Settembre ottobre 2003 LA PAROLA DEL RETTORE IL ROSARIO, UNA PREGHERA DA CONTINUARE Con il mese di ottobre si conclude l’anno del Rosario proclamato dal Papa. E’ stato uno dei tanti doni che Giovanni Paolo II ha offerto alla Chiesa in questi 25 anni di Pontificato. Sembrava una pratica del passato da dimenticare, o comunque da non tenere troppo in considerazione; invece il Papa ha dato uno slancio nuovo alla recita del Rosario. E anche la scienza gli sta dando ragione. Infatti ,proprio in queste settimane arriva da scienziati americani la notizia che il Rosario fa bene anche al corpo :” con i suoi ritmi, con le sue alternanze di respiro, la stessa ripetitività delle formule, diventa un esercizio terapeutico, e uno fra i migliori strumenti di interazione fra anima e corpo.” “Non sappiamo – commenta su “La Stampa” del 25 settembre un giornalista – se quegli scienziati lo considerino anche una preghiera. Ma a consigliarlo non hanno mica torto. Il Rosario fa pensare. Quel “si contempla” dichiarato prima di ogni mistero è un invito a ripetere le parole dei Pater e delle Ave in modo non meccanico, e con lo sguardo fisso ad un alto punto di riferimento”. Sono gli stessi concetti espressi dal Papa nella sua Lettera sul Rosario :”E’ una preghiera spiccatamente contemplativa”. E cita poi Paolo VI :” Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell’orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze. “ “Carissimi fratelli e sorelle ! - conclude il Papa – una preghiera così facile, e al tempo stessa così ricca, merita davvero di essere riscoperta dalla comunità cristiana. Guardo a voi tutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, a voi, famiglie cristiane, a voi, ammalati e anziani, a voi giovani : riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana. Che questo mio appello non cada inascoltato ! “ p. Giuliano Temporelli Mons. Corti presenta la lettera pastorale ai sacerdoti valsesiani Il Vescovo di Novara, Mons. Renato Corti, all’inizio del mese di ottobre, ha spiegato ai sacerdoti della zona valsesiana , nella “Casa del Pellegrino” la sua nuova lettera pastorale dal titolo “Un giovane diventa cristiano”. E’ l’esperienza di San Agostino. “Il giovane Agostino - ha affermato Mons. Corti . , che giunge al battesimo dopo un travaglio durato oltre dieci anni, dà particolare evidenza ad alcuni adulti cristiani incontrati negli anni trascorsi a Milano : a loro deve moltissimo. La sua vicenda conduce pure a considerare due aspetti fondamentali per la vita dei giovani : la ricerca della verità e l’esperienza degli affetti. Egli ha scoperto la verità profonda sul senso della vita umana in Cristo, maestro e salvatore, e ha maturato l’esperienza affettiva compiendo un cammino verso quella libertà con cui Cristo ci ha liberati”. La riunione dei sacerdoti della Valsesia è stata anche l’occasione per salutare il dottrinario P. Elia Tonin che lascia Varallo dopo 35 anni di impegno pastorale sia con i giovani, sia in alcune parrocchie come Morondo e Cervarolo. Mons. Corti ha ringraziato tutti i Padri dottrinari per il loro servizio sacerdotale in favore della diocesi. La festa del fondatore del Sacro Monte : frà Bernardino Caimi Anche quest’anno il Santuario ha voluto ricordare il suo fondatore : il beato Bernardino Caimi. Senza la sua intuizione, la sua passione,la sua fede non ci sarebbe il Sacro Monte di Varallo. E’ la Scrittura che ci sollecita a ricordare i “nostri capi”, coloro che ci hanno aiutato nella fede. Tutte le Sante messe di domenica 12 ottobre sono state segnate da questo ricordo. In modo speciale si è voluto solennizzare la Messa delle 17 con la processione e l’intervento della Banda musicale di Varallo. CONOSCIAMO LA BIBBIA LA LETTERATURA GIOVANNEA Il Vangelo La caratteristica più appariscente del quarto Vangelo è la diversità dai Vangeli sinottici. La tradizione delle parole e dei fatti di Gesù è consacrata in esso in modo originale. Suppone un teste oculare, tanto alcuni ricordi sono freschi e precisi. Lo schema della “vita pubblica” di Gesù è diverso da quello dei sinottici: questi prevedono un solo viaggio del Maestro a Gerusalemme; Giovanni ne ricorda diversi. Il testo attuale suppone una rielaborazione, opera dei discepoli di Giovanni su ricordi, canovacci di discorsi, edizioni precedenti. Il Cristo, da un capo all’altro del Vangelo, è il Risorto, il Signore e Dio, la cui grandezza è evidenziata dai gesti e dai discorsi; al lettore, fin dalle prime battute, è rivolto l’invito a decidersi per lui, ad affidarglisi, a credergli. Tutto il Vangelo è un cammino di gente che alla fine crede in lui o che si rifiuta di farlo. Inconfondibile è lo stile e il linguaggio di Giovanni: si presenta il Gesù terreno che parla alla sua gente con quello stesso linguaggio con cui la Chiesa della tradizione giovannea lo presenta ai suoi fedeli e alla gente da convertire. Questo ne è lo schema: un “prologo” sulla preesistenza di Cristo come Verbo di Dio e sulla sua incarnazione, con cui diviene rivelazione piena del Padre (cfr. Gv. 1,1-18); il ministero di Gesù, contenuto nel emmesion “libro dei segni” (cfr. Gv. 1,19 – 12,50); l’”ora” o passione di Gesù e la Pasqua dell’Agnello di Dio (cfr. Gv. 13,20); l’epilogo con le ultime apparizioni ai Dodici (cfr. Gv. 21). Le Lettere Le tre lettere di Giovanni sono la traduzione della fede in Cristo nella vita della comunità. 1 Giovanni è un discorso scritto, una fervida esortazione alla vita cristiana: camminare nella luce attraverso la rottura con il peccato, la pratica dell’amore cristiano e la rottura con il mondo e gli anticristi (cfr. 1 Gv. 1,5 – 2,29); vivere da figli di Dio attraverso le stesse condizioni (cfr. 1 Gv. 3,1 - 4,6); lasciarsi inondare dall’amore di Dio e vivere nella sua fede (cfr. 1 Gv. 4,7 – 5,13). 2 e 3 Giovanni sono brevi biglietti, indirizzati il primo ad una chiesa locale e il secondo a un responsabile di un’altra comunità, per metterli in guardia contro l’insorgere di eresie e il separatismo di alcuni responsabili locali. I vescovi italiani IL Papa : Europa ,entra nel nuovo millennio con il Vangelo ! Attraversando la porta santa all’inizio del grande Giubileo del 2002, ho levato in alto davanti alla Chiesa e al mondo il libro del Vangelo. Questo gesto, compiuto da ogni vescovo, indichi l’impegno che attende oggi e sempre la Chiesa nel nostro continente. Chiesa in Europa, entra nel nuovo millennio con il libro del Vangelo ! Venga accolta da ogni fedele l’esortazione conciliare ad apprendere la sublime conoscenza del Cristo con la frequente lettura delle divine scritture ! Continui ad essere la Sacra Bibbia un tesoro per la Chiesa e per ogni cristiano. Nello studio troveremo alimento e forza per svolgere ogni giorno la nostra missione. Prendiamo nelle nostre mani questo libro ! Accettiamolo dal Signore che continuamente ce lo offre tramite la Chiesa. CONOSCIAMO LE RELIGIONI CRISTO E’ STATO DIVISO I cristiani sono convinti che lo Spirito Santo ,donato loro nel battesimo, li unisce in maniera misteriosa, ma molto profonda e reale, formando di loro come un unico corpo, di cui il Cristo è il capo. Gesù aveva paragonato l’unione dei cristiani fra loro e con lui a quella fra una vite e i suoi tralci, in cui c’è un’unica linfa che scorre e che alimenta anche le foglie e i frutti più lontani. Se i cristiani si dividono fanno nascere una divisione nello stesso corpo di Cristo e diventano come tralci secchi. Purtroppo Cristo è stato diviso e non possiamo fare a meno di presentare anche questo aspetto molto triste del cristianesimo. La divisione tra Oriente e Occidente Le divisioni fra i cristiani risalgono già ai primi tempi del cristianesimo durante le persecuzioni. Si trattava di dottrine che generalmente scomparivano, come è successo dell’Arianesimo , i cui seguaci sostenevano che Gesù non è Dio. Le fratture che hanno segnato vere e proprie svolte nel mondo cristiano sono due : lo Scisma che ha diviso,in seno alla Chiesa d’Occidente, i Cattolici romani dai Protestanti. La prima fattura è emersa definitivamente nel 1054 quando il Patriarca di Costantinopoli, Michele … e il delegato del papa, Umbro di Silva Candida, si scambiano reciprocamente la scomunica. Per lungo tempo le Chiese del Mediterraneo orientale ( Grecia, Siria, Palestina, Egitto ) avevano avuto difficoltà con quelle occidentali riguardo alla disciplina, alla liturgia e anche al modo di spiegare alcune verità insegnate da Gesù. Inoltre il Patriarca di Costantinopoli non voleva accettare l’autorità suprema del vescovo di Roma. Al momento della divisione non tutti si accorsero della gravità della divisione. La pace non tornò, come invece era accaduto altre volte. Si tennero anche due Concili ecumenici per cercare di ricomporre il dissidio : uno a Lione ( 1271 – 1276 ) e uno a Firenze ( 1439- 1443 ) , ma i risultati sperati non furono recepiti. La riforma del sec. XVI L’altra grande frattura è avvenuta nel centro dell’Europa e risale al secolo XVI. Anche qui si mescolano fattori religiosi con altri di carattere politico, sociale, economico. I principali fondatori di questo “cristianesimo protestante” sono M. Lutero ( 1483 – 1546 ), H Zwiugli ( 1484 – 1531 ) e G. Calvino ( 1509 – 1564 ), i quali hanno elaborato una loro dottrina che in molti punti discorda da quella cattolica. Affermano il valore assoluto della Bibbia come norma della fede mentre negano il valore della Tradizione. Sostengono che la salvezza dell’uomo avviene solo per mezzo della fede e della grazia divina e non per le sue buone opere. Spesso riconoscono solo due sacramenti : il Battesimo e l’Eucaristia ; mettono in discussione l’autorità del Papa ; affrontano diversamente alcune tematiche morali. Il mondo protestante dal sec. XVI° ai nostri giorni si è ulteriormente diviso fino ad arrivare a una vera proliferazione di gruppi. Sr. Franca Stoppa Meditazione musicale : una serata riuscita Tra le iniziative messe in cantiere lungo il periodo estivo non possiamo non segnalare la serata del 9 agosto dal tema “Meditazione musicale”. I protagonisti sono stati Giuseppe Radini (organo), Alessio Molinaro (organo) e soprattutto Sr.Franca Stoppa, animatrice liturgica del Santuario, la quale ha scoperto e cantato diverse canzoni scritte da una consacrata Pizzetti, impegnata ora in Perù. Per molti che hanno partecipato ( il termine è quanto mai appropriato perché anche il pubblico ha cantato ) è stata una scoperta la voce di Sr. Franca. Abituati a sentirla nell’animazione delle Messe sono rimasti colpiti dalle sue capacità vocali. Ma sono stati soprattutto i temi trattati a coinvolgere i presenti che hanno seguito con molta attenzione lo svolgimento della serata, facilitati da un sussidio contenente le parole delle canzoni. E’ stata davvero una meditazione su molteplici aspetti della vita religiosa e sociale. I contenuti delle canzoni , presentati da Mariangela Canuto, sono stati sottolineati da opportune diapositive, proiettate da Anna Gugliermino. Ricorrenze giubilari nel vicariato ed in diocesi. Si sono svolte nei mesi scorsi importanti ricorrenze giubilari in onore di alcuni santi locali in diversi centri del nostro vicariato e della diocesi, manifestazioni di fede popolare nel segno di una ininterrotta tradizione di