LIBERTÀ dal Popolo Anno 2011 - Numero 2 Aut. del tribunale di Cuneo n° 625 del 20 settembre 2010 - Sped. in a.p. art. 2 comma 20/C legge 662/96 filiale di Cuneo - Dir. resp. Aldo Benevelli Realizzazione GRAPHEDIT - stampa TIP. BOVESANA Boves (CN) NOTIZIARIO DELLA F.I.V.L. IL PAESE SI RIBELLA BASTA! FORA DAI PE’ In data 18 luglio 2011 i giornalisti Sergio Rizzo e G. A. Stella del Corriere della Sera rivelavano che “i parlamentari USA pesano insieme sulle pubbliche casse 100 milioni di meno che i nostri deputati e senatori! Ogni cittadino americano spende per il parlamento 5,10 euro l’anno mentre ogni italiano spende 27,40 euro: cioè cinque volte e mezzo di più!!!” Sempre sullo stesso quotidiano il notissimo sociologo Francesco Alberoni condanna queste dismisure delittuose dei .. potenti e conclude: “dobbiamo convincerci che l’avidità e la dismisura sono vizi che portano sempre alla rovina.” Non è più tollerabile il baratro tra le remunerazioni della ormai nota “casta politica” che comprende il popolo ministeriale e governativo ed i vari soggetti titolari di poltrone di amministrazioni regionali, provinciali, comunali, di banche e fondazioni, ecc..., e quelle della maggior parte degli italiani. La dissolutezza morale non ha più nessun freno e dentro quelle corti di chi ha il potere sguazzano i più laidi manager di notti depravate per fornire merce tenera, disponibile a giochi licenziosi, remunerata copiosamente… Questi siparietti di inaudita bassezza vengono a galla di tanto in tanto e fanno scoppiare attraverso l’ampia e ripetitiva mediatica la rabbia d’un Paese dove la classe media, e peggio, le fasce della manovalanza, dei precari e dei modesti pensionati sentono il giogo e l’umiliazione quotidiana della crisi: gli stipendi bassi e la crescita dei costi. Si aggiungano le improvvise e grottesche proposte di ministri e parlamentari che piovono impensabili sulla stampa per spostare per esempio le sedi governative da Roma a Monza o a Sorrento… Ovviamente, a parte il ridicolo del gaio progetto, la montagnaspese per realizzarlo. Follie di guide folli! Poiché le nostre Associazioni federate alla Nazionale Federazione Italiana Volontari della Libertà FIVL (nata da personaggi di forte cultura cristiana come Enrico Mattei, il generale Cadorna, Emilio Taviani, Formenton, Scrivia, ecc..) che si ispira dal suo distacco dall’Anpi (allora condizionata dal PCI filosovietico) ai principi sociali della dottrina cristiana, non possiamo tacere sui forti e frequenti richiami della Chiesa e dei Vescovi. Il Card. Bagnasco, Presidente dei Vescovi fin dall’inizio dell’anno (24 gennaio) denuncia “nubi preoccupanti che si addensano sul Paese… Il politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore.” Più duro ancora il monito di Papa Benedetto: “Circolano nella nostra società immagini che spettacolarizzano il piacere, la violenza, il disprezzo per l’uomo e per la donna…” (1.6.2011). Ancora il Cardinale Bertone: “La Chiesa invita tutti specialmente chi ha responsabilità nel settore amministrativo, politico e giudiziario ad assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità” (gennaio 2011). L’Avvenire, quotidiano cattolico, titola la prima pagina: “Cambiare si può! Cambiare si deve!” (17.10.2010) A questo punto noi partigiani cristiani facciamo nostro il motto dell’Avvenire: abbiamo dietro 100 mila morti per ricostruire la vita, l’Unità, la Pace dell’Italia. Dobbiamo gridare a tutti gli onesti di questo Paese: basta! Dobbiamo scrivere: “Fuori dai piedi ai politici non retti, non veritieri, non servitori del Paese e della Costituzione. Aveva ragione il giornalista partigiano Igor Man, sulla sua ultima lettera scritta tre giorni prima di morire. Scriveva: “in questo paese sono tutti fascisti!” Nei partiti sta entrando un fascismo strisciante di violenza, immoralità, arroganza e ignoranza. I partigiani cristiani della FIVL FEDERAZIONE ITALIANA VOLONTARI DELLA PERCHÉ LIBERTÀ DAL POPOLO? Perché Libertà, Democrazia ed Unità le avevamo gradualmente perse per 20 anni dall’imbroglio fascista, dalla ignominosa fuga di Monarchia, Governo e Stato Maggiore e poi dalla feroce invasione nazista (8 settembre 1943). Ripartendo DAL basso DALLA gente comune (soldati sbandati, operai e contadini, studenti, uomini e donne) l’abbiamo, con gli Alleati, riconquistata e restituita all’Italia. LIBERTÀ - LUGLIO 2011 A BRESCIA ED A BRENO (VAL CAMONICA) ARGENTO COME “GRAZIE” AI PRIMI 58 PARTIGIANI SUPEROTTANTENNI EMOZIONE E LACRIME SULLE RUGHE DEI “GIOVANOTTI” A BRESCIA LA PRIMA CERIMONIA NAZIONALE Sabato 2 luglio si è svolta a Brescia, presso il salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia, la prima delle cerimonie di conferimento della Medaglia d’argento F.I.V.L., consegnata a 42 partigiani e partigiane delle “Fiamme Verdi” bresciane alla presenza del Presidente Nazionale F.I.V.L., comm. Guido De Carli, del sindaco di Brescia on. Adriano Paroli, del Prefetto di Brescia dott.ssa Livia Narcisa Brassesco Pace, della presidente del Consiglio comunale di Brescia dott.ssa Simona Bordonali e del consigliere regionale Gianantonio Girelli, membro del direttivo provinciale delle FF.VV. Numerose le autorità civili, militari e religiose intervenute a fare da corona allo straordinario evento: dal Delegato del Vescovo di Brescia, mons. Ivo Panteghini al cappellano delle FF.VV., mons. Tino Clementi; dal Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia, dott. Guido Papalia, al Questore Vincenzo Montemagno, al comandante provinciale dell’arma dei Carabinieri, col. Marco Turchi, al Vice comandante Vicario dei Vigili del Fuoco ing. Piernicola Dadone, al Comandante della Polizia municipale di Brescia. Sindaci, consiglieri regionali, provinciali e comunali di Brescia e Provincia hanno ulteriormente arricchito il parterre delle autorità presenti. Numerosi i messaggi di vicinanza e di apprezzamento per l’iniziativa giunti in occasione della cerimonia da parte di soggetti istituzionali, a cominciare da quello del Sottosegretario di Stato alla Difesa, on. Guido Crosetto; così come numerosi e graditi sono stati i messaggi del cappellano nazionale della F.I.V.L. don Aldo Benevelli e delle Associazioni federate consorelle Ass. raggr. “Brigate del Popolo”; Ass. Partigiani Osoppo-Friuli; A.V.L. Liguria; A.V.L. Gorizia, FIVL Raggr. Aut. Padano. Sono stati insigniti della medaglia: Bortolo Berneri; Guerino Berneri; Tarcisio Bolognini; Pietro Bortolotti; Maria Boschi; Mario Cassa; Pietro Cauzzi; Maria Luisa Dalaidi; Ennio Doregatti; Flavio Doregatti; Santa Dusi Doregatti; Giorgio Faita; Vittoria Ferracina Botteri; Gina Forcella; Attilio Franchi; Giovan Battista Fucina; Aldo Giacomini; Umberto Giovini; Agnese Girelli Doregatti; Alda Giovanna Gulberti; Nicola Henry; Natalino Marniga; Giuseppe Minelli; Mosè Molinari; Angiola Mori Bellocchio; Agape Nulli Quilleri; Laura Passarella; Passega Mario; Elsa Pelizzari; Gina Perlotti Gatti; Gianni Pilotti; Ernesto Piotti; Giacinto Roberti; Mario Salvi; Ennio Ticozzelli; Bruno Giulio Togni; Cesare Tosi; Claudio Trapelli; Cesare Trebeschi; Pietro Troletti; Giannetto Valzelli; Ugo Cinzio Venturelli. Insieme alle medaglie ai partigiani e alle partigiane, la F.I.V.L. ha conferito due medaglie honoris causa: la prima al gonfalone della Città di Brescia, medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza per decreto del Pre- sidente della Repubblica, consegnata nelle mani del sindaco e del Prefetto a ricordo dei tanti caduti bresciani nella lotta per la resistenza; la seconda all’Associazione “Fiamme Verdi”, a memoria del generale Romolo Ragnoli comandante della divisione “Tito Speri” e guida di tutte le Fiamme Verdi bresciane, uomo retto e di infaticabile dignità umana e cristiana. Con la medaglia a Ragnoli, affidata nelle mani della Nipote Lina Magoni, la F.I.V.L. e le FF.VV. hanno voluto ricordare quanti sono caduti “sui monti ventosi e nelle catacombe della città”, ma anche tutti coloro che nel corso del sessantasei anni di libertà hanno contribuito a mantenere vivi i valori che, scaturiti dalla Resistenza, sono entrati a pieno titolo nella Costituzione repubblicana e hanno reso grande la nostra democrazia. Tantissima la commozione negli occhi dei premiati e di tutti i presenti che affollavano il salone; grande la soddisfazione per gli organizzatori e per l’intera Federazione, a partire dal suo Presidente, che ha ricordato l’inscindibile legame tra il primo e il secondo Risorgimento ed ha esortato i numerosi giovani presenti a prendere esempio dai valori della Resistenza, per rendere l’Italia una nazione più bella e più giusta. Roberto Tagliani LA PRIMA MEDAGLIA DELLA FIVL CONSEGNATA AL PRESIDENTE NAPOLITANO A Roma il 25 aprile 2011 “La Federazione Italiana Volontari della Libertà ha consegnato il 25 aprile scorso la Medaglia d’Argento al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. “Nel 150° anno di vita unitaria del nostro Paese, 66° dalla Liberazione, la nostra Federazione ha intrapreso una solenne campagna di “gratitudine nazionale”, nei confronti dei nostri aderenti che hanno combattuto o collaborato alle operazioni militari e partigiani tra il 1943 ed il 1945 e che, ancora viventi, non cessano di richiamare alla nostra attenzione il senso pieno di quel loro impegno. Per celebrare la continuità tra l’esperienza dell’unificazione e quella della Lotta di Liberazione, la FIVL ha deliberato di assegnarle la Medaglia d’Argento della Federazione, conio speciale in occasione del 150° dell’Unità”. Questo, in parte, il contenuto della lettera consegnata dal delegato Fivl Paolo Rossetti direttamente nelle mani del Presidente durante le manifestazioni per il 25 aprile, organizzate a Roma, conclusesi al Museo storico di via Tasso dove, si è svolta l’inaugurazione della Mostra. Il Presidente De Carli consegna la medaglia d’argento con la pergamena a un partigiano delle storiche “Fiamme Verdi” A BRENO IN VAL CAMONICA 9 LUGLIO Dopo il grande successo della manifestazione di sabato 2 luglio a Brescia, prima delle cerimonie nazionali di conferimento della Medaglia d’argento F.I.V.L., si è svolta a Breno, capoluogo della Valcamonica, la seconda cerimonia di consegna delle Medaglie F.I.V.L. Gremitissimo di autorità e di popolo l’Auditorium “Sen. Mazzoli” della Comunità Montana di Valle Camonica, per festeggiare i 16 partigiani insigniti dell’onoreficenza da parte del Presidente Nazionale F.I.V.L. De Carli, del Presidente della Comunità Montana Corrado Tomasi, del consigliere regionale Gianantonio Girelli in rappresentanza della Presidenza provinciale delle “Fiamme Verdi”. Moltissime le autorità presenti, a cominciare dai sindaci dei comuni di Breno, Berzo Demo, Cevo, Corteno Golgi, Edolo, Gianico, Malegno, Paisco Loveno, Saviore dell’Adamello, Sellero e Sonico; gradita la partecipazione del parlamentare camuno on. Davide Caparini, del presidente dell’A.N.A. di Vallecamonica Giacomo Cappellini, dei delegati delle segreterie provinciali di CISL e CGIL e delle numerose delegazioni di gruppi alpini e di associazioni combattentistiche e d’arma di tutta la Valle con i loro labari e gagliardetti. Nell’introduzione alla cerimonia, ricordati i messaggi di vicinanza e di apprezzamento del Sottosegretario di Stato alla Difesa, on. Guido Crosetto, del cappellano nazionale della F.I.V.L. don Aldo Benevelli e delle Associazioni federate consorelle Ass. raggr. “Brigate del Popolo”; Ass. Partigiani Osoppo-Friuli; A.V.L. Liguria; A.V.L. Gorizia, FIVL Raggr. Aut. Padano. Dopo un accorato discorso introduttivo del Presidente De Carli e del consigliere Girelli, conclusisi entrambi con un appello ai giovani affinché seguano l’esempio di questi nostri eroici compatrioti, sono state consegnate le medaglie a: Carlo Giuseppe Armanini; Giuseppe Branchi; Vittorio Commensoli; Domenico Cotti Cottini; Lucia Donina; Pietro Gelsomini; Giovanni Marinoni; Andreino Pedretti; Vittorino Ragazzi; Antonio Ramus; Rocco Ramus; Antonio Romelli; Carlo Sandrinelli; Antonio Secchi; Lina Tognoli; Francesco Trotti. Immancabile la commozione al ricordo dei comandanti partigiani della valle Camonica, ed in particolare all’evocazione del Generale Ragnoli, dei comandanti Cappellini, Tognoli, Gatti. La cerimonia, iniziata con il canto dell’Inno Nazionale, si è completata con la lettura del proclama alla Valle del Comandante Vittorio (gen. Romolo Ragnoli) del giugno 1945, recentemente ristampato nel volume Onorare i padri: don Carlo Comensoli, Romolo Ragnoli, Lionello Levi Sandri: «Valligiani! La Divisione Fiamme Verdi “Tito Speri” si scioglie. Le Fiamme Verdi tornano alle loro case per iniziare, nelle opere di pace, il lavoro della ricostruzione. La lotta è stata dura, ma non ci siamo piegati perché il Popolo Camuno è stato un vero popolo di Ribelli. Molti di voi hanno dovuto soffrire. Molti, per quanto la Patria faccia, non avranno una adeguata