Cresce il nervosismo tra i berluscones per le elezioni.
Se le cose non vanno, è già pronto il responsabile: Fini
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VERITÀ
Dopo 153 giorni
PER
nessun colpevole
STEFANO
di un ragazzo
CUCCHI
dello Stato
ancora
per la morte
nelle mani
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Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Venerdì 26 marzo 2010 – Anno 2 – n° 97
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
LA NOTTE DELLA RAI LIBERATA
Da Bologna
Santoro si appella
a Napolitano
“Abbiamo il diritto e il dovere di farci
ascoltare”. Il ricordo della prima radio
libera di Danilo Dolci. Critiche
all’Agcom Truzzi, Telese e Chierici pag. 2,3 e 4 z
PEDOFILIA,
BUFERA
SUL
PAPA
L’accusa: Ratzinger “coprì” un sacerdote americano responsabile
di violenze su 200 bambini. Il Vaticano apra gli archivi
di Marco Politi
dc
adesso il Vaticano apra
gli archivi. C’è una sola risposta che Papa Ratzinger può dare ora che il
bubbone dell’insabbiamento
degli abusi raggiunge il centro
del governo della Chiesa: fare
piena trasparenza sulle migliaia
di casi approdati al Sant’Uffizio.
Perché di insabbiamenti ce ne
sono stati. Basta il caso Maciel,
fondatore dei Legionari di Cristo, colpevole di abusi e invano
denunciato negli anni Novanta
mentre il suo dossier si smarriva in Vaticano. Quando si afferma che Benedetto XVI ha segnato una svolta, condannando Maciel a ritirarsi da ogni ruolo pubblico, si sottolinea evidentemente che prima di lui i
Vertici ecclesiastici avevano
coperto il caso. Il dossier Murphy è ancora più agghiacciante: duecento bambini abusati
in istituti per sordomuti. Un vescovo chiede consiglio alla
E
Congregazione
per la Dottrina
della fede, guidata dal cardinale
Ratzinger, si sta
per iniziare un
processo canonico, alla fine il prete malato viene graziato, lasciandogli la tonaca
sacerdotale. Alle vittime la Chiesa
non ha reso giustizia.
Benedetto XVI si trova a un bivio.
La sua Lettera ai vescovi irlandesi
ha tracciato una linea di condotta
rigorosa: ricerca della verità, piena trasparenza, ascolto e cura delle vittime, punizione dei colpevoli e loro deferimento ai Tribunali
dello Stato. Con tre sottolineature. Benedetto XVI ha biasimato
che le pene previste non siano
state applicate. Ha denunciato i
silenzi dovuti alla “preoccupazio-
ne fuori luogo per il buon nome
della Chiesa”. Ha riconosciuto la
responsabilità della Chiesa, esprimendo “in suo nome” vergogna e
rimorso.
Ora Papa Ratzinger può scegliere
di ignorare il passato, seguendo i
consigli di quanti intonano il coro
della “persecuzione della Chiesa”. Oppure può decidere di andare sino in fondo nella politica di
trasparenza. E allora ci sono tremila casi di abusi approdati al
Sant’Uffizio nell’ultimo decennio: si dica quanti sono i religiosi
innocenti, quanti i colpevoli, se
sono stati denunciati, se sono stati trasferiti e hanno commesso altri crimini. Ma si dica tutta la verità. Perché i silenzi non pagano e
la voce delle vittime non grida solo a Dio, ma anche all’opinione
pubblica che ascolta.
PER SILVIO x Deputate e ballerine
Un’altra festa
a Palazzo Grazioli
Una sostenitrice abbraccia Silvio
CATTIVERIE
Tecce pag. 5 z
Obama si dà tante arie per
questa riforma, ma voglio vedere
cosa dirà quando qua tra due
anni sconfiggeremo il cancro
(www.spinosa.it)
CALDEROLI E LA TRUFFA DI CARTA
di Furio
Colombo
24 marzo, data da ricororamai con quelle daIte ldare
fasciste del salto del fuoco
dei federali del duce e
dell’oro alla Patria, Roberto
Calderoli ministro della Semplificazione ha realizzato davanti a tutti, un complicatissimo rito di dimensioni colossali. Ha bruciato in pubblico, in una caserma dei Vigili del Fuoco 375 mila “leggi
inutili”. Ha realizzato un falso, una truffa mediatica e –
quasi certamente – un danno
grave alla Repubblica. Il falso
consiste nella cifra, tipica di
una dittatura: inventata, esagerata, non verificabile, se
non altro perché manca una
definizione univoca e corretta di ciò che è stato distrutto.
La truffa mediatica è nel far
credere e scrivere ai giornali
che semplificazione (oggetto dell’inesistente attività ministeriale di Calderoli) equivalga a cancellazione. Non è
vero, un ministro può proporre leggi o cancellazioni di
leggi, ma non può farlo. Farlo
tocca al Parlamento. Il danno
è grave e ovvio. Tutte le leggi
italiane fanno riferimento ad
altre leggi. Al momento – e
senza che siano intervenuti
cambiamenti in Parlamento
– tali incroci sono obbligatori. Nelle mie poche proposte
di legge da deputato e da senatore ho sempre evitato il
riferimento ad altri testi. Gli
uffici legislativi di Camera e
Senato li hanno sempre reintrodotti ogni volta che la materia nuova richiamava qualcosa di esistente. Calderoli
ha cancellato senza potere e
senza sapere perché gli interessava lo spettacolo. O si
tratta di una pagliacciata e
speriamo che ne tengano
conto gli elettori. O si tratta
di avere stracciato a caso ciò
che gli capitava fra le leggi
italiane, inventando le ragioni e il numero. E allora gli
chiederà conto il presidente
della Repubblica.
Peggio il ricattato
di Marco Travaglio
ell’inchiesta di Milano sulla fuga di notizie della
famigerata telefonata Fassino-Consorte, c’è tutta
la tragicommedia della politica italiana. Il leader
del centrosinistra, nel luglio 2005, confabula al
telefono con un chiacchierato assicuratore, tifando
smodatamente per una scalata bancaria illegale a cui
dovrebbe essere non solo estraneo, ma contrario (invece
alterna il “noi” e il “voi”, confondendo i Ds e l’Unipol, e
non fa una piega quando Consorte gl’illustra i trucchi
adottati per controllare la maggioranza di Bnl senza
lanciare l’Opa obbligatoria per legge). Il leader del
centrodestra, mentre tuona ogni due per tre contro le
intercettazioni, riceve in casa sua per Natale il nastro con
quella di Fassino e Consorte, ne coglie al volo la portata
ricattatoria e sputtanatoria in vista della campagna
elettorale e promette a chi gliel’ha donato “l’eterna
gratitudine della mia famiglia”. Una settimana dopo Il
Giornale della sua famiglia riceve la bobina in pacco
anonimo e la sbatte in prima pagina col titolo “Abbiamo
una banca?”. Fassino, che alla notizia di sue chiamate
intercettate aveva detto di non aver nulla da temere e di
pubblicarle pure, appena ne viene pubblicata una strilla
al complotto: dimostrando così che aveva molto da
temere, almeno sul piano politico-mediatico-morale, e
che col suo tifo da stadio si era reso ricattabile e aveva
messo in pericolo la sua coalizione. Anche senza
prevedere che Consorte fosse ascoltato, nell’estate 2005
era arcinoto che il patron di Unipol si muoveva in festoso
concerto con personaggini del calibro di Fiorani,
Ricucci, Gnutti e Coppola, i furbetti del quartierino legati
a filo doppio a Berlusconi. Senza contare che Consorte si
avvaleva dei servigi del commercialista Zulli, socio di
Tremonti. Insomma la destra sapeva benissimo ciò che
faceva la sinistra. E se la sinistra non sapeva ciò che
faceva la destra, peggio per lei: bastava leggere i giornali,
che avevano ampiamente avvertito questi fresconi della
compagnia con cui andavano a braccetto. L’uscita
dell’intercettazione Fassino-Consorte sul Giornale a tre
mesi dalle elezioni politiche costò all’Unione centinaia di
migliaia di voti: a dicembre 2005 il Professore era avanti
di 10 punti nei sondaggi sul Cavaliere; la notte del voto, il
vantaggio si era assottigliato a uno zero virgola, anche
grazie alle gesta telefoniche di Fassino e D’Alema. Ora si
scopre che le bobine furono consegnate in anteprima al
Cavaliere quand’erano ancora talmente segrete che la
Procura non le aveva fatte neppure trascrivere. E finirono
subito sul Giornale di Belpietro. Il quale fece benissimo a
violare il segreto e a pubblicarle: i giornali sono lì
apposta. Il fatto curioso è che oggi Libero di Belpietro
denunci con articoli-spia Antonio Massari, reo di aver
raccontato sul Fatto le intercettazioni segrete di Trani, e
ne invochi l’arresto. Che differenza c’è fra lo scoop del
Fatto su Berlusconi e quello del Giornale su Fassino?
Nessuna, a parte che Il Fatto pubblica tutte le notizie che
trova, sulla destra e sulla sinistra. Libero (si fa per dire)
solo sulla sinistra. E a parte l’uso che di quegli scoop
fanno i politici. Sul caso Ds-Unipol il Banana fece tutta la
campagna elettorale del 2006, ben sapendo che gli
scandali della sinistra danneggiano la sinistra, infatti
recuperò 10 punti. Sul caso Agcom-Annozero la sinistra
tace o balbetta, convinta che gli scandali di Berlusconi
favoriscano Berlusconi. E sulla fuga di notizie del caso
Unipol sia Bersani sia Fassino commentano: “Berlusconi
non ama le intercettazioni legali, ma quelle illegali”.
Solenne sciocchezza: erano legali anche quelle del caso
Unipol. Fassino evoca la Telekom Serbia, che c’entra
come i cavoli a merenda: lì non c’erano intercettazioni,
ma calunnie del truffatore Marini; nel caso Unipol
c’erano le parole intercettate di Fassino, D’Alema e
Latorre, che hanno irresponsabilmente esposto al
discredito il centrosinistra, eppure sono ancora lì in
prima fila, senza mai aver chiesto scusa. In un paese
governato da ricattatori, chi si rende ricattabile è
complice.
N
pagina 2
Alemanno dice sì:
maxischermo
a Piazza Navona
P
REGIME
roiezione su maxischermo della
serata del Paladozza ieri a Roma.
L’ok è arrivato direttamente
dall’amministrazione Alemanno. Il comune di
Roma ha autorizzato l’istallazione “in
ottemperanza a quanto stabilito nel Protocollo
per l’utilizzo delle Piazze del Centro Storico”
per la “messa in onda della trasmissione di
Michele Santoro, Raiperunanotte, con la prevista
partecipazione di 50-100 persone”. E ancora:
“L’installazione è stata autorizzata solo per il
tempo strettamente necessario e gli
organizzatori dovranno rispettare le prescrizioni
indicate dal Protocollo stesso”. La richiesta era
stata presentata dall’Associazione “Cinque12
NBD - No Berlusconi Day”.
I TELERIBELLI
Santoro in onda da Bologna buca la censura di Berlusconi
Appello a Napolitano: abbiamo il diritto e il dovere di farci sentire
di Silvia Truzzi
da Bologna
l bavaglio è diventato un megafono. E Sofia al massimo il
nome di una signorina, non
più Capitale di un editto forse
abrogato per sempre. Chi la fa
l’aspetti e la rivincita va in scena
in un Palazzetto dello sport. Di solito gli spalti si riempiono per le
partite di basket, una cosa fuori
moda con le regole e un arbitro
che fischia i falli senza badare al
colore della maglia. Il Paladozza
stasera accoglie tutti gli squalificati di un gioco senza regole né
arbitri: ecco Raiperunanotte,
(e)versione di Annozero dopo il
cartellino rosso dell’Authority.
Michele Santoro l’aveva spiegato:
“Stiamo dentro un filo spinato,
I
ma proviamo a tagliarlo”. Dal buco della impar-condicio unilaterale, violata a piacimento dal premier (e se se n’è accorta perfino
l’Agcom) sono passate migliaia –
forse milioni – di cittadini, davanti a computer, televisioni, maxischermi. Resistere si può e chi intendeva spegnere voci “stonate”
ha ottenuto esattamente il risultato opposto. Quelli che “rompono sempre i coglioni”, continuano a farlo: la rispettosa dichiarazione viene rilasciata a Luca Bertazzoni, inviato di Santoro, da un
militante del Pdl durante l’affollata manifestazione di piazza San
Giovanni.
Le altre affettuose parole sono
poco riferibili: le più tenere si augurano la morte di Di Pietro, Travaglio, Santoro. Come si dice:
TG1, IMPAR-CONDICIO di Carlo Tecce
Basta finte, il Capo
pure nella sigla
L
e parole di Berlusconi - in astratto, che
siano contro le toghe rosse o i giornalisti o i comunisti - sono l’appuntamento quotidiano del Tg1. In più salse, in più edizioni.
Non importa se sia a Bari oppure al Parlamento
europeo, che l’intervista sia ripresa dal Tg4 o
da Studio Aperto, che sia il primo o l’ennesimo
messaggio ai Promotori della libertà: Augusto
Minzolini apre il giornale con Berlusconi. E poi
il resto. Se c’è una lunga dichiarazione di Bersani, in un raro e alto impeto di pluralismo,
il servizio successivo fa a pezzi il Pd. Come
si scrive nelle carte bollate dell’ufficio anagrafe: visto che il Tg1 - ieri sera alle 20 nemmeno un sospiro su “Raiperunanotte”, da
notare - ha una sigla, visto che la prima notizia del Tg1 è sempre Berlusconi, perché
Minzolini non fonde la voce del premier
con la sigla?
quanti crimini sono stati commessi in nome dell’amore? Ammorbati – dal mal d’amore al cancro – è la campagna elettorale delle malattie. Il segretario nazionale
della Federazione nazionale della
stampa Siddi spiega al pubblico
che il “vero cancro è la manipolazione”. Ed è solo l’antipasto. Michele Santoro, nell’editoriale di
apertura della puntata, si rivolge
al presidente Napolitano per suggerirgli che dei tanti acciacchi
che affliggono la nostra malridotta democrazia il peggiore è il conflitto d’interessi. Poco prima erano andati in onda due spezzoni registrati: un Mussolini affacciato al
balcone e un preoccupantemente simile Silvio Berlusconi in piazza San Giovanni. “Presidente”,
inizia Santoro, “noi non siamo
Raiperunanotte
si toglie
il bavaglio
“Nixon per una
telefonata
dovette
dimettersi”
dentro il fascismo. Ma certe assonanze sono davvero preoccupanti. E ricorda proprio oggi ricorre
l’anniversario della chiusura della
Radio Libera di Partinico – l’emittente di Danilo Dolci – silenziata il
25 marzo del 1970. La prima radio
libera che dalla Sicilia mandava
un sos “perché qui si marcisce di
chiacchiere e di ingiustizia. Sos
perché la nostra Costituzione dice che tutti hanno diritto di esprimere la loro opinione. Così diceva Danilo Dolci, presidente. E co-
sa vuol dire tutti? Tutti escluso
noi? Vorrei ricordarle, con grande
umiltà, che il presidente Nixon
per una telefonata dovette dimettersi”. Poi Santoro cita ancora il
sociologo siciliano: “E’ un delitto
di enorme gravità quando si registra un’interferenza diretta della
politica sulla libertà d’informazione”. E aggiunge: “Questa è una
violenza fatta alla Costituzione”.
Però attenzione, perché come
spiega Gad Lerner: “La censura
crea sempre il suo antidoto”.
Il telefono no – “Chiudere i pollai pagati con i soldi pubblici”. Era
l’ordine di Berlusconi a Innocenzi dell’Agcom. Invece le galline
sono scappate e dimostrano che
libere nell’aia fanno più casino
che chiuse nel recinto. Così le intercettazioni, eterno cruccio di
un premier che non riesce nemmeno se legato a star lontano dalla cornetta, vanno in onda: Mills,
Cosentino, Trani, un po’ per tutti i
gusti. Santoro le ripropone per dimostrare che tutti i paletti messi
ad Annozero non erano un caso.
“Non si parla di processi in tv. I
processi si fanno in tribunale”
(quando si riesce). E infatti, guarda la coincidenza, le docu-fiction
vengono ritirate dal commercio.
Pochi minuti prima dell’inizio, il
segretario della Fnsi Paolo Natale
parla al pubblico del Paladozza
strapieno. E racconta che ai signori di “questa vergognosa Rai” il vizio di telefonare non passa: in
queste ore continuano a telefonare per sapere che cosa andrà in
onda. Come se dovesse interessare alla Rai un programma che va in
onda praticamente dappertutto
fuorché sulla Rai. Anche se in Fede, le intercettazioni mica sono il
Vangelo. “Berlusconi non vuol far
chiudere nessuno”, spiega dallo
schermo il direttore del Tg4 intervistato da Stefano Maria Bianchi,
così in solluchero che quasi quasi
gli dispiace di non essere presente.
Testimonial – in effetti chi c’è c’è,
chi non c’è si nota. Lo dice Elio in
una pausa delle prove, che si aggira aggrottando le sopracciglione. “Molti miei colleghi avrebbero potuto venire, invece hanno
scelto di non correre nessun rischio”. Lui, con Storie tese, ha deciso cantare “Italia amore mio”
del trio degli orrori, liberamente
interpretata. Ma anche senza
cambiare il testo va bene lo stesso: “Io non avevo fatto niente e
non potevo ritornare”. Da Emanuele Filiberto a Santoro, il paradosso degli esilii. E poi ci sono
Giovanni Floris, Norma Rangeri,
Vauro, Roberto Pozzan, Giulia Innocenzi, Marco Travaglio applauditissimo. E ancora i volti di RaiTre Milena Gabanelli, Riccardo Iacona. La sigla è live: per l’occasio-
ne suonata al piano dall’autore, il
maestro Nicola Piovani. Sandro
Ruotolo ha registrato uno sketch
con Roberto Benigni. Si esibiscono Teresa De Sio, Antonio Cornacchione, il trio Medusa. Gillo
Dorfles parla e lo ascoltano moltissimi giornalisti venuti perché
tutto questo è voluto anche da
Fnsi e Usigrai. C’è Morgan, simbolo (vabbè) della censura tossica,
c’è Antonello Venditti che chiude
la festa con Sara: tu va’ dritta non ti
devi vergognare. Non c’è Enzo
Biagi, però c’è Loris Mazzetti, suo
storico collaboratore, dirigente
Rai, icona della par condicio a due
velocità. Nella Rai di Masi e Minzolini, lui è stato sospeso per dieci
giorni a causa degli articoli apparsi sul Fatto. Siede dietro un filo spinato (ma ha un sacco di buchi).
“Teleweb-sogno”, la mossa di Michele per superare le gabbie
PER LA PRIMA VOLTA SI SONO COALIZZATE NUMEROSE SIGLE A GARANZIA DEL DIRITTO DI ESPRESSIONE: UN ESPERIMENTO RIVOLUZIONARIO
di Luca Telese
hiamatelo, se volete, un grande
Cco. Perché,
“esperimento” tele-democratiovviamente, se non ci saranno colpi di coda drammatici e
imprevedibili, e disposizioni disperate dal bunker, giovedì “Annozero”
potrà ri-cominciare. “Noi non abbiamo paura di nulla”, ripete più
scaramantico che spavaldo Michele Santoro. Eppure, la manifestazione di ieri, costituisce in ogni caso un
precedente, una sorta di numero
zero possibile, la sperimentazione
di una inedita public company televisiva, Teleweb-sogno, se volete
darle un nome che renda l’idea, sulle tracce del grande esperimento
mancato all’alba degli anni Novanta. All’epoca, infatti – quando quel
progetto fallì – c’erano già tutti gli
ingredienti di oggi tranne uno: la potenza micidiale rifrattiva e amplifi-
cativa della Rete e del Web.
La prima conseguenza di questo
fattore è evidente: “Questa volta
non hanno potuto spegnerci”, ripete da giorni Michele Santoro, mentre “Libero” invita la Rai a non rassegnarsi e a fare causa contro di lui
per “violazione dell’esclusiva”. A difendere il conduttore, dal punto di
vista legale, c’è un’arma molto forte: il patrocinio della Federazione
della stampa, primo promotore
dell’evento. Ma, a parte queste incognite, sta di fatto che, per la prima volta, intorno a “Raiperunanotte” e all’evento del Paladozza, si è
costituita una inedita “sindacation”: testate Web, un quotidiano
come il Fatto, editori di libri come
Feltrinelli, televisioni indipendenti
come Current – la tv di inchiesta di
Al Gore – la Federazione della stampa, Fastweb che hanno tutti contribuito con un gettone di oltre 10 mila
euro. La Cgil, poi, ha fornito uomini e
mezzi per la logistica. E poi il fattore
decisivo: quella miriade di piccoli
versamenti, non “donazioni”, ma
una sorta di azionariato popolare.
Insomma, 60.000 euro sono arrivati da privati cittadini attraverso la
Rete per la prima volta in Italia sul
Una puntata
costa 230 mila
euro, l’evento
emiliano
apre
una nuova
strada
modello delle grandi campagne
americane, come quella di Obama.
Una tassa di scopo? Una sorta di
canone democratico? Sta di fatto
che il bilancio di 120 mila euro che
copre tutte le spese della puntata è
stato coperto con questi due gettiti e
per la metà con i contributi privati:
editori contributori da un lato, cittadini sottoscrittori dall’altro. Certo,
Michele Santoro è cauto: “Ci sono
oltre cento persone che hanno lavorato gratis, questo non si può dimenticare”. Però è anche vero che
prima di ieri – con l’eccezione de Il
Fatto nella carta stampata – non
era mai accaduto che si creassero
forme di partecipazione al finanziamento e per importi così importanti. Dopotutto, ogni puntata di Annozero (versione Rai) costa 230 mila
euro, una cifra non impossibile da
coprire, con un’organizzazione
adeguata.
Altrettanto interessante, poi, è il circuito che in parte in modo pianificato, in parte spontaneamente si è
creato intorno alla puntata anti-bavaglio. L’evento del Paladozza è trasmesso dal Web, ovviamente, con
connessioni molto curate. Ma anche il digitale terrestre, grazie a Repubblica Tv. Ma anche il satellite
grazie a Current, SkyNews24, RaiNews24 e Youdem tv. E allora la domanda che si pone, e ci si porrà, da
domani è: “Se è accaduto una volta,
si potrebbe ripetere anche in futuro,
per aggirare o scalfire la potenza di
un monopolio televisivo?”. Lino Paganelli, l’editore di Youdem tv (ma
anche il responsabile nazionale delle feste del Pd) è riuscito a mettere
su, con pochi mezzi, il controfestival
di Sanremo e ora riflette: “Se si
creasse di nuovo una situazione di
emergenza, un gruppo di giornalisti
di rango ha la forza di catalizzare
l’attenzione e la massa critica che
serve ad attrarre risorse e audience”. Insomma, si è creata una rete
potenziale. Da un lato bisogna auspicare che non serva più, che rimanga come un paracadute da
aprire solo in caso di emergenza.
Dall’altro ci si può porre una domanda. Ma se gli appassionati del
calcio possono pagare un canone di
70 euro l’anno per le partite della
loro squadra del cuore, gli appassionati della democrazia non potrebbero “finanziare” programmi di informazione alternativi e non censurabili? E questo strano trust che si è
creato quasi per caso, di televisioni
che sono contemporaneamente distributrici e finanziatrici, potrebbe
trovare forme di coordinamento più
stabili. Forse non ce ne sarà bisogno
mai. Ma nel paese del Caimano, anche la deterrenza è un’arma importante, forse decisiva.
Venerdì 26 marzo 2010
Anche i partigiani
incollati alla diretta
nel circolo Arci
V
REGIME
isione collettiva con maxischermo
assieme ai partigiani dell’Anpi e ai
corrispondenti della stampa estera: a
Roma la trasmissione di Santoro Raiperunanotte
è stata l’occasione per discutere insieme
dell’articolo 21 e della libertà d’informazione.
Massimo Rendina, presidente dell’Anpi di Roma
e Lazio, Michael Braun, corrispondente della
Tageszeitung, Eric Jozsef di Libération, Miguel
Mora di El Paìs, nella sede dell’Arci, hanno
partecipato a una lunga no stop iniziata alle 18
fino alla fine del programma. Sul palco ha
condotto Gianluca Cicinelli, presidente
dell’agenzia di comunicazione democratica
Ciuoti con Radio Popolare Roma e Arci.
Giancarlo Castelli
Daniele
Luttazzi
Milena
Gabanelli
Giovanni
Floris
“
“
“
Prendere in
giro i mascalzoni
con la satira è
cosa nobile,
significa onorare
gli onesti
Nel nostro
Paese la
critica non è
considerata un
valore ma un
fastidio
”
Questa
è una risposta
di solidarietà
tra colleghi
contro
un’ingiustizia
”
”
Lo stalking di B.
e i camerieri dell’Agcom
LE MANGANELLATE CONTRO I PROGRAMMI NEMICI
E IL VIZIETTO DI CHIAMARE GLI ARBITRI
di Marco
Flash dal Paladozza
Il pubblico, i protagonisti
e i dettagli
di “Raiperunanotte”
SGAMBETTI a Rainews24
Ma scatta la differita
il quarto giovedì consecutivo Annozero manchePdelerràconsiglio
l'appuntamento su RaiDue, per la sospensione
di amministrazione, ma Michele Santoro
ritorna sulla scena con Raiperunanotte, la manifestazione di Bologna. RaiNews24 aveva comunicato di
voler trasmettere in diretta la ‘manifestazione sindacale’, organizzata da Usigrai e Fnsi. Ma per una tribuna elettorale, il direttore Corradino Mineo è stato
costretto a lanciare l’evento con un collegamento
dalle 20 e riproporre le immagine in differita di
un’ora. Il rientro di Michele Santoro sul servizio pubblico, anche se per vie collaterali, ha infastidito la
direzione generale che ha incaricato il vice Antonio
Marano di dissuadere Mineo. Ieri mattina, Marano ha
inviato una lettera a RaiNews24: “Ti confermo che
l’atto della commissione di Vigilanza del 2003 non
consente la trasmissione in diretta della manifestazione… Ti confermo, peraltro, che sempre secondo il
citato indirizzo, la testata da te diretta dovrà occuparsi dell'evento mediante trattamento giornalistico
anche con brevi finestre informative nel rispetto di
pluralismo e contraddittorio”. Significa che, per rispettare il pluralismo e il contraddittorio, Mineo doveva invitare in studio qualcuno che criticava Santoro. E il medesimo trattamento doveva riservarlo a
Berlusconi per il comizio di piazza San Giovanni e a
Bersani o Di Pietro in piazza del Popolo. Proprio
mentre Marano cercava di frenare Mineo, il Tg3 comunicava che Raiperunanotte era disponibile in diretta
sul proprio sito internet.
