIA
L’apicoltura in Lombardia è molto attiva e produce diverse tipologie di
mieli.
Il territorio lombardo, grazie ai diversi ecosistemi corrispondenti alle
zone di montagna, collinari e di pianura offre fioriture abbondanti per
le api durante gran parte dell’anno.
In pianura e sui primi rilievi, precocemente in primavera, fiorisce il
tarassaco; maggio è il mese della robinia, una tra le specie più importanti per l’apicoltura lombarda.
Il castagno, diffuso fino a 700-800 metri di quota, fiorisce all’inizio
dell’estate. Di poco successiva la fioritura del tiglio selvatico nei territori montani, quelli altimontani sono interessati dal rododendro e dalla
flora alpina dei pascoli.
Ci sono poi tutti i millefiori, l’erba medica e la melata. Sono i consumatori stessi a stimolare gli apicoltori alla diversificazione delle produzioni.
Il comparto lombardo apistico è costituito da oltre 100.000 alveari e
coinvolge circa 5.000 operatori: solo per alcune centinaia è attività da
reddito più o meno importante, ma per tutti è fonte di autoconsumo e
di appassionata attività amatoriale.
Le pagine che seguono ci guidano alla conoscenza dei mieli prodotti
nella nostra regione, della loro origine botanica e territori di provenienza, delle caratteristiche qualitative e possibili utilizzi in cucina.
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I l m i e le di Ac a c ia o Ro binia
Tra i mieli unifloreali, quello di acacia è senza dubbio il più diffuso e
conosciuto. L’acacia è una specie originaria del nord America, ora diffusa
quasi ovunque nel nord Italia, soprattutto come pianta infestante. Il miele
ricavato dal nettare dei suoi fiori, che si presentano a grappoli profumati,
è la produzione più importante a livello quantitativo per gli apicoltori lombardi che, in molti casi, colpiti da una vera e propria febbre, ne seguono la
fioritura spostando le api dalle zone più a sud della regione fino a spingersi
alle valli prealpine. Il periodo di fioritura delle piante di acacia è molto
breve e precoce, fattore che rende la produzione facilmente soggetta
all’andamento stagionale. In buone annate però, i bravi apicoltori riescono
a produrre anche 30 kg per alveare.
Il miele di acacia tra i più amati per il suo sapore molto dolce, quasi
vanigliato, è uno dei pochi che resta per lungo tempo allo stato liquido, ha
un colore chiaro e aroma leggero. E’ un miele delicato che si presta per
questo a qualsiasi uso. Per l’elevato contenuto in fruttosio e l’assenza di
sapori forti, è il più adatto per dolcificare. Da provare abbinato a formaggi
erborinati come il gorgonzola: l’odore tenue e floreale dell’acacia dovrebbe bilanciare l’odore tipico di muschio e muffa del formaggio.
I l m i e le di Ca st a g no
Il castagno è uno degli alberi più diffusi nelle zone collinari e montane
italiane.
Il miele di castagno costituisce una delle principali produzioni a livello
nazionale, soprattutto nell’arco alpino e lungo la dorsale appenninica.
Nel mese di giugno, al momento della fioritura, gli apicoltori spostano gli
alveari in prossimità o all’interno dei vasti boschi per ricavare uno degli
ultimi mieli della stagione.
Ha un colore chiaro, odore intenso e molto aromatico e il sapore non è
troppo dolce, anzi si può assaporare un retrogusto più o meno amaro.
La cristallizzazione è molto lenta e, una volta raggiunta, fa assumere al
miele un colore scuro, quasi marrone.
Lo si può trovare spesso in miscela naturale con la melata prodotta sulla
pianta stessa da insetti che si nutrono della sua linfa. Quando il miele
è mischiato alla melata presenta un colore più scuro e il gusto è meno
amaro.
Il gusto amaro e l’aroma forte non lo rendono adatto a dolcificare, ma piuttosto a insaporire o aromatizzare. E’ ottimo su pane e burro e a tavola su
ricotta, formaggi di media stagionatura tipo caciotta o parmigiano.
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I l m i e le di E rba Me dic a
E’ il miele tipico della Pianura Padana, perché l’erba medica, pianta
foraggera più coltivata in Italia, assume molto importanza soprattutto nel
nord. La si riconosce dalle foglie trifogliate e dai fiori con corolla violetta,
bluastra o gialla in racemi e con il legume che forma una spirale.
L’erba medica è una sorgente nettarifera molto delicata a causa di una
caratteristica del suo fiore, che infastidisce le api: quando l’ape si posa
sul fiore, il tubo staminale scatta verso l’alto colpendo l’insetto e intrappolandolo contro il petalo. Per dare vita ad un miele unifloreale, si deve
attendere che la pianta fiorisca completamente per la produzione da
seme, e soprattutto lontana da altra flora più appetibile per le api.
