I Numericomplessi Storia ed evoluzione Introduzione I più antichi documenti pervenutici sui numeri negativi sono delle tavolette di argilla che risalgono al 2000 a.C. Sono scritte in caratteri cuneiformi e sono opera dei Babilonesi. In esse si trovano elencati tanti problemi di matematica, e la maggior parte è senza soluzione; ma in molti intervengono numeri negativi. Traccia dei numeri negativi si trova anche negli scritti degli Hindu dell’India. Gli Hindu introdussero i numeri negativi (Kline, 1972) per rappresentare i debiti; in queste situazioni i numeri positivi rappresentavano i crediti. Successivamente gli Arabi, sebbene i numeri negativi e le regole per operare con essi fossero loro familiari attraverso i testi hindu, li respinsero. Attraverso i testi arabi i numeri negativi divennero noti in tutta Europa; tuttavia la maggior parte dei matematici del XVI e del XVII secolo non li accettava come numeri o, se lo faceva, non li accettava come radici delle equazioni. Nel XV secolo Nicolas Chuquet (1445?-1500?) e, nel XVI,Stifel (1553) parlano entrambi dei numeri negativi come di “numeri surdi”. Cardano dava i numeri negativi come radici delle equazioni, ma li considerava soluzioni impossibili, puri simboli; egli li chiamava fittizi, mentre chiamava reali le radici positive. Vieta scartava interamente i numeri negativi. Pascal considerava la sottrazione di 4 da 0 come una totale assurdità. Un interessante argomento contro i numeri negativi venne dato da Antoine Arnauld (1612 -94), un teologo e matematico stretto amico di Pascal.Egli metteva in dubbio che –1:1=1: –1 perché, diceva, –1 è minore di +1 e dunque come poteva un minore stare a un maggiore come un maggiore sta a un minore ? Bombelli ha mostrato l’esistenza dei numeri negativi ponendo il seguente problema che si può presentare nella vita di ogni giorno:“se io mi trovassi con 15 scudi e fossi in debito di 20, una volta che avessi dato i 15 resterei debitore solo di 5 cioè di meno 5”. Come nacquero i numeri razionali ossia l’insieme Q? Il problema di determinare e rappresentare i multipli ed i sottomultipli di una grandezza risale ad epoche assai remote . Il problema di determinare i multipli di una grandezza si presentò in modo più spontaneo e non creò difficoltà;più complesso,invece,risultò l’altro problema che si identificò con l’introduzione di quelle che oggi chiamiamo frazioni. Già i Babilonesi,a partire dal VI sec a.C.,considerarono frazioni aventi per denominatore soltanto 60 (frazioni sessagesimali) o un multiplo di esso. Di tale scelta resta tuttora traccia nei sistemi di misura non decimali:ad esempio per la misura del tempo il minuto è la sessantesima parte dell’ora ed il secondo è la sessantesima parte del minuto). Le frazioni sessagesimali dei Babilonesi furono anche utilizzate dai Greci. I Romani usarono le frazioni duodecimali e cioè la frazioni aventi come denominatore 12 ed i suoi multipli;perché il tempo compreso fra le 6 e le 18 veniva diviso in 12 ore. Un modo pressoché analogo all’attuale per rappresentare le frazioni risale al matematico indiano Brahmagupta che le rappresentò sovrapponendo semplicemente il numeratore al denominatore senza scrivere la linea di frazione . Quest’ultima venne introdotta dagli Arabi e si trova in alcuni manoscritti latini medioevali . L’uso della linea di frazione , usata nel modo attuale, appare nell’opera Liber Abbaci pubblicata nel 1202 dal matematico Leonardo Pisano detto Fibonacci. Come sono nati i numeri reali,ovvero l’insieme R? Fino alla meta dell'Ottocento il concetto di numero reale coincideva con il concetto di misura di grandezze ed era fondato sull'intuizione geometrica della continuità della retta. Si fa risalire alla Scuola Pitagorica la scoperta che