Le toppe censorie si scoprono troppo deboli - con
decine tra televisione private, satellitari, digitale terrestre e radio e blog - Annozero riaccende l’informazione spenta dal direttore generale Masi. In attesa che
rientri l’embargo per la campagna elettorale.
Travaglio
l 12 marzo il Fatto rivela
che la Procura di Trani,
indagando su una truffa
di carte di credito a tassi
usurari, ha intercettato Minzolini e Innocenzi che parlano con Berlusconi. Il direttore del Tg1 concorda col
premier come neutralizzare
le rivelazioni di Spatuzza. Innocenzi è un ex dirigente Fininvest, ex sottosegretario,
ora membro dell’Agcom,
l’autorità che dovrebbe essere indipendente per garantire libertà e pluralismo nelle
comunicazioni. Berlusconi
gli dice di “chiudere tutto”,
specie Annozero, ma non ama
neanche Ballarò e non vuol
più vedere Di Pietro in tv né
Scalfari e Mauro dalla Dandini. Lo incalza, lo cazzia: roba da stalking. Innocenzi è
disperato: “Berlusconi mi fa
uno shampoo dopo l’altro e
mi manda a fare in culo tre
volte al giorno”. La sua missione è portare l’Agcom a dare alla Rai il pretesto giuridico per oscurare Santoro o
impedirgli di parlare dei processi a Berlusconi.
Innocenzi mobilita altri commissari. Preme sul presidente Calabrò perché diffidi la
Rai minacciando per Santoro
multe del 3% sul fatturato
(90 milioni!). Concerta strategie col dg Masi, col giudice
Ferri del Csm, coi forzisti in
Vigilanza, col consigliere Rai
Gorla (anche lui ex Fininvest). Minaccia di denunciare
Calabrò, che si muove “solo
quando deve farsi i cazzi
suoi”, mentre col premier è
tiepido; o magari di far “chiu-
I
L’inchiesta
sulle pressioni
tv: bugie,
minacce,
insulti e reati
minuto
per minuto
dere questa cazzo di Agcom”
da Tremonti. Dice a Letta di
chiamare Calabrò. Istruisce
Cosentino e Dell’Utri perché
presentino esposti contro
Santoro. Prega Berlusconi di
commissionare un altro
esposto ai carabinieri. Inventa ostacoli ad Annozero: tipo
vietare di fare docufiction o
di parlare di processi.
Che l’Agcom sia un tribunale
dei partiti l’abbiamo sempre
detto. Ma i nastri di Trani dimostrano che è anche peggio: commissari “indipendenti” trattati come camerieri dal premier che ha giurato
fedeltà alla Costituzione. Le
“Authority” hanno un garante supremo: il capo dello Stato, che però non dice nulla.
Anche il Pd balbetta. Politica, tg e giornali al seguito minimizzano e depistano uno
scandalo più grave del Watergate. Il problema diventano le intercettazioni, i giudici che le fanno, i giornali che
le raccontano. Non il loro
contenuto. Si guarda il dito
per nascondere la luna.
Dicono: non c’è il reato.
Ma Minzolini, appena il pm
gli dice che il suo verbale è
segretato, spiattella il suo interrogatorio a Bonaiuti. Innocenzi, al pm che domanda
se ha mai subìto pressioni su
Annozero, risponde: mai. Ma
le intercettazioni dicono il
contrario: indagato per false
dichiarazioni e favoreggiamento. Berlusconi è accusato di concussione per aver
tentato di costringere l’Agcom a fare una cosa illegale.
Quando la notizia scivola in
fondo alle prime pagine dei
giornali, interviene il geniale
Ghedini: “Berlusconi non è
indagato, sfido i pm a smentirmi”.
I pm l’accontentano subito:
sì, Berlusconi è indagato, e
pure per minacce a una pubblica Autorità per turbarne
l’attività. Un reato che pare
scritto da una toga rossa dopo aver letto le telefonate di
Berlusconi. Invece l’ha scritto nel 1930 Alfredo Rocco,
un fascista. È il Codice Rocco, non rosso.
Dicono: ma Trani è incompetente, infatti Berlusconi
sta a Roma. Ma i presunti reati di Minzo e Innocenzi sono
avvenuti a Trani. Quanto a
Berlusconi, nei casi urgenti il
pm ha il dovere di raccogliere le prove del reato in corso,
poi a bocce ferme le manderà alla procura competente. Se un pm indaga su un
pastore che ruba pecore a
Trani e intanto scopre che
quello vuole pure uccidere
la moglie a Bari, non stacca il
registratore; se no, mentre le
carte sono in viaggio per Bari, la moglie se ne va al Creatore.
Dicono che Masi e Calabrò
hanno resistito alle pressioni: ma non è così. I due sanno bene che è illegale bloccare preventivamente un
programma e giocano allo
scaricabarile per chi deve lasciare le impronte digitali.
Masi spera che Santoro “faccia la pipì fuori dal vaso” per
punirlo dopo e sollecita
esposti contro la propria
azienda. Come se Moratti
chiamasse l’arbitro perché
s’inventi un fallo ed espella il
centravanti dell’Inter, il tutto
su richiesta del padrone del
Milan.
Dicono: è normale che il direttore del Tg1 parli con il
premier: ma dipende da cosa
si dicono.
Dicono: è normale che Berlusconi parli con l’Agcom.
Ma stiamo scherzando? È come Fiorani che parla con Fazio, come Moggi che parla
col designatore arbitrale.
Berlusconi non dovrebbe
manco avere il numero di telefono dell’Agcom: perché è
il capo del governo e perché
è il padrone di Mediaset. Fa-
“Il premier non
è indagato”:
infatti lo è
“Trani è
incompetente”:
infatti Silvio
è a Roma
cesse un esposto, se ha qualcosa da denunciare. Non una
telefonata.
Dicono: è ovvio che l’Agcom risponda ai partiti che la
nominano. Ma la legge dice
che i commissari sono indipendenti. In caso di pressioni, devono disobbedire, o appellarsi al Quirinale, o dimettersi. Anche se rinunciare a
400 mila euro è dura.
Berlusconi dice: è una vergogna che il premier sia intercettato. Ma lui non è mai
stato intercettato in vita sua.
Anche stavolta, come quando fu beccato a parlare con
Dell’Utri, con Cuffaro, con
Saccà, con Fiorani, con Tarantini e le escort, gli intercettati sono gli altri.
Il guaio è che cosa dice e a
chi lo dice. Ogni anno i magistrati intercettano 20 mila
italiani su 60 milioni: possibile che Berlusconi non riesca mai a parlare con gli altri
59.980.000?
Berlusconi dice che lui le
stesse cose su Annozero le ha
sempre dette in pubblico. A
parte il fatto che non è vero
(nelle telefonate c’è ben di
più), ma anche se fosse? È
come se uno dicesse per anni “vorrei ammazzare mia
moglie” e poi, quando scoprono che ha assoldato il killer per farla fuori, dicesse al
giudice: “Dov’è il problema?
Io l’avevo detto!”. Un alibi di
ferro…
Dicono che non è successo
niente perché Annozero c’è
ancora: ma l’istruttoria su Annozero l’Agcom l’ha aperta; la
Rai ha vietato le docufiction
e ha chiuso i programmi per
un mese con la scusa delle
elezioni. Innocenzi lo sapeva
già il 4 dicembre: “Tra due
mesi sospendono le trasmissioni per le elezioni”. E poi i
minimizzatori non sanno
che la minaccia è reato anche se non va a buon fine.
Chi dice che non è successo
niente ricorda quel tale che
sparò alla moglie, poi andò
in tribunale a difendersi così:
“Vostro onore, sono innocente, l’ho colpita solo di
striscio”.
Naturalmente, fu condannato.
pagina 4
Venerdì 26 marzo 2010
Mills, il fantasma
non molla:
oggi nuova udienza
B
REGIME
erlusconi non riesce a liberarsi dal
processo per il falso testimone
Mills, riconosciuto corrotto e
prescritto dalla Cassazione. Con i suoi
avvocati-parlamentari si è inventato il processo
breve, ma approvato a metà. Per tamponare,
ha ottenuto il legittimo impedimento ad
premier. Sicuro che prima delle Regionali
potesse così congelare il processo. Invece oggi
ci sarà udienza senza quel provvedimento.
Napolitano, che ha tempo fino al 10 aprile, non
l'ha ancora firmato. La difesa intanto cerca di
scongiurare la sentenza. Ha chiesto di
ascoltare 73 testimoni, quasi tutti all'estero.
Fra loro non c'è Mills, l'avvocato che ha preso
600.000 dollari per aver mentito
“nell'interesse di Berlusconi” o, come ha
scritto lui stesso al suo fiscalista, per aver
evitato a “Mister B. un mare di guai”. Gli
avvocati puntano ad allungare i tempi perché la
prescrizione per Berlusconi è vicina:
febbraio-marzo 2011. Intanto hanno già
guadagnato un mese. L'ultima udienza è stata il
27 febbraio.
A. Masc.
ANTONIO TABUCCHI
“CI VORREBBE
L’ANTITERRORISMO”
L’oscuramento Rai? Roba da Libia, il premier
ha corroso lo Stato e agisce nell’illegalità
di Maurizio
Chierici
iegato sul suo computer di
Lisbona Antonio Tabucchi
segue Santoro, Travaglio,
Dario Fo, Floris, Luttazzi e
gli altri carbonari costretti a discutere di politica nel “rifugio” di
Bologna. Paradosso di una società immersa nella comunicazione
universale ma con la comunicazione tagliata proprio mentre gli
elettori hanno voglia di ascoltare
(per decidere il voto) tutte le voci che gli elettrodomestici Rai
ammutoliscono per non disturbare il manovratore.
Siamo ancora un paese normale?
Berlusconi agisce nell’illegalità
da molto tempo. Il problema non
è lui ma chi lo lascia agire nell’illegalità. Allorché anni fa scrisse il
così detto edito bulgaro con il
quale cacciava dalla Rai, come se
fosse sua proprietà, giornalisti
quali Biagi, Santoro, Luttazzi, sarebbe stata necessaria una denuncia alla magistratura nei suoi
confronti (il Codice penale per
un atto del genere prevede molteplici capi di accusa ) e il rifiuto
delle persone a contratto con la
Rai di abbandonare il proprio posto. Oltre alla magistratura che
non fu attivata, non si mosse il
capo dello Stato e la Procura della Repubblica cui spettava affrontare un atto sovversivo come
quello. Con il tempo, Berlusconi
è andato corrodendo non solo le
regole democratiche, ma lo Stato. Ciò che succede, con l’oscuramento della Rai, è immaginabile solo in un paese dell’Asia
P
centrale o in Libia o in Russia,
paesi dove Berlusconi ha buoni
amici e ai cui modelli tende. Uno
Stato democratico in Europa attiverebbe l’antiterrorismo e risolverebbe la questione. Se ciò
non avviene, in Italia avverrà inevitabilmente qualcos’altro. Come lo fu per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, le bombe alla Stazione di Bologna o il doppio Stato che è infiltrato nello Stato italiano.
Nel ventaglio del Cavaliere,
un giornale si arrabbia per la
presenza di Dario Fo alla trasmissione di Santoro. Tanto
per far contento l’uomo della
provvidenza, lo definisce “rudere antiberlusconiano”.
Chissà cosa pensano gli altri
Nobel…
Al Dipartimento di Stato di Washington sono noti i nomi delle
persone dei Servizi segreti italiani e dei loro affiliati che facevano
da ‘consiglieri’ nel carcere iracheno di Abu Ghraib. Sarebbe
bene che la stampa italiana si
muovesse. Ciò che Berlusconi dice di Dario Fo – grande drammaturgo, premio Nobel che fa
onore al Paese – attraverso le voci al suo soldo meriterebbe altrove delle risposte di un ordine
che non appartiene alla parola di
un giornale. Il giorno in cui il
capo e le sue voci sentiranno che
certe dichiarazioni comportano
seri rischi, solo allora cambieranno musica.
Lei sta seguendo una trasmissione che preoccupa l’Europa
civile. Quanti intellettuali italiani immagina siano lì a guar-
dare? E di quali idee? Destra
non credo, sinistra può essere, ma la zona grigia di chi ha
un libro nel cassetto e non
vuol rischiare il no di Einaudi,
Mondadori ed editori collegati; di chi non sopporta il silenzio di tante tv e dei giornali
maison (Panorama, femminili, i
cugini di Libero), insomma, intellettuali che non se la sentono, per una curiosità considerata marginale, di esporre al
pericolo l’opera quasi in vetrina. Sono tanti o sono pochi?
Scelgono il voyeurismo nascosto e non confesseranno mai
il peccato, oppure…?
Non so quanti così detti intellettuali (o scrittori) italiani si siano
espressi su questa situazione. Io
ne ho sentiti pochi. Sento
spesso le voci di Andrea Camilleri, Roberto Saviano e
Lidia Ravera dei
quali ho altissima stima. Ma
forse lo sapete
meglio voi, personalmente gli
intellettuali del
mio paese li seguo poco.
Berlusconi visto
da Emanuele
Fucecchi
L’Agcom multa Tg1 e Tg5: troppo Pdl
E L’AUTHORITY APRE UN’ISTRUTTORIA SULLO STOP AI TALK SHOW
hiusi i programmi di apCmazione
profondimento, l'infordella Rai è diventata un'esclusiva dei telegiornali. E l'Autorità di garanzia
ha rilevato che, nel periodo
14-20 marzo ovvero durante
la par condicio, sia il Tg1 che
il Tg5 hanno dato troppo
spazio al Pdl e per questo
motivo sono state multate
(100 mila euro): “Il perdurare di un forte squilibrio informativo tra le forze politiche, in particolare tra Pdl e
Pd, e una marginale presenza delle nuove liste che si sono presentate alle elezioni,
in violazione del richiamo
già rivolto alle emittenti ad
attuare il riequilibrio dell’informazione nei notiziari”.
E nella stessa seduta, dopo
aver vagliato numerosi espo-
sti, l'Agcom ha aperto un'istruttoria sulla sospensione
dei talk show: “L'Autorità è
tenuta alla alla verifica
dell’effettivo adempimento
degli obblighi di servizio
pubblico radiotelevisivo alla
eventuale irrogazione delle
relative sanzioni”.
Per evitare uno squilibrio
tra la Rai e le private, l'Agcom aveva esteso il norma
sulla par condicio della Vigilanza a La7, Sky e Mediaset.
Ma il ricorso di Sky e La7,
accolto dal Tar del Lazio, aveva di fatto annullato la delibera. E a quel punto, l'Autorità aveva invitato la Rai a
fare altrettanto. Ma i commenti si concentrano sulla
doppia multa a Tg1 e Tg5. Il
consigliere Lauria, relatore
in Commissione servizi e
prodotti, spiega perché l'Autorità sia intervenuta: “ "Lo
squilibrio a danno del Pd e
delle altre liste, nonché anche delle nuove formazioni,
era troppo evidente. Anche
altre emittenti - sottolinea
Lauria - non hanno rispettato
i principi di obiettività, anche se in misura minore, tant'é vero che sono state fortemente richiamate e non
sanzionate". I consiglieri Rai
Giorgio Van Straten e Nino
Rizzo Nervo ha firmato una
nota comune: “Non avevamo torto a dire che il vero
rischio di sanzioni che correva la Rai non era legato ai
talk show, ma al modo in cui
Augusto Minzolini dirigeva il
Tg1, alla sua faziosità, al modo discriminatorio di utilizzare le risorse umane della
redazione, alla subalternità
agli interessi politici del Presidente del Consiglio”. Il
consigliere in quota Pdl, Antonio Verro, smentisce l'Agcom: “Ma quali dati? Vedrete
che il Tar annullerà la sanzione”. “Era l’ora - ha detto il
segretario del Pd, Bersani non solo per i tempi che vengono dati a questo o quell'altro ma anche per la costruzione di questi grandi telegiornali, per come vengono impostate le notizie. Si
vedono - conclude - elementi
che non sono propri di un
Paese moderno, occidentale, normale, dove l’informazione dovrebbe rendere
conto, cercando di non influenzare l’andamento delle
cose, soprattutto in una
campagna elettorale".
Antonio Tabucchi (FOTO OLYCOM)
Scalfaro: Italia in acque
basse, servono “no” fermi
di Caterina Perniconi
a Costituzione la difendono in pochi a giudicare dall’aula semivuota
Ldell’ex
dell’Università La Sapienza che accoglie la presentazione del libro
presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. “Quel tintinnar
di vendette, una giustizia difficile tra protagonismo dei magistrati e ritorsioni della politica” è una raccolta dei discorsi pronunciati da Scalfaro
- curati da Guido Dell’Aquila - nei sette anni trascorsi al Quirinale. L’ultimo, il 1999, è lontano undici anni. Ma per Scalfaro “i temi di allora sono
quelli di oggi, anche se adesso le condizioni sono molto più patologiche,
perché navighiamo in acque bassissime e maleodoranti”.
Scalfaro, senatore a vita di diritto, era presente quando la Costituzione è
stata scritta, e la definisce assolutamente “sacra, che non vuol dire intoccabile, ma che si può migliorare e non stravolgere”. Mai come adesso,
infatti, secondo Scalfaro, è “calpestato il principio sacro della legge uguale per tutti. Siamo in un momento in cui si chiede una norma per sé stessi
e si protesta se qualcuno non è d’accordo”. Ma il senatore non si ferma
e accusa, non proprio velatamente, anche chi il disaccordo non l’ha
manifestato: “Quando succedono queste cose, servono dei “no” fermi.
Un uomo politico che non sappia dire di no, va buttato via”.
Seduto accanto a lui, Gustavo Zagrebelsky, presidente della Corte Costituzionale, legato affettivamente a Scalfaro da molti anni: “Il ricordo più
importante che ho di lui - racconta Zagrebelsky - è del 3 novembre 1993,
quando il presidente della Repubblica irruppe con un comunicato ufficiale nella trasmissione dove ero ospite”. Era la prima volta che pronunciava il suo motto, il famoso “non ci sto”, ma anche un’altra frase che
suona quanto mai attuale: “Non c’è da temere di fronte alle pressioni
esterne - disse Scalfaro rivolto ai magistrati - l’unico che può temerle è chi
è ricattabile”.
Zagrebelsky ci ha tenuto a difendere l’operato della magistratura - “meglio un giudice che crede in qualcosa di uno che non crede in nulla e quindi
estremamente corruttibile” - e ha ricordato come durante il suo settennato Scalfaro non permise mai di rovesciare la Costituzione: “Nel ‘94,
dopo l’avviso di garanzia a Berlusconi, bisognava decidere se sciogliere le
Camere, come chiedeva il presidente del Consiglio, o nominare un nuovo
governo, come prevedeva la Costituzione. La posta in gioco era elevatissima, ma Scalfaro pensò che se c’era una Carta, andava rispettata. Ciò
che dovrebbero pensare tutti i costituzionalisti”.
Scalfaro è ancora convinto che il presidenzialismo sia un errore, e che il
ruolo del capo dello Stato sia importantissimo, come garante delle regole
e presidente del Consiglio superiore della magistratura.
Perché parlare dei magistrati “come fa il presidente del Consiglio, come un
plotone di esecuzione - dice Scalfaro - definirli talebani significa fare dichiarazioni di guerra. Con questo clima non si farà una vera riforma della
giustizia ma solo un’azione punitiva”.
Per Scalfaro, infatti, alcune cose
sbagliate ci sono: secondo lui è
importante regolare l’uscita dalla
magistratura per passare alla politica, l’uso delle intercettazioni,
“importantissime per le indagini
ma pericolose sui giornali” e tornare a dar valore ad un avviso di
garanzia senza strumentalizzarlo: “Dopo un avviso si dimisero
sette ministri nel mio settennato.
Oggi la prima cosa che dicono è :
ma io non mi dimetto. C’è molto
affetto per le sedie”.
Con me sul Colle
un avviso
di garanzia
faceva dimettere
i ministri,
ora molto affetto
per le sedie...
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 5
Da Noemi
alla D’Addario,
tutte le donne di B.
L
REGIME
o scandalo di Noemi Letizia è esploso
dopo che il presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi ha partecipato alla
festa per i diciotto anni della ragazza a Caserta.
La moglie del premier in quell’occasione
annunciò la sua decisione di chiedere il divorzio:
“La strada del mio matrimonio è segnata, non
posso stare con un uomo che frequenta le
minorenni”, dichiarò Veronica Lario. Si vociferò
anche che Noemi fosse la figlia del premier,
anche perché lei stessa ha raccontato di
chiamarlo “Papi”. Della vicenda restano ancora
evidenti contraddizioni tra la versione dei fatti
fornita da Berlusconi e quella spiegata dalla
famiglia della ragazza. Poi è stato il turno di
Patrizia D’Addario, la “escort più famosa del
mondo”, come lei stessa ama definirsi. La donna,
che ha passato una notte a Palazzo Grazioli
dopo essere stata messa in contatto col premier
da Gianpi Tarantini, ha raccontato di festini con
molte ragazze a cui il presidente Berlusconi
partecipa, di rapporti sessuali e di particolari
curiosi, come il fatto che tutte le donne
dovevano indossare abitini neri e corti.
Sabina Began
Elvira Savino
Maria Rosaria Rossi
Gabriella Giammanco
Annagrazia Calabria
Mariano Apicella
Nota come l’“ape regina” per la
sua capacità di organizzare serate
con belle ragazze a Berlusconi, la
Began, nata in Germania nel 1974,
è un’attrice. È apparsa nel film
“Crociera Vianello”, “Il mistero
del lago” e nel 2009 partecipa al
cast de “Il falco e la colomba”
Detta “la Topolona”, Elvira Savino,
classe 1977, è una parlamentare del
Pdl. Il suo nome è emerso nello
scandalo Tarantini, e nel 2009 risulta
indagata dalla Procura di Bari poiché
intestataria del conto corrente
bancario di un presunto riciclatore di
denaro sporco, Michele Labellarte
Nata a Piedimonte Matese l’8
marzo 1972, Maria Rosaria è una
ex consigliera del X Municipio di
Roma. È finita in lista al
ventunesimo posto nel collegio
Lazio 1 alla Camera diventando
parlamentare. Merito, raccontano,
del feeling con il Cavaliere
Gabriella, classe 1977, è una
politica italiana, deputato del
Popolo della libertà nella
circoscrizione Sicilia. Cresciuta
professionalmente nelle tv locali
palermitane conducendo una
trasmissione di costume, approda
poi alla redazione del TG4
Annagrazia è nata a Novi ligure il
6 maggio 1982. Già coordinatrice
regionale del movimento Azzurro
Donna, l’11 giugno 2008 è
divenuta la più giovane deputata
della XVI legislatura, subentrando
a Gianni Alemanno, eletto sindaco
di Roma. Fa parte del Pdl
Mariano Apicella, classe 1962,
anche se non è una bella ragazza
non si perde nessuna festa di
Berlusconi. Nel 2003 e nel 2006 ha
inciso dischi di musica napoletana
in cui canta le canzoni scritte dal
premier. Era presente anche nei
voli di Stato per la Sardegna
ONOREVOLI, RAGAZZE & SAMBA:
LA FESTA SEGRETA DI PALAZZO GRAZIOLI
Una ventina di ballerine ingaggiate per fare una sorpresa a Berlusconi
di Carlo
Tecce
na giornata iniziata
male: l’inchiesta di
Trani, le telefonate al
commissario Agcom,
le pressioni per chiudere Annozero. E una serata tra musiche e balli con le deputate
nel salone dei ricevimenti di
Palazzo Grazioli, protetto
con discrezione dalla scorta
e la porta sigillata a doppia
mandata. Per finire in bellezza, il nervoso venerdì 12
marzo, Sabina Began ha organizzato una festa a sorpresa per Silvio Berlusconi.
Serata a tema (il Brasile), una
ventina di ballerine scatenate con la samba e il can can,
le canzoni neomelodiche di
Mariano Apicella. E altre ragazze, ospiti abituali e pur
sempre speciali. Un gruppo
di deputate del Pdl: Annagrazia Calabria, Gabriella Giammanco, Mariarosaria Rossi,
Elvira Savino. Il presidente
del Consiglio aveva salutato i
U
collaboratori con un’intervista al Tg5 sulla campagna
elettorale, appuntamento
l’indomani all’aeroporto di
Ciampino – la mattina del falso allarme bomba – per il trasferimento a Milano. Le danze cominciano all’ora di cena e, tra un’esibizione al microfono e una chiacchiera
sul divano, fanno correre
l’orologio sino a notte inoltrata. Alle quattro del mattino. Unica accortezza, per
evitare registrazioni e scandali (Patrizia D’Addario insegna), la Began ha pregato le
ballerine, entrate dal retro
(non su via del Plebiscito), di
lasciare le borse all’ingresso.
L’attrice Began non smentisce. A precisa domanda –
sulla festa del 12 marzo –
“l’ape regina” risponde sorpresa: “A lei chi gliel’ha detto?”. E sulla presenza delle
deputate del Pdl – tra un sospiro e una lunga pausa –
scoppia a ridere. E ripete
con insistenza: “Capisco che
lei sta facendo il suo lavoro,
io faccio il mio, non posso
dirle nulla”. Contattata attraverso il suo portavoce, la Calabria preferisce non commentare. E la Savino nega:
“Ho altri problemi privati,
vado a Roma per le sedute.
Se potessi andare a Palazzo
Grazioli, ci andrei volentieri”.
Le quattro deputate del Pdl,
diverse per età e storie, hanno in comune l’investitura
diretta del capo. La Giammanco è un’ex giornalista
del Tg4 e – narrano i maligni
– rappresenta la quota Emilio Fede alla Camera. Durante il voto di fiducia a Montecitorio, il presidente del
Consiglio aveva scritto un bigliettino alla mora e alla
bionda, sedute composte tra
i banchi. La mora era Nunzia
De Girolamo, avvocato di
Benevento. La bionda era la
Giammanco: “Gabri, Nunzia, state molto bene insie-
me! Grazie per restare qui,
ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per
colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene!”.
E sul fondo: “Molti baci a
tutte e due!!! Il ‘Vostro’ presidente”. Le due prendono
carte e penna, e ricambiano:
“Caro... (dolce presidente?,
non si leggeva bene) gli inviti
galanti li accettiamo solo da
lei. E poi per noi è un piacere
essere...”.
L’“ape regina”
Sabina Began,
contattata dal
Fatto, non
smentisce:
“Io faccio il
mio lavoro”
Fini è già il capro espiatorio
IL CAPO È PRONTO AD AFFIBBIARGLI LA COLPA DI UN’EVENTUALE SCONFITTA ELETTORALE
di Paola Zanca
artedì prossimo, se dalle urM
ne dovessero arrivare brutte notizie, nel Pdl sanno già con
chi prendersela: Gianfranco Fini. L’ordine di scuderia è partito
ieri dalle pagine di Libero e Il Giornale: “Ogni giorno il numero
due del Pdl non fa che remare
contro il Cav. e spiazzare gli elettori. Non vuole aiutare il suo
partito? Pazienza. Però almeno
stia zitto e non lo faccia perdere”. Tutta colpa delle riforme, il
presidenzialismo su tutte. Il
premier vorrebbe deciderle nei
gazebo senza “contrapposizioni sistemiche, continuative e
sterili”. Il presidente della Camera chiede di finirla con la
“propaganda”. E basta questa
parola a scatenare le penne di
Feltri e Belpietro. Anche Fini af-
fida la replica ai suoi fedelissimi.
