ILTF
Provincia di Alessandria
ATTI
DEL 6° SÉMINARIO DELLA « CLINICA DELLA CONCERTAZIONE »
ARENZANO
28, 29 E 30 OTTOBRE 2005
1
INDICE
Venerdì 28 ottobre...........................................................................................................................p. 3
Giro di presentazione..........................................................................................................p. 3
Diffusione attuale delle « Cliniche di Concertazione »...................................................p. 6
Valutazione delle pratiche concertative............................................................................p. 7
Programmi europei e « Cliniche di Concertazione »......................................................p. 9
Sviluppo, ruolo e funzioni dei pools...............................................................................p. 11
Sabato 29 ottobre...........................................................................................................................p. 13
Evoluzione degli strumenti e servizi offerti...................................................................p. 13
Incontro allargato con i politici........................................................................................p. 17
Domenica 30 ottobre...................................................................................................................p. 26
Giro di presentazione, rapido..........................................................................................p. 26
Laboratorio 4 : contrattualizzazione, installazione, sviluppo delle CC..................... p. 26
Laboratorio 3 : pratica di rete e responsabilità specifiche...........................................p. 27
Laboratorio 2 : caratteristiche e utilizzo degli strumenti............................................. p. 30
Laboratorio 1 : psicosi e CC..............................................................................................p.30
Congresso di Parigi............................................................................................................p. 33
Appendice I: note sul laboratorio 2..................................................................................................p. 34
Appendice II : schema dei servizi offerti..........................................................................................p. 37
Traduzione a cura di Ivana Pretta
2
VERBALE DELLA GIORNATA
DEL
28 OTTOBRE 2005
Tina Tacchino : propongo di incominciare, cercherò di parlare un po’ in italiano, un po’ in
francese. Buongiorno a tutti e benvenuti ad Arenzano. Spero che il soggiorno qui si riveli
produttivo e piacevole. Vi propongo di cominciare con un giro di presentazioni, velocemente.
L’assessore arriverà più tardi, il politico della provincia, uno di coloro che sostengono la CC.
GIRO DI PRESENTAZIONE
Tina Tacchino : lavoro in Provincia, un’amministrazione che equivale al département in Francia.
Ha molti compiti in molti settori. Seguo la CC dal 2000.
Ivana Pretta : partecipo ai lavori della CC da due anni come traduttrice. Sosterrò il passaggio dal
francese all’italiano e viceversa.
Dott. J.-M. Lemaire : sono psichiatra, funzionario al CPAS di Flémalle, come direttore del
Servizio di Salute Mentale. L’altra metà del mio tempo, la passo all’ILTF, dal quale si è sviluppata
la CC, dal Belgio fino all’Algeria.
Adriana Galéano : assistente sociale a Charleroi, in un servizio che si occupa di prostituzione,
« le Nid ».
Martine Di Marino : lavoro nella stessa istituzione, vengo da Charleroi, sono arrivata qui grazie
alla formazione che si fa a Charleroi attraverso il Relais Social.
Laurent Halleux : ho studiato filosofia, continuo con gli studi in amministrazione degli affari,
partecipo da due anni alle CC.
Claire Delforge : psicologa, lavoro al Servizio di Salute Mentale di Wavre per una parte del mio
tempo. Conosco la CC dal 1997. Un’altra parte del mio tempo, lavoro in un’istituzione che si
occupa di adolescenti ipovedenti o ciechi.
Roseline Drouin : faccio parte della Caisse d’Allocations Familiales. Vengo da Saint Ouen
l’Aumône, nel Val d’Oise. Ho conosciuto la CC nel 1999 con Marie-Claire Michaud, ad Ecole et
Famille. Seguo una formazione con la Communauté d’Agglomérations nouvelles.
Teresa Premoli : lavoro come assistente sociale nel Servizio Sociale per Minorenni, a Torino, un
servizio del Ministero della Giustizia. Seguo la CC dal 2001 a Torino. Da due anni la Clinica è
sospesa a Torino, e io continuo a parteciparvi ad Alessandria ed in Francia.
Michele Caccavo : lavoro in un centro di formazione professionale che si occupa di giovani che
hanno problemi con la giustizia. Sostengo il lavoro di CC dal 2000 sul territorio piemontese.
Tina Tacchino : è grazie a lui che c’é stato uno sviluppo delle cliniche in Italia.
Vinciane Despret : sono belga, sono co-direttrice dell’ILTF. Sono filosofa e psicologa e lavoro
come docente di filosofia all’Università di Liegi.
Daniel Ratelet : sono soltanto un osservatore, sono medico anestesista ad Orléans, sostengo mia
moglie nel suo impegno di CC.
Lucia Donadio : vengo da Torino, lavoro al CFPP, con Michele, con i minori nelle mani della
giustizia. Seguo la CC dal 2001.
Osvaldo Repetti : direttore scolastico, dirigo una scuola elementare a Novi Ligure, dove l’anno
scorso si é cominciato a lavorare con la CC. Mi interessa vedere come si sviluppano le cose.
Marie-Claude Cassier : assistente sociale alla Caisse d’Allocations Familiales a Cergy Pontoise.
Scopro la CC nel 2005, sto facendo la formazione a Parigi.
Arielle Lebeuf : educatrice a Saint Ouen l’Aumône, in un centro d’accoglienza per donne e
bambini in difficoltà. Lavoro anche con l’associazione Ecole et Famille.
Vita Marangi : mi scuso per il ritardo. Lavoro a Torino, al Ministero della giustizia. Mi occupo
dei giovani che hanno problemi con la giustizia. Assistente sociale.
3
Ennjimi Meriem : Assistente sociale in un’istituzione parigina : presa in carico di famiglie in
difficoltà. Sto seguendo la formazione di CC, è il primo anno.
Catherine Martins : sono assistente sociale, sono al primo anno di formazione.
Muriel Michaut : assistente sociale nel Val d’Oise, seguo la formazione da gennaio a Parigi.
Lavoro in partenariato con Ecole et Famille.
Christine Léon : lavoro in un servizio psichiatrico, sono psicologa clinica e terapeuta familiare,
sviluppo un lavoro di terapia familiare nel mio servizio. Ho partecipato all’attivazione della CC
nel settembre 2001. Il processo è durato due anni, poi è stato interrotto, ed è ripreso da
settembre.
Adriana Ferretti : vengo da Novi Ligure, sono responsabile di un consorzio di comuni per la
gestione dei servizi sociali, in tutti i settori. Abbiamo iniziato a lavorare quest’anno in CC. I
dépliants sono sul tavolo.
Brigitte Gautier : lavoro ad Argenteuil, sono responsabile di una circoscrizione di quartiere,
lavoro con Ecole et Famille su di un progetto europeo: « Ouverture ».
Emmanuel Nicolas : lavoro a Charleroi, in Belgio, con gli abitanti della strada, in un dormitorio.
Lavoro anche in un Centro di Salute Mentale, La Pioche.
Mariangela Gavagnin : vengo dal Veneto, lavoro alle poste, seguo un master sui minori, mi
interessa la CC, che ho conosciuto attraverso l’Università, grazie alle lezioni tenute dal Dott.
Lemaire. Mi piacerebbe approfondire, continuo a seguirla con i legami che ci sono con gli altri
professionisti.
Massi Ratelet : sono responsabile di progetti sociali professionali. Lavoro in una circoscrizione
di quartiere, lavoro con le persone che beneficiano di un reddito minimo, sono referente
consigliere generale. Seguo la CC dal 2001.
Bouchra Kessaï : sono psicologa, lavoro in Italia per una ONG italiana che si chiama CISP, dal
terremoto del 21 maggio 2003, nella regione di Boumerdès. Sono coordinatrice di formazioni,
organizzate con Jean-Marie Lemaire.
Sylvie Buraud : sono insegnante in una scuola media ad Argenteuil. Lavoro per il Ministero della
pubblica istruzione, e per l’istituzione di formazione per gli insegnanti, partecipo ad Ecole et
Famille dalla sua creazione, ed è per questo che conosco la CC. E’ la prima volta che vengo al
seminario.
Carine Van den Dorpe : lavoro ad Ecole et Famille da un anno e mezzo. Ho conosciuto il
dispositivo della Clinica attraverso Marie-Claire. Mi occupo dell’accoglienza delle famiglie e dei
professionisti e del pool genitori-staffetta.
Christelle Le Fur : sono psico-sociologa part-time ad Ecole et Famille, continuo ad imparare
sulla CC, che ho scoperto durante il mio stage l’anno scorso ad Ecole et Famille.
Milly Seira : vengo da Torino, lavoro dal 2001 all’Università di Torino, mi occupo della
formazione degli insegnanti di sostegno. L’altra metà del tempo, mi occupo di « counselling » in
un centro privato, più particolarmente seguo i genitori e le famiglie dei bambini disabili. Conosco
la CC dal 2002, questa conoscenza mi ha permesso di cambiare alcune pratiche del mio lavoro.
Christine Relekom : sono psicologa e direttrice di un centro psico-medico-sociale. Facciamo
l’interfaccia tra la scuola, le famiglie e gli operatori esterni. Ho avuto l’occasione di conoscere la
CC nel quadro di un incontro organizzato dal Dott. Lemaire all’ospedale della Citadelle, a Liegi.
Ho avuto un mandato politico volontario nel partito ecologista, ho cercato di promuovere l’idea
nel 2000. Nel centro dove lavoro, alcuni praticano la CC.
Cathy Franck : sono infermiera sociale, lavoro nello stesso servizio di Christine. Da settembre
2004 partecipo ad un’esperienza formativa con il Dott. Lemaire. Lavoro in un’équipe pluri disciplinare a Grâce-Hollogne, vicino a Liegi.
Emmanuelle De Keyser : lavoro a Eragny sur Oise. Mi occupo di sostegno alla genitorialità e
di controllo educativo. Sono incaricata di organizzare il programma di controllo educativo ad
Eragny. Devo mettere in rete i partners educativi sul territorio, per sostenere i genitori.
4
Marie Habert : psicologa del lavoro, formatrice, lavoro ad Ecole et Famille come terapeuta
familiare. Partecipo alla CC sul territorio di Saint Ouen e di Cergy dal 2000.
Dominique Draguet : sono psicologa, terapeuta familiare, responsabile di un servizio che è un
centro di orientamento educativo (COE). Partecipo alle attività terapeutiche di rete dal 1996.
Claudine Alhinc : lavoro all’associazione Ecole et Famille. Sono psico-sociologa, sono stata per
molto tempo assistente sociale scolastica. Lavoro con dei gruppi di genitori e di insegnanti per
avvicinarli ai bambini. Lavoro sulla CC di Saint Ouen dal 1999 e lavoro per il progetto
« Ouverture » da un anno.
Concetta Cusumano : lavoro al centro PMS di Liegi. In questo contesto, abbiamo due scuole
fondamentali a Grâce-Hollogne, ed abbiamo iniziato una collaborazione tra i servizi pubblici e
privati, che si chiama Interservice, che mette in opera dal settembre 2004 un’esperienza formativa
in CC.
Maria Quintas : lavoro in un consulto per neonati a Grâce-Hollogne. Faccio parte di
Interservice, rappresentando l’ONE (Office National de l’Enfance, ufficio nazionale
dell’infanzia), ho anche iniziato l’esperienza formativa in CC alla fine del 2004.
Marisa Cintori : sono assistente sociale, lavoro anch’io all’ONE, in un consulto per neonati.
Finisco la formazione con il Dott. Lemaire.
Anne-Marie Cremers : assistente sociale a Grâce-Hollogne. Mi occupo part-time di un piccolo
asilo nido, faccio parte di Interservice, e quindi della formazione in CC.
Christiane Everaerts : infermiera psichiatrica, faccio parte di Interservice, e ho seguito la
formazione.
Brunhilde Calewaert : lavoro in un servizio di aiuto alla gioventù (SAJ) nell’arrondissement di
Nivelles. Questo servizio, che riceve ogni tipo di domanda di aiuto da parte dei giovani o di
famiglie, ha come compito quello di orientare le situazioni, o di poter proporre un programma di
aiuto ai giovani e alle famiglie. Ho scelto di lavorare nella prevenzione. Sono criminologa di
formazione, in passato ho fatto la psicologa, sono contenta di essere in Italia. Ho partecipato alla
CC di Tubize, ma non ricordo più quando.
Dott. J.-M. Lemaire : 97-98.
Yves Polomé : sono qui come osservatore, lavoro a Bruxelles come consigliere della Ministra
Fonck che ha l’aiuto alla gioventù nelle sue competenze nella parte francofona del Paese. Ho
come competenza ciò che favorisce il lavoro di rete. Una della priorità della Ministra è
precisamente l’apertura delle pratiche. Vengo quindi a vedere sul campo. Conosco la CC perché
la CC di Bruxelles è venuta ad incontrarmi, e sono rimasto entusiasta da quello che ne dicevano.
Annick Piette : psicologa, in un servizio d’orientamento educativo. Vi accompagno dei giovani e
delle famiglie dietro domanda dell’autorità giudiziaria. Conosco la CC da quando lavoro a Wavre.
Sono venuta qua per vedere cosa si fa altrove.
Marie-Claire Michaud : sono responsabile del centro Ecole et Famille. Questo centro è un
progetto sperimentale che incoraggia le relazioni tra la famiglia, le scuole e gli operatori. Il perno
dei dispositivi che abbiamo é la CC. Questo centro esiste da 6 anni. L’équipe allargata di Ecole et
Famille partecipa all’estensione del lavoro di rete. Animo due CC in Belgio, seguo la formazione a
Parigi.
Massimo Barbadoro: sono l’assessore all’Istruzione Pubblica e alla Formazione dei
professionisti della Provincia di Alessandria. Sono molto contento di quest’incontro che si svolge
in Italia. Sostengo con l’assessore ai Servizi Sociali lo sviluppo di progetti di CC da molto tempo.
Sono convinto che le pratiche di rete siano importanti. Denuncio che a livello nazionale c’è molta
più attenzione alla dimensione economica delle gestioni dei servizi.
Francesco Marcenaro : sono di Alessandria. Gestisco un’impresa. Seguo il progetto
« Ouverture » ad Alessandria.
Giorgio Abonante : mi occupo da due anni di politiche giovanili. Lavoro all’assessorato alla
cultura della provincia di Alessandria. Con Francesco e Michele seguo lo svolgimento del
progetto « Ouverture » ad Alessandria.
5
Houaria Jarboui : vengo da Orléans, sono consulente sociale presso un finanziatore sociale
(OPAC). Partecipo alle CC dal 2001.
Paul Trigalet : sono l’ultimo e sicuramente il più vecchio. Vengo dal Belgio. Da molti anni
lavoro per delle associazioni private che si occupano dell’alloggio dei precari e dei senza tetto.
Partecipo come un ragazzo alla formazione di Charleroi.
Tina Tacchino : ecco il programma della giornata. Ci sono cinque comunicazioni. Cerchiamo di
rimanere nei tempi. Verso le 11, facciamo una pausa caffè, fuori. Alle 13, ci aspettano a pranzo.
Cominciamo con la comunicazione del Dott. J.-M. Lemaire.
1. DIFFUSIONE ATTUALE DELLE « CLINICHE DI CONCERTAZIONE »
Dott. J.-M. Lemaire : il grande vantaggio della situazione per me è che il punto della situazione
è stato fatto dal giro di presentazione. Ringrazio molto la Provincia di Alessandria, e le persone
che ci permettono di riunirci per fare questo punto della situazione. Senza questo spazio,
potremmo rimanere sull’impressione che questo giro di presentazione è un enorme caos, visto
che riuniamo dei professionisti dell’aiuto, della cura, dell’educazione e del controllo, che hanno
livelli d’istruzione, d’esperienza, di responsabilità estremamente vari. E’ ciò che ho incontrato
quando ho cominciato a lavorare come psichiatra nel servizio pubblico. Questo faceva saltare la
realtà alla quale ero preparato. Tutto il mio percorso, dal 1983, è stato quello di cercare di allearmi
con questo dato di fatto. Ancora oggi, bisogna essere riconoscenti d’essere riuniti qui dalla forza
convocatrice delle famiglie in disagio multiplo. Se noi aderiamo a ciò che si costruisce tra di noi,
possiamo rinunciare a rendere agli utenti un posto attivo, a dare loro una posizione di soggetti, in
quanto sono loro che ci mettono al lavoro e perché noi abbiamo sempre rifiutato di confiscare
loro questa parte attiva, la messa al lavoro dei professionisti. E’ il titolo del prossimo congresso
internazionale di CC, che si svolgerà il 10 e 11 marzo 2006 a Parigi : « La forza convocatrice delle
famiglie in disagi multipli, e ciò che ci fa fare ».
