Cresce il nervosismo tra i berluscones per le elezioni. Se le cose non vanno, è già pronto il responsabile: Fini y(7HC0D7*KSTKKQ( +"!"!@!?!. www.ilfattoquotidiano.it VERITÀ Dopo 153 giorni PER nessun colpevole STEFANO di un ragazzo CUCCHI dello Stato ancora per la morte nelle mani € 9,90 DVD + € 5,00 Cal.+ € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Venerdì 26 marzo 2010 – Anno 2 – n° 97 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 LA NOTTE DELLA RAI LIBERATA Da Bologna Santoro si appella a Napolitano “Abbiamo il diritto e il dovere di farci ascoltare”. Il ricordo della prima radio libera di Danilo Dolci. Critiche all’Agcom Truzzi, Telese e Chierici pag. 2,3 e 4 z PEDOFILIA, BUFERA SUL PAPA L’accusa: Ratzinger “coprì” un sacerdote americano responsabile di violenze su 200 bambini. Il Vaticano apra gli archivi di Marco Politi dc adesso il Vaticano apra gli archivi. C’è una sola risposta che Papa Ratzinger può dare ora che il bubbone dell’insabbiamento degli abusi raggiunge il centro del governo della Chiesa: fare piena trasparenza sulle migliaia di casi approdati al Sant’Uffizio. Perché di insabbiamenti ce ne sono stati. Basta il caso Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, colpevole di abusi e invano denunciato negli anni Novanta mentre il suo dossier si smarriva in Vaticano. Quando si afferma che Benedetto XVI ha segnato una svolta, condannando Maciel a ritirarsi da ogni ruolo pubblico, si sottolinea evidentemente che prima di lui i Vertici ecclesiastici avevano coperto il caso. Il dossier Murphy è ancora più agghiacciante: duecento bambini abusati in istituti per sordomuti. Un vescovo chiede consiglio alla E Congregazione per la Dottrina della fede, guidata dal cardinale Ratzinger, si sta per iniziare un processo canonico, alla fine il prete malato viene graziato, lasciandogli la tonaca sacerdotale. Alle vittime la Chiesa non ha reso giustizia. Benedetto XVI si trova a un bivio. La sua Lettera ai vescovi irlandesi ha tracciato una linea di condotta rigorosa: ricerca della verità, piena trasparenza, ascolto e cura delle vittime, punizione dei colpevoli e loro deferimento ai Tribunali dello Stato. Con tre sottolineature. Benedetto XVI ha biasimato che le pene previste non siano state applicate. Ha denunciato i silenzi dovuti alla “preoccupazio- ne fuori luogo per il buon nome della Chiesa”. Ha riconosciuto la responsabilità della Chiesa, esprimendo “in suo nome” vergogna e rimorso. Ora Papa Ratzinger può scegliere di ignorare il passato, seguendo i consigli di quanti intonano il coro della “persecuzione della Chiesa”. Oppure può decidere di andare sino in fondo nella politica di trasparenza. E allora ci sono tremila casi di abusi approdati al Sant’Uffizio nell’ultimo decennio: si dica quanti sono i religiosi innocenti, quanti i colpevoli, se sono stati denunciati, se sono stati trasferiti e hanno commesso altri crimini. Ma si dica tutta la verità. Perché i silenzi non pagano e la voce delle vittime non grida solo a Dio, ma anche all’opinione pubblica che ascolta. PER SILVIO x Deputate e ballerine Un’altra festa a Palazzo Grazioli Una sostenitrice abbraccia Silvio CATTIVERIE Tecce pag. 5 z Obama si dà tante arie per questa riforma, ma voglio vedere cosa dirà quando qua tra due anni sconfiggeremo il cancro (www.spinosa.it) CALDEROLI E LA TRUFFA DI CARTA di Furio Colombo 24 marzo, data da ricororamai con quelle daIte ldare fasciste del salto del fuoco dei federali del duce e dell’oro alla Patria, Roberto Calderoli ministro della Semplificazione ha realizzato davanti a tutti, un complicatissimo rito di dimensioni colossali. Ha bruciato in pubblico, in una caserma dei Vigili del Fuoco 375 mila “leggi inutili”. Ha realizzato un falso, una truffa mediatica e – quasi certamente – un danno grave alla Repubblica. Il falso consiste nella cifra, tipica di una dittatura: inventata, esagerata, non verificabile, se non altro perché manca una definizione univoca e corretta di ciò che è stato distrutto. La truffa mediatica è nel far credere e scrivere ai giornali che semplificazione (oggetto dell’inesistente attività ministeriale di Calderoli) equivalga a cancellazione. Non è vero, un ministro può proporre leggi o cancellazioni di leggi, ma non può farlo. Farlo tocca al Parlamento. Il danno è grave e ovvio. Tutte le leggi italiane fanno riferimento ad altre leggi. Al momento – e senza che siano intervenuti cambiamenti in Parlamento – tali incroci sono obbligatori. Nelle mie poche proposte di legge da deputato e da senatore ho sempre evitato il riferimento ad altri testi. Gli uffici legislativi di Camera e Senato li hanno sempre reintrodotti ogni volta che la materia nuova richiamava qualcosa di esistente. Calderoli ha cancellato senza potere e senza sapere perché gli interessava lo spettacolo. O si tratta di una pagliacciata e speriamo che ne tengano conto gli elettori. O si tratta di avere stracciato a caso ciò che gli capitava fra le leggi italiane, inventando le ragioni e il numero. E allora gli chiederà conto il presidente della Repubblica. Peggio il ricattato di Marco Travaglio ell’inchiesta di Milano sulla fuga di notizie della famigerata telefonata Fassino-Consorte, c’è tutta la tragicommedia della politica italiana. Il leader del centrosinistra, nel luglio 2005, confabula al telefono con un chiacchierato assicuratore, tifando smodatamente per una scalata bancaria illegale a cui dovrebbe essere non solo estraneo, ma contrario (invece alterna il “noi” e il “voi”, confondendo i Ds e l’Unipol, e non fa una piega quando Consorte gl’illustra i trucchi adottati per controllare la maggioranza di Bnl senza lanciare l’Opa obbligatoria per legge). Il leader del centrodestra, mentre tuona ogni due per tre contro le intercettazioni, riceve in casa sua per Natale il nastro con quella di Fassino e Consorte, ne coglie al volo la portata ricattatoria e sputtanatoria in vista della campagna elettorale e promette a chi gliel’ha donato “l’eterna gratitudine della mia famiglia”. Una settimana dopo Il Giornale della sua famiglia riceve la bobina in pacco anonimo e la sbatte in prima pagina col titolo “Abbiamo una banca?”. Fassino, che alla notizia di sue chiamate intercettate aveva detto di non aver nulla da temere e di pubblicarle pure, appena ne viene pubblicata una strilla al complotto: dimostrando così che aveva molto da temere, almeno sul piano politico-mediatico-morale, e che col suo tifo da stadio si era reso ricattabile e aveva messo in pericolo la sua coalizione. Anche senza prevedere che Consorte fosse ascoltato, nell’estate 2005 era arcinoto che il patron di Unipol si muoveva in festoso concerto con personaggini del calibro di Fiorani, Ricucci, Gnutti e Coppola, i furbetti del quartierino legati a filo doppio a Berlusconi. Senza contare che Consorte si avvaleva dei servigi del commercialista Zulli, socio di Tremonti. Insomma la destra sapeva benissimo ciò che faceva la sinistra. E se la sinistra non sapeva ciò che faceva la destra, peggio per lei: bastava leggere i giornali, che avevano ampiamente avvertito questi fresconi della compagnia con cui andavano a braccetto. L’uscita dell’intercettazione Fassino-Consorte sul Giornale a tre mesi dalle elezioni politiche costò all’Unione centinaia di migliaia di voti: a dicembre 2005 il Professore era avanti di 10 punti nei sondaggi sul Cavaliere; la notte del voto, il vantaggio si era assottigliato a uno zero virgola, anche grazie alle gesta telefoniche di Fassino e D’Alema. Ora si scopre che le bobine furono consegnate in anteprima al Cavaliere quand’erano ancora talmente segrete che la Procura non le aveva fatte neppure trascrivere. E finirono subito sul Giornale di Belpietro. Il quale fece benissimo a violare il segreto e a pubblicarle: i giornali sono lì apposta. Il fatto curioso è che oggi Libero di Belpietro denunci con articoli-spia Antonio Massari, reo di aver raccontato sul Fatto le intercettazioni segrete di Trani, e ne invochi l’arresto. Che differenza c’è fra lo scoop del Fatto su Berlusconi e quello del Giornale su Fassino? Nessuna, a parte che Il Fatto pubblica tutte le notizie che trova, sulla destra e sulla sinistra. Libero (si fa per dire) solo sulla sinistra. E a parte l’uso che di quegli scoop fanno i politici. Sul caso Ds-Unipol il Banana fece tutta la campagna elettorale del 2006, ben sapendo che gli scandali della sinistra danneggiano la sinistra, infatti recuperò 10 punti. Sul caso Agcom-Annozero la sinistra tace o balbetta, convinta che gli scandali di Berlusconi favoriscano Berlusconi. E sulla fuga di notizie del caso Unipol sia Bersani sia Fassino commentano: “Berlusconi non ama le intercettazioni legali, ma quelle illegali”. Solenne sciocchezza: erano legali anche quelle del caso Unipol. Fassino evoca la Telekom Serbia, che c’entra come i cavoli a merenda: lì non c’erano intercettazioni, ma calunnie del truffatore Marini; nel caso Unipol c’erano le parole intercettate di Fassino, D’Alema e Latorre, che hanno irresponsabilmente esposto al discredito il centrosinistra, eppure sono ancora lì in prima fila, senza mai aver chiesto scusa. In un paese governato da ricattatori, chi si rende ricattabile è complice. N pagina 2 Alemanno dice sì: maxischermo a Piazza Navona P REGIME roiezione su maxischermo della serata del Paladozza ieri a Roma. L’ok è arrivato direttamente dall’amministrazione Alemanno. Il comune di Roma ha autorizzato l’istallazione “in ottemperanza a quanto stabilito nel Protocollo per l’utilizzo delle Piazze del Centro Storico” per la “messa in onda della trasmissione di Michele Santoro, Raiperunanotte, con la prevista partecipazione di 50-100 persone”. E ancora: “L’installazione è stata autorizzata solo per il tempo strettamente necessario e gli organizzatori dovranno rispettare le prescrizioni indicate dal Protocollo stesso”. La richiesta era stata presentata dall’Associazione “Cinque12 NBD - No Berlusconi Day”. I TELERIBELLI Santoro in onda da Bologna buca la censura di Berlusconi Appello a Napolitano: abbiamo il diritto e il dovere di farci sentire di Silvia Truzzi da Bologna l bavaglio è diventato un megafono. E Sofia al massimo il nome di una signorina, non più Capitale di un editto forse abrogato per sempre. Chi la fa l’aspetti e la rivincita va in scena in un Palazzetto dello sport. Di solito gli spalti si riempiono per le partite di basket, una cosa fuori moda con le regole e un arbitro che fischia i falli senza badare al colore della maglia. Il Paladozza stasera accoglie tutti gli squalificati di un gioco senza regole né arbitri: ecco Raiperunanotte, (e)versione di Annozero dopo il cartellino rosso dell’Authority. Michele Santoro l’aveva spiegato: “Stiamo dentro un filo spinato, I ma proviamo a tagliarlo”. Dal buco della impar-condicio unilaterale, violata a piacimento dal premier (e se se n’è accorta perfino l’Agcom) sono passate migliaia – forse milioni – di cittadini, davanti a computer, televisioni, maxischermi. Resistere si può e chi intendeva spegnere voci “stonate” ha ottenuto esattamente il risultato opposto. Quelli che “rompono sempre i coglioni”, continuano a farlo: la rispettosa dichiarazione viene rilasciata a Luca Bertazzoni, inviato di Santoro, da un militante del Pdl durante l’affollata manifestazione di piazza San Giovanni. Le altre affettuose parole sono poco riferibili: le più tenere si augurano la morte di Di Pietro, Travaglio, Santoro. Come si dice: TG1, IMPAR-CONDICIO di Carlo Tecce Basta finte, il Capo pure nella sigla L e parole di Berlusconi - in astratto, che siano contro le toghe rosse o i giornalisti o i comunisti - sono l’appuntamento quotidiano del Tg1. In più salse, in più edizioni. Non importa se sia a Bari oppure al Parlamento europeo, che l’intervista sia ripresa dal Tg4 o da Studio Aperto, che sia il primo o l’ennesimo messaggio ai Promotori della libertà: Augusto Minzolini apre il giornale con Berlusconi. E poi il resto. Se c’è una lunga dichiarazione di Bersani, in un raro e alto impeto di pluralismo, il servizio successivo fa a pezzi il Pd. Come si scrive nelle carte bollate dell’ufficio anagrafe: visto che il Tg1 - ieri sera alle 20 nemmeno un sospiro su “Raiperunanotte”, da notare - ha una sigla, visto che la prima notizia del Tg1 è sempre Berlusconi, perché Minzolini non fonde la voce del premier con la sigla? quanti crimini sono stati commessi in nome dell’amore? Ammorbati – dal mal d’amore al cancro – è la campagna elettorale delle malattie. Il segretario nazionale della Federazione nazionale della stampa Siddi spiega al pubblico che il “vero cancro è la manipolazione”. Ed è solo l’antipasto. Michele Santoro, nell’editoriale di apertura della puntata, si rivolge al presidente Napolitano per suggerirgli che dei tanti acciacchi che affliggono la nostra malridotta democrazia il peggiore è il conflitto d’interessi. Poco prima erano andati in onda due spezzoni registrati: un Mussolini affacciato al balcone e un preoccupantemente simile Silvio Berlusconi in piazza San Giovanni. “Presidente”, inizia Santoro, “noi non siamo Raiperunanotte si toglie il bavaglio “Nixon per una telefonata dovette dimettersi” dentro il fascismo. Ma certe assonanze sono davvero preoccupanti. E ricorda proprio oggi ricorre l’anniversario della chiusura della Radio Libera di Partinico – l’emittente di Danilo Dolci – silenziata il 25 marzo del 1970. La prima radio libera che dalla Sicilia mandava un sos “perché qui si marcisce di chiacchiere e di ingiustizia. Sos perché la nostra Costituzione dice che tutti hanno diritto di esprimere la loro opinione. Così diceva Danilo Dolci, presidente. E co- sa vuol dire tutti? Tutti escluso noi? Vorrei ricordarle, con grande umiltà, che il presidente Nixon per una telefonata dovette dimettersi”. Poi Santoro cita ancora il sociologo siciliano: “E’ un delitto di enorme gravità quando si registra un’interferenza diretta della politica sulla libertà d’informazione”. E aggiunge: “Questa è una violenza fatta alla Costituzione”. Però attenzione, perché come spiega Gad Lerner: “La censura crea sempre il suo antidoto”. Il telefono no – “Chiudere i pollai pagati con i soldi pubblici”. Era l’ordine di Berlusconi a Innocenzi dell’Agcom. Invece le galline sono scappate e dimostrano che libere nell’aia fanno più casino che chiuse nel recinto. Così le intercettazioni, eterno cruccio di un premier che non riesce nemmeno se legato a star lontano dalla cornetta, vanno in onda: Mills, Cosentino, Trani, un po’ per tutti i gusti. Santoro le ripropone per dimostrare che tutti i paletti messi ad Annozero non erano un caso. “Non si parla di processi in tv. I processi si fanno in tribunale” (quando si riesce). E infatti, guarda la coincidenza, le docu-fiction vengono ritirate dal commercio. Pochi minuti prima dell’inizio, il segretario della Fnsi Paolo Natale parla al pubblico del Paladozza strapieno. E racconta che ai signori di “questa vergognosa Rai” il vizio di telefonare non passa: in queste ore continuano a telefonare per sapere che cosa andrà in onda. Come se dovesse interessare alla Rai un programma che va in onda praticamente dappertutto fuorché sulla Rai. Anche se in Fede, le intercettazioni mica sono il Vangelo. “Berlusconi non vuol far chiudere nessuno”, spiega dallo schermo il direttore del Tg4 intervistato da Stefano Maria Bianchi, così in solluchero che quasi quasi gli dispiace di non essere presente. Testimonial – in effetti chi c’è c’è, chi non c’è si nota. Lo dice Elio in una pausa delle prove, che si aggira aggrottando le sopracciglione. “Molti miei colleghi avrebbero potuto venire, invece hanno scelto di non correre nessun rischio”. Lui, con Storie tese, ha deciso cantare “Italia amore mio” del trio degli orrori, liberamente interpretata. Ma anche senza cambiare il testo va bene lo stesso: “Io non avevo fatto niente e non potevo ritornare”. Da Emanuele Filiberto a Santoro, il paradosso degli esilii. E poi ci sono Giovanni Floris, Norma Rangeri, Vauro, Roberto Pozzan, Giulia Innocenzi, Marco Travaglio applauditissimo. E ancora i volti di RaiTre Milena Gabanelli, Riccardo Iacona. La sigla è live: per l’occasio- ne suonata al piano dall’autore, il maestro Nicola Piovani. Sandro Ruotolo ha registrato uno sketch con Roberto Benigni. Si esibiscono Teresa De Sio, Antonio Cornacchione, il trio Medusa. Gillo Dorfles parla e lo ascoltano moltissimi giornalisti venuti perché tutto questo è voluto anche da Fnsi e Usigrai. C’è Morgan, simbolo (vabbè) della censura tossica, c’è Antonello Venditti che chiude la festa con Sara: tu va’ dritta non ti devi vergognare. Non c’è Enzo Biagi, però c’è Loris Mazzetti, suo storico collaboratore, dirigente Rai, icona della par condicio a due velocità. Nella Rai di Masi e Minzolini, lui è stato sospeso per dieci giorni a causa degli articoli apparsi sul Fatto. Siede dietro un filo spinato (ma ha un sacco di buchi). “Teleweb-sogno”, la mossa di Michele per superare le gabbie PER LA PRIMA VOLTA SI SONO COALIZZATE NUMEROSE SIGLE A GARANZIA DEL DIRITTO DI ESPRESSIONE: UN ESPERIMENTO RIVOLUZIONARIO di Luca Telese hiamatelo, se volete, un grande Cco. Perché, “esperimento” tele-democratiovviamente, se non ci saranno colpi di coda drammatici e imprevedibili, e disposizioni disperate dal bunker, giovedì “Annozero” potrà ri-cominciare. “Noi non abbiamo paura di nulla”, ripete più scaramantico che spavaldo Michele Santoro. Eppure, la manifestazione di ieri, costituisce in ogni caso un precedente, una sorta di numero zero possibile, la sperimentazione di una inedita public company televisiva, Teleweb-sogno, se volete darle un nome che renda l’idea, sulle tracce del grande esperimento mancato all’alba degli anni Novanta. All’epoca, infatti – quando quel progetto fallì – c’erano già tutti gli ingredienti di oggi tranne uno: la potenza micidiale rifrattiva e amplifi- cativa della Rete e del Web. La prima conseguenza di questo fattore è evidente: “Questa volta non hanno potuto spegnerci”, ripete da giorni Michele Santoro, mentre “Libero” invita la Rai a non rassegnarsi e a fare causa contro di lui per “violazione dell’esclusiva”. A difendere il conduttore, dal punto di vista legale, c’è un’arma molto forte: il patrocinio della Federazione della stampa, primo promotore dell’evento. Ma, a parte queste incognite, sta di fatto che, per la prima volta, intorno a “Raiperunanotte” e all’evento del Paladozza, si è costituita una inedita “sindacation”: testate Web, un quotidiano come il Fatto, editori di libri come Feltrinelli, televisioni indipendenti come Current – la tv di inchiesta di Al Gore – la Federazione della stampa, Fastweb che hanno tutti contribuito con un gettone di oltre 10 mila euro. La Cgil, poi, ha fornito uomini e mezzi per la logistica. E poi il fattore decisivo: quella miriade di piccoli versamenti, non “donazioni”, ma una sorta di azionariato popolare. Insomma, 60.000 euro sono arrivati da privati cittadini attraverso la Rete per la prima volta in Italia sul Una puntata costa 230 mila euro, l’evento emiliano apre una nuova strada modello delle grandi campagne americane, come quella di Obama. Una tassa di scopo? Una sorta di canone democratico? Sta di fatto che il bilancio di 120 mila euro che copre tutte le spese della puntata è stato coperto con questi due gettiti e per la metà con i contributi privati: editori contributori da un lato, cittadini sottoscrittori dall’altro. Certo, Michele Santoro è cauto: “Ci sono oltre cento persone che hanno lavorato gratis, questo non si può dimenticare”. Però è anche vero che prima di ieri – con l’eccezione de Il Fatto nella carta stampata – non era mai accaduto che si creassero forme di partecipazione al finanziamento e per importi così importanti. Dopotutto, ogni puntata di Annozero (versione Rai) costa 230 mila euro, una cifra non impossibile da coprire, con un’organizzazione adeguata. Altrettanto interessante, poi, è il circuito che in parte in modo pianificato, in parte spontaneamente si è creato intorno alla puntata anti-bavaglio. L’evento del Paladozza è trasmesso dal Web, ovviamente, con connessioni molto curate. Ma anche il digitale terrestre, grazie a Repubblica Tv. Ma anche il satellite grazie a Current, SkyNews24, RaiNews24 e Youdem tv. E allora la domanda che si pone, e ci si porrà, da domani è: “Se è accaduto una volta, si potrebbe ripetere anche in futuro, per aggirare o scalfire la potenza di un monopolio televisivo?”. Lino Paganelli, l’editore di Youdem tv (ma anche il responsabile nazionale delle feste del Pd) è riuscito a mettere su, con pochi mezzi, il controfestival di Sanremo e ora riflette: “Se si creasse di nuovo una situazione di emergenza, un gruppo di giornalisti di rango ha la forza di catalizzare l’attenzione e la massa critica che serve ad attrarre risorse e audience”. Insomma, si è creata una rete potenziale. Da un lato bisogna auspicare che non serva più, che rimanga come un paracadute da aprire solo in caso di emergenza. Dall’altro ci si può porre una domanda. Ma se gli appassionati del calcio possono pagare un canone di 70 euro l’anno per le partite della loro squadra del cuore, gli appassionati della democrazia non potrebbero “finanziare” programmi di informazione alternativi e non censurabili? E questo strano trust che si è creato quasi per caso, di televisioni che sono contemporaneamente distributrici e finanziatrici, potrebbe trovare forme di coordinamento più stabili. Forse non ce ne sarà bisogno mai. Ma nel paese del Caimano, anche la deterrenza è un’arma importante, forse decisiva. Venerdì 26 marzo 2010 Anche i partigiani incollati alla diretta nel circolo Arci V REGIME isione collettiva con maxischermo assieme ai partigiani dell’Anpi e ai corrispondenti della stampa estera: a Roma la trasmissione di Santoro Raiperunanotte è stata l’occasione per discutere insieme dell’articolo 21 e della libertà d’informazione. Massimo Rendina, presidente dell’Anpi di Roma e Lazio, Michael Braun, corrispondente della Tageszeitung, Eric Jozsef di Libération, Miguel Mora di El Paìs, nella sede dell’Arci, hanno partecipato a una lunga no stop iniziata alle 18 fino alla fine del programma. Sul palco ha condotto Gianluca Cicinelli, presidente dell’agenzia di comunicazione democratica Ciuoti con Radio Popolare Roma e Arci. Giancarlo Castelli Daniele Luttazzi Milena Gabanelli Giovanni Floris “ “ “ Prendere in giro i mascalzoni con la satira è cosa nobile, significa onorare gli onesti Nel nostro Paese la critica non è considerata un valore ma un fastidio ” Questa è una risposta di solidarietà tra colleghi contro un’ingiustizia ” ” Lo stalking di B. e i camerieri dell’Agcom LE MANGANELLATE CONTRO I PROGRAMMI NEMICI E IL VIZIETTO DI CHIAMARE GLI ARBITRI di Marco Flash dal Paladozza Il pubblico, i protagonisti e i dettagli di “Raiperunanotte” SGAMBETTI a Rainews24 Ma scatta la differita il quarto giovedì consecutivo Annozero manchePdelerràconsiglio l'appuntamento su RaiDue, per la sospensione di amministrazione, ma Michele Santoro ritorna sulla scena con Raiperunanotte, la manifestazione di Bologna. RaiNews24 aveva comunicato di voler trasmettere in diretta la ‘manifestazione sindacale’, organizzata da Usigrai e Fnsi. Ma per una tribuna elettorale, il direttore Corradino Mineo è stato costretto a lanciare l’evento con un collegamento dalle 20 e riproporre le immagine in differita di un’ora. Il rientro di Michele Santoro sul servizio pubblico, anche se per vie collaterali, ha infastidito la direzione generale che ha incaricato il vice Antonio Marano di dissuadere Mineo. Ieri mattina, Marano ha inviato una lettera a RaiNews24: “Ti confermo che l’atto della commissione di Vigilanza del 2003 non consente la trasmissione in diretta della manifestazione… Ti confermo, peraltro, che sempre secondo il citato indirizzo, la testata da te diretta dovrà occuparsi dell'evento mediante trattamento giornalistico anche con brevi finestre informative nel rispetto di pluralismo e contraddittorio”. Significa che, per rispettare il pluralismo e il contraddittorio, Mineo doveva invitare in studio qualcuno che criticava Santoro. E il medesimo trattamento doveva riservarlo a Berlusconi per il comizio di piazza San Giovanni e a Bersani o Di Pietro in piazza del Popolo. Proprio mentre Marano cercava di frenare Mineo, il Tg3 comunicava che Raiperunanotte era disponibile in diretta sul proprio sito internet. Le toppe censorie si scoprono troppo deboli - con decine tra televisione private, satellitari, digitale terrestre e radio e blog - Annozero riaccende l’informazione spenta dal direttore generale Masi. In attesa che rientri l’embargo per la campagna elettorale. Travaglio l 12 marzo il Fatto rivela che la Procura di Trani, indagando su una truffa di