Introduzione storica al concetto di schizofrenia e prospettiva post-razionalista degli scompensi psicotici Pasquale Parise, IPRA, Bari, 2008 Storici d’indirizzo sociale storici d’indirizzo sociale della psichiatria siano stati comprensibilmente colpiti dal fatto che nel passato la follia non era necessariamnte considerata una malattia e dal fatto che le sofferenze della malattia mentale non sono sempre state considerate in termini medici la punta estrema di questa concezione arriva a quella che si può definire l’”ideologia dell’empirismo sociologico” (Adorno) che attribuisce una fondazione prettamente sociogenetica alle malattie mentali Storici d’indirizzo clinico storici d’indirizzo clinico sottolineano come nonostante i grandi cambiamenti nell’’episteme’ (e cioè nella griglia di significati socio-culturali con cui interpretiamo il mondo) i fenomeni clinici della follia sono rimasti abbastanza riconoscibili e sterotipati, mostrando una sorta d’invarianza nelle sue manifestazioni For as long as psychiatry remains a discipline in which the capture of clinical data depends on the recognition and naming of behavioural forms, it will be essential to understand how its language came to be formed. Berrios All’inizio del XIX sec erano sostanzialmente tre le parole (che esprimevano altrettante peculiarità concettuali) usate per descrivere quelle che noi oggi chiamiamo “psicosi”: insanity, alienation, dementia (faremo riferimento ai termini inglesi tenendo presente che gli stessi concetti sono stati espressi con parole più o meno equivalenti nelle altre lingue europe) Insanity il termine “INSANITY” questo aveva significato clinico e legale, ed era quello che si avvicinava di più al termine di pazzia ‘a tutto tondo’, aveva come sinonimo la madness. Concettualmente esso comprendeva tutte le forme di stati deliranti accompagnati da grave disorganizzazione del comportamento e della personalità. Il termine, anche se di antica origine, fu ridefinito nella sua struttura psicologica da J.Locke nel 1690, che gli diede una significazione totalizzante, caratterizzata da una totale compromissione della soggettività. Insanity Ben presto invece, soprattutto per motivi pratici di competenza civile del malato mentale, in ambito legale i legislatori iniziarono a distinguere tra “insanity” parziale e totale. Le osservazioni cliniche e i cambiamenti nelle concezioni psicologiche agli inizi del XIX sec portarono alla legittimazione del concetto d’”insanity” parziale in campo medico. In campo giurisprudenziale invece, dopo un periodo di accettazione, in Inghilterra la distinzione tra “insanity” parziale e totale fu abolita dalle leggi McNaghten del 1843 La Follia prima della Psicosi INSANITY Tutte le forme di stati deliranti accompagnati da disorganizzazione del comportamento e della personalità TOTALE PARZIALE Insanity Parziale - Intensità dell’affezione facoltà mentali coinvolte deliri e loro contenuti grado di coinvolgimento comportamentale Alienation Il termine “ALIENATION”, agli inizi del XIX sec questo non era un termine medico. Introdotto dai francesi nel contesto di una legge del 1838, si riferiva inizialmente agli aspetti legali della follia e rappresentava un’alternativa al loro vecchio termine “demence”. Come “alienation mental” il termine trovò molto favore tra i medici, e fu ben presto adottato dall’inglese medico La Follia prima della Psicosi ALIENATION Termine legale (Francia 1838) Dal 1860 in poi fu adottato dall’Inglese medico per indicare “malattie della mente (mind)” vs. “malattie del cervello (brain)” Dementia Il termine “DEMENTIA” si riferiva ad una varietà di stati caratterizzati da grave deterioramento psichico, correlati sia ad “insanity” cronica sia a danni cerebrali. Inizialmente il termine non aveva nessuna relazione con l’età o con lo status cognitivo del soggetto (oggi si parla di demenza quando si ha una perdita di funzioni cognitive già acquisite), né era considerata necessariamente uno stato irreversibile. La Dementia “la demenza è un’affezione cerebrale, ordinariamente senza febbre e cronica, caratterizzata dall’indebolimento della