riparazione, ma la causa era santa e meritava lacrime e sangue, pur di giungere alla Vittoria. E la Vittoria ci ha sorriso. La “Tito Speri” è fiera d’aver contribuito con i suoi Caduti e prigionieri, con i suoi mutilati e feriti alla liberazione e alla salvezza della Valle. La Divisione vi saluta e vi augura d’essere sempre degni degli spiriti di Cappellini, Lorenzini, Schivardi, Lorenzetti, Tosetti, Ercoli, Tambìa e tanti, tanti altri. Il sangue più generoso è stato versato per Voi. Camuni! Siate forti e uniti; difendete sempre la riconquistata libertà. Ve lo gridano i nostri Morti, ve lo ricorda la penna alpina che accanto alla bandiera vuole essere monito e gloria.» Roberto Tagliani MEDAGLIE D’ORO A BRESCIA E A BRENO COME GRATITUDINE VAL CAMONICA IN La folla di Partigiani emozionati nell’ascolto del Presidente De Carli. E’ stato un abbraccio commosso tra i primi 58 partigiani e i congiunti, le autorità, la popolazione. Il 25 giugno, in preparazione dell’atteso evento a Brescia, è stato presentato il volume “Onorare i Padri” ricordando don Carlo Comensoli, Romolo Ragnoli, Lionello Levi Sandri (Interpress Edizioni, 2011). Alla vigilia delle cerimonie per il conferimento della medaglia d’argento F.I.V.L., la presentazione si è tenuta in un clima molto partecipato di attesa e di soddisfazione tra i com- mossi presenti. La presidente Agape Nulli Quilleri e il coordinatore provinciale Alvaro Peli, a nome delle FF.VV. hanno discusso con il curatore del volume, Roberto Tagliani, sui contenuti del “quaderno”, che raccoglie alcuni scritti e documenti la cui paternità è ascritta alle tre figure centrali per la nascita e lo sviluppo del movimento resistenziale bresciano: essi furono, rispettivamente, il Padre spirituale, il Comandante e il Vicecomandante e commissario politico della divisione “Tito Speri” delle FF.VV., che operò tra il 1943 e il 1945 sul territorio bresciano, soprattutto in Valcamonica. I materiali sono di varia natura e spaziano dalle riflessioni personali al racconto di episodi di vita partigiana, dai documenti ufficiali alle relazioni militari e giornalistiche, dagli appunti personali ai discorsi ed agli interventi in eventi celebrativi del dopoguerra. Il criterio adottato per la scelta dei brani è quello della «provocazione della memoria». Roberto Tagliani MEMORIA DEI CADUTI PARTIGIANI E ALLEATI L’ANNUALE APPUNTAMENTO A MONTE PENICE IL 6 LUGLIO A Monte Penice, sull’Appennino Pavese e al punto di incontro di ben quattro Regioni (Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia) è stata allestita un’area votiva in memoria dei caduti del ’43-’45. L’area è stata voluta dal RAP (Raggruppamento Autonomo Padano federato alla FIVL) e dall’impegno in particolare del suo animatore, Rino Minoli, partigiano in queste valli, da poco scomparso. Per chi sale dal Passo verso il Santuario di Monte Penice, la cappella votiva appare quasi improvvisamente contro il cielo e fra gli abeti al culmine di una ripida passatoia di selciato; fanno da corona monumenti che nel corso di oltre 60 anni hanno arricchito l’area di significative testimonianze: la stele a ricordo degli aviatori anglo-americani, il monumento al comandante “Scrivia” (Aurelio Ferrando), al comandante “Pittaluga” (Paolo Emilio Taviani), ai presidenti della FIVL Raffaele Cadorna, Enrico Mattei, Mario Argenton. L’area è meta annuale di una cerimonia celebrativa che ripropone simboli e valori della Resistenza che ha trovato in questi luoghi espressione di alto impegno ed efficacia: ne sono prova il numero dei caduti e gli innegabili successi per il risultato finale. Sotto il patrocinio del Presidente Nazionale della FIVL Guido De Carli e con la regia organizzativa del Segretario Giuseppe Tizzoni la cerimonia di sabato 16 luglio è stata onorata da Amministrazioni locali: il sindaco di Menconico (sulla cui area è collocata l’area votiva) Bertorelli, il vice sindaco di Voghera Fiocchi, il sindaco di Cantalupo Ligure, Daglio. Fra i numerosi invitati anche il benemerito FIVL Comm. Pastori. Dopo il rituale intensamente partecipato dell’alza bandiera e della deposizione delle corone sottolineati dall’inno nazionale e dagli squilli di tromba del “silenzio” ha avuto inizio la S.Messa officiata dal Cappellano don Roberto Oberosler che nella sua pur breve omelia ha ricordato l’impegno del cristiano nel servizio per amore fino al sacrificio estremo. Il conduttore della cerimonia Carlo Scotti del RAP di Voghera ha quindi chiamato i Sindaci per un breve saluto e il presidente De Carli per la relazione ufficiale. Nel tratteggiare le figure dei personaggi che onorano coi loro nomi l’area votiva De Carli ha usato toni vibranti nel ricordare l’impegno unitario che ha contraddistinto l’azione dei vari gruppi combattenti: autonomi e sorretti da ideologie divergenti ma illuminati dall’obiettivo primario di abbattere il regime oppressore e sanguinario; lo spirito unitario che ha animato allora i volontari va riproposto con forza ancora oggi, dove le divergenze ideologiche sono sostanzialmente dissolte e il nemico fascista più o meno palese è sempre in agguato. De Carli non ha concluso la cerimonia ma in modo irrituale ha passato la parola a UNA TARGA RICORDO DI TUTTI GLI ALPINI CADUTI UNO SGUARDO SUL VESPRO Labari e bandiere a fianco del sacello in memoria dei 5 caduti alleati (2 militi inglesi e 3 americani) e di tutti i 100.000 morti nella lotta contro il nazifascismo. numerose presenze con delegazioni e relativi stendardi: le “Brigate del Popolo” di Senago con il presidente Pogliani, la AVL di Savona con Lelio Speranza vice Presidente FIVL, la ANARTI di Voghera con il presidente Vermili, la Ass. Carabinieri in Congedo, una rappresentanza del Commissariato di Voghera, la AVL di Verona con il presidente Rettondini, la Croce Rossa di Voghera con nucleo operativo e ambulanza; molto significativa la presenza di una delegazione ANPI di Voghera con Roberta Migliavacca. Apprezzate le presenze delle un giovane impegnato nella FIVL, Roberto Tagliani; il messaggio che viene dalla Resistenza è secondo Tagliani un messaggio per i giovani da parte dei giovani di allora; i giovani e giovanissimi di quegli anni hanno avuto il coraggio illuminato dalle idee forti che li sorreggevano di indicare e trovare la via del riscatto e della salvezza; oggi quei giovani di allora sono raffigurabili come giganti sulle cui spalle poggiano le teste dei giovani di oggi: questi giovani sono in grado di guardare ancora più lontano... In prima fila il Prefetto dott.ssa Patrizia Impresa ed i rappresentanti dei massimi Enti e Associazioni provinciali, con l’oratore Mimmo Candito, ascoltano l’intervento del Sindaco Valmaggia. VENERDI’ 22 LUGLIO alle ore 18 il Sindaco di Cuneo, Prof. Alberto Valmaggia, anche come Presidente del Comitato delle Associazione ex Combattenti della Libertà, ha accolto sul piazzale del Santuario Madonna degli Angeli di Cuneo, una folta rappresentanza del 2° Reggimento Alpini, il Prefetto di Cuneo, le Autorità locali, numerosi partigiani, ex alpini dell’ANA e numerosi cittadini accorsi per la singolare manifestazione. Era presente anche la vedova del militare Giorgio Langella caduto nel 2006 in Afghanistan. Il Comandante del 2° Reggimento Alpini, Col. Massimo Biagini, aveva suggerito al Comitato 150° Unità d’Italia di porre nel Santuario una targa-ricordo di tutti gli Alpini caduti in Missioni di Pace. Ragazzi che hanno dato la vita nei progetti internazionali (ONU e UE), che tendono a riportare democrazia e pace là dove imperversava fanatismo e violenza. Sono stati scelti il 22 luglio, giorno anniversario della impiccagione 2 dell’eroe Ignazio Vian (a cui è intestata la caserma del 2° Reggimento Alpini di Cuneo) ed il Santuario della Madonna degli Angeli, dove riposano le spoglie dell’eroe Duccio Galimberti, volendo esprimere il comune sacrificio che lega i martiri della Resistenza con i caduti sulle frontiere di rappacificazione. Il sindaco, durante la cerimonia, ha letto un breve profilo dei due eroi nazionali, fatto pervenire dal Comandante Partigiano Aldo Sacchetti, componente, prima, della Banda Italia Libera di Duccio Galimberti, a Madonna del Colletto e Paralup, poi della Banda Valle Pesio col Capitano Piero Cosa. Scrive Sacchetti: “ in una delle prime riunioni (20 settembre 1943) i presenti nominarono un comando politico di Italia Libera, con Galimberti “primus inter pares”; quella inaspettata limitazione dei poteri di Duccio non procurò in lui alcuna reazione, anzi a dimostrazione del Suo carisma e del Suo attaccamento alla Causa comune, si alzò in piedi e con la mano sul petto intonò per la prima volta l’Inno di Mameli, seguito da noi commossi. Noi facemmo il nostro Inno e demmo mandato di proporlo al CLN di Torino come Inno Nazionale. Questo episodio, sconosciuto ai più per mancate testimonianze, dovrebbe essere portato a conoscenza nelle scuole per far conoscere che l’Inno di Mameli è stato proposto come Inno Nazionale dalla Resistenza Cuneese! Il giornalista Mimmo Candito, rientrato come inviato speciale dal tragico caos libico, con un commento intenso e costruttivo , ha sottolineato la urgente necessità che il Paese distingua tra eroi e servitori della collettività. Oggi non servono eroi o martiri, ma guide oneste,umili, laboriose che sappiano essere modelli alla società, ora confusa, disorientata, individualista. E’ seguita la collocazione della targa nel Santuario con un momento di preghiera. PROSSIME DATE PER LE CERIMONIE DI CONSEGNA DELLE MEDAGLIE D’ARGENTO La Presidenza ad oggi 26 luglio, ha ricevuto comunicazione da parte delle Associazioni Federate riguardo alle date delle prossime consegne di medaglie d’argento agli ex Partigiani viventi. Si attendono le segnalazioni delle restanti Federate. 26 agosto 28 agosto 4 settembre 10 settembre 11 settembre 21 settembre 2 ottobre 22 ottobre Garibaldini Indipendendenti - Imperia R.A.P. Raggruppamento Padano Cantalupo - Alessandria ALPI Reggio Emilia Brigata del Popolo Senago - Milano A.V.L. Verona Manifestazione Divisione Acqui Raggruppamento Alfredo Di Dio Busto Arsizio - Domodossola Verbania A.V.L. Piemonte - Torino Il nonno racconta... ALDO CLERICO RAFFAELE MORINI PARTIGIANO DA RAGAZZO Nonno Raffaele già presidente dell’ A.P.C. (Associazione Partigiani Cristiani) ha 81 anni. Si dedica alla ricerca storica, ha scritto numerosi saggi tra cui il più recente: un volume su Enrico Mattei!. Risponde ora alle nostre domande con risposte sempre piacevoli e interessanti. PER QUALE MOTIVO, LEI COSI’ GIOVANE, HA PARTECIPATO ALLA RESISTENZA? “Con l’8 settembre 1943 l’Italia aveva perso la Patria e ogni sua autorità. Per la maggior parte gli uomini, ex militari e non, scappavano da tutte le parti per sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi, mentre i partigiani, allora chiamati ribelli, non scappavano. Per loro era giunta l’ora di dimostrare al mondo di essere degli uomini”: decisi a combattere e a morire da uomini per vivere da uomini! Era il 24 di settembre 1943, quando mio fratello Artemio, più anziano di sei anni di me, condusse a casa nostra due ufficiali inglesi: Johnny Baddelei e Reginald, Selby Charlie per dare loro un po’ di cibo e farli dormire nel fienile , poi sarebbero andati in cerca dei partigiani. Il giorno seguente giunsero altri 9 ex prigionieri inglesi, a digiuno da tre giorni, anch’essi in cerca dei partigiani per unirsi a loro. In realtà, piccoli gruppetti di partigiani già esistevano ma non si facevano vedere per timore di essere spiati e conseguentemente catturati dal nemico. Così mi recai nel pagliaio a prendere una decina di moschetti md.41 ed alcuni mitra Beretta che i nostri soldati in fuga avevano gettato lungo la strada e nella piazzetta del mio caseggiato, dicendo loro che da quel momento i partigiani eravamo noi. In tutto eravamo in 19; 11 ufficiali inglesi, 6 sbarbatelli italiani, io ed un Maggiore dell’11° regg. Alpini. Compreso quest’ultimo mi chiamavano “comandante“ ma non lo ero. Io mi sentivo di essere solo come una buona chioccia con tanti pulcini. Quindi avevamo accantonato le nostre generalità anagrafiche, dandoci ognuno un proprio nome di battaglia, e col sostegno dei preti e della gente avevamo incominciato a vivere sui monti come gli uccelli in libertà.” “La Val Ceno è stata una zona molto combattuta, anche perché confina col territorio di pianura allora occupato dal nemico. Basti parlare della battaglia di Pietra nera che durò tre giorni, di Varano Melegari, perso e ripreso d’impeto dai Distaccamenti: Pedrazzi e Jessi (6-13 gennaio 1945), nonché di Specchio, Bardi e di Monte Pelizzone. Io però non andavo a combattere, ero troppo giovane. Però il mio gruppo ha fatto parlare di sé. Nella zona non si faceva altro che parlare di spie, di paura dei tedeschi e del fascismo che stava per risorgere. Così alle 16 del 28 ottobre il mio gruppo decise di uscire allo scoperto. A stento ero riuscito a convincere i miei amici a sfilare in armi a Varano Marchesi, cantando: “Il Piave mormorò, non passa lo straniero!”