56 II. Abteilung 3. Verf. bemüht sich, dem komplizierten Stil des ThS auch in der Übersetzung gerecht zu werden und ihn nicht durch Glättungen zu überspielen. Bislang hatte es - abgesehen von einer lateinischen und einer russischen Ubersetzung (zu dieser vgl. S. 24) - noch niemand gewagt, den Text zur Gänze zu übersetzen (zu Exzerpten vgl. Moravcsik, a.O. 1, 545). Endlich hat uns nun Verf. durch eine vollständige Übertragung diesen wichtigen Text neu erschlossen und dazu beigetragen, ihn mit neuen Augen zu sehen. Natürlich ist der Stil des ThS für den Übersetzer immer wieder eine Herausforderung. So bleiben bei einzelnen Stellen Fragezeichen. Nur auf ein Beispiel möchte ich mich hier beschränken, denn es ist leicht, an einer vorliegenden Übersetzung Besserwisserei zu betreiben: das ό μεν - ό δέ im Beginn von ThS 3,1,3 würde ich anders verstehen. Das eine bezieht sich auf Philippikos, der seines Amtes enthoben wurde, das andere auf Narses, der von seinem Amt zurücktrat (της ηγεμονίας άπήρχετο). ThS 3,1,1 wurde ja gesagt, daß er Hegemon Konstantinas war. Der nächste Satz beginnt dann mit ό μεν οΰν Πρίσκος . . . und greift auf die Information am Beginn von 3,1,1 zurück. Kleinere Unebenheiten würden sich vielleicht in einer 2. Auflage glätten lassen. Ich verzichte hier auf ihre Notierung. Einige Schwierigkeiten seien noch hervorgehoben: Verf. verdeutscht die byzantinischen Rang- und Funktionsbezeichnungen. Er bemüht sich dabei, Stil und Variationen des ThS gerecht zu werden. Für den Benutzer wäre es aber doch besser, den von ThS verwendeten Fachterminus zu lesen und in einem Begriffsverzeichnis die Verdeutschung zu finden, z.B. Senat, Strategos, Hypostrategos, Basileus, Autokrator. Letztere werden z.B. S. 43 als „Mitkaiser" und „Hauptkaiser" unterschieden, nicht aber auf S. 30 unten. Den Begriff Rhomaioi übersetzt Verf. immer mit Rhomäer, verweist aber S. 260 A. 200 mit Recht darauf, daß ThS öfters auch die Lateiner in diese Bezeichnung miteinbegreift. Μ. E. würde der Zeit des ThS noch die Übersetzung „Römer" entsprechender sein. ThS variiert die Begriffe für Bischof. Oft gebraucht er πρόεδρος, was Verf. mit „Vorsteher" übersetzt, doch ist der Begriff seit dem 4. Jh. für „Bischof" geläufig. „Vorsteher" ruft im Deutschen andere Assoziationen hervor. Auch Termini der Philosophie läse man lieber in der griechischen Form, z.B. Theoria (S. 29) oder Logos und Nus (S. 41). Verf. unterscheidet die Letztgenannten in der Übersetzung nicht genügend (auch ThS pr. 4 Logos). Natürlich sollte man eine Übersetzung nicht ohne den Originaltext benutzen. Das ist in diesem Fall besonders interessant, da diese Übersetzung auf einer kritischen Verwendung der Edition de Boors beruht, also auch einen Beitrag zur Textkonstituierung bietet. Im Kommentar konnten aus Platzgründen die betreffenden Stellen nicht hervorgehoben werden. Die Orientierung in der Übersetzung wäre allerdings leichter, wenn Verf. auch die Paragrapheneinteilung der Edition übernommen hätte und nicht nur auf deren Seitenzählung hinwiese. Berlin F. Winkelmann Michael Psellus. The Essays on Euripides and George of Pisidia and on Heliodorus and Achilles Tatius edited by A. R. Dyck. [Byzantina Vindobonensia, 16.] Wien, Verlag der Osterr. Akademie der Wissenschaften 1986. 