Monica Iori1
Il Regio Corso “Nazario Sauro”
ordinaria cronaca di un istituto professionale fascista
Su i quaderni di scolaro
Su i miei banchi e gli alberi
Su la sabbia su la neve
Scrivo il tuo nome.
Sul vigore ritornato
Sul pericolo svanito
Su l’immemore speranza
Scrivo il tuo nome.
Su ogni pagina che ho letto
Su ogni pagina che è bianca
Sasso sangue carta o cenere
Scrivo il tuo nome…
E in virtù d’una parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà.
Paul Eluard
Introduzione
Talvolta non ci rendiamo conto di come le istituzioni con cui interagiamo abbiano
radici lontane e profonde. Come nel caso dell’Istituto Comprensivo “Nazario Sauro”
di Malnate che, nel periodo precedente alla Seconda Guerra Mondiale, ebbe come
progenitore il Regio Corso Annuale di Avviamento Professionale, anch’esso intitolato al noto militare istriano. A Malnate si era persa del tutto la memoria di questo isti1
Docente di Storia e Filosofia al liceo scientifico Ferraris.
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tuto e, proprio per questo, si è sentito il bisogno di avviare una ricerca storica volta a
ricostruirne le vicende. Sono stati recuperati, così, moltissimi documenti storici che
da lungo periodo giacevano abbandonati nell’archivio dell’Istituto di Via Baracca e
dal loro studio si sono potute ricostruire le vicende di Malnate e del suo Regio Corso
nel decennio che va dal 1930 al 1940. La cronaca locale di quegli anni non poteva
però non intrecciarsi con i grandi eventi della storia. Ecco, quindi, un semplice
resoconto di fatti accaduti in una modesta scuola di provincia testimoniare e
ricordarci che cosa fu il fascismo e come utilizzò la scuola per indottrinare le nuove
generazioni. Questo breve studio, dunque, oltre a rappresentare uno spaccato della
passata vita malnatese, ha anche il compito di ricordare a tutti noi quanto sia densa di
significato la parola libertà e soprattutto la libertà di pensiero.
Il regio corso
Cominciamo con il chiederci
perché mai l’intitolazione a
Nazario Sauro. Nell'archivio
storico comunale un carteggio
tra il dirigente della scuola e il
podestà di Malnate testimonia
un certo interesse per la scelta
del nome dell'istituto. Il 23 dicembre 1935 - anno XIV
dell’Era Fascista - il dirigente
informava, infatti, il podestà di
aver convocato in seduta
plenaria il consiglio dei
professori per decidere in
merito alla intitolazione da dare
alla scuola, essendo stato
sollecitato in proposito dal
Regio Provveditore di Milano.
Dalla riunione uscì una rosa di
tre nomi: Guglielmo Oberdan,
Cesare Battisti e Nazario
Sauro2. Il podestà riferisce di
essere d'accordo con le proposte
Lettera di risposta del Podestà al Dirigente del Regio Corso di
Avviamento Professionale. Malnate, 29/12/1935. Cartella a.s. 193637, archivio della scuola media statale “N. Sauro”.
2 Si trattava di tre uomini che compirono azioni eroiche durante la prima guerra mondiale e che per vari motivi risultavano graditi al regime fascista. Nazario Sauro, infatti, sacrificò la vita per liberare Trieste, Cesare
Battisti era un trentino convinto irredentista e il triestino Guglielmo Oberdan venne impiccato perché accusato addirittura di aver attentato alla vita dell'imperatore austriaco Francesco Giuseppe.
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del consiglio dei professori, in quanto ritiene tutti e tre i personaggi di alto significato
storico e patriottico, ma aggiunge di preferire tra questi senz'altro il nome di
Guglielmo Oberdan. Una lettera del 25 febbraio 1936 ci informa sugli sviluppi della
questione. Il dirigente illustra al podestà l'opinione del Regio Provveditore agli Studi
di Milano che rende noto come il parere del podestà e del prefetto debbano convergere sullo stesso nome e aggiunge che il prefetto si è espresso in favore del nome
Nazario Sauro. Ubi maior, minor cessat! Non ci ha sorpreso per nulla, dunque, leggere nella risposta del podestà al dirigente del corso queste parole: “Questa autorità comunale esprime parere favorevole perché questo Corso di Avviamento al Lavoro
venga intitolato al nome di Nazario Sauro”.
Dalla corrispondenza dell’anno scolastico 1937-1938, si evince inoltre che il Regio Corso Secondario di Avviamento Professionale era di tipo industriale, annuale, a
orario ridotto e ubicato in Via Roma a Malnate. Disponeva di laboratori per falegnami, per edili, ma nel 1938 mancavano ancora quelli per meccanici. Tra le materie
di insegnamento vi era cultura generale e cultura militare.
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4
In tutto le classi erano due per un totale di 42 alunni tutti iscritti alle associazioni
giovanili fasciste, o ai Balilla o alle Piccole Italiane che erano associazioni rivolte ai
ragazzi dagli 8 ai 14 anni5.
3
Fu la riforma della scuola che va sotto il nome di Giovanni Gentile a dare quell’assetto organico al sistema
scolastico che è stato poi mantenuto fino quasi ai giorni nostri. Gli aspetti più importanti del T.U. con R.D. n.
577 del 1928 sono riassumibili nei seguenti punti: estensione dell’obbligo scolastico fino al quattordicesimo
anno d’età, con un corso elementare di cinque anni seguito:
1. da un percorso formativo di avviamento professionale di tre anni (chiamato anche corso post elementare,
ossia 6° - 7° - 8°) e rivolto soprattutto a chi volesse o dovesse immettersi subito nel mondo del lavoro;
2. dalla scuola media ( ginnasio, istituto magistrale, corsi inferiori di scuola d’arte o conservatorio, etc. )
per chi volesse e potesse continuare gli studi andando a formare successivamente la classe dirigente del
paese.
In epoca fascista il sistema scolastico rispecchiava quindi una concezione aristocratica dell’educazione. La
scuola superiore era riservata a pochi, ai migliori per censo e per classe sociale, mentre alle classi più modeste era riservata la scuola del lavoro che venne riordinata dalla legge n. 490 del 1932.
4 Via Roma corrisponde all'attuale Via Matteotti. Questa via ha subito nel corso del tempo più di un cambiamento dell'intitolazione: via Stazione, via Francisco Ferrer - considerato nel primo decennio del XX secolo
un martire laico dell'ideologia anarchica -, poi, per volere delle forze fasciste, via Italia e successivamente
via Roma, per poi diventare definitivamente via Matteotti, per volere della prima giunta formatasi dopo la liberazione dal dominio fascista M. Ampollini, I cinque nomi di via Matteotti, in Malnate Ponte, n. 4 - dicembre 2002, pg. 17.
5 Fondata con una legge del 3 aprile 1926 l’«Opera Nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù» è stata giustamente definita come «l’intervento di politica pedagogica più congeniale al nuovo regime», come «la vera scuola del Fascismo».
Infatti, nella popolare figura del Balilla si concretizzava la visione mussoliniana delle nuove generazioni fasciste; al tanto evocato mito della giovinezza del fascismo, indirizzato al mondo degli adulti, si contrapponeva ora, destinata ai giovani, quello altrettanto seducente e abilmente messo in scena della vita adulta. Le norme di attuazione della legge, varate nel gennaio del 1927, sottolineavano, inoltre, il carattere paramilitare
dell’O. N. B. (Opera Nazionale Balilla) : essa era articolata in formazioni di carattere militare, i cui nomi si
richiamavano alla terminologia dell’esercito romano.