devozione che perdura da secoli, nonostante il mutare del contesto sociale e culturale in cui hanno luogo. Il primo appuntamento ha coinvolto la comunità di Fara, popoloso centro della collina novarese, che ha dedicato al suo patrono San Damiano una settimana di solenni festeggiamenti, dal 24 al 31 agosto: celebrazioni religiose, momenti culturali e ricreativi che hanno visto la partecipazione di centinaia di persone, culminati con i trasporti emmesionali dell’urna contenente le reliquie del santo, per le vie del paese festosamente e artisticamente addobbate. La prima settimana di settembre è toccato a emme ritrovarsi attorno alla venerata patrona della Valsesia la Beata Panacea, in occasione della processione ventennale con i suoi resti mortali, venerati nello scurolo antonelliano della grande chiesa parrocchiale dell’Assunta, che ha avuto luogo nel pomeriggio di domenica 7. La seconda settimana del mese è stato onorato Sant’Eusebio, compatrono di Romagnano Sesia, le cui reliquie, giunte da Roma nel 1661, sono conservate nella chiesa della Madonna del Popolo: anche in questo caso il momento culminante è stato la processione con l’artistica urna lignea lungo le strade del borgo, al termine della quale, nella chiesa abbaziale il cardinale Lorenzo Antonetti ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica. Domenica 28 settembre si sono infine conclusi i festeggiamenti che Borgolavezzaro ha dedicato a partire dallo scorso 16 febbraio, alla sua patrona Santa Giuliana, nella ricorrenza del IV centenario dell’arrivo in paese di alcune sue reliquie, donate alla locale comunità dal vescovo Bascapè. Come è stato più volte e da diversi ricordato, la partecipazione a queste celebrazioni, che con grande impegno e non poca fatica sono state organizzate, siano occasione di rinnovato impegno nella testimonianza cristiana, sull’esempio e con l’aiuto dei santi, nel cammino quotidiano, significativa,mente simboleggiato nelle solenni processioni che si sono svolte, tutte favorite anche dalle condizioni metereologiche. D.P. Un pomeriggio con l’acqua……… Nel pomeriggio di sabato 2 agosto, preso la sala cappella dell’Albergo del Pellegrino, si è tenuto un interessante incontro dal tema: Le Acque che salvano, organizzato dalla Società Valsesiana di Cultura, in collaborazione con il Santuario e la Riserva. I vari interventi che si sono susseguiti hanno aiutato i numerosi presenti ad approfondire varie tematiche legate alla dimensione religiosa dell’elemento primordiale, cui è stato dedicato internazionalmente quest’anno. Don Lorenzo Marchetti ha evidenziato la presenza dell’acqua nell’ambito della Sacra Scrittura, antico e nuovo testamento, mentre Giacomo Gagliardini ha esposto alcune interessanti notizie relative ai complessi battesimali paleocristiani della zona. Legati alla devozione popolare gli interventi di Damiano Pomi, sul rapporto tra i santi e l’acqua: patronati, leggende e riti, e di Sara Bruno, sulla storia del santuario della Madonna della Fontana di Crevacuore. L’ultimo intervento, di Casimiro Debiaggi, ha raccolto il pubblico attorno alla fontana al centro della piazza, che costituisce la 44 cappella del Sacro Monte, simbolica rappresentazione della Resurrezione; la conclusione dell’intenso pomeriggio è avvenuta in basilica, davanti all’originale statua del Cristo, descritta sempre dal professor Debiaggi, una delle più antiche testimonianze scultoree dell’intero complesso. d.p. UN VESCOVO VALSESIANO SEGRETARIO DEGLI AFFARI ESTERI DELLA SANTA SEDE Mons. Giovanni Lajolo, nativo di Grignasco, è il nuovo “segretario della sezione per i rapporti con gli Stati” per la Santa Sede. Nato nel 1935, viene ordinato sacerdote nel 1930. Dopo la laurea in diritto canonico, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1970 ; ha prestato la propria opera presso la Rappresentanza Pontificia in Germania e in seguito presso il Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa. Nel 1988 ha è passato all’APSA, ( patrimonio della Santa Sede ) come segretario . Il 7 dicembre 1995 viene nominato Nunzio apostolico in Germania fino all’attuale importante incarico. CONOSCIAMO IL SACRO MONTE GESU’ INCHIODATO SULLA CROCE (Cappella 37°) Il ciclo pittorico di Melchiorre Gherardini Mentre tra il 1635 ed il ’37 Giovanni d’Enrico dava vita alla composizione scultorea, i fabbriceri dovevano pensare a chi rivolgersi per affidargli il compito, anzi, la responsabilità di completare il tutto con un ciclo pittorico adeguato, di pari alta ispirazione. L’impresa si presentava tutt’altro che semplice, data la vastità della superficie da rivestire di affreschi: la più ampia, penso, di tutto il Sacro Monte, superiore, credo, anche a quella dipinta decenni dopo nella Trasfigurazione. Per di più si trattava di affrescare una cappella posta tra due capolavori a cui ci si sarebbe dovuti adeguare il più possibile come stile e come elevata qualità: la Salita al Calvario del Morazzone ed il Cristo in croce, opera somma di Gaudenzio. Gli esponenti della grande scuola pittorica lombarda del Seicento, che avrebbero potuto con la loro ispirazione tormentata ed esaltante e con le loro doti di affreschisti valentissimi, trasfigurare l’aula, erano ormai tutti scomparsi: non solo il Morazzone ed il Tanzio, che avevano lasciato sul Sacro Monte alcuni dei cicli più superbi, deceduti, l’uno nel 1626 e l’altro 1633, ma anche Giulio Cesare Procaccini ed il Moncalvo, ambedue interpellati un tempo per le cappelle varallesi, ma poi scartati, morti entrambi già nel 1625, ed ancora Daniele Crespi, scomparso durante la peste del 1630, ed il Cerano, deceduto nel ’32. In valle poi le uniche due figure di una certa fama, già ben note ed attive per la Nuova Gerusalemme, erano il Rocca e Melchiorre d’Enrico, ambedue già avanti negli anni. Il primo era stato autore degli affreschi delle due cappelle: la Flagellazione e la Guarigione del paralitico, ma era allora impegnato nel vicino Biellese, nel Cusio e forse nel Novarese, ove esistono varie sue opere di cui non si conosce la data. Ma può anche darsi che non fosse ritenuto adatto a dominate con i suoi dipinti un così vasto spazio come quello dell’Inchiodazione. Sarà tuttavia richiamato più avanti al Sacro Monte per gli affreschi di Gesù davanti a Caifa e di S.Pietro penitente. Il secondo, pure autore dei dipinti nelle cappelle dell’Orazione nell’orto, dei Discepoli dormienti e della Cattura, ma di gran lunga inferiore ai suoi due fratelli: Giovanni ed Antonio, detto il Tanzio, era impegnato in lavori più modesti sul Sacro Monte, e non avrebbe certo raggiunto un esito felice in un ciclo di tanta importanza, ed era per altro ormai ultra sessantenne. I fabbriceri dovranno allora guardare verso Milano alla ricerca di uno dei pittori della nuova generazione, che sembrano emergere, che possono dare buona speranza: non tanto Francesco del Cairo, trentenne, tanto patetico e per nulla esperto nel campo dell’affresco. Ci si rivolge allora ad un altro giovane maestro, che dà affidamento per essere stato allievo e genero del Cerano, tanto che passerà ai posteri con il soprannome di “Ceranino”: Melchiorre Gilardini, come ricordato dai documenti coevi al Sacro Monte, o Gherardini, come si scrive oggi; pittore legato dunque alla più tipica cultura pittorica del primo Seicento lombardo. Nato, pare, nel 1607, a Milano, formatosi all’ombra di un grande maestro e suo collaboratore negli ultimi anni, penetrando così “nei suoi segreti pensieri”, aveva le carte in regola per essere molto probabilmente scelto, o suggerito dai d’Adda per la vasta impresa dell’Inchiodazione. Pare abbia lavorato col Cerano per la lunetta con la Vergine che libera Milano dalla peste in S.Maria delle Grazie a Milano, aveva dipinto tra il 1629 ed il ’30 lo Sposalizio della Vergine in S.Giuseppe, sempre a Milano, e poi forse aveva già eseguito la grande pala del Martirio di S.Agnese per la chiesa di S.Agnese delle Monache a Novara, pala intensa e complessa, che potrebbe esser stata vista dai fabbriceri varallesi ed esser stata determinante per affidargli il così impegnativo incarico dell’Affissione alla croce sul Sacro Monte. Non è tuttavia da escludere che la scelta di un maestro così giovane, di soli trent’anni (in verità il Morazzone era stato chiamato con un anno di meno) e non ancora molto esperto nell’affresco, sia dipesa anche in parte da un possibile accordo su di una cifra abbastanza contenuta per il compenso. Il contratto per questo ciclo, che sarà l’opera somma del Gherardini, secondo alcuni risalirebbe al 1637, però già nello stesso anno il pittore dà inizio al lavoro. Ma subito dopo, a causa delle grandissime spese sostenute dagli amministratori del Sacro Monte nei decenni precedenti, si trovano costretti a fargli sospendere l’opera. Ciò è dichiarato in modo esplicito in un verbale del notaio Gian Giacomo Cravazza, del 2 febbraio 1638, in cui si dice:”Il pittor Melchior Cerano milanese havendo esso già cominciato dipingere in d. Sacro Monte nella Cappella della Crocifissione, si è ordinato che si dia aviso al d. pittore che si attenghi a casa sua poiché per hora non si trovano denari da compire il suo pagamento et si dia a lui aviso quanto prima di tal ordine”. Dunque il pittore aveva già dato inizio al suo lavoro, forse nella tarda estate – inizio autunno del ’37, certo partendo dall’alto della volta col cielo e le nubi. L’interruzione però non dovette essere molto lunga, infatti il Fassola ricorda, proprio riferendosi al 1638, che “il Prete Emiliano Velata lasciò una grossa elemosina alla Veneranda Fabrica” e che “Melchion Gilardini del trentanove dipingeva”. Per cui si può ragionevolmente ritenere che tutta la cappella sia stata affrescata entro il 1640. Ne è conferma quanto osserva il vescovo Tornielli nella sua visita del 26 agosto 1641, in cui trova la cappella ormai compiuta e “bellissima et per statue et per pitture…”. L’artista dunque dovette lavorare con lena per sviluppare un ciclo pittorico di così insolito respiro spaziale, con alto mestiere, cercando di accostarsi, almeno nell’impostazione e nell’effetto generale, al Morazzone della cappella immediatamente precedente, ed esprimendosi “nella maniera grande”, qui più che mai necessaria, eredità del suo maestro e suocero, col gusto della vasta inscenatura patetica e della drammatica fantasia, con abbondanza di spunti non solo ceraneschi, ma anche morazzoniani. Sull’alto, nell’immensità della volta celeste, tra dense nubi tempestose, come è ormai diventata una prassi secondo i contratti e le scrupolose e minute indicazioni vescovili, rappresenta, a campeggiare al centro di ogni parete, quasi fossero delle apparizioni improvvise e di forte impatto, tre vasti riquadri con episodi biblici di puntuale riferimento alla sottostante Inchiodazione. Nelle tre grandi scene, come in tre ampi stendardi, racchiusi da bordi sontuosi, angeli volanti e cartigli svolazzanti, campeggiano: al centro l’Angelo che con la spada di fuoco scaccia i progenitori dal Paradiso Terrestre, in quello di destra Abramo che sta per sacrificare l’unico suo figlio Isacco, in quello della parete sinistra Giacobbe che riceve la veste insanguinata di suo figlio Giuseppe. Sebbene la fama del Gherardini sia assai inferiore