Il sito di FareFuturo tira fuori dal
cilindro un “et voilà: hanno
scelto il capro espiatorio di una
possibile sconfitta elettorale”. Il
Secolo invece ricorda al premier
che “le ossessioni fanno vedere
complotti e nemici ovunque”,
“a meno che anche Letta (che
aveva apprezzato le parole di Fini, ndr) non sia un congiurato
che cospira contro Berlusconi…”. Ma al di là dei botta e risposta a distanza, che lo scontro
sia lì lì dall’esplodere (dopo le
Regionali) si capisce dalla gioia
della Lega. Al nord, le ripetute
prese di posizione del presidente della Camera a favore degli
immigrati non sono piaciute
per niente. E molti sono pronti a
esprimere il malumore mettendo una croce sul Carroccio. “Fini, te lo chiedo con tutto il cuo-
re: questi ultimi giorni di campagna elettorale taci, morditi la
lingua e sta’ zitto; già troppi voti
hai regalato alla Lega”, scrive
Stefano da Empoli sul sito del
Pdl. Gli fa eco un anonimo:
“Sappiate che se ci sarà un travaso di voti verso la Lega, il merito sarà delle esternazioni di Fini: immigrati, voto, cittadinanza, islam a scuola...”. Senza nome pure l’autore di un altro post: “Mentre gli altri sgobbano,
Fini mette i bastoni nelle ruote.
Non è il nostro presidente della
Camera, è ormai uno sconosciuto che ha rinnegato il suo
passato”. Gerry si spinge a chiedere “una grazia al Cavaliere: alle prossime elezioni mandi a
quel paese Fini e i suoi gregari.
Non lo sopportiamo più con i
suoi distinguo”. Bossi non può
che gongolare: “Vinceremo in
Veneto e in Piemonte”. Ma il ministro La Russa prova a frenare i
suoi entusiasmi: “In quel film
che si chiamava proprio ‘Il sorpasso’ quelli che volevano sorpassare finivano in un burrone”. Insomma, non pare troppo
azzardata la profezia della presidente Pd Rosy Bindi: “La destra ci regalerà anni di litigi e divisioni”. Per ingannare l’attesa,
al governo, pensano al golf. Ieri
il ministro del Turismo Michela
Brambilla ha annunciato un disegno di legge per il rilancio del
gioco del golf in Italia. “Non credo serva ai cassintegrati” è la replica del leghista Garavaglia. E
Bersani, accusato di essere il segretario del “partito delle tasse”, ricorda che è con il Pdl che
le imposte hanno raggiunto “un
livello record”.
Intanto, la Procura di Roma sta
La Calabria è la più giovane
deputata della XVI legislatura, Berlusconi l’aveva scelta
per il discorso d’introduzione al congresso fondativo
del Pdl. La carriera dell’imprenditrice Rossi ha un sapore fiabesco. Siamo nel dicembre del 2008. Berlusconi fa visita a un gazebo della
libertà, per girare delle riprese con il Tg1, e resta colpito dal consigliere del X
municipio. E così la Rossi,
nel giro di due anni, passa
dal Quadraro a Montecitorio. Un salto in alto che ricorda l’ascesa della Savino,
collaboratrice di Formiche,
la rivista fondata da Paolo
Messa. Al debutto romano,
la deputata di Bari - sposata e
con Berlusconi testimone di
nozze - si fa notare per un
vertiginoso tacco dodici.
Che stuzzica la fantasia di
Roberto D'Agostino: ecco a
voi, la Topolona.
TURCO-SANTANCHÈ 10-0
Livia
sei tutti noi
L
inea Notte di mercoledì. Gli spettatori che si affacciano alla popolare
trasmissione del Tg3 assistono a una scena
eccitante e indimenticabile. Daniela Santanché addobbata come Daniela Santanchè
comincia a recitare l’insopportabile solfa
sui “valori della destra”. Livia Turco parte in
quarta e l’azzanna sull’orecchino di perle
gridandole: “Ma quali valori tu che non hai
mai lavorato in vita tua”. Daniela e il botox
s’irrigidiscono basiti. Livia mena eccome, la pressa, la mette alla corde. In casa
milioni di italiani fanno la ola. Il botox
tenta di sciogliersi in un tentativo di reazione. La Turco finisce il lavoro asfaltando l’avversaria. In studio Marco Pannella ammutolisce per la prima volta in
vita sua. Santanchè, ma de che.
indagando Berlusconi per concussione e minaccia a un corpo
politico, amministrativo o giudiziario per la vicenda Agcom-Annozero. Il Tar del Lazio,
invece, ha bocciato il ricorso di
Vittorio Sgarbi che chiedeva il
rinvio delle elezioni. Stasera il
premier chiuderà la campagna
elettorale di Renata Polverini: la
lista del Pdl sulle schede non ci
sarà, dunque è nel Lazio che
vanno concentrati gli ultimi
sforzi. Qui, a Berlusconi farà co-
modo anche l’Udc, nonostante
proprio ieri il premier abbia lanciato l’ennesimo appello a non
votare liste “che si alleano da
una parte e dall’altra”. La nota,
anziché da Bruxelles, dove Berlusconi si trovava per la seduta
del Consiglio europeo, è partita
da Roma. Palazzo Chigi si giustifica parlando di un “errore tecnico”. Sempre meglio che ammettere che al governo, più che
per il Paese, lavorano per la
campagna elettorale.
pagina 6
Venerdì 26 marzo 2010
REGIONALI
Caldoro in odore
di vittoria imbarca tutti
di Enrico Fierro
enza scuorno. Senza vergogna. La campagna elettorale
a Napoli e in Campania sta
andando avanti così, tra nomine e consulenze da fine regime, assunzioni promesse e voti
comprati a pacchetti, pazzesche
corse sul carro del vincitore. La
più clamorosa è quella di Angelo
Montemarano, considerato il padrone della sanità nella regione in
nome e per conto del suo “maestro” Ciriaco De Mita. Già assessore regionale al ricchissimo ramo, poche sera fa Montemarano
si è presentato ad una convention
del Pdl dove c’era lo stato maggiore del partito. Con Nicola Cosentino, il sottosegretario all’Economia per il quale è stato chiesto l’arresto per collusioni con i Casalesi,
Luigi Cesaro, il presidente della
Provincia di Napoli che chiamano
“Gigino 'a polpetta”, anche il fratello Antimo, titolare di un grande
centro diagnostico privato, più
notabili vari e aspiranti consiglieri
regionali. “Sono di sinistra, ma sono disposto a collaborare”, ha detto Montemarano stringendo forte
la mano di Nic Cosentino. In sala
anche il giovane figlio Emilio,
consigliere comunale a Napoli tra
i più votati nel Pd. Dicono che padre e figlio, annusata l’aria che tira
sotto il Vesuvio, stiano per passare a destra. E questo non piace a
molti nel Pdl. “Il simbolo del clientelismo e dello sfascio della sanità
in Campania non può impunemente balzare sul carro del vincitore”, ha tuonato l’europarlamentare Enzo Rivellini, ex An. Nessuno gli ha dato retta. Perché in
Campania, terra dell’eterna crisi
dei rifiuti, solo una cosa si ricicla:
il potere. Caldoro e il centrodestra assaporano la vittoria e i vari
Paolo Cirino Pomicino, Ciriaco
S
CAMPANIA
Voto di scambio per
le poltrone che contano
De Mita e Clemente Mastella posizionano i loro uomini pronti a ritornare nelle stanze degli assessorati che contano. Poltrone che
non hanno mai abbandonato, né
nell’era Bassolino, né prima. Mastella ha la moglie Sandra capolista dell’Udeur in appoggio a Caldoro e il cognato, Pasquale Giuditta candidato al consiglio regionale, De Mita sta battendo le lande
irpine come ai vecchi tempi per
piazzare i suoi fedelissimi. C’è chi
scappa dal sistema bassoliniano e
chi resiste. In questo scampolo di
potere, il governatore è impegnato a sostenere i suoi uomini, ma
anche a piazzare alcune pedine
importanti negli enti legati alla
Regione. Il suo portavoce è stato
nominato direttore generale del
“Forum delle culture”, un suo ex
assessore è candidato alla direzio-
Vincenzo De Luca (a
sinistra) e Stefano
Caldoro (a destra)
secondo Manolo Fucecchi
ne della Mostra d'Oltremare, il capo della sua segreteria occupa il
vertice del Consorzio trasporti
dell’Irpinia. Un triste finale di regime. Un tristissimo inizio del
nuovo se si gira per città e i quartieri. Domina il voto di scambio.
Le preferenze si comprano a pacchetti interi e c’è già un fascicolo
aperto dalla Digos. Rifondazione
comunista – Paolo Ferrero è candidato contro Caldoro e De Luca –
ha presentato un dossier in procura. A Scampia, Secondigliano,
oltre a De Filippo e Pagliuca, si
candida anche Magdi Cristiano
Allam, "Io amo la Lucania"; Florenzo Doimo, Partito comunista
dei lavoratori; e Marco Toscano,
con la lista "Sui generis". Un candidato presidente ogni 120mila
abitanti, una frenetica caccia all'ultimo voto per una terra che
scivola sempre più giù nelle classifiche nazionali. Tanti candidati, pochissime idee. Tantissime
promesse. Il ministro Claudio
Scajola è venuto quaggiù a promettere un bonus di 200 euro
l'anno per ogni cittadino lucano
in possesso di patente come forma di ricompensa per le estrazioni di petrolio nella Val D'Agri. Il
Texas italiano. Un inganno senza
precedenti. Emilio Colombo, padrone politico di queste terre dal
dopoguerra agli anni Novanta,
racconta che nel 1946, mentre
attraversava i tornanti della valle
a bordo di un asino, un contadi-
no gli fece vedere quella roba nera che usciva dalla terra. "Ne parlai subito con Enrico Mattei", ricorda ancora oggi il senatore. Ma
per le trivellazioni si dovette
aspettare fino al 1996. Oggi tra i
boschi della Val D'Agri si estrae il
10% del fabbisogno nazionale di
petrolio. Qui c'è il più grande
giacimento d'Europa. I numeri
sono impressionanti: la potenzialità è di 480 milioni di barili,
con i 42 pozzi attivi oggi se ne
estraggono 104mila al giorno,
un business da 30 miliardi di euro. Il risultato per la Basilicata è
deludente. "Ci guadagnano solo
le grandi compagnie", dicono
nella valle. Ed hanno ragione. Il
petrolio produce pochi posti di
lavoro, ma in compenso lascia
dietro di sé tanto inquinamento.
Il risultato è che i "basilischi"
continuano ad emigrare, come i
loro padri negli anni Cinquanta.
Per la Svimez sono almeno 7mila
ma anche ai Quartieri Spagnoli, il
servizio è all inclusive, va dalla distribuzione del materiale di propaganda dei candidati, all’attacchinaggio con relativo servizio di
controllo dei manifesti degli avversari, fino all’acquisto dei voti
“con garanzia”. Nel senso che
l’elettore è seguito passo passo fino al seggio, vota e deve fornire la
prova con foto della scheda. “A
Brusciano – si legge nel dossier –
nelle case del dopo-terremoto ai
vari capipalazzo sono stati promessi mille euro per 50 voti”. Carmine Malinconico, ex presidente
del Municipio di Scampia, ha raccontato alle cronache locali dei
giornali, le cene che si tengono
nel quartiere. “Mangiate improvvisate presso i gazebo dei candidati, con la gente che alla fine torna a casa con le buste piene di generi alimentari”. Come ai tempi di
Achille Lauro, 'o comandante,
che offriva pacchi di pasta e scarpe spaiate. Su Il Mattino di ieri, Daniela De Crescenzo racconta di
aver incontrato l’operaio di una
tipografia che per conto del ministero dell'Interno stampa le
schede elettorali. L’uomo gliene ha mostrata una. “Il problema è come farla arrivare al seggio, farla timbrare e firmare, ma
per questo non ci sono problemi, ci sono gli scrutatori”. Pericolo voto truccato, denuncia Rifondazione comunista. “Da informazioni che abbiamo
raccolto la tipografia a cui fa riferimento
l’articolo è ubicata nel comune di
Acerra in località Pantano e sarebbe di proprietà della famiglia di un
assessore del comune di Torre del
Greco, il cui sindaco, Ciro Borriello è candidato alle elezioni Regionali nelle liste del Pdl”.
Basilicata
Il Texas italiano,
regno del Pd
n Basilicata scoppia il “caso
Iil senatore
Ichino”. Qualche settimana fa
e noto giuslavorista è
inorridito nell'apprendere che
nella regione governata dal centrosinistra era partita la grande
corsa agli stage. Mille, per l'esattezza, da svolgersi in 250 enti locali, e rivolti a disoccupati di età
compresa trai 18 e i 39 anni che
potranno guadagnare 750 euro
al mese. Non poco in una realtà
dove il 27% delle famiglie vive
sotto la soglia di povertà. Al professore non è andata giù l'eccessiva durata dei tirocini, 12 mesi
tondi tondi, e ha presentato una
interrogazione al Senato. Perché
"vicende come queste - ha spiegato - mostrano una gravissima
deformazione assistenzialistica
delle politiche del lavoro e più in
generale della spesa pubblica".
Apriti cielo, Pd contro Pd, un autorevole esponente della sinistra
riformista contro i suoi amici e
compagni di partito impegnati
in una difficile campagna elettorale. La risposta di Antonio Autilio, Idv, l'assessore al lavoro
ideatore degli stage, è stata durissima. "Parlare di abuso assistenziale, violazione della disci-
plina e truffa con riferimento ai
tirocini formativi nella pubblica
amministrazione promossi dalla
Regione Basilicata, senza tra l’altro motivare e argomentare tali
affermazioni, ci sembra dannoso, inopportuno e inspiegabile
tenuto conto dell’autorevolezza
professionale del senatore Ichino". Il sospetto che dietro le belle parole si celi una tradizionalissima operazione clientelare, appare più che fondato.
La Basilicata è una roccaforte del
centrosinistra nel Sud. Con la
Campania data per persa e la Calabria in pericolosissimo bilico,
la regione che cinque anni fa si
consegnò al centrosinistra di Vito De Filippo col 67% dei voti, rischia di essere l'ultima trincea.
De Filippo, classe 1967, di professione "giornalista e studioso",
ma da una vita in politica, si ricandida sostenuto da tutto il centrosinistra, più l'Udc e la formazione di Rutelli. Suo competirore diretto è Nicola Pagliuca per il
centrodestra. Ma i 600 mila abitanti della seconda regione più
piccola d'Italia, hanno solo l'imbarazzo della scelta: i candidati a
governatore sono infatti cinque,
i lucani che nel 2009 si sono spostati per motivi di lavoro, con la
crisi del distretto del divano e
della Fiat di Melfi, la regione ha
subito un calo del 7,2% di posti di
lavoro nell'industria. Tra Potenza e Matera c'è il più alto tasso di
scolarizzazione superiore d'Italia, 96,5%, ma i laureati residenti
sono solo il 4%, la percentuale
più bassa dell'intero Paese. Scarsissima è la fiducia nell'istituzione regionale, soprattutto in campo sanitario, visto che un paziente su 5 decide di curarsi fuori regione. Per non parlare delle opere pubbliche: in Basilicata in media per progettarne una occorrono 1075 giorni, contro i 900 necessari in Italia e i 965 occorrenti
in media nel Sud. E allora meglio
una stage che duri a lungo e che
faccia guadagnare 700 euro al
mese a chi è disoccupato. E voti
per i candidati.
(E.F.)
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 7
REGIONALI
La ‘Ndrangheta e i voti della candidata Idv
Genova, cena elettorale della Damonte: a volantinare Garcea, pregiudicato e legato al clan Macrì
di Sandra Amurri
testimoniare la cena elettorale per la candidata
dell’Italia dei Valori-Lista
Di Pietro alle Regionali in
Liguria Cinzia Damonte, organizzata da Onofrio Garcea, legato alla famiglia della ‘Ndrangheta Macrì, 60 anni, originario di Vibo Valentia, già condannato per droga e sotto processo per traffico di stupefacenti con la Turchia, ci sono le
foto. Foto scattate dagli attivisti della Casa della Legalità di
Genova che informati da una
telefonata di uno degli invitati
hanno prenotato un tavolo alla
pizzeria "da Gerry" a Voltri. Pizzeria dove vi erano circa 60
persone, tra cui molti calabresi, ai quali Garcea presentava la
candidata dell'Idv nella coalizione di Claudio Burlando
(Pd). Distribuiva il fac-simile
della scheda elettorale con l'indicazione di voto per l'Idv e la
Damonte, mentre la candidata
ringraziava, stringendo mani e
consegnando i suoi santini
elettorali. La candidata Damonte da noi raggiunta al tele-
A
fono senza battere ciglio, ha risposto: ”Ho fatto molte cene,
incontro molte persone, stringo molte mani ma non chiedo il
loro certificato penale”. Non
crede che sia diverso da una cena organizzata per lei da uno legato a una famiglia di ‘Ndrangheta?: ”Deve parlare con il
mio comitato elettorale, con il
mio mandatario e se desidera
farmi ancora domande mi invii
una e-mail perché io non so chi
sia lei” risponde irritata e riattacca. Una candidata diffidente con i giornalisti ma non con
chi è in odore di mafia e che dice di non conoscere come tutti
finché non vengono scoperti
nonostante ricoprano ruoli
istituzionali. Il mandatario della Damonte, Enrico Zerbo si difende senza però voler dire chi
ha organizzato la cena: ”Il nome di quel signore non mi dice
nulla. No, non sono in grado né
di confermare né di smentire
che fosse presente. Sarà stato
uno dei tanti”. Ma Garcea, titolare con i figli di diverse attività
commerciali non era un invitato ma colui che aveva invitato i
presenti. E che sia uno legato
Si tratta di un
esponente
della
criminalità
organizzata
calabrese
in Liguria
Testimonianza
Un’immagine scattata durante la
cena elettorale di Cinzia Damonte
organizzata da Onofrio Garcea
a Genova
alla criminalità organizzata calabrese a Genova è un fatto noto. Più volte arrestato, già finito
nel rapporto della Guardia di
Finanza per il filone d’inchiesta
sul voto di scambio in cui, come scrivono gli attivisti de La
Casa della Legalità “venne accertato che i rapporti tra gli
esponenti della 'ndrangheta e
la politica vedevano come punto di contatto Salvatore Ottavio
Cosma divenuto nel frattempo
"responsabile regionale dipartimenti tematici dell'Italia dei
Valori" in Liguria: ”Le indagini
tecniche hanno consentito di
accertare che Cosma Salvatore
fosse effettivamente in contatto con esponenti della malavita
ed in particolare con Mamone
Gino, Stefanelli Vincenzo, Malatesti Piero e Garcea Onofrio".
E dalle intercettazioni della
Guardia di Finanza ordinate dal
pm Francesco Pinto nel 2007
emerge che Garcea è sempre
stato interessato alla politica.
Allora il suo “preferito” era il
leader dell’Udeur il ministro
della Giustizia Clemente Mastella. Ma la Damonte, assessore all’urbanistica nel comune
di Arenzano della Giunta Gambino dal 2006, non sa nulla dei
rapporti della Guardia di Finanza e delle intercettazioni che riguardano proprio il Sindaco Pd
che l’ha nominata e un funzionario del comune e tutta la rete
degli imprenditori edili della
famiglia mafiosa Mamone.
Il sindaco Gambino è coinvolto con un funzionario comunale Giampiero Lazzarini in
quanto avrebbe operato con
Mamone, anche lui ritenuto legato a famiglie mafiose e titolare della GE.Co, impresa di
bonifiche e dell’immobiliare
Sviluppo Peal, come indicata
dalla DIA fin dal 2002 per rilevare l’area e gli impianti della
ex fabbrica Stoppani. Gino Mamone chiama il sindaco affinché sostenga il suo progetto e
il sindaco risponde: ”Torno
proprio ora da una riunione
per spianarti la strada”. Poi da
un altro telefono chiama il funzionario che definisce “firmatutto” e gli dice che bisogna fare questa cosa con i Mamone.
Ma la Damonte non sa nulla nonostante siano notizie pubblicate da Il Secolo XIX e oggetto
di discussione anche in Consiglio Comunale. Indagine in cui
ricorreva spesso il nome di
Garcea assieme a quello di un
dirigente del suo stesso partito
l’Idv. Non sono troppe le cose
che sfuggono all’attenzione
dell’assessore candidata? Ma
chi è Cinzia Damonte? Trentasei anni, due figli, laureata, funzionario dell'Agenzia delle Entrate da cui è stata sospesa in
via cautelativa a causa di un’ indagine interna. Prima di approdare all'Idv era nei Ds poi a
Sel da dove è subito uscita a seguito dell’espulsione di un suo
caro amico Paolo Masi, portavoce del sindaco Gambino
(Pd) a seguito della scoperta
della sua vera identità: Masi era
in realtà Pasquale Esposito,
campano, arrestato e condannato per traffico di armi. Burlando, come ci dice il suo portavoce, è impegnato in campagna elettorale. Mentre voce attendibili dicono che l’Idv discuterà del caso Damonte martedì. A urne chiuse.
Rossi e Faenzi
tradizione e “nuovismo”
di Giampiero Calapà
Firenze
ossi-Faenzi è lo scontro tra il
Rcomunista
“gigante” della tradizione ex
toscana e quella “bambina” che un giorno a Castiglion
della Pescaia sconfisse per la prima volta chi i “bambini se li mangiava”, era il 2001 e lo splendido
borgo medievale sul mar Tirreno
anticipava Prato di sette anni nel
liquidare la sinistra.
In piena campagna elettorale l’inchiesta della procura di Firenze
sui grandi appalti ha colpito, indagato per concorso in corruzione,
Denis Verdini, il padrino politico
di Monica Faenzi. Quello che le
consigliava di pensarci bene ad accettare la richiesta di Berlusconi,
ma il premier voleva opporre ai
“Rossi” una donna, a tutti i costi. E’
già leggenda il “sì” di una Monica
Faenzi imbarazzata innanzi a un
Berlusconi inginocchiato, non
per portarla all’altare ma per chiederle di accettare la sfida impossibile. Verdini voleva proteggere
la sua delfina da quello che si annuncia comunque – salvo insperate sorprese – come un massacro; Berlusconi cercava una faccia
da manifesti, agli antipodi dalla
governatrice del Piemonte Mercedes Bresso che “si guarda allo
specchio e si rovina la giornata”,
come ha recentemente detto il
premier. Il metro di giudizio politico dell’inquilino di Palazzo Chigi è noto, tanto che la Faenzi viene
descritta così da Libero: “Frangetta
liscia, platinata, sorriso Durban’s,
zigomo scolpito e una silhouette
che rasenta la perfezione:
90-60-90 per un metro e ottanta di
altezza”.
Come sindaco di Castiglion della
Pescaia ha lasciato il segno soprattutto per la lite (non ricambiata)
con Romano Prodi, l’unico capace di battere Berlusconi alle urne,
altro fattore determinante nell’innamoramento del Caimano. Il
Professore era colpevole di trascorrere le vacanze nel bel borgo
toscano senza passare a salutare il
sindaco. Nella storia di Castiglione rimarrà anche un seduta del
Consiglio comunale in cui dai ban-
TOSCANA
L’ex comunista contro
“frangetta liscia”
chi dell’opposizione la Faenzi fu
accusata di aver speso soldi pubblici in una visita istituzionale in
Belgio, per comprare degli assorbenti Tampax. Il sindaco si alzò e
nella solennità della sala consiliare annunciò di usare un’altra marca. Un episodio, invece, che Berlusconi avrà apprezzato è quello
dell’estate 2009, quando “frangetta liscia” multò i vogatori del rione
Portaccia, rei di aver indossato
magliette anti-Silvio al palio di Ferragosto.
Favorevole alle centrali nucleari,
“ma il piano del governo non ne
prevede una in Toscana” tiene a
precisare, ha avuto uno zio comunista, quell’Ivo Faenzi per 15 anni
parlamentare del Pci.
Nato “da una famiglia operaia”,
come scritto sul sito web personale, nel ’58 (sette anni prima della Faenzi), Enrico Rossi, invece,
rappresenta in pieno quella tradizione toscana di partito che ha dovuto subire nel 2009 la fine inaspettatamente drammatica del
sindaco di Firenze Leonardo Domenici, con la sua giunta fatta a
pezzi dall’inchiesta su Castello,
l’ascesa e la vittoria alle primarie
di quell’ex margherita Matteo
Renzi per nulla a suo agio al tavolo
degli ex comunisti e la sconfitta
storica di Prato, dove Mr
Sasch Roberto Cenni ha
vinto “contro i cinesi”.
E il Partito per risollevarsi da questi colpi
da ko, nonché per ristabilire
equilibri
spezzati dall’irresistibile ascesa di Renzi nel
cuore dei poteri toscani, ha deciso di giocare la
carta preziosa di
quello che in questi anni è diventato uno dei
più potenti
assessori della giunta di
Claudio Martini: Enrico Rossi, più
“bersaniano” (si scrive così ma si
legge “dalemiano”) di Bersani, da
sindaco di Pontedera negli anni
’90 scongiurò il trasferimento della Piaggio in Campania e da capo
della sanità regionale vanta un risultato che ha concesso ai
toscani “di guadagnare
Enrico Rossi e
Monica Faenzi
secondo Manolo
Fucecchi
una settimana di vita in più ogni
sette giorni che passano”, come
rilevato dal Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. In Toscana
lo stesso studio della Scuola
Sant’Anna ha evidenziato come
“sui grandi killer (tumori e malattie cardiovascolari) siamo in grado di evitare la morte più che in
altre regioni”. Secondo un rapporto dell’Università Cattolica di Roma l’84% dei toscani è soddisfatto
dei servizi sanitari regionali. Critiche su Rossi, però, sono piovute
per la creazione degli Estav (Ente
per i servizi tecnico amministrativi di area vasta), con cui ha diviso
di fatto i servizi di supporto alla
sanità in tre aree regionali: gli
Estav si occupano dell’acquisto di
strumentazioni e farmaci destinati alle Asl, oltre alla gestione di
concorsi e stipendi del personale.