esistono segmenti,come ad esempio il lato e la diagonale di un quadrato, che sono incommensurabili, cioè che non possono essere contemporaneamente multipli interi di alcun segmento che venga assunto come unità di misura. Anche se gli antichi non consideravano le misure di segmenti come numeri, ai fini pratici operavano con esse come se lo fossero: dal punto di vista sintetico secondo le regole della Teoria delle Proporzioni Geometriche dovuta ad Eudosso di Cnido e codificata nel V Libro degli Elementi di Euclide e dal punto di vista analitico con metodi di approssimazione risalenti ai Babilonesi. Non ci furono progressi significativi nella conoscenza dei numeri reali fino alla meta del Cinquecento, quando, con l'introduzione del formalismo algebrico, soprattutto ad opera di R. Bombelli (Algebra, 1572), fu possibile definire i rapporti di grandezze e le operazioni algebriche mediante simboli. Questo favorì una rilettura più moderna della Teoria delle Proporzioni ed una più rigorosa definizione geometrica del campo dei numeri reali. Tale punto di vista porto successivamente alla nascita della Geometria Analitica,attraverso l'opera di R. Descartes, ed alla nascita del Calcolo Infinitesimale,attraverso l'opera di I. Newton e G. W. Leibniz. La costruzione rigorosa del sistema dei numeri reali fu uno dei progressi più importanti del pensiero matematico del XIX secolo e segnò l'indipendenza dell'Analisi dalla Geometria. L'obiettivo di definire in modo preciso i numeri reali fu contemporaneamente e indipendentemente raggiunto da diversi matematici con la pubblicazione tra il 1872 e il 1886 di una serie di lavori in cui venivano esposte essenzialmente tre diverse costruzioni: la costruzione di Dedekind-Tannery,che riprendeva e formalizzava la Teoria delle Proporzioni di Eudosso,la costruzione di Dedekind-Tannery,che riprendeva e formalizzava la Teoria delle Proporzioni di Eudosso; la costruzione di Meray-Weierstrass, in cui i numeri reali sono definiti attraverso successioni monotone di intervalli, e la costruzione di HeineCantor, in cui i numeri reali sono classi di equivalenza di successioni di Cauchy di numeri razionali. Come sono nati i numeri complessi,ovvero l’insieme C? Questo argomento sarà il nodo centrale della nostra presentazione!! Struttura d’inclusione degli insiemi numerici: Le origini della teoria dell’immaginario Nel XVI secolo i matematici sconoscevano l’uso dei simboli algebrici. Erano soliti distinguere i problemi in tre classi che dipendono da equazioni di terzo grado prive del termine di secondo grado; trattavano separatamente i seguenti tre casi: 1. X3+px=q 2. X3=px+q 3. X3+q=px (p,q numeri positivi) Il primo a risolvere l’equazione 1 fu il bolognese Scipione Dal Ferro (14651526). Non è noto il procedimento da lui seguito per la risoluzione di questa equazione, in quanto la sua opera non fu mai pubblicata. I risultati delle indagini di Dal Ferro furono riprese da Nicolò Tartaglia (1500-1557) che riuscì a risolvere tutte e tre le equazioni. Nicolò Tartaglia 1500-1559 Le tre equazioni furono successivamente dimostrate e divulgate da Girolamo Cardano (1501-1576) nella sua opera Artis magnae e furono anche citate nell’opera Algebra del bolognese Raffaele Bombelli. Le prime due equazioni furono risolte dal Cardano e dal Bombelli nel seguente modo: Ponendo l’equazione x3+px=q si vuole determinare un cubo ed un parallelepipedo tali che: 1. L’altezza del parallelepipedo deve essere uguale al lato x del cubo; 2. Il parallelepipedo deve avere area di data base p; 3. La somma dei volumi del cubo e del parallelepipedo deve essere q; Si deve trovare un parallelepipedo retto che abbia per base un rettangolo di area p e di dimensioni u e 3v tali che la loro differenza u-v sia