.. ponendo fine a tutte le paturnie. Poi alle 11,30 del 3 novembre, 43 militanti della Gnr a bordo di un capiente autocarro, erano in viaggio per svolgere una dimostrazione di forze a Pellegrino parmense, ma sui tornanti di Monte sant’Antonio trovarono il mio gruppo che bloccò l’automezzo, li disarmarono e li mandarono a casa loro. Nella ristrutturazione del febbraio 1944 tutti i gruppi autonomi, il mio compreso, confluirono nei battaglioni: Leoni, Forni ed il Barbaschi e nel giugno costituirono la 31^ brig. Garibaldi. Div. Val Ceno. Il mio ruolo era quello di informatore militare. Era molto pericoloso recarsi periodicamente al Comando provinciale della Rsi per avere informazioni da un ufficiale che operava per la Resistenza e al Distretto militare con una borsa di cuoio vuota, e uscire quando nostri collaboratori l’avevano riempita di proiettili cal 9 lungo o di bombe a mano. Alla vigilia del Santo Natale, un cecchino mi attese poco distante da casa e quando stavo per aprire la porta, mi sparò un colpo di moschetto, sfiorandomi la testa. Il 6 gennaio 1945 incominciò il feroce rastrellamento e nonostante la strenua difesa, ben presto le munizioni venivano a mancare ed il pomeriggio del giorno 7 il Col. Trasibulo comunicò l’ordine di sganciamento, ma diversi distaccamenti lo trasgredirono. A Varano Malgari i Dist. Jessi e Pedrazzi resistettero sino al 14, in altri posti tanti partigiani li trovarono morti per congelamento accanto ai loro mitragliatori. Alle 18 del giorno 6 i nazifascismi occuparono Varano Marchesi ed il 7 compirono la prima strage: di 9 partigiani e 4 civili. Alle 12,30 del giorno 8 una trentina di nemici accerchiavano il mio caseggiato e facendomi chiamare da un contadino, del quale avevano già catturato i suoi due figli. “Se non si presenta Raffaele Morini entro 25 minuti bruceremo tutte le case” – dissero. Allora , per la salvezza dei miei vicini di casa, della mia famiglia, e dei miei amici partigiani che erano nascosti con me e che rimasero tutti salvi, mi presentai, ma non con le mani in alto! In galera, appresi dai compagni di sventura, i nominativi dei partigiani torturati e seviziati prima di essere uccisi. Il mattino del 9 i nazifascisti fecero un’altra strage di 7 partigiani, e un’altra ancora, di 5 la fecero nel pomeriggio del giorno 12 sulla riva del Gobbo: fra questi ci furono anche Lupo e Aquilarossa con gli occhi strappati. Aquilarossa però, benché ridotto come un colabrodo dalle raffiche di mitra che gli avevano staccato le braccia e sfigurato il viso, il comandante Aquilarossa di anni 17 rimase in piedi in mezzo ai suoi Ribelli come un simbolo che non muore mai. Alle ore 11,10 del 15 gennaio i tedeschi avevano formato una colonna di rastrellati, per la maggior parte civili ed alcuni partigiani, tra i quali c’ero anch’io, verso la metà di quella colonna. Ormai in partenza per salire sulla tradotta che da Fornivo portava a Mauthausen. Pochi secondi prima di dare il via, un giovane bersagliere toscano di nome Pucci Ireneo mi corse incontro dicendomi di seguirlo. Era un ordine! Quel bersagliere dal cuore d’oro, che non avevo mai visto, mi aveva preparato la fuga. Il Signore aveva ascoltato le preghiere di mia Mamma Erminia e della mia gemellina Rosetta che pregarono giorno e notte per la mia salvezza e quella di mio fratello Artemio, partigiano della 78^ brigata e mia sorella Celinia nostra staffetta. Mentre mio padre dopo l’armistizio, era militare della britannica Royal Air Force. Il 21 gennaio il Capitano Buongiorno mi mandò una staffetta di Fontevivo con l’ordine di recarmi immediatamente al Pizzo di S. Secondo a prendere una quindicina di partigiani in grave pericolo, tra i quali Katia e Tevere (mio fratello). Quella volta presi lo Sten e due bombe a mano tipo Sip e mi recai in bicicletta con 40 cm. di neve e dal mattino presto arrivai sul posto a notte fonda, riuscendo però a condurre a termine la missione. All’insaputa del commissario Sasso, il l3 marzo mi recai a Fidenza in bicicletta , arrivato a Coduro incontrai il Maggiore della Wehrmatch Walter Gil, anch’egli in bicicletta. Gli puntai la Broving intimandogli: Hendeor soldaten caput! Dopo averlo disarmato lo condussi (entrambi a piedi) come mio prigioniero nel castello di Bardi. Poi fu ridato ai tedeschi per uno scambio di prigionieri ed io ero in gran pena, temendo che gli avessero fatto del male. Fortuna volle che a fine luglio 1965 ci rincontrassimo al Motel Agip di S. Donato Milanese. Walter era in viaggio per Napoli con la famiglia ed era stato lui a riconoscermi con tanta gioia, e dopo un forte abbraccio mi presentò a moglie e figli come il suo salvatore. L’ultima recente opera sul geniale personaggio Enrico Mattei CI HA LASCIATI PER FARNE AFFETTUOSA MEMORIA PUBBLICHIAMO IL SUO RACCONTO Affettuoso ricordo d’un gruppo spericolato Ci ha lasciato il Vice Presidente dell’Ass.ne prov.le di Cuneo Mutilati e invalidi di guerra, il partigiano 91enne Aldo CLERICO, già membro del Direttivo dell’Ass.ne partigiana “Ignazio Vian” di Cuneo. Ne mantengono viva memoria alcuni passi di una sua biografia che aveva depositato presso la Sede dell’Associazione Mutilati. Qui aveva offerto il suo lavoro d’ufficio, come volontario, fino a che le risorse fisiche glielo avevano concesso. Queste note rivelano la storia della sua generosa e coraggiosa donazione alla lotta per fare libero il suo Paese. Si tratta d’un dettagliato racconto familiare, romanzesco, drammatico, che “i vecchi partigiani “ leggeranno volentieri.. ma anche i giovani di questa nostra farsesca e penosa stagione. L’EPOPEA DELLA BRIGATA DI VAL CORSAGLIA … “ Dopo aver partecipato alle campagne di guerra 1940-1945 (FranciaAlbania- Grecia – Jugoslavia) eccomi a raccontare la parte ben più tragica dopo l’8 settembre 1943. Mentre mi trovavo in licenza illimitata a casa, a Briga, vengo catturato da una pattuglia di SS tedesche arrivata all’improvviso verso mezzogiorno. Mi viene dato appena il tempo di rimettermi la divisa militare e vengo fatto salire sul gippone con altri paesani catturati come me, con destinazione Cuneo, da dove partivano le tradotte con vagoni piombati verso la Germania. Per fortuna, giunti a Tenda, paese presidiato dai militari tedeschi della Wermach addetti al recupero di materiale della IV Armata Italiana, il maresciallo comandante del Presidio si impegna per il nostro rilascio. Una quindicina di noi rimane a Tenda con la consegna di lavorare alla sistemazione di materiali vari ed accudire una trentina circa di muli, questo causa dell’esiguità ed anzianità degli uomini che componevano il Presidio. Lavoriamo per questo Presidio per alcuni mesi: lavoro di giorno e liberi di uscire alla sera. Da Tenda veniamo spostati a Cuneo nella Caserma già IV Artiglieria Alpina dove ci impongono di mettere un bracciale giallo con la scritta in caratteri gotici in lingua tedesca : “ soldato tedesco”. Chi non accetta viene spedito in Germania. Così una sera decidemmo di fuggire; camminammo tutta la notte ed al mattino giungemmo a Briga. Cercammo di raggiungere la formazione partigiana Garibaldina che operava in Liguria e Aldo Clerico nei “Fazzoletti Gialli” del Cap. Piero Cosa. Nel riquadro una sua foto recente. qui, con altri sbandati, costituimmo un nuovo distaccamento, cioè una Brigata. Ci mettemmo in marcia per raggiungere il posto indicato, transitando per i Forti di Nava. Qua dovemmo cambiare rotta perché in quella località si trovavano già altri uomini del Cap. Martinengo. Ci trasferimmo, pertanto, in Val Corsaglia (Mondovì). Fu una marcia massacrante, attraversando Viozene, Mongioia, passando per Piaggia, frazione di Briga Marittima, ora diventata Briga Alta. Lì appresi che i miei genitori e mio fratello Luciano di 16 anni in conseguenza alla nostra fuga, erano stati arrestati e portati nel carcere “Leutrum” di Cuneo. Mio fratello Luciano veniva sovente interrogato affinché dicesse dove noi eravamo. Per impaurirlo gli prendevano le misure, per la cassa da morto. Poi tutto si è risolto grazie all’interessamento del- l’ingegnere capo della Centrale Elettrica dove lavorava mio padre. Egli chiese al Comando tedesco il rilascio motivandolo con la urgente necessità di operai specializzati da inserire nella Centrale Elettrica. Grazie a questo mio padre fu subito rilasciato . Seguirono la liberazione di mia madre e di mio fratello. In Val Corsaglia trovammo la valle già presidiata e comandata da un ex appuntato dei Carabinieri (Taglietto). Intanto il capitano Martinengo (Naum) decise di ritornare verso Viozene dove insediò il suo Comando di Brigata. Il nostro gruppo rimase in Val Corsaglia prendendo posizione a Costa Calda sulle alture di fronte alle Grotte di Bossea, posizione che dominava un bel tratto di strada provinciale che da San Michele di Mondovì porta a Fontane di Frabosa. continua sul prossimo numero IL NIPOTINO RICORDA “LA BABOJA” ERA D’OBBLIGO In queste poche righe voglio rievocare la data del 25 luglio 1943, come l’aveva vissuta un bambino di 10 anni e come gli è rimasta impressa a distanza di 50 anni. “Gaute sta baboja” è la frase che più mi è rimasta impressa di quel giorno, Vi starete chiedendo cosa c’entra questa frase, ma se mi leggerete fino in fondo capirete il perché. Dovendo mio padre recarsi in montagna, propose a me e ad uno dei miei fratelli di accompagnarlo all’Alpe Sestrera. Per lui si trattava di effettuare la consueta verifica del bestiame. Essendo Messo comunale questo era uno dei suoi compiti, cioè controllare il numero dei capi di bestiame per poi far pagare la relativa tassa ai margari. Il 25 luglio1943 la mandria si trovava al gias Soprano di Sestrera e lì ci recammo. La giornata era stupenda e per me era la prima volta che potevo ammirare il Marguareis così da vicino e ne rimasi estasiato. A quei tempi per recarsi in montagna si partiva alle 3 di notte in bicicletta che poi si lasciava alla Certosa. La giornata passò nel migliore dei modi. Mentre nostro padre procedeva alla sua in- combenza noi ci spostavamo da un posto all’altro facendo anche una puntata ai laghetti del Marguareis dove allora vi era sempre ancora qualche chiazza di neve ed era bello scambiarci qualche palla di neve a fine luglio. Venne l’ora di incamminarci per il ritorno e scendemmo per il vallone del Marguareis. Ricordo l’aquila reale sorvolare maestosa la Rocca d’Gilu, le marmotte delle quali cercavamo di imitare le grida. Più in basso mangiammo mirtilli e lamponi selvatici. Proseguendo verso il Saut si incominciavano a sentire colpi di piccone e canzoni alpine. Erano gli operai dell’impresa Ing. Savasta incaricati di costruire la strada militare che doveva collegarsi a quella del Colle di Tenda. Scambiatici i saluti sentii un mormorio senza però afferrarne le parole. Poi uno più deciso disse: “Gaute sta baboja”. Continuando i cammino altri ripeterono la stessa frase. Giunti al Pian delle Gorre mio padre si rivolse al capo cantiere per chiedere spiegazioni e questi ci disse che nella notte Mussolini era stato destituito ed al mattino arre- Al centro il nipotino Giulio, a destra zio Luigi e a sin. zio Andrea stato. Apprendendo questa notizia mio padre si tolse subito il distintivo del Fascio. Capii così che era quella la “baboja” citata dagli operai. Proseguendo verso la Certosa ci spiegò con un lungo ragionamento il motivo per i quale era obbligato a portare il distintivo del Fascio. Tutti gli impiegati della Pubblica Amministrazione erano obbligati per legge ad aderire al Fascismo. Giulio Giraudo 3 STORIA-MEMORIA-STORIA-MEMORIADEDICATO AI RICERCATORI E AGLI STUDENTI Con l’aiuto del compianto Com. Vescovi RESISTENZA VICENTINA SCRITTA SU LIBRI, LAPIDI, MONUMENTI La popolazione e gli ex partigiani della provincia vicentina hanno conosciuto la brutalità dell’invasione nazista e delle zelanti orde neofasciste dopo l’8 settembre 1943. Riportiamo alcune paginette curate dal compianto Comandante Giulio VESCOVI, composte con alcuni amici della A.V.L. (Ass.ne Volontari Libertà) per l’opuscolo “Granezza: luogo della memoria”, pubblicazione che riporta anche il calendario delle Manifestazioni annuali della Resistenza vicentina. Il prezioso libretto può destare interesse ed imitazione in altre associazioni resistenziali della FIVL “…Migliaia di giovani presero la via della montagna per evitare la chiamata della RSI. La reazione al Fascismo risorto fu spontanea quanto l’avversione ai tedeschi: a volte i padri stessi indicavano ai figli la via della Resistenza, preferendo saperli alla macchia in difesa dell’Italia, piuttosto che al servizio dei nazi-fascisti. Il neo-fascismo non si limitò a ricattare le famiglie dei renitenti alle chiamate, di informare l’occupante tedesco dei sentimenti della