■ CLINICA Mal sottile La lotta al bacillo di Koch, battistrada del servizio sanitario pubblico Franco Lupano Medicina generale Trofarello (TO) Lontani e dimenticati dalla grancassa mediatica, due miliardi di malati attendono attenzione e risorse per accelerare la ricerca su nuovi metodi diagnostici e farmaci innovativi. La tubercolosi, dopo molto tempo in cui aveva smesso di preoccupare in Italia, sta tornando a emergere, infiltrandosi dai paesi più poveri; anche in questo campo, la storia ha qualcosa da insegnare. Non c’è nulla di romantico nel caso clinico d’altri tempi raccontato in apertura:la «morte bianca»,che segnò la sorte di tanti artisti, era soprattutto una piaga sociale silenziosa, priva dell’impatto emotivo delle epidemie,ma di peso almeno uguale per la sua continuità nel colpire tutte le classi sociali. Ma se i ricchi riuscivano a prolungare la sopravvivenza grazie alle rendite che permettevano loro di vivere senza lavorare, i poveri, cioè la gran parte della popolazione, entravano rapidamente in una spirale perversa di malattia, inabilità al lavoro e sottoalimentazione, che portava alla morte in pochi mesi. Tuttavia, il tema TBC risvegliò l’interesse dei governi solo alla fine dell’Ottocento, anche se LA STORIA Quando la tisi non accordava che poche settimane «Pametti Giacomo, panattiere, ammogliato, nato da parenti sani, da due anni abitante nel Borgo di Dora, in casa Beria, piazza d’Italia, dotato in apparenza d’una costituzione sufficientemente buona, però piuttosto gracile, e abitualmente tossicoloso, nel mese di settembre dell’anno 1845 contrae una sinoca reumatica, sotto di cui la tosse aumenta e si fa più frequente e più gagliarda: per mezzo di alcuni salassi, dieta, bevande demulcenti la febbre si risolve, l’ammalato credesi guarito e riprende le sue occupazioni: ma la tosse persiste e più forte di quanto lo fosse addietro: poco alla volta si risveglia la febbre vespertina, si manifestano sudori notturni, le forze infievoliscono e l’infelice impossibilitato al lavoro mettesi di nuovo a letto; ivi passa due mesi senza verun soccorso dell’arte e alla fine di febbraio 1846, desiderando entrare nello Spedale S. Luigi, mi fa chiamare onde gli spedisca la fede che a tal uopo richiedesi: lo trovo con tutti i segni della tisi polmonale confermata, ma prima che i suoi voti vengano esauditi muore in sua casa il 27 marzo». Da un rapporto del medico condotto torinese Bartolomeo Fenoglio 4 n. 6 / Giugno 2007 molti medici da tempo cercavano di richiamare l’attenzione delle autorità sulla necessità di provvedimenti preventivi e assistenziali estesi e incisivi. Un’interessante eccezione si ritrova nel Granducato di Toscana, dove il Magistrato di sanità di Firenze l’11 novembre 1754 emanò il seguente editto: «Che ciascheduno medico o cerusico del Granducato di Toscana sia tenuto ed obbligato indispensabilmente, a denunziare, in Firenze, al tribunale della Sanità, e nelle altre provincie ai Governatori, Commissari e Giusdicenti, che hanno giurisdizione criminale (che avranno l’obbligo di darne avviso al Magistrato suddetto), ogni ammalato, che sia vero tisico confermato, sotto pena in caso di trasgressione, di scudi 100». Gli articoli successivi danno disposizioni sulla disinfezione delle stanze e degli effetti personali dei malati deceduti, sulla prevenzione attraverso la pulizia personale e degli ambienti, nonché l’isolamento dei malati dai sani: «che l’ammalato non sputi altrove che in vasi di vetro o di terra invetriata e che questi spesso si mutino e si lavino». Il decreto dimostra che non sempre è indispensabile conoscere a fondo le cause di una malattia per poterla prevenire.A ogni buon conto, esso restò un’iniziativa isolata e solo dopo più di un secolo si avviò la grande mobilitazione sociale e istituzionale che portò a una progressiva caduta dell’incidenza della tubercolosi, ben prima che venisse trovata la terapia causale.I pilastri su cui si fondò la lotta furono due: i sanatori e l’assistenza sociale, attraverso istituzioni benefiche e statali. Le montagne incantate L’ospedale come luogo di separazione dei malati dal resto della società è un’eredità