Università degli Studi di Padova
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea per Infermiere
L’educazione terapeutica nella gestione del Catetere
Venoso Centrale a lunga permanenza, studio di un
cambiamento procedurale
Candidato: Da Frè Erika
Relatore: D.D.S.I .Bernardi Paola
Correlatore: D.A.I. Dorigo Mara
Anno Accademico 2001 – 2002
A tutti quelli che mi hanno insegnato a crederci
a quelli che ci credono
Ai miei cari
Indice
Introduzione 1
Capitolo I – Parte Bibliografica
I.I Il Catetere Venoso Centrale (CVC)
2
I.I.1 Cos’è, indicazioni, vantaggi............................................................................................................. 2
I.I.2 I tipi di CVC a lunga permanenza .................................................................................................... 3
CATETERI CENTRALI TUNNELLIZZATI (Hickman-Broviac, Groshong,) .............................................................3
CATETERI CENTRALI TOTALMENTE IMPIANTATI - Port......................................................................................4
I.II Le complicanze correlate al CVC e la loro
prevenzione 5
I.II.1 Complicanze correlate all’inserzione ............................................................................................. 5
I.II.2 Complicanze locali........................................................................................................................... 5
I.II.3 Complicanze sistemiche ................................................................................................................. 6
I.II.4 Complicanze meccaniche ............................................................................................................... 7
Capitolo II – Analisi Del Problema
II.I L’indagine
8
II.I.1 I risultati, elaborazione grafica ....................................................................................................... 9
II.I.2 L’analisi e la discussione dei dati ................................................................................................ 13
II.II Le Diagnosi Infermieristiche Maggiormente
Presenti correlate al Catetere Venoso Centrale 15
II.II.1 Ansia correlata a imminente inserzione di CVC e ad insufficiente conoscenza della
procedura ........................................................................................................................................................ 15
II.II.2 Rischio di disturbo dell’immagine corporea .............................................................................. 15
II.II.3 Rischio elevato di coping inefficace della persona ................................................................... 16
II.II.4 Rischio di compromissione delle interazioni sociali................................................................. 16
II.II.5 Rischio elevato di gestione inefficace del regime terapeutico ................................................. 17
II.II.6 Rischio di deficit nella cura di sé (bagno/igiene personale) ..................................................... 17
II.II.7 Rischio elevato d’infezione.......................................................................................................... 18
Capitolo III – L’educazione Terapeutica, Le Proposte
Operative
III.I Gli interventi di Educazione Terapeutica
19
III.I.1 Quali motivazioni al processo educativo.................................................................................... 19
III.I.2 Quali modalità’ - Il bagaglio dell’Infermiere educatore.............................................................. 20
III.II Quali Contenuti – Proposta Operativa 23
III.II.1 Descrizione ed introduzione al presidio – tema 1..................................................................... 23
III.II.2 L'igiene di vita – tema 2............................................................................................................... 23
III.II.3 La medicazione – tema 3............................................................................................................. 24
III.II.4 Il lavaggio del catetere tunnellizzato – tema 4........................................................................... 27
III.II.5 Il trattamento infusivo – tema 5 .................................................................................................. 29
III.II.6 Il prelievo ematico dal CVC e l’accesso al CVC PORT – tema 6 ............................................. 30
III.II.7 Le complicanze principali – punto 7 .......................................................................................... 33
III.III La valutazione del Programma Educativo 34
III.III.1 Le domande valutative ............................................................................................................... 34
III.III.2 La griglia di valutazione ............................................................................................................. 36
III.III.3 Ipotesi di diagramma di flusso per lo sviluppo dell’autonomia gestionale dell’utente
portatore di CVC ........................................................................................................................ 37
Conclusione 38
Allegati
Allegato 1 – Proposta operativa, Opuscolo “Guida
alla Gestione
del CVC Tunnellizzato“
Allegato 2 – Questionario
Allegato 3 – Diagramma in caso di Mancato Ritorno
Ematico
Allegato 4 – Sviluppo tabella 1, i Tipi di CVC
Allegato 5 – Approfondimento su Complicanze:
Infettiva sistemica
e Occlusiva
Bibliografia
Introduzione
“Il destinatario apprezza ciò che capisce, se ciò che capisce lo aiuta a migliorarsi” (anonimo)
[da Infermiere Pavia – n°2, 2000]
Nel 1999 nell’azienda dell’ULSS7-Veneto è stato avviato il progetto di miglioramento della
qualità assistenziale domiciliare denominato “Progetto Barbara”, volto al recupero del ruolo attivo
della famiglia nella gestione assistenziale. Il modello concettuale infermieristico vede al centro
dell’assistenza l’utente e la sua famiglia, la loro compliance, lo sviluppo delle loro potenzialità, la loro
qualità di vita.
I primi risultati di questo progetto mettono in evidenza l’importanza dell’educazione, in relazione alla
figura infermieristica, che in questo modo trova espressione pratica di quanto per troppo tempo
rimasto solo un enunciato legislativo o deontologico; l’Infermiere educatore, guida che fornisce
all’utente tutti gli strumenti tecnici, cognitivi, comportamentali necessari a gestire la malattia assieme
all’équipe.
Dai risultati forniti da questa primo progetto il servizio infermieristico dell’azienda ULSS7-Veneto ha
promosso un lavoro di ricerca sanitaria finalizzata, finanziata dalla Regione Veneto, il progetto “Linee
guida per lo sviluppo e l’applicazione della competenza infermieristica relativa all’educazione
terapeutica” i cui obiettivi possono essere così espressi:
-
per l’utente: essere pronto a conoscere la propria malattia, gestire le implicazioni terapeutiche ed i
presidi necessari, prevenire le complicanze tramite stili di vita e comportamenti corretti;
-
per l’Infermiere: mettere in atto il processo educativo è una scommessa relativamente nuova
giacché per troppo tempo figura legata al ruolo di esecutore, passare quindi dal “saper fare” al
“saper far fare” è una risorsa cruciale per due motivi: crescita del singolo e di tutto il gruppo
professionale, aumentato riconoscimento di professionalità da parte dell’utente/società.
Attraverso questo tipo di lavoro l’utente potrà verosimilmente migliorare il suo stato di salute,
rappresentata da:
equilibrio psichico/emozionale, l’utente conosce, è attivo e convive più coscientemente con la
propria situazione di malattia;
stato fisico, l’utente gestisce con maggior tempo e responsabilità le cure, limitando inoltre
l’incidenza e la gravità delle complicanze;
equilibrio/rapporti sociali, il malato non è mai visto come elemento singolo bensì come soggetto
inserito nel suo contesto familiare, amicale, sociale, lavorativo, in particolar modo il care-giver è
elemento di gestione, sostegno, vicinanza e mediazione nei diversi momenti; la famiglia è inserita
nel processo di nursing alla pari dell’utente (accertata, posti degli obiettivi, effettuati gli interventi
educativi, valutata).
Per favorire l’educazione terapeutica sono necessari degli strumenti che coadiuvino l’Infermiere nel
suo operato, per questo motivo ed in questo contesto è inserita questa tesi di Laurea per Infermiere,
volta alla strutturazione di un programma educativo infermieristico e del relativo strumento di
supporto (opuscolo), riguardanti la gestione del CVC. Le finalità del lavoro è quella di aiutare l’utente e
chi gli sta vicino a convivere con una situazione che necessita di un processo di adattamento e di
nuove abilità.
I.I
Il Catetere Venoso Centrale (CVC)
I.I.1 Cos’è, indicazioni, vantaggi
I dispositivi intravascolari sono diventati d’uso comune nelle pratiche medico assistenziali, poiché,
permettendo l’accesso al circolo ematico, creano il tramite per la somministrazione della terapia
endovenosa.
Una delle principali responsabilità per il personale infermieristico è la corretta
somministrazione e gestione della terapia; risulta quindi di notevole importanza per l’Infermiere
conoscere, valutare, gestire i vari tipi di dispositivi intravascolari. La terapia endovenosa può essere
somministrata attraverso una via periferica o centrale, focalizziamo quindi l’attenzione sulle
indicazioni discriminanti la scelta di un accesso centrale:
♦ la durata infusionale: infusioni a lungo termine (mesi, anni); eventuale necessità di infusioni
rapide ;
♦ il tipo di soluzione infusa: antibiotici, chemioterapici, nutrizione parenterale totale (NPT),
emoderivati, soluzioni al elevato pH o ipertoniche, soluzioni e farmaci vescicanti, grosse quantità
di soluzione.
Le condizioni e il quadro di salute dell’utente rappresentano poi l’onnipresente e
fondamentale fattore soggettivo di tutte le scelte cliniche e assistenziali. La grossa portata e il
diametro dei vasi interessati fanno sì che il flusso infusionale non sia ostacolato attorno alla punta del
catetere, grazie a questo con una via centrale abbiamo sia una rapida diluizione della soluzione
somministrata (neutralizzando così l’effetto lesivo sulla parete vasale che avrebbero soluzioni molto
concentrate o irritanti a livello periferico) sia la possibilità di infondere velocemente grosse quantità di
liquidi.
Il catetere venoso centrale (CVC) è un piccolo catetere biocompatibile di lunghezza variabile
fatto di materiale soffice e flessibile (silicone, gomma siliconata, poliuretano, PVC); inserito da una
grossa vena e fatto avanzare, grazie ad un introduttore lacerabile, finché la parte distale si trovi a
livello del terzo medio prossimale della vena cava superiore; la parte prossimale del CVC
rappresenterà il sito d’ingresso alle soluzioni utilizzate per i diversi scopi clinici.
Figura 1: Il Catetere Venoso Centrale
Il sito d’inserzione è generalmente una vena che reflua dalla testa,
dal collo o dalle braccia entra in cava superiore e rispettivamente
la vena succlavia, la vena giugulare esterna o interna, la vena
anonima destra o sinistra; in alternativa potrà essere scelta come
sito d’accesso (anche se raramente) la vena femorale reflua dall’arto inferiore destro o sinistro. La
procedura d’inserzione viene effettuata dal Medico in modo sterile, che avrà valutato precedentemente
il miglior sito d’accesso per quel paziente e per le sue esigenze; il ruolo dell’Infermiere sarà quello di
effettuare una corretta preparazione del paziente, di strumentazione durante tutta la procedura, del
mantenimento di una stretta sterilità del materiale fornito, di spiegazione della procedura al paziente,
di valutazione dei bisogni dell’utente in quel particolare contesto.
I vantaggi della terapia venosa centrale:
-
facile reperibilità di una via infusiva e diminuzione dei tempi per eseguire le terapie;
-
rapida infusione di farmaci e liquidi associati alla biodisponibilità pari a zero ottenibile della
somministrazione endovenosa, quindi alta rapidità d’effetto in situazioni di urgenza ed
emergenza;
-
possibilità di raccogliere campioni per le indagini ematochimiche riducendo la necessità di
ripetute punture (diminuzione del disagio del paziente correlato ad esse) con conservazione
dell’integrità delle vene periferiche;
-
possibilità di misurare la pressione venosa centrale, importante indicatore della funzione
cardiocircolatoria;
-
riduzione del rischio di irritazione vasale dovuto a liquidi irritanti.
Per le sue peculiarità la gestione del CVC sarà competenza infermieristica soprattutto in area critica, in
area oncologica (pazienti che necessitino di CHT), gastroenterologica (pazienti con gravi disordini del
sistema gastro intestinale che richiedano NPT), in aree caratterizzate da pazienti con malattie
croniche.
I.I.2 I tipi di CVC a lunga permanenza
•
CATETERI CENTRALI NON TUNNELLIZZATI (Honh, Picc, Midline)
Presidi utilizzati soprattutto in area critica (terapie intensive, post-operatori, etc.), sono CVC a breve-media
permanenza. Non vengono analizzati in quanto l’utente non dovrà verosimilmente gestire in autonomia e
inserire nel proprio contesto quotidiano la convivenza col presidio.
•
CATETERI CENTRALI TUNNELLIZZATI (Hickman-Broviac, Groshong,)
I cateteri tunnellizzati sono inseriti nel sistema vascolare tramite le grosse vie reflue dalla parte superiore del
corpo, l’accesso più comunemente usato è quello subclaviale (per la minor incidenza di infezioni correlate
all’inserzione in questo sito e alla semplice tunnellizzazione sul torace). L’inserimento necessita di procedura
chirurgica in anestesia locale, la punta del catetere viene fatta avanzare fino a livello centrale con la tecnica di
Seldinger su filo guida tramite introduttore “peel away”, quindi una porzione di circa 8 cm è tunnellizzata
attraverso lo spazio sottocutaneo e fatta uscire dalla pelle ad un punto prescelto e adeguato sul torace. I CVC
tunnellizzati sono in silicone perché meno trombogenici e piiù biocompatibili rispetto al PVC, disponibili in
misure da 70 a 90 cm circa, sono forniti di un polsino interno (manicotto sottocutaneo) di fissaggio.
Disponibili da 1 a 3 lumi , ciò per permettere la concomitante somministrazione di sostanze incompatibili
all’infusore. Opportuno puntualizzare che nella gestione dei cateteri multivia
ogni lume dovrà ricevere un separato trattamento come fosse un dispositivo a
sé stante in quanto le diverse vie si intendono sino alla parte più distale.
• Vantaggi: questo tipo di catetere può rimanere in sede a lungo termine,
Figura 2: CVC tunnellizzato
da mesi fino a più anni se non si presentano complicanze, sono presidi
Grochong monolume
utilizzati per pazienti con patologie croniche che richiedono terapie
endovenose importanti a medio-lungo termine anche continuativamente.
•
Svantaggi: il catetere ha un discreto rischio di rotture, di complicanze
infettive, necessita di buone capacità di monitoraggio; infine un CVC
tunnellizzato richiede precisa cura e gestione rispetto medicazioni e lavaggi,
effettuabili da personale attento e correttamente addestrato. Inoltre i cateteri
tunnellizzati possono avere un effetto negativo sull’immagine corporea ed
impatto rispetto a praticabilità di nuoto, bagno, etc.
•
• CATETERI CENTRALI TOTALMENTE IMPIANTATI - Port
Il CVC totalmente impiantato è composto dal cateterino di silicone (di tipo
Hickman o Broviac) sospinto, come per gli altri accessi centrali, fino alla cava
superiore; l’estremità prossimale del catetere è per un tratto tunnellizzata
sottocute ed al termine connessa ad una camera in materiale plastico o
metallico con setto autosigillante di gomma siliconata, tale serbatoio viene
impiantato in una tasca sottocutanea a livello toracico, addominale, degli arti.
Figura
3:
Le
zone
d’impianto del PORT.
Tabella N.1 – I tipi di CVC a lunga permanenza (sviluppo in allegato n. 4)
Hickman/Broviac
Groshong
PORT
Inserzione
misure
materiali
Subclaviale,
tunnellizzato, di
silicone, dai 70 ai
90 cm. Broviac
dimensioni minori
(pz pediatrici o
cachettici)
Subclaviale, tunnellizzato,
di silicone dai 70 ai 90 cm
Subclaviale, impiantato / catetere in
silicone, camera in materiale plascico
o metallico, setto autosigillante in
gomma siliconata
Accesso /
sistema di
chiusura
Raccordo alla
parte prossimale
del catetere,
chiusura tramite
clampaggio con
morsetto (di cui il
catetere è fornito)
Raccordo alla parte
prossimale del catetere. E'
fornito di valvola interna
di chiusura (Valvola di
Groshong) in punta o nel
cono connettore (vedi all.
4)
Raccordo tramite punzione della cute
sopra il setto autosigillante, con
apposito ago di Huber (vedi allegato
4). Il catetere può avere o meno la
valvola interna
Vantaggi /
svantaggi
tunnellizzati
S: Rischi embolia
gassosa e rotture
esterne da
morsetto
V: Diminuzione drastica
di rischi di embolia ed
occlusione da
stazionamento ematico
Vantaggi
V: Permettono infusioni continue (es per NPT) o
molto frequenti (+ di 3vt/settimana) / necessarie
abilità gestionali ma con buone possibilità
autogestione utente
V : Assenza protesi esterne con minor
rischio infettivo/ minor peso
gestionale (no medicazione, meno
lavaggi) / minor disagio pz (immagine
corporea, igiene, possibilità nuoto, no
necessità abilità gestionali)
Svantaggi
S: L'utilizzo di meno di 1 vt/settimana
diminuisce i benefici del presidio / elevati costi
mantenimento (lavaggi e medicazioni) / possibile
effetto negativo su immagine corporea, necessari
adattamenti per igiene personale, sport / maggior
rischio infettivo rispetto PORT
S: infusione continua e accessi
frequenti (+ di 3vt/settimana) possibili
ma riducono i vantaggi dell'impianto
(frequenti punture o presenza raccordo
esterno continuo) / possibile reazione
negativa alla puntura / minor
maneggevolezza all'accesso e
autogestione per lavaggi complessa /
se trattamento<3 mesi non indicato
l'impianto maggior costo sistema
I.II Le complicanze correlate al CVC e la loro prevenzione
Di seguito verranno illustrate le principali complicanze correlate al CVC sotto forma di tabelle,
in allegato numero 5 lo sviluppo di infezione sistemica e occlusione, con particolare rilievo nella
prevenzione, dove la figura infermieristica trova ampio spazio (linee guida del CDC di Atlanta, i lavaggi
con sol. eparinata).