popolazione, d’incitare azioni di rastrellamento; militari e camicie nere della RSI si organizzarono e si affiancarono ai tedeschi per terrorizzare e combattere i nuclei resistenti ed i loro sostenitori. Si formarono allora, le prime organizzazioni partigiane, le brigate, quasi senz’armi , poco organizzate, senza quadri regolari, senza direttive dal Governo italiano e neppure dagli alleati avanzanti lentamente dal Sud. Il movimento partigiano si sviluppò alla macchia: era assillato da necessità primordiali, mangiare, coprirsi, armarsi, difendersi dal nemico nazifascista. Il nemico era dovunque. Il fiancheggiatore se veniva scoperto, pagava a caro prezzo l’aiuto dato alla Resistenza. Era un movimento, quello partigiano, che nasceva dal nulla, carico di fermenti, di rivoluzione, di rinnovamento nazionale, animato da uomini che pagarono con la vita, alimentato dall’avversione al nazi-fascismo, dall’ideale della libertà, della democrazia. L’accanimento con cui i nazi-fascisti condussero la lotta contro la Resistenza è documentato da episodi particolarmente crudeli, andati ben oltre la lotta, la guerriglia, non rispettando la Convenzione di Ginevra, che considera invalicabile il rispetto della dignità umana. I più odiosi episodi di repressione e crudeltà si ebbero a Bassano del Grappa, Pedescala, Marostica, Grancona, Valdagno , Granezza, Vicenza, Sandrigo, Maragnole, Dueville, S. Pietro Mussolino, Breganze. La località di “GRANEZZA” si trova a sud di Asiago in vista della pianura vicentina: è una piccola spianata circondata da magnifici boschi di faggi ed abeti. Qui, nei giorni 6-7- settembre 1944, le formazioni partigiane che presidiavano la zona, le brigate “Sette comuni” e “Mazzini” furono investite da un grosso rastrellamento nazi-fascista. I circa 600 partigiani che si trovavano in quei giorni nel “Bosco Nero” di Granezza, erano poco armati, in gran parte, addirittura, disarmati in quanto si era in attesa degli aviolanci di armi e munizioni promessi dalla missione “Alleata Fluvius”. Questa era paracadutata nella zona, la notte del 12 agosto 1944. L’afflusso di giovani e inesperti partigiani sull’Altopiano era avvenuto in previsione dello sfondamento della “Linea Gotica” e della conseguente ritirata dell’esercito tedesco (la Wermacht) nella predisposta linea di difesa delle Prealpi Venete. Occorreva quindi creare una zona libera alle spalle della Wermacht, sbarcando in essa paracadutisti e truppe aviotrasportate per tagliare e contrastare la ritirata nemica, ma la “Linea Gotica” resistette e il piano “Vicenza” non poté essere realizzato. Fu quindi possibile ai nazi-fascisti organizzare in tutte le Prealpi Venete delle operazioni massicce di rastrellamento sull’Altopiano di Asiago, sul Grappa, sul Consiglio, nel Bellunese e nel Friuli. In queste condizioni e con queste speranze di imminente fine della guerra nel Veneto, avvenne lo scontro tra le forze patriottiche e quelle nazi-fasciste, nei boschi di Granezza il pomeriggio del 6 settembre 1944, truppe tedesche ed ucraine, sostenute dalla 3^ Brigata Nera Faggion di Vicenza ed altri reparti della Repubblica Sociale Italiana (RSI) , circondarono gli accampamenti del battaglione (poi Brigata Sette Comuni) e del Battaglione di montagna della Brigata Mazzini. In quella circostanza i nazi-fascisti osarono penetrare nel fitto bosco per snidare i patrioti. La proporzione di forze in campo era da uno a dieci ed assai diversa la preparazione militare e l’armamento. I patrioti più esperti difesero i disarmati e le vie di salvezza, unica possibilità rimasta per non essere completamente sterminati. Le ombre della sera, una leggera pioggia, la nebbia ed il riparo dei boschi ben conosciuti (a differenza di quanto avvenne alla fine di settembre sul Grappa) limitarono le perdite a circa 30 caduti, tra i quali la Mo:V.M. Rinaldo Araldi, “Loris”. Tra i caduti, appena giunti in Granezza, gli autisti della organizzazione Speer di Asiago che avevano abbandonato l’autoparco per raggiungere, con gli autocarri, gli accampamenti dei partigiani. Catturati, seppure disarmati, il giorno dopo furono trucidati nel modo più barbaro e indicibile a Bocchetta di Granezza dai fascisti vicentini della 22^ Brigata Nera Faggion , comandata dal federale del fascio di Vicenza: una delle stragi tra le più feroci ed impunite di quella guerra nel territorio vicentino. Raccolti i caduti, riuniti i dispersi, le formazioni partigiane ripresero la lotta fino alla Liberazione dell’aprilemaggio 1945. I patrioti dell’Altopiano liberarono da soli il territorio prima dell’arrivo degli alleati con scontri ed ulteriori caduti per la Libertà d’Italia.” Molti monumenti e lapidi sono stati eretti Sulle colline, monti e pianure della provincia L’opuscolo riassuntivo dei percorsi della lotta vicentina 4 L’UOMO RESISTENZA TRIESTINA Scheda biografica del Presidente CLN Edoardo Marzari CHE POLARIZZÒ CATTOLICI E COMUNISTI NELLA della promulgazione delle leggi razziali. Rimane memorabile il suo articolo “Impegnarsi” del 20 maggio 1939, col quale invitava a prendere una posizione ascoltando solo la propria coscienza, mentre l’Europa rotolava verso la guerra. Il foglio era divenuto così punto di riferimento dell’antifascismo democratico, non solo cattolico, trovando nel vescovo Antonio Santin significativo appoggio che, però , non poté metterlo a riparo dalle minacce fasciste che obbligarono il presule ad invitarlo ad abbandonare l’insegnamento a Capodistria e a ritirarsi a Retrovia, in una piccola parrocchia istriana, per evitare le conseguenze del confino. “Alla Memoria di don Edoardo Marzari è conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile con la seguente motivazione: “Fra le figure più rappresentative dell’antifascismo cattolico, sempre ispirato, nell’insegnamento e negli scritti, ai valori della Libertà e della Democrazia, aderiva con instancabile e appassionato impegno alle formazioni di Liberazione nazionale. Arrestato e torturato dai nazifascismi, fu liberato e, quale Presidente del CLN di Trieste, il giorno 30 aprile 1945 , guidò i concittadini nell’insurrezione contro l’oppressione nazista. Preclaro esempio di alto senso civile di amor patrio”- 30 aprile 1945 ” Dato a Roma il 16 aprile 2004 Carlo Azeglio Ciampi” Edoardo Marzari, nato a Capodistria nel 1905 e deceduto a Trieste nel 1973, figlio del ceto medio, frequenta il liceo ginnasio “Carlo Combi” a Capodistria e successivamente si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Padova. Nel 1932 abbandona gli studi universitari e viene ordinato sacerdote, dopo un periodo presso il Collegio Caprinica e la frequenza nella Facoltà teologica della Gregoriana. Tornato a Capodistria diviene insegnante di filosofia, latino e storia dell’arte, presso il locale Seminario interdiocesano; nel 1938 assume la direzione del settimanale cattolico diocesano triestino “Vita Nuova”, sul quale non lesina critiche e giudizi estremamente severi nei riguardi della politica fascista, la statolatria e in modo particolare in occasione Fin dal dicembre 1943 erano stati arrestati i componenti del CLN: sorto nel giorno dell’Armistizio e che era erede del Fronte Democratico Nazionale, formatosi quale comitato di salute pubblica il 25 luglio, comprendente tutti i partiti prefascisti e in gran parte animato da patrioti che avevano già conosciuto le galere austro-ungariche. Luigi Frausin, comunista maggesano, puntò subito su don Marzari, conoscendo le doti ed avendo apprezzato le sue posizioni espresse in passato su “ Vita Nuova” e lo invitò aderire al ricostituendo CLN e di assumerne la Presidenza. Cosa che don Marzari fece imprimendo una svolta in seno al CLN con un carattere maggiormente politico, volto al tempo stesso anche al fattore militare. Frausin e Marzari convennero che si doveva superare la fase attendista per dare vita ad un organismo tanto politico che militare, in grado di attrarre i giovani e di organizzarli. In questo senso va riconosciuta la convergenza di Marzari con gli azionisti di Ercole Miani, gli unici, oltre i comunisti, in grado di avere una rete cospirativa ed operativa efficiente. I cattolici di don Marzari, ma soprattutto Ettore Stecchina e Marcello Spaccini, in breve tempo si organizzarono sul piano operativo, stringendo stretti rapporti con i gruppi militari passati in clandestinità. Della militanza clandestina, don Marzari ha lasciato numerosi appunti in forma di relazione di diario: egli poté fare leva sull’Azione Cattolica e sulla FUCI, ma anche sugli ambienti cattolici della operaia, con i quali intratteneva rapporti diretti con “le conversazioni del giovedì”, presso la sede A.C. , su temi di ordine sociale. Don Marzari partecipa ai convegni di Milano (luglio 1944) tra il CLN Alta Italia, il CLN di Trieste e l’Osvobodilna fronta, per discutere delle sorti DUE LUOGHI DI FONTI STORICHE - L’ARCHIVIO STORICO DI BUSTO ARSIZIO E IL MUSEO DI ORNAVASSO L’Archivio del Raggruppamento Divisione Patrioti “Alfredo Di Dio” ha sede in Via Espinasse, 18 a Busto Arsizio. Qui è stata raccolta la memoria della Resistenza Cattolica nell’Alto Milanese che è diventata meta di tanti studiosi che consultano (il professor Giorgio Vecchio ha passato settimane a scartabellare documenti per la realizzazione dei suoi libri) e spesse volte - ci dicono - non citano la fonte. Qui abbiamo incontrato coloro che ogni giovedì si ritrovano per continuare a “scrivere” le memorie di un periodo che non è stato ancora metabolizzato dalla storia, proprio per le forti tensioni che l’avevano animato nel periodo 1943-1945. Fu nel 1990 che Albertino Marcora acconsentì di spostare l’archivio in suo possesso a Busto Arsizio affinché, insieme al museo della Resistenza di Ornavasso, potessero diventare i poli di riferimento per lo studio di quello che fu il Raggruppamento Divisioni Patrioti “Alfredo Di Dio” di cui “Albertino” fu il vicecomandante. Difatti, il museo di Ornavasso nacque su iniziativa dei partigiani locali (poi donato al Comune) sorretta da alcuni autorevoli protagonisti della Resistenza, allo scopo di lasciare una testimonianza alla giovani generazioni di quella che fu la Guerra di Liberazione. L’Archivio Storico di Busto Arsizio, diversamente dal Museo partigiano di Ornavasso, che do- cumenta la guerriglia delle brigate di montagna fino ad arrivare all’autogoverno (Repubblica dell’Ossola, settembre-ottobre 1944), raccoglie i documenti di quella che fu l’attività partigiana in una città di pianura che è stata il fulcro della guerra di liberazione nell’Altomilanese e dove una particolare attenzione è stata posta nei confronti della fondamentale azione dei sacerdoti. INAUGURATA LA NUOVA SEDE DELLE ASSOC. AVL DI ODERZO (TV) Il giorno 19 giugno 2011 il Gruppo A.V.L. – ASSOCIAZIONE VOLONTARI LIBERTA’ – DI Oderzo (TV) ha inaugurato la nuova Sede con una cerimonia densa di significato. Il programma ha avuto inizio alle ore 9,15 in Piazza Grande, alla presenza di Autorità, Associazioni Combattentistiche e d’Arma con bandiere, labari e gagliardetti. Dopo la S.Messa celebrata nel Duomo di Oderzo da Mons. Piersante Dametto ha avuto luogo l’inaugurazione della Sede - in via Pragatta di Rustignè – a cui sono seguiti i saluti del Responsabile di Zona, Carlo Boscariol, del Sindaco di Oderzo, del Presidente Nazionale F.I.V.L. Guido De Carli, ddel Presidente Osoppo Friuli dott. Cesare Marzona e del Presidente Provinciale di Treviso, Ing. Clarimbado Tognana. della Venezia Giulia, alla luce delle pretese annessionistiche slovene e per organizzare delle formazioni armate partigiane nei pressi dei maggiori centri urbani della regione. Con Frausin concorda sull’opportunità di rinviare a guerra finita la questione del confine ma è un fermo difensore del carattere italiano della Venezia Giulia e si rende subito conto che deve fare i conti con inconciliabili posizioni nazionaliste slovene. Frausin cercò di istituire un comando regionale del Corpo Volontari della Libertà: si recò a Milano con l’ing. Ribi del CLN di Gorizia per perorare la causa presso Enrico Mattei e Raffaele Cadorna, ma non ottenne nulla a causa dell’ambiguo comportamento del PCI Alta Italia e dei deteriorati rapporti tra la resistenza friulana e i partigiani sloveni. Purtroppo l’arresto di Luigi Frausin lasciò don Marzari più solo e soprattutto privo dell’alleanza con quei comunisti che non avevano poste le pregiudiziali avanzate dagli sloveni. L’8 FEBBRAIO 1945, don Marzari viene arrestato dall’Ispettorato Speciale di P.S., organo repressivo della polizia italiana al servizio dei nazisti. Nelle stese ore furono arrestati altri esponenti della Resistenza giuliana a Trieste e Milano ed a Porzus si era consumata la liquidazione del comando della Brigata “Osoppo” per mano del GAP di Mario Toffanin. (Giacca). Inquietante coincidenza che decapiterà la Resistenza democratica italiana ma non la farà cessare del tutto. Don Marzari fu torturato dal vicecommissario Gaetano Collotti e sottoposto a dure vessazioni ma non parlò e fu rinchiuso nelle carceri del Coroneo fino alla notte del 30 aprile 1945, quando con un colpo di mano fu liberato alle ore 1,30 da Marcello Spaccini e portato nella sede provvisoria del CLN di Trieste, dove il col. Antonio Fonda Savio aveva nel frattempo preparato un piano insurrezionale, potendo contare su quei giovani che don Marzari aveva avvicinato al patriottismo democratico. Da qui egli ordinò l’insurrezione cittadina alle ore 5,20 in una situazione di grave incertezza sul destino della città rivendicata dall’Osvobodilna fronta e le truppe anglo-americane , ancora lontane; don Marzari si assunse la lacerante e sofferta decisione di dare il segnale dell’insurrezione che egli guidò quale presidente del CLN di Trieste. Dopo due giorni di combattimenti il presidio tedesco si arrese, mentre in città erano affluite le truppe jugoslave e neozelandesi. Roberto Spazzali UOMINI E DONNE della Resistenza SANDRO PERTINI Nel ricordo del presidente Napolitano “Vorrei che il suo esempio desse senso e dignità al nostro essere italiani. Un simile impegno è mancato o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario!” Pertini fu combattente instancabile , senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione – all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre – al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescare e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d’argento, della prima guerra mondiale . Ne uscirà capo dell’organizzazione militare del Partito socialista per l’Italia centrale occupata. Ma già il 15 ottobre viene arrestato , insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registri un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli. Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l’occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del ’44: il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS. Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la Liberazione di Vassalli). Il progetto dell’insurrezione a Roma viene accantonato; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché “lassù – disse – c’era da fare e da combattere”. E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord. A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche: ma si ferma a Firenze per partecipare all’insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione. E’ stato – dobbiamo dirlo – un onore per l’Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini. L’omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per i rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo , diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario. Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo: esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo .” Giorgio Napolitano Milano 25 aprile 2010 Teatro La Scala EDGARDO SANTINI Santini (secondo da destra) con alcuni compagni della Divisione Acqui L’8 SETTEMBRE 1943, quando Badoglio firmava la resa dell’Italia, mi trovavo nell’Isola Greca di Leucade (o Santa Maura), quindi lontana da Cefalonia, presidiata dalla sfortunata Divisione Acqui annientata poi dalla Wehrmacht. Sfuggito alla cattura approdai nella Grecia continentale raggiungendo la zona di Karpenision che già pullulava di soldati sbandati. Dopo alcuni giorni la situazione divenne insostenibile per mancanza di vitto, per la malaria, l’assenza di medici e le ruberie praticate dai greci con minacce di ogni genere. Lo chiamavano Golia per la sua statura MARIO MAURI: UN PERSONAGGIO! Per 65 anni visse con una pallottola nel petto anni 90 Sfuggito alla strage di Cefalonia, partigiano in Grecia La Memoria per la nostra storia ed il nostro futuro è nata affinchè chi verrà dopo non abbia a commettere gli stessi errori. Anche io, ormai quasi novantenne, trasmetto una mia Memoria ancora viva ed intensa dei giovani anni dal febbraio 1942 al dicembre 1944, in grigio verde, superstite della gloriosa Divisione Acqui, poi partigiano nella Resistenza Greca Elas, ferito dalla Wehrmacht nel Canale di Corinto; era il 50° scontro, anche l’ultimo! Edgardo Santini soldato superstite della Divisione Acqui Nella foto il partigiano Bulov (nome di battaglia come partigiano, al centro in primo piano) riceve le congratulazioni da una delegazione di Ufficiali Alleati insieme con i suoi commilitoni schierati. Decisi in breve di arruolarmi nella Resistenza Greca in cui lottai fino al dicembre 1944. La 13° Divisione ha combattuto i nazisti in Epiro, Tessaglia, Pindo, Gravina e Corinto, spesso in montagna , a volte in pianura in condizioni sempre disagevoli ed ardue, applicando anche la tattica del mordi e fuggi. Ma non si combatteva solo il nemico, perché in quelle condizioni soffrivamo la fame, il caldo, il freddo, le incurabili malattie, i pidocchi e camminavamo con i piedi fasciati da pelli di animali. Alcuni partigiani morirono congelati, dissanguati da sforzi sovraumani o catturati e fucilati dai tedeschi. L’unico rifugio era la montagna, con i contadini che ci aiutavano nella Resistenza, ma non avevamo fiammiferi, orologi, scarpe, carta, grano e le capanne erano costruite con bastoni, fango, paglia, sterco e pietre; la nostra vita era diventata primordiale. Ma i partigiani pur con tante privazioni fecero crollare ponti, macigni bloccando ferrovie e stazioni radio, rendendo quasi impossibile la permanenza dei tedeschi in Grecia spingendoli al rientro in Germania alla fine del 1944. All’appello mancarono migliaia di partigiani giovani ed anziani. Non essendo possibile oggi ricordare le circostanze, i dettagli e le date della mia partecipazione alla Resistenza Elas, schierata con la sinistra con oltre 33.000 partigiani (Antardes), ritengo che in 14 mesi, in 50 scontri, la 13° Divisione Elefteria (Libertà) abbia coperto sempre a piedi un percorso pari alla distanza tra la Liguria e la Venezia Giulia. Ciò premesso invito chiunque a pormi alcune domande alle quali sarò in grado certamente di rispondere con sufficiente chiarezza. Io ricordo tutti i miei amici partigiani greci per il coraggio , il cameratismo, l’amicizia e la stima verso la mia persona anche se inizialmente erano stati miei nemici e nemici del mio Paese. Il libro di Santini “Partigiani in Grecia” è edito dal “Centro Studi Riganelli” - Fabriano. Per scampare al rastrellamento, si “seppellì” nell’ossario di Bellasola di Corniglio. Tre giorni e tre notti ci rimase, mentre i tedeschi setacciavano Il Caio e tutti i monti attorno. La guerra stava per costargli la vita quasi alla fine: il 6 aprile del 1945, nell’assalto alla sede della brigata nera di Basilicanova una fucilata lo centrò al petto. La ferita guarì, ma Mario Mauri per 65 anni visse con una pallottola conficcata vicino al cuore. Di quella “medaglia di piombo”, di profondità, lui si sarebbe accorto con una radiografia solo una dozzina d’anni dopo, quando sulla divisa da partigiano gli era stata già appuntata una medaglia vera, di bronzo, al valor militare. Superate certe prove, verrebbe quasi da pensare che i conti con la morte siano già stati saldati in vita. Così non è, così non è stato nemmeno per il comandante “Golia” scomparso a 88 anni . Era segretario dell’Associazione Liberi Partigiani di Parma: di sentinella sul fronte della memoria, Mauri ha voluto mantenere fermo l’impegno per la trasmissione alle nuove generazioni dei valori più autentici della Resistenza, attraverso il suo impegno nell’Alpi . Diritto, a fronte alta , il comandante partigiano ha affrontato l’ultima prova come aveva affrontato la vita. Era stato ribattezzato Golia per la statura, ma per l’umanità e l’animo gentile sarebbe stato più consono un altro nome di battaglia. Un uomo elegante, affabile, da sempre accompagnato da un pizzo stile risorgimentale. Non passava inosservato, nonostante fosse portato al basso profilo e non agli squilli di tromba. Un personaggio senza dubbio antiretorico, Mauri ha incarnato profondamente i valori più alti della resistenza, in cui le profonde tradizioni di fede cristiana si conciliavano con i principi più autentici del movimento azionista di Giustizia e Libertà. Originario della provincia di Como, da bambino si era trasferito con la famiglia a Traversatolo. Nel 1941 , la chiamata alle armi, l’addestramento da alpino sciatore alla Scuola di Alpinismo di Cervinia. Poi la partenza per i fronte con la Divi- sione Julia: dalla quiete pura e ovattata dei nostri Quattromila all’inferno della steppa. Da laggiù fu tra i pochi a tornare. E qui tra i primi a imbracciare il fucile per la lotta di Resi- gioso attacco alla Brigata nera di Basilicanova. Golia era in prima linea, comandante del distaccamento Cavagli: il suo slancio quasi gli costò la vita. Ma per quanto grave, la ferita stenza, entrando nella IV Brigata Giustizia e Libertà, che avrebbe preso il nome di III Brigata Jiulia. Dapprima dalle parti del Monte Penna, insieme con altri combattenti di Traversatolo. Poi in val d’Enza e in val Parma. Qui lo sorprese il rastrellamento del 20 novembre del 1944, quando dovette nascondersi nel cimitero. Tra i morti, ferito dalle loro ossa, per restare tra i vivi. La sua partecipazione alla lotta armata, fu di grande valore e contraddistinta in particolare dal corag- non gli impedì di trovarsi alla testa del suo distaccamento in tempo utile per l’attacco finale della Brigata nelle radiose giornate della Liberazione di Parma del 25-26 aprile 1945. F i nita la guerra, il ritorno a Traversatolo. Nel 1960 il trasferimento in città, nel quartiere Montanara. Una vita tranquilla, ma senza oblio, di entusiasmo e freschezza, di Resistenza che non s’arrende nemmeno allo scorrere degli anni. 5 CRONACHE PARTIGIANE UNA SFIDA STORICO-MORALE DAL FRIULI-UDINE RITORNO A BOSCO ROMAGNO E’ormai divenuta una tradizione d’inizio estate il ritrovarsi di alcune centinaia di persone nel Bosco Romagno per commemorare i giovani partigiani dell’Osoppo che preferirono la morte, e una morte atroce, al tradire i loro ideali dopo essere stati trasportati qui dalle malghe di Porzus in balia delle famigerate formazioni gappiste nel febbraio del 1945. Dinanzi al cippo che ricorda il massacro avvenuto in diverse località vicine anche quest’anno si sono riuniti i fazzoletti verdi dell’Osoppo assieme a tanti esponenti delle istituzioni ed alle rappresentanze delle associazioni del Cividalese. A portare il saluto dell’Amministrazione Comunale di Cividale, sostituendo il Sindaco impegnato per Nel pomeriggio bandiere, discorsi e una folla festosa Lunedì 25 aprile : una bella giornata per Voghera, la città nella quale una Amministrazione comunale ha autorizzato la posa di una targa-ricordo su un lato del castello visconteo con i nomi di sei appartenenti alle brigate nere e alla Sicherheits, lì fucilati il 13 maggio del 1945. La posa di questa targa ha segnato profondamente la sensibilità antifascista, repubblicana e costituzionale della città; le forze partigiane e antifasciste hanno energicamente reagito al clima di generale indifferenza opponendosi con vigore al tentativo di rimozione e revisione sul fascismo; un tentativo di omologazione per porre sullo stesso piano i criminali e i caduti per Libertà. Il 25 Aprile appena trascorso è stato un momento significativo per la mobilitazione delle coscienze antifasciste. E’ stata una sfida difficile, affrontata con qualche preoccupazione; si trattava del lunedì di Pasqua ed i rischi erano previsti. Ci sono stati due appuntamenti: uno al mattino, unitamente alle Autorità cittadine ed uno pomeridiano con Festa in piazza. Nell’appuntamento mattutino si è disgelata la pochezza della rappresentanza istituzionale: “In pochi al corteo col sindaco” titolava il quotidiano locale; l’orazione ufficiale al Cinema Arlecchino, pur apprezzabile nei contenuti, è stata ascoltata da una platea quasi deserta. Il pomeriggio è stato al contrario vivace e partecipato con una presenza di quasi cinquecento persone. Significativa in termini numerici ma anche di valore per la presenza dei gonfaloni di diversi comuni e dell’Amministrazione provinciale. Così come preziosa è stata la presenza delle bandiere e labaro della FIVL e ANPI. Bello e lungo corteo conclusivo e la proiezione del video “Arturo” sul partigiano Giacomo Bruni. Importanti contributi dei presidenti ANPI provinciali di Alessandria e Piacenza, Pasquale Cinefra e Mario Travedi, del presidente FIVL Guido De Carli, della storica e collaboratrice del museo di via Tasso Annamaria Casavola, della Giovane ANPI Serena Savini, di Antonio Sacchi (con il significativo saluto a tre giovani tunisini arrivati a Voghera e ospiti di Villa Leardi) fino alle conclusioni di Carla Nespolo, vice presidente nazionale ANPI. Messaggi di adesione sono stati inviati da Raffaele Morini, presidente APC e dal presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia. Durante l’iniziativa le musiche di Antonio Carta, il pane sfornato dalla donne di Zavatarello per accompagnare i prodotti della zona. Un pieno di sole e di speranza ha investito la festosa celebrazione pomeridiana. Varlo Scotti FIVL – RAP Voghera Antonio Corbelletti – ANPI Voghera DA SENAGO I PARTIGIANI 2011 OSOPPO Fra l’altro lo studioso ha evidenziato:”Nel Friuli si consumò allora, prima che altrove, l’esperienza di una Resistenza che era allo stesso tempo guerra di liberazione, guerra civile e guerra di classe, come la storiografia comunista ha dovuto ammettere, con qualche mugugno da parte di molti, dopo ben 45 anni. Questa triplice natura ebbe in particolare nel Friuli la sua tragica manifestazione, che solo pochi riuscirono a leggere –non senza biasimo e accuse pesanticome rappresentazione di una resistenza per niente unitaria. Vicende ancora non chiarite possono essere lette come frutto di questa divisione interna: storie tristi…consegnate alla polvere, che occorre tirare fuori, conoscere, e apprendere come lezioni.” 