sensibilità, dell’intelligenza e della volontà: l’incoerenza delle idee, la mancanza di spontaneità intellettuale e morale, sono i segni di questa affezione. L’uomo che cade in demenza ha perduto la facoltà di percepire gli oggetti, di cogliere i rapporti, di confrontarli, di conservarne il ricordo completo: donde risulta l’impossibilità di un giusto ragionare…l’uomo in stato di demenza è privato dei beni di cui godeva una volta; è un ricco diventato povero; l’idiota è sempre stato nella sventura e nella miseria”. (Esquirol, 1838) La Dementia del XIXsec Importanti disturbi cognitivi Colpiva ogni gruppo d’età Determinava incompetenza comportamentale Decorso cronico (ma non necessariamente irreversibile) Spesso secondaria a danni cerebrali o “insanity” cronica Poteva essere congenita o acquisita Il termine “psicosi” Il termine “psicosi” fu introdotto solo alla prima metà del XIX sec in contrapposizione a quello di “nevrosi”. Il termine comparve per la prima volta in un “Manuale di Psicologia Medica” del 1845 di E. Freiher von Feuchtersleben, preside della facoltà di Medicina di Vienna: “…’psicosi’ è l’equivalente degli elementi mentali e psichici in un processo psicofisico, così come ‘nevrosi’ si riferisce a quegli aspetti di un processo che appartengono al sistema nervoso”. Il termine “nevrosi” Il termine “nevrosi” era stato coniato da Cullen alla fine del XVIII sec per indicare una classe di malattie del sistema nervoso caratterizzate dall’assenza di febbre e dal coinvolgimento dell’apparato sensitivo e/o motorio (“…tutte quelle affezioni preternaturali dei sensi e dell’apparato locomotore…che non dipendono da un’affezione localizzata degli organi, ma da un’affezione più generale del sistema nervoso, e di quelle energie del sistema dalle quali dipendono in particolare i sensi e i movimenti” Cullen, 1784). Il termine quindi comprendeva una enorme classe di malattie includenti tutte le forme di “insanities”, la maggior parte delle malattie neurologiche e molti altri disturbi di tipo medico. Quindi il termine “nevrosi” inizialmente comprendeva la maggior parte delle patologie neuropsichiatriche, mentre il termine “psicosi” si riferiva più limitatamente a stati psicologici ed esperenziali. I due termini andarono incontro a grandi cambiamenti nel corso del XIX sec. Dalla fine dell’800 in poi la classe delle nevrosi fu drasticamente ridotta e le poche patologie rimaste in questa classe furono ridefinite come disturbi di tipo psicologico. Al contrario il termine psicosi iniziò a comprendere una sempre crescente classe di disturbi il cui comune denominatore era quello di avere un quadro psicopatologico più grave e una più probabile, ma non dimostrata, natura “organica”. Inversione semantica dei termini Nevrosi e Psicosi durante il secolo XIX Prima metà del secolo XIX Nevrosi Patologia di tipo organico Cullen (1777) classe eterogenea di malattie del Sistema Nervoso caratterizzate da: assenza di febbre alterazione dell’ apparato sensitivo e/o motorio Psicosi Il termine si riferiva a stati psicologici ed esperenziali Inversione semantica dei termini Nevrosi e Psicosi durante il secolo XIX Dal 1900 in poi Nevrosi Disturbi di tipo psicologico Psicosi Disturbi caratterizzati da: quadro psicopatologico più grave più probabile natura organica Cosa avviene nel secolo XIX? Sviluppo di una concezione anatamoclinica della medicina le malattie cominciano ad essere definite in termini di - clusters di sintomi - lesoni - storia naturale nel corso dei secoli precedenti i tentativi di afferrare la malattia mentale erano iniziati con un evidente appiattimento alla nosologia medica che dal XVI sec in poi cercava di costruire i suoi sistemi classificatori sulla ricerca delle malattie come essenze, entità in sé, dati di natura, con una valenza ontologica. Questo paradigma concettuale (definito linneiano in riferimento al grande studioso classificatore) viene storicamente fatto risalire a Thomas Sydenham (1624-89) E’ interessante notare che il primo autore francese di un sistema nosografico psichiatrico, Boissier De Sauvages (1772) oltre ad essere psichiatra era anche professore di botanica Superamento del paradigma linneiano “..