S…BANDANDO
Redazione:
Indice
Davide Ventura
(Trombone)
Carla Vargiu
• Serata foto Spilamberto
p. 2
• Intervista doppia
p. 3
• Ciaspolada 2011: Rewind
p. 5
(Clarinetto)
• Voci dalla cultura ebraica
Eleonora Mocellin
(Percussioni)
Fabrizio Vaia
(Percussioni)
Mirco Zendron
(Corno)
Valentina Chelodi
(Percussioni)
Auschwitz e Birkenau
Fuori dal ghetto
La musica sopravvissuta
p. 7
p. 9
p. 11
• Pasqua 2011
Programma concerto
p. 14
• Presentazione progetto
Fiemme Storica: “Strie”, chi erano?
Programma settimana
p. 17
• L’angolo dell’autore
Jean Sibelius
• Mito
p. 18
p. 20
• L'Angolo dei giochi
cruciverba
Le opinioni espresse negli
articoli appartengono ai
rispettivi autori, i quali si
assumono
ogni
responsabilità. E' vietata la
riproduzione
totale
o
parziale degli articoli senza
la citazione della fonte.
• Humor
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p. 22
p. 23
SERATA FOTO SPILAMBERTO
di Mirko Zendron
Finalmente la nostra bandista Carla è riuscita a finire il video delle foto di Spilamberto e ha deciso di portarle a
prove per passare un sabato sera in compagnia.
Così dopo che il maestro ha posato la bacchetta ci siamo messi al lavoro per formare un tavolo col campo da
ping pong e, preparata la tavola con ogni cosa che abbiamo trovato in giro per la sede, ci siamo mangiati una
bella cenetta con il cibo portato da tutti, dalle pizzette al vitello tonnato.
Dopo il banchetto abbiamo finalmente dato il via alla proiezione del video molto attenti ad osservare ogni
dettaglio divertente ed imbarazzante...e, non per dire, ma ce ne sono stati sicuramente tanti.
Le foto comprendevano sia quelle del viaggio in autobus che quelle nella città che nel parco della sigurtà.
C'era sicuramente di tutto a partire dalle divertenti foto di ognuno a quelle in divisa e persino quelle durante la
sfilata e il concerto di cui tre-quattro che mostravano l'incredibile dimostrazione di talento del maestro che ci
ha fatto vedere come è facile dirigere una banda con un bel salame.
Durante la riproduzione ci sono poi state alcune interruzioni dovute probabilmente a un malfunzionamento che
comunque non ci hanno impedito la visione se non di alcune foto.
Dopo questo, Carla, ci ha anche mostrato le foto che ha fatto durante la ciaspolada della banda sia durante il
viaggio con zaini in spalle e ciaspole ai piedi che all'arrivo al ristornate con cena abbondante.
E per concludere alla grande non potevano non gustarci qualche avvincente partita di ping pong alla
americana che tra battute e schiacciate hanno portato ancora più allegria nel gruppo coinvolgendo nel gioco
anche chi non ci aveva mai giocato o non era molto pratico.
Alla fine, passata la paura per la fuga della giovane clarinettista Carla arrabbiata per le continue sconfitte
subite durante le partite a ping pong addiritura da parte di Manuela ci siamo finalmente salutati.
2
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INTERVISTA DOPPIA
questa volta è il turno delle nostre due “First Lady”
Elisa Cavada
26
Bah non lo so, 18 dai
Nome e Cognome
Età
Età che ti senti
Manuela March
Cògno proprio pronunciarme?
26, dai
Molina di Fiemme FOR EVER
Residenza
Ci penso poi ti faccio sapere
Ambizione nella vita
Ambizioni se ne hanno molte, alcune
le ho già raggiunte (tipo sposare l'
uomo migliore sulla faccia della terra).
Per le altre sono sulla buona strada
(per esempio diventare una grande
star – con le tette rifatte- )
90, 60, 90 all’incirca
Misure
90 penso (perchè ho la schiena larga),
vitino da vespa 50 e i fianchi ...'na
bella misura, non so, che dis?
(diciamo che per disegnare Jessica
Rabbit mi hanno presa a modella)
Operatrice Turistica
Titolo di studio
Assistente Dentistica
Professione
Insegnante a Tesero
Sax
Strumento
Flauto traverso
13 anni, dal ‘98
Da quanto tenti di suonar bene
nella banda?
Cavalese
Laurea (infatti sulla busta paga c'è
scritto “Prof.ssa”)
Che domanda sarìelo? 21 anni
Andrea Gasperin
Chi è il tuo compagno di vita
L'uomo della mia vita è Matteo Ziba
Zendron
George Clooney!
...che scambieresti volentieri con
Assolutamente nessuno al mondo
(dopo la fadìga che se fa pàr
conquistàr 'n'omo, basta de un!)
Par mi nessun privilegio… anzi!
Qual è il privilegio di essere una
“First lady”?
Più che altro... sentirti ancor più in
colpa se stai male e devi mancare a
una prova. E avere mille
preoccupazioni in più! Questi sono gli
unici privilegi. Se qualcuno vuole
candidarsi a First Lady nel prossimo
mandato, lascio volentieri il posto.
Beh di un boss rognoso… Ogni tanto
puzza un po’!
A Feltre, in occasione del concerto di
Natale della banda donandomi una
rosa
...(che sia la stessa del dottove?)
Cosa si prova a stare a fianco di un Macchè Boss! Avrà buone capacità
boss?
organizzative, ma non è di certo un
boss!
Dove, quando e come si è
dichiarato il tuo lui?
Non c'è stata una vera e propria
dichiarazione, ma solo un casuale
momento romantico (...quasi casuale)
Bassi sì, per quanto riguarda i dotati… Preferisci gli uomini bassi e dotati, Giusti e giusti
tralasciamo!
o alti e secchi?
__S...bandando__
3
No
Il presidente è solo della Manu
Perché?
Chi lascia la strada vecchia per quella
nuova, sa che cosa lascia ma non sa
che cosa trova
Rognoso
Una parola per descrivere il nostro Capace
maestro
Disponibile
Una parola per descrivere il nostro Essenziale
presidente
Maghelooghefalo
Frizzantino
Una parola per descrivere Nicola
Ceol
Svogliato
Un aggettivo per descrivere il
tempo fuori
Piovoso
Una volta, ma nelle occasioni speciali
anche due!
Quante volte a settimana, nella
Non studio in camera
solitudine della tua stanza, apri la
teca di banda per farle prendere un
po' d'aria?
Penso che se fosse solo una donna si
toccherebbe le tette tutto il tempo.
Quindi la mia risposta è no, non
migliorerebbe.
Pensi che se il nostro maestro
Avendo esperienza personale, direi di
fosse una gran donna come te,
no!
decisa, forte e dolce, l'andamento
della banda migliorerebbe?
“Oh com’è bella l’uva folgarina” a
Franco
Che c***o ne so e chi sarielo?
Dedica un brano ad un bandista che “Per fare dei canederli “ a Franco,
vuoi tu
compagno di merende
I Theremin sono ungulati tipici del Chiaro
Sud America. Vero o falso?
Lola, perchè è un uomo dove il sorriso
la fa da padrone, e con un cuore
grande come la sua amata grancassa!
Se esistesse la reincarnazione,
quale bandista vorresti essere e
perché?
Silvia Carretta, per la sua intelligenza,
bellezza, simpatia, sincerità
Corno. Mi piace di più come sonorità.
Meglio tromba o corno?
Corno, senza alcun ombra di dubbio!
No, le scelte del mio amore sono
sempre le migliori (chi può dirlo con
certezza!)
Cambieresti qualcosa a questo
repertorio pasquale?
Avrei scambiato questo repertorio con
quello suonato a Natale. Questo è più
brioso, e si addice di più a una festività
natalizia.
È certo!!!
Hai stima della tua compagna
d'intervista
Si, assolutamente!
Ahia
4
Cambieresti il tuo uomo con quello La tentazione è forte...ma rinuncio!
della tua compagna d'intervista?
Scambiatevi un buffetto amichevole ...(si scaccola)
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Ciaspolada 2011: REWIND
di Carla Vargiu
Il cielo denso di nubi cariche di neve da scaricare dolcemente, una foschia grigiastra s'insinuava tra le
abitazioni di Cavalese, l'inverno s'avvertiva dappertutto in quel pomeriggio. Era il grande giorno. Il giorno della
seconda edizione della “Ciaspolada”. Tutto era perfetto, anche il tempo faceva da magnifica cornice alla nostra
avventura pomeridiana.