Il colore del miele è ambrato chiaro quando è allo stato liquido, beige
quando cristallizza. La cristallizzazione è spontanea e avviene dopo alcuni
mesi dal raccolto.
L’aroma è delicato, così come il sapore, leggermente floreale con qualche nota di fieno o di cavolo. Essendo un miele abbastanza neutro può
essere utilizzato sia come dolcificante, sia in abbinamento a formaggi freschi e a media stagionatura oppure per la preparazione di dolci,
soprattutto torrone.
I l m i e le di Me la t a
Il miele di melata si produce da circa metà luglio agli inizi di agosto nelle
zone dell’arco alpino e fino alla pianura a partire dalla secrezione zuccherina di insetti parassiti di numerose specie vegetali. Se le condizioni
climatiche lo consentono, rappresenta forse l’ultimo importante raccolto
di una breve ma intensa stagione apistica, che gli apicoltori sono molto
felici di protrarre. Spesso lo troviamo in vendita con la dicitura “miele di
bosco”.
Una varietà molto pregiata e rara è il miele di melata di abete.
Il miele di melata si presenta con un colore molto scuro, a volte quasi
nero (ambra scuro con riflessi rosso verdastri la melata di abete; ambranocciola scuro opaco la melata di latifoglie). Ha un odore molto forte,
speziato, che ricorda quello del legno bruciato o dello zucchero caramellato.
La cristallizzazione è quasi assente ed il sapore, spesso quasi salato,
presenta un grado di dolce meno forte rispetto ai mieli di nettare ma al
contrario del miele di castagno non presenta la nota amara.
Le particolari caratteristiche lo rendono gradevole a chi normalmente
non ama il miele. Viene comunemente usato per dolcificare il latte e in
accompagnamento a formaggi poco sapidi.
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I m i e li Mille fio ri
Sono prodotti a partire dalla miscela di nettare proveniente da più fioriture, nessuna delle quali riesce a prevalere sulle altre. Per questo motivo esistono numerose varianti di miele millefiori, tante quante possono
essere le possibili combinazioni di piante.
In Lombardia sono molto pregiati quelli prodotti nelle zone di alta montagna.
I Millefiori presentano quindi tutte le tonalità di colore, dall’ambrato chiaro
al molto scuro. L’odore è ampio e aromatico, dal delicato al floreale e il
sapore varia ogni volta. Per le sue molteplici caratteristiche il miele millefiori è adatto a qualsiasi utilizzo culinario. La cristallizzazione è sempre
presente, di solito caratterizzata da una massa compatta.
I l m i e le di Ro do de ndro
Chiamato anche “rosa delle Alpi” il rododendro è una bellissima pianta
tipica degli ambienti alpini, che fornisce un nettare molto appetito dalle
api.
In Lombardia il miele di rododendro viene prodotto solo in montagna nei
mesi di giugno e luglio, dove però le condizioni del clima molto instabili
rendono la resa incostante di anno in anno. La resa media è compresa tra
7-8 kg/alveare alle quote più elevate e 10-15 kg/alveare alle altitudini più
basse. Per poterlo produrre bisogna avvalersi delle tecniche di nomadismo, trasportando le api di notte a quote di almeno 800 metri sul livello
del mare.
Il colore è molto chiaro diventa bianco quando il miele cristallizza e l’odore
è leggero, fresco e fruttato.
E’ facile imbattersi in mieli definiti abitualmente di rododendro che presentano aroma più ricco e intenso a causa di “contaminazioni” di nettare di
lampone o timo.
Anche il sapore è lieve e delicato, spesso ricorda una marmellata di piccoli
frutti selvatici e accompagna bene formaggi piccanti come pecorini stagionati ed erborinati.
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I l m i e le di Ta ra ssa c o
Il tarassaco è una pianta erbacea perenne, che quando matura forma il
caratteristico globo piumoso che ce lo fa riconoscere come “soffione”, il
suo nome più comune.
Il miele di tarassaco viene prodotto all’inizio della primavera soprattutto
in pianura e nelle zone collinari. Essendo una fioritura precoce solo gli
apicoltori con famiglie già abbastanza forti e popolose riescono a produrre
quantità di 5-10 kg di miele ad arnia.
Si presenta di colore giallo limone con sfumature beige-grigiastre e
cremoso. La sua cristallizzazione è rapidissima tanto che se l’apicoltore
attende troppo farà molta fatica ad estrarlo dai melari.
L’odore è molto intenso, quasi di ammoniaca, così come il gusto che risulta persistente e lo rende un miele difficile, non per tutti i palati.
Per chi lo apprezza è ideale servito con formaggi ovini a media stagionatura in quanto il profumo forte un po’ pungente dovrebbe bilanciare le note
tipiche aromatiche di tale formaggio.
I l m i e le di Tig lio
Viene prodotto dalla fioritura di tigli selvatici alle pendici delle Alpi o nei
parchi, dove risulta molto diffuso. Le specie di tiglio spontanee in Italia
sono di due tipi, il nostrano e il selvatico, mentre altre varietà o ibridi di
quello nostrano e di specie esotiche sono diffuse ovunque, nei giardini, nei
viali e nell’arredo urbano.