è necessario che tutte le malattie siano ricondotte a delle specie definite, con la identica cura che hanno i botanici per la loro classificazione. La natura della produzione delle malattie è uniforme è costante, così che per la stessa malattia nelle stesse persone i sintomi sono in gran parte gli stessi; e quest’identità di fenomeni voi la ritroverete in un Socrate come in uno sconosciuto”. Thomas Sydenham (1624-89) Cosa avviene nel secolo XIX? Sviluppo di una concezione anatomo-clinica e nosodromica della malattia mentale Bisogno di un’accurata descrizione di raggruppamenti di sintomi, da cui si svilupperà una psicopatologia descrittiva Adattamento di concetti presi dalla fisiologia medica (come irritazione o inibizione) o dalla psicologia (es. perdita delle associazioni) per cercare una razionalizzazione fisiopatologica Osservazione degli aspetti evolutivi delle patologie The great and enduring interest which psychiatrists have shown for general paralysis must be, in large part, due to the occurrence of somatic symptoms wellknown in other areas of neuropathology. In contrast to the ’functional’ psychoses ... paralysis should be viewed as an illness form which is caused by organic changes in the brain. Carl Fuerstner, 1881 We are moreover in the dark when it comes to the anatomical basis for the majority of psychoses. And after all these form the bulk of our clinical caseload ... What are the reasons for our poor knowledge regarding a histological basis for the psychoses ?... The reason that we have so few positive findings in the mental illnesses (Geisteskrankheiten) is mainly because of the inadequacy of our histological methods hitherto... Alzheimer, 1897 Cosa avviene nel XIX secolo? Diffusione di due opposte concezioni sulla natura della malattia mentale Concezione unitaria Concezione classificatoria Concezione Unitaria Locke La mente umana era intesa come unità indivisibile, come l’anima, e quindi incapace di soffrire di un disturbo solo parziale Griesinger → “Einheitpsychose” (1860) Tutte le forme di follia erano essenzialmente le stesse, variando solo nella modalità d’esordio e nella severità dei sintomi Neumann → “Manuale di Psichiatria” (1869”) “Non potremmo mai credere che la psichiatria farà un passo avanti finchè non getteremo via con coraggio ogni tipo di classificazione…” Concezione Classificatoria Kant → Le attività della mente umana potevano essere considerate sotto categorie distinte: quelle dei sentimenti (filling), del pensiero (thinking), della volontà (willing) Identificazione di Insanity parziale “Folie raisonante” (Pinel, 1801) “Monomania” (Esquirol, 1838) Identificazione di forme con buona prognosi “Ipomania” (Mendel, 1881) “Ciclotimia” (Kahlbaum, 1882) La ‘follia senza delirio’ di Pinel « Un uomo, un tempo dedito ad un'arte meccanica ed ora rinchiuso a Bicêtre, presenta, ad intervalli irregolari, accessi di furore con i seguenti sintomi: dapprima sensazione di calore intenso agli intestini, con una sete ardente e una forte costipazione; questo calore si propaga gradualmente al petto, al collo, ed alla faccia che assume un colorito più acceso, giunto alle tempie, diviene ancora più accentuato e produce delle pulsazioni intense e rapide delle arterie, come se stessero per scoppiare; infine l'affezione nervosa raggiunge il cervello, e allora l'alienato è dominato da un impulso sanguinario irresistibile; se riesce ad impadronirisi di uno strumento tagliente è spinto a sacrificare, nell'accesso di furore, la prima persona che vede. Sotto altri aspetti è pienamente padrone di sè, anche durante gli accessi; risponde in modo diretto alle domande che gli vengono rivolte, non mostra alcuna incoerenza di idee, alcun segno di delirio. » Cosa avviene nel XIX secolo? Nel corso del XIX sec intanto si andava definendo sempre più la posizione dello psichiatra, che nasceva come figura custodialistica delle istituzioni asilari per i malati di mente; pertanto la sua posizione era abbastanza screditata e poco autorevole, considerata anche la pessima reputazione