Sintesi riabilitativa
essenziale, attiva,
per la colonna vertebrale
GIOVANNI BERSI
Sintesi riabilitativa
essenziale, attiva,
per la colonna vertebrale
Dal testo in tre volumi
“La vera prevenzione del mal di schiena”
L.Editrice
In copertina: Dimitri Gilinskij (1927), Sotto il vecchio melo. San Pietroburgo, Museo Statale Russo.
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PREFAZIONE
L’obbiettivo di questo opuscolo è facilitare l’apprendimento dei tre automatismi, essenziali per l’effettiva prevenzione del dolore vertebrale
di natura meccanico-aspecifica.
Si tratta delle Schede 1, 2, 3, che hanno il seguente scopo: 1) Apprendimento dell’impiego dei muscoli stabilizzatori profondi dei quali si
perde il controllo in maniera inconsapevole. 2) Ricerca, utilizzo costante,
difesa della posizione neutra della colonna lombare. 3) Recupero di un
compenso biomeccanico/posturale essenziale per la colonna vertebrale
umana, ma che il mondo occidentale ha abbandonato: l’accosciamento.
Sono inclusi anche alcuni esercizi che riguardano la muscolatura intermedia e globale.
Con la dizione “dolore di natura meccanica aspecifica” si intende
il disturbo vertebrale più comune: dall’episodio doloroso ricorrente all’insufficienza lombare, all’ernia discale, alla progressione della stenosi del
canale, alla spondilolistesi degenerativa.
Per approfondimento di carattere biomeccanico e eziopatogenetico nei
riguardi della patologia vertebrale e della riabilitazione attiva, in particolare per accedere ad un numero più ampio di esercizi, si consiglia la lettura del testo in tre volumi dal titolo
La vera prevenzione del mal di schiena
Il ruolo attivo del paziente
e
il superamento del paradosso del XX e XXI secolo
Nota: Le figure da 1 a 78 sono nel vol. 1
“
“
“ 79 a 109 sono nel vol. 2
“
“
“ 110 a 181 sono nel vol. 3
5
SCHEDA 1
Apprendimento e acquisizione degli automatismi
necessari per il controllo attivo e costante sui
MUSCOLI STABILIZZATORI PROFONDI
ASPETTI ANATOMO-FUNZIONALI
In base a quanto esposto nei cap. 1, 2, 3, 4, un obbiettivo fondamentale
e preliminare ad ogni altro ulteriore programma riabilitativo è l’acquisizione della capacità di reclutare i due muscoli chiave nei riguardi della
stabilità lombare e pelvica: il muscolo trasverso dell’addome, la
parte profonda del muscolo multifido lombare. Questi due muscoli
rappresentano gli stabilizzatori profondi, ma per entrare preventivamente o tempestivamente ed efficacemente in gioco c’è bisogno del ruolo
del pavimento pelvico e del diaframma.
Sia sperimentalmente che clinicamente è stato dimostrato che la contrazione del trasverso dell’addome è accompagnata dalla contrazione
spontanea della parte profonda del muscolo multifido lombare.
Questo fenomeno si verifica anche in senso inverso: una normale contrazione del multifido lombare è accompagnata da una spontanea contrazione del trasverso dell’addome.
Più recentemente è stata dimostrata la correlazione tra l’attivazione
del pavimento pelvico (contrazione degli sfinteri) e l’attivazione del
muscolo trasverso dell’addome e della parte profonda del muscolo
multifido lombare.
Questa attivazione si compie in maniera ottimale solo se il diaframma compie il suo normale movimento respiratorio (figg. n.
81; 82; 83; 84; 85; 86; 87; 88).
Si è detto a più riprese dell’esistenza di una funzione complessa, sinergica, interdipendente di un quartetto formato dal DIAFRAMMA, PAVIMENTO PELVICO, TRASVERSO DELL’ADDOME, MULTIFIDO LOMBARE
(PARTE PROFONDA/SEGMENTARIA). È il quartetto degli stabilizzatori
profondi, i cui componenti formano il cilindro muscolare.
6
Cilindro muscolare
in condizioni di riposo.
Pavimento pelvico (muscolo bulbocavernoso)
81 a
Cilindro muscolare attivato: la
contrazione del muscolo bulbocavernoso, se avviene con una
respirazione regolare innesca la
contrazione del muscolo trasverso dell’addome e del multifido (quest’ultimo non disegnato).
Pavimento pelvico (muscolo bulbocavernoso)
81 b
Il recupero di un vero controllo su di loro e la creazione di un sostanziale
automatismo nel loro intervento funzionale rappresentano la vera strada
per dare stabilità non solo ai vari segmenti lombari, ma anche alle
sacro-iliache. A queste ultime è garantita l’efficienza e la stabilità del
loro ruolo di raccordo tra colonna vertebrale, bacino, arti inferiori, attraverso la fascia toraco-lombare. Quest’ultima, per essere idonea al suo
ruolo di trasmissione delle forze, è assolutamente dipendente dalla funzione del muscolo trasverso dell’addome e del multifido.
Questa è dunque la proposta più rilevante che si possa e che si debba
fare nei riguardi della prevenzione primaria del dolore vertebrale, pel7
Pavimento pelvico maschile: rimossa la parte anteriore dell’addome e il contenuto viscerale, si può
apprezzare il pavimento pelvico e il diaframma.
82
vico, ma anche nei riguardi della prevenzione secondaria, quando
sono in atto già manifestazioni patologiche strettamente legate all’instabilità segmentaria: dall’ernia discale alla stenosi del canale, alla insufficienza vertebrale.
Con la dizione insufficienza vertebrale si intende far riferimento a
quella condizione clinica frequentemmente riscontrabile nell’attività quo8
83
Pavimento pelvico femminile.
tidiana di chi si occupa di patologia vertebrale, caratterizzata da difficoltà
a mantenere l’assetto verticale, nella quale, l’indagine RM, accanto all’esistenza di manifestazioni patologiche degenerative di uno o più segmenti lombari, evidenzia l’involuzione adiposa del multifido lombare e in
alcuni casi di tutta la loggia muscolare paravertebrale (figg. n. 47 a, b,
c; vol. 1). Questi sono aspetti patologici che riguardano un’alta percen9
84
Autopalpazione nel triangolo compreso tra SIAS (Spina
Iliaca Anteriore Superiore), ombelico, sinfisi pubica.
In questa sede si può percepire meglio la contrazione
del muscolo trasverso dell’addome, specie quando si è
imparato a inibire l’azione dell’obliquo esterno e obliquo
interno (vedi parte prima del volume 3).
Il riabilitatore ha le dita indice e medio di entrambe le
mani poste simmetricamente ai lati dei processi spinosi.
verifica così la risposta del muscolo multifido quando il
paziente la induce mediante la contrazione del muscolo
sfintere vescicale e un respiro diaframmatico regolare.
85
10
tuale della popolazione.
Il messaggio essenziale di questa scheda 1 è la funzione del “cilindro muscolare” nei riguardi della stabilità segmentaria lombare, ma
anche del complesso dorso-lombo-pelvico.
In pratica, la sequenza è la seguente:
Si contrae il pavimento pelvico, concentrando l’attenzione e il comando
sullo SFINTERE VESCICALE, mentre il DIAFRAMMA compie i suoi regolari
movimenti respiratori; questa funzione combinata del fondo e del coperchio del cilindro induce la contrazione spontanea del TRASVERSO DELL’ADDOME e della parte profonda (segmentaria) del MULTIFIDO
LOMBARE (figg. n. 81 a, b; 82; 83; 94 b).
Nella fase di apprendimento, è bene che si dedichi la propria attenzione, per un giorno o due, alla contrazione del pavimento pelvico cioè
degli sfinteri, in modo da sviluppare al massimo la sensibilità propriocettiva di queste strutture muscolari: sfintere vescicale e anale per l’uomo;
sfintere vescicale, vaginale e anale per la donna (figg. n. 87 a, b, c, d;
88 a, b, c, d, e).
Il giorno successivo, l’attenzione dovrà essere concentrata sullo sfintere vescicale; per la donna è molto utile concentrare l’attenzione su
vescica e vagina, contraendo il muscolo bulbo-cavernoso, che avvolge
il canale vaginale e l’uretra; per entrambi i sessi cercare di non coinvolgere lo sfintere anale e rettale.
Questa selezione ha una sua rilevanza poiché consentirà più facilmente il richiamo del trasverso dell’addome, escludendo i glutei. Saranno
di aiuto, con ruolo di feed-back, le immagini anatomiche del pavimento
pelvico femminile e maschile.
La progressione nell’apprendimento può essere un po’ più impegnativa
quando ci si deve concentrare nella induzione e percezione della contrazione selettiva del muscolo trasverso dell’addome, escludendo l’intervento dell’obliquo esterno e dell’obliquo interno. All’inizio, quasi sempre,
questi ultimi due sono assai più pronti a contrarsi; in effetti bisogna tener
conto che la funzione del trasverso dell’addome è diversa: non c’è una
attività fasica, ma tonica, continua, modulata e variabile a seconda delle
condizioni meccaniche che lo coinvolgono e della capacità di neuroregolazione del soggetto. Quest’ultima, pur dipendendo dal SNC, non è del
11
Diaframma.
86
Superficie
perineale maschile.
87 a
12
87 c
Muscoli del pavimento pelvico maschile: da notare la collocazione dei muscoli bulbocavernoso e ischiaticocavernoso.
tutto volontaria e nel corso della vita si riduce sempre più questo tipo di
controllo, specie nella donna che ha partorito, ma anche in tutti quei casi
di patologia dei segmenti lombari di tipo degenerativo, nei quali si realizza una inibizione riflessa sulla parte profonda del multifido lombare; sappiamo che tale inibizione funzionale coinvolge anche al
muscolo trasverso dell’addome.
A questo proposito si invita a rileggere il cap. 4, ove c’è una descrizione
del “CILINDRO MUSCOLARE” e della “CORE STABILITY”; il cap. 5 è
dedicato ai singoli protagonisti del “CILINDRO MUSCOLARE”, il quartetto
formato dai muscoli stabilizzatori profondi (pavimento pelvico, diaframma, trasverso dell’addome, multifido lombare) (fig. n. 94 a, b).
La prima difficoltà è quindi quella di armonizzare la contrazione dello sfintere vescicale con una respirazione regolare. Dopo questa acquisizione,
sarà più facile perfezionare il richiamo selettivo del muscolo trasverso dell’addome.
Bisogna ricordare che il quarto componente del “cilindro muscolare”
è il muscolo multifido lombare e che la contrazione di quest’ultimo è solidale e contemporanea a quella del trasverso dell’addome.
13
Superficie
perineale
femminile.
88 a
Visione del pavimento
pelvico e degli organi
sovrastanti in un taglio sagittale.
88 b
14
Muscoli del pavimento pelvico femminile: notare la sede del muscolo bulbocavernoso
e ischicavernoso. Il bulbocavernoso avvolge vagina e uretra.
88 c
ESERCIZIO PRATICO
Attivazione del quartetto che costituisce il “cilindro muscolare”:
pavimento pelvico, diaframma, muscolo trasverso dell’addome,
muscolo multifido lombare (figg. n. 81 a, b; 82; 83).
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è supino, con anche e ginocchia flesse, piedi appoggiati
a terra.
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO:
Assicurarsi che il respiro sia regolare e si mantenga tale.
Per 30 secondi contrarre lo sfintere vescicale (muscolo bulbo-cavernoso e ischio-cavernoso), come se si dovesse bloccare il flusso
urinario già iniziato.
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Alcune note per facilitare l’acquisizione della contrazione del pavimento
pelvico, cercando progressivamente di ottenere un comando selettivo
sullo sfintere vescicale esterno:
• Nel paziente di sesso maschile può essere di aiuto per arrivare ad
una contrazione più efficace possibile, utilizzare un feedback visivo
positivo che è l’osservazione dell’immagine anatomica del pavimento pelvico (fig. n. 87 a, b, c, d): la contrazione dei due muscoli che governano l’uretra, ma anche il movimento del pene,
l’ischio-cavernoso e il bulbo-cavernoso.
• Nella donna la contrazione del muscolo ischio-cavernoso (figg.
n. 88 a, b, c, d, e) è meno percepita rispetto al bulbo-cavernoso,
mentre nel maschio entrambi sono più facilmente comandati volontariamente.
• A proposito di questi due muscoli, ischiocavernoso e bulbocavernoso, credo sia importante precisare le differenze anatomofunzionali tra i due sessi, che impongono differenti comportamenti
nella strategia pratica, utile per innescare la loro contrazione e conseguentemente il richiamo/contrazione dei due muscoli stabilizzatori profondi (muscolo trasverso dell’addome e muscolo
multifido lombare).
Muscolo ischio-cavernoso: è un muscolo pari, si presenta in maniera simile nei due sessi, tuttavia in quello maschile è più sviluppato che in quello femminile.
Muscolo bulbo-cavernoso: è un muscolo impari; si presenta di aspetto, forma e funzione, completamente diversi, a seconda del sesso.
• Nell’uomo (figg. n. 87 b, c), il bulbocavernoso ricopre sotto forma
di una lamina muscolare impari e allungata (con un rafe mediano) la
superficie perineale del bulbus penis, per poi dividersi anteriormente
in due linguette sottili divergenti. Contraendosi esso determina la
compressione dell’uretra (detrusor urinae ed ejaculator seminis).
Nella femmina invece il muscolo bulbo-cavernoso è assai più interessante e utile per la finalità che stiamo trattando (reclutamento dei
due stabilizzatori profondi). Abbraccia con fibre arcuate l‘apertura vaginale, assumendo l’assetto di uno sfintere vero e proprio. Le sue fibre si estendono anche ad avvolgere l’uretra.
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Nella fase di apprendimento Sapsford consiglia di differenziare il comportamento maschile da quello femminile:
- per la femmina vale il criteriuo di contrarre lo sfintere vescicale come
per trattenere la pipi, ma in assenza di stimolo minzionale.
- per il maschio Sapsford consiglia di contrarre in maniera selettiva
i muscoli ischiocavernoso e bulbocavernoso immaginando di “tirare
su” il pene.
• Nella donna (figg. n. 88 b, c, d) l’attenzione deve dunque essere
concentrata sulla contrazione dello sfintere uretrale esterno, cioè
sui due muscoli ischiocavernoso e bulbocavernoso. Il primo dalla
spina ischiatica va sul clitoride; come per il pene, la donna deve
percepire una certa trazione verso l’alto a livello del clitoride. Tuttavia questo riferimento può essere di scarso aiuto perché la percezione di tensione sul clitoride può essere quasi nulla. Un
riferimento più importante per la donna può darlo il muscolo bulbocavernoso, che va considerato più significativo e efficace per le
caratteristiche anatomo-funzionali che sono state appena descritte.