124 S. m. 2 Abb., 1 Bl. H. Hunger osserva nel Vorwort a questo libro che «die kritische Edition der beiden nicht vorteilhaft überlieferten Essays an einem editorischen Punkt erscheint nützlich für die byzantinischen Studien». Questo potremmo affermare come valutazione complessiva su di un lavoro per certi aspetti coraggioso: gli Essays su Euripide e Giorgio di Pisidia e su Eliodoro e Achille Tazio sono improntati da grande «Interesse für Komparatistik auf dem Felde der Stilkunde», e ciö perche Psello «war in erster Linie Rhetor» (Hunger). Invero l'attivitä critico-letteraria di Psello e molto piu ampia di quanto appaia dalla introduzione di D(yck) e fu condotta soprattutto nell'ämbito dell'insegnamento impartito sotto forme e titoli vari, certamente oltre i limiti imposti da una Institution. Su codesto milieu dei due opuscoli era lecito attendersi una piu ampia discussione nella Introduction, che appare invece piuttosto tecnica, incentrata prevalentemente sul problema della imitatio retorica, laddove si sarebbe potuto dimostrare come, pur nel rispetto della tradizione, la posizione del retore-filosofo sia piuttosto differenziata e tendente ad affermare una sua autonomia, che, se resta molto difficile da dimostrare sulla base di dati particolari, offerti da questo ο quello scritto, emerge piü chiaramente se si tenti di inquadrare questi stessi dati nell'ämbito piu vasto dell'insieme della complessa produzione pselliana. D. fa bene a ritenere «in some ways . . . perhaps less misleading» (p. 29) la definizione di λόγοι σχεδιασθέντες data da alcuni studiosi, e recentemente dalla Milovanovic, per questi due opuscoli, ma manca la dimostrazione di come essi rispondano alle premesse metodologiche e all'attestazione di una piu ampia attivitä 'filologica' che riscontriamo in piü luoghi degli scritti maggiori e delle epistole, in particolare dei grandi encomi, da quello per la madre a quello per Giovanni Mauropode, collocabili in un arco di tempo (1054-1075/78) di poco piu di un ventennio. Unauthenticated Download Date | 4/14/16 2:10 AM U. Criscuolo: Α. R. Dyck, Michael Psellus 57 Nell'encomio per la madre, soprattutto, la vastitä degli interessi e la molteplicitä dei temi di indagine nasce ed e alimentata dai rapporti con i discepoli (προς έ vi ου ς των ομιλητών), che Ιο interrogano sugli argomenti piu van della filosofia e della letteratura antiche (cfr. Sathas, V 59 s.). La tradizione del primo degli opuscoli presenta gravi lacune che ci condannano ad una conoscenza molto parziale dei termini reali della ούγκρισις e delle conclusioni acquisite. A. C(olonna), benemerito editore moderno di questo trattatello, come anche del secondo, individuö nel cod. Vat. Barb. gr. 240 (= V) la fonte degli estratti fatti da L. A(llacci), trasmessi dai codd. Vallicell. gr. 206 e 166. Lo stato del codice barberiniano e gravemente deteriorato, e tale, grosso modo, doveva essere giä all'epoca della trascrizione operata da Α., che ne conferma le principali lacune, soprattutto nella parte conclusiva. D. si pone il problema del valore da attribuire alle letture di A. e di C., nei casi in cui egli non sia riuscito ad averne conferma dalla sua collazione del codice barberiniano, e in particolare a quelle di C., poiche «it is most unlikely that in the early fifties (l'edizione di C. e del 1953) Colonna found substantially more legible text than we read to day, since he mentions that