29 italiano. Celebriamo Porzus e con esso i martiri italiani, che come i loro antenati del Risorgimento hanno perso la vita per il loro paese. Che differenza passa fra i martiri di Belfiore e i partigiani della Osoppo? Fra questi e le patriote ed i patrioti dell’Italia asservita allo straniero che hanno combattuto e sono morti per la libertà e l’indipendenza dell’Italia?”. L’intervento del prof. Neglie è stato accolto con molti applausi dai presenti fra i quali il sen. Mario Toros, la medaglia d’oro Paola Del Din, cinque sindaci dei Comuni vicini, esponenti della politica e delle Associazioni combattentistiche e d’arma fra i quali molti Alpini. Una corona è stata inviata anche dagli inglesi delle special forces per interessamento della fami- Laburi, Sindaci e reduci partigiani con centinaia di amici a Bosco Romagnano sostenere la candidatura della città ducale a patrimonio dell’umanità, è stato l’assessore Flavio Pesante, che ha messo in luce l’eroismo dei giovani caduti nel Bosco riprendendo in particolare alcuni brani della lettera di Ermes – Guido Pasolini al fratello. Per la Provincia di Udine è quindi intervenuto l’assessore Daniele Macorig che con tono commosso ha sottolineato l’importanza di questo omaggio ai martiri dell’Osoppo. Il saluto della Regione e dei suoi vertici è stato porto dal consigliere regionale Paride Cargnelutti,che ha ricordato come l’esempio di fedeltà agli ideali dei fazzoletti verdi sia ancora valido. Il Presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo, Cesare Marzona, ha rievocato i fatti con alcune considerazioni che ne evidenziano la gravità,ma allo stesso tempo danno alla condotta dei giovani osovani il segno di una testimonianza. L’orazione ufficiale è stata tenuta dal prof. Pietro Neglie docente all’Università di Trieste in storia contemporanea,studioso del periodo storico in cui i fatti delle malghe di Porzus e del Bosco Romagno si iscrivono. Ed ha proseguito “Fra i partigiani comunisti ed i patrioti c’era una spaccatura profonda in termini di valori di riferimento, una frattura che dava origine a contrasti politici. Ma quando il conflitto politico non si risolve in una cornice di valori condivisi, e fa emergere una radicale differenza in ordine alla concezione della vita e del mondo, la violenza interviene come elemento risolutore. Perciò nessun rimorso, dopo Porzus e Bosco Romagno, nessuno e questo conferma quanto strumentale e priva di fondamento fosse la tesi dell’incidente. I patrioti erano considerati nemici, traditori. Essi incarnavano ideali allora fuori dagli orizzonti culturali e politici dei comunisti: l’unità della Patria e la libertà dei cittadini. La libertà di essere altro, di dissentire, non quella di essere d’accordo con il potere vigente, com’era nell’Unione sovietica. Essi erano patrioti nel senso più alto. E uso tale termine con orgoglio e convinzione, perché quest’anno la celebrazione dell’anniversario cade in un contesto particolare e felice: il 150° anniversario dello Stato unitario glia del Maggiore Taylor. Don Gianni Arduini ha tenuto un momento di preghiera incentrato sulla tematica della pace,mentre le note della Banda di Orzano hanno reso più solenne la cerimonia. ASSOCIAZIONE PARTIGIANI OSOPPO FRIULI LE “ FIAMME VERDI ” PREPARANO L’ INIZIA TIVA M EDAGLIA D’ ARGENTO! Ci è pervenuto il programma delle cerimonie per la consegna delle medaglie d’argento della FIVL alle partigiane ed ai partigiani che hanno preso parte alle operazioni militari e partigiane fra il 1943 ed il 1945. Anche la nostra Associazione assieme alle consorelle del Triveneto sta organizzando per le prossime settimane analoghe manifestazioni che avranno luogo nelle nostre città. E’ con gioia quindi che salutiamo i gloriosi patrioti delle Fiamme Verdi, che danno avvio a questa iniziativa della FIVL per ricordare questa imponente ed importante STORIA DI LIBERTA’ che fu la storia delle formazioni autonome. Il Presidente Cesare Marzona NELLE SCUOLE MEDIE Come è ormai tradizione consolidata, anche l’anno scolastico 2010-2011 ha vissuto gli incontri tra la 16^ Brigata del Popolo e le scuole medie di Senago sul tema della Guerra di Liberazione 1943-’45. Ben quattro gli appuntamenti, tra il 18 aprile e il 2 maggio, in calendario con le terze medie delle scuole pubbliche “Giovanni XXIII” di Via Monza e S. Allende di Via Risorgimento. In totale circa trecento studenti hanno sentito parlare della Resistenza grazie ad un programma concordato tra il personale direttivo e docente, che sentitamente ringraziamo, e i Partigiani e simpatizzanti della FIVL di Senago. Nella introduzione, in cui venivano presentati i Partigiani De Ponti Aldo, Frignati Pierino e Luigi Mantica, si è parlato delle Brigate del Popolo, formazioni partigiane cattoliche operanti nel Milanese e in Brianza, senza dimenticare le Brigate Garibaldi e le altre formazioni della Val d’Ossola. Detto chi erano i Partigiani e la loro vita tormentata, perché ricercati e co- 6 GIUGNO CON I “FAZZOLETTI VERDI” DELLA stretti a vivere alla macchia, si è sottolineata l’importanza della Guerra di Liberazione, una pagina gloriosa della storia d’Italia, che ha segnato il riscatto dalla dittatura fascista e la riconquista della libertà, della giustizia e della democrazia. Importantissimo quindi l’incontro con i giovani, che devono conoscere i fatti per poterli ricordare e a loro volta tramandare alle generazioni che verranno, perché un popolo che non ha memoria del suo passato non può avere un futuro. E’ seguita poi una presentazione su slides computerizzate che ha spaziato dagli anni della nascita del fascismo all’entrata in guerra di Mussolini al fianco di Hitler, all’Armistizio dell’8 settembre ’43, all’avvento della Repubblica di Salo’, fino alla nascita delle Formazioni Partigiane e alla Liberazione del 25 aprile ’45. E qui i ragazzi hanno potuto sentire dalla viva voce dei Partigiani presenti il racconto delle loro esperienze, delle loro paure e in qualche caso delle loro tragedie, sempre però sorretti dalla volontà di contribuire alla rinascita della Patria. Quasi un paio d’ore ogni incontro, vissute ogni volta con intensa partecipazione da parte dei ragazzi che non volevano congedarsi dai Partigiani, desiderosi di conoscere sempre maggiori particolari sulle loro vicende e anche domande come “cosa voleva dire per voi libertà” presentate da chi nella libertà è nato, ci vive come ambiente naturale e non riesce ad immaginare una realtà diversa. Grazie Partigiani per tutto quello che avete fatto e ancora fate: non vi ringrazieremo mai abbastanza. Lino Pogliani Raggruppamento Brigate del Popolo Senago I ragazzi di Senago imparano la nostra Storia! CRONACHE PARTIGIANE 31 MAGGIO RIUNITO A VOGHERA IL CONSIGLIO FEDERALE STIMOLA IL “PIANO GIOVANI” IL Lunedì 30 maggio 2011, alle ore 10.00, presso la residenza Villa Leardi – loc. Strada Retorbido, VOGHERA, si è riunito il Consiglio Federale della FIVL, regolarmente convocato a termini di Statuto. Il Presidente De Carli saluta i Presidenti delle Associazioni federate e con particolare calore i giovani di delegazione. All’atto dell’appello, risultano presenti i delegati seguenti: A.L.P.I. PARMA; A.L.P.I. Reggio Emilia: A.P. “Ignazio Vian” Cuneo;A.P.A. Val d’Aosta Chatillon; A.P.C. PAVIA; A.V.L. Gorizia; A.V.L. Liguria; A.V.L. PIEMONTE; A.V.L.. verona; A.V.L. VICENZA; Ass. “Brigate Alfredo Di Dio” Busto Arsizio; Ass. “Brigate del Popolo” Senato; Ass. “Fiamme Verdi” Brescia; Ass. “Garibaldini Indipendenti” Imperia; Ass. Naz. “Divisione Acqui”; R.A.P. Voghera: A.VL. Trieste, per un totale di nr. 16 Associazioni federate su 27 e di una presente per delega. Constatata la presenza del numero legale, si aprono i lavori del Consiglio Nazionale secondo l’ordine del giorno. Riguardo al primo punto dell’ O.d.G. , è chiamato per acclamazione dei presenti a presiedere la seduta il dott. Carlo Scotti assistito dal verbalizzante Roberto Tagliani. Riguardo al secondo punto dell’O.d.G. , don Aldo Benevelli ricorda gli amici ribelli caduti, in particolare Giulio Vescovi recentemente scomparso; ne traccia un profilo biografico e spirituale; per lui e per tutti gli amici “andati avanti” viene letta dal vicepresidente Speranza la Preghiera del ribelle di Teresio Olivelli. Riguardo al quinto punto dell’O.d.G., il Presidente completa l’illustrazione delle attività della Federazione, soffermandosi in particolare sull’attività dedicata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con la realizzazione delle medaglie ai partigiani vi- l’arruolamento ideologico. Invitare i giovani al Consiglio Federale è il primo passo: la FIVL deve sentire il bisogno di ascoltare le testimonianze dei giovani impegnati nel mondo resistenziale gravitante in seno alla Federazione, e riflettere sul loro ruolo nel futuro della FIVL e delle associazioni federate. Il neo-presidente provinciale dell’ALPI Parma chiede quali siano le modalità concrete con cui operare l’inserimento dei giovani qualora manchino, nei rispettivi statuti e regolamenti, gli strumenti normativi:il Consiglio, richiamata la propria deliberazione del 23 giugno 2010, che ha sancito le linee di indirizzo di accoglienza in seno alla Federazione dei “non partigiani combattenti”, ritiene che esse possano essere adottate, come fonte di modifica regolamentare, anche dalle Associazioni federate che lo desiderino; il riferimento a queste linee guida si configura, ove necessario, come un aggiornamento de facto degli statuti associativi, così come lo è stato per lo Statuto federale della FIVL , che permette a tutti gli effetti l’inserimento dei giovani nella vita della Federazione e delle sue aderenti, ferma restando l’autonomia di ogni singola componente federata. Scotti cede allora la parola ai giovani presenti, che portano la propria esperienza di vita associativa; dall’intervento di Pietro Ghetti (FF:VV: Brescia) emerge che il compito dei giovani non è quello di sostituirsi ai Resistenti, ma di portare avanti i valori da essi sostenuti e difesi nel 1943-45; non solo con uno spirito di “reducismo” ma tenendo vivo e vitale il messaggio rappresentato dai valori e dalla Costituzione. Anche Claudia Bergia dell’Ass, Partigiana “Ignazio Vian” di Cuneo porta la propria esperienza di segretaria della sezione RAGAZZI E NONNI SUI venti e all’incontro recentemente tenuto tra la Presidenza FIVL e le Associazioni del Triveneto; richiama tutte le Associazioni federate a comunicare con tempestività il calendario delle manifestazioni per la consegna delle medaglie. Tra i presenti, il delegato delle “Fiamme Verdi” di Brescia presenta brevemente il programma per l’iniziativa di consegna, programmata per il 2 luglio; il delegato dell’AVL Liguria segnala che l’iniziativa è in avanzata fase di programmazione; il delegato delle “Brigate del Popolo” di Senago comunica che terrà la manifestazione di consegna entro settembre 2011; il delegato dell’Ass. Naz. “Divisione Acqui” il 21 settembre, il delegato delle “Brigate Alfredo Di Dio” il 12 ottobre p.v.. Tutti i presenti concordano con il Presidente De Carli che le manifestazioni, ove possibile, siano programmate ad hoc e non sfruttando manifestazioni già programmate. Il Consiglio tutto concorda sulla necessità che tali manifestazioni siano della maggior solennità possibile, abbiano grande visibilità mediatica. LA “CHIAMATA” DEI GIOVANI A REALE PRESENZA DELLA FIVL Riguardo al sesto punto dell’Od.G. , il Presidente cede la parola a Tagliani, delegato dalla Giunta federale, insieme a Rossetti, a seguire l’argomento; egli presenta le ragioni della “chiamata” dei giovani a partecipare alla seduta del Consiglio, richiamando la volontà della FIVL di “aprire ai giovani” in maniera seria e istituzionale , evitando la politicizzazione o provinciale della Associazione