I.II.1 Complicanze correlate all’inserzione (tabella n° 2)
Sanguinamento
Pneumotorace (PNX)
Puntura arteriosa
Causa
Correlata a manovre
inserzione
Entrata d’aria nella pleura
polmonare da puntura durante
le manovre d’inserzione
Puntura accidentale
dell’arteria durante manovre
inserzione
Diagnosi
Perdita o accumulo di
sangue dal sito
d’inserzione oltre le
24 ore o in modo
abbondante
Diagnosi radiografica in
genere prima delle
manifestazioni cliniche
(dolore toracico, dispnea,
cianosi, ridotti o assenti
rumori respiratori); incid. fra
l’1 e 5%
Comparsa sangue pulsante
nell’ago (se ignorata può
portare a sanguinamento
interno ed emotorace fino a
shock ipovolemico); incid.
fra l’1,5 e 4%
Terapia
Applicare
medicazione
compressiva e
ghiaccio per qualche
ora dopo inserzione
Non necessaria se pnx<20%
dello spazio pleurico (far
mantenere posizione
semiseduta), se >20%
posizionamento drenaggio
toracico
Applicare subito adeguata
pressione continua per il
tempo necessario al
tamponamento
Prevenzione
Valutazione storia
clinica paziente
(eventuale terapia
anticoagulante in atto)
Posizionamento pz in Trendelemburg e che evidenzi il sito
interessato (telino sotto le spalle, extrarotazione, etc). Corretta
informazione al pz sulla procedura e sulla collaborazione attiva
necessaria (posizione ferma); eventualmente ecoguida
segni
sintomi
incidenza
I.II.2 Complicanze locali (tabella n° 3)
Causa
Infezione locale
Stravaso/infiltrazione
Rottura asepsi durante inserzione,
medicazioni o lavaggi, mantenimento
medicazioni non adeguate, compr.
immunitaria, suture irritate
Posizionamento improprio punta CVC,
fissurazione o dislocamento, occlusione o
fibrin sleeve; malposizionamento ago nei
PORT
Arrossamento, dolore, calore, gonfiore del
Diagnosi
segni sintomi sito di fuoriuscita, del tunnel o della tasca
del PORT (eventualmente eritema e pus)
Edema, perdita liquidi da sito fuoriuscita del
catetere (a seconda della soluzione infusa
anche bruciore)
Terapia
Monitoraggio TC, eventualmente pomate
antibiotiche e/o trattamento antibiotico
sistemico, se peggioramento rimozione
CVC
Sospensione infusione, testare ritorno
ematico, radiografia, eventualmente antidoto
se necessario in base a soluzione stravasata
Prevenzione
Vedi prevenzione infezione sistemiche
Testare sempre funzionalità presidio prima
dell’infusione, non muovere ago PORT
fissato, educare paziente a chiudere roller
stringitubo se avverte stravasi
I.II.3 Complicanze sistemiche (tabella n° 4)
Trombosi Venosa Centrale
(TVC)
Infezione sistemica
(CrBSI)
Embolia polmonare
Formazione trombo che
ostruisce totalmente o
parzialmente un segmento del
sistema venoso intratoracico
profondo (triade Virchow,
danno parete vasale e stasi da
CVC, alterazione
emodinamica da patologia o
Chemioterapia)
Microrganismo
(stafilococchi, Gram neg.,
enterococchi, candida),
fattori favorenti sono
dispositivi in PVC,
poliuretano e polietilene,
maggior numero di lumi,
durata cateterizzazione ed
ospedalizzazione, n.
procedure invasive, igiene pz
Ostruzione improvvisa di un
ramo arterioso del circolo
polmonare da un embolo
gassoso (con dosi>50 ml
d’aria rapidamente, si può
avere rilievo clinico, non con
microbolle) o trombotico
(come conseguenza di TVC,
per questo tipo vedi tabella
precedente)
Strumentale (doppler,
flebografia), clinica (edema
segni sintomi sito venipuntura, collo,
faccia, braccio, con turgore e
dolore relative vene dal lato
incidenza
interessato); incid. 1,5 – 60%
(ampio range per ricerche sia
su TVC manifeste che con
diagnosi solo strumentale)
Isolamento stesso mic.mo
(specie ed antibiogramma)
da colture quantitative e
semiquantitative da un
tratto di catetere o da sangue
(prel. periferico) in pz con
sintomi clinici di sepsi
(febbre>38°C con brivido,
leucocitosi, nausea,
deterioramento generale
organismo), incidenza 2,77
infezioni per 1000 gg
dispositivo (CVC tunn),
0,21 infezioni per 1000 gg
dispositivo (PORT)
Clinica, difficoltà
respiratoria, rumori assenti
o diminuiti nella zona
interessata, ipotensione,
aumento PVC, crepitii in
zona precordiale, se non
trattato alterazioni coscienza
fino a svenimento e collasso
Causa
Diagnosi
Terapia
Localizzare trombo,
impacchi caldo umidi, non
usare l’arto sul lato per
punture, se necessari
trombolitici o rimozione
CVC
Emocoltura periferica e
centrale a tempo 0 e dopo
terapia, antibioticoterapia
mirata, terapia sintomatica,
rimozione CVC,
monitoraggio par. vitali,
inserimento CVC in altro
sito se necessario
Se gassoso (blocco
immediato catetere,
posizionamento pz (per 20 –
30 min) sul lato sn con testa
verso il basso in modo che
l’aria possa entrare
nell’atrio dx ed essere
eliminata attraverso arteria
polmonare); se trombotico
(vedi TVC)
somministrazione O2,
intervento medico urgente
Prevenzione
Utilizzo CVC non
trombogenici del minor
calibro possibile, eseguire
regolarmente lavaggi o
flusso minimo costante nel
CVC
Vedi allegato numero 5 per
linee guida CDC, NRC e
BCSH
Per gassoso: eliminare tutta
l’aria dal deflussore,
insegnare al pz la manovra
di Valsalva durante le fasi
d’inserimento del CVC,
utilizzo connessioni
LuerLock, clampaggio
catetere Hickman, non far
svuotare completamente
sacche o flaconi; per
trombotico vedi TVC
I.II.4 Complicanze meccaniche (tabella n° 5)
Migrazione /
dislocamento
Rottura/ fissurazione
Occlusione
Causa
Deviazione punta catetere
durante l’inserzione, rara in
vivo. Causata da
meccanismi non
precisamente chiariti,
fattori favorenti accessi
tosse, vomito, starnuti;
posizionamento punta nel
terzo medio o superiore
vena cava
Pinch off (schiacciamento
catetere fra clavicola e 1^
costa in posizionamento
subclaviale) eccessiva
pressione durante i flush,
uso aghi troppo lunghi con
tappi perforabili, uso
forbici e oggetti taglienti,
uso improprio guida
metallica durante
inserzione, debolezza
materiale di catetere in uso
da molto tempo
Meccanica (linea infusiva
piegata o chiusa, pompa
mal funzionante, ago di
Huber mal posizionato,
pinch-off); intraluminale
(presenza nel lume di
precipitati, trombi, coaguli
ematici); extraluminalefibrin sleeve (deposito
fibrina a sacco punta
esterna CVC)
Diagnosi
Radiografica, si manifesta
con occlusione totale o
parziale del catetere, dolore
toracico, a schiena, spalla
fino a orecchio; durante
infusioni possibili segni
stravaso, giugulare distesa
e gorgoglii; possibile
variaz. lunghezza CVC
esterno
Mancato ritorno di sangue
in aspirazione, difficoltà
all’infusione (per pinch
off); se rottura ed
embolizzazione frammento
di catetere segni e sintomi
come embolia tab.
precedente; conferma
radiologica per
l’accertamento. Incidenza
0,1 – 1% (per pinch off)
Inizialmente difficoltà a
prelievo ma non in
infusione (effetto valvola a
palla – BVE, ball valvle
effect) fino a totale
impossibilità anche in
infusione.
In primis riposizionamento
idraulico tramite brevi e
brusche iniezioni di
fisiologica, se non efficace
tramite guida a J per via
femorale.
Controlli radiografici;
rimozione catetere o
frammento embolizzato se
fissurazione, rottura
catetere o distorsione con
restringimento del lume. Se
rottura esterna clampare a
monte, disinfettare punto
coprirlo con garze sterili,
rimozione CVC
Iniezioni urokinasi
continua o a boli secondo
valutazione e prescrizione
medica (vedi allegato
numero 3 diagramma in
caso di mancato ritorno
ematico)
Corretto posiz. subclaviale.
Rx di controllo se segni di
pinch off; non usare oggetti
taglienti o forbici; non
usare siringhe >10 cc
(creano eccessiva
pressione), calmpare
Hickman solo nella parte
predisposta, non stringere
troppo tappini e raccordi
Lavaggi regolari catetere
con soluzione fisiologica
ed eparinata con tecnica
push-pause e pressione
positiva (vedi allegato
numero 5 per indicazioni
lavaggi)
segni
sintomi
incidenza
Terapia
In ultimo rimozione e
riposizionamento su guida
Prevenzione
Valutare segni e sintomi,
informare il paziente
sull’evitare movimenti
bruschi e violenti, tensioni
del catetere durante la
gestione
Incidenza BVE da fibrin
sleeve 30%
II.I L’indagine
Il lavoro di tesi ha portato ad effettuare un’indagine sui portatori di CVC a lunga permanenza, questa
ricerca si è svolta tramite la distribuzione di un questionario a tutti gli utenti interessati afferiti nella settimana
dal 16 al 22 settembre 2002 ai servizi di D.H. Oncologico del P. O. di Vittorio Veneto, di Terapia Antalgica
del P.O. di Conegliano e al Servizio Infermieristico di Assistenza Domiciliare di tutto il territorio dell’ULSS
7 Veneto; previa autorizzazione del Direttore Generale e dei Dirigenti delle U.O. interessate.
Il campione è rappresentato dal 100% degli utenti contattati.
Si è voluta utilizzare tale indagine per di individuare le aree critiche nella gestione del presidio da
parte degli utenti e per verificare la loro percezione delle informazioni ricevute sull’argomento, a questo fine
si sono utilizzati dati grezzi e incrociati provenienti da più domande; si è scelto lo strumento del questionario
per poter raggiungere con agevolezza la maggior parte degli utenti interessati e per assicurare il massimo
della riservatezza dei dati; il questionario è stato accompagnato da una lettera di presentazione firmata dal
Direttore Generale, di seguito si riporta integralmente tale lettera, per il questionario rimando all’allegato
numero 2.
REGIONE DEL VENETO
AZIENDA ULSS N. 7
PIEVE DI SOLIGO (TV)
Servizio Infermieristico
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4
6
Grafico 17 - Rispetto alla gestione ordinaria
del CVC (medicazioni e lavaggi) l'utente
pensa:
altro
5,1%
E' bene sia effettuata solo dagli
Infermieri
Potrebbe essere affrontata con
maggior autonomia
altro
41,0%
che provochi dolore
13,3%
6,7%
che insorgano complicanze
60%
15,4%
che gli altri lo notino
71,8%
Non causa problemi
Fonte di difficili e gravosi
spostamenti
Grafico 18 - Se sì, rispetto a cosa il CVC è
fonte di preoccupazioni
che si sfili
26,7%
33,3%
17,9%
II.I. 2 L’analisi e la discussione dei dati
I primi 3 grafici illustrano la tipologia d’utente per età, tempo permanenza del presidio e tipo dello
stesso, evidenziando una grezza prevalenza di CVC tunnellizzati Groshong, permanenza da 4 a 12 mesi,
utente adulto.
La distribuzione della provenienza dei questionari, grafico 4, denota la necessità che tutti gli
interventi progettati rientrino nell’ambito di un’azione integrata territorio-ospedale.
I grafici 5 – 6 - 7 evidenziano sicuramente un impatto sul modello igienico dell’utente a causa del
CVC, in secondo luogo anche sul modello relazionale e sull’impiego del tempo libero.
Dato questo possiamo affermare come il modello adattivo acquisito per effettuare l’igiene corporea
sia disomogeneo e confuso, ben il 41% degli utenti infatti effettua bagno o spugnature (entrambi modelli
errati); degli utenti che fanno il bagno (e non potrebbero perché portatori di tunnellizzato) l’83% dice di aver
ricevuto il massimo delle informazioni su come effettuare l’igiene; per gli utenti che effettuano l’igiene a
pezzi (cosa in linea di massima non necessaria) il 66% esprime di aver ricevuto informazioni scarse, se il
disagio è manifesto l’attesa di informazioni è maggiore.
Possiamo quindi concludere che a riguardo dell’igiene le informazioni sono fornite, ma in modo non
strutturato e certamente senza effettuarne una verifica, interventi quindi ben lontani dall’educazione
terapeutica.
Il grafico 8 evidenziando l’uso del presidio indiviua la popolazione clinica-tipo, rivelando bassa
(quasi nulla) incidenza dell’uso di CVC per NPT ed alta per terapie infusive (verosimilmente chemioterapie,
vista anche la provenienza dei questionari) e quindi la maggioranza di popolazione oncologica.
Si nota anche che l’uso del dispositivo per il prelievo ematico è piuttosto basso; se in parte ciò è
giustificabile a causa di fenomeni occlusivi (soprattutto withdrawal occlusion, riportato in bibliografia con
alta incidenza, il 30%) o di malfunzionamento del presidio ciò meriterebbe un approfondimento per capire se
non entri in causa una bassa conoscenza da parte degli operatori, non consueti alla manutenzione del presidio,
del suo uso per il prelievo ematico.
Il grafico 9 evidenzia un’alta percentuale di non conoscenza del presidio da parte dell’utente anche
se la percezione delle informazioni ricevute a riguardo è alta; vale quindi lo stesso discorso mosso per
l’igiene, cioè, che quantomeno le informazioni date non esauriscono le esigenze dell’utente, anche se
esigenze non manifeste. Entrando nel vivo della stretta gestione del CVC ed incrociando dati provenienti da
più domande:
• grado di autonomia espresso dall’utente (grafico 10);
• frequenza accessi effettuati (grafico 11);
• giudizio delle informazioni ricevute su lavaggio mani, medicazione, lavaggio CVC (grafico – tabella 12).
Si evidenzia un concetto di autonomia parzialmente distorto ed errato, chi si dichiara infatti
autonomo nel 77% dei casi effettua gli stessi accessi di chi completamente dipendente.
Medio basse sono le informazioni percepite sugli argomenti strettamente gestionali, soprattutto se
l’utente si dichiara totalmente o completamente dipendente; ciò, unito ad un’alta percentuale di non risposta,
ci fa pensare che l’utente non ritiene che l’informazione debba essergli fornita e tantopiù normale ed
inalterabile la sua dipendenza dalla struttura e dagli operatori.
Il bisogno educativo o anche solo informativo sulla gestione stretta del CVC non è percepito,
bisogno che l’Infermiere deve far emergere, per rendere scelte ed espressioni dell’utente veramente libere.
Le informazioni sono state fornite all’utente con una buona prevalenza dal personale infermieristico,
ciò va visto come monito ad una strutturazione e ad una valorizzazione del ruolo educativo del professionista.
Il grafico 13 illustra una verosimile incidenza (anche se la percezione dell’utente non vale la
diagnosi e quindi non è statisticamente rilevante) delle complicanze compatibilmente alla letteratura; anche il
punto di riferimento su chi contattare in caso di complicanze non rileva particolari problematiche (grafico
14).
Il grafico 15, inerente le modalità di rifornimento del materiale presenta un’alta percentuale di non
risposte o di “non serve”; ciò fa pensare ad una mancata percezione dell’impegno gestionale che comunque
comporta il presidio (es. la medicazione quando si stacca o si inumidisce), il 45% di questi si dichiara
autonomo o parzialmente autonomo nella gestione.
Esplorando la compliance e l’accettazione del presidio (grafico 16) si nota una buona immagine
clinico-terapeutica dello stesso; quando si esplora l’ansia (grafico 17) ecco che una buona fetta esprime
preoccupazioni a riguardo della comparsa di complicanze o di tipo relazionale.
Si nota infine, nell’ultimo grafico, il 18, un prevalere di atteggiamento passivo dell’utente di
fronte alla struttura ma anche l’emergere di disagi relativi a spostamenti e concomitante desiderio di
autonomizzazione.
Conclusioni L’indagine evidenzia le seguenti aree critiche:
• necessità di modelli integrati ospedale – territorio;
• processo informativo infermieristico ben lontano dall’educazione e scarso in varie tematiche;
• effettuazione, da parte dell’utente, di procedure basilari verosimilmente in modo errato:
• accettazione passiva del presidio e della dipendenza dalle strutture da parte dell’utente;
• richiesta, in alcuni utenti, di maggior consapevolezza, conoscenze, autonomia.
Pertanto si può ipotizzare che l’assenza di un processo educativo strutturato, comprensivo dell’elemento
valutativo, induca l’utente ad una dipendenza dalle strutture.
II.II Le Diagnosi Infermieristiche maggiormente presenti, correlate al catetere
venoso centrale
II.II.1 Ansia correlata a imminente inserzione di CVC e ad insufficiente
conoscenza della procedura, correlata a minaccia reale o percepita secondaria
a malattia
Lo stato in cui la persona prova un senso di turbamento (apprensione) unito all’attivazione del
sistema nervoso autonomo, in risposta ad una minaccia vaga ed imprecisata
Obiettivo:
Criteri di risultato:
la persona presenterà minor ansia
la persona condividerà i propri sentimenti riguardanti la prevista inserzione del
catetere e dirà cosa aspettarsi durante l’inserzione;
riferirà di provare meno ansia dopo l’insegnamento;
userà un meccanismo di coping efficace per la gestione dell’ansia.
Interventi:
∼
∼
∼
∼
∼
∼
rinforzare la spiegazione del Medico sulla procedura, informarlo d’eventuale opportunità
approfondimenti;
spiegare al cliente cosa si deve aspettare durante la procedura, spiegargli che può fornire la sua
collaborazione alla miglior riuscita della stessa;
illustrare i passaggi immediatamente successivi all’inserzione (rx torace, medicazione, punti sutura etc.);
iniziare il processo educativo riguardante la gestione del CVC;
fornire al cliente e ad i familiari l’opportunità di condivisione dei loro sentimenti, paure, credenze
riguardo la malattia, l’eventuale inizio della chemioterapia, trasmettendo senso di speranza;
identificare i clienti a rischio di adattamento inefficace (debolezza dell’io, inefficaci capacità di
risoluzione dei problemi, mancanza di motivazione, controllo esterno, condizioni di salute generale non
buone, mancanza di sistemi di sostegno positivi, condizioni economiche instabili, rifiuto del counselling).
II.II.2 Rischio di disturbo dell’immagine corporea correlato a variazione
dell’aspetto secondaria a presenza di CVC tunnellizzato
Lo stato nel quale la persona è a rischio di provare una disgregazione nel modo di percepire il proprio
corpo
Obiettivo:
la persona avrà un’immagine di sé positiva
Criteri di risultato:
la persona metterà in atto nuovi modelli di coping;
dichiarerà e dimostrerà accettazione del proprio aspetto (guarderà e toccherà il
CVC);
dimostrerà volontà e capacità di riprendere la responsabilità di ruolo e cura di sé.
Interventi:
∼ incoraggiare la persona ad esprimere le sue preoccupazioni riguardanti la presenza di CVC
(incoraggiando la persona a fare domande, chiarendo eventuali misconcetti);
∼ stabilire una relazione Infermiere-cliente basata sulla fiducia (garantendo la privacy durante i colloqui,
evitando critiche negative, dimostrando un ascolto empatico);
∼ promuovere l’interazione sociale (fornire opportunità di condivisione con persone che stanno vivendo
esperienze simili, preparare le persone significative al cambiamento fisico ed emozionale dell’utente,
aiutare la famiglia nell’adattamento e nello sviluppo di ruolo supportivo dell’utente);
∼ aiutare nella risoluzione dell’alterazione dell’immagine corporea incoraggiando a guardare e toccare
insieme il catetere, la medicazione; consigliare attività che assecondino la nuova immagine corporea (es.
comprare nuove maglie, foulard etc.);
∼ dare inizio all’educazione terapeutica per la cura del CVC (famiglia e utente), partendo dall’illustrazione
dei vantaggi del presidio; se necessario indicare alla persona le risorse disponibili sul territorio.
II.II.3 Rischio elevato di coping inefficace della persona correlato a regime di
cura di sé complesso, a mancanza di conoscenze
Lo stato in cui la persona rischia di essere incapace di gestire adeguatamente i fattori di stress
interni o ambientali a cause di risorse adeguate (fisiche, psichiche, comportamentali e/o cognitive)
Obiettivo:
la persona possiede un livello di coping adeguato alla situazione di salute
Criteri di risultato:
la persona identificherà le proprie risorse, i propri modelli di coping e
le conseguenze comportamentali che ne derivano;
prenderà decisioni e le accompagnerà con azioni appropriate per modificare le
situazioni che provocano stress nel suo ambiente;
accetterà un supporto attraverso la relazione con l’Infermiere.