dell’ancien regime ancora viva nel XIX secolo e non del tutto scomparsa nemmeno oggi. Nell’arco dei secoli sono stati costruiti lazzaretti, lebbrosari, manicomi, pellagrosari, eccetera; per la tubercolosi uno dei primi ospedali dedicati fu il San Luigi, dell’omonima Opera pia di Torino, aperto nel 1798. Per la verità, il regola- OCCHIO CLINICO OCCHIO CLINICO UNA BENEFICA CROCIATA CISALPINA BOX 1 Le strutture sovvenzionate tramite la Società piemontese di igiene: ■ la Colonia profilattica Principessa Laetitia a Lucento (allora nella campagna torinese) nata nel 1914, che ospitava in modo permanente figli di tubercolotici di ambo i sessi tra i 6 e i 12 anni, con il dichiarato scopo di impedirne il contagio familiare; ■ la Colonia elioprofilattica Camillo Poli, del 1918, sempre a Lucento, che gestiva le vacanze estive (15 luglio-15 settembre) di maschi e femmine da 7 a 14 anni, definiti a rischio o con familiarità per tubercolosi; ■ la Colonia Davide Ottolenghi, a Mongreno, sulla collina di Torino, con le stesse finalità della Principessa Laetitia, che dal 1924 ospitava solo maschi sopra i 6 anni; ■ il nido Anna Abegg, a Lucento, attivo dal 1926, che accoglieva bambini da 0 a 3 anni figli di madri tubercolotiche. mesi fino a sette, otto e perfino sedici anni. Le critiche all’efficacia dei sanatori sorsero già negli anni venti in Gran Bretagna, quando il dottor Ernest Ward, dell’Ufficio antitubercolare del South Devon, pubblicò uno studio su una popolazione delle classi povere secondo cui il 54 per cento dei pazienti al primo stadio seguiti ambulatoriamente era guarito a quattro anni dalla diagnosi, contro il 34 per cento dei pazienti ricoverati. In effetti, proprio in quegli anni andavano diffondendosi in tutta Europa iniziative private e statali per un’assistenza più capillare sul territorio e per una prevenzione attiva sulla popolazione a maggior rischio: nascevano i dispensari, i preventori, le colonie e gli ospizi marini su iniziative filantropiche e umanitarie dapprima, poi convogliate in una gestione globale da parte dello stato. In Francia, per esempio, la prima rete di dispensari fu creata dall’americana Fondazione Rockefeller nel 1917, e passò nelle mani dell’amministrazione pubblica nel 1922. Parallelamente, cresceva la mobilitazione popolare per sostenere anche finanziariamente queste iniziative. Nel 1904 un impiegato postale danese, Einar Holboell, ebbe l’idea dei francobolli speciali: facoltativi, gravati di una piccola sovrattassa, essi ebbero un successo immediato e una diffusione in tutta Europa, dalla Russia al Portogallo.Alla Conferenza antitubercolare di Roma nel 1928, verrà adottata la doppia croce rossa, detta croce di Lorena, come simbolo della campagna, che comparirà quindi su tutti i milioni di francobolli emessi a tal fine, diventando il primo logo al mondo universalmente conosciuto. The fight against Koch’s bacillus: forerunner of the public health service Occhio Clinico 2007; 6: 4 Key words Tuberculosis; Drug resistance Summary Experts at the World Health Organisation are worried by the emergency of forms of tuberculosis that are resistant to treatment, and which therefore have a very high mortality rate. The World TB Day has drawn attention back to the “white death”. After the efforts made in European countries throughout the 19th century and the first half of the 20th century, it seemed that the disease had been eradicated. Moreover, the idea of a public health service came about following the promulgation of special laws, the creation of local consortia for preventing and curing the disease, and the construction of TB sanatoriums. Today, however, with 8.8 million cases and 1.6 million deaths around the world, the disease is remerging, in Africa and South East Asia particularly; while cases have also been found in developed countries, including Italy. ▲ ▲ ▲ mento iniziale prevedeva il ricovero di malati cronici affetti da «tisi, canchero, idrope cronica o marasmo», ma la tisi fu da subito la patologia dominante, occupando circa un terzo dei letti.Tuttavia, per tutto l’Ottocento, strutture di questo tipo rimasero l’eccezione e solo negli ultimi decenni del