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Oltre a far parte di queste organizzazioni promosse dal regime, gli alunni erano
caldamente invitati a leggere il giornale “Il Balilla” e gli insegnanti dovevano svolgere attività “di propaganda attiva e proficua fra gli alunni” visto e considerato che
tale rivista “rispondeva alle direttive alle quali si ispirava l’educazione fascista.
All’azione – poi – in favore del Balilla doveva essere accompagnato il divieto di favorire in qualsiasi modo la diffusione di altri giornali per ragazzi, non sempre informati a criteri educativi rigidamente fascisti”.
Il dirigente del corso - l’ing. Antonio Di Giovanni - il 4 giugno del 1938 informava
l’onorevole Ministero dell’Educazione Nazionale di disporre solo da un mese a scuola dell’impianto radiofonico, realizzato per altro a spese del comune. Comunicava,
quindi, ai suoi superiori di essere ora finalmente in grado di seguire i programmi radiofonici, visto che nella scuola era stato installato un altoparlante in ogni aula e un
apparecchio ricevente era presente anche nella sala della Podesteria.
Interessante, per capire il clima culturale dell’epoca, é poi la circolare inviata dal
Regio Provveditore agli Studi di Varese - A. Ferri - il 12 novembre del 1937 alla segreteria della scuola con un sollecito da parte del comune di Milano ad aderire e collaborare attivamente ad un concorso per la raccolta di documenti e cimeli delle imVa aggiunto ancora che tale organizzazione dipendeva dal Ministero dell’Educazione Nazionale ed era quasi
una potenziale concorrente della scuola in quanto i suoi settori di competenza erano appunto l’educazione
fisica, morale e premilitare, come anche la formazione culturale, l’istruzione tecnico – professionale, nonché
l’assistenza religiosa. In una circolare il ministro Balbino Giuliano, infatti, sottolineò proprio la fondamentale identità degli obiettivi perseguiti da scuola e O. N. B., definendoli come un tentativo di «costruire una
nuova civiltà italiana che, movendo dalla elevazione dello spirito congiunta alla vigoria del corpo, susciti e
sviluppi tutte le energie proprie della razza, le ricolleghi ai fini della grandezza della Patria, conservi agli Italiani la inconfondibile fisionomia che li caratterizza anche tra i popoli più evoluti, come gli eredi di una civiltà superiore».
J. Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime (1922 - 1943), Firenze, La Nuova Italia,
1996, pp. 326 – 344.
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prese africane. Tale concorso aveva lo scopo di aumentare il già cospicuo materiale
in possesso dell’Archivio della Guerra ubicato a Milano.
Si legge che tali documenti e cimeli, opportunamente ordinati e schedati, avrebbero costituito “un potente e completo strumento di indagine storica sulla guerra, specialmente dal punto di vista della psicologia del popolo combattente”. Si invitava,
quindi, a non lasciar in sospeso tale iniziativa “i cui frutti” sarebbero serviti “in avvenire per la formazione intellettuale e spirituale dei giovani”.
Il 26 novembre dello stesso anno un’altra circolare del provveditorato invitava alla
riduzione dell’uso della carta: “debbono essere limitati allo stretto necessario i manifesti, le circolari e gli avvisi e ridotti alla maggior concisione i rapporti e le note
scritte. Deve inoltre essere rigorosamente evitato l’uso di carte da scrivere a doppio
foglio”.
Si legge in un tema di un’alunna: “Questa mattina attraverso la radio abbiamo
sentito la trasmissione della carta e che ha detto che la carta è oro. La signora maestra ha fatto una spiegazione e ha detto che la carta si fabbrica con i cenci e la cellulosa che si ricava dall’abete, dal pioppo, dal pino e dalla paglia. L’Italia è molto povera di cellulosa e lo Stato spende ogni anno £ 92.000.000 ( sic ) per importarla
dall’estero. Io come piccola italiana devo cercare di consumare poca carta, e quando ho un giornale straccio, o un libro finito invece di bruciarlo lo consegno alla signora maestra e con questa carta straccia se ne potrà fabbricare altra nuova. In
questo modo anch’io concorro per raggiungere l’autarchia”.
Sempre a questo proposito gli insegnanti del corso di avviamento professionale di
Malnate in data 8 dicembre 1937 firmarono per presa visione una circolare ministeriale di Bottai6 che sosteneva appunto: “E’ mio desiderio che la Scuola assecondi lo
sforzo che la Nazione va compiendo per il conseguimento dell’autarchia nel campo
della produzione. Questo Ministero ha già avuto occasione di richiamare l’attenzione sulla opportunità di svolgere una attività di propaganda fra gli allievi delle Scuole, diretta ad ottenere la generalizzazione dell’uso di articoli scolastici di fabbricazione nazionale. Nel confermare le precedenti disposizioni, segnalo il valore educativo e formativo dal punto di vista politico… è evidente, infatti, come in nessun campo
meglio che nella Scuola è possibile promuovere la formazione di quella mentalità
6 Giuseppe Bottai fu ministro dell’Educazione Nazionale dal 1936 al 1943. Da giovane fu tra i primi fondatori dei Fasci di combattimento di Roma e durante la marcia su Roma fu comandante della colonna abruzzese –
marchigiana. Nel 1924 divenne deputato, nel 1926 sottosegretario e ministro delle Corporazioni dal 1929 al
1932. Poco prima della guerra , la sua posizione ormai di fronda cominciò a costituire un punto di riferimento per gli elementi fascisti critici. In occasione della seduta del Gran Consiglio del 24 luglio 1943 fu tra i più
ferventi sostenitori dell’ordine del giorno Grandi. Per questo nel 1944 fu condannato in contumacia dal tribunale fascista di Verona, sempre in contumacia fu condannato all’ergastolo dall’ Alta Corte di Giustizia di
Roma nel 1945. Nel frattempo egli si era arruolato nella legione straniera. Amnistiato nel 1947, fece ritorno
in Italia.
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autarchica definita dal Duce come una delle condizioni essenziali per il successo
della politica economica del Regime. …. E la necessità dell’indipendenza economica
è imposta dalle superiori esigenze della sicurezza e della grandezza politica e spirituale della Nazione.”
Interessante un’altra circolare del ministro Bottai del 25 novembre anno XVI E.F.
che avvertiva che in nessun caso si potevano organizzare concorsi tra alunni, con o
senza premio, e nemmeno corsi, conferenze o lezioni per gli insegnanti, senza aver
ottenuto prima l’approvazione preventiva del ministero.
Inoltre per le vacanze di Natale il Regio Provveditore invitava gli insegnanti ad assegnare agli alunni pochi compiti. Questi, infatti, avrebbero dovuto dedicare gran parte del loro tempo, durante il periodo di vacanza, alle attività della G. I. L. (Gioventù
Italiana Littoria), nonché agli sport invernali .
Alla G. I. L., inoltre, era demandata per legge anche tutta l’educazione morale della gioventù “al di fuori ed ad integrazione della scuola”; per cui si legge in una circolare inviata dal provveditorato alla segreteria che il direttore del Regio Corso
avrebbe dovuto inviare le richieste fatte dalle organizzazioni non dipendenti dal P. N.
F. (Partito Nazionale Fascista) relative alla partecipazione degli alunni a manifestazioni varie, al Provveditorato il quale avrebbe deciso in merito.