rispetto a quella del Cerano e del Morazzone, essendo un erede e un continuatore della cultura pittorica di quei maestri, tuttavia in questa vasta impresa si rivela capace di mantenere un alto livello qualitativo riprendendone molti elementi, soprattutto del Morazzone dal punto di vista figurativo, come nei motivi dei tre grandi riquadri, nei costumi dei personaggi, negli accostamenti dei gruppi, negli stessi vessilli, che ritornano da una cappella all’altra: si veda quello rosso, svolazzante verso destra sul fondo della Salita al Calvario, ripresentato, solo sospinto dal vento in direzione opposta nell’Inchiodazione. Non meraviglia quindi che notevoli siano stati gli apprezzamenti del Bordiga e del Cusa nell’Ottocento. Scrive il primo nel 1830 :”… mostrossi con fertilità d’invenzione nella numerosa schiera di Angeli maggiori e minori ben aggruppati e distinti che fece con molta grazia nella volta : dessi lascian travedere lo stile del Cerano suo maestro, la maggior parte hanno motti scritti e li più adulti sostengono tre quadri…”. Ed il Cusa a sua volta scrive: “Nei dipinti il Gilardini seguì la maniera del Morazzone, e se non lo raggiunse nell’espressione, nella bontà del disegno e nella finitezza del pennello e del colorito, vi si distinse tuttavia per forza di chiaroscuro assai bene all’effetto generale”. Se il tono è inevitabilmente meno teso, meno aggressivo e meno interiormente tormentato rispetto al Morazzone, il pittore ebbe però la notevole capacità di dominare lo spazio vastissimo, di saper legare il popolo delle statue del d’Enrico con la fitta siepe umana da lui dipinta, pullulante di ogni sorta di attori e spettatori, con una visione unitaria e corale. Un’opera dunque finora spesso trascurata, che si presenta quasi come una scoperta e che rivela un artista di talento, meritevole di una considerazione ben più alta di quella goduta finora. Conchiuso un incarico così di prestigio, il Gherardini, come già si è accennato, si adatta ad un intervento assai più modesto, quello di continuare a dipingere le statue della stessa cappella, con l’incarico affidatogli il 4 ottobre 1641. A ciò il pittore può essere stato indotto da ragioni economiche, ma, penso, soprattutto dalla speranza di poter presto ricevere un nuovo e più ambito compito non allontanandosi dal Sacro Monte, cioè di affrescare un altro ciclo pittorico, quello della Deposizione dalla croce, come infatti avverrà, lasciando al Rocca l’impegno di completare la pittura delle statue della Inchiodazione. CASIMIRO DEBIAGGI OFFERTE AL SANTUARIO Arlunno Vito e Rosangela € 25 ; N.N. € 25 ; Guglielmina Carla € 25,00 ; Ivaldi Maddalena € 30,00 ; Tarditi Marazza Maria € 50,00 ; Bottigioli Mafalda € 25,82 : Rietti Anna € 50,00 ; Severico Lino € 30,00 ; Salvatori Gabriella € 15.00 ; N.N. € 50,00 ; Francese Franco € 50,00 ; Bavera Rinaldo € 20,00 ; Colombo Anna € 20,00 ; Vignani Renzo € 20,00 ; Maio Piera € 20,00 ; Cassinerio Tommaso € 20,00 ; Gamarino Carla € 20,00 ; Manzone Giuseppe € 30,00 ; Taraboletti Anita € 30,00 ; Peroglio Gaudenzio € 20,00 ; Comazzi Giacomo e Wilma € 60,00 ; Condello Francesco € 15,00 ; Giliotti Santo € 50,00 ; Corrocher Paolo € 100.00 ; Sacco Germana € 50,00 ; Guaglio Teresa € 25, 00 ; Gamba Renato € 10,00 ; Procchio Anna € 10,00 ; Calafà Rosetta € 15,00 ; Colombo Clara € 50,00 ; Fornara Vittorio € 13,00 ; Mazzia Federico € 100,00 ; Pastorino Giannina € 30,00 ; Rabaglio Carlo € 50,00 ; Scaiola Gianni € 30,00 ; Breve cronaca del giorno delle Professioni Varallo – Chiesa S. Maria delle Grazie - 6 settembre 2003 Grande FESTA in Casa Madre Alle ore 8,45 il Card. Eduardo Martinez Somalo, con le due Sorelle, Sr. M. Teresa e Sr. M. Ester, è venuto al Convento. Entrato in chiesa e accolto dalla Madre Generale, dalla Vicaria, dalla Superiora e da alcune Sorelle, Sua Eminenza ha sostato presso la cappella della Madonna delle Grazie festosamente ornata per la sua festa, quindi ha salutato Gesù solennemente esposto fermandosi in fervorosa preghiera, poi si è recato alla tomba della Fondatrice, Madre Margherita M. Guaini, presso l’altare del Sacro Cuore di Gesù. Uscito dalla porta laterale della chiesa, ha incontrato e salutato le numerose Sorelle Mges presenti in Casa Madre per la circostanza delle Professioni. Abbiamo festeggiato l’incontro di benvenuto con fiori e gioiosi canti. Dopo detto saluto il Cardinale e le sue Suore accompagnato da Sr. M. Cristina e seguito dalla Madre Generale e dalla Vicaria sono andati al Cimitero a pregare sulla tomba di Madre M. Emanuela. Di seguito hanno fatto visita al S. Monte di Varallo, per poi rientrare tutti in Villa S. Maria per il pranzo. Alle ore 15,30 - inizio della Festa di Professione. Con la presidenza dell’Em.mo Cardinale Eduardo Martinez S. nella solenne Eucaristia, hanno concelebrato: Don Gianfermo Nicolini, Prevosto di Varallo, Don Mario Perotti, Canonico della Cattedrale di Novara, Padre Renato Zacquini, Cappellano della chiesa Madonna delle Grazie, Don Maurizio Gagliardini, Maestro di cappella di Novara, Don Armando Avondo, Vice parroco di Varallo, Padre Giulio Mariani, Segretario Generale del P.I.M.E., Don Eugenio Masseroni, Parroco di Sabbia , Don Adriano Micotti, del Seminario di Novara, Don Sergio Perego, Parroco di Tregasio, Don Marco Tagliabue, Don Antonio Lunghi, Padre Michele Trilione, Barnabita. Il coro, guidato da Don M. Gagliardini e accompagnato all’organo da Giacomo Gagliardini, è stato eseguito dalle Suore Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote. Nella chiesa, gremita da conoscenti, amici e benefattori dell’Istituto, tra i quali era presente anche il Sindaco di Varallo, Rag. Gianluca Buonanno, è risuonata la lode, il ringraziamento e la gioia al Signore per tutti i benefici concessi alla Congregazione delle Mges e, in particolare, delle tre Sorelle professande: Sr. M. Veronica Garcia, Sr. M. Marcelle Portabes, Sr. M. Stephany Alberca, che hanno emesso i Voti perpetui, coronando così, dopo la loro formazione religiosa, l’ideale di voler essere tutte di Dio a servizio della Chiesa e dell’Istituto, come sostegno al Papa e in ausilio dei Sacerdoti con spirito eucaristico-sacerdotale-mariano, e delle tre Sorelle: Sr. M. Norberta Baxla, Sr. M.Punam Ekka, Sr. M. Sunita Pulidundi che hanno emesso i Voti per un anno, detti temporanei, come prova di fedeltà al Signore cercato e seguito e dal quale sono state chiamate per consacrarsi al suo amore mediante la professione dei Consigli evangelici di Povertà, Castità, Obbedienza. Emozionante la lunga Cerimonia! Il corteo formato dalle neo-professande e dal Clero, ha percorso processionalmente il porticato del Convento fino a raggiungere l’Altare festosamente preparato, mentre il Coro eseguiva l’Inno alla Madre di Dio: Ave o Theotokos. Ciascuna delle festeggiate era accompagnata da una Consorella che faceva da Madrina spirituale e seguite dalla Madre Generale e dalla Madre Maestra del Noviziato. Prima di iniziare la S. Messa Madre M. Patrizia Mereu, Superiora Generale, ha rivolto il suo saluto e ringraziamento all’Em.mo Cardinale, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e il benvenuto a tutti i presenti. Dopo la fervorosa e calorosa Omelia del Card. Martinez, nella quale ha ricordato le varie tappe della nostra Famiglia religiosa e nella memoria della Fondatrice, Madre Margherita M. Guaini, che aveva felicemente conosciuta ed apprezzata per la sua Opera e il suo Carisma, è iniziato il Rito di Professione. Per l’atto di consacrazione al Signore le candidate sono state chiamate per nome, ad una ad una, dalla Superiora Generale e invitate a salire in presbiterio, per testimoniare pubblicamente il loro atto davanti alla Chiesa, leggendo la formula propria dell’Istituto. E’ seguita la processione offertoriale coi doni presentati dalle Madrine, laiche benefattrici che hanno seguito il cammino delle giovani Sorelle in formazione. La Liturgia è stata seguita con entusiasmo ed attenzione generale nel silenzio e nella commozione conclusa poi col ringraziamento di Sr. M. Veronica che ha fatto a nome delle sei festeggiate, e con la danza, davanti all’Altare, eseguita dalle tre giovani Sorelle indiane. Tutto questo si inserisce provvidenzialmente nel 50° della presenza a Varallo della nostra Famiglia religiosa, in questa Casa e in questa Chiesa della Madonna delle Grazie, il cui atto di affidamento era stato firmato al Sacro Monte di Varallo l’8 settembre 1953 alla presenza di S. Ecc. Mons. Gilla Vincenzo Gremigni, Vescovo di Novara, Mons. Angelo Bertolino, Prevosto di Varallo, Padre Allovio, Superiore e Preside del Collegio d’Adda, Padre Felice Morero, Economo del Collegio d’Adda e Madre Margherita M. Guaini, Superiora Generale delle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote con le Consorelle Suor M Agostina Trombini e Suor M. Lucia Piantoni. Le suore di Gesù Sacerdote LA MUSICA IN VALSESIA ( XI puntata ) Estate 2003. Tutto al massimo: il caldo, i prezzi…. la musica. Sì, anche la musica. Già abbondante e varia in primavera, qui in Valsesia durante la torrida estate ha battuto ogni record. Numerosissime le manifestazioni, grandissima l’affluenza del pubblico, specialmente a Varallo che qualcuno, maliziosamente ma non senza ragione, ha definito “Il Paese dei Balocchi”. Certo l’estate valsesiana di quest’anno è stata una festa continua di spettacoli vari e un tripudio di musica di ogni genere, il tutto per interessamento di enti pubblici e privati, a livello comunale, provinciale e regionale. Impossibile tener dietro a tutte le manifestazioni, tanto meno descriverle e commentarle. Ci limiteremo a quelle musicali incominciando da Varallo. All’inizio dell’estate due varallesi alla ribalta: la giovane e bella Chiara Costadone vince il IV festival valsesiano della canzone con “Messaggio d’amore” dei Matia Bazar. Il poeta e musicista Daniele Conserva presenta con successo al pubblico il suo nuovo cd “La musica la vòla pian”, 12 canzoni in dialetto sui luoghi più suggestivi e i personaggi più caratteristici di Varallo e dintorni. E poi, in ordine cronologico: il 5 luglio a Ghemme il quintetto d’ottoni “Golliwogg Brass” esegue musiche di Verdi, Rossini, Bizet, ecc…. A grignasco concerto di musica popolare sotto il titolo “Viva la Sounaille”, mentre a Scopello si esibisce l’orchestra spettacolo “Aliano e la sua Band” e a Romagnano il gruppo musicale “La Sornetta” presenta musiche popolari piemontesi. Il giorno dopo a Fobello applauditissimo concerto vocale della corale di Gozzano e a Scopello inizia una settimana musicale che comprende corsi di violino, pianoforte, musica d’insieme, percussioni e teoria musicale sotto il suggestivo titolo “Campo musicale estivo”. il 9 e 10 luglio, a Romagnano, nell’ambito dei festeggiamenti in onore di S.Silvano: orchestra Miki e Franco, concerto del “Trio Klezmer”, concerto classico di flauti traversi, concerto serale della banda cittadina. il 12 e 13 luglio a Scopello durante i festeggiamenti del Gruppo Alpini: concerto del coro “Grigna” della sezione Alpini di Lecco e concereto della Banda Musicale di Quarona. A Varallo durante la frequentatissima “Alpàa” si sono esibiti i cantanti: Drupi, Alexis, Francesco Baccini, New Trolls, Camaleonti e Giganti, Francesco De Gregori, Illeciti