Un’idea che non è piaciuta neppure alla Cgil, molto vicina a Rossi, il
cui comparto infermiere e ostetriche l’ha bollata come una delle cose “meno riuscite” della sua gestione. Per il resto la strada verso la
successione di Martini dovrebbe
essere spianata, per questo ci ha
pensato D’Alema a creare sconcerto nell’elettorato di sinistra annunciando, sabato scorso in visita
a Firenze, che alla Toscana serve
proprio un Cie (centri di identificazione e espulsione immigrati)
“per applicare meglio i principi
della legge Turco-Napolitano”.
pagina 8
Venerdì 26 marzo 2010
CRONACHE
MURPHY, IL PRETE PREDATORE
E
L’IMPUNITÀ
DEL
VATICANO
Il responsabile di 200 abusi su minori rimase sacerdote
negli Usa grazie all’intervento di Ratzinger e di Bertone
di Marco
Politi
atzinger sapeva di un
prete americano, colpevole di centinaia di
abusi. É accaduto negli
anni Novanta, ma l’episodio
fa riesplodere le polemiche
sui silenzi della Chiesa. Arrivano dall’America – pubblicate dal New York Times – accuse dirette al cardinale Ratzinger, quando era prefetto
dell’ex Sant’Uffizio, cioè la
Congregazione per la Dottrina della fede. Su documentazione degli avvocati di alcune vittime viene rivelato
che un certo padre L. Murphy, impiegato in un istituto
per sordi tra il 1950 e il 1974,
si è reso responsabile di duecento abusi su minori. Un caso ignobile. Nel 1996 il vescovo della diocesi monsignor Weakland (più tardi ritiratosi per avere usato fondi
diocesani in modo da tacitare
un suo ex partner gay) si rivolge al cardinale Ratzinger
per chiedere come procedere. Due sue lettere rimangono senza risposta. Otto mesi
dopo mons. Bertone (allora
segretario della Congregazione) dà l’indicazione di avviare un processo canonico. Ma
il prete colpevole scrive direttamente a Ratzinger e ottiene ascolto. Murphy parla
del suo pentimento, invoca
gravi condizioni di salute e
chiede al cardinale: “Voglio
semplicemente vivere quello
che mi resta nella dignità del
mio sacerdozio”. E allora dal
Vaticano parte un altro “consiglio” al vescovo di Milwau-
R
kee. Risolvere “pastoralmente” il caso. Di fatto non viene
adottata nei confronti del
prete alcuna sanzione canonica. Morirà nel 1998, indossando ancora la tonaca. Durante la sua carriera di predatore non è mai stato punito, ma invece trasferito in varie scuole ed istituti.
La notizia esplode con il fragore di una bomba e fa il giro
del mondo. Replica il portavoce vaticano padre Lombardi che nulla impediva al vescovo locale di adottare le
punizioni necessarie. Fu un
“caso tragico”, ammette, un
abuso compiuto ai danni di
persone “particolarmente
vulnerabili” ma sulla decisione di non proseguire il processo – spiega – ha influito il
fatto della salute molto precaria del prete e la constatazione che gli episodi risalivano a oltre vent’anni prima. Di
fronte all’ondata di indignazione che monta – il New York
Times scrive che il “Vaticano
non ha imparato la lezione”,
dagli scandali, che hanno
provocato l’espulsione di settecento preti colpevoli – interviene l’Osservatore Romano. Il quotidiano della Santa
Sede replica indignato: “Nessun insabbiamento”. Scrive
l’Osser vatore che il vescovo di
Milwaukee aveva già avviato
per suo conto una “procedura canonica”. Spiega l’Osservatore che le lettere del vescovo Weakland, arrivate
vent’anni dopo i fatti, si riferivano soltanto ai casi di
“adescamento in confessionale” e che Bertone aveva ri-
sposto di “procedere secondo quanto stabilisce (il documento vaticano) Crimen Sollicitationis”. La parte debole
della difesa vaticana si rivela,
tuttavia, a proposito della richiesta rivolta da Murphy direttamente a Ratzinger di “interrompere il procedimento
canonico”. Invece di ribadire
la necessità di svolgere senza
indugio una processo canonico a fronte dell’enormità
dei delitti commessi, la Congregazione per la Dottrina
della fede (a firma Bertone)
“invita il vescovo di Milwaukee – così l’Osser vatore – a
esperire tutte le misure pastorali previste dal canone
1341 per ottenere la riparazione dello scandalo e il ristabilimento della giustizia”.
É un invito generico, perché
nei fatti Murphy rimarrà prete e nei pochi mesi che gli
rimangono da vivere non c’è
nessuna sanzione ecclesiastica che abbia il valore di un
segnale dinanzi all’opinione
pubblica. I volti delle vittime,
nella loro concretezza, nel loro dolore duecento volte vissuto, rimangono assenti in
questo burocratico carteggio.
In difesa della Santa Sede interviene polemicamente anche Avvenire, documentando
che la giustizia americana
aveva archiviato il caso, mentre il vescovo locale mons.
Weakland, di fronte al ripetersi di denunce per abusi,
aveva sottoposto il prete-predatore a “quattro lunghi interrogatori” con l’assistenza
di esperti. Ne era emerso il
quadro clinico del “pedofilo
tipico” da raccomandare a
trattamento psicoterapeutico. Resta il fatto, come risulta
dalla stessa documentazione
dell’Avvenire, che dopo la denuncia della prima vittima
Murphy fu semplicemente allontanato dalla diocesi dove
era avvenuto il fatto e mandato con un certificato “per
motivi di salute” in un altro
posto (a vivere presso la madre), continuando tranquillamente a esercitare il suo sacerdotale in una parrocchia.
Un classico.
In Vaticano pochi sembrano
rendersi conto che le spiegazioni parziali – che non af-
Il “New York
Times”rivela
lo scandalo.
La Santa Sede:
“Sul tragico caso
nessun
insabbiamento”
frontano il problema chiave
della non-punizione del prete colpevole e del suo permanere in attività – finiranno
per essere un gigantesco
boomerang. Ieri si è svolta ai
limiti di piazza San Pietro una
manifestazione
lampo
dell’associazione Snap, che
riunisce vittime di abusi sessuali commessi dal clero in
America. Due vittime e due
militanti dello Snap hanno distribuito volantini anti-Ratzinger. É solo l’avvisaglia di
iniziative che potrebbero ripetersi più massicce in vari
paesi. Se le autorità ecclesiastiche si illudono che basti
gridare al complotto contro
il Papa senza fare piena luce
su tutte le denunce pervenute alla Congregazione per la
Dottrina delle fede – e sono
3000 solo nell’ultimo decennio – commettono uno sbaglio.
Già in Italia le vittime cominciano a organizzarsi. L’Espresso anticipa una mappa di quaranta casi: dal Trentino-Alto
Adige, al Piemonte, alla Lombardia e poi Veneto, Campania, Puglia, Molise, Lazio, Sardegna, Sicilia, Umbria e Liguria.
i stanno smuovendo le coscienze. C’è
“S
più coraggio da parte delle vittime, o presunte tali, a denunciare gli abusi subiti. Sta
crollando un muro difficile da tirare giù soprattutto in Italia. E non è difficile comprendere perché: in Italia ci sono il Vaticano e il
Santo Padre, e questo contribuisce. E lo dico
raccontando un dato di fatto, non come anticlericale”. Roberto Mirabile è presidente
della Caramella Buona, una Onlus fondata
dallo stesso Mirabile nel 1997, e che si occupa
di lotta alla pedofilia.
Prima associazione in Italia ad essere riconosciuta parte civile in una causa di pedofilia
(nel 2005, in un processo di Reggio Emilia
contro un pedofilo che aveva abusato di 17
bambini, causa vinta), la Caramella Buona è
parte civile anche nel processo contro don
Ruggero Conti. Un processo che è stato possibile grazie alla denuncia di due ragazzi tra i
20 e i 22 anni, che hanno accusato il parroco
di Selva Candida (Roma) di aver abusato di
loro un quinquennio fa.
È proprio in occasione di questo processo
che Roberto Mirabili ha visto crollare il muro
di omertà che c’è sui casi di pedofilia all’interno della stessa Chiesa. “Dopo l’arresto di
don Ruggero Conti, il 30 giugno del 2008 –
racconta Mirabile – sono arrivate alla Caramella Buona telefonate da Legnano (dove Conti
quando non era ancora prete insegnava in passato
educazione sessuale, ndr) che raccontavano di
essere stati vittime di abusi da parte del futuro
sacerdote oltre 25 anni fa. E siamo sicuri che
queste sono denunce reali, perché dopo 10
anni il reato di pedofilia viene prescritto e
queste persone che vengono a testimoniare
al processo non possono ottenere nessun risarcimento, perciò non hanno alcun interesse a raccontare bugie”. Si denuncia tardi, spie-
ga Mirabile, perché “c’è un grande senso di
vergogna, trovare la persona giusta con cui
parlarne è difficilissimo”. Comincia a intravedersi, insomma, una certa presa di coscienza
riguardo i casi di abusi anche in Italia. Forse
non forte come quella statunitense, che si è
potuta toccare con mano anche ieri mattina,
quando un gruppo di americani è stato fermato in piazza San Pietro mentre distribuiva
volantini con una foto di Benedetto XVI, per
denunciare le coperture della Chiesa sugli
abusi. In Italia, invece, è attesa per settembre
la prima riunione di una nuova associazione
per le vittime di abusi sessuali da parte del
clero. Molto significativamente, la riunione si
terrà a Verona: lì dozzine di bambini sordi
ospiti di un istituto religioso – è una storia
emersa lo scorso anno – sono stati abusati per
trent’anni dai sacerdoti. La volontà dell’associazione è quella di incoraggiare le vittime a
venire allo scoperto.
Lo stesso lavoro che fa Caramella Buona, che
agisce con una certa prudenza. Tanto che
presidente onorario è stato nominato Nino
Marazzita, avvocato penalista. “La mia nomina – racconta Marazzita – viene dal fatto che
siamo garantisti, e per valutare caso per caso
ci vuole una certa capacità tecnica”. E racconta Mirabile che, prima di arrivare alla denuncia penale contro don Ruggero Conti, è stato
moltissime volte a parlare con alti esponenti
della Cei, del Vicariato di Roma e della Santa
Sede. “L’ultimo colloquio – dice – l’ho avuto
monsignor Scicluna, il promotore di Giustizia
dell’ex Sant’Uffizio. Sono stati tre quarti d’ora
di colloquio, ma ci siamo sentiti come di fronte a un muro di gomma. Abbiamo detto: basta”. Ma l’eventuale condanna di don Ruggero scoperchierà un grande scandalo. Perché,
dice Mirabile, “si chiederà conto dell’omertà
della Chiesa sul caso Conti”. E ci si domanderà quanti altri casi sono rimasti nascosti.
MAFIA
Il 41 bis per
il superboss Liga
I
l ministro della
Giustizia Alfano ha
firmato il
provvedimento per il
regime carcerario
duro, il cosiddetto 41
bis, per Giuseppe Liga,
arrestato nei giorni
scorsi a Palermo e
ritenuto l’erede dei
boss Lo Piccolo, alla
guida del clan più
importante di Palermo.
REATI
Straniero ridotto
in schiavitù
U
n cittadino straniero da
dieci anni era costretto a
lavorare in un laboratorio
artigianale, in condizioni di
costrizione assoluta. Lo ha
scoperto la Guardia di
Finanza di Altamura (Bari),
che hanno identificato e
denunciato due persone per
riduzione in schiavitù. I
finanzieri hanno accertato
che la vittima dei soprusi
abitava e lavorava in un luogo
totalmente sprovvisto delle
minime norme
igienico-sanitarie e inerenti la
sicurezza sui luoghi di lavoro.
Inoltre, passaporto e
permesso di soggiorno della
vittima erano illegalmente
trattenuti dai suoi “datori di
lavoro” per impedirne il
ritorno nello stato di origine.
TRUFFE
Il diplomificio
chiude i battenti
In Italia il processo contro
don Conti può aprire il vaso di Pandora
di Andrea Gagliarducci
N
F
alsificavano le iscrizioni
nella loro scuola, “Il
nuovo Quasimodo” di
Rosolini (Siracusa), per avere
il titolo di istituto paritario e
ricevere un contributo statale
di 250 euro a studente e dalla
Regione il buono scuola di
1.500 euro. Per questo sono
finiti in manette ieri – con
l'accusa di falso, abuso di
ufficio e truffa – Patrizia
Calvo, presidente del
Consiglio comunale di
Rosolini, e la dirigente della
scuola.
Il Papa Benedetto XVI (FOTO EMBLEMA)
CASO CLAPS
di Paola Zanca
SILENZIO IN PARROCCHIA
C
i voleva un'infiltrazione d'acqua, a far ritrovare
il corpo di Elisa Claps, la studentessa
scomparsa a Potenza il 12 settembre del 1993. Se la
scorsa settimana non l'avessero trovata gli operai,
nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità,
avrebbe potuto rimanerci per sempre. Già, perché
che quello fosse il luogo della sepoltura, qualcuno lo
sapeva da un pezzo. Don Vagno, almeno da tre mesi.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il
viceparroco della Trinità sapeva che i resti della
Claps erano nascosti lassù da gennaio. Pare che
l’avessero avvertito due donne, che mentre pulivano
la soffitta avevano notato un teschio. Loro però
negano ogni coinvolgimento: “Né io né mia madre
abbiamo mai trovato quel cadavere” . Le indagini si
concentrano ora sui motivi di questo silenzio e sulle
numerose manomissioni riscontrate sulla scena del
delitto. Il corpo di Elisa è stato portato lì solo dopo
l’omicidio. Prima del ritrovamento era coperto da
tegole, poi qualcuno le ha rimosse.
AGGRESSIONI
Senzatetto preso
a cinghiate
D
ue giovani hanno preso
a calci, pugni e cinghiate
un senzatetto albanese che
dormiva nei pressi della
stazione di Firenze. É successo
nella notte tra mercoledì e
giovedì, verso le due. Grazie
all’intervento di un passante e
di un taxista, i due aggressori
(un 21enne e un 19enne) sono
stati rintracciati e denunciati
per lesioni aggravate.
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 9
CRONACHE
VIA GRADOLI
IL VIDEO CONTESO
CHE HA PORTATO
CAFASSO ALLA MORTE
La ricostruzione del ricatto dopo
l’arresto del maresciallo Testini
di Rita
Di Giovacchino
distanza di quattro mesi
i riflettori si riaccendono sul caso Marrazzo ed
è caccia aperta al video
integrale girato in via Gradoli
96 la mattina del 3 luglio
quando due carabinieri fecero irruzione in casa di Jose
Alejandro Silva Vidal, al secolo Natalie, sorprendendo l'allora governatore del Lazio in
mutande. Il video scomparso
dura 12 minuti, lo spezzone
consegnato agli inquirenti il
giorno dell'arresto solo 2 minuti e 58. É attorno alle immagini mancanti che si sta
tentando di ricostruire l'intera tela del ricatto a Marrazzo,
la catena che l'ha ordita e l'indecifrabile significato della
morte del pusher Cafasso e
del trans Brenda. La caccia al
filmato è culminata ieri mattina con la perquisizione nello studio dell'avvocato Marco
Cinquegrana, già legale di Cafasso, stroncato da un letale
“speedball” a base di cocaina
tagliata con eroina, mistura
confezionata al solo scopo di
ucciderlo. Questa almeno la
tesi degli inquirenti.
Ma c'è un elemento ancora
più agghiacciante nella ricostruzione del presunto delitto. A consegnare la droga al
pusher, ormai nascosto all'hotel Romulus, nella notte tra
l'11 e il 12 settembre, sarebbe
stato il maresciallo Nicola Testini. Carabiniere figlio di carabiniere, una carriera ricca
A
di encomi. É lui il primo dei
quattro, accusati di tentata
estorsione, ad essere scarcerato dieci giorni dopo l'arresto. Sembrava uscito di scena,
ma la sua iscrizione sul registro degli indagati per omicidio volontario gli restituisce
un ruolo primario in questa
strana storia. E ora sono in
molti a chiedersi se l'intera vicenda possa davvero essere liquidata con la storiella delle
“mele marce” o se non si tratta invece di un affaire dal
plumbeo sfondo politico che
coinvolge altri protagonisti,
con interessi che coinvolgono il ruolo politico che Marazzo ricopriva.
Bisogna andare con ordine,
perché le accuse rivolte a Testini complicano la ricomposizione del puzzle. Bisogna
partire dai rapporti tra il maresciallo e Cafasso di cui il pusher era confidente. Un confidente che gli segnalava la
presenza di personaggi importanti nelle abitazioni dei
trans, in via Gradoli e via Due
Ponti. Il maresciallo si era attrezzato e aveva spedito un
paio di uomini, Tagliente e
Tamburino, nella caserma distaccata a Tomba di Nerone
sulla Cassia dove i trans gravitavano. La storia andava
avanti da tempo ma negli ultimi tempi il legame era diventato più stretto tra lui e Cafasso grazie all'amicizia che
c'era tra Jennifer, la “fidanzata” del pusher e Jois, un altro
trans amico di Testini. E ora
proprio Jennifer è diventata la
sua principale accusatrice: dice di aver accompagnato Cafasso nella zona di Saxa Rubra
e li ha incontrato Testini la sera in cui è morto per ricevere
la dose che il pusher aveva
poi assunto senza sospetto
nonostante il sapore amaro
proprio perché si fidava completamente di lui. Una testimonianza passata al vetrino.
Ma alla fine l'alibi di Testini
non ha retto, la cella del suo
cellulare quella sera insisteva
nella zona di Saxa Rubra come quella di Cafasso. Jennifer
non ha mentito
Testini, Tagliente, Tamburino, sono i primi. Poi arriva,
Luciano Simeone, quasi un
corpo estraneo, non deve stupire se proprio da lui, interrogato ieri mattina, sono venuti segnali di disponibilità.
Due giorni fa la prima ammissione: “Cafasso non c'era, ho
girato io il filmato in casa di
Natalie con il palmare di Tagliente che era dotato di
web-cam”. Cafasso aveva soltanto telefonato a Tagliente
per segnalare la presenza di
Marrazzo. Il pusher entra in
scena nella fase successiva,
quando i carabinieri decidono di vendere il filmato per
realizzare, millantano, almeno mezzo milione. Così Cafasso copia la versione integrale
su una pen-drive e ne diviene
custode. Tragica scelta. Poi,
coinvolto fino in fondo nel ricatto, si rivolge all'avvocato
Cinquegrana per contattare la
NATALIE: “SONO FAMOSA
E FACCIO AFFARI D’ORO”
di Monica
Raucci
96 di via Gradoli (quello della notte di sesso
Iperlecivico
videotape di Marrazzo) ha un segreto: è l’ingresso
il 98. Un passaggio riservato, in discesa, per le
Gianguerino Cafasso (FOTO ANSA)
Il filmato
scomparso
dura 12 minuti,
lo spezzone in
possesso degli
inquirenti
neppure tre
stampa. Incontra due giornaliste di Libero, il giornale di
proprietà degli Angelucci, a
casa sua. Corre alla Photomasi, contatta la manager che subito informa Marina Berlusconi. L'affaire è alla stretta finale, come la corda attorno al
collo di Marrazzo, quando
Berlusconi gli telefona per
dirgli: “Non ti preoccupare,
non pubblichiamo niente”.
Ma l'affare è ormai sfumato,
Cafasso tenta di svendere il filmato all'agenzia fotografica
per 60 mila euro, non gli riesce. Ed è a questo punto che
la sua strada si divide da quella
dei carabinieri. Fa sparire la
pen-drive, forse la nasconde
nello studio dell’avvocato,
dove ieri però non è stata trovata. Infine si chiude con la
sua Jennifer all'hotel Romulus, prima di sparire va in giro
dicendo: “Spero di mettere insieme un po' di soldi, poi esco
dal giro, se no mi ammazzano”.
auto dei clienti che parcheggiano e lontano da occhi
indiscreti possono raggiungere direttamente l’appartamento al piano meno due, quello di Natalie. Perché
qui tutto è cambiato, le trans sono andate via, non
fanno più un euro, la polizia viene un giorno sì e l’altro
pure, i residenti sono infuriati, ma lei, Natalie, è rimasta. E fa affari d’oro: “Tanti mi contattano perché
sono la trans di Marrazzo”. La incontriamo per caso,
nel cortile. Un’icona della notorietà postmoderna:
“La gente mi ferma per strada e mi urla: Marrazzo!”
Di quel giorno dice e non dice, nel linguaggio che
tante trans hanno imparato a masticare in questi ultimi tempi. “Voi giornalisti dovete scrivere la verità”, è
la sua ossessione. Ma la verità che passa per la sua
bocca, bisogna filtrarla parola per parola. Ha fianchi
dolci come la voce. Per lei l’ex presidente della Regione Lazio è semplicemente Piero. Il suo Piero, che
già nel 2005 avevano provato a incastrare: “Eravamo
in auto, qualcuno ha scattato una foto. Io mi sono
buttata a terra”. Per lei basta questo a dimostrare che
la spia non l’avrebbe mai fatta. “Non sono ricattabile,
sono in regola, sono sposata”. E sbandiera un certificato di matrimonio datato Velletri 2000. Sono altre
le trans traditrici. “Ce ne sono tante che hanno amicizie con i carabinieri. Guarderanno i tabulati telefonici e verranno fuori i nomi”. Quali altri personaggi
famosi sono sotto ricatto? “Non so, non posso dire”.
Quando si toccano i punti salienti, ha imparato a dire
no convincenti. Nega di conoscere di persona Cafasso, il pusher trovato morto. E la cocaina a casa sua
quella notte con Marrazzo non c’è mai stata: “Basta
guardare il video, è un montaggio”. Non ha mai visto
neanche Nicola Testini, il maresciallo indagato dalla
Procura di Roma con l’accusa di avere consegnato a
Cafasso una dose mortale di droga. Ma poi su Brenda,
la trans trovata uccisa, si lascia andare: “Non c’entra
nulla con il caso Marrazzo. Sì, Piero mi ha detto di
averla vista due tre volte, ma hanno collegato le cose
perché fa comodo. Come mai non si sa più niente di
quello che c’era nel suo computer?”. Già, perché?. “Ci
sono altre trans, due o
La trans Natalie (F A ) tre, che frequentavano
Marrazzo ma non sono
quelle che sono uscite sui
giornali. Però sono andate via”. Chi, dove quando? “Ho già parlato troppo”. E chiude: “La verità
la sappiamo solo io e Piero”. A proposito, l’ha più
sentito? “No”. Neanche
un sms? Scuote la testa,
ma sorride e arrossisce.
Forse, alcune bugie non
ha imparato proprio a dirle.
OTO
NSA
Sorpresa: i romeni non sono un popolo di delinquenti
UN’INDAGINE SFATA I MITI NEGATIVI RISPETTO ALLA POPOLAZIONE STRANIERA PIÙ NUMEROSA CHE C’È IN ITALIA
di Corrado Giustiniani
fa in fretta a criminalizzare un
Scidioipopolo
intero. Ci vuole un omiche colpisca profondamente
l'opinione pubblica, come quello
di Giovanna Reggiani, compiuto il
30 ottobre del 2007 da Romulus
Mailat. E poi, sei mesi dopo, sempre a Roma, lo stupro di una studentessa del Lesotho, finito nell'apertura di prima pagina dei principali
quotidiani, fra le 4 mila orribili violenze carnali denunciate ogni anno, perché era il 20 aprile del 2008
e si stava per votare, al ballottaggio,
il sindaco della capitale. Per non dimenticare, il 14 febbraio di un anno
fa, lo stupro della Caffarella, ai danni di una ragazza di quindici anni,
con una partenza falsa che portò in
carcere gli incolpevoli Loyos e
Racz, ma la certezza di alcuni giornali che il dna dei violentatori fosse
romeno, come se avesse una bandierina incorporata dentro.
Un libro-ricerca zeppo di dati statistici, I romeni in Italia tra rifiuto e accoglienza, presentato ieri all'Accademia di Romania dalla Caritas italiana e romena, smonta questa mole di pregiudizi. La stima media dei
soggiornanti di quel paese in Italia
è di 1 milione e 110 mila. Sono la
nazionalità più rilevante: un immigrato su quattro è romeno, e la loro
presenza si è più che quadruplicata
dal 2003 ad oggi (erano infatti 240
mila al tempo della regolarizzazione della Bossi-Fini). Ma chi equipara aumento dei romeni ad aumento
della criminalità non trova supporto nei numeri. Nel 2008, osserva la
Caritas, costoro incidevano per il
24,5 per cento sulla popolazione
straniera residente ma soltanto per
il 13,8 per cento sulle denunce presentate contro tutti i cittadini stranieri. Dunque, i romeni delinquono meno della media degli immigrati.
Ancora: le denunce contro i romeni sono sì aumentate, dalle 31.465
nel 2005 alle 41.708 del 2008, ma
soltanto del 32,5 per cento, mentre
nello stesso periodo la popolazio-
Un milione e
110mila persone
che versano ogni
anno un miliardo di
euro di tasse e un
miliardo e 700
milioni di contributi
ne romena in Italia è salita del 268
per cento. La propensione a delinquere, perciò, è nettamente calata
negli ultimi anni. Ad essere denunciati sono circa il 3,5 per cento dei
residenti romeni. Quota che scende attorno al 3, se si tiene conto che
alcune denunce si riferiscono a una
stessa persona. Il 97 per cento non
ha problemi con la giustizia. Difficile il confronto con la popolazione italiana, perché gli immigrati sono più giovani e la tendenza a delinquere non è certo degli anziani.
La criminalità romena, che pure
preoccupa per il suo carattere violento e la ramificazione in diverse
attività illecite (dallo sfruttamento
della prostituzione e dell'accattonaggio alle frodi informatiche) secondo la Direzione investigativa
antimafia (Dia) è meno strutturata
e meno in crescita rispetto ad altre
di paesi diversi (soprattutto nordafricani).
Sul lavoro i romeni non cercano di
far valere ad ogni costo la loro formazione, spesso più elevata, ma si
inseriscono anche nelle posizioni
più umili e rischiose, tanto che nel
2008 hanno subito 21 mila 400 infortuni, 48 dei quali mortali. Nello
stesso anno sono stati assunti ben
175 mila di loro, corrispondenti al
40 per cento dei nuovi contratti di
cui ha beneficiato l'intera popola-
zione immigrata: in ciò sono stati
sicuramente favoriti dall'essere cittadini dell'Unione europea, a partire dal 1 gennaio del 2007. I romeni, così, assicurano un notevole apporto di contributi previdenziali
(circa 1 miliardo e 700 milioni di
euro l'anno) a vantaggio delle casse
dell'Inps, mentre pagano circa 1
miliardo di tasse. Non soltanto laboriosi: sono anche creatori d'imprese, al ritmo di 9 mila l'anno. A
maggio del 2009 quelle con titolare
romeno erano in tutto 28 mila, con
un primato in edilizia. Soltanto i
marocchini, fra le nazionalità immigrate, ne vantano un numero più
elevato.
Il Lazio è la regione che vede il maggior numero di residenti (158 mila)
e Roma la prima provincia (122 mila) davanti a Torino (86 mila) e Milano (41 mila). Sono già 50 mila i
bimbi romeni nati in Italia dal 2000
ad oggi e 105 mila i ragazzi iscritti
nelle nostre scuole. Nel volume
della Caritas, tuttavia, si sottolinea
la nota dolente dei minori non accompagnati: nel 2006 erano già 2
mila 500. I minori costituiscono comunque il 18 per cento della presenza in Italia, che per la maggior
parte (53 per cento) è femminile: le
donne romene, come si sa, trovano
ampi spazi nell'assistenza alle famiglie, agli anziani e ai malati.