carte di credito a tassi usurari, ha intercettato Minzolini e Innocenzi che parlano con Berlusconi. Il direttore del Tg1 concorda col premier come neutralizzare le rivelazioni di Spatuzza. Innocenzi è un ex dirigente Fininvest, ex sottosegretario, ora membro dell’Agcom, l’autorità che dovrebbe essere indipendente per garantire libertà e pluralismo nelle comunicazioni. Berlusconi gli dice di “chiudere tutto”, specie Annozero, ma non ama neanche Ballarò e non vuol più vedere Di Pietro in tv né Scalfari e Mauro dalla Dandini. Lo incalza, lo cazzia: roba da stalking. Innocenzi è disperato: “Berlusconi mi fa uno shampoo dopo l’altro e mi manda a fare in culo tre volte al giorno”. La sua missione è portare l’Agcom a dare alla Rai il pretesto giuridico per oscurare Santoro o impedirgli di parlare dei processi a Berlusconi. Innocenzi mobilita altri commissari. Preme sul presidente Calabrò perché diffidi la Rai minacciando per Santoro multe del 3% sul fatturato (90 milioni!). Concerta strategie col dg Masi, col giudice Ferri del Csm, coi forzisti in Vigilanza, col consigliere Rai Gorla (anche lui ex Fininvest). Minaccia di denunciare Calabrò, che si muove “solo quando deve farsi i cazzi suoi”, mentre col premier è tiepido; o magari di far “chiu- I L’inchiesta sulle pressioni tv: bugie, minacce, insulti e reati minuto per minuto dere questa cazzo di Agcom” da Tremonti. Dice a Letta di chiamare Calabrò. Istruisce Cosentino e Dell’Utri perché presentino esposti contro Santoro. Prega Berlusconi di commissionare un altro esposto ai carabinieri. Inventa ostacoli ad Annozero: tipo vietare di fare docufiction o di parlare di processi. Che l’Agcom sia un tribunale dei partiti l’abbiamo sempre detto. Ma i nastri di Trani dimostrano che è anche peggio: commissari “indipendenti” trattati come camerieri dal premier che ha giurato fedeltà alla Costituzione. Le “Authority” hanno un garante supremo: il capo dello Stato, che però non dice nulla. Anche il Pd balbetta. Politica, tg e giornali al seguito minimizzano e depistano uno scandalo più grave del Watergate. Il problema diventano le intercettazioni, i giudici che le fanno, i giornali che le raccontano. Non il loro contenuto. Si guarda il dito per nascondere la luna. Dicono: non c’è il reato. Ma Minzolini, appena il pm gli dice che il suo verbale è segretato, spiattella il suo interrogatorio a Bonaiuti. Innocenzi, al pm che domanda se ha mai subìto pressioni su Annozero, risponde: mai. Ma le intercettazioni dicono il contrario: indagato per false dichiarazioni e favoreggiamento. Berlusconi è accusato di concussione per aver tentato di costringere l’Agcom a fare una cosa illegale. Quando la notizia scivola in fondo alle prime pagine dei giornali, interviene il geniale Ghedini: “Berlusconi non è indagato, sfido i pm a smentirmi”. I pm l’accontentano subito: sì, Berlusconi è indagato, e pure per minacce a una pubblica Autorità per turbarne l’attività. Un reato che pare scritto da una toga rossa dopo aver letto le telefonate di Berlusconi. Invece l’ha scritto nel 1930 Alfredo Rocco, un fascista. È il Codice Rocco, non rosso. Dicono: ma Trani è incompetente, infatti Berlusconi sta a Roma. Ma i presunti reati di Minzo e Innocenzi sono avvenuti a Trani. Quanto a Berlusconi, nei casi urgenti il pm ha il dovere di raccogliere le prove del reato in corso, poi a bocce ferme le manderà alla procura competente. Se un pm indaga su un pastore che ruba pecore a Trani e intanto scopre che quello vuole pure uccidere la moglie a Bari, non stacca il registratore; se no, mentre le carte sono in viaggio per Bari, la moglie se ne va al Creatore. Dicono che Masi e Calabrò hanno resistito alle pressioni: ma non è così. I due sanno bene che è illegale bloccare preventivamente un programma e giocano allo scaricabarile per chi deve lasciare le impronte digitali. Masi spera che Santoro “faccia la pipì fuori dal vaso” per punirlo dopo e sollecita esposti contro la propria azienda. Come se Moratti chiamasse l’arbitro perché s’inventi un fallo ed espella il centravanti dell’Inter, il tutto su richiesta del padrone del Milan. Dicono: è normale che il direttore del Tg1 parli con il premier: ma dipende da cosa si dicono. Dicono: è normale che Berlusconi parli con l’Agcom. Ma stiamo scherzando? È come Fiorani che parla con Fazio, come Moggi che parla col designatore arbitrale. Berlusconi non dovrebbe manco avere il numero di telefono dell’Agcom: perché è il capo del governo e perché è il padrone di Mediaset. Fa- “Il premier non è indagato”: infatti lo è “Trani è incompetente”: infatti Silvio è a Roma cesse un esposto, se ha qualcosa da denunciare. Non una telefonata. Dicono: è ovvio che l’Agcom risponda ai partiti che la nominano. Ma la legge dice che i commissari sono indipendenti. In caso di pressioni, devono disobbedire, o appellarsi al Quirinale, o dimettersi. Anche se rinunciare a 400 mila euro è dura. Berlusconi dice: è una vergogna che il premier sia intercettato. Ma lui non è mai stato intercettato in vita sua. Anche stavolta, come quando fu beccato a parlare con Dell’Utri, con Cuffaro, con Saccà, con Fiorani, con Tarantini e le escort, gli intercettati sono gli altri. Il guaio è che cosa dice e a chi lo dice. Ogni anno i magistrati intercettano 20 mila italiani su 60 milioni: possibile che Berlusconi non riesca mai a parlare con gli altri 59.980.000? Berlusconi dice che lui le stesse cose su Annozero le ha sempre dette in pubblico. A parte il fatto che non è vero (nelle telefonate c’è ben di più), ma anche se fosse? È come se uno dicesse per anni “vorrei ammazzare mia moglie” e poi, quando scoprono che ha assoldato il killer per farla fuori, dicesse al giudice: “Dov’è il problema? Io l’avevo detto!”. Un alibi di ferro… Dicono che non è successo niente perché Annozero c’è ancora: ma l’istruttoria su Annozero l’Agcom l’ha aperta; la Rai ha vietato le docufiction e ha chiuso i programmi per un mese con la scusa delle elezioni. Innocenzi lo sapeva già il 4 dicembre: “Tra due mesi sospendono le trasmissioni per le elezioni”. E poi i minimizzatori non sanno che la minaccia è reato anche se non va a buon fine. Chi dice che non è successo niente ricorda quel tale che sparò alla moglie, poi andò in tribunale a difendersi così: “Vostro onore, sono innocente, l’ho colpita solo di striscio”. Naturalmente, fu condannato. pagina 4 Venerdì 26 marzo 2010 Mills, il fantasma non molla: oggi nuova udienza B REGIME erlusconi non riesce a liberarsi dal processo per il falso testimone Mills, riconosciuto corrotto e prescritto dalla Cassazione. Con i suoi avvocati-parlamentari si è inventato il processo breve, ma approvato a metà. Per tamponare, ha ottenuto il legittimo impedimento ad premier. Sicuro che prima delle Regionali potesse così congelare il processo. Invece oggi ci sarà udienza senza quel provvedimento. Napolitano, che ha tempo fino al 10 aprile, non l'ha ancora firmato. La difesa intanto cerca di scongiurare la sentenza. Ha chiesto di ascoltare 73 testimoni, quasi tutti all'estero. Fra loro non c'è Mills, l'avvocato che ha preso 600.000 dollari per aver mentito “nell'interesse di Berlusconi” o, come ha scritto lui stesso al suo fiscalista, per aver evitato a “Mister B. un mare di guai”. Gli avvocati puntano ad allungare i tempi perché la prescrizione per Berlusconi è vicina: febbraio-marzo 2011. Intanto hanno già guadagnato un mese. L'ultima udienza è stata il 27 febbraio. A. Masc. ANTONIO TABUCCHI “CI VORREBBE L’ANTITERRORISMO” L’oscuramento Rai? Roba da Libia, il premier ha corroso lo Stato e agisce nell’illegalità di Maurizio Chierici iegato sul suo computer di Lisbona Antonio Tabucchi segue Santoro, Travaglio, Dario Fo, Floris, Luttazzi e gli altri carbonari costretti a discutere di politica nel “rifugio” di Bologna. Paradosso di una società immersa nella comunicazione universale ma con la comunicazione tagliata proprio mentre gli elettori hanno voglia di ascoltare (per decidere il voto) tutte le voci che gli elettrodomestici Rai ammutoliscono per non disturbare il manovratore. Siamo ancora un paese normale? Berlusconi agisce nell’illegalità da molto tempo. Il problema non è lui ma chi lo lascia agire nell’illegalità. Allorché anni fa scrisse il così detto edito bulgaro con il quale cacciava dalla Rai, come se fosse sua proprietà, giornalisti quali Biagi, Santoro, Luttazzi, sarebbe stata necessaria una denuncia alla magistratura nei suoi confronti (il Codice penale per un atto del genere prevede molteplici capi di accusa ) e il rifiuto delle persone a contratto con la Rai di abbandonare il proprio posto. Oltre alla magistratura che non fu attivata, non si mosse il capo dello Stato e la Procura della Repubblica cui spettava affrontare un atto sovversivo come quello. Con il tempo, Berlusconi è andato corrodendo non solo le regole democratiche, ma lo Stato. Ciò che succede, con l’oscuramento della Rai, è immaginabile solo in un paese dell’Asia P centrale o in Libia o in Russia, paesi dove Berlusconi ha buoni amici e ai cui modelli tende. Uno Stato democratico in Europa attiverebbe l’antiterrorismo e risolverebbe la questione. Se ciò non avviene, in Italia avverrà inevitabilmente qualcos’altro. Come lo fu per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, le bombe alla Stazione di Bologna o il doppio Stato che è infiltrato nello Stato italiano. Nel ventaglio del Cavaliere, un giornale si arrabbia per la presenza di Dario Fo alla trasmissione di Santoro. Tanto per far contento l’uomo della provvidenza, lo definisce “rudere antiberlusconiano”. Chissà cosa pensano gli altri Nobel… Al Dipartimento di Stato di Washington sono noti i nomi delle persone dei Servizi segreti italiani e dei loro affiliati che facevano da ‘consiglieri’ nel carcere iracheno di Abu Ghraib. Sarebbe bene che la stampa italiana si muovesse. Ciò che Berlusconi dice di Dario Fo – grande drammaturgo, premio Nobel che fa onore al Paese – attraverso le voci al suo soldo meriterebbe altrove delle risposte di un ordine che non appartiene alla parola di un giornale. Il giorno in cui il capo e le sue voci sentiranno che certe dichiarazioni comportano seri rischi, solo allora cambieranno musica. Lei sta seguendo una trasmissione che preoccupa l’Europa civile. Quanti intellettuali italiani immagina siano lì a guar- dare? E di quali idee? Destra non credo, sinistra può essere, ma la zona grigia di chi ha un libro nel cassetto e non vuol rischiare il no di Einaudi, Mondadori ed editori collegati; di chi non sopporta il silenzio di tante tv e dei giornali maison (Panorama, femminili, i cugini di Libero), insomma, intellettuali che non se la sentono, per una curiosità considerata marginale, di esporre al pericolo l’opera quasi in vetrina. Sono tanti o sono pochi? Scelgono il voyeurismo nascosto e non confesseranno mai il peccato, oppure…? Non so quanti così detti intellettuali (o scrittori) italiani si siano espressi su questa situazione. Io ne ho sentiti pochi. Sento spesso le voci di Andrea Camilleri, Roberto Saviano e Lidia Ravera dei quali ho altissima stima. Ma forse lo sapete meglio voi, personalmente gli intellettuali del mio paese li seguo poco. Berlusconi visto da Emanuele Fucecchi L’Agcom multa Tg1 e Tg5: troppo Pdl E L’AUTHORITY APRE UN’ISTRUTTORIA SULLO STOP AI TALK SHOW hiusi i programmi di apCmazione profondimento, l'infordella Rai è diventata un'esclusiva dei telegiornali. E l'Autorità di garanzia ha rilevato che, nel periodo 14-20 marzo ovvero durante la par condicio, sia il Tg1 che il Tg5 hanno dato troppo spazio al Pdl e per questo motivo sono state multate (100 mila euro): “Il perdurare di un forte squilibrio informativo tra le forze politiche, in particolare tra Pdl e Pd, e una marginale presenza delle nuove liste che si sono presentate alle elezioni, in violazione del richiamo già rivolto alle emittenti ad attuare il riequilibrio dell’informazione nei notiziari”. E nella stessa seduta, dopo aver vagliato numerosi espo- sti, l'Agcom ha aperto un'istruttoria sulla sospensione dei talk show: “L'Autorità è tenuta alla alla verifica dell’effettivo adempimento degli obblighi di servizio pubblico radiotelevisivo alla eventuale irrogazione delle relative sanzioni”. Per evitare uno squilibrio tra la Rai e le private, l'Agcom aveva esteso il norma sulla par condicio della Vigilanza a La7, Sky e Mediaset. Ma il ricorso di Sky e La7, accolto dal Tar del Lazio, aveva di fatto annullato la delibera. E a quel punto, l'Autorità aveva invitato la Rai a fare altrettanto. Ma i commenti si concentrano sulla doppia multa a Tg1 e Tg5. Il consigliere Lauria, relatore in Commissione servizi e prodotti, spiega perché l'Autorità sia intervenuta: “ "Lo squilibrio a danno del Pd e delle altre liste, nonché anche delle nuove formazioni, era troppo evidente. Anche altre emittenti - sottolinea Lauria - non hanno rispettato i principi di obiettività, anche se in misura minore, tant'é vero che sono state fortemente richiamate e non sanzionate". I consiglieri Rai Giorgio Van Straten e Nino Rizzo Nervo ha firmato una nota comune: “Non avevamo torto a dire che il vero rischio di sanzioni che correva la Rai non era legato ai talk show, ma al modo in cui Augusto Minzolini dirigeva il Tg1, alla sua faziosità, al modo discriminatorio di utilizzare le risorse umane della redazione, alla subalternità agli interessi politici del Presidente del Consiglio”. Il consigliere in quota Pdl, Antonio Verro, smentisce l'Agcom: “Ma quali dati? Vedrete che il Tar annullerà la sanzione”. “Era l’ora - ha detto il segretario del Pd, Bersani non solo per i tempi che vengono dati a questo o quell'altro ma anche per la costruzione di questi grandi telegiornali, per come vengono impostate le notizie. Si vedono - conclude - elementi che non sono propri di un Paese moderno, occidentale, normale, dove l’informazione dovrebbe rendere conto, cercando di non influenzare l’andamento delle cose, soprattutto in una campagna elettorale". Antonio Tabucchi (FOTO OLYCOM) Scalfaro: Italia in acque basse, servono “no” fermi di Caterina Perniconi a Costituzione la difendono in pochi a giudicare dall’aula semivuota Ldell’ex dell’Università La Sapienza che accoglie la presentazione del libro presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. “Quel tintinnar di vendette, una giustizia difficile tra protagonismo dei magistrati e ritorsioni della politica” è una raccolta dei discorsi pronunciati da Scalfaro - curati da Guido Dell’Aquila - nei sette anni trascorsi al Quirinale. L’ultimo, il 1999, è lontano undici anni. Ma per Scalfaro “i temi di allora sono quelli di oggi, anche se adesso le condizioni sono molto più patologiche, perché navighiamo in acque bassissime e maleodoranti”. Scalfaro, senatore a vita di diritto, era presente quando la Costituzione è stata scritta, e la definisce assolutamente “sacra, che non vuol dire intoccabile, ma che si può migliorare e non stravolgere”. Mai come adesso, infatti, secondo Scalfaro, è “calpestato il principio sacro della legge uguale per tutti. Siamo in un momento in cui si chiede una norma per sé stessi e si protesta se qualcuno non è d’accordo”. Ma il senatore non si ferma e accusa, non proprio velatamente, anche chi il disaccordo non l’ha manifestato: “Quando succedono queste cose, servono dei “no” fermi. Un uomo politico che non sappia dire di no, va buttato via”. Seduto accanto a lui, Gustavo Zagrebelsky, presidente della Corte Costituzionale, legato affettivamente a Scalfaro da molti anni: “Il ricordo più importante che ho di lui - racconta Zagrebelsky - è del 3 novembre 1993, quando il presidente della Repubblica irruppe con un comunicato ufficiale nella trasmissione dove ero ospite”. Era la prima volta che pronunciava il suo motto, il famoso “non ci sto”, ma anche un’altra frase che suona quanto mai attuale: “Non c’è da temere di fronte alle pressioni esterne - disse Scalfaro rivolto ai magistrati - l’unico che può temerle è chi è ricattabile”. Zagrebelsky ci ha tenuto a difendere l’operato della magistratura - “meglio un giudice che crede in qualcosa di uno che non crede in nulla e quindi estremamente corruttibile” - e ha ricordato come durante il suo settennato Scalfaro non permise mai di rovesciare la Costituzione: “Nel ‘94, dopo l’avviso di garanzia a Berlusconi, bisognava decidere se sciogliere le Camere, come chiedeva il presidente del Consiglio, o nominare un nuovo governo, come prevedeva la Costituzione. La posta in gioco era elevatissima, ma Scalfaro pensò che se c’era una Carta, andava rispettata. Ciò che dovrebbero pensare tutti i costituzionalisti”. Scalfaro è ancora convinto che il presidenzialismo sia un errore, e che il ruolo del capo dello Stato sia importantissimo, come garante delle regole e presidente del Consiglio superiore della magistratura. Perché parlare dei magistrati “come fa il presidente del Consiglio, come un plotone di esecuzione - dice Scalfaro - definirli talebani significa fare dichiarazioni di guerra. Con questo clima non si farà una vera riforma della giustizia ma solo un’azione punitiva”. Per Scalfaro, infatti, alcune cose sbagliate ci sono: secondo lui è importante regolare l’uscita dalla magistratura per passare alla politica, l’uso delle intercettazioni, “importantissime per le indagini ma pericolose sui giornali” e tornare a dar valore ad un avviso di garanzia senza strumentalizzarlo: “Dopo un avviso si dimisero sette ministri nel mio settennato. Oggi la prima cosa che dicono è : ma io non mi dimetto. C’è molto affetto per le sedie”. Con me sul Colle un avviso di garanzia faceva dimettere i ministri, ora molto affetto per le sedie... Venerdì 26 marzo 2010 pagina 5 Da Noemi alla D’Addario, tutte le donne di B. L REGIME o scandalo di Noemi Letizia è esploso dopo che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha partecipato alla festa per i diciotto anni della ragazza a Caserta. La moglie del premier in quell’occasione annunciò la sua decisione di chiedere il divorzio: “La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”, dichiarò Veronica Lario. Si vociferò anche che Noemi fosse la figlia del premier, anche perché lei stessa ha raccontato di chiamarlo “Papi”. Della vicenda restano ancora evidenti contraddizioni tra la versione dei fatti fornita da Berlusconi e quella spiegata dalla famiglia della ragazza. Poi è stato il turno di Patrizia D’Addario, la “escort più famosa del mondo”, come lei stessa ama definirsi. La donna, che ha passato una notte a Palazzo Grazioli dopo essere stata messa in contatto col premier da Gianpi Tarantini, ha raccontato di festini con molte ragazze a cui il presidente Berlusconi partecipa, di rapporti sessuali e di particolari curiosi, come il fatto che tutte le donne dovevano indossare abitini neri e corti. Sabina Began Elvira Savino Maria Rosaria Rossi Gabriella Giammanco Annagrazia Calabria Mariano Apicella Nota come l’“ape regina” per la sua capacità di organizzare serate con belle ragazze a Berlusconi, la Began, nata in Germania nel 1974, è un’attrice. È apparsa nel film “Crociera Vianello”, “Il mistero del lago” e nel 2009 partecipa al cast de “Il falco e la colomba” Detta “la Topolona”, Elvira Savino, classe 1977, è una parlamentare del Pdl. Il suo nome è emerso nello scandalo Tarantini, e nel 2009 risulta indagata dalla Procura di Bari poiché intestataria del conto corrente bancario di un presunto riciclatore di denaro sporco, Michele Labellarte Nata a Piedimonte Matese l’8 marzo 1972, Maria Rosaria è una ex consigliera del X Municipio di Roma. È finita in lista al ventunesimo posto nel collegio Lazio 1 alla Camera diventando parlamentare. Merito, raccontano, del feeling con il Cavaliere Gabriella, classe 1977, è una politica italiana, deputato del Popolo della libertà nella circoscrizione Sicilia. Cresciuta professionalmente nelle tv locali palermitane conducendo una trasmissione di costume, approda poi alla redazione del TG4 Annagrazia è nata a Novi ligure il 6 maggio 1982. Già coordinatrice regionale del movimento Azzurro Donna, l’11 giugno 2008 è divenuta la più giovane deputata della XVI legislatura, subentrando a Gianni Alemanno, eletto sindaco di Roma. Fa parte del Pdl Mariano Apicella, classe 1962, anche se non è una bella ragazza non si perde nessuna festa di Berlusconi. Nel 2003 e nel 2006 ha inciso dischi di musica napoletana in cui canta le canzoni scritte dal premier. Era presente anche nei voli di Stato per la Sardegna ONOREVOLI, RAGAZZE & SAMBA: LA FESTA SEGRETA DI PALAZZO GRAZIOLI Una ventina di ballerine ingaggiate per fare una sorpresa a Berlusconi di Carlo Tecce na giornata iniziata male: l’inchiesta di Trani, le telefonate al commissario Agcom, le pressioni per chiudere Annozero. E una serata tra musiche e balli con le deputate nel salone dei ricevimenti di Palazzo Grazioli, protetto con discrezione dalla scorta e la porta sigillata a doppia mandata. Per finire in bellezza, il nervoso venerdì 12 marzo, Sabina Began ha organizzato una festa a sorpresa per Silvio Berlusconi. Serata a tema (il Brasile), una ventina di ballerine scatenate con la samba e il can can, le canzoni neomelodiche di Mariano Apicella. E altre ragazze, ospiti abituali e pur sempre speciali. Un gruppo di deputate del Pdl: Annagrazia Calabria, Gabriella Giammanco, Mariarosaria Rossi, Elvira Savino. Il presidente del Consiglio aveva salutato i U collaboratori con un’intervista al Tg5 sulla campagna elettorale, appuntamento l’indomani all’aeroporto di Ciampino – la mattina del falso allarme bomba – per il trasferimento a Milano. Le danze cominciano all’ora di cena e, tra un’esibizione al microfono e una chiacchiera sul divano, fanno correre l’orologio sino a notte inoltrata. Alle quattro del mattino. Unica accortezza, per evitare registrazioni e scandali (Patrizia D’Addario insegna), la Began ha pregato le ballerine, entrate dal retro (non su via del Plebiscito), di lasciare le borse all’ingresso. L’attrice Began non smentisce. A precisa domanda – sulla festa del 12 marzo – “l’ape regina” risponde sorpresa: “A lei chi gliel’ha detto?”. E sulla presenza delle deputate del Pdl – tra un sospiro e una lunga pausa – scoppia a ridere. E ripete con insistenza: “Capisco che lei sta facendo il suo lavoro, io faccio il mio, non posso dirle nulla”. Contattata attraverso il suo portavoce, la Calabria preferisce non commentare. E la Savino nega: “Ho altri problemi privati, vado a Roma per le sedute. Se potessi andare a Palazzo Grazioli, ci andrei volentieri”. Le quattro deputate del Pdl, diverse per età e storie, hanno in comune l’investitura diretta del capo. La Giammanco è un’ex giornalista del Tg4 e – narrano i maligni – rappresenta la quota Emilio Fede alla Camera. Durante il voto di fiducia a Montecitorio, il presidente del Consiglio aveva scritto un bigliettino alla mora e alla bionda, sedute composte tra i banchi. La mora era Nunzia De Girolamo, avvocato di Benevento. La bionda era la Giammanco: “Gabri, Nunzia, state molto bene insie- me! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene!”. E sul fondo: “Molti baci a tutte e due!!! Il ‘Vostro’ presidente”. Le due prendono carte e penna, e ricambiano: “Caro... (dolce presidente?, non si leggeva bene) gli inviti galanti li accettiamo solo da lei. E poi per noi è un piacere essere...”. L’“ape regina” Sabina Began, contattata dal Fatto, non smentisce: “Io faccio il mio lavoro” Fini è già il capro espiatorio IL CAPO È PRONTO AD AFFIBBIARGLI LA COLPA DI UN’EVENTUALE SCONFITTA ELETTORALE di Paola Zanca artedì prossimo, se dalle urM ne dovessero arrivare brutte notizie, nel Pdl sanno già con chi prendersela: Gianfranco Fini. L’ordine di scuderia è partito ieri dalle pagine di Libero e Il Giornale: “Ogni giorno il numero due del Pdl non fa che remare contro il Cav. e spiazzare gli elettori. Non vuole aiutare il suo partito? Pazienza. Però almeno stia zitto e non lo faccia perdere”. Tutta colpa delle riforme, il presidenzialismo su tutte. Il premier vorrebbe deciderle nei gazebo senza “contrapposizioni sistemiche, continuative e sterili”. Il presidente della Camera chiede di finirla con la “propaganda”. E basta questa parola a scatenare le penne di Feltri e Belpietro. Anche Fini af- fida la replica ai suoi fedelissimi. Il sito di FareFuturo tira fuori dal cilindro un “et voilà: hanno scelto il capro espiatorio di una possibile sconfitta elettorale”. Il Secolo invece ricorda al premier che “le ossessioni fanno vedere complotti e nemici ovunque”, “a meno che anche Letta (che aveva apprezzato le parole di Fini, ndr) non sia un congiurato che cospira contro Berlusconi…”. Ma al di là dei botta e risposta a distanza, che lo scontro sia lì lì dall’esplodere (dopo le Regionali) si capisce dalla gioia della Lega. Al nord, le ripetute prese di posizione del presidente della Camera a favore degli immigrati non sono piaciute per niente. E molti sono pronti a esprimere il malumore mettendo una croce sul Carroccio. “Fini, te lo chiedo con tutto il cuo- re: questi ultimi giorni di campagna elettorale taci, morditi la lingua e sta’ zitto; già troppi voti hai regalato alla Lega”, scrive Stefano da Empoli sul sito del Pdl. Gli fa eco un anonimo: “Sappiate che se ci sarà un travaso di voti verso la Lega, il merito sarà delle esternazioni di Fini: immigrati, voto, cittadinanza, islam a scuola...”