Musicali, Anna Oxa e la banda musicale “Città di Varallo”. il 18 luglio a Ghemme il cantautore Don Bachy e il suo trio eseguono un concerto molto applaudito. Il 19 a Borgosesia concerto con carosello della fanfara della Brigata Alpina Taurinense e concerto della banda musicale di Casto (BS). Lo stesso giorno a Grignasco gran concerto della corale don Antonio Merlo di Fontanrto d’Agogna, e a Valduggia, nella “Piccola Arena”, grande successo del “Nabucco”, famosissima opera verdiana. tra il 20 e il 27 luglio a Cellio, durante il 70° anniversario del Gruppo Alpini si sono esibiti: la Fanfara della Brigata Alpina Taurinense, il coro “Alpin dal Rosa”, la Fanfara Alpina Valle Elvo, l’orchestra spettacolo Richy Renna, il gruppo “In the Kitchen” e il “Gruppo Quattro” con la musuca tradizionale piemontese. il 26 luglio il coro “L’Eco” di Varallo ha ottenuto a Macugnaga un vivissimo successo con un repertorio vario di canti che ha riscosso applausi scroscianti da un foltissimo pubblico attento ed entusiasta. Lo stesso giorno a Scopello appuntamento con la lirica: brani di Verdi, Bellini, Puccini, Donizetti e Rossini. Il giorno dopo ad Alagna Festival in Valle: “Il canto nella tradizione walser europea”. A Campertogno riprende il XVI Festival Internazionale Storici Organi della Valsesia che con cadenza quasi giornaliera prosegue fino al 15 agosto nelle chiese di Borgosesia, Foresto, Valduggia, Riva Valdobbia, Mollia, Rassa, Scopa, Brugaro, Varallo (S.M. delle Grazie), Piode, Alagna, Crevola, Balmuccia, Scopello, Rastiglione e Rossa. Agosto: mese di fuoco: boschi che bruciano, feste patronali in tutte le frazioni e …. manifestazioni musicali a non finire. Tanto per cominciare: il 1° agosto nasce a Borgosesia un nuovo complesso musicale, il “Trio Floralis” (violino, violoncello e pianoforte) che prepara concerti per l’autunno. A Cellio concerto di fisarmoniche del Quartetto Hans Brehme. 2-3 agosto a Scopello: musical “Sette spose per sette fratelli” sotto la regia di Daniele Conserva. A Carega di Cellio tre serate (2-3-4 agosto) allietate rispettivamente dall’orchestra “Maya Band”, dal trio “Rosy orchestra” e dal gruppo “Rochy Renna”. A Cavallirio l’orchestra “Alfano” chiude i festeggiamenti in onore di S.Germano. Il 6 agosto a Boccioleto musiche e danze di S.Pietroburgo. L’8 a Scopa concerto d’estate della Banda musicale di Scopello. Il 9 a Cadarafagno di Breia concerto del pianista varallese Massimo Bianchi su musiche di Beethoven e Liszt. Nella basilica del S.Monte di Varallo: Meditazione musicale “Canta la vita” su testi e musiche di Chiara Bizetti. Esegue magistralmente i canti il mezzosoprano Franca Stoppa, accompagnata all’organo da Alessio Molinaro e con intermezzi d’organo del m.° Giuseppe Radini. Il 14 a Rimasco concerto di fisarmonica e arpa del duo “Mille miglia” (ripetuto il 18 a Ferrara di Cravagliana). Il 15 a Parone di Crevola concerto di armonica cromatica e pianoforte. Il 16 a Riva Valdobbia:”Stasera canto io”, Karaoke in piazza. A Varallo (basilica del S.Monte): concerto d’organo e tromba con Giuseppe Radini all’organo e Alessio Molinaro alla tromba. Il 21 “Storia e musica degli anni ‘60” con la presenza di molti gruppi che hanno dato vita a un revival di canzoni e musiche molto gradite al numeroso pubblico. Sempre a Varallo, dal 22 agosto al 7 settembre: “Fuego latino”, I° Festival latino-americano con musiche e danze dal vivo che hanno riscosso un grandissimo successo, specialmente (e non poteva essere altrimenti) le formose discinte ballerine brasiliane. L’ultima settimana di agosto ha visto un crescendo di manifestazioni musicali, specialmente a Fara dove si sono celebrati i solenni festeggiamenti centenari in onore del patrono S.Damiano con diversi concerti bandistici (Pont S.Martin, Cha^tillon, Santhia, Varallo) e il concerto di chiusura dei “Nomadi”. Anche a Grignasco il mese di agosto si è chiuso con “Sul finire dell’estate”: concerto del quintetto vocale “Triaca musicale” che spazia dal canto gragoriano ai Beatles. E non è tutto! Che ve ne pare della musica in Valsesia? (Vior) L’ANGOLO DELLA MEMORIA Pubblichiamo volentieri questa lettera che Mons. Pastore , varallese, ha scritto agli amici del Comitato “Mons. Fasola” Vaticano, 3 Marzo 2003 Con grande gioia e commozione ho appreso che il cammino della iniziativa del Vostro Comitato per la promozione del processo di Canonizzazione di S.E. Mons. Fasola, trova sempre maggiori consensi e potrebbe essere assai prossimo alla meta. Mons. Fasola, per me da sempre e per sempre carissimo Padre, ebbe rapporto diuturno con la mia famiglia ed in particolare con il mio papà, l’On. Giulio Pastore, dagli anni ’30 del secolo scorso in poi. Dalle mani del Padre, nell’ormai lontano 1933 ricevetti la Prima Comunione a Novara, nella Cappella dell’Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice; fu il suo esempio ed il suo incitamento ad orientare, poi, la mia futura vocazione. Monsignor Fasola è stato preziosissimo consigliere e saggia guida per mio papà, sia negli anni della militanza nella Gioventù Italiana di Azione Cattolica, a Novara e a Roma, sia successivamente, quando mio padre divenne guida del Sindacato libero, parlamentare e Ministro della Repubblica. Fu sempre mio papà ad indirizzarmi a lui quando, divenuto Assistente Nazionale degli Aspiranti della Gioventù Cattolica, mi trovai alla ricerca di “lumi” nei momenti di difficoltà e di particolare impegno. Nel mio peregrinare lungo le Diocesi italiane per adempire ai miei compiti in Azione Cattolica, più volte ebbi occasione di incontrarlo a Messina e, prima ancora a Caltagirone: furono sempre incontri preziosi per me che, nelle sue esortazioni e nel suo esempio potei capire, con chiarezza, come doveva configurarsi il mio essere prete tra la gente del mio tempo. Mi auguro con tutto il cuore che si giunga presto ad iniziare, nella Diocesi di Messina che, ultima, ebbe la grazia di averlo come pastore e padre, quel processo di canonizzazione del quale da anni vi siete fatti promotori, perché l’esempio di Monsignor Fasola e la sua santa vita possano divenire per molti, come lo fu per me, occasione per maturare una Fede autentica, testimoniata, con semplicità e coraggio, nella vita di ogni giorno. Dio benedica il vostro impegno e i vostri propositi di bene! + Pierfranco Pastore Vescovo titolare di Forontoniana Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. LA DORMIZIONE DI MARIA SANTISSIMA Ti avevano reso lontana, quasi dea, più gloriosa del Figlio; nell’empireo, elevata per sempre, non passando attraverso la morte. Ci nascosero le belle Dormienti di Sardegna, d’Oriente o Varallo, che affermano quanto partecipe ti sei fatta alla sorte di Cristo. Ma il Papa, tuo grande devoto, ha avuto il coraggio del vero e ci ha detto che hai dovuto morire, per risorgere, poi, con il Figlio. In tal modo, anche tu hai vissuto quel momento che chiede più fede, e che spinge a sperar nella luce a chi entra nel buio di morte. Perché allora ad ognuno di noi è donata la prova suprema che ci assimila a Chi, abbandonato, consegnò il suo spirito al Padre. Tu morendo, come figlia di Eva, suggellasti il tuo fidarti di Dio, ed insegni così, anche a noi, come dire di sì, quando è buio. Così “Assunta” possiamo invocarti, più vicina a noi peccatori, che la morte soffriamo ogni giorno, ma che in te, la vediamo sconfitta. Amen. Salvatore Piga 15 Agosto, 2003 BELLEZZA E DRAMMA NEI SACRI MONTI Nella sua Guida generale ai grandi laghi subalpini, Milano 1890, il professor Giansevero Uberti dedicava al Sacro Monte d’Orta delle considerazioni a prima vista sconcertanti, ma forse proprio per questo meritevoli di essere riprese e discusse perché illuminanti l’approccio in generale ai Sacri Monti del nostro territorio. Quello dell’Uberti è uno sguardo “moderno, laico”, estraneo all’atteggiamento devoto di una lunga, secolare serie di scrittori-pellegrini, non ultimo Silvio Pellico. Per il professore si viaggia “per affari, istruzione, ora per divertimento”. E’ naturale dunque che sia interessato alle escursioni, gite e comodità turistiche ( “l’albergo Belvedere, elegante, con delizioso giardino; è diretto, ed assai bene, dal signor Ciana”), insomma alla soddisfazione soggettiva (non disgiunta dagli interessi pubblicitari, ovviamente). Ecco come riassume il significato del Sacro Monte di Orta: “E’ un convegno delizioso di quanti amano riposare fra cielo e terra, senza il fardello grave delle cure e delle tristezze.” Dunque per il professor Uberti, laico e non devoto, il valore di quel luogo (ma si potrebbe, ripeto, estendere la considerazione a tutti i nostri Sacri Monti, in quanto tipologie strutturali omogenee nell’appartenenza “al gran teatro montano”) consisterebbe esclusivamente nel godimento del paesaggio naturale, occasione e modello di divertissement, per scomodare, con facile superficialità, l’arduo Pascal. Ora questa interpretazione, illegittima e non solo riduttiva, a mio avviso si presta a dimostrare ex contrario che il punto di vista “laico” e il punto di vista “religioso” non possono oggi essere dissociati al fine di una corretta comprensione e fruizione della realtà dei Sacri Monti. Il godimento puramente turistico è inadeguato, meglio dire erroneo, fuorviante, come povero e insufficiente sarebbe oggi un approccio esclusivamente devozionale, pertinente semmai a quella parte del Sacro Monte che funge da “Santuario” (la chiesa). Affermazione di per sé, in apparenza, scontata e tuttavia non tale nella pratica nonché alla luce di qualche riflessione. I numerosi e approfonditi studi condotti in questi due decenni proprio sul nostro territorio hanno dimostrato la stratigrafia di significati, la ricchezza simbolica, la poliedricità di valenza dei sacri Monti, con una conseguente ricaduta operativa che è davanti a gli occhi e sulla quale però occorre esercitare un attento controllo culturale (ed una continua rimeditazione dal punto di vista religioso). Se non è difficile mostrare che assumendo la mentalità del professor Uberti si fraintende quel grande fenomeno – non solo per la scarsa attenzione agli aspetti storici - , le sue affermazioni sono indicative nel loro essere parziali e, vedremo, nei loro paradossi. Vale perciò la spesa di soffermarsi su di esse. Anzitutto i Sacri Monti non hanno mai inteso realizzare la tipologia dei “luoghi ameni”, in senso letterario, diciamo alla maniera dell’Ariosto. E tanto meno intendono essere, di conseguenza, luoghi per “riposare fra cielo e terra, senza il fardello greve delle cure e delle tristezze.” Volevano – e vogliono – porsi come luoghi per meditare, approfondire, dedicarsi alla contemplazione dei misteri, non per fantasticare o evadere. Luoghi ove cogliere l’opportunità di rientrare in se stessi, secondo l’alto insegnamento di Sant’Agostino e dell’agostinismo perenne. E’ noto che la forestazione dei Sacri Monti serviva a distogliere appunto da un eccessivo indugio sulla bellezza del paesaggio. L’incanto naturale è solo un punto di partenza, un’occasione per andare oltre, il primo passo di un cammino (l’itinerario in Deum di Bonaventura!). La bellezza naturale è mezzo, non fine. I Sacri Monti poi – e qui entra in gioco l’apparato iconografico – sono essenzialmente