ISTITUTO COMPRENSIVO
“D’AOSTA”
Tutti gli usi della parola a tutti, non perché tutti
siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo (Rodari)
Un dolore senza fine.
Ricordo della tragedia giuliano
dalmata e delle foibe
Il 10 febbraio di ogni anno, si celebra
il Giorno del ricordo, dedicato alle
vittime delle foibe e a tutti gli esuli
dalmati e istriani di origine italiana costretti dal governo e dalle truppe
jugoslave di Tito ad abbandonare le proprie case alla
fine della Seconda Guerra Mondiale. Così come per
la Giornata della memoria , al di là di ogni polemica e
scontro ideologico, il Giorno del ricordo serve per non
lasciare che si perda nell’oblio una pagina nera della
storia contemporanea, per far sì che le coscienze
rimangano vigili e attente e che si evitino i terribili
errori del passato.
Cos’è la foiba. Il termine "foiba" è una corruzione dialettale del latino
"fovea", che significa "fossa"; le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a
forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua
nell'altopiano del Carso, tra Trieste e la penisola istriana; possono
raggiungere i 200 metri di profondità. In Istria sono state registrate più di
1.700 foibe. (Nella foto una foiba istriana). Le foibe furono utilizzate in
diverse occasioni e, in particolare, subito dopo la fine della seconda guerra
mondiale per infoibare (“spingere nella foiba”) migliaia di istriani e
triestini, italiani ma anche slavi, antifascisti e fascisti, colpevoli di
opporsi all’espansionismo comunista slavo propugnato da Josip Broz
meglio conosciuto come “Maresciallo Tito”. Nessuno sa quanti siano stati
gli infoibati: stime attendibili parlano di 10-15.000 sfortunati. Le vittime
dei titini venivano condotte, dopo atroci sevizie, nei pressi della foiba; qui
gli aguzzini, non paghi dei maltrattamenti già inflitti, bloccavano i polsi e i
piedi tramite filo di ferro ad ogni singola persona con l’ausilio di pinze e,
successivamente, legavano gli uni agli altri sempre tramite il fil di ferro. I
viale C. O. Augusto, 1 80044 Ottaviano telefax 081 8278046-NAIC8CG00G - www.daosta.gov.it - c.f. 84005830637
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massacratori si divertivano, nella maggior parte dei casi, a sparare al primo
malcapitato del gruppo che ruzzolava rovinosamente nella
foiba spingendo con sé gli altri. (Il disegno è tratto da un
opuscolo inglese). Nel corso degli anni questi martiri sono
stati vilipesi e dimenticati poi con una Legge del
Parlamento anche questi eccidi, da paragonare ai campi di
concentramento nazisti hanno trovato il giusto ricordo.
Approfondiamo. Cominciò dopo l’8 settembre 1943 il
dramma per gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, che poi
esploderà con l’occupazione dell’esercito di Tito e l’annessione alla
Jugoslavia. Mentre sull’Europa soffiavano venti di pace, i giuliano dalmati
venivano uccisi o costretti ad abbandonare la terra dov’erano nati e vissuti
e che era italiana dal 1920. Le truppe titine rastrellavano gli italiani nei
campi di concentramento o li gettavano nelle foibe. Deportando e
uccidendo non solo chi era stato fascista, ma anche chi i fascisti li aveva
combattuti. E a Pola, per esempio, presero di mira gli operai. Tito mise in
atto una pulizia etnica: i profughi istriani, fiumani e dalmati alla fine
saranno 300mila e – si stima – almeno 15mila i morti ammazzati. Bambini
e donne e uomini che, dal 2004, nel nostro Paese vengono ricordati ogni
dieci febbraio, il “Giorno della memoria”.
Tuttavia anche il Fascismo e noi italiani abbiamo perpetrato stragi in quel
periodo, con una crudele intolleranza nei confronti della minoranza slovena
(peraltro autoctona a Trieste e in Friuli nella sua gran parte da almeno 800
anni), della cancellazione delle responsabilità italiane nei territori poi
diventati Slovenia e Croazia.
Lo stesso capo dello Stato, Mattarella, ha detto “Il Parlamento con
decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita
profonda nella memoria e nella coscienza nazionale. Per troppo tempo le
sofferenze patite dagli italiani giuliano - dalmati con la tragedia delle foibe
e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra
storia”. Un orizzonte di speranza nel quale non c’è posto per l’estremismo
nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.
Non si sa molto, a scuola, dei lager fascisti nell’attuale Croazia. Non si sa
che l’Italia fascista contasse più campi di concentramento della stessa
Germania nazista, si ignora che nel campo di Rab, in Croazia (dove sono
morti migliaia di Sloveni, in gran parte deportati dai rastrellamenti di
Ljubljana) la mortalità quotidiana superasse quella di Dachau. Come
ricordare in modo maturo e sereno le vittime delle foibe? Come non dire
che quel naturale fenomeno carsico – una grotta verticale – venne usato
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dagli stessi fascisti, che per primi lo utilizzarono nei territori di Istria e
Dalmazia per uccidere e occultare corpi, dedicando alla foiba addirittura
una canzone dove questa compare come musa ispiratrice? Come ritrovare
un equilibrio nella memoria che rispetti i corpi di Basovizza e tutti gli altri,
se tuttora vengono usati per dei distinguo che, a oltre settant’anni da quei
giorni, dovrebbero essere messi da parte per restituire a questo Paese e a
quelle terre la verità storica che meritano?
L’unico studio portato avanti da una commissione di professori universitari
italiani, sloveni e croati, che ovviamente restituì colpe a entrambe le parti,
venne chiuso in un cassetto anche dall’Italia. Gli esuli, e quanti rimasero
per continuare ad abitare la loro casa, furono vittime innanzitutto dell’odio
che gli italiani avevano seminato in quelle terre. Il carteggio del
responsabile di Mussolini per quelle terre con lo stesso Duce parla di
“esigenza di pulizia etnica”. E così fecero: persone rastrellate mentre erano
al lavoro nei campi, donne e bambini presi e divisi per sempre. Gente
uccisa sul posto. I campi di concentramento dislocati anche sul territorio
italiano li conoscono in pochi. Pochissimi sanno cosa accadde al loro
interno.
Fonti:
www.ilfattoquotidiano.it
www.lefoibe.it/approfondimenti/foibebreve.htm
Diego Zanadel, I testimoni muti. Le foibe, l'esodo, i pregiudizi, edizioni Mursia
Graziano Udovisi, Foibe. L'ultimo testimone ed. Aliberti
Si tratta di una testimonianza diretta di chi ha vissuto in prima persona l’attimo del
“salto” nella foiba. 14 maggio 1945 l’ufficiale istriano Graziano Udovisi deve
scegliere in un secondo se rimanere fermo ed essere falciato dalla mitragliatrice,
oppure buttarsi nel baratro e morire cadendo. La sua storia è quella di un miracolato,
che salvò se stesso e un commilitone, riuscendo a risalire in superficie da trenta metri
di profondità. Udovisi ricorda in questo libro gli orrori della guerra e del carcere, delle
torture e dei tragici momenti sull’orlo della foiba.
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Il 10 febbraio ricordiamo le vittime giuliano