Bes 2014 Relazione a cura di Anna Nisivoccia per Cittadini5StelleSalerno Importanza Un’attività adeguatamente remunerata, ragionevolmente sicura e corrispondente alle competenze acquisite costituisce un’aspirazione universale e contribuisce in modo decisivo al benessere delle persone. La mancanza di una buona occupazione ha un impatto negativo sul livello di benessere così come un impegno lavorativo che non permette di conciliare tempi di lavoro e di vita familiare e sociale. Cala l’occupazione, peggiora la qualità del lavoro, aumentano le disuguaglianze territoriali Negli ultimi due anni si amplia la distanza che separa i tassi d’occupazione italiani da quelli europei. Gli indicatori della qualità del lavoro segnalano un preoccupante peggioramento della condizione dei lavoratori. Si evidenzia una minore stabilizzazione dei contratti di lavoro temporanei, soprattutto per i giovani. Aumenta la presenza di lavoratori con un titolo di studio superiore all’attività effettivamente svolta; la quota degli irregolari o di occupati con bassa retribuzione rimane invariata. La maggioranza degli occupati, pur non temendo di perdere il lavoro, ritiene che difficilmente riuscirebbe a ritrovare un’occupazione simile qualora la perdesse. La soddisfazione per il lavoro comunque rimane elevata, anche se nel 2013 diminuisce, in particolare tra gli uomini, per la retribuzione e la stabilità occupazionale. Tra i settori più colpiti c’è quello edile e manifatturiero. Il livello di soddisfazione è molto basso tra le donne che svolgono il part-time involontario. I giovani sono quasi completamente esclusi dal mercato del lavoro. Il Sud presenta molti in posizione lavorativa irregolare. La qualità dell’occupazione si lega strettamente alle difficoltà di conciliazione dei tempi di lavoro e di vita, infatti le difficoltà si manifestano soprattutto in presenza di figli piccoli. Nel 2013 solo il 60% dei 20-64enni è occupato, solo in Grecia e a Cipro la diminuzione del tasso di occupazione è più elevata che nel nostro Paese. Nel 2013 su 100 persone che vogliono lavorare ben 21 non ci riescono, contro 14 nella media europea. Il mercato del lavoro per sesso, età e territorio Nel 2013 cala l’occupazione maschile soprattutto nei settori costruzioni e industria manifatturiera. Diminuiscono le differenze di genere solo perché sono gli uomini ad essere più colpiti. Crescono invece le differenze territoriali e generazionali. Tra il 2008 e il 2013 il tasso di occupazione maschile passa dal 75,4% al 69,8%, quello femminile dal 50,6% al 49,9%. Differenze territoriali La differenza dei tassi di occupazione tra il Mezzogiorno e il Nord, nel 2013, raggiunge i 23 punti percentuale. In particolare, per le donne meridionali il tasso di mancata partecipazione è quasi triplo di quello del Nord ( 44,8% vs 16%). Il tasso di occupazione degli adulti ( 35-54 anni) rimane invariato. Diminuisce molto quello dei giovani ( 20-24 anni) e dei giovani adulti ( 25-34 anni). Cresce il tasso di occupazione degli ultra 55enni. Tasso di mancata partecipazione al lavoro per classi d’età al 2013 15-24enni: 54,9% 25-34enni: 27,6% 35-44enni: 18,2% 45-54enni: 16,2% 55-59enni: 13,8% 60-64enni: 16,5% Da notare che le percentuali dal 2008 sono salite per tutte le fasce d’età tranne che per i 60-64enni che al 2008 era al 16,6%. L’occupazione dei migranti scende per gli uomini e si mantiene stabile per le donne. La qualità del lavoro Peggiora la qualità del lavoro in termini di stabilità e coerenza con le competenze acquisite. Si riduce la possibilità di transitare da un’ occupazione instabile a un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Circa un lavoratore dipendente su dieci percepisce una bassa remunerazione. Non meno preoccupante è la presenza di lavoratori irregolari ( circa 2 milioni e mezzo di persone). Le situazioni irregolari sono presenti in agricoltura, nei servizi di informazione e di intrattenimento, e soprattutto nei servizi domestici e di cura presso le famiglie. Per gli incidenti mortali sul lavoro