L’inventario dei luoghi è collegato a questa capacità che hanno gli operatori sociali di stringere
con una certa facilità un’alleanza con questa forza convocatrice. Devo aggiungere a questo
inventario dei luoghi: come siamo arrivati a questo oggi, e come prevediamo di proseguire, nei
cinque anni che seguono. La fase d’incubazione è stata quella dal 1983 al 1996, lavorando come
psichiatra in diversi servizi di salute mentale in Belgio, rendendomi conto che questa forza
convocatrice delle famiglie in disagi multipli poteva colmare le mancanze nelle iniziative dei
politici. Ho molto maldestramente cercato di lavorare su questi legami tra i servizi in Belgio tra il
1994 e il 1996. Lo facevo nel contesto delle istituzioni psichiatriche. Mi sono fatto buttar fuori.
Non è una bella esperienza quella di farsi buttare fuori. Oggi, posso essere contento, è stata
un’occasione.
E’ nel 1996 che in Belgio le persone di Wavre mi hanno invitato a sostenere il lavoro di rete che
si sviluppava. Se si riprende il giro di presentazioni, si potrebbe vedere l’evoluzione a partire da
ciò che ognuno ha detto. Basta ritracciare, partendo dal giro, la progressione, l’estensione di
questo lavoro.
Possiamo ricordare qualche data, passando dal Marocco e dall’incontro con M.me Michaud. E’
nel 1999 che le prime esperienze francesi si sono messe in moto. Nel 2000, la visita di Dino
Tessa, direttore del CFPP, a Bruxelles, a proposito dei detenuti ed ex-detenuti. Le cose si sono
sviluppate in Italia, in Piemonte. Da quest’anno, la CC ha fatto il suo ingresso in Svizzera, nelle
Istituzioni Psichiatriche del Vallese romando. Rientro quindi di nuovo nelle istituzioni
psichiatriche.
Tutto ciò può dare un’impressione di dispersione. Dalla fine degli anni 90, le persone che hanno
accettato di entrare in questo processo di ricerca, sperimentale, hanno cominciato a portare dei
contributi che permettono di scrivere, di stabilizzare la progressione delle regole etico-
6
professionali del lavoro terapeutico di rete. Dal 2000 si sono avviate delle formazioni alla CC, le
prime a Parigi, con il sostegno di una struttura come Ecole et Famille, a Torino, con l’aiuto del
Centro di Formazione Professionale Piemontese. Più recentemente, dall’anno scorso, in Belgio,
con la Fédération des Aides et Soin à Domicile. Da quest’anno, in Svizzera, nel Vallese.
Questo ha profondamente cambiato il punto della situazione, in particolare quest’anno perché la
possibilità di gestire le CC non è più il fatto di una persona sola. Ci sono nell’agenda i modi
necessari per arrivare ad individuare il percorso, la progressione di un clinico di concertazione.
Attualmente siamo una decina a poter fare questa attività. Ciò che succederà probabilmente nei
cinque anni a venire: la forza convocatrice delle famiglie in disagi multipli produrrà una maggiore
diversità di esperienze. Abbiamo già a disposizione questo strumento, il seminario, che ci
permette di andare a raccogliere tutte le risorse che ogni esperienza porta con sé, per arrivare a
definire delle nuove regole etico-professionali per il lavoro terapeutico di rete. Noi siamo dei
laboratori dove tutti i “parassiti” sono i benvenuti. Noi rinunciamo del tutto a chiudere i
laboratori per purificarli degli elementi perturbanti. E’ estremamente stimolante rendersi conto
che questo atteggiamento praticato all’estremo diventa strutturante. Lo scopo ultimo per il 2010,
è di farci recuperare dal potere politico, con piacere.
Essere attenti a trovare le risorse residuali negli individui in disagi multipli, nelle famiglie in disagi
multipli, nei servizi in disagi multipli, e anche nei politici in disagi multipli, sviluppando degli
strumenti di visibilità che non contraddicano l’anima dei nostri laboratori, delle nostre esperienze,
ma che permettano ad un certo punto al servizio pubblico di recuperare ciò che ci ha prestato.
Il lavoro di valutazione di laboratori che prendono la posizione di accogliere, e di aprirsi a tutti i
parassiti, non è semplice.
2.
VALUTAZIONE DELLE PRATICHE CONCERTATIVE
Laurent Halleux : vi parlerò del punto della valutazione. Spero di essere sostenuto da Mme
Despret, ma ci sarà anche Mme Léon, che spiegherà il seguito di ciò che è successo ad Orléans.
Vi darò tre elementi sulla valutazione di Orléans e vi spiegherò in quale quadro si è formata.
Come è stato detto, la CC di Orléans è durata due anni e si è interrotta. Penso che sia stata la città
stessa a chiedere che fosse fatta una valutazione, per vedere se bisognava farla proseguire o meno.
Abbiamo invitato M. Rathier a questo seminario, perché è lui che ha fatto la valutazione, ma non
ha potuto liberarsi. E’ di Bordeaux, è esterno e lui stesso non ha partecipato alle CC. Non
abbiamo ancora ottenuto tutte le autorizzazioni per rendere pubblico questo documento.
Comincio dando qualche punto di questa valutazione, questo permetterà di vedere le critiche
fatte alla CC.
Cominciamo dai punti positivi, ma non insisteremo, è soltanto perché voi sentiate ciò che può
dire una persona che non ha partecipato alle CC.
Uno degli apporti principali, è il sostegno personale nella propria posizione di professionista o di
operatore.
Lo sviluppo del partenariato e la capacità di coordinamento
Con l’uso che è stato fatto del sociogenogramma come strumento di lavoro.
Una possibile demoltiplicazione (moltiplicazione esponenziale) dei saperi acquisiti all’interno delle
organizzazioni, intendendo con ciò il ruolo che possono avere i professionisti all’interno della
loro organizzazione dopo, quindi un professionista che ritorna nella sua istituzione e vi apporta il
suo contributo.
Se vado velocemente è per discutere del metodo.
Vinciane Despret : Vediamo già che c’è del metodo all’interno dei risultati.
7
Laurent Halleux : infine, in maniera generale dei risultati che riguardano le famiglie. Qui bisogna
dire che è vago proprio perché ha interrogato soltanto i professionisti ed è qui che arriviamo alle
difficoltà.
Giustamente seguire gli effetti sulle famiglie.
E’ quello che diceva poco fa il dott. Lemaire, si arriva ad un punto essenziale della valutazione
delle CC. Essendo un dispositivo assolutamente aperto, ci può sempre essere un intruso o un
“parassita”, quindi non si ha un oggetto definito davanti a sé da valutare. E’ quindi un problema
dell’oggetto della valutazione. Questo pone la questione di sapere chi beneficia della clinica, se si
tratta dei professionisti che imparano meglio una parte del loro mestiere che conoscono male, e
anche delle famiglie che non sono più soltanto il bersaglio degli interventi, ma che aiutano i
professionisti a lavorare meglio insieme.
Potrei dire anche che per il momento in alcune convenzioni, la valutazione è ripresa in quanto
tale con alcuni partners, e che spesso l’ILTF deve effettuare una parte della valutazione. C’è
quindi da una parte il problema sull’oggetto (cosa valutare), sulla sua definizione, e d’altra parte
questo problema si ripercuote nel soggetto, chi valuta, ed è qui che M.me Despret ci può aiutare.
Vinciane Despret : passiamo la parola a Mme Léon.
Christine Léon : Il lavoro di analisi di M.Rathier è stato molto positivo per la CC di Orléans, e
ha permesso che la CC rientri in una seconda fase ad Orléans, in una fase di installazione con una
sola giornata al mese per le CC. Il lavoro di analisi ha mostrato la necessità di riprendere la CC,
appoggiandosi su due istanze, un Comitato di Pilotaggio al quale partecipano i responsabili delle
istituzioni e delle associazioni e un Comitato di Controllo con dei professionisti delle associazioni
del primo comitato.
Il Comitato di Pilotaggio, i responsabili, dibatte sulla base di documenti preparati dal Comitato di
Controllo, i professionisti stessi. Il Comitato di Pilotaggio convalida le convenzioni e si assicura
della loro attuazione, è costituito da un rappresentante di ogni istituzione che partecipa alle CC e
quindi di tutti i settori rappresentati.
Il Comitato di Controllo ha un ruolo di riflessione, di animazione, si assicura del buon
funzionamento delle pratiche e del loro aggiustamento, deve rendere conto dell’attività e deve
convalidarla e valorizzarla.
Queste due istanze quindi, si danno come compito per l’anno 2005-2006 la valutazione annuale
delle pratiche concertative, questa valutazione prende in conto la valutazione dei professionisti e
delle famiglie.
Vi si troveranno da una parte dei dati quantitativi, numerati, delle CC e delle Concertazioni
Cliniche, e dei dati qualitativi, sulla base di questionari compilati dai partecipanti. Ci saranno delle
domande del genere : la CC ha modificato le sue pratiche professionali, se sì come ? Come
professionista, nei confronti delle famiglie, cosa cambierà ?
Il numero dei partners che hanno partecipato, ma anche il numero di intrusi per quanto riguarda i
dati quantitativi.
Laurent ha presentato bene la difficoltà per quanto riguarda le famiglie, si tratta di valutare come
ha evoluto in relazione all’obiettivo che avevamo e alle azioni messe in opera, la questione della
natura della domanda, del contesto, dell’obiettivo del professionista.
Si cerca di sviluppare uno strumento nuovo che fa una sintesi della lettura del sociogenogramma
con codice dei colori e si farebbe una sintesi a t0, t1, t2,…….
Si prenderebbero in esame il numero di CC, i luoghi dove si tengono le CC, il numero di
professionisti che intervengono all’inizio e in seguito nella progressione.
Qui c’è Houaria Jarboui che ha partecipato al Comitato di Controllo. Abbiamo elaborato insieme
tutte queste domande, ma ho dimenticato di dire, nel giro di presentazione, che la CC di Orléans
è presa a carico dal Comune di Orléans, e che l’assessore alla salute, Mme Bouin, si scusa per la
sua mancata partecipazione.
8
Vinciane Despret : abbiamo fatto diverse valutazioni e ciò che intendo qui, la nozione che è al
centro e che è più difficile da lavorare è la nozione di fiducia. Da una parte, se fate una
valutazione dovete essere credibili nei confronti di coloro che la richiedono, all’esterno, cioè
dovete parlare il loro linguaggio. Per esempio, le cifre, si producono per l’esterno, perché noi
sappiamo che ciò che facciamo non è misurabile.
Abbiamo dovuto lavorare questa nozione di fiducia quando abbiamo partecipato ad un progetto
in ex-Yugoslavia, con i rifugiati. Come potevo guadagnarmi la fiducia esterna quando ero la
moglie di colui di cui dovevo valutare il lavoro ? Ma anche, come avere fiducia in qualcuno di
esterno al programma mentre si sapeva che la situazione era talmente fragile che ogni valutazione
poteva andare all’opposto del progetto terapeutico.
La creazione di un contesto estensivo di fiducia è la base del progetto terapeutico. Questo
contesto chiedeva che non ci fosse una diagnosi, come un predatore localizza la sua preda.
Qualcuno di esterno poteva fare il contrario volendo valutare quelli che vanno peggio e vedere se
vanno un po’ meglio. Abbiamo quindi lavorato rispetto a questi due problemi di fiducia. Ho
chiesto la collaborazione di una sociologa in Francia al CNRS.
Si è ridefinita la valutazione in un altro modo. Ho fatto della filosofia delle scienze e ho imparato
almeno una cosa : se osservate un essere vivente, non potete sperare che non sia trasformato dal
vostro sguardo. Questo significa che non potete sapere come erano le persone prima. La vostra
valutazione partecipa delle trasformazioni che il progetto ha cominciato. Questo significa che
potete andare contro e che la valutazione faccia andare indietro le persone, o questo prolunga e fa
ingrandire le cose. Allora per me una valutazione è diventata un impegno e prendo la parola nel
suo significato primo, dare del valore (impegno).
Siamo sempre tra la necessità che l’esterno ci dia fiducia, e che anche coloro che ci chiedono la
valutazione all’interno ci diano fiducia.
L’ultimo punto è venuto pian piano con Jean-Marie, ed è quello di trasformare le domande della
valutazione. Questo permette di ridefinire chi è esperto e chi non lo è e la domanda diventa :
« nella posizione in cui è, qual è la domanda giusta che devo farle per valutare bene ciò che è
successo ?». Quindi, se vedo una famiglia, posso permettermi di chiederglielo, non chiedo più
cosa è cambiato per voi, ma qual è la domanda giusta che si può fare alle famiglie per sapere
come valutare bene il programma. Posso chiedere ad un politico, quali sono le domande che devo
porre a questo programma per dare una buona valutazione secondo il vostro punto di vista, e
idem per gli operatori. Ognuno quindi riceverà un luogo di perizia, e queste perizie entreranno in
conflitto, il processo diventa instabile ma il conflitto è praticabile. Sono delle domande che
cercano di rendere le persone interessanti.
Pausa
3. PROGRAMMI EUROPEI E « CLINICA DI CONCERTAZIONE »
Tina Tacchino : Michele ed io ci siamo conosciuti sulla CC. Abbiamo reso molti conflitti
praticabili.
Michele Caccavo : la CC, in Italia, è giunta attraverso un incontro del centro dove lavoro,
durante una partecipazione ad un progetto europeo. Il primo anno, la CC è stata finanziata dalla
Regione Piemonte, il secondo anno dal CFPP. I due anni successivi, dal 2002 al 2004, la CC è
stata sostenuta dal progetto Equal, più precisamente Cartesio, destinato alle persone con
problemi con la giustizia (non sono responsabile del nome « Cartesio »). Il processo interessante,
è che la CC è stata adottata da un centro di formazione professionale che lavora esclusivamente
con le carceri, cioè delle istituzioni totalmente chiuse. E’ stato necessario passare dall’Europa per
arrivare a delle pratiche più aperte. Siamo partiti dall’istituzione chiusa, passati dall’Europa, per
ritornare nell’istituzione, con più apertura. Questo ha permesso al CFPP di acquisire delle
9
competenze specifiche sulla gestione dei progetti europei. Negli ultimi cinque anni, ci sono stati
cinque progetti europei.
Nel 2003, abbiamo iniziato un progetto « Ouverture », nel programma AGIS.
Due obiettivi generali per il programma Agis :
-Fornire ai cittadini europei un alto livello di protezione in uno spazio di libertà, di sicurezza e di
giustizia.
-Sostenere l’implicazione degli operatori della giustizia per l’elaborazione di una politica europea
in questo settore.
IL PROGETTO
« OUVERTURE » :
Si tratta di uno studio di fattibilità per la prevenzione della criminalità urbana e dell’attivazione e
lo sviluppo delle reti di aiuto, di cura, di educazione e di controllo.
Obiettivo: ampliamento e coinvolgimento degli artigiani e dei commercianti nella rete d’aiuto, di
cura, di educazione e di controllo per la prevenzione della microcriminalità e per un maggiore
senso di sicurezza
Grazie a delle azioni di :
1. ricerca e analisi sulla percezione della sicurezza
2. l’attivazione di incontri di CC
3. ricerca sugli effetti del lavoro di rete
Ringrazio tutte le persone che hanno lavorato a questo progetto, soprattutto il gruppo di Ecole et
Famille, quindi Claudine, Marie-Claire, Christelle, che ha ottenuto i risultati più intéressanti.
Ringrazio anche Alessandria, Giorgio e Francesco, perché anche lì si sono successe molte cose
interessanti.
Non so se i risultati saranno apprezzati dall’Unione Europea, ma secondo me il progetto
“Ouverture” è riuscito già solo per questa frase di Francesca, una panettiera d’Alessandria :
“ Affrontare il tema della sicurezza come una condivisione del rischio mi sembra molto
interessante”.
AGIS 2005 : « PARTAGER »
Obiettivo : Realizzazione di un Centro-Laboratorio Regionale di Trattamento, Ricerca e
Formazione di situazioni complesse di minori “nelle mani della giustizia”.
Grazie a delle azioni di:
4. ricerca e analisi del fenomeno della devianza minorile
5. formazione e sensibilizzazione degli operatori
6. sperimentazione e valutazione dei percorsi innovanti di trattamento nella
prevenzione del disagio minorile
La responsabilità del titolo é la mia. Credo che “apertura” e “condivisione” siano due parole
fondamentali della CC.
I partners del progetto sono l’Italia, la Francia, il Belgio, e la Romania.
Abbiamo proposto altri progetti :
10
INCLUDO (EQUAL)
Inclusione dei detenuti in un percorso d’occupazione.
Presa in carico dei detenuti ed ex-détenuti (EQUAL 2002 “Car.Te.S.I.O.”)
ANAIS (fille Anita) AGIS 2004
Analisi e prevenzione dei comportamenti a rischio e azioni criminali tra i giovani immigrati di
seconda e di terza generazione.