. Senza nome pure l’autore di un altro post: “Mentre gli altri sgobbano, Fini mette i bastoni nelle ruote. Non è il nostro presidente della Camera, è ormai uno sconosciuto che ha rinnegato il suo passato”. Gerry si spinge a chiedere “una grazia al Cavaliere: alle prossime elezioni mandi a quel paese Fini e i suoi gregari. Non lo sopportiamo più con i suoi distinguo”. Bossi non può che gongolare: “Vinceremo in Veneto e in Piemonte”. Ma il ministro La Russa prova a frenare i suoi entusiasmi: “In quel film che si chiamava proprio ‘Il sorpasso’ quelli che volevano sorpassare finivano in un burrone”. Insomma, non pare troppo azzardata la profezia della presidente Pd Rosy Bindi: “La destra ci regalerà anni di litigi e divisioni”. Per ingannare l’attesa, al governo, pensano al golf. Ieri il ministro del Turismo Michela Brambilla ha annunciato un disegno di legge per il rilancio del gioco del golf in Italia. “Non credo serva ai cassintegrati” è la replica del leghista Garavaglia. E Bersani, accusato di essere il segretario del “partito delle tasse”, ricorda che è con il Pdl che le imposte hanno raggiunto “un livello record”. Intanto, la Procura di Roma sta La Calabria è la più giovane deputata della XVI legislatura, Berlusconi l’aveva scelta per il discorso d’introduzione al congresso fondativo del Pdl. La carriera dell’imprenditrice Rossi ha un sapore fiabesco. Siamo nel dicembre del 2008. Berlusconi fa visita a un gazebo della libertà, per girare delle riprese con il Tg1, e resta colpito dal consigliere del X municipio. E così la Rossi, nel giro di due anni, passa dal Quadraro a Montecitorio. Un salto in alto che ricorda l’ascesa della Savino, collaboratrice di Formiche, la rivista fondata da Paolo Messa. Al debutto romano, la deputata di Bari - sposata e con Berlusconi testimone di nozze - si fa notare per un vertiginoso tacco dodici. Che stuzzica la fantasia di Roberto D'Agostino: ecco a voi, la Topolona. TURCO-SANTANCHÈ 10-0 Livia sei tutti noi L inea Notte di mercoledì. Gli spettatori che si affacciano alla popolare trasmissione del Tg3 assistono a una scena eccitante e indimenticabile. Daniela Santanché addobbata come Daniela Santanchè comincia a recitare l’insopportabile solfa sui “valori della destra”. Livia Turco parte in quarta e l’azzanna sull’orecchino di perle gridandole: “Ma quali valori tu che non hai mai lavorato in vita tua”. Daniela e il botox s’irrigidiscono basiti. Livia mena eccome, la pressa, la mette alla corde. In casa milioni di italiani fanno la ola. Il botox tenta di sciogliersi in un tentativo di reazione. La Turco finisce il lavoro asfaltando l’avversaria. In studio Marco Pannella ammutolisce per la prima volta in vita sua. Santanchè, ma de che. indagando Berlusconi per concussione e minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario per la vicenda Agcom-Annozero. Il Tar del Lazio, invece, ha bocciato il ricorso di Vittorio Sgarbi che chiedeva il rinvio delle elezioni. Stasera il premier chiuderà la campagna elettorale di Renata Polverini: la lista del Pdl sulle schede non ci sarà, dunque è nel Lazio che vanno concentrati gli ultimi sforzi. Qui, a Berlusconi farà co- modo anche l’Udc, nonostante proprio ieri il premier abbia lanciato l’ennesimo appello a non votare liste “che si alleano da una parte e dall’altra”. La nota, anziché da Bruxelles, dove Berlusconi si trovava per la seduta del Consiglio europeo, è partita da Roma. Palazzo Chigi si giustifica parlando di un “errore tecnico”. Sempre meglio che ammettere che al governo, più che per il Paese, lavorano per la campagna elettorale. pagina 6 Venerdì 26 marzo 2010 REGIONALI Caldoro in odore di vittoria imbarca tutti di Enrico Fierro enza scuorno. Senza vergogna. La campagna elettorale a Napoli e in Campania sta andando avanti così, tra nomine e consulenze da fine regime, assunzioni promesse e voti comprati a pacchetti, pazzesche corse sul carro del vincitore. La più clamorosa è quella di Angelo Montemarano, considerato il padrone della sanità nella regione in nome e per conto del suo “maestro” Ciriaco De Mita. Già assessore regionale al ricchissimo ramo, poche sera fa Montemarano si è presentato ad una convention del Pdl dove c’era lo stato maggiore del partito. Con Nicola Cosentino, il sottosegretario all’Economia per il quale è stato chiesto l’arresto per collusioni con i Casalesi, Luigi Cesaro, il presidente della Provincia di Napoli che chiamano “Gigino 'a polpetta”, anche il fratello Antimo, titolare di un grande centro diagnostico privato, più notabili vari e aspiranti consiglieri regionali. “Sono di sinistra, ma sono disposto a collaborare”, ha detto Montemarano stringendo forte la mano di Nic Cosentino. In sala anche il giovane figlio Emilio, consigliere comunale a Napoli tra i più votati nel Pd. Dicono che padre e figlio, annusata l’aria che tira sotto il Vesuvio, stiano per passare a destra. E questo non piace a molti nel Pdl. “Il simbolo del clientelismo e dello sfascio della sanità in Campania non può impunemente balzare sul carro del vincitore”, ha tuonato l’europarlamentare Enzo Rivellini, ex An. Nessuno gli ha dato retta. Perché in Campania, terra dell’eterna crisi dei rifiuti, solo una cosa si ricicla: il potere. Caldoro e il centrodestra assaporano la vittoria e i vari Paolo Cirino Pomicino, Ciriaco S CAMPANIA Voto di scambio per le poltrone che contano De Mita e Clemente Mastella posizionano i loro uomini pronti a ritornare nelle stanze degli assessorati che contano. Poltrone che non hanno mai abbandonato, né nell’era Bassolino, né prima. Mastella ha la moglie Sandra capolista dell’Udeur in appoggio a Caldoro e il cognato, Pasquale Giuditta candidato al consiglio regionale, De Mita sta battendo le lande irpine come ai vecchi tempi per piazzare i suoi fedelissimi. C’è chi scappa dal sistema bassoliniano e chi resiste. In questo scampolo di potere, il governatore è impegnato a sostenere i suoi uomini, ma anche a piazzare alcune pedine importanti negli enti legati alla Regione. Il suo portavoce è stato nominato direttore generale del “Forum delle culture”, un suo ex assessore è candidato alla direzio- Vincenzo De Luca (a sinistra) e Stefano Caldoro (a destra) secondo Manolo Fucecchi ne della Mostra d'Oltremare, il capo della sua segreteria occupa il vertice del Consorzio trasporti dell’Irpinia. Un triste finale di regime. Un tristissimo inizio del nuovo se si gira per città e i quartieri. Domina il voto di scambio. Le preferenze si comprano a pacchetti interi e c’è già un fascicolo aperto dalla Digos. Rifondazione comunista – Paolo Ferrero è candidato contro Caldoro e De Luca – ha presentato un dossier in procura. A Scampia, Secondigliano, oltre a De Filippo e Pagliuca, si candida anche Magdi Cristiano Allam, "Io amo la Lucania"; Florenzo Doimo, Partito comunista dei lavoratori; e Marco Toscano, con la lista "Sui generis". Un candidato presidente ogni 120mila abitanti, una frenetica caccia all'ultimo voto per una terra che scivola sempre più giù nelle classifiche nazionali. Tanti candidati, pochissime idee. Tantissime promesse. Il ministro Claudio Scajola è venuto quaggiù a promettere un bonus di 200 euro l'anno per ogni cittadino lucano in possesso di patente come forma di ricompensa per le estrazioni di petrolio nella Val D'Agri. Il Texas italiano. Un inganno senza precedenti. Emilio Colombo, padrone politico di queste terre dal dopoguerra agli anni Novanta, racconta che nel 1946, mentre attraversava i tornanti della valle a bordo di un asino, un contadi- no gli fece vedere quella roba nera che usciva dalla terra. "Ne parlai subito con Enrico Mattei", ricorda ancora oggi il senatore. Ma per le trivellazioni si dovette aspettare fino al 1996. Oggi tra i boschi della Val D'Agri si estrae il 10% del fabbisogno nazionale di petrolio. Qui c'è il più grande giacimento d'Europa. I numeri sono impressionanti: la potenzialità è di 480 milioni di barili, con i 42 pozzi attivi oggi se ne estraggono 104mila al giorno, un business da 30 miliardi di euro. Il risultato per la Basilicata è deludente. "Ci guadagnano solo le grandi compagnie", dicono nella valle. Ed hanno ragione. Il petrolio produce pochi posti di lavoro, ma in compenso lascia dietro di sé tanto inquinamento. Il risultato è che i "basilischi" continuano ad emigrare, come i loro padri negli anni Cinquanta. Per la Svimez sono almeno 7mila ma anche ai Quartieri Spagnoli, il servizio è all inclusive, va dalla distribuzione del materiale di propaganda dei candidati, all’attacchinaggio con relativo servizio di controllo dei manifesti degli avversari, fino all’acquisto dei voti “con garanzia”. Nel senso che l’elettore è seguito passo passo fino al seggio, vota e deve fornire la prova con foto della scheda. “A Brusciano – si legge nel dossier – nelle case del dopo-terremoto ai vari capipalazzo sono stati promessi mille euro per 50 voti”. Carmine Malinconico, ex presidente del Municipio di Scampia, ha raccontato alle cronache locali dei giornali, le cene che si tengono nel quartiere. “Mangiate improvvisate presso i gazebo dei candidati, con la gente che alla fine torna a casa con le buste piene di generi alimentari”. Come ai tempi di Achille Lauro, 'o comandante, che offriva pacchi di pasta e scarpe spaiate. Su Il Mattino di ieri, Daniela De Crescenzo racconta di aver incontrato l’operaio di una tipografia che per conto del ministero dell'Interno stampa le schede elettorali. L’uomo gliene ha mostrata una. “Il problema è come farla arrivare al seggio, farla timbrare e firmare, ma per questo non ci sono problemi, ci sono gli scrutatori”. Pericolo voto truccato, denuncia Rifondazione comunista. “Da informazioni che abbiamo raccolto la tipografia a cui fa riferimento l’articolo è ubicata nel comune di Acerra in località Pantano e sarebbe di proprietà della famiglia di un assessore del comune di Torre del Greco, il cui sindaco, Ciro Borriello è candidato alle elezioni Regionali nelle liste del Pdl”. Basilicata Il Texas italiano, regno del Pd n Basilicata scoppia il “caso Iil senatore Ichino”. Qualche settimana fa e noto giuslavorista è inorridito nell'apprendere che nella regione governata dal centrosinistra era partita la grande corsa agli stage. Mille, per l'esattezza, da svolgersi in 250 enti locali, e rivolti a disoccupati di età compresa trai 18 e i 39 anni che potranno guadagnare 750 euro al mese. Non poco in una realtà dove il 27% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà. Al professore non è andata giù l'eccessiva durata dei tirocini, 12 mesi tondi tondi, e ha presentato una interrogazione al Senato. Perché "vicende come queste - ha spiegato - mostrano una gravissima deformazione assistenzialistica delle politiche del lavoro e più in generale della spesa pubblica". Apriti cielo, Pd contro Pd, un autorevole esponente della sinistra riformista contro i suoi amici e compagni di partito impegnati in una difficile campagna elettorale. La risposta di Antonio Autilio, Idv, l'assessore al lavoro ideatore degli stage, è stata durissima. "Parlare di abuso assistenziale, violazione della disci- plina e truffa con riferimento ai tirocini formativi nella pubblica amministrazione promossi dalla Regione Basilicata, senza tra l’altro motivare e argomentare tali affermazioni, ci sembra dannoso, inopportuno e inspiegabile tenuto conto dell’autorevolezza professionale del senatore Ichino". Il sospetto che dietro le belle parole si celi una tradizionalissima operazione clientelare, appare più che fondato. La Basilicata è una roccaforte del centrosinistra nel Sud. Con la Campania data per persa e la Calabria in pericolosissimo bilico, la regione che cinque anni fa si consegnò al centrosinistra di Vito De Filippo col 67% dei voti, rischia di essere l'ultima trincea. De Filippo, classe 1967, di professione "giornalista e studioso", ma da una vita in politica, si ricandida sostenuto da tutto il centrosinistra, più l'Udc e la formazione di Rutelli. Suo competirore diretto è Nicola Pagliuca per il centrodestra. Ma i 600 mila abitanti della seconda regione più piccola d'Italia, hanno solo l'imbarazzo della scelta: i candidati a governatore sono infatti cinque, i lucani che nel 2009 si sono spostati per motivi di lavoro, con la crisi del distretto del divano e della Fiat di Melfi, la regione ha subito un calo del 7,2% di posti di lavoro nell'industria. Tra Potenza e Matera c'è il più alto tasso di scolarizzazione superiore d'Italia, 96,5%, ma i laureati residenti sono solo il 4%, la percentuale più bassa dell'intero Paese. Scarsissima è la fiducia nell'istituzione regionale, soprattutto in campo sanitario, visto che un paziente su 5 decide di curarsi fuori regione. Per non parlare delle opere pubbliche: in Basilicata in media per progettarne una occorrono 1075 giorni, contro i 900 necessari in Italia e i 965 occorrenti in media nel Sud. E allora meglio una stage che duri a lungo e che faccia guadagnare 700 euro al mese a chi è disoccupato. E voti per i candidati. (E.F.) Venerdì 26 marzo 2010 pagina 7 REGIONALI La ‘Ndrangheta e i voti della candidata Idv Genova, cena elettorale della Damonte: a volantinare Garcea, pregiudicato e legato al clan Macrì di Sandra Amurri testimoniare la cena elettorale per la candidata dell’Italia dei Valori-Lista Di Pietro alle Regionali in Liguria Cinzia Damonte, organizzata da Onofrio Garcea, legato alla famiglia della ‘Ndrangheta Macrì, 60 anni, originario di Vibo Valentia, già condannato per droga e sotto processo per traffico di stupefacenti con la Turchia, ci sono le foto. Foto scattate dagli attivisti della Casa della Legalità di Genova che informati da una telefonata di uno degli invitati hanno prenotato un tavolo alla pizzeria "da Gerry" a Voltri. Pizzeria dove vi erano circa 60 persone, tra cui molti calabresi, ai quali Garcea presentava la candidata dell'Idv nella coalizione di Claudio Burlando (Pd). Distribuiva il fac-simile della scheda elettorale con l'indicazione di voto per l'Idv e la Damonte, mentre la candidata ringraziava, stringendo mani e consegnando i suoi santini elettorali. La candidata Damonte da noi raggiunta al tele- A fono senza battere ciglio, ha risposto: ”Ho fatto molte cene, incontro molte persone, stringo molte mani ma non chiedo il loro certificato penale”. Non crede che sia diverso da una cena organizzata per lei da uno legato a una famiglia di ‘Ndrangheta?: ”Deve parlare con il mio comitato elettorale, con il mio mandatario e se desidera farmi ancora domande mi invii una e-mail perché io non so chi sia lei” risponde irritata e riattacca. Una candidata diffidente con i giornalisti ma non con chi è in odore di mafia e che dice di non conoscere come tutti finché non vengono scoperti nonostante ricoprano ruoli istituzionali. Il mandatario della Damonte, Enrico Zerbo si difende senza però voler dire chi ha organizzato la cena: ”Il nome di quel signore non mi dice nulla. No, non sono in grado né di confermare né di smentire che fosse presente. Sarà stato uno dei tanti”. Ma Garcea, titolare con i figli di diverse attività commerciali non era un invitato ma colui che aveva invitato i presenti. E che sia uno legato Si tratta di un esponente della criminalità organizzata calabrese in Liguria Testimonianza Un’immagine scattata durante la cena elettorale di Cinzia Damonte organizzata da Onofrio Garcea a Genova alla criminalità organizzata calabrese a Genova è un fatto noto. Più volte arrestato, già finito nel rapporto della Guardia di Finanza per il filone d’inchiesta sul voto di scambio in cui, come scrivono gli attivisti de La Casa della Legalità “venne accertato che i rapporti tra gli esponenti della 'ndrangheta e la politica vedevano come punto di contatto Salvatore Ottavio Cosma divenuto nel frattempo "responsabile regionale dipartimenti tematici dell'Italia dei Valori" in Liguria: ”Le indagini tecniche hanno consentito di accertare che Cosma Salvatore fosse effettivamente in contatto con esponenti della malavita ed in particolare con Mamone Gino, Stefanelli Vincenzo, Malatesti Piero e Garcea Onofrio". E dalle intercettazioni della Guardia di Finanza ordinate dal pm Francesco Pinto nel 2007 emerge che Garcea è sempre stato interessato alla politica. Allora il suo “preferito” era il leader dell’Udeur il ministro della Giustizia Clemente Mastella. Ma la Damonte, assessore all’urbanistica nel comune di Arenzano della Giunta Gambino dal 2006, non sa nulla dei rapporti della Guardia di Finanza e delle intercettazioni che riguardano proprio il Sindaco Pd che l’ha nominata e un funzionario del comune e tutta la rete degli imprenditori edili della famiglia mafiosa Mamone. Il sindaco Gambino è coinvolto con un funzionario comunale Giampiero Lazzarini in quanto avrebbe operato con Mamone, anche lui ritenuto legato a famiglie mafiose e titolare della GE.Co, impresa di bonifiche e dell’immobiliare Sviluppo Peal, come indicata dalla DIA fin dal 2002 per rilevare l’area e gli impianti della ex fabbrica Stoppani. Gino Mamone chiama il sindaco affinché sostenga il suo progetto e il sindaco risponde: ”Torno proprio ora da una riunione per spianarti la strada”. Poi da un altro telefono chiama il funzionario che definisce “firmatutto” e gli dice che bisogna fare questa cosa con i Mamone. Ma la Damonte non sa nulla nonostante siano notizie pubblicate da Il Secolo XIX e oggetto di discussione anche in Consiglio Comunale. Indagine in cui ricorreva spesso il nome di Garcea assieme a quello di un dirigente del suo stesso partito l’Idv. Non sono troppe le cose che sfuggono all’attenzione dell’assessore candidata? Ma chi è Cinzia Damonte? Trentasei anni, due figli, laureata, funzionario dell'Agenzia delle Entrate da cui è stata sospesa in via cautelativa a causa di un’ indagine interna. Prima di approdare all'Idv era nei Ds poi a Sel da dove è subito uscita a seguito dell’espulsione di un suo caro amico Paolo Masi, portavoce del sindaco Gambino (Pd) a seguito della scoperta della sua vera identità: Masi era in realtà Pasquale Esposito, campano, arrestato e condannato per traffico di armi. Burlando, come ci dice il suo portavoce, è impegnato in campagna elettorale. Mentre voce attendibili dicono che l’Idv discuterà del caso Damonte martedì. A urne chiuse. Rossi e Faenzi tradizione e “nuovismo” di Giampiero Calapà Firenze ossi-Faenzi è lo scontro tra il Rcomunista “gigante” della tradizione ex toscana e quella “bambina” che un giorno a Castiglion della Pescaia sconfisse per la prima volta chi i “bambini se li mangiava”, era il 2001 e lo splendido borgo medievale sul mar Tirreno anticipava Prato di sette anni nel liquidare la sinistra. In piena campagna elettorale l’inchiesta della procura di Firenze sui grandi appalti ha colpito, indagato per concorso in corruzione, Denis Verdini, il padrino politico di Monica Faenzi. Quello che le consigliava di pensarci bene ad accettare la richiesta di Berlusconi, ma il premier voleva opporre ai “Rossi” una donna, a tutti i costi. E’ già leggenda il “sì” di una Monica Faenzi imbarazzata innanzi a un Berlusconi inginocchiato, non per portarla all’altare ma per chiederle di accettare la sfida impossibile. Verdini voleva proteggere la sua delfina da quello che si annuncia comunque – salvo insperate sorprese – come un massacro; Berlusconi cercava una faccia da manifesti, agli antipodi dalla governatrice del Piemonte Mercedes Bresso che “si guarda allo specchio e si rovina la giornata”, come ha recentemente detto il premier. Il metro di giudizio politico dell’inquilino di Palazzo Chigi è noto, tanto che la Faenzi viene descritta così da Libero: “Frangetta liscia, platinata, sorriso Durban’s, zigomo scolpito e una silhouette che rasenta la perfezione: 90-60-90 per un metro e ottanta di altezza”. Come sindaco di Castiglion della Pescaia ha lasciato il segno soprattutto per la lite (non ricambiata) con Romano Prodi, l’unico capace di battere Berlusconi alle urne, altro fattore determinante nell’innamoramento del Caimano. Il Professore era colpevole di trascorrere le vacanze nel bel borgo toscano senza passare a salutare il sindaco. Nella storia di Castiglione rimarrà anche un seduta del Consiglio comunale in cui dai ban- TOSCANA L’ex comunista contro “frangetta liscia” chi dell’opposizione la Faenzi fu accusata di aver speso soldi pubblici in una visita istituzionale in Belgio, per comprare degli assorbenti Tampax. Il sindaco si alzò e nella solennità della sala consiliare annunciò di usare un’altra marca. Un episodio, invece, che Berlusconi avrà apprezzato è quello dell’estate 2009, quando “frangetta liscia” multò i vogatori del rione Portaccia, rei di aver indossato magliette anti-Silvio al palio di Ferragosto. Favorevole alle centrali nucleari, “ma il piano del governo non ne prevede una in Toscana” tiene a precisare, ha avuto uno zio comunista, quell’Ivo Faenzi per 15 anni parlamentare del Pci. Nato “da una famiglia operaia”, come scritto sul sito web personale, nel ’58 (sette anni prima della Faenzi), Enrico Rossi, invece, rappresenta in pieno quella tradizione toscana di partito che ha dovuto subire nel 2009 la fine inaspettatamente drammatica del sindaco di Firenze Leonardo Domenici, con la sua giunta fatta a pezzi dall’inchiesta su Castello, l’ascesa e la vittoria alle primarie di quell’ex margherita Matteo Renzi per nulla a suo agio al tavolo degli ex comunisti e la sconfitta storica di Prato, dove Mr Sasch Roberto Cenni ha vinto “contro i cinesi”. E il Partito per risollevarsi da questi colpi da ko, nonché per ristabilire equilibri spezzati dall’irresistibile ascesa di Renzi nel cuore dei poteri toscani, ha deciso di giocare la carta preziosa di quello che in questi anni è diventato uno dei più potenti assessori della giunta di Claudio Martini: Enrico Rossi, più “bersaniano” (si scrive così ma si legge “dalemiano”) di Bersani, da sindaco di Pontedera negli anni ’90 scongiurò il trasferimento della Piaggio in Campania e da capo della sanità regionale vanta un risultato che ha concesso ai toscani “di guadagnare Enrico Rossi e Monica Faenzi secondo Manolo Fucecchi una settimana di vita in più ogni sette giorni che passano”, come rilevato dal Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. In Toscana lo stesso studio della Scuola Sant’Anna ha evidenziato come “sui grandi killer (tumori e malattie cardiovascolari) siamo in grado di evitare la morte più che in altre regioni”. Secondo un rapporto dell’Università Cattolica di Roma l’84% dei toscani è soddisfatto dei servizi sanitari regionali. Critiche su Rossi, però, sono piovute per la creazione degli Estav (Ente per i servizi tecnico amministrativi di area vasta), con cui ha diviso di fatto i servizi di supporto alla sanità in tre aree regionali: gli Estav si occupano dell’acquisto di strumentazioni e farmaci destinati alle Asl, oltre alla gestione di concorsi e stipendi del personale. Un’idea che non è piaciuta neppure alla Cgil, molto vicina a Rossi, il cui comparto infermiere e ostetriche l’ha bollata come una delle cose “meno riuscite” della sua gestione. Per il resto la strada verso la successione di Martini dovrebbe essere spianata, per questo ci ha pensato D’Alema a creare sconcerto nell’elettorato di sinistra annunciando, sabato scorso in visita a Firenze, che alla Toscana serve proprio un Cie (centri di identificazione e espulsione immigrati) “per applicare meglio i principi della legge Turco-Napolitano”. pagina 8 Venerdì 26 marzo 2010 CRONACHE MURPHY, IL PRETE PREDATORE E L’IMPUNITÀ DEL VATICANO Il responsabile di 200 abusi su minori rimase sacerdote negli Usa grazie all’intervento di Ratzinger e di Bertone di Marco Politi atzinger sapeva di un prete americano, colpevole di centinaia di abusi. É accaduto negli anni Novanta, ma l’episodio fa riesplodere le polemiche sui silenzi della Chiesa. Arrivano dall’America – pubblicate dal New York Times – accuse dirette al cardinale Ratzinger, quando era prefetto dell’ex Sant’Uffizio, cioè la Congregazione per la Dottrina della fede. Su documentazione degli avvocati di alcune vittime viene rivelato che un certo padre L. Murphy, impiegato