Il nettare molto aromatico dei fiori richiama intensamente le api e marca il
miele che lo contiene.
Il miele unifloreale è molto difficile da ottenere e spesso è presente in
miscela con melata della stessa origine o castagno, assumendo un colore
chiaro o più scuro a seconda del livello di contaminazione. L’odore di miele
di tiglio è unico, riconoscibile perché mentolato, così come il gusto. Se
cristallizzato ha una grana grossolana.
E’ ottimo sia come miele da tavola che come dolcificante ed è particolarmente indicato nelle tisane calde.
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L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
E’ AMICA DELLE API
Le api sono considerate degli eccezionali indicatori ambientali: un sensore
straordinario in movimento che, grazie a milioni e milioni di microprelievi
quotidiani, raccoglie informazioni dal suolo, dall’acqua, dall’aria e dalla
vegetazione.
Negli ultimi dieci anni la mortalità delle api è stata del 40% più elevata
del tasso naturale, con conseguenze prevedibili per la biodiversità, infatti
l’80% delle specie vegetali e parte importante della produzione agricola
mondiale, per riprodursi, dipende dall’impollinazione degli insetti pronubi.
La causa principale è dovuta all’uso crescente, negli ultimi trent’anni, di
erbicidi e antiparassitari e all’affermarsi di un modello agricolo che tende
a privilegiare le monocolture intensive con grave perdita di ricchezza in
biodiversità.
Negli anni ’90 inoltre, l’introduzione di insetticidi sistemici (neonicotinoidi)
che rimangono in circolo in ogni parte della pianta in modo persistente,
hanno contribuito a far precipitare una situazione degli allevamenti apistici già in difficoltà.
Con una lotta serrata alle multinazionali della chimica, Davide contro Golia,
gli apicoltori italiani sono riusciti ad ottenere la sospensione cautelativa
dell’uso di queste molecole quantomeno sulla coltura del mais. E infatti
nel 2009 s’è verificata una “rinascita” apistica con un ritorno alla “normalità” in termini di raccolto e tasso di mortalità delle api. Sebbene questa
sospensione sia stata solo una goccia nel mare dell’agrochimico italiano,
dove solo nel 2006 sono state versate circa 150 mila tonnellate di prodotti
fitosanitari su circa il 70% della superficie agricola utilizzata, è stata sufficiente per permettere agli apicoltori di guardare al futuro con più fiducia.
Anche i consumatori hanno cominciato a percepire che la scomparsa
delle api può compromettere l’intero equilibrio del nostro pianeta.
Se gli apicoltori hanno il delicato compito di proteggere e custodire questa
sentinella dell’ambiente, come consumatori ciò che con convinzione possiamo fare è scegliere prodotti provenienti da un’agricoltura pulita e da
un’apicoltura che rispetta le api e l’ambiente, anche per continuare ad
avere tanto miele buono e sicuro sulla nostra tavola.
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B i b li og ra fia
AA.VV. , (2008-09) L’apis, Aspromiele
AA.VV., (2002), I colori del miele, UNAAPI
AA.VV., (2000), I mieli uniflorali italiani, 2000 Ministero delle Politiche
Agroforestali
A. Bonadonna, G. Peira, E. Varese, (2006), L’etichettatura dei prodotti
alimentari, 2006 Union camere Piemonte
F.Panella e L. Allais, (2000), I quaderni dell’apicoltore – 1 apicoltura biologica, UNAAPI
L. Persana Oddo, L. Piana, A.G. Sabatini, (2000), Conoscere il miele, 1995
Istituto Nazionale di Apicoltura
S i t og r a fia
www.mieliditalia.it
www.osservatoriomiele.org
F oto
fonte: www.oekolandbau.de
©BLE, Bonn/Foto: Thomas Stephan
©BLE, Bonn/Foto: Dominic Menzler
La foto a pag. 12 è di Valeria Inguaggiato.
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testo di:
Federico Valobra, laureato in scienze agrarie indirizzo tecnico economico
orientamento ai servizi per l’assetto territoriale e tutela ambientale.
Apicoltore hobbysta, lavora in Lombardia come tecnico apistico.
coordinamento _ Rita Zuccolin
grafica e ricerca immagini _ Valeria Inguaggiato
copertina e editing immagini _ Irene Marchesi
a cura di AIAB Lombardia
www.aiablombardia.it
aiab.lombardia @aiab.it
via P.L. da Palestrina, 9
20124 Milano
+39 02 67 100 659
ASSOCIAZIONE ITALIANA
PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA
finito di stampare nel novembre 2009
LOMBARDIA
da “Il Melograno” Società Cooperativa Sociale
Via Raffaello Sanzio 42/44 - 20021 Bollate (MI)
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