Fin qui abbiamo analizzato solo pochi e semplici aspetti di una scuola professionale di provincia, ma già abbiamo incontrato alcuni aspetti costanti della scuola fascista
volta sì ad educare le masse, non tanto però per elevarle intellettualmente, piuttosto
per allinearle allo spirito del regime. Abbiamo verificato ad esempio il costante
richiamo al nazionalismo attraverso la celebrazione della politica coloniale africana,
ma anche attraverso la celebrazione dei martiri della Grande Guerra richiamati
nell’intitolazione, nonché alla politica autarchica volta all’isolazionalismo economico
e correlata ad una scelta di avversione alla Società delle Nazioni. Da non dimenticare
che i destinatari di tali messaggi erano ragazzini di 11 o 12 anni, l’attività didattica
mirava quindi sì a preparare professionalmente dei futuri lavoratori, ma soprattutto
era funzionale alla formazione di nuove generazioni di italiani compatti intorno al
loro indiscusso leader e ciò avveniva non solo al mattino, ma anche nelle ore
pomeridiane e durante le vacanze scolastiche attraverso le associazioni giovanili
fasciste.
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Ordinari fatti di cronaca
Cultura e coltura. Dalla la relazione finale delle attività dell’anno 1931-32 si
viene a conoscenza che “le lezioni ebbero termine il 15 giugno. La chiusura si fece il
20 con la esposizione di disegni degli alunni, di lavori femminili e di economia
domestica e con la visita al campo didattico”. A proposito di questo “campo
didattico”, si apprende che si tratta di un appezzamento di terra che funge da “campo
di esercitazione” per gli alunni del Regio Corso che nel 1931 era ancora di tipo
agrario per di diventare solo successivamente industriale.
Le sorti alle sarte. Nell’esposizione dei lavori degli alunni di fine anno 1932-33
troviamo per i falegnami, “mensolette finite con verniciatura ad olio in colori
assortiti, pianta da cantonata portavaso e tavolino per l’impianto della colla rifiniti
a rasiera e lucidati a spirito”; per i fabbri, realizzazioni di portafiammiferi, porta
calamai e varie figure geometriche piane e tridimensionali tutte con “disegno
riportato e tracciato sulla latta e con lavoro ritagliato, piegato, saldato e verniciato
a smalto”; per i muratori, “modelli in mattoncini di cemento colorato di muri di una,
due, tre e quattro teste, muro di cinta con pilastri per cancello, pavimenti di
piastrelle quadrate (bianco rosse, bianco nere), idem di piastrelle esagonali”; quanto
ai lavori femminili, “rammendi e rattoppi su diverse tele, portatovaglioli e centri
ricamati a diversi punti, cuscini e copricredenza, servizio da the ricamato a colori,
federa, lenzuola, copertina ricamata per lettino da bambola, … corredino per
neonato, camicetta, sottana e berretta per Piccola Italiana, calzoni e camicetta per
Balilla …” .
Malnate, 5 maggio 1936
Prima fila: Luisa Malnati, Egle Panzarotti, Maria Peverelli
Seconda fila: Luigia Croci, Guglielmina Bachez, Franca Gaffuri
Giuramenti su giuramenti. La collaborazione con il fascismo da parte della classe docente era assolutamente indiscussa in quanto gli insegnanti erano sottoposti ad
un giuramento di fedeltà al regime - divenuto obbligatorio nel 1929, proprio come,
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dopo il 1933, divenne obbligatoria l’appartenenza al Partito Nazionale Fascista per i
maestri elementari e per gli insegnanti delle secondarie7- e coloro che avessero delle
riserve venivano ovviamente allontanati dal servizio8, proprio come accadde durante
l’anno 1934-35 all’istruttore Luigi Colzani al quale non viene rinnovato il contratto
“poiché non possiede l’iscrizione al Fascio”. A giurare sono però anche gli alunni
che prima di accedere a qualsiasi gara ginnica sono tenuti a declamare: “Combatterò
per superare tutte le prove, per conquistare tutti i primati. Col vigore sui campi
agonali, col sapere negli arenghi scientifici, combatterò nel nome dell’Italia. Così
combatterò come il Duce comanda. Lo giuro.”
Orientare all’Africa e Africa Orientale. A partire dall’anno 1935-36 in concomitanza con l’impresa etiopica un ruolo sempre più di rilievo anche nella didattica assume l’Africa Orientale e di pari passo l’insegnamento della cultura militare, anche nella scuola di base! E’ così che si legge che la maestra Fernanda Buzzi “svolgendo le
materie di cultura ha cercato di elevare gli alunni sia culturalmente sia moralmente,
illustrando molto gli avvenimenti svoltisi durante la nostra vittoriosa guerra in Africa Orientale”. L’insegnamento della Cultura Militare spettò invece a Paolo Baratelli.
Sì, perché una circolare del 24 aprile 1936 - citando un’apposita legge dell’ottobre
1935 - dava precise disposizioni relativamente all’introduzione di questa nuova materia di insegnamento che doveva essere immediatamente inserita nella programmazione scolastica con tanto di esami di fine d’anno9. E’ questa un’ulteriore prova di
quanto la cultura fascista fosse sempre più decisa ad educare le nuove generazioni
all’insegna della sopraffazione, avvicinandole anche con naturalezza alla realtà della
guerra. “L’insegnamento che dovrà essere impartito è quello del I° grado e mira allo
scopo di fornire ai giovani le nozioni elementari di cultura militare che nello Stato
fascista sono doverose e necessarie” dice testualmente la circolare e continua dicendo: “ Le nozioni si riferiscono a:
1) funzioni e caratteri generali della guerra e dei fattori militari in ciascuno dei
periodi storici che già rientrano nel regolare programma di insegnamento di ciascuno dei corsi frequentati dai giovani;
7
De Grand A.J., p. 95.
Abbiamo un riscontro di tutto ciò anche presso le carte del Regio Corso di Malnate dove una circolare
“urgentissima” del 3 marzo 1934 proveniente dal Ministero della Educazione Nazionale – Ispettorato Generale dell’Istruzione Secondaria di Avviamento Professionale – sollecita il dirigente ad inviare al Ministero
entro 5 giorni “un elenco completo in ordine gerarchico di tutto il personale di qualsiasi categoria e grado,
indicando per ciascuno, a fianco del nome, se sia iscritto o meno al Partito Nazionale Fascista, …il fascio di
Combattimento a cui appartiene e, possibilmente, il numero della tessera per l’anno XII”. Veniamo, quindi,
a sapere che Ettore Biassoni – dirigente del corso – era iscritto dall’anno XI presso il Fascio di Malnate,
come anche Buzzi e Ferrari, mentre Poletti presso quello di Binago.
9 R. Provveditorato agli Studi di Milano, 30 aprile 1936; OGGETTO: ESAMI DI CULTURA MILITARE:
“Gli alunni che si trovano in condizioni fisiche per le quali non potranno essere dichiarati idonei al servizio
militare sono ugualmente tenuti a frequentare i corsi di cultura militare ed a sostenere il relativo esame finale (…). Sicché rimane confermato che l’esenzione dalla frequenza delle lezioni di cultura militare e relativi esami è concessa soltanto alle alunne, agli stranieri, agli ecclesiastici ed ai ciechi(…)”.
8
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2) elementi pratici di organica militare, di armi e tiro, di tattica;
3) principali caratteri del terreno dal punto di vista militare, come si rappresenta
il terreno, come si legge una carta topografica”.
Imparo l’Impero. Presa Addis Abeba ecco le nuove direttive per l’insegnamento
nell’anno 1936-37: “Tutta la vita italiana deve essere portata sul piano dell’Impero.