che via via vennero a farsi gli asylum per gli alienati (dove la violenza, la coercizione fisica e i metodi repressivi erano la regola)…. Viene quindi il sospetto che tanto accanimento sui sistemi classificatori servisse a legittimare, davanti al resto della classe medica e al pubblico, la complessità della follia e le competenze necessarie per affrontarla Cosa avviene nel XIX secolo? Il termine “psicosi” si andò adottando sempre di più in campo psichiatrico. E’ probabile che il carico semantico del termine (enfatizzando gli aspetti psicologici dello stato di malattia mentale) offrisse un ponte tra l’organicismo ad oltranza di quel periodo e il fatto che la sintomatologia della follia era ancora totalmente basata su materiale esperenziale. Il nuovo termine di “psicosi” che si andò diffondendo dalla fine del XIX sec si formò soprattutto sul vecchio concetto di “delirium”, inteso come uno stato di acuta “alienazione” (caratterizzato da incoerenza del discorso e del pensiero, allucinazioni e disturbi del comportamento), in assenza di febbre e di altre patologie organiche accertate. per Kant, il carattere distintivo dell’alienazione era la perdita del senso comune e l’apparizione di una singolarità logica (sensus privatus). In seguito a tutte queste modificazioni nell’episteme della malattia mentale alla fine del XIX sec si giunse a due grossi tentativi di sistemi classificatori delle psicosi: uno proposto da Wernicke, che fu perdente più per la prematura scomparsa dello stesso che perché meno autorevole; e l’altro proposto da Kraepelin che è rimasto accettato più o meno invariato fino ai giorni nostri. Classificazione Kraepeliniana Dementia Praecox (1899 VI ediz.) Ebefrenia di Hecker Catatonia di Kahlbaum Demenza paranoide di Morel Psicosi Maniaco-Depressiva Criteri Classificatori Kraepeliniani Raggruppamento di sintomi Decorso della psicopatologia Predittività prognostica (evoluzione) Limiti del modello kraepeliniano Non era frequente una distinzione così evidente tra forma clinica ed evoluzione della malattia La periodicità del decorso era considerata una caratteristica generale della malattia mentale Numerose osservazioni cliniche contrastarono fin dall’inizio la rigida divisione binaria delle psicosi “..sta diventando sempre più chiaro che non possiamo fare una soddisfacente distinzione tra queste due malattie, e questo ci fa nascere il sospetto che la nostra formulazione del concetto possa essere scorretta” (E.Kraepelin, 1920) Dopo Kraepelin il concetto di “demenzia praecox”, sempre contrapposto alla psicosi maniaco-depressiva, venne affrontato e ridefinito da Eugen Bleuler che introdusse il termine di “schizofrenia”: Bleuler, che aveva subito l’influenza delle idee di Freud, allargò il concetto, sottolineando gli aspetti psicologici alla base del disturbo (introduzione del concetto della spaltung) “Quando Eugen Bleuler ha introdotto il termine di schizofrenia, sostituendolo a quello di dementia praecox, ha spostato radicalmente e vertiginosamente l'asse della conoscenza e della denominazione della forma morbosa dal piano di una esperienza psicotica, che si riconosca e si costituisca utilizzando criteri clinici, a una esperienza psicotica che si abbia a definire e a diagnosticare mediante criteri non clinici (comportamentali ed esteriori) ma, appunto, psicopatologici (interiori e immedesimativi).” (E. Borgna) Le Schizofrenie di Bleuler Sottolineava gli aspetti psicologici del disturbo Modello teoretico-patogenetico Gruppo di sintomi descrittivo Sintomi fondamentali Sintomi accessori Gruppo di sintomi eziopatogenetico Sintomi primari Sintomi secondari Le Schizofrenie di Bleuler Sintomi fondamentali Autismo Ambivalenza Alterazioni delle Associazioni Alterazione dell’Affettività Sintomi accessori Deliri Allucinazioni Comportamenti catatonici Disturbi del comportamento Sintomi primari: alterazioni delle associazioni (spaltung e allentamento dei nessi associativi) Sintomi secondari: tutti gli altri Le Schizofrenie di Bleuler Forma Simplex Chiusura autistica, appiattimento dell’affettività, mancanza d’interessi e d’iniziative Forma