comunicazione
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Destinati
all’atomo
 di Sergio Ferraris
L’Italia, o meglio il Governo, sceglie il
nucleare e sarà un atomo all’italiana,
come quello precedente degli anni 60
e 70, quando si era riusciti a realizzare quattro reattori, con altri due mai
completati a Montalto di Castro, profondamente diversi tra
loro e con filiere e tecnologie differenti, ai quali andrebbe
aggiunto quel 33% sempre dimenticato del Superphénix appartenente all’infelice filiera degli autofertilizzanti francesi
che, dopo quell’unico esemplare, sparì nel nulla. Ma non è di
tecnologie, numeri o scorie che voglio parlare, ma del quadro
che si sta scientemente costruendo sul nucleare e che potrebbe
portare a perdere il referendum sull’atomo, sancendo un sì di
fatto alla nuova avventura atomica italiana che, a quel punto, potrebbe fermarsi solo per auto implosione economica e
industriale.
I segnali ci sono tutti. Sul nucleare si è compattato uno
schieramento di parte industriale che comprende uno dei più
grossi fronti degli ultimi decenni. Confindustria ha sposato in
maniera quasi unanime l’opzione nucleare e quasi ogni giorno
dalle Regioni arrivano notizie
dell’avvio del processo di qualificazione per il nucleare da
parte delle imprese. Le aziende di distribuzione elettrica
o sono attrici nell’opzione o
si dicono interessate, mentre
da parte del quadro politico
con la Legge sviluppo si è costruita un’autostrada per l’atomo,
nella quale si garantisce addirittura la bancabilità dei progetti
a fronte di un cambio d’indirizzo politico sulla questione.
Semplicità atomica
È sulla comunicazione che si gioca la partita più importante. L’operazione di semplificazione del nucleare è iniziata
oltre due anni fa quando si è cominciato a parlare dell’atomo
utilizzando aggettivi come «economico, pulito e sicuro» e di
fronte al problema delle scorie si è affermato che è un «falso
problema» e ancora - di fronte ai rapporti internazionali sul
costo dell’elettricità da nucleare - si è ricorsi al luogo comune
con affermazioni del tipo «lo fanno altri Paesi per cui deve
essere conveniente per forza». Poco dopo, sempre in tema
di scorie, si è affermato da parte dei filonuclearisti che il deposito nazionale delle scorie sarebbe diventato un «Polo di
ricerca tecnologica», incensato al pari di una località turistica
esclusiva in un recente articolo del Sole 24 Ore. Nel frattempo
questa primavera è iniziato a circolare, allegato ai giornali
diocesiani del nord, un “anonimo” quanto corposo opuscolo
di 48 pagine voluto da Enel che “benedice” il nucleare. La cosa
non è passata inosservata ai lettori, alcuni dei quali hanno
protestato sui blog, poiché l’assoluta assenza di firme, loghi o
quant’altro ha fatto passare questi contenuti come frutto del
lavoro delle redazioni. A questi contenuti mancava però la ratifica della scientificità che è
puntualmente arrivata con la
nomina di Umberto Veronesi ai vertici dell’Agenzia per
la sicurezza nucleare. Due
piccioni con una fava. Il primo è stato quello di piazzare
in un posto chiave, il vertice
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IL DIBATTITO SUL NUCLEARE OGGI
PENDE A FAVORE DEI FILONUCLEARISTI,
CON UNA SOTTOVALUTAZIONE
DA PARTE DEGLI ECOLOGISTI
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dell’Autorità per la sicurezza nucleare italiana, un personaggio dall’indubbia autorevolezza presso l’opinione pubblica,
qualsiasi affermazione faccia: l’oncologo Umberto Veronesi
– classe 1925. E Veronesi è immediatamente partito con una
rapidità che lascia sconcertati. «L’Italia è un caso anomalo:
in Francia le varie città fanno a gara per avere le centrali» ha
affermato lo scienziato e ancora «le scorie nucleari non sono
nocive e non hanno mai causato morti». La seconda questione è squisitamente politica, poiché la nomina di Veronesi,
senatore indipendente eletto nelle liste del Partito Democratico, confonde l’opinione pubblica di sinistra, offre solidi argomenti politici al centrodestra, tira la volata a chi - all’interno
del PD - è filonucleare e isola ulteriormente gli Ecodem che
ora sull’argomento si trovano ancora più accerchiati. Se a ciò
aggiungiamo il fatto che uno dei maggiori settimanali italiani,
L’Espresso, ha dedicato a Veronesi la copertina – con tanto di
strillo sul nucleare – possiamo renderci conto di cosa si stia
giocando intorno a questa partita. Nel frattempo pone l’accento sulla comunicazione del nucleare anche il sindacato, in
questo caso la Cisl, che afferma: «L’introduzione del nucleare
nel nostro Paese ha bisogno di una campagna informativa e
comunicativa su quello che esso significa».