Interventi:
∼ stabilire un rapporto col paziente basato sulla fiducia (vedi D.I. disturbo immagine corporea);
∼ accertare l’attuale stato di coping della persona;
∼ aiutare la persona a sviluppare idonee strategie di risoluzione dei problemi basate sulle sue risorse e sulle
sue prevedenti esperienze (analizzando insieme i punti di forza e debolezza sulla base di esperienze
vissute e supportare i comportamenti di coping risultati funzionali);
∼ mobilitare la persona tendendo ad un graduale aumento di attività (stimolare ad includere tali attività che
un tempo sono state gratificanti nella routine quotidiana, trovare sfoghi che favoriscano un senso di
autorealizzazione e autostima);
∼ facilitare il supporto emotivo da parte di altre persone chiamate ad affrontare sfide analoghe;
∼ fornire all’utente tutte le informazioni del caso (vedi interventi educativi altre D.I.).
II.II.4 Rischio di compromissione delle interazioni sociali correlato ad
imbarazzo, secondario a presenza di CVC tunnellizzato
Lo stato nel quale la persona è a rischio di ricevere risposte negative, insufficienti o insoddisfacenti dalle
proprie interazioni
Obiettivo:
la persona presenterà delle interazioni sociali soddisfacenti
Criteri di risultato:
la persona identificherà il comportamento che impedisce la socializzazione;
metterà in atto comportamenti sociali costruttivi e dimostrerà di mantenere le
attività precedentemente poste in essere (lavoro, studio, etc.);
la famiglia promuoverà strategie atte ad una socializzazione efficace.
Interventi:
∼
∼
∼
∼
permettere alla persona di comunicare le sue emozioni rispetto alla presenza di CVC;
esplorare insieme alla persona le sue potenzialità e le sue risorse positive promovendo l’autostima;
fornire un supporto per il mantenimento delle abilità sociali e per la riduzione dell’isolamento sociale;
sviluppare un’alleanza con la famiglia, perché favorisca le relazioni sociali dell’utente.
II.II.5 Rischio elevato di gestione inefficace del regime terapeutico, correlato
a regime complesso nella cura del CVC, ad insufficiente conoscenza di segni
e sintomi di complicanze, dei supporti assistenziali territoriali e non
Un modello in cui la persona rischia di incontrare delle difficoltà nell’integrare nella sua vita quotidiana
un programma di trattamento di una malattia e delle sue sequele, che realizzi specifici obiettivi di salute
Obiettivo:
la persona gestirà efficacemente il regime terapeutico
Criteri di risultato:
la persona/famiglia metterà in atto i comportamenti prescritti per la gestione
del presidio e la prevenzione delle complicanze ad esso correlate;
descriverà i servizi socio sanitari territoriali ed ospedalieri per il supporto alla
gestione e per il follow up;
riferirà una riduzione dell’ansia correlata alla paura dell’evento sconosciuto, ai
misconcetti, ad informazioni scorrette ricevute in precedenza;
spiegherà i metodi atti ad inserire la cura del CVC nel proprio stile di vita.
Interventi:
∼
∼
∼
∼
incoraggiare paziente e famigliari a fare domande, ad esprimere eventuali preoccupazioni su tutto quanto
concerne il CVC;
insegnare, usando termini semplici e un tono di voce pacato e regolare, ad effettuare la medicazione, il
lavaggio, valutando l’apprendimento con dimostrazioni di ritorno; si possono illustrare e discutere
insieme, anche a più riprese, i contenuti dell’opuscolo; rendere familiare all’utente il materiale
necessario;
insegnare a monitorare regolarmente lo stato cutaneo del punto d’inserzione, a riconoscere segni e
sintomi di complicanze, a misurare la temperatura corporea;
fornire informazioni sui riferimenti assistenziali (territoriali e ambulatoriali) in caso di dubbi e necessità
riguardanti il CVC, in caso di comparsa di segni e sintomi di complicanze.
II.II.6 Rischio di deficit nella cura di sé (bagno/igiene personale) correlato a
scarsa conoscenza delle tecniche adattive necessarie secondarie a presenza di
CVC tunnellizzato
Lo stato in cui la persona presenta una diminuita capacità di svolgere o completare da sola le attività
legate alle pulizie personali
Obiettivo:
Criteri di risultato:
la persona effettuerà in modo adeguato l’igiene personale/doccia
la persona svolgerà le attività di pulizia personale al livello ottimale atteso o riferirà
soddisfazione per i risultati malgrado le limitazioni;
dimostrerà la capacità di usare strumenti adattivi;
esprimerà una sensazione di benessere e di soddisfazione per la pulizia del
corpo.
Interventi:
∼ insegnare alla persona a mantenere l’ambiente del bagno semplice, ordinato e pulito facendo in modo che
tutti gli strumenti necessari siano a portata di mano, mantenendo la privacy e la tranquillità durante le
procedure;
∼ dimostrare all’utente come confezionare uno strumento di copertura della medicazione, nel caso si
inumidisca la medicazione va cambiata;
∼ fornire le indicazioni per strumenti ed ausili adattivi al livello necessario (sedia o sgabello nella vasca o
nel bagno, doccia a telefono, garze sterili, medicazioni adesive trasparenti grandi tipo opsite o pellicola
plastica resistente es. sacchetti da congelatore robusti più cerotto con buona adesività all’acqua);
∼ stabilire, se necessario, una collaborazione con un familiare nella gestione dell’igiene personale totale;
∼ incoraggiare il paziente a mantenere un igiene frequente e meticolosa anche come strumento preventivo
all’infezione.
II.II.7 Rischio elevato d’infezione correlato ad accesso al circolo sanguigno
secondario a presenza di CVC
Lo stato in cui l’organismo è ad elevato rischio di essere invaso da agenti opportunistici o
patogeni da fanti endogene o esogene
Obiettivo:
la persona non presenterà segni e sintomi di infezione
Fattori correlati:
sede di possibile invasione di microrganismi secondaria a presenza di
linea invasiva (CVC); compromissione delle difese dell’ospite
secondaria
a
terapia
farmacologia
(chemioterapia,
immunosoppressori); aumentata durata della degenza in ospedale .
Criteri di risultato:
la persona dimostrerà la tecnica del lavaggio delle mani disinfettante;
dimostrerà la conoscenza dei fattori di rischio infettivi e di segni e
sintomi d’infezione;
adotterà le corrette precauzioni relative alla cura del catetere.
Interventi:
∼ adottare una tecnica asettica e seguire gli appostiti protocolli per quanto riguarda tutte le
procedure inerenti il CVC;
∼ evitare d’aggiungere altre soluzioni alla NPT;
∼ staccare le emulsioni contenenti lipidi o emoderivati e cambiare il deflussore
immediatamente dopo l’infusione;
∼ vedere le raccomandazioni per la prevenzione delle complicanze infettive al capitolo I.II;
∼
insegnare al cliente e/o al caregiver tutte le tecniche e le conoscenze necessarie ad una manutenzione
corretta del CVC e al monitoraggio del punto d’inserzione, di segni e sintomi infettivi.
III.I Gli interventi di educazione terapeutica
Questa tesi si sviluppa in coerenza con il progetto di ricerca sanitaria finalizzata dell’azienda ULSS 7
Veneto teso allo sviluppo di linee guida sull’educazione terapeutica.
Infatti, partendo dal presupposto che la gestione ordinaria dei cateteri venosi centrali a lunga
permanenza è un’area di pertinenza infermieristica e che l’utente deve convivere per mesi, a volte per anni,
con questo presidio, ne deriva che il ruolo dell’Infermiere diventa sempre di più quello di supporto
all’adattamento alla gestione che non quello di gestore in primis.
Il ruolo di supporto all’adattamento, di aiuto alla convivenza passa senza dubbio attraverso
l’educazione sanitaria, essa a sua volta si sviluppa attraverso un rapporto di tipo supportivo fra utente e
professionista.
L’assistenza infermieristica è definita dal profilo professionale (Decreto Ministeriale 739/94) come il
servizio alla persona e alla collettività, essa si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e
complementari, di natura tecnica, relazionale ed educativa. Nello specifico gli interventi di natura tecnica
relativi al CVC fanno riferimento al capitolo bibliografico (cap.I) ed alla parte sui contenuti dell’educazione
terapeutica (cap III.II), esploriamo quindi a questo punto le capacità relazionali ed educative che deve
possedere l’Infermiere per dare corpo interamente alla propria professione.
III.I.1 Quali motivazioni al processo educativo
Tra i vari modelli concettuali di salute proposti e facendo riferimento a quello secondo G. Bert
(1984) cioè salute intesa come il miglior equilibrio dinamico fra persona (fisica e psichica) e ambiente, ne
deriva che l’alterazione di questo equilibrio porti la malattia, che può quindi essere concepita non solo come
semplice incidente ma come l’occasione per ricercare un nuovo equilibrio attraverso un processo di crescita
di consapevolezza e di responsabilità.
La persona è sana, ha benessere nella misura in cui è capace di vivere in modo consapevole e libero,
valorizzando tutte le energie in suo possesso per realizzare il fine che gli è proprio, in ogni situazione
concreta in cui viene a trovarsi, facile e lieta o difficile e dolorosa.
Prendiamo quindi in mano il codice deontologico dell’Infermiere e andiamo a vedere cosa ci dice sul
suo ruolo educativo, l’articolo 4 così recita:
4.1 “L’Infermiere promuove, attraverso l’educazione, stili di vita sani e la diffusione di una cultura della
salute [...]”;
4.2 “L’Infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali [...]”;
4.3 “L’Infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le
persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura”.
Infine, da puntualizzare come la formazione dell’attuale Infermiere comprenda lo studio
dell’educazione sanitaria e prevenzione come materia sia a sè stante che a più riprese nello studio del nursing.
Essendo il campo proprio di attività e responsabilità dell’Infermiere determinato da (Legge 26/02/99
n. 42) i contenuti del profilo professionale, dal codice deontologico e dalla formazione dell’ordinamento
didattico, ciò delegittima l’intervento educativo al pari di tutti i doveri dell’Infermiere.
Ecco perché grosso spazio occupa il tema della comunicazione dell’Infermiere col paziente,
comunicazione come modalità di informazione e di adesione rispetto al progetto assistenziale; al fine di
coinvolgere l’utente e la sua famiglia, di stimolare l’espressione dei loro bisogni e delle loro scelte.
Un aspetto molto rilevante e attuale nel dibattito bioetico è quello del rispetto delle indicazioni
formulate dall'assistito; oggi l’attenzione all’autonomia del paziente, fino all’estremo
dell’autodeterminazione, ha spostato il fulcro della relazione operatore sanitario – cittadino paziente segnando
una maturità della riflessione etica. Tuttavia massima attenzione va prestata alle eventuali conseguenze
drammatiche che potrebbe portare lasciare tutto nelle mani del paziente, quindi l’obiettivo diventa una
mediazione fra il modello paternalistico e quello fondato su un’intransigente autonomia del paziente.
Tale mediazione si realizza nella parte in cui l’Infermiere si impegna, rispetto al cittadino utente, di
insegnarli i comportamenti più adeguati per ottimizzare il suo stato di salute; in questo senso la
professionalità dell’Infermiere dovrà permettergli di capire fin dove la volontà dell’utente va assecondata e
dove prenderà vita invece quel processo di insegnamento-informazione volto a far comprendere all’utente
dove sta il meglio per la sua salute.
Nell’ambito della gestione ordinaria del CVC a lunga permanenza troveremo facilmente pazienti che
si affideranno passivamente e totalmente all’istituzione e che esprimeranno le loro scelte in questo senso, il
professionista dovrà fornirgli tutte le informazioni che fanno sì che questa scelta diventi realmente libera e
consapevole.
III.I.2 Quali modalità’ - Il bagaglio dell’Infermiere educatore
Un operatore sanitario che voglia svolgere in modo efficace il proprio ruolo d’educatore deve essere
portatore sostanzialmente di due cose:
un bagaglio di solide e specifiche conoscenze tecniche;
un approccio relazionale pedagogicamente corretto.
Le conoscenze tecniche non sono quindi condizione sufficiente al raggiungimento del nostro
obiettivo, essendo l’educazione ben più complessa di uno sterile trasferimento di nozioni.
Il processo educativo richiede un approccio pedagogico corretto, esso si basa innanzitutto sullo
sviluppo di un rapporto Infermiere – paziente di tipo supportivo.
La relazione supportiva è una relazione umana tra due persone di pari dignità, è una relazione
cooperativa particolare tra una persona che è in stato di bisogno e una che mette a sua disposizione la propria
competenza professionale.
Nel rapporto supportivo l’operatore si prefigge come obiettivo di condurre il paziente al massimo
grado di autonomia possibile e di benessere; anche se vi sono momenti in cui il paziente sarà totalmente
dipendente dall’operatore lo scopo ultimo sarà quello di supportarlo offrendogli tutti gli strumenti per
raggiungere l’autonomia di cui può essere capace.
Gli elementi di fondo della relazione supportiva sono:
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
fiducia (la convinzione che l’operatore sanitario è capace di fornire aiuto e assistenza in caso di necessità
e che di fatto lo farà, gli elementi da cui scaturisce un clima di fiducia sono una buona comunicazione,
disponibilità all’ascolto e coerenza nelle proprie azioni e tra le parole e le azioni);
empatia (è la capacità di percepire i sentimenti e le emozioni di un’altra persona, è il risultato di un
rapporto professionale equilibrato col paziente senza rischiare né il coinvolgimento emotivo né
l’isolamento affettivo);
interessamento (significa accettazione incondizionata dell’altro come persona in tutti i suoi aspetti
gradevoli e sgradevoli, si esprime soprattutto con la comunicazione non verbale);
autonomia (è lo scopo del rapporto supportivo, il comportamento di un soggetto quando vede minacciata
la sua salute o la sua identità fisica tende ad essere meno maturo, regressivo, passivo; occorre quindi
lottare attivamente contro questa tendenza di cui l’utente è attore e vittima portando questi al livello di
autonomia personalizzato sulla valutazione di quell’utente);
reciprocità (è lo strumento che consente di realizzare l’autonomia, per reciprocità si intende che ognuno
dei soggetti del rapporto dà il proprio contributo in vista del raggiungimento dell’obiettivo miglioramento
o guarigione; reciprocità significa dialogo, significa dare al paziente le informazioni necessarie e trarre da
lui tutte le notizie utili evitando errori o sprechi d’energia).
Altri elementi sono importanti da conoscere per costruire un rapporto educativo:
caratteristiche buon metodo educativo pertinente rispetto agli obiettivi, adatto all’utente, commisurato
alle risorse, gestibile dagli operatori;
condizioni che permettono di apprendere facilitare la partecipazione, evitare giudizi, creare un buon
clima, gestire compiti e tempi, non prevaricare, contribuire alla discussione, dare rilievo ai temi emersi;
il contesto della comunicazione accoglienza, calore, tutela della privacy, comfort, tempo;
attenta consapevolezza della comunicazione non verbale le parole da sole sono, soltanto una parte del
messaggio e possono dire anche l’esatto opposto di ciò che in realtà si pensa o si sente.
Il linguaggio non verbale riveste grandissima importanza nel processo di
comunicazione; esso manifesta la parte più vera ed inconscia di noi, ne deriva che quindi
l’operatore la debba saper cogliere nel suo utente interlocutore e debba essere il più possibile
consapevole dei messaggi che egli stesso invia a livello non verbale, è su questi ultimi infatti che
si gioca la relazione col paziente; si seguito elenco gli aspetti fondamentali della comunicazione
non verbale:
distanza e livello fra interlocutori stare vicino alla persona, sedersi di fianco, accanto, di fronte;
cercare di capire dove arrivi il suo bisogno di spazio personale per non essere né invadente né creare
distanze (ciò sfavorisce contatto e comprensione), stare allo stesso livello, alla stessa altezza
(entrambi seduti o chinarsi);
la postura, l’espressione del viso, movimenti con le mani e gestualità che esprimano attenzione,
tranquillità, concentrazione evitare di sedersi in atteggiamento svagato, di gesticolare troppo
evidenziando tensione, di assumere espressioni annoiate o distratte;
direzione dello sguardo e contatto visivo è importante guardare negli occhi quando si
interloquisce con l’utente ed esprimere attraverso essi ascolto, attenzione, comprensione;
il contatto corporeo particolare interesse hanno i segni di conforto (toccare un braccio, mettere la
mano sulla spalla etc. ) e il contatto fisico durante le procedure infermieristiche. Il contatto corporeo
è un modo importante e profondo di far sentire la propria presenza, il supporto, la disponibilità, la
vicinanza, tutti elementi essenziali per un rapporto comunicativo terapeutico corretto;
il tono di voce, le pause espressive, il silenzio
va usato un tono pacato, regolare ma non
flebile nè dimesso, non si deve parlare velocemente o creare periodi troppo lunghi; il silenzio
può essere usato come espressione di ascolto, pazienza e per enfatizzare certi punti del
discorso.
∼
∼
l’ascolto è la base per qualunque rapporto, è un processo attivo di attenzione all’altro, va unito ad un
atteggiamento globale di ascolto che comunichi “Lei è una persona che vale, il suo problema è
importante ed io sono pronto a dedicarle del tempo”, ascoltare significa aiutare l’utente a parlare della sua
situazione, chiedere di esprimersi, significa saper creare le condizioni adeguate all’espressione dei
bisogni dell’utente;
nel processo comunicativo altre tecniche successive all’ascolto, terapeuticamente efficaci sono
riaffermare (ripetere al paziente ciò che si ritiene sia il pensiero principale che il paziente ha voluto
esprimere “Mi sembra d’aver capito che...”), rispecchiare (si invita il paziente stesso a riflettere
analizzando pensieri e temi ricorrenti del problema “Cosa pens sarebbe opportuno fare riguardo...”),
focalizzare (soprattutto se il paziente tende a fuggire o ad essere elusivo, consiste nel riportare il discorso
su un argomento che si valuta importante); riassumere (alla conclusione del colloquio è utile riepilogare e
puntualizzare gli aspetti più importanti emersi dal dialogo), tutti queste tecniche permettono anche di
verificare la comprensione ed ottenere un feed back.
III.II Quali contenuti – Proposta operativa
La finalità di questo sottocapitolo è quella di strutturare il processo educativo relativo
al CVC sulla scorta delle criticità emerse dai risultati dell’indagine e sulla base dell’evidenza
scientifica derivante dalla ricerca bibliografica.
Infatti, se da un lato il progetto educativo per il singolo utente rientra nel progetto
terapeutico-riabilitativo o palliativo, definito nel contesto più ampio della valutazione
multiprofessionale e dell’accertamento infermieristico, dall’altro non può prescindere
dall’essere applicato in modo strutturato: questo determina la differenziazione dalla semplice
informazione. Di seguito verrà illustrata la proposta operativa del programma educativo
suddiviso per temi secondo il seguente modello operativo:
descrizione dell’argomento;
descrizione dei materiali da impiegare;
descrizione della procedura e relative motivazioni scientifiche a sostegno;
programmazione dei tempi (in mancanza di letteratura al proposito si ipotizzano tempi
indicativi);
verifica delle conoscenze o delle abilità apprese.
L’opuscolo informativo, a cui si fa riferimento, viene riportato in allegato n. 1, tale
strumento è relativo alla gestione del CVC tunnellizato, esso ha il significato di essere un
supporto all’educazione individuale e non un sostituto dell’intervento infermieristico.