the paper leaves were already covered with plastic» (p. 26): si tratterebbe, a suo awiso, di considerare «conjectures» alcuni «readings» di C. Ε questa, penso, unapetitio principii indimostrata; si tenga inoltre conto che D., per sua stessa ammissione, non ha effettuato un'autopsia del manoscritto, indispensabile soprattutto in un caso del genere, ma si e fidato di un microfilm e, in qualche cose, di riscontri autoptici indiretti. Lo sforzo di D. di restituire nella misura piu ampia possibile il testo e veramente lodevole, ma «all problems are by no means solved: it is hoped that this publication will stimulate others to contribute better solutions» (p. 27). Passo alia discussione di alcuni luoghi: 3. "Αμφω μεν εϋχρησ[τοι] τοϋ γε μέτρου καί της ποιήσεως ένεκα. Ad εύχρηστοι. D. osserva in commento (p. 52): «The reading is not certain but seems, of possible restorations, the most compatible with the traces . . . Allatius read άχμη . . . C o l o n n a εύσχήμονες». La lettura di A. conferma εύσχήμονες di C., richiesto peraltro dal contesto e da esigenze interne. Ad inizio del discorso Psello anticipa la conclusione da ritenere piu probabile: non viene rilevata l'utilita dei due autori discussi sotto il profilo dell'uso del metro, ma gli ottimi resultati raggiunti da ambedue nella tecnica poetica (cfr. anche 57 άλλά σεμνότερα τά πλείω καί ούτως ειπείν εύσχημονέστατα). 4~5· Γεώργιος, ος τό ΐαμβικόν μέτρον παρά τοΐις πολλούς τους αΰτφ (έπομένους) ήκ[ρί]βωσ[ε («George of Pisidia, who handled the iambic metre with greater precision than his many successors»), έπομένους, supplemento di D., mi appare deviante. Non si intende instaurare una σΰγκρισις fra Giorgio e i suoi successor! nell'uso del metro giambico, ma richiamare generaliter (παρά τους πολλούς) i letterati che hanno fatto uso del trimetro. Meglio, forse, χρησαμένους, riferendo αΰτώ a τό ΐαμβικόν μέτρον: Giorgio «ha disposto accuratamente» la tecnica del trimetro giambico di fra i molti autori che ne hanno fatto uso. 6. έπεί δ'έποίησε τον] e supplemento di D. ducibus Kassel et Haslam. L'esigenza della σύγκρισις (il soggetto e a mio awiso άμφω di 3) richiede peraltro il verbo al plurale, ο al duale (cfr. 6-7 δυσχερής ή[διάκρισ]ις [π]ώς άλ[λή] λοιν διαφέρετον): dal momento che ambedue raggiunsero resultati i piu simili possibili nell'uso del trimetro, σύγκρισις e διάκρισις riescono difficili. 31. έντραχ[ύν]ει, φ[ημί δη τραχέα] γε τά μέτρα τίθησι καί τραχύνει την άκοήν . . . έντραχ[ύν]ει C. e accettato da D. che commenta (p. 56 ad /.): «This verb is otherwise unattested; if correctly restored, it would, like ένσεμνύνεσθαι (1.39) be evidence of Psellus' fondness for rare compounds in έν; cfr. Renauld, Lexique, 38-39». έντραχύνει mi pare fare difficolta, innanzitutto perche da all'osservazione pselliana un marcato rilievo negativo, reso piu forte dal gioco di parole e dal succedersi di forme verbali affermative (si noti, per incidens, che έντραχύνω e attestato giä in Ioann. Camen. 243,9 ταϊς χαράδραις έντραχυνόμενον e in Psello stesso, Encomioper Giovanni Krustulas, ed. P. Gautier = RSBN X X V I I - X X I X [1980-1982], p. 133, 1. 155). Sarei propenso a scrivere έντραχύς έστι, che attenua notevolmente il senso negativo (έντραχυς · ό ολίγον τι τραχύς; cfr. Dimitraku, s.v.) e che meglio anticipa la chiarificazione poi data (φημί δή κτλ.), che, come opportunamente nota D., riporta ad Ermogene (cfr. Commentary, p. 57). 