Ma cosa pensano i romeni del nostro paese e degli italiani? La ricerca
è integrata da un sondaggio condotto su 50 testimoni privilegiati
distinti per età (dai 19 ai 50 anni) e
regione di residenza. Sei su dieci intendono stabilizzarsi in Italia, della
quale apprezzano lavoro, livello di
vita e sistema sanitario, mentre rimpiangono la scuola romena che ritengono migliore. Il 94 per cento
dichiara di aver fatto amicizie italiane, il 74 per cento di aver imparato
la lingua dopo l'arrivo nel nostro
paese, mentre il 36 per cento parla
a casa soltanto italiano. Il 92 per
cento guarda la tv italiana e i programmi più seguiti sono Anno Zero,
Repor t, Porta a Porta, non quelli di
intrattenimento. Nota dolente: il
90 per cento degli intervistati ha dichiarato che i romeni di propria conoscenza hanno subito discriminazioni, soprattutto sul lavoro. La
mattinata finisce con un toccante
concerto di musicisti romeni. Una
ragazza, Oana Lungu, esce dall'Accademia di Romania esibendo orgogliosa la sua tesi di laurea conseguita alla Lumsa. Il titolo è L'altra Romania in Italia. Storie di integrazione.
Lei ne ha raccolte 12. “L'altra Romania siamo noi – spiega – quelli
venuti in Italia per lavorare onestamente: la stragrande maggioranza”.
pagina 10
Venerdì 26 marzo 2010
CRONACA
Prosperini tenta il suicidio
“Non odio i magistrati”
L’EX ASSESSORE INQUISITO SI TAGLIA
I POLSI: “MA NON CE L’HO FATTA”
di Gianni
Barbacetto
Milano
on ce l’ho fatta a farla
finita”: così Pier Gianni
Prosperini ha accolto i
suoi avvocati, chiamati
dalla moglie che lo aveva trovato ferito ai polsi e alle gambe. È successo ieri mattina.
L’ex assessore regionale al turismo di Roberto Formigoni,
agli arresti domiciliari nella
sua abitazione di corso Garibaldi a Milano, si era inflitto
alcuni tagli agli arti con un
bisturi chirurgico.
La moglie aveva subito chiamato i legali, che hanno poi
convinto Prosperini a farsi ricoverare in ospedale. Medico, collezionista d’armi, l’ex
assessore è stato portato al
pronto soccorso del San Car-
N
lo, dove è stato accolto in codice verde, il più lieve dei livelli d’allarme sanitari. Dopo
la medicazione delle ferite, è
stato trattenuto in osservazione, piantonato dalla polizia.
In casa aveva lasciato tre lettere. Una alla moglie, una alla
figlia (“Vi chiedo scusa”). La
terza per i magistrati di Milano: «Non ho provocato danni alla Regione Lombardia, io
non avevo compiti operativi,
non prendevo decisioni relative alle gare d’asta, ma comunque non ce l’ho con i magistrati, l’impianto accusatorio era imponente e ho scelto
di patteggiare per tornare a
casa dalla mia famiglia».
Lo avevano arrestato il 16 dicembre, insieme al proprietario di Odeon tv, Raimondo
Ha usato lo strumento di quando
era medico. Tre lettere sul tavolo,
per moglie, figlia e pm
Lagostena. Accusato di aver
incassato dall’imprenditore
una tangente di 230mila euro
per fare aggiudicare a Odeon
un appalto regionale da 7 milioni di euro per promuovere
il turismo in Lombardia.
Dal carcere di Voghera era
uscito il 17 marzo, dopo aver
chiesto ai pm milanesi Alfredo Robledo e Paolo Storari di
patteggiare una pena di 3 anni e 5 mesi e di risarcire 400
mila euro.
Restano però aperte a suo carico altre accuse. Di aver fatto
pagare alla Regione, con soldi pubblici, i suoi programmi
sulle tv locali lombarde, pittoresche teleprediche contro
immigrati, gay, rom. E di aver
fatto da intermediario per affari tra imprenditori italiani e
il governo dell’Eritrea: la vendita di pescherecci dei Cantieri navali Vittoria, ma anche
la progettazione di un villaggio nel paese africano. Un
tecnico della società Italcantieri spa, un tempo posseduta da Paolo Berlusconi, ha raccontato ai magistrati di aver
consegnato per tre volte a
Prosperini buste piene di denaro, per un totale di 130mila
euro. Le consegne sarebbero
avvenute tra il 2002 e il 2003
a Milano, proprio sotto il Pirellone, sede della Regione
Lombardia.
Il 16 marzo è stato arrestato
anche il segretario di Prosperini, Gionata Soletti, accusato
di riciclaggio per la gestione
di conti in Svizzera che gli investigatori sospettano siano
riferibili all’ex assessore. Da
quei conti, Soletti avrebbe
prelevato almeno 800mila
euro: “Non è da escludere”,
secondo il giudice delle indagini preliminari Andrea Ghinetti, “che le somme siano
state destinate anche ad altri
esponenti pubblici, allo stato
non identificati”.
Su Prosperini si era allungata
infine anche l’ombra del traffico d’armi: una nota della
Guardia di finanza accenna
infatti a una “mediazione retribuita di Prosperini nella
vendita al governo eritreo di
armi, visori notturni e muni-
Piergianni Prosperini (FOTO ANSA)
zioni”.
La posizione giudiziaria di
Prosperini si è dunque via via
complicata. Fino alla sua scelta di ieri mattina, le ferite, il
ricovero in ospedale. “Le sue
condizioni di salute non sono
gravi”, ha detto ieri il direttore generale del San Carlo,
Antonio Mobilia. “Il paziente
presenta ferite di arma da taglio alle braccia e alle gambe
e comunque sarà tenuto in
osservazione per qualche
giorno”.
Appresa la notizia, il ministro
della Difesa Ignazio La Russa,
a cui Prosperini aveva in passato finanziato la campagna
elettorale, ha dichiarato di essere “molto addolorato”: “Si
tratta di una persona che, per
come la conosco, è sempre
stata impeccabile... Mi auguro che ritrovi presto l’amore
per la vita e la strada per uscire da questo terribile gorgo”.
Anche il presidente della Regione Lombardia Roberto
Formigoni, che al momento
dell’arresto si era detto sicuro dell’innocenza del suo assessore, ha dichiarato di essere “molto colpito e addolorato”. Luciano Muhlbauer,
consigliere regionale di Rifondazione comunista, ha invece dichiarato: “Prosperini
ha diritto alla pietas, cioè a
quella cosa che ha sempre
negato agli altri, ma non ha
diritto di chiedere clemenza”.
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 11
DAL MONDO
LA VENDETTA DEI REPUBBLICANI
UN NUOVO VOTO PER LA SANITÀ USA
Per un cavillo la riforma Obama è tornata al Congresso
Barack Obama nel momento della firma della riforma sanitaria (FOTO ANSA)
di Angela Vitaliano
New York
i sono vittorie politiche il
cui valore viene sottolineato più dalla reazione
incontrollata della parte
avversa che dal legittimo compiacimento di chi quell’obiettivo, invece, lo ha raggiunto.
Non c’è infatti dubbio che l’approvazione della riforma sanitaria ha rappresentato un momento storico per il paese, un
C
riconoscimento importante
per la testarda volontà del presidente e una boccata d’aria
per il partito democratico che
stava celermente calando nei
sondaggi per la sua litigiosità.
E, quindi, un colpo ben assestato alla cieca ostinazione dei
repubblicani. Non domi, però, questi hanno iniziato subito, abbandonando decoro istituzionale e lungimiranza politica, a combattere la messa in
atto della legge con tutti gli
strumenti possibili.
Alcuni Stati si sono organizzati
per determinarne l’incostituzionalità e tutti i leader del
Grand Old Party hanno dichiarato, indistintamente, che la
battaglia non è finita. Così, nella riunione del Senato di mercoledì, in cui la legge doveva
essere approvata e poi rimandata alla Camera, i repubblicani si sono presentati con una
lunga serie di emendamenti,
molti dei quali, come quello
sul divieto di vendere Viagra ai
condannati per pedofilia, al limite del ridicolo. Tutti bocciati senza problemi dalla maggioranza democratica. Tuttavia, nel corso della discussione, che s’è conclusa intorno alle 3 del mattino di giovedì, sono stati individuati vizi procedurali, peraltro minori, la cui
correzione obbliga il Senato a
rimandare il testo alla Camera
per una nuova votazione.
Insomma, esattamente ciò che
il presidente Obama aveva auspicato che si evitasse, facendo appello al senso di responsabilità dei senatori di minoranza. È significativo che i vizi
procedurali che hanno bloccato ancora una volta la riforma,
già firmata dal presidente, sia-
no relativi ad un capitolo
sull’educazione e in particolare alla concessione delle borse
di studio.
La riforma sanitaria, come precisato dalla Pelosi, contiene
anche una parte più attinente
all’educazione, molto importante perché rivolta a garantire
il diritto di studio a giovani con
redditi bassi. Non teme, perciò la portavoce della Camera,
che ci possa essere alcun problema a rivotare una legge,
praticamente già approvata, e
a farlo in tempi brevissimi. La
notizia della riconferma di tutto il pacchetto potrebbe arrivare già stamattina e, comunque, non oltre il fine settimana.
Piovono, intanto, da tutte le
parti, le critiche sull’ostruzionismo repubblicano che, prima di tutto, ha bloccato “inutilmente” i lavori del Senato,
costringendo maggioranza e
opposizione a confrontarsi su
una materia che ormai è legge,
mentre altre istanze importanti attendevano di essere discusse. Se da un lato, poi, i repubblicani agiscono, o provano ad agire, politicamente,
dall’altro non disdegnano di
continuare a infiammare gli
animi dei contestatori favorendo delle reazioni spesso
violente e preoccupanti. Nella
giornata di mercoledì, in seguito a una serie di minacce e
di atti vandalici di cui sono stati vittima i deputati democratici, si è resa necessaria una riunione straordinaria dell’Fbi
per valutare misure eccezionali di sicurezza per proteggere i
congressisti. Senza dimenticare che la “solita” Sarah Palin,
sempre alla ricerca disperata
di attenzione, ha fatto circolare una mappa degli Usa con dei
bersagli tipo quelli usati nei
poligoni di tiro, sistemati su
tutti gli Stati i cui rappresentati
hanno sostenuto la riforma.
Un estremo
gesto di
ostruzionismo:
ma l’intero
pacchetto
potrebbe
passare già oggi
RAPPORTO GLOBALE SULL’AMBIENTE
“UN BRUTTO CLIMA AIUTA LE DITTATURE”
di Alessandro
Oppes
Madrid
arà un mondo più poveSdi regimi
ro, meno sicuro, in balìa
autoritari, con un
gran numero di paesi in
bancarotta. Le conseguenze del cambiamento climatico non si faranno sentire
solo sull’ambiente: metteranno anche a dura prova
la stabilità dei sistemi politici. “La mia intenzione
non è quella di creare allarmismo”, dice Antonio
Marquina, professore di Sicurezza e Cooperazione
internazionale alla Complutense di Madrid. Ma in
realtà, le conclusioni del
suo
documentatissimo
rapporto “Global Warming
and Climate Change” – un libro che è il risultato delle
indagini svolte dalla rete di
università di Europa e Asia
- sono tutt’altro che rassicuranti per il futuro
dell’umanità.
Anzi, il conto alla rovescia
che ci separa dal baratro sarebbe già cominciato. Se
nel 2020, tra appena dieci
anni (quando si prevede
che lo squilibrio tra energia sporca e pulita sarà ancora enorme: 80 a 20), la
temperatura del pianeta
dovesse aumentare – come si teme – di oltre due
gradi, le politiche necessarie per far fronte a questa
emergenza sarebbero così
SPIGOLI
care da risultare impraticabili.
Il vero punto di svolta, però, sarà intorno al 2050: in
mancanza di interventi
drastici per combattere il
riscaldamento globale, ci
troveremo di fronte a una
serie di conflitti generati
dalla scarsità d’acqua e di
alimenti, che avranno come immediata conseguenza nuove ondate migratorie molto difficilmente
controllabili.
Inevitabili, a questo punto,
i drammatici problemi sul
piano politico: molti paesi
asiatici e del Medio Oriente saranno protagonisti di
svolte autoritarie, giustificate dall’istinto di soprav-
di Giampiero Gramaglia
Gaffe e autooscuramento
Quel che resta dell’Italia
B
lacked Out”, oscurati. E auto-oscurati. Come Silvio Berlusconi limita il dibattito politico in tv e
alla radio nell’imminenza delle elezioni regionali di domenica e lunedì.
Lo racconta The Economist, il settimanale britannico, notando che il
blackout ha fatto tacere anche il capo
del governo e leader del Pdl, almeno
fino al 23 marzo quando il premier,
evidentemente stanco di sottostare a una regola che vale per tutti,
ha telefonato a Uno Mattina e ha
detto la sua, senza contraddittorio; e s’è ripetuto il giorno dopo su
Canale5.
L’attenzione per il voto italiano
della stampa internazionale resta
alta. L’Independent afferma che
“Berlusconi attacca in tutte le direzioni”, mentre l’esito della consultazione si prospetta per lui “umiliante”. Più che i temi di fondo sono gli
episodi estemporanei a fare titolo.
Così, le battute di Mr B. contro Mercedes Bresso fanno il giro d’Europa e
non rafforzano il prestigio internazione né del premier né del Paese. Il
Telegraph rileva “indignazione” dopo che Berlusconi ha detto che
l’aspetto della governatrice del Piemonte “gli rovina la giornata”. Il Daily
Mail titola: “Berlusconi di nuovo sotto
tiro perché prende in giro una rivale
donna per il suo aspetto”. E, ancora,
fra i molti, Les Echos (“Berlusconi fa
dello humor grossolano”) e il Nouvel
Obs (“Nuova gaffe sessista”).
vivenza, mentre per i più
poveri si farà strada la prospettiva della bancarotta.
“L’impoverimento di determinate zone e i costi di
adattamento – sostiene
Marquina – sono fattori
che non sono stati tenuti in
considerazione, persino
nell’elaborazione dei modelli di crescita economica
di zone geografiche e paesi”.
Quello che ne verrà fuori,
sarà un nuovo assetto
geo-politico del mondo in
grado di far rabbrividire,
proprio per l’assoluta situazione di incertezza che
si prospetta.
Per questo il clima diventa
oggetto di attenzione anche per gli strateghi militari. “Che c’entriamo noi
con tutto questo?”, si chiede Luis Cuesta, segretario
generale della Politica di
Difesa del governo Zapatero. “Non si tratta di pensare a una militarizzazione
della politica sul cambiamento climatico. Però
dobbiamo essere coscienti
del fatto che le difficoltà di
accesso alle risorse idriche, all’energia e agli alimenti possono portare al
fallimento di alcuni stati.
Non possiamo far finta di
niente, i rischi possono essere altissimi”.
Un allarme più che giustificato anche per Félix
Sanz, direttore del Cni (il
servizio segreto spagnolo)
ed ex capo di stato maggiore della Difesa: “La minaccia alla sicurezza non
viene solo dall’aggressione
diretta contro di noi. Stiamo provocando migrazioni massicce di persone che
si stanno ritrovando private delle risorse minime ne-
N
STATI UNITI
Le minacce
di Bin Laden
L
a tv araba al Jazeera
ha diffuso estratti di
un nuovo audio
attribuito al leader di al
Qaeda, Osama bin
Laden. Nel messaggio, lo
“sceicco del terrore” si
rivolge agli americani,
puntando l’indice sul
processo intentato negli
Usa a Khalid Sheik
Mohammed,
considerato la “mente”
delle stragi dell’11
settembre: “Il giorno in
cui l'America prenderà
la decisione di mettere a
morte Mohammed avrà
anche preso la decisione
di mettere a morte
chiunque di voi finirà
nelle nostre mani”.
ITALIA-ISRAELE
Frattini: “Bloccare
gli insediamenti”
L’
Italia chiede a
Israele di fermare
gli insediamenti per far
ripartire il processo di
pace in Medio Oriente.
Lo ha detto il ministro
degli Esteri, Franco
Frattini, spiegando che
questo sarà anche “il
contenuto”
dell’intervento del
premier Silvio
Berlusconi domani al
vertice della Lega Araba
che si terrà a Sirte, in
Libia.
SPAGNA
le intercettazioni
e i guai di Garzòn
I
Una centrale a carbone (FOTO ANSA)
cessarie per sopravvivere.
È molto facile il passaggio
dai disastri naturali all’autoritarismo”.
Da qui la necessità di intervenire al più presto. E non
solo – secondo Marquina –
con le politiche destinate a
ridurre l’emissione dei gas
contaminanti: “Bisogna disegnare, ad esempio, programmi per il trattamento e la raccolta dell’acqua o per la preparazione di nuove coltivazioni che permettano di far
fronte all’alterazione delle
stagioni piovose”.
In alcune zone, come il Nord
Africa, la situazione è già critica: “Sono paesi nei quali si
importa già buona parte dei
prodotti che si consumano”,
ma le cose andranno ancora
peggio se si acuiscono le conseguenze del riscaldamento
globale. E il vero colpo di
grazia potrebbe arrivare
dall’estendersi dei disastri
naturali: l’aumento del livello dei mari – che secondo le
previsioni meno catastrofiche sarà di almeno mezzo
metro nel corso di questo secolo – annegherà il delta del
Nilo e ampie estensioni di
coltivazione agricola del
sud-est asiatico.
Ce n’è abbastanza, insomma, per legittimare il campanello d’allarme.
l Tribunale superiore
di giustizia di Madrid
(Tsjm) ha criticato il
giudice Baltazar Garzòn
per avere ordinato di
registrare conversazioni
fra imputati detenuti e i
loro avvocati
nell’inchiesta della
“tangentopoli iberica”.
La sentenza resa
pubblica del Tsjm, che
ha dichiarato illegittime
e inutilizzabili le
registrazioni, traccia un
parallelo fra il metodo
seguito da Garzòn e le
pratiche di “tortura” e
“inquisitoriali” usate in
altri tempi per ottenere
“la confessione forzata
del colpevole”.
STATI UNITI
Nuove regole per i
militari gay
I
l Pentagono ha
annunciato l’entrata
in vigore con effetto
immediato la nuova
normativa che
ammorbidisce le regole
sull'arruolamento dei
soldati omosessuali. Lo
ha reso noto il ministro
della Difesa, Robert
Gates. Tra le nuove
regole, alcune
renderanno più difficile
da parte delle forze
armate rifiutare
l’arruolamento di soldati
in base al loro
orientamento sessuale.
pagina 12
Venerdì 26 marzo 2010
ECONOMIA
LA SFIDA TRA REGIONI
PER
QUEL
CHE
RESTA
DI
FIAT
Il Lazio concede 18,5 milioni per difendere Cassino,
la Sicilia ha pronti 350 milioni, il Piemonte altri 50
di Chiara Paolin
l decreto Incentivi ormai è
legge: nemmeno un euro
dei 300 milioni destinati al
rilancio dell’economia è
andato al settore auto. E se lo
Stato chiude i rubinetti, ora sono le Regioni a portare un bicchiere d’acqua ai lavoratori del
comparto, già disidratati da mesi di cassa integrazione e previsioni fosche. Il piano strategico
2010-2011 di Fiat è ancora in fase di elaborazione, e l’azienda
ha ribadito come qualsiasi ipotesi sul riassetto del gruppo sia
al momento priva di fondamento. Eppure a livello locale è già
partita la grande operazione
“salvate il soldato Fiat”, con piani e strategie che cercano di ridurre il danno riciclando in
chiave territoriale quel che che
resterà del colosso nazionale.
I
LAZIO MILIONARIO. La
Regione Lazio ha deciso di puntare sul Polo Logistico Avanzato di Cassino, centro di ricerca
creato in collaborazione con
l’università cittadina, capace di
sviluppare tecnologie d’avanguardia nel settore della logistica. L’obiettivo è realizzare la
prima linea di montaggio in Eu-
ropa capace di produrre contemporaneamente tre modelli
diversi d’auto: Bravo, Delta e Croma. Col sistema della piattaforma unica, ovvero una struttura
di base identica per tutte le auto e una serie di componenti
differenziate, si possono ridurre i costi mantenendo la competitività. Consistente il contributo regionale: 18,5 milioni di
euro (recuperati dai fondi europei Por Fesr e Fas) cui se ne
sommano altri 5 raccolti tra le
aziende del territorio coinvolte
nell’indotto. I dipendenti di
Cassino sono oggi 4800 ma si
arriva a un’occupazione indiretta di oltre 10 mila addetti.
Tutti con lo sguardo fisso su Giulietta, il prossimo modello di
punta che potrebbe trovar casa
proprio a Cassino. Conferma
l’assessore regionale allo Sviluppo, Claudio Mancini: “E’ un
passaggio molto importante,
per cui speriamo possano esserci ricadute occupazionali
positive”. Basterebbe poter
smentire le anticipazioni avanzate da Repubblica sui pesanti tagli allo studio di Marchionne: si
parla di 500 operai in mobilità
volontaria. Forse l’iniezione regionale eviterà di trasformarli
in esuberi definitivi.
MIRAFIORI. Stesso approccio localistico in Piemonte, dove perfino Mirafiori sarebbe sotto tiro con oltre 2 mila addetti in
bilico. Senza troppi giri di parole, la governatrice uscente Mercedes Bresso ha messo sul tavolo 50 milioni di euro. Specificando: “Il modello è quello dello
stabilimento Fiat di Verrone,
specializzato in componentistica. I nostri investimenti hanno
fatto sì che Fiat mettesse lì produzioni innovative, e non le trasferisse in Turchia. Marchionne
ha proposto di incontrarci, ma
noi abbiamo chiesto di aspettare le elezioni. Se vinceremo, andremo avanti”. Se invece vincerà Cota, si vedrà, perché la linea
leghista è piuttosto fredda sugli
aiuti pubblici al colosso auto. Intanto a Mirafiori tornerà la cassa
integrazione a fine aprile per
5200 persone.
Non la pensa come la Bresso il
federalista del sud, Raffaele
Lombardo. La Regione Sicilia ha
già pronti 350 milioni di euro
per la miglior offerta di recupero su Termini Imerese. Qui non
ci sono dubbi, Fiat ha dichiarato
la chiusura attività a fine 2011,
ma si offre per un sostegno strategico nel caso venisse individuata una nuova tipologia pro-
MONTEZEMOLO&JAKI
FESTA ROVINATA
C
hi ci guadagna a tirare un calcio alla Fiat
svelando un delicatissimo piano di tagli poi in
parte corretto dall'ad Sergio Marchionne? E chi è in
grado di far filtrare l’informazione a Repubblica che
l’ha pubblicata? Di certo non un amico della famiglia
Agnelli che ieri, all'indomani dell'indiscrezione, ha
festeggiato l’ingresso di John Elkann nel Comitato di
Presidenza di Confindustria. La notizia dei 5 mila
tagli, ha infatti minacciato di guastare la festa del
giovane Elkann, sempre più attivo nelle relazioni
istituzionali del Lingotto, che erano la specialità del
presidente Fiat Luca Cordero di Montezemolo. Ieri
Elkann, commentando il suo ingresso nella squadra
di Emma Marcegaglia, nel ricordare la tradizione di
impegno e collaborazione tra la Confindustria e la
Fiat, accanto agli avi e a Marchionne non ha
dimenticato di citare Montezemolo, già leader degli
industriali, ora un po’ ai margini del gruppo. E che
forse non è molto soddisfatto della sua condizione di
progressiva subalternità.
riguardavano la mobilità. A
quanto pare Lombardo gradirebbe l’idea del gruppo Rossignolo per la produzione di bus,
ma tutto è ancora in alto mare.
Sergio Marchionne (FOTO ANSA)
duttiva. Niente auto però, troppo costoso assemblare veicoli
in Sicilia: il deficit infrastrutturale rende antieconomico il business visto che ormai i pezzi arrivano e ripartono per tutto il
mondo. Meglio concentrarsi su
tecnologie meno ingombranti,
dicono da Torino. Ma Palermo
continua a credere nel settore e
rilancia la gara di progetti: al primo round su 16 proposte arrivate solo 9 erano complete, e 4
di G.L.
MELFI A GAS. Peggio va nelle valli tra Melfi e Pomigliano
d’Arco. L’impianto lucano tenta di differenziarsi nella sua veste di polmone verde del gruppo, godendosi il record di utilizzo manodopera nel 2009:
93 per cento su 5.280 addetti.
Tutto merito della produzione
di auto a gas, che è andata benissimo negli ultimi tempi grazie agli ecoincentivi. Finiti
quelli, le previsioni tendono al
grigio. Mai come nello stabili-
mento campano, dove si registra il tasso d’impiego più negativo della famiglia Fiat (32
per cento). Qui si parla di almeno 500 operai in uscita sui
5.200, e la Regione non sembra in grado di reagire se non
offrendo borse di studio e sussidi a chi esce dalla cassa integrazione per entrare nella disoccupazione. Ma qualcuno
s’arrangia, con spirito partenopeo: ieri sera ha debuttato
alla nuova trasmissione canora di RaiUno Stasera è la tua sera
un trio dal nome evocativo, i
Metalmeccanici. Sono tre operai di Melfi: dalla linea di montaggio al sogno tv, questo sì è
un piano strategico.
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 13
ECONOMIA
ALLA FINE RESTA SOLO GERONZI
ORMAI LE GENERALI SONO QUASI SUE
In eredità a Mediobanca lascia partecipazioni svalutate
di Alfredo Faieta
e Stefano Feltri
i è arroccato finché ha potuto,
ma l’amministratore delegato
di Mediobanca Alberto Nagel
ha dovuto alla fine scendere a
patti su Cesare Geronzi, il presidente della banca, tornato l’altroieri a
Milano da Roma per verificare questa mattina – lo impone lo statuto –
la lista dei consiglieri che sarà presentata oggi nell’attesissimo comitato nomine. Il lungo braccio di ferro tra i due esponenti di vertice
dell’istituto si è dunque concluso
con la vittoria del banchiere di Marino, mai davvero frenato nella corsa verso la presidenza della grande
controllata triestina di Mediobanca, le Assicurazioni Generali. Nagel
avrebbe voluto non scrivere quel
nome nella lista dei consiglieri, e
molti altri hanno protestato, ma le
alternative non esistevano nei fatti.
E di questo Nagel è stato probabilmente convinto anche da alcuni soci influenti di Piazzetta Cuccia.
Qualora non vi siano sorprese durante il comitato, il posto di Geronzi
nella banca d’affari dovrebbe essere preso da Renato Pagliaro, attuale
direttore generale. Anche se è noto
che fino all’ultimo Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, farà di tutto per ottenere la poltrona.