In effetti, il bulbocavernoso sta intorno al canale vaginale e all’uretra, ed è assai più efficace rispetto al muscolo ischio-cavernoso, ai fini del richiamo del muscolo trasverso dell’addome.
In sostanza, bisogna gradualmente perfezionare una combinazione funzionale particolarissima e preziosissima tra il pavimento pelvico e diaframma, creando un vero automatismo da inserire nella vita quotidiana.
Dopo il periodo di 30 secondi si rilascia lo sfintere vescicale, il muscolo
bulbocavernoso e ischiocavernoso.
Dopo una pausa di qualche secondo, si ripete la contrazione per periodi
progressivamente più lunghi.
Questo esercizio proseguirà nel corso della giornata in posizione eretta e seduta.
All’inizio è molto importante concentrarsi sul fatto che non deve esserci interferenza nei riguardi della funzione respiratoria, poiché, in
caso contrario, non avremmo il reclutamento del muscolo trasverso
dell’addome e del multifido lombare.
Il respiro deve avere la frequenza e la profondità adeguate alla fun-
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zione che si sta svolgendo.
Non deve esserci alcun intervento della muscolatura intermedia (obliquo esterno e interno, retti dell’addome, grande gluteo, grande dorsale)
e tanto meno della muscolatura globale. Questa esclusione consentirà
l’espletamento di qualsiasi altra funzione della vita quotidiana: dalla marcia alla guida dell’automobile, ai lavori più o meno complessi con gli arti
superiori, in posizione seduta o eretta. Per arrivare a questa fase ovviamente sarà necessario un periodo più o meno lungo di esercizio con adeguata concentrazione.
Non si deve dimenticare che il motivo per cui si deve acquisire la capacità di avere una costante presenza del muscolo trasverso dell’addome
e del m. multifido lombare è il ripristino di una stabilità dei segmenti
lombari, ma anche del sistema lombo-pelvico.
Si tratta comunque di recuperare e riappropriarci di un meccanismo
stabilizzatore, che la natura ci ha dato, ma che, per vari motivi, perdiamo
nel corso della vita.
SCHEDA 2
Retro/Antiversione del bacino in automatismo
Durante la giornata, in stazione eretta, seduta, nel corso dell’attività lavorativa
LA RICERCA DELLA POSIZIONE NEUTRA
Aspetti anatomo-funzionali
Quando si mantiene la stazione eretta in maniera protratta, senza un effettivo controllo posturale attivo e bilanciamento tra gruppi muscolari con
ruolo opposto (figg. n. 92; 93 a; 94 a, b; 95 a, b), nella maggioranza
dei casi il bacino tende ad andare in antiversione e la colonna lombare in
iperlordosi: questa è una condizione di instabilità e di anomala distribuzione dei carichi a livello segmentario; sovraccarico delle articolazioni
inter-apofisarie (vedi capitolo 2, vol. 1); incremento della forza di taglio
anteriore e spinta in anterolistesi di una vertebra rispetto all’altra, so18
92
prattutto nel tratto lombare inferiore. Vleeming affferma che quando il
bacino è in antiversione aumenta la “form closure” cioè il meccanismo
del “self locking”; questo è vero, ma va anche precisato che l’antiversione non provocata attivamente dalla contrazione dei muscoli erettori
spinali rappresenta una riduzione anche della partecipazione dei muscoli
addominali e quindi implica una significativa detensione del foglietto posteriore e medio della fascia toraco-lombare, creando così una perdita di
stabilità segmentaria e del sistema lombo-pelvico.
Quando si mantiene la posizione seduta protratta, se non c’è un efficace
e bilanciato controllo dei quattro gruppi muscolari, con ruolo dei primi
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due antagonista rispetto agli altri due, il bacino tende a porsi in retroversione e la colonna lombare subisce una delordosizzazione. Ne derivano due aspetti sfavorevoli sotto il profilo biomeccanico: 1)
Sovraccarico dei dischi intersomatici; 2) Instabilità segmentaria
e delle sacro-iliache provocata dal venir meno del ruolo della muscolatura intermedia e dei muscoli stabilizzatori profondi.
CONTROLLO POSTURALE ATTIVO RICORRENTE, SIA IN ASSETTO
VERTICALE CHE SEDUTO: RICERCA POSIZIONE NEUTRA
I vizi posturali sul piano sagittale quando non sono più governati attivamente creano inadeguatezza più o meno marcata all’assetto verticale
protratto, e all’attività in genere. Ciò è dovuto al fatto che, quando viene
meno la lordosi fisiologica perdono efficienza quei meccanismi compensatori che consentono alla colonna vertebrale di espletare la sua funzione, nonostante non sia favorevole il principio fisico che la regola:
principio della leva di primo genere svantaggiosa (vedi capitolo
1, vol. 1: figg. n. 1; 2 a, b, c; 3 a, b, c, d; capitolo 2, vol. 1: fig. n.
5 a, b, c). (figg. n. 101 a, b).
Iperlordosi lombare:
a) A livello segmentario l’instabilità deriva dalla perdita di tensione a carico dei legamenti longitudinali lunghi (sovraspinoso, legamento longitudinale posteriore, legamento longitudinale anteriore), e corti
(interspinoso); va aggiunta la perdita della giusta tensione anche del foglietto posteriore e medio della fascia toraco-lombare (figg. n. 9; 10;
11 a, b, c; 12; 13; 14 a, b; 15 a, b, c; 22 a, b, c, d; 26 a, b; vol. 1).
b) A livello delle sacro-iliache l’instabilità deriva ugualmente dalla perdita
dell’effetto stabilizzatore dei sistemi legamentosi troppo allentati; a questo sistema bisogna aggiungere l’inefficienza del foglietto posteriore e
medio della fascia toraco-lombare.
Ipolordosi o assenza della lordosi lombare:
A livello segmentario e sacro-iliaco l’instabilità deriva da un eccessivo
allungamento dei legamenti longitudinali lunghi e corti sia a livello lombare che pelvico. Sono allungati anche i muscoli erettori spinali e con
essi viene meno la giusta tensione della fascia toraco-lombare nel suo
20
93
foglietto posteriore. Nel momento in cui serve l’assetto in retroversione
attiva non se ne potranno più usufruire i vantaggi, poiché il soggetto già
si trova in quella condizione posturale e l’unico modo per avere vantaggi
nell’assetto posturale è quello di riportare la colonna lombare e la pelvi
nella posizione NEUTRA, che è l’assetto in lordosi modulata. Con questa
espressione si intende una condizione intermedia tra la massima lordosi
ottenibile con la contrazione dei muscoli erettori spinali e l’annullamento
della stessa provocato dalla contrazione dei muscoli addominali.
21
94 a
Le quattro cose da ricordare per la difesa della zona neutra
Il controllo attivo della postura e della stabilità segmentaria lombare e
pelvica non può e non deve essere affidato alla retroversione del bacino come risposta unica, generalizzata e costante, nel programma riabilitativo e nel corso della vita quotidiana.
22
94 b
Se ci si abitua ad esercitare un richiamo/contrazione degli addominali e
dei glutei, si pone il bacino in lieve retroversione e la colonna lombare
riduce il suo grado di lordosi in maniera più o meno marcata; si ottiene
un importante cambiamento dal punto di vista biomeccanico, si rende la
verticalità meno impegnativa, si attua una protezione delle strutture segmentarie e pelviche in ogni condizione di carico e di sollecitazione. Tutto
questo è vero se la retroversione si alterna in maniera attiva e
consapevole alla antiversione.
Pertanto, dopo un periodo più meno lungo, strettamente legato alla
sensibilità propriocettiva del soggetto, si impone di passare alla antiversione del bacino e determinare così una variazione nella distribuzione
23
95 a
dei carichi a livello segmentario, alleggerendo i dischi e incrementando
il ruolo delle articolazioni inter-apofisarie.
Per garantire una protezione più sicura e costante è necessario che si
imparino 4 cose:
1) Utilizzare il meccanismo della retroversione in automatismo
ricorrente: deve realizzarsi nel corso della giornata, ogni volta che
il nostro corpo cambia posizione (per esempio. passaggio dalla posizione seduta a quella eretta), si accinge a sollevare un peso anche
24
95 b
modesto, deve compiere un movimento che comporti rotazione del
tronco (per esempio, scendere dall’auto), deve mantenere l’appoggio unipodalico (per esempio per vestirsi). Per arrivare a ciò è necessario attraversare un periodo più o meno lungo durante il quale
la retroversione interviene consapevolmente. Gradualmente si
creerà un riflesso condizionato e non si verificherà più che l’esposizione ad un movimento anche banale comporti una sollecitazione
patologica e quindi provochi un effetto distorsivo a livello dei seg25
menti di movimento lombari. In questi casi sul piano clinico si ha
dolore intenso e sul piano funzionale blocco del movimento.
2) È naturale e obbligatorio che, dopo un tempo variabile da soggetto a soggetto, dalla retroversione si passi alla antiversione,
anche questa modulata nella sua intensità e nella sua durata.
3) La modulazione della contrazione muscolare per ottenere il cambiamento di assetto posturale riguarda rispettivamente addominali per la retroversione, gli erettori spinali per la antiversione.
Quando si contraggono gli uni si riduce la partecipazione degli altri,
senza arrivare ad un rilasciamento completo.
L’intensità della contrazione e la sua durata dovranno essere proporzionali all’entità delle sollecitazioni che agiscono sulla
colonna lombare. Più alte sono le forze previste, maggiore dovrà
essere la contrazione selettiva dei gruppi muscolari deputati ad ottenere la retroversione o la antiversione. In realtà, quando si è alla
ricerca della posizione neutra e si vuole rimanere nella zona neutra, ci deve essere uno scambio tra gli uni e gli altri e mai l’esclusione degli uni per la prevalenza assoluta degli altri. In sostanza,
bisogna arrivare a identificare il giusto equilibrio tra addominali (retroversione) e erettori spinali (antiversione): la zona neutra potrebbe richiedere una prevalenza dei primi sui secondi e
viceversa, a seconda dell’assetto posturale di partenza. Il
soggetto in iperlordosi costituzionale o acquisita dovrà far
prevalere l’azione dei muscoli retroversori (addominali);
mentre il soggetto ipolordotico o addirittura con inversione
in cifosi della colonna lombare, avrà necessità di un maggiore
intervento attivo dei muscoli antiversori (erettori spinali).
4) Criterio anticipatorio: come per il ruolo del pavimento pelvico
nella facilitazione dell’intervento dei muscoli stabilizzatori profondi,
anche la contrazione di questi due gruppi muscolari antagonisti (addominali e erettori spinali) deve realizzarsi preventivamente, prima che si avvii il movimento del tronco su
qualsiasi piano. Qui ribadisco che è auspicabile l’intervento congiunto del pavimento pelvico (scheda 1) e del bascullamento
pelvico (scheda 2). Interventi sempre modulati e sempre nel rispetto del criterio del non dolore.
26
I CAMBIAMENTI PROTETTIVI INDOTTI DAL BASCULLAMENTO PELVICO
• La retroversione riduce o annulla la forza di taglio anteriore, che
spinge in avanti le vertebre lombari, specie a livello degli ultimi
tre segmenti.
• La retroversione contrasta e riduce gli effetti delle forze torsionali, verso le quali il disco è molto vulnerabile; per esercitare una
resistenza sufficientemente efficace la struttura discale ha bisogno
della collaborazione della coppia di articolazioni inter-apofisarie
(figg. n. 9; 11 a, b, c; 13; vol.1); tuttavia anche queste hanno
bisogno di essere protette specie quando la rotazione è ripetuta
come in certe attività lavorative o quando supera la resistenza delle
faccette articolari o delle capsule articolari. In sostanza, il rischio
di danno è reale quando ogni gesto lavorativo o sportivo impegna
le strutture segmentarie vertebrali oltre i limiti della zona neutra.
Queste forze sono da considerare a priori potenzialmente lesive e
vanno contrastate dinamicamente con la retroversione del bacino.
• La retroversione riduce le forze in compressione sui segmenti
lombari (figg. n. 11 a, b, c).
• La retroversione aumenta la “force closure” a livello delle sacroiliache e diminuisce l’effetto della “form closure” (cap. 4, volume 1) (Vleeming). Questo dato va tenuto presente quando si
propone la retroversione e obbliga a ribadire che la retroversione
deve diventare un modo ricorrente per far fronte alle sollecitazioni
nel momento in cui agiscono sulla colona lombare e la pelvi. In sostanza bisogna essere certi che non passi l’equivoco paradossale
di considerare la colonna lombare delordosizzata come assetto posturale costante che deve sostituire la lordosi lombare.
Senza antiversione non ci sarebbe retroversione e quindi la
possibilità di far fronte in maggior sicurezza ai momenti di maggior
sollecitazione della colonna lombare e della pelvi.
• La colonna vertebrale lombare e le sacro-iliache sono più stabili
in retroversione attiva o in antiversione attiva?
Senza dubbio è la retroversione che ha una capacità stabilizzatrice maggiore e garantisce di più l’integrità della colonna lombare
quando si deve far fronte a sollecitazioni importanti.
27
Questa affermazione si basa sul meccanismo d’azione dell’una
e dell’altra:
• In retroversione (contrazione addominali e glutei) aumenta la pressione endo-addominale; con la contrazione degli erettori spinali e rilasciamento dei muscoli
addominali per ottenere l’antiversione ciò non avviene.
• Con la retroversione, la contrazione dei muscoli addominali (soprattutto l’obliquo interno) mette in tensione i
foglietti posteriore e medio della fascia toraco-lombare (figg. n. 40; 41). Questo ha un effetto stabilizzatore sulla colonna lombare e sulla pelvi di grandissima
rilevanza (figg. n. 38 a, b).
• Con l’antiversione la contrazione dei muscoli erettori spinali
provoca un certo incremento della tensione nel foglietto posteriore della fascia toraco-lombare, ma con
un effetto stabilizzatore sulla colonna lombare e sulla pelvi
minore rispetto ai muscoli addominali (figg. n. 39 a, b).
• Alla retroversione partecipa anche il grande gluteo: questo muscolo ha raccordi diretti con il foglietto posteriore
della fascia toraco-lombare e attraverso questa si realizza una integrazione funzionale con i grandi muscoli del
tronco superiori controlaterali (grande dorsale; trapezio
inferiore, dentato aneriore). Questo rapporto indiretto è
importantissimo e ha una rilevanza biomeccanica notevole
(figg. n. 42 a, b, c).