69. τά (κατά) Τάνταλον όπόσα εικός προοιμιασάμενος («starting off at due length with Tantalus' affairs»), τά (κατά) Τάνταλον Μ. L. West, D., τά Τάνταλον V. Preferibile, indiscutibilmente, Ταντάλου Kannicht. 72-73. αί δέ (πρός) τήν Ήλέκτραν άποκρινόμεναι φθεγγομένην. αί δέ . . . άποκρινόμεναι Kannicht D. pro οί δέ .. . ύποκρινόμενοι V pare rettificazione arbitraria di un lapsus pselliano piuttosto che di un guasto, improbabile, nella tradizione manoscritta. A 70 Psello ha ricordato il coro composto da coetanee di Elettra (την άδελφήν Ήλέκτραν καί τάς έκ γειτόνων συναγομ[ένας]); usando ora il maschile egli rientra, forse involontariamente, nei tecnicismi della situazione drammatica: «quelli del coro», non interessa che esso sia qui composto da donne (il maschile rende peraltro meglio sul piano generale l'osservazione critica). Di conseguenza andrä mantenuto a 74 άλλήλους . . . αύτοΐς di V contra άλλήλας . . . αύταΐς di Kannicht e D. Unauthenticated Download Date | 4/14/16 2:10 AM 58 IL Abteilung 90-91. βαρβαρίζ[ειν δέ δέον την γλώ]τταν μεμίμηται ώς δοκεϊν τόν αυτόν . . . II luogo fu ricostruito da C., da cui D. si discosta parzialmente, senza darne ragione, scrivendo δέον την pro δέοντα, lasciando cosi μεμίμηται senza oggetto esplicito e τόν αυτόν pendens. Mi pare che si possa tornare a C.: Euripide rappresenta chi deve (per necessitä di dramma) usare un linguaggio con barbarismi in modo tale che questi... II luogo di Psello, riportato come parallelo da D. in commento (p. 65), tratto dall' encomio per Giovanni Krustulas (ed. cit., p. 139, 11. 297 s.), va proprio nel senso della proposta di C. (διαλέκτους δέ προσμιμούμενον και βαρβαριζόντων γλώσσαν ΰποδυόμενον). La parte conclusiva del trattatello pselliano e destinata a rimanere oscura per lo stato disperato di Y. Ma pare che si possa dall'insieme ipotizzare che Psello abbia posto con molta circospezione una condizione di sostanziale paritä, per quanto riguarda i valori formali e tecnici, fra i due poeti, non potendo egli, per 1 'habitus mentis bizantino, considerare Giorgio inferiore ad Euripide. Ε cosi probabile che εΐ τις di 137 si riferisca non tanto ad una condizione di accertata superioritä di Giorgio su Euripide e gli antichi, ma di Giorgio rispetto a quelli che dopo di lui hanno fatto uso del trimetro e dell'esametro. I problemi posti dall'opuscolo su Eliodoro ed Achille Tazio sono di ordine diverso, soprattutto per lo stato della tradizione manoscritta, fortunatamente non cosi disperata e frammentaria come quella del trattato teste esaminato. La tradizione e infatti assicurata dallo stesso V e dal Vat. gr. 672 ( = R), che e, come e noto, fra i piu autorevoli testimoni dell'opera pselliana dopo il Par. gr. 1182, oltre che da quattro codici descripti da R Anche questo testo fu edito da C. (1938), che uso per i due codici le sigle L e Y(ma era ora proprio opportuno cambiarle, tenuto conto che ormai il Vat. gr. 672 e universalmente siglato V nelle edizioni critiche pselliane?). Non mi pare di potere condividere l'opinione di D. per cui «on the whole it is V that preserves the better tradition, though as well-nigh inevitable in the case of manuscripts preserved in the same city and, ultimately, in the same collection, a corrector has contaminated