Questa è la parola d’ordine che il Duce ha dato al popolo italiano e interessa prima
d’ogni altro istituto la scuola. … Di questa nuova realtà, che prende nome di Impero
italiano, la scuola fascista, coi suoi insegnanti e i suoi discenti, deve essere la più diretta interprete. La scuola fascista è, prima di ogni altra cosa, scuola di vita, anzi
vita essa stessa e vita fascista. Per una tale scuola, l’Impero non può essere solamente oggetto di lezioni o di commemorazioni. L’Impero, coi suoi motivi ideali, la
sua attuazione politica, la sua struttura sociale ed economica, dev’essere il più alto
insegnamento dato alla gioventù. … La nostra scuola deve essere il vivaio d’un Paese Imperiale”. Dello stesso anno però leggiamo numerose circolari che si occupano
di misure antiaeree da adottare per proteggere gli istituti scolastici da eventuali incursioni nemiche10. Il Regio Provveditore in una circolare risalente al 18 giugno 1937
con oggetto “La protezione antiaerea e il servizio di primo intervento” dà le seguenti
disposizioni: “Si ritiene necessario che le SS. VV. nel limite della competenza di
ciascuno, prendano visione delle disposizioni preparate dalle autorità predette e me
ne riferiscano precisamente, specie per quanto riguarda:
1. Lo sfollamento delle scuole;
2. La protezione degli edifici scolastici;
3. La formazione e l’addestramento delle squadre di primo intervento;
10
Tutto questo fa riflettere, perché siamo nell’anno scolastico 1936 – 37 e quindi ancora lontani dall’entrata
dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. Per meglio inquadrare il fenomeno è forse opportuno prendere
brevemente in considerazione tutto il quadro europeo e vedere che cosa stava succedendo in quel periodo. La
guerra di Etiopia condotta dall’Italia con intenti coloniali nel biennio 1935 – 36, si era ormai conclusa con la
presa della capitale Addis Abeba. Quanto alla Germania di Hitler, è proprio nel 1936 che invade e occupa la
Renania, regione che era stata tolta ai tedeschi in seguito alla sconfitta conseguita alla conclusione della prima guerra mondiale; nel 1938 poi sarà la volta dell’Austria, annessa alla Germania con un plebiscito dopo
essere stata invasa e conquistata. Gli eventi precipiteranno il primo settembre del 1939, quando l’invasione
della Polonia da parte del Fuhrer sancì lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Contemporaneamente in
Spagna si stava combattendo una sanguinosa guerra civile che si protrasse dal 1936 al 1939, quando il
“caudillo” Francisco Franco riuscì ad imporre la sua dittatura. Non è sicuramente secondario ai fini della
comprensione del motivo per cui in Italia ci si stesse attrezzando per difendersi da attacchi, ricordare che il
successo della destra spagnola fu assicurato anche dall’intervento dei reparti regolari italiani e tedeschi.
Mussolini, infatti, fornì a Franco 50000 uomini, 800 aerei, 2000 cannoni, 8000 automezzi e 90 unità di
marina e Hitler ne approfittò per testare la potenza della sua aviazione e le sue nuove tecniche di
bombardamento. A ricordarci tutto questo vi è il dipinto “Guernica” di Pablo Ricasso. L’Europa, quindi, in
quegli anni si presentava come una vera e propria polveriera che finì per esplodere da lì a poco. Solo in
questa luce si possono spiegare e giustificare le misure di protezione antiaerea che le autorità andavano
prendendo per tutelare gli studenti italiani.
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Da lì ad un mese il 10 luglio 1937, il dirigente scolastico del Regio Corso fa sapere
al Provveditore agli Studi di Varese di aver conferito con le autorità comunali in merito alla questione e di aver concordato e organizzato quanto segue:
1. “Per quanto riguarda lo sfollamento delle scuole si stanno allestendo i sotterranei
scolastici in modo da potervi ricoverare gli alunni in caso di pericolo.
2. Per la protezione degli edifici scolastici si è sistemato il sottotetto del fabbricato scolastico così da poter far fronte a qualsiasi incursione nemica.
3. Si è provveduto alla costituzione di una squadra idoneamente equipaggiata con a
capo il capomastro Bottini Cav. Cesare.”
Leggi razziali e venti di guerra
Leggendo la relazione finale del 1937-38 del dirigente Antonio Di Giovanni, è
come se davanti agli occhi si svolgesse la pellicola di un film già raccontato. Il
professore racconta, infatti dei soliti problemi con le iscrizioni, della scolaresca che
ancora una volta risulta non adeguatamente preparata dopo il ciclo elementare, della
necessità di ampliare i locali, soprattutto quelli delle esercitazioni, delle iniziative
culturali e delle manifestazioni organizzate come ogni anno, … Ma, sfogliando e
analizzando più attentamente i documenti, si intuisce che in realtà il clima non è
quello solito e anche in una piccola scuola professionale di provincia, quale quella di
Malnate, si comincia a respirare un’aria meno serena e si cominciano a cogliere le
premesse della futura sciagura: la guerra e le tragedie ad essa connesse.
Dichiarazioni di non appartenenza alla razza ebraica.
Cartella a.s. 1938-39, archivio della scuola media statale “N. Sauro”.
Tutto comincia con un semplice invito, quello del marzo 1938, quando il provveditore di Varese per ordine del ministro annuncia che alcuni alunni medi del G.I.L. saranno convocati per andare a Roma in occasione della visita del Fuhrer.
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La visita di Hitler del 4 maggio 1938 suona come un lugubre preludio del rafforzamento dell’asse Roma – Berlino e del completo assoggettamento di Mussolini al Fuhrer che comincia a manifestarsi apertamente già nei primi giorni di settembre con
l’emanazione – preceduta da un’intensa campagna di stampa – di due decreti-legge
per la difesa della razza11.
11
Si tratta delle leggi che stabiliscono l’allontanamento dalle scuole e dagli istituti di ogni ordine e grado di
tutte le persone di razza ebraica, siano insegnanti o studenti, ma anche l’ordine di abbandonare il territorio da
parte degli ebrei stranieri dimoranti nel regno, in Libia e nei possedimenti dell’Egeo, entro sei mesi dalla data
di pubblicazione del decreto. E per persone di razza ebraica si intendeva ogni individuo nato da genitori
ebrei, anche se professante una religione diversa. (Israel G., Nastasi P., Scienza e razza nell’Italia fascista, Il
Mulino, 1998, pg. 189). Quanto agli ebrei stranieri che da anni ormai vivevano e lavoravano nel territorio italiano e nelle terre conquistate dal regime - oltre 10.000. persone –, la loro espulsione era stata preparata da
tempo ed essi dovettero inesorabilmente lasciare il paese, ma non senza pesanti conseguenze sul piano economico per la nazione. Infatti, la loro espulsione significò non solo un’ingente perdita di capacità imprenditoriali per l’Italia, ma anche una notevole fuga in termini di beni patrimoniali. Non dimentichiamo poi la reazione negativa che ebbe il mercato internazionale nei confronti degli industriali italiani che avevano accettato
le leggi razziali. Per quanto concerne, invece, la comunità ebraica composta da persone con cittadinanza italiana, essa contava allora circa 50.000 unità. All’indomani dell’emanazione del decreto di espulsione degli
ebrei dalla scuola italiana, ben un quinto di esse furono immediatamente cacciate dagli istituti italiani: 4.000
tra insegnanti, impiegati pubblici e militari e circa 6.000 studenti. Anche in questo caso la discriminazione
sortì come effetto negativo per il paese una grave perdita di risorse culturali. Le comunità ebraiche delle più
importanti città italiane, quali Roma, Firenze, Torino e Milano, infatti, si organizzarono immediatamente ed
istituirono delle loro scuole per ogni ordine e grado, creando così un loro circuito intellettuale parallelo e
concorrenziale a quello italiano. Ma gli istituti scolastici italiani persero indubbiamente delle preziose risorse
intellettive: si pensi che ben il 7% dei docenti universitari italiani erano ebrei e vennero definitivamente persi. La cacciata dei professori ebrei e la conseguente fuga di cervelli – è il caso di Enrico Fermi che dovette
lasciare il paese, anche se in realtà non era ebreo, ma solo sposato con un’ebrea - finì poi per ferire profondamente e compromettere le sorti della cultura italiana. Uno dei più accesi fautori ed esecutori delle
persecuzioni razziali contro gli ebrei in Italia fu proprio Giuseppe Bottai, ministro dell’Educazione Nazionale dal 1936 al 1943. Egli non solo fu il promotore dei due decreti sopra citati, ma si industriò anche affinché
venisse compiuta una completa opera di “bonifica” nei testi scolastici. Dovevano essere tolti tutti i riferimenti agli ebrei, tutti i brani di autori ebraici e ovviamente messi alla porta i libri di qualsivoglia materia e argomento scritti da loro. Fu così che dai manuali di letteratura italiana scomparvero nomi come quello di Somigliano, sostituito dalla dizione “un noto manzonista” e dai manuali di filosofia la notizia che Spinosa era
ebreo. Ma non solo: farebbe sorridere se non fosse una vera e propria tragedia sapere che il ministro fece togliere e sostituire dalle aule di tutta Italia le cartine geografiche, in quanto riportavano a margine il nome del
loro autore e curatore, il geografo ebreo Roberto Almagià (Israel G., Nastasi P., Scienza e razza nell’Italia
fascista, Il Mulino, 1998, pg. 257 – 58).
