Parrocchia San Francesco d'Assisi - San Giorgio Lucano
Per i 50 anni di sacerdozio di don Rocco Natale
16 agosto 2015
Caro don Rocco,
sei arrivato al traguardo dei 50 anni. Le nozze d’oro, per una coppia, giustamente festeggiate perché
aver conservato intatto ed alimentato giorno per giorno il giuramento di fedeltà ed il patto di
donazione reciproca non è, ai giorni nostri, cosa così scontata. Un traguardo di tutto rispetto anche
per chi, come te, ha stretto lo speciale patto di donazione e di fedeltà a Cristo ed alla sua Chiesa che
caratterizza il sacerdozio e l’ha onorato per mezzo secolo.
Mi è stato proposto di rivolgerti il saluto e di esternarti la gioia, le felicitazioni e gli auguri di tutta
la comunità parrocchiale in questa lieta e significativa occasione, resa ancora più solenne dalla
presenza dell’Arcivescovo ora nostro amministratore apostolico mons. Nolè e dell’arcivescovo
emerito mons. Cuccarese, presenze significative su versanti diversi nella tua vita, e di tanti
confratelli, in particolare don Cesare e padre Pasquale, la cui vocazione è maturata sotto la tua
guida. Ho risposto sì con gioia, ma non è facile rendere l'essenziale della tua testimonianza.
E allora per gli aspetti più biografici e le tante cose da te realizzate lascio al DVD curato da Rocco e
Concetta Perna e mi soffermo su cosa rappresenti per noi, sull’immagine che abbiamo e che ci
portiamo di te, che sei stato nostro parroco per oltre 30 anni. Che sacerdote, ma prima ancora che
uomo sei per noi?
Un uomo che ci tiene alla persona.
Il tuo insegnamento e, prima ancora, il tuo esempio sono improntati a un alto senso della persona,
che prevale sempre e comunque. Per te chi non è persona intera, completa, uomo o donna che sia,
non può essere un buon cristiano. In altre parole, una consegna di verità e amore che vogliamo
continuare a coltivare con l’ attenzione che merita.
Un uomo che prende molto sul serio il cammino della fede ed è convinto che con il Vangelo non
si scherza.
Hai curato e curi fino in fondo, con attenzione, con dedizione, con sofferenza in alcuni momenti,
con serietà e con amore sempre tutto l’insieme dei doveri, dei compiti, degli impegni quotidiani che
il tuo status comporta. Vale per un certo stile nella partecipazione alle celebrazioni eucaristiche,
nella preparazione e nell’amministrazione dei sacramenti, che ha creato un clima di raccoglimento,
di ordine, ma al tempo stesso di partecipazione e coinvolgimento del popolo di Dio.
Vale per l’aver sempre preso posizione con chiarezza. D’altra parte come don Milani hai sempre
ritenuto che un sacerdote non può non schierarsi. E’ suo dovere dire e dimostrare pubblicamente in
ogni circostanza che sta dalla parte del Vangelo. Certo bisogna capire qual è questa parte, bisogna
saper fare discernimento, sapere leggere i segni. Preghiera, studio e riflessione costanti ti
sostengono in questa ricerca mai finita.
Un uomo schietto e sincero
Chi ha collaborato e collabora direttamente con te sa quanto vale sapere che quanto gli viene detto
corrisponde sempre a quanto viene pensato, senza infingimenti e senza retropensieri. E’ certamente
un modo di fare alternativo, non da tutti apprezzato. Senza, però, la fede rischia di essere assimilata
alle pratiche liturgiche, separandola nettamente dalla quotidianità della vita. La cifra del tuo stile
pastorale è proprio il richiamo costante, accorato, duro quando occorre, serio in ogni caso e non di
circostanza, a coniugare fede e vita, credo e azioni, come ami dire a “storicizzare” la fede, il che
comporta per ciascuno riconoscere e accettare il proprio particolare deserto, da attraversare con
fatica e speranza per raggiungere la terra promessa. Non a caso il libro dell’Esodo ricorre spesso nel
tuo dire.
Certamente hanno influito le salde radici contadine della famiglia in cui sei cresciuto e la
formazione avvenuta nella primavera conciliare. Sta di fatto che il quadro di fondo della Evangelii
Gaudium e della Laudato si’ erano già nel tuo orizzonte quotidiano. E il nuovo umanesimo in Cristo
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che ci accompagna verso il Convegno ecclesiale di Firenze non è per te nuovo più di tanto e non ti
sorprende.
Un uomo di amicizia e lealtà, di ascolto e relazione.
Tante volte hai sottolineato che fiducia, fidarsi e affidarsi sono alla base della fede. Senza aver
vissuto questa esperienza umana è difficile fidarsi di Dio e abbandonarsi a lui.
Tanto lavoro fatto e che ancora stai facendo mira proprio a questo: creare rapporti di fiducia,
costruire contesti di collaborazione, far respirare un clima amicale nel senso più vero del termine.