ConTrust (Confiance - Fiducia) DAPHNE 2005
Il progetto consiste nel ricercare e definire delle azioni che riducano la violenza all’interno delle
istituzioni penali per minori.
Brunhilde Calewaert : precisione importante da fare : in Italia, si dice carcere, da noi non si
utilizza la parola “prigione”, si gioca sulle parole.
Michele Caccavo : Per il momento, i risultati dei progetti europei non sono eclatanti. Ma penso
che gli effetti si vedranno a lungo termine.
4.
SVILUPPO, RUOLO E FUNZIONI DEI POOLS
Lucia Donadio : il pool è un gruppo di professionisti interessati allo sviluppo della pratica del
lavoro di rete, che si trova regolarmente per sostenere e riconoscere gli sforzi dei professionisti
coinvolti. Si tratta di un gruppo che si mantiene aperto agli intrusi, grazie alla presenza di date
degli incontri riportate nell’agenda. Si tratta di uno spazio aperto, che non è il luogo di decisioni.
Quest’ultimo è quello dell’Associazione, la struttura dove è possibile decidere basandosi su ciò di
cui si è discusso nei pools.
Ruolo dei pools :
-Perturbare la pratica del lavoro terapeutico di rete e la stabilità dell’Associazione.
-Garantire che il lavoro terapeutico di rete rispetti i principi della CC essendo vigile sul fatto che
questi principi, talvolta provocatori, non si diluiscano fino a diventare insignificanti.
Funzioni dei pools :
-Informare le persone interessate alla pratica concertativa
-Analisi della domanda che viene dal territorio e la sua evoluzione
-Sostenere i micro progetti
-Promuovere i servizi della CC
-Formare alla negoziazione dei servizi offerti dalla CC e formalizzare le eventuali convenzioni
-Costituire l’Associazione nazionale della CC
-Restituire all’istituzione e al territorio: come condividere con i responsabili il percorso
concertativo ?
Quest’ultimo punto costituisce la funzione pubblica. Per esempio, come professionisti, abbiamo
dovuto chiedere l’autorizzazione per venire a questo seminario. Come possiamo restituire ai
responsabili del servizio il beneficio che abbiamo avuto dalla partecipazione al seminario ?
Questo si può fare attraverso gli Atti del seminario, ad esempio.
Specificità dei pools :
Per ora, i pools sono presenti in Francia, in Italia, in Belgio. Saranno formati in Svizzera e in
Algeria. Il pool italiano ha concentrato l’attenzione sulla strutturazione del percorso di
formazione per diventare clinici di concertazione, e sui diversi servizi offerti dalla CC.
11
Dominique Draguet : In Belgio, abbiamo organizzato il primo convegno europeo, che si è
svolto a marzo 2003. In quella occasione, abbiamo attivato molti politici, la comunità francese,
l’aiuto alla gioventù, la regione wallonne, la provincia del Brabant Wallon, la regione di Bruxelles,
per sovvenzionare quel convegno. Era una prima esperienza a livello di messa in concertazione
dei diversi politici. Il ruolo del pool belga, è di mantenere viva questa relazione tra i professionisti
e i politici. Questo si può fare anche attraverso l’organizzazione del seminario e che si è
organizzato l’anno scorso con il sostegno della Ligue Wallonne. In seguito, dobbiamo lavorare
per far sì che ci siano dei legami più ricorrenti tra politici e professionisti. Fino ad oggi abbiamo
lavorato con le energie disponibili. Le persone presenti hanno riflettuto molto sulla questione
della trasmissione: questa pratica è trasmissibile, come la si può ritrasmettere? Bisogna essere
esterni al territorio per animare una CC? Come coltivare l’extraterritorialità? Abbiamo anche
lavorato per essere più visibili e più facilmente reperibili, specialmente lavorando sui livelli dei
clinici, mettendo i verbali dei pools sul sito internet. Invito i professionisti interessati al prossimo
pool, che si fa d’ora in avanti a Liegi, il 25 gennaio 2006. La persona da contattare è Laurent
Halleux.
Marie-Claire Michaud : è stato fatto il punto della situazione in Francia, si è parlato, a partire
dall’esempio di Orléans, delle strategie d’approccio verso il politico. Soprattutto, il pool è un
luogo di sostegno a micro progetti che fanno fatica a radicarsi in alcuni territori.
Lucia Donadio : il prossimo pool italiano si svolgerà il 24 novembre, alle ore 17, a Torino.
Dott. J.-M. Lemaire : affronteremo il prossimo punto domattina. Si legherà bene con il
successivo.
Tina Tacchino : alle ore 14.30, faremo i laboratori. Ce ne saranno 4, 2 al piano terra, 2 al piano
di sopra. Ci saranno dei cartelli sulle porte. Vi chiedo anche di essere generosi, di equilibrare le
presenze nei gruppi.
12
VERBALE DELLA GIORNATA
DEL
29 OTTOBRE
Tina Tacchino : buongiorno a tutti. Cominciamo. Non penso ci siano persone nuove, vi
propongo di cominciare direttamente, e di rifare un giro di presentazioni se arrivano persone
nuove.
Le persone che hanno bisogno di una fattura devono comunicarlo al sig. Halleux. Metteremo un
foglio durante la pausa.
Le persone che vogliono mangiare fuori stasera devono avvisare.
Cominciamo con la comunicazione che avrebbe dovuto svolgersi ieri mattina, riguardante i
“Servizi offerti”, di Claudine Alhinc, Marie Habert e Milly Seira.
5. EVOLUZIONE DEGLI STRUMENTI E SERVIZI OFFERTI
Claudine Alhinc : abbiamo preparato questo intervento con Marie Habert, che viene da Saint
Ouen l’Aumône, con Milly Seira, che viene da Torino. Per quanto mi riguarda, lavoro anch’io a
Saint Ouen l’Aumône. Su iniziativa di Milly Seira, vi proponiamo un’immagine, su cui riflettere.
Su tutti i territori di CC, abbiamo dei cognomi, dei nomi, che ci hanno toccati tutti. Abbiamo
pensato a loro, preparando questo lavoro. Abbiamo pensato a M’Barek, a Véronika, a Franck.
Qualsiasi membro della famiglia può interpellare un professionista, sia perché ha le competenze
per, ma anche perché c’é una fiducia che si è creata, e che non è necessariamente legata alle
competenze del professionista. Questo bambino ad esempio parla al suo insegnante. Quando si
rendono conto delle loro difficoltà, siamo nel colloquio individuale, cioè, generalmente, ciò che
abbiamo imparato come lavoro per rendere un servizio agli utilizzatori. Quando questo
professionista discute con un altro professionista, cercando insieme delle risorse, per aiutare l’uno
e l’altro, chiedendo eventualmente aiuto ad un altro professionista, siamo allora in uno spazio di
coordinamento, che può aprirsi ad altri professionisti che conoscono il bambino o la famiglia.
Questo è qualcosa che abbiamo imparato nel nostro lavoro, e che può darci delle difficoltà sul
metodo per lavorare insieme. Quando questi professionisti si sentono ai loro limiti, possono
chiedere l’aiuto dei membri della famiglia e di altri colleghi, che conoscono la famiglia. A questo
punto, quando ci sono quindi dei membri della famiglia, dei professionisti coinvolti, siamo in una
figura di rete che si chiama “Concertazione clinica”, che spesso richiede la presenza di un clinico,
che ha riflettuto durante la formazione sui concetti e il metodo della CC.
Per riassumere, siamo passati dal colloquio individuale, al coordinamento, che può aprirsi ai
membri della famiglia per diventare una “Concertazione Clinica”. Può accadere che uno dei
professionisti lavori in maniera regolare, tutti i mesi, in un gruppo di lavoro sul territorio, dove i
professionisti riflettono sulle loro pratiche, in particolare quando sono riuniti con una famiglia. Si
tratta in questo caso delle “Cliniche di Concertazione”. Durante un incontro di CC, si possono
trovare dei membri della famiglia, dei professionisti coinvolti dalla situazione, dei professionisti
non coinvolti, e degli intrusi. Questa CC è animata da uno o due clinici, che hanno seguito un
percorso di formazione che andremo a spiegare nei dettagli. Ciò che è importante, è che il clinico
non è solo : si appoggia sulla sua formazione, sulla supervisione, ma anche sul pool dei clinici, di
cui abbiamo parlato ieri. Nel pool si discute la questione di sapere chi anima la Clinica.
Milly Seira : abbiamo cercato di costruire questo schema per dare una visione dei servizi offerti
dalla CC. Quando l’abbiamo costruito, abbiamo visto che ci mancavano alcune informazioni.
Abbiamo quindi l’intenzione di perfezionarlo, di tradurlo, e di metterlo sul sito, perché sia
13
accessibile. Prima di vedere tutti i servizi della lista, abbiamo indicato gli elementi comuni a tutte
le figure :
- Rispetto delle regole della CC : “parlare come se le famiglie fossero presenti”, la
restituzione alla famiglia di ciò di cui si è parlato,…
- L’apertura del dispositivo, la possibilità di accogliere l’intruso.
- La presenza di un animatore.
Le diverse figure si differenziano secondo diversi criteri: i protagonisti, gli obiettivi e il tempo, dal
punto di vista della durata, o della frequenza.
Andiamo a vedere le proposte lasciando perdere la CC e la Concertazione Clinica, di cui ha già
parlato Claudine.
Bisogna precisare un po’ il punto del sostegno istituzionale.
Il lavoro dell’istituzione è una parte del lavoro di rete con la famiglia, riconoscendo e
valorizzando il campo di sovrapposizione.
E’ fondamentale spiegare, nel momento del contratto, che si pratica l’estensione.
Prima di lavorare sulla CC, osservando questo disegno, avrei pensato che gli operatori
costruiscano una rete che permetta all’utente di continuare il suo percorso. Oggi, mi rendo conto
che posso fare una lettura inversa : è l’utente che permette agli operatori di arrivare agli obiettivi
relativi alla loro professione.
Tina Tacchino : propongo di aprire un po’ il dibattito. Ci sono domande ?
Brunhilde Calewaert : circa l’intervento di volontari in un progetto. Quale posto può avere il
volontario a fianco all’utente, all’istituzione, nella CC ?
Carine Van den Dorpe : all’associazione Ecole et Famille, abbiamo un gruppo, chiamato
“genitori-staffetta”, che si riunisce una volta al mese, per discutere, utilizzando gli stessi strumenti
dei professionisti, per prendere del distacco rispetto all’accompagnamento di una famiglia quando
siamo noi stessi in difficoltà. Utilizziamo il nostro vissuto, la nostra esperienza, per facilitare il
dialogo con un utente, che può essere arrabbiato, o disperato, o non voler andare verso la
persona che può offrire il servizio. Il nostro scopo è di ricreare il legame, la fiducia.
Claudine Alhinc : è in questo contesto, che sei venuta in CC, con una famiglia che conoscevi.
Brunhilde Calewaert : per il volontario, non ho mai l’impressione che la risposta mi soddisfi.
Penso che il volontariato abbia qualcosa di particolare, di eccezionale. Bisogna intenderlo come
qualcosa che meriterebbe di essere analizzato, sfruttato, senza che siano degli amici di una
famiglia che accompagnano.
Carine Van den Dorpe : non siamo degli amici della famiglia.
Claudine Alhinc : abbiamo anche dei volontari, penso in particolare a delle persone che aiutano
gli alcolisti. Sono d’accordo con lei, è una grandissima ricchezza, e loro non hanno nessun
problema a lavorare con le regole della clinica, e anche ad arricchirle.
Dott. J.-M. Lemaire : c’è un momento molto particolare che può rispondere a questa domanda,
che è estremamente precisa ed interessante : quando la stampante del sociogenogramma deve
scegliere se deve utilizzare il pennarello nero o quello verde. Se è un amico della famiglia, è il
pennarello nero. Se quest’amico ha una personalità istituzionale, è il pennarello verde. La persona
che potrebbe aiutarci a rispondere a questa domanda sarebbe Lino di Cuneo, per sapere come
percepisce Tarcisio, che fa parte della Caritas. In una CC molto importante d’Alessandria, Marco
definiva una percentuale, perché diceva che trasformava gli operatori in amici. Erano al 75% degli
amici, al 25% degli operatori. Ma un’assistente sociale si definiva almeno al 90% come
professionista, ma era toccata da un 10% a livello personale. Qual è l’equilibrio tra questa parte
personale e questa parte professionale, che abbiamo tutti ? Se mai un progetto di CC escludesse i
volontari, si priverebbe di questa messa in discussione, della parte personale e della parte
14
professionale che si verifica nelle nostre professioni. La CC propone che tutti vengano con le
persone di cui si ritiene utile la presenza. Quando una mamma dice: « se non avessi avuto un
figlio, mi sarei suicidata », è difficile valutare il contributo del suo bambino nel senso in cui è lui
che le ha salvato la vita e nonostante questo non è sicuramente un professionista. Si pone la
questione per il professionista di come riconoscere questo contributo. Il professionista non è più
quello che si sostituisce all’importanza relazionale, ma è colui che viene in soccorso della vittoria
di ciò che le persone hanno potuto costruire insieme. Mi sembra, anche se io non sono in questa
posizione del volontario, che la mia professione prenda il massimo della dignità quando posso
andare ad appoggiare il lavoro del volontario.
Adriana Ferretti : ieri, abbiamo visto la triade concertativa, mi sono chiesta dove mettere il
volontario: dalla parte degli utenti o dalla parte dei professionisti. Mi chiedo se questo dipenda
dalla visione che l’utente ha del volontario.
Dott. J.-M. Lemaire : si può chiedere a Ivana se è dalla parte italiana o dalla parte francese.
Oppure lo si può chiedere al sig. Trigalet, che ha una grande esperienza, come può rispondere ad
una domanda come questa, assolutamente importante.
Paul Trigalet : è una domanda molto importante. Nel servizio che abbiamo creato, ci sono sia
volontari che professionisti, ogni gruppo ha un ruolo specifico, ma sono complementari. Per noi,
è essenziale che si mantengano questi due operatori. Alla formazione di CC che si fa a Charleroi,
ci sono anche dei volontari. Penso che bisognerebbe uno di questi giorni aggiungere degli utenti,
perché quando sono nei gruppi, svolgono anche loro un ruolo molto importante. Mi ricordo di
una conferenza che si è tenuta a Charleroi, di un sociologo che aveva lavorato con delle persone
che erano uscite dalla strada, e che aveva risposto ad un dialogo, dove gli utenti usciti dalla strada
spiegavano che ciò che li aveva aiutati maggiormente, non erano necessariamente i professionisti.
Emmanuel Nicolas : quale attenzione porre alla freccia blu che metteremo ? D’altra parte,
quando gli abitanti della strada, che si sono inseriti, vogliono diventare educatori, riescono dopo 3
anni, si sente spesso i professionisti dire : “ma non sono pronti”. Nella pratica, si arriva fino a
sentir dire : “quando verrà ad una formazione, rischia di essere sotto l’effetto dell’alcool”, mentre
i professionisti stessi, durante la pausa pranzo, abusano di alcool. Ad un certo punto, questo crea
un paradosso sul quale sarebbe forse interessante lavorare.
Dott. J.-M. Lemaire : sulla questione di essere pronti o meno, la prima cosa che mi viene in
mente è una rabbia contro il professionista che ha questo atteggiamento ; mi viene da dire che
non è l’utente a non essere pronto per diventare professionista, ma il professionista per accogliere
l’utente diventato professionista. La rabbia è un segnale che deve invitarci alla sospensione dal
giudizio. Se lo sospendiamo, possiamo pensare che chi deve maturare non è l’utente o il
professionista, ma la relazione tra l’utente e il professionista. L’ambizione della CC, è di essere un
maturatore delle relazioni.
Marie-Claire Michaud : è vero che sempre di più i volontari, il tessuto associativo,
intervengono nel campo professionale. Ma è pericoloso dire che uno è meglio dell’altro.
Semplicemente, penso che il volontario è colui che interroga la relazione di fiducia che il
professionista ha stabilito con l’utente. E’ una buona occasione, per i professionisti, di interrogare
i volontari sul modo in cui hanno potuto guadagnarsi la fiducia degli utenti.
Houaria Jarboui : vorrei tornare sulla “ rabbia dei professionisti di essere pronto o meno ”. Mi
dico spesso che non c’è soltanto la fiducia tra i professionisti e gli utenti, c’è anche la relazione tra
professionisti e professionisti su uno stesso territorio. A Orléans, avevo l’impressione che per
alcuni anni, dal 2001 al 2003, durante la CC, avevamo imparato a lavorare insieme, ad avere
fiducia gli uni negli altri. Questo lavoro cominciava ad interessare altri professionisti che non
venivano. I responsabili politici hanno avuto il bisogno di chiedersi : cosa succede sul nostro
territorio? C’è stata una sospensione, per poter valutare tutto questo lavoro, e mi è capitato di dire
che tutto questo lavoro era stato rovinato. Mi sono resa conto che a settembre, quando abbiamo
ripreso, tutto era rimasto, la fiducia, le esperienze. Ma abbiamo perso molti professionisti, perché
non avevano più fiducia gli uni negli altri.