uguale all’altezza x del parallelepipedo stesso. Così facendo possiamo decomporre il parallelepipedo in tre parallelepipedi uguali aventi le dimensioni u,v e x e questi disposti nel lato x del cubo si possono sommare con esso e formare un solido che Bombelli chiamava gnomoide ( la differenza di due cubi, di lati rispettivamente u e v). Per determinare lo gnomoide di dimensioni u e v e di volume q poniamo u3-v3=q . Ma v p 3u Quindi 3 p u3 q 3 27u 3 p (u 3 ) 2 qu 3 0 27 2 3 q q p u3 2 4 27 2 3 p 3 q q p v 3u 2 4 27 2 3 2 3 q q p q q p x u v 3 3 2 4 27 2 4 27 Passiamo adesso all’equazione 2 x3=px+q In questo caso si determina un cubo C e un parallelepipedo retto P tali che: 1. L’altezza del parallelepipedo deve essere uguale al lato x del cubo; 2. Il parallelepipedo deve avere base di area P; 3. La differenza fra il volume del cubo e quella del parallelepipedo deve essere uguale a q. Indichiamo nuovamente con u e 3v le dimensioni della base del parallelepipedo P che lo si può ancora decomporre in tre parallelepipedi uguali di dimensioni u, v e x. Per far ciò poniamo: u x 3v=p . In questo caso si aggiunge la condizione che u+v= x. Quando questa equazione è soddisfatta e lo è se: p x3 3 4 I tre parallelepipedi di dimensioni u,v ed x si potranno eliminare dal cubo C. Così facendo rimarrà un solido di volume q che è la somma di due cubi uno di lato u e l’altro di lato v. Pertanto poniamo: u3+v3=q Ma p v 3u u 3 p3 q 3 27u u qu 3 p3 0 27 u q 2 p3 q2 27 4 3 2 3 p v 3u 3 x uv q 2 3 q 2 p3 q2 27 4 p3 q2 27 4 3 q 2 p3 q2 27 4 La terza equazione : x3+q=px È stata ricondotta da Nicolò Tartaglia e dagli altri matematici al caso precedente. Poniamo y3=py+q Una volta trovata la radice α sarà: 3 2 x p 2 4 Una radice della terza equazione. Le equazioni di secondo grado: 3 p (u 3 ) 2 qu 3 0 27 3 p (u 3 ) 2 qu 3 0 27 ci permettono di risolvere le equazioni cubiche x3+px=q e x3=px+q. La prima risolvente ha sempre discriminante positivo invece per la seconda il discriminante può essere negativo (il caso in cui ciò accede è detto irriducibile). Anche in presenza di un caso irriducibile,relativo alla seconda risolvente è sempre possibile costruire un cubo C e un parallelepipedo P soddisfacenti le condizioni 1,2,3 poste nell’equazione 2 perché variando la “x” dell’equazione il volume del cubo C varia proporzionalmente alla terza potenza di “x” e quello del parallelepipedo P varia proporzionalmente alla prima potenza.Ciò permette di affermare che esiste sempre una soluzione positiva per la seconda equazione. Ma secondo Tartaglia, le due figure : il cubo C e il parallelepipedo P si possono decomporre in modo tale che i due cubi che si traggono da C hanno volume q e i tre parallelepipedi hanno volume px . Ma tale decomposizione è impossibile. All’interno della sua opera Artis Magnae, il Cardano ha esposto la “Regula falsum ponendi” per la risoluzione dell’operazione di estrazione di radice dei numeri negativi. La “regula falsum ponendi” non è una regola di falsa posizione ma bensì una regola nella quale si ammette la considerazione di numeri negativi chiamati “numeri falsi o fittizi” dal Cardano. Per quanto riguarda le radici immaginarie chiamate “ sofisticate” dal Cardano, notevole è il problema (risolto nel cap. XXXVII) di dividere 10 in due parti a e b tali che il prodotto dia 40. Egli risolve questo problema basandosi sulla proposizione V del secondo libro di Euclide. Girolamo Cardano (1501-1576) Proposizione 5 Se si divide una linea retta, in parti uguali e diseguali, il rettangolo compreso dalle parti disuguali della retta, insieme col quadrato della Si divida la retta uguali in in parti diseguali è in D.uguale al quadrato della parte compresa fraAB ini parti punti diC eddivisione, R(AD, DB) + Q(CD,CD) = Q(CB, CB) metà