• Gli erettori spinali con la loro contrazione determinano
una antiversione del bacino e una nutazione del sacro. Attraverso la messa in tensione del foglietto posteriore della
fascia toraco-lombare e il movimento della pelvi e del
sacro si ottiene un certo coinvolgimento del legamento
sacro-tuberoso e delle bretelle ileo-peroneale e ileo-tibiale
(figg. n. 43 a, b, c; 39 a, b; 95 a, b). È interessante sul
piano della stabilità l’integrazione funzionale di cui si possono avvalere i muscoli erettori spinali. Nel volume 3 ci
sono esercizi dedicati sia agli erettori spinali che alle bretelle ileo-peroneali.
28
La retroversione e l’antiversione devono diventare automatismi ricorrenti e complementari: e cioè la contrazione di addominali e glutei
(retroversione), oppure degli erettori spinali (antiversione), avvengono
in maniera alterna, modulata e per il tempo in cui è richiesta una stabilità
maggiore; più frequentemente ancora il bascullamento pelvico (antiversione e retroversione) è importante per variare l’assetto di carico a livello
dei segmenti lombari, durante la stazione eretta e seduta protratte.
È essenziale che non ci sia alcuna interferenza con la funzione respiratoria, che deve svolgersi in maniera del tutto regolare.
Nella fase di apprendimento e inserimento nella vita quotidiana, per facilitare la rotazione in dietro del bacino, si possono flettere lievemente le
anche e le ginocchia (fig. n. 96 a, b; 97 a, b; 98 a, b). Il bacino può
rimanere in retroversione per un periodo di tempo variabile, da pochi secondi ad alcuni minuti primi, ovviamente il respiro deve continuare a
svolgersi regolarmente .
Per quanto riguarda l’antiversione attiva del bacino: si tratta di
sviluppare il controllo sui muscoli erettori spinali. È utile la verifica visiva
(allo specchio) e palpatoria (con le proprie mani e/o del riabilitatore)
della variazione nell’assetto posturale della colonna lombare, nel senso
del ripristino o accentuazione della lordosi lombare, ottenuta con la contrazione dei muscoli erettori spinali. A questo proposito consultare
nel volume 3 gli esercizi dedicati a questo gruppo muscolare.
La retroversione del bacino, così come l’antiversione del bacino, devono
dare senso di pieno benessere e di maggiore stabilità.
L’applicazione del bascullamento pelvico nella stazione eretta
ferma, o quando si cammina lentamente
Bisogna essere pronti a compensare le condizioni di instabilità dei vari
segmenti lombari e del sistema lombo-pelvico, ponendo il bacino in retroversione e/o in antiversione mediante una contrazione modulata
degli addominali per la retroversione; contrazione degli erettori spinali
per l’antiversione.
Bisogna esercitarsi a trovare un assetto intermedio tra i due che è la
29
Antiversione.
BASCULLAMENTO PELVICO in posizione orizzontale: fase inspiratoria. Sono rilasciati addominali e glutei.
96 a
Retroversione.
BASCULLAMENTO PELVICO: fase espiratoria e di contrazione delle pareti addominali.
30
96 b
Antiversione.
BASCULLAMENTO PELVICO in posizione quadrupede. Fase inspiratoria.
97 a
Retroversione.
BASCULLAMENTO PELVICO in posizione quadrupede. Fase espiratoria.
31
97 b
posizione NEUTRA per un tempo anche prolungato, mantenendo un
respiro regolare.
La sensibilità propriocettiva, ma anche la sensibilità nocicettiva, devono guidare sulla intensità ed anche la durata della retro/antiversione del bacino. Quando la contrazione degli addominali e dei glutei
determina un certo movimento delle sacro-iliache ed anche dei segmenti
di movimento lombari in corrispondenza delle articolazioni inter-apofisarie, se queste articolazioni sono sede di un processo infiammatorio, una
loro mobilizzazione anche minima può generare dolore. In questa fase è
conveniente non insistere e astenersi dalla retro/antiversione.
In effetti, nelle fasi flogistiche acute, con dolore e rigidità elevate, si
potrà utilizzare con costanza il ruolo del pavimento pelvico mirato al recupero dei muscoli stabilizzatori profondi (SCHEDA 1) e della stabilità
segmentaria, mentre potrebbe essere controindicato il bascullamento
pelvico. In questi casi bisogna rispettare l’atteggiamento antalgico o “atteggiamento di difesa” del paziente.
Infine, è bene ricordare che quando la lordosi è assente e il bacino è
già in retroversione, l’impegno deve essere rivolto all’impiego ricorrente
della antiversione e ripristino della lordosi lombare. Ovviamente
sarà necessario esercitarsi anche con l’esecuzione quotidiana di esercizi
in antiversione e ripristino della lordosi lombare. In questo caso si avrà
un maggiore apporto della “form closure”, ma si avrà una riduzione della
“force closure” (figg. n. 96 a, b).
Il programma di prevenzione del dolore vertebrale aspecifico deve essere
inteso come un nuovo modo e una nuova consapevolezza nella gestione
della propria verticalità. Sarà importante l’apprendimento di entrambe
le schede 1 e 2 con i criteri esposti sopra.
Nella fase di perfezionamento bisognerà arrivare alla coesistenza e
armonizzazione di entrambi i meccanismi stabilizzatori, consapevoli della loro differenza nel meccanismo d’azione.
Per esempio si può facilmente far coesistere la contrazione del pavimento
pelvico (per il richiamo del muscolo trasverso dell’addome e del multifido
lombare) con la contrazione dei muscoli erettori spinali e dei muscoli addominali alla ricerca della posizione NEUTRA della colonna lombare.
32
Antiversione.
98 a
Retroversione.
98 b
33
99 a
I tre “ordini primari” di Alexander:
1) rilasciare il collo
2) testa in su e in avanti
3) tronco allargato e allungato.
La scimmia antropomorfa di fatto usufruisce
del quadrupedismo e i problemi di assetto posturale sono meno rilevanti rispetto al bipedismo dell’essere umano.
99 b
34
SCHEDA 3
Il movimento “scimmia” di Alexander modificato
L’ACCOSCIAMENTO
(figg. n. 100 a, b, c, d)
Contributo di grande rilevanza alla sicurezza funzionale della colonna vertebrale e della pelvi; messa a riposo e recupero metabolico/strutturale dei segmenti di movimento
Il movimento “scimmia” di Alexander modificato, che si propone in questa scheda 3, non è da considerare un esercizio, ma va anche oltre il
concetto di automatismo che si è proposto nella scheda 1 e scheda 2.
Deve diventare un nuovo modo di vivere (fig. n. 100 ).
Si tratta di un assetto posturale che, usato anche per brevi periodi nel
corso della giornata, è in grado di proteggere dal sovraccarico le strutture
articolari, discali, muscolari, fasciali e legamentose della colonna vertebrale, nel loro impegno a contrastare la forza di gravità, difendere la verticalità, garantire la stabilità intervertebrale, compito gravoso e sfida
continua del bipedismo umano.
I criteri di Frederick Matthias Alexander
Frederick Matthias Alexander nacque nel 1869 e morì nel 1955. Il suo
insegnamento riguardò il ripristino di un assetto posturale più adeguato,
attraverso l’abolizione delle tensioni miofasciali che si accumulano nel
corso della vita quotidiana e sono frequentemente un fattore importante
nella insorgenza del dolore al collo, al cingolo scapolare, al dorso, alla
regione lombare e pelvica (fig. n. 99 a).
Egli propone tre “ordini primari”:
1)
“Rilasciare il collo”.
35
100 a
2)
“Testa in su e in avanti”.
3)
“Allungare e allargare la schiena”.
Sicuramente questi tre ordini primari si rivolgono ad una realtà frequente
di ogni individuo. Il primo e secondo punto assai facilmente si collegano
con le tensioni della vita quotidiana, con la particolare vulnerabilità della
colonna vertebrale, la sua struttura multisegmentaria, la complessità dei
suoi equilibri muscolari e posturali, la delicatezza del controllo neuromotorio (figg. n. 99 a, b). In effetti il controllo neuromotorio e posturale
della colonna vertebrale risente moltissimo delle turbolenze sul piano
emotivo, di quelle tensioni a cui si riferiva Alexander. Egli consigliava di
36
100 b
100 c
immaginare la testa come un palloncino che “vola” in alto e in avanti.
L’assetto che impone la vita quotidiana con tutte le tensioni che comporta è esattamente l’opposto: la testa tende ad essere posta in iperestensione e “incastrata” tra le spalle, a causa della contrattura degli
erettori del capo e del collo.
Anche il terzo punto in sostanza fa riferimento ad uno squilibrio muscolare e posturale. In effetti, lo squilibrio più frequente tra antagonisti
di grande rilievo è quello riscontrabile nell’attività clinica quotidiana tra
muscoli psoas e muscoli addominali. “Allungare e allargare la schiena”
fa riferimento di fatto alla retroversione del bacino e delordosizzazione
attiva della colonna lombare.
Alexander sosteneva che questi obbiettivi si raggiungono attraverso
una normalizzazione della tensione e tono, rispettivamente del sistema
fasciale e muscolare del tronco; l’armonizzazione della simmetria funzionale degli arti inferiori, il ripristino di una adeguata coordinazione funzionale tra questi ultimi e il tronco. Abbiamo più volte descritto e ribadito
nel volume 1 l’importanza della integrazione funzionale tra muscoli del
tronco e del cingolo scapolare con i muscoli pelvici, ischio-tibio-peroneali
(vedi bretella ileo-tibiale e ileo-peroneale) (figg. n. 43 a, b, c; vol. 1).
Il concetto di “scimmia” sviluppato in questa scheda è modificato rispetto a quello proposto da Alexander, per certi versi semplificato, alla
cui base ci sono principi fisici e biomeccanici diversi. Il criterio di Alexan-
37
100 d
der è sintetizzato dalla fig. n. 99 a.
Il grande impegno funzionale è svolto dagli arti inferiori a livello delle
coxo-femorali e delle ginocchia. Le frecce sono riferite all’assetto della
colonna cervicale e della colonna dorso-lombare. Se gli “ordini primari”
di Alexander sono importanti di per sé, più difficile è la loro concretizzazione, senza l’indicazione di un percorso e un apprendimento ben preciso.
L’accosciamento e il superamento della leva
di primo genere svantaggiosa
Nell’accosciamento sta la differenza rispetto al movimento “scimmia”
configurato da Alexander e quello che si configura e si propone in
queste pagine.
La flessione delle anche e delle ginocchia, quando il lavoro che stiamo
svolgendo lo consente o lo richiede, deve essere portata al massimo fino
a raggiungere la posizione di accosciamento (figg. n. 100 a, b, c, d).
Questa è una posizione confortevole, poiché la colonna vertebrale è
38
svincolata dai carichi e dalle sollecitazioni a cui è sottoposta in assetto
verticale o seduto.
L’accosciamento dovrà essere introdotto non solo come assetto posturale per svolgere certe attività lavorative o sportive, ma anche come
pausa di riposo, invece della posizione seduta.
C’è una condizione di bilanciamento e di scarico della colonna vertebrale estremamente favorevoli.
In effetti, la colonna vertebrale non è più posta in assetto verticale, ma
si pone quasi orizzontalmente e si può raffigurare come un asse in equilibrio su un perno centrale costituito dai piedi e dall’unica struttura articolare che rimane mobile: la tibio-tarsica.
Se facciamo riferimento alla leva di primo genere, si può constatare
la posizione del fulcro al centro, equidistante dalla testa e dalla pelvi.
Non c’è più un carico crescente dall’atlante al sacro; la colonna vertebrale dorso-lombare può usufruire di una sorta di trazione a livello della
pelvi e si trova in un assetto stabile e di postura controllata.
È importante che i piedi rimangano completamente appoggiati a terra,
in modo che il peso si distribuisca uniformemente su tutta la regione
plantare (figg. n. 100 a).
Credo sia arrivato il momento di riflettere sulla necessità di rivedere
il nostro modo di svolgere molte attività quotidiane: si dovranno utilizzare di più e diversamente gli arti inferiori, per dare una maggior protezione alla colonna vertebrale nel suo complesso, ma in particolare al
sistema lombo-pelvico.
La leva di primo genere svantaggiosa
e la leva di primo genere indifferente
A conferma di ciò basta ripercorrere il principio fisico che regola la
funzione della colonna vertebrale umana: si tratta del principio
della leva di primo genere svantaggiosa.
Vale la pena di prendere brevemente in considerazione questo tipo di
leva nelle sue tre tipologie (vedi volume 1; cap. 1 e cap. 3; figg. n.
2 a, b. c; 27).
La leva di primo genere si caratterizza per la posizione del fulcro,
che si trova tra la potenza e la resistenza. Viene suddivisa in tre sot-
39
totipi in base alla distanza del fulcro rispettivamente dalla Potenza e
dalla Resistenza:
• Leva di primo genere svantaggiosa (fig. n. 101 a): è il tipo di
leva che corrisponde al principio fisico a cui è soggetta la colonna
vertebrale umana in assetto verticale o seduto: il fulcro nel rachide umano si colloca sul corpo vertebrale, pertanto troppo vicino
alla potenza (P); il braccio di leva a disposizione di quest’ultima
è molto inferiore alla lunghezza del braccio a disposizione della resistenza (R).
La Potenza (P) è rappresentata dalla muscolatura posteriore
(erettori spinali, muscoli larghi del tronco, fascia toraco-lombare);
la Resistenza (R) è costituita dal peso del corpo, e dall’eventuale
peso da sollevare.
• Leva di primo genere indifferente (fig. n. 101 b): si realizza
quando la Resistenza (R) e la Potenza (P) usufruiscono di un braccio di leva uguale. È la condizione che si viene a creare quando un
essere umano assume la posizione accosciata: il fulcro si colloca
al centro, in equilibrio tra la Potenza (P) e la Resistenza (R).
• Leva di primo genere vantaggiosa (fig. n. 2 c; volume 1): in
questo caso il fulcro è più vicino alla Resistenza che non alla Potenza, situazione invertita rispetto alla leva di primo genere svantaggiosa. La Potenza ha un braccio di leva a disposizione più lungo
rispetto alla Resistenza, di conseguenza ha una capacità maggiore
nei riguardi del sostegno dei carichi (vedi legge di Archimede).
Questa è la condizione ideale, ma ovviamente impossibile da ottenere nei riguardi della colonna vertebrale umana; in effetti, l’assetto anatomo-funzionale del rachide è frutto di una evoluzione
durata milioni di anni, che ha differenziato la specie umana da tutte
le altre creature di questo pianeta, conferendole il “privilegio”
della verticalità, ma anche la vulnerabilità ad essa legata.