15
Dott. J.-M. Lemaire : rispetto a questa osservazione, abbiamo detto ieri che il nostro lavoro
dovrebbe avere l’obiettivo di essere recuperato dal servizio pubblico. Bisognerà che il politico si
metta a funzionare attraverso una riflessione sulla fiducia, prima di recuperarci. Di arrivare a
capire come l’alleanza può essere fatta “per”, piuttosto che “contro”.
Concetta Cusumano : c’è anche la questione del mandato. Ciò che constato, nel nostro lavoro, è
che c’è una differenza tra ciò che è previsto dall’attore professionista, e il suo mandato
istituzionale. Mi sembra che più lo scarto tra il lavoro sul campo e il mandato dell’istituzione è
grande, più si sviluppa un’interfaccia, costituita dal volontariato, che permette di compensare
questa distanza, questo scarto. Ad esempio, da noi, ATD Quart Monde sta prendendo questa
posizione.
Carine Van den Dorpe : vorrei ritornare sulla scelta del colore, tra il verde e il nero. Penso che
quando un professionista esula dal suo contratto di lavoro per andare ad accompagnare una
famiglia, per fare qualcosa che non è previsto dal suo lavoro, è nella parte nera. Quando l’utente
utilizza delle competenze professionali per mettersi in relazione con i professionisti, è nella parte
verde. E’ del vissuto.
Dott. J.-M. Lemaire : a livello professionale, sarebbe interessante chiedere agli utenti, e agli
psicanalisti, con quale colore disegnano il transfert.
Ennjimi Meriem : lei diceva che la concertazione dovrebbe essere recuperata dal servizio
pubblico. Ma il potere pubblico significa valutazione, controllo, ecc. Quale sarebbe allora la
libertà d’intervento per noi, come professionisti ?
Dott. J.-M. Lemaire : non posso incoraggiarvi a coltivare queste domande laddove lavorate.
Yves Polomé : una riflessione e una domanda. Penso che il politico non deve obbligatoriamente
recuperare, nel senso peggiorativo del termine, utilizzare ed essere l’operatore della CC.
Dev’essere lo strumento che facilita l’organizzazione di questo lavoro. Ora, la domanda : se
capisco bene, nella CC, non c’è un luogo decisionale, ma un luogo di concertazione e di scambio.
Nella relazione con l’utente, come si situa il lavoratore che ha un mandato di un giudice, e che ad
un certo punto, è portato a restituire una relazione, che forse deciderà in un modo o nell’altro
sull’utente? In questo senso, penso che la posizione di questo professionista sia difficile.
Michele Caccavo : la questione politica della confidenzialità non si pone soltanto al politico.
Questa questione non può essere confiscata dal politico o dal professionista. La questione della
confidenzialità si pone a tutti i professionisti. Anche il professionista che deve obbedire ad un
mandato può utilizzare il suo potere discrezionale e scegliere lo strumento. Per questo, la CC può
essere un’occasione utile, importante, per poter condividere il peso del potere discrezionale.
Dott. J.-M. Lemaire : nella CC, si parla di metodo per affrontare i problemi di discrezionalità,
senza necessariamente rivelare il contenuto sul quale si esercita.
Pausa
16
Tina Tacchino : non possiamo fare il giro di presentazioni, siamo in troppi. Mi piacerebbe
ringraziare le persone nuove, che rappresentano le istituzioni locali, in particolare Gino Gazzo e
Maurizio Azzalin, del comune di Tortona, Adriana Ferretti e Osvaldo Repetti, di Novi Ligure,
Emilio Di Luci, responsabile del nostro Consorzio, il Dott. Reberti, direttore scolastico a Novi
Ligure, Bianca Berio, il sig. Massimo Barbadoro, il sig. Polomé, consigliere della ministra belga
Fonck, dell’aiuto alla gioventù, Mme Gautier, responsabile di una circoscrizione di quartiere
d’Argenteuil, Mme De Keyser, responsabile di un servizio de controllo educativo.
INCONTRO ALLARGATO CON GLI AMMINISTRATORI E I RESPONSABILI DEI SERVIZI CHE HANNO PARTECIPATO O
SONO INTERESSATI ALL’ATTIVAZIONE DELLE
« CLINICHE DI CONCERTAZIONE »
Dò la parola a Marie-Claire Michaud. Il tema che si apre si propone di affrontare il ruolo, le
funzioni, le possibilità della CC rispetto alle funzioni politiche, e alle gestioni dei servizi ; sulle
ricadute che può avere un lavoro di prossimità di CC sui compiti di gestione da parte dei
responsabili, e come concretizzazione dei programmi politici delle amministrazioni.
Marie-Claire Michaud : ho preparato questo intervento con Tina Tacchino. Ciò che è
interessante nel nostro comune intervento, è che io parlerò piuttosto dei nostri legami con i capi
istituzionali e politici, mentre Tina Tacchino parlerà piuttosto di come ha potuto aprire,
sviluppare la CC, a partire dalla sua posizione di capo istituzionale.
Sono Marie-Claire Michaud, lavoro in una piccolissima associazione della regione parigina, che
incoraggia i legami tra la scuola e la famiglia. Insieme all’apertura di quest’associazione, abbiamo
avuto la preoccupazione di sviluppare la CC sul nostro territorio. L’obiettivo era di aprire uno
spazio di riflessione e d’azione, sulle pratiche professionali su un territorio. Non so se l’avete
notato, ma uno dei fils rouges del seminario è la questione del politico. Ne avevamo già parlato
durante un primissimo seminario, me lo faceva notare Roseline Drouin. Trovo interessante che la
questione sia posta nuovamente quest’anno. Si tratta della questione dell’apertura, dell’estensività
della CC. « Come favorire l’estensività del dispositivo della CC associandovi i politici ? ». Mi
ricollego alla riflessione di M. Polomé di poco fa. Non si tratta che il politico assicuri la totalità
della gestione di questo dispositivo, ma discuteremo del ruolo che può svolgervi. Se associamo i
politici all’apertura e all’estensione di questo dispositivo, sarebbe interessante vedere quali sono
gli effetti sul piano clinico, organizzativo, amministrativo, sul piano istituzionale e sul piano degli
utenti.
Partiamo dalle cose così come sono, come dice il Dott. Lemaire. Ho voluto rappresentare come
la circolazione della CC si è svolta sul nostro territorio, come, a partire dal tessuto associativo, che
è interessato a lavorare con la scuola, può farsi la restituzione al servizio pubblico. Abbiamo una
collega di lavoro che si chiama Françoise Feuerstoff, che dice che un “progetto associativo
simbolizza una tensione tra l’anticipazione, il futuro da costruire, e la memoria di ogni
sperimentazione”. A partire da un tessuto associativo, da una preoccupazione di lavoro collettivo
con altri professionisti, una CC si è svolta per 3 anni, su un territorio. In seguito, grazie
all’incontro di altri professionisti interessati dalle stesse questioni del lavoro di rete, abbiamo
potuto esportare la nostra esperienza in una comunità più larga, che ha attivato, che ha finanziato
una Formazione-Azione, utilizzando i concetti della CC. Da un comune, siamo passati a 12
comuni. Attualmente, gli effetti sono interessanti, perché praticamente nello stesso momento,
altri luoghi, in alcuni quartieri, hanno avuto bisogno di organizzare delle CC. E’ come se si
passasse da un piccolo gruppo ad un grande gruppo, per ritornare ad un piccolo gruppo. Ci sono
stati diversi effetti quest’anno: gli utenti conoscono meglio questo dispositivo; molti
professionisti, nelle istituzioni, praticano delle staffette, con o senza gli utenti ; ci sono sempre di
più delle pratiche di “Concertazioni Cliniche” ; i capi dei servizi sono invitati a pilotare, a
controllare, a partecipare allo sviluppo delle CC. Infine, il potere politico della Communauté
17
d’Agglomération di Cergy Pontoise ha deciso di riunire tutti i comuni e di studiare i bisogni dei
comuni in legame con la CC.
Partiamo dai professionisti di base, gli operatori, come li chiamate voi in italiano. Sono dei
professionisti che hanno integrato i compiti di un servizio, e che sono incaricati di renderli
operativi. Perché partire da loro? Perché sono i primi a trovarsi in situazione di infatuazione, di
seduzione, rispetto al dispositivo della CC. E questo perché questo dispositivo dà del senso,
dell’aiuto alle situazioni che incontra. E’ un dispositivo che risponde alle loro prime intuizioni,
che hanno fatto loro scegliere questi mestieri dell’aiuto e della cura. E’ come se ci fosse un
incontro tra questo dispositivo e le loro prime intuizioni, come se tutt’ad un tratto le cose
diventassero possibili, anche se è difficile confrontarsi con le pratiche di altri professionisti. Nello
stesso tempo, questi professionisti di base hanno un atteggiamento paradossale con i capi dei
servizi e i politici. Il loro rapporto è un rapporto di sfiducia, di timore, di disinteresse, sebbene
anche di rispetto. Nello stesso tempo, questi professionisti chiedono ai politici una sicurezza, una
garanzia. I rapporti diventano allora difficili. E’ il motivo per il quale trasgrediamo spesso quel
livello.
Emmanuelle De Keyser : trasgredire quale livello ?
Marie-Claire Michaud : il livello politico; ovvero, passare oltre, senza tenerne conto.
Il lavoro dei professionisti di base è difficile da valutare, in termini di risultati. E’ come se questo
ci autorizzasse a non render conto, a non informare le nostre gerarchie. Di fronte all’infatuazione
dei professionisti di base davanti a dei dispositivi come la CC, i politici hanno anche loro degli
eco di trasgressione. Spesso allora, i capi dei servizi sono irritati dagli atteggiamenti dei
professionisti di base, ed esprimono le loro paure, perché una parte del controllo sfugge loro. Che
cosa si può intendere oggi per politico? Secondo il dizionario, è colui che occupa il potere, che si
occupa degli affari pubblici. E’ abile e interessato; è colui che governa lo spazio pubblico. Ora, si
sa che lo spazio pubblico è un luogo di lotta, di litigi, per interpretare e per rispondere ai bisogni
degli utenti. Quando dico « politico », intendo capo istituzionale capo di un servizio, politico nel
senso largo quindi. Noi possiamo forse, come professionisti di base, interessarci delle loro
preoccupazioni. Ho posto alcune domande a certi politici, capi istituzionali. Vi cito cosa hanno
detto :
Un sindaco di un comune: “ Sono garante della pace sociale, devo esercitare il più possibile la
democrazia, ho il compito di equilibrare le domande e le risposte”
Un capo di un’istituzione: “Cosa posso fare io di fronte a situazioni molto complesse, su di un
territorio e che mettono in pericolo la sicurezza? Che mezzi ho a mia disposizione?”
Un responsabile di servizio d’aiuto e cura : “ Come troverò degli strumenti per i miei operatori
sul campo, che vanno ad applicare la mia politica ? Come posso, nello stesso tempo, riconoscere
la pertinenza dei loro interventi? Come posso mettere in moto dei quadri specifici per permettere
ai miei professionisti di lavorare in buone condizioni?”
Un capo di progetto Mission-ville: “Non abbiamo bisogno di esperti, ma piuttosto di esperienze
che hanno funzionato; per questo, abbiamo bisogno di portatori di progetti”.
Un’assessore alla città di Cergy, che introduceva una giornata di sensibilizzazione alla CC: “La
necessità per i politici, attualmente, si trova nell’avvicinamento delle iniziative dei servizi, la
tessitura dei legami tra i professionisti; è la violenza sul territorio che lo richiede; la volontà di un
avvicinamento tra tutte le istituzioni deve essere politica”.
I capi istituzionali sono in un lavoro di staffetta tra le cose che elaborano i politici, e coloro che le
applicano. Hanno un ruolo di garanzia e di trasmissione. Il dispositivo della CC può provocare
diverse fasi :
- Una fase di fascino: “Finalmente, abbiamo trovato un’idea”. Mi ricordo del Ministro dell’
Educazione nazionale nel 1999, dopo aver presentato il progetto Ecole et Famille, mi ha
detto: “ Finalmente qualcuno che mi propone qualcosa”. I politici ne sono avidi.
- Una fase di destabilizzazione : questo porta molta confusione.
18
-
Una fase di timore, di ripiegamento: si rifiuta di partecipare perché non si è rassicurati, si
ha paura di essere sleali nei confronti della propria politica, dei propri compiti, della
propria istituzione. Spesso, è qui che cominciano i problemi1.
Fase d’approfondimento: i politici, i professionisti cominciano a vedere gli effetti della
pratica sul territorio. E’ in questa fase che il politico è associato alla comprensione di
questo dispositivo.
Fase d’integrazione : i capi dell’istituzione e il politico si mettono al lavoro. E’ la fase di
cui parlavo poco fa, quando il comune chiede di applicare il dispositivo agli altri comuni
del territorio.
Fase di ripercussione: il politico, il capo istituzionale capisce la posta in gioco, su un
territorio, di questo dispositivo. Va a cercare i finanziamenti, cerca di sostenere la pratica.
Approfondisco le prime tre fasi, e Tina si occuperà delle ultime tre fasi.
Cosa succede quando un capo politico, istituzionale, si confornta con una proposta di apertura
dei servizi? Teme uno straripamento delle pratiche dei professionisti, teme la confusione negli
obiettivi, ha una grande difficoltà a rendere conto alle istanze superiori; non ha i mezzi per
valutare questo tipo di lavoro. Tutto ciò lo mette in una posizione di squilibrio notevole, perché il
capo istituzionale dev’essere costantemente molto vigile. Ogni novità va a squilibrare il suo
sistema. Non vede l’urgenza nello stesso modo di un professionista sul campo. Jean-Marie
Lemaire insiste sulla messa al lavoro di tutte queste reti, perché c’è un’esplosione dei disagi
multipli su un territorio, ed è necessario riconoscere la legittimità e la portata terapeutica di questa
messa al lavoro di tutte queste reti. Chi è in grado di dare questa legittimità, se non i politici e i
capi istituzionali che possono capire l’importanza delle poste in gioco e possono assicurare la
durata di queste installazioni.
Michele Caccavo : l’intervento che si sta facendo è molto chiaro, ma secondo me, ha il rischio
di essere una lezione per i politici. Se fossi un politico, potrei essere a disagio. E questo perché
non c’è dibattito.
Marie-Claire Michaud : il dibattito arriva tra poco.
Brunhilde Calewaert : si può collocare lo stesso schema al livello di un professionista sul
campo.
Marie-Claire Michaud : l’oggetto del mio intervento consiste nell’attirare la nostra attenzione
sulle nostre responsabilità in quello in cui si dibattono i capi istituzionali, i politici. Ho avuto
bisogno di un tempo d’osservazione e di pratica di questi capi istituzionali per imparare io stessa
ad entrare nella loro logica. Penso che il tempo d’integrazione, di verifica non è lo stesso secondo
il livello nel quale ci si trova. L’ho capito quando un capo istituzionale mi ha detto: “sto tra i
decisori che si aspettano dei risultati dai miei servizi, e le persone che lavorano sul campo che si
aspettano il mio sostegno; sono spesso strattonata e passo per quella cattiva, quella che non
capisce, mentre io devo rendere conto più in alto”. Più si sale nella gerarchia, più il tempo di
assimilazione è lungo, più le famiglie si mostrano impazienti.
Michele Caccavo : mi sembra che si debba definire uno spazio per il dibattito, a rischio di
modificare l’ordine del giorno.
Marie-Claire Michaud : si può decidere di mangiare la pasta fredda. Finisco e poi si lasciano
dieci minuti per il dibattito. Per installare queste pratiche di rete basate sulla CC, penso che sia
importante avere in testa qualche attenzione. Per i capi istituzionali e politici, penso che sia
importante che abbiano le chiavi per capire. E’ importante che possano partecipare all’avvio di
questo dispositivo, che possano partecipare all’analisi degli effetti di questo dispositivo sui
professionisti, sulle istituzioni, sui cittadini. E’ importante che possano partecipare alla ricerca di
finanziamenti, che rientra nella loro politica. Penso ad esempio che possano svolgere un ruolo di
spiegazione a decisori più importanti, come l’Europa ad esempio.
1
E’ interessante idividuare queste fasi, per affrontarle meglio con i politici.