III.II.1 Descrizione ed introduzione al presidio – tema 1
Descrivere il CVC, illustrandone struttura, posizionamento, vantaggi (riferimento a capitolo I e
allegato di sviluppo dei quadri sinottici), si possono utilizzare più immagini, far vedere un CVC dimostrativo
ed usare l'opuscolo come guida e promemoria. Questo punto è la base del progetto perché permette da un lato
di aumentare o verificare il grado di consapevolezza e dall’altro di motivare l’importanza del rispetto delle
varie procedure, senza esso si rischia di vanificare una buona riuscita di tutti i temi successivi.
Tempo minimo previsto, per la realizzazione dell’intervento educativo, 20 minuti, più brevi richiami
durante i temi sviluppati a seguito.
III.II.2 L'igiene di vita – tema 2
Il primo passo per una buona accettazione del presidio, nonché il primo importante
aspetto della vita dell’utente investito dal posizionamento di CVC tunnellizzato, è l’igiene
personale.
E’ quindi fondamentale fin dall’inizio effettuare una buona educazione sull’argomento per favorire l’adattamento precoce; si legga insieme
l’opuscolo nella parte: igiene totale/doccia, puntualizzando di evitare il bagno in quanto con l’immersione sono maggiori i rischi di contaminazione della
medicazione, si illustrino i materiali e la procedura necessaria a garantire una corretta igiene.
Materiale necessario per la protezione della medicazione
−
Sacchetti di plastica robusti, nuovi e puliti;
−
Scotch adesivo per medicazioni resistente all’acqua;
−
Forbice pulita.
Procedura
Motivazione
tagliare un pezzo di plastica dal sacchetto usando
la forbice, di misura 2-3 cm maggiore rispetto alla
medicazione per ogni lato
la copertura dev’essere abbondantemente superiore
rispetto alla medicazione, sarà minore il rischio di
bagnarla
fissarlo bene sopra la medicazione col cerotto
lungo tutto il perimetro
la plastica va fissata con cura per svolgere al
meglio la sua funzione di copertura
a questo punto potrà effettuare una normale doccia,
facendo attenzione a non frizionare col sapone o
passare con vigore vicino al cerotto
il sapone potrebbe far venir meno l’adesività del
cerotto, qualora si insista sulla pulizia circostante
dopo la doccia togliere la protezione, ispezionare la
medicazione, se umida dovrà essere la cambiata
secondo la normale procedura di MEDICAZIONE
se umida la medicazione va cambiata perché
l’umidità irrita la cute e aumenta il rischio infettivo
Tempo minimo dedicato a seduta 15 minuti, tempo minimo per dimostrazione di ritorno
10 minuti.
I punti finora sviluppati, punti 1 – 2 dovranno essere trattati nei primi 10 giorni dopo il
posizionamento del CVC, in più incontri (posizionamento, 1^ medicazione, levare le suture sul
punto d’inserzione).
III.II.3 La medicazione – tema 3
Con l’educazione relativa alla tecnica di medicazione si entra in uno degli aspetti più
delicati del progetto, in quanto assieme al tema del lavaggio del catetere, richiede il maggior
sviluppo di abilità e conoscenze da parte dell’utente e rappresenta il fattore critico rispetto
alle complicanze infettive.
Per la medicazione si illustri la check list come segue, utilizzando l’opuscolo come
supporto.
La medicazione del punto d’emergenza cutanea va eseguita indicativamente ogni 7
giorni e ogni qual volta si stacchi, si sporchi o si inumidisca.
Durante la procedura risultano fondamentali per prevenire complicanze infettive due
aspetti:
•
il lavaggio antisettico delle mani;
•
il rispetto di una tecnica rigorosamente asettica.
Materiale necessario
− un paio di guanti non sterili (eventualmente 2 paia);
− kit per medicazione sterile (contenente telo sterile, disinfettante monodose, garze e
batuffoli sterili, guanti sterili);
− in alternativa confezione garze sterili, confezione batuffoli sterili, disinfettante cutaneo,
guanti sterili o ferro sterile;
− cerotto sterile premedicato (tipo Mepore);
− alcool denaturato, eventualmente sol. fisiologica;
− cerotto adesivo (tipo Micropore o Hipafix);
− sapone antisettico.
Procedura
Motivazione
preparare il materiale occorrente sul piano di
lavoro
rende più agevole tutta l’esecuzione e
permette di evitare di toccare oggetti
esterni al campo pulito
effettuare un lavaggio antisettico delle mani col
sapone antisettico avendo cura di massaggiare dita,
spazi interdigitali, unghie, fronte e retro della mano
e polsi per almeno 2 minuti
la maggior parte delle complicanze infettive
è causata da microrganismi provenienti
dalle mani di chi gestisce il dispositivo
preparare il campo sterile o aprire le confezioni di
garze, batuffoli, il ferro
dopo il lavaggio delle mani è bene gestire la parte
“pulita” della procedura preparando gli strumenti
sterili
mettere i guanti non sterili
i guanti permettono di affrontare la parte “sporca”
della procedura e proteggono l’operatore da
possibili infezioni
rimuovere la vecchia medicazione dall’alto verso il
basso stabilizzando il catetere e gettarla
partire dall’alto nel rimuovere la medicazione
permette di stabilizzare il catetere con una mano
evitando così trazioni accidentali
ispezionare il punto d’uscita, il tunnel e la zona
circostante per evidenziare eventuali rossore,
gonfiore, dolore, avvisare il Medico se presenti
monitorare attentamente il sito permette di
evidenziare una potenziale complicanza sul nascere
levare e gettare i guanti
sono sporchi e ci si appresta ad affrontare la fase
sterile della medicazione
indossare un nuovo paio di guanti puliti, prelevare
con il ferro sterile una garza sterile e prendendola
dagli angoli versarvi sopra un po’ d’alcool
denaturato
si usano solo oggetti sterili perché siamo in
prossimità di un punto di accesso all’organismo,
l’alcool ha potere sgrassante e permette di
rimuovere i residui di cerotto
pulire la cute circostante al sito di fuoriuscita dove
possono esserci residui di colla con movimento
rotatorio dall’interno verso l’esterno, gettare la
garza
levare i residui di colla mantiene la pelle pulita e
riduce il senso di irritazione, se la pelle è sensibile
si può usare etere (solo in ospedale per il rischio
che entri in contatto col catetere danneggiandolo),
fisiologica, sapone neutro
con una nuova garza pulire con delicatezza il
catetere dai residui di colla, ancorandolo, iniziando
dalla parte prossimale verso quella distale fino a
metà, poi nel senso opposto
pulire il catetere, con senso verso l’esterno,
allontana colla e sporco dal sito di emergenza
cutanea e dal raccordo di chiusura (potenziali punti
d’entrata di mic.mi), ancorare il catetere evita
trazioni accidentali
prendere un batuffolo sterile con il ferro e
tenendolo con questo versarvi del disinfettante,
per effettuare la disinfezione del punto
d’emergenza mantenere la tecnica più sterile è una
senza far toccare il contenitore del disinfettante ed
il batuffolo
provata misura per prevenire le complicanze
infettive, il contatto batuffolo-contenitore è una
forma di contaminazione
ripetere il punto precedente per altre due volte,
cercare d’asportare eventuali residui organici
lasciar asciugare l’eventuale eccesso di
disinfettante avendo cura di non soffiare,
eventualmente tamponare con una garza sterile la
cute circostante per asciugare la pelle
soffiare inquinerebbe il sito, l’ambiente cutaneo
umido può creare meno adesività della
medicazione e sensibilizzare la pelle
applicare la nuova medicazione partendo dalla
porzione adesiva che andrà a contatto col catetere
far aderire bene catetere e medicazione protegge il
punto di fuoriuscita e diminuisce il rischio che la
medicazione si stacchi
posizionare la porzione del catetere che fuoriesce
ad asola, evitando torsioni o rotazioni, con la parte
terminale verso l’alto
lo spazio morto creato dall’asola protegge il
catetere da trazioni e spostamenti accidentali, da
sfregamenti o torsioni (movimenti nel sonno, etc)
la parte che fuoriesce del catetere può venir coperta
da una medicazione Mepore grande o piccola,
fissata con una strisciolina di cerotto, per le signore
può essere lasciata libera ed adagiata sotto il
reggiseno
lasciare al cliente la scelta di come preferisce
fissare il catetere viene incontro alle sue
preferenze, favorisce l’adattamento ed inizia a
creare un processo di responsabilizzazione nei
confronti del presidio
rimuovere i guanti, porre in decontaminazione
eventuale ferro
lavare le mani
per prevenire le infezioni crociate
etichettare la medicazione con sigle operatore e
data
questi dati ben in vista sono la partenza per una
corretta valutazione del prossimo operatore che
effettuerà la medicazione (raffronto, tempo
intercorso, etc.)
documentare la procedura indicando stato cutaneo,
aspetto punto fuoriuscita, tipo medicazione,
informazioni fornite al cliente, atteggiamento e
livello compliance questi
la documentazione è il punto di arrivo e di partenza
di tutto il processo di nursing
Per l’impegno che richiede l’acquisizione della procedura della medicazione si prevedono
diverse fasi per l’acquisizione della procedura che sono nell’ordine:
♦
fase 1 effettuazione procedura da parte dell’Infermiere, concomitante spiegazione della stessa con le
motivazioni; favorire la familiarizzazione col materiale e col presidio (eventualmente anche con
l’uso di un CVC dimostrativo), tempo minimo 20 minuti;
♦
fase 2 effettuazione del lavaggio mani disinfettante insieme utente-Infermiere, effettuazione
medicazione da parte dell’Inermiere con spiegazione delle motivazioni da parte dell’utente,
tempo minimo 20 minuti;
♦
fase 3 effettuazione del lavaggio mani disinfettante insieme, effettuazione della medicazione da parte
dell’utente con spiegazione delle motivazioni, collaborazione da parte dell’Infermiere in tutte le
fasi, tempo minimo 30 minuti;
♦ fase 4 effettuazione lavaggio mani disinfettante e medicazione da parte dell’utente in
autonomia, supervisione da parte dell’Infermiere, tempo minimo 20 minuti; fase da
effettuare anche a distanza per verifica.
Dev’essere stimolato il dialogo e favorito l’ascolto tramite la costruzione di un rapporto di tipo
supportivo. Ogni fase deve prevedere del tempo a fine incontro dedicato a domande e chiarimenti di
dubbi.
III.II.4 Il lavaggio del catetere tunnellizzato – tema 4
Il lavaggio periodico del catetere va effettuato per prevenire l’occlusione del sistema a
causa di coaguli/trombi, quindi per mantenere il catetere ben pervio e pulito anche da residui
delle soluzioni infuse.
La frequenza dei lavaggi, l’uso di soluzione eparinata e la sua concentrazione sono
stabilite da indicazione del Medico (in base a tipo di catetere, situazione del paziente,
frequenza d’uso del presidio, precedenti episodi di malfunzionamento o ostruzione etc.); in
linea generale i CVC valvolati vanno lavati con fisiologica + sol. eparinata ogni 7 – 8 giorni e
dopo ogni uso.
Particolare attenzione va prestata a non stringere con eccessiva forza tappi, raccordi,
siringhe col cono del catetere, ciò infatti potrebbe causa problemi di rotture; sarà sufficiente
connettere saldamente.
Materiale
− un paio di guanti puliti;
− un tappino sterile di chiusura (o batuffolo sterile con disinfettante se CVC chiuso con
tappino perforabile);
− una siringa da 20 cc;
− due fiale di soluzione fisiologica da 10 cc; o 2 siringhe preriempite e
sterili di fisiologica da 10 cc
− due siringhe da 10 cc;
− una fiala di soluzione eparinata;
− due garze sterili;
− disinfettante;
− sapone antisettico.
Procedura
Motivazione
preparare tutto il materiale occorrente
(motivazione vedi procedura medicazione)
effettuare lavaggio antisettico e mettere guanti
(modo e motivazione vedi procedura medicazione)
aprire 2 fiale di sol. fisiologica e aspirarla nella
siringa da 20 cc. facendo attenzione a non
contaminare ago e soluzione, richiudere la siringa e
riporla nella propria confezione, in alternativa
aprire confezioni siringhe preriempite
è bene preparare tutta la parte “pulita” della
procedura dopo il lavaggio delle mani,
fondamentale la sterilità della soluzione usata, le
siringhe preriempite riducono i passaggi ed il
conseguente rischio di contaminazione soprattutto
per persone non esperte
aprire la fiala di soluzione eparinata ed aspirarla
nella siringa da 10 cc., procedere come sopra
aprire confezione siringa da 10 cc
preparare tutto l’occorrente alla procedura per
evitare manipolazioni incongrue
svitare il vecchio tappino con la garza (o perforare
il tappo, accedere al clave)
l’uso della garza facilita la presa e assicura la
sterilità della connessione
disinfettare con garza sterile il punto di
connessione tappo-CVC (o il setto perforabile se
tappo perforabile o tappo clave connector)
disinfettare sempre i raccordi prima di accedervi è
una misura necessaria di prevenzione delle
infezioni
connettere la siringa da 10 cc precedentemente
aperta facendo attenzione a non contaminarla
in base al tappo si userà la siringa con (tappo
perforabile) o senza ago (clave, tappo perforabile)
esercitare aspirazione, se fuoriesce sangue
prelevarne circa 2-3 cc, sconnettere e gettare la
siringa (se aspirazione negativa vedi all. n° 3 )
testare il ritorno del sangue valuta il buon
funzionamento del sistema e l’eventuale comparsa
di complicanze, i 2-3 cc di sangue contengono
eparina concentrata
connettere siringa da 20 cc con fisiologica ed
iniettarla per intero effettuando frequenti piccole
pause (tecnica stop&go), gettare la siringa
questa tecnica aumenta le turbolenze della
soluzione all’interno del lume permettendo una
miglior detersione
connettere la siringa con la soluzione eparinata ed
iniettare con tecnica stop&go, se il catetere è
valvolato in punta effettuare alla fine una pressione
positiva (cioè sconnettere mentre si iniettano gli
ultimi 1-2 cc), gettare la siringa
la tecnica descritta crea una pressione positiva
all’interno del catetere che impedisce il reflusso
di sangue dalla punta del catetere all’interno del
lume (il catetere valvolato sul cono crea
automaticamente tale pressione)
se presenti residui di sangue o soluzione sul
raccordo disinfettare con garza sterile, chiudere il
CVC con il nuovo tappino precedentemente aperto
facendo attenzione a toccarlo solo sulla parte
esterna (se tappo perforabile o clave sarà
sufficiente disinfettare il tappo dopo la
deconnessione)
mantenere sempre il raccordo del CVC pulito, non
contaminare il tappino di chiusura, questo punto è
una potenziale fonte d’entrata di microrganismi
la documentazione è il punto di partenza e arrivo
del processo di nursing e permette una valutazione
della situazione da parte di altri professionisti
documentare giorno, soluzione infusa, eventuali
resistenze o problemi incontrati
In caso di dubbi sul funzionamento della valvola contattare il Medico competente, si può posizionare
un tappo valvolato come criterio aggiuntivo di sicurezza.
La confidenza con la tecnica di lavaggio va iniziata sin dal momento in cui si tratta la medicazione
(nella gran parte dei casi gli accessi prevedono medicazione e lavaggio del catetere) quando si sarà giunti alla
fase 3 dell’educazione relativa alla medicazione, anche questo tema educativo prevede l’utilizzo
dell’opuscolo e prevede spazio per domande e chiarimenti di dubbi. Va a sua volta suddiviso in fasi:
♦ fase 1 spiegazione del significato e di tutta la procedura del lavaggio, tempo minimo previsto 20 minuti;
♦ fase 2 spiegazione della procedura ed effettuazione da parte dell’utente, supervisione e supporto
dell’infermiere, tempo minimo previsto 30 minuti;
♦ fase 3 effettuazione della procedura da parte dell’utente in autonomia con supervisione da
parte dell’Infermiere, tempo minimo previsto 20 minuti, fase da effettuare anche a
distanza per verifica.
III.II.5 Il trattamento infusivo – tema 5
Di seguito verrà sviluppato un aspetto educativo da porre in essere qualora via sia la necessità di
infusioni a domicilio (NPT, infusioni di sol. idratanti, etc.), esso rappresenta un livello superiore di gestione
del presidio che necessita del coinvolgimento da parte del nucleo familiare e del care giver relativo.
In questo punto entrerà in attività anche il servizio ADI, l’Infermiere quindi potrà portare avanti il
processo educativo come risultato della continuità assistenziale fra struttura e territorio.
La sorveglianza dell’infusione va effettuata comunque dal care giver, si dovrà educare al
monitoraggio del gocciolamento alla velocità prescritta e all’uso del roller stringitubo.
Materiale necessario
∼ un paio di guanti puliti;
∼ una siringa da 10 cc;
∼ una siringa da 10 cc;
∼ una fiala di soluzione fisiologica da 10 cc;
o 1 siringa preriempita e
sterile di fisiologica da 10 cc
∼ soluzione da infondere;
∼ deflussore;
∼ regolatore di flusso (chiocciolina);
∼ disinfettante;
∼ una o due garze sterili.
Procedura
Motivazione
preparare tutto il materiale occorrente
(motivazione vedi procedura medicazione)
effettuare lavaggio antisettico e mettere guanti
(modo e motivazione vedi procedura medicazione)
aspirare il contenuto delle due fiale di fisiologica
con la siringa da 20 cc in modo asettico, aprire
confezione siringa da 10cc
preparare la parte “pulita” della procedura
preparare la linea infusionale in modo asettico
raccordando soluzione-deflussore-regolatore di
flusso, porre il flacone della soluzione da infondere
ad un livello elevato e far defluire la soluzione
lungo tutta la linea, chiudere del tutto il regolatore
di flusso
effettuare questo passo in modo sterile è essenziale
per assicurare la non contaminazione della
soluzione e della linea, riempirla evita complicanze
embolico-gassose, prepararla al livello adeguato la
rende pronta alla connessione
scollegare il vecchio tappino usando la garza
sterile disinfettata
disinfettare sempre i raccordi prima di accedere al
sistema, la garza facilita la presa
connettere sterilmente la siringa da 10 cc vuota ed
aspirare i primi 2-3 cc di sangue, sconnettere e
gettarla
essi contengono eparina concentrata
connettere la siringa da 20 cc, o le 2 preriempite da
10, ed effettuare un lavaggio stop&go
deterge il sistema dal sangue, la tecnica descritta
aumenta le turbolenze e quindi la pulizia del lume;
connettere la linea ed effettuare le infusioni alla
velocità necessaria, sorvegliare a tempi adeguati il
buone procedimento dell’infusione
il regolatore di flusso determina la velocità, si può
inoltre disegnare una linea sul contenitore della
soluzione con un pennarello, indicando l’orario a
cui la soluzione deve arrivare a quel punto
a fine infusione sconnettere il deflussore con una
nuova garza sterile disinfettata
effettuare un lavaggio del sistema con fisiologica e
se prescritto soluzione eparinata
rimuove eventuali residui della soluzione infusa e
mantiene la pervietà per l’uso successivo
L’educazione al trattamento infusivo (inizio, durata e fine infusione) va effettuata in più
fasi, può far riferimento all’opuscolo, al termine di ogni incontro è previsto spazio per
chiarimenti di dubbi e domande:
♦
♦
♦
fase 1 effettuazione procedura da parte dell’Infermiere, spiegazione della stessa e delle motivazioni,
tempo minimo previsto 20 minuti;
fase 2 effettuazione procedura in collaborazione utente (care giver) e Infermiere, spiegazione da parte
dell’utente, tempo minimo previsto 30 minuti;
fase 3 effettuazione procedura da parte dell’utente (care giver) in autonomia, supervisione
dell’Infermiere, tempo previsto 20 minuti.