Il tutto sostenuto da un vivo senso del laicato. L’animazione delle cose terrene ed il carisma del
tempo affidato ai laici sono motivi costanti della tua azione per rispondere alla lezione del Concilio
che vuole i laici "monaci delle cose" secondo una felice espressione sintetica e protagonisti nel
processo di evangelizzazione.
Significativo quanto avvenuto per la catechesi, che non hai affidato a caso, sulla sola disponibilità
delle persone. Hai attivato un percorso di formazione lungo e costante, che ti ha richiesto,
soprattutto nelle fasi iniziali, tempo, disponibilità e pazienza. Le catechiste più anziane, che ancora
oggi esercitano questo ministero, come Gina, Ritanna, Maria, Anna, io stessa, ricordano bene
l’intensa attività formativa che ha sostenuto la fiducia accordata ai laici in questo campo e te ne
sono grate.
Ti siamo debitrici di tante “lezioni” nel senso più alto del termine. Ci hai aiutate a crescere, a
maturare alcune sicurezze, a sviluppare una linea metodologica non fotocopia di quella scolastica, a
nutrire anche alcuni salutari dubbi sul nostro agire di singoli e di gruppo, a capire cosa significa e
quale responsabilità comporta essere nella Chiesa con un mandato particolare.
Personalmente vedo la testimonianza più diretta del tuo profondo senso del laicato nell’aver
accettato di essere Assistente ecclesiastico dell’Aimc. Non uso il passato perché, fortunatamente per
noi, continui ad esercitare questo servizio, richiamandoci costantemente all’esercizio competente
della professione come espressione più diretta della vocazione battesimale, aiutandoci
concretamente a tessere il rapporto fra azioni professionali e testimonianza, aprendoci alla
dimensione della Pasqua quotidiana, costruita e vissuta a partire dalla via di Emmaus.
Un uomo della comunità.
Hai sempre cercato di capire la tua comunità, di “decifrare” i vari contesti in cui ti sei trovato, di
comprendere le singole persone. Anche per questo molte delle parole che dici arrivano direttamente
al cuore e alla sensibilità di chi ti ascolta, permettendo di inverare il rapporto Parola/parole. Sai
trovare immagini, metafore, esempi che tutti capiscono e che si stagliano con evidenza immediata.
Ricordo il plastico “Se vai alla fontana con una bottiglia tappata, puoi starci anche una giornata ma
non attingerai una goccia d’acqua”. Ricordo l’immagine della carovana, proposta in un Convegno
AIMC. E’ piaciuta talmente che il Centro nazionale l’ha fatta propria e utilizzata nell’opuscolo che
accompagnava alla lettura e alla comprensione del documento per il decennio dedicato
all’educazione.
Ti anima un profondo senso della comunità, che viene dalla visione ecclesiale del Concilio. Da te
abbiamo imparato che la comunità non è un dato di partenza ma una costruzione continua, che non
è istituzione ma evoluzione, che la santità è per tutti, laici, religiosi e sacerdoti, un incessante
cammino “verso”, non una realtà già compiuta. Scegliere di donarsi interamente a Cristo non
significa smettere di essere uomo, di dover impegnarsi ogni giorno per diventarlo sempre più
pienamente, vincendo difetti e imperfezioni, anche con l’aiuto della comunità in cui si vive.
Tante testimonianze di condivisione hai reso quotidianamente in questi anni:
- la trama di rapporti con gli altri sacerdoti della zona pastorale e della diocesi, un chiaro esempio di
scambi, aiuto vicendevole, sostituzioni reciproche. Alla base c’è una idea di generosità, che è
soprattutto donare il tempo, l’attenzione, qualcosa di sé; anche in un dono materiale guardare al
simbolo del dono più che al valore venale. Una generosità praticata che è diventata esempio nella
zona pastorale. Ma c’è anche lo stile della non invadenza. Mai presenza ingombrante, hai dato e dai
un esempio significativo di convivenza collaborativa e senza contrapposizioni. E’ stato così con le
suore; è così con i confratelli, nel rispetto di tutti e dell’autonomia di ciascuno.
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-Il costante esercizio della vera sussidiarietà, che non agisce al posto dell’altro, ma opera per
rendere l’altro autonomo e responsabile. La tua famosa affermazione rivolta in un’occasione
pastorale alla comunità sangiorgese: “farò tutto con voi, ma niente senza di voi” non è stata e non è
desiderio di lavarsene le mani e scaricare responsabilità; è, invece, rifiuto di perpetuare una
situazione di delega che mantiene gli altri sempre in posizione di sudditanza, di “infantilità”,
condizione comoda ma bloccante E’ voler aiutare a diventare adulti, discorso duro e difficile dove
sono ancora presenti assistenzialismo e dipendenza. Farlo è esercizio di autentica carità, è svolgere
le funzione di liberazione che Cristo ha assegnato a chi crede in Lui, venuto per rendere liberi.
- L’attenzione alle povertà anche culturali e spirituali della comunità, creando e moltiplicando
occasioni di crescita.
Hai potuto farlo perché hai esercitato un’opzione di fondo. Dopo la facoltà di teologia a Napoli e
l’ordinazione sacerdotale avresti potuto fare scelte diverse dall’operare a San Giorgio e in diocesi.