secolo si sviluppò un forte movimento d’opinione sia tra i medici sia tra la popolazione a favore di azioni incisive a livello statale per la cura e la prevenzione della tubercolosi. Giulio Bizzozero, nel manuale del 1899 «Contro la tubercolosi:saggio popolare», auspicò la creazione in Italia dei sanatori: ospedali costruiti in zone di montagna, di solito,ma anche in campagna o sul mare, dove la cura consisteva in riposo, cibo abbondante, aria pura, bagni di sole e, ove possibile, moderata attività fisica. Le prime strutture, private, per malati abbienti, nacquero in Svizzera e Germania, poi in Francia e Gran Bretagna, ma la diffusione dei sanatori pubblici è avvenuta in contemporanea in tutta Europa all’inizio del Novecento. Sorsero allora il nuovo ospedale San Luigi di Torino a Mirafiori, allora in aperta campagna, e le grandi strutture sanatoriali di Garbagnate e di Pietra Ligure dell’Opera pia di Santa Corona di Milano. Un impulso particolare si ebbe in Italia nel 1927 con la promulgazione di una legge che portava a 20.000 gli esistenti 8.000 posti letto per tubercolotici. La struttura del sanatorio rompeva drasticamente con la tradizione degli ospedali ancien régime. Già il citato ospedale San Luigi nel 1859 poteva considerarsi rivoluzionario: letti semoventi su ruote, tendine che nascondevano i degenti, posti numerati, acqua potabile corrente, terrazzi. Ma la progettazione dei nuovi sanatori era tutt’uno con la funzione curativa: così, i malati soggiornavano in camere singole o con pochi letti, di solito collegate ad ampi terrazzi per i cosiddetti bagni di sole; erano previste sale da pranzo e di ricreazione e l’ospedale era circondato da spazi aperti costituiti da prati e giardini alberati,dove i malati potevano effettuare lunghe passeggiate salutari. In Gran Bretagna non mancava un sanatorio dotato di campo da golf. I malati restavano in sanatorio per tempi inimmaginabili: in uno studio condotto nel 1956 su pazienti ricoverati nell’Istituto Forlanini di Roma,le degenze variano da un minimo di sei n. 6 / Giugno 2007 5 ■ CLINICA Bibliografia Bizzozero G. Contro la tubercolosi: saggio popolare. Treves: Torino, 1899. Dormandy T. The White Death. A History of Tuberculosis. London: The Hambledon Press, 1999. Fenoglio B. Quadro numerico comparativo delle febbri intermittenti e delle tisi polmonali nel servizio medico dei poveri della parrocchia del Borgo Dora di Torino nell’anno 1846. Giornale delle Scienze Mediche 1847; 29: 10. Ferruccio A et al. Psiche e tubercolosi: esame psicologico di quattrocento tubercolotici ricoverati nell’Istituto Forlanini di Roma. Roma: Istituto di medicina sociale, 1956. Migliori GB et al. Extensively drug-resistant tuberculosis, Italy and Germany. Emerging Infectious Diseases 2007; 13: 780. Organizzazione mondiale della sanità: http://www.who.int/ Shah NS et al. Worldwide Emergence of extensively drugresistant tuberculosis. Emerging Infectious Diseases 2007; 13: 380. Dispensari e dintorni In Italia l’assistenza sanitaria pubblica era ben radicata già prima dell’unificazione e si basava spesso sull’integrazione di Opere pie e amministrazioni comunali. Così è stato anche per la lotta alla tubercolosi. Un quadro significativo della rete di iniziative e istituzioni è quello del Comune di Torino. Nel 1871 apriva in Liguria, a Loano, l’Ospizio marino piemontese, il primo in Italia destinato a fanciulli e giovani di entrambi i sessi affetti da tubercolosi ossea, articolare, cutanea, ghiandolare.Ai primi del secolo scorso, sempre a Loano, l’Ospizio istituiva colonie estive e invernali per scolari «gracili, linfatici, figli di tubercolotici» presso un altro edificio di sua proprietà. Nel 1910 era attivo il Preventorio municipale, promosso dalla Società piemontese di igiene, gestito da un medico condotto direttore, un medico aiuto, un «informatore sanitario» e 34 ispettrici domiciliari, scelte tra le insegnanti municipali per fornire consigli igienici e raccogliere informazioni sulle condizioni sociali. Il Preventorio, la cui funzione era essenzialmente educativa, era aperto tutti i giorni compresi i festivi ed era anche il tramite per l’erogazione