luoghi della tragedia. La chiamata in causa di una categoria fondamentale, quale è il tragico, merita una diffusa argomentazione; mi riprometto di riprenderla in articoli successivi, qualora il tema trovasse un riscontro di interesse. Mi limito per ora a rilevare la sua incidenza, in modo paradossale, da alcune note al di sopra delle righe presenti nella nostra guida, poco virgiliana. Passi la sua peregrina osservazione: ”Orta va altera del suo Sacro Monte, che in realtà è un semplice promontorio alto non più di 100 metri.” Quando però l’Uberti scrive: “Quivi (a Orta) San Francesco è trasformato in un Sacripante (ecco il riferimento al poema)… ha le braccia tese come un indemoniato… Quanti svolazzi; quante spade brandite: che nasi colossali, sono i più maestosi della Cristianità…” e ancora: “(le cappelle sono) veri spettacoli, vere spagnolate, monumenti della invasione di una gente fanatica per la pompa teatrale, tempietti pagani…”, allora il professore dimostra al di là dello stile, questo sì dai toni esagerati, che l’incomprensione del dato artistico si coniuga con l’incomprensione del fatto religioso. L’unione dei due fattori dà l’assoluta incomprensione dei sacri Monti. Certamente il Francesco di Orta è un Francesco pasoliniano, corrucciato. Fiorella Mattioli Carcano ha fatto notare che in una sola cappella il santo appare con il volto sereno. E infatti il San Francesco di Orta è interpretato come il santo di un contesto popolare tragico. Che poi il tragico sia la cifra del Sacro Monte di Varallo è reso evidente dal suo cuore: quello corrispondente al progetto dell’Alessi (il Libro dei Misteri!) e realizzato nel secondo Cinquecento. Questa tragicità, nella quale si oggettiva la domanda sul dolore e sul male in senso cristiano, è congruente con lo stile drammatico, teatrale, barocco delle cappelle. L’Agitazione delle figure è anzitutto sommovimento interiore, proiezione della fatica di vivere; lo splendore degli affreschi ne è l’espressione sublimata. La lezione di Testori, anche su Gaudenzio Ferrari, resta basilare. Non ritroviamo nei Sacri Monti l’Ariosto, semmai il Tasso. Il professor Giansevero Uberti se la prende con il Morazzone, il meno tormentato dei pittori lombardi frescanti in epoca borromaica. Che avrebbe detto del Tanzio? g.o. F O R E S T O: RICORDANDO DON RAVELLI NOTE DI STORIA DIETRO UN ALTARE Nei numeri scorsi del Bollettino abbiamo anche noi fatto memoria dei 40 dalla morte di don Ravelli; ora lo facciamo con questa gustosa cronaca Dietro all’altare della Madonna, all’Oratorio della Costa, si leggono le note di don Ravelli circa l’andamento stagionale di ogni anno di sua permanenza a Foresto, ossia dal 1904 al 1963. Egli fece inoltre una premessa circa il mezzo secolo precedente. Eccone i cenni da lui colti dalla bocca degli anziani: “ Negli anni 1852-53-54, non si è fatto un gotto di niente. Nel 1865, gelo vigoroso e molta neve. Il 25 marzo saliti in processione (alla Madonna della Costa)” E veniamo alla cronaca, dopo l’arrivo di don Ravelli: - 1904 e 1906 – Vendemmione. 1907 – Abbondanza di frutta e funghi. 1908 – Niente frutta, poche castagne. 1909 – Straordinarie nevicate in febbraio e marzo. 1910 – cm.40 di neve il 21 marzo. 1911-12 – Guerra libica. Moltissime nociole. 1914 – Molta frutta ed uva. 1915 – Frutta. Funghi in quantità. 1916 – Annata cattivissima. 1917 – Annata buonissima per tutto. I Tedeschi in Italia. 1918 – Niente frutta, poca uva. Armistizio. 1919 – Tanta frutta. Febbre spagnola. 1920-21-22 – Molta neve. 1923 -. Funghi in quantità enorme. Molte e belle castagne. 1924 – Inverno polare: meno 17° sotto zero. 1925 – Niente funghi, niente castagne. Vendemmione. 1926 – Inverno polare: meno 12° e anche più. Pochi funghi a L. 8 al hg. 1927 – Buona vendemmia. 1928 – Niente neve. Moria dei polli. Estate torrida; autunno infruttifero. 1930 – Niente di niente frutta. 1932 – Primavera piovosa. 1933 Niente raccolti; molti funghi. 1934 – Inverno eterno e nevoso. Fieno, uva, castagne. 1935 – Spedizione Altissimo. Molto di tutto. 1936 – Fondato l’Impero… 1937 – Ogni grazia di Dio. 1938 – Raccolto discreto; niente funghi. 1939 – Niente di tutto. 1940 – Un po’ di frutta: zero funghi. 1941 – Inverno eterno; tanta neve e null’altro. Perduto l’Impero. 1942 – Uva. Castagne meravigliose. Tolte le campane (per la guerra). 1943 – Fine del mondo: crolla Mussolini; l’Italia al Bando. Frutta e funghi in gran quantità. 1944 – Incendio Alpe Forche e fucilazioni. Buon raccolto; pochi funghi. 1945 - Fine fascismo; Nerone fucilato. Neve al 2 maggio; buona vendemmia. 1946 – Buona vendemmia. Repubblica. 1947 – Vendemmione. 1948 – Tante castagne; pochissimi funghi, vendemmia mediocre. 1949 – Poche castagne; pochissimi funghi; poca neve. Madonna Pellegrina. (Omessi il 1950-1951 e 1952). 1953 – Non si è fatto vino d’uva…ma solo vino di pomi. - 1954 – Come l’anno precedente – Niente castagne, niente funghi, uva immatura. 1955 – Poco di tutto. 1956 – Pomi ranetta. 1957 – Niente frutta, né castagne né funghi. 1958 – Mele tante; pochi funghi; ottima uva. 1959 – (nessuna nota) 1960 – Niente di tutto. Uva immatura. Altra nota: si è finito l’intero altare l’anno 1876. F.to Murillo. Il Signor Roberto Tamone dice di ricordare l’esistenza della cancellata di ferro che divide il presbiterio dalla navata. Ringrazio coloro che hanno dato aiuto a me nel difficile lavoro della trascrizione: i Signori Tamone Roberto, Efiro Ugo e Giardino Sergio. 15 ottobre 1985 Padre E. MANNI Considerazioni a 25 anni dall’approvazione della legge L’aborto nelle nostre zone Il 18 maggio 1978 il Parlamento italiano approvava la legge 194 che rendeva lecita la soppressione dell'essere umano concepito. Sono trascorsi 25 anni da allora e, penso, si possano fare dei bilanci: secondo le cifre ufficiali del Ministero della Sanità dal 1978 al 2001 la legge 194 ha provocato la morte di 4.255.005 nascituri, a questi vanno aggiunti un certo numero di aborti "clandestini", che pur non essendo quantificabili sono certamente di numero maggiore di quanto credevano (o volevano far credere) i fautori della legge. In Valsesia poi è particolarmente rilevante il numero di aborti. Qui sotto proponiamo una tabellina ove sono indicati il numero degli interventi di interruzione volontaria di gravidanza nell'anno 2001 (dati ufficiali della Regione Piemonte) nei nosocomi vicini a noi Località Ospedale Gattinara Borgosesia Vercelli Borgomanero Biella Novara Numero di aborti anno 2001 36 206 216 228 233 318 Bacino d’utenza numero abitanti (dati stimati) 20.000 38.000 60.000 50.000 90.000 145.000 Aborti ogni 1000 abitanti 1,8 5,5 3,6 4,5 2,6 2,2 Se questi dati si confrontano con l'entità della popolazione locale notiamo che Borgosesia vanta il triste record. Possiamo quindi pensare che qualora il numero degli aborti fosse stabile per tutti questi anni trascorsi, dal momento che è stata approvata la legge, ben 5.150 nascituri sono stati soppressi ufficialmente, solo in Valsesia. Parificabili invece le percentuali di interventi di interruzione di gravidanza alle minorenni, in tutti gli ospedali presi a riferimento si attestano attorno al 3% del totale, a conferma che l'aborto, nella maggioranza dei casi, viene utilizzato come metodo contraccettivo da donne adulte, spesso sposate. I motivi per i quali a Borgosesia vengono effettuati un gran numero di aborti in relazione alla popolazione locale ed ai parti sono oscuri, ma fa riflettere. Lavorano in questo ospedale anche dei medici cattolici? Quali posizioni prendono? A Borgosesia abbiamo però anche un esempio positivo: il Centro di aiuto alla vita, che fin dal 1986 opera nel territorio in modo ammirabile cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema e soprattutto aiutando le donne in difficoltà concretamente, (poche parole e tanti fatti). In questi anni sono state circa 260 tra mamme e bimbi accolti nella casa e circa 50 bimbi che sono nati grazie alla presenza di questa associazione. Nello scorso febbraio è stata inaugurata la nuova e grande “Casa della mamma e del bambino” che ospita le mamme durante l’attesa del loro figlio e, dopo la nascita, anche nei primi mesi di vita. La legge 194, nel 1978, venne firmata, sulla gazzetta ufficiale esclusivamente da esponenti politici cattolici, unico caso al mondo per una legge in favore dell'aborto. Pur essendo essi ideologicamente contrari non si sottrassero alla sottoscrizione di tale legge. Non così fece Re Baldovino del Belgio che si fece da parte piuttosto di firmare la legge che legalizzava l'aborto e alcuni secoli prima, nel 1534, quando in Inghilterra Enrico VIII impose ai suoi sudditi l’Atto di supremazia – con cui di consuma lo scisma dalla Chiesa Cattolica – Tommaso Moro è l’unico laico in tutta l’Inghilterra a rifiutare il giuramento. Pagherà con la vita la sua intransigenza, mediante decapitazione. Molti secoli dopo, di fronte al bivio tra firmare o non firmare la legge sull’aborto, si trattava di mettere a repentaglio non la testa, ma la propria poltrona. Il 22 maggio 2003 Papa Giovanni Paolo II° ricevendo in udienza i membri del direttivo del Movimento per la vita ha pronunciato parole che meritano di essere ricordate. “La venerabile Madre Teresa di Calcutta nel ricevere il premio Nobel per la pace ebbe il coraggio di affermare di fronte ai responsabili delle Comunità politiche: 'Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del suo seno, che cosa ci resta? L’aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo’. E’ vero! Non può esserci pace autentica senza il rispetto della vita, specie se innocente ed indifesa qual è quella dei bambini non ancora nati. Un’elementare coerenza esige che chi cerca la pace difenda la vita. Nessuna azione per la pace può essere efficace se non ci si oppone con la stessa forza agli attacchi contro la vita in ogni sua fase, dal suo sorgere sino al naturale tramonto”. Un giudizio importante, un appello al quale la maggioranza dei cattolici tace, quando invece dovrebbero difendere la vita innocente almeno con la stessa forza, con lo stesso entusiasmo dimostrato recentemente per la pace e contro l’intervento americano in Iraq. Dopo 25 anni che si convive con una legge omicida non è semplice rievangelizzare un popolo nel rispetto alla vita, ma in ogni caso fare dei passi in quella direzione dovrebbe essere un impegno per ogni cattolico. Una proposta per iniziare: perché ad esempio non celebrare in ogni parrocchia valsesiana, una volta al mese, una messa di riparazione ricordando lo scandalo e le vittime ed implorando il perdono per questo peccato sociale? Marco Zacquini RIVELAZIONI BAROCCHE I BENEDETTO ALFIERI, altare e tribuna 1740 Dall’opuscolo pubblicato dagli appassionati del Barocco che hanno visitato , tra l’altro , anche la nostra Basilica , secondo il programma evidenziato nel numero scorso del Bollettino, prendiamo alcune annotazioni sul nostro altare. L’intervento di Benedetto Alfieri per l’altare e tribuna della Basilica del Sacro Monte è importante nella carriera di questo architetto in quanto si tratta della prima manifestazione progettuale sul territorio dopo la nomina a Primo Architetto Regio (10 giugno 1739), inoltre questa operazione è una indicazione dell’interesse sabaudo per il Sacro