Infilo le calze, i pantaloni da fondo, la dolcevita e la giacca windstopper. Allaccio gli scarponi, indosso il
giaccone e il copricapo caldo. Manca un ultimo, fondamentale dettaglio alla mia tenuta. I guanti! Rubati da un
disgraziato parente che non li ha più rimessi al loro posto. Ma passiamo oltre, prendo i guantini di lana ( che
appena inumiditi si congelano e serrano le mani in una morsa letale ), per di più privi delle dita e esco di casa.
Una macchina di un grigio sfavillante mi attende fuori dall'uscio. Come in un film il finestrino del conducente si
abbassa lentamente, lentamente, lentamente. Ed ecco sbucare il viso sorridente e fresco del buon Fabio (no,
non quello pacioccone di Striscia, ma il nostro trombone). “Ehilà” saluta. Fantastico penso. Che l'avventura
abbia inizio!
I fiocchi scendono, come danzatori s'avvitano elegantemente nella loro discesa. Il panorama che scorre fuori
dal finestrino è di un bianco soffice e rilassante. L'appuntamento è per le 17.30 al passo degli Oclini.
Spacchiamo il minuto, sempre come in un film. E
siamo per giunta i primi ad arrivare. Gli altri arrivano,
piano piano.
La compagnia inizia a formarsi. Egon, capo sovrano e
indiscusso distribuisce le ciaspole e con estrema
maestria le allaccia, le adatta ad ognuno di noi con
grande cura e attenzione.
Gli altri arrivano, piano piano piano.
Scattiamo qualche foto prima della partenza, non si sa
mai quello che può accadere, è giusto conservare un
ricordo.
Gli altri arrivano, piano piano piano piano.Manca
qualcuno all'appello. Valentino e famiglia. I minuti scorrono, l'adrenalina cresce, i cani si comportano in modo
strano, luci lontane appaiono...Parte la sigla di X-files, “Alla ricerca della Cinquecento Rossa sparita” è il titolo.
Soffia il vento gelido, l'angoscia cresce, il tempo corre...Sono nelle mani di Dio. D'altronde come dargli torto.
Raggiungere il Passo degli Oclini è compito assai arduo, intrinseco di mille difficoltà e peripezie che solo i più
duri possono superare illesi. Ma confidiamo nella forza del nostro sax baritono. Sì, nel sax. Già meno nel suo
musicista. Quand'ecco luci lontane giungere e tranciare la nebbiolina all'orizzonte. Sbuca la macchina di
Valentino. Miracolo. Suoni di trombe squillanti accompagnano l'ingresso di Valentino nel parcheggio, seguiti da
un grosso flusso di applausi. Arrivato Vale e la sua famiglia, possiamo davvero partire. Percorso un piccolo
pezzo di strada a piedi, “inforchiamo” le ciaspole e partiamo per questa passeggiata immersi nella natura più
selvaggia. Ci disponiamo a fila indiana lungo il piccolo sentiero che ci conduce in mezzo al bosco più buio e
nero. E' uno spettacolo. Il silenzio, l'incontaminatezza che ci circonda ci rende piccoli, o meglio, più piccoli di
quello che già siamo. Udiamo versi d'uccelli in lontananza...lo scricchiolare della neve sotto le nostre
ciaspole...il fruscio dei rami scostati al nostro passaggio...”Cumbacherooooooo”...Tutto è così NATURA e noi
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ne facciamo parte pienamente senza farci sentire...”Cumba cumbacherooooooo”...o quasi.
Alterniamo tratti di piccole distese di neve a passaggi stretti tra rami e alberi antichi. E' stupendo. E' tutto come
in un film. La fatica nemmeno si avverte, parliamo poco, a tratti, vogliamo goderci tutto fino in fondo. Ci
concediamo una piccola pausa rigenerante a metà percorso. Mettiamo mano ad ogni golosità possibile.
Grazie a Debora possiamo far tacere il nostro chiassoso stomaco e con un pezzo di cioccolata far riemergere
tutta la nostra energia. Due chiacchiere,un controllo alla sopravvivenza di tutti e via di nuovo con il nostro
percorso. Lungo la strada il nostro president cade in una buca, ma riesce a rialzarsi velocemente. Siamo
gente atletica, noi. Mai atletica quanto i nostri Davide e Fabrizio che affrontano questa inospitale passeggiata
senza nemmeno l'ausilio dei bastoncini. Dei veri portenti!
Il buio va rischiarendosi con l'avvicinarsi delle luci in lontananza. L'arrivo è ormai prossimo. Distinguiamo nitide
le illuminazioni del ristorante che ci attende. Le stelle sgomitano tra le nubi che si diradano lentamente. Eccoci
al parcheggio! Togliamo le ciaspole, riconsegniamo i bastoncini e affamati come bestie ci dirigiamo verso il
ristorante. Come il canto delle sirene per Ulisse, il profumino che si avverte ci persuade ad entrare. Un dolce
torpore ci colpisce. Troviamo Manu e Paola, moglie del Franco, ad attenderci rilassate in prossimità della
stufa. Aldo, Lola e Silvano, nonostante qualche incomprensione sul luogo del ritrovo, riempiono già l'ambiente
con la loro presenza. Ci accomodiamo e subito veniamo serviti. Taglieri strabordanti di speck, prosciutto cotto,
formaggi, sottaceti si presentano dinanzi ai nostri occhi, per poi proseguire con polenta di semolino, riso,
patate, costolette. Il buon vino non manca e le buone chiacchiere men che meno. Nasce perfino una
particolare affinità tra Aldo e Anna Paola, il tutto però ben supervisionato dal geloso Valentino. Battute, risate,
brindisi, buona forchetta, compagnia d'elite rendono questa serata frizzante e allegra. L'ora è ormai tarda,
bisogna andare. E come in un film, arriviamo al finale. Ci salutiamo, ma non è un addio, bensì un arrivederci!
Perchè sappiamo perfettamente che momenti così gli viviamo ogni volta con le persone che animano la nostra
Banda!
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Auschwitz e Birkenau
una bambola in mezzo al silenzio
di Carla Vargiu
Alienazione. Dopo una lunga riflessione interiore ho concepito questa parola come il sunto dell'esperienza che
mi è stata concessa di vivere nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau questo scorso gennaio con il
Treno della Memoria. Il viaggio in treno, le nuove amicizie strette, il gruppo fiemme con cui abbiamo condiviso
tutto, l'ostello parco (molto parco), le uscite, il cibo locale, gli zloti (moneta polacca), le risate, le canzoni
stonate all'una di notte sono colori accesi sulla tavolozza di questa esperienza. Mentre i colori scuri sono le
visite ai due campi. E questo articolo ha una velatura grigiastra.
Varcata la celebre scritta “Arbeit macht frei” non sei te ad entrare in un campo di concentramento, bensì è lui
che si annida lentamente dentro di te. E una volta entrato non ti abbandona più. Neve gelida calpestano i
nostri scarponi. Baracche che sembrano paradossalmente piccole abitazioni inglesi, con i loro mattoni rossi
che contrastano per il loro colore acceso con la completa nuda neutralità del bianco circostante. Cerco di
respirare quell'aria, di assorbirla con i miei polmoni, di afferrare stupidamente ogni odore fluttuante. Ma solo un
flusso gelido mi attraversa le narici. Gelido. Si entra nelle baracche accompagnati dalla nostra guida, e tutto è
talmente asettico, freddo, “museale”. Tutto, ogni cosa all'interno, è stata trasformata in una stanza da museo,
con foto appese alle pareti bianche e grigie, documenti e quant'altro. Fatichi a concepire in quelle stanze tutto
l'orrore che vi è stato commesso.
Poi arriva la baracca 24. Quelle sale che ti uccidono, come una manganellata ti gettano, a sorpresa, al suolo.
Ti stravolgono. E' un miscuglio di sensazioni che veramente, senz'alcuna esagerazione, ti prende dallo
stomaco in una morsa e sale, sale, sale fino agli occhi, che non resistono allo sforzo e zampillano.
Silenziosamente zampillano. Dietro a quei vetri, chiome confuse di capelli richiamano alla mente i loro
proprietari, scarpe bucate e ammucchiate raccontano strade percorse, pettini, specchi, occhiali, pentole
narrano una quotidianità felice e spensierata. Valige che testimoniano l'ultimo viaggio. E poi quella bambola
rovinata. Calpestati i deboli, gli indifesi. Lì crolli. Non reggi il peso. E' inaccettabile. Mi rifiuto di considerarmi
simile a quel pezzo di umanità (se così possiamo definire) che ha commesso tutto ciò, che ha lasciato
commettere tutto ciò. Mi alieno per un attimo, mi distacco dal mio essere umano. Mi autodifendo, non posso
far altrimenti. Non riaccadrà più, penso. Ma il pensiero tremola, non è convinto. D'altronde come può esserlo?