La posizione rappresentata nelle figure n. 100 a e 100 b è naturale in
tutto il mondo orientale, ma anche nel bambino occidentale, dal momento in cui impara a camminare, per tutta la prima e seconda infanzia. Il bambino occidentale cessa di usufruire di questo assetto prezioso
per la colonna vertebrale, quando i suoi contatti sociali si allargano e ne
40
101 a
101 b
41
subisce l’influenza. Il messaggio che viene trasmesso in maniera indiretta, ma molto forte, dal mondo adulto occidentale ai bambini è che la
posizione accosciata è contraria all’eleganza e all’estetica.
La dimostrazione della necessità biomeccanica
dell’accosciamento sta in tre fenomeni comportamentali
L’accosciamento è un assetto con un significato ben preciso per il bipedismo umano, direi una necessità; la conferma si trova in tre fenomeni di natura diversa, che possiamo considerare rispettivamente di
1) carattere antropologico, 2) epidemiologico, 3) etnico, indicati
qui di seguito:
1) La posizione accosciata è da considerare parte integrante dell’evoluzione umana dalla scimmia antropomorfa all’homo sapiens. È uno dei compensi di cui ha bisogno la colonna vertebrale
umana. Qui voglio affermare che la verticalità è stata una
grande conquista della specie umana, ma è un privilegio che
non può e non deve prescindere dall’accosciamento.
2) La letteratura scientifica indica che la prevalenza del dolore
lombare meccanico-aspecifico nel mondo orientale è assai inferiore a quella del mondo occidentale.
3) Il bambino occidentale, nella prima e seconda infanzia, utilizza
istintivamente e regolarmente questa posizione nelle sue attività
ludiche; nella maggioranza dei casi con l’inizio della frequentazione
della scuola, avviene un cambiamento repentino e scompare l’accosciamento. Il bambino orientale diventa adulto e anziano conservando questa prerogativa (figg. n. 100 a, b, c, d).
Questi tre dati di fatto devono far riflettere e si devono considerare prove
di grande evidenza che le società occidentali, sulla base di un criterio
estetico, forse anche culturale e religioso, hanno bandito un comportamento posturale, l’accosciamento, del quale la verticalità umana ha bisogno, come compenso naturale, proprio per la complessità e fragilità
del suo bipedismo verticale, regolato dal principio della leva di primo genere svantaggiosa.
In effetti, la verticalità umana ha una autonomia relativamente mo42
desta e ha bisogno di compensi ricorrenti naturali e spontanei: 1) L’assunzione della posizione orizzontale, cioè l’inevitabilità del riposo notturno. Si tratta di una esigenza assoluta a cui nessun essere umano si
sottrae. 2) L’utilizzo dell’accosciamento in maniera ricorrente, che consente di mettere in scarico la colonna vertebrale, interrompendo la verticalità, ma senza interrompere il lavoro o la vita di relazione. Il fatto è
che, in occidente, l’accosciamento è stato sostituito dalla posizione seduta (postazioni di lavoro, riposo, funzioni fisiologiche come l’evacuazione intestinale) o orizzontale (il parto).
Pertanto, è auspicabile che nelle società occidentali e in quelle orientali
che hanno subito l’influenza dell’evoluzione tecnologica, avvenga un
grande cambiamento nei comportamenti pubblici e privati, tenendo presenti le esigenze biomeccaniche e posturali della colonna vertebrale (figg. n. 100 a, b, c, d).
Naturalmente è più facile il cambiamento nella vita privata, nella quale
l’accosciamento dovrà sostituire o alternarsi alla posizione seduta. Se
ciò avvenisse verrebbe abolita la flessione anteriore del tronco, sia nelle
attività lavorative che nella gestualità quotidiana come effettuare le pulizie personali, vestirsi.
In effetti quando si assume la posizione accosciata, l’assetto bipede
si semplifica dal punto di vista dell’impegno e della coordinazione muscolare; si riduce la sollecitazione delle fasce, dei muscoli, e delle strutture segmentarie; possiamo paragonare il bipedismo umano accosciato
a quello degli uccelli. Non c’è più il carico in compressione crescente dall’atlante al sacro (vedi cap. 1, 2, 3).
È anche molto più facile mantenere i tre “ordini primari” di Alexander:
- La colonna dorso-lombare è in allungamento e si realizza uno stretching moderato, una condizione di recupero funzionale e metabolico di tutta la catena muscolo-legamentosa posteriore, ma
nache dei dischi e delle articolazioni inter-apofisarie.
- Le spalle sono rilasciate e “allargate”
- La testa e il collo si “disincastrano” dal tronco e si instaura spontaneamente una regressione della contrattura muscolare che frequentemente è presente nei muscoli del collo e del cingolo
scapolare.
43
Inoltre ci sono altri effetti benefici sulle sacro-iliache, sul complesso
sistema di raccordo muscolo-legamentoso dorso-lombo-pelvico. Ne
trarranno vantaggio anche le articolazioni degli arti inferiori: coxo-femorali e ginocchia.
Posizione del musulmano orante (figg. 101 c, d)
e variante per la rieducazione del cingolo scapolo-omerale
e del dorso curvo (fig. 101 e)
A questo punto, inserisco due esercizi (figg. n. 101 c, d, e) che hanno
pertinenza con gli scopi primari della scheda 3: riassetto posturale,
stabilità e riduzione dei carichi.
1) La posizione della figura 101 d esprime una condizione di riposo
e di stetching delle strutture segmentarie vertebrali. Sarebbe di grande
utilità se la posizione che io chiamo del “maomettano orante” diventasse
una abitudine di vita quotidiana; non si tratta dunque di un esercizio,
ma di una condizione di riposo e di stretching della colonna vertebrale,
da usare anche più volte durante la giornata.
In questo contesto mi piace proporla come scelta di riposo, ovviamente quando ciò è possibile, per brevi periodi, a completamento della
posizione accosciata, con possibilità applicative ovviamente minori rispetto a quest’ultima. Si tratta di compensi ricorrenti che la nostra colonna vertebrale richiede, ma che noi non concediamo. La condizione di
“riposo” concessa troppo spesso e troppo a lungo è quella seduta, che
per le strutture segmentarie in realtà è un sovraccarico. Quando la posizione seduta è imposta dall’attività lavorativa il sovraccarico segmentario e la perdita del controllo posturale impongono maggiore attenzione
ed esigono compensi periodici.
2) In alcuni casi la posizione, che chiamo del “musulmano orante”,
può diventare il punto di partenza per un esercizio correttivo di
grande rilievo nel dorso curvo della terza infanzia e dell’adolescenza, con capacità correttiva sulla colonna toracica e sul cingolo scapolo-omerale.
44
101 c
101 d
Qui di seguito viene esposta l’applicazione pratica del musulmano
orante (figg. n. 101 c, d) e del successivo esercizio correttivo
del dorso curvo.
Applicazione pratica:
POSIZIONE DI PARTENZA:
Soggetto in ginocchio, con la regione ischiatica appoggiata sui talloni, il
tronco eretto (fig. n. 101 c).
45
101 f
101 e
101 f 1
46
Stabilizzare la colonna lombare e la pelvi mediante l’applicazione della
scheda 1 (contrazione dello sfintere vescicale e respiro regolare) e mediante i criteri della scheda 2 (bascullamento del bacino, con oscillazioni
dalla antiversione alla retroversione del bacino, alla ricerca della posizione neutra).
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO:
Parte prima (figg. n. 101 d):
Con questo assetto lombo-pelvico stabile porta il tronco in avanti, fino
ad appoggiare sul tappeto le braccia distese anteriormente; anche la
fronte deve trovare un appoggio confortevole a terra, in certi casi è opportuno utilizzare un piccolo cuscino, per evitare una flessione eccessiva
della colonna cervicale o comunque un allontanamento eccessivo dalla
posizione neutra.
Il bacino rimane appoggiato sui tallloni, il movimento in avanti del
tronco avverrà essenzialmente a livello delle coxo-femorali.
La colonna lombare viene coinvolta quando è finita l’escursione articolare delle anche; a questo punto, per poter arrivare ad appoggiare gli
avambracci e la fronte sul tappeto, è necessaria la partecipazione della
colonna lombare, che assume un assetto di completo scarico e di inversione della lordosi (fig. n. 101 d).
Questa è la posizione di riposo voluta.
Si devono rilasciare il pavimento pelvico, gli addominale e i glutei.
Spingere in avanti il più possibile gli arti superiori.
La colonna dorsale e lombare sono in scarico e si realizza uno stretching muscolo-legamentoso molto significativo.
Se la fronte non riesce ad appoggiare armonicamente sul tappeto, utilizzare un piccolo cuscino.
Rimanere in questa posizione per 1-2 minuti, o anche più, cercando
anche un rilassamento mentale.
Poi prepararsi a riportare il tonco in posizione eretta.
Durante la fase di erezione del tronco garantire la stabilità lombo-pelvica mediante il richiamo del pavimento pelvico e l’impiego del bascullamento pelvico.
In tutte le fasi il respiro deve mantenersi regolare.
47
Dopo una pausa di 30 secondi si può ripetere la flessione del tronco in
avanti fino alla posizione di stretching dorso-lombo-pelvico.
A questo esercizio se ne può aggiungere un secondo, che è di fatto
la prosecuzione del primo e che denomino parte seconda.
Parte seconda (101 e):
Scivolare sugli avambracci, che lentamente vengono spinti in avanti,
mantenendo i gomiti estesi. Il capo deve essere mantenuto in posizione neutra.
Consensualmente allo spostamento delle braccia in avanti, il bacino
si solleverà dall’appoggio sui talloni e il peso del tronco si sposterà gradualmente sugli avambracci. Il torace non deve appoggiare a terra. Lo
spostamento lento in avanti degli avambracci deve arrestarsi quando si
è raggiunto il punto di equilibrio nella distribuzione del peso del tronco
tra il cingolo scapolare e il cingolo pelvico; le coxo-femorali devono
raggiungere e non superare i 90°.
È una posizione che posteriormente corregge la ipercifosi toracica
e le scapole sono costrette in forte adduzione; anteriormente
distende il sistema miofasciale toracico, in particolare è rilevante la
trazione esercitata dal muscolo dentato anteriore sulla gabbia toracica,
indotta dalla forte adduzione delle scapole (vedi richiamo anatomico
del muscolo dentato anteriore; vol. 3).
Si rimane in questo assetto correttivo nei riguardi del dorso per
alcuni secondi e poi si ritorna nella posizione del “musulmano orante”.
In certi casi questa potrebbe diventare la posizione di partenza:
quando le esigenze correttive riguardano la colonna dorsale. L’interesse potrebbe essere concentrato sul passaggio dalla figura 101 d
alla figura 101 e, che comporta il trasferimento del carico sugli avambracci distesi anteriormente, mentre le anche raggiungono una flessione di 90° (fig. n. 101 e).
L’esercizio nel suo complesso verrà ripetuto 10 volte.
Dopo questa sequenza di 10 esercizi, ci sarà una pausa di riposo di 5 minuti da effettuare in accosciamento (fig. n. 101 f).
48
Considerazioni sugli effetti benefici dell’assunzione periodica della posizione accosciata
Si è già detto che il passaggio dalla posizione eretta a quella accosciata
comporta una riduzione immediata del carico vertebrale, particolarmente
a livello lombare e il senso di benessere è immediato.
L’accosciamento non deve essere considerato come una proposta
strana, al contrario vuole essere un richiamo dell’attenzione di ognuno
sull’importanza di un assetto che fa parte delle difese naturali che si possono attuare per evitare che la verticalità o la posizione seduta diventino
cause di scompenso posturale, di sovraccarico funzionale segmentario,
di dolore e limitazione funzionale.
La condizione ideale sarebbe quella di trasmettere ai giovanissimi del mondo occidentale il messaggio contenuto in
questa scheda 3.
Bisogna far comprendere quanto sia importante non perdere quell’automatismo comportamentale che fino all’età di 5 anni (prima e seconda
infanzia) è frutto di una spontaneità funzionale, non inibita da nessun
condizionamento sociale, estetico, psicologico, antropologico, religioso.
In effetti, nella perdita dell’accosciamento giocano diversi fattori, dei
quali non abbiamo consapevolezza; ormai da molti secoli nel mondo
occidentale l’essere umano vive la sua verticalità sempre più
senza il compenso periodico della posizione accosciata. Nel secolo
scorso c’è stato l’ultimo cambiamento autolesivo, interpretato e proposto
come evoluzione verso un malinteso “benessere” e “progresso” sociale.
È stata eliminata l’ultima occasione di accosciamento, con una interferenza anche su una funzione fisiologica come quella dell’evacuazione
fisiologica dell’intestino, che fino alla prima metà del secolo scorso avveniva in una posizione assai più funzionale, in accosciamento. La sostituzione del gabinetto cosiddetto “alla turca” con la tazza o water è stato
il frutto di una evoluzione socio-culturale che ha avuto dei criteri ispiratori
di ogni sorta compreso il desiderio di esibire uno status symbol, ma che
ha rappresentato un danno sotto il profilo fisiologico (funzione intestinale), ma anche sotto il profilo posturale e biomeccanico in senso lato.
Ancora una volta bisogna prendere atto con amarezza che il cosiddetto
“progresso”, anche quando viene proposto come miglioramento del “be-
49
nessere”, in realtà risponde fondamentalmente a strategie con finalità commerciali del proponente, prevalenti sul vantaggio individuale e sociale.
Per ottenere un cambiamento che abbia rilevanza sociale e una funzione reale nella prevenzione del dolore vertebrale, sarà indispensabile
introdurre nei programmi scolastici dell’educazione fisica i criteri esposti
nelle tre schede di questo volume 2.
Vale la pena di ribadire che quando si è accosciati il tronco assume
un assetto di bilanciamento intorno ad un fulcro, che si pone al centro,
intorno al quale oscilla la colonna vertebrale; i vari segmenti vertebrali
non subiscono più carichi rilevanti e sono in una condizione di protezione
e di sollievo sotto il profilo biomeccanico.
Poiché le anche e le ginocchia sono in massima flessione e sono solidali con il tronco, il fulcro vero è rappresentato dai piedi. In questa
posizione il tronco muove insieme agli arti inferiori; il suo movimento di
oscillazione in avanti e in dietro avviene sulle caviglie. La testa, la colonna cervico-dorsale, le spalle si trovano in alto e anteriormente; in
basso e posteriormente si trovano la colonna dorso-lombare, il bacino e
le sacro-iliache, le coxo-femorali. Finalmente il fulcro è centrale, collocato sui piedi che rimangono armonicamente appoggiati a terra; avviene
il grande cambiamento dalla leva di primo genere svantaggiosa a
quella di primo genere indifferente. In questa posizione l’impegno
muscolare è assai ridotto e dobbiamo considerarlo un assetto biomeccanicamente privilegiato (figg. n. 2 a, b, c; 101 a, b).