S
LE MOSSE DI NAGEL. Sembra
che Nagel abbia giocato le sue carte anche nelle deleghe che Geronzi avrà una volta arrivato a Trieste:
l’ad. puntava a uno schema che
prevedeva per Geronzi una sorta
di presidenza di rappresentanza,
spostando la maggior parte dei poteri ai due amministratori delegati
del gruppo assicurativo Sergio Balbinot e Alessandro Perissinotto,
che dovrebbero essere riconfermati anche se con alcune revisioni
dei loro ambiti d’azione. Ma è probabile che Geronzi non si pieghi
neanche a questa ipotesi, esigendo almeno le stesse deleghe operative dell’attuale presidente An-
toine Bernheim.
In ballo anche la presidenza del
patto di sindacato che governa Mediobanca, ora in capo allo stesso
Geronzi. L’ipotesi preferita dal
banchiere è proprio Palenzona.
Non passa inosservato, inoltre, il
silenzio di Banca d’Italia, storico
azionista delle Generali con quasi
il 5 per cento: Geronzi per le norme sull’onorabilità avrebbe dovuto lasciare la presidenza di Mediobanca qualora condannato per i
fatti connessi al crac di Parmalat e
Cirio, ma andrebbe bene per
un’assicurazione, dato che il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola non ha ancora firmato
l’analogo provvedimento per il
settore assicurativo, creando un
probabile futuro imbarazzo al governatore di Bankitalia Mario Draghi.
IL PREZZO DEL POTERE. Se
davvero Geronzi andrà alle Generali, un minuto dopo la sua uscita
dalla porta di Piazzetta Cuccia sarà
tempo di bilanci. Quando ha lasciato il gruppo Unicredit, nel
2007, ha ottenuto un “premio alla
carriera di 10 milioni di euro”. Poi
Unicredit ha passato due anni a far
pulizia nei bilanci per risolvere i
problemi lasciati in eredità dalla
gestione tutta politica del credito
tipica di Geronzi. E a Mediobanca
dovranno fare lo stesso. Le grandi
partite politiche in cui Geronzi ha
usato il peso e il blasone della banca garantiscono potere ma anche
buchi consistenti: per il secondo
anno consecutivo la partecipazione in Rcs (fondamentale per
allungare l’ombra sul Corriere
della Sera) è stata svalutata di
altri 63 milioni
di euro. Quella
nella holding
Gemina che gestisce la Aeroporti di Roma
Cesare Geronzi si avvia verso le Generali mentre Alessandro Profumo (dietro) è quasi fuori da Unicredit (FOTO ANSA)
presieduta dall’amico Palenzona è
stata svalutata di 107 milioni di euro lo scorso 31 dicembre. Il rapporto simbiotico che lega Geronzi
a Marco Tronchetti Provera (il presidente di Mediobanca vivrebbe a
Milano in una casa di Tronchetti)
ha poi un costo che viene scaricato sugli azionisti: a dicembre è stata svalutata anche la partecipazione di Mediobanca in Pirelli, segno
meno per 17,7 milioni di euro. Ma
la mina più grossa è anche quella
politicamente più sensibile: la partecipazione in Telco, la holding di
cui sono azionisti anche Intesa
Sanpaolo, le Generali e gli spagnoli
Il presidente
di Mediobanca lascerà
enormi minusvalenze,
il prezzo delle sue
operazioni più politiche
di Telefònica (i Benetton si sono
sfilati appena hanno potuto, con
costi comunque elevati). Mediobanca ha l’11,62% di Telco che a
sua volta ha il 22,47% di Telecom.
Telco non è quotata in Borsa, quindi Mediobanca non è vincolata a
svalutarla o rivalutarla con la stessa
frequenza delle partecipazioni
nelle aziende quotate. Ma nel 2008
ne ha ridimensionato il valore di
144 milioni di euro. E anche l’attuale “valore di carico” (cioè il valore indicato nel bilancio) di 362,5
milioni di euro è considerato eccessivo: il titolo di Telecom in Borsa vale 1,07 euro circa, cioè meno
della metà di quando è nata Telco.
E nell’ambiente finanziario molti
si aspettano che presto Telecom
dovrà ridurre il goodwill, il valore
dell’avviamento, che è ancora un
generoso 44 miliardi. Dopo la presentazione di un bilancio sempre
più difficile da compilare – in seguito alla scoperta dei conti truccati nella controllata Sparkle – una
revisione appare sempre più probabile.
LA MINIERA D’ORO. Come
faceva Geronzi a convivere con
queste continue svalutazioni? Grazie alle Assicurazioni Generali: nel
bilancio di Mediobanca la partecipazione nel gruppo assicurativo di
Trieste vale 1,98 miliardi di euro,
ma 3,88 a prezzi di mercato. La plusvalenza teorica è quindi di quasi
due miliardi. Per questo qualche
azionista comincia a preoccuparsi. La specialità di Geronzi sono le
operazioni ad alto contenuto politico, che come dimostrano i numeri hanno anche un prezzo alto,
mentre la gestione quotidiana la
delega ad altri. Non sarà che l’arrivo di Geronzi turberà il placido
equilibrio che regna nelle Generali? Il banchiere romano, appena liberato dall’accusa di estorsione
per un affare romano tra Calisto
Tanzi e Sergio Cragnotti, risponderebbe forse con le stesse parole
usate per discolparsi davanti al gip
di Parma il 25 febbraio 2006: “Io
sono una persona che governa
consigli di amministrazione. Non
partecipo a contesti esecutivi”.
di Carlo Stagnaro*
UN MESE DOPO LO SCANDALO DELLA TRUFFA TELEFONICA
IL COMMISSARIAMENTO DI TELECOM SPARKLE E LA PAZIENZA DEI MERCATI
a passione è per definizione lunga e
dolorosa. Ma ha senso che
un’azienda venga tenuta nel limbo per
più di un mese e mezzo?
Il gip di Roma Aldo Morgigni, ha
rimandato ancora una volta, al 7 aprile,
la decisione sulla sulla richiesta di
commissariamento per Fastweb e
Telecom Italia. È dal 23 febbraio che si
attende una risposta. Questa attesa
snervante dovrebbe sollecitare delle
riflessioni sia sull’efficacia dei
meccanismi giudiziari in Italia, sia
sull’adeguatezza di alcune norme.
La difesa del ruolo della magistratura
dagli attacchi impropri a cui essa è
oggetto non dovrebbe, infatti, alimentare
l’equivoco per cui il sistema giudiziario
italiano funziona. Vi è ampia evidenza
del contrario.
Per esempio, il rapporto Doing Business
della Banca Mondiale stima che, per la
risoluzione delle dispute contrattuali, nel
nostro paese servano mediamente 40
procedure, 1210 giorni e una spesa pari
al 29,9 per cento della somma contesa,
contro una media Ocse di 30,6
procedure, 462,4 giorni e un costo del
19,2 per cento. La giustizia civile italiana,
cioè, assorbe un terzo di burocrazia in
più, quasi il triplo del tempo, e la metà
L
dei costi in più rispetto al resto del
mondo industrializzato. Tale gap dipende
da una molteplicità di ragioni, tra cui
l’inefficienza della spesa giudiziaria, la
cattiva organizzazione del settore, la
normativa sovrabbondante e confusa. La
scarsità delle risorse, invece, non sembra
un problema prioritario: secondo il
rapporto European Judicial Systems della
Commissione europea, la spesa italiana è
superiore alla maggior parte degli altri
Stati membri dell’Ue sia in relazione ai
tribunali sia per i pubblici ministeri,
mentre è nettamente inferiore per il
patrocinio degli indigenti. Tutte le cause
citate, e altre ancora, sono di natura
strutturale. Il caso Fastweb/Telecom
Italia Sparkle, a prescindere dall’esito
che potremo conoscere solo a tempo
debito (e probabilmente sarà un tempo
troppo lungo) ne riassume molto bene le
conseguenze, per la gravità delle accuse
e per il terremoto che sta causando.
Anzitutto, c’è un problema di qualità
della legislazione. Probabilmente non
esiste un altro paese al mondo che abbia
una norma paragonabile alla nostra 231,
che consente il commissariamento di
un’azienda in fase cautelare.
Commissariare un’impresa, specie in un
settore dinamico come quello delle
telecomunicazioni, significa minarne
reputazione e operatività, mettendola in
grave difficoltà fino al punto, in casi
estremi, da ucciderla. L’andamento
altalenante dei titoli Fastweb e Telecom
Italia è una prova di quanto i mercati
siano sensibili al clima di incertezza
determinato dalla spada di Damocle
commissariale.
Se un ministro del governo si
avventurasse a fare dichiarazioni tali da
far oscillare i titoli in misura così vigorosa,
la Consob dovrebbe intervenire, e se non
lo facesse verrebbe meno ai propri
obblighi (come probabilmente è
accaduto durante il tiramolla su Alitalia).
Perché, allora, è tollerabile che i
magistrati si prendano quello che,
nell’ottica dei mercati, è un tempo
infinito per decidere. Difendere la dignità
e la robustezza delle nostre istituzioni
giudiziarie richiede sempre di difendere
qualunque decisione e qualunque
tentennamento di qualunque magistrato.
Anche quando i presunti reati si
riferiscono a un periodo relativamente
distante nel tempo, ed è acclarato che
non sono stati e non saranno ripetuti fin
dal momento in cui si è avuta notizia
dell’indagine, diversi anni fa? Anche
quando una delle due aziende è il
principale concorrente dell’ex
monopolista, e quindi le sue difficoltà si
traducono in un deficit di concorrenza,
specie in una congiuntura economica che
non consente l’emergere di nuovi
soggetti? Anche quando il top
management dell’ex monopolista, pur
avendo firmato i bilanci sospetti di
Telecom Italia Sparkle viene
miracolosamente risparmiato dalle
indagini e anzi, incredibilmente, sembra
rafforzarsi mentre il mondo gli crolla
intorno? Anche quando l’indagine segue
due filoni chiaramente indipendenti,
quello sulla presunta truffa dell’Iva e
l’eventuale falsificazione delle fatture, e
quello sul riciclaggio di denaro sporco
attraverso sospetti giri mafiosi, che sono
appiccicati l’uno all’altro col cerotto?
Queste domande sono destinate, almeno
per un po’, a restare aperte. Ma,
appunto, non possono chiudersi
imboccando scappatoie retoriche:
perché qui c’è in ballo il futuro di una
bella e sana azienda italiana.
E, soprattutto, perché qui c’è in ballo la
credibilità del sistema paese sui mercati
internazionali. L’interpretazione troppo
zelante di leggi sbagliate genera mostri.
*direttore ricerche e studi dell’Istituto
Bruno Leoni
eurocrisi greca
dc
Orgoglio,
pregiudizio
e Bce
lla fine sembra che
Aaccordo
l’Europa troverà un
su come salvare
la Grecia dalla
bancarotta. Anche se i
Paesi e le istituzioni
comunitarie continuano
a muoversi in ordine
sparso, con la sola
Germania a fare da
guida. Il Consiglio
europeo di ieri, che
riunisce capi di Stato e
di governo dei Paesi
membri (c’è anche Silvio
Berlusconi), ha
raggiunto l’intesa su una
bozza di piano di
salvataggio. Si parla di
un pacchetto di aiuti da
23 miliardi di euro che
dovrebbero prendere la
forma di “prestiti
bilaterali coordinati e
volontari” e a tasso
agevolato (cioè da uno
Stato all’altro, senza
mediazione comunitaria
e senza alcun obbligo).
Un piano di emergenza
pronto a scattare nel
caso le aste del debito
pubblico greco previste
per maggio andassero
deserte. Meno chiaro è
cosa succederà se il
governo di Atene fallisse
nel tentativo di imporre
un dimagrimento del
deficit dal 12 all’8 per
cento in un anno che sta
già causando tensioni
sociali difficili da gestire.
utto a posto, quindi?
Tl’ipotesi
Per nulla. Perché
che nel
salvataggio sia coinvolto
il Fondo monetario
internazionale –
istituzione considerata di
matrice americana
anche se diretta da un
francese – ha fatto
perdere a Jean-Claude
Trichet il suo abituale
aplomb da presidente
della Banca centrale
europea. Il ricorso al
Fmi, dice Trichet, è
“molto, molto negativo”.
Sottinteso: la Bce ha già
dimostrato di saper
gestire le crisi interne
all’Eurozona e può
essere più efficace degli
americani, per esempio
(come ha fatot ieri)
annunciando che
continuerà ad accettare
come garanzia i
declassati titoli del
debito greco. E non è la
sola cosa che ha fatto
infuriare Trichet. Ieri la
cancelliera tedesca
Angela Merkel e il
presidente francese
Nicolas Sarkozy hanno
ipotizzato di trasformare
il Consiglio europeo in
un “governo
economico”
dell’Unione, che eserciti
un ruolo maggiore nella
“sorveglianza
economica”. E questo
significa quasi soltanto
maggiori pressioni sulla
Bce, che vedrà ridursi il
proprio spazio di
autonomia, visto che per
ora non c’è alcuna
intenzione di elevare a
livello europeo la
politica fiscale o
emettere quegli
Eurobond, titoli di
debito europeo, che da
anni invoca il ministro
Giulio Tremonti.
(Ste. Fel.)
pagina 14
Venerdì 26 marzo 2010
SECONDOTEMPO
SPETTACOLI,SPORT,IDEE
in & out
CINEMA E REALTÀ
VIA VOLONTÉ
NUMERO NOVE,
SOLO PER ESISTERE
Dolori
Dennis
Hopper
è malato
terminale
di cancro
Totofestival
Tra Godard
e Kitano, tre
film italiani
in corsa per
Cannes
Platini
“Mi candido
per il
secondo
mandato
Uefa”
Cassano
Spera ancora
nei Mondiali
ed è pronto
a spostare il
matrimonio
Un documentario di Ravello
e Marrese racconta l’occupazione
di uno stabile alla periferia nord di Roma. Strana e vincente.
di Malcom Pagani
I
niziava come una nenia, un rumore indistinto, una voce perduta nel traffico, poi prendeva
respiro, coraggio, rabbia. “La
nostra lotta è l’autoriduzione, il
nostro credo è l’organizzazione, il fitto dei padroni non lo paghiamo più”. Ogni tanto,
nell’abusata fotografia metropolitana degli anni ‘70, lo sguardo dei passanti incontrava uno
striscione pitturato di rosso, calato dall’alto, simbolo e metafora di un’ascesa alla normalità finalmente conquistata. Il diritto
alla casa. Leggenda e aspirazione. Occupata in notti di angosciosa ebbrezza, di soffiate segretissime che poi così nascoste non erano e consigli marchiati dalla saggezza proverbiale: “Chi prima arriva meglio alloggia”, nell’ansiosa attesa di
uno sgombero che spesso,
combinazione celeste, tardava
ad arrivare. Così la soluzione
temporanea, l’occasione di un
giorno, la risposta alla disperazione, prendeva le forme della
stanzialità e l’esperimento occasionale, quello dell’effimera
stabilità. Che fossero comuni
edificate in vecchie stalle coloniche, case cantoniere sottratte al demanio o abitazioni ubicate nel centro cittadino, “Occupare subito, occupare tutto”, divenne lo slogan capace di
offrire una risposta alle tante discrasie della società, ai fallimenti personali, agli errori da
mondare, ai figli messi al mondo seguendo il solo istinto. Rolando Ravello e il giornalista del
Venerdì di Repubblica Emilio
Marrese hanno trasposto la fotografia in un bel documentario “Via Volontè numero nove” prodotto da Fandango e diretta
emanazione di uno spettacolo
teatrale scritto dallo stesso Ravello e da Massimiliano Bruno,
“Agostino”, apologo sul crinale
dell’assurdo e della difficoltà
oggettiva di mantenere coscienza di sè e senso della lotta,
quando tutte le porte si chiudono all’improvviso. In “Via Volontè”, non c’è pietismo. Non esistono altari ideologici, nè divinità da idolatrare. Sembra
un’inchiesta ma è un ibrido riuscito. Metà fiction, metà documentario, anteponendo al linguaggio da cercare, la verità degli avvenimenti, la vita agra dei
tanti Bianciardi di ventura che
ai dilemmi letterari, hanno preferito il pragmatismo. Da ieri al
futuro, con problemi tra loro
non dissimili, nella realtà parcellizzata di oggi. Roma, novembre 2007. Fuori soffia un
esercito nascosto. Elettricisti,
saldatori, addetti aeroportuali,
baristi. Tutti alle prese con il
medesimo problema. Assaliti
dai dubbi, costretti dalle esigenze all’illegalità. Aspettano
da giorni: “Ma la vigilanza ce
sta?”. Non c’è. Si può andare.
NANNI E VOLONTÈ
Via Gian Maria Volonté, all’incrocio con via Corrado Mantoni, in una toponomastica non
lontana da quella immaginifica
di Michele Apicella, professore
di Matematica alla Marylin Monroe in “Bianca” è uno stradone
periferico schiacciato tra la prima campagna romana e le gru a
nord di Roma. Casale Nei è un
lembo di verde strappato alla
quiete originaria. Si costruisce
in continuazione, Via Volontè
non fa eccezione. In Italia le case non abitate sono quasi cinque milioni e mezzo. Di queste,
oltre duecentocinquantamila,
secondo una recente stima
Cgil-Università, nella sola Roma. Negli ultimi sessanta mesi a
piangere un tetto, sono state
centoventimila anime. Una città
delle dimensioni di Lecce che
da un giorno all’altro, non ha
È gente, quella di Via Volonté
numero nove, che vive il presente con il necessario disincanto, una tribù cui nessuno aveva
suggerito che per sopravvivere,
l’espediente avrebbe avuto il sapore della Sacra tavola e l’arte di
arrangiarsi, il valore supremo da
affinare giorno dopo giorno. Il
nemico, dall’altra parte, gioca
una partita non meno brutale di
chi invade (per usare l’asettico
linguaggio del Codice) “i terreni
altrui arbitrariamente”. Bisogna
stare attenti, vigilare, dividersi
in turni. Chi pulisce, chi cucina,
chi si preoccupa di far conoscere le ragioni dell’occupazione
nella realtà dei centri sociali. E
chi ha divorziato, dopo essere
stato truffato e all’ennesimo rivolgimento dell’esistente, dopo
mesi passati in stazione, mette
la sua faccia di donna senza
compromessi. La propria dignità a disposizione di un futuro diverso : “Ma quando me la sono
vista brutta nessuno se ne è accorto, perchè mi vestivo normalmente e continuavo a lavarmi”.
più saputo dove infilare la chiave. Alcuni occupano. E’ un reato punito dall’articolo 633 del
Codice penale, ma è difficile agitare indignazione e moralismo
quando non è una confraternita
comboniana, ma l’agenzia delle
entrate a sostenere che oltre il
40% degli affitti in Italia è preteso in nero dai proprietari per
un’evasione complessiva di
quasi quattro miliardi di euro annui. In via Volonté non ci sono
cittadini al di sopra di ogni sospetto né paradisi per la classe
operaia. Davanti alla mano abile
di Lorenzo Scurati (il fratello di
Antonio), l’esistenza passa in
La nona edizione del Riff
Documentari al potere
GRILLO, TRAVAGLIO E ALITALIA
La nona edizione del Riff, festival romano di film e
documentari indipendenti ha allargato i confini
mantenendo l’identità delle origini. Cinema di qualità,
storie, riflessioni, temi che nel monopolio
dell’intelligenza odierna, faticano a trovare uno spazio di
riflessione. Nel programma (ricco) trovano spazio tra gli
altri (i documentari sono 30) “Terra Reloaded”
realizzato da Beppe Grillo in collaborazione con
Greenpeace, sui temi dell'eco-sostenibilità con
interviste ai più autorevoli esperti mondiali in materia di
energia ed economia; “Tutti giù per aria”, sulla vertenza
dei lavoratori Alitalia, con contributi di Celestini, Fo e
Travaglio; “Caffè Amaro” di Pastonesi sulle condizioni
di vita dei coltivatori di caffè in Guatemala.
chiaroscuro. E’ una normalità
precaria fatta di soffritti e solidarietà, di tatuaggi ed errori commessi, orecchini e atipiche riunioni condominiali. “Qui magni
sempre”, sintetizza uno dei protagonisti e il sottinteso è che tra
gli occupanti, il vincolo di
quell’attesa, della porta che si
scardina, del fiatone che cresce
scalino dopo scalino ha il peso e
la grandezza di un’educazione
sentimentale che non lascia indietro gli ultimi e riduce le distanze. Nel palazzone supermoderno di via Volonté, non albergano gli ultimi ma i penultimi. I
redditi monofamiliari a 1.200
euro che a un dato punto, tra
pannolini, biberon, vestiti e intemerate al discount alla ricerca
dell’offerta del mese, hanno necessariamente defalcato la voce
affitto dall’orizzonte. Non è stata una scelta semplice. Chi nel
documentario culla tra le braccia l’inconsapevolezza dei neonati o affronta l’alba per lavorare
“Sudano pure gli occupanti,
sai?” ha subìto una scissione. Il
nucleo familiare si è ritrovato
davanti a una linea d’ombra da
attraversare, un confine da superare senza il lusso di potersi
guardare indietro. Al telefono,
Marrese confessa il suo stupore:
“Per aver assistito a una situazione straordinariamente ordinaria, che inevitabilmente, nono-
Un’immagine del documentario
di Marrese e Ravello:
“Via Volonté numero nove”
stante io della legalità faccia una
bandiera, non può non spingere
chi incontra gli occupanti di Via
Volontè all’empatìa”. E nei volti
pasoliniani e nei sorrisi, nei dibattiti da microcosmo del microcosmo: “Ti ricordi? Ho dovuto convincerti” rivendica una
moglie e il marito annuisce: “Ma
ti ho ringraziata, no”, passa il
sentiero accidentato di un’opzione estrema. Nulla è conquistato per sempre, niente è definitivo. Gli occupanti scherzano
tra loro, fanno dell’aleatorietà
un mantra valido per esorcizzare le contestazioni che verranno: “Quando uno di noi saluta e
dice: ‘Vado a casa mia’, gli ridiamo in faccia. Nulla di tutto quello che vedete, sarà mai davvero
nostro”. E’ un universo asfittico,
in cui i figli messi al mondo diventano un problema (tanti i
racconti di ragazze madri licenziate in tronco dopo aver tentato invano di nascondere la maternità): “Mi hanno detto che
non potevano più garantirmi il
posto di lavoro con scuse atroci”, articola una signora con realismo nient’affatto commosso:
“Dalla finta condivisione del
princìpio, i dirigenti iniziarono
a dirmi: ‘E se poi i bambini si ammalano?’”.
PROBLEMI E NEBBIE. Non
tutti sono contenti della promiscuità: “Con le porte aperte, i
cessi in comune e la privacy che
cede il passo alle esigenze collettive”. Tra gli occupanti di Via
Volontè: “Abbiamo conosciuto
persone che ironizzano chiamando la nostra, l’occupazione
dei ‘nobili’, perchè lo stabile è
nuovo” c’è di tutto.
Perchè l’occupazione da Via
Cornelia in giù, non è sempre
un alveo di felicità. Nei racconti
di chi è passato attraverso altre
esperienze, ci sono buchi nel
muro, topi, paura di vedersi
strappare anche una branda circondata da pochi metri quadri.
Anche in Via Volontè, esistono
casi limite che è complicato osservare sotto le deformanti lenti
del privilegio. Serrande abbassate, notti andate, figli cui spiegare una vergogna sociale che
ogni tanto assale in aula o in autobus, con lo zaino sulle spalle e
le occhiate feroci dei bambini,
che (non è una novità) sanno essere più cattivi dei malvagi.
“All’epoca guadagnavo sei milioni al mese.. Poi sono caduto
in depressione. Ho perso la testa, ho cominciato a usare cocaina, sono stato arrestato e mi sono fatto 14 mesi”. In galera, apprendeva molte cose in mezzo
agli altri vestiti uguali, ora sa che
non esiste crimine giusto per
non passare da criminali.
Venerdì 26 marzo 2010
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SECONDO TEMPO
L’ANTEPRIMA
MADONNA CHE CANZONE C’È STASERA
Il nuovo dvd dal vivo dell’artista italoamericana,
un’operazione efficace ma puramente commerciale
di Guido Biondi
sce domani in tutto il mondo il nuovo dvd (anche in cd
e blu-ray) live di Madonna
Sticky & sweet: è stato il tour
di maggior successo diun’artista
solista della storia. Le riprese sono state filmate a Buenos Aires e,
per tale motivo, rendono la canzone Don’t cry for me Argentina particolarmente emozionante. È un
grande concerto di entertainment “all’americana”: pensato e
strutturato per enfatizzare lo
show con balletti, coreografie,
costumi, video, effetti speciali e
qualche iperbole kitsch. La musica è stata curata nei minimi dettagli: oltre a quasi tutte le canzoni
dell’album Hard Candy ci sono dei
medley preparati appositamente
per il live. Una valanga di loop e
sample (tracce prese in prestito da
brani originali di altri artisti) sono
cuciti alle sue composizioni del
passato. In Die another day c’è il
mash-up con Planet rock degli Africa Bambaataa; Into the Groove contiene Toop toop dei Cassius e It’s like
that dei Run DMC. È un tentativo,
ben riuscito, di offrire al pubblico
la storia della dance in pillole, come in Music con l’omaggio a Last
night a dj saved my life degli Indeep.
Il legame con la musica da ballo è
indissolubile per Madonna: cura
personalmente la scelta dei produttori attraverso uno screening
sui brani più trendy del momento. Era successo anche con Stuart
Price per Music, l’album del rilancio mondiale grazie al singolo
Hang up (e al campionamento degli Abba). E succederà ancora per
il prossimo disco che avrà una matrice dancefloor grazie alla produzione di David Guetta, ultimo dj
acquisito nella scuderia di Miss
Ciccone. Guetta è stato premiato
ai Grammy per il suo disco solista
pieno di collaborazioni prestigiose e per il lavoro svolto con i Black
Eyed Peas. Non è un dettaglio da
sottovalutare: Madonna ha sempre coccolato e “vampirizzato” il
talento dei dj on the edge; sino ad
oggi l’unico produttore a rifiutare
un suo invito è stato Aphex Twin.
Naturale quindi che altri grandi
artisti pop cerchino di emulare il
suo segreto: i Take That (forse
con a seguito Robbie Williams)
stanno registrando in studio proprio con Stuart Price mentre Katie Melua, normalmente impegnata in ballad acustiche, ha chiamato in studio William Orbit, un
altro collaboratore storico di
“Maddie”. Grande fiuto o grande
opportunismo? Bisogna ricordare che uno dei suoi primi fidanzati
è stato Jellybean Benitez, ancora
un dj: fu grazie a lui che Ever ybody
riuscì a decollare nel circuito dance di New York. Ad ogni data del
tour mondiale è stato scelto un dj
per aprire lo show: a Roma, l’anno scorso, toccò all’italiano Benny Benassi, scelto da Paul Oakenfold, altro dj amico di Madonna.