Ebefrenica Appiattimento affettivo, giovane età, dissociazione ideoaffettiva Forma Catatonica Manifestazioni catatoniche (stupor, flexibilità cerea, negativismo) Forma Paranoidea Produttività delirante, Allucinazioni stupor catatonico: grado estremo di assenza di consapevolezza negativismo catatonico: resistenza attiva ai comandi o ai tentativi di mobilizzazione rigidità catatonica: postura rigida e resistenza passiva agli sforzi di mobilizzazione Catalessia: rigidità muscolare per cui il paziente mantiene a lungo la stessa posizione, a volte anche scomoda, ed è quasi impossibile dall’esterno modificarla: – “segno del cuscino”: mantenere da sdraiati la testa di poco sollevata dal piano Flessibilità cerea: quando si tenta di sollevare un arto del malato, si apprezza durante il movimento passivo imposto una certa resistenza muscolare I Sintomi di Primo Rango di Schneider Kurt Schneider dedicò tutto il suo lavoro alla ricerca di segni di stato clinicamente sicuri per la diagnosi di schizofrenia, cercando di renderla autonoma dai vincoli del decorso ( “Per noi la diagnosi psichiatrica si basa fondamentalmente sui quadri di stato e non di decorso”); cercò quindi d’individuare quei sintomi che da soli permettevano di porre diagnosi di schizofrenia isolando i famosi sintomi di primo-rango (FirstRank Symptoms) che sono a tutt’oggi alla base degli attuali manuali nosografici della psichiatria. I Sintomi di Primo Rango di Schneider La modestia epistemica di Schneider sta alla base dell’enfasi data ad un approccio “ateoretico”, che dopo di lui diventerà il cavallo di battaglia dei vari sistemi nosografici (“Questa valutazione, quindi, si riferisce solo alla diagnosi. Ma con ciò non viene detto nulla riguardo alla teoria della schizofrenia”). I First-Rank Symptoms Disturbi del pensiero L’esperienza del paziente è che i propri pensieri, una volta insorti, escano dalla propria testa e si diffondano nel mondo esterno (diffusione). O che possano essere rubati o inseriti nella propria testa (furto e inserzione) Percezione delirante Questa inizia da una normale percezione che improvvisamente assume un significato speciale e privato per il pz Percezione Delirante Una normale percezione a cui il pz attribuisce un’interpretazione delirante “Improvvisamente le cose significano tutt'altro. Una malata vede per strada persone in uniforme: questi sono soldati spagnoli. Vede un'altra uniforme: questi sono soldati turchi. Tutti i soldati sono concentrati qui: c'è una guerra mondiale. (Questa osservazione è di prima del 1914)…. Due uomini in impermeabile sono Schiller e Goethe….Una malata vede nella strada un uomo; sa immediatamente che è il suo amante dei tempi passati. Egli ha però un aspetto completamente differente: si è mascherato con una parrucca e altri travestimenti. “ I First-Rank Symptoms Esperienze d’influenzamento somatico L’esperienza del pz è che le sensazioni del suo corpo gli siano imposte da forze esterne (ciò viene generalmente espresso con la convinzione di “essere controllato”), e che lui deve passivamente sottomettersi a queste esperienze. Esperienze d’influenzamento della propria volontà e delle proprie azioni L’esperienza del pz è che le proprie azioni e/o la propria volontà siano controllate dall’esterno Allucinazioni uditive Queste allucinazioni insorgono a coscienza integra come voci chiaramente udibili provenienti dall’esterno della testa. Queste voci commentano in maniera continua le azioni del pz, discutono tra loro sul pz, o ripetono i pensieri del pz. Schneider’s Symptom Deliri Percezione delirante Allucinazioni uditive Eco del pensiero Voci che discutono o litigano Voci che commentano le azioni del paziente Disturbi del pensiero: passività del pensiero Furto del pensiero Inserimento del pensiero Trasmissione (diffusione) del pensiero Esperienze di passività: deliri di controllo Passività Passività Passività Passività affettiva degli impulsi della volontà somatica “Non c'è una modalità astratta e impersonale in psicopatologia, ma in essa ogni forma di conoscenza è implacabilmente implicata e immersa in una circolarità ermeneutica