della retta. A C a b D a-b B 1) Si descriva su CB il quadrato CEFB (prop. I 46). Si tracci la congiungente BE. 2) Per D si contuca la parallela DG a CE o BF (prop,I 30, prop, I 31) K L H E G M F 3) Per H si conduca KM la parallela a AB o EF e per A la parallela AK a EE o BF (prop. I 30, prop. I 31) 4) Il complemento CH = complemento HF (prop. I 43), si aggiunga in comune ai due DM. Quindi CM è uguale a DF. Ma CM = AL perché AC = BC (prop. I 36) R(AD, DB) + Q(CD, CD) = Q(AC, AC) Espressione in termini geometrici della formula della differenza di due quadrati: a b a b b 2 a 2 2 2 a b a b a b In termini algebrici questo problema si può risolvere conducendo l’equazione x(10-x)=40 alle radici : . 5 15 ,5 15 Egli riconosce che tali radici, sebbene impossibili, sono tuttavia corrette essendo il loro prodotto uguale a 25-(-15)=40, come richiesto dal problema. Dal punto di vista del calcolo, Cardano fece fare molti passi avanti all’algebra. Anche se ammetteva solo gli interi positivi come numeri veri (quelli negativi erano numeri fittizi) egli maneggiava con disinvoltura i numeri negativi. Ma davanti all’immaginario proveniente dall’estrazione delle radici di indice pari di numeri negativi Cardano si arresta. Il matematico che riconobbe per primo la necessità di ampliare i numeri allora conosciuti con altri numeri, fu Rafael Bombelli (1526-1573), matematico bolognese (nato a Borgo Panigale). Bombelli, nella sua opera L’Algebra, il cui titolo completo è L’Algebra, divisa in tre libri, con la quale ciascuno da sé potrà venire in perfetta cognitione della teoria dell’Aritmetica (composta verso il 1560, ma stampata in parte solo nel 1572) raccolse e completò i risultati ottenuti in campo algebrico della prima metà del Cinquecento da diversi matematici; si propose cioè di completare i vari casi di risoluzione delle equazioni di terzo grado, anche nel cosiddetto caso irriducibile, cioè quando, nella formula di Cardano, si presenta la radice quadrata di un numero negativo 3 2 p q 0 3 2 Nell’Algebra, Bombelli si occupò del calcolo con potenze e con radici e di equazioni algebriche. A lui si deve inoltre l’introduzione degli esponenti per indicare le potenze dell’incognita. Nel libro I dell’Algebra Bombelli prende in esame le radici immaginarie delle equazioni, che egli chiama "quantità silvestri", e giunge ad operare con i numeri che noi oggi chiamiamo "complessi". Bombelli introdusse i termini più di meno e meno di meno, per indicare + i e - i, che abbrevia nelle scritture pdm e mdm; ad esempio, con: R c ë 2 pdm 11 ù egli rappresentò il numero complesso: . Stabilì inoltre le regole seguenti: Nel linguaggio di Bombelli, queste regole si esprimono nel seguente modo: Più via più di meno, fa più di (+ 1 ) × (+ i) = + i meno. Meno via più di meno, fa meno (-1 ) × (+ i) = - i di meno. Più via meno di meno, fa meno di meno. Meno via meno di meno, fa più di meno. (+ 1 ) × (- i) = - i (-1 ) × (- i) = + i Più di meno via più di meno, fa meno. (+ i ) × (+ i) = - 1 Più di meno via men di meno, fa più. (+ i ) × (- i) = + 1 Meno di meno via più di meno, fa più. (- i ) × (+ i) = + 1 Meno di meno via men di meno, fa meno. (- i ) × (- i) = - 1 Bombelli, dunque, stabilì le leggi formali di calcolo dei nuovi numeri, successivamente chiamati immaginari da Cartesio per indicare delle soluzioni considerate fittizie e irreali, né vere né “surde” (negative). Nell’Algebra troviamo la corretta trattazione di alcune equazioni di terzo grado che, se risolte con il procedimento di Cardano, Dal Ferro e Tartaglia, portano a radicali doppi coinvolgenti quantità non reali. Ad esempio, viene data la soluzione dell’equazione tramite la formula “di Cardano”: Si ottiene la somma di due radicali doppi, con