in media nel 2011 si sono registrati 2 incidenti mortali al giorno e circa 80 incidenti che hanno comportato l’inabilità permanente. Negli ultimi due anni diminuisce la differenza di genere anche nella qualità del lavoro, ma sempre per il peggioramento più forte della condizione maschile. La quota di donne che transitano a un lavoro stabile da un anno all’altro è inferiore a quella degli uomini e la quota di sovra istruite resta superiore di circa 2 punti a quella degli uomini. L’instabilità del lavoro riguarda, in particolare, un terzo degli occupati nella sanità e quasi la metà di quelli della scuola. Lo sfasamento tra il livello d’istruzione e il lavoro svolto riguarda soprattutto i giovani. Nel 2013 si contano più di un terzo di lavoratori sovra istruiti tra i 15 e i 34 anni, circa un quinto tra i 35 e i 44 anni, mentre per gli over 45 le percentuali non superano il 15%, con un minimo di circa il 9% per i sessantenni. A livello territoriale le diseguaglianze nella qualità dell’occupazione si aggiungono a quelle nella partecipazione al lavoro. Nelle regioni meridionali la permanenza nel lavoro a tempo determinato è più diffusa. Nelle regioni meridionali la quota di lavoratori con bassa retribuzione e sovra istruiti è maggiore. Nelle regioni meridionali l’occupazione non regolare è pari a due volte e mezzo quella del Nord e l’incidenza di incidenti mortali sul lavoro è più elevata. Tuttavia il Centro resta l’area con la situazione più critica. La difficile conciliazione dei tempi di lavoro e di vita La qualità dell’occupazione di un Paese si lega anche alla possibilità di conciliare il lavoro retribuito con le attività di cura familiare. Il divario tra il tasso di occupazione delle madri da 25 a 49 anni con figli in età prescolare e quello delle donne senza figli, diminuisce leggermente negli ultimi due anni. Nel 2012 aumenta il tasso di occupazione delle donne con figli piccoli grazie ad una strategia volta a sostenere il reddito familiare a fronte della perdita del lavoro del partner, ma nel 2013 questo dato peggiora nuovamente. Su tutto il territorio nazionale resta elevata la mancata partecipazione al mercato del lavoro per le madri con figli in età inferiore ai tre anni come conseguenza della minore disponibilità di asili nido. Al Sud sono poco diffusi i servizi all’infanzia. L’insicurezza dell’occupazione Solo il 14,4% degli occupati dichiara di temere di perdere il lavoro, per il 78,8% è improbabile perdere il lavoro ma è difficile ritrovarne uno simile, infatti il 91,5% pensa che difficilmente riuscirà a ritrovare un occupazione simile qualora la perdesse. Solo l’1,7% ha paura di perdere il proprio lavoro ma ritiene facile ritrovarne uno simile. Nella situazione più difficile si ritrova il 12,7% degli occupati perché temono di perdere il lavoro e ritengono difficile ritrovarlo. I giovani hanno più paura di perdere il lavoro e gli anziani di non ritrovarlo. Quattro lavoratori a termine su dieci hanno paura di perdere il lavoro. La soddisfazione sul lavoro La percezione che i lavoratori hanno della propria condizione rimane nel complesso positiva. Peggiora la soddisfazione per la remunerazione e per la stabilità. La percentuale di soddisfatti si riduce anche per l’orario di lavoro mentre aumenta per la distanza casa-lavoro e per le relazioni sul lavoro. I più insoddisfatti sono i lavoratori dipendenti a tempo determinato e i collaboratori ( o parasubordinati), soprattutto in relazione all’instabilità del proprio lavoro. Alcuni indicatori per la Campania Il tasso di occupazione ( 20-64 anni al 2013) è al 43,4% (tra i più bassi). Il tasso di mancata partecipazione al lavoro è al 39,2% ( tra i più alti). Il tasso di trasformazione del lavoro da instabile a stabile è al 14,7% (tra i più bassi). Il tasso di occupati in lavori a termine da almeno 5 anni è al 24,1% ( tra i più alti). Il tasso di lavoratori dipendenti con bassa paga è al 18,5% ( tra i più alti). Il tasso di occupati non regolari sul totale degli occupati è al 17,7% ( tra i più alti).