Monte, che risale ai tempi Carlo Emanuele I. Anche il duca Vittorio Amedeo II aveva accordato la sua protezione nel 1708 e fatto dipingere le armi sabaude sulla facciata della Chiesa Maggiore nel 1713. In questo contesto si pone l’intervento alfieriano, certo per la realizzazione del presbiterio e della tribuna, non documentato ma attribuibile per confronti stilistici, dell’altare e dello scurolo, E’ interessante notare come anche in questo caso Alfieri sia stato retribuito con un regalo: una serie di pezze di tela di Costanza, e non con denaro. Essendo egli un nobile era giudicato volgare un compenso in denaro per l’opera prestata “per li disegni dal medesimo dati per la Tribuna, Balaustra ed altro concernente alla Chiesa maggiore”, le spese per il soggiorno ed il viaggio in Valsesia, dell’Alfieri furono sostenuti dal Fabbriciere del Sacro Monte il Marchese D’Adda. I lavori furono eseguiti dai fratelli Carlo Girolamo e Giuseppe Buzzi che furono retribuiti con mille lire imperiali. L’insieme della realizzazione si presenta con una fastosità che è indice del mutamento di gusto in corso, i marmi policromi e l’impiego dei bronzi dorati per i capitelli delle colonne sono un segnale d’ingresso, anche al Sacro Monte, del gusto rococò. Si è dibattuto sulla progettazione eventuale dell’altare da parte dell’ingegnere valsesiano Giovanni Battista Morondi ma un confronto di carattere stilistico anche con realizzazioni successive, come l’altare maggiore di Ghemme farebbe propendere per una unitarietà di progettazione alfieriana. BORGOSESIA E DINTORNI L’Insigne Collegiata Prepositurale dei Santi Pietro e Paolo in Borgosesia lungo i secoli. La cappella del Santissimo Crocifisso, già della Madonna di Loreto, attuale Battistero. È la prima cappella a sinistra entrando dal fondo dell’edificio. Adibita a Battistero dagli anni sessanta del novecento, ha purtroppo subito nel corso dei secoli varie trasformazioni, perdendo così il suo aspetto originario e rimanendo ormai, mi permetto di dirlo, irrimediabilmente deturpata. Nel seguirne le vicende storiche, comunque interessanti, va subito notato quanto segue. Secondo quanto scriveva il prof. Conti la cappella del Crocifisso occuperebbe, “per due terzi, un angolo della chiesa plebana romanica, ove dopo la prima ampliazione venne posto il Battistero”. Nello stesso scritto, però, si precisa che la prima notizia relativa a questo fonte battesimale è piuttosto tarda ed è da far risalire ad un ordine del 1617 emanato dal Vescovo Tornielli, il quale trovatolo piccolo ed oscuro ordinò di farne un altro di proporzioni maggiori e nel frattempo di aprire una finestrella per dare più di luce all’ambiente. A questo proposito è subito interessante riprendere il testo del Conti, dove leggiamo: “Tale finestra è stata scoperta nel corso degli attuali restauri”. Va qui ricordato, che all’inizio degli anni quaranta del novecento la Collegiata era stata esternamente stonacata e risultava quindi leggibile tutta la stratigrafia muraria dell’edificio; è allora da ritenere che il Conti abbia visto, almeno per quanto ancora si era conservata, la muratura della chiesa romanica, e sulla scorta di questo abbia formulato le sue tesi. Nel corso del XVII secolo, poi, la cappella subì alcune modifiche e vari interventi decorativi e conservativi; tra le altre cose è doveroso ricordare il quadro raffigurante il Battesimo di Cristo nelle acque del Giordano: questa tela, attualmente conservata nel locale del vecchio battistero in fondo alla Collegiata, è sempre stata ritenuta opera del Rocca, ma va notato che stilisticamente si differenzia molto da altre opere dello stesso e pertanto sarebbe da valutare l’ipotesi di una non sua paternità. Ritornando alla cappella in oggetto i maggiori cambiamenti avvennero, secondo Conti, nel 1685; in quest’anno il Battistero sarebbe stato spostato nel nuovo locale sottostante l’allora cantoria, che era venuto a crearsi con la costruzione, alla metà del XVII secolo, dell’organo, ad opera dei Valvassori di Milano, nel luogo dell’attuale cappella di San Rocco. A seguito dello spostamento del fonte battesimale, e quindi durante o dopo il 1685, la cappella del Crocifisso venne ampliata nelle forme attuali e dedicata alla Madonna di Loreto. Il Conti a questo proposito afferma: “... notizia di cui v’è cenno in un atto del 19 novembre a proposito d’un legato del Can.co Vinzio per celebrare una messa ogni venerdì”. Nel secolo seguente, e più precisamente nel 1761, in questa cappella si fondò la Confraternita del Sacro Cuore di Gesù che contribuì alle spese per la nuova decorazione del vano; a questo proposito il Conti riporta che nel registro della Confraternita in questione “...risulta che in detto anno (1761) ha contribuito a pagare al pittore Peracino gli affreschi della volta e delle lunette ed al pittore Vitaliano Grassi alcuni ritocchi all’Ancona della B. V. di Loreto”. Proseguendo in questa ricostruzione delle vicende storiche ancora nello scritto del prof. Conti leggiamo che: “Nel 1763 la dedicazione era mutata e questa l’apprendiamo dall’inventano di quest’anno che registra: L’Altare con Nichia in cui trovasi dentro il S.S. Crocifisso – e prosegue – lateralmente due quadri uno rappresentante la B.V. del Loreto, l’altro di n.n.° Sig. Gesù Xto spirante”. È allora naturale pensare che l’uno sia quello che si trovava sull’altare prima del cambiamento del titolo dedicatorio, mentre l’altro di Gesù Cristo spirante sia quello ancora oggi conservato nella cappella. Questa tela, che chiamiamo della Crocifissione, opera di Pier Francesco Gianoli, ma spesso erroneamente attribuita al Rocca, come si è detto è conservata ancora in loco, e precisamente sulla parete sinistra della cappella; fu eseguita sulle stesse dimensioni dell’ancona della Madonna di Loreto, al fine di poterla collocare di fronte a questa e creare un’armonia di fondo nelle due pareti laterali della cappella. Raffigura il Cristo Crocifisso venerato da quattro Santi, tra i quali in particolare meritano un cenno San Pio V, il Sommo Pontefice della vittoria cristiana sui turchi a Lepanto nel 1571, e Santa Rosa da Lima, suora domenicana canonizzata nel 1671, di forte spiritualità contemplativa, il cui culto si diffuse rapidamente in Europa collegato alla recita del Santo Rosario. Quest’ultima raffigurazione è molto importante, perché porta a datare l’opera del Gianoli posteriormente all’anno della canonizzazione della Santa. La tela della Madonna di Loreto, invece, sicuramente da ascrivere alla metà del seicento e non opera di Vitaliano Grassi ma solamente da questi ritoccata, fu dapprima trasferita nell’oratorio di Sant’Antonio, a causa dell’apertura dei passaggi tra le cappella laterali della collegiata, e attualmente si conserva, peraltro in condizioni discrete, nella chiesa di Santa Maria in Borgofranco, detta di Santa Marta, (Mi sia qui consentito ringraziare per questa informazione il Prof. Casimiro Debiaggi) in attesa di poter essere più convenientemente sistemata. Non siamo a conoscenza di una motivazione precisa che determini il passaggio della dedicazione della cappella dalla Vergine Lauretana al Santissimo Crocifisso, però è verosimile pensare che, tra le varie cause, in primis vi sia stata la necessità di trovare una collocazione opportuna e comunque di un certo rilievo al grande Crocifisso cinquecentesco, già presente nella chiesa antica e fino al 1712, anno d’inizio dei lavori per la costruzione del nuovo presbiterio, posto sull’architrave dell’arco trionfale. A questo proposito, ancora una volta, riprendendo lo scritto del Conti leggiamo: “Senza dubbio, l’ampliazione del coro e l’innalzamento del presbiterio, dell’anno 1712, avevano imposto la soppressione della classica trave d’archivolto sul fronte del presbiterio ed al Crocifisso, di grandi dimensioni, venne dedicata la cappella in parola”. A questo punto va segnalato che per secoli la devozione al Santissimo Crocifisso fu molto praticata; non solo nei riguardi del grande Crocifisso di cui si è detto, solenne e austera espressione delle sofferenze del Cristo, ma anche ed in modo particolare per le Sante Reliquie della Croce, presenti “ab immemorabili” nella Collegiata, e custodite, dal XVI secolo in avanti, nel prezioso reliquario, anch’esso a forma di croce, in argento e cristallo di rocca; opera questa di pregevole fattura purtroppo non più in loco, ma attualmente conservata nella “Sala delle Reliquie” del Palazzo Vescovile in Novara. Tornando alla cappella sappiamo ancora che “Altri quadri, citati in un inventano precedente a quello del 1763, esistettero in questa cappella; uno rappresentante S. Gerolamo con altri Santi, e l’altro... il miracolo di San Pietro contro Simon Mago”. Di questi non rimane attualmente traccia, e non siamo in grado di aggiungere altre notizie. Nel concludere la descrizione è curioso notare che “Ai lati dell’ingresso, fuori della cancellata in ferro battuto e dipinta, erano posti due banchi per deporvi li morti di stola bianca e di stola nera”, nella fattispecie i bambini e gli adulti; evidentemente era in uso portare i cadaveri davanti all’immagine del Santissimo Crocifisso, quasi una presentazione del defunto al Cristo che salendo in Croce ha redento l’umanità dal peccato e dalla morte, in ogni modo anche questo un segno della grande devozione cui prima si è fatto riferimento. Va ancora ricordato che questa cappella “...fu dapprima di Patronato della famiglia Perdomo, che vi ebbero la tomba, ed al decadere di questa è passata ad un ramo dei Gibellini come è stato provato da iscrizioni cancellate da rinnovazioni d’intonaco (1728)”. Davanti all’ingresso, inoltre, si trovava e ancora si trova la tomba della famiglia Gargano Apostolo, dove nel 1663 fu sepolto, come da sua espressa volontà testamentaria del 1658, il Canonico Prevosto Pietro Penotti. Si apre qui un’altra questione che, pur non volendo affrontare per mancanza di dati, è comunque interessante segnalare. A proposito della sepoltura del Penotti, infatti, don Carlo Cerri nel suo Cenni Storici Parrocchiali di Borgosesia dice: “In data 1658 abbiamo in archivio il di lui testamento nel quale è detto che il suo cadavere sia seppellito nella Chiesa Collegiata nel Sepolcro degli eredi sig. Giuseppe Apostolo avanti alla Cappella della Santa Immagine dell’Oretto (Madonna di Loreto, cioè davanti all’attuale altare del Sacro Cuore”. Questo scritto porta sinteticamente a tre ipotesi sostenibili: in primis che la Cappella della Madonna di Loreto dovesse già esistere nel 1658 e che il fonte battesimale a questa data risulti già spostato, dato questo che però annullerebbe la tesi del Prof. Conti, che porta questa data al 1685; in secundis che fautore dello spostamento del battistero e del culto alla Vergine Lauretana sia stato proprio il Prevosto Penotti, che infatti desidera essere sepolto in fronte all’immagine venerata; in ultimo che negli anni trenta del novecento, all’epoca in cui scrisse don Cerri, la cappella, non ancora ridivenuta battistero, com’è attualmente, sia stata usata per la devozione al Sacro Cuore, che peraltro era già presente in antico come dimostra l’esistenza della confraternita già dal 1761. In conclusione, se si tiene nella debita attenzione il