III.II.6 Il prelievo ematico dal CVC e l’accesso al CVC PORT – tema 6
Il seguente tema rappresenta un livello superiore di gestione del presidio e solo in
casi selezionati ed attentamente valutati potrà venir posto in essere, necessario supporto di
un care giver motivato e attento, nell’opuscolo non viene trattato proprio perché non
indirizzato alla gran parte degli utenti.
L’educazione andrà iniziata dopo aver effettuato una valutazione positiva alla verifica
dell'apprendimento dei temi precedenti. A causa dell’alto impegno richiesto dalle tecniche
non viene stabilito un programma in fasi ma questo andrà effettuato tramite una stretta
valutazione volta per volta dall’Infermiere.
Le procedure vogliono essere anche un riferimento per l’operatore sanitario per
favorire l’omogeneità dei comportamenti e di conseguenza la comprensione del significato
del tutto da parte dell’utente, egli di conseguenza si sentirà più orientato, sicuro ed
eventualmente predisposto all’apprendimento superiore.
Analizziamo prima il prelievo ematico.
Su un utente portatore di CVC il prelievo ematico va effettuato in via preferenziale
tramite il presidio; uno degli scopi dello stesso è infatti evitare ripetute e fastidiose punture, a
maggior ragione se c’è difficoltà nel reperire l’accesso venoso periferico; per effettuare test
coagulativi è preferibile il prelievo periferico, il risultato può essere alterato
dall’eparinizzazione del sistema anche dopo lo scarto di più di 20 cc di sangue.
Da considerare che a volte i dispositivi venosi centrali possono non funzionare in
aspirazione (withdrawal occlusion) a causa di un manicotto di fibrina che si viene a formare
sulla punta del catetere. Dopo il prelievo è necessario effettuare un lavaggio del sistema.
Materiale necessario
∼ garze sterili (2);
∼ disinfettante;
∼ guanti puliti;
∼ camicia per prelievi;
∼ provette necessarie;
∼ due fiale di soluzione fisiologica da 10 cc;
∼ una siringa da 10 cc;
∼ una fiala di soluzione eparinata;
se dopo il prelievo il CVC non
viene utilizzato per infusioni
∼ tappino sterile classico, perforabile o clave.
Procedura
Motivazione
preparare tutto il materiale occorrente
(motivazione vedi procedura medicazione)
effettuare lavaggio antisettico e mettere
guanti
(modo e motivazione vedi procedura
medicazione)
aprire confezioni di: siringa da 10 cc,
siringa da 20 cc riempiendola con 2 fiale
fisiologica; siringa 10 cc riempiendola con
sol. eparinata
preparare la parte “pulita” della procedura
all’inizio
prendere la garza sterile dagli angoli e
bagnarla con un po’ di disinfettante
disinfettare il raccordo catetere-tappino ed
aprire il dispositivo
disinfettare sempre i raccordi del sistema
prima di accedervi è misura fondamentale
per prevenire le infezioni
raccordare la siringa da 10 cc ed aspirare la
quantità di sangue necessaria per lo scarto
10 cc per esami ematochimici standard; 0
cc per emocolture, è la quantità necessaria
alla non contaminazione dei risultati di
laboratorio
staccare la siringa e raccordare la camicia,
riempire le provette
viene prelevato il campione non
contaminato da farmaci, da soluzioni che
possano alterare i risultati
effettuare un lavaggio del CVC come da
procedura, se il catetere non viene
utilizzato dopo il prelievo il lavaggio
comprende anche l’uso di soluzione
eparinata, in caso contrario solo soluzione
fisiologica
Analizziamo quindi l’accesso al PORT.
Il CVC tipo PORT a differenza del CVC parzialmente impiantato è totalmente sotto
cute, la sua parte distale è rappresentata dalla camera col setto autosigillante in silicone; essa
andrà punta ogni volta bisogni accedere al sistema, ciò viene fatto con un ago non-coring
(esso permette la non lacerazione del setto della camera), importante è localizzare saldamente
la camera sottopelle e identificare il setto, pungendolo al centro.
Materiale necessario
∼ tre batuffoli sterili;
∼ disinfettante;
∼ guanti puliti;
∼ ago di Huber (eventualmente del tipo con prolunga fornita di morsetto);
∼ una siringa da 10 cc;
∼ una siringa da 20 cc;
∼ due fiale di soluzione fisiologica da 10 cc;
∼ cerotto semplice o cerotto sterile premedicato (tipo mepore piccolo).
Procedura
Motivazione
preparare tutto il materiale occorrente
(motivazione vedi procedura medicazione)
effettuare lavaggio antisettico e mettere
guanti
(modo e motivazione vedi procedura
medicazione)
preparare la siringa da 20 cc riempiendola
con le due fiale di fisiologica da 10 cc,
riporla nella confezione sterile
è bene preparare il materiale nella parte
“pulita” della procedura
aprire la confezione dell’ago di Huber, se
sistema con prolunga connettere la siringa
da 20 cc e preriempire il tubicino con la
fisiologica, sconnettere la siringa e riporla
senza contaminarla nel suo involucro,
riporre l’ago con prolunga nel campo sterile
della confezione
prima di accedere al sistema bisogna
riempire la prolunga per non rischiare
l’aspirazione dell’aria in esso contenuta
aprire la confezione della siringa da 5 cc e
connetterla alla prolunga dell’ago
preparare la siringa connessa per testare
l’aspirazione
versare del disinfettante sui batuffoli sterili
e disinfettare la cute del torace dove c’è il
setto in senso circolare interno-esterno
la disinfezione del sito da pungere è una
misura fondamentale per prevenire le
contaminazioni, il senso di pulizia porta lo
“sporco” verso l’esterno
ripetere l’operazione con un secondo
batuffolo
localizzare con sicurezza il setto del Port
con le prime 3 dita della mano non
il setto va identificato con sicurezza e
immobilizzato per far sì che la punzione sia
dominante, con queste fissarlo e ancorarlo
bene al piano del torace
esatta e vada a buon fine, evitando
movimenti del setto
con la mano dominante inserire con
fermezza
l’ago
non-coring
(perpendicolarmente al piano del torace) al
centro del setto, fino a quando si avvertirà
sotto la punta la base del serbatoio
il setto (per il materiale di cui è composto)
crea abbastanza resistenza alla punzione
per cui l’entrata deve essere decisa, sentire
la punta sulla base del serbatoio indica che
si è in sede corretta e che l’ago è inserito
per il suo intero
aprire la clamp della prolunga, testare
ritorno ematico aspirando con la siringa
vuota da 5 cc prima collegata, circa 2-3 cc
di sangue, clampare
il ritorno ematico è la riprova definitiva di
un corretto posizionamento, i 2-3 cc di
scarto contengono eparina concentrata
fissare l’ago con un cerotto premedicato,
da questo punto in poi non effettuare
movimenti, rotazioni o torsioni dell’ago
spostamenti
dell’ago
potrebbero
danneggiare seriamente il setto di silicone
scollegare e gettare la siringa, connettere la
siringa da 20 cc con fisiologica, aprire la
clamp, lavare il catetere con la tecnica
stop&go, clampare la prolunga dell’ago
mentre si stanno iniettando gli ultimi 1-2 cc
di soluzione
è necessario lavare correttamente il
sistema dal sangue per evitare ostruzioni
da questo punto si può usare il dispositivo
per il motivo per cui è stato creato
l’accesso, per l’infusione, per fare il
lavaggio con soluzione eparinata, per il
prelievo ematico (in questo caso da fare
dopo l’adeguato scarto di sangue)
documentare la procedura
III.II.7 Le complicanze principali – punto 7
L’utente dovrà essere educato al riconoscimento dei principali sintomi di complicanze
rilevabili in prima persona o durante la gestione (riferimento a contenuti capitolo I.II e allegati
4 e 5).
I temi da trattare, facendo anche riferimento all’opuscolo informativo, sono:
arrossamento, cute secernente, dolore, calore del punto di fuoriuscita del catetere,
infezione locale; rilevabile al monitoraggio del punto d’inserzione e da sintomi soggettivi;
ostruzione del CVC, withdrawal occlusion; rilevabile all’effettuazione del lavaggio,
eventualmente da sintomi soggettivi;
trombosi venosa centrale; rilevabile da segni e sintomi, edema collo e braccio omolaterale
al catetere;
infezione correlata al CVC (CrBSI), rilevabile ad monitoraggio precoce di segni e sintomi.
L’educazione dovrà prevedere particolare attenzione nel non trasmettere sentimento
di allarme o paura, dare invece rilievo alla prevenzione come strumento di drastica riduzione
del rischio delle complicanze (soprattutto di tipo infettivo). Infatti il mancato rispetto delle
procedure in asepsi (soprattutto punto d’accesso al sistema e punto di fuoriuscita del CVC) e
la non scrupolosa igiene di vita sono le principali cause di complicanze infettive.
Fornire infine le informazioni necessarie sui riferimenti assistenziali disponibili per
riferire o risolvere la complicanze che possono presentarsi.
III.III La valutazione del programma educativo
Essendo il processo educativo a tutti gli effetti un processo di nursing non si può tralasciare la
valutazione come punto conclusivo e di partenza delle eventuali modifiche o rafforzamenti da effettuare sul
processo stesso. Sono previste quindi delle domande valutative qui in ordine ma da porre verbalmente
all’utente in sequenza varia, esse permettono di fotografare la situazione di apprendimento di quell’utente.
III.III.1 Le domande valutative
Legenda di lettura
punti 0 – L’utente identifica correttamente gli elementi, questi vengono sviluppati in modo
esatto e coerente rispetto ai contenuti del processo educativo;
punto 1 – L’utente identifica in parte gli elementi corretti che vengono sviluppati in modo impreciso e/o
confuso rispetto ai contenuti del processo educativo;
punti 2 – L’utente non identifica gli elementi corretti, questi vengono sviluppati in modo errato e confuso
rispetto ai contenuti del processo educativo.
1.
Il CVC è necessario per:
2.
2 – effettuare terapie infusive velocemente;
1 – effettuare prelievi ematici ed eventualmente per terapie infusive;
0 – effettuare terapie infusive senza dover ricorrere a ripetute punture, eventualmente anche per i
prelievi ematici.
L’utente descriva il catetere ed il posizionamento:
2 – non descrive il presidio né posizionamento;
1 – descrive solo una delle componenti o entrambe non integralmente;
0 – descrive dove è inserito, dove termina, la tunnellizzazione e le componenti del catetere.
3.
L’igiene corporea completa:
2 – è possibile, si toglierà la medicazione e di effettuerà l’igiene con spugnature o a pezzi;
1 – è possibile, si può proteggere la medicazione ed effettuare a preferenza bagno o doccia;
0 – è importante e fondamentale, sarà necessario proteggere la medicazione, il bagno è sconsigliato.
4.
L’utente esegue la procedura di protezione della medicazione:
2 – non esegue la procedura o lo fa con molti errori;
1 – esegue la procedura con errori e/o con difficoltà;
0 – esegue la procedura senza effettuare errori.
5.
La medicazione va effettuata quando:
2 – quando si stacca e non oltre i 10 giorni, avvisando l’Infermiere ogni volta che la fa;
1 – ogni 7/8 giorni;
0 – ogniqualvolta si stacchi, si sporchi o si inumidisca e comunque non oltre i 7/8 giorni.
6.
Prima di eseguire le procedure:
2 – va raggruppato tutto il materiale che può servire vicino al paziente;
1 – va effettuato un lavaggio delle mani e preparato il materiale che può servire vicino al paziente;
0 – va effettuato un lavaggio delle mani antisettico dopo aver preparato il materiale indicato sul piano di
lavoro, vicino terrà comunque il contenitore con tutte le sue scorte.
7.
Effettuerà il lavaggio mani prima di medicazioni e/o lavaggi:
2 – con acqua e sapone per 5 minuti;
1 – con acqua e sapone disinfettante, chiudendo il rubinetto con la salvietta;
0 – con acqua e sapone disinfettante per 2 minuti, rispettando le “aree pulite”.
8.
Il batuffolo per effettuare la disinfezione del punto di fuoriuscita del CVC:
2 – è sterile, si effettua la disinfezione tamponando il punto di fuoriuscita, si effettua 2 volte;
1 – è sterile, va messo disinfettante, si effettuano movimenti circolari più volte;
0 – è sterile, va messo disinfettante con la tecnica del non contatto, si effettuano movimenti circolari più
volte senza mai tornare indietro.
9.
L’utente esegue la procedura di medicazione:
2 – non esegue la procedura o lo fa con molti errori;
1 – esegue la procedura con errori e/o con difficoltà;
0 – esegue la procedura senza effettuare errori.
10. Il lavaggio del CVC va effettuato:
2 – ogniqualvolta faccia la medicazione, con soluzione fisiologica;
1 – ogni 7 giorni, per mantenerlo pulito;
0 – ogni 7/8 giorni, salvo diverse indicazioni, per mantenere il CVC funzionante e ben pervio.
11. In caso di difficoltà all’iniezione delle soluzioni durante il lavaggio:
2 – eserciterà pressione, finché non si sblocca il catetere;
1 – chiuderà il CVC con un nuovo tappino sterile e chiamerà l’ospedale;
0 – proverà una seconda volta, comunque non esercitando una pressione eccessiva, eventualmente
chiuderà il CVC con un nuovo tappino sterile e chiamerà il servizio/Infermiere di riferimento.
12. L’utente esegue la procedura di lavaggio:
2 – non esegue la procedura o lo fa con molti errori;
1 – esegue la procedura con errori e/o con difficoltà;
0 – esegue la procedura senza effettuare errori.
13. Cosa deve monitorare per sorvegliare precocemente l’insorgenza di complicanze infettive :
2 – prurito sul punto di fuoriuscita del CVC e sul tunnel sottocutaneo, gonfiore lato omonimo;
1 – presenza di febbre elevata con brivido, presenza di pus sul punto di fuoriuscita del CVC;
0 – arrossamento e/o calore e/o dolenzia al punto d’inserzione, eventuale comparsa di febbre.
14. Il trattamento infusivo domiciliare:
2 – è possibile se vi sono 2 familiari disponibili, prima va aspirato il sangue, il gocciolamento non
necessita di sorveglianza, a fine infusione si disinfetterà il cono connettore e si metterà il nuovo
tappino;
1 – è possibile, prima va fatto un lavaggio del presidio, va sorvegliato il gocciolamento quando si vuole,
a fine infusione farà un altro lavaggio;
0 – è possibile entro determinati criteri, prima va testata la funzionalità del presidio, va sorvegliato il
gocciolamento ed a fine infusione un lavaggio con soluzione eparinata.
15. L’utente/care giver esegue la procedura di infusione:
2 – non esegue la procedura o lo fa con molti errori;
1 – esegue la procedura con errori e/o con difficoltà;
0 – esegue la procedura senza effettuare errori.
III.III.2 Griglia di valutazione dell’apprendimento
Legenda singoli temi
punti 0 – L’utente identifica correttamente gli elementi, questi vengono sviluppati in modo
esatto e coerente rispetto ai contenuti del processo educativo;
punto 1 – L’utente identifica in parte gli elementi corretti che vengono sviluppati in modo impreciso e/o
confuso rispetto ai contenuti del processo educativo;
punti 2 – L’utente non identifica gli elementi corretti, questi vengono sviluppati in modo errato e confuso
rispetto ai contenuti del processo educativo.
Data
1^setti
mana
2^setti
mana
3^setti
mana
4^setti dopo 60
mana
gg
A cosa serve il CVC
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conoscenza relativa al CVC
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conoscenza relativa all’igiene completa
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Tecnica della protezione della medicazione
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
conoscenza dei tempi per la medicazione
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conosce quando va effettuato il lavaggio
antisettico delle mani
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Tecnica del lavaggio antisettico delle mani
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Come prevenire la contaminazione del punto
d’inserzione
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Tecnica della medicazione
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conoscenza dei tempi per il lavaggio
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conoscenze sulla gestione della resistenza alla
somministrazione in bolo
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Tecnica di lavaggio del CVC
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Conoscenza dei segni relativi a possibili
complicanze infettive
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Contenuti educativi somministrati
Conoscenza dei prerequisiti per il trattamento
infusivo domiciliare
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
Tecnica dell’infusione
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
0 1 2
data valutazione apprendimento globale utente
livello delle abilità acquisite
Legenda apprendimento globale
2 - non conosce le tematiche essenziali;
1 - conosce tematiche essenziali e le esegue correttamente (lavaggio antisettico,
medicazione, complicanze);
0 - conosce ed esegue correttamente le tematiche essenziali e le altre tematiche trasferite.
Conclusione
Aumentare il livello di coping, l’autonomia, le conoscenze dell’utente; quindi la qualità di vita
nell’ambito della gestione del CVC è l’obiettivo di questa tesi, di questo progetto fortemente integrato
con la realtà operativa infermieristica dell’ULSS 7 Veneto, che gestisce quotidianamente il presidio.
Quale livello d’autonomia perseguire? Autonomia perché?
Sono le domanda che più spesso hanno posto in dubbio l’operatore del nursing durante lo
sviluppo di questo progetto.
Dobbiamo quindi considerare che, in quanto scienze dell’uomo e per l’uomo, la pedagogia ed
il nursing devono far ricorso a metodologie educative largamente individualizzate, per il
raggiungimento del livello di autonomia realizzabile per quell’utente. Il rispetto della soggettività
dell’individuo (inteso come sempre come insieme di fisico, psichico e ambientale) porterà a
riconoscere che non per tutti sarà prospettabile un’autonomia totale ed il questo caso una totale
autogestione del presidio.
In particolar modo le situazioni in cui troviamo: utenti con deficit intellettivi o neurologici,
persone molto anziane, persone con livello culturale molto basso e persone che non comprendono la
lingua nazionale, autonomia e processo educativo sono difficilmente realizzabili; fortunatamente non
si tratta della maggior parte degli utenti e, inoltre, in tutti i casi “difficili” sopracitati si potrà far forza
maggiormente sullo sviluppo delle potenzialità familiari.
Autonomia perché è sinonimo di maggior qualità di vita del malato e della sua famiglia; basti
pensare nello specifico alla gestione ordinaria del CVC a lunga permanenza: al venir meno di ripetuti e
frequenti (spesso settimanali) accessi ospedalieri, accessi che possono risultare difficoltosi per il
trasporto dell’utente, per l’organizzazione della famiglia, per la costruzione di progetti per il tempo
libero, per le vacanze e quant’altro.
Autonomia perché favorisce un aumento del senso di autostima, dell’adattamento al nuovo
stato di salute, perché diminuisce l’ansia correlata alla non conoscenza, all’errata conoscenza, alla
paura di sbagliare.
Autonomia perché ridurre allo stretto necessario e minimizzare gli accessi ospedalieri può
diminuire il rischio di complicanze infettive d’origine nosocomiale (soprattutto in considerazione del
fatto che la maggior parte degli utenti ha anche problemi di immunodepressione), perché se ben
adattato e responsabilizzato, l’utente e la sua famiglia possono diventare ottimi ed attenti gestori del
presidio, essi infatti possono dedicarvi tutto e più tempo necessario e le conseguenze di una corretta
gestione danno i frutti sulla loro stessa salute.