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Opere a cura del geografo e cartografo Roberto Almagià
Analizziamo ora quali ripercussioni ebbe su una scuola di provincia, quale quella
malnatese, questo clima di discriminazione razziale, che iniziò con toni anche blandi,
ma che pose poi le premesse affinché potessero essere effettuate successivamente tra
il 1943 e il 1945 le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento italiani e tedeschi e affinché venisse compiuta la loro totale eliminazione fisica.
E’ il 20 agosto del 1938, quando arriva presso il R. Corso la circolare del Provveditorato di Varese che vieta l’iscrizione per gli alunni ebrei stranieri: “In conformità
ad ordini superiori dispongo che, a decorrere dall’anno scolastico 1938 – 39, sia
vietata l’iscrizione ai corsi di ogni ordine di scuola degli studenti stranieri ebrei,
compresi quelli dimoranti in Italia”. Il provveditore Ferri chiude dicendo “Resto in
attesa di assicurazione di ricevuta e di rigoroso adempimento”.
Il 14 settembre si allarga il divieto anche agli alunni ebrei con cittadinanza italiana; “Le recenti norme hanno stabilito che alle scuole di qualsiasi ordine e grado non
potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. Affinché tale norma possa avere immediata e regolare applicazione nelle iscrizioni da effettuarsi per il prossimo anno
scolastico, è necessario che sia richiesta, in attesa di più completi accertamenti, oltre
i documenti, una dichiarazione del padre o di chi ne fa le veci, attestante sulla propria responsabilità che entrambi, o almeno uno dei genitori, non siano di razza
ebraica. E’ infine da chiarire che il divieto di ammissione alle scuole di alunni di
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razza ebraica non si estende agli esami, ai quali anche gli ebrei possono essere
ammessi”.
E’ la volta poi degli insegnanti.
Il 9 settembre una circolare decreta le modalità per censire il personale in servizio
a qualsiasi titolo nella scuola. “Trasmetto con la presente un congruo numero di
schede per il censimento del personale di razza ebraica (…). Unitamente alle schede
dovrete far pervenire a quest’Ufficio (…) un elenco delle persone di razza ebraica da
parte di padre e madre; un elenco delle persone di razza ebraica da parte di padre;
un elenco delle persone di razza ebraica da parte di madre; un elenco delle persone
il cui coniuge sia di razza ebraica.”
Il 14 settembre poi il provveditore Armando Ferri fa saper attraverso una comunicazione: “Il superiore Ministero ha disposto che, in esecuzione delle norme recentemente approvate dall’On. le Consiglio dei Ministri, gli insegnanti di razza ebraica
siano considerati come collocati in congedo nel periodo precedente il 16 ottobre p.v.
Vogliate pertanto provvedere nel senso suddetto. Siete inoltre autorizzati a sostituire
subito gli insegnanti di razza ebraica in tutte le commissioni di esame di cui facciano
parte”.
Veniamo ai libri di testo. “A seguito della circolare n. 12380 del 12 agosto 1938
XVI, relativa al divieto di adozione nelle scuole di libri di testo di autori di razza
ebraica, Vi comunico che riceverete da questo Ministero un elenco dei nomi di tali
autori, elenco che sarà compilato di intesa con la Federazione Fascista Industriale
Editori”. L’elenco arriverà da lì a poco, ma a Malnate erano stati già molto zelanti,
infatti avevano già annottato a matita sulla circolare la dicitura “già fatta sostituzione” e avevano già comunicato le sostituzioni al Sindacato Fascista Commercianti del
Libro.
A conferma che l’atmosfera in Italia diventava ogni giorno sempre più cupa, è il
fatto che mentre si legiferava in merito agli ebrei, contemporaneamente si provvedeva a fornire le scuole di maschere antigas, di cartelloni illustrati per la protezione antiaerea, di piani di evacuazione e di emergenza in caso di guerra. Quindi, fin dai primi
mesi del 1938 – ma anche nell’anno scolastico precedente come abbiamo visto sopra
– le autorità erano sicure che da lì a poco sarebbe scoppiata una guerra e che l’Italia
ne avrebbe preso parte. A tale proposito il podestà di Malnate – Gen. Rosacher
Comm. Alfreo – in data 10 febbraio 1938 invia al direttore del R. Corso un prospetto
con le norme adottate per l’edificio scolastico dell’istituto e delle scuole elementari in
merito alla protezione antiaerea.
In caso di attacco, i ricoveri erano ubicati nei sotterranei dell’edificio. Questi rifugi
vengono descritti come dotati di “solette soprastanti spesse atte a porgere un efficace
riparo alla penetrazione delle bombe” e muniti “di tutti i materiali occorrenti ( tavole in legno, puntelli, travi, ecc. ) per porgere un subitaneo rafforzamento in caso di
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cedimenti dovuti ai crolli di soprastanti solai, dovuti allo scoppiare delle bombe”.
Il podestà aggiunge anche che “ in caso di pericolo di guerra, sarà prima cura di
provvedere i ricoveri pubblici adibiti alla scolaresca di viveri, acqua, ecc. nonché di
tutti i materiali occorrenti per un lungo soggiorno”. Il piano di emergenza prevedeva
anche l’intervento di una squadra addestrata composta da quattro uomini scelti tra gli
ex pompieri e tra il personale scolastico libero dagli obblighi di leva, tutti in possesso
di “maschera antigas, tuta bleu con bracciale PAA, casco metallico e scure”. In caso
di attacco aereo “un impianto radio ubicato nell’ufficio podestarile, con altoparlanti
distribuiti nell’edificio scolastico” aveva “il compito di ritrasmettere il segnale di allarme impartito dalla stazione EIAR di Milano”. Il podestà si riprometteva, poi, di
costruire ed istallare “una sirena sull’edificio Comunale, la quale azionata dal personale addetto, darà l’allarme alle sirene degli stabilimenti e ai campanili che a loro
volta distribuiranno l’allarme alla popolazione”. Conclude dicendo di aver già impartito “le necessarie norme per lo svolgimento della distribuzione dei segnali di allarme e di cessato pericolo, tanto agli stabilimenti muniti di sirene, quanto ai parroci
delle parrocchie per i campanili ed alla popolazione tutta”. Per non tralasciare nessun particolare si presero provvedimenti anche per un eventuale bisogno di oscurare
le finestre dell’edificio, anche se questa eventualità veniva considerata come remota
dato che le lezioni si svolgevano durante il giorno. Comunque la scuola risultava dotata anche di “telai in legno e coperti di carta azzurra da applicarsi alle finestre durante l’oscuramento”.