L’analogia tra la posizione accosciata dell’essere umano e il bipedismo
degli uccelli è realistica e può aiutare a comprendere i vantaggi del suo
utilizzo proprio a scopo di prevenzione del dolore vertebrale.
50
Il movimento “scimmia” di Alexander, modificato:
sedersi e alzarsi dalla posizione seduta
Si è già parlato della posizione seduta e del fatto che non si può considerare una condizione di riposo per la colonna vertebrale (cap. 3,
volume 1).
Inoltre, c’è un momento di particolare turbolenza a livello segmentario
lombare, nel passaggio dalla posizione eretta a quella seduta e viceversa; ciò avviene quando la variazione di assetto si verifica senza la
partecipazione dei muscoli stabilizzatori profondi, sulla cui funzione e
ruolo si è detto nel vol. 1 (cap. 4, 8, 9) e nel vol. 2 (cap. 5, 6, 7, 8).
Il risentimento doloroso lombare, più o meno intenso, fino al blocco,
si rileva assai frequentemente nella storia clinica dei pazienti, specie nel
momento di alzarsi dopo posizione seduta protratta.
Nelle figure n. 102 a, b, c, d vengono rappresentate le sequenze per
sedersi o alzarsi dalla posizione seduta, senza sollecitare significativamente la colonna lombare a livello segmentario.
Il movimento che si compie per passare dalla verticalità alla posizione seduta, cioè per appoggiare la regione ischiatica sul sedile, deve
avvenire a carico delle coxo-femorali, ginocchia, caviglie (sequenza
figg. n. 102 d, c, b, a). Nota: la lettura va fatta a ritroso, partendo
dalla lettera d alla lettera a.
I piedi devono essere mantenuti ad una distanza di 30 cm. tra loro; le
anche costituiscono il perno intorno a cui il tronco si flette e si estende; le
ginocchia hanno ovviamente un ruolo altrettanto essenziale. La colonna
lombare non partecipa ed è mantenuta in una condizione di stabilità e allungamento, applicando la contrazione del pavimento pelvico (scheda
1) e la posizione neutra del bacino e della colonna lombare, utilizzando i criteri del bascullamento pelvico (scheda 2); la testa e il collo rilasciati, il tronco allungato e le spalle allargate secondo gli “ordini primari”
di Alexander (fig. n. 97 a).
Quando il bacino entra in contatto con il sedile (fig. n. 102 b), inizierà
il movimento di estensione del tronco, che gli consentirà di andare ad
appoggiare sullo schienale. Questa ulteriore escursione articolare riguarda ancora le coxo-femorali, questa volta in maniera esclusiva.
Le strutture segmentarie lombari continuano a non partecipare al mo-
51
102 a
102 b
vimento e rimangono in una posizione neutra.
Raggiunto l’appoggio della colonna dorso-lombare allo schienale (fig.
n. 102 a) ci potrà essere un rilasciamento dei muscoli addominali, dei
glutei e del pavimento pelvico. È importante imparare a modulare l’intensità della contrazione.
In sostanza, nell’effettuare un movimento frequentissimo della nostra
vita quotidiana la stabilità della colonna vertebrale e delle sacro-iliache
è affidata ai muscoli stabilizzatori profondi (trasverso dell’addome
e multifido lombare), ma anche ai muscoli stabilizzatori intermedi
(obliquo esterno, obliquo interno, grande gluteo).
Quando ci si deve alzare dalla posizione seduta (fig n. 102 a), la se52
102 c
102 d
quenza dei movimenti e delle posizioni è ben rappresentata dalle figg.
n. 102 a, b, c, d. Occorre preliminarmente divaricare un po’ le ginocchia, i piedi distanti almeno 30 cm. l’uno dall’altro, flettere il tronco in
avanti (fig. n. 102 b), sfruttando il movimento delle anche, senza modificare l’assetto posturale lombare, che rimane neutro. Quando la
linea di gravità, spostata in avanti per effetto della flessione anteriore
del tronco, cade perpendicolarmente in prossimità del rettangolo di appoggio dei piedi, inizierà l’erezione del tronco (fig. n. 102 c). Questa
verticalizzazione si realizza attraverso un impegno muscolare e articolare degli arti inferiori.
Parteciperanno i muscoli erettori spinali, mentre le strutture segmentarie lombari non dovranno mai oltrepassare la zona neutra; a ga-
53
rantire ciò sarà il bascullamento pelvico e il pavimento pelvico (vedi
scheda 1 e 2). In questa maniera la colonna lombare è mantenuta stabile e in una condizione di protezione dalle sollecitazioni.
Si arriva così alla verticalità (fig. n. 102 d).
La figura n. 102 d è dunque il punto di arrivo per chi si alza dalla posizione seduta e il punto di partenza per chi si accinge a sedersi
MUSCOLATURA INTERMEDIA
E GLOBALE
RECUPERO DEL CONTROLLO E POTENZIAMENTO DEI MUSCOLI
obliquo esterno, obliquo interno, retto dell’addome
Questi tre muscoli addominali appartengono al gruppo dei “muscoli stabilizzatori intermedi”, insieme a: erettori spinali, grande dorsale,
grande gluteo, trapezio, tensore della fascia lata, muscoli ischio-tibioperoneali (hamstrings).
Il muscolo trasverso dell’addome non è incluso perché appartiene
al gruppo dei “muscoli stabilizzatori profondi”, dei quali si è detto
diffusamente nel volume 2 ed in particolare nella scheda 1. Sono quelli
che devono avere la priorità assoluta in ogni programma riabilitativo attivo mirato alla colonna vertebrale e alla pelvi.
Dei tre muscoli dell’addome (obliquo esterno, obliquo interno, retto
dell’addome), appartenenti agli stabilizzatori intermedi, si è già trattato
nella scheda 2 del volume 2, a proposito della ricerca della posizione
neutra della colonna lombare e del bacino, mediante il bascullamento
pelvico. In effetti, nel bascullamento pelvico l’assetto della colonna lombare e della pelvi varia dalla antiversione alla retroversione del bacino e
viceversa: la colonna lombare passa da un assetto in lordosi variabile ad
uno in lordosi ridotta o abolita (retroversione); a questa modificazione posturale attiva seguirà quella di segno opposto in antiversione.
Sia in assetto verticale fermo, sia in posizione seduta, specie se pro54
lungata, bisogna saper variare attivamente e periodicamente la postura
lombare, ora in retroversione e ora in antiversione. Questo consentirà di
evitare il sovraccarico delle strutture segmentarie (dischi e articolazioni
inter-apofisarie).
Bisogna trovare una via di mezzo ottimale (posizione neutra) e oscillare intorno ad essa mediante il bascullamento pelvico. Tutto questo
aspetto riabilitativo fa parte di quegli automatismi da apprendere e inserire come comportamento abituale.
Qui vengono presentati gli esercizi quotidiani che consentiranno il
recupero e/o potenziamento dell’obliquo esterno, obliquo interno,
retto dell’addome.
In effetti, è bene ribadire che questi muscoli hanno un ruolo di movimento nei riguardi del tronco, ma intervengono anche nella stabilità segmentaria lombare quando la sollecitazione è elevata e i due stabilizzatori
profondi (trasverso dell’addome e parte profonda del multifido lombare)
non sono in grado di garantire una sufficiente stabilità.
ESERCIZI DA NON FARE
• Esercizio del sit-up (fig. n. 127):
È un esercizio che consiste nel passare dalla posizione supina a quella seduta.
In effetti, nella proposta del sit-up per il rinforzo degli addominali c’è un
errore di interpretazione dei ruoli muscolari, nel senso che l’impegno dei
retti dell’addome, dell’obliquo esterno e obliquo interno è presente
solamente nella fase iniziale, quando si solleva la testa e la parte superiore
del tronco; nel momento in cui la regione lombare comincia a staccarsi dal
piano di appoggio, l’azione muscolare di sollevamento del tronco passa a
carico dei muscoli flessori dell’anca. Il protagonista principale diventa il
muscolo psoas, antagonista degli addominali (fig. n. 127 b).
In presenza di una debolezza dei muscoli addominali questa fase del
sit-up diventa una sollecitazione abnorme nei riguardi dei segmenti lombari e delle sacro-iliache. In sostanza il sit-up si può fare per allenare i
muscoli addominali, ma a condizione che questi ultimi riescano, per tutta
55
Posizione di partenza.
127 a
Sit-up.
127 b
la fase di escursione del tronco da 0° a 90°, a mantenere la posizione
neutra della colonna lombare e della pelvi o in un assetto protettivo di
lordosi abolita e retroversione del bacino. Questo può avvenire solo
in presenza di una forza adeguata dei retti dell’addome e dell’obliquo
esterno; in questo impegno è meno rilevante l’apporto dell’obliquo interno.
Poiché, nella stragrande maggioranza dei casi, si trova uno squilibrio
funzionale tra i due antagonisti a favore dello psoas, ogni sit-up rappresenta un incremento repentino della forza in compressione e di taglio anteriore nei segmenti lombari, in particolare a livello L4-L5 e L5-S1. Nei
casi di patologia degenerativa e quindi di relativa instabilità funzionale
56
128
segmentaria, il sit-up può essere l’avvio di una sofferenza lombare e/o
radicolare anche acuta.
Tenendo conto di quanto detto sopra, va infine aggiunto che il sit-up
impegna lo psoas e gli altri flessori dell’anca sia che si esegua a ginocchia
estese che a ginocchia flesse.
• Esercizio della “forbice” con gli arti inferiori distesi (fig. n. 128):
Questo è un altro esercizio che viene proposto per rinforzare gli addominali. In realtà quando un soggetto è supino, con gli arti inferiori distesi a
livello delle ginocchia, con le anche in flessione tra 0° e 90°, il protagonista attivo diretto è il muscolo psoas, l’antagonista per eccellenza dei
muscoli addominali.
C’è da osservare che la sollecitazione a livello lombare cresce progres-
57
sivamente dal momento in cui l’angolo di 90° delle anche comincia a
scendere, fino a raggiungere il massimo quando l’angolazione coxo-femorale è vicina allo zero.
Inoltre, mentre con il muscolo psoas possono collaborare altri flessori
dell’anca, come il muscolo iliaco, il retto femorale, il sartorio, in assetto
supino, con gli arti inferiori distesi e sospesi, i muscoli addominali non
riceveranno la collaborazione (co-contrazione) dei muscoli agonisti (glutei e muscoli ischio-tibio-peroneali). Prevarrà dunque l’effetto lordosizzante del muscolo psoas con il conseguente stress meccanico in
compressione a carico dei segmenti lombari, sia a livello discale che
inter-apofisario.
Questo esercizio può avere una indicazione precisa, quando c’è una
debolezza del muscolo psoas e l’obbiettivo è il suo recupero. Tuttavia,
anche in questo caso bisognerà valutare il grado di efficienza dei muscoli
addominali, retti dell’addome e obliquo esterno in particolare, ma soprattutto la loro capacità di antagonizzare la contrazione dei muscoli
psoas e quindi di mantenere la posizione neutra della colonna lombare
durante l’esecuzione dell’esercizio.
Se il soggetto si pone supino con gli arti inferiori distesi disposti verticalmente, cioè con un angolo di 90° a livello delle coxo-femorali, si
potrà scegliere a quale angolazione eseguire l’esercizio della “forbice”:
eseguire oscillazioni con gli arti inferiori distesi con le anche ad una angolazione inferiore ai 90° con un perfetto controllo dell’assetto posturale della colonna lombare e della pelvi (posizione neutra); in questo
caso la posizione neutra deve essere un po’ sbilanciata verso l’annullamento completo della lordosi della colonna lombare; quest’ultima rimane aderente alla superficie di appoggio e il bacino consensualmente
rimane in retroversione.
Il riabilitatore dovrà dunque preliminarmente determinare a quale angolazione delle anche può essere svolto l’esercizio che chiama in causa
il muscolo psoas, ma a cui devono saper rispondere i muscoli addominali
garantendo la stabilità posturale e segmentaria della colonna lombare e
del sistema lombo-pelvico. La valutazione preliminare è essenziale, sapendo che quanto più gli arti inferiori si allontanano dalla verticalità con
la riduzione progressiva dell’angolazione delle anche, tanto maggiore
sarà l’impegno dei muscoli psoas e il loro effetto lordosizzante con il ca58
rico a livello segmentario lombare.
Infine, è bene aggiungere un dato statistico, di riscontro quotidiano
nella attività clinica: di solito si assiste alla coesistenza di addominali
deboli e di psoas troppo “corti”, che richiedono allungamento e non
potenziamento.
ESERCIZI PER GLI ADDOMINALI
Tenendo conto delle considerazioni che si sono fatte sui muscoli addominali e sui loro antagonisti, gli esercizi da eseguire regolarmente sono i
tre che vengono esposti qui di seguito, di solito combinati tra loro.
ESERCIZIO I:
Flessione anteriore del tronco (fig. n. 129)
Posizione di partenza:
Il soggetto è supino, con le anche e le ginocchia flesse, i piedi ben appog129
59
giati a terra. La flessione delle anche consente di avvicinare le inserzioni
dei muscoli psoas e quindi disattivarli; questo è particolarmente importante nei casi (frequenti) nei quali si presentano ipertonici e accorciati.
Le mani stanno incrociate dietro la nuca, i gomiti devono essere mantenuti bene “aperti”, in modo che i muscoli pettorali in allungamento
esercitino una trazione sul torace e sulla aponevrosi che collega il grande
pettorale di un lato con il muscolo obliquo interno controlaterale. Si realizza così, attraverso quest’ultimo, un collegamento funzionale con il foglietto medio e posteriore della fascia toraco-lombare. Sulla possibile
azione correttiva nei riguardi della scoliosi lombare, sia per l’azione isolata del muscolo obliquo interno, sia per l’azione combinata con il muscolo grande pettorale controlaterale, si consiglia la lettura del capitolo
dedicato, nel volume 3.
Bacino e colonna lombare in posizione neutra o, quando non si ha un
perfetto controllo del range funzionale neutro, è preferibile garantire la
stabilità del sistema lombo-pelvico mediante una retroversione che faccia
percepire l’aderenza della colonna lombare al piano di appoggio.
Esecuzione:
Sollevare il capo e la parte superiore del tronco, avendo cura di mantenere il contatto della regione lombare con il piano di appoggio.
Durante questo movimento la cervicale deve rimanere in posizione
neutra, vale a dire conservare l’allinemento di partenza sul piano sagittale, con la colonna dorsale e lombare. Non deve subire movimenti in
flessione. I gomiti devono rimanere ben “aperti”.
In questo movimento di flessione anteriore intervengono soprattutto
i muscoli retti dell’addome.
Poiché i muscoli addominali sono muscoli espiratori, e la loro contrazione si mantiene nella fase di risalita del tronco fino al suo ritorno
in posizione supina, l’escursione coinciderà con una espirazione di analoga durata.