fatto che il primo organo della Collegiata, costruito da Michelangelo Valvassori, è detto funzionante già nel 1654, aggiungendo a questo dato l’attestazione del 1658 si può credere con una ragionevole certezza che lo spostamento del Battistero e la contestuale dedicazione della cappella alla Madonna di Loreto siano avvenuti in questi anni, e comunque durante la Prevostura del Canonico Pietro Penotti fu Antonio di Tairano di Cellio, il quale prese possesso della parrocchia borgosesiana nel 1615 e qui morì, come si è detto, nel 1663. Nel settecento, come si è visto, la cappella fu dedicata al Santissimo Crocifisso, mentre da ultimo, negli anni sessanta/settanta del novecento, è stata ritrasformata in Battistero demolendo l’altare e le balaustre, non più ritenuti necessari a causa della solita mala interpretazione dell’intercorsa riforma liturgica conciliare, e costruendovi nel mezzo un finto fonte battesimale ottagonale in marmo rosa. Ma questa è un’altra storia! Giacomo Gagliardini CONOSCIAMO LA BIBLIOTECA Mostra sulla Biblioteca del Convento dei Frati Minori Osservanti e sul restauro di materiale bibliografico antico. Presso la Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo è stata allestita nei settimane scorse una mostra dedicata alla Biblioteca del Convento dei Frati Minori Osservanti ed al restauro di materiale bibliografico antico. Generalmente chi viene a Varallo si stupisce di trovare una biblioteca così ricca e con un consistente fondo di opere antiche. Il primo nucleo bibliografico è stato costituito dalla Biblioteca del Convento dei Frati Minori, che aveva sede nel complesso di Santa Maria delle Grazie. La presenza francescana a Varallo fu assai importante e dal 1481 si protrasse per oltre tre secoli. Dopo le soppressioni napoleoniche il patrimonio dei religiosi passò all’amministrazione civile. I libri seguirono la sorte degli altri beni mobili ed immobili. I libri dei frati sono oggi riconoscibili all’interno del patrimonio bibliografico della biblioteca attraverso gli ex libris, le note di possesso, le segnature alfa numeriche apposte sui candidi dorsi in pergamena. In mostra sono stati esposti due antichi manoscritti, due inventari, uno seicentesco e uno del 1810, ed un cospicuo numero di edizioni antiche (incunaboli e cinquecentine) provenienti dalla Biblioteca del Convento di Santa Maria delle Grazie. Attraverso la riproduzione di immagini e quadri si è cercato di mostrare quale fosse l’aspetto dell’antica biblioteca, distrutta negli anni Trenta del Novecento per far posto al nuovo edificio scolastico che sorse in Piazza Ferrari. I libri per questi Frati erano puri strumenti di lavoro, che venivano utilizzati quotidianamente, ciò spiega la povertà degli esemplari, raramente abbelliti da xilografie, quasi mai da miniature, con copertine fatte più per durare, che per mettersi in bella mostra. La seconda parte della mostra è stata dedicata al restauro di materiale bibliografico antico. Nel 2003, con un generoso contributo della Regione Piemonte, sono stati restaurati 16 volumi: un incunabolo, undici cinquecentine ed una edizione del Seicento. I volumi sono stati restaurati presso il laboratorio torinese di Luciano Fagnola, sotto il diretto controllo del Responsabile del Settore Soprintendenza Beni Librari, Dr.ssa Mariagrazia Ghiazza. In mostra sono esposte le fotografie dei libri prima del restauro, corredate dalle schede degli interventi, accanto ai volumi restaurati. I libri da restaurare sono stati scelti nella sezione Libri rari e di pregio, in base alle condizioni oggettive in cui versavano, dando la precedenza ai più “malati”, a quelli che non potevano attendere oltre. Molti altri volumi avrebbero bisogno di interventi di restauro conservativo, perché versano in condizioni davvero precarie: la mostra si propone dunque di sensibilizzare Cittadini ed Associazioni a concorrere ai restauri “adottando un libro”. Piera Mazzone Direttore Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo UNA PIAZZA DEDICATA A TESTORI Nel breve ricordo rivolto a Giovanni Testori e pubblicato su queste pagine, nel numero di Marzo/Aprile, accennammo l'ipotesi di dedicargli una piazza al Sacro Monte di Varallo, quale omaggio ad un uomo verso il quale la Valsesia deve molto, in particolare, appunto, il nostro Sacro Monte, la cui arte è stata, dal Testori, dapprima studiata ed amata profondamente e quindi divulgata ai massimi livelli culturali italiani. Non ci dilunghiamo ad elencare la nutritissima bibliografia del Testori sull'arte Valsesiana, (credo sia l'autore che ha pubblicato il maggior numero di scritti sull'argomento) con cataloghi di importanti mostre, in particolare i suoi prediletti Gaudenzio e Tanzio, con saggi autorevoli ed appassionati, con articoli su varie riviste e giornali, sempre per illustrare ed interpretare le opere in modo che i personaggi rappresentati nelle cappelle e gli artisti che hanno lavorato siano delle persone vive, reali, con i quali ci si può anche conversare. A lui quindi, il Comune di Varallo ha voluto dedicare, nell'anno in cui ricorrono dieci anni dalla morte e ottanta dalla nascita, una piazza. Ma non una piazza qualunque, gli è stata dedicata la piazza prospiciente la porta maggiore del Santuario. Sabato 27 settembre, in un orario che pareva programmato per avere poca affluenza di pubblico, si è svolta la manifestazione per l'intitolazione della piazza. Il Sindaco Gianluca Buonanno ed il Presidente della Riserva, avv. Ragozzi hanno fatto gli onori di casa ringraziando tutti gli intervenuti; l'ex senatore Sella Di Monteluce ha proposto di creare una rete di collegamento con gli altri luoghi di culto italiani per attirare più facilmente il turismo religioso; l'onorevole Vittorio Sgarbi, che ha voluto presenziare, ha regalato a Testori un importante discorso nel quale lo ringraziava per avergli fatto scoprire ed amare il nostro Santuario, "scritti nei quali si sente come un'onda dello spirito che investe, la sua è una prosa frenetica, infiammata, che coincide con l'avvertimento di Dio, che fanno intuire un inseparabile legame tra arte e fede". La targa posta nella piazza porta la seguente dicitura, voluta da Sgarbi, "Piazza Giovanni Testori 1923-1993 poeta del Sacro Monte". Si potevano forse trovare altre definizioni: critico ed appassionato d’arte, drammaturgo teatrale, scrittore, pittore o altre ancora, ma quella scelta ne riassume tutte evidenziandone la passione per il Sacro Monte. Dopo un rinfresco presso l'albergo “Casa del Pellegrino” la giornata è proseguita con una originale illustrazione di alcune cappelle del Santuario, grazie alla lettura di alcuni appropriati brani testoriani da parte di un giovane e bravo attore: Andrea Carabelli. Alle 17 presso la Pinacoteca di Varallo è invece stata inaugurata la mostra itinerante, organizzata dalla Associazione Giovanni Testori di Milano, che illustra la vita e le opere di Testori e che rimarrà aperta al pubblico fino al 26 ottobre. Testori è stato anche ricordato in una gremita conferenza, svoltasi sabato 4 ottobre presso l'albergo del Sacro Monte, e tenuta dal Prof. Giovanni Agosti, docente di storia dell'arte moderna all'università statale di Milano, il quale ha rievocato dettagliatamente tutti i rapporti tra il Testori e la Valsesia. Concludiamo con il ricordo di quanto, nel 1980 ed a margine di un convegno sui sacri monti, ha scritto l'allora rettore del Santuario Padre Francesco Carnago: "Grazie, caro Testori, che, semplicemente, umilmente, serenamente ci aiuti a non perdere di vista la Realtà, l'Essenziale dei Sacri Monti. Colui che dev'essere cercato, scoperto, amato. Con Maria. Per mezzo di Maria. Per vivere una vita che non sia fallimentare. Al di là di tutto. Nonostante tutto.” (m.z.) Concerti d’estate e contemplazione artistica LA BELLEZZA DELL’ARTE E DELLA MUSICA L’estate scorsa è stata ricca di avvenimenti presso il nostro santuario. Vorremmo segnalare due serate particolarmente significative. La prima riguarda la proiezione di immagini ( Marco Genova) sulla cappella 38° , la Crocifissione, recentemente restituita alla contemplazione dei fedeli, commentate in maniera splendida dal prof. Casimiro Debiaggi, nostro preziosissimo collaboratore. E’ stata una serata di forti emozioni e di approfondimento culturale sulla cappella più rilevante del nostro Sacro Monte. Anche la serata con l’organo ( Giuseppe Radini) e la tromba ( Alessio Molinaro ) ha riscosso un vivo successo tra il folto pubblico presente. Anche in questa circostanza sono state proiettate da Marco Genova (autore delle immagini) squarci meravigliosi delle nostre pitture e sculture, con particolare riferimento ad immagini della Madonna. Testori a Varallo Presso la Pinacoteca di Varallo, nella sala del Tanzio, è esposta la mostra itinerante dedicata a Giovanni Testori, in occasione delle celebrazioni del decennale dalla sua morte, rimarrà aperta al pubblico fino al 26 ottobre ed è organizzata dall'Associazione Giovanni Testori di Milano. E' una mostra in cui grande importanza è stata data alla componente fotografica che immortala, in una lunga serie di ideali fotogrammi, gli episodi più significativi della vita e dell'opera dello scrittore e li affianca con citazioni dello stesso autore. Alcuni pannelli contengono dei brani di interpretazioni/commenti di Testori relativi ad alcune opere costantemente esposte nella Pinacoteca, in particolare le opere del Tanzio e di Gaudenzio Ferrari che egli prediligeva in modo particolare. Alcuni pannelli sono inoltre stati posizionati nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie ed in alcune Cappelle del Sacro Monte, come naturale proseguimento della mostra. Questa mostra, prima di approdare a Varallo è stata allestita ed ogni volta "personalizzata" al Museo Bernareggi di Bergamo, nella casa natale dello scrittore a Novate Milanese, riaperta per l'occasione, nella chiesa di Sant'Antonio a Breno in Val Canonica, a Macugnaga, luogo privilegiato delle sue vacanze, al Meeting di Rimini ove Testori negli anni ottanta ha segnato una pagina importante per la cultura cattolica. E' stata infatti concepita come mostra scarrozzante che riporta Testori nei luoghi da lui amati e segnati dalla sua attività di critico d'arte. Ora Testori è tornato a Varallo portandosi le sue fotografie, le sue parole, i suoi insegnamenti. Un altro appuntamento, in questo mese, che Varallo ha dedicato a Testori, si è svolto sabato 18 ottobre, alla Biblioteca, ove Fulvio Panzeri, autore del libro "Vita di Testori" (Longanesi – 2003), ha tenuto una conferenza e presentato il suo lavoro. Contemporaneamente viene inaugurata una piccola mostra bibliografica dedicata allo scrittore Testori. Marco Zcquini Fanciulli Crescono improvvisamente dall’amore, e poi di colpo adulti tenendosi per mano vagano nella grande folla ( cuori catturati come uccelli, profili sbiaditi nel crepuscolo). So che nei loro cuori pulsa l’intera umanità. Tenendosi per mano siedono zitti sulla riva. Un tronco d’albero, terra al chiaro di luna : triangolo che arde nel sussurro incompiuto. Non si è ancora levata la nebbia. I cuori dei fanciulli in alto sopra il fiume. Sarà sempre così, mi domando, quando si alzeranno di qui a andranno via ? O altrimenti : una