Ecco la chiave per capire come
ogni dj sogni almeno una volta
nella vita di incrociare la sua strada con quella dell’artista americana. Ne sa qualcosa Dino Lenny, di
Cassino, provincia di Frosinone,
autore delle hit Call me (paragonato in Inghilterra a Ian Dury e Talking Heads) e Change the world con
la collaborazione degli Housemartins; l’anno scorso in un’intervista i Chemical Brothers l’hanno
incoronato il dj italiano più genia-
A SANTA CECILIA
E
ABBADO, UN CONCERTO
PER LA SOLIDARIETÀ
È
Un’immagine di “Sticky & sweet”, l’atteso dvd sudamericano di Madonna
Nel lavoro emerge l’innata capacità
di vampirizzare i contributi esterni,
un opportunismo che è cifra stilistica
le. “Madonna aveva chiesto la
possibilità di utilizzare il brano
Feels like home cantato, scritto e
prodotto da me per inserirlo in un
mash-up con la celebre Like a prayer, racconta Dino, “dopo quella
telefonata sono stato per molto
tempo in attesa degli sviluppi, mi
sembrava che non succedesse
niente”. La cosa divertente è che
dopo un periodo di silenzio Dino
ha scoperto per caso, guardando
YouTube, un video della prima
data del tour con la sua canzone
inserita in scaletta. Come ci si sente ad essere scelti da Madonna?
“Quando mi ha chiamato il direttore del tour pensavo fosse uno
scherzo. Poi ho realizzato che era
tutto vero e mi sentivo il regista di
Jesus Christ Superstar (ride, ndr).
Scherzi a parte, per un produttore è come vincere un Grammy”.
Dino vive a Londra da 14 anni, forse perché aveva capito prima di
molti altri che quella città è l’unico posto per emergere per un dj
italiano: “Se vuoi giocare a calcio
devi andare dove c’è il campionato più forte nel mondo. Essere i
numeri uno dove non conta non
serve a niente”. Dino ha una stra-
di pochissimi giorni fa la notizia
del suo ritorno a Milano, sua città
natale, per dirigere all’inizio di giugno
l’Orchestra della Scala, con cui non ha
più lavorato dal 1986, quando lasciò la
direzione musicale del teatro. Ma
stasera sarà la capitale ad accoglierlo
assieme alla ‘sua’ Orchestra Mozart,
nel concerto che si terrà al Parco della
Musica per la stagione dell’Accademia
di Santa Cecilia. Claudio Abbado, uno
dei direttori più celebrati del
panorama musicale internazionale,
proporrà (oggi e nelle repliche del 29 e
30) due fondamentali pagine
sinfoniche del repertorio classico, la
Sinfonia n. 4 di Mendelssohn e la
Sinfonia n. 41 di Mozart, nonché il
Concerto per violino K. 216, sempre di
Mozart, con un illustre solista quale
Giuliano Carmignola. Se il brano di
Mendelssohn, scritto durante il suo
viaggio in Italia e ricco di suggestioni
folcloristiche, rivela il forte legame
con il nostro paese, da cui l’appellativo
di “Italiana”, la sinfonia di Mozart,
l’ultima scritta dal compositore
salisburghese, raggiunge un’intensità
e una perfezione che hanno del
sovrumano, tale da meritare il
soprannome di “Jupiter”.
Con l’istituzione romana Abbado ha un
rapporto di lunga data che nel corso
degli anni ha portato a eventi
memorabili, come l’integrale delle
sinfonie di Beethoven eseguita nel
2000 con i Berliner Philharmoniker, di
na idea del successo, per i suoi dj
set sceglie solamente posti atipici
e curiosi come l’Islanda o Malta:
“Mi piacciono i luoghi dove c’è
un’energia particolare; non mi interessa suonare nei posti trendy e
scontati, anche perché sono molto pigro”. Bizzarro, eclettico e
istrionico Dino non pensa per
niente di capitalizzare il successo
ottenuto. Lo dimostra il fatto che
al momento è impegnato in un
progetto che non ha niente a che
vedere con la musica: “Sto preparando un format televisivo chiamato Dino Lenny Show dove invito
cui all’epoca era direttore principale, o
il ciclo di concerti del 2005 insieme alla
Lucerna Festival Orchestra. Ora si
presenta, in grandissima forma
malgrado l’età, per dirigere l’Orchestra
Mozart, nata nel 2004 da un'idea di
Carlo Maria Badini come progetto
speciale dell'Accademia Filarmonica di
Bologna e della quale Abbado ha
assunto la Direzione artistica: le prime
parti sono musicisti con maggiore
esperienza, ma l’orchestra si avvale
soprattutto di professionisti più
giovani, che col direttore milanese
hanno già collaborato in altre
formazioni e che – come egli ha tenuto
a sottolineare – “lavorano come si fa
nella musica da camera, con
entusiasmo e senza anteporre limiti di
orario per le prove”. Con loro lo scorso
anno Abbado ha suonato in favore
delle popolazioni abruzzesi, per
raccogliere fondi destinati alla
realizzazione di una struttura per la
ripresa delle attività musicali nelle
zone colpite dal sisma: ennesimo
esempio di un’attenzione al sociale che
lo ha spinto a collaborare con artisti
venezuelani, strappando i ragazzi alla
criminalità e inserendoli in
formazioni orchestrali , per dar loro la
possibilità di cambiare vita. Ma Abbado
sta lavorando per portare questo tipo
di iniziativa in Italia, organizzata su
base regionale, con l’obiettivo di
diffondere tra le nuove generazioni
quella cultura musicale che oggi
rischia di essere dimenticata. E di
questa funzione educativa della musica
Abbado parlerà con Fabio Fazio, ospite
di “Che tempo che fa” in onda
(Giorgio Cerasoli)
dopodomani sera.
ospiti virtuali; una parodia dello
show di David Letterman in chiave ironica e comica”. Madonna è
alla ribalta in questi giorni anche
per il gossip con Lady Gaga. Il finto litigio andato in onda l’anno
scorso su Saturday Night Live si è rivelato profetico: “Lourdes è più
una fan mia che di sua mamma”ha
dichiarato Lady Gaga su People.
Seccata, Madonna ha dichiarato a
sua volta che il video di Lady Gaga
Telephone, che cita Papa Don’t Preach è “stucchevole e inutile”. Inoltre sta per arrivare sul mercato
una collezione di sei paia di oc-
chiali da sole contrassegnati da
una grande M firmati da Dolce &
Gabbana. E, con la figlia Lourdes,
tredicenne, ha firmato una linea
d’abbigliamento per bambini
chiamata, neanche a dirlo, Material girl. E nei prossimi giorni si
preparerà per la Pasqua ebraica:
“L’anno scorso al Kaballa center
di Londra incontrai Madonna”,
racconta Chiara Iezzi (Paola &
Chiara), “come tante altre persone da tutto il mondo ha partecipato alla cena di seder (ordine,
ndr); abbiamo cantato e pregato
insieme”.
La Roma sale in cattedra
DUE INCONTRI UNIVERSITARI PER ASSORBIRE LA PASSIONE DI UNA CITTÀ CHE ASPETTA LA SFIDA DI DOMANI CON L’INTER
Di Giuseppe Lo Monaco
osa c’entra la Roma con
Cbiologia
una conferenza sulla
e l’anatomia? Apparentemente nulla, ma se
l’ospedale in cui si tiene la
conferenza è il Gemelli,
dalla scorsa estate struttura sanitaria di riferimento
del club e se la Roma è
quella rigenerata dalla cura
Ranieri, vincente e simpatica a tutti quei tifosi Italiani che sperano in un finale
a sorpresa del campionato,
allora con uno sforzo di
fantasia il pretesto si trova.
La città vive ore febbrili.
Conferenze universitarie
alla Sapienza con docenti
d’eccezione e provata fede
giallorossa come Venditti e
Claudio Amendola, incon-
tri alla Cattolica con allenatore, capitano e presidente. Un ispiratissimo Francesco Totti, un disteso
Claudio Ranieri e una divertita e scaramantica Rosella Sensi. “Ora dobbiamo
provarci davvero” sembrano dire le loro facce, ma
questa consapevolezza comune trova sfogo attraverso atteggiamenti diversi. Il
capitano, tra una battuta,
un’ovazione e una serie infinita di gag ai danni della
malcapitata moderatrice
dell’incontro, ha fatto capire di essere tornato a disposizione, ma che questo
non necessariamente implica un suo impiego dal
primo minuto contro l’Inter. I due decideranno insieme, d’amore e d’accor-
do. Idillio reale? Sembra
proprio di sì, soprattutto
stando alle parole che Ranieri, sempre nella logica
di questa inevitabile dialettica fra calcio e biologia, ha
avuto per il suo capitano.
“Totti è una cellula speciale, una cellula staminale”.
Pronta la replica del numero 10: “Una volta ero una
cellula, ora sono un cellulino. Tornerò presto ad essere una cellula. Magari già
da Sabato” Attimo di silenzio, i due si guardano divertiti e Totti prosegue: “Con
l’Inter sarà una partita importante, ce ne saranno parecchie di cellule in campo. Ci sarà tutta Roma a
guardarci, anzi, quasi tutta
Roma...”. Ranieri, invece,
non nasconde la sua soddi-
sfazione: “È bello che la Roma che era una squadra
‘malata’, visto come era cominciata la stagione, a nove giornate dalla fine si giochi il match dell’anno. Significa che i ragazzi hanno
lavorato bene. E poi noi, al
contrario di Mourinho e
dei suoi, non abbiamo nulla da perdere”. La spiegazione che si può dare a questo incontro, a metà fra
“Dr. House” e 90° minuto”
è forse da ricercare nello
stato d’ansia dei tifosi romanisti, emotivi e passionali come pochi, che sabato approcceranno ad un
evento che è diventato il filo conduttore delle discussioni di un’intera città e
che metterà a dura prova le
loro coronarie.
I 70 anni di Mina
un vero e proprio evento, annunciaÈzione,
to da settimane, con prese di posiomaggi e (rare) polemiche. Mina
compie 70 anni. Da tutto il mondo arrivano telegrammi di auguri e in tv e
nelle radio si moltiplicano gli speciali.
La Sony per celebrare (e monetizzare) al
meglio l’occasione, pubblicherà in vinile gli album stampati tra il 1994 e il
2007. I fan attendono anche il nuovo
disco di inediti che Mina sta preparando, l'uscita è prevista per il 14 maggio.
Per festeggiarla le Teche Rai hanno creato un inedito album fotografico sull'homepage (www.teche.rai.it), con le immagini realizzate dai fotografi Rai dell'epoca dietro le quinte. Settant’anni.
Un’ovazione.
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Venerdì 26 marzo 2010
SECONDO TEMPO
+
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO
TG PAPI
E Santoro
sparì dal tg
di Paolo
Ojetti
g1
T
E’ del tutto pleonastico
scrivere che il Tg1 non abbia
mai citato “raiperunanotte”,
l’iniziativa degli epurati da
Berlusconi (esageriamo: il
Terzo Stato che abbandona
Versailles per giurare nella
Sala della Pallacorda, gli impressionisti che aprono il loro “Salon des refusés” alla faccia di Delacroix). Così com’è
del tutto pleonastico dire che
in primo piano c’è sempre
Berlusconi che esorta a “non
disertare le urne” e che –
all’ultima dirittura della campagna elettorale – ci si può
ancora eccitare sulle “grandi
riforme”, sul “governo del fare” e sul resto di cui anche il
cittadino più tollerante ne ha
le scatole pienissime. Ma una
delle notizie più inquietanti,
finita quasi in coda, dovrebbe colpire assai più di Berlusconi e dei suoi fantasmi: il
Vaticano fatica a smentire il
New York Times sulle presunte
“coperture”
del
Sant’Offizio (gestito a suo
tempo da Ratzinger e Bertone) date all’ arcivescovo Murphy: 200 abusi sessuali su
bambini sordomuti. La chiesa cattolica sta attraversando
il suo inferno. Oppure Cristo
si è stancato e sta cercando
rifugio altrove.
g2
T
Non si acquieta nemmeno a Bruxelles. Berlusconi
scaccia i fantasmi che – come
dice Fini – lo ossessionano,
evocando mirabolanti riforme future che farà da solo e
Mariolina Sattanino fa sapere
che “ha comprato antiche
marionette per i nipotini”.
Anche se l’apertura è tutta
per i preti pedofili (una manifestazione davanti a San
Pietro di una decina di ex-vittime di scuole religiose americane, è stata immantinente
dispersa), la notizia più bella
arriva alla fine del Tg2. In un
bar britannico, una macchina automatica sputa un pacchetto di patatine ogni volta
che il Cancelliere dello Scacchiere parla di crisi in Tv. Ecco, non si potrebbe copiare?
Per esempio, una fetta di porchetta di Ariccia ogni volta
che Berlusconi attacca la magistratura. Gente, in poche
settimane tutti con il colesterolo alle stelle, altro che Little
Tony. Nessun cenno alla serata di Santoro e compagnia.
g3
T
Mariella Venditti a Bruxelles si fa largo fra i gorilla
che lo circondano come un
muro umano (la Merkel non
ne ha nemmeno uno, per dire) e azzanna Berlusconi:
“Ma lei questa sera non vedrà
Santoro”. Silenzio del premier e via in auto blindata. Lo
vedrà, anzi – oggi è oggi, ieri
sera era ieri sera – lo ha sicuramente visto. E il Tg3 è
l’unico che dà la notizia della
controinformazione
degli
esclusi, degli epurati, con un
elegante servizietto. Si parla
anche del “sorpasso” della
Lega. Interviene La Russa,
con la delicatezza tipica del
partito dell’Amore: “Rigordate il film di Dino Risi? E digiaaaamolo, lì la magghina finiva nel burrone”.
Povero il Bossi, già non sta
tanto bene, auguriamogli di
restare a ruota.
I dubbi
di Enrico Lucci
di Luigi Galella
nrico Lucci appare come un “cretino”.
A guardarlo ogni settimana a Le Iene (Italia 1, mercoledì, 21.10), di cui è veterano e primadonna, si mostra talvolta
coi riflessi lenti e lo sguardo fisso, impietrito
sul suo interlocutore. Come se tardasse a capire. Un extraterrestre disorientato, sconnesso e un po’ imbranato. Un bambino ignaro delle cose del mondo, che fa quasi tenerezza nel suo candore.
In altri casi, con gioviale goliardia, si avvicina
a una qualche celebrità, sorridendole come
se fossero amici d’infanzia, dandole confidenzialmente del tu e abbracciandola, e facendo così cadere ogni difesa. Come in passato è accaduto all’algido Fini e allo sprezzante D’Alema: al primo fece rinnegare Mussolini e al secondo lo ricongiunse con Veltroni,
al quale il leader Maxìmo – incoraggiato e
quasi costretto da Lucci – rivolse perfino un
sofferto: “Ti voglio bene”.
Difficile includerlo nella categoria del mondo dello spettacolo, riduttivo considerarlo
semplicemente un giornalista. Eppure, come giornalista, ha addirittura anticipato il
La Iena Enrico Lucci (F A ) New York Times, che
ha pubblicato il resoconto giudiziario di
un caso di pedofilia,
che la Chiesa di Ratzinger e Bertone
avrebbe occultato
negli anni ’90. E’ sulle prime pagine dei
quotidiani di tutto il
mondo. Ma Lucci al
“tema” era arrivato
prima degli altri. Con
delle semplici do-
E
OTO
NSA
mande rivolte a una serie di alti prelati incontrati un anno fa. Qual è l’atteggiamento della
Chiesa, che cosa deve fare il Penitenziere nel
momento in cui è di fronte al caso di un prete
pedofilo? Denunciarlo all’autorità giudiziaria o informare il Vescovo?
Padre Leon Lemmens rispondeva: prima bisogna accertarsene bene, poi prendere le misure ed “eventualmente” informare le autorità. “Eventualmente – ripeteva la Iena – non
automaticamente?”, e il Prelato accomodante: “Bisogna vedere, se è una piccola cosa o
una grande cosa”.
“E poi denunciarlo?”, chiedeva Lucci, e l’altro, preoccupato: “No no, avvertirlo, allontanarlo…” Allo stesso modo, le risposte del
Penitenziere di S. Maria Maggiore, Don Pedro Fernandez, che alla domanda: “Se sapesse di un prete pedofilo lo denuncerebbe alla
Polizia?” chiamava in causa San Paolo, che
nelle sue Lettere – nella lettura di Don Pedro
– riteneva che tutto si dovesse risolvere in
seno alla Chiesa.
A distanza di un anno, dopo il chiaro pronunciamento di Ratzinger, circa il comportamento della Chiesa verso la pedofilia, la Iena
è tornata a parlare con Don Pedro. Che si è
rifiutato di rispondere e gli ha chiuso la porta
in faccia. Perché “noi siamo un programma di
idioti e io un cretino inaffidabile”. Ma il Papa
era stato chiaro, concludeva Lucci, scandendo bene le parole: “I preti pedofili vanno portati in Tribunale”. Smentendo tuttavia, Benedetto XVI, perfino se stesso. Nel ’96, come
appunto scrive il NYTimes, J. Ratzinger avrebbe coperto il caso di padre Lawrence C. Murphy, che tra il 1950 e il 1974 aveva abusato di
200 bambini sordi. Siamo sicuri che il geniale
“cretino”, stavolta, tenterà di chiederne ragione allo stesso Pontefice.
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SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
DOPO LA PROMESSA SUL CANCRO
Miracoli di B.
rabbia Facebook
L’
annuncio di Berlusconi è
arrivato sabato scorso davanti ai militanti Pdl riuniti in piazza San Giovanni:
nei tre anni di governo che mancano alla fine della legislatura
“vogliamo anche vincere il cancro”. La promessa, pronunciata
prima dei giuramenti dei candidati nelle mani del premier; subito dopo le canzoni da villaggio vacanze suonate dall’orchestra di Demo Morselli; ha avuto
per molti un suono sgraziato,
scatenando forte indignazione
per la superficialità con la quale
è stato trattato un tema così serio.
Cartina di tornasole di tale indignazione sono numerosi gruppi
Facebook e in particolare la pagina “Il tumore non si combatte
con un decreto legge” che ha
già raccolto 3 mila iscritti. Su
questa pagina del social network si sono ritrovati pazienti,
operatori della sanità e semplici
cittadini. Fabrizio, un medico,
racconta la sua esperienza:
“Senza essere animato da un
pregiudiziale antiberlusconi-
smo, ho deciso di associarmi a
questo gruppo perché ritengo
che le dichiarazioni fatte dal
presidente del Consiglio non
siano suffragate da alcuna credibilità scientifica. Dato che per
lavoro sono in quotidiano contatto con pazienti oncologici e
le loro famiglie, tocco con mano
la sofferenza degli uni e degli altri e ritengo ingiusto nel merito
e nei termini introdurre artatamente argomenti così delicati
nell'agone politico”. Ma si leggono anche testimonianze più
dure da mandare giù: “Magari si
combattesse con un decreto
legge – scrive un utente – Invece, io sono qui, chemio, radio...
chemio... scompenso cardiaco
causato dalla chemio, che rabbia”. Giulio Divo, che ha aperto
la pagina, ne spiega l’intento:
“Questa pagina intende raccogliere adesioni per esigere una
pubblica rettifica sulla dichiarazione del presidente del Consiglio circa la possibilità che la sua
azione di governo possa curare
il tumore, in spregio a qualsivoglia realtà scientifica”.
è COME TI BUCO L’ACCOUNT DI OBAMA
PRESO “HACKER-CROLL”, INFORMATICO DI 23 ANNI
“Non sono un hacker. Sono un pirata gentile”. Così si è
difeso François C., alias ‘Hacker-croll’, il ragazzo francese
di 23 anni sospettato di essersi infiltrato in migliaia di
profili Twitter, compresi quelli di Barack Obama e di
Britney Spears. Il genio informatico ha spiegato che era il
di Federico Mello
senso della sfida a muovere i suoi attacchi: “Qualsiasi
sistema è vulnerabile - ha detto a France Press - Non
sono un hacker. Casomai sono un pirata
gentile. Non ho agito per fini distruttivi. Non
ho voluto danneggiare l’azienda. Ma solo
è “DRAQUILA, L’ITALIA CHE TREMA”
avvertire, mostrare le falle del sistema”.
SABINA GUZZANTI: “HABEMUS TITOLUM”
Francois, scovato dopo una lunga indagine
All’inizio di marzo Sabina Guzzanti aveva
coordinata dalla Cia, rischia due anni di
lanciato in Rete il “tototitolo”: trovare, con
prigione ma per ora è stato rimesso in libertà.
l'aiuto dei lettori del suo blog, un titolo per il
suo nuovo film. “Vi va di contribuire al brain
storming – il post su sabinaguzzanti.it - è vero
il film non lo conoscete ma ve lo potete
immaginare tema: raccontare L’Aquila per
DAGOSPIA
raccontare l’Italia”. Numerose sono state
BUSI, SUPPOSTA DEL CUORE
le proposte di Sabina e quelle arrivate dai
1) “Entusiasti dei giudizi
lettori. Ieri, l’annuncio: Habemus Titolum. Il
espressi da Busi sul
film si intitolerà “Draquila, l’Italia che trema”.
degrado antropologico,
“E’ la prima volta che un titolo viene scelto su
morale e culturale della
Internet” dalla Guzzanti.
media degli italiani e
delle italiane, abbiamo
immediatamente
provveduto ad offrirgli uno spazio per ben curare
ed elevare i sentimenti dei lettori di Rolling Stone”:
sono le parole di Carlo Antonelli, direttore
dell’edizione italiana del mensile Rolling Stone che
ufficializza l’ingresso di Aldo Busi tra i collaboratori
eccellenti della testata a partire dal numero di
maggio, in edicola da fine aprile.
Busi commenta così il suo nuovo incarico: “Ho
sempre una profonda ammirazione per chi sceglie
me prima di chiunque altro. Avendo io solo vissuto
di amori degli altri e non avendo alcuna esperienza
personale in merito, sono l’unico in grado di dare
un giudizio obiettivo al fine di rovinare del tutto le
vite dei sentimentali che si rivolgeranno a me”.
Il gruppo Fb;
il Twitter di Obama;
la mail di Jobs;
il blog di Sabina Guzzanti
GRILLO DOCET
PSICONANO
DA ESPORTAZIONE
1) Bush che stringe le
mani a un haitiano e si pulisce
sulla camicia bianca di Bill Clinton
è la prova provata del dilagare
del virus italiano nel mondo. Un
gesto simile a georgedabliù non
sarebbe mai venuto in mente se non avesse
conosciuto prima lo psiconano. Come Sarkozy non
avrebbe avuto suo figlio candidato a un’alta carica
dell'amministrazione pubblica francese. O la signora
Robinson, moglie del primo ministro irlandese, non
avrebbe tradito il marito con un giovane aitante a
cui ha anche prestato del denaro. L’Italia è un
laboratorio di virus patogeni per le democrazie. Chi
si infetta non dura a lungo, ma nel
frattempo provoca catastrofi.
2) I preparativi per l’Unità d'Italia fervono.
150 anni e non li dimostra. Sembra ieri che i
francesi ci liberavano a Solferino e che
l'esercito sabaudo massacrava decine di
migliaia di meridionali. La vera Storia d'Italia
non è mai stata scritta. Appartiene a qualche
libro, qualche rara testimonianza. L'Italia è un
problema metafisico irrisolto. Cos'è? Perché
esiste? Da dove viene? Dove sta andando? Il blog
inizia da oggi a cercare di dare una risposta. Nicola
Biondo ci ricorda che siamo stati liberati dalla CIA
e dalla mafia.
(sul blog
è ANCHE GO DADDY LASCIA LA CINA
video-inter vista AZIENDA LEADER NEI DOMINI
a Nicola Biondo,
Dopo Google, un’altra azienda lascia la
co-autore insieme a
Cina per protesta contro la censura. Si
Sigfrido Ranucci, di
tratta del gruppo americano Go Daddy,
è RISPONDE STEVE JOBS
“Il Patto: La
leader mondiale nell’assegnazione di
ALLA MAIL
trattativa Stato e
domini Internet. “Abbiamo deciso di
DI UN BLOGGER ITALIANO
mafia in un racconto smettere di proporre nuovi nomi per il
La risposta è laconica: solo “Yep”,
inedito”).
dominio .cn per il momento, non volendo
uno “Yes” informale in slang
agire come funzionari del governo cinese”
americano. Ma questa semplice
ha dichiarato Christine Jones, direttrice
risposta fa notizia perché a scriverla
giuridica del gruppo. Anche Go Daddy è
di suo pugno è stato Steve Jobs, il guru, fondatore e
stato vittima di un attacco informatico
amministratore delegato della Apple.
partito dalla Cina che, secondo esperti
Il blogger italiano Andrea Nepori, conosciuto online
americani, potrebbe avere collegamenti
come Camillo Miller aveva scritto a [email protected]
diretti con il governo di Pechino. Intanto
chiedendo se sull’iPad - la nuova device Apple - sarà
mercoledì sia YouTube che Wikipedia
possibile scaricare ebook gratuiti in formato ePub, ovvero
hanno avuto un black out di due ore:
i classici della letteratura (disponibili dal sito
collegandosi ai due portali gli utenti hanno
gutenberg.org) per i quali sono scaduti i diritti d’autore.
visualizzato un messaggio d’errore. Sia
“Sì” la risposta di Jobs accompagnata da una firma digitale
YouTube che Wikipedia hanno fatto sapere
“Sent from my iPad”, mandata dal mio iPad. Perfetto
che il momentaneo oscuramento è stato
esempio di marketing creativo in stile Apple.
causato da un problema tecnico. In rete
erano già circolate voci di attacchi
informatici come ritorsione per la
decisione di Google di abbandonare la Cina.
feedbac$
k
Commenti al post:
“L’Aquila: propaganda
elettorale choc” di
Alberto Puliafito
è I PROBLEMI a mio
modo di vedere sono due:
dal lato consapevole ormai
queste trovate senza
dignità non stupiscono più.
Dal lato non consapevole
invece il problema è forse
ancora più grosso; cioè che
queste trovate senza
dignità fanno ancora la
differenza in campagna
elettorale.
Emanuele
è COME mai questo
governo non ha mai
risposto ai servizi di Iacona
che denunciava appunto
l'enormità dei costi degli
appartamenti realizzati?
Franco
è MI INTERESSA
sapere: a) quante persone
sono ancora senza tetto in
Abruzzo? b) è vero o falso
che ci sono ancora persone
nei container in
Umbria-Marche?
Peterdem
è ALTRO CHE governo
del fare... questo è il
governo delle menzogne.
Per questo non può
accettare una trasmissione
come quella di Santoro.
Vito
è MA PER GOVERNO
“dei fatti” immagino
intendano fatti di qualcosa,
visto quello che dichiarano
e soprattutto cosa arrivano
a usare per dichiararlo.