Anni di storia, di guerre distruttive. Eppure di combattimenti in corso, in questo momento, nel mondo ce ne
sono ben 31. No, non DOBBIAMO far riaccadere niente di simile. Questa è stata un'IMMANE crudeltà, dettata
da un'ideologia che molti nemmeno condividevano fino in fondo. Così annullavano la loro capacità di pensiero
individuale, di pensiero razionale, per un bene supremo, per un compito massimo, per la razza. Giustificazioni
insulse per le loro azioni venivano vomitate ogni santo giorno da quegli uomini, fieri e orgogliosi ariani. Per la
ricerca scientifica, dicevano. Per la razza. Giustificavano sé stessi, dando via all'odio che tutto distrugge,
implacabile. Non si ferma nemmeno dinanzi ad una bambola...
Proseguiamo nelle celle asfissianti, buie e sudice, nelle camere a gas, sfioriamo i forni da dove sbucano fiori al
posto della cenere. Inevitabile nasce continuo il pensiero.Tocchi i mattoni, tocchi le mura, tocchi. Vuoi portarti
via tutto, perchè tutto ciò possa essere ricordato in ogni minimo particolare. Perchè ricordare? Domanda
retorica. Dobbiamo farlo, dobbiamo ricordare di come l'uomo abbia toccato il fondo più volte, di come le basi
del presente si gettino meglio con la consapevolezza degli errori passati. La memoria risveglia l'uomo, lo
difende da sé stesso. Dobbiamo ricordare per rispetto di tutte quelle vittime, dobbiamo ricordarle. La mente
evoca corpi concavi, ossuti, contenuti in quelle casacche a righe sporche, unte. Sguardi vuoti s'insinuano
arroganti tra i pensieri, mentre scorriamo le foto dei deportati appese nei lunghi corridoi.
Quel pomeriggio, centinaia di candeline bruciavano lungo i binari che attraversavano Birkenau. Il sole
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tramonta, come una colata di miele, tinge d'oro caldo il cielo. Così splendido, sembra beffarsi
dell'insterminabile campo gelato al quale si sta congedando. Stretti nelle nostre giacche, abbracciati l'uno
all'altro, cerchiamo sostegno. Con il sole cala anche un immenso silenzio. Nel campo. Nella nostra anima.
Nella nostra mente fino a poco prima stridulante di mille pensieri. Solo sguardi consci e silenzio. Silenzio. E
allora ecco tornare alla mente quella frase: “La parola è solo un'ala del silenzio”. Il silenzio mi ha
accompagnato anche nei giorni a seguire. Sia chiaro, il silenzio era riferito all'esperienza dei campi. Volevo
trattenere ancora tutto dentro me, somatizzare e pensare. Visitare i campi di sterminio ti cambia
inevitabilmente la visione della vita. Ti fa aprire la mente ad un flusso di congetture, considerazioni che non
avresti mai fatto. Ti carica di una forza assopita dentro te, una coscienza che si risveglia da un lungo letargo.
“Difendiamo i nostri sogni realizzandoli”. E' questa la frase che mi anima, che difendo e che grido a gran voce.
Difendiamoli per chi ci ha provato ed è stato schiacciato. Per chi ha tentato e ci è riuscito. Per chi ogni giorno è
protagonista dei propri sogni. Per noi. Per il nostro presente. Per avere il nostro domani. Un'esperienza così
non si dimentica, è un'altra medaglia che attacchi alla divisa della tua vita. E il ricordo di quella bambola rotta
lo stringi con tutta la forza... Sempre.
Ps: posare dei sassi su una tomba ebrea è paragonabile al posar fiori sulla tomba di un nostro caro. E'
simbolo prezioso, perchè i sassi, a differenza dei fiori, sono durevoli nel tempo.
Sono per l'eternità...
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Fuori dal ghetto: cronache di musica errante
di Mocellin Eleonora
Mordekhay Gebirtig, Hirsch Glik, Kasriel Broydo… forse
questi nomi vi scorreranno sotto gli occhi come puro
accostamento di lettere dell’alfabeto. E invece sono solo
alcuni degli esponenti che hanno avuto la sconosciuta forza
di musicare la storia della loro cultura, anche confinati in un
lager in attesa della morte. Queste vere e proprie
espressioni culturali sono state scoperte ed riportate in vita
da uno studioso tedesco, forse per puro caso o forse per
ironia della sorte. E sentendo nominare titoli come “La
canzone della terra dorata”, “La ragazza caduta” e la
celebre “Tumbalalayka”, brilla nell’aria un’eco di vita, amore,
nostalgia.
Mi sono espressa usando la parola “cultura”: prima ancora
di nominare la parola Yiddish, citando quegli artisti e quelle
canzoni, stiamo aprendo uno squarcio sulla società ebraica
degli Ashkenaziti, stanziatisi tra la Germania e l’Est Europa
dopo la diaspora. Il termine Yiddish invece definisce
inizialmente la lingua nata per rispettare l’Ebraico e
l’Aramaico, non utilizzabile secondo le sacre scritture nel
colloquio quotidiano. La particolarità compare quando,
scritture traslitterate dai caratteri originali ebraici, rivelano
riprese evidenti di espressioni o vocaboli provenienti dai
luoghi di stanziamento degli ebrei in fuga, e in particolare
similitudini con il tedesco. Si potrebbe anche osare dire che
la falcidiazione nazista ha estirpato parte delle proprie radici
culturali.
Yiddish come lingua: è inevitabile che Yiddish diventi musica.
Prima di addentrarsi nel mondo musicale vero e proprio, sento il bisogno di riportare un piccolo passo tratto
dal saggio “ La musica nella tradizione ebraica” di Enrico Fubini:” Tutta la vita ebraica è scandita da ritmi ben
precisi che ne costituiscono in qualche modo l’essenza, l’anima, il suo significato più profondo […] e anche la
musica è essenzialmente temporalità, memoria, ritmo […]. Tra la musica e l’ebraismo c’è un’affinità profonda
che va al di là della vaga metafora! Si potrebbe affermare che tutto l’ebraismo, la sua stessa essenza, è una
musica, o meglio una forma di musica, o, in altre parole, un tentativo di imporre una forma al tempo”.
La musica della cultura Yiddish si presenta principalmente sotto forma coreutica e fa sfociare tutta la sua
espressività strumentale nel genere folkloristico klezmer. Secondo la tradizione, la musica klezmer era
eseguita in occasione delle feste nuziali e, come per la lingua, anche qui ci troviamo di fronte a un fenomeno
di assorbimento da varie culture. Questo genere folkloristico fonde in sé strutture melodiche, ritmiche e
espressive dell’est Europa (Polonia, Blacani, Russia, Germania) assimilate sin nella culla, senza tralasciare
ritmi zigani, e predilige strumenti come violino, clarinetto, ottoni e percussioni. Purtroppo i suggestivi cori della
tradizione religiosa yiddish, a partire dal XX secolo, hanno perso notorietà, ma al contrario la musica Klezmer
è andata affermandosi in forme sempre più originali. Questo è accaduto grazie alla positiva influenza di
caratteri provenienti da jazz, avant-gard e free jazz, e all’importazione di queste particolari sonorità nella terra
a stelle e strisce. Sembra incredibile, ma in Israele, se non fosse per alcuni frammentati gruppi di ebrei
osservanti ortodossi, la tradizione musicale Yiddish e quella Klezmer sarebbe del tutto scomparsa. Molti artisti,
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che mettono in musica la loro anima utilizzando cànoni della tradizione Klezmer, sono sconosciuti nella
madrepatria che ha dato i natali agli stessi ebrei fondatori di nuova cultura nelle remote terre del Reno.
Parlando di artisti contemporanei, credo sia doveroso citare l’italo-bulgaro Moni Ovaida, uno tra i più
significativi esponenti della tradizione musicale Yiddish, mentre lanciando uno sguardo oltreoceano troviamo
l’argentino Giora Feidman, che ha portato calde e trascinanti sonorità nella musica klezmer, a tal punto che
Steven Spielberg lo ha scelto come interprete della colonna sonora di Schinler’s List. Dudu Fisher invece è
uno dei pochissimi musicisti di origine israeliana, che con i suoi tour ha portato nei cuori della gente la voce
della sua patria. Citando invece gruppi musicali, gli americani “The Klezmatics” hanno combinato insieme il
misticismo della cultura ebraica askenazita con note tipicamente jazz.
Si potrebbe continuare ancora per molto, perché ogni artista che ha scelto di credere e mantenere in vita un
genere destinato a morire, immette tutta l’anima che possiede nell’intento di dare voce alle parole di un popolo
privato fin dall’antichità del diritto più grande: la libertà.