Il tronco superiore rimane sollevato per 2-3 secondi, dopodiché il soggetto ritorna nella posizione di partenza e inspira.
Esercizio da ripetere fino a 10 volte, singolarmente o associato ai due
esercizi seguenti.
60
130
ESERCIZIO II:
Flessione anteriore e rotazione sinistra del tronco superiore (fig. n. 130)
Posizione di partenza:
La stessa dell’esercizio I.
Esecuzione:
Il soggetto solleva la testa e la parte superiore del tronco, associando a
questo movimento di flessione anteriore del tronco un movimento di rotazione verso sinistra.
In questo movimento intervengono i retti dell’addome, obliquo
esterno destro (controlaterale), obliquo interno sinistro (omolaterale).
Anche in questo caso la contrazione degli addominali e la risalita e rotazione del tronco superiore avvengono con la fase espiratoria.
Si mantiene la posizione per 2-3 secondi.
Il ritorno in posizione supina coinciderà con l’avvio della inspirazione.
Nella maggioranza dei casi anche questo esercizio va associato al
I e al III.
L’impiego di un singolo esercizio (II o III) potrebbe servire quando
61
131
esistono debolezze differenziate dei due muscoli obliqui, o quando all’azione dell’obliquo esterno di destra e obliquo interno di sinistra, si chiedono effetti correttivi su certe deviazioni laterali e rotatorie della colonna
dorso-lombare.
ESERCIZIO III:
Flessione anteriore e rotazione destra del tronco superiore (fig. n. 131)
Posizione di partenza:
La stessa degli esercizi I e II.
Esecuzione:
Il soggetto solleva la testa e la parte superiore del tronco, combinando
alla flessione anteriore di quest’ultimo la rotazione verso destra.
In questo movimento combinato interverranno i muscoli retti dell’addome, il muscolo obliquo esterno sinistro (controlaterale), l’obliquo interno destro (omolaterale).
Durante l’esecuzione dell’esercizio il soggetto non deve perdere il controllo sulla colonna lombare e sulla pelvi: entrambi devono rimanere nell’assetto di partenza, colonna lombare sempre in posizione neutra o, se ciò
62
è imposssibile, assicurarsi della della sua aderenza al piano di appoggio.
I gomiti non devono “chiudersi”, ma rimanere ben “aperti” per tutta
la fase di contrazione e di risalita/rotazione destra del tronco superiore.
La colonna cervicale deve rimanere in posizione neutra, vale a dire
non deve subire movimento né in flessione, né in estensione, ma si deve
muovere in perfetta sintonia con il tronco (fig. n. 170).
La contrazione e la risalita/rotazione del tronco avvengono con l’avvio
della fase espiratoria; la durata della contrazione viene regolata su
quest’ultima.
La fase inspiratoria coincide con la pausa e la posizione supina.
Complessivamente si possono eseguire 10 esercizi in flessione anteriore, 10 in flessione anteriore + rotazione sinistra, 10 in flessione anteriore + rotazione destra.
Di solito vanno eseguiti nella sequenza in cui sono stati esposti.
RIPRISTINO DEL RACCORDO FUNZIONALE
DEL TRONCO SUPERIORE
E DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE
CON IL CINGOLO PELVICO E GLI ARTI INFERIORI
L’attenzione nel mantenere adeguato il raccordo dinamico tra parte superiore del corpo, bacino e arti inferiori è imposta dalla necessità di avere
una integrazione funzionale efficiente tra le varie parti e una stabilità
maggiore in assetto verticale.
Per realizzare ciò bisogna andare oltre il criterio puramente anatomotopografico della funzione muscolare; sono essenziali le connessioni attraverso strutture come la fascia toraco-lombare, la fascia lata, la bretella
ileo-tibiale, la bretella ileo-peroneale.
Inoltre, accanto a questi sistemi di connessione che garantiscono stabilità e maggiore efficienza, è altrettanto indispensabile il sistema neuromodulatore, che regola la coordinazione tra muscoli agonisti e
antagonisti.
Prenderemo qui in considerazione alcuni muscoli strategici ai fini della
stabilità della colonna vertebrale e della pelvi.
63
ESERCIZI PRELIMINARI
ESERCIZI IN POSIZIONE PRONA
SU DUE PROTAGONISTI IMPORTANTI
ESERCIZIO ISOMETRICO PER IL MUSCOLO GRANDE DORSALE
(fig. n. 134)
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in posizione prona.
È sempre opportuno mantenere un cuscino trasversale sotto l’addome
per evitare che la colonna lombare assuma una lordosi eccessiva, tranne
i casi in cui la lordosi lombare è assente.
Si esegue l’esercizio prima con l’arto superiore destro e poi con il sinistro.
Gli arti superiori sono posti lungo il corpo.
ESECUZIONE:
Si solleva in estensione (flessione posteriore) l’arto superiore destro,
134
64
mentre è mantenuto in intrarotazione, con il palmo rivolto verso l’alto.
Per rendere più corretta e efficace l’azione del muscolo grande dorsale,
un assistente, ma anche un familiare, blocca la spalla controlaterale (sinistra) con la mano appoggiata su di essa, per evitare che si sollevi dal
piano di appoggio. Contemporaneamente, con l’altra mano appoggiata
sull’avambraccio destro del soggetto, il riabilitatore esercita una spinta
contraria alla direzione del movimento di estensione dell’arto superiore,
in modo da aumentare l’impegno del muscolo grande dorsale e ottenere
la selettività della sua contrazione.
Il soggetto avrà così modo di percepire e acquisire consapevolezza dell’azione del muscolo grande dorsale. In assenza di un’assistenza può ovviare
mediante l’utilizzo di un peso di 1-2 Kg., impugnato con la mano destra.
Eseguire questo esercizio 10 volte a destra e 10 volte a sinistra, in
maniera alternata.
ESERCIZIO ISOMETRICO PER IL MUSCOLO GRANDE GLUTEO
(fig. n. 135)
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in posizione prona, con un cuscino trasversale sotto l’addome.
L’arto inferiore nel quale avverrà la contrazione del grande gluteo è mantenuto in flessione di 90° a livello del ginocchio.
ESERCIZIO ISOMETRICO
PER IL MUSCOLO GRANDE GLUTEO DESTRO
Mantenendo il ginocchio flesso a 90°, sollevare il ginocchio dal piano
di appoggio, senza modificare l’assetto della colonna lombare e del
bacino stesso.
Un assistente (anche un familiare) avrà una mano appoggiata sulla faccia posteriore della coscia destra e l’altra mano sull’emibacino di sinistra.
Con la prima eserciterà una forza uguale e contraria a quella generata
dalla contrazione del grande gluteo destro, in tal modo impedirà la risalita
del ginocchio e l’estensione dell’anca oltre i 10 gradi (esercizio isometrico).
L’altra mano impedirà i movimenti della pelvi a sinistra, consentendo una
maggiore selettività d’azione nei riguardi del grande gluteo destro.
65
135
136
66
Il ginocchio deve essere mantenuto sollevato per 5 secondi, poi ritorna
alla posizione di partenza.
Dopo una pausa di 5 secondi si ripete la contrazione contro resistenza a sinistra.
La contrazione muscolare in isometria rappresenta una forma di feedback interno che aiuterà il soggetto a migliorare il controllo su un determinato muscolo e facilitare il suo impiego in movimenti più complessi,
che richiedono una integrazione dinamica tra vari distretti muscolari.
Si esegue in maniera alterna a destra e sinistra: 10 volte per lato.
Se invece l’esercizio deve essere mirato sulla debolezza unilaterale del
grande gluteo, ovviamente la ripetizione riguarderà solo il lato interessato.
ESERCIZIO COMBINATO, IN POSIZIONE PRONA
diagonale grande gluteo-dentato anteriore controlaterale (fig. n. 136)
POSIZIONE DI PARTENZA:
Soggetto in posizione prona.
Mantiene un cuscino sotto l’addome, per evitare che la colonna lombare
assuma un assetto in lordosi eccessiva.
Questo esercizio lo rivedremo nel prossimo capitolo, in posizione quadrupede.
Consente di migliorare la funzione stabilizzatrice del dentato anteriore,
nei riguardi della scapola, di conseguenza il livello funzionale dell’arto
superiore omolaterale.
L’arto superiore è proteso in avanti; tuttavia non deve raggiungere una
flessione anteriore di 180°, ma si pone a 130-140° di flessione anteriore
a livello della spalla.
Gli arti inferiori sono distesi e paralleli.
ESECUZIONE:
La contrazione preliminare all’esecuzione dell’esercizio riguarda i muscoli
stabilizzatori profondi. Per praticità possiamo etichettarli con la dizione
“cilindro muscolare” (scheda 1, volume 2); il riferimento è a quella entità anatomo-funzionale che altri chiamano “core stability”. Comunque
la si voglia chiamare, la sua partecipazione deve diventare un automati-
67
smo e una costante che caratterizza la quotidianità di ognuno.
Pertanto l’esercizio si svolge con il sistema lombo-pelvico stabilizzato
dal richiamo preliminare e automatico del trasverso dell’addome e del
multifido lombare. L’innesco della contrazione del “cilindro nuscolare” avviene con la contrazione continua e in progressione dei muscoli bulbocavernoso e ischio-cavernoso (vedi scheda 1, vol. 2; scheda 1, pag.
4 di questo compendio).
Bisogna portare in avanti l’arto superiore sinistro, ponendolo in flessione anteriore di 130° circa; contemporaneamente l’arto inferiore destro, mantenuto disteso, va in estensione a livello della coxo-femorale.
La colonna lombare rimane nella sua ZONA NEUTRA, per effetto
della presenza attiva e continua del “cilindro muscolare”: intendendo
la ZONA NEUTRA secondo la definizione di Panjabi: “quella zona di
escursione di un segmento intervertebrale nella quale il movimento avviene senza una resistenza significativa delle strutture
osteo-disco-legamentose”.
Entrambi questi muscoli (dentato anteriore e grande gluteo), soprattutto il grande gluteo, sono in grado di mettere in tensione il foglietto
posteriore della fascia toraco-lombare, conferendo più stabilità al tronco
e alla pelvi. Il dentato anteriore non ha rapporti diretti con la sacroiliaca e la fascia toraco-lombare; tuttavia, la sua contrazione stabilizza
la scapola e mette in tensione i sistemi fasciali di vari grandi muscoli del
tronco, che hanno rapporti con il foglietto posteriore della fascia toracolombare. La stessa fascia toraco-lombare, con il suo foglietto posteriore
continua a livello dorsale e scapolare, anche se con caratteristiche un po’
diverse per quanto riguarda lo spessore e il tipo di rapporti anatomofunzionali, rispetto alla regione lombare.
Questo passaggio obliquo di forze da un lato all’altro, sia attraverso la sacro-iliaca, sia attraverso le connessioni muscolo-fasciali, aiuterà a dare stabilità alla colonna vertebrale in qualsiasi
assetto si trovi, oltre naturalmente a migliorare la stabilità del
cingolo scapolare e del cingolo pelvico.
La contrazione del dentato anteriore sinistro e del grande gluteo destro dura 5 secondi , dopodiché c’è un ritorno alla posizione di partenza
e una pausa di 5 secondi.
68
Durante la pausa c’è un rilasciamento anche del “cilindro muscolare”.
L’esercizio si ripete 20 volte, alternando la diagonale sinistra-destra
e destra-sinistra.
ESERCIZI IN POSIZIONE QUADRUPEDE
ESERCIZIO IN POSIZIONE QUADRUPEDE:
• Diagonale grande dorsale - grande gluteo controlaterale
• Diagonale trapezio (porzione media e inferiore) - grande gluteo
controlaterale
• Diagonale dentato anteriore - grande gluteo controlaterale.
Note:
1) Per ognuno di questi esercizi cambia la posizione del braccio:
• Quando l’arto superiore si solleva e si pone in avanti (flessione anteriore del braccio) si ha uno stretching del grande dorsale, mentre la sua contrazione si ottiene quando si porta in adduzione e
flessione posteriore (estensione ad arto addotto).
• Per quanto riguarda la diagonale funzionale tra trapezio medio e
inferiore di un lato e grande gluteo controlaterale, l’arto superiore
deve porsi in una posizione intermedia tra la flessione anteriore
massima (elevazione) e l’abduzione di 90°.
• Se l’esercizio mira al reclutamento e rafforzamento del dentato
anteriore, allora la posizione dell’arto superiore è in flessione anteriore di circa 135°
2) Per tutti gli esercizi in posizione quadrupede vale una regola comune:
immediatamente prima dello spostamento dell’arto superiore e inferiore
il sistema lombo-pelvico deve essere posto in una condizione di stabilità
mediante l’intervento contemporaneo del pavimento pelvico (muscolo
bulbocavernoso e ischiocavernoso) e del bascullamento pelvico
(scheda 1 e 2 di questo compendio oppure vol. 2).
69
DIAGONALE DEDICATA AL RACCORDO FUNZIONALE
GRANDE DORSALE-GRANDE GLUTEO CONTROLATERALE
A livello del foglietto posteriore della fascia toraco-lombare il raccordo
funzionale tra grande dorsale e grande gluteo controlaterale
rappresenta verosimilmente il passaggio di forze più rilevante e fondamentale, in una realizzazione biomeccanica unica come il bipedismo
umano e le attività funzionali ad esso connesse, come la marcia e la
corsa (fig. n. 137).
Questi due grandi muscoli appartengono agli stabilizzatori intermedi.
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in assetto quadrupede, i punti di appoggio sono le ginocchia
e il palmo delle mani.
L’assetto della colonna vertebrale è neutro, sia a livello lombare che
cervico-dorsale. Vale a dire rimane in quella che si può definire zona
neutra: con questo termine si intende quella entità di movimento segmentario che inizia dalla posizione neutra, e arriva fino al punto in cui la
resistenza delle strutture osteo-legamentose è minima o nulla e non la
supera. La posizione neutra è garantita dalla preliminare attivazione dei
muscoli stabilizzatori profondi (core stability) e contemporaneamente dal bascullamento pelvico e individuazione dell’assetto lombare
più stabile e confortevole. Quet’ultimo, in alcuni soggetti deve essere utilizzato nel senso della retroversione (contrazione degli addominali), in
altri in antiversione (contrazione dei muscoli erettori spinali).
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO (fig. n. 137):
L’azione preliminare è la stabilizzazione del sistema lombo-pelvico mediante la contrazione dei muscoli stabilizzatori profondi richiamati con il
meccanismo del “CILINDRO MUSCOLARE” (vedi scheda 1 del volume 2
e scheda 1 di questo compendio); in questo tipo di prestazione serve
anche l’intervento stabilizzatore del bascullamento pelvico (scheda 2 del
vol. 2 e scheda 2 di questo compendio).