di sussidi in denaro e alimentari. Distribuiva inoltre l’opuscolo Come si previene e si cura la tubercolosi polmonare scritto da Giulio Bizzozero, che nel 1922 aveva raggiunto le 160.000 copie. La Società piemontese di igiene nel 1913 fondò anche la Crociata contro la tubercolosi, Rivista mensile municipale di Torino, con contributi privati e pubblici che, alla data del 1927, gestiva numerose strutture di accoglieza di minori (vedi il box 1). La Croce rossa, invece, gestiva il Dispensario Regina Elena per pazienti tubercolotici ambulatoriali e la Colonia ergoterapica femminile a Lanzo Torinese per «operaie predisposte alla tubercolosi e tubercolotiche suscettibili di guarigione, abatteriche o convalescenti». Istituzioni analoghe in tutta Italia, vedevano la collaborazione tra privati e amministrazione locale. In questo quadro si inseriscono finalmente importanti disposizioni legislative. La legge del 23 giugno 1927 istituisce in ogni capoluogo di provincia il Consorzio provinciale antitubercolare, con lo scopo di coordinare tutte le iniziative di prevenzione e cura; mentre il decreto legge del 27 ottobre 1927 istituisce l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi per tutti i lavoratori, vera pietra miliare nella lotta alla malattia. L’Italia fu seconda solo alla Germania a prevedere tale tipo assicurazione che già dalla fine del XIX secolo aveva una Cassa generale di malattia per i lavoratori che comprendeva anche la tubercolosi. La legge italiana aggiungeva alla gratuità delle cure ambulatoriali,domiciliari e ospedaliere un’indennità giornaliera di malattia fino a sei mesi l’anno, estesa nel 1953 a tutta la durata del ricovero e un’indennità post-sanatoriale di un anno sia per il malato sia per i suoi familiari. LA RESISTENZA ESTREMA DEL MICROBATTERIO Il 24 marzo 2007 la tubercolosi è salita all’onore delle cronache, grazie all’appuntamento annuale della giornata mondiale dedicata alla malattia. I dati presentati quest’anno, riferiti al 2005, riportano 8,8 milioni di casi e 1,6 milioni di morti nel mondo (195.000 con HIV), con il maggior numero di nuovi casi di tubercolosi registrati nel Sud est dell’Asia (un terzo circa del totale). Si concentra comunque in Africa il maggior numero di decessi attribuiti al micobatterio (oltre mezzo milione all’anno) e quivi viene stimato un tasso di incidenza doppio rispetto al Sud est dell’Asia. Quest’anno tuttavia, l’Organizzazione mondiale della sanità ha segnalato un rallentamento nell’epidemia, con una 6 n. 6 / Giugno 2007 stima dell’incidenza globale stabile o in riduzione nel 2005. Preoccupa però la situazione riguardo le forme di tubercolosi altamente resistenti alla terapia, chiamate in sigla XDR-TB (Extensively Drug Resistant Tuberculosis), in particolare dopo i numerosi casi tra persone sieropositive segnalati nell’estate del 2006 in Sudafrica, con una mortalità altissima. Mentre si parla di forme multiresistenti, MDR-TB (Multi Drug Resistant) se vi è una resistenza ad almeno due dei pricipali antitubercolari di prima linea (isoniazide e rifampicina), nelle forme di tubercolosi XDR si aggiunge anche la resistenza ai fluorochinolonici e ad almeno uno dei tre farmaci BOX 2 iniettabili di seconda linea. Uno studio pubblicato a marzo su Emerging Infectious Diseases (Shah 2007), ha raccolto informazioni da 14 laboratori in 48 Paesi e segnalato che su 3.520 MDR-TB, 347 erano XDR-TB (quasi il 10 per cento). Forme di XDR-TB sono state segnalate anche in Italia, dove da un’analisi di oltre 2.000 casi diagnosticati fra il 2003 e il 2006 sono state rilevate 83 MDR-TB e 8 XDR-TB (Migliori 2007). Fra i casi riportati in questo studio (che comprendeva anche la Germania), due casi di XDR-TB sono risultati resistenti a tutti i farmaci testati e le due pazienti affette sono entrambe decedute. Valeria Confalonieri Occhio Clinico OCCHIO CLINICO Nuovo secolo, nuovo allarme A distanza di molti anni da quando non si poteva opporre al bacillo di Koch che il calore del sole e il nutrimento appropriato, la situazione sembra riproporsi, seppure in termini diversi: l’allarme è lanciato da Medici senza frontiere (che cura più di 20 mila persone