Violini stridenti, clarinetti caldi e rassicuranti, goffi tromboni, un clavicembalo dal sapore orientale, voci di
uomini e donne glissati e tremanti…ecco a che cosa mi riferisco. Negli shtetl ebraici si cantava di vita, libertà,
amore, ma anche di malinconia e ricordo. Inevitabilmente ciò porta sulle sue spalle quel’arduo compito di
diventare un mezzo per fuggire dall’ingiustizia, dal razzismo e da quella palla al piede chiamata odio. “Ma la
speranza per il nostro ritorno, è nel profondo del cuore di ogni uomo che brucia “ - Hava Nagila, tradizionale
Yiddish -
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La musica sopravvissuta
C’ERA UN’ORCHESTRA AD AUSCHWITZ
delirio artistico in memoria di intere generazioni di musicisti annientate dal nazismo
di Davide Ventura
“La brutalità incute rispetto. Le masse hanno bisogno di qualcuno che ispiri loro paura e le
renda tremanti e sottomesse. Non voglio che i campi di concentramento si trasformino in
pensioni di famiglia. Il terrore è il più efficace fra tutti gli strumenti politici…I malcontenti e i
disobbedienti ci penseranno due volte prima di mettersi contro di noi, quando sapranno che
cosa li aspetta nei campi di concentramento. Aggrediremo i nostri avversari con brutale
efficacia e non esiteremo a piegarli agli interessi della nazione mediante i campi di
concentramento.” [Adolf Hitler]
“La mia prima lezione:
non mi lascerai neppure toccare la tastiera.
Mi fai tamburellare le dita su un tavolo
per eliminare la pietra dai miei polsi.
Cominciamo tutti con la pietra. Per te
era la risata dei tedeschi mentre il rabbino danzava.
Quando la corda si fermava schioccavano le fruste rosse
e il rabbino ballava di nuovo – brevemente resuscitato
nel vento misto a grandine della tua infanzia.
O diciamo che la pietra è il vento
e il vento sono i pianti dei bambini
caricati sui carri aperti.
Ancora oggi odi il vento.
Sei così immobile, resti seduta così a lungo
preparandoti a suonare.
Il tuo orologio d’oro aspetta silenzioso come un airone
sopra i tasti bianchi.
Ci sono giorni ai quali non diamo un nome,
ricordi più vivi delle immagini
che hanno portato via quando la neve era fresca.
Manifesto dell’esposizione Entartete Musik
(musica degenerata) del maggio 1938 a
Dusseldorf.
Ideata da Hans Ziegler, collaboratore di
Goebbels, la mostra funse da giustificazione
dei divieti musicali imposti già da molto
tempo.
Il manifesto dell’esposizione è emblematico
dell’insieme di musiche che i nazisti
consideravano degenerate: un musicista nero,
dai tratti vagamente scimmieschi, con una
stella di David appuntata sulla giacca, suona
un sax, simbolo del jazz, musica degenerata
perché di origine afroamericana.
Eri uno dei tredicimila
deportati da Kharkov nella bufera.
Adesso indossi l’orologio per ricordarti di quello
che tuo padre diede a una guardia in cambio della tua vita.
Quasi impercettibilmente si alza da solo
sulla campagna invernale
e la musica comincia:
un pezzo duro, incisivo
che conta le nostre perdite.
Perdiamo tutto.
Le tue dita battono
su tombe senza nome
suonando per le orecchie esigenti
di tuo padre
musica che è prima di tutto
sopravvivenza.”
[Scuola di musica – di Theodore Deppe]
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Questa non vuole essere una recensione del libro “Ad Auschwitz c’era un’orchestra” di Fania Fénelon [titolo
originale: “Sursis pour l’orchestre”], ma volutamente un diagramma asettico, che prende spunto anche da ciò
che emerge dalla lettura di quelle pagine di vita.
In quasi tutti i campi di concentramento esisteva un’orchestra maschile; ad Auschwitz ce n’erano due. Una,
quella maschile composta da internati, ma tutti professionisti. L’altra, quella femminile, l’unica mai esistita in un
CC, composta da donne internate che nella vita di ogni giorno seguivano la musica per lo più come una
passione, e in cui il numero delle professioniste si riduceva a poco meno di una decina.
ORCHESTRA FEMMINILE DI AUSCHWITZ
Virtuosa del violino.
Figlia di Arnold Rosè (1863 – 1946)
DIRETTRICE: ALMA ROSÉ (1906 – 1944) [ebrea tedesca]------------------------------Primo violino dell’Orchestra Filarmonica di
Vienna per oltre mezzo secolo. Solista di
fama internazionale, collaborò con Brahms, e
fu uno stimato direttore d’orchestra, nonché
fondatore del famoso Rosè Quartet.
Alma Rosè era inoltre la nipote di Gustav
Mahler, zio acquisito in seguito al
matrimonio del padre con la sorella di
Mahler, Justine.
Alla morte di Alma, il dottor Mengele
pronuncerà distintamente due parole: in
memoriam.
Cit. dal libro: “in memoriam”, detto a
Birkenau dal dottor Mengele, è qualcosa
che non si può dimenticare.
Alma Rosè
03/11/1906 Vienna
05/04/1944 CC Auschwitz
ORGANICO--------------------------------------------------------------
INCARICHI DELL’ORCHESTRA-----------------------------------
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10 violini
1 violoncello
1 flauto
3 clarinetti
3 chitarre
5 mandolini
2 fisarmoniche
alcuni piatti e tamburi
cantanti
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scandire alcuni momenti militari
della giornata del CC (x
es. le marce dei gruppi di
lavoro,
gli
appelli
mattutini e serali, le
esecuzioni pubbliche)
intrattenere al bisogno le SS, a
qualsiasi ora del giorno o
della notte
su richiesta realizzare dei concerti
•
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IL PUBBLICO--------------------------------------- Kapo, Blockowa, Anweiserin, Arbeitsdiensfuhrer, Aufseherin,
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Kommandofuhrer, Lagerkapo, medici, infermieri, deportati (nei
concerti all’aperto), SS di spicco tra cui Kramer, la Mandel, la
Grese, la Drexler, e il dottor Mengele (grande intenditore di
musica ed estimatore delle orchestre del campo, nonché pazzo
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fanatico che riteneva di essere un genio della medicina).
IL REPERTORIO--------------
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Sul Bel Danubio Blu (J. Strauss jr)
Dodici Minuti (Peter Kreuder)
Fantasia (Robert Schumann)
Franz Schubert
Lustspiel – Cavalleria Leggera – La Mattinata (Franz von Suppè)
Madama Butterfly: Un bel dì vedremo – Scuoti quella fronda di ciliegio
(Giacomo Puccini)
Il Barbiere di Siviglia (Gioachino Rossini)
Quartetto dall’atto III del Rigoletto (G. Verdi)
Il paese del sorriso – La vedova allegra (Franz Lehar)
Cavalleria rusticana (Pietro Mascagni)
Tosca (Giacomo Puccini)
Quinta danza (Brahms)
1° Movimento quinta sinfonia (Beethoven)
1° Movimento Sonata in la maggiore (W. A. Mozart)
1° Movimento Concerto per violino e orchestra in mi minore di Mendelssohn
(con titolo differente poiché era ebreo)
Josef, Josef (fox-trot scritto da ebreo americano). Il foxtrot è una danza di
origine americana, letteralmente significa “trotto della volpe” (fox =
volpe; trot = trotto). In Italia, durante il regime fascista la volontà di
italianizzare il maggior numero possibile di termini esteri portò a
rinominare questo stile con la denominazione Ballo volpino.
La Polka delle Risateinvenzione delle internate. Veniva eseguita qualche frase
musicale, e poi degli “ah ah ah” non cantati, ma letteralmente
sghignazzati dall’orchestra. Le risate erano poi riprese dai violini, dai
mandolini e soprattutto dai piatti e dal tamburo.
Marce varie di carattere puramente tedesco
Ovviamente la musica costituiva per il regime nazista, uno splendido strumento per influenzare le
persone, tramite la propaganda e l’utilizzo della radio.
L’elenco degli autori vietati dal regime è infinito, e comprende soprattutto compositori ebrei, internati nei
campi o fuggiti in stati esteri, come per esempio gli Stati Uniti. Alcuni dei musicisti più importanti esclusi dal
regime furono: Schoenberg, Weill, Eisler, Berg, Hindemith, Erwin Schuloff, Korngold e Ulmann.
Tra i vari nomi apprezzati dal regime nazista risaltano compositori di spicco, come per esempio Richard
Wagner (autore di un violento opuscolo antisemita, riutilizzato più volte per la propaganda nazista), le cui
composizioni erano spesso riproposte alle riunioni di partito o ai congressi nazisti. A lui seguono Anton
Bruckner, Orff, Egk e Richard Strauss (che fu il primo presidente della Reichmusikkammer, l’istituzione
preposta al controllo della vita musicale; creata da Goebbels, ministro del Reich per la propaganda).