in un istituto per sordi tra il 1950 e il 1974, si è reso responsabile di duecento abusi su minori. Un caso ignobile. Nel 1996 il vescovo della diocesi monsignor Weakland (più tardi ritiratosi per avere usato fondi diocesani in modo da tacitare un suo ex partner gay) si rivolge al cardinale Ratzinger per chiedere come procedere. Due sue lettere rimangono senza risposta. Otto mesi dopo mons. Bertone (allora segretario della Congregazione) dà l’indicazione di avviare un processo canonico. Ma il prete colpevole scrive direttamente a Ratzinger e ottiene ascolto. Murphy parla del suo pentimento, invoca gravi condizioni di salute e chiede al cardinale: “Voglio semplicemente vivere quello che mi resta nella dignità del mio sacerdozio”. E allora dal Vaticano parte un altro “consiglio” al vescovo di Milwau- R kee. Risolvere “pastoralmente” il caso. Di fatto non viene adottata nei confronti del prete alcuna sanzione canonica. Morirà nel 1998, indossando ancora la tonaca. Durante la sua carriera di predatore non è mai stato punito, ma invece trasferito in varie scuole ed istituti. La notizia esplode con il fragore di una bomba e fa il giro del mondo. Replica il portavoce vaticano padre Lombardi che nulla impediva al vescovo locale di adottare le punizioni necessarie. Fu un “caso tragico”, ammette, un abuso compiuto ai danni di persone “particolarmente vulnerabili” ma sulla decisione di non proseguire il processo – spiega – ha influito il fatto della salute molto precaria del prete e la constatazione che gli episodi risalivano a oltre vent’anni prima. Di fronte all’ondata di indignazione che monta – il New York Times scrive che il “Vaticano non ha imparato la lezione”, dagli scandali, che hanno provocato l’espulsione di settecento preti colpevoli – interviene l’Osservatore Romano. Il quotidiano della Santa Sede replica indignato: “Nessun insabbiamento”. Scrive l’Osser vatore che il vescovo di Milwaukee aveva già avviato per suo conto una “procedura canonica”. Spiega l’Osservatore che le lettere del vescovo Weakland, arrivate vent’anni dopo i fatti, si riferivano soltanto ai casi di “adescamento in confessionale” e che Bertone aveva ri- sposto di “procedere secondo quanto stabilisce (il documento vaticano) Crimen Sollicitationis”. La parte debole della difesa vaticana si rivela, tuttavia, a proposito della richiesta rivolta da Murphy direttamente a Ratzinger di “interrompere il procedimento canonico”. Invece di ribadire la necessità di svolgere senza indugio una processo canonico a fronte dell’enormità dei delitti commessi, la Congregazione per la Dottrina della fede (a firma Bertone) “invita il vescovo di Milwaukee – così l’Osser vatore – a esperire tutte le misure pastorali previste dal canone 1341 per ottenere la riparazione dello scandalo e il ristabilimento della giustizia”. É un invito generico, perché nei fatti Murphy rimarrà prete e nei pochi mesi che gli rimangono da vivere non c’è nessuna sanzione ecclesiastica che abbia il valore di un segnale dinanzi all’opinione pubblica. I volti delle vittime, nella loro concretezza, nel loro dolore duecento volte vissuto, rimangono assenti in questo burocratico carteggio. In difesa della Santa Sede interviene polemicamente anche Avvenire, documentando che la giustizia americana aveva archiviato il caso, mentre il vescovo locale mons. Weakland, di fronte al ripetersi di denunce per abusi, aveva sottoposto il prete-predatore a “quattro lunghi interrogatori” con l’assistenza di esperti. Ne era emerso il quadro clinico del “pedofilo tipico” da raccomandare a trattamento psicoterapeutico. Resta il fatto, come risulta dalla stessa documentazione dell’Avvenire, che dopo la denuncia della prima vittima Murphy fu semplicemente allontanato dalla diocesi dove era avvenuto il fatto e mandato con un certificato “per motivi di salute” in un altro posto (a vivere presso la madre), continuando tranquillamente a esercitare il suo sacerdotale in una parrocchia. Un classico. In Vaticano pochi sembrano rendersi conto che le spiegazioni parziali – che non af- Il “New York Times”rivela lo scandalo. La Santa Sede: “Sul tragico caso nessun insabbiamento” frontano il problema chiave della non-punizione del prete colpevole e del suo permanere in attività – finiranno per essere un gigantesco boomerang. Ieri si è svolta ai limiti di piazza San Pietro una manifestazione lampo dell’associazione Snap, che riunisce vittime di abusi sessuali commessi dal clero in America. Due vittime e due militanti dello Snap hanno distribuito volantini anti-Ratzinger. É solo l’avvisaglia di iniziative che potrebbero ripetersi più massicce in vari paesi. Se le autorità ecclesiastiche si illudono che basti gridare al complotto contro il Papa senza fare piena luce su tutte le denunce pervenute alla Congregazione per la Dottrina delle fede – e sono 3000 solo nell’ultimo decennio – commettono uno sbaglio. Già in Italia le vittime cominciano a organizzarsi. L’Espresso anticipa una mappa di quaranta casi: dal Trentino-Alto Adige, al Piemonte, alla Lombardia e poi Veneto, Campania, Puglia, Molise, Lazio, Sardegna, Sicilia, Umbria e Liguria. i stanno smuovendo le coscienze. C’è “S più coraggio da parte delle vittime, o presunte tali, a denunciare gli abusi subiti. Sta crollando un muro difficile da tirare giù soprattutto in Italia. E non è difficile comprendere perché: in Italia ci sono il Vaticano e il Santo Padre, e questo contribuisce. E lo dico raccontando un dato di fatto, non come anticlericale”. Roberto Mirabile è presidente della Caramella Buona, una Onlus fondata dallo stesso Mirabile nel 1997, e che si occupa di lotta alla pedofilia. Prima associazione in Italia ad essere riconosciuta parte civile in una causa di pedofilia (nel 2005, in un processo di Reggio Emilia contro un pedofilo che aveva abusato di 17 bambini, causa vinta), la Caramella Buona è parte civile anche nel processo contro don Ruggero Conti. Un processo che è stato possibile grazie alla denuncia di due ragazzi tra i 20 e i 22 anni, che hanno accusato il parroco di Selva Candida (Roma) di aver abusato di loro un quinquennio fa. È proprio in occasione di questo processo che Roberto Mirabili ha visto crollare il muro di omertà che c’è sui casi di pedofilia all’interno della stessa Chiesa. “Dopo l’arresto di don Ruggero Conti, il 30 giugno del 2008 – racconta Mirabile – sono arrivate alla Caramella Buona telefonate da Legnano (dove Conti quando non era ancora prete insegnava in passato educazione sessuale, ndr) che raccontavano di essere stati vittime di abusi da parte del futuro sacerdote oltre 25 anni fa. E siamo sicuri che queste sono denunce reali, perché dopo 10 anni il reato di pedofilia viene prescritto e queste persone che vengono a testimoniare al processo non possono ottenere nessun risarcimento, perciò non hanno alcun interesse a raccontare bugie”. Si denuncia tardi, spie- ga Mirabile, perché “c’è un grande senso di vergogna, trovare la persona giusta con cui parlarne è difficilissimo”. Comincia a intravedersi, insomma, una certa presa di coscienza riguardo i casi di abusi anche in Italia. Forse non forte come quella statunitense, che si è potuta toccare con mano anche ieri mattina, quando un gruppo di americani è stato fermato in piazza San Pietro mentre distribuiva volantini con una foto di Benedetto XVI, per denunciare le coperture della Chiesa sugli abusi. In Italia, invece, è attesa per settembre la prima riunione di una nuova associazione per le vittime di abusi sessuali da parte del clero. Molto significativamente, la riunione si terrà a Verona: lì dozzine di bambini sordi ospiti di un istituto religioso – è una storia emersa lo scorso anno – sono stati abusati per trent’anni dai sacerdoti. La volontà dell’associazione è quella di incoraggiare le vittime a venire allo scoperto. Lo stesso lavoro che fa Caramella Buona, che agisce con una certa prudenza. Tanto che presidente onorario è stato nominato Nino Marazzita, avvocato penalista. “La mia nomina – racconta Marazzita – viene dal fatto che siamo garantisti, e per valutare caso per caso ci vuole una certa capacità tecnica”. E racconta Mirabile che, prima di arrivare alla denuncia penale contro don Ruggero Conti, è stato moltissime volte a parlare con alti esponenti della Cei, del Vicariato di Roma e della Santa Sede. “L’ultimo colloquio – dice – l’ho avuto monsignor Scicluna, il promotore di Giustizia dell’ex Sant’Uffizio. Sono stati tre quarti d’ora di colloquio, ma ci siamo sentiti come di fronte a un muro di gomma. Abbiamo detto: basta”. Ma l’eventuale condanna di don Ruggero scoperchierà un grande scandalo. Perché, dice Mirabile, “si chiederà conto dell’omertà della Chiesa sul caso Conti”. E ci si domanderà quanti altri casi sono rimasti nascosti. MAFIA Il 41 bis per il superboss Liga I l ministro della Giustizia Alfano ha firmato il provvedimento per il regime carcerario duro, il cosiddetto 41 bis, per Giuseppe Liga, arrestato nei giorni scorsi a Palermo e ritenuto l’erede dei boss Lo Piccolo, alla guida del clan più importante di Palermo. REATI Straniero ridotto in schiavitù U n cittadino straniero da dieci anni era costretto a lavorare in un laboratorio artigianale, in condizioni di costrizione assoluta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza di Altamura (Bari), che hanno identificato e denunciato due persone per riduzione in schiavitù. I finanzieri hanno accertato che la vittima dei soprusi abitava e lavorava in un luogo totalmente sprovvisto delle minime norme igienico-sanitarie e inerenti la sicurezza sui luoghi di lavoro. Inoltre, passaporto e permesso di soggiorno della vittima erano illegalmente trattenuti dai suoi “datori di lavoro” per impedirne il ritorno nello stato di origine. TRUFFE Il diplomificio chiude i battenti In Italia il processo contro don Conti può aprire il vaso di Pandora di Andrea Gagliarducci N F alsificavano le iscrizioni nella loro scuola, “Il nuovo Quasimodo” di Rosolini (Siracusa), per avere il titolo di istituto paritario e ricevere un contributo statale di 250 euro a studente e dalla Regione il buono scuola di 1.500 euro. Per questo sono finiti in manette ieri – con l'accusa di falso, abuso di ufficio e truffa – Patrizia Calvo, presidente del Consiglio comunale di Rosolini, e la dirigente della scuola. Il Papa Benedetto XVI (FOTO EMBLEMA) CASO CLAPS di Paola Zanca SILENZIO IN PARROCCHIA C i voleva un'infiltrazione d'acqua, a far ritrovare il corpo di Elisa Claps, la studentessa scomparsa a Potenza il 12 settembre del 1993. Se la scorsa settimana non l'avessero trovata gli operai, nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità, avrebbe potuto rimanerci per sempre. Già, perché che quello fosse il luogo della sepoltura, qualcuno lo sapeva da un pezzo. Don Vagno, almeno da tre mesi. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il viceparroco della Trinità sapeva che i resti della Claps erano nascosti lassù da gennaio. Pare che l’avessero avvertito due donne, che mentre pulivano la soffitta avevano notato un teschio. Loro però negano ogni coinvolgimento: “Né io né mia madre abbiamo mai trovato quel cadavere” . Le indagini si concentrano ora sui motivi di questo silenzio e sulle numerose manomissioni riscontrate sulla scena del delitto. Il corpo di Elisa è stato portato lì solo dopo l’omicidio. Prima del ritrovamento era coperto da tegole, poi qualcuno le ha rimosse. AGGRESSIONI Senzatetto preso a cinghiate D ue giovani hanno preso a calci, pugni e cinghiate un senzatetto albanese che dormiva nei pressi della stazione di Firenze. É successo nella notte tra mercoledì e giovedì, verso le due. Grazie all’intervento di un passante e di un taxista, i due aggressori (un 21enne e un 19enne) sono stati rintracciati e denunciati per lesioni aggravate. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 9 CRONACHE VIA GRADOLI IL VIDEO CONTESO CHE HA PORTATO CAFASSO ALLA MORTE La ricostruzione del ricatto dopo l’arresto del maresciallo Testini di Rita Di Giovacchino distanza di quattro mesi i riflettori si riaccendono sul caso Marrazzo ed è caccia aperta al video integrale girato in via Gradoli 96 la mattina del 3 luglio quando due carabinieri fecero irruzione in casa di Jose Alejandro Silva Vidal, al secolo Natalie, sorprendendo l'allora governatore del Lazio in mutande. Il video scomparso dura 12 minuti, lo spezzone consegnato agli inquirenti il giorno dell'arresto solo 2 minuti e 58. É attorno alle immagini mancanti che si sta tentando di ricostruire l'intera tela del ricatto a Marrazzo, la catena che l'ha ordita e l'indecifrabile significato della morte del pusher Cafasso e del trans Brenda. La caccia al filmato è culminata ieri mattina con la perquisizione nello studio dell'avvocato Marco Cinquegrana, già legale di Cafasso, stroncato da un letale “speedball” a base di cocaina tagliata con eroina, mistura confezionata al solo scopo di ucciderlo. Questa almeno la tesi degli inquirenti. Ma c'è un elemento ancora più agghiacciante nella ricostruzione del presunto delitto. A consegnare la droga al pusher, ormai nascosto all'hotel Romulus, nella notte tra l'11 e il 12 settembre, sarebbe stato il maresciallo Nicola Testini. Carabiniere figlio di carabiniere, una carriera ricca A di encomi. É lui il primo dei quattro, accusati di tentata estorsione, ad essere scarcerato dieci giorni dopo l'arresto. Sembrava uscito di scena, ma la sua iscrizione sul registro degli indagati per omicidio volontario gli restituisce un ruolo primario in questa strana storia. E ora sono in molti a chiedersi se l'intera vicenda possa davvero essere liquidata con la storiella delle “mele marce” o se non si tratta invece di un affaire dal plumbeo sfondo politico che coinvolge altri protagonisti, con interessi che coinvolgono il ruolo politico che Marazzo ricopriva. Bisogna andare con ordine, perché le accuse rivolte a Testini complicano la ricomposizione del puzzle. Bisogna partire dai rapporti tra il maresciallo e Cafasso di cui il pusher era confidente. Un confidente che gli segnalava la presenza di personaggi importanti nelle abitazioni dei trans, in via Gradoli e via Due Ponti. Il maresciallo si era attrezzato e aveva spedito un paio di uomini, Tagliente e Tamburino, nella caserma distaccata a Tomba di Nerone sulla Cassia dove i trans gravitavano. La storia andava avanti da tempo ma negli ultimi tempi il legame era diventato più stretto tra lui e Cafasso grazie all'amicizia che c'era tra Jennifer, la “fidanzata” del pusher e Jois, un altro trans amico di Testini. E ora proprio Jennifer è diventata la sua principale accusatrice: dice di aver accompagnato Cafasso nella zona di Saxa Rubra e li ha incontrato Testini la sera in cui è morto per ricevere la dose che il pusher aveva poi assunto senza sospetto nonostante il sapore amaro proprio perché si fidava completamente di lui. Una testimonianza passata al vetrino. Ma alla fine l'alibi di Testini non ha retto, la cella del suo cellulare quella sera insisteva nella zona di Saxa Rubra come quella di Cafasso. Jennifer non ha mentito Testini, Tagliente, Tamburino, sono i primi. Poi arriva, Luciano Simeone, quasi un corpo estraneo, non deve stupire se proprio da lui, interrogato ieri mattina, sono venuti segnali di disponibilità. Due giorni fa la prima ammissione: “Cafasso non c'era, ho girato io il filmato in casa di Natalie con il palmare di Tagliente che era dotato di web-cam”. Cafasso aveva soltanto telefonato a Tagliente per segnalare la presenza di Marrazzo. Il pusher entra in scena nella fase successiva, quando i carabinieri decidono di vendere il filmato per realizzare, millantano, almeno mezzo milione. Così Cafasso copia la versione integrale su una pen-drive e ne diviene custode. Tragica scelta. Poi, coinvolto fino in fondo nel ricatto, si rivolge all'avvocato Cinquegrana per contattare la NATALIE: “SONO FAMOSA E FACCIO AFFARI D’ORO” di Monica Raucci 96 di via Gradoli (quello della notte di sesso Iperlecivico videotape di Marrazzo) ha un segreto: è l’ingresso il 98. Un passaggio riservato, in discesa, per le Gianguerino Cafasso (FOTO ANSA) Il filmato scomparso dura 12 minuti, lo spezzone in possesso degli inquirenti neppure tre stampa. Incontra due giornaliste di Libero, il giornale di proprietà degli Angelucci, a casa sua. Corre alla Photomasi, contatta la manager che subito informa Marina Berlusconi. L'affaire è alla stretta finale, come la corda attorno al collo di Marrazzo, quando Berlusconi gli telefona per dirgli: “Non ti preoccupare, non pubblichiamo niente”. Ma l'affare è ormai sfumato, Cafasso tenta di svendere il filmato all'agenzia fotografica per 60 mila euro, non gli riesce. Ed è a questo punto che la sua strada si divide da quella dei carabinieri. Fa sparire la pen-drive, forse la nasconde nello studio dell’avvocato, dove ieri però non è stata trovata. Infine si chiude con la sua Jennifer all'hotel Romulus, prima di sparire va in giro dicendo: “Spero di mettere insieme un po' di soldi, poi esco dal giro, se no mi ammazzano”. auto dei clienti che parcheggiano e lontano da occhi indiscreti possono raggiungere direttamente l’appartamento al piano meno due, quello di Natalie. Perché qui tutto è cambiato, le trans sono andate via, non fanno più un euro, la polizia viene un giorno sì e l’altro pure, i residenti sono infuriati, ma lei, Natalie, è rimasta. E fa affari d’oro: “Tanti mi contattano perché sono la trans di Marrazzo”. La incontriamo per caso, nel cortile. Un’icona della notorietà postmoderna: “La gente mi ferma per strada e mi urla: Marrazzo!” Di quel giorno dice e non dice, nel linguaggio che tante trans hanno imparato a masticare in questi ultimi tempi. “Voi giornalisti dovete scrivere la verità”, è la sua ossessione. Ma la verità che passa per la sua bocca, bisogna filtrarla parola per parola. Ha fianchi dolci come la voce. Per lei l’ex presidente della Regione Lazio è semplicemente Piero. Il suo Piero, che già nel 2005 avevano provato a incastrare: “Eravamo in auto, qualcuno ha scattato una foto. Io mi sono buttata a terra”. Per lei basta questo a dimostrare che la spia non l’avrebbe mai fatta. “Non sono ricattabile, sono in regola, sono sposata”. E sbandiera un certificato di matrimonio datato Velletri 2000. Sono altre le trans traditrici. “Ce ne sono tante che hanno amicizie con i carabinieri. Guarderanno i tabulati telefonici e verranno fuori i nomi”. Quali altri personaggi famosi sono sotto ricatto? “Non so, non posso dire”. Quando si toccano i punti salienti, ha imparato a dire no convincenti. Nega di conoscere di persona Cafasso, il pusher trovato morto. E la cocaina a casa sua quella notte con Marrazzo non c’è mai stata: “Basta guardare il video, è un montaggio”. Non ha mai visto neanche Nicola Testini, il maresciallo indagato dalla Procura di Roma con l’accusa di avere consegnato a Cafasso una dose mortale di droga. Ma poi su Brenda, la trans trovata uccisa, si lascia andare: “Non c’entra nulla con il caso Marrazzo. Sì, Piero mi ha detto di averla vista due tre volte, ma hanno collegato le cose perché fa comodo. Come mai non si sa più niente di quello che c’era nel suo computer?”. Già, perché?. “Ci sono altre trans, due o La trans Natalie (F A ) tre, che frequentavano Marrazzo ma non sono quelle che sono uscite sui giornali. Però sono andate via”. Chi, dove quando? “Ho già parlato troppo”. E chiude: “La verità la sappiamo solo io e Piero”. A proposito, l’ha più sentito? “No”. Neanche un sms? Scuote la testa, ma sorride e arrossisce. Forse, alcune bugie non ha imparato proprio a dirle. OTO NSA Sorpresa: i romeni non sono un popolo di delinquenti UN’INDAGINE SFATA I MITI NEGATIVI RISPETTO ALLA POPOLAZIONE STRANIERA PIÙ NUMEROSA CHE C’È IN ITALIA di Corrado Giustiniani fa in fretta a criminalizzare un Scidioipopolo intero. Ci vuole un omiche colpisca profondamente l'opinione pubblica, come quello di Giovanna Reggiani, compiuto il 30 ottobre del 2007 da Romulus Mailat. E poi, sei mesi dopo, sempre a Roma, lo stupro di una studentessa del Lesotho, finito nell'apertura di prima pagina dei principali quotidiani, fra le 4 mila orribili violenze carnali denunciate ogni anno, perché era il 20 aprile del 2008 e si stava per votare, al ballottaggio, il sindaco della capitale. Per non dimenticare, il 14 febbraio di un anno fa, lo stupro della Caffarella, ai danni di una ragazza di quindici anni, con una partenza falsa che portò in carcere gli incolpevoli Loyos e Racz, ma la certezza di alcuni giornali che il dna dei violentatori fosse romeno, come se avesse una bandierina incorporata dentro. Un libro-ricerca zeppo di dati statistici, I romeni in Italia tra rifiuto e accoglienza, presentato ieri all'Accademia di Romania dalla Caritas italiana e romena, smonta questa mole di pregiudizi. La stima media dei soggiornanti di quel paese in Italia è di 1 milione e 110 mila. Sono la nazionalità più rilevante: un immigrato su quattro è romeno, e la loro presenza si è più che quadruplicata dal 2003 ad oggi (erano infatti 240 mila al tempo della regolarizzazione della Bossi-Fini). Ma chi equipara aumento dei romeni ad aumento della criminalità non trova supporto nei numeri. Nel 2008, osserva la Caritas, costoro incidevano per il 24,5 per cento sulla popolazione straniera residente ma soltanto per il 13,8 per cento sulle denunce presentate contro tutti i cittadini stranieri. Dunque, i romeni delinquono meno della media degli immigrati. Ancora: le denunce contro i romeni sono sì aumentate, dalle 31.465 nel 2005 alle 41.708 del 2008, ma soltanto del 32,5 per cento, mentre nello stesso periodo la popolazio- Un milione e 110mila persone che versano ogni anno un miliardo di euro di tasse e un miliardo e 700 milioni di contributi ne romena in Italia è salita del 268 per cento. La propensione a delinquere, perciò, è nettamente calata negli ultimi anni. Ad essere denunciati sono circa il 3,5 per cento dei residenti romeni. Quota che scende attorno al 3, se si tiene conto che alcune denunce si riferiscono a una stessa persona. Il 97 per cento non ha problemi con la giustizia. Difficile il confronto con la popolazione italiana, perché gli immigrati sono più giovani e la tendenza a delinquere non è certo degli anziani. La criminalità romena, che pure preoccupa per il suo carattere violento e la ramificazione in diverse attività illecite (dallo sfruttamento della prostituzione e dell'accattonaggio alle frodi informatiche) secondo la Direzione investigativa antimafia (Dia) è meno strutturata e meno in crescita rispetto ad altre di paesi diversi (soprattutto nordafricani). Sul lavoro i romeni non cercano di far valere ad ogni costo la loro formazione, spesso più elevata, ma si inseriscono anche nelle posizioni più umili e rischiose, tanto che nel 2008 hanno subito 21 mila 400 infortuni, 48 dei quali mortali. Nello stesso anno sono stati assunti ben 175 mila di loro, corrispondenti al 40 per cento dei nuovi contratti di cui ha beneficiato l'intera popola- zione immigrata: in ciò sono stati sicuramente favoriti dall'essere cittadini dell'Unione europea, a partire dal 1 gennaio del 2007. I romeni, così, assicurano un notevole apporto di contributi previdenziali (circa 1 miliardo e 700 milioni di euro l'anno) a vantaggio delle casse dell'Inps, mentre pagano circa 1 miliardo di tasse. Non soltanto laboriosi: sono anche creatori d'imprese, al ritmo di 9 mila l'anno. A maggio del 2009 quelle con titolare romeno erano in tutto 28 mila, con un primato in edilizia. Soltanto i marocchini, fra le nazionalità immigrate, ne vantano un numero più elevato. Il Lazio è la regione che vede il maggior numero di residenti (158 mila) e Roma la prima provincia (122 mila) davanti a Torino (86 mila) e Milano (41 mila). Sono già 50 mila i bimbi romeni nati in Italia dal 2000 ad oggi e 105 mila i ragazzi iscritti nelle nostre scuole. Nel volume della Caritas, tuttavia, si sottolinea la nota dolente dei minori non accompagnati: nel 2006 erano già 2 mila 500. I minori costituiscono comunque il 18 per cento della presenza in Italia, che per la maggior parte (53 per cento) è femminile: le donne romene, come si sa, trovano ampi spazi nell'assistenza alle famiglie, agli anziani e ai malati. Ma cosa pensano i romeni del nostro paese e degli italiani? La ricerca è integrata da un sondaggio condotto su 50 testimoni privilegiati distinti per età (dai 19 ai 50 anni) e regione di residenza. Sei su dieci intendono stabilizzarsi in Italia, della quale apprezzano lavoro, livello di vita e sistema sanitario, mentre rimpiangono la scuola romena che ritengono migliore. Il 94 per cento dichiara di aver fatto amicizie italiane, il 74 per cento di aver imparato la lingua dopo l'arrivo nel