Speriamo proprio che gli alunni iscritti in quegli anni non si siano resi conto fino
in fondo di quello che si stava preparando all’orizzonte e siano riusciti a vivere serenamente la loro fanciullezza.
Malnate – I “gerarchi” passano in rassegna la “Gioventù del Littorio”
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R. Provveditorato agli Studi per la Provincia di Varese.
Oggetto: Alunni di razza ebraica. Varese, 14 settembre 1938 anno XVI.
Cartella a.s. 1937-38, archivio della scuola media statale “N. Sauro”.
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Dichiarazioni di non appartenenza alla razza ebraica.
Cartella a.s. 1938-39, archivio della scuola media statale “N. Sauro”.
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Tutti in divisa e con distintivo fascista!
L’anno scolastico 1938-39 comincia con lo stesso annoso problema legato alla
difficoltà di ottenere iscrizioni al R. Corso. Il dirigente Antonio Di Giovanni riesce ad
ottenere l’iscrizione solo di 42 alunni, ma poi a frequentare regolarmente le lezioni
saranno solamente in 36. Quindi, anche per quell’anno riuscirà a formare una sola
classe mista. Nella sua relazione il direttore si augura che per il futuro vi sia maggior
accordo d’intenti tra scuola e autorità nell’applicare sanzioni economiche più pesanti
per le famiglie inadempienti12 – “sino a giungere alle penalità eccedenti alle 2 £” -,
12 Nonostante l’obbligo scolastico fosse fissato per legge fino al quattordicesimo anno d’età, molte erano le
famiglie inadempienti rispetto a tale norma, soprattutto se si trattava di figlie femmine. Lo testimonia proprio
una lettera trovata nell’archivio del comune di Malnate, nella quale un padre di famiglia chiede al podestà
che la propria figlia venga esonerata dall’obbligo di frequenza. “ … mi trovo nella impossibilità di poterla
mandare. Primo per mancanza di mezzi finanziari, secondo per la lunga lontananza, terzo perché occorre ai
servizi di casa, avendo mia mogli (sic) una tenera bambina di quattro mesi che a (sic) molto bisogno di lei,
essendo sua mamma impegnata ad altri lavori agricoli. Spero che vorrà essere gentile e non insisterà su
detto argomento, essendo già il mio sacrificio alto naturale per un maschietto che frequenta la scuola superiore e colla famiglia numerosa”. Ovviamente l’esonero gli venne accordato con la motivazione che la scuola effettivamente si trovava a più di due chilometri di distanza dalla abitazione di questa famiglia di Gurone.
Con la nascita della scuola di avviamento al lavoro, che il governo fascista aveva voluto “per venir incontro
alle aspirazioni del popolo ed elevarlo ad un più alto livello di educazione e di cultura ispirandosi al principio della fusione armonica dello studio colla pratica esecuzione” – come si legge in una circolare, la n. 4917
del 17 aprile 1929 del Regio Provveditore agli studi della Lombardia R. Truffi -, gli enti pubblici, come pure
in prima persona i maestri, erano chiamati e invitati caldamente ad attivarsi in ogni modo per convincere le
famiglie ad iscrivere i figli a scuola ottemperando peraltro a quanto prescriveva la legge rispetto all’obbligo
scolastico. La circolare citata, infatti, continua dicendo: “ Importa soprattutto che le famiglie siano perfettamente edotte delle vie che si aprono per la prosecuzione degli studi ai loro figlioli, dopo che abbino superato gli esami della V classe elementare. Ad assolvere tale compito sono particolarmente chiamati, oltre al
personale ispettivo e direttivo, i maestri, come quelli che hanno più immediato contatto colle famiglie e si
trovano, per la conoscenza delle particolari attitudini rilevate dagli alunni, nelle più favorevoli condizioni
per suggerire la via da percorrersi negli studi”. La circolare individua, come è naturale, i maestri come figure privilegiate nello svolgimento della funzione di orientamento, che all’epoca non doveva essere poi così
complessa, visto che negli anni Trenta, anche per volere delle stesse istituzioni fasciste - che aborrivano una
cultura individualistica liberale e che facevano di tutto per diffondere una cultura di massa anche attraverso
le organizzazioni corporative-, la società si presentava piuttosto massificata e assai poco flessibile, con percorsi di formazione piuttosto scontati e prevedibili se rapportati alla propria provenienza sociale. Non stupisce, dunque, che la circolare continui ribadendo che dopo le elementari esistono solo due possibilità: la formazione classica e scientifica da una parte – “via che concorre in primissima linea alla formazione delle
classi dirigenti e al progresso scientifico e culturale della Nazione” -, quella tecnica dall’altra. A quest’ultima va indirizzata “la grande maggioranza degli alunni delle scuole elementari che proviene dal popolo e
dalle classi più modeste della borghesia rurale ed urbana, perché l’Italia è, e più ancora dovrà essere, una
Nazione di lavoratori. Ciò rende in particolar modo utile che i maestri spieghino ai propri alunni il nuovo
tipo di scuola con il quale si inizia l’istruzione tecnica che è chiamata a sostituire i corsi integrativi e le
complementari, cioè una scuola secondaria di avviamento al lavoro con le sue tre branche fondamentali:
agricola, industriale e commerciale. Il nome ne indica chiaramente la precipua finalità che la legge precisa:
“avviare al lavoro”; ma avviare al lavoro come si conviene ad un popolo che deve e vuole affermarsi nel
campo produttivo e dei commerci, come ha saputo affermarsi sui campi di battaglia. La scuola secondaria
di avviamento al lavoro provvede: I. a impartire l’istruzione post elementare obbligatoria, fino ai 14 anni di
età; II. A preparare coloro che aspirano ad occuparsi nei vari mestieri e nei piccoli impieghi dell’agricoltura, dell’industria e del commercio; III. A preparare coloro che intendono proseguire gli studi nelle scuole
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solo così – scrive - si potrà intravedere un reale superamento del problema. Per poter
accedere al percorso formativo proposto dal R. Corso, però, tutti questi alunni
dovettero far sottoscrivere ai propri genitori di non appartenere alla razza ebraica.
Come diretta conseguenza di ciò, ecco emergere tra le carte dell’archivio scolastico
un cospicuo pacco di foglietti di vario formato e vergati con inchiostri di vario tipo
provenienti dalle case della Malnate del 1938. Su di essi spiccano “le dichiarazioni
di non appartenenza alla razza ebraica” attestate e sottoscritte dai genitori degli
alunni che volevano accedere all’istituto. Anche il personale in servizio –
complessivamente dieci persone – risulta essere tutto di razza non ebraica. Ecco
applicate “con osservanza” le famigerate leggi razziali anche nella piccola Malnate.
agrarie, commerciali e industriali dei vari tipi e gradi. La scuola di avviamento al lavoro nella sua costituzione più completa ha corsi triennali, ma la legge contempla anche qualche cosa di più semplice e più breve
per i piccoli centri: i corsi annuali e biennali destinati a un notevolissimo sviluppo in corrispondenza del
grande numero dei piccoli centri che conta il nostro Paese”. E a Malnate il Regio Corso Secondario di Avviamento Professionale era proprio di tipo annuale.