Ovviamente non poteva mancare Ludwig van Beethoven, anche se le sue opere non furono mai utilizzate
nelle celebrazioni di regime.
Tra gli artisti esteri favorevoli al regime emerge un nome su tutti: Igor Stravinskij. Dapprima inserito nel
novero degli autori degenerati, si rivolse agli organizzatori, affermando che ripudiava comunismo ed ebraismo.
È noto inoltre che Stravinskij fu autore di numerose lettere d’ammirazione nei confronti di Mussolini.
[SPAZIO AL PENSIERO]RICORDIAMOCI DI NON FAR RINASCERE TUTTO QUESTO
C’è una SS che compra tutte le mattine il giornale a un’edicola. Il giornalaio glielo dà e tutte le volte
gli dice: “Tieni, coglione”.
Un giorno il crucco gli domanda: “Coglione, che cosa vuol dire?”.
E il giornalaio: “Vuol dire comandante”.
Il crucco, tutto ringalluzzito: “Ah, allora io piccolo coglione, Hitler grande coglione!”.
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Programma del Concerto di Pasqua 2011
a cura del M° Andrea Gasperin
March – dalla Second Suite in F – G. Holst
La Seconda Suite in Fa per Military Band è stata scritta da Gustav Holst nel 1911 e succede alla precedente,
in Mib di due anni prima, più conosciuta ed eseguita. Nei primi anni come compositore Holst dedicò molto
spazio della sua attività all’indagine e all’uso di motivi popolari già esistente, tant’è vero che in questa suite,
costituita di 4 tempi, ce ne sono ben 7.
La Marcia è il primo tempo di questa composizione: inizia con l’esposizione del primo tema popolare, "Morris
Dance", esposto dagli ottoni secondo la più tipica tradizione di brass band inglese; il successivo episodio,
presentato dall’euphonium e ripetuto a pieno organico prende il nome di "Swansea Town" per poi sfociare
nell’ultimo, in 6 ottavi chiamato "Claudy Banks. La marcia si conclude con un Da Capo.
Duetto - dall’opera Don Carlo – G. Verdi, arr. J. De Meij
Don Carlo, originariamente Don Carlos, fu
originariamente un’opera in 5 atti in lingua
francese che debuttò a Parigi nel 1867 che Verdi
stesso convertì successivamente in un lavoro in 4
atti ed in italiano. Quest’opera conteneva molti
leitmotifs, uno stile molto Wagneriano, tanto più
che l’autore conosceva molto bene il collega
tedesco, e per questo non fu un gradissimo
successo nella sua prima parigina mentre ebbe
un grandissimo riscontro 20 anni più tardi nella
sua prima esecuzione italiana alla Scala di
Milano.
Questo duetto originario del 2 atto, arrangiato da
Johann De Meij vedo il figlio dell’imperatore Carlo
V, Don Carlo appunto, disperarsi nel vedere la
donna da lui amata sposata con suo padre.
L’altro protagonista è il migliore amico dell’erede
al trono, Rodrigo marchese di Posa, appena
tornato dalle Fiandre e giunto fin li per chiedere
proprio a Don Carlo aiuto per fiamminghi. I due si
confidano a vicenda: Carlo lascerà la Spagna per
seguire Rodrigo così essi potranno vivere e
combattere assieme e la loro amicizia non
conoscerà fine.
Africa: ceremony, song and ritual – R. Smith
Il brano è basato su musica folkloristica primitiva
dell’Africa dell’est grazie a ricerche e registrazioni
di Stephen Jay: il lavoro contiene musica
cerimoniale, per danza e intrattenimento così
come effetti percussivi che richiamano
invocazioni a divinità.
I musicisti africani suonano per dare vita agli strumenti così come Dio l’ha data a loro, in questa maniera ogni
strumento possiede personalità e coscienza e viene trattato con lo stesso rispetto che si deve ad una persona
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onorata. Tutte le percussioni usate in questo brano sono, dagli africani, fatte incarnazione di un misterioso
potere, incomprensibile per la gran parte dei missionari e viaggiatori che visitano il continente nero. Tramite la
musica questi popoli creano delle vere e proprio esperienze mentali che provocano una grande varietà di
sentimenti quali gioia, paura, dolore e speranza.
Variation on a Korean folk song – J. Barnes Chance
Si tratta di uno dei maggiori lavori per concert band scritti da John Barnes Chance: composto nel 1965 vede
una serie di variazioni su di un tema popolare coreano “Arirang”, udito dal compositore quando si trovava in
Corea negli anni 50 con l’esercito del suo paese.
Il pezzo presenta un’introduzione con l’esposizione del tema originale per poi dar vita a 5 variazioni,
rispettivamente vivace, larghetto, allegro con brio, sostenuto e con islancio per sfociare nel finale. Ogni
variazione è caratterizzata da una parte per strumento solista o sezione sola e da un tutti conclusivo. Si
potranno sentire le singole caratteristiche di ogni strumento o gruppo di strumenti impegnati in differenti stili,
ma pur sempre legati da un’idea tematica comune, la canzone popolare iniziale.
Finlandia – J. Sibelius, arr. L.Cailliet
Jean Sibelius è sicuramente il più conosciuto compositore finlandese probabilmente uno dei più grandi della
sua epoca, ma pochi sanno che il destino che i suoi genitori avrebbero voluto per lui sarebbe stato tutt’altro:
egli fu infatti avviato alla carriera legale e iniziò a studiare legge ricevendo così un’eduzaione molto classica.
Ciò nonostante però si arrivò ad un punto in cui il suo talento musicale emerse in maniera irresistibile ed
abbandonò quindi tutto per recarsi alla musica come strumentista e compositore.
Per molto tempo tutto il mondo musicale non finlandese sostenne che questo poema tonale fosse basato su
musica popolare già esistente in nel paese d’origine del compositore, ma ad un certo punto fu egli stesso a
smentirli con queste parole: “C’è l’impressione generale che io abbia usato musica popolare finlandese per il
mio lavoro…niente di più lontano da ciò! In questa mia composizione non ci sono altri temi se non quelli che
vengono dalla mia propria invenzione”. In questo lavoro Sibelius evidenzia aspetti del suo popolo come la
durezza e la determinazione con interventi quasi militari per poi omaggiare la grandeur della natura con temi
che regalano immagini chiare di questa terra.
Kaiser Walzer – J. Strauss Jr., arr. W. van der Beek
Questo walzer, composto nel 1888, fu dedicato all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe da Johann
Strauss Jr.: da molti è considerato la migliore composizione dell’autore o addirittura “il walzer dei walzer”
nonostante la grandissima popolarità de Sul Bel Danubio Blu. Va detto che normalmente si degrada questo
tipo di musica a semplice intrattenimento, motivo reale per cui è stata scritta, ma non va dimenticato che si
tratta pur sempre di una musica d’intrattenimento, per così dire, eterna.
Questo walzer non inizia stranamente con squilli di tromba o rullate di timpani ma con un motivo calmo e ricco
di dignità, ad elogiare il carattere del monarca austriaco. Seguono 4 walzer ricchi di galanteria, eleganza,
grazia e gioia. Alla fine un’estesa coda riprenderà tutti i temi principali per portare al grandioso finale.
El Cumbanchero – R. Hernandez, arr. N. Iwai
Il nome di Rafael Hernandez è per lo più sconosciuto in Europa e questo è in grande contrasto con quella che
è stata la vita di quest’uomo. Nativo di Puerto Rico sul finire dell’800 egli fu da prima operaio fabbricatore di
sigari per poi ottenere dai suoi genitori di dedicarsi alla musica: fu suonatore di clarinetto, violino, tuba, piano e
chitarra e suonò in formazioni dalla big band all’orchestra sinfonica. Durante la prima guerra mondiale fu
militare per gli USA insignito della Croce di Guerra Francese per poi tornare ad occuparsi di musica nel suo
paese come direttore d’orchestra e compositore. Alla sua morte nel 1965 la tv americana gli tributò un intero
special televisivo, cosa rara in quegl’anni e su soprannominato da Kennedy “Mister Cumbanchero”, in ricordo
di uno dei brani che gli diede maggior successo e popolarità.
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Presentazione Progetto Fiemme Storica:
“Strie”, chi erano?
La Banda Sociale di Cavalese da il via a Fiemme Storica:”Strie”, chi erano?, progetto inserito nel Piano Giovani di
Zona.
Il senso del progetto è quello di far luce sugli avvenimenti riguardanti la
persecuzione delle streghe del 1500 in Val Di Fiemme; rappresentati
spesso come mera rievocazione storica, a discapito di una coerenza
obiettiva con la realtà dei fatti.