Lotta tra ministri
comunicazione
In questo quadro potrebbe essere stato strumentale, a un
consolidamento della comunicazione pro nucleare, persino il
ritardo con il quale sono stati fatti una serie di adempimenti
che sembravano essersi fermati con le dimissioni di Scajola.
Nel frattempo lontani dalle luci della ribalta Enel, Edf e il Ministero dell’Ambiente, nelle figure del Ministro Prestigiacomo e
del Direttore Generale Corrado Clini, si sono impossessati del
dibattito, a scapito del Ministro dello Sviluppo Economico –
assente fino a pochi giorni fa -, utilizzando i “grimaldelli” della
Vas e del contenimento delle emissioni con un appuntamento
pubblico, ma poco pubblicizzato, nel quale il MinAmbiente ha
scalzato la leadership dello Sviluppo Economico nella partita
nucleare. Contemporaneamente Enel ha introdotto in sordina
e a poco a poco il nucleare nella propria comunicazione pubblicitaria rivolta al grande pubblico, mentre nel frattempo la
task force interna sulla comunicazione del nucleare si organizzava e andava a imparare come far accettare alle popolazioni
gli impianti atomici da Edf, Areva e altre grandi aziende nucleari. Una serie di blogger organizzati da tempo provvedono a
postare post molto aggressivi sull’argomento, specialmente su
blog ecologisti, con argomenti che, guarda caso, riprendono le
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comunicazione
parole d’ordine del Governo e di Veronesi. E Alberto e Piero
Angela incensano a intervalli più o meno regolari il nucleare
senza contradditorio, con la profonda convinzione che sia una
panacea per il futuro dell’energia.
Contemporaneamente a offrire “robuste” basi concettuali
agli argomenti filonucleari ci pensano lo Studio Ambrosetti,
autore di una ricerca a senso unico sul nucleare con un’importante parte sulla comunicazione, il blog “NewClear” – nome
decisamente azzeccato – organizzato dall’ex presidente di
Legambiente e di Enel, Chicco Testa, convertitosi al nucleare e il think tank ultraliberista Istituto Bruno Leoni. Sul lato
industria, invece, troviamo il Forum Nucleare Italiano, presieduto sempre da Chicco Testa, che inaugurato nel luglio
scorso a oggi non è ancora pienamente attivo, ma vanta tra
i propri soci sia le aziende, sia le Università coinvolte nell’avventura atomica italiana, mentre un ruolo di primo piano sul
nucleare lo svolgono Confindustria ed Enea. La prima è attiva
sul fronte del rimettere in piedi una rete di aziende italiane, al
cui centro ci sono sempre Enel ed Edf, mentre la seconda tira
la volata all’atomo tentando di offrire un supporto scientifico al nucleare con risultati paradossali se si pensa all’evento,
salutato come l’ennesima rinascita del nucleare, che ha visto
protagonisti due reattori sperimentali dei primi anni Settanta,
Tapiro e Triga, che sono stati “riavviati” quando in realtà non
si erano mai fermati.