federata , che a seguito di una variazione allo Statuto ha allargato ai “non resistenti” la partecipazione: sottolinea il clima positivo e collaborativo con cui si trova a collaborare insieme ai partigiani, e sollecita l’ingresso dei giovani nel mondo associativo resistenziale. Francesco Tessador (AVL Vicenza) punta l’attenzione su tre passaggi importanti in questa procedura di “inserimento” dei giovani: 1) formazione storica precisa dei soggetti coinvolti; 2) approfondimento di testimonianze concrete e scritte che segnalino la “chiave di volta” del mondo resistenziale, caratterizzata dalla “scelta” di coscienza fatta dai partigiani, che fu quella di stare “dalla parte giusta”, anche senza avere un’adeguata preparazione filosofica o politica, nel 1943-45; 3) promozione della conoscenza e della difesa della Costituzione, che è il luogo della declinazione e della traduzione concreta in forma di “regola” civile dei principi e dei valori della Resistenza. Scotti (RAF Voghera) ricorda l’esperienza fortemente partecipata dai giovani vogheresi del comitato “Per dignità, non per odio”, nato in opposizione alla targa di impronta neofascista affissa sulle mura del Castello Visconteo di Voghera con il tacito consenso dell’amministrazione comunale di centrodestra; da quell’esperienza di partecipazione democratica i giovani hanno riscoperto l’importanza di essere antifascisti per essere democratici. PARTIGIANI” Un eccezionale successo ha riscosso il programma 2011 “Il cammino sui sentieri della resistenza”. L’associazione Ignazio Vian di Cuneo ha raccolto nuove adesioni, la fortuna di una giornata di sole e un caloroso abbraccio fra i nonni partigiani e i giovani, nella camminata di Carnino del 25-26 giugno. Nella meravigliosa foto dell’infaticabile organizzatore Germano “Arrampicarsi in Valle Pesio”. DA OSIGLIA E ALLA Il dott Carlo Scotti con i membri della giunta apre e presiede i lavori del Consiglio Federale “SENTIERI Domenica 12 giugno a Osiglia, in Valle Bormida, per iniziativa della Federazione Italiana Volontari della Libertà-FIVL e d’intesa con l’Amministrazione comunale, è stata apposta sulla facciata dell’edificio allora sede del Comune una lapide indicativa del luogo dove, nel settembre 1944, venne avviata la costituzione della futura Divisione garibaldina “Gin Bevilacqua” e commemorativa del suo iniziatore Eugenio Cagnasso, Bill, comandante della V Brigata garibaldina “Baltera”, che aveva appunto sede in quell’edificio. Accanto alla lapide ne figurano altre tre, commemorative ciascuna del sacrificio di cittadini di Osiglia rispettivamente nel corso del Risorgimento e nella prima e nella seconda guerra mondiale. Alla cerimonia, preceduta dalla Santa Messa, officiata dal parroco don Teresio Oliveri, che ha poi benedetto la lapide, erano presenti il sindaco di Osiglia, Paola Scarzella, con l’intera giunta, il sindaco di Millesimo, Mauro Righello, il vice-Presidente nazionale della FIVL, Lelio Speranza, il figlio di “Bill”, Gianfranco Cagnasso, il presidente dell’Istituto per la Storia della Resistenza e Contemporanea-ISREC, di Savona, sen. Umberto Scardaoni, Arturo Actis, comandante partigiano nel Canavese, deportato in Germania, consigliere nazionale FIVL, folte rappresentanze dell’ANPI della Valbormida, della FIVL, della sezione di Osiglia dell’Associazione Nazionale Alpini, altri partigiani e loro familiari, numerosi cittadini. italiana. A Osiglia vi furono in quei giorni espressioni d’una embrionale amministrazione democratica. Poi, anche a seguito della rappresaglia tedesca del 28 agosto (con l’incendio di 17 case - 8 nel territorio del Comune di Osiglia e 9 in quello di Bormida l’uccisione di due contadini, la cattura di uomini come ostaggi, saccheggi di abitazioni) e dei pesanti rastrellamenti dell’11 e 29 novembre ’44 e dell’incursione di forze armate italo-tedesche avvenuta il 23 marzo 1945, Osiglia – ha ricordato Speranza – divenne una delle città martiri della Resistenza. In quelle prime esperienze di democrazia, libertà e giustizia, nei sacrifici dei partigiani e dei valligiani e nei valori alla base della loro lotta avrà le proprie radici, successivamente, la nostra Costituzione. Ma vi sono, invece, talvolta, dei proponenti di disvalori. Speranza ha citato, a tale riguardo, la recente proposta di legge alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati, avente come primo firmatario Gregorio Fontana, del Pdl, volta ad ottenere dallo Stato un riconoscimento delle associazioni dei combattenti della Repubblica di Salò pari a quello ottenuto dall’ANPI, dalla FIVL e dalle altre associazioni di ex-combattenti della Resistenza. “Pur nel rispetto dei morti, non si può mettere sullo stesso piano carnefici e vittime, combattenti morti per la libertà come il comandante Bill ed i persecutori delle popolazioni di questa valle. SPERANZA SOTTOLINEA IL PROFONDO LEGAME RESISTENZA E VALLIGIANI Introducendo l’incontro, Lelio Speranza, comandante partigiano degli “Autonomi”, presidente della FIVL ligure, cittadino onorario di Osiglia, dopo aver ringraziato le autorità e gli intervenuti, ha ricordato le ragioni dell’iniziativa, testimonianza anche del profondo legame tra la Resistenza e la gente della Valle, della quale, in particolare, erano nativi oltre il 20% degli appartenenti alla “Gin Bevilacqua”. Dal luglio al novembre del ’44, quando vi furono presenti, rispettivamente, il comando della XX Brigata Garibaldi e poi la V Brigata garibaldina “Baltera”, Osiglia ed il suo territorio furono sede d’una delle “Repubbliche partigiane” che caratterizzarono quell’anno la Resistenza GLI ERRORI DEL PASSATO MONITO A TRA - VALLE BORMIDA UNA LAPIDE AL COMANDANTE “BILL” DIVISIONE GARIBALDINA BEVILACQUA NON RIPETERE L’intento di onorare, ricordando il comandante Bill, anche i cittadini di Osiglia caduti in tutte le guerre, citati nelle lapidi apposte sulla facciata del vecchio Comune, e con loro tutti gli altri morti in battaglia e le popolazioni vittime della guerra, è stato ricordato dal sindaco Paola Scarzella. Il loro sacrificio vale, oggi come ieri, pure come monito a non ripetere gli errori del passato e come invito “a ritrovare il rispetto per il prossimo e la tolleranza per il diverso. A questi padri di famiglia che non hanno visto crescere i loro figli e che sono morti con il sogno di tornare in pace alle proprie case e di dare ai propri cari un domani migliore vada la nostra preghiera e la nostra eterna riconoscenza. L’attenzione e la considerazione per la Resistenza, per i suoi valori e protagonisti da parte della gente della Valle sono stati richiamati nel suo intervento dal sindaco di Millesimo e consigliere provinciale Mauro Righello. In particolare, egli ha ricordato il riconoscimento dato l’11 giugno a 73 partigiani, da parte dell’ANPI Valbormida, con una cerimonia a Cairo Montenotte. Rivolto poi a Gian Franco Cagnasso ha reso omaggio alla memoria di suo padre Bill “grande comandante e grande uomo per la sua scelta d’una Italia libera e unita”. Alfio Minetti, riprendendo innanzitutto l’invito al rispetto ed alla tolleranza, espresso durante la Messa da don Oliveri e echeggiato pure in altri interventi della mattinata, ha, a sua volta, portato il saluto della sezione ANPI “Florindo Mario Ferraro”, di Carcare, e dell’ANPI Valbormida, presente alla cerimonia con la sua coordinatrice Irma De Mattei. “L’ANPI, come la FIVL, difende due valori: la memoria e la Costituzione ed invita oggi tutti gli amministratori pubblici a condividere un simile impegno”. “Ad Osiglia va reso, innanzitutto, onore per la sua importanza nella Resistenza quale una delle sue “libere repubbliche”. Nell’intervento conclusivo della cerimonia il figlio del comandante “Bill” Gianfranco Cagnasso, rappresentante dell’Associazione delle famiglie dei Caduti, vice presidente dell’ISREC di Savona, dopo aver ringraziato quanti, in varia maniera, hanno reso omaggio nell’incontro alla memoria di suo padre, ha sottolineato i positivi effetti della Resistenza sul successivo assetto politico e territoriale del nostro Paese. “Grazie alla Resistenza abbiamo avuto 60 anni di pace”. Osiglia, per alcuni mesi “libera repubblica”, e la sua gente ebbero un ruolo in questa vicenda. “ ha concluso Cagnasso “la popolazione, accanto a Bill ed ai suoi uomini, si impegnò attivamente sia con la propria “Squadra di villaggio” che nelle strutture locali in quel primo embrione di partecipazione del popolo alla creazione e gestione d’una prima, propria espressione della democrazia in questa valle”. Federico Marzinot 7 DOCU M ENTAZIONE N1 SULLA BARBARIE SISTEMATICA, QUOTIDIANA NAZIFASCISTA DOVEROSA PREMESSA I° CAPITOLO: LA TORTURA VERONA ROMA COLONN. ALPINI GIOVANNI FINCATO MUORE SOTTO LE SEVIZIE UNA PAGINA DI VIA TASSO, LE PIÙ INAUDITE TORTURE Mutilato di guerra e medaglia d’oro, il col. Fincato fu seviziato fino all’agonia. Il colonnello Giovanni Fincato era assegnato al 167° Reggimento Alpini, in Provenza (Francia), ove lo trovò l’8 settembre 1943. Qui evitò la capitolazione di fronte alle pesanti intimidazioni tedesche, riportando la sua Unità, in completo assetto di guerra in Italia, ove si trovò privo di direttive e di ordini da parte dei superiori Comandi. Decise allora lo scioglimento dei suoi reparti, dando ai suoi Alpini Libertà di iniziativa. Lui stesso tornò a Verona. Respinse i pressanti inviti, anche personali, ad aderire alla RSI, non sottomettendosi ai vari bandi di richiamo in servizio. Aderì alla Resistenza “dando inizio ad un accurato e silenzioso lavoro volto ad organizzare le prime cellule clandestine del Veronese”. E’ da ricordare che, in quel periodo, Verona era sede di vari Ministeri, di Comandi repubblichini e germanici, ivi compreso quello della Gestapo per tutta l’Italia. E proprio a Verona si svolsero il famoso processo a Ciano ed agli altri membri del Gran Consiglio che votarono a favore dell’O.d.G. Grandi e il primo congresso del neonato Partito Fascista Repubblicano. Era quindi una città assolutamente chiusa, in stato d’assedio, nella quale gli arresti e le deportazioni erano costanti fisse che limitavano fortemente le possibilità organizzative della resistenza. Giovanni Fincato continuò la sua opera organizzativa, collaborò anche alla Missione militare Rye e – come documenta la motivazione della sua Medaglia d’Oro – fu “il comandante clandestino della Piazza di Verona”. Il 30 settembre 1944 Giovanni Fincato venne arrestato da alcune guardie dell’U.P.I (Ufficio politico Investigativo, una specie di Gestapo repubblichina) . Imprigionato nelle tristemente famose celle della ex stazione Carabinieri al teatro Romano, fu interrogato e sottoposto alle più atroci torture, ma nessuna parola, nessun nome uscì dalle sue labbra. Morì – sotto tortura – la sera del 6 ottobre 1944. I suoi aguzzini non vollero nemmeno rischiare che il suo corpo venisse ritrovato. Lo avvolsero in un telo e lo gettarono nell’Adige, dal ponte di Pescantina. Esso non venne mai ritrovato, il fiume divenne – e rimase – la sua tomba. Il 25 aprile 1951, nel corso di una solenne cerimonia svoltasi in Verona, nell’Arena, il Presidente del Consiglio, on Alcide De Gasperi, consegnò ai famigliari del col. Giovanni Fincato la Medaglia d’Oro al Valor Militare “ alla memoria”, con le seguente motivazione: “prode ufficiale già tre volte decorato della Medaglia d’Argento al Valor Militare, durante l’occupazione tedesca organizzò tra i primi la Resistenza armata nella zona di Verona. Affrontando per sé e per i famigliari gravi privazioni e seri pericoli animò la lotta con la fede e con l’esempio. Comandante clandestino della Piazza di Verona, dopo un anno di indefessa e coraggiosa attività, cadde nelle mani del nemico nelle vicinanze di Verona. Ripetutamente interrogato e barbaramente seviziato mantenne contegno fiero ed esemplare , nulla rivelando sino a che il 6 ottobre 1944, dopo sedici ore di torture stoicamente affrontate, il suo cuore cessò di battere. Il suo corpo gettato nell’Adige non venne più ritrovato ma il suo spirito continuò a levarsi, animatore della lotta per la Patria e la Libertà. Zona di Verona, Settembre 1943 – Ottobre 1944”. NUOVA OFFESA FASCISTA AL PAESE Soldi ai Repubblichini di Salò Indegna proposta presentata da un deputato berlusconiano. Documento sul Disegno di Legge Fontana sul finanziamento statale ai reduci della Repubblica Sociale Italiana. La proposta di legge avente per titolo Disposizioni concernenti le associazioni di interesse delle Forze armate , presentata dal deputato Gregorio Fontana (PDL), concernente i riconoscimento e d i finanziamento delle associazioni ex combattentistiche, che – se approvata nel testo presentato in commissione – permetterebbe anche ai reduci ed ai nostalgici della Repubblica di Salò di ricevere contributi statali, dando loro un riconoscimento di legittimità, offende e indigna il mondo partigiano, e con