Il progetto ha come obiettivo quello di esplorare questo delicato
argomento affrontandolo da diversi punti di vista, mirando ad una
massiccia partecipazione giovanile sia nella realizzazione che nel
godimento di tutte le attività, e cercando di creare un impianto di
collaborazione sovracomunale con le associazioni culturali di Cavalese
e degli altri paesi della Val di Fiemme.
La Banda Sociale di Cavalese sta lavorando all’organizzazione nella
settimana dal 18 al 23 luglio 2011, ad una serie di manifestazioni che
coinvolgeranno più associazioni del paese (Coro Coronelle, Gruppo
Folk el Salvanel, Comitato Rievocazioni Storiche, Associazione la Voce
delle Donne, Cooperativa Oltre), e che si concluderà sabato 23 luglio
con l’inedito concerto estivo al Parco della Pieve, in cui verrà eseguito in
prima assoluta un brano per clarinetto solista e banda; la composizione,
così come tutte le iniziative della settimana, si ispira alla persecuzione
delle streghe avvenuta in Valle di Fiemme nei primi anni del XVI secolo.
Primo passo del progetto è l’apertura delle iscrizioni al concorso artistico
Premio Paolo Rizzoli per i giovani d’età compresa tra i 14 e i 24 anni
d’età, che potranno partecipare ad almeno una delle categorie in gara:
pittura, scultura e fotografia. Il concorso è stato creato per valorizzare i
talenti artistici emergenti del territorio, che avranno il compito di descrivere, raccontare e rievocare, in modo nuovo e
originale attraverso diverse forme d’espressione artistica, i luoghi, i fatti e la storia delle donne di Fiemme tacciate di
stregoneria, e la loro figura di donne perseguitate in Val di Fiemme nei primi anni del 1500.
Nel primo fine settimana di luglio si terrà per tutti i musicisti interessati la masterclass in clarinetto tenuta dal prof.
Cavarra. Il momento clou del progetto al quale sta lavorando la Banda Sociale di Cavalese vedrà la sua realizzazione il
prossimo mese di luglio, nella settimana che va da lunedì 18 a sabato 23. Si tratterrà di una settimana ricca di iniziative,
conferenze e manifestazioni dal titolo Fiemme Storica: “Strie”, chi erano?
INFO TECNICHE PER GLI INTERESSATI ALLA MASTERCLASS:
La masterclass in clarinetto tenuta da Angelo Cavarra prevede l'iscrizione al corso per un massimo di 10 persone, e si
terrà dalla mattina di venerdì 1 luglio 2011 alla mattina di domenica 3 luglio.
Sono garantiti 1 ora al giorno di studio collettivo e 2 lezioni singole di 45 minuti ciascuna, le quali saranno distribuite
nelle giornate cercando nel limite di possibile di andare incontro alle esigenze dei corsisti.
La quota di iscrizione è di 100 euro (20 euro per i bandisti di Cavalese che avranno a disposizione 4/5 posti dei 10
previsti), sarà possibile partecipare alla masterclass anche da auditori, il numero di posti è legato esclusivamente alla
capienza delle aule, (con la possibilità di suonare nei momenti d'assieme), in questo caso il costo di iscrizione sarà di 20
euro a singola giornata oppure 50 euro per tutte le giornate. (per i bandisti di Cavalese, la partecipazione in qualità di
uditori sarà gratuita).
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Programma della settimana:
Lunedì 18: inizio ufficiale dell'evento con alle 18.00 l'inaugurazione della mostra presso le aule delle scuole medie, dove
verranno esposte le opere dei giovani artisti (pitture, sculture, fotografie) inerenti appunto al tema della stregoneria in
Valle di Fiemme. Alle 21.00, presso la sala conferenza della Biblioteca Comunale, si terrà la presentazione dell’intero
programma settimanale e vi sarà il primo importante contributo storico, attraverso la relazione tenuta dalla Sig.ra Agea
Fontana Lucilla.
Martedì 19: nel pomeriggio (dalle 16.00 alle 18.00) presso il Giardinetto della Magnifica Comunità di Fiemme e le aule
del Centro d'Arte Contemporanea, vi saranno i primi laboratori per bambini e ragazzi seguiti dalla Cooperativa Oltre e
dal Centro d’Arte.
In caso di maltempo i laboratori saranno svolti presso le sale della Banda in Piazza Verdi.
Alla sera, ore 21.00, presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme inizia il percorso attraverso le leggende sulle
streghe e sulla Valle di Fiemme, questa volta narrate attraverso i canti del Coro Coronelle.
Mercoledì 20: è prevista alle 18.00 l’installazione e l’inaugurazione della targa commemorativa per le donne
condannate per stregoneria; sarà quindi un pomeriggio di riflessioni presso le Prigioni del Palazzo della Magnifica
Comunità, con l’intervento dell’Associazione la Voce delle donne e di intermezzi musicali.
Alle 21.00 nel Piazzale sottostante la Magnifica è prevista una serata cineforum sotto le stelle, con la proiezione di un
film sul tema. In caso di maltempo la proiezione si svolgerà presso la sala conferenze della biblioteca comunale di
Cavalese.
Giovedì 21: alle 16.00 è in programma l'escursione nei luoghi storici dove si svolsero i fatti, con la guida della sig.ra
Agea Fontana (Palazzo Magnifica Comunità di Fiemme e Chiesa dell’Assunta).
Sempre nel pomeriggio, dalle 16.00 alle 18.00, presso il Giardinetto della Magnifica Comunità di Fiemme e le aule del
Centro d'Arte Contemporanea, vi saranno nuovi laboratori per bambini e ragazzi, seguiti dalla Cooperativa Oltre e dal
Centro d’Arte Contemporanea.
In caso di maltempo i laboratori saranno svolti presso le sale della Banda in Piazza Verdi.
Alle 21 nel Piazzale sottostante al Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme ritonano le leggende, questa volta
presentate attraverso i balli del Gruppo Folk El Salvanel.
Venerdì 22: ore 17.00, presso il Banco della Reson nel Parco della Pieve, si ascolterà la musica delle piante e si
parlerà delle erbe officinali, con relatore Signorini Carlo. In caso di maltempo Palazzo della Magnifica Comunità di
Fiemme.
A partire dalle 21.00 concerto in Piazza Italia dei giovani gruppi musicali e premiazione del concorso artistico con la
consegna del Premio Paolo Rizzoli, in onore a un caro amico e musicista.
Sabato 23: giornata conclusiva, che inizierà alle 21.00 al parco della Pieve con la Rievocazione storica del processo alle
streghe con a seguire, presso il palco allestito sempre nel Parco, il Concerto della Banda Sociale di Cavalese, che
eseguirà in prima nazionale il brano composto da Joe Schittino, su ispirazione delle streghe di Fiemme, per banda e
clarinetto solista (G. Cavarra).
L’intera settimana vede anche la partecipazione dei ristoratori locali che proporranno menù speciali della tradizione e
della storia della terra di Fiemme.
Lo sforzo organizzativo del Direttivo guidato da Matteo Zendron e di ogni bandista va nella direzione di riuscire a
coinvolgere in un unico progetto più associazioni di Cavalese, riuscendo così a portare a conoscenza dei valligiani e dei
turisti un momento storico cruento della Valle di Fiemme. Importante che nel novecentesimo anniversario della firma dei
Patti Ghebardini si riesca a dare coscienza storica in particolare ai giovani e avere l’occasione di cogliere, attraverso i
diversi linguaggi artistico musicali, le potenzialità culturali delle associazioni locali.
Tutto il progetto in fase di definizione può contare sul supporto delle associazioni di Cavalese, del Comune di Cavalese,
della Provincia Autonoma di Trento, del Piano Giovani di Zona, della Comunità Territoriale della Val di Fiemme, dell’Apt
Val di Fiemme, della Magnifica Comunità di Fiemme, della Fondazione Caritro e della Cassa Rurale Centrofiemme di
Cavalese, delle Assicurazioni Generali e di altre importanti sponsorizzazioni private.
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JEAN SIBELIUS
a cura di Mirko Zendron
Johan “Jean” Christian Julius Sibelius nacque ad Hämeenlinna il 18 Dicembre del 1865, nel periodo in cui la
Finlandia era ancora sotto il dominio russo.
Dopo la morte del padre, nel 1868 di febbre tifoidea, a causa dei debiti e della conseguente bancarotta, Jean e
il resto della famiglia si trasferirono a casa dei genitori della madre il
cui padre era una decano.
All'età di cinque anni cominciò la sua avventura nella musica,
portandolo solo dieci anni dopo a creare la sua prima composizione
"Vesipisaroita" (Drops of Water), per violino e violoncello. Solo nel
1880 comincerà a prendere lezioni di violino, strumento che
diventerà poi la sua passione.