19
L’anno scorso, ho parlato dei campi di sovrapposizione, di molti professionisti che erano
coinvolti in una situazione. Ho capito che quando dei capi istituzionali, dei politici si ritrovano
per riflettere sullo sviluppo di un dispositivo come la CC, penso che ci sia un campo di
sovrapposizione anche tra i diversi capi e politici, ed è una buona occasione di confronto tra i
politici. Non è più un allineamento di diversi politici, come si ha l’abitudine di vedere in Francia,
ma un campo comune, un confronto comune. Uno spazio di creatività può crearsi per introdurre
questo dispositivo. Questo dà dello spessore alla politica. Ciò va ancora più in là di un lavoro
trasversale. Ho preso l’esempio di un sindaco di una città, che ha il suo campo specifico, un
ispettore dell’educazione nazionale e un responsabile dell’aiuto e della cura. L’incontro necessario
dei diversi capi istituzionali e politici permette loro di rendersi conto che lavorano tutti per la
stessa popolazione, composta di bambini, di famiglie, di professionisti. Questo incontro può
valorizzare i campi specifici di ognuno, creando allo stesso tempo un campo comune. Per finire,
ci si può rendere conto che il lavoro di incontro tra i politici ha degli effetti sugli utenti, che
possono capire meglio i politici, che possono integrare meglio, accettare i politici che uniscono il
controllo e la cura. Gli utenti possono avere più fiducia nel servizio pubblico, etc. Si possono
anche immaginare gli effetti sui professionisti, che sono autorizzati a praticare questo tipo di
lavoro concertativo sul territorio e che da questo fatto possono diventare molto più creativi. E
infine, ci sono degli effetti sui politici stessi, traendo un beneficio da questo lavoro, questa messa
in comune in occasione dello sviluppo e dell’installazione delle pratiche di rete.
Emmanuel Nicolas : ho una domanda sulla posizione degli utenti. La posizione dei
professionisti di fronte ai politici mi fa pensare alla posizione degli utenti di fronte ai
professionisti. Che gli utenti diventino esperti, per i professionisti, per dialogare con i politici,
senza utilizzare gli utenti come potrebbe fare un ventriloquo. Non si potrebbe interpellare gli
utenti per aiutarci ad affrontare le questioni politiche?
Emmanuelle De Keyser : sul mio territorio, non abbiamo la CC, ma un’ispirazione degli
strumenti della CC. Attualmente, abbiamo un progetto educativo locale, che è una diagnosi
condivisa, con tutti i gruppi di attori. Il metodo che si è scelto consiste nell’interrogare gli eletti, i
professionisti del comune, delle istituzioni, i responsabili, i decisori, i genitori, i ragazzi, le
associazioni. Li si interroga sulla percezione che hanno del lavoro in materia educativa, per
valutare quali campi di sovrapposizione ci sono nelle preoccupazioni di ognuno. Potremo
lavorare su questo argomento. La parola degli utenti si trova là, direttamente, in un processo di
valutazione e di proposta.
Marie-Claire Michaud : l’utente è sempre l’esperto, ed è nostra responsabilità portare questa
perizia. I politici e i capi istituzionali sono molto aperti quando si portano delle situazioni. E’
importante spiegare il nostro lavoro attraverso le situazioni che incontriamo.
Brigitte Gautier : rispetto alla legittimità. Marie-Claire diceva che la legittimità viene dal politico.
Mi interrogo sulla legittimità del politico, che, sembra, deriverebbe dal “popolo”. Seriamente,
rispetto alla pratica della CC, osservo che la legittimità della pratica viene dal campo, viene
dall’utente, dal “ popolo”; a condizione che il politico ascolti, guardi, e vada a contattare, per dare
della legittimità.
Claudine Alhinc : possiamo aiutarlo?
Brigitte Gautier : è quello che diceva Emmanuelle. Il professionista ha una funzione di
traduttore tra l’utente e il decisore. Nulla impedisce che il politico sia in relazione diretta con una
parte della popolazione.
Dominique Draguet : vorrei insistere sul fatto che gli utenti hanno altri canali rispetto a quelli
dei professionisti, per farsi sentire dal politico.
Brigitte Gautier : quando parlo del passaggio dell’espressione dell’utente da parte del
professionista, è anche che lo sguardo del professionista lo traduca al politico, con le proprie
lenti.
Massimo Barbadoro : mi piacerebbe verificare e approfondire un punto, importante rispetto al
tema che si discute: il rapporto di fiducia tra il politico e i servizi, le istituzioni che applicano le
20
sue decisioni, e che lavorano sul territorio. Bisogna creare un miglior modo di comunicare tra i
dirigenti e le strutture, in un modo piramidale, ma anche trasversalmente.
Dott. J.-M. Lemaire : noi, i professionisti, siamo stati educati ad essere dei professionisti
dell’intimità. Ho ricevuto una lezione magistrale da una famiglia a Sarajevo. In un quartiere
particolarmente toccato dagli “ snipers ”, dove le persone non avevano i mezzi di utilizzare i
containers d’acciaio per proteggersi dagli spari, utilizzavano delle lenzuola che mettevano al filo
elettrico, perché non potessero sparargli addosso. C’erano i fori dei proiettili nelle lenzuola
Quando ho incontrato una famiglia, avevo questa telecamera. Ho detto, come dico sempre con
l’utilizzo della telecamera, che ciò che sarebbe stato registrato sarebbe stato strettamente riservato
a dei professionisti dell’aiuto e della cura. Il padre mi ha detto : “ No, assolutamente no, le chiedo
di far vedere ciò che avete registrato in tutti i canali dei paesi Europei, le chiedo di far vedere ciò
che ho detto (questo padre che piangeva per quello che aveva vissuto), di farlo vedere ai politici
dei vostri paesi, perché voi, siete stati mandati da quelle persone che non hanno potuto impedire
la disgrazia che viviamo oggi ”. Questa è stata una lezione magistrale per la messa in discussione
di questa professione dell’intimità. Preciso che sono terapeuta individuale, che continuo ad avere
questa professione di psicoterapeuta nello studio chiuso. Questo dispositivo di lavoro, potrebbe
diventare distruttivo se non fosse indicato ma imposto come il solo dispositivo terapeutico. Ciò
che ho trovato straordinario nella comunicazione di Marie-Claire, è il fatto di trasferire questa
capacità di apertura verso i responsabili politici. Lavorare la fiducia, l’apertura con le famiglie in
disagi multipli, mi sembra qualcosa di abbastanza praticabile con i professionisti che incontro
abitualmente. Praticarla con altri colleghi o istituzioni mi sembra più difficile. E verso i
responsabili politici, mi sembra raramente praticato, e quasi impossibile. Piuttosto che lamentarsi
degli atteggiamenti dei politici, dobbiamo rivedere le nostre attitudini nei loro confronti.
Emmanuel Nicolas : a proposito dell’agenda, che è uno strumento essenziale nel dispositivo
della CC. Quando vedo le difficoltà che hanno i professionisti e i politici a trovare delle date
comuni per incontrarsi, ci si dà i mezzi per dare un’agenda agli utenti? E’ stata fatta una piccola
esperienza a Charleroi, abbiamo dato un’agenda agli abitanti della strada. Per 3-4 persone ha
avuto un impatto piuttosto importante, che è costato 3 o 4 euro. E’ possibile interpellare anche il
politico rispetto a ciò che alcuni piccoli dispositivi possono provocare come risparmi?
Yves Polomé : sono abbastanza a disagio rispetto a ciò che si è detto, per diverse ragioni, che
cercherò di sintetizzare. La prima, è che ho incontrato, qualche mese fa, dei membri della CC di
Bruxelles. Non sono entrato nel processo delle fasi com’è stato rappresentato da Mme Michaud.
Non sono passato attraverso la paura, ma sono passato dallo stupore all’interesse, e anche la mia
ministra. Ma oggi, dopo questo incontro, e due giorni passati con voi, mi muovo nel paradosso,
come Monsieur Lemaire. Non capisco, attraverso gli interventi, cosa le CC si aspettano dal
politico. A volte ho molto l’impressione che si parli di mezzi finanziari. E’ un riconoscimento
semplice? Insomma, quale spazio potrebbe trovare il politico? Mi dispiace che sia stato così
breve. L’interesse sarebbe stato quello di preparare l’intervento tra Mme Michaud e il politico. Mi
sembra che è visto sotto un prisma poco equilibrato, rispetto a ciò che ho visto ieri.
Tina Tacchino : avevamo pensato a questo suggerimento, e abbiamo lasciato una traccia.
Abbiamo voluto sviluppare due parti, non con un politico, ma con un responsabile di istituzione,
giocando su ciò che l’assessore ha detto del rapporto di fiducia. Ci sono delle questioni rispetto
alla funzione politica, ma il problema non è di collegare le questioni dell’utente o dell’operatore
del territorio. Trovo che gli utenti e i politici siano molto vicini, perché gli utenti sono cittadini, i
politici sono eletti ed amministratori. Gli utenti cittadini hanno degli strumenti molto più efficaci
per arrivare al politico che non i professionisti. Secondo me, la questione è di costruire degli spazi
e delle situazioni praticabili, nelle quali ci si possa raggiungere.
Adriana Ferretti : secondo me, si tratta di una comprensione comune, nel rispetto dei diversi
ruoli.
Emmanuelle De Keyser : vorrei che si riprendesse dopo il pranzo, perché non si è andati fino
in fondo.
21
Pausa
Tina Tacchino : riprendiamo, a richiesta del gruppo, come questa mattina. Vorrei prendermi del
tempo per dare una risposta all’ultima domanda di M. Polomé. Chiedeva qual è la richiesta dei
professionisti che usano il dispositivo della CC. Cosa chiede il professionista al politico? Per
quanto riguarda l’esperienza italiana, è stata resa possibile da un’implicazione diretta
dell’istituzione pubblica, e quindi grazie ai politici, e questo a 3 livelli : regionale, provinciale e
comunale. Una richiesta per continuare il lavoro, che trovo semplice ma molto difficile: un
sostegno per allargare e moltiplicare l’effetto estensivo della fiducia, fiducia istituzionale,
professionale, e tra i diversi livelli. I legami che si sono creati tra regione, provincia e comune, e
con i consorzi in particolare, questi legami vengono dall’istituzione stessa, ma sono stati
rivitalizzanti attraverso la CC. L’estensione è possibile grazie al lavoro dei professionisti, grazie ai
contributi degli utenti, ma abbiamo anche bisogno del sostegno dell’azione politica. In Italia,
siamo a disagio quando utilizziamo la parola “politico”, forse perché questa parola è diventata
peggiorativa. Ma la difficoltà della funzione politica in questo momento richiede una revisione del
modo di costruzione dell’azione politica. Potremmo dire: “Siamo tutti nella stessa barca”. Ma
abbiamo tutti delle funzioni diverse, le sostituzioni sono molto pericolose. Non fanno progredire
il professionista che si sostituisce al politico, il politico che diventa un tecnico. La CC può essere
un’occasione per rivedere la ricostruzione di tutte queste funzioni. Come i professionisti mettono
in discussione le loro pratiche ? La stessa cosa può accadere agli amministratori. Cercheremo di
chiedere agli amministratori del comune di Tortona, ciò che è stato possibile per trovare questo
luogo d’incontro, l’accettazione di alcuni elementi del dispositivo, come l’apertura. Non si tratta
di domande a cui ci si attende una risposta. Le domande possono essere più ricche delle risposte.
Si cercano insieme le soluzioni. Se dovessi dire ciò che abbiamo fatto per avviare, come
responsabile, la CC, per portare gli amministratori che erano presenti quel mattino, questa è stata
la dimostrazione che la pratica dell’apertura, si è chiesto di favorire un coinvolgimento. Ho fatto il
primo passo, quello di passare da un’azione di prossimità, anche se non c’erano utenti, ad
un’azione di sistema. Questo è molto legato alla situazione italiana.
Dott. J.-M. Lemaire : rispetto alle responsabilità politiche, sarebbe interessante che i
responsabili politici belgi ci dessero ciò che ci hanno dato i responsabili politici francesi. Ad
esempio, i responsabili del Comune di Orléans ci hanno dato, in un momento in cui eravamo
piuttosto timorosi rispetto al loro sguardo, una valutazione, che è stata fatta da un’impresa di
valutazione di Bordeaux, e che finisce con un dossier, estremamente interessato, commentato dal
Comune di Orléans. Inizialmente, abbiamo avuto paura di questa valutazione, e poi siamo stati
felicissimi di leggerla. Ho sentito una professionista di Orléans. Diceva che questo lavoro di rete
la faceva progredire nella sua professione, che si sente meglio da quando vi partecipa. Ho detto a
questa professionista: “Non credo che sia estremamente avveduto dire che le risorse dedicate alla
CC servono perché i professionisti stiano meglio”. Madame Bouin, l’assessore di Orléans mi ha
“tirato per le bretelle” : “Sappia che noi, i politici, ci prendiamo cura dei professionisti”. La nostra
richiesta è paradossale, non chiediamo gran che. Tra i soldi, o il riconoscimento, c’è un 80% di
riconoscimento, e un 20% di soldi. Questo 80% riguarda la valorizzazione del lavoro negli
interstizi tra le istituzioni. Penso che come medico, psichiatra, posso essere riconoscente nei
confronti del politico per tutto ciò che i politici hanno potuto fare per valorizzare il lavoro della
mia corporazione. Mi sembra che gli assistenti sociali, gli assistenti familiari, gli insegnanti,
possano, in un certo modo, essere riconoscenti per la valorizzazione della loro corporazione. Il
lavoro che ci fanno fare le famiglie in disagio multiplo richiede anche un riconoscimento del
lavoro negli interstizi. Si possono definire i membri di una famiglia in disagio multiplo, come delle
persone che non vanno la dove noi le aspettiamo. A forza di non essere là dove le aspettiamo,
sono per forza altrove. Quando si cerca di capire dove sono, con un sociogenogramma, con loro,
sono delle persone che frequentano gli interstizi. Chiediamo di essere riconosciuti quando
lavoriamo nei campi di sovrapposizione, negli interstizi, quindi un riconoscimento del lavoro
22
terapeutico di rete. E’ qualcosa di estremamente provocatore, perché sfugge al controllo nel
senso in cui lo intendiamo di solito. Non vorrei trascurare l’altro 20%. M. Nicolas ha detto qual
era l’effetto dell’agenda della CC distribuita a degli utenti. Se avessimo 2000 agende, vuol dire che
gli utenti, le famiglie, potrebbero in questo caso essere presenti alle cliniche, ai pool. Le si può
chiedere 5 000 euro per far stampare 2 500 agende. Il sito della CC è un sito artigianale, 5 000
euro ne farebbero un sito professionale. Potremmo essere ancora un po’ più esigenti.
Preferiremmo che di questi 10000 o 15000 euro, un terzo venisse da un servizio pubblico italiano,
un terzo francese e un terzo belga. E che ognuno di questi terzi sia il contributo di diversi
ministeri. Come ha spiegato Dominique Draguet, il primo convegno internazionale della CC ha
fatto apparire per la prima volta il sostegno di cinque diversi ministeri. E di questo siamo debitori
alla forza convocatrice delle famiglie in disagi multipli.
Emmanuelle De Keyser : si parlava di agenda poco fa. Credo che se ci si rivolge ai politici, non
bisogna dimenticare la loro agenda, ritmata dalle elezioni, con delle necessità di risultati. Se i
tempi di assimilazione del metodo sono lunghi per i politici, come professionisti abbiamo il
dovere che i risultati si vedano subito. Ma non credo che l’assimilazione sia lunga. Ci vuole molto
tempo per spiegare loro, con uno sguardo che possono capire. Non sono clinica, sono una
professionista. Devo mettere in opera una politica decisa dai politici. Ciò che chiedo al politico, è
di darmi i mezzi per mettere in opera questa politica. Gli strumenti della CC sono per me un
mezzo per mettere in opera la politica. E’ meno purista, meno fedele alla CC propriamente detta.
Questo necessita un’appropriazione degli strumenti e un adattamento sul territorio.
Claudine Alhinc : ho un esempio legato alla nostra esperienza su due territori. Una delle regole
della CC è di fare il verbale con i nomi dei presenti, con il contenuto dei dibattiti. Abbiamo
l’esperienza ad Argenteuil, dove è difficile mettere il nome delle persone presenti, per il
momento. A Eragny, è difficile mettere il contenuto dei dibattiti. Sono degli esempi di
adattamento per le specificità di alcuni territori.
Emmanuelle De Keyser : ad Eragny, non si tratta di una “Clinica della Concertazione”, ma è
forse un primo passo per arrivarvi, e formare dei clinici sul territorio.
Claudine Alhinc : con un appoggio dei politici.
Emmanuelle De Keyser : non bisogna considerare la CC come una fine in sé. L’obiettivo è di
mettere in pratica un progetto. Ma per questo, l’appoggio dei politici è importante, per darci i
mezzi per lavorare.