Immediatamente dopo si porta in estensione (flessione posteriore)
e adduzione l’arto superiore sinistro; contemporaneamente si allunga in estensione l’arto inferiore destro.
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137
138
71
Mantenere questa posizione per 5 secondi, poi si torna alla posizione
di partenza.
Dopo una pausa di 5 secondi si ripete la diagonale controlaterale:
muovere in flessione posteriore (estensione) e adduzione l’arto
superiore sinistro e allungare in estensione l’arto inferiore destro.
La durata è sempre 5 secondi.
Complessivamente si fanno 5 esercizi per lato.
DIAGONALE DEDICATA AL RACCORDO FUNZIONALE TRAPEZIO
MEDIO E INFERIORE-GRANDE GLUTEO CONTROLATERALE
La finalità è sempre quella di fornire più stabilità al sistema vertebrale e
pelvico, al cingolo scapolare, utilizzando gli stabilizzatori profondi e stabilizzatori intermedi, e il raccordo tra loro.
Il raccordo funzionale tra la porzione media e inferiore del trapezio e
il grande gluteo controlaterale è mediato dal foglietto posteriore
della fascia toraco-lombare (fig. n. 138); la deficienza funzionale di
questo raccordo ha indubbiamente una influenza negativa sulla stabilità
e capacità funzionale del soggetto in assetto verticale.
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in posizione quadrupede.
Colonna vertebrale in posizione neutra, intendendola come ZONA NEUTRA; in effetti si vuole intendere non un assetto rigido, ma una condizione
che consenta un minimo di oscillazione nell’ambito di un range che
non crea tensioni di tipo osteolegamentoso (zona neutra).
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO (fig. n. 138):
Stabilizzazione preliminare, attiva, del sistema lombo-pelvico con il meccanismo del “CILINDRO MUSCOLARE” o “core stability”.
Immediatamente dopo si porta l’arto superiore destro in una posizione di abduzione di 90°. Il palmo è rivolto in avanti. Contemporaneamente l’arto inferiore sinistro si pone in estensione.
Mantenere questa posizione per 5 secondi, poi si torna in posi72
zione di partenza.
Dopo una pausa di 5 secondi si effettua la diagonale controlaterale:
si solleva in abduzione l’arto superiore sinistro, con il palmo della
mano rivolto in avanti; contemporaneamente si estende l’arto inferiore destro.
Si conserva questa posizione per 5 secondi.
Si compiono 5 esercizi per lato.
DIAGONALE DEDICATA AL RACCORDO FUNZIONALE INDIRETTO
TRA STABILIZZATORI DELLA SCAPOLA (DENTATO ANTERIORE)
E GRANDE GLUTEO
Il raccordo anatomo-funzionale tra queste due entità muscolari (dentato
anteriore e grande gluteo) è indiretto, nel senso che con la scapola ha
rapporti il trapezio, il grande dorsale; questi due ultimi fanno da mediatori funzionali; essi risentono moltissimo nella loro efficienza delle condizioni della scapola, se quest’ultima è instabile per debolezza del
dentato anteriore, anche la loro funzione diventerà inadeguata.
Inoltre, il foglietto posteriore della fascia toraco-lombare di fatto ha
una sua continuità con le fasce muscolari del dorso e ciò significa che
una instabilità della scapola interferisce inevitabilmente in maniera negativa sulla stabilità lombo-pelvica. In questo senso è sempre protagonista il foglietto posteriore della fascia toraco-lombare.
Il recupero del ruolo stabilizzatore del dentato anteriore nei riguardi della scapola e la messa in tensione della fascia toracolombare (sia pure indiretta) trasmettono la forza al grande gluteo
controlaterale e conferiscono stabilità al sistema lombo-pelvico.
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in assetto quadrupede: appoggia sulle ginocchia e sulle
mani; la colonna deve trovarsi in posizione neutra a livello lombare e
pelvico, ma anche a livello cervicale.
Si è già detto come bisogna essere pronti a fare intervenire 2 meccanismi stabilizzatori: 1) i muscoli stabilizzatori profondi (trasverso dell’addome e multifido), reclutati dalla contrazione del pavimento pelvico, 2)
73
139
la retro/antiversione del bacino.
Il primo inserimento è obbligatorio e si realizza immediatamente
prima dello spostamento dell’arto superiore e dell’arto inferiore. Il secondo (la retro/antiversione del bacino) è richiesto a sua volta, quando
il primo non è sufficiente a mantenere la posizione neutra del sistema
lombo-pelvico.
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO (fig. n. 139):
Il soggetto, subito dopo la contrazione del pavimento pelvico, l’eventuale
ricerca/acquisizione della posizione neutra mediante anti o retroversione del bacino per dare più stabilità al sistema lombo-pelvico, sposta
in avanti, in flessione anteriore di 130° l’arto superiore sinistro e
indietro l’arto inferiore destro, assicurandosi che ci sia la corretta posizione dell’arto superiore e completa estensione e retroposizione dell’arto inferiore controlaterale.
Mantiene questo assetto per 5 secondi, poi ritorna nella posizione di
partenza.
L’esercizio prosegue alternando la diagonale: incrocio delle forze attraverso il foglietto posteriore della fascia toraco-lombare, prima
tra il dentato anteriore sinistra (arto superiore sinistro) e il grande
gluteo di destra (arto inferiore destro), protagonisti principali.
L’altra diagonale è realizzata dal dentato anteriore di destra e
grande gluteo di sinistra esattamente con le stesse modalità.
Complessivamente si realizzeranno 10 diagonali
74
RIPRISTINO DEL TONO E FORZA
DEGLI ERETTORI SPINALI
ESERCIZIO MUSCOLI ERETTORI SPINALI (muscolo SACROSPINALE) (figg. n. 79 a, b)
Questo esercizio è mirato sui muscoli erettori nel loro complesso,
che vengono raggruppati sotto la dizione comune di MUSCOLO SACROSPINALE. Di questo complesso muscolare e degli altri muscoli delle logge
paravertebrali si è appena concluso la descrizione (vedi vol. 3).
Tuttavia, nelle sue modalità di esecuzione, questo esercizio si può considerare destinato anche alla rieducazione funzionale della catena
muscolare posteriore nel suo complesso.
In effetti, vengono interessati i muscoli del cingolo scapolo-omerale,
i muscoli erettori del capo e del collo, gli erettori spinali superficiali e profondi, i glutei, gli ischio-tibio-peroneali, il muscolo tricipite della sura, e
i flessori plantari delle dita. La complessità della catena muscolare posteriore viene coinvolta quando il soggetto possiede una sufficiente capacità funzionale. Infatti, l’esercizio verrà diviso in due modalità:
MODALITà 1ª, MODALITà 2ª.
POSIZIONE di PARTENZA:
È la stessa per le due modalità. Il soggetto sta in posizione prona; per
evitare di provocare una lordosi eccessiva, a causa del decubito prono,
ma ancor più per il movimento di estensione conseguente alla contrazione degli erettori spinali o muscolo sacro-spinale, è consigliabile porre
un cuscino trasversale sotto l’addome. Le braccia sono poste in adduzione e allineate lungo il corpo.
Quando c’è un vizio posturale sul piano sagittale, caratterizzato dalla
perdita della lordosi o addirittura inversione in cifosi della colonna lombare, non deve essere posto il cuscino trasversale; questo diventa un
esercizio con funzione correttiva.
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO nella MODALITÀ 1ª (fig. n. 140)
Il soggetto compie un movimento della parte superiore del tronco in
75
140
estensione e, contemporaneamente, gli arti superiori, intraruotati,, con
i gomiti distesi, si portano nella loro massima flessione posteriore (retroposizione). Gli erettori spinali sono chiamati ad un grande impegno;
bisognerà tener conto dell’età e della condizione muscolare del soggetto,
così come delle patologie vertebrali eventualmente presenti.
Gli arti inferiori non partecipano, pertanto le coxo-femorali le ginocchia e la tibiotarsica sono in un assetto indifferente.
Per evitare che la colonna lombare accentui oltremodo la lordosi, non
bisogna consentire che il movimento di estensione del tronco provochi
una escursione nei segmenti lombari oltre la zona neutra. A questo scopo
e per garantire un governo attivo dell’assetto posturale, è necessario fare
ricorso alla contrapposizione mediante la contrazione dei muscoli antagonisti, che sono gli addominali e i glutei.
In un soggetto che invece ha un vizio posturale in ipolordosi o addirittura è senza lordosi, questo esercizio ha un valore terapeutico, poiché
la contrazione dei muscoli erettori spinali di per sé ripristina un assetto
in lordosi e consensualmente porta il sacro in nutazione e il bacino in antiversione. A questo proposito, consultare eventualmente la scheda 1 e
2; volume 2).
Si possono programmare 5-10 esercizi al mattino prima di scendere
dal letto e la sera prima di addormentarsi.
76
141
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO nella MODALITÀ 2ª: (fig. n. 141)
La posizione di partenza è la stessa della modalità 1ª.
C’è una partecipazione globale della catena muscolare posteriore.
Il soggetto compie sia il movimento della parte superiore del tronco
in estensione come descritto nella modalità 1ª, sia delle anche e degli
arti inferiori nella loro interezza (ginocchia e caviglie).
Devono partecipare i glutei, per consentire l’estensione dell’anca; gli
ischio-tibio-peroneali, per collaborare alla estensione dell’anca; tricipite
della sura, flessori plantari delle dita e del piede, per mantenere il piede
in flessione plantare.
Per sollevare contemporaneamente la parte superiore del tronco, gli
arti superiori e gli arti inferiori (mantenuti distesi), è necessaria la contrazione di erettori spinali, i muscoli larghi del tronco (muscolo
grande dorsale in particolare), i muscoli pelvi-trocanterici; i quadricipiti devono contrarsi per mantenere estese le ginocchia e consentire
ai muscoli ischio-tibio-peroneali di contrarsi con il ruolo di estensori
dell’anca e non di flessori delle ginocchia.
Il piede è in flessione plantare.
In questa maniera si ottiene un arco a concavità posteriore che riguarda tutto il corpo.
L’esercizio in modalità 2ª si esegue 5-10 volte al mattino prima di
alzarsi e 5-10 volte la sera prima di addormentarsi.
77
RIPRISTINO DEL TONO E FORZA DEL
MEDIO GLUTEO
Richiamo anatomo-funzionale (figg. n. 42 a, b, c; vol. 1)
È un muscolo piatto, triangolare, collocato sotto e davanti al grande gluteo. I suoi fasci convergono a ventaglio dall’ala iliaca (labbro esterno
della cresta iliaca, spina iliaca anteriore superiore), dalla fascia glutea,
verso il basso raccogliendosi in un tendine che si inserisce sulla faccia
esterna del grande trocantere.
Il muscolo è ricoperto da uno spesso foglietto della fascia glutea, dal
grande gluteo e dal tensore della fascia lata. Profondamente è in rapporto
con il piccolo gluteo, con l’osso iliaco.
Azione: L’azione del medio gluteo è l’abduzione dell’articolazione dell’anca: è l’abduttore principale. Con i suoi fasci posteriori extraruota
il femore, mentre con i fasci anteriori intraruota.
Nell’esercizio descritto sotto vengono sollecitati diversi muscoli:
medio gluteo (abduttore principale), piccolo gluteo, tensore della fascia lata, fibre superiori del grande gluteo.
ESERCIZIO (figg. n. 142 a, b):
C’è da osservare che gli abduttori dell’anca, valutati come gruppo,
possono apparire normali per quanto riguarda la forza; mentre la valutazione mirata sul gluteo medio può risultare con una debolezza significativa.
POSIZIONE DI PARTENZA:
Il soggetto è in decubito laterale.
Assicurarsi che sia mantenuta la posizione corretta ed evitata la rotazione all’indietro del bacino; poiché in questo caso ci sarebbe la partecipazione all’abduzione del tensore della fascia lata e del piccolo gluteo.
Paziente disteso su un fianco, con l’arto inferiore sottostante flesso a
livello dell’anca e del ginocchio e con il bacino ruotato leggermente in
avanti, affinché la parte posteriore del medio gluteo si trovi in posizione
antigravitaria. Quando il soggetto mantiene un decubito laterale corretto,
entrambi gli arti inferiori possono rimanere in estensione, senza la flessione di quello sottostante a livello del ginocchio e dell’anca.
78
142 a
142 b
79
ESECUZIONE DELL’ESERCIZIO:
Per eseguire correttamente questo esercizio, bisogna evitare che la contrazione dei muscoli laterali del tronco (parte laterale del muscolo obliquo
esterno, muscolo quadrato dei lombi) sposti il bacino verso le coste, simulando un’azione dell’abduttore.
È opportuno stabilizzare il bacino, ponendolo in retroversione (contrazione modulata di addominali e grande gluteo) o in lieve antiversione
(contrazione modulata degli erettori spinali), quando il soggetto ha un
vizio posturale sul piano sagittale per cui è sprovvisto della lordosi fisiologica lombare.
Mantenendo l’assetto descritto sopra, il soggetto solleva l’arto inferiore, abducendolo di 30° circa.
Mantiene questa posizione per 5 secondi, poi ritorna nella posizione
di partenza.
L’esercizio deve essere ripetuto per 10 volte per ogni lato.
COLONNA CERVICALE
ESERCIZIO ISOMETRICO PER LA COLONNA CERVICALE
Nel capitolo 1 del volume 3 ho riportato la definizione dei diversi tipi di
attività, c’è anche la definizione di contrazione isometrica.
L’esercizio isometrico per la colonna cervicale consiste nella contrazione
in sequenza dei vari gruppi muscolari che governano i movimenti della
testa e del collo, non seguita dal movimento corrispondente, a causa di
una forza uguale e contraria che si oppone; la contrapposizione viene
esercitata dalla propria mano.
I movimenti possibili della colonna cervicale sono 6:
1 Flessione anteriore
2 Estensione
80
3
4
5
6
Flessione laterale destra
Flessione laterale sinistra
Rotazione destra
Rotazione sinistra
Quando si esegue l’esercizio isometrico, ci deve essere contemporaneamente la ricerca e la consapevolezza della posizione neutra del
capo (fig. n. 170).
Per posizione neutra del capo e della colonna cervicale si intende la
posizione ottimale di bilanciamento tra i vari muscoli antagonisti.
In sostanza è la posizione intermedia tra flessione ed estensione. Il
mento deve rimanere sufficientemente abbassato, mentre nell’assetto
posturale quotidiano si tende a mantenerlo in alto a causa di un frequentissino ipertono degli estensori del capo e del collo. Questo squilibrio
esprime la risposta emotiva a tutto ciò che ci capita nel nostro vivere
quotidiano; si tratta dunque di un
170
adattamento funzionale fortemente
influenzato dal versante psichico
della personalità umana.