La famiglia, per metà svedese ma proveniente dalla cultura
finlandese, decise di mandare Jean a studiare in una scuola
finlandese.
Finì
la
scuola
nel
1885.
Successivamente Jean si trasferì ad Helsinki per frequentare la
facoltà di legge all'università ed allo stesso tempo era iscritto
all'Istituto Musicale della città, quella che oggi è divenuta
l'Accademia Sibelius.
Gli studi universitari vennero ben presto abbandonati e la musica
prese il sopravvento nella sua vita. Le opere composte in questo
periodo, che troveranno il loro culmine nel Quartetto d’archi in A
minore, verranno eseguite nel Maggio del 1988.
Nel 1889 si trasferisce prima a Berlino e l'anno successivo a
Vienna.
Nel 1892 ad Helsinki ebbe inizio la sua carriera come compositore
d'orchestra con la creazione dei cinque movimenti del Kullervo, per
solisti, orchestra e coro, e fu anche l'occasione per il suo debutto
come direttore d’orchestra.
Nel 1895 concluse la Suite Lemminkäinen per orchestra Op.22, che
narra quattro leggende tratte dalKalevala, il poema epico nazionale
finlandese.
Nell'estate del 1892 Sibelius si sposò con la giovane Aino Järnefelt, da cui avrà 6 figlie
Con il passaggio al nuovo millennio una nuova fase prese piede nella vita di Sibelius, così cominciò a
condurre anche all'estero, specialmente in Inghilterra e Germania e altri direttori, anche all’estero,
cominciarono ad includere le sue opere nei loro repertori.
Le prime due sinfonie, la Sinfonia no. 1 in Mi minore Op.39 per orchestra e la Sinfonia no. 2 in Re maggiore
Op.43 per orchestra, vennero completate nel 1899 e nel 1902.
Nel 1904 la famiglia Sibelius si trasferì a Villa Ainola, la casa che costruirono a Järvenpää, località a pochi
chilometri da Helsinki. Questo trasferimento nella tranquilla campagna, si rivelò utile al lavoro del compositore
che completerà tra il 1904 e il 1905, il Concerto per violino e orchestra in Re minore, Op.47. Dopo questo
comincerà un graduale allontamento dallo stile romantico nazionale i cui inizi si notano già nella Sinfonia no. 3
in Do maggiore, Op.52 per orchestra del 1907.
Nell'estate del 1908 Sibelius viene operato per l'asportazione di un tumore alla gola e questo avvenimento
decreterà un cambio nell'espressione musicale delle sue opere che diventano più introverse.
Questo cambio è già evidente nel Voces intimae, Op.56, per quartetto d'archi e culmina nella Sinfonia no. 4 in
La minore op.63 per orchestra.
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Nel 1914 Sibelius si reca in America per dirigere la prima esecuzione di Aallottaret (Le Oceanidi), un poema
sinfonico per orchestra e durante questa visita riceverà il dottorato onorario all'università di Yale. Lo scoppio
della seconda guerra mondiale costrinse Sibelius ad interrompere i concerti all'estero.
In questi anni verrà composta la Sinfonia no. 5 in Mi bemolle maggiore op.82 per orchestra e sarà rivista nel
1916 e poi nel 19.
Il suo 50° compleanno fu occasione per una grande festa nazionale e durante il concerto condusse egli stesso
la prima versione della
Sinfonia no. 5.
Il 6 dicembre del 1917 la Finlandia dichiara l'Indipendenza e un anno dopo scoppia la guerra civile. Sibelius
trova rifugio ad Helsinki. Dopo la guerra i contatti internazionali riprendono e Sibelius ha nuovamente la
possibilità di tornare a viaggiare. Tra il 1923 e il 1924 vengono completate la Sinfonia no. 6 in Re minore
op.104 per orchestra e la Sinfonia no. 7 in Do maggiore op.105 per orchestra.
L'aumento del numero di piccole composizioni è dato soprattutto dai problemi finanziari che sembrano non
avere mai fine.
Nel 1926 Sibelius smette la carriera di conduttore e in questo periodo le sue ultime opere maggiori vedono la
luce: le musiche per La Tempesta di Shakespeare e il poema sinfonico per orchestra Tapiola, che come nel
caso del Kullervo, prende spunto dal poema nazionale Kalevala.
Sempre verso la fine degli anni 30 cominciò a scrivere le basi della Sinfonia n. 8, senza che questa vedesse
mai la luce.
Morirà nel 1957 nella sua amata Ainola, dove visse gli ultimi anni della sua vita, e qui vi verrà sepolto.
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IL MITO DI ORFEO ED EURIDICE
Le leggende su Orfeo raccontano di origini diverse, alcune vogliono Orfeo figlio di Eagro, re della Tracia, e
della musa Calliope, altri raccontano che Orfeo era figlio del dio Apollo e della Musa Clio.
Le leggende concordano sul fatto che fu Apollo a donargli la lira e che furono le Muse ad insegnargli ad usarla.
Orfeo divenne un abilissimo un musico ed un
geniale poeta: la sua musica e i suoi versi erano
così dolci e affascinanti che l'acqua dei torrenti
rallentava la sua corsa, le bestie feroci accorrevano
mansuete ai suoi piedi e persino le pietre gli si
avvicinavano per ascoltarlo.
Orfeo, come altri eroi greci, partecipò alla spedizioni
degli Argonauti e quando la nave Argo giunse in
prossimità dell'isola delle Sirene, coprì con il suono
della sua lira, la dolcezza tentatrice del loro canto,
di modo che gli Argonauti non cedettero alle loro
insidie.
Orfeo si era innamorato ed aveva sposato la ninfa
dei boschi Euridice, la quale un giorno sfuggendo
ad un innamorato sgradito, Aristeo, era stata morsa
da un serpente nascosto tra l'erba alta ed era morta
all'istante.
Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a
concepire la propria vita senza la sua sposa decise
di scendere nell'Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti.
Con la sua musica riuscì ad azzittire Caronte: l'orribile cane con tre teste, non abbaiò e lo traghettò sull'altra
sponda del fiume Stige, le Erinni, terribili dee infernali, si misero a piangere ed i tormenti dei dannati
cessarono. Una volta giunto alla presenza del dio Ade e sua moglie Persefone, Orfeo iniziò a cantare la sua
disperazione e la sua solitudine e nel canto mise tanta abilità e tanto dolore che gli stessi signori degli inferi si
commossero e per la prima volta nell'oltretomba si conobbe la pietà come narra Ovidio nella Metamorfosi . Gli
dei degli Inferi concessero ad Orfeo di ricondurre Euridice nel regno dei vivi, ma ad una condizione: durante il
viaggio verso la luce ed il mondo dei vivi, Euridice avrebbe dovuto seguire Orfeo lungo la strada buia degli
inferi e lui non avrebbe mai dovuto voltarsi a guardarla.
Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il lungo cammino verso la luce e dietro a loro, il dio Hermes
che doveva controllare che tutto si svolgesse secondo il volere di Ade.
Durante il viaggio, un sospetto cominciò a farsi strada nella mente di Orfeo, pensando di condurre per mano
un'ombra e non Euridice.
Dimenticando così la promessa fatta, si voltò a guardarla, ma nello stesso istante in cui i suoi occhi si
posarono sul suo volto, vide Euridice venire risucchiata indietro e morire ancora. Euridice svanì ed Orfeo
assistette impotente alla sua morte, per la seconda volta.
Invano Orfeo per sette giorni cercò di convincere Caronte a condurlo nuovamente alla presenza del signore
degli inferi ma questi per tutta risposta lo ricacciò alla luce della vita.
Da allora Orfeo suonò con la sua lira solo melodie malinconiche, in onore della sua sposa che non era riuscito
a strappare ad Ade, rifugiato sul monte Rodope, in Tracia, trascorrendo il tempo in solitudine e nella
disperazione. Quando il dio Dioniso giunse in Tracia, Orfeo non lo onorò e iniziava invece i suoi fedeli ad altri
misteri e condannava i sacrifici umani che invece rientravano nel culto di Dioniso.
Il dio, adirato, ordinò alle sue fedeli Menadi di vendicarlo. Così le Menadi fecero a pezzi Orfeo e gettarono nel
fiume Ebro la sua testa che galleggiò, cantando fino al mare. Sulla morte di Oreste le leggende si moltiplicano
ancora, una racconta che molte donne tentarono di catturare il suo cuore e tra queste alcune Baccanti.
Queste ultime, irate dalla sua indifferenza e istigate da Dioniso, decisero di ucciderlo durante un'orgia
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bacchica.
Al momento stabilito, le Baccanti, si scagliarono contro Orfeo con furia selvaggia, lo fecero a pezzi e sparsero
le sue membra per la campagna, gettando la testa nell' Ebro.