nostro paese, mentre il 36 per cento parla a casa soltanto italiano. Il 92 per cento guarda la tv italiana e i programmi più seguiti sono Anno Zero, Repor t, Porta a Porta, non quelli di intrattenimento. Nota dolente: il 90 per cento degli intervistati ha dichiarato che i romeni di propria conoscenza hanno subito discriminazioni, soprattutto sul lavoro. La mattinata finisce con un toccante concerto di musicisti romeni. Una ragazza, Oana Lungu, esce dall'Accademia di Romania esibendo orgogliosa la sua tesi di laurea conseguita alla Lumsa. Il titolo è L'altra Romania in Italia. Storie di integrazione. Lei ne ha raccolte 12. “L'altra Romania siamo noi – spiega – quelli venuti in Italia per lavorare onestamente: la stragrande maggioranza”. pagina 10 Venerdì 26 marzo 2010 CRONACA Prosperini tenta il suicidio “Non odio i magistrati” L’EX ASSESSORE INQUISITO SI TAGLIA I POLSI: “MA NON CE L’HO FATTA” di Gianni Barbacetto Milano on ce l’ho fatta a farla finita”: così Pier Gianni Prosperini ha accolto i suoi avvocati, chiamati dalla moglie che lo aveva trovato ferito ai polsi e alle gambe. È successo ieri mattina. L’ex assessore regionale al turismo di Roberto Formigoni, agli arresti domiciliari nella sua abitazione di corso Garibaldi a Milano, si era inflitto alcuni tagli agli arti con un bisturi chirurgico. La moglie aveva subito chiamato i legali, che hanno poi convinto Prosperini a farsi ricoverare in ospedale. Medico, collezionista d’armi, l’ex assessore è stato portato al pronto soccorso del San Car- N lo, dove è stato accolto in codice verde, il più lieve dei livelli d’allarme sanitari. Dopo la medicazione delle ferite, è stato trattenuto in osservazione, piantonato dalla polizia. In casa aveva lasciato tre lettere. Una alla moglie, una alla figlia (“Vi chiedo scusa”). La terza per i magistrati di Milano: «Non ho provocato danni alla Regione Lombardia, io non avevo compiti operativi, non prendevo decisioni relative alle gare d’asta, ma comunque non ce l’ho con i magistrati, l’impianto accusatorio era imponente e ho scelto di patteggiare per tornare a casa dalla mia famiglia». Lo avevano arrestato il 16 dicembre, insieme al proprietario di Odeon tv, Raimondo Ha usato lo strumento di quando era medico. Tre lettere sul tavolo, per moglie, figlia e pm Lagostena. Accusato di aver incassato dall’imprenditore una tangente di 230mila euro per fare aggiudicare a Odeon un appalto regionale da 7 milioni di euro per promuovere il turismo in Lombardia. Dal carcere di Voghera era uscito il 17 marzo, dopo aver chiesto ai pm milanesi Alfredo Robledo e Paolo Storari di patteggiare una pena di 3 anni e 5 mesi e di risarcire 400 mila euro. Restano però aperte a suo carico altre accuse. Di aver fatto pagare alla Regione, con soldi pubblici, i suoi programmi sulle tv locali lombarde, pittoresche teleprediche contro immigrati, gay, rom. E di aver fatto da intermediario per affari tra imprenditori italiani e il governo dell’Eritrea: la vendita di pescherecci dei Cantieri navali Vittoria, ma anche la progettazione di un villaggio nel paese africano. Un tecnico della società Italcantieri spa, un tempo posseduta da Paolo Berlusconi, ha raccontato ai magistrati di aver consegnato per tre volte a Prosperini buste piene di denaro, per un totale di 130mila euro. Le consegne sarebbero avvenute tra il 2002 e il 2003 a Milano, proprio sotto il Pirellone, sede della Regione Lombardia. Il 16 marzo è stato arrestato anche il segretario di Prosperini, Gionata Soletti, accusato di riciclaggio per la gestione di conti in Svizzera che gli investigatori sospettano siano riferibili all’ex assessore. Da quei conti, Soletti avrebbe prelevato almeno 800mila euro: “Non è da escludere”, secondo il giudice delle indagini preliminari Andrea Ghinetti, “che le somme siano state destinate anche ad altri esponenti pubblici, allo stato non identificati”. Su Prosperini si era allungata infine anche l’ombra del traffico d’armi: una nota della Guardia di finanza accenna infatti a una “mediazione retribuita di Prosperini nella vendita al governo eritreo di armi, visori notturni e muni- Piergianni Prosperini (FOTO ANSA) zioni”. La posizione giudiziaria di Prosperini si è dunque via via complicata. Fino alla sua scelta di ieri mattina, le ferite, il ricovero in ospedale. “Le sue condizioni di salute non sono gravi”, ha detto ieri il direttore generale del San Carlo, Antonio Mobilia. “Il paziente presenta ferite di arma da taglio alle braccia e alle gambe e comunque sarà tenuto in osservazione per qualche giorno”. Appresa la notizia, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, a cui Prosperini aveva in passato finanziato la campagna elettorale, ha dichiarato di essere “molto addolorato”: “Si tratta di una persona che, per come la conosco, è sempre stata impeccabile... Mi auguro che ritrovi presto l’amore per la vita e la strada per uscire da questo terribile gorgo”. Anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che al momento dell’arresto si era detto sicuro dell’innocenza del suo assessore, ha dichiarato di essere “molto colpito e addolorato”. Luciano Muhlbauer, consigliere regionale di Rifondazione comunista, ha invece dichiarato: “Prosperini ha diritto alla pietas, cioè a quella cosa che ha sempre negato agli altri, ma non ha diritto di chiedere clemenza”. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 11 DAL MONDO LA VENDETTA DEI REPUBBLICANI UN NUOVO VOTO PER LA SANITÀ USA Per un cavillo la riforma Obama è tornata al Congresso Barack Obama nel momento della firma della riforma sanitaria (FOTO ANSA) di Angela Vitaliano New York i sono vittorie politiche il cui valore viene sottolineato più dalla reazione incontrollata della parte avversa che dal legittimo compiacimento di chi quell’obiettivo, invece, lo ha raggiunto. Non c’è infatti dubbio che l’approvazione della riforma sanitaria ha rappresentato un momento storico per il paese, un C riconoscimento importante per la testarda volontà del presidente e una boccata d’aria per il partito democratico che stava celermente calando nei sondaggi per la sua litigiosità. E, quindi, un colpo ben assestato alla cieca ostinazione dei repubblicani. Non domi, però, questi hanno iniziato subito, abbandonando decoro istituzionale e lungimiranza politica, a combattere la messa in atto della legge con tutti gli strumenti possibili. Alcuni Stati si sono organizzati per determinarne l’incostituzionalità e tutti i leader del Grand Old Party hanno dichiarato, indistintamente, che la battaglia non è finita. Così, nella riunione del Senato di mercoledì, in cui la legge doveva essere approvata e poi rimandata alla Camera, i repubblicani si sono presentati con una lunga serie di emendamenti, molti dei quali, come quello sul divieto di vendere Viagra ai condannati per pedofilia, al limite del ridicolo. Tutti bocciati senza problemi dalla maggioranza democratica. Tuttavia, nel corso della discussione, che s’è conclusa intorno alle 3 del mattino di giovedì, sono stati individuati vizi procedurali, peraltro minori, la cui correzione obbliga il Senato a rimandare il testo alla Camera per una nuova votazione. Insomma, esattamente ciò che il presidente Obama aveva auspicato che si evitasse, facendo appello al senso di responsabilità dei senatori di minoranza. È significativo che i vizi procedurali che hanno bloccato ancora una volta la riforma, già firmata dal presidente, sia- no relativi ad un capitolo sull’educazione e in particolare alla concessione delle borse di studio. La riforma sanitaria, come precisato dalla Pelosi, contiene anche una parte più attinente all’educazione, molto importante perché rivolta a garantire il diritto di studio a giovani con redditi bassi. Non teme, perciò la portavoce della Camera, che ci possa essere alcun problema a rivotare una legge, praticamente già approvata, e a farlo in tempi brevissimi. La notizia della riconferma di tutto il pacchetto potrebbe arrivare già stamattina e, comunque, non oltre il fine settimana. Piovono, intanto, da tutte le parti, le critiche sull’ostruzionismo repubblicano che, prima di tutto, ha bloccato “inutilmente” i lavori del Senato, costringendo maggioranza e opposizione a confrontarsi su una materia che ormai è legge, mentre altre istanze importanti attendevano di essere discusse. Se da un lato, poi, i repubblicani agiscono, o provano ad agire, politicamente, dall’altro non disdegnano di continuare a infiammare gli animi dei contestatori favorendo delle reazioni spesso violente e preoccupanti. Nella giornata di mercoledì, in seguito a una serie di minacce e di atti vandalici di cui sono stati vittima i deputati democratici, si è resa necessaria una riunione straordinaria dell’Fbi per valutare misure eccezionali di sicurezza per proteggere i congressisti. Senza dimenticare che la “solita” Sarah Palin, sempre alla ricerca disperata di attenzione, ha fatto circolare una mappa degli Usa con dei bersagli tipo quelli usati nei poligoni di tiro, sistemati su tutti gli Stati i cui rappresentati hanno sostenuto la riforma. Un estremo gesto di ostruzionismo: ma l’intero pacchetto potrebbe passare già oggi RAPPORTO GLOBALE SULL’AMBIENTE “UN BRUTTO CLIMA AIUTA LE DITTATURE” di Alessandro Oppes Madrid arà un mondo più poveSdi regimi ro, meno sicuro, in balìa autoritari, con un gran numero di paesi in bancarotta. Le conseguenze del cambiamento climatico non si faranno sentire solo sull’ambiente: metteranno anche a dura prova la stabilità dei sistemi politici. “La mia intenzione non è quella di creare allarmismo”, dice Antonio Marquina, professore di Sicurezza e Cooperazione internazionale alla Complutense di Madrid. Ma in realtà, le conclusioni del suo documentatissimo rapporto “Global Warming and Climate Change” – un libro che è il risultato delle indagini svolte dalla rete di università di Europa e Asia - sono tutt’altro che rassicuranti per il futuro dell’umanità. Anzi, il conto alla rovescia che ci separa dal baratro sarebbe già cominciato. Se nel 2020, tra appena dieci anni (quando si prevede che lo squilibrio tra energia sporca e pulita sarà ancora enorme: 80 a 20), la temperatura del pianeta dovesse aumentare – come si teme – di oltre due gradi, le politiche necessarie per far fronte a questa emergenza sarebbero così SPIGOLI care da risultare impraticabili. Il vero punto di svolta, però, sarà intorno al 2050: in mancanza di interventi drastici per combattere il riscaldamento globale, ci troveremo di fronte a una serie di conflitti generati dalla scarsità d’acqua e di alimenti, che avranno come immediata conseguenza nuove ondate migratorie molto difficilmente controllabili. Inevitabili, a questo punto, i drammatici problemi sul piano politico: molti paesi asiatici e del Medio Oriente saranno protagonisti di svolte autoritarie, giustificate dall’istinto di soprav- di Giampiero Gramaglia Gaffe e autooscuramento Quel che resta dell’Italia B lacked Out”, oscurati. E auto-oscurati. Come Silvio Berlusconi limita il dibattito politico in tv e alla radio nell’imminenza delle elezioni regionali di domenica e lunedì. Lo racconta The Economist, il settimanale britannico, notando che il blackout ha fatto tacere anche il capo del governo e leader del Pdl, almeno fino al 23 marzo quando il premier, evidentemente stanco di sottostare a una regola che vale per tutti, ha telefonato a Uno Mattina e ha detto la sua, senza contraddittorio; e s’è ripetuto il giorno dopo su Canale5. L’attenzione per il voto italiano della stampa internazionale resta alta. L’Independent afferma che “Berlusconi attacca in tutte le direzioni”, mentre l’esito della consultazione si prospetta per lui “umiliante”. Più che i temi di fondo sono gli episodi estemporanei a fare titolo. Così, le battute di Mr B. contro Mercedes Bresso fanno il giro d’Europa e non rafforzano il prestigio internazione né del premier né del Paese. Il Telegraph rileva “indignazione” dopo che Berlusconi ha detto che l’aspetto della governatrice del Piemonte “gli rovina la giornata”. Il Daily Mail titola: “Berlusconi di nuovo sotto tiro perché prende in giro una rivale donna per il suo aspetto”. E, ancora, fra i molti, Les Echos (“Berlusconi fa dello humor grossolano”) e il Nouvel Obs (“Nuova gaffe sessista”). vivenza, mentre per i più poveri si farà strada la prospettiva della bancarotta. “L’impoverimento di determinate zone e i costi di adattamento – sostiene Marquina – sono fattori che non sono stati tenuti in considerazione, persino nell’elaborazione dei modelli di crescita economica di zone geografiche e paesi”. Quello che ne verrà fuori, sarà un nuovo assetto geo-politico del mondo in grado di far rabbrividire, proprio per l’assoluta situazione di incertezza che si prospetta. Per questo il clima diventa oggetto di attenzione anche per gli strateghi militari. “Che c’entriamo noi con tutto questo?”, si chiede Luis Cuesta, segretario generale della Politica di Difesa del governo Zapatero. “Non si tratta di pensare a una militarizzazione della politica sul cambiamento climatico. Però dobbiamo essere coscienti del fatto che le difficoltà di accesso alle risorse idriche, all’energia e agli alimenti possono portare al fallimento di alcuni stati. Non possiamo far finta di niente, i rischi possono essere altissimi”. Un allarme più che giustificato anche per Félix Sanz, direttore del Cni (il servizio segreto spagnolo) ed ex capo di stato maggiore della Difesa: “La minaccia alla sicurezza non viene solo dall’aggressione diretta contro di noi. Stiamo provocando migrazioni massicce di persone che si stanno ritrovando private delle risorse minime ne- N STATI UNITI Le minacce di Bin Laden L a tv araba al Jazeera ha diffuso estratti di un nuovo audio attribuito al leader di al Qaeda, Osama bin Laden. Nel messaggio, lo “sceicco del terrore” si rivolge agli americani, puntando l’indice sul processo intentato negli Usa a Khalid Sheik Mohammed, considerato la “mente” delle stragi dell’11 settembre: “Il giorno in cui l'America prenderà la decisione di mettere a morte Mohammed avrà anche preso la decisione di mettere a morte chiunque di voi finirà nelle nostre mani”. ITALIA-ISRAELE Frattini: “Bloccare gli insediamenti” L’ Italia chiede a Israele di fermare gli insediamenti per far ripartire il processo di pace in Medio Oriente. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, spiegando che questo sarà anche “il contenuto” dell’intervento del premier Silvio Berlusconi domani al vertice della Lega Araba che si terrà a Sirte, in Libia. SPAGNA le intercettazioni e i guai di Garzòn I Una centrale a carbone (FOTO ANSA) cessarie per sopravvivere. È molto facile il passaggio dai disastri naturali all’autoritarismo”. Da qui la necessità di intervenire al più presto. E non solo – secondo Marquina – con le politiche destinate a ridurre l’emissione dei gas contaminanti: “Bisogna disegnare, ad esempio, programmi per il trattamento e la raccolta dell’acqua o per la preparazione di nuove coltivazioni che permettano di far fronte all’alterazione delle stagioni piovose”. In alcune zone, come il Nord Africa, la situazione è già critica: “Sono paesi nei quali si importa già buona parte dei prodotti che si consumano”, ma le cose andranno ancora peggio se si acuiscono le conseguenze del riscaldamento globale. E il vero colpo di grazia potrebbe arrivare dall’estendersi dei disastri naturali: l’aumento del livello dei mari – che secondo le previsioni meno catastrofiche sarà di almeno mezzo metro nel corso di questo secolo – annegherà il delta del Nilo e ampie estensioni di coltivazione agricola del sud-est asiatico. Ce n’è abbastanza, insomma, per legittimare il campanello d’allarme. l Tribunale superiore di giustizia di Madrid (Tsjm) ha criticato il giudice Baltazar Garzòn per avere ordinato di registrare conversazioni fra imputati detenuti e i loro avvocati nell’inchiesta della “tangentopoli iberica”. La sentenza resa pubblica del Tsjm, che ha dichiarato illegittime e inutilizzabili le registrazioni, traccia un parallelo fra il metodo seguito da Garzòn e le pratiche di “tortura” e “inquisitoriali” usate in altri tempi per ottenere “la confessione forzata del colpevole”. STATI UNITI Nuove regole per i militari gay I l Pentagono ha annunciato l’entrata in vigore con effetto immediato la nuova normativa che ammorbidisce le regole sull'arruolamento dei soldati omosessuali. Lo ha reso noto il ministro della Difesa, Robert Gates. Tra le nuove regole, alcune renderanno più difficile da parte delle forze armate rifiutare l’arruolamento di soldati in base al loro orientamento sessuale. pagina 12 Venerdì 26 marzo 2010 ECONOMIA LA SFIDA TRA REGIONI PER QUEL CHE RESTA DI FIAT Il Lazio concede 18,5 milioni per difendere Cassino, la Sicilia ha pronti 350 milioni, il Piemonte altri 50 di Chiara Paolin l decreto Incentivi ormai è legge: nemmeno un euro dei 300 milioni destinati al rilancio dell’economia è andato al settore auto. E se lo Stato chiude i rubinetti, ora sono le Regioni a portare un bicchiere d’acqua ai lavoratori del comparto, già disidratati da mesi di cassa integrazione e previsioni fosche. Il piano strategico 2010-2011 di Fiat è ancora in fase di elaborazione, e l’azienda ha ribadito come qualsiasi ipotesi sul riassetto del gruppo sia al momento priva di fondamento. Eppure a livello locale è già partita la grande operazione “salvate il soldato Fiat”, con piani e strategie che cercano di ridurre il danno riciclando in chiave territoriale quel che che resterà del colosso nazionale. I LAZIO MILIONARIO. La Regione Lazio ha deciso di puntare sul Polo Logistico Avanzato di Cassino, centro di ricerca creato in collaborazione con l’università cittadina, capace di sviluppare tecnologie d’avanguardia nel settore della logistica. L’obiettivo è realizzare la prima linea di montaggio in Eu- ropa capace di produrre contemporaneamente tre modelli diversi d’auto: Bravo, Delta e Croma. Col sistema della piattaforma unica, ovvero una struttura di base identica per tutte le auto e una serie di componenti differenziate, si possono ridurre i costi mantenendo la competitività. Consistente il contributo regionale: 18,5 milioni di euro (recuperati dai fondi europei Por Fesr e Fas) cui se ne sommano altri 5 raccolti tra le aziende del territorio coinvolte nell’indotto. I dipendenti di Cassino sono oggi 4800 ma si arriva a un’occupazione indiretta di oltre 10 mila addetti. Tutti con lo sguardo fisso su Giulietta, il prossimo modello di punta che potrebbe trovar casa proprio a Cassino. Conferma l’assessore regionale allo Sviluppo, Claudio Mancini: “E’ un passaggio molto importante, per cui speriamo possano esserci ricadute occupazionali positive”. Basterebbe poter smentire le anticipazioni avanzate da Repubblica sui pesanti tagli allo studio di Marchionne: si parla di 500 operai in mobilità volontaria. Forse l’iniezione regionale eviterà di trasformarli in esuberi definitivi. MIRAFIORI. Stesso approccio localistico in Piemonte, dove perfino Mirafiori sarebbe sotto tiro con oltre 2 mila addetti in bilico. Senza troppi giri di parole, la governatrice uscente Mercedes Bresso ha messo sul tavolo 50 milioni di euro. Specificando: “Il modello è quello dello stabilimento Fiat di Verrone, specializzato in componentistica. I nostri investimenti hanno fatto sì che Fiat mettesse lì produzioni innovative, e non le trasferisse in Turchia. Marchionne ha proposto di incontrarci, ma noi abbiamo chiesto di aspettare le elezioni. Se vinceremo, andremo avanti”. Se invece vincerà Cota, si vedrà, perché la linea leghista è piuttosto fredda sugli aiuti pubblici al colosso auto. Intanto a Mirafiori tornerà la cassa integrazione a fine aprile per 5200 persone. Non la pensa come la Bresso il federalista del sud, Raffaele Lombardo. La Regione Sicilia ha già pronti 350 milioni di euro per la miglior offerta di recupero su Termini Imerese. Qui non ci sono dubbi, Fiat ha dichiarato la chiusura attività a fine 2011, ma si offre per un sostegno strategico nel caso venisse individuata una nuova tipologia pro- MONTEZEMOLO&JAKI FESTA ROVINATA C hi ci guadagna a tirare un calcio alla Fiat svelando un delicatissimo piano di tagli poi in parte corretto dall'ad Sergio Marchionne? E chi è in grado di far filtrare l’informazione a Repubblica che l’ha pubblicata? Di certo non un amico della famiglia Agnelli che ieri, all'indomani dell'indiscrezione, ha festeggiato l’ingresso di John Elkann nel Comitato di Presidenza di Confindustria. La notizia dei 5 mila tagli, ha infatti minacciato di guastare la festa del giovane Elkann, sempre più attivo nelle relazioni istituzionali del Lingotto, che erano la specialità del presidente Fiat Luca Cordero di Montezemolo. Ieri Elkann, commentando il suo ingresso nella squadra di Emma Marcegaglia, nel ricordare la tradizione di impegno e collaborazione tra la Confindustria e la Fiat, accanto agli avi e a Marchionne non ha dimenticato di citare Montezemolo, già leader degli industriali, ora un po’ ai margini del gruppo. E che forse non è molto soddisfatto della sua condizione di progressiva subalternità. riguardavano la mobilità. A quanto pare Lombardo gradirebbe l’idea del gruppo Rossignolo per la produzione di bus, ma tutto è ancora in alto mare. Sergio Marchionne (FOTO ANSA) duttiva. Niente auto però, troppo costoso assemblare veicoli in Sicilia: il deficit infrastrutturale rende antieconomico il business visto che ormai i pezzi arrivano e ripartono per tutto il mondo. Meglio concentrarsi su tecnologie meno ingombranti, dicono da Torino. Ma Palermo continua a credere nel settore e rilancia la gara di progetti: al primo round su 16 proposte arrivate solo 9 erano complete, e 4 di G.L. MELFI A GAS. Peggio va nelle valli tra Melfi e Pomigliano d’Arco. L’impianto lucano tenta di differenziarsi nella sua veste di polmone verde del gruppo, godendosi il record di utilizzo manodopera nel 2009: 93 per cento su 5.280 addetti. Tutto merito della produzione di auto a gas, che è andata benissimo negli ultimi tempi grazie agli ecoincentivi. Finiti quelli, le previsioni tendono al grigio. Mai come nello stabili- mento campano, dove si registra il tasso d’impiego più negativo della famiglia Fiat (32 per cento). Qui si parla di almeno 500 operai in uscita sui 5.200, e la Regione non sembra in grado di reagire se non offrendo borse di studio e sussidi a chi esce dalla cassa integrazione per entrare nella disoccupazione. Ma qualcuno s’arrangia, con spirito partenopeo: ieri sera ha debuttato alla nuova trasmissione canora di RaiUno Stasera è la tua sera un trio dal nome evocativo, i Metalmeccanici. Sono tre operai di Melfi: dalla linea di montaggio al sogno tv, questo sì è un piano strategico. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 13 ECONOMIA ALLA FINE RESTA SOLO GERONZI ORMAI LE GENERALI SONO QUASI SUE In eredità a Mediobanca lascia partecipazioni svalutate di Alfredo Faieta e Stefano Feltri i è arroccato finché ha potuto, ma l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel ha dovuto alla fine scendere a patti su Cesare Geronzi, il presidente della banca, tornato l’altroieri a Milano da Roma per verificare questa mattina – lo impone lo statuto – la lista dei consiglieri che sarà presentata oggi nell’attesissimo comitato nomine. Il lungo braccio di ferro tra i due esponenti di vertice dell’istituto si è dunque concluso con la vittoria del banchiere di Marino, mai davvero frenato nella corsa verso la presidenza della grande controllata triestina di Mediobanca, le Assicurazioni Generali. Nagel avrebbe voluto non scrivere quel nome nella lista dei consiglieri, e molti altri hanno protestato, ma le alternative non esistevano nei fatti. E di questo Nagel è stato probabilmente convinto anche da alcuni soci influenti di Piazzetta Cuccia. Qualora non vi siano sorprese durante il comitato, il posto di Geronzi nella banca d’affari dovrebbe essere preso da Renato Pagliaro, attuale direttore generale. Anche se è noto che fino all’ultimo Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, farà di tutto per ottenere la poltrona. S LE MOSSE DI NAGEL. Sembra che Nagel abbia giocato le sue carte anche nelle deleghe che Geronzi avrà una volta arrivato a Trieste: l’ad. puntava a uno schema che prevedeva per Geronzi una sorta di presidenza di rappresentanza, spostando la maggior parte dei poteri ai due amministratori delegati del gruppo assicurativo Sergio Balbinot e Alessandro Perissinotto, che dovrebbero essere riconfermati anche se con alcune revisioni dei loro ambiti d’azione. Ma è probabile che Geronzi non si pieghi neanche a questa ipotesi, esigendo almeno le stesse deleghe operative dell’attuale presidente An- toine Bernheim. In ballo anche la presidenza del patto di sindacato che governa Mediobanca, ora in capo allo stesso Geronzi. L’ipotesi preferita dal banchiere è proprio Palenzona. Non passa inosservato, inoltre, il silenzio di Banca d’Italia, storico azionista delle Generali con quasi il 5 per cento: Geronzi per le norme sull’onorabilità avrebbe dovuto lasciare la presidenza di Mediobanca qualora condannato per i fatti connessi al crac di Parmalat e Cirio, ma andrebbe bene per un’assicurazione, dato che il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola non ha ancora firmato l’analogo provvedimento per il settore assicurativo, creando un probabile futuro imbarazzo al governatore di Bankitalia Mario Draghi. IL PREZZO DEL POTERE. Se davvero Geronzi andrà alle Generali, un minuto dopo la sua uscita dalla porta di Piazzetta Cuccia sarà tempo di bilanci. Quando ha lasciato il gruppo Unicredit, nel 2007, ha ottenuto un “premio alla carriera di 10 milioni di euro”. Poi Unicredit ha passato due anni a far pulizia nei bilanci per risolvere i problemi lasciati in eredità dalla gestione tutta politica del credito tipica di Geronzi. E a Mediobanca dovranno fare lo stesso. Le grandi partite politiche in cui Geronzi ha usato il peso e il blasone della banca garantiscono potere ma anche buchi consistenti: per il secondo anno consecutivo la partecipazione in Rcs (fondamentale per allungare l’ombra sul Corriere della Sera) è stata svalutata di altri 63 milioni di euro. Quella nella holding Gemina che gestisce la Aeroporti di Roma Cesare Geronzi si avvia verso le Generali mentre Alessandro Profumo (dietro) è quasi fuori da Unicredit (FOTO ANSA) presieduta dall’amico Palenzona è stata svalutata di 107 milioni di euro lo scorso 31 dicembre. Il rapporto simbiotico che lega Geronzi a Marco Tronchetti Provera (il presidente di Mediobanca vivrebbe a Milano in una casa di Tronchetti) ha poi un costo che viene scaricato sugli azionisti: a dicembre è stata svalutata anche la partecipazione di Mediobanca in Pirelli, segno meno per 17,7 milioni di euro. Ma la mina più grossa è anche quella politicamente più sensibile: la partecipazione in Telco, la holding di cui sono azionisti anche Intesa Sanpaolo, le Generali e gli spagnoli Il presidente di Mediobanca lascerà enormi minusvalenze, il prezzo delle sue operazioni più politiche di Telefònica (i Benetton si sono sfilati appena hanno potuto, con costi comunque elevati). Mediobanca ha l’11,62% di Telco che a sua volta ha il 22,47% di Telecom. Telco non è quotata in Borsa, quindi Mediobanca non è vincolata a svalutarla o rivalutarla con la stessa frequenza delle partecipazioni nelle aziende quotate. Ma nel 2008 ne ha ridimensionato il valore di 144 milioni di euro. E anche l’attuale “valore di carico” (cioè il valore indicato nel bilancio) di 362,5 milioni di euro è considerato eccessivo: il titolo di Telecom in Borsa vale 1,07 euro circa, cioè meno della metà di quando è nata Telco. E nell’ambiente finanziario molti si aspettano che presto Telecom dovrà ridurre il goodwill, il valore dell’avviamento, che è ancora un generoso 44 miliardi. Dopo la presentazione di un bilancio sempre più difficile da compilare – in seguito alla scoperta dei conti truccati nella controllata Sparkle – una revisione appare sempre più probabile. LA MINIERA D’ORO. Come faceva Geronzi a convivere con queste continue svalutazioni? Grazie alle Assicurazioni Generali: nel bilancio di Mediobanca la partecipazione nel gruppo assicurativo di Trieste vale 1,98 miliardi di euro, ma 3,88 a prezzi di mercato. La plusvalenza teorica è quindi di quasi due miliardi. Per questo qualche azionista comincia a preoccuparsi. La specialità di Geronzi sono le operazioni ad alto contenuto politico, che come dimostrano i numeri hanno anche un prezzo alto, mentre la gestione quotidiana la delega ad altri. Non sarà che l’arrivo di Geronzi turberà il placido equilibrio che regna nelle Generali? Il banchiere romano, appena liberato dall’accusa di estorsione per un affare romano tra Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti, risponderebbe forse con le stesse parole usate per discolparsi davanti al gip di Parma il 25 febbraio 2006: “Io sono una persona che governa consigli di amministrazione. Non partecipo a contesti esecutivi”. di Carlo Stagnaro* UN MESE DOPO LO SCANDALO DELLA TRUFFA TELEFONICA IL COMMISSARIAMENTO DI TELECOM SPARKLE E LA PAZIENZA DEI MERCATI a passione è per definizione lunga e dolorosa. Ma ha senso che un’azienda venga tenuta nel limbo per più di un mese e mezzo? Il gip di Roma Aldo Morgigni, ha rimandato ancora una volta, al 7 aprile, la decisione sulla sulla richiesta di commissariamento per Fastweb e Telecom Italia. È dal 23 febbraio che si attende una risposta. Questa attesa snervante dovrebbe sollecitare delle riflessioni sia sull’efficacia dei meccanismi giudiziari in Italia, sia sull’adeguatezza di alcune norme. La difesa del ruolo della magistratura dagli attacchi impropri a cui essa è oggetto non dovrebbe, infatti, alimentare l’equivoco per cui il sistema giudiziario italiano funziona. Vi è ampia evidenza del contrario. Per esempio, il rapporto Doing Business della Banca Mondiale stima che, per la risoluzione delle dispute contrattuali, nel nostro paese servano mediamente 40 procedure, 1210 giorni e una spesa pari al 29,9 per cento della somma contesa, contro una media Ocse di 30,6 procedure, 462,4 giorni e un costo del 19,2 per cento. La giustizia civile italiana, cioè, assorbe un terzo di burocrazia in più, quasi il triplo del tempo, e la metà L dei costi in più rispetto al resto del mondo industrializzato. Tale gap dipende da una molteplicità di ragioni, tra cui l’inefficienza della spesa giudiziaria, la cattiva organizzazione del settore, la normativa sovrabbondante e confusa. La scarsità delle risorse, invece, non sembra un problema prioritario: secondo il rapporto European Judicial Systems della Commissione europea, la spesa italiana è superiore alla maggior parte degli altri Stati membri dell’Ue sia in relazione ai tribunali sia per i pubblici ministeri, mentre è nettamente inferiore per il patrocinio degli indigenti. Tutte le cause citate, e altre ancora, sono di natura strutturale. Il caso Fastweb/Telecom Italia Sparkle, a prescindere dall’esito che potremo conoscere solo a tempo debito (e probabilmente sarà un tempo troppo lungo) ne riassume molto bene le conseguenze, per la gravità delle accuse e per il terremoto che sta causando. Anzitutto, c’è un problema di qualità della legislazione. Probabilmente non esiste un altro paese al mondo che abbia una norma paragonabile alla nostra 231, che consente il commissariamento di un’azienda in fase cautelare. Commissariare un’impresa, specie in un settore dinamico come quello delle telecomunicazioni, significa minarne reputazione e operatività, mettendola in grave difficoltà fino al punto, in casi estremi, da ucciderla. L’andamento altalenante dei titoli Fastweb e Telecom Italia è una prova di quanto i mercati siano sensibili al clima di incertezza determinato dalla spada di Damocle commissariale. Se un ministro del governo si avventurasse a fare dichiarazioni tali da far oscillare i titoli in misura così vigorosa, la Consob dovrebbe intervenire, e se non lo facesse verrebbe meno ai propri obblighi (come probabilmente è accaduto durante il tiramolla su Alitalia). Perché, allora, è tollerabile che i magistrati si prendano quello che, nell’ottica dei mercati, è un tempo infinito per decidere. Difendere la dignità e la robustezza delle nostre istituzioni giudiziarie richiede sempre di difendere qualunque decisione e qualunque tentennamento di qualunque magistrato. Anche quando i presunti reati si riferiscono a un periodo relativamente distante nel tempo, ed è acclarato che non sono stati e non saranno ripetuti fin dal momento in cui si è avuta notizia dell’indagine, diversi anni fa? Anche quando una delle due aziende è il principale concorrente dell’ex monopolista, e quindi le sue difficoltà si traducono in un deficit di concorrenza, specie in una congiuntura economica che non consente l’emergere di nuovi soggetti? Anche quando il top management dell’ex monopolista, pur avendo firmato i bilanci sospetti di Telecom Italia Sparkle viene miracolosamente risparmiato dalle indagini e anzi, incredibilmente, sembra rafforzarsi mentre il mondo gli crolla intorno? Anche quando l’indagine segue due filoni chiaramente indipendenti, quello sulla presunta truffa dell’Iva e l’eventuale falsificazione delle fatture, e quello sul riciclaggio di denaro sporco attraverso sospetti giri mafiosi, che sono appiccicati l’uno all’altro col cerotto? Queste domande sono destinate, almeno per un po’, a restare aperte. Ma, appunto, non possono chiudersi imboccando scappatoie retoriche: perché qui c’è in ballo il futuro di una bella e sana azienda italiana. E, soprattutto, perché qui c’è in ballo la credibilità del sistema paese sui mercati internazionali. L’interpretazione troppo zelante di leggi sbagliate genera mostri. *direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni eurocrisi greca dc Orgoglio, pregiudizio e Bce lla fine sembra che Aaccordo l’Europa troverà un su come salvare la Grecia dalla bancarotta. Anche se i Paesi e le istituzioni comunitarie continuano a muoversi in ordine sparso, con la sola Germania a fare da guida. Il Consiglio europeo di ieri, che riunisce capi di Stato e di governo dei Paesi membri (c’è anche Silvio Berlusconi), ha raggiunto l’intesa su una bozza di piano di salvataggio. Si parla di un pacchetto di aiuti da 23 miliardi di euro che dovrebbero prendere la forma di “prestiti bilaterali coordinati e volontari” e a tasso agevolato (cioè da uno Stato all’altro, senza mediazione comunitaria e senza alcun obbligo). Un piano di emergenza pronto a scattare nel caso le aste del debito pubblico greco previste per maggio andassero deserte. Meno chiaro è cosa succederà se il governo di Atene fallisse nel tentativo di imporre un dimagrimento del deficit dal 12 all’8 per cento in un anno che sta già causando tensioni sociali difficili da gestire. utto a posto, quindi? Tl’ipotesi Per nulla. Perché che nel salvataggio sia coinvolto il Fondo monetario internazionale – istituzione considerata di matrice americana anche se diretta da un francese – ha fatto perdere a Jean-Claude Trichet il suo abituale aplomb da presidente della Banca centrale europea. Il ricorso al Fmi, dice Trichet, è “molto, molto negativo”. Sottinteso: la Bce ha già dimostrato di saper gestire le crisi interne all’Eurozona e può essere più efficace degli americani, per esempio (come ha fatot ieri) annunciando che continuerà ad accettare come garanzia i declassati titoli del debito greco. E non è la sola cosa che ha fatto infuriare Trichet. Ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno ipotizzato di trasformare il Consiglio europeo in un “governo economico” dell’Unione, che eserciti un ruolo maggiore nella “sorveglianza economica”. E questo significa quasi soltanto maggiori pressioni sulla Bce, che vedrà ridursi il proprio spazio di autonomia, visto che per ora non c’è alcuna intenzione di elevare a livello europeo la politica fiscale o emettere quegli Eurobond, titoli di debito europeo, che da anni invoca il ministro Giulio Tremonti. (Ste. Fel.) pagina 14 Venerdì 26 marzo 2010 SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out CINEMA E REALTÀ VIA VOLONTÉ NUMERO NOVE, SOLO PER ESISTERE Dolori Dennis Hopper è malato terminale di cancro Totofestival Tra Godard e Kitano, tre film italiani in corsa per Cannes Platini “Mi candido per il secondo mandato Uefa” Cassano Spera ancora nei Mondiali ed è pronto a spostare il matrimonio Un documentario di Ravello e Marrese racconta l’occupazione di uno stabile alla periferia nord di Roma. Strana e vincente. di Malcom Pagani I niziava come una nenia, un rumore indistinto, una voce perduta nel traffico, poi prendeva respiro, coraggio, rabbia. “La nostra lotta è l’autoriduzione, il nostro credo è l’organizzazione, il fitto dei padroni non lo paghiamo più”. Ogni tanto, nell’abusata fotografia metropolitana degli anni ‘70, lo sguardo dei passanti incontrava uno striscione pitturato di rosso, calato dall’alto, simbolo e metafora di un’ascesa alla normalità finalmente conquistata. Il diritto alla casa. Leggenda e aspirazione. Occupata in notti di angosciosa ebbrezza, di soffiate segretissime che poi così nascoste non erano e consigli marchiati dalla saggezza proverbiale: “Chi prima arriva meglio alloggia”, nell’ansiosa attesa di uno sgombero che spesso, combinazione celeste, tardava ad arrivare. Così la soluzione temporanea, l’occasione di un giorno, la risposta alla disperazione, prendeva le forme della stanzialità e l’esperimento occasionale, quello dell’effimera stabilità. Che fossero comuni edificate in vecchie stalle coloniche, case cantoniere sottratte al demanio o abitazioni ubicate nel centro cittadino, “Occupare subito, occupare tutto”, divenne lo slogan capace di offrire una risposta alle tante discrasie della società, ai fallimenti personali, agli errori da mondare, ai figli messi al mondo seguendo il solo istinto. Rolando Ravello e il giornalista del Venerdì di Repubblica Emilio Marrese hanno trasposto la fotografia in un bel documentario “Via Volontè numero nove” prodotto da Fandango e diretta emanazione di uno spettacolo teatrale scritto dallo stesso Ravello e da Massimiliano Bruno, “Agostino”, apologo sul crinale dell’assurdo e della difficoltà oggettiva di mantenere coscienza di sè e senso della lotta, quando tutte le porte si chiudono all’improvviso. In “Via Volontè”, non c’è pietismo. Non esistono altari ideologici, nè divinità da idolatrare. Sembra un’inchiesta ma è un ibrido riuscito. Metà fiction, metà documentario, anteponendo al linguaggio da cercare, la verità degli avvenimenti, la vita agra dei tanti Bianciardi di ventura che ai dilemmi letterari, hanno preferito il pragmatismo. Da ieri al futuro, con problemi tra loro non dissimili, nella realtà parcellizzata di oggi. Roma, novembre 2007. Fuori soffia un esercito nascosto. Elettricisti, saldatori, addetti aeroportuali, baristi. Tutti alle prese con il medesimo problema. Assaliti dai dubbi, costretti dalle esigenze all’illegalità. Aspettano da giorni: “Ma la vigilanza ce sta?”. Non c’è. Si può andare. NANNI E VOLONTÈ Via Gian Maria Volonté, all’incrocio con via Corrado Mantoni, in una toponomastica non lontana da quella immaginifica di Michele Apicella, professore di Matematica alla Marylin Monroe in “Bianca” è uno stradone periferico schiacciato tra la prima campagna romana e le gru a nord di Roma. Casale Nei è un lembo di verde strappato alla quiete originaria. Si costruisce in continuazione, Via Volontè non fa eccezione. In Italia le case non abitate sono quasi cinque milioni e mezzo. Di queste, oltre duecentocinquantamila, secondo una recente stima Cgil-Università, nella sola Roma. Negli ultimi sessanta mesi a piangere un tetto, sono state centoventimila anime. Una città delle dimensioni di Lecce che da un giorno all’altro, non ha È gente, quella di Via Volonté numero nove, che vive il presente con il necessario disincanto, una tribù cui nessuno aveva suggerito che per sopravvivere, l’espediente avrebbe avuto il sapore della Sacra tavola e l’arte di arrangiarsi, il valore supremo da affinare giorno dopo giorno. Il nemico, dall’altra parte, gioca una partita non meno brutale di chi invade (per usare l’asettico linguaggio del Codice) “i terreni altrui arbitrariamente”. Bisogna stare attenti, vigilare, dividersi in turni. Chi pulisce, chi cucina, chi si preoccupa di far conoscere le ragioni dell’occupazione nella realtà dei centri sociali. E chi ha divorziato, dopo essere stato truffato e all’ennesimo rivolgimento dell’esistente, dopo mesi passati in stazione, mette la sua faccia di donna senza compromessi. La propria dignità a disposizione di un futuro diverso : “Ma quando me la sono vista brutta nessuno se ne è accorto, perchè mi vestivo normalmente e continuavo a lavarmi”. più saputo dove infilare la chiave. Alcuni occupano. E’ un reato punito dall’articolo 633 del Codice penale, ma è difficile agitare indignazione e moralismo quando non è una confraternita comboniana, ma l’agenzia delle entrate a sostenere che oltre il 40% degli affitti in Italia è preteso in nero dai proprietari per un’evasione complessiva di quasi quattro miliardi di euro annui. In via Volonté non ci sono cittadini al di sopra di ogni sospetto né paradisi per la classe operaia. Davanti alla mano abile di Lorenzo Scurati (il fratello di Antonio), l’esistenza passa in La nona edizione del Riff Documentari al potere GRILLO, TRAVAGLIO E ALITALIA La nona edizione del Riff, festival romano di film e documentari indipendenti ha allargato i confini mantenendo l’identità delle origini. Cinema di qualità, storie, riflessioni, temi che nel monopolio dell’intelligenza odierna, faticano a trovare uno spazio di riflessione. Nel programma (ricco) trovano spazio tra gli altri (i documentari sono 30) “Terra Reloaded” realizzato da Beppe Grillo in collaborazione con Greenpeace, sui temi dell'eco-sostenibilità con interviste ai più autorevoli esperti mondiali in materia di energia ed economia; “Tutti giù per aria”, sulla vertenza dei lavoratori Alitalia, con contributi di Celestini, Fo e Travaglio; “Caffè Amaro” di Pastonesi sulle condizioni di vita dei coltivatori di caffè in Guatemala. chiaroscuro. E’ una normalità precaria fatta di soffritti e solidarietà, di tatuaggi ed errori commessi, orecchini e atipiche riunioni condominiali. “Qui magni sempre”, sintetizza uno dei protagonisti e il sottinteso è che tra gli occupanti, il vincolo di quell’attesa, della porta che si scardina, del fiatone che cresce scalino dopo scalino ha il peso e la grandezza di un’educazione sentimentale che non lascia indietro gli ultimi e riduce le distanze. Nel palazzone supermoderno di via Volonté, non albergano gli ultimi ma i penultimi. I redditi monofamiliari a 1.200 euro che a un dato punto, tra pannolini, biberon, vestiti e intemerate al discount alla ricerca dell’offerta del mese, hanno necessariamente defalcato la voce affitto dall’orizzonte. Non è stata una scelta semplice. Chi nel documentario culla tra le braccia l’inconsapevolezza dei neonati o affronta l’alba per lavorare “Sudano pure gli occupanti, sai?” ha subìto una scissione. Il nucleo familiare si è ritrovato davanti a una linea d’ombra da attraversare, un confine da superare senza il lusso di potersi guardare indietro. Al telefono, Marrese confessa il suo stupore: “Per aver assistito a una situazione straordinariamente ordinaria, che inevitabilmente, nono- Un’immagine del documentario di Marrese e Ravello: “Via Volonté numero nove” stante io della legalità faccia una bandiera, non può non spingere chi incontra gli occupanti di Via Volontè all’empatìa”. E nei volti pasoliniani e nei sorrisi, nei dibattiti da microcosmo del microcosmo: “Ti ricordi? Ho dovuto convincerti” rivendica una moglie e il marito annuisce: “Ma ti ho ringraziata, no”, passa il sentiero accidentato di un’opzione estrema. Nulla è conquistato per sempre, niente è definitivo. Gli occupanti scherzano tra loro, fanno dell’aleatorietà un mantra valido per esorcizzare le contestazioni che verranno: “Quando uno di noi saluta e dice: ‘Vado a casa mia’, gli ridiamo in faccia. Nulla di tutto quello che vedete, sarà mai davvero nostro”. E’ un universo asfittico, in cui i figli messi al mondo diventano un problema (tanti i racconti di ragazze madri licenziate in tronco dopo aver tentato invano di nascondere la maternità): “Mi hanno detto che non potevano più garantirmi il posto di lavoro con scuse atroci”, articola una signora con realismo nient’affatto commosso: “Dalla finta condivisione del princìpio, i dirigenti iniziarono a dirmi: ‘E se poi i bambini si ammalano?’”. PROBLEMI E NEBBIE. Non tutti sono contenti della promiscuità: “Con le porte aperte, i cessi in comune e la privacy che cede il passo alle esigenze collettive”. Tra gli occupanti di Via Volontè: “Abbiamo conosciuto persone che ironizzano chiamando la nostra, l’occupazione dei ‘nobili’, perchè lo stabile è nuovo” c’è di tutto. Perchè l’occupazione da Via Cornelia in giù, non è sempre un alveo di felicità. Nei racconti di chi è passato attraverso altre esperienze, ci sono buchi nel muro, topi, paura di vedersi strappare anche una branda circondata da pochi metri quadri. Anche in Via Volontè, esistono casi limite che è complicato osservare sotto le deformanti lenti del privilegio. Serrande abbassate, notti andate, figli cui spiegare una vergogna sociale che ogni tanto assale in aula o in autobus, con lo zaino sulle spalle e le occhiate feroci dei bambini, che (non è una novità) sanno essere più cattivi dei malvagi. “All’epoca guadagnavo sei milioni al mese.. Poi sono caduto in depressione. Ho perso la testa, ho cominciato a usare cocaina, sono stato arrestato e mi sono fatto 14 mesi”. In galera, apprendeva molte cose in mezzo agli altri vestiti uguali, ora sa che non esiste crimine giusto per non passare da criminali. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 15 SECONDO TEMPO L’ANTEPRIMA MADONNA CHE CANZONE C’È STASERA Il nuovo dvd dal vivo dell’artista italoamericana, un’operazione efficace ma puramente commerciale di Guido Biondi sce domani in tutto il mondo il nuovo dvd (anche in cd e blu-ray) live di Madonna Sticky & sweet: è stato il tour di maggior successo diun’artista solista della storia. Le riprese sono state filmate a Buenos Aires e, per tale motivo, rendono la canzone Don’t cry for me Argentina particolarmente emozionante. È un grande concerto di entertainment “all’americana”: pensato e strutturato per enfatizzare lo show con balletti, coreografie, costumi, video, effetti speciali e qualche iperbole kitsch. La musica è stata curata nei minimi dettagli: oltre a quasi tutte le canzoni dell’album Hard Candy ci sono dei medley preparati appositamente per il live. Una valanga di loop e sample (tracce prese in prestito da brani originali di altri artisti) sono cuciti alle sue composizioni del passato. In Die another day c’è il mash-up con Planet rock degli Africa Bambaataa; Into the Groove contiene Toop toop dei Cassius e It’s like that dei Run DMC. È un tentativo, ben riuscito, di offrire al pubblico la storia della dance in pillole, come in Music con l’omaggio a Last night a dj saved my life degli Indeep. Il legame con la musica da ballo è indissolubile per Madonna: cura personalmente la scelta dei produttori attraverso uno screening sui brani più trendy del momento. Era successo anche con Stuart Price per Music, l’album del rilancio mondiale grazie al singolo Hang up (e al campionamento degli Abba). E succederà ancora per il prossimo disco che avrà una matrice dancefloor grazie alla produzione di David Guetta, ultimo dj acquisito nella scuderia di Miss Ciccone. Guetta è stato premiato ai Grammy per il suo disco solista pieno di collaborazioni prestigiose e per il lavoro svolto con i Black Eyed Peas. Non è un dettaglio da sottovalutare: Madonna ha sempre coccolato e “vampirizzato” il talento dei dj on the edge; sino ad oggi l’unico produttore a rifiutare un suo invito è stato Aphex Twin. Naturale quindi che altri grandi artisti pop cerchino di emulare il suo segreto: i Take That (forse con a seguito Robbie Williams) stanno registrando in studio proprio con Stuart Price mentre Katie Melua, normalmente impegnata in ballad acustiche, ha chiamato in studio William Orbit, un altro collaboratore storico di “Maddie”. Grande fiuto o grande opportunismo? Bisogna ricordare che uno dei suoi primi fidanzati è stato Jellybean Benitez, ancora un dj: fu grazie a lui che Ever ybody riuscì a decollare nel circuito dance di New York. Ad ogni data del tour mondiale è stato scelto un dj per aprire lo show: a Roma, l’anno scorso, toccò all’italiano Benny Benassi, scelto da Paul Oakenfold, altro dj amico di Madonna. Ecco la chiave per capire come ogni dj sogni almeno una volta nella vita di incrociare la sua strada con quella dell’artista americana. Ne sa qualcosa Dino Lenny, di Cassino, provincia di Frosinone, autore delle hit Call me (paragonato in Inghilterra a Ian Dury e Talking Heads) e Change the world con la collaborazione degli Housemartins; l’anno scorso in un’intervista i Chemical Brothers l’hanno incoronato il dj italiano più genia- A SANTA CECILIA E ABBADO, UN CONCERTO PER LA SOLIDARIETÀ È Un’immagine di “Sticky & sweet”, l’atteso dvd sudamericano di Madonna Nel lavoro emerge l’innata capacità di vampirizzare i contributi esterni, un opportunismo che è cifra stilistica le. “Madonna aveva chiesto la possibilità di utilizzare il brano Feels like home cantato, scritto e prodotto da me per inserirlo in un mash-up con la celebre Like a prayer, racconta Dino, “dopo quella telefonata sono stato per molto tempo in attesa degli sviluppi, mi sembrava che non succedesse niente”. La cosa divertente è che dopo un periodo di silenzio Dino ha scoperto per caso, guardando YouTube, un video della prima data del tour con la sua canzone inserita in scaletta. Come ci si sente ad essere scelti da Madonna? “Quando mi ha chiamato il direttore del tour pensavo fosse uno scherzo. Poi ho realizzato che era tutto vero e mi sentivo il regista di Jesus Christ Superstar (ride, ndr). Scherzi a parte, per un produttore è come vincere un Grammy”. Dino vive a Londra da 14 anni, forse perché aveva capito prima di molti altri che quella città è l’unico posto per emergere per un dj italiano: “Se vuoi giocare a calcio devi andare dove c’è il campionato più forte nel mondo. Essere i numeri uno dove non conta non serve a niente”. Dino ha una stra- di pochissimi giorni fa la notizia del suo ritorno a Milano, sua città natale, per dirigere all’inizio di giugno l’Orchestra della Scala, con cui non ha più lavorato dal 1986, quando lasciò la direzione musicale del teatro. Ma stasera sarà la capitale ad accoglierlo assieme alla ‘sua’ Orchestra Mozart, nel concerto che si terrà al Parco della Musica per la stagione dell’Accademia di Santa Cecilia. Claudio Abbado, uno dei direttori più celebrati del panorama musicale internazionale, proporrà (oggi e nelle repliche del 29 e 30) due fondamentali pagine sinfoniche del repertorio classico, la Sinfonia n. 4 di Mendelssohn e la Sinfonia n. 41 di Mozart, nonché il Concerto per violino K. 216, sempre di Mozart, con un illustre solista quale Giuliano Carmignola. Se il brano di Mendelssohn, scritto durante il suo viaggio in Italia e ricco di suggestioni folcloristiche, rivela il forte legame con il nostro paese, da cui l’appellativo di “Italiana”, la sinfonia di Mozart, l’ultima scritta dal compositore salisburghese, raggiunge un’intensità e una perfezione che hanno del sovrumano, tale da meritare il soprannome di “Jupiter”. Con l’istituzione romana Abbado ha un rapporto di lunga data che nel corso degli anni ha portato a eventi memorabili, come l’integrale delle sinfonie di Beethoven eseguita nel 2000 con i Berliner Philharmoniker, di na idea del successo, per i suoi dj set sceglie solamente posti atipici e curiosi come l’Islanda o Malta: “Mi piacciono i luoghi dove c’è un’energia particolare; non mi interessa suonare nei posti trendy e scontati, anche perché sono molto pigro”. Bizzarro, eclettico e istrionico Dino non pensa per niente di capitalizzare il successo ottenuto. Lo dimostra il fatto che al momento è impegnato in un progetto che non ha niente a che vedere con la musica: “Sto preparando un format televisivo chiamato Dino Lenny Show dove invito cui all’epoca era direttore principale, o il ciclo di concerti del 2005 insieme alla Lucerna Festival Orchestra. Ora si presenta, in grandissima forma malgrado l’età, per dirigere l’Orchestra Mozart, nata nel 2004 da un'idea di Carlo Maria Badini come progetto speciale dell'Accademia Filarmonica di Bologna e della quale Abbado ha assunto la Direzione artistica: le prime parti sono musicisti con maggiore esperienza, ma l’orchestra si avvale soprattutto di professionisti più giovani, che col direttore milanese hanno già collaborato in altre formazioni e che – come egli ha tenuto a sottolineare – “lavorano come si fa nella musica da camera, con entusiasmo e senza anteporre limiti di orario per le prove”. Con loro lo scorso anno Abbado ha suonato in favore delle popolazioni abruzzesi, per raccogliere fondi destinati alla realizzazione di una struttura per la ripresa delle attività musicali nelle zone colpite dal sisma: ennesimo esempio di un’attenzione al sociale che lo ha spinto a collaborare con artisti venezuelani, strappando i ragazzi alla criminalità e inserendoli in formazioni orchestrali , per dar loro la possibilità di cambiare vita. Ma Abbado sta lavorando per portare questo tipo di iniziativa in Italia, organizzata su base regionale, con l’obiettivo di diffondere tra le nuove generazioni quella cultura musicale che oggi rischia di essere dimenticata. E di questa funzione educativa della musica Abbado parlerà con Fabio Fazio, ospite di “Che tempo che fa” in onda (Giorgio Cerasoli) dopodomani sera. ospiti virtuali; una parodia dello show di David Letterman in chiave ironica e comica”. Madonna è alla ribalta in questi giorni anche per il gossip con Lady Gaga. Il finto litigio andato in onda l’anno scorso su Saturday Night Live si è rivelato profetico: “Lourdes è più una fan mia che di sua mamma”ha dichiarato Lady Gaga su People. Seccata, Madonna ha dichiarato a sua volta che il video di Lady Gaga Telephone, che cita Papa Don’t Preach è “stucchevole e inutile”. Inoltre sta per arrivare sul mercato una collezione di sei paia di oc- chiali da sole contrassegnati da una grande M firmati da Dolce & Gabbana. E, con la figlia Lourdes, tredicenne, ha firmato una linea d’abbigliamento per bambini chiamata, neanche a dirlo, Material girl. E nei prossimi giorni si preparerà per la Pasqua ebraica: “L’anno scorso al Kaballa center di Londra incontrai Madonna”, racconta Chiara Iezzi (Paola & Chiara), “come tante altre persone da tutto il mondo ha partecipato alla cena di seder (ordine, ndr); abbiamo cantato e pregato insieme”. La Roma sale in cattedra DUE INCONTRI UNIVERSITARI PER ASSORBIRE LA PASSIONE DI UNA CITTÀ CHE ASPETTA LA SFIDA DI DOMANI CON L’INTER Di Giuseppe Lo Monaco osa c’entra la Roma con Cbiologia una conferenza sulla e l’anatomia? Apparentemente nulla, ma se l’ospedale in cui si tiene la conferenza è il Gemelli, dalla scorsa estate struttura sanitaria di riferimento del club e se la Roma è quella rigenerata dalla cura Ranieri, vincente e simpatica a tutti quei tifosi Italiani che sperano in un finale a sorpresa del campionato, allora con uno sforzo di fantasia il pretesto si trova. La città vive ore febbrili. Conferenze universitarie alla Sapienza con docenti d’eccezione e provata fede giallorossa come Venditti e Claudio Amendola, incon- tri alla Cattolica con allenatore, capitano e presidente. Un ispiratissimo Francesco Totti, un disteso Claudio Ranieri e una divertita e scaramantica Rosella Sensi. “Ora dobbiamo provarci davvero” sembrano dire le loro facce, ma questa consapevolezza comune trova sfogo attraverso atteggiamenti diversi. Il capitano, tra una battuta, un’ovazione e una serie infinita di gag ai danni della malcapitata moderatrice dell’incontro, ha fatto capire di essere tornato a disposizione, ma che questo non necessariamente implica un suo impiego dal primo minuto contro l’Inter. I due decideranno insieme, d’amore e d’accor- do. Idillio reale? Sembra proprio di sì, soprattutto stando alle parole che Ranieri, sempre nella logica di questa inevitabile dialettica fra calcio e biologia, ha avuto per il suo capitano. “Totti è una cellula speciale, una cellula staminale”. Pronta la replica del numero 10: “Una volta ero una cellula, ora sono un cellulino. Tornerò presto ad essere una cellula. Magari già da Sabato” Attimo di silenzio, i due si guardano divertiti e Totti prosegue: “Con l’Inter sarà una partita importante, ce ne saranno parecchie di cellule in campo. Ci sarà tutta Roma a guardarci, anzi, quasi tutta Roma...”. Ranieri, invece, non nasconde la sua soddi- sfazione: “È bello che la Roma che era una squadra ‘malata’, visto come era cominciata la stagione, a nove giornate dalla fine si giochi il match dell’anno. Significa che i ragazzi hanno lavorato bene. E poi noi, al contrario di Mourinho e dei suoi, non abbiamo nulla da perdere”. La spiegazione che si può dare a questo incontro, a metà fra “Dr. House” e 90° minuto” è forse da ricercare nello stato d’ansia dei tifosi romanisti, emotivi e passionali come pochi, che sabato approcceranno ad un evento che è diventato il filo conduttore delle discussioni di un’intera città e che metterà a dura prova le loro coronarie. I 70 anni di Mina un vero e proprio evento, annunciaÈzione, to da settimane, con prese di posiomaggi e (rare) polemiche. Mina compie 70 anni. Da tutto il mondo arrivano telegrammi di auguri e in tv e nelle radio si moltiplicano gli speciali. La Sony per celebrare (e monetizzare) al meglio l’occasione, pubblicherà in vinile gli album stampati tra il 1994 e il 2007. I fan attendono anche il nuovo disco di inediti che Mina sta preparando, l'uscita è prevista per il 14 maggio. Per festeggiarla le Teche Rai hanno creato un inedito album fotografico sull'homepage (www.teche.rai.it), con le immagini realizzate dai fotografi Rai dell'epoca dietro le quinte. Settant’anni. Un’ovazione. pagina 16 Venerdì 26 marzo 2010 SECONDO TEMPO + IL PEGGIO DELLA DIRETTA TELE COMANDO TG PAPI E Santoro sparì dal tg di Paolo Ojetti g1 T E’ del tutto pleonastico scrivere che il Tg1 non abbia mai citato “raiperunanotte”, l’iniziativa degli epurati da Berlusconi (esageriamo: il Terzo Stato che abbandona Versailles per giurare nella Sala della Pallacorda, gli impressionisti che aprono il loro “Salon des refusés” alla faccia di Delacroix). Così com’è del tutto pleonastico dire che in primo piano c’è sempre Berlusconi che esorta a “non disertare le urne” e che – all’ultima dirittura della campagna elettorale – ci si può ancora eccitare sulle “grandi riforme”, sul “governo del fare” e sul resto di cui anche il cittadino più tollerante ne ha le scatole pienissime. Ma una delle notizie più inquietanti, finita quasi in coda, dovrebbe colpire assai più di Berlusconi e dei suoi fantasmi: il Vaticano fatica a smentire il New York Times sulle presunte “coperture” del Sant’Offizio (gestito a suo tempo da Ratzinger e Bertone) date all’ arcivescovo Murphy: 200 abusi sessuali su bambini sordomuti. La chiesa cattolica sta attraversando il suo inferno. Oppure Cristo si è stancato e sta cercando rifugio altrove. g2 T Non si acquieta nemmeno a Bruxelles. Berlusconi scaccia i fantasmi che – come dice Fini – lo ossessionano, evocando mirabolanti riforme future che farà da solo e Mariolina Sattanino fa sapere che “ha comprato antiche marionette per i nipotini”. Anche se l’apertura è tutta per i preti pedofili (una manifestazione davanti a San Pietro di una decina di ex-vittime di scuole religiose americane, è stata immantinente dispersa), la notizia più bella arriva alla fine del Tg2. In un bar britannico, una macchina automatica sputa un pacchetto di patatine ogni volta che il Cancelliere dello Scacchiere parla di crisi in Tv. Ecco, non si potrebbe copiare? Per esempio, una fetta di porchetta di Ariccia ogni volta che Berlusconi attacca la magistratura. Gente, in poche settimane tutti con il colesterolo alle stelle, altro che Little Tony. Nessun cenno alla serata di Santoro e compagnia. g3 T Mariella Venditti a Bruxelles si fa largo fra i gorilla che lo circondano come un muro umano (la Merkel non ne ha nemmeno uno, per dire) e azzanna Berlusconi: “Ma lei questa sera non vedrà Santoro”. Silenzio del premier e via in auto blindata. Lo vedrà, anzi – oggi è oggi, ieri sera era ieri sera – lo ha sicuramente visto. E il Tg3 è l’unico che dà la notizia della controinformazione degli esclusi, degli epurati, con un elegante servizietto. Si parla anche del “sorpasso” della Lega. Interviene La Russa, con la delicatezza tipica del partito dell’Amore: “Rigordate il film di Dino Risi? E digiaaaamolo, lì la magghina finiva nel burrone”. Povero il Bossi, già non sta tanto bene, auguriamogli di restare a ruota. I dubbi di Enrico Lucci di Luigi Galella nrico Lucci appare come un “cretino”. A guardarlo ogni settimana a Le Iene (Italia 1, mercoledì, 21.10), di cui è veterano e primadonna, si mostra talvolta coi riflessi lenti e lo sguardo fisso, impietrito sul suo interlocutore. Come se tardasse a capire. Un extraterrestre disorientato, sconnesso e un po’ imbranato. Un bambino ignaro delle cose del mondo, che fa quasi tenerezza nel suo candore. In altri casi, con gioviale goliardia, si avvicina a una qualche celebrità, sorridendole come se fossero amici d’infanzia, dandole confidenzialmente del tu e abbracciandola, e facendo così cadere ogni difesa. Come in passato è accaduto all’algido Fini e allo sprezzante D’Alema: al primo fece rinnegare Mussolini e al secondo lo ricongiunse con Veltroni, al quale il leader Maxìmo – incoraggiato e quasi costretto da Lucci – rivolse perfino un sofferto: “Ti voglio bene”. Difficile includerlo nella categoria del mondo dello spettacolo, riduttivo considerarlo semplicemente un giornalista. Eppure, come giornalista, ha addirittura anticipato il La Iena Enrico Lucci (F A ) New York Times, che ha pubblicato il resoconto giudiziario di un caso di pedofilia, che la Chiesa di Ratzinger e Bertone avrebbe occultato negli anni ’90. E’ sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Ma Lucci al “tema” era arrivato prima degli altri. Con delle semplici do- E OTO NSA mande rivolte a una serie di alti prelati incontrati un anno fa. Qual è l’atteggiamento della Chiesa, che cosa deve fare il Penitenziere nel momento in cui è di fronte al caso di un prete pedofilo? Denunciarlo all’autorità giudiziaria o informare il Vescovo? Padre Leon Lemmens rispondeva: prima bisogna accertarsene bene, poi prendere le misure ed “eventualmente” informare le autorità. “Eventualmente – ripeteva la Iena – non automaticamente?”, e il Prelato accomodante: “Bisogna vedere, se è una piccola cosa o una grande cosa”. “E poi denunciarlo?”, chiedeva Lucci, e l’altro, preoccupato: “No no, avvertirlo, allontanarlo…” Allo stesso modo, le risposte del Penitenziere di S. Maria Maggiore, Don Pedro Fernandez, che alla domanda: “Se sapesse di un prete pedofilo lo denuncerebbe alla Polizia?” chiamava in causa San Paolo, che nelle sue Lettere – nella lettura di Don Pedro – riteneva che tutto si dovesse risolvere in seno alla Chiesa. A distanza di un anno, dopo il chiaro pronunciamento di Ratzinger, circa il comportamento della Chiesa verso la pedofilia, la Iena è tornata a parlare con Don Pedro. Che si è rifiutato di rispondere e gli ha chiuso la porta in faccia. Perché “noi siamo un programma di idioti e io un cretino inaffidabile”. Ma il Papa era stato chiaro, concludeva Lucci, scandendo bene le parole: “I preti pedofili vanno portati in Tribunale”. Smentendo tuttavia, Benedetto XVI, perfino se stesso. Nel ’96, come appunto scrive il NYTimes, J. Ratzinger avrebbe coperto il caso di padre Lawrence C. Murphy, che tra il 1950 e il 1974 aveva abusato di 200 bambini sordi. Siamo sicuri che il geniale “cretino”, stavolta, tenterà di chiederne ragione allo stesso Pontefice. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 17 SECONDO TEMPO MONDO WEB DOPO LA PROMESSA SUL CANCRO Miracoli di B. rabbia Facebook L’ annuncio di Berlusconi è arrivato sabato scorso davanti ai militanti Pdl riuniti in piazza San Giovanni: nei tre anni di governo che mancano alla fine della legislatura “vogliamo anche vincere il cancro”. La promessa, pronunciata prima dei giuramenti dei candidati nelle mani del premier; subito dopo le canzoni da villaggio vacanze suonate dall’orchestra di Demo Morselli; ha avuto per molti un suono sgraziato, scatenando forte indignazione per la superficialità con la quale è stato trattato un tema così serio. Cartina di tornasole di tale indignazione sono numerosi gruppi Facebook e in particolare la pagina “Il tumore non si combatte con un decreto legge” che ha già raccolto 3 mila iscritti. Su questa pagina del social network si sono ritrovati pazienti, operatori della sanità e semplici cittadini. Fabrizio, un medico, racconta la sua esperienza: “Senza essere animato da un pregiudiziale antiberlusconi- smo, ho deciso di associarmi a questo gruppo perché ritengo che le dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio non siano suffragate da alcuna credibilità scientifica. Dato che per lavoro sono in quotidiano contatto con pazienti oncologici e le loro famiglie, tocco con mano la sofferenza degli uni e degli altri e ritengo ingiusto nel merito e nei termini introdurre artatamente argomenti così delicati nell'agone politico”. Ma si leggono anche testimonianze più dure da mandare giù: “Magari si combattesse con un decreto legge – scrive un utente – Invece, io sono qui, chemio, radio... chemio... scompenso cardiaco causato dalla chemio, che rabbia”. Giulio Divo, che ha aperto la pagina, ne spiega l’intento: “Questa pagina intende raccogliere adesioni per esigere una pubblica rettifica sulla dichiarazione del presidente del Consiglio circa la possibilità che la sua azione di governo possa curare il tumore, in spregio a qualsivoglia realtà scientifica”. è COME TI BUCO L’ACCOUNT DI OBAMA PRESO “HACKER-CROLL”, INFORMATICO DI 23 ANNI “Non sono un hacker. Sono un pirata gentile”. Così si è difeso François C., alias ‘Hacker-croll’, il ragazzo francese di 23 anni sospettato di essersi infiltrato in migliaia di profili Twitter, compresi quelli di Barack Obama e di Britney Spears. Il genio informatico ha spiegato che era il di Federico Mello senso della sfida a muovere i suoi attacchi: “Qualsiasi sistema è vulnerabile - ha detto a France Press - Non sono un hacker. Casomai sono un pirata gentile. Non ho agito per fini distruttivi. Non ho voluto danneggiare l’azienda. Ma solo è “DRAQUILA, L’ITALIA CHE TREMA” avvertire, mostrare le falle del sistema”. SABINA GUZZANTI: “HABEMUS TITOLUM” Francois, scovato dopo una lunga indagine All’inizio di marzo Sabina Guzzanti aveva coordinata dalla Cia, rischia due anni di lanciato in Rete il “tototitolo”: trovare, con prigione ma per ora è stato rimesso in libertà. l'aiuto dei lettori del suo blog, un titolo per il suo nuovo film. “Vi va di contribuire al brain storming – il post su sabinaguzzanti.it - è vero il film non lo conoscete ma ve lo potete immaginare tema: raccontare L’Aquila per DAGOSPIA raccontare l’Italia”. Numerose sono state BUSI, SUPPOSTA DEL CUORE le proposte di Sabina e quelle arrivate dai 1) “Entusiasti dei giudizi lettori. Ieri, l’annuncio: Habemus Titolum. Il espressi da Busi sul film si intitolerà “Draquila, l’Italia che trema”. degrado antropologico, “E’ la prima volta che un titolo viene scelto su morale e culturale della Internet” dalla Guzzanti. media degli italiani e delle italiane, abbiamo immediatamente provveduto ad offrirgli uno spazio per ben curare ed elevare i sentimenti dei lettori di Rolling Stone”: sono le parole di Carlo Antonelli, direttore dell’edizione italiana del mensile Rolling Stone che ufficializza l’ingresso di Aldo Busi tra i collaboratori eccellenti della testata a partire dal numero di maggio, in edicola da fine aprile. Busi commenta così il suo nuovo incarico: “Ho sempre una profonda ammirazione per chi sceglie me prima di chiunque altro. Avendo io solo vissuto di amori degli altri e non avendo alcuna esperienza personale in merito, sono l’unico in grado di dare un giudizio obiettivo al fine di rovinare del tutto le vite dei sentimentali che si rivolgeranno a me”. Il gruppo Fb; il Twitter di Obama; la mail di Jobs; il blog di Sabina Guzzanti GRILLO DOCET PSICONANO DA ESPORTAZIONE 1) Bush che stringe le mani a un haitiano e si pulisce sulla camicia bianca di Bill Clinton è la prova provata del dilagare del virus italiano nel mondo. Un gesto simile a georgedabliù non sarebbe mai venuto in mente se non avesse conosciuto prima lo psiconano. Come Sarkozy non avrebbe avuto suo figlio candidato a un’alta carica dell'amministrazione pubblica francese. O la signora Robinson, moglie del primo ministro irlandese, non avrebbe tradito il marito con un giovane aitante a cui ha anche prestato del denaro. L’Italia è un laboratorio di virus patogeni per le democrazie. Chi si infetta non dura a lungo, ma nel frattempo provoca catastrofi. 2) I preparativi per l’Unità d'Italia fervono. 150 anni e non li dimostra. Sembra ieri che i francesi ci liberavano a Solferino e che l'esercito sabaudo massacrava decine di migliaia di meridionali. La vera Storia d'Italia non è mai stata scritta. Appartiene a qualche libro, qualche rara testimonianza. L'Italia è un problema metafisico irrisolto. Cos'è? Perché esiste? Da dove viene? Dove sta andando? Il blog inizia da oggi a cercare di dare una risposta. Nicola Biondo ci ricorda che siamo stati liberati dalla CIA e dalla mafia. (sul blog è ANCHE GO DADDY LASCIA LA CINA video-inter vista AZIENDA LEADER NEI DOMINI a Nicola Biondo, Dopo Google, un’altra azienda lascia la co-autore insieme a Cina per protesta contro la censura. Si Sigfrido Ranucci, di tratta del gruppo americano Go Daddy, è RISPONDE STEVE JOBS “Il Patto: La leader mondiale nell’assegnazione di ALLA MAIL trattativa Stato e domini Internet. “Abbiamo deciso di DI UN BLOGGER ITALIANO mafia in un racconto smettere di proporre nuovi nomi per il La risposta è laconica: solo “Yep”, inedito”). dominio .cn per il momento, non volendo uno “Yes” informale in slang agire come funzionari del governo cinese” americano. Ma questa semplice ha dichiarato Christine Jones, direttrice risposta fa notizia perché a scriverla giuridica del gruppo. Anche Go Daddy è di suo pugno è stato Steve Jobs, il guru, fondatore e stato vittima di un attacco informatico amministratore delegato della Apple. partito dalla Cina che, secondo esperti Il blogger italiano Andrea Nepori, conosciuto online americani, potrebbe avere collegamenti come Camillo Miller aveva scritto a [email protected] diretti con il governo di Pechino. Intanto chiedendo se sull’iPad - la nuova device Apple - sarà mercoledì sia YouTube che Wikipedia possibile scaricare ebook gratuiti in formato ePub, ovvero hanno avuto un black out di due ore: i classici della letteratura (disponibili dal sito collegandosi ai due portali gli utenti hanno gutenberg.org) per i quali sono scaduti i diritti d’autore. visualizzato un messaggio d’errore. Sia “Sì” la risposta di Jobs accompagnata da una firma digitale YouTube che Wikipedia hanno fatto sapere “Sent from my iPad”, mandata dal mio iPad. Perfetto che il momentaneo oscuramento è stato esempio di marketing creativo in stile Apple. causato da un problema tecnico. In rete erano già circolate voci di attacchi informatici come ritorsione per la decisione di Google di abbandonare la Cina. feedbac$ k Commenti al post: “L’Aquila: propaganda elettorale choc” di Alberto Puliafito è I PROBLEMI a mio modo di vedere sono due: dal lato consapevole ormai queste trovate senza dignità non stupiscono più. Dal lato non consapevole invece il problema è forse ancora più grosso; cioè che queste trovate senza dignità fanno ancora la differenza in campagna elettorale. Emanuele è COME mai questo governo non ha mai risposto ai servizi di Iacona che denunciava appunto l'enormità dei costi degli appartamenti realizzati? Franco è MI INTERESSA sapere: a) quante persone sono ancora senza tetto in Abruzzo? b) è vero o falso che ci sono ancora persone nei container in Umbria-Marche? Peterdem è ALTRO CHE governo del fare... questo è il governo delle menzogne. Per questo non può accettare una trasmissione come quella di Santoro. Vito è MA PER GOVERNO “dei fatti” immagino intendano fatti di qualcosa, visto quello che dichiarano e soprattutto cosa arrivano a usare per dichiararlo. Ber ta è SE MR. B. ha fatto tanto per il terremoto abruzzese, perché non si fa più vedere da quelle parti? Paolo è CHI VOTA PDL NON merita rispetto. A.S è IO VIVO a L’Aquila, ho avuto la casa distrutta dal sisma e le posso assicurare che anche le promesse del suo padrone sono state abbondantemente disattese, checché ne dicano i telegiornali di regime. Tuttora ci sono decine di migliaia di SENZATETTO fuori dall'Aquila. Gianna è NÉ PIÙ né meno degli avvoltoi pronti a banchettare con quel che resta di un cadavere. Questa è l’immagine che mi suggerisce la propaganda elettorale del Pdl fatta sulla pelle degli aquilani. Celeste è COSA CI si può aspettare da chi vuole sconfiggere il cancro entro 3 anni tagliando fondi alla ricerca, da chi vuole (?) liste pulite con il gran capo riconosciuto corruttore di Mills, etc, etc.??? Tom è NON È SOLO propaganda politica choc, è anche altro: è stata imposta a quella gente una tipologia di vita sociale non condivisa a priori con loro, è stata imposta la tipologie di case che sono state costruite, che non sono abitazioni immaginate per essere realizzate in un ambiente freddo ed umido come il territorio de L’Aquila. Maurizio pagina 18 Venerdì 26 marzo 2010 SECONDO TEMPO PIAZZA GRANDE Perché l’Ue non funziona di Vladimiro Giacchè l conflitto scoppiato all’interno dell’Unione