radicando negativo, mentre già si sapeva, per sostituzione diretta, che era l’unica radice positiva dell’equazione. Bombelli provò che si può scrivere: e quindi si poteva concludere trovando la soluzione nota: A Bombelli spetta quindi il merito di aver introdotto nella matematica i numeri complessi e le regole di calcolo con essi oltre a quello di aver svolto la teoria completa delle equazioni di terzo grado, discutendo e risolvendo tutti i casi che si possono presentare, mentre Cardano non aveva sviluppato una teoria completa. Il bombelli dà le definizioni di somme e prodotto esprimendosi così: “Più di meno con più di meno si somma e fa più di meno, cioè ia+ib=i(a+b); ma più con più di meno non si può sommare, se non dire più più di meno; più cavato di più di meno non si può, se non per via del meno etc.etc.” Così il Bombelli veniva a considerare binomi a+ib, a-ib che con Gauss chiameremo numeri complessi. Tutta l’indagine del Bombelli relativa a questi binomi si fonda su tre definizioni: dell'ordinamento • a+ib=a’+ib’ se a=a’ b=b’ e viceversa; Perdita Diversamente dai numeri reali, i numeri complessi non possono essere ordinati in modo • (a+ib)+(c+id)=(a+c)+i(b+d); compatibile con le operazioni aritmetiche. Quindi non ha senso chiedere ad esempio se i è maggiore o minore di 1, né studiare • (a+ib)(c+id)=(ac-bd)+i(ad+bc) disequazioni nel campo complesso. Introdotti i numeri complessi, il Bombelli poteva dire che l’equazione di secondo grado ammette sempre due radici distinte o coincidenti; e per l’equazione : X2-8x+20=0 trovava appunto x=4±2i. In particolare ammetteva sempre due radici la risolvente di secondo grado dell’equazione cubica: x3=px+q e la formula di Tartaglia x3 q q 2 p3 3 q q 2 p3 2 4 27 2 4 27 Introdotta per la risoluzione della seconda equazione acquistava in ogni caso un senso. I numeri complessi crescono L’ingresso dei numeri complessi nella matematica fu favorito dalle idee di Bombelli, che indusse Albert Girard (che nel 1629 pubblicò “Invention nouvelle en l’algèbre”) ad ammettere l’esistenza di radici negative, nello stabilire le relazioni esistenti tra i coefficienti e le radici di una equazione.E’ stato attribuito anche a lui l’ affermazione che un'equazione dovesse avere un numero di soluzioni uguale al suo grado, proprio tenendo conto delle misteriose radici quadrate. Un’anticipazione del teorema fondamentale dell’algebra. Cartesio (Nel1637 pubblicò la Diottrica, le Meteore e la Geometria, introdotti dal Discorso sul metodo )definì questi numeri, "immaginari". Perché, anche se si poteva “immaginare” che ogni equazione avesse tante radici quante il suo grado, i numeri reali non potevano corrispondere alle radici immaginate. Leibniz oltre che applicare le leggi dell’ algebra ai numeri complessi, li usò come sussidi di integrazione. Cosa che fece anche Johann Bernoulli D'Alembert li impiegò nei suoi calcoli di idrodinamica e tentò, come Eulero e Lagrange di dimostrare, con il loro ausilio, il teorema fondamentale dell’algebra, che afferma che ogni equazione polinomiale di grado n con i coefficenti complessi ha n radici nel campo dei nei numeri complessi. Eulero(Basilea 15 aprile 1707;San Pietroburgo 18 settembre 1783) per primo diede alla radice quadrata di -1 il simbolo i per indicare l’unità immaginaria e De Moivre con la sua formula collegò i numeri complessi alla trigonometria. Gauss fu il primo a pubblicare la prova corretta del teorema fondamentale di algebra nella sua tesi di laurea di 1797. Ma anch’egli in un primo tempo pensò che era metafisica considerare la radice quadrata di -1. Dal 1831 Gauss superò definitivamente la sua diffidenza verso questi numeri, pubblicando il lavoro sulla loro rappresentazione geometrica come punti del piano. Ma