Per alcuni la testa e le labbra di Orfeo giunsero fino a Lesbo, che divenne la terra della poesia lirica per
eccellenza (nativa di Lesbo era Saffo). Secondo un’altra tradizione la testa di Orfeo giunse fino alla foce del
fiume Melete, presso Smirne, dove in seguito nacque Omero.
Pietre, selve ed animali piansero la morte del cantore e tutte le Ninfe indossarono una veste nera in segno di
lutto; le Muse piangenti raccolsero le membra di Orfeo e le seppellirono ai piedi del monte Olimpo, là dove
ancor oggi il canto degli usignoli è più dolce che in qualunque parte del mondo. Gli dei per vendicare la morte
del prediletto Orfeo, colpirono la Tracia con una terribile pestilenza.
L'oracolo, consultato dalla popolazione su come porre fine a tanti lutti, rispose che, per farli cessare, era
necessario trovare la testa di Orfeo e rendere al musico gli onori funebri.
Ritrovato, il capo di Orfeo fu deposta nella grotta di Antissa, sacra a Dioniso, ma da quel momento la testa
iniziò a profetizzare e profetizzò giorno e notte finché Apollo, contrariato dal fatto che i suoi oracoli di Delfi,
Grinio e Claro non erano più consultati, entrò nella grotta e gridò alla testa di Orfeo di smettere di interferire
con il suo culto e da quel giorno la testa di Orfeo tacque per sempre. Apollo, dopo aver fatto tacere la voce
di Orfeo, perchè non si dimenticasse di lui, decise di porre l'immagine del musico nel cielo che divenne la
costellazione della Lira.
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L’ANGOLO DEI GIOCHI
Orizzontali
1. Esuberante clarinettista della nostra
banda - 6. Torino - 7. F (dinamica) - 8.
Non si potrebbero mandare durante le
prove - 10. Lo suona un Vaia - 12. La
dolce metà (nonchè futuro tubista) di
Sonia - 13. La compone chi scappa - 16.
Lo è Francesco Proietti Verticali
2. Dice di non avere i capelli perchè sono
fuori moda - 3. Lo è talvolta il maestro 4. La guida Franco Bozzetta - 5. Tipico
richiamo romano - 6. Metà tam-tam - 8.
Con i ** e con i ma la storia non si fa - 9.
Domenica tedesca - 11. Sì sempre lui,
quello dei capelli; ma con una differenza 12. Stupendo vulcano siciliano - 14. La
seconda e la quinta di Eulero - 15.
Giovanni Allevi - 16. Iniziali del nostro
presidente (no, non Silvio) -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Orizzontali
1. Lo deve essere un percussionista - 6.
Vaia Loris - 7. Tra i nostri bombardini è il
SAGGIO - 9. Politico e dittatore portoghese
al potere dal 1932 al 1968 - 11. Quotidiano
sportivo spagnolo - 12. Lo è l'influenza 13. Corno in Inghilterra - 14. Il bene
tedesco - 17. Figura mitologica greca,
straziata dalla perdita dell'amata Euridice Verticali
2. Ogni strumento ha la sua. La più ampia
è quella del pianoforte - 3. Città francese,
sede del Parlamento Europeo e del
Consiglio d'Europa - 4. Con il flauto riesce
bene - 5. La Fiat Punto del maestro - 8.
Bionda sassofonista della nostra banda 10. Strumento simile al flauto, e realizzato
solitamente in legno - 11. Aldo Vaia - 15.
Umidità Relativa - 16. Task Force -
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Humor
Guida dei suonatori per tenere in riga i direttori
Se ci fosse un manuale di training per il professore d'orchestra, dovrebbe includere non solo i modi per
studiare la musica, ma anche i modi per far arrabbiare qualcuno. Un po' come se molti giovani suonatori
fossero orgogliosi di esasperare il direttore. Le seguenti regole sono da intendersi come una guida allo
sviluppo delle abitudini che faranno imbestialire il direttore. (Variazioni e ulteriori metodi dipendono
dall'immaginazione e dal talento del suonatore) di Donn Laurence Mills
1 - Non essere mai soddisfatti mentre si intona. La puntigliosità riguardo all'intonazione distoglie l'attenzione
dal podio e la porta su di te, dove dovrebbe essere.
2 - Quando sposti un leggio, assicurati che la parte superiore si rovesci, facendo cadere a terra tutta la
musica.
3 - Lamentati della temperatura della sala, dell'illuminazione, del poco spazio a disposizione per suonare, o
della corrente d'aria. È meglio fare queste cose quando il direttore è sotto pressione.
4 - Guarda dalla parte opposta al direttore prima di attaccare.
5 - Non avere mai la sordina giusta, un set di corde di ricambio o delle ance in più. I percussionisti non devono
mai avere tutto l'equipaggiamento.
6 - Chiedete di sostenere nuovamente il concorso, o chiedete di cambiare ruolo. Date l'impressione che state
per licenziarvi. Fate sapere al direttore che siete lì come favore personale.
7 - Pizzicate le corde, come per intonare, ogni volta che è possibile, specialmente quando il direttore sta
dando delle istruzioni. Per gli ottoni: lasciate cadere le sordine. I percussionisti hanno una grande varietà di
oggetti da lasciar cadere, ma i tamburelli sono indubbiamente la cosa migliore, perché rotolano per diversi
secondi.
8 - Soffiate rumorosamente l'acqua dalle chiavi durante le pause (Corni, oboi, fagotti e clarinetti sono allenati a
quest'attività fin dalla nascita).
9 - Dopo aver suonato un lungo passaggio, chiedete al direttore se il vostro DO diesis era intonato. Questo è
particolarmente efficace se non avete un DO diesis o se non avete suonato per niente. (Se il direttore vi
becca, pretendete di cambiare una nota nella vostra parte.)
10 - Nei momenti più drammatici della musica (quando il direttore è emozionato) occupatevi di scrivere
qualcosa nella vostra parte, in modo che il suono diventi vuoto e spiacevole.
11 - Aspettate che la prova sia abbondantemente iniziata per dire al direttore che non avete la parte.
12 - Guardate spesso il vostro orologio. Occasionalmente, scuotetelo con incredulità.
13 - Dite al direttore: "Non trovo dov'è il battere." I direttori sono sempre sensibili riguardo la loro tecnica della
bacchetta, quindi sfidatelo spesso.
14 - Chiedete al direttore se ha mai sentito la registrazione di Bernstein di quel brano. Insinuate che potrebbe
imparare una o due cose dalla registrazione. Va anche bene domandare: "È la prima volta che dirige questo
pezzo?"
15 - Quando provate un passaggio difficile, fate delle smorfie con la faccia e scuotete la testa, indicando che
non potrete mai suonarlo. Non dite nulla: lasciatelo nel dubbio.
16 - Se la vostra articolazione è diversa dagli altri che suonano la stessa frase, fregatevene, facendo finta di
niente. Non chiedete al direttore qual è l'articolazione corretta fino a quando non vi trovate nel retropalco,
appena prima del concerto.
17 - Trovate una scusa per lasciare la prova circa 15 minuti in anticipo, in modo che gli altri si agitino ed inizino
a chiudere gli strumenti.
18 - Sorridete debolmente durante gli applausi, oppure non mostrate alcuna espressione. Meglio ancora,
mettete via lo strumento con indifferenza. Fate sentire al direttore che vi sta distogliendo da qualcosa di
veramente importante.
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Battute scomode per serate brille
Bambino: "Mamma, voglio crescere e diventare un musicista di Rock-and-Roll."
Mamma: "Ascolta
figlio mio, devi
scegliere. Non puoi
fare tutte e due le
cose!"
L'Opera è quando
qualcuno
viene
accoltellato
alla
schiena e invece di
sanguinare, canta!
Che differenza c'è
fra un trombone
basso e una
motosega?
1. Il vibrato,
nonostante sia
possibile
minimizzare questa
differenza tenendo
ben ferma la
motosega.
2. È più facile
improvvisare con la motosega.
Tre liutai avevano fatto il loro lavoro per anni nello stesso isolato della piccola città di Cremona. Dopo anni di
coesistenza pacifica, la bottega di Amati decise di mettere un cartello in vetrina che diceva: "Facciamo i
migliori violini d'Italia." La bottega di Guarneri seguì subito l'esempio e mise un cartello nella vetrina che
diceva: "Facciamo i migliori violini del mondo." Alla fine, la famiglia Stradivari mise un cartello alla porta del
negozio che diceva: "Facciamo i migliori violini dell'isolato."
“Corni, immaginate di aver fatto una bruttissima colazione e che vi stia tornando su"
(vera indicazione di un direttore d’orchestra)
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