che trascini con sè la interiorità (la soggettività) del paziente e la soggettività (la interiorità) del medico. Non c'è, dunque, possibilità di conoscenza in psicopatologia, non c'è captazione possibile degli orizzonti infiniti che fanno da sfondo ai sintomi , che possano fare a meno delle connessioni radicali con l'area sfuggente e problematica, ma essenziale, della intersoggettività. Non è possibile fare della psicopatologia, non è possibile sondare i modi di vivere e di ri-vivere (le cose e le situazioni) da parte dei pazienti se non si rinuncia a ogni atteggiamento di neutralità, di fredda e gelida scientificità, di fronte a loro, ….” (E.Borgna) SISTEMI NOSOGRAFICI ATTUALI Modestia epistemologica (caratterizzata da pretese finalità essenzialmente operative, rifiutando ogni responsabilità di carattere ontologico) Aspirazioni essenzialiste e oggettiviste (sforzi di carattere scientifico, culturale, economico per la ricerca di markers biologici, genetici, neurofisiologici della schizofrenia) Una tale nosografia descrittiva e statica ha avuto il vantaggio della massima condivisione all’interno del mondo scientifico privando però di significato e di storicità la sofferenza individuale, che viene vista in maniera impersonale, senza mostrare molto interesse per il contenuto di questa sofferenza, dove deliri e allucinazioni sono visti come “rami secchi” da potare farmacologicamente Le premesse epistemologiche di una tale prospettiva sono che esista una realtà oggettiva data alla quale i tentativi di classificazione debbano tendere PROSPETTIVA EMPIRISTA Esiste un ordine univoco della realtà in cui è già contenuto il significato delle cose, che può essere desunto se l’osservatore si situa in una posizione metodologica particolare, cioè quella dell’OSSERVATORE PRIVILEGIATO PROSPETTIVA COSTRUTTIVISTA Di fatto, l’ORDINE ESPERENZIALE non è qualcosa che ci viene dato dall’esterno, ma è un prodotto delle costruzioni del nostro interagire con l’ambiente. Le nostre esperienze e le nostre conoscenze sono sempre COESISTENTI alla nostra costruzione di Mondo Da una tale prospettiva empirista deriva anche il concetto d’incomprensibilità e inderivabilità del delirio primario, al centro del tentativo di sistematizzazione della psicopatologia di Jaspers, e che rimanda all’esperienza dell’osservatore il giudizio sulla congruità e comprensibilità di un significato (che in altri termini vuol dire cercare una corrispondenza di significati tra osservatore e osservato). I sintomi, dal nostro punto di vista, vanno pertanto ricondotti in un contesto storico di significato dell’individuo e la psicopatologia dovrebbe essere organizzata su costrutti generatori di senso piuttosto che di diagnosi. “…è difficile evitare la conclusione che una delle principali funzioni dei sistemi di classificazione fosse convincere i medici e il pubblico della complessità della follia e della conoscenza precisa e specialistica necessaria per il suo trattamento.” Mary Boyle Attualmente è ancora difficile dire in maniera definitiva cosa sia la Schizofrenia e se esista un’unica patologia caratterizzata da un'unità di sintomi, decorso, esito e fisiopatologia che rappresenti l’espressione prototipica della follia umana La Schizofrenia Realtà sindromica cui poter arrivare da più direzioni caratterizzata da una mutazione profonda dell’esperienza, in cui viene definitivamente persa la certezza preriflessiva nelle caratteristiche del mondo e della realtà, che determina quindi l’impossibilità a partecipare ad una prassi condivisa di senso con la perdita di quello sfondo di “evidenza naturale”, di “common sense” che ci permette di “sostare indisturbati vicino le cose” Il ‘Senso Comune’ “..la sempre presente e sempre dimenticata cornice dell’esperienza…che dà continuità storica al Sé e costituisce il flusso dell’intersoggettività” A. Tatossian Psicosi Non Schizofreniche Nelle forme di scompenso psicotico (non schizofreniche) è più evidente una amplificazione di temi basici di significato senza che però venga messa in discussione la struttura stessa della realtà, e in cui non si assiste alla