Nel tempo ti si è presentata più di un’occasione per intraprendere vie più prestigiose non solo
nell’insegnamento. Hai scelto di stare in mezzo al tuo popolo come segno, (prendo dalla tua
prefazione al volumetto di documentazione dei lavori di restauro della Chiesa Madre) “per essere …
protagonisti della propria storia e dell’ambiente in cui si è chiamati a vivere quali continuatori, nel
tempo e nello spazio, dell’opera di Dio Creatore …, di Cristo Salvatore”.
Hai operato nell’ottica dell’essere profeta: far passare il popolo dal lamento al grido, portare a Dio il
grido del popolo e al popolo la voce di Dio. E hai accettato coscientemente il rischio che tutti i
profeti, anche quelli attuali, corrono, perché ti è parso l’unico modo per incidere nella vita
quotidiana, nella prassi.
Un uomo del perchè.
Il perché motivazionale è per te la cifra che segna la differenza e che pone l’esigenza di dichiarare e
documentare anche le intenzioni. In una parola, l’etica delle intenzioni viene prima di quella delle
azioni e ne rende ragione.
Vale per tante cose, come l’attenzione per la casa di Dio in senso fisico, per gli edifici della chiesa.
Il prodigarti senza risparmio per lavori di riparazione, restauro, abbellimento della vecchia Chiesa
madre, del Santuario, della cappella della Madonna delle Grazie non è stato per passare alla storia o
per vanagloria, ma perché la chiesa fisica è metafora della costruzione della Chiesa come popolo di
Dio.
Così per il recupero costante delle tradizioni locali, folcloristiche, della vita rurale, in particolare la
festa del Ringraziamento, con i suoi simboli umili e altissimi della terra, dell’acqua, del pane, nata
come giornata di uno speciale rendimento di grazie di tutto il Paese per i frutti della terra. Perché?
Per fare memoria, consegnare alla memoria “affinchè gli interrogativi del futuro sul nostro presente
abbiano, il più possibile, chiare ed esaurienti risposte”.
Ti sei mosso in tutti i campi nella convinzione che giustizia e trasparenza devono essere rispettate
due volte da chi si dice cristiano: una perché cittadino come tutti gli altri, un’altra perché credente in
Cristo. In questo settore, specie nei risvolti economici, ti sei formato un’autentica competenza e
l’hai messa con generosità a disposizione di tutti.
Anche l'organizzazione di tanti momenti dedicati ai bambini e ragazzi, dai festival ai momenti
giocosi, alle giornate di riflessione, al canto, non sono stati solo intrattenimento e neppure solo
espressione di gioia, ma hanno avuto al fondo la convinzione che imparare ad “essere bravi”, a fare
qualche sacrificio per uno scopo (le prove per uno spettacolo, le ore spese per preparare il coro ) è
altamente educativo e sviluppa il dominio di sé. Perché scoprire i propri talenti e metterli a frutto
soffoca sul nascere l’invidia per gli altri, rende capaci di conoscersi e accettarsi e quindi di accettare
gli altri nelle loro eccellenze e nei loro difetti, fa uscire dall’inerzia.
L’importante è farlo insieme, nell’ottica della gratuità.
La nostra immagine di te.
Ci sarebbe ancora tanto da dire e ricordare, ma vorrei uscire dai particolari per un’ultima
considerazione più generale
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Pane, grano, spighe ricorrono costantemente nel tuo dire e nel tuo fare. Quello che, al fondo, volevi
fare dei tuoi parrocchiani e concittadini è renderci come spighe di grano: chicchi tutti diversi, ma
tutti uniti fra di noi in Cristo, pane vero.
La spiga matura con il suo tempo, senza forzature e deve essere pronta per essere tagliata e poi
macinata per diventare pane. Certamente anche la grande attenzione e l’impegno personale per far
rivivere il Gioco della falce e la Passione del Grano hanno questa motivazione profonda.
Ricordo una canzone inserita in uno dei primi festival dei ragazzi che hai organizzato, tanti anni fa:
“Disse un giorno il chicco di grano non mi voglio far macinare…” e così invece di diventare pane
per la mensa, quella spiga diventò paglia e finì miseramente in una stalla.
E’ rimasto come insegnamento.
Pensandoci bene, anche la carovana è a suo modo una forma particolare di spiga: solo restando uniti
e aiutandosi a vicenda si può affrontare il deserto e superarlo.
Anche la cassa rurale, alla cui nascita tanto hai contribuito, doveva unire i chicchi nella spiga e le
spighe nel campo di grano: tanti piccoli coltivatori e artigiani, insieme, per far decollare l’economia
del paese.
La spiga è l’immagine che meglio rappresenta quello che sei per noi
In questo giorno speciale abbiamo voluto offrirtene una che non appassirà. Ogni volta che la
guarderai, forse troverai una nuova spinta per continuare sulla strada che hai scelto.
Da parte nostra, se ci sarà dato, saremo ancora con te per festeggiare le nozze di diamante del tuo
sacerdozio.
Auguri, don Rocco!
A nome dell'intera comunità parrocchiale
Anna Maria Bianchi
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