coppia di luce inclinata tra le piante in ognuna rivela un fondo ancora ignoto. Quello che in voi ebbe inizio, saprete non guastarlo, separerete sempre il bene dal male ? Karol Wojtyla SANTUARI MARIANI IN VALSESIA LA MADONNA DELLE PETRE GROSSE A PIODE Ogni anno, quando giunge l’8 settembre, gli abitanti di piode e fedeli provenienti anche dagli altri paesi vicini, si recano in devoto pellegrinaggio al santuario della Madonna delle Pietre Grosse, che sorge a pochi minuti di distanza dalla frazione Piedimeggiana, al di là del Sesia: possibile meta per una tranquilla passeggiata autunnale. Già nel nome il santuario richiama la particolare conformazione geologica del terreno in cui sorge, caratterizzato dalla presenza di alcuni enormi massi erratici residuo delle lontane glaciazioni ed in parte staccatisi, nel corso dei millenni, dalla montagna. Proprio legato alla caduta di uno di questi blocchi di roccia è, secondo la tradizione, il motivo di fondazione dell’attuale santuario; si racconta, infatti, che precipitando a valle la massa rocciosa si spezzò in due a poca distanza da un’antica cappella, posta sulla strada per gli ampi pascoli di Meggiana, preservando miracolosamente dalla distruzione l’immagine mariana venerata nel sacello. Storicamente, l’esistenza in questo luogo di una chiesa dedicata alla Natività della Vergine risale alla seconda metà del seicento, in particolare un documento del 1675 la dice fabbricata da poco. L’edificio rivela una tipologia costruttiva tipica dell’epoca seicentesca: ad aula unica, con presbiterio leggermente rialzato, su cui troneggia l’ancona entro cornice lignea dorata; sulla parete destra si apre una piccola cappella in cui è presente il primitivo affresco della Madonna, fulcro della locale venerazione. L’immagine, che rappresenta Maria mentre contempla il suo divin fanciullo posto sulle ginocchia, è sta solennemente incoronata da mons. Carlo Bozzini, a nome del capitolo della cattedrale di Novara nel 1967. Sulle pareti della chiesa, alcuni ex voto testimoniano le grazie ed i favori che, nel corso del tempo, furono ottenute per intercessione della Vergine, specialmente da parte di soldati che partivano per il fronte durante le due guerre mondiali del secolo scorso e, ritornati sani e salvi alle loro famiglie, salivano con riconoscenza a ringraziare la Madonna delle Pietre Grosse. Quello delle Pietre Grosse non è l’unico luogo di culto mariano che sorge nel territorio di Piode, infatti, più oltre, sempre proseguendo sull’antica strada per gli alpeggi, s’incontra l’oratorio detto Madonna di Prapola, dedicato alla visita di Maria a Santa Elisabetta. E’questa una dedicazione molto diffusa in Valsesia, in particolare in località legate all’alpeggio o alla transumanza, si pensi all’oratorio dell’Alpe Gallina a Scopa, o a quello del Roncaccio Superiore di Rimella, anche per il fatto che, prima della riforma liturgica, tale celebrazione ricorreva il 2 luglio (ora il 31 maggio) in pieno periodo estivo. L’edificio è di notevoli dimensioni, se si considera la non pertinenza con un centro abitato, e vanta una certa antichità, essendo stato costruito nel 1595, con l’aggiunta successiva della parte absidale e di alcuni locali adiacenti; l’ampio portico con robusta travatura assicurava rifugio durante le intemperie ai numerosi viandanti che facevano la spola tra il paese e gli alpeggi, dove ben centottanta persone, suddivise in sessanta famiglie (dati del 1599) trascorrevano la maggior parte della bella stagione. Queste chiese, spesso costruite con un non indifferente dispendio di mezzi, attuavano la sacralizzazione di un territorio e di percorsi che costituivano parte integrante del vissuto quotidiano per generazioni di valligiani Pagine di una storia molto diversa dalla nostra, eco di tempi che sembrano appartenere ad altre culture e ad altri paesi, oggi definiti terzo o quarto mondo, mentre è proprio in quel particolare contesto di vita che vanno ricercate le più profonde radici della nostra cultura, della nostra tradizione e sicuramente della religiosità, così sapientemente tradotta in preziose ed irripetibili, per la loro unicità, opere d’arte. Notizie sul santuario delle Pietre Grosse e sul territorio circostante si trovano in E. MANNI, Campanili della Valsesia, vol. VI, pp. 81 – 100; la scheda relativa a questo sito si trova alle pp. 70 – 71 del volume Percorsi e luoghi della devozione in Valsesia DAMIANO POMI i Week end d’arte a Varallo Dopo l’esordio, il 24 maggio, con l’inaugurazione della sala convegni della Casa d’Adda e, il sabato successivo, con il varo della nuova funivia di collegamento Varallo-Sacro Monte, si è dato il via ad una serie di iniziative di valorizzazione e promozione del Sacro Monte che hanno caratterizzato una stagione molto densa e fortunata. L’inaugurazione del restauro della cappella della Crocifissione di Gaudenzio Ferrari, realizzato dall’Istituto Centrale per il Restauro, avvenuta il 12 giugno, ha reso noto a tutti il livello elevatissimo delle scelte e della tecnica di conservazione e restauro raggiunti al Sacro Monte. Si è trattato di un cantiere di eccezione per le caratteristiche delle opere sottoposte a restauro (affreschi, sculture, pavimento, intonaco della cappella di Gaudenzio), e per l’elevata capacità tecnica degli operatori dell’Istituto centrale per il Restauro, centro scientifico e di formazione noto in tutto il mondo. Questi dati non sono sfuggiti a chi opera in modo professionale in campo artistico. Il “Giornale dell’Arte”, la rivista del settore più diffusa in Europa, nel mese di settembre ha dedicato le due paginone centrali del suo inserto proprio al restauro della cappella della Crocifissione e al Sacro Monte di Varallo e ne ha rese note in tutta Europa le caratteristiche, l’origine storica, la qualità del patrimonio artistico e del lavoro di recupero in corso ad opera della Riserva, ed ha infine reclamizzato fuori dei confini provinciali e nazionali anche le iniziative culturali previste per l’autunno: i Week end d’arte a Varallo. E’ così che esse hanno avuto una risonanza inaspettata attirando al Sacro Monte addirittura specialisti stranieri (la dottoressa Catherine Chagneau dell’Unione dei Musei Nazionali di Parigi che è venuta a Varallo per partecipare agli incontri del 4 e 5 ottobre). I Week end d’arte a Varallo sono una serie di conferenze e visite guidate, volute dall’Amministrazione della Riserva per promuovere un interesse culturale e artistico per il Sacro Monte sia a livello locale che in un ambito più esteso. Sono stati coinvolti, a sottolineare l’importanza di un rilancio culturale all’insegna della massima qualità, alcuni relatori docenti e studiosi di storia dell’arte fra i più qualificati in ambito specialistico e universitario presenti fra Piemonte e Lombardia. La conferenza di esordio, tenuta da Giovanni Romano, professore di storia dell’arte moderna dell’Università degli studi di Torino, sull’affascinante tema Pregare con le immagini, ha visto la chiesa della Madonna della Grazie, il 13 settembre scorso, gremita di pubblico (140 persone circa). Ma il successo dell’iniziativa si è consolidato nei week end successivi (4 e 5 ottobre e 11 e 12 ottobre) quando alla conferenza a tema, tenutasi il sabato al Sacro Monte, ha fatto seguito la prevista visita sul territorio ad illustrare opere d’arte più o meno note. A relatori molto competenti ed ottimi divulgatori ha fatto riscontro un pubblico numeroso e interessato tant’è che si sono dovute trovare altre sedi, più capienti, al Sacro Monte, per ospitare gli incontri, rispetto alla sala inizialmente prevista, la sala convegni della Casa d’Adda. Il 4 ottobre il professor Giovanni Agosti dell’Università Statale di Milano ha parlato di Testori e l’arte valsesiana con un excursus storico ricco di riferimenti non solo allo sviluppo degli studi nel campo della storia dell’arte in Italia, per inquadrare correttamente Testori, ma anche al contemporaneo contesto storico, letterario ed alla cultura cinematografica degli anni in cui si dipana il percorso di Testori e la sua attenzione all’arte valsesiana. Domenica 5 ottobre, lo stesso brillante relatore ha guidato una folta comitiva alla visita alla chiesa della Madonna di Loreto, a Roccapietra, alle porte di Varallo, luogo anch’esso caro a Testori. Il giorno 11 ottobre, al pubblico che ha gremito la sala-cappella dell’Albergo del Pellegrino, il professor Francesco Frangi dell’Università di Pavia (sede di Cremona) ha parlato del percorso artistico di Tanzio da Varallo. La lezione si è conclusa con la visita alle opere del pittore valsesiano esposte in Pinacoteca. Il giorno dopo un gruppo sempre attento e così numeroso da rendere necessario un doppio turno di visita, è stato accompagnato dal professor Frangi a visitare le cappelle del Sacro Monte decorate da Tanzio. Accanto a queste iniziative non sono mancate al Sacro Monte, nella stagione appena trascorsa, altre occasioni di intrattenimento musicale grazie alla collaborazione tra il Santuario e la Riserva, culminate il 20 settembre con l’ultimo concerto della rassegna promossa dall’Associazione culturale storici organi del Piemonte, tenutosi in Basilica. IL DIRETTORE Dott.ssa Elena De Filippis Festa del Campanile 2003 Domenica 19 ottobre 2003, si è svolta nell’insigne Collegiata di San Gaudenzio, in Varallo, la 28^ edizione della “festa del Campanile”. Questa giornata, fu voluta da Don Ercole Scolari, nel lontano 1975 per l’inaugurazione dell’avvenuto restauro del campanile e la posa del nuovo concerto di campane, da qui il nome. Alla cerimonia, vi parteciparono tutti gli oratori e le organizzazioni che ruotavano e ruotano attorno alla parrocchiale. Col trascorrere degli anni, la festa ha assunto il significato di riunire attorno alla chiesa principale della città, i priori di tutti gli oratori locali e con loro tutte le persone che fanno parte delle associazioni religiose, questi portando la loro offerta, aiutano a coprire le spese che ogni anno la chiesa sostiene. Quest’anno, le offerte serviranno per l’acquisto dell’asilo. La cerimonia ha avuto inizio alle 10.30, con il concerto delle campane, alle 10.45 accoglienza dei priori, delle priore, delle associazioni con le loro delegazioni, delle Confraternite del Santissimo Sacramento e della Santissima Trinita, del Comandante della stazione Carabinieri di Varallo, del Sindaco e della giunta comunale. E’ seguita la presentazione delle offerte con un discorso introduttivo che ripercorreva le origini della festa fino ai nostri giorni, tenuto dal Dott. Umberto Cavagnino. Alle 11.00, messa solenne dove Don Gian Femo Nicolini, ha ricordato anche i venticinque anni di pontificato di Giovanni Paolo II e la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta. Al termine della funzione religiosa, per un disguido tecnico non si è potuto effettuare il tradizionale lancio dei palloncini che è stato rinviato a domenica 28 ottobre. L’intera comunità si è poi diretta a Villa Santa Maria gestita dalle suore di Gesù Eterno Sacerdote, dove ha avuto luogo l’annuale pranzo aperto a tutti, la festa si è conclusa nel pomeriggio, con la proiezione di filmati sulle chiese di Varallo, presso il salone dello stesso istituto. (Andrea Ghilardi)