Ber ta
è SE MR. B. ha fatto
tanto per il terremoto
abruzzese, perché non si fa
più vedere da quelle parti?
Paolo
è CHI VOTA PDL NON
merita rispetto.
A.S
è IO VIVO a L’Aquila, ho
avuto la casa distrutta dal
sisma e le posso assicurare
che anche le promesse del
suo padrone sono state
abbondantemente
disattese, checché ne
dicano i telegiornali di
regime. Tuttora ci sono
decine di migliaia di
SENZATETTO fuori
dall'Aquila.
Gianna
è NÉ PIÙ né meno degli
avvoltoi pronti a
banchettare con quel che
resta di un cadavere.
Questa è l’immagine che mi
suggerisce la propaganda
elettorale del Pdl fatta sulla
pelle degli aquilani.
Celeste
è COSA CI si può
aspettare da chi vuole
sconfiggere il cancro entro
3 anni tagliando fondi alla
ricerca, da chi vuole (?) liste
pulite con il gran capo
riconosciuto corruttore di
Mills, etc, etc.???
Tom
è NON È SOLO
propaganda politica choc, è
anche altro: è stata imposta
a quella gente una tipologia
di vita sociale non condivisa
a priori con loro, è stata
imposta la tipologie di case
che sono state costruite,
che non sono abitazioni
immaginate per essere
realizzate in un ambiente
freddo ed umido come il
territorio de L’Aquila.
Maurizio
pagina 18
Venerdì 26 marzo 2010
SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE
Perché l’Ue non funziona
di Vladimiro Giacchè
l conflitto scoppiato all’interno dell’Unione europea sul
caso greco è soltanto l’ultima
– e più clamorosa – dimostrazione dell’assoluta incapacità delle istituzioni europee di gestire la
crisi economica in corso. I motivi
di questo disastro non sono contingenti, ma affondano le loro radici nel processo di costruzione
dell’Europa e nella sua architettura istituzionale. Di cui questa crisi
sta mettendo in luce tutti i limiti.
La crisi ha in effetti evidenziato, e
aggravato, un’accentuata divergenza tra le economie della zona
euro: in termini di crescita, di inflazione e di incremento del debito pubblico. Quello che sta accadendo è l’incubo dei fautori
dell’unità economica dell’Europa: il prodursi di choc asimmetrici, ossia di una crisi che colpisce
in misura molto diversa i paesi
dell’Unione, con i più deboli tra
essi ormai impossibilitati ad adoperare la leva delle svalutazioni
competitive per raddrizzare le loro economie. E che quindi rischiano di avvitarsi in una spirale
drammatica: crisi economica, debito fuori controllo (anche per la
riduzione delle entrate fiscali a
causa della crisi) e necessità di
una terapia d’urto contro il debito che ha l’effetto di aggravare la
crisi.
L’Unione europea non è in grado
di impedire che si producano situazioni del genere. Questo perché c’è l’Unione monetaria, ma
non c’è una politica economica
integrata a livello europeo. E non
può esserci, per un motivo ben
preciso: perché una politica economica comune è impossibile in
assenza di una politica fiscale comune. Ma le politiche fiscali dei
Paesi dell’Unione sono tutt’altro
che omogenee. Anche perché il
Trattato di Lisbona prevede che
sull’armonizzazione delle politiche fiscali (come del resto sulle
politiche sociali) l’Unione possa
decidere soltanto all’unanimità
(vedi gli artt. 114, 192, 194). Conseguenza: è sufficiente che siano
contrari Paesi come la Gran Bretagna o la Lettonia (che oltretutto
non fanno parte neppure della
zona dell’euro) per impedire che
l’Unione europea armonizzi le diverse legislazioni fiscali.
All’origine di questa situazione vi
è un presupposto teorico, o meglio ideologico: la bizzarra idea
secondo cui il “libero agire delle
forze di mercato”, unito al coordinamento delle politiche monetarie e di bilancio, sarebbe la ricetta giusta per conseguire la crescita economica. Su questa idea
sono stati costruiti tutti i trattati,
almeno da Maastricht in poi. Un
secondo motivo è più concreto,
ed è rappresentato dagli interessi
delle imprese: che, in assenza di
regole fiscali comuni (ossia di soglie minime di tassazione), hanno
potuto fare arbitraggio fiscale,
creando o spostando filiali operative nei Paesi in cui la fiscalità era
più conveniente (vedi alla voce
Irlanda). Questo a sua volta ha ingenerato una concorrenza al ribasso tra le fiscalità e quindi una
tendenziale riduzione delle tasse
medie sulle imprese su scala europea. Tutto questo ha avuto effetti perversi di breve e di lungo
periodo. Quelli di breve – siccome i vincoli di Maastricht imponevano comunque soglie basse di
deficit – sono consistiti in un aggravio del carico fiscale sulle persone fisiche (e in particolare sui
lavoratori dipendenti) e in una riduzione delle prestazioni sociali
I
Il caos intorno alla
Grecia è la spia
di un problema
strutturale: si
è impedito che
l’Europa potesse
avere una politica
fiscale comune
nell’illusione che
fosse sufficiente
il libero mercato
erogate dagli Stati, indebolendo
anche per questa via la domanda
interna nei Paesi dell’Unione.
Quelli di lungo periodo, li stiamo
vivendo adesso, e consistono appunto nell’impossibilità di una
politica economica comune: anche per Paesi che hanno una moneta comune, e anche in presenza di una crisi devastante.
Possiamo concludere che si è dimostrata sbagliata l’idea che la
formula per lo sviluppo economico consistesse nel lasciare briglia
sciolta al mercato e alle imprese,
chiedendo al tempo stesso ai cittadini europei di rinunciare a fette sempre più consistenti del welfare e delle prestazioni sociali,
quasi che fossero lussi di cui vergognarsi. Per intendere come
gran parte della classe dirigente
europea, anche nei suoi esponenti più illuminati, abbia condiviso
questa idea, basterà citare un articolo di Tommaso Padoa-Schioppa (allora nel board della Bce)
pubblicato sul Corriere della Sera
del 26 agosto 2003: “Nell’Europa
continentale, un programma
completo di riforme strutturali
deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in
altri ancora. Ma dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni
che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con
la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità”. Rilette oggi, quando oltre il 10 per cento della po-
polazione europea è a diretto
contatto con la “durezza del vivere” nella forma umiliante della disoccupazione, e certamente non
a causa dei propri “difetti”, queste frasi fanno una certa impressione. Ma soprattutto consigliano
di cambiare priorità rispetto a
quelle che hanno caratterizzato
in questi anni la costruzione europea – e che oggi ne mettono in
discussione la stabilità, se non la
stessa sopravvivenza.
*economista e saggista
LA STECCA di INDRO l
In Italia un colpo di piccone
alle case chiuse fa crollare
l’intero edificio, basato su
tre fondamentali puntelli: la
Fede cattolica, la Patria e la
Famiglia. Perché era, nei
cosiddetti postriboli,
che queste tre
istituzioni
trovavano la più
sicura garanzia.
Le stanze,
dialoghi
con gli italiani, 1998
Una rappresentazione allegorica dei più importanti leader europei (FOTO ANSA)
Giustamente
É
di Bruno Tinti
IL COMPLOTTO
NON MUORE MAI
A
desso lo hanno riacchiappato. L’ultimo di una nuvola di
processi, in gran parte finiti con la prescrizione (sei colpevole
ma non riesco a mandarti in prigione perché è passato troppo
tempo). Lui, B. grida al complotto; vogliono farmi fuori
politicamente; i giudici comunisti e giustizialisti inventano reati
inesistenti violando la volontà popolare.
Certo è che di giudici così ce ne debbono essere davvero tanti,
probabilmente un paio di centinaia: è da prima del 1994 che B.
colleziona processi. E, se di complotto si tratta, non ha
funzionato perché lui sempre qui è, sempre presidente del
Consiglio, senza nemmeno un giorno di prigione dietro le
spalle .
Io penso ad alcuni miei imputati seriali, quelli che mi ritrovavo a
scadenze fisse. Ce n’era uno che aveva uno schema: costruiva
società una dietro l’altra, le utilizzava per le frodi all’Iva
comunitaria e poi le chiudeva; e ricominciava con un’altra. Un
po’ come le 64 società off shore di B., vi ricordate? quelle che,
lui ha detto, gli servivano per non pagare le tasse. Sicché io
cercavo disperatamente di mandarlo in prigione. Ci fossi
riuscito una volta. Grazie alle leggi di B. sul falso in bilancio e la
prescrizione, si prescriveva sempre tutto, anzi per la verità il
falso in bilancio nemmeno cominciava perché naturalmente
nessuno presenta querela contro se stesso. Alla fine, l’unica
galera che faceva erano 3 mesi di carcerazione preventiva,
perché ogni volta il gip lo arrestava ma, scaduti i termini, non
c’era altro da fare se non buttarlo fuori pronto a ricominciare;
cosa che puntualmente faceva.
Ogni volta questo imputato cominciava sempre con la stessa
frase: voi ce l’avete con me. E io pazientemente gli spiegavo che
quando uno commette tanti reati è fatale che abbia tanti
processi; poi però pensavo che non aveva tutti i torti: noi lo
conoscevamo, sapevamo come si guadagnava da vivere
(piuttosto bene, un paio di 100.000 euro all’anno li rimediava) e
lo “curavamo” come si suol dire. Insomma, nel suo caso un
“complotto” forse c’era.
B. è ancora meno giustificato di questo imputato: a Trani
l’hanno acchiappato per caso, chi poteva pensare di
ascoltare in diretta il presidente del Consiglio che
ordina ai suoi di chiudere Annozero. Comunque va
pur detto che, con una vita dedicata a gestire i suoi
affari in maniera diciamo così spregiudicata (ma la
parola giusta è illegale) le probabilità di incappare in
un’indagine penale sono altine.
Adesso delle due l’una. Tutti i pm e i giudici italiani,
da Milano a Trani, ce l’hanno con B. Anche solo da
un punto di vista statistico è irragionevole; si chiama,
tecnicamente, delirio di persecuzione. Oppure,
siccome B. commette reati in serie, quando lo
beccano non si può che processarlo. In ogni modo,
non capisco perché si lamenti tanto: con tutti i
processi e le assoluzioni (Minzolini dixit) per
prescrizione che ha avuto, sempre qui sta, a fare il
presidente del Consiglio. Non gli succede niente: in
prigione non ci va, spese legali ne deve avere pochine
perché lui paga in natura: chi lo difende diventa
senatore o deputato. Insomma non pare che il
“complotto” dia il minimo risultato. Oggi, per dire, è
arrivata nel mio studio una sua lettera: c’era un
opuscolo inneggiante al governo del fare e una
lettera che cominciava con “Caro Bruno”.
Ma come si permette?
I Trani in orario
di Norberto
Lenzi
unico punto di accordo tra Berlusconi e
il procuratore sta in un’affermazione
comune: a Trani si è violata la legge.
Anche noi la pensiamo così e speriamo
che ci sarà consentito di sapere da parte di
chi, prima che le carte abbandonino la Puglia
solatia per approdare al solito Quai des brumes.
È curioso però che
uno degli ancoragNon appena uscito gi dell’indagine a
Trani si debba a un
dal Tribunale, il
direttore di Tg, noto per la sua riserdirettore del
vatezza sulle notizie, che, appena
Tg1Minzolini ha
uscito dal Tribunale si è messo a spetrivelato il
tegolare al telefocontenuto degli
no come una comare. Cose che
interrogatori in
succedono in terra
di taranta. Come al
spregio alla
solito è cominciato il rosario delle
correttezza
accuse ai magistraistituzionale e alla ti secondo l’ordinato e collaudato
prudenza
rituale.
L’
Prima, naturalmente, la giustizia ad orologeria.
Abbiamo sempre agevolmente replicato che
erano le leggi che intervenivano a orologeria
ogni volta che i processi arrivavano ad un
punto critico. Questa volta abbiamo un argomento in più.
È paradossale che questa accusa provenga
proprio da un governo che sta facendo di
tutto per riportarci ad un periodo storico nel
quale i Trani arrivavano in orario.
A seguire nelle giaculatorie c’è l’uso politico
della giustizia con il suo corollario della indebita supplenza, che ci trasciniamo dietro
fin dai tempi di Tangentopoli.
A poco è servito dire che intanto i supplenti
vengono chiamati a causa dell’assenteismo
dei professori e poi che, in ogni caso, quando
si tratta di accertare e punire reati, noi non
siamo supplenti di nessuno, ma lo facciamo
dalla cattedra che ci ha assegnato la Costituzione, dove non c’è scritto che davanti a
certe persone ci si deve fermare.
Si fa credere che abbiamo fatto cadere governi, che pretendiamo di scegliere noi i candidati. Se in qualche caso le indagini mostrano chi sarebbe meglio non scegliere sta
di fatto che il numero dei parlamentari indagati o condannati rivela quanto tenue sia
questo condizionamento.
La stampa che ama definirsi indipendente di
fronte a nostri comportamenti che possono
anche solo apparire come invasioni di campo
ci propina pozioni amarissime.
Di fronte ad un palese abuso (leggi Bruno Tinti sul Fatto) da parte di un ministro che manda
gli ispettori per una inchiesta “il cui contenuto non conosco nel merito” per valutare
questioni procedurali che solo la magistratura
può decidere, c’è sospensione di giudizio. I
più arditi provano a togliere un po’ di dolcificante dallo sciroppo riservato ai politici
(come si dice, due pesi e due ’misture’).
Nessuno però trova molto da dire se un magistrato del Csm (figlio di un ministro che ha
provato a ridurre un po’ la velocità in autostrada, ma non a frenare la corruzione nel
suo partito) fornisce consulenze all’Agcom.
Ci manca solo che ci accusino di giustizialismo perché si sta indagando su un commissario che si chiama Innocenzi. Questo epiteto, concettualmente incomprensibile ma
deliberatamente offensivo, è una beffa della
Storia: i giustizialisti erano un movimento politico che appoggiava Perón in Argentina. Oggi sono additati come nemici dal governo più
peronista che abbiamo avuto in Italia.
Che fare, come uscirne? Un giorno padre Davide Maria Turoldo ha detto che ogni mattino
nasce un giorno che nessuno di noi ha mai
vissuto. Credo che voglia essere un messaggio di speranza. Buona speranza a tutti.
Venerdì 26 marzo 2010
pagina 19
SECONDO TEMPO
MAIL
Il canone Rai
e Annozero
Mi dia un motivo valido per pagare il canone della Rai se trasmissioni come Annozero vengono chiuse. E’ uno schifo, io non
pago più niente. E se ci saranno
altri “Rai per una notte”, li seguirò e li sosterrò sempre.
Gianna Sferlazzo
Par condicio
sempre violata
In questi sgoccioli di campagna
elettorale volevo denunciare la
continua violazione della par
condicio da parte di una rete televisiva, Lazio tv, ossessivamente
incentrata su dichiarazioni, interventi, interviste al candidato al
consiglio regionale (nonché proprietario della stessa rete)e sostenitore della lista Polverini. Da
quando è iniziata la campagna
elettorale non ho sentito un accenno ai candidati delle liste avversarie; il Pd è praticamente
uscito di scena (anzi, non c’è mai
entrato), volatilizzato. Mi domando se tutto ciò rientri in un
normale contesto di campagna
elettorale o se è possibile che
qualcuno intervenga (anche retroattivamente) per sanzionare
un comportamento a mio modesto avviso irritante (e vagamente
assimilabile ad un lavaggio del
cervello preelettorale). Grazie.
Faith Terracina
BOX
A DOMANDA RISPONDO
NELLE CANTINE DEL PDL,
NELLE STIVE DELLA LEGA
Furio Colombo
7
aro Furio Colombo, leggo lo
stesso giorno (20 marzo) sullo
stesso giornale (“Il Gazzettino” del
Nordest) due notizie che sembrano
inventate con estro parodistico dal
“Misfatto”. La prima ha questo titolo
“Bertolussi: dimezzare i nostri soldi
per Roma”. Ovvero il candidato
governatore del Pd parla come il
capo branco della Lega Zaia. Il
secondo cita Tiziano Treu, ex
ministro del Lavoro di Prodi: “Pronti
al dialogo anche sulla pensione di
base”. Comincia la sindrome del
“Partito dei contadini” nella Bulgaria
sovietica?
Rosanna e Sirena
C
I LETTORI hanno diritto a una
spiegazione. “Il Partito dei contadini” era una
invenzione del Partito comunista bulgaro ai
tempi di Stalin e Breznev. Si fingeva di
governare in coalizione con un altro partito
(senza potere, senza seguito) per dare
un’immagine di finta libertà alla dittatura di
quel tempo. In questo senso il riferimento
delle nostre lettrici mi sembra preciso e utile
per quanto riguarda le dichiarazioni
sottomesse di Treu (sempre che la citazione
non sia stata forzata dal “Gazzettino” ).
Allarma quel “pronti al dialogo” . Possibile che
gruppi e persone autorevoli del Pd siano
sempre “pronti al dialogo” persino negli stessi
giorni in cui ogni livello di decenza e di rispetto
è stato travolto per l’ennesima volta (e ogni
volta in modo più grave) dal gruppo di fuoco
di Berlusconi? Oltre tutto nessuno sta
chiedendo alcun dialogo. E’ richiesta
sottomissione. Perché offrirla cancellando ogni
segno di identità dell’opposizione? Quanto a
Bertolussi, leader del Pd contro Zaia nel
nord-est, stupisce la mancanza di scrupoli. E’
chiaro che Bertolussi sa di non vincere. Ma
invece di battersi con intelligenza e coraggio
per non perdere voti e per mantenere alti
immagine e credibilità del Pd in quel difficile
luogo, in questo difficilissimo momento,
Bertolussi, in nome del Pd, ha deciso di
tracciare un suo percorso personale. Un uomo
di mondo come Bertolussi sa benissimo che
ripetere lo slogan della Lega aiuta la Lega.
Nessuno vota per chi copia il lavoro di un altro
(non proprio nobile perché apertamente ostile
alla Repubblica italiana). Si vota per
l’originale. Ma intanto, a spese di un crollo del
Pd, si lascia spazio a un’area semi-leghista che
poi potrà essere messa a disposizione del
miglior offerente politico. Questo non è un
paese per leader leali. O coraggiosi. O anche
solo normali.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Orazio n. 10
[email protected]
Invasi
da spot elettorali
Nella mia cassetta postale, così
come in quella dei miei vicini di
casa, sono stati messi degli spot
elettorali. Personalmente, non
vado più a votare da anni ormai. I
miei vicini la pensano come me,
ma pure loro hanno trovato queste cose qui. Senza contare, che
c’erano gli opuscoli della Polverini e pure quelli di Berlusconi.
Quest’ultimo, una specie di libretto. E’ uno spreco di soldi pubblici! Oltretutto gli vengono profumatamente rimborsati. Ho segnalato la cosa ma, evidentemente, sono intasati di richieste. Vi
chiedo: se non si può fare una
class-action, ditemi almeno se si
può organizzare una lista di persone, con tanto di indirizzi postali, che non vogliono essere distur-
bati da questi signori. Magari anche autenticare la lista e portarla
a conoscenza dei partiti. In questo modo, se verremo disturbati
ancora, presenteremo un’azione
legale nei loro confronti. Anche a
costo di rivolgerci all’Europa. Ma
un povero cittadino, avrà pure diritto di non essere disturbato?
Giuliano Bellagamba
La propaganda
di Berlusconi
Non molti giorni fa, rientrando a
casa, nel condominio di Roma in
cui abito, ho trovato una bella pila
di buste recanti come mittente il
presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi, indirizzate a gran parte degli inquilini dello stabile. In
IL FATTO di ieri26 Marzo 1927
Doveva essere una gara epica, eccitante per velocità e
spettacolo e scorrere lungo un grande anello a forma di otto,
per strade, sentieri e villaggi di mezza Italia. Così Aymo Maggi,
Flaminio Monti, Franco Mazzotti e Renzo Castagneto, quattro
gentiluomini con la passione per i motori, avevano concepito i
1600 chilometri Brescia-Roma-Brescia. E così fu. Alle 8 in
punto del 26 marzo ‘27, all’ordine di Augusto Turati, mossiere
nonché segretario del Pnf di Brescia, la Mille Miglia iniziava la
sua avventura, in un’infilata maestosa di auto leggendarie
come la Isotta Fraschini, l’Alfa Romeo e la OM, storica casa
made in Brescia che, per la cronaca, vincerà la sfida in 20 ore,
a una media record di 77 km/ora. Un’“impresa titanica”, come
si affrettò a definirla il regime, pronto a cogliere i risvolti
propagandistici e commerciali di quella corsa che portava le
vetture fin sull’uscio di casa di possibili acquirenti. Un trionfo
anche per il Duce, versione driver, che decreterà la replica
annuale di quella formula vincente capace di accendere gli
animi e di esportare l’immagine di un’Italia rombante.
Apripista della ripresa industriale nel dopoguerra, “la corsa
più bella del mondo” chiuderà in gloria nel 1957.
Giovanna Gabrielli
particolare, sopra ad ogni destinatario si vede un codice a barre,
cosa che lascia immaginare
l’enorme lavoro di schedatura da
parte di una società del gruppo
Mondadori, la Cemit Interactive
Media Spa di Settimo Torinese e
di quanto grande sia la banca dati
di nominativi da essa detenuta. Vi
chiedo: ma tutto questo è accettabile, e poi è consentito? Non si
configura, anche in questo caso,
un conflitto d’interessi? Può una
società privata detenere nominativi da utilizzare a richiesta del
suo padrone per scopi diversi da
quelli commerciali? La lettera,
che ovviamente invita a votare
per la Polverini, è infarcita delle
solite cretinate e in particolare
afferma che “Ai nostri delegati è
stato impedito di presentare la lista del Popolo della (loro) libertà
di Roma e della sua provincia, con
atti e comportamenti a ciò diretti” e inoltre “in quanto accaduto
non vi è stata responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e ai
nostri funzionari, come invece si
è cercato di far credere”. La lettera è corredata da un opuscolo
di quelli che già in altre occasioni
mi era capitato di vedere, opportunamente recante una foto della
Polverini accanto a un Berlusconi
talmente fotoritoccato da farlo
sembrare di gran lunga più giovane della candidata. Sarebbe utile
intervenire per ristabilire la verità sui fatti realmente accaduti in
merito alla presentazione delle liste, nel merito dei risultati che la
lettera da per ottenuti, su che fine
abbia effettivamente fatto il funzionario del Popolo della (loro)
libertà che ha preferito un panino
alla presentazione della lista ed in
• Abbonamento postale sostenitore (Italia)
Prezzo 400,00 € - annuale
• Abbonamento postale base (Italia)
Prezzo290,00 € - annuale
E' possibile pagare l'abbonamento annuale
postale ordinario anche con soluzione
rateale: 1ª rata alla sottoscrizione, 2ª rata
entro il quinto mese. La quota
sostenitore va pagata invece in unica
soluzione.
• Abbonamento postale semestrale (Italia)
Prezzo170,00 €
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Franco Fiori
Emergenze
ignorate
L’emergenza del fiume Lambro
non è affatto rientrata, ma interessa a pochi. Sono uno studente
della Statale di Milano. Non mi
sembra di avere sentito granché
in giro per questo vorrei che la
notizia fosse diffusa: qui in università se ne parla molto e c’è molto
malcontento ma fuori dell’ambiente universitario sembra che
nessuno sappia niente! Non è
certo l’unica emergenza ignorata: c’è la questione dei tagli universitari. I ricercatori, in risposta
alle leggi che sono attualmente in
discussione al Parlamento e che
gli taglierebbero ancora più le
gambe di quanto sia già stato fatto
(oltre che a tagliare il 40 per cento dei fondi all’università pubblica, favorendo quella privata) hanno proclamato lo stato di agitazione e minacciano che se qualcosa non cambia interromperan-
LA VIGNETTA
L’abbonato
del giorno
IRENE DI CARLO
“Mi chiamo Irene e sono
un’insegnante di lingua e
cultura italiana presso
un’Università della Baviera.
Grazie al vostro favoloso
giornale mi sento di aver
riacquistato il sacrosanto
diritto all’informazione.
Inoltre, durante le mie
lezioni di italiano giuridico e
di attualità, i vostri articoli
si trasformano in un
trampolino di lancio per
accesi
dibattiti
sul
presente
e sulle
prospettive
future
del
nostro Paese”.
Raccontati e manda una foto a:
abbonatodelgiorno@
ilfattoquotidiano.it
no l’offerta, mettendo ancora più
in crisi la struttura universitaria e
probabilmente non renderebbe
possibile il ripartire del primo anno accademico di molti corsi dal
prossimo ottobre. A nome di
molti studenti dell’Università
Statale di Milano
Mauro
Se Obama gridasse
“al complotto”
chissà se la Repubblica presidenziale (federale?) che sogna Berlusconi è quella degli Stati Uniti
d’America? A parte i mille ostacoli incontrati dalla riforma della
sanità voluta da Obama prima
che questa fosse approvata, leggo
ora che la legge deve tornare alla
Camera dei rappresentanti per
“irregolarità di procedura”
emerse a seguito di un paio di
emendamenti repubblicani.
Roberto Natoli
I nostri errori
Per uno spiacevole errore, nelle
ultime righe dell’articolo di Giuseppe Tamburrano pubblicato
martedi 23 marzo a pagina18 e intitolato: “Se Moro fosse stato liberato”, compare il nome di Aldo
Moro al posto di quello di Giulio
Andreotti. Ce ne scusiamo con
l’interessato e con i lettori.
IL FATTO QUOTIDIANO
via Orazio n. 10 - 00193 Roma
[email protected]
generale per rispondere alla sequela di boiate scritte nella lettera inviata agli elettori. Credo che
questo sia dovuto agli italiani, per
ristabilire una par condicio che
pare valida solo per gli avversari e
mai per il Popolo della (loro) libertà.
Grazie a tutta la redazione del
Fatto Quotidiano per il vostro lavoro, continuate sempre così!
Giovanni Iuorio
Il falò
di Calderoli
Ho visto sulla tv La7 la sceneggiata di Calderoli: il falò di cartoni
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come paradigma di 375 mila leggi
(così recitava il cartello). Se non
ricordo male alcuni anni fa si parlava di un numero di leggi decisamente inferiore da abrogare per
modernizzare il sistema Italia.
Ora Calderoli avrebbe abrogato
375 mila leggi e nessuno se ne è
accorto (di qui la necessità del falò)? Come fa un semplice ministro ad abolire 375 mila leggi senza l’intervento del Parlamento?
Mi pare evidente che non si tratta
di 375 mila leggi, ma di norme, ovvero articoli di leggi corrispondenti, già morte per conto loro.
Per questo nessuno se ne è accorto: perché di fatto non ha
comportato nessuna conseguenza riformista. Abbiamo capito allora che per il centrodestra riformare significa derubricare. Ma il
falò chi lo ha pagato?
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pedofilia, bufera sul papa