completa rottura della cooperazione e del consenso nella comunicabilità dell’esperienza. (G. Arciero) In questi casi “il congedo dalla funzione del reale” è solo temporaneo. Esperienza e Narrazione Esistono costantemente, per ognuno di noi, due livelli dell’esperienza, irriducibili, rappresentati dal continuo accadere della propria vita (sotto forma di un’esperienza antepredicativa e preintenzionale) e della sua riconfigurazione narrativa attraverso il linguaggio (quindi attraverso significati condivisi che ne permettano un suo riordinamento stabile). Esperienza e Narrazione La nostra ‘esperienza del vivere’ prende continuamente forma attraverso uno “sforzo di appropriazione” del senso, mediato dalla ricomposizione simbolica del linguaggio. Dalla continua dinamica circolare tra questi due livelli, cioè l’esperienza vissuta e la continua ricomposizione della propria storia, prende forma l’IDENTITA’ NARRATIVA, la cui principale funzione è quella di articolare i temi emotivi, ai quali è ancorata, e di integrare le emozioni discordanti e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e di unitarietà. Identità Narrativa Prende forma dalla continua dinamica circolare tra il livello dell’esperienza e della sua riconfigurazione narrativa attraverso il linguaggio - articola i temi emotivi, a cui è ancorata - integra le emozioni discordanti e gli eventi inaspettati in un senso di unicità e unitarietà Identità Narrativa Questo implica che più efficacemente si riesce ad articolare l’esperienza, riuscendo a darle un significato personalmente riconoscibile, più si riesce a modulare oscillazioni emotive perturbanti e integrarle in un proprio senso di continuità personale. Le due dimensioni dell’esperienza soggettiva Da un lato abbiamo il percepire una continuità e una persistenza nella propria esperienza del vivere, il sentirsi sempre sé stesso, e questa dimensione è rappresentata dalla Medesimezza, che si struttura su tratti emotivi ricorrenti e a sua volta dà forma alla propria dimensione emotiva Le due dimensioni dell’esperienza soggettiva Dall’altro lato abbiamo il senso dell’accadere, della discontinuità dell’accadere rappresentato dalla Ipseità, legato agli avvenimenti e agli eventi emotivi, espressione dell’immediatezza situazionale e che dà forma ai momenti di attivazione emotiva improvvisa Medesimezza Senso di continuità Permanenza nel tempo Tratti emotivi Modo di essere distaccato da ciò che accade Ipseità • Discontinuità dell’accadere • Costanza nel tempo • Stati emotivi • Espressione dell’immediatezza situazionale L’Identità Narrativa unifica in maniera dinamica, per mezzo di una trama, gli aspetti ricorrenti del Self con il Self situazionale. Crea una continua dialettica tra i fattori che permettono all’individuo di essere certo di essere sempre sé stesso, di essere sempre la stessa persona nel tempo (medesimezza) e la variabilità, instabilità e discontinuità dell’esperienza del vivere (ipseità). Dimensione Inward Pazienti prevalentemente inward, più orientati sulla medesimezza, tenderanno a dar forma all’Identità Narrativa attraverso la sedimentazione di stati emotivi basici ricorrenti. Questo fa sì che nella costituzione della propria identità personale sia primario il mantenimento della trama narrativa, dove le principali possibilità di regolazione emozionale sono date dalla modulazione dell’attivazione dell’intensità emotiva. Da ciò deriva un carattere molto più stabile nel tempo, con un senso molto più netto di demarcazione dagli altri. Questo implica un primato ontologico assegnato al Sé a spese del mondo Dimensione Outward Pazienti prevalentemente outward, più orientati sulla ipseità, saranno caratterizzati da un maggior ancoramento al Mondo/Altro nella costituzione della propria Identità Narrativa. Questa si costituirà soprattutto attraverso l’adesione ad un contesto esterno di riferimento: questo farà sì che stati emotivi interni possono passare inosservati o selettivamente esclusi, senza riuscire a dar forma a delle esperienze emotive corrispondenti. Il mantenimento di un senso di stabilità personale può essere dato dal