Avevo un’altra riflessione : bisogna considerare che la CC, ad un certo punto, è un rischio per il
politico. E questo per due ragioni: questo può far emergere dei progetti o delle richieste che non
erano quelle che ci si augurava, questo deriva dalla democrazia del gruppo. Inoltre, riunire su di
un territorio diverse istituzioni può portare ad un confronto tra diversi politici. Di qui
l’importanza di ciò che ha potuto svilupparsi sull’agglomerazione di Cergy Pontoise, con diversi
livelli di incontri. Saint Ouen, Eragny e Cergy sono nel Cergy Pontoise. Ci sono due cose diverse
nelle tre città, ma ci si riunisce una volta al mese in una formazione.
Michele Caccavo : penso alla frase che diciamo agli utenti quando li ringraziamo di venire a farci
imparare una parte del nostro mestiere che conosciamo male, quella di lavorare insieme. Penso
che la stessa cosa valga per i politici. La politica, è qualcosa che divide, che spezzetta. E’
un’esperienza sconcertante. Dimentichiamo che la politica è un conflitto permanente, tutti i
giorni, pesante da sopportare. Non si insegna ad una scimmia a fare le boccacce. I politici, anche
quelli che non apprezziamo, lavorano in spazi che sono aperti.
Dominique Draguet : a partire dall’osservazione di M. Polomé di stamattina, sulla difficoltà del
lavoratore che ha un mandato, quando si trova in CC e poi davanti al giudice. Lei ci fa vedere la
preoccupazione che ha per i professionisti stessi. Lei ha quindi un punto di vista più a distanza di
noi, sulla pratica. Potrebbe citare un criterio di valutazione del lavoro terapeutico di rete?
Yves Polomé : non ora direttamente. Dopo aver parlato ad ora di pranzo con uno dei nostri, so
che in comunità francese una delle prime difficoltà che incontrerò, quando rientro, in un sistema
istituzionale a compartimenti, è che quando parlerò di “clinica” e di “terapeutico”, mi si dirà :
23
“salute mentale !, non è di nostra competenza”. E’ questa la difficoltà, dal momento che lavoro in
tutte le trasversalità. Sono continuamente in conflitto. Ho voglia di parlare di un’esperienza
positiva. E’ stato attuato sotto forma sperimentale un progetto che si chiama l’entre-temps. Si
tratta di un’équipe mobile di interventi, che lavora con dei giovani che vengono qualificati come
“ border line”, dei giovani al crocevia tra la salute mentale, l’handicap, l’aiuto alla gioventù, ecc;
quei giovani che le istituzioni si respingono senza tregua dicendo: “non è per me, ma per l’altro”.
Il nostro progetto permette di lavorare con degli utenti in disagio multiplo, ma a livello politico, si
mettono insieme, in un comitato di accompagnamento, i diversi gabinetti e le diverse
amministrazioni. Abbiamo constatato che per lavorare con i giovani, bisognava armonizzare i
nostri decreti, i nostri trattati, che si urtano l’uno contro l’altro. L’azione politica che conduco per
il momento è di arrivare ad un’armonizzazione dei testi legali che dovrebbe (siamo utopisti)
permettere a questi giovani di essere presi in carico e di non essere più messi di fronte a dei testi
che li rifiutano. In questo senso, penso che l’azione politica abbia un’azione positiva, ma ciò non
impedisce ai professionisti di fare il loro lavoro, senza che il politico si intrometta direttamente.
L’ultima riflessione che ho rispetto al politico : abbiamo, nel nord del paese, nelle Fiandre, delle
città dove l’estrema destra è in maggioranza. Mi chiedo come, in questo tipo di situazione, dei
lavoratori impegnati dalle città nel quadro di una politica sicuritaria, potrebbero incontrare altri
lavoratori dello stesso territorio, e quale uso potrebbe esser fatto dei verbali. Anche se il verbale
non spiega la situazione della famiglia, il fatto di sapere che ad un certo punto Mohammed non
va a scuola, rischia di portare una visione molto stigmatizzante.
Dott. J.-M. Lemaire : nel rispetto delle frontiere, la scelta che è stata fatta di chiamare il nostro
lavoro “Clinica della Concertazione”, l’ipotesi che si assume, e non è che un’ipotesi, è che se nel
verbale fosse scritto che sono quei giovani che conducono un’azione politica, questo mi
sembrerebbe praticabile. Per averli incontrati, Mohamed o degli altri giovani di Schaerbeeck,
penso che quando sanno che ciò che fanno è riconosciuto come un’azione politica, questo ha un
valore terapeutico. La mia preoccupazione come clinico rimane per Mohamed.
Concetta Cusumano : volevo reagire all’esempio dell’équipe mobile. Piuttosto che creare un
luogo “altro”, perché non muoversi sui campi di sovrapposizione di ognuno?
Yves Polomé : non abbiamo creato nulla, è un’équipe che lavorava sui campi di sovrapposizione
che è venuta a trovarci, e che ci ha chiesto di sostenere il progetto.
Brunhilde Calewaert : perché non arriverebbero a raggiungere i loro obiettivi? Per aver
incontrato la direttrice, mi sembra sia uno dei modi che hanno trovato per incontrare questo
obiettivo della CC sotto forma di staffetta. Dietro l’idea c’è la descrizione di questo lavoro che è
stato fatto, e che raggiunge la pratica di CC.
Claire Delforge : per fare una constatazione, sul territorio di CC, mi sembra che ci sia una
diminuzione delle famiglie “patate bollenti”, specialmente attraverso la pratica del lavoro di rete.
Lavoro nel settore della salute mentale, ciò che mi inquieta, è l’obbligo che abbiamo di mettere le
cose in statistica. Ora, effettivamente, quando ci mettiamo a disposizione per le famiglie in disagi
multipli, le statistiche di consultazione cadono in maniera vertiginosa. Ci si fa interpellare dai
nostri ministeri di tutela. L’altra inquietudine, è la creazione di reti nelle quali noi dovremmo far
rientrare i pazienti.
Laurent Halleux : ho un’inquietudine rispetto alle statistiche. Ho paura che ci si protegga non
volendo toccare le statistiche. Mi sembra che rispetto a ciò che diceva Mme Despret ieri, se
vogliamo che i politici abbiano fiducia in noi, bisogna parlare il loro linguaggio. Quando Claire
parla di una “diminuzione delle famiglie patate bollenti”, credo che siamo nel quantitativo.
Rimangono semplicemente da cercare nuovi criteri di valutazione, come ad esempio il tasso di
assenteismo dei professionisti. Questo potrebbe dare un’indicazione della salute della rete.
Claire Delforge : tutto sta nel sapere cosa si vuole misurare.
Dott. J.-M. Lemaire : se si parla di cose misurabili, penso che il tempo di assenteismo sia
misurabile. Nella FASD Belga, non so quante migliaia di persone raggruppa, l’assenteismo,
l’esaurimento dei lavoratori è un fatto misurabile, e che ha delle conseguenze enormi in termini di
24
salute mentale. Il fatto che i professionisti vadano in esaurimento, in depressione, rende più
difficile la continuità delle cure. Credo che il fatto di sviluppare gli strumenti che si propongono
nella CC, la clinica della staffetta, la concertazione clinica, il riconoscimento del lavoro
terapeutico di rete, fa in modo che i lavoratori siano meno in depressione, meno stremati. Ci
sono delle ricadute indirette ma immediate sulla salute mentale delle famiglie che accompagnano.
Tra le domande che faccio ai politici, di valutare il lavoro, è piuttosto nel senso di attivare una
facoltà universitaria che valuti le cose sul piano economico: i costi di una terapia spezzettata, e di
una terapia coerente, articolata. Ci sono oggi diversi territori dove questa valutazione può esser
fatta, su dei tempi corti, su tempi che vanno fino a 2, 3 o 4 anni.
Christine Relekom : come operatrice di base, mi rendo conto che i posti di cura sono diventati
rari. A volte ci sono delle liste di attesa di un anno, questo per delle famiglie che non hanno soldi.
Penso che gli operatori di base, gli insegnanti, PMS, le famiglie ed altri, debbano essere attivati nelle
competenze che hanno e non sempre esternare l’aiuto. Siamo in una società che non va bene,
non ci si può sempre aspettare delle cure, perché vediamo nelle scuole che i problemi sono
sempre esportati dalla scuola verso i luoghi di cura. Credo che molti lavoratori hanno perso
fiducia in se stessi, a causa della demoltiplicazione degli esperti. Credo si debbano rassicurare le
persone sulle loro competenze ridando loro il potere. Questo farebbe risparmiare delle energie.
Sento parlare della valutazione della CC. Mi piacerebbe provocare chiedendo: e la valutazione di
tutto il resto?
Emmanuelle De Keyser : ho voglia di riprendere ciò che diceva Dominique ieri, sul fatto di
parlare come se gli assenti fossero presenti, o come se i presenti fossero assenti. Per l’ultimo
politico che rimane, è un po’ complicato che riparta con la lista dei regali per Natale. Non mi
sembra molto leale. Mi piacerebbe ringraziarla per la sua presenza a questo seminario, è
importante per noi che lei abbia potuto essere presente.
25
VERBALE DELLA GIORNATA
DEL
30 OTTOBRE 2005
Tina Tacchino : vi propongo di fare un breve giro di presentazione, giusto con il nome e
cognome. Scuso il Dott. Lemaire, che non si sente bene. Spero ci posa raggiungere dopo la pausa.
Facciamo il giro di presentazione, senza traduzione.
GIRO DI PRESENTAZIONE RAPIDO
Tina Tacchino : fuori, sul tavolo, c’è un foglio sul quale vi prego di indicare il vostro indirizzo
ma soprattutto il vostro indirizzo e-mail. Abbiamo preparato, per la fine della mattinata,
l’attestato di partecipazione al seminario.
Laurent Halleux : qualche precisazione per il pagamento. Il prezzo del seminario è di 160 euro,
più 20 euro per notte supplementare. La cosa più facile è di pagare tramite bonifico, ma potete
anche pagare in contanti se vi facilita le cose.
Tina Tacchino : dopo le parole del filosofo, possiamo iniziare. Propongo che si facciano i primi
due resoconti, poi la pausa, e per finire i due ultimi resoconti, e infine le informazioni sul
Convegno di Parigi, del 10 e 11 marzo 06. Un’altra proposta, è che gli ultimi passino per primi,
per ragioni di viaggio.
LABORATORIO 4 : CONTRATTUALIZZAZIONE, INSTALLAZIONE, SVILUPPO DELLE CLINICHE.
Emmanuel Nicolas : vi proponiamo un’animazione.
Brigitte Gautier : avrete la chiave alla fine.
Teresa Premoli : devo tradurre?
Brigitte Gautier : si, ma è muto, in effetti. Sta tutto nel movimento.
Emmanuel Nicolas : un professionista in disagio multiplo (un agnello che bela).
Brigitte Gautier : un operatore in disagio multiplo (un agnello che bela). Un decisore in disagio
multiplo (un agnello che bela). Gli inevitabili/inaggirabili (un agnello che bela). I professionisti in
movimento (un agnello che bela).
Concetta Cusumano : La chiave : per quelli che hanno bisogno delle parole, nel nostro atelier
abbiamo dedotto diversi movimenti possibili nelle modalità di inizio della CC. In un asse
verticale, che può andare dai decisori verso il campo. La base, sono i cittadini, gli operatori, i
volontari. Poco importa che il movimento provenga dal basso o dall’alto, è la responsabilità di
ognuno. Complementare a questo movimento verticale, c’è quella che è stata definita la
trasversalità obliqua. Brigitte ci disegnava il movimento della foglia che cade. Non si voleva un
movimento orizzontale, abbiamo constatato che i movimenti sono trasversali, toccando diversi
tipi di operatori.
Applausi
Brunhilde Calewaert : l’idea di trasversalità obliqua è molto interessante. Ma perché la foglia
cade ?
Concetta Cusumano : è giusto, sale e scende, ma è perché eravamo nell’immagine dell’autunno.
Ci sono anche gli elementi inevitabili/inaggirabili, simbolizzati qui dal microfono che non si può
toccare. A livello della CC, sono le regole fondamentali. Anche se non si fa del copia/incolla da
una CC ad un’altra, ci sono degli elementi inevitabili, come l’apertura ad esempio.
26
Emmanuel Nicolas : anche l’importanza del margine. Bisogna andare al margine per salire, o
per scendere.
Dominique Draguet : puoi spiegare meglio?
Emmanuel Nicolas : sono degli eventi che creano la necessità di concertarsi, questi eventi
portano i professionisti ai margini delle loro pratiche.
Houaria Jarboui : quando si lavora ai margini, si impara a lavorare dagli altri, sono i campi di
sovrapposizione.
Brunhilde Calewaert : ho una storiella. Abbiamo fatto della CC in un autobus, andando a
Ginevra, con delle persone anziane. Mi raccontavano che nel posto in cui ci si doveva fermare,
c’erano molti giovani che si drogavano, e che bisognava fare attenzione. Qualcuno aveva scritto
su di un muro: “la vita è molto preziosa, vivi ogni secondo della tua vita”
Emmanuel Nicolas : una parte dei Belgi se ne va, perché domani abbiamo una riunione
importante con una ministra.
Yves Polomé : non la mia.
Emmanuel Nicolas : la vostra è più giovane.
Yves Polomé : e più carina.
Emmanuel Nicolas : vogliamo ringraziarvi e a presto.
Claire Delforge : può spiegare cosa c’è sul tavolo?
Emmanuel Nicolas : abbiamo lasciato dei piccoli libricini, su “Parlons-en”, che è una forma di
concertazione con gli utenti. Altri testi, che l’associazione ha prodotto con gli utenti e i
professionisti, possono essere ordinati: sul Brasile, sul Senegal, il Nord della Francia. Ci sono dei
contatti possibili.
LABORATORIO 3 : PRATICHE DI RETE E RESPONSABILITA’ SPECIFICHE, RAPPORTI TRA LA CONCERTAZIONE ED IL
COORDINAMENTO
Maria Quintas : abbiamo rilevato, in un modo meno generale rispetto all’altro gruppo, i diversi
punti sviluppati venerdì e ieri. Abbiamo ripreso le domande che erano state poste, e che hanno
creato il dibattito nel gruppo. Il primo punto, è stato quello dei rischi di strumentalizzazione delle
CC da parte del politico. Monsieur Polomé aveva fatto questa domanda. Siccome il politico si
aspetta qualcosa in cambio di aiuto, in quale misura c’è un rischio?
Il secondo punto discusso: come chiedere aiuto per fare meglio il nostro lavoro?
L’argomento successivo: il rischio di alleanza, nella triade concertativa, di due forze contro la
terza.
Un’altra questione posta: il timore degli effetti perversi del lavoro di rete; che si cerchino delle
soluzioni ai problemi dei professionisti e non a quelli degli utenti.
Ci siamo chiesti se i volontari erano inclusi nel polo dei professionisti o in quello degli utenti,
nella triade concertativa.
In seguito si è posta la questione di sapere chi faceva parte del polo “politico”. Abbiamo riflettuto
se erano gli eletti, o qualsiasi altro responsabile che controlla il lavoro dei professionisti.
Devo aggiungere che alcune persone non conoscevano le CC. Ci siamo presi del tempo per
chiarire le cose, in particolare sulla questione di sapere se le tre forze della triade concertativa
dovevano essere presenti in CC. Abbiamo riparlato della definizione di ogni figura del lavoro di
rete. Abbiamo confrontato il coordinamento e la concertazione clinica, la concertazione clinica e
la CC, e la clinica del passaggio con la clinica della staffetta. Abbiamo parlato anche dell’uso della
parola “clinica”.
Il punto successivo, si è parlato del segreto professionale nelle CC.
Come rispettare il legame privilegiato che esiste tra il professionista e l’utente?
Come lavorare in CC, quando c’è il vincolo di un mandato?
27
In quale momento si propone un coordinamento, una Concertazione Clinica, o una CC ?
Abbiamo avuto un esempio di Marie-Claire e di Roseline, che ha permesso di vedere che diverse
figure di rete possono essere indicate per una situazione.
Perché passare da una Concertazione Clinica ad una CC ? Qual è il valore aggiunto della CC ?
Perché un utente verrebbe ad una Concertazione Clinica o ad una CC ?
Infine, per concludere il laboratorio: i politici possono usare la CC per migliorare la
programmazione dei servizi?
Ecco l’insieme dei temi trattati, senza dimenticare che abbiamo passato molto tempo a chiarire le
diverse figure.
Marie-Claire Michaud : il riassunto è eccellente.
Bouchra Kessaï : abbiamo visto quali erano le componenti delle diverse figure del lavoro di rete,
come funziona ogni figura e quali sono i rischi della CC.