Autonomia perché rende il paziente, utente, cittadino libero di scegliere consapevolmente.
Come metodi e strumenti innovativi possono venir presi in considerazione accessi
programmati di supporto alla gestione, di monitoraggio delle complicanze, per stimolare il dialogo
finalizzato a chiarimento di dubbi e domande; potrebbero crearsi dei piccoli gruppi di utenti portatori
di CVC (condotti da un Infermiere che abbia sviluppato approfonditamente le capacità educative e
relazionali sul tema) come spunto al dialogo, al confronto, come supporto e condivisione del nuovo
stile di salute indotto anche dalla presenza di CVC.
Interessante lo studio di Melville et all (1996) nel quale vengono comparate la sopravvivenza
ed i tassi di sepsi correlati a CVC a lunga permanenza (nel medesimo campione di utenti pediatrici con
necessità di TPN) gestito da personale sanitario in ambiente ospedaliero e dai familiari a domicilio.
I cateteri in ospedale durarono in media 175 giorni, contro una sopravvivenza a casa di 567
giorni; gli episodi settici si verificarono in media ogni 142 giorni in ospedale ed ogni 567 giorni a casa.
Come spiegare questa alta e significante differenza a favore della terapia domiciliare?
Considerando che nel tipo di microrganismi isolati dalle culture (da ospedale e da domicilio) sono
state riscontrate grosse somiglianze e comparabilità, ciò suggerisce che la differenza in termini di
maggior salute non è ascrivibile ad un aumentata virulenza dei mic.mi ospedalieri.
Lo studio suggerisce che la differenza cardinale sta nella diversa e miglior gestione del
catetere a casa rispetto all’ospedale.
Nell’odierno clima di scarsità di risorse economiche, obbligatorio è infine valutare il beneficio
economico derivante dalla gestione domiciliare e dalla diminuzione di costose complicanze infettive.
Da tutte queste considerazioni scaturisce il monito ad una specializzata, esperta e dedicata
cura del CVC a lunga permanenza e ad un educazione personalizzata, incisiva ed efficace tesa
all’autonomia dell’utente.
Gruppo di progetto della Ricerca Sanitaria Finalizzata, finanziata
dalla Regione Veneto:
Responsabile scientifico: Dorigo Mara;
Bortoluz Carla, Cavinato Tullio, Tonin Agostino, Favero Barbara,
Marcon Daniela, Bin Anna, Sech Sara, Dorigo Emanuela, Ongaro
Anna,
Dal Cin Livio, Bernardi Paola.
Testo a cura di:
Da Frè Erika
Grafica e disegni:
Da Frè Erika, Tonin Agostino
Ha collaborato il personale infermierisitco:
Bortolini Adriana, Giust Sonia, Marcon Carmela, Possamai Adriana, Rizzotto Maria
Luisa.
LA GESTIONE DEL CATETERE
VENOSO CENTRALE TUNNELLIZZATO
Si ringrazia per la collaborazione la ditta_____________
legenda
I
Educazione terapeutica
Opuscolo n° 3
Indice
Il Catetere Venoso Centrale (CVC)
tunnellizzato.......................................... IV
LA GESTIONE DEL CATETERE
A cosa serve?
VENOSO CENTRALE TUNNELLIZZATO
Cos’è?
Quanto può rimanere in sede?
Quali sono le attività consentite?
Igiene ......................................................4
Igiene ambientale
Ambiente e piano di lavoro
Igiene personale
La doccia
MARZO 2003
Il lavaggio antisettico delle mani
Lista materiale necessario e sua
conservazione .........................................6
II
Promemoria
PROCEDURE
Chi contattare, orari e numeri telefonici
La medicazione ....................................... 7
Quando
Materiale
Come si esegue?
Il lavaggio/eparinizzazione ...................... 9
Quando
Materiale
Come si esegue?
Trattamento infusionale ........................ 10
Materiale
Come si esegue?
Evenienze da saper riconoscere ............ 11
INFORMAZIONI UTILI .............................13
III
Il Catetere Venoso Centrale (CVC) tunnellizzato
Igiene ambientale
A cosa serve?
E’ necessario evitare che i microscopici microrganismi intorno a noi, presenti
nell’aria e sulle superfici che ci circondano, si introducano nel nostro organismo.
Ecco perché la gestione dell’igiene di vita di un portatore di CVC (dato che si crea
un tramite fra ambiente esterno ed il corpo), richiede vari accorgimenti in merito a
pulizia, disinfezione, sterilità.
Questi microrganismi entrando in contatto col catetere e con tutti gli strumenti che
verranno usati nella gestione del Suo CVC, (in particolar modo a contatto diretto con
l’adattatore a vite e durante la medicazione) sono una potenziale fonte di infezione
Permette di effettuare terapie ed infusioni evitando di dover pungere ogni volta vene
periferiche, poiché permette di accedere direttamente al circolo venoso centrale.
Può essere utilizzato anche per la maggior parte dei prelievi di sangue necessari.
Cos’è?
Il CVC è un piccolo tubicino flessibile di silicone morbido, resistente e ben tollerato.
E’ inserito con una tecnica semplice ed indolore (in anestesia locale).
1. Punto d’inserzione: punto da cui
viene inserito il catetere in una
grossa vena del torace;
2. Tratto sottopelle: parte del catetere
che viene fatta passare sotto la pelle
dopo l’inserimento;
3. Cuffia: corrisponde ad un piccolo
rigonfiamento nel tratto sottopelle,
essa serve a mantenere ben ancorato
e fermo il catetere;
4. Punto di fuoriuscita: punto da cui
fuoriesce il catetere sul torace dopo
essere stato tunnellizzato, questo
punto andrà sempre ben protetto da
una medicazione;
5. Cono connettore: parte terminale
del catetere che può essere collegata a siringhe, deflussori delle flebo o ad altri
raccordi, quando il catetere non è in uso va chiuso con un tappino che lo isoli
dall’esterno.
La valvola: all’interno del cono connettore è presente una valvola di sicurezza che
impedisce l’entrata d’aria quando il catetere è aperto
Ambiente e piano di lavoro
Tutte le manovre inerenti la gestione del CVC vanno eseguite in una stanza pulita,
quindi andrà evitata la stanza da bagno o stanze dove vi sia abituale passaggio di
persone, spesso la camera da letto è la più indicata.
Durante tutte le procedure si consiglia: di predisporre una buona illuminazione, di
mettere a portata di mano un contenitore per i rifiuti (che andrà vuotato alla fine), di
allontanare persone non coinvolte e animali e di chiudere porte e finestre per evitare
correnti d’aria. Si creerà quindi un ambiente confortevole e sicuro.
E’ necessario preparare un piano di lavoro dove posare il materiale durante le
procedure.
Come preparare il piano di lavoro?
∼ Lavarsi le mani;
∼ lavare il piano (in plastica liscia o formica es. tavolino, mensola, piccolo
pannello) con acqua calda e sapone usando delle salviette pulite;
∼ far asciugare all’aria e versare un po’ di disinfettante per superfici es. sali
d’ammonio quaternario o alcool;
∼ con delle nuove salviette passare il piano di lavoro e far asciugare all’aria,
∼ gettare tutte le salviette.
Igiene personale
Quanto può rimanere in sede?
Il CVC potrà rimanere in sede fino a quando ve ne sarà la necessità, se ben curato
anche oltre l’anno.
Particolare attenzione va riservata a:
al comune lavaggio delle mani e del corpo;
pulizia della biancheria, specie quella intima poiché viene
direttamente a contatto con la medicazione;
pulizia dei denti almeno 2 volte al giorno in quanto sono un
potenziale ricettacolo di microrganismi vicino al catetere.
Quali sono le attività consentite?
Il CVC non impedirà ne intralcerà la maggior parte delle abituali attività, anche se
sarà necessario evitare l'immersione in acqua (bagno, nuoto, ect.)
IV
NB: Con questo lavaggio delle mani vengono eliminati molti microrganismi
normalmente presenti su di esse, si deve pertanto evitare una successiva
contaminazione o di toccare oggetti fuori dal piano di lavoro.
Pertanto non si devono usare maniglie delle porte, toccare vestiti, capelli (si
consiglia di raccoglierli con una fascetta e legarli se necessario); in caso contrario è
necessario effettuare nuovamente il lavaggio disinfettante.
La doccia
Una pulizia accurata del proprio corpo è il primo passo per diminuire la possibilità
d’infezioni e per sentirsi bene col proprio corpo, è quindi non solo possibile, ma
indispensabile, effettuare la doccia seguendo alcuni piccoli accorgimenti.
E’ necessario proteggere la medicazione per impedire che il punto di fuoriuscita del
CVC venga a contatto con l’acqua riducendo così il rischio di contaminazione.
Come proteggere la medicazione?
Tagliare un pezzo di plastica da un sacchetto,
(es. da congelatore tipo robusto, nuovo) con
Figura 1
una forbice pulita, di misura 2-3 cm maggiore
rispetto alla medicazione per ogni lato.
Fissare bene il pezzo ottenuto sopra la
medicazione con scotch adesivo resistente
all’acqua (tipo seta) lungo tutto il perimetro
come illustrato nella figura 1.
A questo punto potrà effettuare una normale
doccia, facendo attenzione a non frizionare
col sapone o passare con vigore vicino al
cerotto.
Cosa fare dopo la doccia?
Dopo la doccia tolga la protezione in plastica ed ispezioni la sua medicazione, se è
umida la cambi secondo la normale procedura per la medicazione pulendo bene la
cute del torace se vi sono residui di colla.
Lista materiale necessario e sua
conservazione
E’ utile e comodo tenere tutto il materiale necessario per la
gestione del CVC in un unico contenitore in plastica con
coperchio, lavato e disinfettato prima dell’uso. Qui dentro
vanno conservati:
Confezioni di batuffoli sterili;
confezioni di garze sterili;
cerotti per la medicazione sterili (Mepore);
siringhe da 10 – 20 cc sterili;
fiale di soluzione fisiologica sterile (sodio cloruro);
fiale di soluzione eparinata sterile (eparina sodica);
tappini di chiusura sterili;
cerotto adesivo;
sacchetti di plastica;
confezione di garze non sterili;
soluzione disinfettante;
sapone liquido antisettico;
alcool denaturato.
Il lavaggio antisettico delle mani
Oltre ai normali lavaggi delle mani, principale misura per
la prevenzione delle infezioni, prima della medicazione
e/o del lavaggio del CVC è obbligatorio effettuare il
lavaggio antisettico come sotto descritto.
∼
Togliere anelli, bracciali, orologio;
∼
arrotolare le maniche fino al gomito;
∼
bagnare mani ed avambracci con getto d’acqua
corrente;
∼
versare una discreta quantità di antisettico e
massaggiare con cura dita, spazi fra le dita, unghie,
fronte e retro della mano, polsi per circa 2 minuti
(tempo necessario perché l’antisettico agisca);
∼
sciacquare accuratamente;
∼
asciugare con le salviette monouso o l’asciugamano pulito;
∼
chiudere il rubinetto a fine procedura utilizzando la salvietta o l’asciugamano.
NB: Un oggetto si considera sterile quando su di esso sono stati eliminati tutti i
microrganismi, un oggetto sterile è protetto in un involucro sigillato.
Una volta aperto e toccato non è più tale.
Verifichi sempre che le confezioni sterili siano integre, in caso contrario il contenuto
va gettato.
Sarà sempre importante usare una tecnica che eviti il contatto e quindi la
contaminazione della parte dell’oggetto che deve rimanere sterile perché a contatto
diretto col catetere.
V
La medicazione
∼
La medicazione serve a mantenere il punto di fuoriuscita del catetere costantemente
pulito e protetto dall’ambiente esterno. E' in questo punto, se non attentamente curato,
che i microrganismi possono penetrare nel Suo corpo e provocare infezioni.
Quando
Va eseguita indicativamente ogni 7 giorni e comunque ogni qual volta si stacchi, si
sporchi o si inumidisca.
−
−
−
−
−
∼
∼
∼
∼
∼
∼
Materiale
∼
Barattolo di disinfettante;
confezione di batuffoli sterili;
confezione di garze sterili;
cerotto medicato (tipo Mepore);
alcool denaturato.
∼
Come si esegue?
Preparare il piano di lavoro e
predisporvi tutto il materiale elencato al
punto precedente;
effettuare un lavaggio antisettico delle
mani;
rimuovere la vecchia medicazione con
delicatezza dall’alto verso il basso)
tenendo il CVC e facendo attenzione a
non tirarlo (vedi figura n°2. Non usare
mai forbici o oggetti taglienti,
potrebbero danneggiare gravemente il
catetere);
osservare il punto di fuoriuscita del
catetere, se è rosso, caldo, gonfio,
Figura 2
dolente o presenta secrezioni, ricopra
con una nuova medicazione e contatti il
personale sanitario;
aprire attentamente la confezione di batuffoli e delle garze, facendo attenzione a
non toccarne l’interno;
prendere una garza dagli angoli, come vi ha insegnato l’Infermiere, versarvi
dell’alcool senza toccare la garza col flacone (mettendosi sopra il cestino);
∼
∼
∼
∼
∼
VI
passare la garza, tenendola sempre dagli
angoli, attorno alla cute coperta
normalmente dalla medicazione e
asportare gli eventuali residui di colla,
effettuare questa pulizia con movimenti
circolari senza mai tornare indietro (vedi
figura 3) gettare la garza al termine
dell’operazione;
versare nella confezione dei batuffoli del
disinfettante senza entrare in contatto con
il flacone;
prendere un batuffolo saldamente con due
dita e pulire il punto di fuoriuscita del CVC
dalla cute con movimenti circolari e
senza mai tornare indietro (vedi figura 4),
formare tre cerchi; gettare il batuffolo nei
rifiuti;
ripetere i punto precedente 2 volte
rispettivamente con 2 nuovi batuffoli;
lasciar asciugare all’aria l’eventuale
eccesso di disinfettante liquido sulla
pelle, bastano 30 – 60 secondi;
aprire la confezione del cerotto
premedicato e applicarlo facendo
attenzione a non toccare la parte in
tessuto interna;
la parte del catetere che fuoriesce dalla
medicazione va girata verso l’alto e
fissata con un po’ di cerotto, facendo
attenzione a non torcere, piegare o tirare
il catetere; questa piega “a vuoto” evita
che il catetere sia sottoposto ad
accidentali trazioni e spostamenti da parte
degli indumenti;
si può ricoprire la medicazione illustrata
in figura 5 con un altro cerotto tipo
Mepore.
Figura 3
Figura 4
Figura 5
Il lavaggio/eparinizzazione
∼
∼
Il lavaggio periodico del catetere va effettuato per prevenire l’occlusione del catetere e
per mantenerlo ben funzionante e pulito anche al suo interno.
Quando
∼
∼
Il lavaggio normalmente va fatto ogni 7 - 10 giorni, salvo diversa indicazione.
Materiale
−
−
−
−
−
2 fiale di soluzione fisiologica (sodio cloruro);
1 fiala di soluzione eparinata (eparina sodica)
2 siringhe da 10 cc ed 1 da 20 cc;
garze sterili (1 o 2);
disinfettante.
∼
Preparare il piano di lavoro e predisporvi tutto il materiale elencato al punto
precedente;
effettuare un lavaggio antisettico delle mani;
levare delicatamente il cerotto che funge da protezione e fissaggio al catetere ;
aprire la confezione della siringa da 20 cc e le fiale di fisiologica;
aprire il tappo protettivo dell’ago e aspirare la soluzione fisiologica;
far fuoriuscire l’aria in eccesso come vi ha insegnato l’Infermiere, evitando
contaminazioni dell’ago, richiudere col tappo protettivo dell’ago, appoggiare la
siringa sul piano di lavoro;
aprire la confezione della siringa da 10 cc e la fiala di soluzione eparinata;
aprire il tappo protettivo dell’ago ed aspirare la soluzione eparinata;
far fuoriuscire l’aria in eccesso come vi ha insegnato l’Infermiere e richiudere il
tappo protettivo dell’ago, appoggiare la siringa sul piano di lavoro;
aprire la confezione della siringa da 10 cc e la confezione del tappino sterile senza
toccare l’interno;
mettere del disinfettante su di una garza sterile e con questa disinfettare il
raccordo tappino – cono connettore e sempre impugnando la garza svitare il
tappino in movimento antiorario, gettare tappino vecchio e garza;
prendere la siringa da 10 cc, levare ago e copriago;
senza toccare i raccordi connettere la siringa da 10 cc ed aspirare fino alla
fuoriuscita di circa 2 - 3 cc di sangue, se non fuoriesce sangue non insista, vada al
punto successivo;
deconnettere e gettare siringa;
connettere la siringa da 20 cc (senza ago e
Figura 6
copriago, vedi figura n° 6) con la
fisiologica e iniettarla per intero facendo
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
Come si esegue?
∼
piccole e brevi pause, se vi sono resistenze all’iniezione non forzare
eccessivamente, chiuda con un nuovo tappino sterile e ci contatti;
deconnettere e gettare la siringa;
Figura ed
6
connettere la siringa da 10 cc (senza ago e copriago) con la sol. eparinata
iniettarla per intero facendo piccole e brevi pause;
deconnettere e gettare la siringa;
prendere il tappino sterile e senza toccarne
la parte interna avvitarlo al cono (vedi
figura n° 7) in modo saldo ma senza
stringere eccessivamente (stesso riguardo
va posto con qualsiasi connessione,
Figura 7
siringhe, raccordi);
se presenti residui di sangue sul cono
connettore asportarli con una garza sterile con la tecnica del non contatto;
fissare il CVC verso l’alto facendo la piega a vuoto come descritto a fine
procedura medicazione.
Trattamento infusionale
A volte, entro determinati contesti, è possibile effettuare delle infusioni a domicilio
(es. soluzioni idratanti o NPT); di seguito verranno date delle indicazioni a
proposito.
Le medesime soluzioni e linee infusionali non vanno mantenute per più di 24 ore, a
questa scadenza quindi andrà preparata una nuova linea infusionale e sostituita con
quella vecchia.
Materiale
−
−
−
−
−
∼
∼
∼
∼
VII
Due garze sterili con disinfettante;
deflussore e regolatore di flusso (linea infusionale);
soluzione da infondere;
siringa da 10 cc (1);
siringa da 20 cc (1) riempita con fisiologica (2 fiale da 10 cc).
Come si esegue?