La suddetta circolare si conclude dicendo, coerentemente con la più scontata retorica in uso nell’amministrazione fascista: “Quest’ufficio confida che tutto il personale ispettivo, direttivo e insegnante si dedicherà con
fede fascista alla dovuta opera di propaganda, in modo che le famiglie abbiano a conoscere esattamente le
provvide disposizioni del Governo e quindi siano messe in grado di poter avviare i propri figli agli studi per i
quali essi abbiano dimostrato speciale predilezione ”.
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Personale in servizio tutto di razza non ebraica. Malnate, 16 settembre 1938 XVI.
Cartella a.s. 1938 - 39, archivio della scuola media statale “N. Sauro”.
Ma non è tutto. Tra le circolari e le minute d’ufficio, salta agli occhi un documento
dove il vice direttore del R. Corso dichiara di aver disposto la sostituzione di un testo
scolastico “poiché l’autore è di razza ebraica”. Si tratta del libro “Il regno della
donna” di Lombroso della casa editrice “La Prora” di Milano, sostituito con “La
casa” di Masserano e Stampini, edizione Paravia. Il professore Ugo Roncoroni aggiunge anche “tutti gli altri testi sono di autori di razza non ebraica”.
La circolare n. 318 del 9 dicembre 1938 del R. Provveditorato di Varese conferma,
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se ce ne fosse ancora bisogno, la certezza che la scuola era stata scelta dal regime
come luogo eletto per diffondere i principi fascisti e, quindi, dopo il 1938 anche le
idee razziste. Tutto questo non viene compiuto nascostamente, ma esplicitamente dichiarato. In essa si legge, infatti: “E’ naturale che il movimento razzista, messo dal
Duce all’ordine del giorno della Nazione, per integrare quel processo unitario che
manterrà il popolo italiano uno di lingua, di religione, di mente debba non solo essere diffuso nella scuola, ma nella scuola stessa trovare il suo organo più sensibile ed
efficace” e “il problema della razza si propone come scopo precipuo di conservare
integre nel nostro popolo le qualità ereditate attraverso una storia millenaria e di
potenziare a un tempo le forze fisiche e morali”. “Nella scuola di primo grado, coi
mezzi acconci alla mentalità dell’infanzia, si creerà il clima adatto alla formazione
di una prima embrionale coscienza razzista, mentre nella scuola media il più elevato
sviluppo mentale degli adolescenti (…) consentirà di fissare i capisaldi della dottrina
razzista, i suoi fini, i suoi limiti”. Pertanto il Ministero – attraverso il Provveditorato invitava caldamente tutti gli istituti italiani ad abbonarsi alla rivista “La difesa della
razza” diretta da Telesio Interlandi, in modo da poter disporre nelle biblioteche scolastiche di uno strumento idoneo ed appropriato che i docenti avrebbero dovuto utilizzare per poter “assimilare e propagare il suo alto spirito informatore”. A questo
punto sorge spontanea la curiosità di sapere se anche presso il R. Corso gli insegnanti
disponessero di tale rivista. Ebbene sì! Scrive, infatti, il direttore nella sua relazione
finale alla voce “Biblioteca”: “Si cerca di incrementare sempre più la biblioteca per
gli alunni, mentre nulla può farsi, data la mancanza di fondi, per costituire una biblioteca per i Professori. Con i fondi disponibili si è fatto l’abbonamento a qualche
rivista, quali quella dell’Ente Biblioteche scolastiche e la “Razza””. Non conosciamo i titoli dei libri messi a disposizione degli alunni – in alcune relazioni annuali si
dice solo che gli alunni disponevano di “classici per la letteratura dei ragazzi” -, con
sicurezza però si sa che il 19 luglio 1938 il provveditore inviò all’istituto malnatese,
per disposizione del Ministro della Cultura Popolare, tre pubblicazioni quali: ““Chi è
Hitler” opuscolo in due copie, “Germania risvegliata” opuscolo in sei copie, “Il Nazional socialismo dalla piazza al potere” opuscolo in sei copie”.
Venivano, insomma, ben indottrinati gli alunni del R. Corso e quasi ce li vediamo
davanti agli occhi come dovevano apparire nella mattinata del 29 ottobre 1939: tutti
in divisa! Per disposizione del Comandante Generale della G. I. L.. Cadeva, infatti, in
quel giorno il “I annuale della fondazione della G. I. L.” e gli alunni dovevano presentarsi a scuola al mattino bardati da Balilla, Avanguardista e Piccola Italiana e nel
pomeriggio recarsi con gli insegnanti alle manifestazioni celebrative delle Organizzazioni della Gioventù Italiana del Littorio. Già due giorni prima della festa l’ingegner
Di Giovanni assicura il provveditore che tutto è stato disposto per una buona riuscita
della giornata. E’ il 18 gennaio del 1939, quando invece comunica al suo superiore di
aver disposto “che i singoli insegnanti nelle ore di lezione esigano che il distintivo
fascista sia portato dagli alunni”.
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In mezzo a tanto rigore si trova anche una circolare che bandisce un concorso artistico indetto dalla fabbrica giapponese di cioccolato “Morinaga” di Tokio. Sembrerebbe finalmente trattarsi di un’attività a portata di bambini, priva di secondi fini, ma
non è così. Se è vero, infatti, che tutti gli alunni delle scuole elementari e medie sono
invitati a partecipare a questo concorso con un disegno libero e da realizzare con il
materiale che ritengono più opportuno, è anche vero che tale manifestazione venne
indetta “per i fanciulli delle scuole giapponesi, italiane e tedesche” con “l’appoggio
dei Ministeri giapponesi degli Affari Esteri, della Educazione Nazionale, della Guerra e della Marina”. Il disegno, poi, non era così “libero”, doveva infatti in qualche
modo riferirsi all’amicizia nippo – italo – tedesca. Si riconosce - nel documento in
esame – che l’iniziativa era nata con un evidente scopo commerciale, ma si aggiunge
anche quanto fosse palese che il concorso avesse “ormai assunto una grande importanza politica”. La Germania aveva già inviato in Giappone un numero elevatissimo
di disegni, e quindi l’Italia non poteva che far pressione sui suoi bambini affinché disegnassero, disegnassero, … e sui suoi dirigenti affinché selezionassero i migliori elaborati e li inviassero nella città nipponica.
Anno scolastico 1939-40: scoppia la guerra!
Il 10 giugno 1940 il Duce annuncia alla nazione l’entrata dell’Italia nel secondo
conflitto mondiale. Tutto ciò avviene a fine anno scolastico e quindi non incide molto
sull’andamento delle attività didattiche, eccezion fatta per l’anticipo della chiusura
delle lezioni che viene fissata per il 31 maggio anziché per il 15 giugno. L’annuncio
non arriva, però, inatteso nella scuola fascista che aveva ben preparato i suoi alunni
all’evento. Leggendo alcuni temi di alunni di una scuola elementare, infatti, si può
constatare come questi bambini fossero molto informati sulle cause che spingevano la
nazione a cimentarsi in un conflitto così importante. Ovviamente le spiegazioni date
dai ragazzi seguivano pedissequamente il paradigma fascista.
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• Tema
La guerra dell’Asse e l’insurrezione del mondo contro le angherie dei plutocrati.