Michele Caccavo : la mia sensazione, è che mi abbia aiutato a considerare in maniera evidente la
questione dell’intrusione che la CC pone. E così, come utilizzare le persone senza sfruttarle. E
questo vale per tutte le componenti della triade. La cosa più interessante è l’equilibrio, che non è
mai acquisito una volta per tutte.
Milly Seira : sono interessata alla riflessione che è stata fatta sulla parola « clinica ». In Italia,
questa parola è confiscata da una categoria specifica di professionisti. Ci sono dei rischi se l’uso di
questo termine non è condiviso.
Claire Delforge : abbiamo definito il termine “clinica” come “prendersi cura di…”. In una CC,
ci si prende cura dell’utente, della rete, dei legami, e anche dei politici, anche se non sono
necessariamente presenti.
Marie-Claire Michaud : volevo dire qualcosa al gruppo, come ho avanzato con questa parola.
All’inizio, pensavo che fosse un termine estremamente provocatorio. Pensavo che non sarebbe
mai passato, soprattutto nella comprensione dei politici e dei professionisti. Tanto più che in
Francia, la parola “clinica” ha una connotazione privata. Quelli che si fanno curare nelle cliniche.
Per i lavoratori sociali, è importante utilizzare una parola così potente per controbilanciare un
termine che è riservato ad un’altra categoria professionale. Abbiamo un’occasione straordinaria di
poter partecipare ad un movimento che controbilancia e che dà del valore ai professionisti che
lavorano nel settore sociale, delle associazioni, della prossimità. Questo rivalorizza le nostre
professioni.
Brunhilde Calewaert : vorrei tornare a ciò ha detto Michele. Vorrei andare più lontano: siamo
pronti ad accettare l’intrusione, e cosa si può mettere dietro a questa nozione? Per me, questo ci
fa tornare all’essenziale, alla prima domanda: accettiamo di essere rimessi in questione?
Laurent Halleux : vorrei dire qualcosa a proposito della questione del rischio. La CC, per la sua
apertura assoluta, significa l’accettazione del rischio. Il rischio non può essere sradicato, ma si
lavora sulla condivisione del rischio. Questo ci mette in difficoltà rispetto ai critici della CC, che ci
rimproverano proprio questa accettazione del rischio. Come risponder loro? Forse aprendo l’altra
colonna, cioè i rischi di non venire in CC, per alcune famiglie; questo si ricollega alla questione
del rischio di essere strumentalizzati dal politico. Non bisogna vederlo soltanto negativamente.
Inoltre, diciamo alle famiglie che ci serviamo di loro, che le strumentalizziamo. Come rifiutare ai
politici ciò che si chiede alle famiglie? Sarebbe quindi necessario vedere quali sono i rischi positivi
di essere strumentalizzati dai politici.
Ennjimi Meriem : mi ricollego a Laurent sulla questione del rischio. Per le altre famiglie come
per i lavoratori nel sociale, questo presuppone di accettare di esporsi davanti all’altro, che si tratti
di un professionista o di un utente. Le famiglie accettano di esporsi ai nostri sguardi, e a volte ai
nostri giudizi, mentre noi, i lavoratori sociali, facciamo fatica ad esporci davanti ad altri
professionisti o agli utenti.
Claire Delforge : rispetto all’intrusione, penso che il rischio è maggiore per i professionisti.
Come diceva Paul Trigalet nelle discussioni che abbiamo potuto avere, le persone precarie se ne
28
fregano di dire quanto guadagnano perché tutti lo sanno. Mentre noi professionisti, non è
evidente che si dica quanto guadagniamo.
Maria Quintas : nel laboratorio, ci si è chiesti se bisognava abbandonare il lavoro di
coordinamento, per privilegiare unicamente la CC. Ci si è detti di no, perché c’erano dei
professionisti che facevano fatica ad esporsi. Marie-Claire e Roseline hanno detto: è un peccato,
perché non si vuole perdere il contatto con quei professionisti. Se la CC si prende cura degli
utenti, bisogna potersi prender cura dei professionisti permettendo loro di lavorare in
coordinamento.
Claire Delforge : ma con le stesse regole della Clinica.
Carine van den Dorpe : volevo dire qualcosa a proposito dell’intrusione e del dare e ricevere. In
posizione di utente coinvolto, vedere la difficoltà e la diversità dei professionisti che lavorano
insieme, è come una rassicurazione, o una ricompensa, rispetto alla quantità di energia spesa
nell’interpellare diversi servizi, e a ripetere la sua situazione moltiplicando le richieste. Andare a
chiedere dell’aiuto impegna l’utente in un processo. Anche per i professionisti, lavorare insieme li
impegna in un processo. Questo equilibra la bilancia.
Dominique Draguet : vorrei parlare del rischio di mettere il nostro modo di lavorare sotto lo
sguardo degli altri. Questo ha come effetto di obbligarci ad essere maggiormente professionali, ad
avere una maggiore professionalità nelle nostre relazioni. Questo interpella tanto più i nostri
responsabili di servizio.
Christine Relekom : volevo ritornare alla triade, e alla parte politica. Ho un problema con
questo. I miei colleghi vicini sanno che ho una parte paranoica. Faccio fatica con l’intruso, perché
può essere anche il politico. L’utente è nello stesso tempo colui che chiede e che dà; anche
l’operatore. Ognuno è là con le sue richieste, le sue aspettative, e ciò che può dare nella relazione.
Siamo a due livelli di logica. Penso che il politico, che si integra in questa CC, abbia delle
aspettative e dei bisogni. Non so cosa possa proporre. Penso che il livello di logica in cui si trova
è di una complessità di sfaccettature, dove non rappresenta che se stesso. C’è il politico e la
politica. Penso che il politico, il suo lavoro consista nel fare della negoziazione con tutti gli altri.
Ho capito che la fiducia doveva circolare nella CC. Credo quindi che il politico debba essere
incastrato là dentro. .
Claudine Alhinc : sono davvero molto contenta di questo momento di dibattito, alla luce di
tutte le domande che ci siamo fatti nel laboratorio numero 2. Siccome le regole come gli
strumenti della CC sono comuni in tutti gli spazi, questo pone la questione della circolazione delle
informazioni tra tutte le persone di cui abbiamo appena parlato, i professionisti, gli utenti o i
politici. Sono molto riconoscente nei confronti degli organizzatori di aver invertito i laboratori.
Brunhilde Calewaert : vorrei lanciare un’ultima bomba nel gruppo, non sono assolutamente
d’accordo con ciò che ha detto Claire Delforge; quando si deve dire quanto i professionisti
guadagnano, non è una presa di rischio. Per me, la presa di rischio si situa in tutt’altro livello,
quando ci si deve sporcare le mani, sul campo.
Claire Delforge : non ho detto quello.
Pausa
Tina Tacchino : un gruppo di italiani vuole salutare perché se ne vanno. Fuori, sul tavolo, ci
sono gli attestati di partecipazione. Non ci sono errori perché sono stati scritti da Michele.
Passiamo al laboratorio numero 2.
29
LABORATORIO 2 : CARATTERISTICHE E
SOCIOGENOGRAMMA, RIPRESA VIDEO, ECC.
IMPIEGO DINAMICO DEGLI STRUMENTI DELLA
CC :
VERBALE,
…
…
…
Milly Seira : noi ci asteniamo dal presentare il prodotto del nostro lavoro. L’oggetto del nostro
lavoro si trova nel nostro lavoro. Abbiamo iniziato con porci delle domande sulla modalità e la
maniera di utilizzare gli strumenti, in particolare il verbale, il resoconto, la sintesi. Noi scegliamo
l’astensione. Il nostro prodotto è costituito da buone domande, che troverete in appendice al
verbale del seminario, e una parte del verbale del nostro gruppo. Vi chiediamo di rispondere a
quelle domande, e di inviarle al pool che vi riguarda. Ogni pool si prenderà l’incarico di elaborare
il materiale e di presentarlo al congresso di Parigi di marzo 2006. E’ tutto, grazie e buon ritorno.
Claudine Alhinc : per fare il legame con ciò che si diceva prima della pausa. Tutto il dibattito
sugli intrusi, sulla circolazione delle informazioni tra le diverse figure di rete, la conoscenza del
contenuto degli incontri, si è ritrovato nel nostro laboratorio. Da qui deriva la nostra difficoltà di
presentare questa mattina un resoconto o un verbale finito. Da qui l’astensione. Da qui la
necessità del vostro aiuto, per alimentare, attraverso i questionari che riceverete, la riflessione
sugli strumenti. Proponendovi questi questionari, siamo coscienti del lavoro che questo chiederà
a voi e a noi. Ma è talmente importante che avevamo voglia di farlo comunque. Personalmente, è
importante perché mio padre è artigiano, e ho sempre sentito dire: “ai buoni operai, i buoni
strumenti”, e viceversa.
Marie-Claire Michaud : c’è un’aria di frustrazione.
Tina Tacchino : passiamo sopra quest’aria di frustrazione arrivando al primo laboratorio.
LABORATORIO 1 : QUANDO
I SOGGETTI CHE BENEFICIANO DI UNA DIAGNOSI DI PSICOSI ATTIVANO LA RETE:
FRAMMENTAZIONE E RICOSTRUZIONE.
Murielle Michaut :
Introduzione :
Questo laboratorio, molto denso, è cominciato con un giro di presentazione dei partecipanti. E’
una forma di rituale come nelle cliniche della concertazione.
Il Dott. Lemaire si è interessato alla presenza di ognuno in questo laboratorio, presenza che forse
è in relazione alla funzione, alle persone e alle problematiche incontrate, specialmente l’inserzione
di persone in disagio multiplo. E’ uno strumento potente che permette ad ognuno di rendersi
accessibile e interattivo.
Frammentazione e ricostruzione :
Una persona dalle difficoltà multiple attiva la rete iperframmentata.
Alcuni professionisti, in funzione della loro sensibilità, attivano i colleghi in visione di un lavoro
di equipe. E’ interessante ricomporre la rete.
Nell’esempio dato di una situazione praticata in Italia, quando i professionisti hanno potuto
mettersi al lavoro insieme con Antonella, quest’ultima ha potuto iniziare a ricostruire delle cose
della sua storia frammentata.
30
Il beneficiario di una diagnosi di psicosi fa riferimento al beneficiario del RMI (Revenu Minimum
d’Insertion, Reddito Minimo di Inserzione).
Secondo lui, è interessante restaurare il fatto che lo psicotico è beneficiario di una diagnosi
attribuita da qualcun altro come il RMI che è attribuito ad una persona.
Il termine beneficio ha fatto parlare nel laboratorio. Il beneficio di una diagnosi fa si che
possiamo cominciare a lavorare con la persona.
Vedere di quali trattamenti la persona ha beneficiato, le molteplici decisioni che hanno portato a
questo.
Viene dato un esempio di una situazione evocata durante la formazione azione di Cergy. Da
questo, è apparso importante smettere di pensare al posto degli altri, e accettare che la nozione di
confidenzialità dei professionisti non era necessariamente quello che la persona interessata
pensava della confidenzialità.
Per le persone che beneficiano di una diagnosi di psicosi, evitiamo di pensare al posto loro. Ciò
che si riconosce loro è un modo di pensare organizzato diversamente rispetto al nostro e
possiamo dire che non funzionano come noi ma a modo loro.
Nel 1996, è stato constatato che la forza convocatrice delle persone psicotiche fa attivare un
numero di operatori importante.
Se esse mettono così tante persone al lavoro: andare al di là dell’idea che dobbiamo proteggerli
non esponendoli al gruppo allargato della clinica della concertazione.
Un parallelo viene fatto tra la psichiatria che fa le diagnosi/prognosi e le cliniche di concertazione
che rimangono aperte sul futuro delle persone. Da qui deriva l’importanza di aprire lo spazio allo
sguardo degli altri professionisti.
Nelle cliniche di concertazione la storia delle persone è restituita da se stessa e dai professionisti
coinvolti.
Viene osservato tramite il sociogenogramma della situazione di Antonella, il legame di fiducia
esistente tra lei e il suo psichiatra e la forza convocatrice degli utenti verso i professionisti.
Dove recuperare i rapporti di fiducia? Ricercando i residui dei legami che hanno del senso, nella
dispersione delle cose, le cose si perdono ma ci sono.
Le difficoltà sulla scelta delle cose essenziali, che può far passare su qualcosa di essenziale,
soltanto Antonella presente potrebbe dire.
A Saint-Ouen-l’Aumône, è dato l’esempio di un ingegnere alcolista che ha visitato negli ultimi
mesi una dozzina di istituzioni.
La frammentazione (discorso frammentato, la persona salta di palo in frasca, il filo conduttore
non tiene).
Due ipotesi sono date dal Dott. Lemaire :
- il modo di affrontare questo tipo di situazione, di far prendere la maionese, sarebbe di farlo
insieme, senza giudicare a priori la professione. Nessuno è più qualificato di un altro per far
prendere la maionese.
- oppure, ad esempio, è l’educatore il mestiere per trattare la psicosi. Chi può buttarsi nella storia
sconcertante e aggrapparsi a dei rituali banali, presentarsi per rattoppare i pezzi insieme, senza che
nessuno possa pretendere di avere questa capacità.
In una clinica di concertazione e l’ascolto collettivo degli psicotici, ciò che non ha senso per uno,
può avere senso per l’altro.
31
Ascoltare il delirio dello psicotico, non fermarlo e mettere in opera i modi di contenimento
perché quest’ultimo non attui il suo delirio ed evitare, così, l’irreparabile.
Meriem parlerà di ciò che è successo sabato pomeriggio.
Christiane Everaerts : volevo precisare una cosa sui modi di contenimento. I modi di
contenimento, era il lavoro d’équipe. Non c’era nessun trattamento.
Christine Relekom : come ?
Christine Léon : ci sarà il dibattito dopo.
Ennjimi Meriem : come lavorare con gli psicotici quando si è assistente sociale e non psichiatra?
Siamo costantemente confrontati alla psicosi. Non si ha sempre la CC, o uno psichiatra, per
parlarne, e capirne il funzionamento. La domanda è stata posta ieri pomeriggio al Dott. Lemaire.
Ha risposto così : in questo caso, la CC o la rete può essere una risposta alla frammentazione del
lavoro, perchè si è isolati quando si è soli. Questo può essere messo in parallelo con la personalità
dello psicotico. Secondo il Dott. Lemaire, la sua personalità è frammentata. Ora, quando si lavora
da soli, si è nella framentazione. La CC permette un raggruppamento ai professionisti, come allo
psicotico che tira fuori tutte le componenti della sua vita, e che può ricominciare a ricostruirsi.
Questo permette alla rete di ricostruirsi, come di offrire alla persona di ricostruire i pezzi della sua
vita. L’altra questione si fonda sulla difficoltà di lavoro tra il medico e il sociale, in Francia in ogni
caso. La riflessione del Dott. Lemaire consiste a valutare le cose in termini economici: per quanto
tempo si può ricevere uno psicotico nel proprio studio? Forse 6 o 7 mesi. Mentre lavorando in
rete, questo suppone una giornata al mese, che risulterebbe molto meno cara al politico.
Un’altra questione è stata sollevata sulla nostra visione della malattia, e sulla visione che ha il suo
entourage prossimo. Un esempio è stato citato da Christine, quando un marito accompagnava sua
moglie che beneficiava di una diagnosi di psicotica. Il compagno non la vedeva come psicotica, o
come malata, ma come qualcuno che ha bisogno di ricostruire la storia della sua vita. Questo ha
permesso al professionista di rinterrogarsi sulla diagnosi di questa persona. Non so se i membri
del gruppo hanno qualcos’altro da aggiungere.
Christine Léon : rispetto all’esempio dato ; effettivamente questa persona era stata ricoverata per
una decina di anni. Quando ha conosciuto, in un ospedale psichiatrico, un altro compagno, quello
è stato sensibile alle sue crisi di violenza e di lacerazione. Questo ha permesso di attaccarsi
maggiormente al relazionale che non sulla patologia. Un’altra cosa. Abbiamo parlato molto, in
questo laboratorio, della diagnosi. Madame Everaerts diceva d’altronde : se mi si dicesse che
beneficio di una diagnosi di psicotico, gli direi che mi prende per una “felice imbecille”. Siamo
stati portati a domandarci se la persona non avrebbe preferito che si dica di lei che è una persona
“sconcertante”? Un altro punto essenziale, che Madame Everarts sollevava poco fa, è che il
lavoro collettivo fatto in CC permette il contenimento. E’ questo il trattamento, questo evita la
frammentazione.