either codex with marginal readings drawn from the other» (p. 77), soprattutto quando questa presa di posizione si basa su criteri talvolta soggettivi. In veritä R e in alcuni casi testimone della lectio difficilior (cfr. p. es., 18 φράσεως contra φύσεως Υ ; 2i ύποτρέχον contra ύπερέχον V, ecc.). Si aggiungano i seguenti rilievi: A 6 D . privilegia ingiustamente κατά πολύ κρείττους V 1 R,m contra παρά πολύ κρείττους Y m R'1 (παρά πολύ, «in gran parte», «in misura considerevole», locuzione awerbiale il cui uso e ampio in Psello [cfr. Böhlig, p. 151]). A 45-46 bisognerä, io credo, espungere con C. χείρονας di cui non c'e necessitä, introdotto evidentemente per creare il corrispettivo di κρείττονος che precede (εΰπρεπώς διηγούμενος κρείττονος δέδειχε λεγομένας ή πεπραγμένος: Psello insiste qui, come supra a 16 e spesso infra, sui pregi formali del romanzo in opposizione al contenuto moralmente non sempre adeguato). A 63 l'integrazione οΰτως mi appare inutile. A 67 ό ζωγράφος λόγος D. espunge a torto λόγος, confortato da T. Hägg, per cui «the intrusive λόγος» potrebbe essere parte di una errata correzione di ζωγράφος in λογογράφος (invero ζωγράφος e qui usato come aggettivo [e noto che il sostantivo per l'aggettivo e considerato segno di atticismo dai grammatici bizantini (cfr. Böhlig, p. 220) ed e peraltro frequente in Psello come 'platonisrao' (cfr. £,. Renauld, £tudes de la langue et du style de Michel Psellos, p. 331)]; un caso analogo e in Niceph. Greg., Florent. 1627 = p. 124 Leone, της ζωγράφου φύσεως). A 85 έκ των "Αιδου R e lectio potior rispetto a έκ των τοϋ "Αιδου V, normalizzazione di una presunta omissione (l'ellissi dell'articolo e considerata segno di atticismo; cfr. Böhlig, pp. 106 ss.). Di buon livello e il commentario; molto utili i van indici. A conclusione mi pare che il lavoro di D. abbia segnato un passo avanti verso la costituzione del testo critico e una migliore comprensione dei due trattatelli pselliani, che presentano tuttavia ancora molti punti oscuri, di cui alcuni destinati purtroppo a restare tali in mancanza di nuovi testimoni della tradizione. Napoli U. Criscuolo Militärs und Höflinge im Ringen um das Kaisertum. Byzantinische Geschichte von 969-1118. Nach der Chronik des Johannes Zonaras. Ubersetzt, eingeleitet und erklärt von E. Trapp. [Byzantinische Geschichtsschreiber, 16.] Graz/Wien/Köln, Styria 1986. 207 S. Wenn es eine Tatsache ist, daß eine der wichtigsten Errungenschaften byzantinischer Forschung der letzten 20 Jahre die Erstellung einer stattlichen Reihe byzantinischer Geschichtsschreiber in zuverlässigen, den Anforderungen moderner Editionstechnik gerecht werdenden Ausgaben ist, ist auf der anderen Seite ebenso unbestreitbar, daß nur ein enger, stets abnehmender Kreis von Gelehrten und Erforschern byzantinischer Vergangenheit in der Lage ist, mit dem Originaltext dieser Autoren zurechtzukommen. Man kann daher die Bedeutung der Übertragung dieser schwierigen Texte in moderne Sprachen nicht genug hervorheben. Die im deutschsprachigen Raum bekannte, 1954 von Endre von Ivänka ins Leben gerufene Reihe „Byzantinische Geschichtsschreiber" hat der Wissenschaft bereits gute Dienste geleistet. Neuerdings scheint sie einen neuen Aufschwung zu nehmen, denn die Bände der Reihe erscheinen in besserer Unauthenticated Download Date | 4/14/16 2:10 AM