La guerra che sta combattendo l’Italia e la Germania è una guerra di redenzione
cioè ha lo scopo di liberare l’Europa dal partito dei plutocrati. L’Inghilterra finora
ha combattuto per accumulare ricchezze e per assogiogare i popoli a lavorare la sua
terra. Le terre sono mal governate perché manca la volontà ai suoi cittadini che pensano solamente a mangiare e a divertirsi. Questa nazione pensava di poter soggiogare tutta l’Europa, ma sorse un amicizia ( sic ): quella dell’asse che pensa a distruggere questa lega di gente vile ed ingorda .Le nazioni plutocratiche sono l’Inghilterra,
gli Stati Uniti e la Francia che è stata vinta. Anche la Grecia fa parte perché
l’Inghilterra la stuzzica e li ( sic ) promette terre ma queste promesse sono da sperare. Affianco all’Asse stanno tutti gli Stati d’Europa che capiscono”13.
• Tema
Perché l’Italia è in guerra?
L’Italia è in guerra perché è priva di materie prime. L’Italia è la più bella regione
del mondo perché ha belle famiglie e ce ne sono con 23 figli. Il Duce era andato in
Tunisia e in altre regioni a dirgli se gli davano terreno. Anche ha detto o espandersi
o esplodere. Di fronte a questi tentativi il Duce non restava altro che fare la guerra.
L’Italia anche è in guerra per la difesa della civiltà romana cristiana contro il
Bolsevismo ( sic ), perché il Bolsevismo non ha ne ( sic ) religione, ne Dio, ne la
chiesa, perché anche le chiese le anno rotte e le immagini del Signore le gettavano
via o le bruciavano e non anno la famiglia e non amano i figli. Siamo andati in guerra anche per la nostra libertà perché venivano tutti in casa nostra a fare da padroni.
L’Italia è anche in guerra per gli altri stati perche ( sic ) deve essere la giustizia per
tutti. Vincere significa rompere le catene che ci legano, e perdere vuol dire rimanere
schiavi per tutta la vita. Rita, class V14.
Al R. Corso di Malnate la situazione e i problemi da affrontare sono quelli di ogni
anno: difficoltà con le iscrizioni, necessità di locali più idonei per le esercitazioni
pratiche, gli insegnanti che si assentano e non informano il dirigente tempestivamente! Per quell’anno, però, l’ingegnere Antonio Di Giovanni, tanto fece e tanto disse
che riuscì ad avere due sezioni, una maschile con 28 alunni e una femminile con 20
ragazzine. Ben 48 iscritti dunque, anche se forse non tutti frequentanti! Ed inoltre ottenne che venisse effettuato un corso di francese, anche se solo facoltativo, ampliando in questo modo l’offerta formativa - diremmo oggi - della scuola. Tutto secondo la
normalità, dunque, per lo meno ancora per quell’anno! Con gli alunni che ogni sabato
13
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De Rocco Noris, p. 100.
De Rocco Noris, p. 101.
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dovevano “intervenire alle lezioni vestiti della divisa della Rivoluzione” e con le
ormai note feste nazionali che dovevano essere celebrate da tutta la scolaresca in plenaria e rigorosamente in divisa. Come quando il 31 ottobre 1939 gli alunni accompagnati dalla signora Colombo e le alunne dalla signora Clerici in divisa dovettero
presenziare alla “Festa del Risparmio” dove le autorità avrebbero distribuito i libretti
di risparmio “ai premiati”. Le carte attestano, dunque, una situazione ancora sotto
controllo, se non fosse solo per due documenti - datati rispettivamente 20 giugno e 2
settembre 1940 - che ci prospettano davanti agli occhi lo scenario della guerra.
Il primo è una circolare del Provveditorato di Varese che ha per oggetto la comunicazione che i locali scolastici potrebbero dover essere occupati da reparti militari e
che avverte quindi le autorità competenti di tenersi pronte per ogni evenienza.
Il secondo consiste in una minuta di una lettera che il direttore invia all’Associazione Fascista della Scuola Media comunicando che il prof. Renato Romanò, residente in Malnate, è stato richiamato alle armi alla fine dell’anno scolastico 1939 – 40 e
avendo partecipato ai combattimenti sul fronte alpino, è stato ferito ad una mano e
pertanto si trova a casa convalescente.
Lasciano presagire un clima di guerra anche le circolari con oggetto “La vendita di
maschere per la popolazione civile” e quella del Ministero della Guerra, Comitato
Centrale Interministeriale Protezione Antiaerea che impartisce istruzioni su come difendersi da “aggressivi chimici”. In essa si dice che nel caso non si disponga di maschera antigas, né di vestiario protettivo – “che di norma è riservato solo a chi, per le
proprie funzioni, deve restare esposto all’azione diretta dell’iprite o di altro aggressivo vescicatorio allo stato liquido o di vapore” - trovandosi investiti da una nube di
gas, si deve “uscire dalla zona infetta marciando contro vento (…) applicando contro il naso e la bocca un tampone formato dl fazzoletto ripieno di paglia, fieno, erba,
ecc. bagnati. (…) con il capo coperto, le mani nascoste profondamente nelle tasche
dei pantaloni, con le estremità di questi collocate all’interno dei calzini e con le calzature avvolte con paglia, fieno o stracci”. E mentre una circolare ministeriale si dilunga “sull’opportunità che venga intensificata la doverosa e nobile opera di educazione degli alunni a sentimenti di rispetto e di protezione verso gli animali”, contemporaneamente il Duce inaugura il 21 aprile del 1940 a Roma la “Mostra della Razza”.
A tale proposito si dice che il Ministero dell’Educazione Nazionale parteciperà a tale
mostra per documentare “la funzione della scuola nella politica razziale” e pertanto
chiede alle scuole di inviargli materiale che documenti: iniziative attuate per la formazione della coscienza razziale; aspetti del lavoro produttivo come contributo alla
sanità della razza con documentazione fotografica; aspetti dell’orientamento professionale”.
Per concludere una nota rosa. La circolare ministeriale n. 25290 disponeva che “in
occasione della nascita dell’A.R. la Principessa Maria Gabriella di Savoia” si con© PRISMI on line 2014
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donassero “le punizioni da scontarsi dagli alunni per mancanze commesse prima del
24 febbraio 1940”. I discoli di tutta Italia saranno stati sicuramente grati alla terzogenita del Principe Umberto e l’alunna Gianna di classe III elementare scrive nel suo
diario: “…La nuova principessa è stata battezzata oggi con l’acqua lustrale del fonte
battesimale dei santi Pietro e Paolo con il nome di Maria Gabriella. Io la penso
piccola e carina nella sua culla ornata di nastri e veli bianchi che dorme, con accanto la Principessina Maria Pia che la guarda contenta di avere un’altra piccola
sorella. Il nome di Maria Gabriella l’è stato messo in ricordo di una giovane principessa pure di casa Savoia vissuta molti anni or sono.
Tutti gli italiani aspettavano con ansia la nascita di questa Principessina ed ora
felici le diamo il benvenuto e le auguriamo tutte le felicità”15.
Tema svolto dagli alunni del Regio Corso di Malnate. A. S. 1936 – 37
Cartella a.s. 1936 - 37, archivio della scuola media statale “N. Sauro”
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De Rocco Noris, p. 51.
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Tema svolto dagli alunni del Regio Corso di Malnate. A. S. 1936 – 37
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BIBLIOGRAFIA
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• Charnitzky J., Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime (1922 - 1943),
Firenze, La Nuova Italia, 1996.
• De Grand A.J., L’Italia fascista e la Germania nazista, Il Mulino, 1999.
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• Fiegna Angela, Il programma è stato svolto regolarmente… Anno scolastico 1936 –
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pagina 26
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Il Regio Corso “Nazario Sauro”