Sylvie Buraud : facevo parte del gruppo, mi sono fatta la domanda, all’inizio, circa il mio essere
in quel laboratorio, come insegnante. Quando ho visto la parola “psicosi” mi sono detta : “non fa
per me”. E poi, finalmente, sono andata dal Dott. Lemaire per chiedere a lui. Mi ha detto: ma no,
al contrario, la psicosi, riguarda tutti. Gli ho detto: alla fine, nella mia posizione di insegnante, se
sostituisco la parola “psicosi” con “sintomo” o con “sintomo sconcertante”, allora capisco che
ho pienamente posto, come insegnante, perché nella scuola, dei sintomi attivano delle reti ogni
giorno. La difficoltà che incontriamo, all’interno della scuola, è che le relazioni nella rete, nello
stesso luogo, non sono lavorate, sono difficili. In questo laboratorio, ho avuto molto piacere ad
ascoltare degli psicologi, degli assistenti sociali, degli psichiatri, sono persone che non ho mai
occasione di ascoltare. Ma il più grande piacere che ho avuto, non è tanto di sentirli parlare
separatamente, quanto di essere testimone di legami, di relazioni che si sviluppavano sotto i miei
occhi. Aggiungerei che M. Lemaire si è preso cura, durante i due pomeriggi, della mia sensazione
32
di intrusa, spiegandomi quando sentiva che non capivo. Un’altra cosa che mi era stata detta dal
Dott. Lemaire : “ha tutto il suo spazio, in questo laboratorio, se non capisce, deve fermarci,
perchè siamo noi nell’errore, e non lei”. Grazie per aver preso questa posizione, di presentare il
laboratorio, non ne sarei stata capace.
Tina Tacchino : c’è il tempo per due domande, bisogna tenere un po’ di tempo per parlare del
convegno.
Claudine Alhinc : poco fa, avevo una domanda da farle. Sylvie ha risposto in parte. Io, non
lavoro con gli psicotici. Inoltre, faccio assolutamente l’esperienza di astenermi, come si fa a volte
in CC, perché credo che la testimonianza di Sylvie, alla fine del seminario, non richieda
nient’altro.
Brunhilde Calewaert : ciò che è importante nella psicosi, é che noi sappiamo che tutti gli
individui, per costruirsi, hanno dei periodi di « psicosi ». Bisogna essere molto molto attenti a non
venire con delle etichette. Il Dott. Lemaire sarebbe forse contento che ognuno di noi apporti
qualcosa, e che siamo capaci di pensare da soli.
Ennjimi Meriem : è vero quello che dice, ma io non sono abilitata per fare una diagnosi simile.
E’ per questo che l’apporto di M. Lemaire, o del gruppo, ha veramente arricchito.
Tina Tacchino : finiamo. Delle persone devono mangiare per andarsene. La comunicazione di
M.me Michaud sul convegno.
CONGRESSO DI PARIGI
Marie-Claire Michaud : riceverete un opuscolo. Il terzo congresso internazionale si svolgerà a
Parigi Montparnasse il 10 e 11 marzo 2006 : tutta la giornata del 10 marzo, e il mattino dell’11
marzo. Avrà luogo a fianco alla torre Montparnasse, nei locali della MGEN. Il tema di quest’anno
è : “ La forza convocatrice delle famiglie in disagi multipli, e ciò che ci fa fare”. Non si tratta più
di far partecipare gli utenti al lavoro di rete, ma di partecipare al lavoro che convocano. Come
operatori, ci saranno molti rappresentanti del mondo della cura, come il Dr Kannas e il Dr
Miermont, che sono delle figure conosciute nel mondo della terapia familiare e del lavoro di rete.
Ci saranno anche, ce lo auguriamo, dei politici francesi, che hanno messo in moto dei programmi
che invitano le persone a lavorare in rete. Se avete dei consigli circa personalità che vorrebbero
intervenire, sarebbe bene farle pervenire a Laurent, per poter disporre gli interventi.
Laurent Halleux : ma in tempi brevi. Sarebbe anche bene che si parli del prossimo seminario. Ci
sono stati 6 seminari che si sono svolti, due per ogni paese, quindi si può scegliere il paese per il
prossimo, salvo la Francia che organizza il congresso a marzo, e l’Italia che l’ha organizzato
quest’anno.
Claire Delforge : la Francia è grande, ci sono molti territori in Francia. C’è anche Orléans, che è
presente.
Brigitte Gautier : vorrei fare un invito. All’interno del progetto « Ouverture », ci sarà una
restituzione del lavoro fatto in Belgio, Italia e Francia, che si farà ad Argenteuil, giovedì primo
dicembre, alle ore 20. Il mio indirizzo e-mail è questo: [email protected] .
Marie-Claire Michaud : bisogna ringraziare gli italiani per averci accolto così bene. Propongo di
ritornare l’anno prossimo.
33
APPENDICE I : VERBALE DEL LABORATORIO DEL 29 OTTOBRE 2005 SULL’UTILIZZAZIONE
DINAMICA DEGLI STRUMENTI
Claudine Alhinc (dopo aver rivisto la nostra disposizione iniziale per integrare Laurent nel
nostro cerchio): è interessante sottolineare che la posizione di Laurent non è cambiata da ieri ad
oggi, anche se oggi verbalizza. Il redattore non dev’essere in disparte, non ha una posizione
secondaria. Volevo prendere appunti su ciò che succedeva e in quel momento, ho subito un
problema: come qualificare colui che redige il verbale? Redattore, colui che prende appunti,
cancelliere, verbalista?
Quale metodo si sceglie?
Emmanuelle Dekeyser : quando si ha una decisione da far prendere al sindaco, in una nota,
bisogna rispondere alle domande: chi, cosa, quando, come, dove? Queste semplici domande
aiutano la decisione. O siamo nel purismo, nel quale caso tutto è già definito. Oppure, siamo su
degli strumenti, a cosa servono e come adattarli seguendo le diverse figure.
Carine Van Den Dorpe : partire dalle cose così come sono.
Emmanuelle Dekeyser : e adattarle.
Dominique Draguet : Laurent è nello stesso tempo la persona che è indicata per fare le
convocazioni, ma anche la persona che si è proposta per fare i verbali. Non si può mai fare tutto
puro o tutto impuro. Si sa che in alcune cliniche, per convenzione, Laurent Halleux è impegnato
come redattore, e oggi, in un quadro diverso, si sa che se Laurent non fosse andato a cercare il
computer, sarebbe stato meno facile.
Emmanuelle Dekeyser : sono più le competenze di Laurent che si mettono in azione, che non
il verbale. Se Laurent non fosse stato presente, Dominique avrebbe fatto il verbale. Se ci fossi
stata solo io, avreste avuto un disegno.
Teresa Premoli : se non ci fosse la traduzione, avrei fatto il verbale.
Claudine Alhinc : la proposta di Laurent, è di segnare le nostre proposte. Non chiamo questo
“restituire il verbale”. La mia domanda è: come si fa domani? ».
Marie Habert : tanto più che Laurent ha posto la domanda ieri.
Dominique Draguet : si diceva già ieri che c’erano due modi. Il verbale non sarà di dire che ci
sono due maniere diverse.
Marie Habert : ci si è posti la questione della dinamica degli strumenti. Si può forse trovare
questa dinamica nel fatto che ci sono diversi modi di fare il verbale.
Emmanuelle Dekeyser : o che c’è un modo per ogni gruppo, che è definito dal gruppo.
Teresa Premoli : aggiungerei che la cosa importante sarebbe di proporre la domanda: come fare
il verbale?
Emmanuelle Dekeyser : io non parlerei di verbale nella proposta. Cosa teniamo, quale traccia
lasciamo?
Claudine Alhinc : vorrei che non ci lasciassimo senza fare il giro di ciò che ognuno vuole
trovare nel verbale domenica mattina.
Bisognerà fermarsi a meno un quarto per questo.
Dominique Draguet : idealmente, potrebbe essere utile fare questa domanda in ogni gruppo.
Ma la risposta è legata al tipo di gruppo al quale si appartiene. Si dovrebbe trovare, per la CC, ciò
che è necessario come tipo di scritto, di ritorno, e questo anche per una Concertazione Clinica. Se
no, è impraticabile. Come volete mettere d’accordo delle persone insieme ? Ad un certo punto,
bisogna che ci sia qualcuno che tronchi.
Emmanuelle Dekeyser : si fissano le figure di rete.
Laurent Halleux : per lo meno, non appena si parla, si fissano le cose. Non si può rimanere
sempre nella dinamica. Bisogna ad un certo punto che delle cose si fissino per poter affrontare le
dinamiche.
34
Christelle Le Fur : mi sono un po’ persa, sulle domande che ci stiamo facendo. Si redige un
verbale, ora si riprende la questione di ciò che si fissa. Ieri, ci si chiedeva di cosa lasciare una
traccia. Ho l’impressione che in ciò di cui stiamo discutendo, ci si rifà le stesse domande, e che ci
si senta obbligati a riprendere posizione. Il Dott Lemaire diceva poco fa che le domande sono più
ricche delle risposte. Non bisognerebbe segnare tutte le nostre domande, piuttosto che le
risposte?
Milly Seira : mi sembra difficile prendere posizione adesso su una modalità piuttosto che su di
un’altra. E’ dovuto al fatto che abbiamo poco tempo a disposizione, e anche al fatto che ci siamo
posti queste domande soltanto ieri. Occorre più tempo per rifletterci, sia da soli, sia
confrontandosi. Sono d’accordo per riprendere le domande più significative, perché possano
circolare, e recuperare delle cose che sono state dette ieri.
Laurent Halleux : temo che insistere sulle domande non ci spinga a trovare delle risposte. Ora, a
volte ci sono delle urgenze. Penso che la questione sia interessante per le possibilità di risposta
che apre.
Christelle Le Fur : c’è la questione del tempo, ma anche dei quadri diversi nella CC. Io non
conosco la CC se non attraverso il progetto « Ouverture », che è un quadro molto particolare.
Emmanuelle Dekeyser : ci sono delle CC che sono puriste. Ho riflettuto su queste questioni,
con il gruppo e abbiamo fatto alcune scelte circa il verbale.
Carine Van Den Dorpe : in effetti, bisogna che lo strumento che usi sia accettabile per tutti
coloro che unisci, e per quelli cui risale l’informazione.
Christelle Le Fur : cosa intendi per “purista”?
Emmanuelle Dekeyser : è la CC, con le diverse regole: la presenza di un clinico, l’apertura, il
resoconto, ….Insomma, il totale perfettamente rispettato. Sul mio territorio, non è questo il caso.
Claudine Alhinc : il totale perfettamente rispettato, mi uccide. Lo sento come un’aggressione.
Emmanuelle Dekeyser : questo modello, me ne ispiro.
Dominique Draguet : qui, si parla di verbale, senza specificare a quale attività terapeutica
rapportarlo. Secondo me, la CC è una delle figure terapeutiche di rete e in questa figura, è un
verbale, diviso in due parti, generale e specifica. Coloro che mandano la parte specifica ne sono
responsabili. Non vedo come staccarsi da questo. Un verbale integrale permette di non
appropriarsi del potere.
Giorgio Abonante : è difficile in un contesto come questo, con provenienze diverse, ci sono dei
professionisti della Clinica, dei debuttanti, come me e Christelle. E’ per questo che è difficile
arrivare ad una risposta fissa e condivisa. Sono più interessato all’utilizzo del verbale e all’apporto
del verbalista al contesto che contribuisce a creare, piuttosto che alle differenze tra le figure
terapeutiche di rete.
Marie Habert : non è stata fatta la domanda ieri, di chi lo fa. E’ la stessa persona, che impatto
ha? Penso che abbia un aspetto formativo essenziale che una stessa persona vi si rispecchi, e
questo più volte di seguito. Ho imparato molto facendoli. Non è un privilegio che voglio
mantenere per me.
Teresa Premoli : sarebbe utile allenarsi a scrivere il verbale, gli appunti, anche per poterlo fare
quando si lavora quotidianamente, nelle concertazioni cliniche.
Carine Van Den Dorpe : Marie parlava di aspetto formativo della redazione del verbale. Mi
chiedevo se nella formazione del clinico, non ci sia una parte dedicata alla redazione del verbale.
La decima giornata, è ben “radici, tracce e futuro”?
Emmanuelle Dekeyser : bisogna che qualcuno faccia il verbale. Ad un tratto, si pone la
domanda di sapere cosa si lascia come traccia ?
Dominique Draguet : ho due contro-esempi. Mi è capitato che non trovi persone disponibili e
viverlo è molto difficile. Dopo, non puoi convalidare tutto il lavoro costruttivo che c’è stato, tra i
professionisti.
Claudine Alhinc : in questo momento, la clinica di Orléans non ha verbali. E’ incredibile. Il
comune non vuole pagare il servizio. E trovano questo molto duro.
35
Emmanuelle Dekeyser : se si impone il verbale, alcuni professionisti non vengono. Allora si va
avanti progressivamente. Non si prende nota di ciò che viene discusso.
Milly Seira : quando si lavora in clinica, o in un’altra figura, ciò che si va a cercare, non sono le
scelte che si fanno, le decisioni che si prendono, ma il processo, le dinamiche, il percorso che si è
seguito, il lavoro di ricerca di risorse. Mi sembra che il solo strumento che possa permettere di
ritrovare quelle cose, è un verbale integrale, o qualcosa che in qualche modo possa render conto
di questo tipo di lavoro.
Emmanuelle Dekeyser : perché ci sia un lavoro, bisogna che ci siano le persone, e perché le
persone vengano, bisogna che siano d’accordo.
Milly Seira : è un altro argomento.
Claudine Alhinc : ho una preoccupazione rispetto a domani. Ci è stato chiesto di fare un
resoconto costruttivo, allora che si fa?
Laurent Halleux : si ha il vantaggio di lavorare esattamente su questo argomento. E si può già
dire che si è lavorato un pomeriggio per vedere ciò che si doveva farne.
Dominique Draguet : mi piacerebbe che si ritornasse al senso della traccia. Vedere le mie parole
scritte, mi ha obbligato ad imparare ad astenermi, vale a dire a selezionare l’informazione.
Emmanuelle Dekeyser : non si può chiedere tutto in una sola volta ai professionisti. E’ già duro
per loro il fatto di venire a lavorare insieme.
Teresa Premoli : qualche seminario fa, a Torino, avevamo discusso delle concertazioni cliniche.
Era stato un tema molto approfondito. Era la prima volta che abbiamo capito meglio di cosa si
trattava. Fino a quel momento non conoscevo altro che la CC. Si era deciso che bisognava dare
delle regole minime per dire quando si tratta di una concertazione clinica. Si erano cercate le cose
che potevano identificarla. C’era la lettera d’invito fatta con la famiglia, il fatto di prendere
l’agenda, di invitare le persone. Mi dicevo: non potrei mai fare concertazioni cliniche, ci sono
troppi elementi di cui tenere conto. Ci si è detti che si poteva mantenere la denominazione di
concertazione clinica anche se non era tutto rispettato, ma bisognava provare, e non dimenticare
che c’erano tutte quelle cose.
Carine Van Den Dorpe : in un lavoro sul metodo della clinica: si definisce un ideale. Dopo, c’è
l’auspicabile su di un territorio, e poi c’è ciò che è praticabile. La distanza è variabile.
Claudine Alhinc : ci sarebbero due tempi. In particolare di fare le domande che ci siamo posti
durante questo laboratorio. Che ci possa essere un questionario come questo nei diversi pool.
Milly Seira : cosa faremo delle risposte? Bisognerebbe che questo producesse qualcosa per dopo.
Dominique Draguet : ci si può vedere a marzo al convegno per mettere insieme le risposte.
Milly Seira : i pool raccoglieranno le risposte, possono già lavorarci.
Dominique Draguet : ci si astiene dal fare una sintesi. Propongo che questa parte, redatta da
Laurent, faccia parte dell’insieme del rendiconto del seminario.
Milly Seira : siamo d’accordo che si possa mettere, nel questionario, dei punti dei quali abbiamo
parlato ieri e oggi, che possano stimolare la riflessione, e per rendere conto del lavoro che
abbiamo fatto in questo laboratorio ? Questo va nella direzione ci ciò che Laurent ha detto a
proposito delle domande.
Claudine Alhinc : non vedo come tu voglia fare. Fare delle domande alle quali si suggeriscono le
risposte, rischia di limitare la creatività.
Milly Seira : è un impegno, una responsabilità di render conto di questo modo del laboratorio,
piuttosto che di fare una semplice sintesi. Si tratta di fierezza, e non di vergogna.
Dominique Draguet : quando Jean-Marie Lemaire posiziona la sua videocamera, la mette prima
di chiedere se sono d’accordo. Abbiamo fatto la stessa cosa con il verbale. E’ venuto a scrivere, e
poi si è discusso e si è deciso di tenerne la traccia.
Conclusioni sul modo di restituire al gruppo grande => decisione della messa in scena.
36
Scarica

28, 29 E 30 OTTOBRE 2005