esso l’Italia intera. Essa colpisce prima di tutto la memoria di quelle donne e di quegli uomini che morirono per liberare l’Italia non soltanto dalla dittatura fascista, ma anche dal patto scellerato che Mussolini ed i suoi sodali sottoscrissero dopo l’8 settembre 1943, giurando fedeltà a Hitler, alla Germania nazista ed al suo disegno razzista, violento, oppressivo e antidemocratico. Un patto che portò i nazifascismi a torturare, seviziare, assassinare, compiere stragi e rappresaglie contro gli italiani, colpevoli soltanto di voler recuperare dignità e libertà, a lungo oppresse dal ventennale regime mussoliniano e dalla disastrosa tragedia della guerra fascista. Di fronte a tutto questo, noi diciamo “basta”. Basta con i tentativi di manipolare il passato, basta con i maldestri giochetti per riaffermare un’inesistente dignità del fascismo. Basta con i revisionismi di comodo. Tutto questo insulta i Caduti per la Libertà, offende i partigiani e le associazioni che li rappresentano, ma soprattutto umilia le istituzioni democratiche, create e regolate dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Per questo la Federazione Italiana Volontari della Libertà si batterà con ogni mezzo, dentro e fuori le istituzioni, per impedire che questo ennesimo attentato alla Storia ed alla Verità possa trovare sostenitori dentro il Parlamento, istituito come organismo democratico e antifascista dalla Costituzione, e annuncia ogni iniziativa utile di protesta contro ogni disegno che metta in discussione le ragioni più intime e più vere del nostro impianto attuale democratico e antifascista. ALLE ASSOCIAZIONI DEI MILITARI DEL FASCISMO. Brigate nere, Littorio dell’ U.P.I. (Ufficio Politico Investigativo) di Pavolini, Battaglioni S. Marco del Principe Borghese, Reparti Monterosa, Bersaglieri, ecc. del Maresc. Graziani. Lo Stato (cioè noi cittadini) dovrebbe dare contributi di Legge!!! Perdonare è giusto ma fare una legge per finanziare i boia e i carnefici con i quattrini sarebbe VER-GO-GNA NAZIONALE! PER I CONTRIBUTI AL GIORNALE SUGGERIAMO L’USO DEL C.C.P. N° 12220273 VI RINGRAZIAMO PER LA VITA ED IL SUCCESSO DI “LIBERTÀ DAL POPOLO!” 8 Uno dei luoghi più tragici della Resistenza romana è stato Forte Bravetta. Qui, nei mesi dell’occupazione nazista, sono stati fucilati 77 combattenti per la Libertà, di ogni estrazione sociale , di diverse ideologie, dopo processi più o meno sommari, al di fuori di ogni parvenza di legalità. Vengono ricordati in questa cella, dove alcuni di loro sono stati rinchiusi e hanno sofferto le più inumane torture. Il segno di questo calvario è sintetizzato nella gigantografia che rappresenta il luogo preciso dove avvenivano le esecuzioni e che copre quasi tutta la finestra murata dalle SS. Poiché la mediatica nazionale e periferica sovente ospita le notizie di “nuovi arrivi” di neo-fascismo o, peggio, di menzogna storica e rivendicazioni scandalose a favore delle bande “repubblichine”, ripresentiamo ai nostri lettori un campionario di documentazioni sui metodi sistematici che gli sciagurati governi e forze armate dell’ideologia nazifascista utilizzavano ogni giorno nei confronti dei partigiani catturati, dei feriti, dei sottoposti ad interrogatori, dei condannati a morte… E’ noto che tali barbari ed inumani metodi erano frutto di una diabolica scuola educativa creata da Hi- tler e da Heinrich Himmler che cambiava giovani o uomini comuni in carnefici e belve.Vedi il documentato e approfondito studio del Prof. Christopher R. Browning redatto dopo lunga e paziente ricerca storico-scientifica sulle deposizioni di 210 uomini (su 500) appartenenti a reparti dei massacri. La pagina raccoglie testimonianze su fatti e persone dove i violatori dei trattati internazionali sono militari italiani formati un po’ più rapidamente dai nazisti all’uso quotidiano sistematico di violenza, tortura psichica e fisica, crudeltà raffinate su uomini e donne delle Resistenza italiana. VICENZA VILMA MARCHI (NADIA) IL MIO DIARIO DELL’ORRORE Cella di segregazione del terzo piano del carcere di via Tasso. Graffito del Gen. Simone Simoni; subì per 63 giorni selvagge percosse ed efferate torture. Sul muro, protetta da una lastra di cristallo, la firma del partigiano comunista Pietro Benedetti, commissario della I zona politica di Roma, arrestato per detenzione di armi e fucilato il 29 aprile 1944 da un plotone della P.A.I. . Aveva scritto ai figli pochi giorni prima: “Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il Mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli”. Vicino a questa firma le fotografie e le motivazioni delle medaglie d’oro al valore di cui furono insigniti il sergente Ettore Arena e lo studente Giorgio Labò. Il primo fu fucilato il 2 febbraio 1944 e non volle essere bendato, mantenendo una eccezionale serenità e il secondo, artificiere dei G.A.P. , il 7 marzo , dopo essere stato orribilmente torturato in questo carcere, dove fu rinchiuso nella cella nr. 31 al V Piano . Accanto alla fotografia di Giorgio Labò quella del ventisettenne prof. Gianfranco Mattei, docente di chimica analitica qualitativa al Politecnico di Milano , appartenente anche lui ai G.A.P. e suo stretto collaboratore nella costruzione di ordigni esplosivi. Arrestato e sottoposto a drammatiche torture, ebbe la forza, dopo due giorni di detenzione , di uccidersi impiccandosi nella sua cella, in questo stesso carcere. Sulla parte opposta all’ingresso le fotografie delle medaglie d’oro prof.Mariano Buratti, Ezio Malatesta, don Giuseppe Morosini, carabiniere Fortunato Cacciamo e capitano d’artiglieria Fabrizio Vassalli. Mariano Buratti di formazione liberale allievo di Guido De Ruggiero, docente di filosofia e storia nel liceo di Viterbo, organizzò la prima banda armata sui monti Cimini. Catturato il 12 dicembre dalle SS. E portato nel carcere di Via Tasso, fu torturato e si addossò tutte le responsabilità degli atti di guerra compiuti dalla sua banda. Fu fucilato il 31 gennaio 1944 insieme ad altri 9 patrioti. Il cappellano don Antonio Surano, che lo assistette negli ultimi istanti, racconta che animò con parole e con l’esempio i compagni di sventura e che fu il primo dei condannati a lanciare il grido di “viva l’Italia” che poi fu ripetuto da tutti. Don Giuseppe Morosini, meravigliosa figura di sacerdote e di patriota, fu fucilato il 3 aprile 1944. In una vetrina sono conservate le parole e la musica di una Ninna-Nanna da Lui composta quando si trovava nel braccio tedesco di Regina Coeli, per il suo giovane compagno di prigionia Epimenio Liberi, che attendeva con ansia la nascita di un figlio. Su di uno di questi fogli questo martire scrisse, prima di essere ucciso alle Fosse Ardeatine, una lettera alla moglie, da cui traspare tutta la grande serenità dal suo animo e la profonda riconoscenza per l’aiuto spirituale che gli aveva saputo infondere durante la reclusione don Morosini. Il carabiniere Fortunato Cacciamo, della banda del generale Filippo Caruso, fu arrestato a Roma in piazza Bologna il 7 aprile 1944. Dopo essere stato 37 giorni nel carcere di Via Tasso e dopo le più inaudite torture, fu trasferito a Regina Coeli e di qui portato il l3 giugno, quando già i tedeschi erano in fuga e la V Armata alleata in vista di Roma, a Forte Bravetta dove fu fucilato con altri 5 martiri. IL GUERRIERO GIUSTO E L’ANIMA BELLA L’identità femminile nella Resistenza Vicentina (1943 – ‘ 45) Sonia Residori Diario partigiano di Wilma Marchi (Nadia) arrestata 29.12.1944 5 gennaio 1945. Questa mattina tre repubblichini ci vengono a prendere per accompagnarci alla Br. Nera ad un nuovo interrogatorio. Partiamo tra i militari armati e siamo condotte nello stesso stanzone ove abbiamo atteso la sera del 30 dicembre. Nel pomeriggio arrivano Tommasi e Cavilla. La prima che fanno chiamare naturalmente sono io. Entro nell’ufficio o meglio nella stanza di tortura e Cavilla mi fa sedere davanti al suo tavolo e incomincia :”Nadia sei decisa a parlare o vuoi provare questo?”. “Volete proprio che inventi delle storie? Vi ho già detto che ribelli non ne conosco. Quante volte ve lo dovrò ripetere?”. Un tenente della G.N.R. presente all’interrogatorio mi prende per il collo e mi stringe fino a togliermi il respiro. Cavilla con un sorriso ironico dice “ Non così, le si danno dove si vedono, sembra sempre ne abbia prese poche con il metodo che adopero io!”.Entra il brigatista Novella che fatta una sfuriata si rivolge al Cavilla dicendo: “Vedrai che non riuscirai a farla parlare questa; si comporta come sì é comportata la prima volta a Vicenza; ha sempre negato e negherà ancora.” Cavilla ordina: “prendetela in due, portatela in cella, questo è il bastone, andate a cercarne un altro e dategliene fino a che sarete stanchi. Mi prendono così i due peggiori aguzzini: Loro Severio e Visonà Giovanni che mi conducono in una stanzetta in soffitta. Fattami entrare chiudono internamente la porta a chiave. Lora dice: “Parli o ti uccidiamo a bastonate” . “Fate come credete, di tutto ciò che volete sapere non ne so niente!”. A questa risposta i due carnefici incominciarono a bastonare. Io per difendermi corro da una parte all’altra dello stambugio, perciò i due sgherri vedono alcuna delle loro bastonate andare a vuoto, mi afferrano., il Lora la mano destra, il Visonà la sinistra; mi gettano a terra mi legano le mani sopra la test, con un vecchio straccio trovato lì nella cella mi tappano la bocca. Non ancora contenti dopo avermi immobilizzata in questo modo mi tirano le sottane sopra la testa; finito questo lavoro si mettono uno a destra e l’altro a sinistra in modo da dare le bastonate ben forti senza pericolo d’intrecciare i bastoni. Il dolore ed il terrore si sono impadroniti di me; incomincio a non capire più niente, non so nemmeno dire. “Uccidetemi ma non in questo modo” perché dalla bocca non può uscire che un mugolio. I carnefici non si spaventano però e continuano la loro opera come se stessero battendo un materasso. Ormai sono indurita dal freddo e dalle bastonate, quelle che continuano a darmi non le sento più. Il dolore è giunto al massimo, le ultime parole che sento sono: “Dai che finge!”, accompagnate da potenti schiaffi sul viso. Poi più niente. Quando riprendo i sensi m’accorgo di avere un’ausiliaria vicino. M’accorgo pure della posizione in cui mi trovo: con il corpo messo ad arco, la testa tocca terra da una parte ed i piedi dall’altra, sotto la schiena un grosso rotolo che mi tiene sollevata. SIAMO ANCORA COSTRETTI A RINVIARE ARTICOLI E COLLABORAZIONI DI EX PARTIGIANI E DI AMICI, A CAUSA DELLO SPAZIO LIMITATO. CI SCUSIAMO, VI OSPITEREMO NEL PROSSIMO NUMERO. Questa sarebbe stata forse l’ultima opera buona che hanno fatto quegli assassini prima di andarsene. Ora sento acutissimi dolori in tutte le parti del corpo, incomincio a tremare dal freddo da un grosso foro nel muro vedo la pioggia che cade. “Che cosa mi hanno fatto?” chiedo all’ausiliaria. L’ausiliaria mi prende per le braccia e mi fa così sedere sopra il grosso rotolo avvolto dal sacco. Passandomi una mano sul viso m’accorgo d’essere bagnata. “Ora che hai ripreso i sensi, fai la brava e racconta tutto a me” dice l’ausiliaria “M’hanno fatto tanto male, perché non mi uccidono invece di farmi tanto soffrire?” . “Su…!Perché vuoi morire? Sei così giovane! Dimmi piuttosto. Dimmi tutto, non sai che io sono la sorella di Armando?”. “Non conosco nessun Armando”. “Ma si lo conosci! E’ staffetta del comando dei partigiani!”. “Non chiedetemi più niente signorina, non riuscirei a rispondere alle vostre domande. Ho troppo male!”. Così l’ingannatrice che aveva approfittato di questi momenti in cui ho ripreso i sensi per indurmi a parlare mi sostiene e mi aiuta a scendere le scale assicurandomi che il giorno seguente sarebbe venuta in cella lei stessa per medicare le mie ferite; mi esorta nel contempo a pensare per poi riferire a lei ogni particolare a mia conoscenza assicurandomi che qualora io avessi parlato indosserei la sua stessa divisa e andrei con lei al Quartiere Generale ove potrei avere tutta la protezione possibile oltre ad un ottimo stipendio. La Cavion Teresa però prima di accompagnarmi dalle mie compagne mi fa entrare nell’ufficio di Tommasi ove sono nuovamente minacciata ed insultata, poi mi accompagna dalle mie compagne. Appena queste mi vedono arrivare mi coprono di premure e si mettono a piangere nel vedere in quali condizioni sono ridotta. “Quante te ne hanno fatte quei delinquenti?” . Ora le lacrime mi scendono lungo le gote, non son più capace di parlare, ho appena la forza di dire: “Ricordatevi: Morire ma non tradire!”. Quanto i brigatisti vengono a prenderci per portarci in cella le compagne mi sostengono durante il tragitto. IL TUO GIORNALE LIBERTÀ DAL POPOLO VUOLE CRESCERE NELLA SUA IMMAGINE E NELLE PAGINE. SERVITI DEL BOLLETTINO POSTALE ALLEGATO. MANDA IL TUO CONTRIBUTO! GRAZIE!