Vittime rinnovabili
Promuovere il nucleare non basta. In un panorama come
quello elettrico italiano dove tutto si aggiunge e nulla si dismette – al massimo si riconverte a carbone – in una forsennata corsa all’over supply il vero nemico sono le rinnovabili.
Forse per quei 42 miliardi di investimenti che la Bocconi mette
in quota alle rinnovabili nel prossimo decennio e che, secondo alcuni, dovrebbero approdare ad altri lidi energetici. Ecco
allora che sui blog, meglio se ecologisti, appaiono sempre più
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spesso nei commenti se non nei post affermazioni circa l’inaffidabilità delle rinnovabili, da alcuni mesi su NewClear troviamo post contro le fonti verdi, l’Istituto Bruno Leoni sferra
l’attacco sui costi dei posti di lavoro nella green economy e il
dibattito contro il fotovoltaico arriva persino sulle pagine della
cultura del Corriere della Sera, mentre sempre sullo stesso
giornale i fustigatori della casta, Stella e Rizzo, se la prendono
con l’eolico, reo - tra le altre cose - di aver «sventrato colline,
devastato crinali, annientato ettari di vigne». Poco prima è il
validissimo reporter de L’Espresso, Fabrizio Gatti, ad assemblare un’inchiesta sull’eolico, nella quale assieme alle più che
legittime cronache giudiziarie, si mischia costantemente un
generale quanto generico attentato al paesaggio.
A chiudere il panorama un episodio a dir poco inquietante. Il Fatto quotidiano ha denunciato che Enel
avrebbe ritirato gli impegni pubblicitari sul quotidiano a causa di un articolo poco lusinghiero
sulla vendita delle azioni di Enel Green Power.
In un panorama come questo il fronte degli
ecologisti appare in ritardo. Alcuni esponenti
ecologisti pensano che il nucleare sia l’ennesima
boutade di un Governo che di queste sparate ne
ha fatte molte, mentre altri contrappongono alla
semplificazione semantica attuata dal centrodestra, rapporti densi di cifre, stime finanziare
e quant’altro a dimostrazione della non convenienza, ambientale ed economica del nucleare.
Si tratta di un linguaggio troppo complesso e
poco comprensibile alla maggior parte dell’opinione pubblica che può compromettere la battaglia sul nucleare. Mentre per quanto riguarda
le altre parole d’ordine contro il nucleare troppo
spesso sono ancora quelle del 1987, cosa che
rende semplici gli attacchi dei filo nuclearisti
che le bollano semplicemente come vecchie.
Inoltre uno dei più grandi problemi degli ecologisti italiani
è quello di non saper parlare, in maniera credibile, al mondo
dell’industria. Nessun ecologista, per esempio, ha raccolto nei
mesi scorsi l’aspra polemica che c’è tra le industrie energivore
autoproduttrici d’elettricità, come quella della carta, e Terna,
così come non si riesce a intercettare nel loro insieme e dar
una voce comune alle aziende del settore delle rinnovabili.
L’impressione è che la gran parte del fronte antinucleare oggi,
al contrario di quello filonucleare, si sia adagiato sui risultati
dei referendum del 1987, non abbia aggiornato le proprie parole d’ordine, non si ponga più di tanto il problema della comunicazione – e della televisione in particolare - e sottovaluti
il problema nel suo complesso, un poco come si è fatto negli
anni passati con il Ponte sullo Stretto che oggi sta partendo.
Insomma le premesse per un ulteriore assottigliamento del
divario, in termini di consistenza numerica, tra i due fronti ci
sono tutti ed è grande il rischio di mancare i quorum - cosa
che si tradurrebbe in una vittoria dei filonuclearisti come è
successo con la legge 40 sulla fecondazione assistita - ai referendum sul nucleare promossi dall’Italia dei Valori. n
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