europea sul caso greco è soltanto l’ultima – e più clamorosa – dimostrazione dell’assoluta incapacità delle istituzioni europee di gestire la crisi economica in corso. I motivi di questo disastro non sono contingenti, ma affondano le loro radici nel processo di costruzione dell’Europa e nella sua architettura istituzionale. Di cui questa crisi sta mettendo in luce tutti i limiti. La crisi ha in effetti evidenziato, e aggravato, un’accentuata divergenza tra le economie della zona euro: in termini di crescita, di inflazione e di incremento del debito pubblico. Quello che sta accadendo è l’incubo dei fautori dell’unità economica dell’Europa: il prodursi di choc asimmetrici, ossia di una crisi che colpisce in misura molto diversa i paesi dell’Unione, con i più deboli tra essi ormai impossibilitati ad adoperare la leva delle svalutazioni competitive per raddrizzare le loro economie. E che quindi rischiano di avvitarsi in una spirale drammatica: crisi economica, debito fuori controllo (anche per la riduzione delle entrate fiscali a causa della crisi) e necessità di una terapia d’urto contro il debito che ha l’effetto di aggravare la crisi. L’Unione europea non è in grado di impedire che si producano situazioni del genere. Questo perché c’è l’Unione monetaria, ma non c’è una politica economica integrata a livello europeo. E non può esserci, per un motivo ben preciso: perché una politica economica comune è impossibile in assenza di una politica fiscale comune. Ma le politiche fiscali dei Paesi dell’Unione sono tutt’altro che omogenee. Anche perché il Trattato di Lisbona prevede che sull’armonizzazione delle politiche fiscali (come del resto sulle politiche sociali) l’Unione possa decidere soltanto all’unanimità (vedi gli artt. 114, 192, 194). Conseguenza: è sufficiente che siano contrari Paesi come la Gran Bretagna o la Lettonia (che oltretutto non fanno parte neppure della zona dell’euro) per impedire che l’Unione europea armonizzi le diverse legislazioni fiscali. All’origine di questa situazione vi è un presupposto teorico, o meglio ideologico: la bizzarra idea secondo cui il “libero agire delle forze di mercato”, unito al coordinamento delle politiche monetarie e di bilancio, sarebbe la ricetta giusta per conseguire la crescita economica. Su questa idea sono stati costruiti tutti i trattati, almeno da Maastricht in poi. Un secondo motivo è più concreto, ed è rappresentato dagli interessi delle imprese: che, in assenza di regole fiscali comuni (ossia di soglie minime di tassazione), hanno potuto fare arbitraggio fiscale, creando o spostando filiali operative nei Paesi in cui la fiscalità era più conveniente (vedi alla voce Irlanda). Questo a sua volta ha ingenerato una concorrenza al ribasso tra le fiscalità e quindi una tendenziale riduzione delle tasse medie sulle imprese su scala europea. Tutto questo ha avuto effetti perversi di breve e di lungo periodo. Quelli di breve – siccome i vincoli di Maastricht imponevano comunque soglie basse di deficit – sono consistiti in un aggravio del carico fiscale sulle persone fisiche (e in particolare sui lavoratori dipendenti) e in una riduzione delle prestazioni sociali I Il caos intorno alla Grecia è la spia di un problema strutturale: si è impedito che l’Europa potesse avere una politica fiscale comune nell’illusione che fosse sufficiente il libero mercato erogate dagli Stati, indebolendo anche per questa via la domanda interna nei Paesi dell’Unione. Quelli di lungo periodo, li stiamo vivendo adesso, e consistono appunto nell’impossibilità di una politica economica comune: anche per Paesi che hanno una moneta comune, e anche in presenza di una crisi devastante. Possiamo concludere che si è dimostrata sbagliata l’idea che la formula per lo sviluppo economico consistesse nel lasciare briglia sciolta al mercato e alle imprese, chiedendo al tempo stesso ai cittadini europei di rinunciare a fette sempre più consistenti del welfare e delle prestazioni sociali, quasi che fossero lussi di cui vergognarsi. Per intendere come gran parte della classe dirigente europea, anche nei suoi esponenti più illuminati, abbia condiviso questa idea, basterà citare un articolo di Tommaso Padoa-Schioppa (allora nel board della Bce) pubblicato sul Corriere della Sera del 26 agosto 2003: “Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità”. Rilette oggi, quando oltre il 10 per cento della po- polazione europea è a diretto contatto con la “durezza del vivere” nella forma umiliante della disoccupazione, e certamente non a causa dei propri “difetti”, queste frasi fanno una certa impressione. Ma soprattutto consigliano di cambiare priorità rispetto a quelle che hanno caratterizzato in questi anni la costruzione europea – e che oggi ne mettono in discussione la stabilità, se non la stessa sopravvivenza. *economista e saggista LA STECCA di INDRO l In Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era, nei cosiddetti postriboli, che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia. Le stanze, dialoghi con gli italiani, 1998 Una rappresentazione allegorica dei più importanti leader europei (FOTO ANSA) Giustamente É di Bruno Tinti IL COMPLOTTO NON MUORE MAI A desso lo hanno riacchiappato. L’ultimo di una nuvola di processi, in gran parte finiti con la prescrizione (sei colpevole ma non riesco a mandarti in prigione perché è passato troppo tempo). Lui, B. grida al complotto; vogliono farmi fuori politicamente; i giudici comunisti e giustizialisti inventano reati inesistenti violando la volontà popolare. Certo è che di giudici così ce ne debbono essere davvero tanti, probabilmente un paio di centinaia: è da prima del 1994 che B. colleziona processi. E, se di complotto si tratta, non ha funzionato perché lui sempre qui è, sempre presidente del Consiglio, senza nemmeno un giorno di prigione dietro le spalle . Io penso ad alcuni miei imputati seriali, quelli che mi ritrovavo a scadenze fisse. Ce n’era uno che aveva uno schema: costruiva società una dietro l’altra, le utilizzava per le frodi all’Iva comunitaria e poi le chiudeva; e ricominciava con un’altra. Un po’ come le 64 società off shore di B., vi ricordate? quelle che, lui ha detto, gli servivano per non pagare le tasse. Sicché io cercavo disperatamente di mandarlo in prigione. Ci fossi riuscito una volta. Grazie alle leggi di B. sul falso in bilancio e la prescrizione, si prescriveva sempre tutto, anzi per la verità il falso in bilancio nemmeno cominciava perché naturalmente nessuno presenta querela contro se stesso. Alla fine, l’unica galera che faceva erano 3 mesi di carcerazione preventiva, perché ogni volta il gip lo arrestava ma, scaduti i termini, non c’era altro da fare se non buttarlo fuori pronto a ricominciare; cosa che puntualmente faceva. Ogni volta questo imputato cominciava sempre con la stessa frase: voi ce l’avete con me. E io pazientemente gli spiegavo che quando uno commette tanti reati è fatale che abbia tanti processi; poi però pensavo che non aveva tutti i torti: noi lo conoscevamo, sapevamo come si guadagnava da vivere (piuttosto bene, un paio di 100.000 euro all’anno li rimediava) e lo “curavamo” come si suol dire. Insomma, nel suo caso un “complotto” forse c’era. B. è ancora meno giustificato di questo imputato: a Trani l’hanno acchiappato per caso, chi poteva pensare di ascoltare in diretta il presidente del Consiglio che ordina ai suoi di chiudere Annozero. Comunque va pur detto che, con una vita dedicata a gestire i suoi affari in maniera diciamo così spregiudicata (ma la parola giusta è illegale) le probabilità di incappare in un’indagine penale sono altine. Adesso delle due l’una. Tutti i pm e i giudici italiani, da Milano a Trani, ce l’hanno con B. Anche solo da un punto di vista statistico è irragionevole; si chiama, tecnicamente, delirio di persecuzione. Oppure, siccome B. commette reati in serie, quando lo beccano non si può che processarlo. In ogni modo, non capisco perché si lamenti tanto: con tutti i processi e le assoluzioni (Minzolini dixit) per prescrizione che ha avuto, sempre qui sta, a fare il presidente del Consiglio. Non gli succede niente: in prigione non ci va, spese legali ne deve avere pochine perché lui paga in natura: chi lo difende diventa senatore o deputato. Insomma non pare che il “complotto” dia il minimo risultato. Oggi, per dire, è arrivata nel mio studio una sua lettera: c’era un opuscolo inneggiante al governo del fare e una lettera che cominciava con “Caro Bruno”. Ma come si permette? I Trani in orario di Norberto Lenzi unico punto di accordo tra Berlusconi e il procuratore sta in un’affermazione comune: a Trani si è violata la legge. Anche noi la pensiamo così e speriamo che ci sarà consentito di sapere da parte di chi, prima che le carte abbandonino la Puglia solatia per approdare al solito Quai des brumes. È curioso però che uno degli ancoragNon appena uscito gi dell’indagine a Trani si debba a un dal Tribunale, il direttore di Tg, noto per la sua riserdirettore del vatezza sulle notizie, che, appena Tg1Minzolini ha uscito dal Tribunale si è messo a spetrivelato il tegolare al telefocontenuto degli no come una comare. Cose che interrogatori in succedono in terra di taranta. Come al spregio alla solito è cominciato il rosario delle correttezza accuse ai magistraistituzionale e alla ti secondo l’ordinato e collaudato prudenza rituale. L’ Prima, naturalmente, la giustizia ad orologeria. Abbiamo sempre agevolmente replicato che erano le leggi che intervenivano a orologeria ogni volta che i processi arrivavano ad un punto critico. Questa volta abbiamo un argomento in più. È paradossale che questa accusa provenga proprio da un governo che sta facendo di tutto per riportarci ad un periodo storico nel quale i Trani arrivavano in orario. A seguire nelle giaculatorie c’è l’uso politico della giustizia con il suo corollario della indebita supplenza, che ci trasciniamo dietro fin dai tempi di Tangentopoli. A poco è servito dire che intanto i supplenti vengono chiamati a causa dell’assenteismo dei professori e poi che, in ogni caso, quando si tratta di accertare e punire reati, noi non siamo supplenti di nessuno, ma lo facciamo dalla cattedra che ci ha assegnato la Costituzione, dove non c’è scritto che davanti a certe persone ci si deve fermare. Si fa credere che abbiamo fatto cadere governi, che pretendiamo di scegliere noi i candidati. Se in qualche caso le indagini mostrano chi sarebbe meglio non scegliere sta di fatto che il numero dei parlamentari indagati o condannati rivela quanto tenue sia questo condizionamento. La stampa che ama definirsi indipendente di fronte a nostri comportamenti che possono anche solo apparire come invasioni di campo ci propina pozioni amarissime. Di fronte ad un palese abuso (leggi Bruno Tinti sul Fatto) da parte di un ministro che manda gli ispettori per una inchiesta “il cui contenuto non conosco nel merito” per valutare questioni procedurali che solo la magistratura può decidere, c’è sospensione di giudizio. I più arditi provano a togliere un po’ di dolcificante dallo sciroppo riservato ai politici (come si dice, due pesi e due ’misture’). Nessuno però trova molto da dire se un magistrato del Csm (figlio di un ministro che ha provato a ridurre un po’ la velocità in autostrada, ma non a frenare la corruzione nel suo partito) fornisce consulenze all’Agcom. Ci manca solo che ci accusino di giustizialismo perché si sta indagando su un commissario che si chiama Innocenzi. Questo epiteto, concettualmente incomprensibile ma deliberatamente offensivo, è una beffa della Storia: i giustizialisti erano un movimento politico che appoggiava Perón in Argentina. Oggi sono additati come nemici dal governo più peronista che abbiamo avuto in Italia. Che fare, come uscirne? Un giorno padre Davide Maria Turoldo ha detto che ogni mattino nasce un giorno che nessuno di noi ha mai vissuto. Credo che voglia essere un messaggio di speranza. Buona speranza a tutti. Venerdì 26 marzo 2010 pagina 19 SECONDO TEMPO MAIL Il canone Rai e Annozero Mi dia un motivo valido per pagare il canone della Rai se trasmissioni come Annozero vengono chiuse. E’ uno schifo, io non pago più niente. E se ci saranno altri “Rai per una notte”, li seguirò e li sosterrò sempre. Gianna Sferlazzo Par condicio sempre violata In questi sgoccioli di campagna elettorale volevo denunciare la continua violazione della par condicio da parte di una rete televisiva, Lazio tv, ossessivamente incentrata su dichiarazioni, interventi, interviste al candidato al consiglio regionale (nonché proprietario della stessa rete)e sostenitore della lista Polverini. Da quando è iniziata la campagna elettorale non ho sentito un accenno ai candidati delle liste avversarie; il Pd è praticamente uscito di scena (anzi, non c’è mai entrato), volatilizzato. Mi domando se tutto ciò rientri in un normale contesto di campagna elettorale o se è possibile che qualcuno intervenga (anche retroattivamente) per sanzionare un comportamento a mio modesto avviso irritante (e vagamente assimilabile ad un lavaggio del cervello preelettorale). Grazie. Faith Terracina BOX A DOMANDA RISPONDO NELLE CANTINE DEL PDL, NELLE STIVE DELLA LEGA Furio Colombo 7 aro Furio Colombo, leggo lo stesso giorno (20 marzo) sullo stesso giornale (“Il Gazzettino” del Nordest) due notizie che sembrano inventate con estro parodistico dal “Misfatto”. La prima ha questo titolo “Bertolussi: dimezzare i nostri soldi per Roma”. Ovvero il candidato governatore del Pd parla come il capo branco della Lega Zaia. Il secondo cita Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro di Prodi: “Pronti al dialogo anche sulla pensione di base”. Comincia la sindrome del “Partito dei contadini” nella Bulgaria sovietica? Rosanna e Sirena C I LETTORI hanno diritto a una spiegazione. “Il Partito dei contadini” era una invenzione del Partito comunista bulgaro ai tempi di Stalin e Breznev. Si fingeva di governare in coalizione con un altro partito (senza potere, senza seguito) per dare un’immagine di finta libertà alla dittatura di quel tempo. In questo senso il riferimento delle nostre lettrici mi sembra preciso e utile per quanto riguarda le dichiarazioni sottomesse di Treu (sempre che la citazione non sia stata forzata dal “Gazzettino” ). Allarma quel “pronti al dialogo” . Possibile che gruppi e persone autorevoli del Pd siano sempre “pronti al dialogo” persino negli stessi giorni in cui ogni livello di decenza e di rispetto è stato travolto per l’ennesima volta (e ogni volta in modo più grave) dal gruppo di fuoco di Berlusconi? Oltre tutto nessuno sta chiedendo alcun dialogo. E’ richiesta sottomissione. Perché offrirla cancellando ogni segno di identità dell’opposizione? Quanto a Bertolussi, leader del Pd contro Zaia nel nord-est, stupisce la mancanza di scrupoli. E’ chiaro che Bertolussi sa di non vincere. Ma invece di battersi con intelligenza e coraggio per non perdere voti e per mantenere alti immagine e credibilità del Pd in quel difficile luogo, in questo difficilissimo momento, Bertolussi, in nome del Pd, ha deciso di tracciare un suo percorso personale. Un uomo di mondo come Bertolussi sa benissimo che ripetere lo slogan della Lega aiuta la Lega. Nessuno vota per chi copia il lavoro di un altro (non proprio nobile perché apertamente ostile alla Repubblica italiana). Si vota per l’originale. Ma intanto, a spese di un crollo del Pd, si lascia spazio a un’area semi-leghista che poi potrà essere messa a disposizione del miglior offerente politico. Questo non è un paese per leader leali. O coraggiosi. O anche solo normali. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 [email protected] Invasi da spot elettorali Nella mia cassetta postale, così come in quella dei miei vicini di casa, sono stati messi degli spot elettorali. Personalmente, non vado più a votare da anni ormai. I miei vicini la pensano come me, ma pure loro hanno trovato queste cose qui. Senza contare, che c’erano gli opuscoli della Polverini e pure quelli di Berlusconi. Quest’ultimo, una specie di libretto. E’ uno spreco di soldi pubblici! Oltretutto gli vengono profumatamente rimborsati. Ho segnalato la cosa ma, evidentemente, sono intasati di richieste. Vi chiedo: se non si può fare una class-action, ditemi almeno se si può organizzare una lista di persone, con tanto di indirizzi postali, che non vogliono essere distur- bati da questi signori. Magari anche autenticare la lista e portarla a conoscenza dei partiti. In questo modo, se verremo disturbati ancora, presenteremo un’azione legale nei loro confronti. Anche a costo di rivolgerci all’Europa. Ma un povero cittadino, avrà pure diritto di non essere disturbato? Giuliano Bellagamba La propaganda di Berlusconi Non molti giorni fa, rientrando a casa, nel condominio di Roma in cui abito, ho trovato una bella pila di buste recanti come mittente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, indirizzate a gran parte degli inquilini dello stabile. In IL FATTO di ieri26 Marzo 1927 Doveva essere una gara epica, eccitante per velocità e spettacolo e scorrere lungo un grande anello a forma di otto, per strade, sentieri e villaggi di mezza Italia. Così Aymo Maggi, Flaminio Monti, Franco Mazzotti e Renzo Castagneto, quattro gentiluomini con la passione per i motori, avevano concepito i 1600 chilometri Brescia-Roma-Brescia. E così fu. Alle 8 in punto del 26 marzo ‘27, all’ordine di Augusto Turati, mossiere nonché segretario del Pnf di Brescia, la Mille Miglia iniziava la sua avventura, in un’infilata maestosa di auto leggendarie come la Isotta Fraschini, l’Alfa Romeo e la OM, storica casa made in Brescia che, per la cronaca, vincerà la sfida in 20 ore, a una media record di 77 km/ora. Un’“impresa titanica”, come si affrettò a definirla il regime, pronto a cogliere i risvolti propagandistici e commerciali di quella corsa che portava le vetture fin sull’uscio di casa di possibili acquirenti. Un trionfo anche per il Duce, versione driver, che decreterà la replica annuale di quella formula vincente capace di accendere gli animi e di esportare l’immagine di un’Italia rombante. Apripista della ripresa industriale nel dopoguerra, “la corsa più bella del mondo” chiuderà in gloria nel 1957. Giovanna Gabrielli particolare, sopra ad ogni destinatario si vede un codice a barre, cosa che lascia immaginare l’enorme lavoro di schedatura da parte di una società del gruppo Mondadori, la Cemit Interactive Media Spa di Settimo Torinese e di quanto grande sia la banca dati di nominativi da essa detenuta. Vi chiedo: ma tutto questo è accettabile, e poi è consentito? Non si configura, anche in questo caso, un conflitto d’interessi? Può una società privata detenere nominativi da utilizzare a richiesta del suo padrone per scopi diversi da quelli commerciali? La lettera, che ovviamente invita a votare per la Polverini, è infarcita delle solite cretinate e in particolare afferma che “Ai nostri delegati è stato impedito di presentare la lista del Popolo della (loro) libertà di Roma e della sua provincia, con atti e comportamenti a ciò diretti” e inoltre “in quanto accaduto non vi è stata responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e ai nostri funzionari, come invece si è cercato di far credere”. La lettera è corredata da un opuscolo di quelli che già in altre occasioni mi era capitato di vedere, opportunamente recante una foto della Polverini accanto a un Berlusconi talmente fotoritoccato da farlo sembrare di gran lunga più giovane della candidata. Sarebbe utile intervenire per ristabilire la verità sui fatti realmente accaduti in merito alla presentazione delle liste, nel merito dei risultati che la lettera da per ottenuti, su che fine abbia effettivamente fatto il funzionario del Popolo della (loro) libertà che ha preferito un panino alla presentazione della lista ed in • Abbonamento postale sostenitore (Italia) Prezzo 400,00 € - annuale • Abbonamento postale base (Italia) Prezzo290,00 € - annuale E' possibile pagare l'abbonamento annuale postale ordinario anche con soluzione rateale: 1ª rata alla sottoscrizione, 2ª rata entro il quinto mese. La quota sostenitore va pagata invece in unica soluzione. • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo170,00 € • Modalità Coupon * Prezzo 320,00 € - annuale Prezzo 180,00 € - semestrale • Abbonamento PDF annuale Prezzo130,00€ Per prenotare il tuo abbonamento, compila il modulo sul sito www.antefatto.it. 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I ricercatori, in risposta alle leggi che sono attualmente in discussione al Parlamento e che gli taglierebbero ancora più le gambe di quanto sia già stato fatto (oltre che a tagliare il 40 per cento dei fondi all’università pubblica, favorendo quella privata) hanno proclamato lo stato di agitazione e minacciano che se qualcosa non cambia interromperan- LA VIGNETTA L’abbonato del giorno IRENE DI CARLO “Mi chiamo Irene e sono un’insegnante di lingua e cultura italiana presso un’Università della Baviera. Grazie al vostro favoloso giornale mi sento di aver riacquistato il sacrosanto diritto all’informazione. Inoltre, durante le mie lezioni di italiano giuridico e di attualità, i vostri articoli si trasformano in un trampolino di lancio per accesi dibattiti sul presente e sulle prospettive future del nostro Paese”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it no l’offerta, mettendo ancora più in crisi la struttura universitaria e probabilmente non renderebbe possibile il ripartire del primo anno accademico di molti corsi dal prossimo ottobre. A nome di molti studenti dell’Università Statale di Milano Mauro Se Obama gridasse “al complotto” chissà se la Repubblica presidenziale (federale?) che sogna Berlusconi è quella degli Stati Uniti d’America? A parte i mille ostacoli incontrati dalla riforma della sanità voluta da Obama prima che questa fosse approvata, leggo ora che la legge deve tornare alla Camera dei rappresentanti per “irregolarità di procedura” emerse a seguito di un paio di emendamenti repubblicani. Roberto Natoli I nostri errori Per uno spiacevole errore, nelle ultime righe dell’articolo di Giuseppe Tamburrano pubblicato martedi 23 marzo a pagina18 e intitolato: “Se Moro fosse stato liberato”, compare il nome di Aldo Moro al posto di quello di Giulio Andreotti. Ce ne scusiamo con l’interessato e con i lettori. IL FATTO QUOTIDIANO via Orazio n. 10 - 00193 Roma [email protected] generale per rispondere alla sequela di boiate scritte nella lettera inviata agli elettori. Credo che questo sia dovuto agli italiani, per ristabilire una par condicio che pare valida solo per gli avversari e mai per il Popolo della (loro) libertà. Grazie a tutta la redazione del Fatto Quotidiano per il vostro lavoro, continuate sempre così! Giovanni Iuorio Il falò di Calderoli Ho visto sulla tv La7 la sceneggiata di Calderoli: il falò di cartoni Abbonamenti Queste sono le forme di abbonamento previste per il Fatto Quotidiano. Il giornale sarà in edicola 6 numeri alla settimana (da martedì alla domenica). come paradigma di 375 mila leggi (così recitava il cartello). Se non ricordo male alcuni anni fa si parlava di un numero di leggi decisamente inferiore da abrogare per modernizzare il sistema Italia. Ora Calderoli avrebbe abrogato 375 mila leggi e nessuno se ne è accorto (di qui la necessità del falò)? Come fa un semplice ministro ad abolire 375 mila leggi senza l’intervento del Parlamento? Mi pare evidente che non si tratta di 375 mila leggi, ma di norme, ovvero articoli di leggi corrispondenti, già morte per conto loro. Per questo nessuno se ne è accorto: perché di fatto non ha comportato nessuna conseguenza riformista. Abbiamo capito allora che per il centrodestra riformare significa derubricare. Ma il falò chi lo ha pagato? di pagamento, nome cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto. • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Per qualsiasi altra informazione in merito può rivolgersi all'ufficio abbonati al numero +39 02 66506795 o all'indirizzo mail [email protected] * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Caporedattore Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Orazio n°10 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: [email protected] sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. Sede legale: 00193 Roma , Via Orazio n°10 Presidente e Amministratore delegato Giorgio Poidomani Consiglio di Amministrazione Luca D’Aprile, Lorenzo Fazio, Cinzia Monteverdi, Antonio Padellaro Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago , via Aldo Moro n°4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. 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