Preparare il piano di lavoro e predisporvi tutto il materiale elencato al punto
precedente;
effettuare un lavaggio antisettico delle mani;
preparare la siringa da 20 cc con la fisiologica;
aprire soluzione, confezioni di deflussore e regolatore di flusso, montare
asetticamente il sistema come vi ha insegnato l’Infermiere;
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
∼
Evenienze riguardanti il catetere ed il suo funzionamento
distacco del tappino di chiusura (raro!)
disinfetti con garza sterile il cono,
posizioni un nuovo tappino in modo
sterile e contatti un servizio
blocco del flusso durante un’infusione
controlli che lungo il sistema non ci
domiciliare
siano torsioni o strozzature, in caso
contrario provi ad effettuare un
lavaggio con 20 cc di fisiologica, se
trova resistenze contatti un servizio
controlli che lungo il tubicino non ci
completa impossibilità ad
siano torsioni o strozzature; in caso
aspirare/infondere (possibile
contrario contatti un servizio
preriempire il sistema e porlo ad un livello elevato come vi ha insegnato
l’Infermiere, chiudere il flusso;
prendere una garza sterile dagli angoli, versarvi del disinfettante;
scollegare il vecchio tappino usando la garza sterile disinfettata;
connettere sterilmente la siringa da 10 cc vuota ed aspirare i primi 2-3 cc di
sangue, sconnettere e gettarla (questo perché prima di iniziare un’infusione è bene
essere certi che il catetere sia ben funzionante ed eliminare i primi cc. di sangue
che contengono eparina concentrata dal precedente lavaggio;
connettere la siringa da 20 cc ed effettuare un lavaggio stop&go;
connettere il sistema ed effettuare le infusioni alla velocità impostata dal
regolatore di flusso;
durante l’infusione è bene sorvegliare il flusso, per i primi 5 minuti e poi
controllarlo ogni 2-3 ore circa, questo per rilevare blocchi dovuti a torsioni o
malposizionamenti del catetere;
a fine infusione sconnettere il sistema con una nuova garza sterile disinfettata;
effettuare un lavaggio del sistema con fisiologica e se prescritto soluzione
eparinata.
ostruzione)
rottura del tubicino o del cono di
connessione (raro!)
chiuda il catetere, piegandolo e
fissandolo con del cerotto, nella parte
compresa tra l’inserzione e il punto di
rottura, contatti un servizio quanto
prima
Evenienze, segni e sintomi riguardanti problemi interni
febbre acuta (superiore ai 38°C) non
contatti un servizio quanto prima
imputabile ad altre cause soprattutto in
seguito a procedure sul catetere
(possibile infezione generalizzata)
improvvisa e forte difficoltà a respirare
chiuda il catetere se sta effettuando un
(possibile embolia polmonare, raro!)
infusione e contatti il 118 quanto prima
Evenienze da saper riconoscere
Come in tutte le procedure assistenziali in certi casi possono presentarsi delle
situazioni che escono dalla normalità. Esse sono per lo più evenienze molto rare ed
alle quali si può porre rimedio.
Sono situazioni che, chi convive col CVC, deve saper identificare; la tabella a seguito
Le dà delle indicazioni al proposito e su cosa fare nel caso si presentino.
Quello che Lei può fare per proteggersi da queste complicanze è riconoscerne al più
presto i segnali di allarme e riferirli al personale sanitario competente. La prevenzione
delle complicanze è particolarmente incisiva quando consiste in igiene e disinfezione,
cose che la faranno sentire meglio col suo corpo e che diminuiranno drasticamente il
rischio di infezioni.
Di seguito sono riassunte in una tabella le evenienze più frequenti.
PROBLEMA
COSA FARE
Evenienze, segni e sintomi riguardanti il punto d’inserzione / locali
la zona circostante il punto d’inserzione medichi correttamente e contatti il suo
è arrossata, gonfia, dolente, vi è
servizio di riferimento fra quelli
presenza di secrezioni (possibile
elencati alla pagina successiva
infezione locale)
la zona di contatto del cerotto presenta
cambiare il tipo cerotto, eventualmente
rossore, prurito, gonfiore (possibile
contatti un servizio
allergia a colla cerotto)
gonfiore a braccio e collo dal lato
contatti un servizio
dove è posizionato il catetere
(possibile trombosi venosa)
Informazioni utili
•
•
•
VIII
Promemoria
Importanza del lavaggio antisettico delle mani
Importanza dell'igiene (doccia, lavaggio mani, biancheria pulita)
Medicare ogni 7 – 10 gg ed ogni volta che si presenta non integra
•
rivolgendosi a Lei e ad i Suoi familiari offre parte del supporto necessario a
Eparinare il catetere ogni 7 – 10 gg, preferibilmente dal lunedì al giovedì
gestire e quindi convivere serenamente con il CVC.
Chi contattare, orari e numeri telefonici
• Medico di famiglia, tel. _____________
Essa è stata pensata, infatti, per favorire ed integrare l’informazione e
l’educazione che supportano le conoscenze, la consapevolezza e quindi la
• Servizio Infermieristico Assistenza
Domiciliare
Sede di _____________ tel. ________________
libertà di scelta dell’individuo nel ciclo della salute.
• U.O. Terapia del dolore e cure palliative
Ospedale di Conegliano tel. 0438 658312
dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 15
• U.O. Oncologia
Ospedale di Vittorio Veneto tel. 0438 567410
dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17
Al di fuori di questi orari è possibile contattare il Centro Rianimazione di Conegliano,
dove vi è la disponibilità per complicanze URGENTI, 24 ore su 24
Non esiti mai a contattarci e ad esprimere qualsiasi Suo dubbio,
problema, osservazione o suggerimento, essi saranno sempre
oggetto di attento ascolto e valutazione da parte del personale
infermieristico e medico.
Lavori eseguiti per conto della Regione del Veneto
- Ricerca Sanitaria Finalizzata - Venezia – Italia.
La cura e la manutenzione del Suo Catetere Venoso Centrale (CVC)
Tunnellizzato necessitano di nuove conoscenze e di piccoli adattamenti ma se curato
in modo esatto ed attento esso si rivelerà uno strumento di grande aiuto.
Questa è una guida elaborata dagli Infermieri dell'Azienda ULSS 7
nell'ambito della definizione delle Linee Guida per l’educazione terapeutica,
IX
XI
ALLEGATO 2 - QUESTIONARIO
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ALLEGATO 3 - Diagramma decisionale in caso di mancato ritorno ematico
Tentativo di aspirazione sangue dal sistema
Resistenza all’aspirazione
Campione di sangue ottenuto
Far cambiare posizione al paziente, muovere ed
alzare le braccia, respirare a fondo, far eseguire
manovra di Valsalva, porre il paziente in
Trendelemburg
Resistenza all’aspirazione
Rimuovere la medicazione (qualora non sia
trasparente) ed osservare il catetere, il punto di
fuoriuscita, la linea infusionale per identificare
eventuali ostruzioni, un eventuale dislocazione
dell’ago in caso di PORT
Campione di sangue ottenuto
Identificata occlusione meccanica
Nessuna occlusione
meccanica
Correggere ostruzione meccanica, si può dover
riaccedere in caso di PORT
Osservare eventuali sintomi e segni di
ostruzione venosa: edema del sito di
venipuntura e dallo stesso lato edema di collo,
faccia, braccio con turgore ed eventuale dolore
delle relative vene
Campione ottenuto
Resistenza all’aspirazione
.
Segni e sintomi non presenti
Tentare irrigazione con 10 cc di
Sol. Fisiologica, non forzare se
irrigazione non effettuabile
Campione di
sangue ottenuto
Segni e sintomi presenti
Notificare al Medico competente e provvedere
nella collaborazione all’espletamento ad
eventuali studi diagnostici
Irrigazione non effettuabile o successiva resistenza all’aspirazione
Avvisare il Medico competente e in collaborazione determinare la
possibile causa ostruttiva, procedere in base alla decisione del
Medico
Precipitati lipidici
Precipitati non lipidici
XV
Trombo
Etanolo – Alcool deidratato
N HCL
Urokinase
ALLEGATO 4 – Sviluppo tabella 1, i tipi di CVC
Cateteri Venosi Centrali tunnellizzati
Il manicotto per il fissaggio
A livello di 3-5 cm dal punto di uscita cutaneo vi è un manicotto (corrispondente a “cuff” della figura 2) che
stimola la crescita dei tessuti ad esso circostanti assicurando un ancoraggio naturale del catetere, questo
fermaglio costituisce il formarsi di una vera e propria barriera che oltre che diminuire i rischi di dislocamento
del catetere offre una protezione di tipo fisico contro i microrganismi ascendenti. Il manicotto può essere di
diversi materiali: Dacron, Poliestere; la sua parte esterna può essere in spugna di Collagene impregnata di
antimicrobico (es. di ioni argento).
Nel caso che la matrice esterna del fermaglio sia in spugna di Collagene inizialmente essa è in forma
compressa per favorire l’inserimento, dopo il posizionamento la matrice assorbe i liquidi fisiologici e si gonfia
fino a due volte rispetto alle dimensioni originali, tale matrice porosa esterna impregnata di antimicrobico offrirà
anche un’azione chimica contro le infezioni, ciò fino a quando questa parte esterna non verrà del tutto assorbita
dai tessuti (da 4 a 6 settimane ).
Hickman
Il CVC tipo Hickman appartiene alla categoria degli accessi vascolari
centrali a lunga durata, tunnellizzato; di gomma siliconata,.
L’Hickman ha la peculiarità di essere fornito, all’estremità che
Esempio di CVC Hickman monolume
fuoriesce,
di un morsetto a bordi smussi, bisognerà prestare estrema attenzione a tale morsetto, esso dovrà essere
clampato ogni qual volta il catetere debba essere aperto o sconnesso, questo perché la parte terminale del
catetere è aperta ed è presente il rischio di embolia gassosa; il catetere necessita infine di adeguati lavaggi con
soluzione eparinata ad intervalli prestabiliti.
Broviac
E’ identico al catetere tipo Hickman ma di dimensioni minori, è quindi indicato per pazienti con vasi
centrali di piccole dimensioni come bambini ed anziani cachettici; il lume più piccolo è meglio tollerato, di
contro questa ridotta dimensione può limitarne l’uso (non possono essere infuse soluzioni multiple
contemporaneamente).
Groshong
Il CVC tipo Groshong è un catetere tunnellizzato di misura e materiali comparabili all’Hickman.
La peculiarità di questo tipo di catetere è la valvola di tipo Groshong, questa valvola a 3 posizioni è sensibile
alle pressioni esercitate su essa, situata in prossimità della punta
arrotondata o nel cono connettore essa consente l’infusione di liquidi e
l’aspirazione di sangue, quando non è in funzione e non sottoposta a
pressioni la valvola si chiude.
XVI
La valvola è progettata in modo che a pressioni comprese fra -7 e 80 mmHg, quindi in presenza di PVC normale
(da 0 a -5 mmHg), essa rimanga chiusa, ciò impedisce il reflusso di sangue nel catetere (se PVC non superiore a
80 mmHg) e che l’aria non venga aspirata nel sistema venoso (se PVC non inferiore a -7 mmHg).
Funzionamento della valvola Groshong
Qualora venga applicata una pressione positiva (es. boli, pompe, infusioni per gravità) la
valvola si aprirà verso l’esterno consentendo la somministrazione di liquidi nel sistema
circolatorio, invece se verrà applicata una pressione negativa, tramite aspirazione, la valvola si aprirà verso
l’interno consentendo di ottenere il prelievo di campioni ematici.
I vantaggi forniti da questo sistema sono innanzitutto la maggior
La valvola all’interno del
sicurezza per il paziente che verrà drasticamente ridotto sia il rischio di
occlusione, per mancato reflusso e quindi stazionamento di sangue nel
catetere, che quello di embolia gassosa, da entrata d’aria nel sistema
venoso per deconnessione del sistema.
Di conseguenza nella sua gestione il catetere Groshong non necessiterà di
clampaggio né di uso sistematico di eparina nei lavaggi (vedere allegato n.5 ). Sono di largo uso cateteri di tipo
Groshong con la valvola posizionata all’interno del cono connettore, ciò unisce i vantaggi del sistema a quelli di
una minor incidenza di problemi occlusivi.
Cateteri centrali totalmente impiantati - PORT
Con questo tipo di accesso centrale non si hanno parte esterne del
sistema che fuoriescono dalla cute come negli altri casi, solo al
momento della necessità d’uso verrà punta la cute a livello del
setto
del reservoir e posizionato l’apposito ago che verrà rimosso al
termine dell’infusione o del prelievo.
Generalmente come sede di impianto del Port viene scelta la zona
toracica a livello della fossa intraclaveare; la scelta della sede della tasca deve
Il PORT (setto e ago)
prevedere una zona che ne assicuri la stabilità, che non ostacoli i movimenti del
paziente, che non crei punti di pressione e non interferisca con gli indumenti, bisognerà inoltre tener conto
della quantità di tessuto sottocutaneo che si troverà sopra il Port, se questo sarà eccessivo potrà causare
difficoltà o impossibilità d’accesso al setto stesso, viceversa se il tessuto sarà troppo poco aumenterà il rischio
di erosione cutanea sopra la tasca; la quantità adeguata dovrebbe essere fra 0,5 e 2 cm.
I vantaggi di questo sistema sono rappresentati dall’assenza di protesi esterne con conseguente semplice
manutenzione, viene meno infatti la necessità di ripetute medicazioni ed i lavaggi diventano meno frequenti (se
non in uso ogni 3 – 4 settimane); le caratteristiche di questo sistema, con il minor numero di manovre e il
minimo contatto con l’esterno, diminuiscono il rischio di infezioni. Non da ultimo il fatto che il paziente con Port
avrà minor disagio psichico grazie ad un’alterazione dell’immagine corporea quasi nulla, potrà fare sport,
nuotare, fare il bagno tranquillamente.
Di contro l’impianto e la rimozione del Port incidono maggiormente sui costi e pertanto non viene scelto per
terapie inferiori a 6 mesi; altro fattore negativo è la minor maneggievolezza del presidio al momento dell’uso
soprattutto per il paziente ma anche per gli operatori sanitari in particolar modo se usato per infusioni frequenti;
la velocità d’infusione è limitata; presente la possibilità di stravasi post-terapia. La puntura per accedere al
XVII
sistema può provocare disagio al paziente. Per queste caratteristiche il Port non viene utilizzato per la NPT
continua.
Gli aghi di Huber
Per accedere al setto del Port vengono utilizzati degli aghi particolari, non-coring, denominati aghi di Huber,
essi hanno la particolarità d’avere la punta angolata, ciò permette un’entrata ed uscita dal setto siliconico senza
asportarne alcun minimo frustolo, un ago con taglio standard determinerebbe delle lacerazioni della membrana,
Esempi di aghi non coring
rimarrebbero infatti dei microscopici frammenti all’interno della cavità dell’ago.
Gli aghi sono di varie lunghezze e diametri ed hanno raccordi
metallici o di plastica, disponibili anche con prolunghe;
esistono anche aghi cannula come il Sure-cath che permettono
un accesso continuo, sono ben tollerati dal paziente ed hanno
minor rischio di fuoriuscita dell’ago dal setto. Nelle terapie ad
infusione continua l’ago può rimanere in sede da 7 a 10 gg. Il
setto del Port va punto sempre al centro inserendo l’ago perpendicolarmente, quando questo è in sede non va
mosso per evitare danneggiamenti del setto; se l’ago non coring è usato correttamente il setto può essere
punto fino a 2000 volte.
Allegato 5 – Approfondimento sulle complicanze
Batteriemia associata a catetere (Cr-BSI catheter related blood stream infection)
Si intende l’isolamento dello stesso microrganismo (stessa specie ed antibiogramma) da una coltura
semiquantitativa o quantitativa di un tratto di catetere e dal sangue (prelevato preferibilmente da vena
periferica) in un paziente che presenta sintomi clinici di sepsi e nessuna altra apparente fonte di infezione; in
assenza di conferma laboratoristica, la scomparsa dei sintomi dopo la rimozione di un catetere sospetto da un
paziente con batteriemia può essere considerata come prova indiretta di batteriemia associata a catetere.
Groeger et all hanno condotto uno studio comparativo molto vasto sulle complicanze infettive associate a
dispositivi intravascolari a lungo termine nei pazienti oncologici riportando tassi infettivi di 2,77 infezioni per
1000 giorni-dispositivo nei CVC parzialmente impiantati, di 0,21 infezioni per 1000 giorni.dispositivo nei CVC
totalmente impiantati; nello studio di Tolar et all la batteriemia associata a catetere viene riportata come
seconda complicanza con un tasso del 19,4%.
Il rischio di batteriemia, quando l’infezione interessa l’emergenza cutanea del catetere è del 5%, se interessa il
tunnel o la tasca del Port oscilla dal 70 al 100% (Gosbell IB et all, Mayhall GG).
Le possibili fonti di infezione sono tre:
∼
transcutanea: determinata dalla flora batterica del paziente o dalle mani del personale durante
l’inserimento o la gestione della medicazione;
∼
endoluminale: determinata dalla contaminazione della sacca, dei fluidi infusi, del catetere e di tutta la
linea infusionale (deflussori, rubinetti, punti di connessione, manometri per misurazione PVC, etc.);
∼
ematica: determinata da disseminazione ematogena di batteri provenienti da altre infezioni organiche.
XVIII
Fattori favorenti e correlati alle infezioni sono il materiale del dispositivo (PVC e polietilene sembrano essere
meno resistenti
ai microrganismi a causa della loro superficie irregolare che può facilitare l’adesione
microbica), il numero maggiore di lumi e la durata della cateterizzazione, le proprietà intrinseche dei
microrganismi infettanti, l’eventuale depressione immunitaria dell’ospite, il numero di giorni d’ospedalizzazione,
il tipo di terapia e il numero di procedure invasive effettuate, dal tipo di educazione igienica dell’utente,
dall’ambiente di impiego del sistema e dal rispetto delle linee guida di
gestione e prevenzione delle infezioni.
Le batteriemie correlate a catetere sono sostenute dagli agenti etiologici (con
la relativa distribuzione) riportati nella tabella a fianco, ricerche nell’arco di
tempo 1992 – 1999 (MMWR , n. 51 , agosto 2002).
50% - Stafilococchi
(soprattutto
Aureus ed Epidermidis)
16% - Germi Gram negativi
13% - Enterococchi
8% - Candida
13% - Altri
Altro interessante fattore correlato all’insorgenza d’infezione è la presenza di
trombosi del catetere. La revisione di quattro recenti studi (Craft et all 1996,
Ray et all 1996, Nightingale et all 1997, Goey et all 1997) ha posto interessanti valori di somiglianza fra incidenza
di sepsi ed eventi trombotici occlusivi del catetere, fra infezione locale e TVC. Questo probabilmente è dovuto
alla guaina fibrinica evolvente in un biofilm, uno “slime” che può facilmente venir colonizzato da batteri e
funghi.
Riporto di seguito integralmente alcune affermazioni che rendono la portata del problema infettivo correlato ai
CVC, credo che pongono le basi per la creazione di una coscienza del problema in cui l’Infermiere è
intimamente coinvolto sia in prima persona sia come educatore dell’utente che dovrà gestire il presidio e
comprendere a fondo il rischio infettivo e la centralità della prevenzione.