Serve una presa di coscienza di
questa realtà e imparare a gestirla
in maniera molto semplice, ma
quotidianamente.
In assenza di consapevolezza di
questo disagio muscolo-legamentoso, il vizio posturale della colonna
cervicale tende a cronicizzarsi e
strutturarsi; il che implica, sulla
lunga distanza, il coinvolgimento
delle articolazioni inter-apofisarie e
dei dischi intersomatici.
Credo sia utile evocare ancora
l’immagine della testa che si comporta come “un palloncino gonfio”,
che tende a “volare” in su e in
avanti (fig. n. 170).
81
Bisogna anche ricordare che la colonna cervicale ha l’obbligo di ripristinare l’appiombo e riportare la linea di gravità nel suo assetto normale
(figg. n. 28 a, b del vol. 1; 171 a, b, c); ciò comporta un impegno
particolare a livello muscolo-legamentoso e articolare segmentario. C‘è
anche da aggiungere che a livello cervicale, più che a livello lombare e
pelvico, vengono convogliate le turbolenze del nostro mondo interiore.
ESECUZIONE ESERCIZI ISOMETRICI
Posizione di partenza:
Il soggetto sta seduto o in piedi fermo.
Pone la testa in posizione neutra (fig. n. 170), cercando di liberarsi da ogni tensione; servono pochi minuti di raccoglimento e di rilassamento.
I sei movimenti contrastati sono rappresentati nelle figure 173, 174,
175, 176, 177, 178.
Esecuzione (figg. 173, 174, 175, 176, 177, 178):
Trattasi di esercizio isometrico.
• Flessione anteriore contrastata: il soggetto vuole flettere il
capo, ma la sua mano destra lo impedisce: appoggiata sulla fronte,
esercita una spinta uguale e contraria (fig. n. 173).
• Estensione contrastata: la mano sinistra appoggiata sull’osso
occipitale esercita una spinta uguale e contraria e la testa rimane
ferma in posizione neutra (fig. n.174).
• Flessione laterale destra contrastata: la mano destra appoggiata sull’osso parietale destro impedisce il movimento del capo in
flessione laterale (fig. n. 175).
• Flessione laterale sinistra contrastata: la mano sinistra appoggiata sulla regione parietale sinistra impedisce la flessione laterale del capo. La testa deve rimanere sempre in posizione neutra
(fig. n. 176).
• Rotazione destra contrastata: la mano destra appoggiata sul
lato destro della mandibola esercita una spinta verso sinistra e il
capo non può ruotare verso destra (fig. n. 177).
• Rotazione sinistra contrastata: la mano sinistra appoggiata sul
82
Articolazione
occipite-C1
Articolazione C1-C2
(atlante-epistrofeo)
171 a
Articolazione
occipite-C1
Articolazione C1-C2
(atlante-epistrofeo)
171 b
Caso clinico:
a) ricostruzione sagittale di TAC cervicale, con dettaglio
su occipite-C1 a destra, in questo segmento avviene il
compasso posturale.
C1-C2 condivide l’impegno ma in maniera più modesta.
b) Ricostruzione sagittale di TAC cervicale, con dettaglio su occipite-C1 a sinistra.
c) Ricostruzione sagittale con taglio centrale: c’è una
perdita della lordosi fisiologica da C5 a C1.
Il compenso posturale avviene quasi interamente a livello occipite-C1.
171 c
83
173
174
175
176
84
177
178
lato sinistro della mandibola si oppone alla rotazione verso sinistra
(fig. n. 178).
Ogni contrazione dura circa 5 secondi. Alla fine di ogni singola contrazione isometrica c’è una breve pausa di 5 secondi, che serve per rimodulare la posizione neutra della testa e la preparazione del contrasto
successivo.
La successione dei movimenti contrastati può essere diversa da come
è esposta sopra, tuttavia è bene che venga rispettato un certo ordine
squenziale.
La durata globale può essere di 10 minuti primi. Per un certo periodo
(15-20 giorni) la seduta dovrebbe essere ripetuta 2 volte al dì.
L’esercizio isometrico può essere eseguito anche con il collare indossato, per coloro che per qualsiasi motivo lo debbano portare e sono in
fase riabilitativa.
85
ALLINEAMENTO POSTURALE
DELLA COLONNA VERTEBRALE ALLA PARETE
Questo esercizio viene posto tra quelli dedicati alla cervicale per il fatto
che qualsiasi programma di rieducazione posturale non può prescindere
da essa, anche quando l’impegno prevalente sembra focalizzato sul tratto
lombare e sulla pelvi.
L’esercizio proposto qui di seguito in effetti perderebbe molto del suo
valore rieducativo se non venisse data la giusta enfasi all’assetto corretto
(neutro) della colonna cervicale e della testa.
179 a
179 b
86
Il miglioramento funzionale cervicale deve costituire l’obbiettivo principale di questo importante esercizio rieducativo posturale; per arrivare a
ciò non si può prescindere dall’adeguato assetto della colonna dorsale,
lombare e della pelvi.
Posizione di partenza:
È un tempo preliminare, che comporta una sorta di preparazione psicofisica. Soggetto in stazione eretta con il dorso vicino ad una parete.
I piedi sono distanti tra loro 30 cm. circa e distano dalla parete 25-30
cm. circa.
Le braccia lungo il corpo. Il peso del corpo deve essere equamente
distribuito su entrambi gli arti inferiori.
Con le figure 179 a, b si vuole mettere in evidenza difetti posturali
molto frequenti sul piano sagittale: iperlordosi lombare e bacino in antiversione non controllata, accentuazione della cifosi dorsale; il compito
di ripristinare l’appiombo spetta alla colonna cervicale. Bisogna anche
tener conto dei fattori non strettamente biomeccanici e fisici che hanno
rilevanza su tutta la colonna vertebrale, ma in particolare sulla complessità neuromuscolare della colonna cervicale.
Per esempio, la contrattura della porzione superiore del muscolo trapezio è una manifestazione clinica di riscontro molto frequente; quando
è bilaterale pone il capo e la colonna cervicale in estensione, le spalle
addotte e in elevazione; quando è unilaterale, la testa è posta in estensione e ruotata verso il lato opposto, le spalle sono asimmetriche; la
spalla omolaterale alla contrattura è più alta dell’altra.
La testa frequentemente è in assetto viziato compensatorio: ciò dipende dal fatto che la colonna cervicale ha il compito di annullare gli sbilanciamenti eccessivi del tronco rispetto alla linea di gravità (fig. n.
28, volume 1; figg. n. 171 a, b, c)
Esecuzione:
I fase (figg. 180 a, b)
Fa parte dell’esercizio la correzione preliminare dell’assetto posturale: rilasciare i muscoli del collo e del cingolo scapolo-omerale. La testa deve
trovare la sua posizione neutra: non deve essere flessa anteriormente,
né spinta in dietro; cercare una posizione intermedia (neutra), variabile
87
180 a
180 b
da soggetto a soggetto, che corrisponda bene al criterio di Alexander del
palloncino gonfio di gas che vola in alto e lievemente in avanti (fig. n.
170). In sostanza, la posizione neutra della testa è una condizione di
equilibrio muscolare e di assenza di tensione.
Respiro regolare.
È necessaria l’applicazione anche di quell’automatismo che deve caratterizzare la nostra vita quotidiana, mi riferisco a quanto è espresso nella
scheda 1 del volume 2: come recuperare il controllo sui muscoli stabilizzatori profondi della colonna vertebrale e del bacino; in pratica,
contrarre lo sfintere vescicale esterno volontario (m. bulbocaversoso),
88
come se si dovesse trattenere l’urina, e respirare regolarmente. Questo
esercizio deve diventare la sintesi di quasi tutto quello che si è detto
nel volume 1 e 2.
(Le schede 1 e 2 si trovano anche all’inizio di questo compendio, realizzato per facilitare l’acquisizione di un efficace ruolo attivo nella prevenzione del dolore vertebrale.)
Quando c’è la lordosi lombare in eccesso, va ridotta in maniera significativa, mediante la retroversione del bacino (scheda 2, volume 2);
ciò consentirà alla colonna lombare di quasi aderire alla parete.
Quando la lordosi è assente o insufficiente, il gioco del bascullamento
pelvico prevede di ritrovare la posizione neutra della colonna lombare
sfruttando la contrazione dei muscoli erettori spinali e cercare un
equilibrio con gli antagonisti che sono i muscoli addominali. A questo
punto il soggetto inizia a porre in lieve flessione le anche, le ginocchia e
le caviglie; si avvia così la discesa lungo la parete.
Questa deve proseguire senza perdere la posizione neutra della
colonna lombare.
Quando le anche e le ginocchia hanno compiuto una escursione in flessione di 30°-40° il soggetto si può fermare e avviare la II fase, quella
della risalita (fig. n. 181 a, b).
Da notare che in questo esercizio la posizione neutra lombare
corrisponde al minimo angolo di lordosi, nell’ambito del range
consentito. Le spalle devono rimanere in una condizione di rilasciamento, non si sollevano, ma si “allargano”; le braccia lungo il corpo vanno
percepite come due segmenti che tendono ad “allontanarsi” dal tronco.
II fase (figg. n.181 a, b)
Questa seconda fase dell’esercizio è da considerare più impegnativa poiché esige un maggior controllo della stabilità del sistema
cervico-dorso-lombo-pelvico.
Durante la risalita si deve mantenere l’assetto posturale descritto per la I fase. Per non perdere l’allineamento posturale alla parete è necessario continuare il controllo su due funzioni: 1) La
contrazione dello sfintere vescicale 2) Il bascullamento pelvico
deve essere esercitato in modo che si riesca a mantenere la posizione
neutra: si tratta di governare una condizione di equilibrio tra due gruppi
89
181 a
181 b
muscolari antagonisti: addominali per la retroversione, erettori spinali
per la antiversione del bacino .
Bisogna imparare a modulare la contrazione dello sfintere vescicale
esterno, degli addominali e glutei in base alle esigenze che aumentano
progressivamente con l’estensione delle anche e delle ginocchia, fino al
ripristino della verticalità. I muscoli delordosizzanti devono contrastare
l’azione lordosizzante dei muscoli psoas, che si manifesta in maniera
sempre più rilevante a mano a mano che le coxo-femorali estendendosi
mettono in tensione i due mscoli psoas. Se si mantiene il controllo della
stabilità dell’assetto posturale dorso-lombo-pelvico è più facile mante90
nere la neutralità posturale della colonna cervicale.
Ripristinata la verticalità, il soggetto può allentare il tono dei protagonisti del bascullamento del bacino sia nel senso dell’antiversione
(erettori spinali), sia nel senso della retroversione (addominali e glutei).
Inizia una pausa di durata variabile da pochi secondi a un minuto
primo. Questa pausa consente di prendere consapevolezza di ciò che si
deve fare per migliorarne l’esecuzione.
Le ripetizioni dell’esercizio serviranno ad acquisire maggiore controllo
sull’assetto posturale di tutta la colonna vertebrale, ma anche a superare
molti malesseri che derivano dal sovraccarico muscolo-legamentoso cervicale, delle strutture segmentarie della colonna cervicale e della cerniera
occipite-C1 che hanno l’obbligo di ristabilire l’appiombo compromesso
dai vizi posturali a valle (fig. n. 28, volume 1).
91
INDICE
Prefazione
pag. 5
SCHEDA 1:
I MUSCOLI STABILIZZATORI PROFONDI
Aspetti anatomo-funzionali
Esercizio pratico
pag. 6
pag. 15
SCHEDA 2:
Retro/antiversione del bacino e la ricerca della posizione NEUTRA:
aspetti anatomo-funzionali
Iperlordosi lombare
Ipolordosi lombare e assenza della lordosi (fino all’inversione in cifosi)
Le quattro cose da ricordare per la difesa della zona NEUTRA
I cambiamenti protettivi indotti dal bascullamento pelvico
L’applicazione del bascullamento pelvico in stazione eretta ferma
o quando si cammina lentamente
SCHEDA 3:
L’accosciamento
I criteri di Frederick Matthias Alexander e i tre “ordini primari”
L’accosciamento e il passaggio dalla leva di primo genere svantaggiosa
alla leva di primo genere indifferente
La dimostrazione della necessità biomeccanica dell’accosciamento
sta in tre fenomeni comportamentali
Posizione del musulmano orante
e variante per la correzione/ rieducazione del dorso curvo
Esecuzione dell’esercizio:
Parte I
Parte II
Considerazioni sugli effetti benefici dell’assunzione periodica
della posizione accosciata
Il movimento “scimmia” di Alexander modificato:
sedersi e alzarsi dalla posizione seduta
MUSCOLATURA INTERMEDIA E GLOBALE
Recupero del controllo e potenziamento dei muscoli obliquo esterno,
obliquo interno, retto dell’addome
Esercizi da non fare:
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
18
20
20
22
27
pag. 29
pag. 35
pag. 35
pag. 38
pag. 42
pag. 44
pag. 47
pag. 48
pag. 49
pag. 51
pag. 54
pag. 54
pag. 55
Esercizio del “sit-up”
Esercizio della “forbice” con arti inferiori distesi
Esercizi per gli addominali:
Esercizio I
Esercizio II
Esercizio III
Ripristino del raccordo funzionale muscolare del tronco superiore
e cingolo scapolo-omerale con la pelvi e gli arti inferiori
ESERCIZI PRELIMINARI
Esercizio in posizione prona su due protagonisti importanti
Esercizio isometrico per il muscolo grande gluteo
Eserciziocombinato in posizione prona
pag. 55
pag. 57
pag. 59
pag. 61
pag. 62
pag. 63
pag. 64
pag. 65
pag. 67
ESERCIZI IN POSIZIONE QUADRUPEDE
Diagonale grande dorsale-grande gluteo controlaterale
Diagonale trapezio medio e inferiore-grande gluteo controlaterale
Diagonale dentato anteriore-grande gluteo controlaterale
Ripristino del tono e forza dei muscoli erettori spinali
Esercizio modalità prima
Esercizio modalità seconda
Ripristino del tono e forza del medio gluteo
pag. 69
pag. 70
pag. 72
pag. 73
pag. 75
pag. 75
pag. 77
pag. 78
COLONNA CERVICALE
Esercizio isometrico per la colonna cervicale
Posizione NEUTRA della colonna cervicale
Esecuzione esercizi isometrici colonna cervicale
Caso clinico
Allineamento posturale della colonna vertebrale alla parete
pag.
pag.
pag.
pag.
pag.
80
81
82
83
86
Finito di stampare
nel mese di Agosto 2013
L•EditricE
96
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