fu Cauchy a pubblicare, fin dal 1814, articoli sempre più consistenti e numerosi sul Journal dell’Ecole Polytechique e sulle pagine dei Comptes Rendus dell’Académie sulla teoria delle funzioni a variabile complessa. Mentre è agevole rappresentare graficamente una funzione di variabile reale, in quanto necessita di due dimensioni, non è possibile farlo con le funzioni di variabile complessa che richiedono quattro dimensioni. La mancanza di un supporto visivo rende difficile rappresentare ad esempio il concetto di derivata in un punto che per le funzioni di variabile reale corrisponde alla tangente alla curva in quel punto. Se da un lato questo può rappresentare una difficoltà, dall’altro la necessità di un grado di astrazione maggiore comporta l’esigenza di una più precisa definizione dei concetti. Ed il lavoro di Cauchy impresse il dovuto rigore al nuovo ramo della matematica. Fu Hamilton a definire i numeri complessi come coppie di numeri reali (a,b) nel 1833. Ciò che si credeva impossibile, fittizio e “immaginario” divenne una realtà. Applicazioni In matematica I numeri complessi sono presenti in tutta la matematica, e sono protagonisti di interi settori, come l'analisi complessa o la geometria algebrica. Elenchiamo qui,soltanto alcune applicazioni dei numeri complessi: Teoria dei numeri: La teoria dei numeri analitica usa l'analisi complessa per affrontare problemi sui numeri interi. Un esempio è il teorema dei numeri primi. Equazioni differenziali: Le equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti si risolvono trovando le radici complesse di un polinomio associato all'equazione. In fisica Dinamica dei fluidi: Nella dinamica dei fluidi i numeri complessi vengono utilizzati per descrivere il flusso potenziale in 2 dimensioni. Meccanica Quantistica: Il campo dei numeri complessi è una componente essenziale della meccanica quantistica dato che la teoria è sviluppata in uno spazio di Hilbert a dimensione infinita derivato da C. Relatività: Nella relatività generale e relatività speciale alcune formule dello spazio metrico diventano più semplici se si suppone la variabile temporale come una variabile immaginaria. In Ingegneria Analisi dei segnali I numeri complessi vengono utilizzati nell'analisi dei segnali e in tutti i campi dove si trattano segnali che variano sinusoidalmente nel tempo, o anche semplicemente periodici. Il modulo di z è interpretato come la ampiezza del segnale mentre l'argomento di z è interpretato come la fase. I numeri complessi rendono possibile anche l'analisi di Fourier, che rende possibile scomporre un generico segnale tempo-variante in una somma di infinite sinusoidi: ogni sinusoide è scritta come un singolo numero complesso dove ω è la frequenza della sinusoide e z la sua ampiezza. Nel campo dell’ingegneria elettrica si è soliti sostituire l’unità immaginaria “i” con la lettera “j” poiché con la lettera i si indica l’intensità di corrente. Conclusioni Per definire i numeri complessi nella loro completezza sono stati necessari circa trecento anni . Tale arco di tempo può sembrare lungo rispetto alla vertiginosa velocità dei progressi tecnologici del nostro tempo. L’evoluzione della natura ha tempi lunghi e forse anche l'evoluzione della mente, specie quando deve aprirsi ad orizzonti completamente nuovi, ha tempi che sfuggono ad una previsione. Bibbliografia www.webfract.it/FRATTALI/complessi.htm www2.polito.it/didattica/polymath/htmlS/argoment/ APPUNTI/TESTI/Dic03/APPUNTI.HTM http://it.wikipedia.org/wiki/Numeri_complessi Testo consultato: Autore:Mario Mariscotti “ Aritmetica“ Petrini Editore Testo di rifermineto del corso: Questioni riguardanti le Matematiche Elementari di F. Enriques. Vol.I-ed.II A cura di: Capuano Giusy Scurria Salvatore