“Ogni anno negli USA si verificano 200.000 batteriemie nosocomiali, la mortalità per batteriemia è del 25%;
il 70% delle batteriemie si osserva in soggetti portatori di CVC ed il 50% di queste 140.000 batteriemie sono
CVC correlate. Una sommaria estrapolazione del dato della mortalità globale consente di concludere che
ogni anno negli USA 17.500 soggetti perdono la vita per una batteriemia correlata all’accesso venoso
centrale” (M.De Cicco et all, Quando espiantare, quando e come reimpiantare; atti 3° Congresso nazionale
GAVeCeLT);
“L’infezione rimane la principale complicanza associata a dispositivi intravascolari, nonostante il supporto
della ricerca ed i passi della tecnologia il tasso delle infezioni correlate a catetere è rimasto relativamente
costante rispetto al decennio trascorso” (E.A. Krzywda et all. Clinical research, catheter infections:
diagnosis, etiology, treatment and prevention; The ASPEN, NCP abstracts 08/1999);
“L’escalation delle antibiotico resistenze nei confronti dei patogeni più comuni responsabili delle
batteriemie associate a catetere hanno creato una situazione pericolosa sia su scala nazionale che
internazionale. Con l’esistente minaccia della perdita d’efficacia della vancomicina contro le infezioni
stafilococciche ed in assenza di terapie alternative, l’aumento della morbidità e della mortalità attribuibile
alle batteriemie nosocomiali certamente diventa prioritario. Tutto ciò unito all’alto tasso di complicanze
trombotiche associate all’uso di cateteri intravascolari potrà in futuro minacciare i benefici di questi
dispositivi, a meno che i professionisti si attivino: cogliendo la sfida di rendere effettiva una prevenzione
XIX
aggressiva e migliorando le strategie di trattamento, prima che sia troppo tardi” (M.Ryder, The future of
vascular access: will the benefits be worth the risk?; The ASPEN, NCP abstracts 08/1999).
Segni e sintomi di Cr-BSI sono febbre superiore a 38° C con brivido senza altre apparenti cause (spesso dopo
manovre di lavaggio sul dispositivo), leucocitosi, nausea, vomito, malessere, deterioramento generale
dell’organismo.
Prevenzione
l’arma più importante ed efficace per affrontare una situazione complessa e delicata.
Lo schema che segue (in parte liberamente tratto da uno studio di Marchetti et all riportato agli atti del
congresso nazionale dell’Aniarti del 1998 ed in parte integrato con le più recenti linee guida del CDC) riporta le
linee guida proposte dalle maggiori Commissioni Internazionali preposte a controllo e prevenzione delle
infezioni, esse comprendono il CDC (Centres for Disease Control and Prevention di Atlanta, 2002,
raccomandazioni suddivise per categorie), del BCSH (Comitato Britannico di Sorveglianza Ematologica, organo
del Royal College of Nursing di Londra, 1997, comportamenti suddivisi in essenziali, raccomandati, non
menzionati) e del NRC (Nursing Research Committee di Calgary, Canada, 1997, comportamenti suddivisi come
per il BCSH).
CATEGORIA 1 A misure fortemente raccomandate per tutti gli ospedali, sostenute da studi sperimentali ed
epidemiologici
∼ Istruzione e formazione del personale sanitario con creazione di un team addestrato all’inserimento ed alla
gestione dei cateteri venosi;
∼
avviare sistema di sorveglianza delle CrBSI per poter identificare eventuali errori ed apportare modifiche;
∼ lavaggio antisettico delle mani prima delle procedure d’inserimento (raccomandato anche da BSCH e NCR);
∼
valutare rischi e benefici di una sede d’inserimento rispetto ad un’altra in base alla singola situazione,
negli adulti, se non controindicato, è suggerito l’inserimento succlaviale;
∼
rimuovere ogni accesso vascolare appena non vi siano più indicazioni cliniche all’uso;
∼ non effettuare di routine la coltura della punta del catetere;
∼
uso della clorexidina come disinfettante cutaneo prima dell’inserzione e ad ogni medicazione; mancano
indicazioni univoche sulla concentrazione e sul solvente, CDC tintura di clorexidina al 2% in soluzione
acquosa, BCSH clorexidina in concentrazione non specificata, NCR clorexidina al 5% in alcool al 70%. Il
BCSH raccomanda prima dell’inserizone anche tricotomia, detersione della cute con Hibiscrub, lavaggio
dei capelli con clorexidina (concentrazione e solvente non specificati).
Nello studio di Maki et all del 1991 si dimostrò che l’uso della clorexidina era associato ad un
tasso di BSI inferiore dell’84% rispetto ad altri antisettici. Raccomandati in categoria 1A anche altri
disinfettanti quali iodiopovidone al 10%, alcool al 70%, Tintura di iodio al 2%;
∼
non applicare solventi organici per l’antisepsi cutanea prima dell’inserzione del catetere e durante le
medicazioni;
∼ lavaggio antisettico delle mani prima e dopo la palpazione, l’inserimento, la sostituzione, l’uso di raccordi,
la medicazione dell’accesso vascolare (essenziale per il BCSH, raccomandato per l’NCR), l’uso di guanti
non ovvia la necessità del lavaggio;
XX
∼
si possono usare, secondo preferenza, garze sterili, semipermeabili, medicazioni trasparenti sterili per
coprire il sito di fuoriuscita;
∼ non contaminare, tramite contatto, il sito d’inserimento durante le medicazioni;
∼
usare tecniche sterili massimali (camicie, cuffia, mascherina, telo grande) per l’inserimento dei CVC
indipendentemente dalla sterilità del luogo d’inserimento (per il BCSH è essenziale l’inserimento in S.O. o
in sala da cateterismo cardiaco);
∼
vietata profilassi antibiotica (a meno che non siano situazioni particolari come CVC a lunga permanenza
con storie di CrBSI multiple precedenti);
∼
non applicare di routine pomate antibiotiche sul sito di fuoriuscita del CVC (sconsigliato dal BCSH,
omettere l’uso abituale per l’NCR);
∼
sostituire la medicazione del sito quando si sporca, si bagna o è necessaria l’ispezione dello stesso;
∼ sostituire il deflussore, i raccordi, i rubinetti, le linee non meno frequentemente di 72 ore;
∼ eseguire l’antisepsi del raccordo usato con alcool 70% o iodoforo prima di accedere al sistema;
∼ disinfettare il setto di gomma di flaconi multidose (con alcool 70%) prima di accedervi (cosa che va fatta
con dispositivo sterile); se è stata compromessa la sterilità del flacone multidose il contenuto va gettato;
∼ non usare flaconi monodose per una seconda somministrazione;
∼ non usare routinariamente filtri per il controllo delle infezioni (aumentano le manipolazioni e quindi il rischio
d’infezione, può diminuire il flusso e la disponibilità dei principi attivi circolanti, in particolar modo per
soluzioni contenenti destano, lipidi, mannitolo).
CATEGORIA 1 B misure fortemente raccomandate per tutti gli ospedali, sostenute da evidenze scientifiche e da
un forte razionale teorico anche se possono non essere stati condotti studi definitivi
∼
non sostituire di routine il CVC come metodo per prevenire le infezioni;
∼
non effettuare il cambio di CVC su filo guida se è stata documentata infezione correlata al dispositivo, in
questo caso si dovrà invece inserire il CVC su un altro sito;
∼
sostituire il CVC a breve permanenza se si osserva pus sul sito d’inserzione;
∼
permettere all’antisettico di asciugare prima dell’inserzione del catetere (per iodopovidone minimo 2 minuti
o di più se necessario);
∼
negli adulti, per cateterizzazioni > 5 giorni, prendere in considerazione l’uso di CVC impregnati d’antisettico
o antimicrobico;
∼
usare un CVC a singolo lume a meno che non siano richiesti per la gestione del paziente accessi multipli;
∼
miscelare le soluzioni per NP in farmacia sotto cappa a flussi laminari in condizioni di asepsi;
∼
non usare le soluzioni per NP che evidenziano torpidità, precipitati e verificarne data di scadenza;
∼
cambio sacche per NP contenenti lipidi, sangue o derivati entro max 24 ore dall’inizio della
somministrazione, stesso limite temporale per il cambio di raccordi e linee infusive utilizzate per la loro
∼
somministrazione (se emulsioni lipidiche da sole entro 12 ore);
∼
chiudere i raccordi non in uso con gli appositi tappini;
∼
palpare giornalmente il sito dall’esterno della medicazione per evidenziare eventuale gonfiore, se presente
effettuare ispezione visiva del sito;
XXI
∼
assicurarsi che la procedura della medicazione sia compatibile col materiale del catetere;
∼
cambiare la medicazione minimo una volta alla settimana (per adulti ed adolescenti) ed in base alla
situazione soggettiva;
∼
avare di routine i CVC Hickman-Broviac con flush di anticoagulante, i Groshong possono non richiedere il
lavaggio routinario con un anticoagulante (raccomandato dal BCSH, esso indica anche la concentrazione
eparinica in 50U/ml per il lavaggio degli Hickman-Broviac; per il lavaggio dei sistemi PORT indica 100U/ml,
ogni qual volta si acceda al sistema o mensilmente se non utilizzato).
∼
per l’accesso al PORT usare dispositivi sterili e disinfettare facendo asciugare l’antisettico.
CATEGORIA 1C misure richieste da disposizioni federali o statali, da norme o standard
∼
indossare guanti sterili o puliti non sterili durante il cambio della medicazione (il BCSH indica l’uso di
guanti sterili).
CATEGORIA 2 misure suggerite in molti ma non in tutti gli ospedali, sostenute da studi clinici o epidemiologici,
da un forte razionale teorico
∼
Sostituire i dispositivi needleless come per le altre parti della linea infusiva;
∼
tenere una via solo per la nutrizione parenterale se presente catetere multilume;
∼
incoraggiare il paziente a riferire agli operatori cambiamenti sul sito d’inserzione e qualsiasi disagio
corretto al catetere;
∼
usare preferibilmente contenitori monodose di farmaci e soluzioni;
∼
effettuare la registrazione standardizzata sulla medicazione (che contenga operatore,
data, tempo
permanenza catetere);
∼
non sostituire il CVC solo sulla base di febbre isolata ma se si aggiunge una situazione emodinamica
instabile con sospetto di CrBSI;
∼
preferibile l’uso di garza sterile per la medicazione se il sito è secernente o eccessiva la sudorazione;
∼
non immergere il catetere sott’acqua, la doccia è possibile con protezioni;
∼
quando il rispetto di tecniche asettiche non è assicurato (es. cateteri inseriti in emergenza) riposizionare il
catetere quanto prima e comunque non oltre le 48 ore.
TEMI IRRISOLTI punti sui quali non esistono sufficienti evidenze scientifiche o un consenso sulla loro efficacia
∼
Uso dei cateteri impregnati nei pazienti pediatrici;
∼
uso di medicazioni i impregnate di clorexidina;
∼
necessità di medicazione per i CVC ben guariti nel punto d’inserizone.
Gli interventi da mettere in atto di fronte ad una possibile CrBSI sono verificare altre possibili cause
d’infezione, eseguire la coltura da prelievi sia centrali che periferici, se viene identificato lo stesso
microrganismo la CrBSI è accertata e verrà effettuata da subito antibiotico terapia su base dell’antibiogramma,
oltre che terapia sintomatica.
Il CVC in linea generale andrà rimosso, tale decisione dipenderà dal tipo di microrganismo
responsabile, dalla presenza o meno di complicanze associate, dallo stato clinico del paziente, dalla risposta
all’antibiotico terapia, dalla disponibilità d’altri accessi venosi; se il CVC viene rimosso va effettuata coltura
XXII
della punta; da monitorare attentamente i parametri vitali in particolar modo la temperatura corporea; al termine
dell’antibiotico terapia va ripetuto esame colturale.
Qualora il dispositivo sia stato rimosso e permangano le indicazioni cliniche all’uso dello stesso, andrà
inserito in un sito diverso dal precedente.
Negli USA è stato stimato che ogni infezione sistemica correlata a dispositivo intravascolare centrale
ha un costo di circa 30.000$ per caso, pari a circa 60 milioni delle vecchie lire.
I tassi di mortalità per batteriemia dipendono dall’agente etiologico in causa, per lo Stafilococco aureo
va dal 16 al 34%, per i Batteri Gram negativi dal 5 al 28%; in caso di candiemia dal 50 all’80%.
Occlusione del catetere
L’occlusione del catetere è rappresentata dall’impossibilità di prelevare sangue, di infondere, resistenza ai
lavaggi attraverso una o più vie del CVC, essa può essere di molteplici tipi:
meccanica: linea infusionale piegata o chiusa (es. da morsetto, rubinetti chiusi), pompa infusionale mal
funzionante, scollegata o sporca, malposizione o rottura del catetere, ago di Huber malposizionato o
ostruito, pinch off sindrome;
intraluminale: dovuta alla presenza nel lume del catetere di precipitati delle soluzioni infuse (di lipidi,
minerali, elettroliti in caso di TPN, di farmaci), di trombi, coaguli di sangue;
extraluminale: l’aggregazione di depositi di fibrina può chiudere la superficie esterna del catetere e formare
un sacco attorno alla sua punta, è il fenomeno del cosiddetto fibrin sleeve; si può manifestare con difficoltà
al prelievo ma non all’infusione (effetto valvola unidirezionale, ball valve effect, BVE) fino all’occlusione
totale con possibile stravaso.
Nello studio di Tolar et all il BVE per fibrin sleeve, l’impossibilità d’aspirare sangue nonostante il tentativo di
disostruzione con uso di urokinasi, ha un incidenza del 30%, complicanza più riscontrata.
La formazione di questa guaina di fibrina attorno al tratto endovasale di CVC può determinarne l’occlusione
parziale o totale; il primo segno della parziale formazione di un fibrin sleeve è rappresentato da una parziale o
non soddisfacente portata del catetere in infusione o dalla totale impossibilità di reflusso ematico detta
“withdrawal occlusion”.
Per ripristinare il flusso è stata suggerita l’iniezione di 1 – 2 ml di urokinasi alla concentrazione di 5000 U/ml,
manovra da ripetere dopo 2 – 4 ore se non vi è ripristino del flusso. In caso di resistenza è risultata efficace
l’infusione continua attraverso il CVC di 200 U/Kg/hs di urokinasi per 12 – 24 ore. Il primo metodo appare poco
adatto a risolvere il problema poiché il fibrin sleeve è esterno al CVC e non subisce l’effetto del trombolitico, il
secondo metodo sembra più efficace.
Nonostante ciò è comunemente riscontrato il mancato ripristino del flusso del sangue a causa della
sostituzione progressiva della fibrina con tessuto fibroso (collageno e fibroblasti) sui quali il trombolitico non
può esercitare alcun effetto. Gli interventi da effettuare in caso di mancato reflusso ematico o ostruzione del
sistema sono riportati in un diagramma decisionale in allegato (numero 3).
Prevenzione
Il principale strumento preventivo dell’ostruzione è l’effettuazione regolare di lavaggi del
catetere con soluzione eparinata (i cosiddetti “Flush”), essi favoriscono il mantenimento della pervietà del
XXIII
catetere. Le procedure di lavaggio possono variare in relazione ad abitudine e protocolli in uso, a schema e
frequenza di somministrazioni terapeutiche (cioè tipo d’uso del presidio), al tipo di catetere impiegato.
Le soluzioni di lavaggio sono indicate per prevenire la trombosi intraluminale, considerando però che trombi e
depositi di fibrina sui cateteri possono servire come terreno per la colonizzazione microbica dei dispositivi e
che la trombosi appare essere uno dei più importanti fattori associati a infezione nei CVC a lunga permanenza,
tale procedura potrebbe essere considerata anche nella prevenzione infettiva (anche se il CDC non dà
indicazioni specifiche sul tema).
E’ da considerarsi il fatto che studi in vitro suggeriscono che la crescita di CoNS sui cateteri può essere favorita
dalla presenza di eparina, al contrario essa può essere inibita dall’EDTA (acido etilendiaminatetracetico,
composto chelante) (Root et all, 1988), inoltre l’uso routinario di eparina anche a basse dosi è associato a
trombocitemia, a tromboembolia e a complicanze emorragiche, infine l’uso di eparina nelle soluzioni contenenti
lipidi può essere associata alla formazione di precipitati di calcio (Passanante et all, 1988). In linea generale i
cateteri Hickman-Broviac vanno lavati con soluzione eparinata, i cateteri Groshong possono non necessitare di
soluzione eparinata, in quest’ultimo caso la letteratura fornisce indicazioni differenti e contrastanti.
Essendo un dispositivo dotato di valvola antireflusso il lavaggio con soluzione fisiologica dovrebbe essere
sufficiente per eliminare i residui della soluzione infusa e tale peculiarità di questo catetere dovrebbe impedire
in condizioni normali il ritorno di sangue nel catetere, quindi lo stazionamento e la formazione di occlusioni
intraluminali: nonostante ciò sono frequentemente riportatati malfunzionamenti del sistema Groshong quali
withdrawal occlusion e reperto di residui di coaguli intraluminali (in cateteri esaminati dopo l’espianto) (Tolar et
all 1996, Warner et all 1996); per questo motivo nelle linee guida riportate da presidi ospedalieri quali Padova,
CRO Aviano, Conegliano, Bologna, Castelfranco, e in molti altri si raccomanda l’uso di soluzione eparinata nei
cateteri Groshong.
Pur in assenza di evidenze scientifiche basare su studi clinici controllati e statisticamente validi l’opinione dei
maggiori esperti nel campo considera che:
-
la valvola Groshong, in condizioni normali non prevede necessariamente l’utilizzo di flush eparinati, se la
valvola è ben funzionante è sufficiente il lavaggio con fisiologica;
-
il lavaggio con soluzione eparinata ai dosaggi comunemente utilizzati (da 50 a 500 U/ml) è un criterio
aggiuntivo di sicurezza ed è consigliabile in caso di Groshong non utilizzato per lunghi periodi, dubbi sul
corretto funzionamento della valvola, pregressi episodi d’ostruzione per quel catetere o per quel paziente,
dispositivo utilizzato frequentemente per prelievi ematici o per trasfusioni;
-
l’utilizzo di soluzione eparinata è senz’altro sconsigliabile quando il Groshong è aperto e chiuso più volte
nella stessa giornata, specie nei pazienti pediatrici (possono più facilmente risentire delle piccole quantità
d’eparina iniettate in circolo) ed in tutte le situazioni in cui l’uso dell’anticoagulante potrebbe provocare
effetti temibili per la persona.
La tabella che segue riporta due protocolli per il lavaggio, rispettivamente del “Medical Education Consultants,
Ltd.” Illinois e del “National Institute of Health” Maryland. L’esatto tipo di soluzione da usare, l’ammontare della
concentrazione eparinica, la frequenza del lavaggio vanno identificati su indicazione del Medico competente in
base alla situazione ed ai protocolli in uso nella struttura.
XXIV
Medical Education Consultants
National Institute of Health
Soluzione
Frequenza
Soluzione
Frequenza
Hickman – Broviac
300U
D + AEU
250U
D + AEU
Groshong
20 ml NaCL
W + AEU
10 ml NaCL
W + AEU
PORT
500U
M + AEU
500U
M + AEU
Tabella di lettura
Delle corrette tecniche da utilizzare durante i lavaggi ai sistemi per
frequenza lavaggi
favorire una migliore pulizia del sistema e sfavorire il reflusso ematico
D= daily, giornalmente;
W= weekly, settimanalmente;
M= monthly, mensilmente, inteso
come ogni 4 settimane;
AEU= after each use, dopo ogni uso
nel catetere sono nell’ordine la tecnica del “pushpause”, consiste
nell’iniziare e fermare l’iniezione diverse volte, per aumentare le
turbolenze all’interno del catetere così da ottenere una migliore
detersione del lume; la tecnica della pressione positiva che consiste
nell’estrarre la siringa (clampare il catetere, il tubo di raccordo o sfilare
l’ago se si sta usando un tappo perforabile) continuando ad iniettare l’ultima quantità di soluzione così da
creare una pressione che vinca quella del sistema venoso sfavorendo l’entrata di sangue nel catetere.
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