cambiamento della prospettiva, del punto di vista con il quale interpretare l’evento: questo porta ad un continuo prendere il punto di vista dell’altro come modalità definitoria di sé. In questi casi la trama narrativa viene asservita al mantenimento del personaggio. Questo implica un primato ontologico assegnato al Mondo/Altro a scapito del Sé. Caso di Gabriele Quando si discuteva sul tema della intrusività ‘percepita’ degli altri (sensazione di essere spiato su Internet) lui mi dice: “…mi viene in mente che lei possa pensare che questo tema ci porti all’invadenza dei miei genitori…se non avessi pensato che lei ci pensava non ci avrei pensato..” Nello stile INWARD la medesimezza orienta la costruzione del racconto di Sé nello stile OUTWARD l’identità narrativa è orientata dalla corrispondenza ad un contesto esterno di riferimento di referimento. Caratteristiche della riconfigurazione dell’esperienza negli scompensi psicotici Negli scompensi psicotici il paziente spesso perde la capacità di riconoscere come propria l’esperienza, e la sua riconfigurazione narrativa viene avvertita come un dato del livello esperenziale. È inoltre evidente la difficoltà di integrazione dell’esperienza, cioè la capacità di mantenere una narrazione sequenzialmente unica, stabile, cronologica, in cui sia rigidamente diviso l’interno dall’esterno. Scompensi psicotici in INWARD ed OUTWARD INWARD OUTWARD Amplificazione dei tratti emotivi basici difficoltà di regolazione dell’attivazione emotiva dell’intensità emotiva con incremento dei processi di mantenimento Amplificazione della dipendenza dal contesto di referenza difficoltà di gestire il contesto esterno di lettura, interruzione del senso di continuità, con incapacità a riordinare la propria esperienza in una trama narrativa consistente VISSUTI D’ANGOSCIA E IMPOSSIBILITÀ STARE DA SOLA PRESENZA DI VOCI DEL MARITO CHE LA INVITAVANO AD UCCIDERSI PAURA DI FARSI DEL MALE PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO ……. RICONFIGURAZIONE NARRATIVA SCOMPENSO FOB SCOMPENSO FOBICO -2 Articolazione e contestualizzazione dei vissuti di debolezza Mancanza di una figura protettiva e affidabile vicino Percezione del marito come non protettivo e inaffidabile dell’attivazione emotiva della PAURA ESPERIENZA Immagine di sé di persona DEBOLE, inutile, che non riesce ad essere autonoma, quindi MALATA Questa descritta è una classica situazione di scompenso fobico dove l’evento discrepante innesca un’attivazione della paura, con perdita della capacità di modulazione, paura di perdere il controllo e amplificazione dei processi di mantenimento. Dal punto di vista della riconfigurazione narrativa è evidente la confusione di questa con il livello dell’esperienza; si nota inoltre la perdita della capacità di sequenzializzazione unitaria, tematica e causale, con perdita dei confini tra esterno e interno (il marito inaffidabile è percepito come persecutore e la sua paura di perdere il controllo è esternalizzata sotto forme di “voci” del marito che le ordinavano di ammazzarsi). SCOMPENSO DAP Continue RICHIESTE di RICONOSCIMENTO di un senso di importanza Estrema SENSIBILITÀ alle DISCONFERME ESPERIENZA di SÉ di inferiorità e inadeguatezza RIORDINAMENTO NARRATIVO di questa esperienza: “…cercano di mettermi in difficoltà, sono coalizzati contro di me, mi vogliono escludere, mi vogliono fare del male…” Nonostante la somiglianza iniziale dei temi persecutori, è evidente che i significati dello scompenso siano completamente diversi, e come l’evento discrepante (una situazione lavorativa nuova) inneschi un’amplificazione della dipendenza da un contesto di referenza esterno, con aumento della sensibilità al giudizio e delle richieste di riconoscimento, con interruzione della continuità del personaggio (quello dell’operaio molto bravo nel suo lavoro, capace di lavorare 12 ore al giorno, senza grilli per la testa). “Quando una persona autorevole propone una descrizione del mondo nella quale chi ascolta non è presente, si verifica un momento di scompenso psichico, come se si guardasse dentro uno specchio senza vedere niente.” Adrianne Rich