affette da TBC in oltre 40 paesi) con l’occasione dei riflettori puntati sulla Giornata mondiale della tubercolosi (vedi il box 2). Per ora soprattutto entro i confini del terzo mondo emergono e si diffondono forme di tubercolosi resistente ai farmaci, per le quali solo il 55 per cento dei pazienti colpiti è riuscito a completare i 18 o 24 mesi di trattamento in ospedale. Gli altri sono morti, non hanno tratto benefici dal trattamento oppure hanno abbandonato la cura a causa dei pesanti effetti collaterali, dell’isolamento forzato o di altre difficoltà legate alla terapia. Come ha denunciato Jessica Adam del programma di lotta alla TBC di Medici senza frontiere (MSF) in Uzbekistan, nei pazienti con tubercolosi resi- stente ai farmaci usuali si è costretti a somministrare farmaci di vecchia generazione, che impongono una terapia molto più lunga con costi oltre i 15 mila dollari e che per di più danno gravi effetti collaterali. La maggior parte dei paesi poveri non ha accesso ai sofisticati strumenti necessari per il riconoscimento della resistenza ai farmaci e nei pochi contesti in cui sono disponibili, per ottenere il risultato occorrono fino a 8 settimane, che per pazienti ammalati anche di AIDS possono fare la differenza tra la vita e la morte. Trattare le due patologie insieme è particolarmente difficile, perché le intereazioni tra i molti farmaci utilizzati scatenano effetti collaterali pesanti. Secondo l’analisi di MSF, nessuno degli studi attualmente in corso sulle forme farmaco resistenti di TBC produrrà risultati significativi in tempi ragionevoli e i fondi investiti per questa emergenza sanitaria (circa 200 milioni di dollari) sono lontani da quanto sarebbe necessario per realizzare sforzi concreti (almeno 900 milioni di dollari). ■ RECENSIONE La salute americana visitata da un regista «criticko» Sicko un film di Michael Moore Michael Moore, il fustigatore dei sogni americani, dopo aver attaccato il sacro diritto ad armarsi e aver messo in dubbio l’innocenza degli USA di fronte all’undici settembre, con il film Sicko ha voluto dimostrare ai suoi concittadini che vivere nel paese più florido del pianeta non assicura il migliore dei servizi sanitari. Quando Moore annunciò il suo progetto cine- OCCHIO CLINICO matografico, le telecamere si assieparono di fronte all’FDA per riprendere le facce scure dei dirigenti: preoccupazione inutili, tutto già visto. Moore è certamente un maestro del documentario sceneggiato, appassiona e diverte, nella stessa misura in cui crea dissensi. Portando alcuni pompieri ammalatisi dopo l’attaco alle torri del WTC a curarsi a Cuba, perché in patria avevano difficoltà con le assicurazioni, non ha suscitato polemiche contro il sistema sanitario inefficente, ma per aver violato l’embargo. Nei giorni seguenti l’uscita del film si è parlato solo di questo ed è segno che qualcosa non ha funzionato. In effetti, il risultato a fine ripresa dà l’impressione di un’occasione mancata. Troppo facile far dire alla famigliola britannica, all’uscita di un ospedale pediatrico,che per la degenza del bambino non hanno scucito un soldo: senza dare conto, nel confronto tra i sistemi assicurativo e previdenziale, del prelievo complessivo di denaro. Né è una rivelazione che ogni tanto l’FDA strizzi l’occhio all’industria del farmaco e che girino mazzette per stimolare il Congresso a leggi interessate. Moore avrebbe dovuto interpellare chi in questi anni ha già graffiato il sistema, come Ray Moynihan, Steve Nissan o Eric Topol, che prendono in castagna la sistematica debolezza dell’FDA. Di quanto il conflitto di interessi danneggi i malati, la sperimentazione clinica sia orientata a farmaci inutili, la medicalizzazione produca sempre più danni, in Sicko si trova solo qualche debole riflesso.Tuttavia, il fim è da vedere,sia perché Moore,pur con i limiti detti, apre alcune riflessioni, sia perché fa bene sapere che nel Vecchio mondo non si è messi male. L’Italia, poi, trascurata in questa analisi dei sistemi sanitari, ha comunque un momento di gloria, fugacissimo. Quale? Saperlo vale il biglietto d’ingresso al cinema. Sergio Cima Occhio Clinico n. 6 / Giugno 2007 7